Museo ls cat cap 1 - spazio la stampa 2014-05_16_ese

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La StampaIl tempo ritrovato

COMITATO SCIENTIFICOMario Calabresi, Lodovico Passerin d‘Entrèves,Vittorio Sabadin, Alberto Sinigaglia, Luigi Vanetti

PROGETTO EDITORIALESergio Bonelli coordinatore del progettoFederico Bollarino art directorRenzo Comoglio autore dei testi e delle ricerche storicheChristophe Romeo Berthomme Kerleau curatore editoriale

CON IL CONTRIBUTO DISimone Accetta, Paolo Auteri, Marco Bardazzi, Cristina Caccia, Laura Carassai, Fulvio Cerutti,Angelo Conti, Simonetta Conti, Dario Corradino, Patrizia Degola, Marco Este, Massimo Gramellini,Fausto Graniero, Roberto Gritella, Stefania Imarisio, Giovanni Mastrogiacomo, Mauro Ottaviani,Federico Reviglio, Giovanni Maria Ricci, Marco Rosso

PROGETTO GRAFICOMark&Thing Srl / Claym Snc - Torino

FOTOPaolo Gho, Michelangelo Filippi, Adriano BacchellaReporters, Ansa, LaPresse, Archivio La Stampa

Si ringraziano per la disponibilità nella ricerca e condivisione di contributi storici:Stefano Benedetto, Anna Maria Stratta e Giuseppe Toma (Archivio Storico Città di Torino) Rosanna Chiellino (Biblioteca Storica della Provincia di Torino)Pier Luigi Bassignana (Archivio Storico AMMA) Maurizio Torchio, Massimo Castagnola e Alberta Simonis (Centro Storico Fiat) Alberto Barbera, Nicoletta Pacini, Tamara Sillo e Jenny Bertetto (Museo Nazionale del Cinema di Torino)Alessandro Bracco e Giorgio Coraglia (Museo Civico della Stampa di Mondovì) Gianluigi Montresor (collezione privata), Gianfranco Guerrina

PARTNEREidosMedia SpA - Milano

© 2014 Editrice La StampaVia Lugaro 15, Torinowww.lastampa.it

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La StampaIl tempo ritrovato

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I giornali vivono nel tempo presente. Nei “quotidiani” cerchiamo e troviamo

i fatti, gli avvenimenti, i protagonisti di oggi, raccontati in modo nuovo ogni

giorno, anzi anche più volte al giorno, grazie ai siti web e alla presenza sui

social network. Per questo può sembrare improprio o persino bizzarro che

La Stampa, primo giornale al mondo, abbia raccolto la sua storia in un museo,

per giunta proprio nel cuore della sua nuova sede, moderna e tecnologica

come si conviene ad un luogo dove si concentra e si produce informazione.

Ma il paradosso è solo apparente: la verità è che da sempre La Stampa vuole

guardare avanti, al futuro e a quello che sarà, senza però trascurare ciò che

è stato, cioè la propria storia e le proprie radici. Memoria storica e interesse

per il futuro definiscono l’identità del giornale, come due fili continui che si

intrecciano e insieme ne costituiscono il dna.

Tra le tante immagini raccolte in questo catalogo, c’è una prima pagina de

La Stampa che mi ha colpito in modo particolare e che spiega meglio di molte

parole questa compresenza di passato e futuro: è quella del 9 febbraio 1967,

la trovate a pagina 135. Nel giorno in cui La Stampa celebrò il centenario della

propria fondazione, fu annunciata anche la costruzione di una nuova sede,

più moderna e capace di affrontare le sfide che si stavano delineando. E così

oggi su quella prima pagina accanto all’articolo dedicato al primo numero di

una testata che ha raccontato un secolo della nostra storia, si può leggere un

pezzo completamente diverso, che parla di automazione, tecnologie e solu-

zioni architettoniche innovative, con tanto di plastico del nuovo immobile,

restato in funzione fino al 2012.

E non è certo l’unico esempio: basti pensare all’archivio online del giornale, il

più completo in Italia e tra i migliori al mondo, che raccoglie tutte le pagine

del giornale pubblicate dal 1867 in poi, completamente digitalizzate e offerte

in libera consultazione a chiunque, attraverso un’interfaccia semplice e imme-

diata. Un felice matrimonio di storia e innovazione tecnologica che costituisce

l’ideale completamento di questo catalogo e del Museo Spazio La Stampa.

IntroduzioneJohn Elkann, presidente Editrice La Stampa

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Mai come oggi il mondo dei giornali ha dovuto affrontare le sfide del

cambiamento, per rispondere a nuovi modi di raccogliere, elaborare e di-

stribuire informazione. Nel giro di pochi anni l’evoluzione tecnologica ha

rivoluzionato il settore: informarsi non è mai stato così facile e immediato,

grazie a prodotti e servizi sofisticati e accattivanti. Allo stesso tempo, però,

modelli industriali consolidati sono diventati improvvisamente obsoleti e

devono oggi sperimentare soluzioni inedite e soprattutto sostenibili nel

lungo periodo, unica vera garanzia di indipendenza.

In questa sfida, che vede ugualmente impegnati editori e giornalisti, mi

piace pensare che il Museo Spazio La Stampa possa dare un contributo

utile, non solo simbolico: collocato accanto alla redazione, nel luogo cioè

dove ogni giorno viene inventato un nuovo giornale, il nostro passato ci

stimola a trovare nuove idee e nuove soluzioni, nell’interesse ultimo dei

lettori.

