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MAGAZINE n.98 / 14 20 OTTOBRE 2014 Samsung Galaxy Note 4: sempre al top Netflix 4K è il futuro dell’home video? 25 33 Passaporto elettronico Per richiederlo ci vuole ancora troppa carta Crepa nel monopolio SIAE: il tribunale dà ragione a Soundreef Compri online e ritiri nelle stazioni TotalErg 04 02 22 IN PROVA 30 Amazon Fire HD 6 e 7 Tablet a prezzo super Svelati iPad Air 2 e iMac 5K iPad Air 2 è ancora più sottile e potente Il nuovo iMac sfoggia un display 5K da urlo Il Mac Mini 2014 è più veloce e costa meno 09 Arriva il lecca lecca di Google Presentato Android 5.0 “Lollipop”, tutte le novità del sistema operativo mobile che farà il debutto sui nuovi Nexus 6 e Nexus 9 10 Google lancia Nexus Player È il primo Android TV Funziona come centro multimediale e come console giochi. Per ora è in pre-order solo in USA Olympus OM-D E-M10 Bella e compatta 07 35 iWatch e le speranze delle startup italiane A nulla è servito regalare a pioggia smartwatch a tutti i giornalisti alla conferenza stampa del CES di Las Vegas. E a nulla è servita l’enfasi di Ennio Doris con gli intervenuti alla conferenza stampa milanese: “Voi direte ai vostri figli e ai vostri nipoti che quel giorno, al lancio di I’m Watch, c’eravate”. Sì, perché alla fine Ennio Doris nel cassetto il “piano B” non ce l’aveva e ha scelto di mettere la parola fine a I’m Watch, la sua startup tutta “made in Vicenza” che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo dell’elettronica con i propri smartwatch. Un’ini- ziativa evidentemente nata con il piede sbaglia- to: basi tecnologiche fragilissime, impossibilità di proporre autonomamente un ecosistema di app, ritardi produttivi cronici e promesse di vendita regolarmente mancate. Ma soprattutto mancanza di un vero progetto a medio termi- ne: c’era solo il tentativo di cavalcare per primi la moda dei “wearable”, un interesse che, tra le altre cose, non ha ancora dato vere conferme di sé al registratore di cassa. Come avevamo previsto e come era facilmente prevedibile, sugli smartwatch sono arrivati i colossi: Apple, Google, Samsung, LG, Sony, Microsoft; e nessuna ha trovato una buona idea comperare la startup vicentina, evidentemente evanescente. La responsabilità non è tanto dei due giovani e sprovveduti fondatori, quanto dello stesso Doris e del suo braccio destro Edoardo Lombardi, entrambi manager di lungo corso e quindi “indifendibili”: da noi messi sull’avviso, hanno tirato diritto. Eppure, quando queste cose che ci sembra- vano evidenti e le scrivevamo, più volte siamo stati tacciati di “esterofilia”, siamo passati per polemici detrattori dei giovani talenti, per “sfascisti” a tutti i costi. E invece era già tutto scritto. Proprio come accadde per Volunia, il motore di ricerca “visuale” made in Italy inspie- gabilmente celebrato da molta stampa prima del lancio e miseramente tornato nell’oblio un minuto dopo. Anche in questo caso, si capiva bene sin da prima che Volunia non sarebbe andato da nessuna parte. Ma anche in quel caso si alzò il grido dei “patrioti a prescindere” che volevano che un’idea debole, eseguita tra le altre cose molto male, dovesse essere un successo solo perché nata sotto il tricolore. Non basta essere una startup per essere inno- vativi. Le startup in Italia sono troppe e il rischio è che quelle davvero buone si confondano nel rumore di quelle “tanto fumo”. ci sono anche tanti fanatici delle startup “a prescindere” (per credo o per interesse), che santificano gli uffici condivisi, la nuova rivoluzione industriale che parte dal basso, gli incubatori. In realtà ci sono buone idee e buone “execution”, e le due cose devono andare di pari passo, altrimenti finisce male. Negli States, là dove alcune startup diventano aziende vere, la selezione è massacrante, bisogna avere idee chiare, visione interdisciplinare e molto talento. Da noi queste sono qualità che si richiedono più agli aspiranti concorrenti di XFactor che agli startupper. Resta il sospetto che qualcuno abbia pensato che le startup possano essere un sistema per fare soldi facili (come le vecchie net company), vendendo il “paccotto” appena avviato a un finanziatore che vuole sentirsi alla moda. È un peccato: per ogni startup all’italiana che scoppia (anche malamente), il conto lo paga la credibilità del sistema della giovane imprenditoria nei settori innovativi. Senza metodo e rigore, ci sarà spazio solo per un’altra “bolla”. Gianfranco GIARDINA

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Samsung Galaxy Note 4: sempre al top

Netflix 4K è il futuro dell’home video?

25

33

Passaporto elettronico Per richiederlo ci vuole ancora troppa carta

Crepa nel monopolio SIAE: il tribunale dà ragione a Soundreef

Compri online e ritiri nelle stazioni TotalErg0402 22

IN PROVA

30

Amazon Fire HD 6 e 7Tablet a prezzo super

Svelati iPad Air 2 e iMac 5KiPad Air 2 è ancora più sottile e potente Il nuovo iMac sfoggia un display 5K da urloIl Mac Mini 2014 è più veloce e costa meno

09

Arriva il lecca lecca di Google Presentato Android 5.0 “Lollipop”, tutte le novità del sistema operativo mobile che farà il debutto sui nuovi Nexus 6 e Nexus 9

10

Google lancia Nexus Player È il primo Android TVFunziona come centro multimediale e come console giochi. Per ora è in pre-order solo in USA Olympus OM-D E-M10

Bella e compatta07

35

iWatch e le speranze delle startup italianeA nulla è servito regalare a pioggia smartwatch a tutti i giornalisti alla conferenza stampa del CES di Las Vegas. E a nulla è servita l’enfasi di Ennio Doris con gli intervenuti alla conferenza stampa milanese: “Voi direte ai vostri figli e ai vostri nipoti che quel giorno, al lancio di I’m Watch, c’eravate”. Sì, perché alla fine Ennio Doris nel cassetto il “piano B” non ce l’aveva e ha scelto di mettere la parola fine a I’m Watch, la sua startup tutta “made in Vicenza” che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo dell’elettronica con i propri smartwatch. Un’ini-ziativa evidentemente nata con il piede sbaglia-to: basi tecnologiche fragilissime, impossibilità di proporre autonomamente un ecosistema di app, ritardi produttivi cronici e promesse di vendita regolarmente mancate. Ma soprattutto mancanza di un vero progetto a medio termi-ne: c’era solo il tentativo di cavalcare per primi la moda dei “wearable”, un interesse che, tra le altre cose, non ha ancora dato vere conferme di sé al registratore di cassa.

Come avevamo previsto e come era facilmente prevedibile, sugli smartwatch sono arrivati i colossi: Apple, Google, Samsung, LG, Sony, Microsoft; e nessuna ha trovato una buona idea comperare la startup vicentina, evidentemente evanescente. La responsabilità non è tanto dei due giovani e sprovveduti fondatori, quanto dello stesso Doris e del suo braccio destro Edoardo Lombardi, entrambi manager di lungo corso e quindi “indifendibili”: da noi messi sull’avviso, hanno tirato diritto.

Eppure, quando queste cose che ci sembra-vano evidenti e le scrivevamo, più volte siamo stati tacciati di “esterofilia”, siamo passati per polemici detrattori dei giovani talenti, per “sfascisti” a tutti i costi. E invece era già tutto scritto. Proprio come accadde per Volunia, il motore di ricerca “visuale” made in Italy inspie-gabilmente celebrato da molta stampa prima del lancio e miseramente tornato nell’oblio un minuto dopo. Anche in questo caso, si capiva bene sin da prima che Volunia non sarebbe andato da nessuna parte. Ma anche in quel caso si alzò il grido dei “patrioti a prescindere” che volevano che un’idea debole, eseguita tra le altre cose molto male, dovesse essere un successo solo perché nata sotto il tricolore.

Non basta essere una startup per essere inno-vativi. Le startup in Italia sono troppe e il rischio è che quelle davvero buone si confondano nel rumore di quelle “tanto fumo”. ci sono anche tanti fanatici delle startup “a prescindere” (per credo o per interesse), che santificano gli uffici condivisi, la nuova rivoluzione industriale che parte dal basso, gli incubatori. In realtà ci sono buone idee e buone “execution”, e le due cose devono andare di pari passo, altrimenti finisce male. Negli States, là dove alcune startup diventano aziende vere, la selezione è massacrante, bisogna avere idee chiare, visione interdisciplinare e molto talento. Da noi queste sono qualità che si richiedono più agli aspiranti concorrenti di XFactor che agli startupper. Resta il sospetto che qualcuno abbia pensato che le startup possano essere un sistema per fare soldi facili (come le vecchie net company), vendendo il “paccotto” appena avviato a un finanziatore che vuole sentirsi alla moda. È un peccato: per ogni startup all’italiana che scoppia (anche malamente), il conto lo paga la credibilità del sistema della giovane imprenditoria nei settori innovativi. Senza metodo e rigore, ci sarà spazio solo per un’altra “bolla”.

Gianfranco GIARDINA

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Emanuele VILLA

Sono anni che le multinazionali (so-

prattutto quelle hi-tech) vengono

accusate di ogni genere di stra-

tagemma volto ad abbattere le tasse

sui profitti. Apple, Google, Facebook e

Amazon sono nel centro del mirino, ma

il fenomeno non è limitato alle aziende

di tecnologia bensì a tutte le multina-

zionali; parliamo di miliardi di dollari e

di euro che ogni anno vengono sottratti

alle casse statunitensi ed europee. Gli

schemi adottati dalle aziende per pagare

il meno possibile sono variegati, ma una

costante c’è sempre: l’Irlanda. E questo

per due motivi: intanto è lo stato europeo

con la Corporate Tax più bassa in asso-

luto (12,5%, in Italia superiamo il 30%, ne-

gli USA è 35%), ma soprattutto è l’unico

che permette a un’azienda di non essere

considerata fiscalmente residente se

controllata e gestita altrove, anche se

la sede è in Irlanda. Da qui il complesso

schema del Double Irish (con l’ulteriore

“variante olandese”) che consiste nella

creazione, da parte della Casa madre

statunitense, di due sussidiarie in Irlanda

(da cui “double”) una fiscalmente resi-

MERCATO Dal 2015 l’Irlanda non sarà più la meta preferita delle multinazionali dell’hi-tech

L’Irlanda non è più il paradiso delle multinazionaliLe aziende dovranno pagare tasse irlandesi in ogni caso. La pacchia è finita, addio Cayman

dente, l’altra controllata

e gestita in un paradiso

fiscale come le Cayman

(o affini). Mediante un

complicato schema di

cessione dei diritti sul-

le royalties dalla Casa

madre alla controllata

offshore (che non paga

tasse sulle stesse o paga

una percentuale irrisoria

essendo in un paradiso

fiscale), gli utili delle ven-

dite di prodotti e servizi

generati dall’azienda resi-

dente in Irlanda vengono

“assorbiti” dal pagamen-

to delle royalties alla società offshore,

ridudendo in modo netto le tasse sui

profitti, irlandesi o statunitensi che siano.

Il ministro delle finanze Michael Noonan

ha deciso di cambiare rotta: incalzato

dalle pressioni di USA e UE, il ministro

ha dichiarato che a partire dal 2015 le

aziende registrate nello Stato saranno

anche fiscalmente residenti nello stesso.

Questo vale per le nuove imprese: quel-

le già presenti sul territorio hanno fino al

Lo schema Double Irish per punti (Visualeconomics).

2020 per adeguarsi. Ci si interroga sulle

possibili conseguenze per l’economia

dell’isola, non dimenticando che proprio

schemi come il Double Irish hanno por-

tato sull’isola un’infinità di multinazionali,

generando reddito e dando lavoro agli

irlandesi. Ma Noonan è certo: con nuovi

incentivi che verranno posti in essere e

con una corporate tax al 12,5% (questa

non è a rischio), chi potrà mai abbando-

nare l’Irlanda?

di Paolo CENTOFANTI

Soundreef, piccola startup londinese

fondata da un gruppo di giovani

italiani, ha ottenuto ragione dal tri-

bunale di Milano, in una vertenza che la

vedeva indirettamente contrapposta a

SIAE. Il principio che passa dal dispositi-

vo dei giudici di Milano è che il diritto eu-

ropeo in termini di libera concorrenza e

libera circolazione dei servizi nell’Unione

prevale su quel che resta del monopolio

di SIAE in Italia. Soundreef è una società

che si occupa di dare in licenza musica

per la riproduzione in ambienti come cen-

tri commerciali, eventi e concerti live e di

distribuire i proventi agli autori dei brani

che vengono così sfruttati. Ma una can-

tautrice italiana, non meglio precisata, e la

radio in store Ros & Ros, hanno chiesto ai

giudici di bloccare l’attività di Soundreef,

sostenendo che il mandato secondo la

MERCATO I Giudici di Milano danno ragione alla startup italiana per la raccolta dei diritti d’autore negli esercizi commerciali

SIAE meno monopolista, il tribunale dà ragione a SoundreefRiaffermato il principio del libero mercato e della libera concorrenza per l’intermediazione nel settore dei diritti d’autore

legge italiana spetti esclusivamente a

SIAE . Il tribunale però ha risposto picche,

sostenendo che: “non sembra infatti po-

tersi affermare che la musica (...) gestita

da Soundreef e da questa diffusa in Italia

in centri commerciali GDO e simili, debba

obbligatoriamente essere affidata all’in-

termediazione di SIAE. Una simile prete-

sa entrerebbe in conflitto con i principi

del libero mercato in ambito comunitario

e con i fondamentali principi della libera

concorrenza.”

Se è vero che l’articolo 180 della legge

sul diritto d’autore dà un mandato di

esclusiva a SIAE, dicono i giudici, que-

sto non può scontrarsi con il Trattato sul

funzionamento dell’Unione Europea in

materia di libera circolazione dei servizi.

Un mandato di esclusiva oltretutto che

il parlamento europeo ha già votato per

eliminare all’interno della riforma per la

creazione di un mercato unico della mu-

sica all’interno dell’Unione Europea. La

direttiva europea, approvata lo scorso

febbraio, e che i paesi dell’Unione do-

vranno recepire nel proprio ordinamento

entro aprile 2016, prevede infatti per tutti

gli autori la facoltà di scegliere autono-

mamente la società di collecting per cia-

scuna classe di diritto di sfruttamento. In

questa sorta di limbo legislativo, da qui

al recepimento della direttiva europea,

i giudici di Milano hanno dato dunque

ragion d’essere al ruolo di Soundreef,

escludendo che il suo operato possa

ritenersi scorretto. Comprensibile la sod-

disfazione di Francesco Danieli, CEO di

Soundreef: “siamo sempre stati convinti

che la concorrenza – anche nel mercato

dell’intermediazione dei diritti d’autore

– sia legittima ed auspicabile perché

produce effetti positivi soprattutto per i

titolari dei diritti, spingendo le collecting

society ad operare meglio ed in condi-

zioni di maggiore efficienza”

E forse proprio l’efficienza di Soundreef

è ciò che preoccupa maggiormente SIAE

in vista dell’apertura del mercato del dirit-

to d’autore in Europa. Soundreef, infatti,

offre prezzi bassi a chi chiede musica in

licenza e un meccanismo trasparente di

rendicontazione per gli autori, con detta-

glio delle proprie royalty in 7 giorni e pa-

gamenti dei diritti entro i 90 giorni.

MERCATO

Finlandia in crisi, ma è colpa di AppleStandard & Poor’s ha declassato la Finlandia, passata da un rating AAA ad un più basso AA+. Le cause sono diverse, tra cui le sanzioni nei confronti della vicina Russia e l’innalzamento dell’età media, ma anche la perdita d’appeal del comparto industriale ha contribuito. All’inizio del secolo, infatti, Nokia e l’industria di produzione della carta erano i due gioielli dell’industria manufatturiera finlandese, ora inve-ce Nokia e le aziende nordiche che esportavano carta in tutta Europa sono in fortissima crisi. La colpa, quindi, secondo il Primo Ministro finlandese Alexander Stubb, ricade su Apple, che con iPhone e iPad ha annientato in un sol colpo l’intero reparto industriale. Se l’iPhone ha infatti fatto fuori Nokia, l’iPad ha ridotto l’uso della carta per la stampa dei giornali. La sfida, ora, è rivitalizzare il comparto puntando sulle biotecnologie per l’industria forestale e su reti di telecomunica-zioni per Nokia. Sempre che Apple, o magari questa volta Google, non decidano di mettersi di mezzo.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Paolo CENTOFANTI

E ffettuare un qualsiasi trasferimen-

to di denaro diventa facile come

inviare un SMS o un messaggio su

WhatsApp, un’operazione istantanea,

ma con la stessa sicurezza di un boni-

fico bancario tradizionale. Sono queste

le caratteristiche essenziali di Jiffy, un

servizio di pagamento peer-to-peer rea-

lizzato da SIA e in via di lancio in Italia

con il supporto di 9 dei più grossi grup-

pi bancari italiani, tra cui UBI Banca e

Intesa San Paolo, con una copertura di

quasi il 60% dei conti correnti italiani.

Per pagamento peer-to-peer (o meglio

person to person) si intende la possibilità

di trasferimento diretto di denaro tra due

persone e Jiffy è una soluzione che in-

tende rendere l’operazione il più sempli-

MERCATO Jiffy è un nuovo sistema di pagamento peer-to-peer facile da utilizzare per il trasferimento diretto di somme di denaro

Parte dall’Italia Jiffy, il bonifico istantaneo via smartphoneIl sistema offre un’elevata sicurezza e si utilizza mediante lo smartphone. Sarà adottato da 9 grandi gruppi bancari italiani

ce e immediata possibile e, a differenza

di un normale bonifico, anche istantanea,

il tutto comodamente dallo smartphone.

Il servizio sarà integrato direttamente

nelle app di home banking delle ban-

che che decidono di supportarlo e per

utilizzarlo serve solo un’informazione:

il numero di telefono del destinatario.

All’attivazione di Jiffy, infatti, viene asso-

ciato il numero di telefono all’IBAN del

conto corrente o della carta conto pre-

pagata di appoggio; in questo modo, un

po’ come WhatsApp, all’interno dell’app

della banca avremo automaticamente

una rubrica con tutti i contatti che hanno

già attivato il servizio e a cui potremo in-

viare del denaro con un semplice gesto:

si seleziona il contatto, si digita l’importo

e il gioco è fatto. Se il contatto a cui si

vuole mandare il denaro non ha anco-

ra aderito al servizio, si può comunque

procedere inviando una richiesta di invi-

to a iscriversi. Poiché Jiffy è accessibile

direttamente dall’interno dell’app della

banca, il livello di sicurezza è quello del

relativo servizio di home banking, men-

tre la transazione è affidata alla collau-

data infrastruttura di SIA. Un’azienda di

cui magari non avete mai sentito parlare,

ma di cui utilizzate i servizi ogni volta che

pagate con una carta di credito o prele-

vate da un bancomat. SIA fornisce, infat-

ti, le infrastrutture di comunicazione e si-

curezza per i pagamenti e i trasferimenti

di denaro elettronici per banche, istitu-

zioni, pubblica amministrazione e impre-

se di ogni livello, fino alla Banca d’Italia.

SIA nel 2013 ha gestito 2,7 miliardi di

operazioni con carte di credito o debi-

to, 2,2 miliardi di bonifici, per un totale

di 4,9 miliardi di pagamenti elettronici.

Jiffy è stato implementato sulla base

dell’area unica di pagamenti europea

(SEPA), piattaforma che permetterà così

di utilizzare il servizio con qualsiasi con-

to corrente delle banche europee e SIA

punta molto sulla possibile adozione del

servizio anche da parte delle realtà di al-

tri paesi europei. Un punto chiave per il

successo dell’iniziativa rimane a nostro

avviso la modalità con cui le singole

banche comunicheranno il servizio ai

propri clienti e soprattutto quali saranno

le procedure per la sua attivazione. Un

conto è trovare l’opzione per attivare

Jiffy direttamente all’interno dell’app di

home banking per smartphone o tablet,

un altro è doversi recare in filiale e firma-

re nuove carte. SIA si occupa infatti solo

di fornire la piattaforma alle banche, che

sceglieranno le modalità con cui propor-

lo ai clienti. Il servizio è davvero sempli-

ce e potrebbe tranquillamente sostituire

in molti contesti la necessità di utilizzare

un POS o il bonifico tradizionale.

JiffyPagamenti p2p su smartphone

lab

video

di Emanuele VILLA

N ei giorni del salone di Parigi ab-

biamo dedicato un servizio com-

pleto a Here Auto, la piattaforma

di navigazione servizi connessi di casa

Nokia. Successivamente, l’azienda ha

poi pubblicato un video che illustra in

modo pratico i punti di forza del sistema,

riportamo di seguito. L’idea è notevole:

Here Auto non è un “navigatore da auto”

ma una piattaforma integrata che, grazie

all’impiego pervasivo del cloud, segue

l’utente lungo tutto il viaggio, dalla sua

pianificazione in casa al tragitto in auto,

ma senza dimenticare i momenti di av-

vicinamento alla meta a piedi. Il sistema

è collaborativo, il che significa che i pas-

seggeri possono, tramite i display poste-

riori, impostare delle tappe lungo il tragit-

to e proporre fermate al conducente, che

MERCATO Nokia ha pubblicato un video in cui mostra la potenzialità della piattaforma Here Auto

La navigazione ora è “connessa”, con Here AutoGrazie al cloud, la navigazione è totale: parte da casa, prosegue in macchina e finisce a piedi

deciderà se accettarle o

meno. Nel primo caso, il

sistema si aggiorna per

tenerne conto; inoltre,

come destinazione

possono essere anche

punti d’interesse, il cal-

colo del traffico è co-

stante e, come anticipa-

to, nel momento in cui

il conducente scende

dall’auto lo smartphone si aggiorna au-

tomaticamente e prosegue l’esperienza

“connessa”, ovviamente tenendo traccia

di dov’è stata parcheggiata l’auto. La

cosa interessante è che il sistema Here

Auto è aperto e personalizzabile dalle

singole aziende automobilistiche per

l’integrazione “seamless” con i propri

sistemi di infotainment:

Nokia HERE Auto

Pace fatta in tribunale tra Beats e Bose Dopo l’annuncio dell’acquisizione di Beats da parte di Apple, Bose aveva intentato una causa contro l’azienda di Dr. Dre, sostenendo la violazione di ben 5 dei suoi brevetti su una tecnologia che, di fatto, è uno dei marchi di fabbrica di Bose degli ultimi anni. La causa legale è giunta a conclusione con un accordo tra le due parti, il cui contenuto non è noto. Ultimamente Bose e Beats sono state protagoniste anche di un’aspra battaglia a distanza a livello di comunicazione. L’NFL, sponsorizzata da Bose, ha imposto ai giocatori di football di non comparire in interviste ufficiali indossando cuffie Beats, mentre secondo indiscrezioni, Apple si starebbe preparando a rimuovere i prodotti Bose dai suoi Apple Store in seguito all’acquisizione di Beats.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Gianfranco GIARDINA

I l nome “Passaporto Elettronico” farebbe ben spe-

rare: finalmente - viene da credere - la Pubblica

Amministrazione ha imboccato la strada della

digitalizzazione. Chi invece si è trovato a rinnova-

re il passaporto in questi mesi ha sperimentato una

digitalizzazione a metà, che non semplifica più di tanto

le cose al cittadino e che non cambia le (cattive) abi-

tudini della Pubblica Amministrazione. Anzi, per man-

canza di coraggio, di visione o di capacità gestionali,

si inseriscono le rigidità e i costi dei sistemi digitali,

senza modificare di fatto il processo, che resta ancora

molto “cartaceo”. Ma andiamo per gradi.

Un inizio promettente si fissa l’appuntamento con un sitoVa detto innanzitutto che il “passaporto elettronico” si

chiama così non tanto perché sia immateriale o realiz-

zato per via digitale, ma perché integra nella coper-

tina un microchip che aumenta il livello di sicurezza

e automatizza alcune operazioni di riconoscimento.

Ma per certi versi, il passaporto elettronico - a parti-

re dal nome - poteva anche essere l’occasione per la

Pubblica Amministrazione per dimostrare la propria

propensione verso la semplificazione e digitalizzazio-

ne dei processi. E proprio questo sembra essere stato

l’intento: la Polizia di Stato ha aperto da qualche tempo

un sito che permette di preparare la propria domanda

MERCATO Il processo per fare il passaporto elettronico è stato migrato in larga parte al digitale, ma non tutto fila liscio

Passaporto elettronico sì, ma molto poco digitalePurtroppo la coabitazione con le pratiche cartacee fa sì che la maggior parte dei vantaggi per i cittadini vada perso

di emissione di un nuovo passaporto e di prenotare

un appuntamento presso l’ufficio della questura prefe-

rito, per perfezionare il deposito della domanda stes-

sa. Qui l’operazione va via veloce: si inseriscono tutti i

dati personali e familiari, si sceglie l’ufficio e quindi lo

slot orario disponibile. A breve giro di posta arriva via

mail la conferma dell’appuntamento fissato e il modu-

lo della domanda precompilato in formato PDF. Il pro-

blema, almeno nel nostro caso, è che l’appuntamento

non è affatto tale: una volta arrivati al posto di Polizia

abbiamo scoperto che non c’è alcuna gestione degli

appuntamenti e ci è stato chiesto di fare una comune

fila allo sportello, attendendo il nostro turno: perché

allora richiedere di fissare un appuntamento?

La domanda (compilata online) va consegnata in cartaA questo punto, bisogna radunare la documentazio-

ne per l’emissione del nuovo passaporto, da portare

in questura. E qui arriva il primo paradosso, derivante

evidentemente dalla ritrosia dell’apparato pubblico di

abbandonare le vecchie abitudini: la prima cosa che il

cittadino deve portare con sé è la stampa (!) del modulo

precompliato presente nel PDF ricevuto. In pratica, il

cittadino inserisce tutti i dati nel sistema telematico per

utilizzarlo come banale macchina da scrivere: infatti poi

deve presentarsi con il modulo su carta. Si tratta di una

cosa totalmente senza senso: se i dati sono già sul ser-

ver della Polizia di Stato che ha ricevuto la domanda,

che motivo c’è di portare la stampata? L’ufficio che la

riceve, infatti, dispone di un terminale e recupera tutti i

dati della richiesta effettuata. Questo, tra l’altro, mette

in difficoltà, e del tutto inutilmente, i tanti utenti che non

dispongono di una stampante, come spesso accade a

coloro che operano solo da tablet. Perché non dema-

terializzare del tutto la domanda?

Le fotografie: l’assurda conversione digitale-analogico-digitaleInsieme alla richiesta vanno consegnate due foto tes-

sera rispondenti alle specifiche richieste per i passa-

porti esemplificati sullo stesso sito della Polizia di Stato.

Sarebbe molto facile consentire, in fase di caricamento

online della domanda, l’upload diretto di un’immagine

digitale, ovviamente da verificare in presenza del diret-

to interessato in questura.

La richiesta invece prevede due copie fisiche della fo-

tografia, in dimensione 4 x 4 cm. Ed ecco un nuovo pa-

radosso: quando si arriva allo sportello con le fotogra-

fie, quello che accade è che una di queste finisce per

essere pinzata sulla domanda cartacea; l’altra viene

ritagliata e applicata su un cartoncino premarcato che

poi viene inserito nello scanner per la digitalizzazione.

In pratica la foto, che in origine era digitale (ce la siamo

scattata da soli) deve essere stampata, con i costi ma

soprattutto con le complicazioni connesse, per poi es-

sere ridigitalizzata pochi minuti dopo. Per farla ancora

più semplice basterebbe dotare gli uffici della questura

di una banalissima webcam (come accade un po’ dap-

pertutto al mondo) per la cattura del viso dell’interessa-

to direttamente al momento della presentazione della

domanda. Peraltro la presenza dell’interessato è obbli-

gatoria dato che vengono catturate anche le impronte

digitali (che poi vengono memorizzate nel microchip):

tanto vale catturare anche il viso. A meno che non si

voglia difendere il business dei chioschi fotografici.

Addirittura, nel nostro caso, la prima foto consegnata

è stata “scartata” perché, a detta dell’impiegata che

ha ricevuto la domanda, “lo sfondo non è bianco” (era

semplicemente grigio chiaro). Avevamo seguito pedis-

sequamente le istruzioni, anche molto visuali, presenti

sul sito della Polizia di Stato al capitolo “Esempio foto

per passaporto”: tutti gli esempi dati per corretti sono

su un prevalente sfondo blu e non bianco (come in-

vece indicato nella lista dei documenti da presentare).

Siamo quindi stati costretti a fare una nuova fotografia

e farla ristampare di nuovo, con la conseguente perdi-

ta di tempo e denaro. Tutto si sarebbe risolto istanta- segue a pagina 06

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neamente con una banale webcam. Alla fine, quando

si ritira il passaporto, si scopre che la foto è appunto

digitale ed è stampata e non applicata sul documento.

Ma la conversione digitale-analogico-digitale della foto

non può che averne compromesso la qualità: l’imma-

gine è brutta, addirittura attraversata da un difetto di

scansione o di stampa. Se la foto fosse stata caricata

direttamente online da cittadino inviando il file origina-

le sarebbe stata sicuramente qualitativamente migliore

e, quindi, con una maggiore riconoscibilità, elemento

che dovrebbe ispirare le scelte relative ai passaporti. E

anche con un buon risparmio di tempo per l’operatore:

invece così chi processa la pratica si trova a fare tutto

quanto faceva ai tempi delle foto solo analogiche con

l’aggravio anche della scansione e della gestione del

file. Il peggio di entrambi i mondi.

Passaporto elettronico, pratica online ma pagamento solo in postaE poi arriviamo ai pagamenti da effettuare prima di po-

ter presentare la domanda. Si tratta in buona sostanza

di una marca da bollo da 73,50 € e di un versamento di

42,50 € sul conto corrente postale del Ministero delle

Finanze. Già il cittadino fatica a capire perché sia neces-

sario fare due pagamenti disgiunti che - alla fine - vanno

entrambi per canali diversi nelle casse dello Stato: e in-

fatti un motivo vero non c’è, salvo la lentezza della bu-

rocrazia che sarebbe molto inefficiente nel ridistribuire

questi fondi ai due uffici pubblici che li devono ricevere.

La marca da bollo, seppur “elettronica”, va comperata in

un tabaccaio o in una delle rivendite autorizzate. Ma il

maggior paradosso è il versamento sul conto corrente

postale. Le istruzioni del sito della Polizia di Stato sono

chiare: il versamento va effettuato “esclusivamente” at-

traverso un particolare bollettino postale precompliato

che si trova presso gli uffici postali, che sempre presso

gli uffici postali va pagato. Noi, increduli, per evitare il

viaggio all’ufficio postale e la lunga fila per il pagamen-

MERCATO

Passaporto elettronico, ma poco digitalesegue Da pagina 05 to, abbiamo prima provato in tutti i modi il pagamento

online. I nostri tentativi di pagare online, sia sui siti degli

istituti bancari che sul sito stesso delle Poste Italiane

non sono andati a buon fine: il pagamento su quello

specifico conto corrente postale viene sempre rifiutato

e quindi è obbligatorio recarsi presso un ufficio postale

e sperare che il bollettino prestampato sia effettivamen-

te disponibile. Ovviamente tutto ciò poteva (o meglio

dovrebbe) essere evitato con un semplice pagamento

online sul sito sul quale si compila la domanda, con

carta di credito o PayPal: lo fanno ogni giorno milioni

di siti privati nel mondo, possibile che non possa farlo

uno Stato come l’Italia? E se proprio non si poteva fare

online, sarebbe stato sicuramente meglio richiedere

un’unica marca da bollo della somma delle due cifre.

Ma forse a chi ha pensato il processo non stanno molto

a cuore il tempo e le tribolazioni dei cittadini.

La notifica funziona ma l’intero processo va rivistoDopo qualche giorno dalla consegna della domanda,

arriva in maniera tempestiva, e questa volta ben funzio-

nante, una notifica via mail che il documento è pronto

presso l’ufficio della questura dove abbiamo presen-

tato la domanda. E in effetti il documento è lì che ci

aspetta. Insomma, un processo che inizia bene e fini-

sce bene, ma che in mezzo è ancora tutto da mettere

a posto, con tutti i difetti della gestione cartacea tradi-

zionale che si sommano alle rigidità di quella digitale.

Una questione da poco - sia chiaro - visto che alla fine

il Passaporto lo si ottiene in molti meno giorni di quanto

non accadeva qualche decennio fa. Ma si tratta di un

esempio lampante di come l’applicazione dell’Agenda

Digitale richieda nel nostro Paese persone molto com-

petenti e un impegno a riprogettare i processi, non solo

a rivederli in chiave (apparentemente) “moderna”.

MERCATO È finita l’avventura dello smartwatch italiano finanziato da Ennio Doris attraverso un fondo d’investimento

Chiude i’m Watch: lo smartwatch italiano al capolineaL’azienda incolpa Samsung, Google e Apple, colossi con i quali è impossibile competere. Ma la motivazione è traballante

di Roberto PEZZALI

L’avventura di I’m Watch è arrivata

al capolinea: lo smartwatch italia-

no, il pioniere degli orologi intel-

ligenti, resterà solo un ricordo, neppure

troppo piacevole per alcuni clienti. Nel

momento in cui smartwatch e tecnolo-

gia wearable sono i trend in crescita, i’m

Spa, l’azienda di Manual Zanella e Mas-

similiano Bertolini, ha annunciato di voler

uscire dal mercato dei wearable. Non

solo i’m Watch non sarà più prodotto, ma

viene sospeso anche il progetto i’mTra-

cer presentato al Mobile World Congress

di Barcellona. L’azienda, che ricordiamo

è stata finanziata nel progetto da Ennio

Doris tramite un fondo di investimento,

ha annunciato ufficialmente la fine del

progetto sul suo sito.

“Autentica pioniera in questo settore,

l’azienda ha preso questa decisione

per via dell’accesa concorrenza che si

è creata sul mercato degli smartwatch

con la presenza di grandi aziende mul-

tinazionali che possono contare su una

straordinaria potenza finanziaria e tec-

nologica. Uno scenario competitivo che

di fatto ha confermato una volta di più

come il “first mover” di un settore difficil-

mente riesca poi a conquistare il merca-

to di riferimento.”

Una scusa questa però traballante: la

storia di i’m Watch è paragonabile infat-

ti a quella dello smartwatch americano

Pebble, un prodotto nato e sovvenzio-

nato dagli utenti tramite Kickstarter che

è riuscito a dimostrare che non esistono

solo Apple e Google. I’m Watch

è stata affossata da un suppor-

to non all’altezza, da una durata

della batteria ridicola, da tempi

di consegna annunciati ma mai

rispettati e da un prodotto trop-

po complesso e macchinoso,

anche se diverse iterazioni sof-

tware lo avevano piano piano

portato ad un livello discreto.

Neppure per il nuovo progetto i’mTracer

Zanella e Bertolini fanno il mea culpa.

“Per quanto riguarda i’mTracer, le cui

performance devono rispondere a li-

velli di elevata affidabilità, il prolunga-

to perdurante ritardo nel suo sviluppo

tecnologico, affidato ad una società di

progettazione esterna, ha portato ad un

impegno finanziario molto più elevato

di quello inizialmente previsto, costrin-

gendo così l’azienda alla sospensione

del progetto, nonostante che gli aspetti

commerciali e quelli di marketing fosse-

ro già ampiamente definiti e pronti per

il lancio.”-

Chi ha comprato lo smartwatch potrà av-

valersi dei diritti di garanzia e assisten-

za come previsto dalla legge.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

MERCATO Il canale TV dedicato allo shopping va a gonfie vele

In forte crescita il canale HSE24 Nuova sede e 30 assunzioni

di Emanuele VILLAI

U na notizia piacevo-

le per chi ama fare

shopping e, maga-

ri, segue con costanza gli

show di HSE24, il canale

di shopping e informa-

zione accessibile al 37

del digitale terrestre e

870 di Sky. In un mo-

mento di crisi economi-

ca come questo, HSE24

diffonde segnali e dati

incoraggianti che dimostrano lo stato di salute di un’attività che può ancora garantire

prospettive di crescita. L’azienda, che com’è noto propone show di vendita per 17 ore

al giorno, delle quali 15 in diretta, ha recentemente inaugurato la propria nuova sede

a Fiumicino, con completo rinnovamento dei set televisivi in cui avviene la ripresa e la

trasmissione dei programmi. Con la nuova sede, dice l’AD del gruppo Nicola Gaspe-

rini, si realizza un vero e proprio Villaggio HSE24, con l’accorpamento di uffici e studi

in una sede da 7.000 metri quadri. L’inaugurazione della nuova sede è stata inoltre

l’occasione per fare il punto sul progetto HSE24 e valutare alcuni numeri forniti dal-

l’azienda, che nonostante il periodo globalmente non favorevole, mostra prospettive

di crescita; colpisce l’aumento dell’organico di 30 unità entro la fine dell’anno, unità

che si sommeranno ai 180 dipendenti attuali e a un investimento in comunicazione

di 2 milioni di euro, a sua volta diretta conseguenza del raddoppio del fatturato del

2014 rispetto al 2013.

MERCATO

DTS su tutti i prodotti LG TV compresiDTS e LG hanno firmato un accordo strategico globale che consentirà al marchio coreano di integrare un decoder DTS, e in particolare DTS-HD, all’interno di tutta la pro-pria offerta. Escludendo i prodotti per i quali non avrebbe senso, pos-siamo dunque supporre l’integra-zione della tecnologia DTS nei TV, nelle soundbar, nei sistemi home theater e prodotti analoghi di home entertainment. Più nel dettaglio, LG ha ora la possibilità di integrare nei propri prodotti il decoder DTS-HD, che di fatto rende compatibile il prodotto con le codifiche DTS, DTS Coreless Lossless, DTS Express e DTS-HD Master Audio, quest’ultima inaugurata con i Blu-ray Disc una de-cina d’anni fa e attualmente sinoni-mo di altissima qualità d’ascolto. E’ previsto il supporto fino a 11.1 canali, mentre la compatibilità con il DTS Surround (il DTS “classico”, tanto per intenderci) è una fondamentale apertura verso formati magari non più allo “stato dell’arte” (come il DVD) ma pur sempre diffusissimi.

Swisscom sta valutando se vendere Fastweb a VodafoneAcquistando Fastweb Vodafone entrerebbe in diretta competizione con Telecom Italia nella comunicazione su fibra ottica di Emanuele VILLA

Secondo Reuters, Swisscom sta-rebbe vagliando l’ipotesi di ven-dere Fastweb a Vodafone per una cifra tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Secondo le stesse fonti, la tratta-tiva non sarebbe ancora avviata ma Vodafone avrebbe manife-stato chiaramente l’intenzione di sedersi a un tavolo con Swisscom per discutere una possibile acqui-sizione e dal canto suo, l’azienda svizzera sarebbe possibilista in merito. Contattate da Reuters, nessuna delle aziende interessate ha rilasciato dichiarazioni in me-rito. Swisscom acquistò Fastweb nel 2007 per 4,2 miliardi di euro e finora non ha mostrato alcun desiderio di disfarsene, ma la sua acquisizione da parte di Vodafone darebbe a quest’ultima un van-taggio competitivo enorme nella battaglia sulla fibra ottica, che al momento vede contrapposte Fastweb e Telecom Italia. Sem-pre secondo Reuters, anche altre aziende sarebbero interessate a rilevare Fastweb, ma la presenza importante nel mercato italiano e l’interesse più volte mostrato in merito darebbero a Vodafone una posizione di forza all’interno di un’eventuale trattativa. L’acqui-sizione di un operatore di banda ultralarga si inserirebbe perfet-tamente nella strategia globale dell’azienda, poichè Vodafone sta cercando di affiancare al proprio core business di connettività mo-bile anche la fornitura di contenuti e servizi annessi.

di Paolo CENTOFANTI

S amsung avvisa gli investitori,

prima del rilascio dei dati ufficia-

li, che l’ultimo trimestre fiscale

vede ancora un calo dei profitti, con

prestazioni peggiori del previsto. Il ter-

zo quarto fiscale dell’anno si chiuderà

infatti con un margine operativo di 4,1

trilioni di Won, pari a circa 3 miliardi di

euro, con un calo del 60% rispetto allo

stesso periodo di un anno fa e in calo

di oltre il 40% rispetto allo scorso trime-

stre. A pesare sul bilancio di Samsung

è ancora una volta l’erosione dei pro-

fitti per quanto riguarda gli smartpho-

ne e i tablet, mercato in cui è in corso

una sensibile contrazione dei prezzi a

fronte della concorrenza che arriva dai

produttori cinesi di terminali Android di

fascia bassa e media. Sulla fascia alta,

invece, nell’ultimo mese si è aggiunta

la concorrenza di Apple che soprattut-

to con i nuovi iPhone 6 Plus ha preso

di mira una nicchia in cui prima Sam-

sung dominava quasi incontrastata,

mentre aziende come Huawei e Xiomi

cominciano offrire alternative di qualità

a prezzi sensibilmente più bassi.

L’andamento del titolo degli ultimi anni

mostra come Samsung, dopo una note-

vole crescita a partire dal 2011, si trovi

ora ai minimi dal 2012 e tendenzial-

mente in calo da ormai più di un anno.

Più volte negli ultimi mesi gli analisti

avevano sottolineato come l’eccessivo

sbilanciamento di Samsung sulla tele-

fonia avrebbe potuto creare problemi

sull’andamento generale dell’azienda.

MERCATO Anche il terzo trimestre di Samsung vede una sensibile contrazione dei profitti

Samsung: profitti giù del 60% in un annoSulla divisione smartphone pesano la concorrenza sempre più forte e il calo dei prezzi

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Emanuele VILLA

O ltre alla release definitiva del si-

stema operativo e ai due nuovi

Nexus, Google ha anche annun-

ciato un set top box con funzionalità

di streaming e di console da gaming:

Nexus Player, il primo dispositivo basato

su Android TV. Nexus Player, realizzato

da Asus e basato su uno chassis circo-

lare molto curato e rifinito, si pone come

punto di riferimento dell’intrattenimento

domestico nell’era “connessa”: grazie ai

servizi di Google, che spaziano in ogni

settore dell’entertainment, Nexus Player

non solo offrirà streaming audio e video,

ma anche un’infinità di altri servizi di for-

nitori terzi, multimediali e d’informazione.

Parlando di mercato statunitense (Nexus

Player è previsto al momento per i soli

USA), non possiamo non citare Netflix,

Hulu, TuneIn, YouTube, Pandora, Plex e

Songza, che si sommano ai servizi di casa

Google quali Music, Games e Movies &

TV. Senz’altro streaming, senz’altro com-

patibilità con Google Cast (Chromecast,

tanto per intenderci) e integrazione per-

fetta con gli altri dispositivi Android di

casa, ma con una particolare predilezio-

ne per i giochi: d’altronde su Play Store

TV E VIDEO Google lancia un set top box che funge da centro multimediale e da console giochi

Google Nexus Player è il primo Android TVNexus Player per ora arriverà solo in USA, è già disponibile in preorder al prezzo di 99$

ce n’è un’infinità e sarebbe uno spreco

non poterne usare almeno una selezio-

ne in salotto. Ed è questo il motivo per

cui tra gli accessori di Nexus Player è già

previsto il gamepad, che secondo le di-

chiarazioni dell’azienda è stato realizzato

per permettere il controllo preciso dei

migliori Android. Insieme alla console,

che sotto il profilo tecnico è basata su

un processore Intel Atom quad core da

1.8 GHz e dispone di Wi-Fi ac integrato

(oltre ovviamete a una presa HDMI per il

collegamento al TV), Google fornisce an-

che un piccolo telecomando abilitato ai

controlli vocali e pensato per le funziona-

lità multimediali dell’apparecchio, mentre

- come detto - chi volesse lanciarsi nel

gaming dovrebbe acquistare a parte il

joypad. Sempre sotto il profilo hardwa-

re, segnaliamo gli 8GB di storage, 1 GB

di RAM e la GPU Imagination PowerVR

Serie 6. Nexus Player è già disponibile

in preorder (USA) su Play Store, al prezzo

di 99 dollari.

di Massimiliano ZOCCHI

P roliferano da tempo i servizi per

ascoltare musica in streaming e la

concorrenza è spietata. Come spin-

gere gli utenti a scegliere la propria pro-

posta anziché una dei concorrenti?

Rdio, uno dei principali attori del setto-

re, prova a giocare la carta della qualità

d’ascolto. L’intero catalogo del servizio

fondato nel 2010 e presente in 60 paesi

è stato aggiornato utilizzando il codec

AAC a 320 kbps. I vantaggi di questa

codifica, specialmente a questi livelli di

banda, sono noti, e rappresentano un

netto salto in avanti. La codifica è propo-

sta in tutte le versioni di Rdio, sia per PC

che per le app sui device portatili, ma po-

trà essere utilizzata solo dagli abbonati

al servizio unlimited, disponibile in Italia

a 9,99 euro al mese. Chi vorrà usufruire

ENTERTAINMENT Il servizio di streaming ha aggiornato il catalogo con il codec AAC a 320 kbp

Per gli abbonati la musica di Rdio si sente meglioL’opzione è attiva su ogni tipo di dispositivo, ma solo per chi ha un abbonamento unlimited

della versione gratuita si dovrà accon-

tentare della scelta tra 64, 96 e 192 kbps.

Anche chi utilizzerà la sottoscrizione top

potrà comunque scegliere il livello di

qualità per ogni dispositivo, per ottimiz-

zare la banda disponibile, specialmente

in mancanza di rete WiFi. La scelta del

bitrate è utile, inoltre, per chi decide di

scaricare i brani sul proprio dispositivo

per l’ascolto offline, così da ottimizzare

lo storage. Per avere a disposizione la

nuova opzione sarà sufficiente effettua-

re il login oppure aggiornare l’app iOS

o Android. Ricordiamo che il servizio è

disponibile anche in diversi sistemi multi-

room come Roku e Sonos.

Meliconi ritorna con Pratico Un telecomando per Mediaset Premium Pratico costa 18 euro ed è il telecomando due in uno pensato appositamente per Mediaset Premium e compatibile con tutte le TV e tutti i decoder della pay TV di Roberto PEZZALIMeliconi torna sul mercato con un nuovo modello di telecoman-do universale: Pratico è il nuovo telecomando dedicato espres-samente a Mediaset Premium che può comandare direttamen-te una TV e un decoder esterno. A meno di 20 euro il nuovo Pra-tico dispone di codici per più di 30 modelli di decoder in circola-zione e per quasi tutte le TV sul mercato, da quelle più piccole ai grossi TV per il salotto. La diffe-renza tra i classici telecomandi e il nuovo Pratico di Meliconi è l’inserimento di una serie di tasti dedicati a Premium e ai servizi interattivi, con un bel bottone azzurro nella zona centrale. Pur-troppo non è retroilluminato e i materiali non sembrano troppo pregiati, ma a questa cifra non si può chie-dere neppure troppo. Nel caso in cui si rompa un telecomando, sop ra t tu t to quello del de-coder, la solu-zione Pratico è sicuramen-te da consi-derare anche solo per la comodità di avere due prodotti in uno. Il prez-zo di listino è fissato a 17,90 euro.

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Loewe Connect. Immagini nitide e ultra-definite unite ad una eccezionale qualità audio grazie all’avanzata tecnologia degli altoparlanti SOEN©. Un vero talento multimediale, con hard disk integrato da 1 TB e tutta la comodità di programmare le registrazioni anche da remoto. Disponibile in vari colori, nei formati 40‘‘ e 55‘‘. Rigorosamente Made in Germany. www.loewe.it

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

MOBILE Apple ha presentato iPad Air 2, con soli soli 6,1 mm di spessore è il più sottile di tutti

iPad Air 2: sottile, potente e fa foto più bellePrezzi da 499 euro (16 GB Wi-Fi) fino a 819 euro (128 GB cellular), è già possibile ordinarlo

di Roberto Pezzali

I l nuovo iPad Air è finalmente arrivato,

e si chiama come previsto iPad Air 2.

Apple fa contenti tutti: per chi voleva

un tablet più sottile ha ridotto ancora lo

spessore portandolo a 6.1 mm, per chi

fotografa con il tablet ha aggiunto una

fotocamera più potente e, a condire il

tutto, ha pure inserito la versione oro,

che a qualcuno piace sempre. Tolta la

finitura Gold, indirizzata inevitabilmente

ad altri mercati, ma comunque disponi-

bile anche da noi, l’iPad Air 2 è un note-

vole passo avanti per coloro che hanno

uno dei primi 4 modelli di iPad

Gli elementi di forza del nuovo iPad sono

principalmente il nuovo schermo, il pro-

cessore, la fotocamera e la sezione di

rete. Il processore è il nuovo A8X, versio-

ne con GPU potenziata dell’A8, sempre

64 bit ma una potenza di calcolo grafico

del 40% superiore a quella del vecchio:

rispetto al primo iPad l’aumento di pre-

stazioni è enorme, ma questo lo davamo

anche per scontato.

L’elemento forse più interessante per

molti utenti è la nuova camera iSight

da 8 Megapixel con pixel da 1.12mi-

cron, ottica F2.4 e possibilità di ripresa

video 1080p: la camera non è la stessa

dell’iPhone 6, ma probabilmente si av-

vicina molto come prestazioni a quella

dell’iPhone 5S. Ovviamente, grazie a

iOS 8 e all’engine fotografico integrato

nel nuovo SoC A8X, la camera è in grado

di registrare video Full HD, time-lapse,

slowmotion e di scattare foto panorama

a 43 Megapixel. Nonostante la riduzione

delle dimensioni l’iPad mantiene un’ot-

tima autonomia, 10 ore, e può contare

anche su un nuovo tipo di schermo con

pannello, vetro e touch uniti in un unico

elemento (gap-less) rivestiti da un nuovo

trattamento antiriflesso.

I prezzi partono da 499 euro per la ver-

sione da 16 GB Wi-Fi passando a 599

per la 64 GB e 699 per la 128 GB. Per

le versioni cellular si parte da 619 euro

per la 16 GB, 719 euro per la 64 GB e

819 euro per la 128 GB. iPad Air 2 si può

già preordinare.

MOBILE Apple rivede anche l’iPad in versione Mini, che arriva così alla terza generazione

iPad Mini Retina 3: in più ha solo il Touch IDIl Touch ID fa salire i prezzi, chi non è interessato alla funzione può scegliere l’iPad 2 Mini

di Roberto Pezzali

Apple ha presentato anche

l’iPad Mini 3 e qui è il caso di andare

subito al sodo: rispetto al modello

precedente le novità sono il Touch ID e

il colore Gold. Nel corso della presenta-

zione il capitolo iPad Mini è passato mol-

to veloce, una sola pagina, forse perché

davvero non c’era molto da raccontare:

anche controllando la tabella di confron-

to sul sito si capisce che iPad Mini 2 e

iPad Mini 3 sono identici, stesso scher-

mo, stesse dimensioni e peso e stesso

processore A7. Cambia, come abbiamo

detto, il Touch ID, e probabilmente è un

elemento costoso se l’iPad Mini 3 da

16 GB costa di più del vecchio modello

Retina da 32 GB, comunque acquistabi-

le. Invariati anche tutti gli altri elementi,

dalla rete alla fotocamera: come per il

modello maggiore arriva la finitura Gold

e sparisce la versione da 32 GB: il Mini 3

da 16 GB costa 399 euro, il Mini 2, inve-

ce, ha un prezzo di 299 euro. A questo

punto, per chi vuole prendere il picco-

lo iPad e non è interessato al Touch ID

conviene davvero il vecchio modello da

32 GB, ha più memoria e costa meno. Le

altre configurazioni prevedono l’esbor-

so di 499 euro per il 64 GB e di 599 per

il 128 GB, mentre i modelli LTE sono po-

sizionati a 519 euro, 619 euro e 719 euro

rispettivamente per 16, 64 e 128 GB.

Apple vuole eliminare la SIM cardNei nuovi iPad disponibili sul mercato Usa e UK ci sarà Apple SIM: una SIM riprogrammabile creata da Apple che permetterà all’utente di scegliere l’operatore post vendita di Roberto PEZZALI

Apple si prepara ad un’altra svolta: vuole mandare in pensione la vec-chia SIM. Una mossa che è stata già tentata in passato e che è sta-ta arrestata dai paletti messi dagli operatori telefonici. Questa volta, però, Apple dev’essere stata mol-to persuasiva, perché i nuovi iPad Air 2 e iPad Mini 3 saranno i primi tablet con Apple SIM. I clienti di un iPad in versione Wi-Fi + Cellular tro-veranno nello slot della SIM una sim Apple universale e program-mabile, da usare per accedere a piani dati temporanei a breve termine. Questo vuol dire che chi viaggia, ad esempio, potrà continuare a saltare di operatore in operatore scegliendo sempre l’opzione più conveniente, con ad-debito su carta di credito associa-ta all’account AppleID. Apple SIM al momento funziona solo in UK e USA e ovviamente può essere ri-mossa per far spazio ad una SIM tradizionale. Apple ha comunque messo le basi per quello che è il vero spauracchio degli operatori di telefonia, un prodotto privo di SIM che in due passaggi permette di sganciarsi da un operatore per passare alla concorrenza. La facili-tà del passaggio con Apple Pay è inotevole se paragonata alla fatica necessaria per dotarsi di un piano dati, con limitazioni e vincoli. Resta da chiedersi se mai gli operatori accetteranno una cosa simile an-che su uno smartphone: sarebbe la fine della SIM.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

MOBILE Google ha ufficializzato il nome e diffuso i dettagli del nuovo sistema operativo mobile

Android 5.0 Lollipop, ecco tutte le novitàIl sistema operativo di Google farà il suo debutto sugli attesissimi Nexus 6 e Nexus 9

di Paolo CENTOFANTI

Google ha ufficialmente dato un

nome ad Android L e illustrato i

dettagli della nuova versione del

sistema operativo mobile. Android giun-

ge così alla versione 5.0 e proseguendo

la tradizione dei “dolcetti” prende il nome

di Android Lollipop, leccalecca. Android

Lollipop arriva con un tema grafico com-

pletamente rinnovato all’insegna del

nuovo “material design”: animazioni flui-

de e naturali, luci ed ombre realistiche e

una tipografia più leggera e ariosa. Sotto

il nuovo “vestito” ci sono anche impor-

tanti cambiamenti a livello più profondo

del sistema operativo. Innanzitutto An-

droid supporta ora i processori a 64 bit

con architetture x86, ARM e MIPS e tutte

le principali Google apps saranno già ot-

timizzate a 64 bit. Tutte le app di terze

parti scritte in Java saranno, inoltre, già

in grado di sfruttare l’architettura a 64 bit

del sistema operativo. Ma Google ha an-

che rivisto l’ambiente runtime di Android

con l’introduzione di ART, che promette

a parità di processore prestazioni fino a

quattro volte superiori rispetto a Dalvi-

ck, una maggiore fluidità dell’interfaccia

grafica e una migliore gestione del mul-

ti-tasking. ART era già stato introdotto in

via sperimentale in KitKat, ma in Lollipop

diventa il nuovo runtime di riferimento

per gli sviluppatori. Altre novità relative

alla fondamenta del sistema operativo

riguardano una maggiore efficienza

energetica, un migliore supporto per i di-

spositivi Bluetooth Smart e LE, supporto

per le librerie grafiche OpenGL ES 3.1 e

soprattutto una completa revisione del-

l’engine audio. Android Lollipop promet-

te supporto per audio a bassa latenza

per le app di produzione musicale (uno

dei talloni di Achille di Android finora)

e introduce il supporto per gli accesori

audio USB (microfoni, cuffie, mixer, ecc.).

Confermati il supporto nativo per il nuo-

vo codec HEVC fino a risoluzioni Ultra

HD e la possibilità di salvare fotografie

in formato RAW. A livello di funzionalità,

con Android Lollipop arriva una gestio-

ne più flessibile delle notifiche. L’utente

può personalizzare le informazioni che

verranno visualizzate sulle notifiche per

ogni app, per una maggiore privacy,

e viene introdotta una nuova

modalità Priority che, quando attivata,

permette di ricevere notifiche solo da

determinati contatti e servizi. Inoltre è

ora possibile interagire con le notifiche

anche direttamente dalla lockscreen.

L’altra grossa novità è il supporto mul-

tiutente anche per gli smartphone. Ciò

consente di accedere ai propri dati sul

telefono di un amico, semplicemente

loggandosi con il proprio account, oppu-

re ancora prestare il proprio smartphone

in modalità guest bloccando l’accesso

ai propri dati personali. Parlando di si-

curezza dei dati, con Android Lollipop

la crittografia sul telefono è attiva di de-

fault, in modo da proteggere il contenu-

to in caso di furto. La lista completa delle

novità è disponibile sulla pagina ufficiale

dedicata ad Android 5.0.

Will.i.am ha presentato Puls Lo smartwatch indipendenteIl cantante dei Black Eyed Peas ha lanciato Puls È uno smartwatch di lusso che può fare a meno dello smartphone di Roberto PEZZALI

Due anni abbondanti dopo i primi annunci di sviluppo, arriva Puls, lo smartwatch “non watch” che an-drà all’attacco del mercato.Cosa lo differenzia dal resto dei con-tendenti al trono? La possibilità di effettuare e ricevere chiamate, oltre all’accesso alla rete grazie a un’antenna 3G integrata. Niente smartphone da portarsi appresso, quindi, e la possibilità di ascolta-re musica, connettersi e tenere traccia dell’attività fisica saranno demandate in toto al Puls stesso,. Pochi i dettagli tecnici rivelati, il dispositivo ha Wi-Fi, Bluetooth, 16 GB di storage, è già predispo-sto per i social network e sarà anche disponibile un’alternativa a Siri, con nome in codice Anee-dA. Nulla si sa sull’autonomia del dispostivo, da segnalare però l’in-gresso sul palco di alcuni modelli che sfoggiavano vestiti con pacchi batteria integrati e in grado di ali-mentare lo smartwatch a contatto, Così facendo, Will.i.am giura due e giorni e mezzo di autonomia. Sul finale dell’evento si è parlato di Puls in oro e Puls in oro e dia-manti oltre alle versioni standard in nero, bianco, rosa e blu. La di-sponibilità sul mercato sembre-rebbe fissata per il periodo delle feste di fine anno; il prezzo, al mo-mento, è ancora ignoto.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

MOBILE È il primo phablet Google con Android Lollipop, ha caratteristiche senza compromessi

Nexus 6 è enorme, metallico e velocissimoSarà disponibile da novembre, i prezzi sono elevati ma in linea con la qualità del prodotto

di Emanuele VILLA

D opo settimane di rumor imbizzar-

riti, Google ha deciso di togliere i

veli al suo smartphone più gran-

de di sempre: il Nexus 6. La filosofia di

Google è sempre stata quella di pro-

porre terminali allo stato dell’arte ma

anche attenti all’etichetta del prezzo.

Questa volta la situazione sembrerebbe

un po’ diversa: Nexus 6 è un terminale

“no compromise” in tutto e per tutto,

con chassis in alluminio e una dotazio-

ne hardware allo stato dell’arte, per cui

supponiamo che il prezzo non sia da

meno. Il dispositivo sarà disponibile da

novembre (preordini a partire dal 29

ottobre) a prezzi attualmente non an-

cora confermati: si parla di 649 e 699

euro a seconda del taglio di memoria

(32/64GB), ma attendiamo conferme.

Considerando vengono memorizzati

sempre più video, foto e musica, e che

le app sono sempre più pesanti, Google

ha deciso di non proporre la versione da

16GB: si parte da 32GB e ci si dimentica

dello spazio libero. È il più grande Nexus

di sempre, se parliamo di smartphone,

perché è un 6’’ con schermo Amoled

Quad HD (2560x1440) con una densità

di 493 ppi: vedremo se su un 6’’ il Quad

HD ha davvero una marcia in più. Come

anticipato nella recensione di Galaxy

Note 4, uno schermo del genere ha bi-

sogno di un processore potentissimo

per non subire lag o rallentamenti, e per

l’occasione è stato scelto lo stesso SoC

del Note 4, ovvero lo snapdragon 805

quad core da 2,7 GHz con GPU Adre-

no 420, capace di ottimi risultati sotto

il profilo grafico. Nel comunicato una

cosa che ci ha colpito particolarmente

riguarda la batteria da 3.220 mAh: non

tanto per la supposta autonomia (anche

qui, saremo sui livelli di Note 4), ma per il

fatto che con la ricarica Turbo il telefono

“guadagna” 7 ore di autonomia con 15

minuti di carica. Nexus 6 è ovviamente

un terminale LTE, il primo smartphone

basato su Android 5 Lollipop, misu-

ra 82.98 x 159,26 x 10,06 mm per 184

grammi di peso, ha una memoria RAM

di 3GB e una fotocamera rinnovata, con

modulo principale da 13 Mpixel f/2.0 con

stabilizzatore ottico e capacità di cattura

4K a 30fps, e fotocamera frontale da 2

Mpixel per i selfie.

MOBILE Google e HTC hanno presentato Nexus 9, tablet con design e caratteristiche al top

Nexus 9 sarà il primo 64 bit con Android LollipopTutto in alluminio, Nexus 9 entrerà in competizione con i big del settore, iPad Air in testa

di Emanuele VILLA

G oogle ha presentato anche il ta-

blet Nexus 9, un dispositivo di

alta gamma realizzato da HTC e

che entra in diretta competizione con i

più prestigiosi terminali del segmento,

iPad Air in testa. Tutto questo a partire

dal look, che si avvale di una scocca

in alluminio spazzolato che ricorda da

vicino lo smartphone One M8, flagship

dell’offerta del produttore taiwanese. Il

display è un 9’’, 8,9’’ per la precisione,

con la risoluzione di 2048 x 1536 (4:3),

mentre alle prestazioni ci pensa Nvidia

Tegra K1, un SoC basato su architettu-

ra a 64bit (pienamente supportata da

Android Lollipop). Il processore è un

dual core 2,3 GHz, supportato da 2 GB

di RAM DDR3 e da

uno storage di 16

GB o 32 GB a se-

conda dei modelli.

Altre caratteristiche

importanti sono

la doppia fotoca-

mera da 8 (f/2.4) e

1.6 Mpixel, il doppio

altoparlante fronta-

le con HTC Boom-

Sound, la disponibi-

lità di versioni Wi-Fi

e Wi-Fi + 4G, la con-

nettività NFC e la batteria integrata da

6.700 mAh. Google e HTC non dichia-

rano una data di lancio ma annunciano

l’apertura dei preordini per il 17 ottobre

su Play Store: i formati disponibili sa-

ranno quello da 16GB al prezzo di 399

euro, quello da 32GB a 489 euro e, infi-

ne, quello da 32GB LTE a 569 euro.

Samsung annuncia l’Exynos 7 Octa Sulla scia degli annunci di Google, Samsung ha lanciato un nuovo processore mobile della sua gamma Exynos, l’Exynos 7 Octa. Si tratta di un otto core con architettura ARM big.LITTLE realizzato con il nuovo proces-so a 20 nm di Samsung. Nonostante l’azienda sul sito ufficiale non ne faccia esplicita menzione, si tratta an-che del primo SoC Samsung a 64 bit, e verrà utilizzato in alcune varianti del Galaxy Note 4. Gli otto core del processore sono infatti costituiti da quattro Cortex-A57 ad alta potenza e quattro Cortex-A53 ad alta efficienza, entrambi basati su design ARMv8 a 64 bit. Il nuovo Exynos integra la GPU ARM Mali T-760 e un nuovo doppio processore di immagine in grado di elaborare simultaneamente i dati di due fotocamere a 30 fps, con sensori fino a 16 Megapixel per quella prin-cipale e 5 Megapixel per quella fron-tale. Il processore supporta inoltre il nuovo codec HEVC fino a risoluzione Ultra HD, ma come altri modelli della gamma Exynos non include il modem LTE.

MAGAZINE

Estratto dal quotidiano onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingClaudio Stellari, Maria Chiara Candiago,

Alessandra Lojacono, Simona Zucca

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Lenovo Sisley Se esiste è una copia spudorata dell’iPhone 6Emergono alcuni scatti del nuovo smartphone da 5” Lenovo con corpo in alluminio e spessore ridotto. È la fotocopia dell’iPhone 6, gli manca solo la fotocamera sporgente di Roberto PEZZALI

I rumors sono sempre da prende-re con le pinze, ma scatti e news arrivano da più fonti distinte: Leno-vo sta per lanciare lo smartphone Sisley, scocca in alluminio da 6.9 mm di spessore e schermo da 5”. Il nuovo smartphone è la co-pia spudorata dell’iPhone 6, con qualche miglioria estetica: spa-risce infatti l’ottica sporgente e c’è solo una banda plastica nella zona inferiore per isolare l’anten-na. Disponibile in diverse colora-zioni, il Sisley avrà fotocamera po-steriore da 13 Mpixel e frontale da 8 Mpixel, disporrà di doppia SIM e avrà connettività LTE.Non c’è una data di introduzione, ma vista la particolare linea c’è il rischio concreto che il Sisley pri-ma finisca sul mercato e un attimo dopo in tribunale. Lenovo non è certo l’ultimo arrivato, anzi, e diffi-cilmente Apple resterà indifferen-te davanti ad un prodotto simile. Samsung, volendo fare confronti, ha perso cause per molto meno.,

MOBILE HTC ha lanciato il Desire Eye, nuovo smartphone top di gamma della serie Desire

HTC Desire Eye è il selfie phone definitivoÈ il primo smartphone con una doppia fotocamera da 13 Mpixel ed è anche splashproof

di Roberto PEZZALI

H TC lancia Desire Eye: mai nome

avrebbe potuto essere più azzec-

cato per il Polifemo degli smar-

tphone. Subito sopra il display troviamo

infatti la grossa fotocamera frontale da

13 Megapixel, dotata anche di un doppio

led a due toni per selfie perfetti.

La stessa camera la troviamo anche sul

retro, un modulo da 13 Mpixel BSI accop-

piato però ad una lente diversa: la camera

frontale ha un grandangolo 22 mm F2.2,

quella posteriore un 28 mm F2. HTC

ha rivisto anche il software aggiungen-

do una serie di modalità particolari che

sfruttano la doppia camera, e per quella

frontale c’è anche un ritocco “live” che

leviga la pelle per ritratti perfetti. Desire

Eye, camera a parte, è un vero top di

gamma: Snapdragon 801, 2 GB di RAM

e 16 GB di memoria con una scocca rea-

lizzata fondendo due tipi diversi di plasti-

che per un guscio stagno che rende lo

smartphone IPX7, quindi splashproof.

HTC non rinuncia a caratteristiche come

BoomSound: nascosti ai bordi dello

schermo Full HD da 5.2” troviamo infatti

i due speaker stereo, sottili ma decisa-

mente efficaci. Il sistema operativo è An-

droid con interfaccia HTC Sense 6.0, la

batteria da 2.400 mAh e la connettività

LTE. Il prezzo del nuovo Desire Eye è ov-

viamente da top di gamma: 549 euro per

ognuna delle due versioni, red e blue.

MOBILE Si intensificano i rumor sul nuovo Oppo, l’N3, alimentati direttamente dall’azienda

Oppo N3: le prime foto ufficiali sui socialSmentite le voci che erano circolate, la fotocamerà pare non potersi muovere lateralmente

di Roberto PEZZALI

Oppo ci ha abituati alla sua strategia

di marketing: alimentare il gossip

sui prodotti attesi, centellinando

i particolari. Non esente da questa me-

todologia neppure il nuovo Oppo N3,

di cui vi abbiamo già parlato: la stessa

azienda asiatica ha, infatti, su Facebook

la prima foto ufficiale del nuovo termina-

le. L’immagine postata, seppure parziale

della sola parte superiore del terminale,

mostra la fotocamera, che come risulta

subito chiaro, non potrà muoversi lateral-

mente come descritto dai rumor dei gior-

ni scorsi, ma piuttosto pare assomigliare

a quella del predecessore N1, ovvero in

grado di ruotare in avanti, cambiando al-

l’occorrenza tra fotocamera principale e

fotocamera frontale, permettendo auto-

scatti di massima qualità e con flash LED.

Manca tuttavia la conferma di questa

ipotesi, poiché non è stata mostrata al-

cuna immagine della fotocamera in fase

di rotazione. Dall’immagine del retro del

device si intravede

anche la cornice,

che in questo caso

va a confermare le

notizie precedenti,

sembrando effettiva-

mente di un materia-

le metallico, presu-

mibilmente alluminio

o una qualche lega

simile. Curiosa an-

che la finitura in similpelle, di stampo ti-

picamente coreano (restando nel campo

degli smartphone ovviamente), anche se

dal poco che ci è dato vedere non rico-

prirà tutta la parte posteriore, ma solo il

piccolo modulo della fotocamera girevo-

le. In attesa di conferme ufficiali (attesa

per il 29 ottobre la presentazione) ricor-

diamo quelle che da voci di corridoio do-

vrebbero essere le caratteristiche princi-

pali: display da 5,9” Full HD, processore

Snapdragon 805 e 3 GB di RAM. La fo-

tocamera sopracitata è probabile che

abbia un sensore da 13 Megapixel.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Michele LEPORI

Con i nuovi tablet Yoga presentati a Londra,

Lenovo non vuole limitarsi ad aggredire una fetta

di mercato ma punta decisamente alla torta in-

tera, grazie a una gamma articolata, dotata di alcune

particolarità decisamente interessanti. Vediamo quali

sono in dettaglio i modelli presentati e le le loro prin-

cipali caratteristiche.

Yoga Tablet 2, Windows o Android?Con Yoga Tablet 2 il colosso cinese rivede e corregge

il progetto iniziale dando ai propri clienti la possibilità

di scegliere sistema operativo, dimensioni del display e

modalità di utilizzo. Yoga Tablet 2, infatti, è disponibile

sia in versione Android che Windows, pur mantenendo

un look molto simile al modello dell’anno scorso.

Il primo passo in avanti riguarda la parte hardware: il

cuore di Yoga Tablet 2 è il processore Intel Atom pre-

sente in tutte le versioni, messo a supporto di una se-

zione audio caratterizzata da doppio speaker frontale

con Dolby Audio e Wolfson Master Hi-Fi. Un’attenzione

al suono che sorprende e ben evidenzia l’interesse di

Lenovo a focalizzarsi sull’uso multimediale del tablet.

Rispetto alla precedente generazione migliora anche

la fotocamera, che raggiunge ora gli 8 Mpixel, e l’au-

tonomia della batteria in qualsiasi modalità di utilizzo.

Le altre caratteristiche tecniche meritevoli di menzione

sono il display Full HD IPS in tutte le versioni e l’autono-

mia dichiarata di 15 ore nella versione Windows e pari

a 18 ore in quella Android (4.4). Dal punto di vista della

fruizione dei contenuti, Lenovo ha aggiunto oltre alle

modalità Libro, Tilt e Stand, ereditate dal primo Yoga

Tablet, anche la modalità Hang, che permette di appen-

dere il tablet. Dal lato software, come dicevamo, Leno-

vo offrirà la possibilità di acquistare lo Yoga Tablet 2

con Windows 8.1 o Android KitKat a bordo, entrambi

disponibili sia sulla versione da 8” che da 10”; le versio-

ni Windows 8.1 avranno preinstallato Office 365 con un

anno di abbonamento omaggio.

Le disponibilità per l’Italia sono - per entrambe le ver-

sioni - dalla fine di novembre: Yoga Tablet 2 Windows

avrà un prezzo consigliato di 249 euro e 399 euro, a

seconda delle dimensioni di display, mentre i modelli

Android saranno in vendita a 229 euro nella versione

da 8 pollici e a 299 euro per quella da 10 pollici.

MOBILE Sul palco di Londra Lenovo ha presentato la gamma Yoga, con cui punta ad aggredire tutte le fasce di mercato

Lenovo Yoga: nuova gamma, versatilità superYoga 2 è disponibile con Windows e Android, Yoga 2 Pro ha a bordo un proiettore, Yoga 3 Pro è un PC convertibile da 13”

Yoga Tablet 2 Pro Ha un picoproiettore integratoYoga Tablet 2 Pro è il primo tablet con picoproiettore

integrato (con tanto di stabilizzatore) per riprodurre

immagini e film come su uno schermo da 50 pollici,

se i 13 del tablet non dovessero bastare.

Una soluzione azzardata, forse, ma sicuramente qual-

cosa di nuovo in un mercato che sembra avere le pol-

veri bagnate dopo anni di fuochi d’artificio. Oltretutto,

questo ben si coniuga con la destinazione business

del prodotto, dove creare e riprodurre presentazioni

è all’ordine del giorno.

Yoga Tablet 2 Pro ha uno spessore di 3,7 mm, pesa

950 grammi e offre fino a 15 ore di autonomia; a livello

hardware c’è molto in comune col fratellino “non Pro”

ma anche qualche extra molto gradito, quale memoria

da 32 GB, espandibile a 64 GB via microSD, e una se-

zione audio ancora più prestante da 8W. Restano da

valutare caratteristiche importanti quali il processore

Intel Atom Z3745 (2M cache, 1,86 GHz), le quattro

modalità di utilizzo (la novità è Hang, che permette

all’utente di appendere il tablet in modo semplice) e

l’elevatissima risoluzione del display, un 13,3’’ QHD da

2.560 x 1.440 pixel. Inoltre, troviamo una fotocamera

principale da 8 Mpixel.

Riguardo a disponibilità e prezzi vale anche qui la fi-

nestra di lancio a fine novembre, ma il prezzo rilascia-

to da Lenovo di 499 euro vale solo per la versione

Wi-Fi only: il più versatile modello 4G al momento non

ha ancora un cartellino del prezzo.

Yoga 3 Pro: nuovo design e versatilità al top Yoga 3 Pro è un PC convertibile da 13”, con proces-

sore Intel Core M, 512 GB di archiviazione SSD, gra-

fica Intel integrata, schermo con risoluzione QHD+

(un “mostruoso” 3.200 x 1.800 pixel) e speaker JBL

con tecnologia Waves Audio. Il family feeling Yoga è

riconoscibilissimo, ma qui la classica “cerniera” degli

Yoga Tablet è stata riprogettata e vanta un design

definito dagli ingegneri cinesi “a cinturino d’orologio”,

funzionale alle modalità di uso Laptop, Stand, Tent o

Tablet. Yoga 3 Pro sarà commercializzato anche nelle

varianti Clementine Orange e Champagne Gold.

Grande attenzione al software: Lenovo ha creato, in-

fatti, un software denominato Harmony che impara

e riconosce le preferenze d’uso del prodotto e delle

app, adattandole automaticamente in base all’utilizzo

in quel momento; sarà così in grado di regolare le im-

postazioni audio durante la visione di un film piuttosto

che regolare la luminosità del monitor in fase lettura

basandosi sulla reale illuminazione della stanza.

Harmony avrà anche un lato social, dato che potrà

consigliare app specifiche in base a preferenze e inte-

ressi appresi affiancandosi all’utente. Anche per il più

importante esponente della famiglia Yoga bisognerà

aspettare fine novembre e per portarlo a casa biso-

gnerà staccare un assegno da 1.599 euro.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Come verificare se il PC è adatto al 4KFuturemark ha aggiornato il popolare benchmark 3D Mark per includere un test specifico legato al gaming in 4K: i requisiti sono altissimi, con il PC che a 60 fps dovrà gestire quasi 70 miliardi di pixel al secondo di Roberto PEZZALI

Arriva il benchmark per i computer che ambiscono a di-ventare macchine per il gaming in 4K: a proporlo è Futuremark, che ha aggiornato il suo popola-re benchmark 3D Mark integran-do il primo test 4K Ultra HD. L’ag-giornamento, disponibile nella versione 3DMark v1.4.775, pre-vede l’aggiunta della versione “Ultra” ai test Fire Strike e Fire Strike Extreme, una modalità che metterà a dura prova la scheda video processando le immagini offscreen a 3840 x 2160. Non serve quindi un monitor 4K, ma serve una scheda video potente e con almeno 3 GB di memoria dedicata.3DMark ha aperto una se-zione dedicata al particolare benchmark 4K nella sua Hall of Fame: chi ritiene di aver un com-puter abbastanza potente da poter raggiungere i primi posti della classifica può partecipare. Al momento in testa alla classifi-ca di coloro che hanno eseguito il test con una sola GPU (con 2, 3 e 4 è troppo facile) ci sono solo NVIDIA GTX980, che hanno rag-giunto il notevole score di 3795. Ma la gara è appena iniziata.

di Emanuele VILLA

M icrosoft fornisce i primi dati sul

Windows Insider Program, il

programma che permette a tutti

di provare in anteprima Windows 10, la

prossima release del Sistema Opera-

tivo di Redmond. Il primo dato ufficiale

riguarda i download: 1 milione di richie-

ste, ovvero un buon “primo traguardo”

considerando che il software è stato lan-

ciato una settimana fa e che il software

è dichiaratamente in stadio iniziale.

Interessanti le cifre circa il feedback ri-

cevuto dall’azienda: 200.000 interventi

sono stati registrati da Microsoft, sulla

base dei quali verranno sviluppate ulte-

riori funzionalità del sistema operativo

e corretti i bug. Altri dati riguardano la

fiducia che le persone stanno riponendo

in Windows 10: secondo l’azienda, solo il

36% delle installazioni è avvenuto all’in-

terno di virtual machine, mentre il 64%

ha usato il proprio PC, con l’evidente

(secondo Microsoft) intento di tenere e

usare a lungo il sistema. Inoltre, sempre

il comunicato Microsoft informa che il

68% delle installazioni usa più di 7 app

al giorno (ulteriore indicatore di un’in-

stallazione “durevole”), ma il 25% arrivia

addirittura a 26 app al giorno e il 5% su-

pera le 68.

PC 200.000 sono i feedback ricevuti dall’azienda sulla cui base verranno poi corretti i bug

Un milione di persone sta provando Windows 10Primi dati su Windows 10. Molti l’hanno installato per testarlo a fondo, non per curiosità

di Paolo CENTOFANTI

I n molti si aspettavano un iMac con

Retina display; nessuno immaginava

che Apple potesse annunciare un

Mac con monitor 5K. 5K veri, 5120x2880

pixel per 27 pollici di schermo. È forse

questo l’annuncio più importante e in-

teressante dell’evento Apple, perché

gli ingegneri di Cupertino hanno dovuto

sviluppare tanta tecnologia per realizza-

re lo schermo del nuovo iMac, a comin-

ciare dal timing controller necessario

per pilotare i 14,7 milioni di pixel dello

schermo e non disponibile sul mercato.

Sono tante le tecnologie snocciolate

da Phil Schiller durante la presentazio-

ne, ma in così poco tempo che non c’è

stato modo di approfondirle tutte e pro-

babilmente dovremo tornare a parlarne

con un approfondimento: oxide TFT,

organic passivation derivata dall’iPad,

photo alignment, una nuova retroillumi-

nazione a LED capace di far risparmiare

il 30% nel consumo energetico rispetto

al display degli iMac precedenti, per 23

strati di componentistica in 1,4 mm di

spessore e 5 mm di cornice. Comunque

sia, il monitor del nuovo iMac è sicura-

mente degno di nota. Con un monitor

tanto definito è evidente che il nuovo

PC Presentato l’iMac con Retina Display 5K da 27’’, per acquistarlo servono (almeno) 2629 euro

Nuovo iMac, è un “mostro” con display 5KNon è un prodotto inaspettato, ma il display da 5120x2880 pixel è davvero sorprendente

iMac da 27 pollici con Retina Display

deve in qualche modo superare la linea

di confine tra consumer e professionale.

Sotto il guscio in alluminio (che non su-

bisce grossi sconvolgimenti nel design

rispetto la gamma attuale) ci sono com-

ponenti di tutto rispetto: processore In-

tel Core i5 da 3,5 GHz (con opzione per

Core i7 da 4 GHz), 8 GB di RAM DDR3 di

serie e soprattutto scheda grafica AMD

Radeon R9 M290X con 2 GB di RAM

GDDR5, l’ultima top di gamma (mobile)

con una potenza di 3,5 teraflop, con op-

zione M295X con 4 GB di RAM. A ciò

si aggiungono il fusion drive da 1 TB

(ibrido Hard Disk e SSD), connnettività

802.11ac, Thunderbolt 2.0 con suppor-

to per un secondo monitor 4K esterno,

webcam FaceTime HD e, naturalmente,

OS X Yosemite pre-installato con tutte

le novità che questo si porta dietro.Il

prezzo? Tutto sommato, meno di quello

che ci si potrebbe aspettare visto il di-

splay 5K da 27 pollici: da 2629 euro.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Asus GR8 è il mini PC per giocatori esigentiIl mini PC Asus GR8 promette prestazioni adatte ai giocatori più esigenti mantenendo l’ingombro ai minimi termini di Michele LEPORI

Dimenticatevi i grossi chassis pieni di ventole, raffreddamento a liqui-do e altre “diavolerie” che fanno dei PC gaming dei mostri: con i nuovi GR8 e G20, Asus preme l’ac-celeratore sulle prestazioni senza dimenticare il design e propo-nendo due soluzioni per adattarsi al meglio alle esigenze dei suoi potenziali clienti. GR8, in partico-lare, è il prodotto più interessante poiché nonostante le alte presta-zioni, si tratta a tutti gli effetti di un Mini PC. Nel suo guscio troviamo un processore Intel Core i7 e una scheda grafica Nvidia GTX750TI in grado di supportare anche la riso-luzione 4K. Il set di connessioni è completo, l’aspetto è “aggressivo” ma curato, l’accesso alle compo-nenti hardware è facile, per poter modificare sia l’HDD da 2,5” che lo slot per la memoria SSD. Asus ha presentato anche G20, la macchi-na “tutta prestazioni”: dimensioni imponenti e prestazioni che vanno di pari passo, grazie al processo-re Intel Core i7 di 4a generazione e scheda grafica Nvidia GeForce GTX780. Potenza sì, ma anche “eco-friendly” grazie a una moda-lità d’uso a bassissimo consumo che non supererà mai i 20W. Lo chassis ospita anche una soluzio-ne di raffreddamento che sfrutta il naturale tiraggio d’aria e che, se-condo Asus, garantirà al massimo 25 dB in idle. GR8 e G20 saranno anche compatibili con la Steam Machine di Valve.

di Roberto PEZZALI

Apple aggiorna il suo Mac Mini: il

piccolo desktop, probabilmente

uno dei prodotti Apple meno noti al

pubblico, guadagna un nuovo processo-

re, Wi-Fi 802.11ac e Thunderbolt 2, il tutto

con un prezzo che si abbassa rispetto alla

generazione precedente. Mac Mini è pra-

ticamente un notebook senza schermo, e

non è un caso che le configurazioni dispo-

nibili si rifacciano a quelle dei Macbook

Air e MacBook Pro Retina. Il nuovo mini-

desktop Apple parte da 519 euro, un

prezzo non certo bassissimo ma quanto

basta per renderlo il Mac più accessibile

di tutta la famiglia di computer Apple: la

configurazione base, quella appunto più

economica, prevede un processore Intel

Core i5 dual core a 1,4 GHz, 4 GB di me-

moria, Intel HD Graphics 5000 e un disco

rigido da 500 GB, praticamente il proces-

sore del Macbook Air entry level ma con

un disco però tradizionale. Se si desidera

un vero processore desktop (perdendo

un po’ in efficienza energetica) si deve

passare al modello con processore In-

tel Core i5 dual core a 2,6 GHz, 8 GB di

memoria, Intel Iris Graphics e disco rigido

da 1 TB, anch’esso tradizionale: costa 719

euro. Il top di gamma, fatta eccezione per

configurazioni custom ordinabili online,

prevede un processore Intel Core i5 dual

core a 2,8 GHz, 8 GB di memoria, Intel Iris

Graphics e Fusion Drive da 1 TB al prezzo

consigliato di 1.019 euro, praticamente un

MacBook Pro Retina con Fusion Drive,

quindi SSD e disco tradizionale. Qualcu-

no potrebbe far notare che è più conve-

niente un Macbook, ma in realtà il Mac

Mini è molto sfruttato anche come server,

e in quest’ultimo caso la sua efficienza

energetica può fare la differenza.

PC Apple rinnova il suo piccolo desktop computer, ora ha anche Wi-Fi 802.11ac e Thunderbolt 2

Mac Mini 2014 è più veloce e costa menoIl nuovo Mac Mini ha a bordo i più recenti processori Haswell e le schede grafiche Intel

di Paolo CENTOFANTI

M entre ci avviciniamo al primo

compleanno dell’ultima console

Sony, emergono nuovi dettagli

sul prossimo aggiornamento del siste-

ma operativo di PlayStation 4. Il firmware

2.0, nome in codice Masamune, introdu-

ce diverse novità per lo più ancora inte-

ramente focalizzate sul gaming. Comin-

ciano a esserci delle aperture in senso

multimediale per la console, ma Masa-

mune non sarà quell’aggiornamento che

qualcuno si aspettava. Se da una parte

Sony parla finalmente della possibilità

di leggere file multimediali da un disco USB collegato alla console, la compati-

bilità è limitata unicamente alla riprodu-

zione audio. Con l’aggiornamento 2.0, la

PS4 potrà leggere infatti file audio con

estensione MP3, MP4 e M4A, per dare

la possibilità ai giocatori di ascoltare la

propria musica preferita durante una

partita. Niente media player completo

dunque sulla falsariga di quanto appena

rilasciato da Microsoft per Xbox One e

niente supporto per i video. Il resto delle

novità riguardano la gestione degli ami-

ci, la possibilità di personalizzare il tema

grafico del menù di sistema in modo

simile a quanto era possibile fare con

PS3, nuovi comandi vocali tramite Play-

Station Camera e funzionalità per il live

broadcasting delle partite.

PC È stata introdotta la possibilità di riprodurre file multimediali da chiavette e dischi USB

Arriva il media player per la PS4, ma è solo audioSony ha illustrato nuovi dettagli sull’aggiornamento 2.0 del firmware di Playstation 4

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Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*?La sua sorprendente evoluzione.

Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart.

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torna al sommario 17

MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Roberto PEZZALI

All’inizio eravamo scettici: perché

mai HTC si è messa a fare una cosa

simile? Dopo averci giocato un po’

e aver “sparato” qualche foto, ci siamo

ricreduti: HTC Re è il nuovo concetto di

Personal Camera di HTC. Non è un ac-

cessorio per smartphone, anche perché

funziona da sola, e non è neppure una

Sport Cam in stile GoPro. HTC l’ha pen-

sata per essere impugnata, anche se al-

l’occorrenza è possibile agganciarla a un

supporto o addirittura indossarla.

Difficile capire a cosa assomigli: Re è un

tubetto colorato con l’estremità ricurva

che contiene il sensore per video e foto.

Non c’è display, c’è solo un tasto di scatto

raggiungibile con il pollice che permette

di scattare al volo con una sola pressio-

ne, un po’ come se stessimo spruzzando

una bomboletta. Re è sempre accesa, in

stand-by, e si sveglia solo quando la impu-

gniamo: con una sola carica scatta 1.200

foto o 1 ora e 40 minuti di video, registran-

doli nella memoria interna da 8 GB che

può essere portata a 128 GB tramite mi-

cro SD. Impugna e spara: nessun monitor

e nessuna esitazione, le foto si guardano

in un secondo momento. Solo un piccolo

LED ci indica se stiamo registrando video

o se siamo in modalità foto, e per attivare

lo slow motion a 720p si deve schiacciare

l’unico bottone presente. Re è waterproof

IP57, ma avvitando un tappino sul fondo

per coprire la porta USB e lo slot per la

VIDEO CREATIVO La nuova divisione creativa di HTC sforna una personal camera particolare

Bizzarra e curiosa: HTC lancia Re CameraAl posto dello scatto, la fotografia si “spara” e devi sperare di aver fatto centro senza display

di Massimiliano ZOCCHI

Le batterie ricaricabili hanno un ruolo

fondamentale nella tecnologia moderna,

ma l’energia che possono immagazzina-

re non ci basta mai e si ricaricano lenta-

mente. Alcuni ricercatori della Nanyang

Technological University di Singapore

promettono di ridurre drasticamente i

tempi di ricarica: fino al 70% della capa-

cità in 2 minuti.

Questo risultato, in fase di sperimentazio-

ne, è stato ottenuto con normali batterie

al litio, alle quali è stato sostituito l’anodo,

ossia il polo negativo. Nelle attuali batterie

esso è costituito da grafite, mentre il team

guidato dal professor Chen Xiaodong ha

utilizzato un gel di diossido di titanio. La

chiave del progetto è stata la possibilità di

modellare questo composto, normalmen-

te di forma sferica, in piccolissimi nanotu-

bi che accelerano enormemente il pas-

saggio della carica. Gli scenari ipotizzabili

sono moltissimi, a partire dagli smartpho-

ne che si potrebbero ricaricare in tempi

brevissimi, passando per qualsiasi altro

strumento che funziona con batterie ri-

caricabili, come device indossabili, droni,

computer portatili e altro ancora. Ma l’at-

tenzione degli scienziati asiatici si è su-

bito focalizzata su un settore che soffre

dei tempi di ricarica, ovvero la mobilità

elettrica. Questa scoperta permettereb-

be all’industria automobilistica, e in gene-

rale a chi si occupa di mobilità elettrica,

di ottenere batterie ricaricabili con una

velocità di 20 volte superiore all’attuale.

Considerando che i mezzi dotati di siste-

mi di ricarica veloce possono fare il pieno

di energia in tempi che vanno da 30 a 60

minuti, ciò significherebbe essere pron-

SCIENZA Alcuni ricercatori hanno creato una batteria al litio che si carica fino al 70% in due min

La batteria per auto elettriche che si carica in 2 minuti Le nanotecnologie e il titanio sono i segreti. Probabile un futuro impiego nei veicoli elettrici

ti a ripartire dopo solo 5 minuti, il tempo

che si impiega per fare un normale pieno

di benzina. Questo sposterebbe inoltre

l’attenzione dei costruttori, che non do-

vrebbero più aumentare la quantità di

batterie a bordo ma puntare su tempi di

ricarica brevissimi, diminuendo il peso dei

veicoli e anche il prezzo, notoriamente un

problema di questi veicoli.

Le batterie al litio con anodo in grafite

vennero introdotte sul mercato circa 34

anni fa, e un inventore di questo sistema,

il professor Rachid Yazami, è un collega

dello stesso Chen, anche se attualmente

si sta occupando di un progetto paralle-

lo. A quanto pare alla NTU hanno le idee

molto chiare: le nuove batterie sono già al

vaglio dell’industria automotive e si pre-

vede vengano concesse in licenza nei

prossimi mesi.

card diventa IPx8, quindi più di un metro

di immersione. Le caratteristiche sono

“standard”: sensore da 1/2.3” stabilizzato

digitalmente, ottica F2.8 e grandango-

lo a 146° con possibilità di riprese video

a 1080p e 30 fps e di foto da 16 Mega-

pixel. Trattandosi di un accessorio smart

non manca la possibilità di pairing con lo

smartphone: Re è compatibile Android e

iOS e può essere controllata in remoto

grazie a Bluetooth LE e Wi-Fi, usato que-

st’ultimo anche per trasferire all’istante le

foto fatte su smartphone. Re sta in piedi

da sola, ha un’ottica di qualità ed è picco-

la, discreta e tascabile. Alto però il prezzo

di lancio, 249 euro.

La 1000fps promette super slowmotion a basso prezzoSu Kickstarter arriva il progetto di una nuova videocamera ad altissimo framerate Ad un prezzo tutto sommato contenuto permette di arrivare a registrare video fino a 18500 fps. Pronti per slow motion super? di Roberto PEZZALI

Le videocamere ad alto frame-rate sono costosissime: hanno sensori particolari e processori capaci di gestire l’enorme flusso di dati che viene letto dal senso-re. Grazie ad un progetto creato dall’ingegnere inglese Graham Rowa è possibile finanziare, su Kickstarter, la produzione della prima videocamera hi-speed low cost. Dotata di una flangia C com-patibile praticamente con tutti gli obiettivi in commercio (anche tramite adattatore), la 1000fps, questo il nome dato alla fotoca-mera, può catturare sequenze con framerate variabile da 75 fps a 18500 fps.Rowa propone tre diverse versio-ni della videocamera, la Silver, la Gold e la Platinum che differisco-no esclusivamente nelle perfor-mance di cattura e nella memoria interna: la versione Silver registra 840 fps a 640 x 480 e arriva a 16500 fps a 64 x 64 pixel (un fran-cobollo), mentre la Platinum par-te da 2560 x 2048 a 75 fps per spingersi fino a 18500 fps a 64 x 64. Ecco la tabella delle risolu-zioni di ripresa disponibili, con i prezzi stimati dei tre modelli.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Massimiliano ZOCCHI

D opo il Tweet rilasciato da Elon

Musk, i rumor sono letteralmente

impazziti: cosa sta a significare

quella “D”? Qualcuno si è lanciato in

teorie fantasiose (Diesel, Hydrogen...),

mentre altri ci sono andati decisamente

più vicini. Possiamo considerare vincito-

re sia chi aveva scommesso su Dual sia

chi ha puntato su Drive. Già, perché la

nuova Tesla Model S avrà doppio mo-

tore elettrico, uno sull’asse anteriore e

uno su quello posteriore, guadagnando

così anche la All Wheel Drive, ma per

una aggiunta di ulteriori 4.250 dollari

potrà anche essere dotata del siste-

ma Autopilot. Ma andiamo con ordine.

Come in precedenza le versioni saran-

no tre, Model S 60D e 85D (i numeri

stanno per i kWh delle batterie) e la più

performante chiamata appunto P85D.

Questo modello, grazie all’incredibi-

le potenza e coppia generata dai due

motori, è in grado di uno scatto

da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi,

un tempo che sfida apertamente

qualsiasi auto sportiva a carbu-

rante tradizionale, anche ben più

costosa. L’autonomia, punto forte delle

vettore di Musk, non ne risentirà, con un

piccolo plus di 15 km rispetto al modello

a singolo motore. Batteria quindi ugua-

le alla classica Model S, confermando i

tempi di ricarica: 30 minuti col sistema

proprietario (e a ricariche gratuite a vita)

Tesla SuperCharger, mentre in una più

normale colonnina da circa 20 kw di po-

tenza ci vorranno 2 ore e mezza. Tempi

che assicurano circa 400 km di strada

percorribile. C’era molta attesa per la

One More Thing in tipico stile california-

no, e come previsto da voci di corridoio

è stato anche annunciato il nuovo siste-

ma Autopilot. Un pizzico di delusione

quindi per i proprietari di Tesla Roadster

che speravano nell’upgrade delle pro-

prie batterie. In modo simile a quanto

sviluppato anche da brand concorrenti,

un insieme di sensori, radar e videoca-

mere analizza continuamente la strada

e lo scenario per aiutare il guidatore. Il

sistema va dalla tipica frenata di emer-

genza anti-collisione passando per il

AUTOMOTIVE In un bagno di folla tra addetti stampa e appassionati Elon Musk ha presentato la nuova Tesla Model S-D

Tesla Model S-D: velocissima e con il pilota automatico“D” come Dual Motor, 4 ruote motrici e un’incredibile accelerazione. E l’atteso “something else...” è il sistema autopilot

“Sembra di essere in una nave spaziale, quando in realtà sei dentro un veicolo, e su ruote...”

mantenimento di corsia, limite di veloci-

tà automatico, e lettura dei segnali stra-

dali. Niente di nuovo, anche se, come

potete vedere dal video, l’autonomia di

guida e di intervento di autopilot sono

già consistenti, un passo deciso verso

la “guida autonoma” che Elon Musk

vuole raggiungere entro pochi anni. A

margine dell’evento, poi, alcuni fortuna-

ti hanno potuto testare l’accelerazione

della P85D in un percorso apposita-

mente preparato, e stando alle dichiara-

zioni di chi ha provato, l’accelerazione

tipica dei motori elettrici e la potenza

del dual motor ti tengono letteralmente

incollato al sedile. Il percorso di prova

è stato suddiviso in due parti, la prima

con corsie luminose ai lati per provare

l’accelerazione, e una seconda parte

guidata con segnali stradali per evi-

denziare gli interventi dell’auto pilota.

Model S in versione D sarà disponibile

(per ora negli Stati Uniti) a dicembre

per quanto riguarda la P85D, mentre i

modelli 60D e 85D più tardi a febbraio

2015. Il costo della top di gamma arrive-

rà a circa 120.000 dollari, cifra notevole,

ma inferiore ad altre auto capaci delle

stesse performance.

di Roberto FAGGIANO

Al salone dell’automobile di Parigi

ha debuttato la terza generazione

della sportiva di casa Audi, la TT

in versione classica e spider. Un rapido

sguardo all’interno della vettura rivela

l’apparente mancanza del display mul-

timediale al centro della plancia, dove

troneggiano solo le tre bocchette del-

l’impianto di climatizzazione, con tanto

di piccoli display di controllo integrato.

Ma i progettisti di Ingolstadt non si sono

dimenticati di questo fondamentale stru-

mento di ogni auto moderna. In realtà

hanno fatto molto di più, perché hanno

sostituito il tradizionale quadro strumenti

con un display LCD da 12 pollici. L’ampio

display può visualizzare diversi tipi di

contenuti, scelti dall’utente utilizzando i

comandi posti sul volante e al centro del-

la plancia. Nella configurazione normale,

il display presenta una strumentazione

classica con contagiri, tachimetro e i pa-

rametri fondamentali

della vettura. Ma ba-

sta un tocco per far

spostare gli strumen-

ti ai lati del display

e con dimensioni

più piccole mentre

al centro si allarga

la completa mappa

geografica del navi-

gatore oppure com-

paiono le funzioni del

sistema audio, il vivavoce telefonico con

la rubrica e altri parametri della vettura

come la climatizzazione. Il guidatore ha

quindi a disposizione uno strumento

completo che si adatta alle esigenze

di ogni conducente e non costringe a

distrarsi dalla guida per ricevere una

telefonata o per cambiare la stazione

radio. Per i più esigenti in fatto di musi-

AUTOMOTIVE L’ultima versione della sportiva tedesca ha un nuovo cockpit. La nuova Audi TT sarà disponibile da novembre

Nella sportiva Audi TT i contenuti del cruscotto li scegli tuLa tradizionale strumentazione è sostituita da un fantastico display da 12 pollici. I contenuti li sceglie il conducente

ca, sulla nuova TT è possibile installare

un sistema audio Bang & Olufsen con

potenza di 680 watt e analizzatore del

rumore di fondo per dare la giusta voce

agli altoparlanti distribuiti nell’abitaco-

lo. Per gli interessati, la nuova Audi TT

sarà disponibile dal mese di novembre

con motorizzazione 2.0 TFSI a benzina e

2.0TDI a gasolio.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Simona ZUCCA

K itchenAid amplia, e non di poco,

la gamma dei suoi prodotti con

soluzioni attese da molti e con al-

tre inaspettate. Dopo HOMI, KitchenAid

approfitta dell’edizione meneghina di

Cake Festival 2014, di cui è main spon-

sor, per presentare al pubblico le sue

novità, tra pasta di zucchero, mattarelli,

stencil e spatole.

Multicooker, anche KitchenAid ha la sua cooking machineTra i prodotti, spicca su tutti Multicoo-

ker. KitchenAid entra a pieno titolo nel

mercato delle cooking machine e lo fa

con la sua solita classe e originalità: ha

le sembianze di una (elegante) pentola

con coperchio, questo piccolo elettro-

domestico che, a diverse funzioni di

cottura (10 programmi tra cui Bollire/

Cuocere a vapore, Soffriggere/Saltare,

Rosolare, Cuocere al forno), aggiunge

anche l’accessorio opzionale per me-

scolare. La temperatura va dai 35 ai 220

°C, la ciotola in ceramica è capiente ben

4 litri (le dimensioni dell’oggetto non

sono proprio ridotte, se lo si vuole tene-

re esposto in cucina occorre trovargli un

certo spazio…), i comandi digitali sono

sul fronte dell’apparecchio. Il costo non

è irrisorio, 449 euro con accessorio

per mescolare incluso: più economico

di alcuni multicooker (ma ricordiamo

che non ha ad esempio accessori per

la preparazione come le lame per tri-

tare) e più caro di altri recentemente

proposti sul mercato, questo prodotto

si distingue ovviamente per il design

ed è in linea con i prezzi dell’azienda

americana. Sembra, però, che le novità

in questo settore non siano finite, e che

KitchenAid sia pronta a lanciare un nuo-

vo prodotto. C’è forse da aspettarsi un

Multicooker più evoluto, accessoriato,

con più funzioni e quindi più vicino di

prezzo ad altre cooking machine?

La colazione è ottima ma si paga un po’ caraGrazie alla collaborazione con Ne-

spresso, KitchenAid entra in un altro

interessante settore dei piccoli elettro-

domestici, quello delle macchine per

caffè espresso in capsule. Il design e

la solidità dei materiali sono i soliti di

KitchenAid, è possibile scegliere tra 6

lunghezze di caffè, e qui è il prezzo a

fare la differenza rispetto ad esempio

alle altre macchine Nespresso già in

commercio, come quelle di De’ Longhi

e Krups (quelle più costose rispetto a

KitchenAid si contano sulle dita di una

mano e hanno la possibilità di prepara-

re la schiuma di latte). Metallo pressofu-

so, design e qualità Nespresso costano

399 euro. Prezzi non proprio irrisori an-

che per due nuovi prodotti, centrifuga

ed estrattore di succo per preparare

succhi di frutta e di verdura, rispettiva-

mente venduti a 389 e 499 euro. La

centrifuga, in grado di preparare fino a 1

litro di succo, ha velocità variabile da 7

a 10.000 giri; l’estrattore invece promet-

te di erogare succhi più nutrienti e con

meno scarto.

Accessori per Artisan Finalmente il food processorKitchenaAid ha pensato anche agli ac-

cessori per il suo prodotto di punta, la

planetaria Artisan, e lo fa con il prodotto

che molti aspettavano. Alla lunga lista di

optional già disponibili, infatti, (sfoglia-

trice, gelatiera, passaverdure, ecc.) ag-

giunge il food processor, finora probabil-

mente mai proposto per non sovrapporsi

alla presenza sugli scaffali del Food Pro-

cessor stand alone. Si aggancia all’appo-

sito invito dove si inseriscono tutti gli altri

accessori e permette di tritare, affettare,

grattugiare, frullare ridurre in purea e

grazie al sistema Exactslice di decidere

lo spessore delle fette. Il prezzo di listino

è di 229 euro, mentre è di 199 euro quel-

lo dell’estrattore di succo, altro nuovo

accessorio per la planetaria.

Novità (e prezzi) interessantiNovità dunque interessanti per Kitche-

nAid, a partire dal Multicooker, che si-

curamente nel panorama delle cooking

machine si distingue per il design origi-

nale e piacevole. Come sempre, quello

che colpisce dei prodotti dell’azienda

americana è l’estrema attenzione al

design oramai immediatamente ricono-

scibile, la solidità dei materiali e delle

soluzioni costruttive e, non da ultimo,

i prezzi non certo alla portata di tutti.

Ma la qualità si paga e se si sceglie di

avere in casa un prodotto solido, dalle

elevate prestazioni, che duri nel tempo

e bello da vedere, allora si deve anche

essere disposti a spendere qualche

euro in più.

SMARTHOME A Milano l’azienda ameriana ha mostrato prodotti in parte attesi in parte inaspettati

Novità KitchenAid: è arrivato il MulticookerL’accessorio food processor per planetaria, il Multicooker e la macchina da caffé Nespresso

Gli accessori standard sono un tubo alimenti 2 in 1, disco da 8 mm, disco regolabile con leva esterna, disco reversibile per grattugiare e disco reversibile per julienne.

Multicooker è disponibile nei colo-ri Rosso imperiale e Crema.

Ecco il finto autovelox che ti controlla l’RCAÈ partita la sperimentazione in Italia dei “finti” autovelox che in realtà verificano il pagamento dell’assicurazione RCA in tempo reale: se non si è in regola, si viene fermati poche centinaia di metri dopo di Emanuele VILLADopo gli Autovelox e i Photored (le telecamere che rilevano il passaggio di veicoli col sema-foro rosso), in Italia è partita la sperimentazione dei dispositivi in grado di verificare in tempo reale se la vettura è in regola col pagamento dell’assicurazione e con le revisioni. Al momento la sperimentazione (che pare funzionare) è attiva a Legnano, Vicenza, Ciampino e Verona, si chiama Telesystem ed è apparentemente una teleca-mera molto simile a quella del-l’autovelox; solo che questa, una volta catturata la targa del vei-colo, invia i dati a un computer centralizzato che li esamina sulla base dei dati della motorizzazio-ne civile e del Pubblico registro automobilistico per verificare in tempo reale che il veicolo sia in regola in tutto e per tutto.Una pattuglia della polizia stra-dale, posta qualche centinaio di metri dopo, riceve i dati e, in caso di anomalie, ferma il mal-capitato. Nella speranza che la “lag” nella comunicazione non sia eccessiva e la pattuglia non si debba appostare 2 km dopo... Nel dubbio, comunque, mette-tevi in regola e, soprattutto, non rimenticatevi di rinnovare l’assi-curazione.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Skype lancia Qik Videomessaggi istantaneiAnche Skype si lancia nel mercato delle app di videomessaggi con il nuovo servizio Qik: clip di massimo 42 secondi per chattare con i video anziché con le parole. Ce n’era bisogno? di Paolo CENTOFANTI

Skype ha annunciato il lancio di una nuova app per smartphone chiamata Qik. Si tratta di un nuo-vo servizio che consente di inviare filmati di massimo 42 secondi ai propri contatti. In sostanza un vero e proprio instant messenger che sostituisce la chat testuale con i video, anche se questi rimarranno in linea per un massimo di due set-timane. L’app include anche una funzionalità denominata Qik Flik, che consente di creare brevissime clip di 5 secondi da salvare e da utilizzare come emoticon o GIF animate per dare risposte brevi. È possibile effettuare chat singo-le o di gruppo, cancellare i video e bloccare i contatti da cui non si vogliono più ricevere video. Con la nuova app, Skype sembra voler ri-nunciare a mettersi in competizio-ne con servizi come WhatsApp per quanto riguarda le chat testuali e puntare a suo modo a servizi come Snapchat e Slingshot di Facebook, anche se solo il primo sembra aver raccolto un’ampia base di utenti. La nostra sensazione è che Qik non intercetti alcun bisogno parti-colare, ma solo il tempo ci dirà se Skype ci ha visto giusto. L’app è di-sponibile da oggi per Android, iOS e Windows Phone.

di Roberto PEZZALI

Tado lancia sul mercato italiano il suo

termostato intelligente: in Italia arri-

verà subito la seconda generazione

di termostato, quello dotato di schermo

tattile a matrice di LED e con una compa-

tibilità ampliata anche ai sistemi di riscal-

damento meno evoluti. Tado sostituisce il

normale termostato, e l’azienda, tedesca,

assicura la compatibilità con il 90% circa

delle caldaie in commercio in Italia: qual-

cuna resta fuori, ma il servizio assistenza

è pronto a controllare ogni singolo caso,

raccogliendo anche informazioni prezio-

se per la prossima generazione. Al mo-

mento i sistemi compatibili sono 5000, e

grazie al kit di estensione è possibile an-

che collegare Tado alle caldaie che sono

sprovviste di termostato.

Tado, almeno secondo le ricerche fatte

anche da laboratori esterni, grazie al suo

particolare modo di utilizzo permette di

risparmiare fino a 30% sulle spese annue

per il riscaldamento, anche se ovviamente

sono molti i fattori che possono andare a

diminuire questa statistica. Tado funziona

infatti come un normale termostato pro-

grammabile, ma grazie alla connessione

al cloud e alle sue app (Android e iOS

ora, Windows Phone tra una settimana) è

in grado anche di gestire accensione e ri-

scaldamento in base alla posizione degli

abitanti del network familiare. Tado usa

la geolocalizzazione per sapere quando

l’ultima persona è uscita di casa e quan-

do sta tornando, e con questi dati riesce

a regolare in modo fine l’accensione e lo

spegnimento. Inoltre il termostato riesce

a misurare quanto tempo ci mettere a

portare la casa alla temperatura presta-

bilita, tempo che varia a seconda della

coibentazione e della classe energetica:

in questo modo può risparmiare tempo

prezioso; i dati infine sono integrati con le

condizioni meteo fornite da diversi servizi

web: se fuori fa davvero caldo, Tado lo sa

e si comporta di conseguenza.

La funzione di geolocalizzazione e il con-

trollo a distanza ovviamente non sono

obbligatorie: Tado funziona anche sen-

za sfruttando gli altri dati. Ovviamente il

risparmio sarà inferiore. Alle funzionalità

di controllo del riscaldamento Tado ag-

giunge anche per alcuni impianti tutta la

diagnostica: pressione dell’acqua insuffi-

ciente e problemi di vario tipo vengono

segnalati all’assistenza Tado Care che

può offrire un suggerimento alla soluzio-

ne. Tado costa 249 euro e al momento

può essere acquistato online sul sito

ufficiale: chi vuole provarlo può anche

noleggiarlo, 6,99 euro al mese. Il kit di

estensione, per montare Tado in un si-

stema senza termostato o per spostare

il termostato dalla posizione attuale co-

sta 99 euro e può essere noleggiato

a 2,99 euro al mese. Per l’assistenza e

l’installazione, Tado suggerisce il fai da

te, perché le istruzioni sono abbastan-

za chiare. Chi non se la sente può però

affidarsi ad una rete di installatori pro-

fessionisti che Tado ha attivato in Italia.

Il costo dell’installazione è ovviamente

extra. Come stiamo facendo con il kit

Honeywell Evo, proveremo Tado que-

st’inverno, e vi faremo sapere com’è an-

data confrontando le spese con quelle

dell’anno precedente.

SMARTHOME Il termostato intelligente Tado arriva in Italia nella sua seconda generazione

Il termostato Tado in Italia. Prima di NestÈ dotato di schermo LED e con interfaccia in italiano. Chi vuole risparmiare sul riscaldamento?

di Paolo CENTOFANTI

YouTube è ormai come un immenso

jukebox in cui si trova di tutto, da

video musicali, a spezzoni di film e

programmi TV, passando per canzoni e

tutto il resto. La stragrande maggioran-

za delle volte, i video sono caricati dagli

utenti di YouTube e non dagli autori origi-

nali, ma ciononostante dal 2007 a oggi il

servizio di streaming di Google ha stac-

cato complessivamente un assegno di 1

miliardo di dollari ai detentori dei diritti.

Tutto ciò grazie a Content ID, il sistema

che YouTube ha implementato per ri-

solvere quell’ambiguità che caratterizza

la natura stessa del servizio. Quando

un utente carica un video su YouTube,

il sistema effettua un’analisi per capire

se questo contiene

materiale protetto

dal diritto d’autore.

Quando ciò avviene,

il detentore di tali

diritti viene allertato

e può decidere se

chiedere la rimozio-

ne del video, oppure

monetizzare grazie

ad esso inserendo

della pubblicità sul

contenuto. In questo

modo una grande quantità di materiale

rimane su YouTube con vantaggi sia per

Google che i detentori dei diritti: il cata-

logo di YouTube si allarga sempre di più

e gli autori dei contenuti guadagnano

qualcosa da quella che normalmen-

te potrebbe essere definita pirateria.

A rimetterci sono solo gli utenti, quando

Content ID fa cilecca e viene chiesta la

rimozione di contenuti legittimi.

SOCIAL MEDIA E WEB Su YouTube i video sono caricati dagli utenti, ma gli autori non ci perdono

I video piratati hanno fruttato 1 miliardo di dollariI contenuti protetti dal diritto d’autore vengono riconosciuti automaticamente grazie a Content ID

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Alessandra LOJACONO

Whirlpool rinnova la sua gamma

di forni a microonde Jet Chef

con due nuovi modelli, Jet Chef

Premium JT 479 (599 euro) e Jet Chef

JT 469, rispetto ai modelli precedenti

sono estremamente intuitivi nell’utilizzo

e dotati di nuove funzioni di cottura.

Whirlpool vuole venire incontro a tutti

i consumatori che hanno poco tempo

da dedicare alla preparazione dei piatti

realizzando dei forni che grazie alla ven-

tilazione possono essere usati anche al

posto del forno ventilato convenziona-

le. La nuova linea Jet Chef si distingue

dalla gamma precedente per un design

minimal ed elegante ricalcando l’esteti-

ca degli altri elettrodomestici Whirlpool;

per facilitare l’uso è stato aggiunto un

pannello con i comandi touch e un am-

pio display.

Funzioni e performance all’avanguardiaSe consideriamo il prezzo medio di un

forno a microonde il nuovo Whirlpool

costa parecchio, quasi tre volte tan-

to. Come abbiamo detto non è un mi-

croonde tradizionale, è un qualcosa di

più e Whirlpool ha aggiunto una serie

di funzioni uniche che non erano pre-

senti sulla gamma precedente. Grazie

a Chef Menu si possono scegliere 90

ricette preimpostate e ottenere la scelta

in automatico della migliore funzione di

cottura, del tempo e della potenza. Vo-

lendo si possono anche memorizzare le

10 ricette dei propri piatti preferiti. Bread

Defrost è la soluzione per il pane surge-

lato: Whirlpool promette di scongelarlo

rendendolo morbido dentro e croccante

fuori, grazie anche alla presenza di una

potente ventola che diffonde il calore in

modo uniforme su tutto il cibo.

Nella nuova gamma Jet Chef, inoltre, la

capacità aumenta e passa da 31 a 33 litri

e il piatto girevole da 36 cm può esse-

re bloccato e ciò consente di cucinare

porzioni più grandi e di utilizzare piatti

di diverse forme e dimensioni

Non mancano neppure alcune funziona-

lità, che erano già presenti nella gamma

precedente: la funzione Crisp, esclusivo

brevetto Whirlpool, che permette di ar-

rostire, friggere quasi senza olio e lievi-

tare per realizzare pizze, torte salate e

dolci; Jet Defrost, il sistema Whirlpool di

scongelamento rapido; Vapore per una

cucina sana e leggera, oltre alla distri-

buzione 3D delle microonde per ottene-

re cotture omogenee e uniformi.

Nel modello JT 469 sono presenti le

stesse funzioni del top di gamma Pre-

mium, unica differenza è che le ricette

presenti nella funzione Chef Menu sono

30 anziché 90.

Accessori per cotture al topPer esaltare ancora di più

le performance dei mi-

croonde Jet Chef, Whirl-

pool ha realizzato, in col-

laborazione con Lékué,

degli accessori in silicone

di platino che possono re-

sistere a temperature che

vanno dai -60° ai 220° C:

si va dalla vaporiera con

griglia, al cuoci riso fino ad

arrivare all’accessorio per

cucinare le uova e quel-

lo per le omelette oltre a

stampi per fondere e lavo-

rare il cioccolato.

Abbiamo avuto modo di

provare Jet Chef Premium

sfruttando le funzioni Va-

pore, Crisp e Microonde

per cucinare uno strudel

“rivisitato” con pere e

cioccolato in soli 10 mi-

nuti e per la nostra breve

esperienza possiamo dire

che il risultato è stato ot-

timo. La nuova serie di

microonde Whirlpool è

ovviamente perfetta per

chi ama la cucina come

il nome Jet Chef lascia

intendere. Il prezzo è l’unico boccone

amaro: 600 euro per il top di gamma,

probabilmente uno dei microonde più

cari in commercio. La buona cucina tut-

tavia è la moda del momento, e forse

il microonde hi-tech è molto più “cool”

dell’ultimo modello di smartphone.

SMARTHOME Whirlpool ha rinnovato la sua serie di forni a microonde Jet Chef con 2 modelli

Con il microonde Whirlpool diventi uno chefI microonde costano quanto uno smartphone top di gamma ma promettono risultati da urlo

JET CHEF PREMIUM JT 479

A Firenze si cammina, a Tokyo non si dorme: lo dice JawboneUna curiosa classifica di Jawbone svela le abitudini degli utilizzatori del braccialetto UP di Andrea ZUFFIJawbone, nota da anni per i dispo-sitivi audio intelligenti e più recen-temente molto presente nel setto-re dei dispositivi indossabili con il fortunato braccialetto UP, ha mo-nitorato alcuni atteggiamenti dei propri clienti concentrandosi sulle rilevazioni della media giornaliera del numero di passi e delle ore si sonno.La classifica dei camminatori vede al primo posto i cittadini di New York, con una media di 9.422 pas-si al giorno contro i 6.796 passi di San Paolo del Brasile, che occupa l’ultimo posto in classifica. Il team di Jawbone ha preso in esame anche la distribuzione per abitanti delle città italiane tra cui spiccano i fiorentini con una media di 9.053 passi al giorno. Milano è di poco sopra i 9.000, mentre Roma arriva a 8.526 passi.Sul fronte delle ore di sonno invece la distribuzione per area geografi-ca ci racconta di un Oriente che ri-posa poco con la media di 5,57 ore per notte degli abitanti di Tokyo o le 6,07 ore dormite a Seoul. Agli antipodi della classifica troviamo gli australiani di Melbourne che dormono in media 7,11 ore. In Italia i meno dormiglioni sono i parteno-pei con 6,44 ore di sonno medio per notte mentre a Roma e Milano si dorme qualche minuto in più, con rispettivamente 6,49 e 6,52 ore. Le abitudini emerse non fan-no distinzioni di genere maschile e femminile e non indicano da quanti membri è composta la base dati. Di sicuro la divulgazione di questi dati (statistici e anonimi) incuriosisce e stimola varie riflessioni sul futuro di queste tecnologie dove le opinioni sono costantemente in bilico tra le potenzialità e le nuove frontiere in questo caso offerte dai big data e la fragilità della privacy in quest’era di connected life.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

MyStudio è la piattaforma RCS per la scuola 2.0Il Gruppo RCS lancia MyStudio, una piattaforma integrata e gratuita dedicata alla scuola, con servizi di studio, verifica e programmazione per docenti e studenti di Emanuele VILLA

Un’iniziativa lodevole questa del Gruppo RCS, che con MyStudio punta a favorire il passaggio della scuola italiana verso un modello fatto di collaborazione online, con-nettività web e svariati strumenti di programmazione e gestione del percorso didattico. RCS ha an-nunciato che MyStudio, piattafor-ma gratuita pensata per la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, ha raggiunto i 22.000 utenti registrati: i docenti possono gestire il registro, i piani di studio, le classi e le attività, ma anche realizzare materiali aggiunti-vi ed esercitazioni all’interno dello stesso ambiente virtuale, mentre gli studenti possono accedere ai materiali resi disponibili dagli in-segnanti, collaborare ai progetti e comunicare tra loro, scambiare opinioni e partecipare a esercita-zioni, tutto all’interno del mede-simo ambiente integrato. Le aree di MyStudio, che rispondono alle singole esigenze della didattica, sono Digitest, Calendario, Les-son Plan, Registro, ePub Maker, Notifiche, Classbox e Blog, aree che si mantengono distinte come finalità ma sono integrate nella medesima piattaforma e ricche di sinergie. Tra i servizi RCS figura anche OpenBook, versione digita-le interattiva dei libri di testo RCS Education con l’aggiunta di mate-riali multimediali realizzati ad hoc; inoltre, MyStudio permette l’ac-cesso agli altri prodotti e strumenti di RCS Education e a Mosaico, il primo motore di ricerca semantica per il mondo della scuola, con cui ricercare ed aggregare contenuti multimediali interdisciplinari.MyStudio è disponibile gratuita-mente ed è fruibile da PC, Mac, ma anche tablet e smartphone iOS e Android tramite le relative app.

di Roberto PEZZALI

Acquistare online è semplice e

veloce, ricevere il pacco un po’

meno: spesso gli orari di lavoro

non coincidono con quelli dei corrieri,

in ufficio non accettano pacchi perso-

nali e molti condomini sono sprovvisti

di portineria. Una problematica que-

sta che ha trovato soluzione in molti

paesi del mondo nei Lockers, stazioni

di ritiro dislocate in punti strategici

dove far consegnare i pacchi per un

ritiro 24 ore su 24.

I Lockers non sono una novità in Italia,

ma la partnership tra TotalErg e InPost

potrebbe davvero dare una spinta al

mercato online. Da qualche mese in-

fatti sono state installati una serie di

Locker InPost nei distributori di ben-

zina della rete TotalErg del centro e

nord Italia: al momento sono solo 15,

ma entro fine anno il numero potrebbe

salire a 70. L’idea di base è farsi reca-

pitare il pacco dal distributore, area di

passaggio che resta aperta sempre e

che solitamente è posta in una zona

strategica. Abbiamo avuto modo di

sperimentare il servizio questa mattina

a Milano nel punto vendita TotalErg di

viale Marche, uno dei punti scelti per

l’installazione del Locker. Dopo aver

acquistato un oggetto su un negozio

convenzionato (al momento Saldi Pri-

vati e ePrice) arriva in mail un codice

QR che abilita al ritiro: basta una scan-

sione per sbloccare lo sportello di si-

curezza all’interno del quale troviamo

il nostro acquisto.

L’operazione è rapida,

massimo un minuto, e vo-

lendo si può anche paga-

re sul momento sfruttando

quindi il tipico pagamento

in contrassegno. I respon-

sabili del progetto, che

abbiamo intervistato, ci

hanno parlato di ottime

performance nell’ultimo

mese e soprattutto ci han

confermato che non han-

no avuto alcun problema

legato alla sicurezza: oltre

a paletti blindati per evita-

re l’impatto di un auto, c’è

il deterrente dell’impre-

vedibilità: i pacchi sono

disposti random e non è

garantito che, scassinan-

do uno dei cassetti, si tro-

vi effettivamente dentro

qualcosa. La partnership

tra InPost e TotalErg è

solo ad uno stadio preli-

minare, e oltre all’aumen-

to dei punti di consegna

in tutta Italia (ma niente

autostrade) si stanno va-

lutando anche operazio-

ni di co-marketing come

SOCIAL MEDIA E WEB Una soluzione comoda, capace di risolvere anche problemi di mobilità

Compri online e ritiri dal benzinaio: si puòIn 15 distributori TotalErg si potranno ritirare 24 ore su 24 gli acquisti fatti su alcuni siti ecommerce

Il sensore che scansiona la mail o lo schermo dello smartphone

la consegna di buoni sconto per il car-

burante in seguito agli acquisti.

La soluzione dei Lockers ha un impatto

positivo anche sulla mobilità, soprat-

tutto nelle città: il corriere non deve

rimbalzare tra decine di indirizzi diversi

ma consegna tutto in un solo punto.

“Si tratta di un’iniziativa utile e impor-

tante – ha commentato l’assessore

alla Mobilità e Ambiente Pierfrance-

sco Maran – perché concentrando le

spedizioni delle merci in singoli punti,

strategici come le stazioni di servizio,

si va incontro a esigenze diverse.

Quelle degli utenti, prima di tutto, che

possono scegliere in modo più como-

do e flessibile la destinazione finale e

l’orario di ritiro. Poi, quelle degli ope-

ratori e delle imprese, che così facili-

tano la logistica sul territorio. Infine, si

va incontro soprattutto alle esigenze

della città, diminuendo gli spostamen-

ti dei veicoli e contribuendo concreta-

mente a fluidificare la circolazione. La

logistica delle merci, infatti, costitui-

sce una componente importante della

mobilità cittadina: ben vengano le ini-

ziative che rappresentano delle valide

alternative, più razionali ed efficienti,

al trasporto tradizionale”.

Oltre che per il ritiro, i Lockers InPost

sono abilitati anche per i resi: chi deve

rendere un oggetto (diritto di recesso)

può lasciarlo dentro un cassetto vuoto

e passerà il corriere a ritirarlo.

A breve, inoltre, ci fan sapere che

verranno abilitate sia le operazione di

spedizione da Locker a abitazione o

da Locker a Locker, queste ultime ad

un prezzo davvero conveniente.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Samsung spinge il Wi-Fi a velocità folle: 4.6 GbpsSamsung sta lavorando al nuovo standard 802.11ad: sfrutta i 60 GHz e potrà viaggiare a una velocità teorica di trasferimento massima pari a 4.6 Gbps di Roberto PEZZALITrasferimento wireless ad altissi-ma velocità: Samsung sta lavoran-do alla sua versione dell’802.11ad, uno standard di connettività wire-less che lavora a 60 GHz e può essere usato per trasferire dati con una velocità teorica massima di 575 MB al secondo o 4.6 Gbps. L’utilizzo dei 60 GHz, che non penetrano i muri ma rimbalzano di fronte a un ostacolo, è partico-larmente indicato per applicazioni di trasmissione dati tra periferiche molto vicine tra loro, ad esempio da uno smartphone a un portati-le: chi ha bisogno di tanta banda in una casa deve ripiegare sul sempre sicuro cavo di rete o sulla powerline. Quello che non si capi-sce dal comunicato di Samsung, è quale sia il legame tra l’annun-cio di Samsung e l’802.11ad stan-dardizzato dalla Wi-Fi Alliance, il WiGig. Entrambi hanno la stessa sigla e lavorano alla medesima frequenza, ma Samsung annuncia di aver raggiunto una velocità 5 volte superiore rispetto al WiGig grazie a una serie di antenne di-namiche che cambiano condizioni in meno di 0.33 secondi adattan-dosi alle variazioni ambientali. Le ipotesi sono due: o Samsung ha realizzato un fork della tecnologia, poco probabile, oppure Samsung ha creato un’implementazione del WiGig sui suoi semiconduttori che permetterà di avere una velocità reale vicina a quella teorica gra-zie alla sua particolare antenna. Il problema, infatti, del WiGig, an-cora irrisolto (almeno fino ad ora), è l’abbattimento delle prestazioni dovute alle interferenze tra dispo-sitivi vicini. Samsung dovrebbe implementare la nuova tecnologia sui suoi prodotti a partire dal pros-simo anno.

di Paolo CENTOFANTI

U n uomo in Svezia potrebbe pas-

sare alla storia come il primo

cyborg. L’uomo, che aveva perso

un braccio, ha ricevuto nel 2013, come

parte di un progetto di ricerca, un nuovo

tipo di protesi che è stata direttamente

innestata sullo scheletro e collegata a

muscoli e nervi. All’uomo è stato infatti

impiantato un innesto in titanio diretta-

mente sull’osso del braccio destro che

funziona da aggancio per il resto della

protesi, mentre una serie di elettro-

di sono stati applicati direttamente ai

muscoli e alle terminazioni nervose, in

modo tale da avere un’interfaccia più

diretta rispetto a quelle mioelettriche

transcutanee.

I vantaggi di questa soluzione, rispet-

to alle protesi motorizzate tradizionali,

sono soprattutto nella stabilità del-

l’interfaccia uomo-macchina e nella

migliore pulizia del segnale che porta

all’eliminazione di movimenti involon-

tari. Ma ciò che sa ancora più di fan-

tascienza sono le prospettive future di

questa tecnologia. Gli elettrodi, infatti,

funzionano in entrambi i sensi e secon-

do i ricercatori della Chalmers Univer-

sity of Technology consentiranno ai

pazienti di ricevere stimoli sensoriali e

ripristinare in parte il senso del tatto.

Il paziente zero, dopo due anni di ria-

bilitazione, è ora in grado di svolgere

lavori anche pesanti, guidare mezzi ed

effettuare movimenti delicati come ma-

neggiare le uova.

SCIENZA E FUTURO Probabilmente i due satelliti fuori orbita si riusciranno a recuperare

Ecco perché i satelliti Galileo son finiti fuori orbitaIndividuate le cause del lancio errato di satelliti ad agosto il progetto può riprendere

di Roberto PEZZALI

L a commissione indipendente no-

minata da Arianespace per indivi-

duare le problematiche che han-no portato al lancio dei due satelliti Galileo fuori orbita è finalmente giunta

a una conclusione: non si è trattato di

errore umano ma di un problema di

progettazione del vettore russo Soyuz

che ha portato in orbita i satelliti. In

un’analisi preliminare il razzo era stato

escluso, in quanto il lancio è avvenuto

perfettamente e con i parametri nella

norma, ma in realtà con un esame più

approfondito si è risaliti a un problema

di alimentazione dell’ultimo stadio del

razzo, il Fregat, l’elemento che effettua

le ultime manovre necessarie per porta-

re un satellite nella sua orbita.

Il Fregat avrebbe dovuto dare due im-

pulsi per posizionare i satelliti sull’orbita

corretta, ma per problemi di alimentazio-

ne ai propulsori il vettore non ha dato la

spinta finale nel modo corretto perché

il carburante era congelato. Il tubo che

SCIENZA E FUTURO Un innesto che non ha gli svantaggi delle normali protesi mioelettriche

È svedese il primo uomo con braccio bionicoUn uomo ha ricevuto una protesi innestata su ossa, muscoli e nervi. Si controlla con la mente

portava l’idrazina

necessaria per ali-

mentare i motori

era infatti fissato

allo stesso suppor-

to che tratteneva

anche un tubo di

elio freddissimo: il

supporto ha fatto

da termocondutto-

re gelando durante

il viaggio nello spa-

zio anche il carburante nella conduttu-

ra vicina. Purtroppo si è verificata una

condizione molto particolare: in altre si-

tuazioni è stato usato lo stesso vettore

senza problemi nonostante il problema

di progettazione, questo perché il com-

portamento può variare a seconda del

numero di accensioni dei razzi di spinta

e della quantità di carburante utilizzato.

Negli altri casi era sufficiente quello nel-

la zona non congelata del tubo, questa

volta no. Il problema è risolvibile quindi

facilmente e si attende un prossimo lan-

cio sempre con lo stesso razzo / vettore

a dicembre, per raggiungere la piena

operatività il prima possibile. Resta

ora il problema dei satelliti posizionati

male: al momento stanno viaggiando su

un’orbita che li porta molto vicini a una

zona di forti radiazioni, cosa che potreb-

be compromettere la loro durata.

Resta sempre una speranza però:

un’azienda israeliana ha realizzato un

piccolo “spazzino” dello spazio, un sa-

tellite capace di riportare satelliti sulla

loro orbita e di togliere dall’orbita i sa-

telliti non più funzionanti. Clicca qui per vedere il video.

La protesi al braccio

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Emanuele VILLA

I n questi mesi si parla soprattutto di Apple e del suo

ingresso, con iPhone 6 Plus, nel settore dei phablet,

ma non dobbiamo dimenticare quello che ad oggi è

il vero dominatore del segmento, colui che l’ha inven-

tato e non intende abbandonare la corona: il Galaxy

Note di Samsung. D’altronde, la sfida di Apple è ardua:

Samsung è in questo mercato da anni e ha raffinato

il proprio prodotto generazione dopo generazione in-

grandendolo, migliorandone il look, le specifiche tecni-

che e il suo tratto distintivo, ovvero il pennino S-Pen. E

a giudicare da questo Note 4, un “mostro” di potenza e

di caratteristiche tecniche, è ovvio che la sfida di Apple,

se non impossibile, sia quanto meno dura. Anche per-

ché, e lo diciamo dopo ormai diverse settimane di uti-

lizzo dell’iPhone 6 Plus, Apple non ha ancora capito

come sfruttare al meglio lo schermo del suo nuovo

smartphone.

Iniziamo dicendo che ormai di davvero innovativo c’è

ben poco, qui come altrove: Galaxy Note 4 è un’evo-

luzione e aggiornamento del modello dello scorso

anno, integra tecnologie che all’epoca non erano di-

sponibili (tipo il riconoscimento dell’impronta e il sen-

sore di battito cardiaco), propone un parco hardware

rinnovato dalle fondamenta e, soprattutto, un look

diverso. Tutto questo gira sopra il collaudatissimo

Android 4.4 KitKat, con tanto di TouchWiz Samsung e

immense personalizzazioni e funzionalità dettate dal-

la presenza del pennino. Dobbiamo, però, anche dire

che difficilmente riusciamo a immaginarci un Note 5:

Samsung sembra aver dato proprio tutto per realiz-

zare quello che è il Note perfetto, e non è un caso

che l’azienda stessa stia cercando, con il Note Edge,

di deviare dalla strada originale ormai giunta alla sua

massima espressione.

Finalmente bello e poco “plasticoso”Samsung è stata criticata a lungo per aver voluto

proporre telefoni dalle caratteristiche e dal prezzo

“top” ma con look “cheap”. Sotto questo punto di

vista, Note 4 inaugura un nuovo corso, e basta met-

tere vicino le due generazioni per rendersene conto:

uno (Note 3) sarà pur sottile, leggero e curato, ma dà

l’impressione di approssimativo, vuoi per qualche ri-

finitura assente, vuoi per la cover posteriore in finta

pelle, mentre qui il passo avanti è avvertibile. Per ca-

rità, si può sempre fare di meglio, ma basta prendere

in mano questo Note 4 per rendersi conto di una cura

di dettaglio assente nelle generazioni precedenti.

Inoltre, e lo abbiamo detto più volte, sacrificare la co-

ver posteriore in plastica vuol dire anche sacrificare

la batteria removibile e altre feature, elementi questi

che su un prodotto business oriented non possono

proprio mancare.

Descrivere il tutto a parole non è facile: nel modello

provato, quello con finitura bianca, l’accostamento tra

il silver dell’alluminio e la verniciatura bianca è molto

fine, ed è decisamente piacevole la smussatura degli

TEST Il nostro test approfondito per valutare punti di forza e debolezze di quel “mostro” che si chiama Galaxy Note 4

Samsung Galaxy Note 4: è sempre il numero 1Passi in avanti non trascendentali, ma è il miglior phablet sul mercato. Progresso netto anche sotto il profilo estetico

angoli e dei bordi. Samsung è riuscita anche a rende-

re armonico il piccolo rigonfiamento che ospita il jack

per le cuffie, elemento questo che un po’ stonava con

il resto del design. La cover posteriore resta in plasti-

ca con look-finta-pelle ma, ripetiamo, è calata in un

contesto migliore rispetto a quello dello scorso anno.

Contesto che tra l’altro è lo stesso di Galaxy Alpha,

giustamente ritenuto il più bel telefono Samsung di

sempre.

Diciamoci la verità, da un telefono da 769 euro di li-

stino questo livello costruttivo è d’obbligo, e anche se

il Note 4 non ha peso e materiali di un iPhone 6 Plus

non possiamo negare un piacevole passo avanti. Il te-

lefono non è, poi, un peso piuma e non potrebbe es-

serlo: alla scelta di materiali più robusti fa da inevitabi-

le contraltare un peso discreto; d’altronde non si può

avere tutto dalla vita, e se si chiede qualità costruttiva

non si può pretendere la massima leggerezza.

Il telefono è solido, non scricchiola (tipico problema

dei telefoni “plasticosi” quando soggetti a leggere segue a pagina 26

lab

video

Samsung Galaxy Note 4 L’UNICO SMARTPHONE “BIG SCREEN” CHE HA DAVVERO UN SENSO 769,00 €Galaxy Note 4 rappresenta, al momento in cui si scrive, lo stato dell’arte nella tecnologia mobile: un SoC potentissimo, un display Amoled Quad HD, un’infinità di sensori e un design rinnovato. Il design è finalmente degno di nota, curato e basato su materiali nobili, le prestazioni sono da primo della classe e il Quad HD, pur “eccessivo” rispetto a quanto è possibile percepire, si giustifica in virtù del pennino e della sua elevata sensibilità. È un prodotto di valore, pensato per il business e per chi desidera un display molto ampio sfruttando al tempo stesso i be-nefici del pennino, tratto distintivo della serie. Il tutto conduce, com’è normale, a un prezzo premium, ma rispetto alle generazioni precedenti si parte da 32 GB e quindi anche il rapporto qualità/prezzo ne risente in positivo. Grazie a tutti questi elementi, Note 4 ci pare l’unico phablet (o smartphone) che ha davvero senso in un mercato dove la tendenza è ingrandire gli schermi senza dare particolare valore aggiunto.

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni elevate e 32 GB di baseDesign più curato dei modelli precedentiSensibilità S Pen e display incredibili

Funzione multiwindow di scarsa utilitàFotocamera sporgenteL’USB 2.0 è un passo indietro e manca il waterproof

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 7 9 98.7

Il piccolo rigonfiamento in prossimità del jack per le cuffie non è bellissimo da vedere.

torsioni), non dovrebbe subire gli effetti di un uso sba-

dato purché non lo si butti in acqua. A differenza di

Galaxy S5, Note 4 non è waterproof: da un lato ciò

pare un evidente passo indietro, dall’altro non dimen-

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

TEST

Samsung Galaxy Note 4segue Da pagina 25

tichiamo mai la destinazione business del prodotto,

che difficilmente si coniuga con la visione di video

sotto la doccia o corse durante un acquazzone.

Poche parole sulla descrizione dell’apparecchio, poi-

ché le foto sono di per sé esplicative: grazie al cielo le

dimensioni del display sono le stesse dell’anno scor-

so, ovvero 5,7’’ (onestamente, sopra i 6’’ diventa dav-

vero arduo portarselo in giro), lo spessore della cor-

nice laterale è pressoché inesistente e anche i bordi

superiore/inferiore sono giusto necessari per ospitare

tasto home/pulsanti capacitivi in basso e qualche

sensore/capsula auricolare in alto: sotto questo pro-

filo non c’è spazio per finezze tecniche, abbiamo un

display enorme e dobbiamo contenere il più possibile

le dimensioni dell’apparecchio. Detto, fatto.

Come non abbiamo ignorato il bendgate per l’iPhone,

non potevamo ignorare del tutto il “gap gate”, ovvero

quella segnalazione di un piccolo gap tra schermo e

cornice che secondo Samsung rientra nelle tolleranze

di produzione. Nel nostro esemplare il gap c’è, è nella

parte alta e si vede probabilmente perché abbiamo il

modello bianco: farci passare un biglietto da visita è

impossibile, nel nostro caso ci entra a malapena un

foglio A4.

Dentro, l’apparecchio mostra una costruzione molto

razionale: lo slot per la Micro SIM (niente nano SIM, a

differenza di Galaxy Alpha) e per la micro SD sono di-

scretamente separati, per cui per raggiungere il primo

è necessario estrarre la batteria ma il secondo no, il

pennino è logicamente occultato nel suo slot e l’im-

ponente batteria da 3.220 mAh integra l’NFC, esatta-

mente come Galaxy Alpha e come gli altri smartphone

della serie Galaxy.

Il display è il massimo su piazza Ce n’è bisogno?Qui torniamo a un discorso già fatto in occasione del-

la prova di LG G3: ha senso una densità di 518 pixel

per pollice su uno smartphone? Un display dalla riso-

luzione “mostruosa” di 2.560 x 1.440 pixel non andrà

a condizionare negativamente le performance del si-

stema, risultando così un plus solo sulla carta?

A prima vista potrebbe sembrare così, ma il caso

del Note 4 è molto particolare e la motivazione è il

pennino. Note 4 e pennino rappresentano quello che

nel mondo analogico sono carta e penna: un tratto

di penna su carta ha una risoluzione virtualmente in-

finita, e allo stesso modo maggiore è la risoluzione

del display, più fedele è la resa della risoluzione della

penna. Samsung ha aumentato ancora la risoluzione

di S-Pen, ne parleremo dopo, e proprio grazie all’au-

mento di risoluzione del display si riesce a percepire

la miglior accuratezza nella resa di pennellate, tratti di

matita e scritte a diversi livelli di pressione. Abbiamo

ingrandito una serie di tratti fatti con S-Pen per mo-

strarvi come la sensazione di trovarsi davanti a una

vera matita in grafite sia dovuta all’elevata risoluzione

dello schermo. Ma l’occhio umano riesce davvero a

vedere queste differenze? Si entra

nel campo dell’acutezza visiva e

della visione soggettiva, ma con un

semplice test abbiamo voluto verifi-

care se le persone percepiscono i

518 dpi del Note 4. Abbiamo crea-

to una serie di immagini completa-

mente bianche alla risoluzione dello

schermo ognuna delle quali conte-

nente puntini di diverse dimensioni

(in pixel): il risultato è che nessuno

riesce a vedere a occhio nudo pun-

tini di 1 o 2 pixel, qualcuno vede 3

pixel e altri ancora arrivano 4 pixel.

Ma vedere 1 pixel è impossibile.

Sulla questione risoluzione, occhio

umano e distanza di visione se ne

sono dette tante, tuttavia se per

interfaccia, icone, foto e video il

Full HD di Note 3 poteva bastare,

quando si usa la penna per la scrit-

tura, l’uso di uno schermo così risoluto restituisce una

maggiore sensazione di realismo, di scritta cartacea

e non digitale.

La cosa più interessante, inoltre, non è tanto il Quad

HD, per il quale Samsung arriva con 4 mesi di ritardo

su LG, ma il fatto che questo display sia AMOLED e

non un classico IPS.

Il primo impatto con la qualità del display è chiara-

mente da WOW: complice il coloratissimo sfondo

scelto da Samsung, questa volta sui toni azzurro/vio-

letti a differenza di quello di Note 3 che era sul ros-

siccio/giallo, l’occhio non può che notare l’incredibile

finezza di dettaglio unita alla vividezza cromatica che

ci ricorda da vicino quella dei Triluminos dei tablet e

smartphone Sony.

Cerchiamo subito delle immagini e ne troviamo di pre-

caricate in Galleria: molte sono pensate per esaltare

la profondità del nero del display, altre la vividezza

cromatica, in entrambi i casi è uno spettacolo per la

vista. Non troviamo video, dunque ne carichiamo uno

noi in Quad HD e anche in questo caso l’impatto è

davvero ottimo: molto probabilmente questa è una

delle poche occasioni per “vedere i pixel” (ma non

tutti, come diciamo sotto) del Quad HD. Come ripe-

tiamo in questi casi, la naturalezza cromatica è un

concetto che passa in secondo piano rispetto alla vi-

videzza e all’impatto forte sullo spettatore, ma in uno

smartphone siamo propensi a lasciare correre, molto

di più di quanto facciamo con i TV.

Tra l’altro le caratteristiche d’immagine sono regolabili:

nelle opzioni del display troviamo, infatti, il cosiddetto

Schermo Regolabile che non è altro che la traduzione

approssimativa di Adaptive Display, tecnologia che

Samsung ha inaugurato con i tablet della serie Tab

S e che consiste in una regolazione basata su preset

del gamma, della saturazione e della nitidezza e che

funziona con applicazioni selezionate, tra cui Galleria,

Camera, Internet, Video e altre. Questa tecnologia di

Samsung lavora di concerto con l’autoregolazione

della luminosità sulla base delle condizioni ambienta-

li, una feature onnipresente e che qui funziona discre-

tamente bene, nonostante i tempi di reazione siano

ancora migliorabili. Una tecnologia simile l’adotta an-

che Amazon sul

suo Kindle Fire

RGB: se stiamo

leggendo un

libro, il punto

di bianco dello

schermo sarà

regolato anche

in base alle luci

della stanza, che

siano a LED o a

incandescenza

oppure neon a

f luorescenza .

Adaptive Display

è una modalità

abbastanza po-

tente ma non

assicura una

perfetta fedeltà

segue a pagina 27

Ingrandendo dei tratti fatti con S-Pen (qui sopra) la sensazione è quella di un segno fatto con una vera matita in grafite, risultato dovuto all’elevata risoluzione dello schermo. Anche con la lente (immagine in alto) è difficile vedere un singolo pixel tracciato sullo schermo.

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torna al sommario 27

MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

cromatica come le altre modalità disponibili.

Abbiamo dunque modificato il preset dello schermo

passando da Cinema AMOLED (in cui i colori sono

volutamente vividi e molto brillanti) a quella di base,

che di fatto ci ha presentato una schermata Home

molto più piatta e meno vibrante, ma dai colori più

naturali.

Il nero resta eccellente, la luminosità massima molto

buona (il dispositivo si usa tranquillamente in giorna-

te soleggiate, anche se la regolazione automatica è

un po’ imprecisa e spesso bisogna alzare al massimo

a mano) mentre l’aspetto negativo è l’affioramento

di dominanti cromatiche varie allo spostamento dal

punto di visione ottimale: per fare un esempio, met-

tendo in modalità “di base” lo schermo, aprendo

una pagina bianca e poi spostandosi verso sinistra

e verso destra, il bianco assume una connotazione

azzurrina.

Volendo estendere un po’ il discorso a livello tec-

nico, lo schermo AMOLED del Note 4 è comunque

un piccolo capolavoro: Samsung si appoggia ancora

a una configurazione di pixel Diamond, ovvero un

pattern particolare che non prevede la terna RGB

ma subpixel condivisi disposti in modo particolare,

ognuno dei quali dotato di una forma a rombo. La

particolare disposizione permette di gestire al me-

glio l’efficienza degli elementi organici: il blu e il ros-

so che sono i due colori meno efficienti sono, infatti,

più grossi del subpixel verde.

La disposizione, inoltre, non crea problematiche par-

ticolari sul rendering delle diagonali e soprattutto

minimizza il color shift, ovvero l’enfatizzazione di un

colore al cambio di angolo di visione. Il color shift

è comunque presente: come abbiamo fatto notare

più sopra, inclinando lo schermo lo smartphone vira

leggermente verso il blu / verde.

Una volta l’AMOLED veniva giudicato poco lumino-

so, tuttavia questo Note ha un ottimo spunto: con un

contrasto elevatissimo, può raggiungere disattivan-

do la luminosità automatica un valore di 730 cd/m2,

decisamente elevato. Per chi ama leggere a letto al

buio completo senza affaticare gli occhi c’è anche

una modalità che emette appena 3cd/m2 raggiungi-

bile impostando lo slider al minimo.

La misurazione in modalità Base mostra una copertu-

ra molto accurata dello spazio REC 709 e sRGB

Per quanto riguarda la resa cromatica, lo schermo

del Note 4 è sicuramente il miglior display mai usato

su un dispositivo portatile: la modalità Foto AMO-

LED, ad esempio, riesce a coprire in modo abbastan-

za preciso lo spazio colore Adobe RGB mentre la

modalità di base è calibrata per sRGB.

Purtroppo Android non è in grado di gestire in modo

dinamico il cambio di profili con le app e questo è il

più grosso limite: abbiamo quattro profili che vanno

bene per usi diversi ma non vengono richiamati di-

rettamente dalle singole app. La stessa cosa c’è, ad

esempio sul Galaxy Tab, ma in questo caso trattan-

dosi di un tablet il fotografo può scegliere di tenere il

profilo Photo sempre selezionato. Su uno smartpho-

ne, però, questa soluzione non è consigliata: Adap-

tive Display con le app Samsung fa un buon lavoro,

il profilo di base è ben bilanciato ma con le foto è un

crimine non usare il suo profilo dedicato, tuttavia è

“un lavoro” cambiare tutte le volte a mano il profilo.

Prestazioni ottimeOcchio al multiwindow “selvaggio”Approfondito il discorso del display, che in effetti

rappresenta un plus importantissimo di questo di-

spositivo, concentriamoci un attimo sulle performan-

ce dell’apparecchio. Come dicevamo, un display

così definito e con una densità del genere potrebbe

condizionare negativamente le prestazioni: aveva-

mo già notato in occasione della prova dell’LG G3

che, a fronte di prestazioni generali di buon livello,

il dispositivo mostrava una certa lag e qualche in-

decisione di fronte a carichi estremamente pesanti,

per cui abbiamo voluto testare in modo approfondito

anche questo Note 4.

In realtà, Samsung ha giocato d’anticipo dotando

Note 4 di tutte le caratteristiche migliori disponibili

su piazza: lo Snapdragon 805 da 2,7 GHz non è da

tutti (anzi, al momento non ce l’ha nessuno), 3 GB di

RAM sono una manna per il multitasking “selvaggio”

di cui è capace Note 4 e la grafica Adreno 420 ottie-

ne punteggi di benchmark elevatissimi. Tutto questo

fa sì che il dispositivo sia all’altezza della situazio-

ne, in condizioni di routine e anche di forte carico.

Non stiamo neanche a dire che nella routine di tutti i

giorni il telefono va che è una meraviglia, che si può

ascoltare musica mentre si usa un navigatore GPS o

che i giochi arrivano a più di 30 fps senza problemi,

perché sinceramente con uno Snapdragon 805 e 3

GB di RAM questo è scontato. Se non avete inten-

zione di stressarlo più di tanto o se non vi sentite

veri “power user”, il rischio che incontriate il benché

minimo rallentamento semplicemente non c’è.

Ma noi siamo andati oltre, giusto per vedere fin

dove ci si può spingere, considerando che una del-

le caratteristiche peculiari di questo apparecchio

è il multitasking in finestra (più evoluto di quello di

Note 3) e che non c’è un tetto massimo al numero di

app che possono essere posizionate sullo schermo

contemporaneamente. Le app devono essere com-

patibili con la visualizzazione in finestra, ma moltis-

sime di quelle precaricate lo sono già (tra queste,

Facebook, Chrome, Gmail ma non Instagram, per

esempio). Tra l’altro una cosa che ci è piaciuta è il

fatto che per accedere a questa modalità basta apri-

re una qualsiasi app e poi trascinare il dito in diago-

nale dall’alto verso il basso; se l’app è compatibile,

la finestra si ridimensiona, altrimenti un messaggio ci

avvisa dell’impossibilità.

Siamo partiti da situazioni di forte carico ma plausi-

bili, come prendere appunti in finestra mentre la fo-

tocamera è sempre attiva, oppure tenere Facebook

e Chrome aperti passando rapidamente da uno al-

l’altro e non abbiamo avuto problemi, magari mentre

ascoltiamo musica in streaming.

Solo Facebook ci è parso un po’ lento negli scroll e

va un po’ a scatti se portato in finestra con altri task

attivi, ma per esempio Chrome è molto più fluido:

bellissimo vedere che le lettere dei testi sono estre-

mamente piccole in questi casi, eppure facilmente

distinguibili. Poi ovviamente si può andare avanti e

raggiungere livelli da autolesionismo puro, come

nel caso di Spotify in ascolto da rete cellulare, fo-

tocamera sempre attiva in finestra, Chrome, Google

maps sotto che si muove con noi e S-Pen attiva per

segue a pagina 28

TEST

Samsung Galaxy Note 4segue Da pagina 26

Google Maps in finestra, con sopra i comandi per chiudere rimpicciolire o portare l’app a tutto schermo.

In questo esempio stiamo visua-lizzando contemporaneamente la fotocamera, la calcolatrice e Google Maps.

In ogni momento si può richia-mare la smart bar laterale che elenca tutte le app gestibili in finestra.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

prendere appunti al volo: in una situazione così lon-

tana dalla realtà, è ovvio che anche lo Snapdragon

805 e i 3GB di RAM entrano in sofferenza, il sistema

rallenta, non si blocca mai ma ci mette un secondo a

tornare alla Home (cosa che tra l’altro riduce tutte le

finestre aperte ad altrettante icone, ma i programmi

continuano a essere aperti), mostra qualche scatto

ma nulla di più. Inutile aggiungere che in condizioni

di uso intenso ma “credibile” la situazione è presso-

ché perfetta.

Ci si può domandare, poi, se abbia senso o meno la

possibilità stessa di usare i programmi in finestra, e

la risposta è senza dubbio relativa: davvero diffici-

le che gli utenti usino il phablet come un notebook,

anche perché la risoluzione sarà anche eccelsa, ma

lo spazio è poco per più finestre. In alcuni casi con

un po’ di pratica abbiamo trovato un vantaggio nel-

l’avere più finestre aperte, come quando abbiamo

affiancato la rubrica a Chrome per consultare al volo

alcuni indirizzi prima della navigazione. Ma sono casi

eccezionali, non c’è dubbio.

Morale: le prestazioni sono in linea con un device di

alto livello e l’accoppiata processore di ultimissima

generazione/RAM assicura tutta la spinta necessa-

ria per muovere i milioni di pixel del display senza

indecisioni. Nella routine quotidiana, nei momenti di

relax “multimediale” e videoludico l’apparecchio va

fluido senza indecisioni, mostrandosi roccioso anche

in caso di multitasking avanzato. La possibilità di far

girare più app in finestra, senza un limite teorico,

permette all’utente più smaliziato di mettere in crisi il

processore, ma quando questo accade ci si trova in

condizioni di test ben lontane dall’uso reale. Buona

la potenziale longevità del prodotto, che però si scal-

da parecchio se sottoposto a forti carichi di lavoro.

Qualche numero Quanto va forte Snapdragon 805Il Galaxy Note 4 utilizza quello che è senza dubbio

il processore più potente disponibile oggi per uno

smartphone Android. Se è inutile fare un paragone

con l’Apple A8, anche perché sono prodotti diversi

gestiti da un sistema operativo diverso, è interessan-

te vedere come Qualcomm sia riuscita a creare un

prodotto non solo più potente ma anche con consu-

mi inferiori rispetto allo Snapdragon 800.

Qualcomm forse ha sbagliato la nomenclatura, per-

ché se pensiamo a 800, 801 e 805 si potrebbe facil-

mente immaginare di trovarsi di fronte a tre versioni

dello stesso SoC: in realtà se Snapdragon 800 e 801

sono fratelli molto stretti, l’805 è un SoC totalmente

rinnovato in tutte le sue parti dal modem alla GPU.

Lo Snapdragon 805 resta un processore quad core,

ma al posto dei classici core ARM Cortex utilizza le

sue CPU Krait: se nell’801 venivano utilizzati dei Krait

400 a 28 nanometri, con l’805 siamo passati a nuovi

Krait 450 a 20 nanometri. Ognuno di questi core rag-

giunge una frequenza massima di 2.65 GHz, anche

se ovviamente sono ben pochi i casi in cui il proces-

sore viene spremuto così tanto.

L’altro elemento di forza è la GPU Adreno 420: sup-

porta Direct3D, OpenGL ES 3.1 e OpenCL 1.2, ma

quello che è più importante è che rispetto al modello

precedente, per la prima volta Qualcomm ha creato

una via diretta tra la CPU e la memoria del SoC, solu-

zione questa adottata da Apple (con i suoi benefici)

fin dall’A6. Il risultato è un aumento delle performan-

ce grafiche del 40% (circa) con una riduzione dei

consumi globali del 15% (circa).

Lo Snapdragon 805 è anche il primo SoC Qualcomm

con decodifica hardware nativa HEVC: abbiamo cari-

cato alcuni file MKV compressi in HEVC ma il player

Samsung integrato non è in grado di mostrarci il

video. Per riprodurre i file salvati in HEVC probabil-

mente servirà un player esterno, in ogni caso il pro-

cessore è pronto.

Mettiamo alla prova i sensori Anche in ospedaleNelle ultime generazioni, Samsung ha insistito mol-

to sulla dotazione di sensori nei propri apparecchi,

giungendo in Galaxy Note 4 a nuove vette. Qui c’è

davvero di tutto: a partire dal classico GPS, con ac-

celerometro, giroscopio, bussola digitale e sensore

di prossimità, fino ai più evoluti sensori di battito car-

diaco e sensore UV. Ma come funzionano? Reggono

il passo con gli strumenti professionali? Pensiamo,

ad esempio, al sensore di battito cardiaco (presente

anche in Galaxy S5 e in Gear Fit): quanto è attendibi-

le la sua misurazione?

Fermo restando che questo sensore e le sue rileva-

zioni non hanno nessuna valenza di tipo medico ma

servono piuttosto per dare un’indicazione del livel-

lo di forma dell’utente, abbiamo deciso di mettere

a confronto le rilevazioni di Galaxy Note 4 (tramite

l’app S Health integrata) con quelle di uno strumento

medico, quindi professionale per definizione.

E con anche un po’ di stupore, dobbiamo dire che i

due strumenti si avvicinano: come si nota dalla foto in

basso a sinistra, che testimonia una rilevazione con-

temporanea dei due dispositivi, mentre la macchina

professionale rileva 81 battiti al minuto, Note 4 è a

84; se invece usiamo il phablet come pulsiossimetro,

il valore di saturazione che otteniamo è 98%, mentre

lo strumento professionale è al 100%. Lo scarto c’è

in entrambi i casi, ma considerando che il Note 4 non

è di certo un dispositivo medico, pensavamo fosse

nettamente più marcato.

S-Pen: è come scrivere sulla carta?E poi c’è tutto il discorso della S-Pen, che abbiamo

anticipato nell’area del display e su cui torniamo per

esaminare le funzionalità. A fronte di un look&feel

analogo alla penna dello scorso anno, Galaxy Note 4

porta con sé interessanti novità per chi intende sfrut-

tare la penna a ogni occasione possibile.

La novità a livello puramente tecnico è una maggior

sensibilità alla pressione: passiamo, infatti, dal digi-

talizzatore attivo a 1024 livelli di Note 3 ai 2048 di

Note 4, il che dà all’autore una maggior libertà di

scrittura e avvicina la scrittura su smartphone a quel-

la su carta. In effetti, la sensazione è di notevole na-

turalezza: la penna scrive anche se appena appog-

giata sul display e anche in condizioni di angolazione

“estrema”; la notevole sensibilità si nota anche nella

pressione, anche se per vedere importanti differen-

ze a livello di spessore del tratto bisogna premere in

modo deciso (il che non fa emergere nessun tipo di

difetto, scia o affine sul display).

Ovvio che buona parte delle novità software di Note

4 ruotino attorno, appunto, a S-Pen e alle sue funzio-

nalità: intanto è davvero carina la possibilità di usa-

TEST

Samsung Galaxy Note 4segue Da pagina 27

segue a pagina 29

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

re la penna, o meglio il pulsante della stessa, come

fosse il tasto di un mouse, di modo tale da eviden-

ziare in un attimo il testo da copiare e incollare in un

secondo momento, oppure per effettuare selezioni

multiple e via dicendo. È forse la funzionalità meno

pubblicizzata, ma quella che dà vero valore aggiunto

rispetto al tradizionale sistema di input touch.

A livello di funzionalità, in S-Pen troviamo nuovi

strumenti, forme e funzionalità molto articolate, al

punto che (immaginiamo) per sfruttare al 100% ciò

che Samsung mette a disposizione dei “pen user”

ci vuole un po’. Il pennino ha il solito pulsante che,

se premuto, permette l’accesso ad Air Command, la

mezzaluna con 4 funzionalità specifiche per S-Pen:

Memo Rapido, Selezione Intelligente, Clip Immagini

e Scrittura Schermo, che ripropongono di fatto la do-

tazione di Note 3, ma con qualche novità.

In particolare, ci ha colpito Selezione Intelligente (in

basso a sinistra), con la quale è possibile evidenziare

parte di ciò che è mostrato sullo schermo, tagliarlo

e inserirlo negli appunti, eventualmente corredarlo

con qualche nota scritta a mano e poi condivider-

lo nell’infinità di modi permessi da Android. Ci pare

interessante soprattutto ai fini lavorativi o scolastici:

vediamo qualcosa di interessante in un documento,

“tagliamo” la parte che ci interessa e la mandiamo ai

colleghi. Mentre se vediamo qualcosa di interessan-

te alla lavagna, ci viene in soccorso la Nota Foto (in

basso a destra): questa funzionalità rielabora la foto

(con tempi di attesa discreti) e la converte in formato

vettoriale, di modo tale che si possa intervenire con

il pennino e gli strumenti di S-Pen; magari per cor-

reggere qualcosa, magari per prendere un appunto

e via dicendo.

Fotocamera stabilizzata con video in 4K La fotocamera del Samsung Galaxy Note 4 è un

ulteriore miglioramento di quella usata sul Galaxy

S5. Il sensore è lo stesso CMOS ISOCELL prodotto

da Samsung con un obiettivo F2.2, ma il nuovo top

di gamma può contare su due migliorie notevoli:

la prima è lo stabilizzatore ottico, che permette di

guadagnare due stop, mentre la seconda è l’engine

fotografico inserito da Qualcomm nello Snapdragon

805, un Image Processor che gestisce stabilizzazio-

ne, riduzione del rolling shutter nella ripresa video,

riduzione del rumore quando si scatta a ISO elevati,

tone mapping e accelerazione dell’autofocus che ri-

cordiamo è ibrido, quindi a ricerca di contrasto con

un aiuto da parte di alcuni pixel a ricerca di fase.

L’elevato flusso di dati che il processore riesce a ge-

stire permette la ripresa video in 4K a 30 fps, tuttavia

lo Snapdragon 805 non permette di comprimere i

file in HEVC per risparmiare spazio nella memoria in-

terna. Una cosa va detta: il sensore del Galaxy Note

4 è in formato 16:9 e scatta foto a 5312x2988, un

formato poco fotografico ma perfetto per vedere le

fotografie sul televisore. Se si vuole realizzare uno

scatto in un formato 4:3, più convenzionale, il sen-

sore lavora solo nella parte centrale a 12 Megapixel,

quindi 3984x2988. La sensibilità del sensore si può

regolare tra ISO 100 e ISO 800: noi consigliamo l’au-

tomatico.

Il Galaxy Note 4 permette anche una gestione del

fuoco tramite due scatti consecutivi e possiamo dire

che la resa è notevole.

La fotocamera frontale, inoltre, subisce un notevole

miglioramento in chiave selfie: ottica grandangola-

re F1.9 con un sensore da 3.7 Megapixel. Non male.

Nel complesso il comparto Camera del nuovo Note

è davvero eccellente.

Alla sera, resta sempre un po’ di caricaA differenza del solito, valutiamo la batteria di Galaxy

Note 4 non solo in termini di autonomia ma anche di

rapidità di caricamento. Infatti, una delle novità più

significative di questo apparecchio non è soltanto la

batteria da 3.220 mAh, tra l’altro removibile per chi

dovesse aver bisogno di autonomia extra, ma anche

la ricarica rapida tramite la tecnologia Adaptive Fast

Charging, con tanto di adattatore ad hoc fornito insie-

me al telefono. La promessa è notevole: parliamo del

50% di carica in 30 minuti e, soprattutto, di una velo-

cità quasi doppia rispetto al Note dello scorso anno.

Il telefono si ricarica completamente (da zero) in circa

80 minuti, mentre in effetti ci ricordiamo per quanto

riguarda Note 3 tempi superiori: tra le due versioni c’è

un distacco di circa 40 minuti tra le due versioni, il che

è tutt’altro che trascurabile.

Discorso autonomia, che nel complesso ci ha soddi-

sfatto. In regime di test, l’utilizzo del pennino e delle

app dedicate è costante, così come di tutte le funzio-

nalità del telefono. Il multitasking multifinestra, da noi

spinto al massimo è un’altra attività estremamente

onerosa e rientra quasi costantemente nella routine

delle giornate trascorse con Note 4. Supponendo

poi un utilizzo misto 4G/Wi-Fi, due o tre partite ad

Asphalt 8 e ascolto per un’ora buona al giorno di mu-

sica in streaming, a sera ci siamo sempre arrivati con

il 30-35% di carica. Sono dati sommari, certo, dipende

molto dall’uso che se ne fa e dall’intensità di uso del-

le funzioni più onerose, ma quello che è certo è che

Note 4 si posiziona nella fascia alta delle classifica:

supponendo un uso intenso e senza rinunce (d’al-

tronde chi comprerebbe Note 4 per poi non usarlo?) a

sera ci si arriva sempre, ma non a quella successiva.

Il suo merito è quello di permettere un uso davvero

“importante” senza rischi di rimanere a secco sul più

bello: questo, in effetti, non è mai capitato.

TEST

Samsung Galaxy Note 4segue Da pagina 28

Qui sopra una Nota Foto. Abbiamo fotografato la pagina del sito web Samsung relativa alle specifiche di Note 4, convertita in vettoriale e scritto qualche appunto con l’evidenziatore. A sinistra la Selezione Intelligente.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Roberto PEZZALI

Amazon ha un merito: è grazie al suo primo Kindle

Fire se oggi esistono tablet che costano davvero

poco. Quando la fascia di prezzo sembrava impo-

sta da Apple, Amazon ha saputo lanciare un prodotto di

ottima qualità a un prezzo che tutti ritenevano impossi-

bile. Dopo qualche anno, Amazon è ancora una delle

scelte preferite in USA in fatto di tablet, soprattutto da

chi non guarda a processore, schermo e GB di RAM ma

preferisce la sostanza, la facilità d’uso e la disponibilità

di contenuti. Poco importa quindi se sul tablet di Ama-

zon non c’è Android ma Fire OS, quello che conta è

la possibilità di leggere comodamente un libro senza

problemi, accedere ai migliori giochi e alle app di strea-

ming e godersi un film con audio di tutto rispetto e uno

schermo di qualità. Ora Amazon tenta un’altra “zampa-

ta”: Fire HD 6 e Fire HD 7 spostano l’asticella del prezzo

ancora più in basso senza toccare quella della qualità,

99 euro e 139 euro per due tablet da 6” e 7” che non

hanno nulla da invidiare a prodotti della concorrenza.

Li abbiamo provati entrambi, anche se anticipiamo che

siamo davanti allo stesso prodotto: fatta eccezione per

peso e dimensioni, che ovviamente non coincidono,

tutte le altre caratteristiche sono speculari, durata della

batteria inclusa. I due tablet sono quindi gemelli: abbia-

mo deciso di prendere come riferimento il modello da

6” aggiungendo in qualche caso delle note relative a

quello più grande. Una scelta dettata dalla particolarità

del tablet: 6” sono oggi una dimensione più da phablet

che da tablet, e la scelta di Amazon di realizzare un

prodotto così piccolo ci ha sorpreso. Inoltre, a parità di

risoluzione dello schermo, la versione da 6” ha una defi-

nizione maggiore, elemento da non trascurare.

Non è troppo piccolo un tablet da 6”?Tra 6” e 7” la differenza è minima, e probabilmente ci si

chiede per quale motivo Amazon abbia realizzato due

prodotti identici che sembrano pestarsi i piedi uno con

l’altro. In realtà ci si rende conto subito che la versione

da 6” non è proprio un tablet. A un prezzo aggressivo,

99 euro, e con uno schermo IPS di qualità, il Fire HD da

TEST Basso costo non è sempre sinonimo di scarsa qualità, i due Fire HD non hanno proprio nulla da invidiare alla concorrenza

Amazon Fire HD 6” e 7”, essenziale e sempliceAmazon porta sul mercato due piccoli tablet a un prezzo davvero super. Li abbiamo provati entrambi: sorprendono

6” è, infatti, un perfetto media player, una console por-

tatile, un gioco per bambini e un piccolo blocco note. Le

dimensioni sono proprio la sua fortuna, anche se l’esse-

re così piccolo limita un po’ le sue possibilità.

Scocca robusta e colorata ma pesa troppoRealizzare un tablet da vendere a 99 euro senza rimet-

terci non è semplice. Amazon ha il merito di essere riu-

scita a trovare la giusta ricetta miscelando una serie di

ingredienti che da soli non rendevano il piatto gustoso:

la scocca è in plastica, ma la lavorazione superficiale

non solo migliora il grip, dona anche una sensazione di

robustezza notevole. Il Fire HD 6 non è sottile come altri

tablet ma è incredibilmente robusto e anche con due

mani facciamo fatica a fletterlo: non abbiamo provato,

ma siamo certi che sia in grado di assorbire senza pro-

blema l’urto di una caduta. A questo va aggiunta anche

la possibilità di dotarlo di una custodia che protegge

la scocca e anche lo schermo, oltre al rivestimento in

Gorilla Glass. Amazon Fire HD 6 e 7 non sono di certo i

tablet più belli e eleganti sul mercato, ma sono incredi-

bilmente solidi e massicci. La versione da 6” pesa 290

gr, che diventano 337 per la versione da 7”: entrambi

hanno uno spessore di poco superiore al centimetro e

se quello più piccolo misura 169x103 mm, quello da 7”

segna sul righello 191x128 mm. Queste sono di fatto le

uniche differenze di nota, perché come vedremo sia le

colorazioni (nero, bianco, magenta, blu cobalto o giallo

limone), sia la componentistica sono identiche. A dire

il vero un’altra piccola differenza c’è: il modello da 6”

ha un solo altoparlante sul retro, quello da 7” ha uno

speaker stereo. In entrambi i casi la resa audio è dav-

vero più che dignitosa. Sotto il profilo della connettività,

Fire HD può contare sulla classica porta micro USB e su

un jack stereo: non c’è memoria espandibile, ma si può

comprare la versione da 16 GB oltre ovviamente allo

spazio cloud. I due tablet sono anche dotati di doppia

camera: una piccola frontale è affiancata da un’altra da

2 Megapixel sul retro, il minimo indispensabile per per-

mettere la ripresa di video Full HD. Per chi vuole colle-

gare il tablet al TV, Amazon ha previsto la compatibilità

Slimport per la porta USB: serve comunque un adatta-

tore esterno non in dotazione. Nella scatola troviamo,

infatti, il cavo e il caricabatterie USB: per una ricarica

completa servono circa cinque ore e mezza con il ca-

ricabatterie in dotazione. Dal punto di vista puramente

ergonomico, l’unica nota negativa è proprio il peso: i

due Fire HD sono piccoli mattoncini, e se aggiungiamo

la custodia diventano ancora più pesanti. La custodia,

disponibile come accessorio, è un acquisto obbligato:

segue a pagina 31

lab

video

Amazon Kindle Fire HD 6”OTTIMO REGALO DI NATALE (IN ANTICIPO) 99,00 €Amazon ha realizzato due buoni tablet, destinati a chi non può permettersi (o non vuole spendere troppo) un iPad Mini ed è rimasto scottato più volte acquistando un tablet low cost. I due Fire HD sono colorati, robusti e sufficientemente veloci per la maggior parte degli usi a cui è indirizzato un tablet. L’organizzazione di Fire OS, con il menù diviso in tipologia di contenuti (video, foto, libri, app, musica), è particolarmente adatta a chi è nuovo nel mondo tablet e cerca soprattutto semplicità. La possibilità di fruire proprio di contenuti, dai libri ai video, oltre alla navigazione web rappresentano il punto forte dei Fire, mentre l’anello debole è uno store abbastanza completo che ha però ereditato le criticità e l’approssimazione di Google Play. C’è di buono che Amazon, nel suo App-Shop, regala ogni giorno un’applicazione e periodicamente rilascia gratuitamente bundle di applicazioni di un certo livello, occasione questa da non farsi sfuggire.

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACECostruzione robustaPrezzo davvero abbordabileBuona autonomia

Peso eccessivoDisplay troppo sensibile alle ditateMolte funzionalità “Amazon” sono disponibili solo in USA

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 7 8 7 97.9

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torna al sommario 31

MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

TEST

Amazon Fire HD 6 e 7 pollicisegue Da pagina 30

oltre a dare un tocco di colore, funge da protezione,

supporto da tavolo e lucida schermo grazie alla finitura

interna in microfibra.

Difficile dare di più a questo prezzoProporre un tablet a 99 euro vuol dire scendere a pa-

recchi compromessi. Ed è proprio per questo che ab-

biamo cercato di capire dove Amazon abbia risparmia-

to e cosa abbia fatto per scardinare il mercato dei tablet

low cost. La memoria integrata è da 8 GB ed è veloce, lo

schermo è un 6” IPS con filtro polarizzatore protetto da

Gorilla Glass e da 1.280x800 pixel, che fa registrare 252

dpi nella versione da 6” e 216 dpi in quella da 7”: per

resa cromatica, angolo di visione e livello di leggibilità

anche con forte luce ambientale lo schermo del Fire HD

è promosso. Certo, non è uno schermo di riferimento

calibrato (il contrasto è un po’ basso) ma è un display

decisamente godibile con adattamento manuale della

luminosità; l’unico appunto da fare è un aumento della

luminosità quando proviamo a torcere il tablet, probabil-

mente dovuto al polarizzatore che si flette. Purtroppo,

dobbiamo ammetterlo, siamo stati contagiati dal #ben-

dgate e proviamo a piegare ogni cosa, anche un pro-

dotto come un tablet che non rientra nel “fenomeno” di

cui sopra. Migliorabile il trattamento oleofobico super-

ficiale: il tablet è particolarmente sensibile alle ditate e

una bella pulita ogni tanto con un panno in microfibra è

decisamente consigliata. Passando al processore, Ama-

zon ha tralasciato la soluzione Qualcomm per affidarsi a

Mediatek: una scelta coraggiosa, anche perché le solu-

zioni del costruttore americano per la fascia entry level

non sono soddisfacenti. Troviamo un MT8135, un SoC

Mediatek pensato per i tablet che lavora in configura-

zione big.LITTLE grazie a due core Cortex A7 a 1.2 GHz

per le operazioni di routine e a due core Cortex A15 a

1.5 GHz per i processi che richiedono più potenza. Ac-

compagnato da 1 GB di RAM, il SoC Mediatek può con-

tare anche su un processore grafico PowerVR G6200

che dovrebbe dare buone performance anche in am-

bito gaming. Amazon non rinuncia, infine, a un reparto

connettività fatto da un modulo Wi-Fi 802.11n, Bluetooth

4.0 LTE, accelerometro e giroscopio: manca il GPS, ma

come per altri tablet Wi-Fi viene usata la rete wireless

per una stima approssimata della posizione. Dove Ama-

zon abbia risparmiato resta ancora un mistero.

Fire OS Sangria È Android ma non sembraAmazon continua a sviluppare il suo siste-

ma operativo: il termine tecnico è “fork”,

ovvero una versione di Android totalmente

modificata ma con alcuni elementi in comu-

ne con il sistema originale. Nella sua ultima

versione, Fire OS 4.0 Sangria, Amazon ha

aggiunto una serie di significative migliorie

aumentando la compatibilità con le app svi-

luppate per Android. Questo non vuol dire

che sia possibile scaricare le app di An-

droid, ma semplicemente che uno svilup-

patore può portare la sua app Android sullo

store di Amazon in meno di 90 secondi, il tempo che ci

impiega l’App Testing Service a verificare che tutto sia

a posto. Va detto, comunque, che Fire OS Sangria, con

tutte le app che arrivano preinstallate, non è propria-

mente un sistema compatto: occupa 3.5 GB, e questo

vuol dire che sul tablet da 8 GB, solo 4,5 GB saranno

disponibili per i contenuti dell’utente, che diventano

11,6 GB nella versione da 16 GB. Chi vuole usarlo come

media player per caricare film e serie tv farebbe bene

a scegliere la seconda opzione. Molte feature introdot-

te dal nuovo Fire OS sono purtroppo destinate solo al

mercato americano e Amazon non ci ha saputo dire

quando arriveranno anche da noi, ad esempio Family

Library, per condividere gli acquisti e ASAP per il pre-

caching dei contenuti video. A noi resta comunque tutto

il resto, un’interfaccia rivista e ottimizzata, WPS Office

totalmente integrato per editare e vedere documenti da

Word, Excel e PowerPoint, la modalità a schermo intero

e una modalità di risparmio energia che disattiva il Wi-Fi

nelle ore notturne. Fire OS è migliorato un po’ ovunque:

dal browser Silk che guadagna nuove feature come la

modalità lettura e l’integrazione con i social network.

Amazon ha rivisto anche il parental control per bloccare

scaricamenti e acquisti in-app.

Onesto tablet con una buona autonomiaIl Fire HD è un tablet onesto: per chi vuole prestazio-

ni elevate, schermi eccellenti e dimensioni ridotte

Amazon ha preparato la serie HDX, che offre le stesse

opportunità lato software ma si può contare su più me-

moria, processori più veloci e schermi più risoluti. Dal

Fire HD 6 e 7 non dobbiamo quindi aspettarci la luna,

ma da Amazon pretendiamo comunque di più di quan-

to pretenderemmo,

ad esempio, da

un produttore che

compra tablet cine-

si e li rimarchia. Il

processore usato

non è dei più veloci,

sia come potenza di

computazione sia

sotto il profilo gra-

fico: i benchmark ci

confermano che i

due tablet sono ge-

melli e che, a fronte

di una potenza tutto

sommato buona,

entrambi lasciano un po’ a desiderare sotto l’aspetto

grafico con un frame rate che si avvicina molto a quello

del Nexus 4. Nonostante si riesca a giocare a Beach

Buggy e ad altri giochi mossi da engine grafici 3D, è ab-

bastanza evidente che questo tablet è adatto ai casual

game. Utilizzando il tablet per diversi giorni, si può dire

che le performance sono più che soddisfacenti: non

sarà un iPad Mini ma non abbiamo notato nè scatti nè

lentezza nel caricamento delle app. Purtroppo, rispetto

agli altri tablet concorrenti basati su Android, nel Fire

HD si sente la mancanza delle app di Google: se per

YouTube e Google Maps esistono soluzioni alternative,

altre app non esistono proprio. L’ecosistema è un po’ il

punto debole: rispetto ai clienti americani di Amazon,

che hanno a disposizione una quantità enorme di con-

tenuti oltre le app, in Italia possiamo contare solo sui li-

bri e le riviste e sull’app store, oltre ovviamente ai conte-

nuti caricati dall’utente. Basta guardare una schermata

del tab applicazioni per rendersi conto che c’è un po’ di

disordine, alcune applicazioni con l’icona quadrata, al-

tre stondate e altre ancora con il fondo trasparente: non

è una questione di funzionalità quanto di stile, e forse

Amazon dovrebbe essere un po’ più rigida nelle regole

del suo store, anche a costo di scartare app indeside-

rate. Anche perché, è sempre bene ricordarlo, Amazon

App-Shop eredita la maggior parte delle app da Google

Play e su Google Play per ogni app decente e utile ce

ne sono almeno 50 inutili. Buona la parte legata alla

fruizione dei contenuti multimediali: la musica si può

lasciare su Cloud Drive e scaricarla all’occorrenza, e la

stessa cosa vale per i video. Qui il Fire riproduce senza

problemi MP4 e MKV, ma bisogna fare attenzione alla

dimensione dei file perché la memoria, soprattutto nella

versione da 8 GB, non è molta. Discreta la fotocamera:

2 Megapixel con foto HDR e video, ma non ci sono nè

flash led nè touch-to-focus. La presenza delle due foto-

camere sui Fire HD è legata all’uso con applicazioni di

messaggistica e di realtà aumentata, oltre ovviamente

alla scansione dei codici a barre e di QR Code. Per foto

scattate con i dispositivi Amazon, lo spazio su Cloud

Drive è infinito e gratuito. Una nota per l’autonomia: i

tablet non dispongono di un sistema automatico di re-

golazione della luminosità dello schermo quindi siamo

portati a tenere un livello medio / alto per renderli leggi-

bili sempre. Questo nel nostro caso ha portato, con un

uso normale, a un’autonomia di più di 7 ore per un uso

tipico da tablet con navigazione web, Wi-Fi e lettura di

libri tramite l’app nativa, mentre si scende a poco più di

6 ore e 30 minuti se si guardano video.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Paolo CENTOFANTI

N onostante tutti i produttori di TV ormai offrano a

catalogo modelli con schermo Ultra HD, il dilem-

ma è sempre il solito: ben venga una risoluzione

sempre più alta, ma i contenuti dove sono? La risposta

data da quasi tutti i produttori è sempre una: Netflix.

Peccato che al momento il servizio sia disponibile solo

in una manciata di paesi, mentre gli operatori locali,

almeno ad oggi, di Ultra HD non hanno ancora nulla.

Abbiamo provato allora a metterci per una volta nei

panni di un consumatore statunitense e saggiare co-

m’è la situazione dal suo punto di vista. Per farlo abbia-

mo approfittato della presenza in redazione del TV 4K

di Sony da noi appena testato, il 65 pollici della serie

X85, e utilizzato il servizio UnoTelly per accedere a Net-

flix come se ci trovassimo dall’altra parte dell’oceano.

L’applicazione per i TV SonyNetflix in Ultra HD è disponibile unicamente sui TV

Sony, LG e Samsung con l’apposita app abilitata al

servizio. Oltre a ciò occorre naturalmente anche un

abbonamento a Netflix, in particolare quello da 11,99

dollari al mese, che offre l’accesso al servizio da fino

a 4 dispositivi contemporaneamente e appunto abili-

ta gli stream in 4K. Configurando la propria rete per

utilizzare un servizio come UnoTelly, sul TV Sony si

sbloccheranno una serie di app aggiuntive, tra cui ap-

punto Netflix.

Una volta effettuato il login con il proprio account,

possiamo accedere al menù principale che offre es-

senzialmente tutte le funzionalità del servizio. In evi-

denza troviamo soprattutto “My List”, la coda dove ag-

giungiamo tutti i contenuti che vogliamo visualizzare.

Scorrendo verso il basso passiamo in rassegna i con-

tenuti raccomandati dal servizio in base ai nostri gusti

(una delle migliori funzionalità del servizio) e la classi-

TEST Abbiamo provato Netflix in Ultra HD con l’app per i TV 4K Sony Bravia, per valutare la qualità del servizio di streaming

Netflix in 4K è davvero il futuro dell’home video?La qualità è buona ma non ancora a livello di quella che gli appassionati di home cinema si aspettano da un video in 4K

segue a pagina 33

ficazione per genere.

In cima invece troviamo la barra degli strumenti che

offre la ricerca libera del catalogo del servizio, l’atti-

vazione del profilo Kids e il menù delle impostazioni,

che a dire il vero non offre granché. È essenzialmen-

te possibile controllare i dati del proprio account e al

massimo effettuare un test sulla connessione di rete

per controllare che non ci siano problemi.

In generale l’applicazione è abbastanza reattiva. Lo

scrolling del catalogo è forse un po’ lento, ma nel

complesso si tratta di un’app ben fatta e di facile uti-

lizzo e con diverse occasioni per imbattersi in nuovi

contenuti da vedere. Dall’app è possibile aggiungere

film o serie TV alla propria lista e dare un voto ai vari

contenuti che guardiamo, esattamente come è possi-

bile fare dalle app per altri dispositivi. Naturalmente la

coda di visione si sincronizza tra tutti i dispositivi, così

come il punto in cui abbiamo interrotto la riproduzio-

ne di tutti i filmati che abbiamo iniziato a vedere.

Quali sono i contenuti in Ultra HDAl momento Netflix offre una delle più ampie offer-

te di contenuti in Ultra HD, almeno in termini di ore.

I titoli più interessanti disponibili in streaming sono la

seconda stagione di House of Cards, la serie comple-

ta di Breaking Bad (5 stagioni) e la prima stagione di

Blacklist. A ciò si aggiunge una manciata di film, come

I Puffi 2, Hitch, Jerry Maguire e Philadelfia. Infine tro-

viamo una serie di documentari in timelapse.

Le serie TV sono sicuramente interessanti, mentre i

film disponibili, a parte i Puffi, sono anche molto datati

e quindi non ci aspettiamo possano molto valorizzare

il formato Ultra HD. Viceversa, i timelapse sono molto

scenografici, ma a livello contenutistico non stiamo

parlando di veri e propri documentari. Insomma, se è

vero che abbiamo tante ore di video in 4K grazie alle

serie TV, d’altro canto l’offerta non è così varia come

si potrebbe pensare.

Qualità video buona Ma dall’Ultra HD ci si aspetta altroNetflix utilizza un sistema di trasmissione e codifica

scalabile sia a livello di bitrate che di risoluzione. La

qualità di immagine viene così regolata in modo au-

tomatico e completamente trasparente per l’utente,

in funzione della banda disponibile e non è possibile

selezionare a priori il formato di riproduzione. All’av-

vio di un filmato, l’immagine sarà a una risoluzione

intermedia e in pochi secondi, se la connessione lo

permette, ci ritroveremo alla massima qualità dispo-

nibile.

Abbiamo effettuato i nostri test con una connessione

in fibra a 100 Mbit/s e per l’Ultra HD Netflix raccoman-

da una linea almeno a 25 Mbit/s, non esattamente

alla portata di tutti in Italia. Nelle nostre prove siamo

sempre partiti da una base di 1080p come qualità,

per arrivare in pochi secondi ad avere i sospirati

2160p. Già a 1080p dobbiamo dire che la qualità vi-

deo di Netflix non è affatto male, anche se il livello

di dettaglio è visibilmente inferiore a quello di un

Blu-ray Disc, ma anche di servizi di video on demand

come iTunes. Il passaggio all’Ultra HD non è così net-

to come ci si aspetterebbe.

Tralasciando i film attualmente disponibili, presenti

con master non all’altezza per il 4K, le tre serie TV

sono quelle che offrono il miglior campo di prova.

Con nessuna di queste però abbiamo sperimentato

lab

video

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

il tanto sperato effetto wow. La qualità è sì buona,

meglio del 1080p di base, ma il livello di dettaglio

raramente è così incisivo quanto ci si aspetterebbe.

Inoltre nelle scene più concitate la compressione

diventa immediatamente visibile con blocking e altri

TEST

Netflix in 4K è il futuro dell’home video?segue Da pagina 32

artefatti. Nei momenti migliori possiamo dire che la

qualità si avvicina a quella di un buon Blu-ray, con un

filo di dettaglio in più su alcuni particolari, ma senza

mai arrivare a farci gridare al miracolo e certamente

senza quel salto qualitativo che uno si aspetterebbe

passando da 5 a 25 Mbit/s. Per il resto il servizio pro-

posto da Netflix è ineccepibile. Tutti i contenuti sono

offerti con audio multicanale in Dolby Digital Plus 5.1

in Inglese e Spagnolo e

con sottotitoli selezio-

nabili al volo. Per Hou-

se of Cards c’è pure la

traccia audio di com-

mento del regista per

alcuni episodi, proprio

come sui DVD. Il punto

di forza di Netflix, oltre

al prezzo naturalmen-

te, è soprattutto la pra-

ticità di avere un am-

pio catalogo unita alla

possibilità di passare

con disinvoltura da un

dispositivo all’altro.

Lo streaming è il futuro Ma la qualità deve crescereSe Netflix così come è oggi fosse disponibile anche

in Italia, vi diremmo che l’abbonamento da 11,99 dol-

lari converrebbe più per la possibilità di utilizzarlo su

più dispositivi contemporaneamente, che per l’Ultra

HD, che di ultra ha solo il nome e il requisito di banda,

almeno per ora. La qualità è sicuramente buona, non

c’è dubbio, ma non offre quel salto qualitativo che

giustificherebbe il costo di un TV 4K, senza parlare

dell’offerta del catalogo, con due ottime serie TV ma

solo quelle. Di certo servizi come Netflix rappresen-

tato il futuro dell’home entertainment, su questo non

abbiamo più dubbi. Per praticità d’uso e funzionalità

offerte, oltre che il costo tutto sommato irrisorio a

fronte di un buon catalogo di film, telefilm e docu-

mentari, Netflix è il sostituto ideale del videonoleg-

gio, ma anche di certa pay TV. Solo con il diffondersi

della banda ultra larga - sempre quella parola, ultra

- allora forse potrà esserci quel salto anche a livello

di qualità di immagine che invece gli appassionati

di home cinema chiedono prima di abbandonare i

benamati dischi Blu-ray. Sempre che per allora esi-

stano ancora.

di Massimiliano ZOCCHI

Quanto può essere remunerativo

per una band come gli U2 distribui-

re gratuitamente il proprio album

a 500 milioni di clienti sparsi nel mon-

do? È quello che si chiedono tutti dopo

la mossa a sorpresa di Apple di qualche

settimana fa. A quanto pare, però, la

strategia sta pagando, e Eddie Cue e

gli stessi U2 hanno spiegato a Billboard

come stanno andando le cose. Innan-

zitutto prendendo in considerazione

sia iTunes, iTunes Radio, e Beats Music

circa 81 milioni di clienti hanno ascoltato

almeno una canzone dal nuovo album

Songs of Innocence. Numero elevatissi-

mo se si considera che prima d’ora solo

14 milioni di ascoltatori avevano acqui-

stato brani degli U2 su iTunes Store.

Di tutti questi fan, veri o presunti, sono

26 milioni quelli che hanno accettato in

toto il regalo di Apple e hanno scaricato

l’intero album in tempo. La parte interes-

sante della vicenda è però un’altra: quali

ripercussioni può avere una mossa del

genere, in un mercato come quello mu-

sicale, a volte imprevedibile? Il pensiero

della band è piuttosto filosofico:

“Apple è una tech company che com-

batte per il giusto compenso ai musici-

ENTERTAINMENT Record di download per Songs of Innocence degli U2, regalato da Apple

Apple regala U2 e 81 milioni di persone accettanoIntanto le vendite del disco sono partite alla grande. È nato un nuovo modello di business?

TV E VIDEO

Technicolor trasmette l’UHD sul DTT Technicolor, in collaborazione con Sinclair Broadcast, ha realizzato il primo test di trasmissione TV in Ultra HD negli Stati Uniti, utiliz-zando il nuovo standard ATSC 3.0 (l’analogo del nostro DVB-T2). Si è trattato di un test su normali frequenze TV terrestri e soprattut-to il primo impiego al mondo del nuovo formato di codifica Scalable HEVC. Per scalabile si intende la possibilità di inviare un unico flusso video che in ricezione può essere decodificato a diverse risoluzioni, a seconda della qualità del segnale. Ciò permetterà, tra le altre cose, di trasmettere un contenuto in Ultra HD, mantenendo la piena compa-tibilità con schermi Full HD, senza bisogno di avere canali TV separati (con evidente risparmio di banda). La piattaforma Technicolor impiega inoltre il nuovo formato di compres-sione audio MPEG-H e consente, forte della scalabilità, anche la rice-zione in mobilità delle trasmissioni. Le specifiche ATSC 3.0 sono ancora in fase di finalizzazione e quello appena effettuato è stato solo uno showcase della nuova piattaforma, al fine di attirare l’interesse dei broadcaster verso l’Ultra HD.

sti. L’idea che voglia fare un regalo alle

persone che realmente acquistano mu-

sica è bello e poetico, e ne siamo molto

grati” - Comunicato ufficiale degli U2

Sviolinate ai fans e ad Apple a parte,

la mossa di marketing è stata studiata

con attenzione. Infatti la copia fisica del

nuovo album arriverà nei negozi il 14

ottobre, e sarà ben diversa da quella of-

ferta da Cupertino. Nella Deluxe Edition

ci saranno dieci tracce aggiuntive, non

presenti nella versione iTunes, con ver-

sioni acustiche dei brani e 4 nuovi pez-

zi. Solamente basandosi sui preordini

effettuati finora, questa Deluxe Edition

è già richiesta per 70.000 copie solo

negli Stati Uniti. Ma non solo vendite.

Secondo Billboard, l’operazione senza

precedenti ha assicurato agli U2 e alla

loro etichetta una pubblicità equivalen-

te a una campagna da 100 milioni di

dollari, oltre a un incasso per Universal

Music di altri 52 milioni; quest’ultima è

una stima di Billboard sui proventi medi

di vendita di 26 milioni di album, stima

che la casa discografica non ha comun-

que confermato. Ma se così fosse, pos-

siamo dire di essere di fronte all’ennesi-

ma rivoluzione del mercato musicale ad

opera di Apple?

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Paolo CENTOFANTI

Con la gamma OM-D Olympus ha riportato in auge

l’amata linea di reflex quattro terzi OM, lascian-

dosi alle spalle lo specchio ma mantenendo

intatta la filosofia di fondo di macchine ben costruite

e con in mente gli appassionati di fotografia, un tratto

ben incarnato dal primo modello di questa linea, quella

E-M5 che ha riscosso un buon successo. L’anno scorso

è arrivata la E-M1, ammiraglia che si sta ricavando un

suo spazio non solo tra gli appassionati evoluti, ma an-

che in campo professionale, complice un parco ottiche

in continua espansione. A inizio anno, Olympus ha dun-

que annunciato la E-M10, terzo modello in ordine tem-

po della gamma OM-D, che nasce con l’intenzione di

capitalizzare la nuova giovinezza del marchio Olympus

e allo stesso tempo di aggiornare la E-M5. Anche se

tecnicamente la E-M10 si presenta come la OM-D più

piccola ed economica, in realtà sotto molti aspetti co-

stituisce un’evoluzione della E-M5, tanto che se non di

modello superiore, si potrebbe parlare di alternativa a

pari merito. Perché anche se il corpo non è più imper-

meabile come sulla E-M5 e il sensore quattro terzi da

16 Megapixel è lo stesso, la E-M10 ha anche qualcosa

in comune con la E-M1, a cominciare dallo stesso pro-

cessore di immagine TruePic VII e dall’aggiunta della

connettività Wi-Fi. Il tutto con un prezzo per il solo cor-

po macchina molto interessante, 650 euro di listino.

Più piccola, ma il DNA è quello della OM-D E-M5Il corpo macchina della E-M10 è a prima vista molto

simile a quello della E-M5. Certo la fotocamera sulla

TEST L’ammiraglia della gamma OM-D di Olympus è più piccola ed economica della E-M5 ma con tratti in comune con la E-M1

Olympus OM-D E-M10, divertente e scattanteAbbiamo provato la nuova mirrorless compatta di Olympus che sembra quasi troppo bella per essere vera. E invece...

carta è più piccola, ma neanche così tanto: 119x82x46

mm contro i 122x89x43 mm. E infatti ritroviamo prati-

camente tutti i controlli manuali, il display da 3 pollici, il

mirino elettronico e c’è stato anche posto per un flash

integrato, assente nella E-M5. La qualità della costru-

zione è impeccabile con un corpo in lega di magnesio

che restituisce un grande senso di solidità, anche se

rispetto al modello superiore si perde l’impermeabiliz-

zazione. Nonostante ciò, è difficile impugnare la E-M10

e pensare a un vero e proprio downgrade rispetto alla

E-M5, il che considerando la differenza di prezzo, è il

miglior complimento che si possa fare all’ultima propo-

sta Olympus. I controlli, come dicevamo, sono completi

e permettono - anzi invogliano - l’utilizzo manuale della

macchina con il sistema a doppia ghiera per la regola-

zione dell’esposizione. A ciò si aggiungono altri due

tasti funzione, la ghiera per selezionare la modalità di

scatto, tasto di registrazione video, comandi direzionali

a croce. Tutti questi comandi possono essere perso-

nalizzati su misura nel menù della macchina per asse-

gnare le regolazioni che usiamo più frequentemente.

In basso a destra sul retro si trova, quasi nascosto, il

selettore per l’accensione della fotocamera. Sul miri-

no troviamo inoltre un tasto che permette di passare

agevolmente alla modalità live view sul display. Il miri-

no elettronico è lo stesso della E-M5, di tipo LCD con

risoluzione di 800x600 pixel, sensore di prossimità e

regolazione automatica della luminosità in funzione

della luce ambientale. Il display è sempre da 3 pollici,

ma è stato sensibilmente migliorato: ora il pannello è

LCD anziché OLED, ma con una risoluzione di 720 x

480 pixel ed è orientabile di 80° verso l’alto e 50° ver-

so il basso. Sulla sinistra, sopra al display, troviamo la

rotella per la regolazione delle diottrie per il mirino e il

tasto per aprire il flash. Viste le ridotte dimensioni del

corpo macchina in rapporto ad alcuni obiettivi, Olym-

pus ha realizzato anche un grip opzionale, che migliora

l’impugnatura della macchina e ne aumenta l’altezza

per rendere più agevole l’uso di un treppiede quando

si montano obiettivi di grandi dimensioni.

Cuore professionale con qualche rinunciaLa più grossa semplificazione rispetto alla E-M5 non è

estetica ma funzionale, visto che la stabilizzazione di

immagine sul sensore passa dal sistema a 5 assi a 3

assi. La E-M10 integra però lo stesso processore della

E-M1, il TruePic VII, apprezzato sulla top di gamma per

la velocità e per la qualità dell’engine JPEG, tra i mi-

segue a pagina 36

lab

video

Olympus OM-D E-M10PICCOLA SOLO NEL PREZZO 649,90 €L’ultima nata della gamma OM-D di Olympus non è la mirrorless più economica sul mercato, è vero, ma porta su una fascia di prezzo molto più ab-bordabile la stessa qualità costruttiva e l’impostazione “pro” dei modelli E-M1 e E-M5. La qualità delle fotografie, già in JPEG con impostazioni di default, è ottima e i controlli a disposizione - che possono intimorire inizialmente un utente che fa il grosso passo da una normale compatta - sono perfetti per l’utilizzo in manuale della fotocamera. A ciò si aggiungono molte funzionalità “divertenti” come il Live Composite e un’implementa-zione pratica e veloce della connettività Wi-Fi per l’abbinamento a uno smartphone. La E-M10, pur con un paio di mancanze quali l’impermeabi-lizzazione e lo stabilizzatore a 5 assi, sembra più un aggiornamento della E-M5 a un prezzo decisamente più conveniente. Il parco ottiche micro quattro terzi è uno dei più ampi e variegati del momento, il che aggiunge punti alla longevità e valore di questa piccola grande mirrorless.

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima qualità immagine, anche in JPEGStabilizzatore su sensore molto efficaceOttima costruzione e controlli completi

Con ottiche ingombranti è meglio usare il grip opzionaleQualità video molto deludenteSlitta compatibile solo con flash e assenza di ingresso microfono

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 9 7 8 88.5

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

TEST

Olympus OM-D E-M10segue Da pagina 35

gliori sulla piazza. La funzione più importante introdotta

sul nuovo processore è la correzione automatica delle

aberrazioni cromatiche come parte dell’algoritmo pro-

prietario Fine Detail II di Olympus, che applica anche

correzione della nitidezza, riduzione di falsi colori e

demosaic in modo ottimizzato a seconda dell’obiettivo

montato sulla macchina. Rispetto alla E-M1 viene meno

il sistema di autofocus Dual FAST, che faceva uso an-

che della tecnologia a rilevamento di fase su sensore.

Qui troviamo, invece, lo stesso sensore Live MOS della

E-M5 per cui viene implementato il solo rilevamento a

contrasto che comunque garantisce prestazioni di tutto

rispetto, come abbiamo toccato con mano. L’autofocus

lavora su 81 aree e la macchina è in grado di scattare

a raffica fino a 8 fps (3,5 fps in modalità “lenta”) con un

numero massimo di 20 fotogrammi in formato RAW. Il

sensore Live MOS da 4/3 pollici ha una risoluzione di

16,1 Megapixel effettivi (17,2 Megapixel in totale con filtro

RGB), per una dimensione di immagine di 4.608x3.456

pixel (17 MB per foto in formato RAW a 12 bit) e possibili-

tà di ripresa video a 1.920x1.080 in 30p. Il range ISO va

da 200 a 25.200 con modalità estesa ISO Low. La ve-

locità massima dell’otturatore è, infine, la stessa della

E-M5, 1/4000 secondi, forse unico vero punto debole,

e rispetto ad altre concorrenti non è disponibile una

modalità di scatto silenziosa. La E-M10 non è dotata

né di uscita per le cuffie né di ingresso per microfono.

Gli unici connettori sono la slitta per i flash opziona-

li, l’uscita USB/Audio Video e la micro HDMI. Sotto il

profilo della connettività l’aspetto più interessante è il

Wi-Fi con visualizzazione di un QR Code sul display per

la connettività veloce da Android o iOS con l’apposita

app Olympus OI.Share. Effettuata la prima connessio-

ne lo smartphone ricorderà poi la rete e si collegherà

automaticamente. L’app, davvero ben fatta, consente

di importare le fotografie sullo smartphone, controllare

senza fili la fotocamera e di aggiungere geotag alle fo-

tografie sulla fotocamera utilizzando il GPS dello smar-

tphone. Per far questo basta, prima di una sessione

fotografica, attivare il GPS tracking sull’app.

Parametri di scatto sempre sotto controlloLa OM-D E-M10 offre un sistema di controllo 2x2 ba-

sato sulle due ghiere principali. Essenzialmente alle

due manopole possono essere

assegnate in tempo reale, oltre

alla funzione primaria (diafram-

ma e/o esposizione a seconda

del programma utilizzato), ulte-

riori parametri tramite un tasto

multi-funzione che di default

è impostato su Fn1. In pratica,

premendo una volta Fn1 si può

passare dalla funzione princi-

pale delle due ghiere a quella

secondaria. Questa può essere

impostata tenendo, invece, pre-

muto Fn1 e ruotando una delle

due ghiere. Le opzioni disponi-

bili sono: ISO/bilanciamento del

bianco, regolazione alte luci/

ombre, color creator, rapporto

d’aspetto, ingrandimento. Detto

così può suonare macchinoso,

ma in realtà nell’utilizzo pratico si

tratta di una soluzione che per-

mette di accedere rapidamente

a un gran numero di parametri

con un solo tasto e le due ghie-

re. L’altro pilastro del sistema di

controllo della fotocamera Olym-

pus è costituito dal “pannello di

controllo super” come viene

chiamato in italiano. Si tratta di

un menù che visualizza in una

sola schermata sul display della

fotocamera praticamente tutte

le impostazioni e funzionalità

più importanti. Il menù è visibile

chiaramente solo quando non si

utilizza la modalità di ripresa live

view e può essere controllato

o tramite touchscreen, oppure

utilizzando le frecce direzionali

(soluzione a nostro avviso molto

più comoda e precisa). Tramite il

pannello di controllo è possibile

intervenire su: ISO, bilanciamento del bianco, preset

di immagine, nitidezza, contrasto, saturazione, gamma

dinamica, flash, modalità messa a fuoco, riconoscimen-

to dei volti, area messa a fuoco automatica, modalità

esposimetro, modalità di scatto (singolo, raffica, ecc),

spazio colore, funzione tasto registrazione video, mo-

dalità stabilizzatore, rapporto d’aspetto, formato di file

e compressione. Le stesse opzioni sono disponibili,

premendo il tasto “OK”, a mirino con il classico menù

a colonna. A prima vista può sembrare esagerato un

menù solo con tutti questi parametri, ma in realtà nel-

l’utilizzo pratico si scopre ben presto quanto sia davve-

ro comodo avere tutto a portata di mano, senza dover

richiamare altre schermate. In più, premendo diretta-

mente le frecce direzionali, si regola la posizione del

crocini dell’area di messa a fuoco e sempre da qui pas-

sare in rassegna i vari tipi di area: 81 punti su tutto il fra-

me, gruppo di 9 aree, area singola e microaree. A tutto

ciò si aggiunge la possibilità di personalizzare i due

tasti funzione Fn, il pulsante di registrazione video e

le frecce destra e sinistra, oltre a un eventuale tasto Fn

presente su alcuni obiettivi. Tra le funzioni assegnabili

vale la pena segnalare fuoco manuale, focus peaking,

AEL/AFL, braketing e HDR. Il menù di configurazione è

molto articolato, ma una volta presa familiarità con la

E-M10 e configurati i parametri principali, ci affideremo

quasi sempre al super menù.

Tante funzionalità specialiLa fotocamera Olympus è dotata, oltre che di 24 moda-

lità scena pre-impostate, di una lunga serie di filtri arti-

stici e modalità di immagine speciali. Tra queste vale la

pena segnalare almeno il Color Creator e la modalità

Monotone. La prima funzionalità consente di dare alle

immagini una colorimetria completamente personaliz-

zata utilizzando le due ghiere per modificare tinta e

saturazione in tempo reale. Monotone, come il nome

lascia intendere, è dedicato alla fotografia in bianco e

nero. L’utente può impostare oltre contrasto e nitidezza,

Esempio di fotografia ottenibile con la funzione Live Composite

Esempio di esposizione multipla ottenuta direttamente in camera a partire da due scatti memorizzati sulla scheda

Il “super menù”, sempre visibile sul display, per-mette di accedere in un colpo solo praticamente a tutte le impostazioni di scatto di uso più frequente

segue a pagina 37

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

TEST

Olympus OM-D E-M10segue Da pagina 36

anche il filtro colore (rosso, arancione, giallo e verde),

gamma dinamica e un “tono” (seppia, blu, ecc). A ciò

si aggiungono altre funzionalità, la più interessante è

sicuramente il Live Composite. In pratica consiste nella

possibilità di creare una fotografia composita unendo

tra loro fino a tre ore di scatti con esposizione minima

di 1 secondo, mantenendo costante la luminosità di

fondo. Si tratta di una modalità studiata appositamente

per fotografare stelle, fuochi artificiali oppure ancora le

luci del traffico. La cosa interessante è che la macchina

permette di vedere sul display la fotografia comporsi in

tempo reale. La stessa funzionalità è disponibile anche

per la modalità Bulb (otturatore aperto fino a quando

non si preme nuovamente il pulsante di scatto): anche

così è possibile vedere l’immagine a lunga esposizione

prendere forma in tempo reale. Non manca la funzione

Time Lapse che consente di scattare fotografie con gli

stessi parametri a intervalli regolari. L’utente può se-

lezionare il numero di scatti da realizzare, il tempo di

inizio scatto dalla pressione del tasto e l’intervallo di

tempo tra una foto e l’altra. Funzione interessante è la

creazione in macchina di un filmato in MJPEG a 720p.

Infine, troviamo la funzione di esposizione multipla che

può essere fatta live (due esposizioni in sequenza) op-

pure su foto già scattate (in questo caso se ne possono

unire fino a tre), modalità che può essere utilizzata per

realizzare scatti artistici o effetti particolari.

Bella, veloce e divertenteLa nostra prova si è basata sul kit che include l’obiettivo

motorizzato M.Zuiko Digital ED 14-42mm 1:3.5-5.6 EZ.

Si tratta di un’ottica zoom collassabile molto compatta

e che dona alla fotcamera anche una bella linea. L’otti-

ca è ben costruita e soprattutto utilizza una ghiera per

il controllo dello zoom davvero molto pratica. Si tratta

di un buon obiettivo che copre un intervallo di focale

equivalente da 28 a 84 mm, molto versatile quindi e

che offre un buon livello di dettaglio su quasi tutto il

frame anche al massimo ingrandimento. Manca forse

un po’ di micro-contrasto, ma la resa è senza dubbio

buona e costituisce un ottimo punto di partenza per

chi si avvicina al sistema micro quattro terzi. La OM-D

E-M10 stupisce subito per due caratteristiche: la veloci-

tà e la resa cromatica. La messa a fuoco è straordina-

riamente veloce in tutte le situazioni di scatto. Abbiamo

testato la macchina sia con l’obiettivo in dotazione, che

con lo zoom M.Zuiko Digital ED 40-150mm R e il Pa-

nasonic Leica DG SUMMILUX 25mm F1.4 ottenendo

sempre un’ottima reattività, senza praticamente mai

perdere uno scatto; ci è successo solo utilizzando tutte

le 81 aree di messa a fuoco su tutto il frame su soggetti

ravvicinati con obiettivo molto aperto: in queste situa-

zioni è capitato che venisse selezionata erroneamente

un’area sullo sfondo o alla periferia dell’inquadratura.

Molto buona anche la risposta dell’autofocus in con-

dizioni di scarsa luminosità e tutto sommato discreto

il tracking in modalità continua per gli scatti a raffica,

specie per essere un autofocus a contrasto. Davvero

ottima la pasta dei colori, saturi e brillanti ma anche

molto naturali. In JPEG è possibile impostare anche

una modalità di immagine “vivida” che spinge un po’ di

più la saturazione, ma non ce

n’è davvero bisogno vista la

resa cromatica che è possibile

ottenere di default dalla foto-

camera. Molto convincente la

gamma dinamica del sensore,

che a livello di ISO “normali”

offre sempre un ottimo livello

di dettaglio e immagini molto

pulite. In JPEG viene applicata

una leggera maschera di con-

trasto che però non porta in

evidenza alcun tipo di alone,

al massimo visibile solo visua-

lizzando l’immagine a monitor

al 100%. I controlli, una volta

presa familiarità, ci sono parsi

ottimi e nonostante le dimen-

sioni un po’ ridotte del corpo

macchina, abbiamo trovato i

tasti poi non così piccoli o troppo ravvicinati come po-

trebbero sembrare a prima vista. Complessivamente la

Olympus è dunque una macchina veloce e puntuale

nella messa a fuoco, versatile, bella da usare in modali-

tà manuale e che possiamo definire divertente.

Il sensore Live MOS offre prestazioni molto buone ad

alti ISO fino a 3200 ISO, dove il rumore non intacca

comunque il livello di dettaglio (sia in RAW che in mi-

nima parte in JPEG). A 6400 ISO invece comincia a

venire meno leggermente anche il livello del dettaglio

anche se ce ne si accorge soprattutto visualizzando le

immagini a monitor al 100%. Il risultato sono comunque

immagini perfettamente utilizzabili per la maggior parte

degli scopi. A ISO più alti il rumore continua ovviamen-

te a crescere a danno dei dettagli più fini, ma scattando

in RAW il risultato rimane entro i limiti dell’accettabile

se non dobbiamo effettuare stampe giganti. In JPEG le

immagini si fanno invece più impastate con la tendenza

ad appiattire i particolari.

La cosa interessante è che grazie all’eccellente siste-

ma di stabilizzazione, il più delle volte potremo scattare

comunque a ISO non molto alti con tempi insospetta-

bilmente alti. Olympus dichiara un guadagno di 3,5 EV

per il suo stabilizzatore, che in molte situazioni può fare

la differenza. Tutto ciò considerato, fotocamere con

sensore più grande possono anche offrire un maggio-

re contenimento del rumore a ISO elevati, ma a nostro

avviso il gap tra mirroroless APS-C e macchine come

questa E-M10 o la Panasonic GX7 provata lo scorso

anno si è ridotto abbastanza da non rendere più que-

sto singolo aspetto una discriminante fondamentale.

Dove la Olympus non ci ha convinto affatto è la resa vi-

deo (clicca qui). L’azienda giapponese non ha mai fat-

to mistero del suo focus attuale esclusivamente sulla

componente fotografica dei suoi prodotti, e il risultato

è che sulla E-M10 la registrazione video c’è giusto per-

ché sarebbe impensabile escluderla. Non che le imma-

gini siano terribili, ma le impostazioni sono poche (non

è possibile riprendere a 24 o 25 Hz ad esempio, solo

30) e nonostante la resa cromatica sia vicina a quella

della foto, le immagini sembrano sempre impastate e

prive di dettaglio. A ciò si aggiunge una compressione

non eccezionale nemmeno al massimo bitrate. Unica

nota positiva lo stabilizzatore, che funziona abbastan-

za bene anche sul video. Segnaliamo tra l’altro quello

che sembra essere un bug: la funzione touch to focus

c’è, ma a volte funziona e altre no, senza un motivo

apparente.

M.Zuiko Digital ED 40-150mm R Leica SUMMILUX 25mm F1.4 Leica SUMMILUX 25mm F1.4

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YSP-2500 di Yamaha è dotato di funzioni avanzate incluse pass-through di segnali video 4K via HDMI, streaming via Bluetooth e la nota tecnologia Intellibeam di Yamaha. Sempre pronto per dare il migliore audio, in ogni situazione. E’ in grado di apprendere le funzioni del telecomando della TV e, grazie all’app dedicata, è possibile regolare le impostazioni dei raggi sonori direttamente da smartphone o tablet. Il suono è chiaro e naturale ed il noto surround reale creato dalla tecnologia YSP è estremamente coinvolgente. Questa è la soundbar che stavate aspettando.

Per maggiori informazioni visita it.yamaha.com

YSP-2500 10th Anniversary Model

Think soundbar Think Yamaha

Yamaha App Navi

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Roberto FAGGIANO

D opo che soundbar e soundbase hanno invaso il

mercato, LG ha avuto l’idea interessante di crea-

re la soundplate, un diffusore estremamente

sottile (solo 39 mm) ma molto largo, in modo da poter

facilmente diventare la superficie sulla quale poggiare

un televisore. L’ultima evoluzione di questa gamma è

la soundplate LAB540 (549 euro) che integra il lettore

Blu-ray, è compatibile con segnali Dolby Digital e dts e

ha un subwoofer esterno separato.

Sul prezzo di listino bisogna subito precisare che è

un dato puramente teorico, per fortuna la LAB540 si

trova in vendita facilmente attorno ai 400 euro, una

quotazione già rischiosa per questo tipo di diffusori,

anche considerando la presenza del lettore Blu-ray.

Ecco, quindi, un apparecchio dalla doppia funzione

che risolve i problemi di spazio tipici di ogni casa

moderna, un oggetto anche piuttosto elegante con la

sua finitura metallizzata e il caricamento motorizzato

dei dischi. Più ingombrante il subwoofer, ma comun-

que entro limiti accettabili ed è ben rifinito.

Questo diffusore può sopportare fino a 38 kg e l’ampia

superficie di appoggio (70 x 32 cm) dovrebbe sempli-

ficare la collocazione di TV con supporto standard ret-

tangolare oppure dei modelli con supporti laterali, più

complesso invece il caso di supporti più fantasiosi o

curvi, come alcuni modelli proprio di LG per esempio.

La collocazione di un diffusore come questo è quasi

obbligata, su un ripiano come supporto al TV oppure

al di sotto di uno schermo più grande fissato a pare-

te. Per il subwoofer invece bisogna tenere conto che

l’altoparlante diffonde lateralmente, precisamente dal

fianco sinistro, e quindi bisognerà evitare di posizio-

narlo troppo vicino alla parete laterale sinistra, meglio

se nei pressi della soundplate. L’accordo reflex è, in-

vece, inferiore e non crea nessun problema.

TEST Le sue dimensioni la rendono ideale come base per molti televisori: spessore ridotto ma ampia superficie d’appoggio

LG LAB540: soundbar e Blu-ray tutto in unoUn lettore Blu-ray e un diffusore, uniti per dare sorgente e voce a ogni televisore. È la soundplate LAB540 di LG Ha Wi-Fi, Bluetooth, DLNA, funzioni Smart TV, Dolby Digital e dts, subwoofer senza fili separato e un design curato

LG LAB540UNA COMBINAZIONE POSITIVA E UN BUON PASSO AVANTI 549,00 €L’ultima creazione di LG in tema di diffusori sonori ci è piaciuta molto, un balzo in avanti notevole rispetto ai vecchi modelli. L’audio del televisore subisce un effettivo miglioramento e riesce a diventare coinvolgente con i migliori film trasmessi in TV. L’aggiunta del lettore Blu-ray è un plus molto interessante che apre le porte alla riproduzione di file multimediali archiviati nella propria rete domestica. Il collegamento Bluetooth e la possibilità di riprodurre i CD audio si sposa con prestazioni musicali finalmente all’altezza e aggiunge valore a un oggetto che è anche curato e bello da vedere. Il prezzo di listino troppo elevato può essere un problema, ma cercando attentamente in rete si può strappare un prezzo molto più interessante.

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEVersatilità funzioniLinea ultra sottile curataLettore Blu-ray integrato

Prezzo di listino elevatoFunzione ARC non disponibile

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 8 7 8 77.6

lab

video

Versatilità di buon livelloLa combinazione di un diffusore e di un lettore Blu-ray

riesce a sommare le funzioni di entrambi gli apparec-

chi, tra cui quelle di lettore multimediale per un server

casalingo e una manciata di applicazioni per Smart

TV. I collegamenti disponibili sono più che sufficienti

per l’utente medio: tra le connessioni senza fili c’è il

Bluetooth per smartphone e tablet, oltre al Wi-Fi per

la rete domestica e il Wi-Fi direct per il mirroring da di-

spositivi portatili Android. Tra i collegamenti via cavo

troviamo due prese HDMI, un ingresso digitale ottico,

la presa di rete Ethernet e un ingresso USB. Le prese

sono piuttosto incassate e poco accessibili quando si

posiziona il TV sopra il diffusore. Il subwoofer attivo si

collega automaticamente senza fili al diffusore princi-

pale. A molti sembrerà logico usare il cavo HDMI verso

il TV con la funzione del canale audio di ritorno, ma sul

nostro esemplare non siamo riusciti a usarla, provando

su tre diversi televisori. Il manuale in effetti consiglia

sempre di usare il cavo ottico (non in dotazione) per

l’audio del TV. Per il controllo a distanza si può usare

un’applicazione LG ma ci è sembrato più semplice usa-

re il telecomando in dotazione, già predisposto anche

per TV LG, Samsung e Sony.

segue a pagina 40

Controlli nel complesso semplici e miratiPer rendere più coinvolgente l’ascolto si possono se-

lezionare le modalità Cinema e Musica che aggiungo-

no una curva specifica di equalizzazione sul diffusore.

Inoltre è possibile variare il volume del subwoofer in

modo indipendente. Le impostazioni audio si eseguo-

no da un semplice menù a schermo e vengono con-

fermate anche dal display dell’apparecchio. Lo stesso

menù comprende tutte le impostazioni del lettore Blu-

ray integrato. Dal punto di vista tecnico la soundplate

vera e propria impiega due altoparlanti frontali e altri

due denominati Surround con potenza complessiva

di 160 watt (10% THD), mentre il subwoofer utilizza

un altoparlante con potenza di 160 watt (10% THD);

in pratica un sistema in grado di sonorizzare anche

ambienti di cubatura medio-alta con una pressione

sonora più che sufficiente.

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torna al sommario 40

MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

Prestazioni video nella mediaIl lettore Blu-ray inserito in questa soundplate è di clas-

se media, con funzioni Smart TV e lettore multimediale

dei contenuti da USB o dal server casalingo. Si pos-

sono vedere praticamente tutti i maggiori codec di file

foto e video ma nessun contenuto 4K. Il collegamento

alla rete può essere via cavo oppure in Wi-Fi mentre

l’app è disponibile come sostitutivo del telecomando

e nulla di più.

Le prestazioni dell’upscaler 4K hanno avuto la sfor-

tuna di confrontarsi con quelle del TV Sony Ultra HD

della serie 850: il circuito dell’LG ne è uscito scon-

fitto ma è probabile che utilizzando un TV 4K di co-

sto minore anche questo circuito possa dire la sua.

Continuando nella prova pratica risulta molto sco-

modo dover sempre ricorrere al menù per cambiare

sorgente, dei tasti diretti sul telecomando sarebbero

stati più semplici.

Audio migliorato rispetto al passatoRicordando le modeste prestazioni sonore della prima

soundplate di LG (la 340, senza subwoofer esterno) te-

mevamo una replica, ma per fortuna ci sbagliavamo.

L’aggiunta del subwoofer attivo e una revisione del

progetto hanno portato a prestazioni sonore nettamen-

te migliori. Al subwoofer separato è stata affidata una

gamma bassa e medio-bassa che ha liberato il diffuso-

re principale da un compito troppo gravoso, il risultato

è un netto miglioramento sulle voci e sui dettagli in

gamma acuta, risultati positivi che si apprezzano final-

mente anche con la musica. Non è la resa di un vero si-

stema stereo, però si avvicina molto. Qualche cosa da

migliorare ancora c’è nel taglio di frequenze tra diffuso-

re e subwoofer, probabilmente quest’ultimo riproduce

anche frequenze udibili, dato che risulta spesso ben

individuabile all’ascolto, ma basta posizionarlo corret-

tamente nei pressi del televisore per minimizzare il pro-

blema. Con gli effetti più potenti e spettacolari dei film

forse la gamma più profonda è ancora troppo protago-

nista, ma ci sono i controlli di tono per mitigarne la foga

nei momenti più esplosivi. La resa con i migliori film in

Blu-ray è di ottimo livello, molto coinvolgente e precisa

nel collocare gli effetti sul fronte anteriore; molto poco,

invece, come effetti Surround avvolgenti, anche se in-

serendo l’effetto Cinema qualcosa migliora, comunque

nulla a che spartire con un vero sistema Surround con

diffusori posteriori. L’effetto Musica è, invece, trascura-

bile, anche ascoltando brani MP3; da non sottovalutare

la possibilità di riprodurre i CD senza dover usare un

altro apparecchio.

di Roberto FAGGIANO

A l suo debutto la cuffia Zik di Parrot

stupì per la cura nelle finiture e per

la completa applicazione, capace

di gestire molti parametri della cuffia per

personalizzare la resa sonora. Dopo circa

tre anni dal debutto arriva sul mercato la

Zik 2.0 (350 euro) che lascia inalterata la

linea disegnata da Philippe Starck ma mi-

gliora alcuni parametri molto importanti. Il

peso scende da 325 a 270 g, l’autonomia

compie un bel balzo dalle precedenti 7

ore alle 18 ore del nuovo modello. Miglio-

rato anche il circuito di riduzione del ru-

more, che ora può contare su 8 microfoni

contro i 5 della prima versione. Il circuito

di equalizzazione controllabile dall’app

- anch’essa rinnovata - può contare su

nuove curve di risposta personalizzate

da musicisti e tecnici delle sale di regi-

strazione e sulla funzione “strada” per

adattare la resa sonora

ai rumori stradali ma al

tempo stesso non iso-

lare eccessivamente

durante le conversa-

zioni telefoniche. Per il

migliore funzionamen-

to durante le telefona-

te c’è anche un senso-

re a conduzione ossea

che fornisce ulteriori

elementi ai circuiti che regolano l’audio.

Rimane poi la possibilità di crearsi una

risposta in frequenza su misura dei propri

gusti personali e i comodi comandi touch

sul padiglione. La connessione senza fili

è tramite Bluetooth con abbinamento

NFC. Zik 2.0 sarà disponibile da novem-

bre in molti colori - bianco, azzurro, nero,

moka, arancio e giallo - tutti rifiniti in pelle

con grande cura dei dettagli.

HI-FI Rispetto alla gamma precedente, di 3 anni fa, rimangono inalterate linea e cura nelle finiture

Parrot Zik 2.0 disegnate da Starck, non maleZik 2.0 si rinnovano con una batteria più potente e funzioni di controllo della resa sonora

TEST

LG soundplate LAB540segue Da pagina 39

GADGET

Ecco l’ombrello ad ariaSu Kickstarter è apparso il proget-to (già finanziato) di Air Umbrella, il primo ombrello ad aria. Una batteria al litio nel manico alimenta un potente motore sulla sommità, che aspira l’aria dal fondo, la spara a 360° da piccole feritoie e crea una lama d’aria invisibile che devia la pioggia. Verrà realizzato in tre ver-sioni con autonomia dai 15’ di quello piccolo ai 30’ dei modelli più grandi. Sarebbe in grado di proteggere una persona da piogge di moderata intensità. Una versione allungabile porta questo spara-aria a 40 cm sopra la nostra testa per creare una grossa cappa di protezione.

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MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

di Paolo CENTOFANTI

A tutti prima o poi navigando in rete sarà capitato

di cercare di riprodurre un trailer, un videoclip o

un altro filmato e di ritrovarsi invece di fronte a

una schermata in cui ci viene annunciato che il video

non è disponibile nel nostro Paese. Nonostante i con-

fini geografici in Internet non abbiano molto senso,

purtroppo nel mondo dei diritti d’autore le cose sono

molto diverse e così capita che certi contenuti siano

dati in licenza, con clausole che impongono ai siti web

che li ospitano di limitare l’accesso ai soli PC che si col-

legano dall’interno dei confini nazionali. Internet, però,

è appunto privo di veri confini ed esistono diversi modi

per far apparire il nostro PC come connesso da un’altra

parte del mondo.

Il sistema più classico è quello di utilizzare una VPN

(Virtual Private Network), una sorta di tunnel in cui da

una parte c’è il nostro dispositivo e dall’altra un server

localizzato nel Paese in cui vogliamo “comparire” e at-

traverso cui passa tutto il traffico. Con una VPN tipica-

mente il nostro traffico viene anche criptato e le nostre

comunicazioni rese anonime, ma ha lo svantaggio di

essere poco indicato per lo streaming e il download di

grossi quantitativi di dati, anche perché i servizi che ga-

rantiscono una buona larghezza di banda hanno anche

costi relativamente elevati. Un’altra classe di servizi

che ha sempre il beneficio di poter mascherare in qual-

che modo la nazionalità del nostro indirizzo IP è quella

degli Smart DNS, o meglio ancora Smart DNS Proxy

Server, come UnoTelly, servizio che abbiamo testato.

Un proxy intelligentePrima di illustrare nel dettaglio l’offerta di UnoTelly, ve-

diamo in cosa si differenzia rispetto a una normale VPN

uno Smart DNS. Un server proxy in linea di principio

può sembrare simile a una VPN: un server che si frap-

pone tra noi e il resto di Internet e attraverso cui faccia-

mo passare tutto il traffico. Rispetto a una VPN non è

generalmente criptato end-to-end e in più ha gli stessi

svantaggi per quanto riguarda la banda garantita. Gli

TEST UnoTelly è un provider smart DNS che permette di accedere senza restrizioni a servizi in genere bloccati in Italia

Internet è davvero senza confini, con UnoTellyCon UnoTelly è possibile accedere a contenuti online senza restrizioni geografiche, senza VPN, a meno di 4 euro al mese

Smart DNS come UnoTelly svolgono una funzione simi-

le, ma in modo più intelligente, in modo da garantire la

velocità della connessione che normalmente avremmo

e allo stesso tempo cambiare la geolocalizzazione del

nostro PC. In pratica il “trucco” consiste nel configurare

nelle impostazioni di rete un DNS speciale al posto di

quelli forniti dal nostro provider o altri DNS pubblici, in

grado di indirizzare su un apposito proxy solo le comu-

nicazioni rivolte verso un particolare servizio con bloc-

co regionale e solo per quei dati che rivelano l’origine

della nostra “chiamata”: il vero e proprio scaricamento

del video avviene direttamente. I vantaggi di questa

soluzione sono molteplici: non occorre installare alcun

software ad hoc, i DNS speciali possono essere confi-

gurati su qualsiasi dispositivo, non ci sono limiti sulla

nostra banda e, se i DNS sono configurati sul router

di casa, tutti i dispositivi sulla stessa rete potranno ac-

cedere a Internet senza restrizioni regionali. I contro

sono, invece, soprattutto due: il traffico non è criptato

come in una VPN e i siti “sbloccati” sono solo quelli

supportati dal fornitore del servizio di smart DNS.

L’offerta UnoTellyUnoTelly è un provider smart DNS che offre l’accesso

senza restrizioni a un gran numero di servizi usualmen-

te bloccati in Italia. La lista completa è lunghissima,

ma troviamo alcuni servizi molto chiacchierati come

Netflix, Hulu, Pandora, Vevo, Beats Music, BBC iPlayer,

Cracker, HBO Go e tanti altri ancora (l’elenco completo

è disponibile qui). Tra i servizi supportati c’è anche Sky

Go, opzione molto interessante per gli italiani con un

abbonamento a Sky e che si trovano spesso all’estero

per lavoro. UnoTelly offre due piani di abbonamento,

uno base da 4,95 dollari al mese che sblocca l’acces-

so a tutti i servizi supportati e una versione Gold che

include anche una vera e propria VPN per 7,95 dollari

al mese.

Il funzionamento del servizio è molto semplice: basta

inserire nelle impostazioni Internet del nostro dispo-

sitivo i DNS forniti da UnoTelly e il gioco è fatto. Se il

nostro ISP fornisce un IP fisso, dopo un primo login

segue a pagina 42

Questa è la schermata che più spesso incontriamo quando navighiamo sui siti dei broadcaster USA.

Uno smart DNS proxy, reindirizza automaticamente i pacchetti che individuano la nostra posizione.

Il pannello di controllo di UnoTelly, con tutte le informazioni per configurare il servizio.

lab

video

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torna al sommario 42

MAGAZINEn.98 / 1420 OTTOBRE 2014

su UnoTelly il servizio è configurato, altrimenti, perio-

dicamente, potrebbe essere necessario tornare sulla

pagina web per aggiornare il nostro indirizzo, ma basta

anche impostare un particolare bookmark che rende

l’operazione immediata. Lo stesso discorso vale se

utilizziamo il servizio da più connessioni (ad esempio,

casa e ufficio, oppure se ci troviamo all’estero). La cosa

interessante è che UnoTelly offre una funzionalità chia-

mata Dynamo che permette di scegliere, per alcuni

servizi, in quale Paese comparire.

Ad esempio, per Netflix è possibile esplorare il cata-

logo del servizio nei diversi Paesi in cui è disponibile

e non solo negli Stati Uniti, cambiando la nazionalità

da utilizzare dal pannello di controllo di UnoTelly. Chia-

ramente UnoTelly sblocca solo le restrizioni geografi-

che: poi occorre comunque un abbonamento ai singoli

servizi a cui si vuole accedere, e spesso ci sono limiti

di altro tipo, come il fatto che le carte di credito non

rilasciate negli Stati Uniti non sono accettate.

Funziona come promessoAbbiamo testato in diverse situazioni il servizio (non

ultima per la prova di Netflix in 4K) e dobbiamo dire

che UnoTelly mantiene tutto quanto promette o quasi.

A parte i video del sito AMC (volevamo tanto vedere

i teaser della nuova serie Better Call Saul, ma non ci

siamo riusciti!), abbiamo utilizzato con successo diversi

servizi come Netflix, Hulu, Pandora e i siti web di molti

network USA (ABC, CBS, NBC, ecc.), che danno la pos-

sibilità di guardare gratuitamente con pubblicità gli ulti-

mi episodi delle serie TV trasmesse negli Stati Uniti.

Abbiamo effettuato la prova anche su smartphone, ta-

blet, Apple TV, console, Smart TV e provato a imposta-

re i DNS anche sul router domestico, ottenendo sem-

pre un funzionamento perfetto dei servizi normalmente

bloccati. Ogni tanto è capitato di dover ricaricare una

pagina che al primo tentativo non funzionava, ma si è

trattato di casi isolati. Nessun problema per quanto ri-

guarda la banda a disposizione che, come promesso,

è quella della nostra connessione senza limiti di sorta,

come abbiamo ampiamente sperimentato per la nostra

prova di Netflix in Ultra HD.

Una pratica sul filo della legalità?UnoTelly funziona benissimo, ma sarebbe scorretto

pensare di essersi messi a posto del tutto con la co-

scienza, utilizzando un servizio come questo per sop-

perire alla mancanza di offerta nel nostro Paese come

alternativa alla pirateria. Anche se è vero che non stia-

mo scaricando illegalmente contenuti da una rete p2p

e magari stiamo effettivamente pagando per quello

che stiamo guardando su servizi come Netflix o Vudu,

è probabile che scavalcando le restrizioni geografiche

si stanno comunque violando i termini di servizio dei

siti a cui si accede. Inoltre, non è da escludere la vio-

lazione del copyright delle aziende che hanno acqui-

stato i diritti di sfruttamento dei contenuti in Italia: The

Walking Dead ad esempio in Italia è stato pagato pro-

fumatamente da Sky per l’esclusiva sul nostro territo-

rio, e l’emittente giustamente spera di avere un ritorno

dall’investimento nella forma di nuovi abbonati ai suoi

servizi. D’altro canto, l’utilizzo di servizi come UnoTelly

dubitiamo possa mai diventare “di massa”: occorre co-

munque una certa dimestichezza tecnica e soprattutto

i contenuti sono disponibili solo in lingua originale o

comunque mai in italiano. Si tratta di una materia molto

complessa e sulla quale puntiamo di tornare prossi-

mamente con un apposito approfondimento.

TEST

UnoTellysegue Da pagina 41

di Roberto PEZZALI

Adobe è pronta ad aggiungere a

Photoshop una serie di nuove fun-

zionalità rivoluzionarie: la possibi-

lità di rimuovere dalle foto la foschia e

soprattutto una funzione di editing che

permette di cambiare dinamicamente

l’ora del giorno in cui la foto è stata scat-

tata gestendo contemporaneamente

tutte le luci dello scatto. Adobe le ha mo-

strate all’Adobe Max, la convention an-

nuale di Adobe per i partner, ed è soprat-

tutto la seconda novità che ha strabiliato

la platea, ovvero la possibilità di variare

facilmente l’ora dello scatto per trasfor-

mare una foto scattata di giorno in una

foto notturna e viceversa. Adobe ha ana-

lizzato nel dettaglio oltre 400 timelapse

scaricati da Internet analizzando come

cambiano le luci nel corso della giorna-

ta e cercando di ricostruire un modello

matematico che si potesse adattare alla

maggior parte delle foto.

Il cambio, ovviamente, non è solo le-

gato alla luminosità ma anche ai colori,

alla temperatura colore e a molti altri

elementi, e come si può capire non è

affatto facile. Soprattutto perché Adobe

non vuole realizzare un semplice effet-

to giorno / notte, ma inserire una sorta

di orologio che ci permette di spostare

proprio il tempo su ogni singola foto.

L’effetto è visibile in questo video.

La seconda funzione interessante è il

“defog”, ovvero la rimozione della fo-

schia delle foto. Secondo Adobe un

nuovo algoritmo realizzato analizzando

l’impatto della nebbia e della foschia

su un migliaio di foto ha permesso di

ottenere risultati decisamente migliori

rispetto alle classiche tecniche di ritoc-

co che contemplano la regolazione di

curve e contrasto. Ecco un video.

FOTOGRAFIA Durante Adobe Max, la convention annuale, presentate nuove funzionalità. Tra l’altro via anche la foschia dalle foto

Miracoli di Photoshop: a breve cambierà l’ora alle fotoTra le funzioni sperimentali un innovativo slider per cambiare l’ora alle foto: dal giorno alla notte e dalla notte al giorno

A destra in alto, la funzione per cam-biare il momento in cui la foto è stata

scattata. Qui a fianco, la funzione defog, per rimuovere la foschia.