Si dice che un giornale debba essere lo specchio della realtà, riportando fe-

delmente i fatti. Nel caso de La Stampa è molto di più. Il giornale rispecchia

infatti anche i suoi lettori, la sua gente: orgogliosa delle proprie radici, ma

da sempre aperta al mondo e curiosa di capire il futuro.

Ed è proprio a loro, ai lettori del nostro giornale e dei giornali che guarda-

no al futuro, che questo catalogo è dedicato.

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Il mestiere che facciamo è cambiato pochissimo per oltre un secolo: i suoi riti

e i suoi tempi erano gli stessi della società. I giornali avevano la forza e il com-

pito di scandire il ritmo dei fatti, delle giornate, di lanciare i dibattiti e avevano

l’esclusiva del racconto del mondo.

Poi tutto è cambiato, le fonti di informazione si sono moltiplicate e, negli

ultimi dieci anni, il ritmo è accelerato enormemente arrivando – a causa del

sommarsi del cambiamento tecnologico e della crisi economica – a stravolgere

il nostro mondo. Di fronte a queste novità inaspettate, il pericolo era quello

di ritrovarsi in luoghi irriconoscibili, orfani di identità o pieni di nostalgia. Mi è

capitato in questi anni di tornare più volte a visitare la redazione del quotidia-

no americano Miami Herald, e anno dopo anno ho trovato stanze abbando-

nate, spazi vuoti, un pezzo chiuso per volta, come una cattedrale del tempo

perduto.

Questo era il rischio anche per noi. Abbiamo avuto invece la forza di trasfor-

marci, di costruire una nuova redazione, un luogo che parlasse di futuro, che

indicasse un progetto, che fosse la casa del giornalismo di oggi e di domani.

Una redazione dove l’integrazione fosse naturale, la circolazione delle idee

reale, lo spazio televisivo non uno spazio ricavato in un angolo, ma un’oppor-

tunità vera da cogliere in ogni momento.

E siamo riusciti in un’impresa di non poco conto: andare a star meglio rispar-

miando. La ricetta ideale in tempi di crisi come questo. Anche perché questo

luogo è bello: non sta scritto da nessuna parte che nel cambiamento e nella

necessità di spendere meno sia necessario ripiegarsi e intristirsi. Ci si può an-

che trasformare in meglio. “La bellezza salverà il mondo”, ha scritto Dostoev-

skij, ed è una convinzione di cui pure Steve Jobs aveva fatto il proprio mantra.

Questa sede è la nostra scommessa sul bello – per ora riuscita.

E il passato, anziché rimuoverlo o viverlo come un intralcio imbarazzante fon-

te di malinconie, abbiamo deciso di celebrarlo nella maniera più degna: con

orgoglio. Per questo è nato il museo de La Stampa. Quando l’ho proposto la

prima volta sembrava, anche a me mentre lo dicevo, una cosa un po’ bizzar-

ra. Poi è fiorito, insieme a questi spazi, riempiendosi di senso e diventando il

primo museo di un quotidiano che io conosca.

Oggi, quello tra il futuro della redazione e la memoria del museo, è un viaggio

unico che riempie di emozione e regala il senso di una storia che prosegue da

147 anni.

Un viaggio unico tra memoria e futuroMario Calabresi, direttore responsabile de La Stampa

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Quando si fanno i traslochi, capita sempre di trovare al fondo di un cassetto

qualcosa che si ignorava di possedere, o di cui si erano perse le tracce. Anche

durante il trasloco de La Stampa da via Marenco a via Lugaro è capitato qual-

cosa del genere. Conservati in cartelle di cartone ricoperte di polvere, c’erano

i biglietti, le lettere, i telegrammi che i vari direttori si sono scambiati con gior-

nalisti e collaboratori dagli anni Cinquanta ai Settanta. Migliaia di fogli e di

veline scritte a macchina o a mano, pinzati e catalogati da un esercito di segre-

tarie perché nessuna memoria di quanto avveniva ogni giorno andasse persa.

La lettura di questi documenti, parte dei quali esposti nel museo de La Stam-

pa, è un fantastico viaggio nel passato del giornale e in un modo di fare il

giornalista che telefonini e computer hanno spazzato via.

I dossier partono dai tempi di Giulio De Benedetti, che dal 1948 guidò il gior-

nale per vent’anni. La sua riconosciuta grandezza come direttore era pari

solo alla perfidia, e nessuno poteva sedersi al mattino alla scrivania sicuro che

avrebbe conservato il posto fino a sera. Si racconta che uscisse dall’ascensore

della sede di via Roma lasciando cadere il cappotto che indossava appoggiato

sulle spalle, e che un usciere dovesse sempre essere pronto a prendere l’indu-

mento al volo. All’epoca, telefonare da una città all’altra era molto complicato

e richiedeva ore di attesa per avere la linea. Era dunque più comodo inviare

telegrammi e i telegrammi di De Benedetti, sempre così avari di complimenti,

rivelano un’attenzione maniacale ai dettagli, cosa che spiega l’elevata qualità

del giornale che diresse. Uno dei telegrammi del 1955, indirizzato al capo

della redazione romana Vittorio Gorresio, dice e minaccia: “Gazzetta [del Po-

polo] ricevuto foto Adenauer a Mosca prima di noi malgrado nostre continue

sollecitazioni. Prego segnalare nome responsabile. Cordialità”. Un altro te-

legramma, sempre a Gorresio: “Servizio di […] insensato stop. Invece della

cronaca ci ha inviato un inutile articolo. Abbiamo dovuto ricorrere all’Ansa

stop. Provvedere per i prossimi giorni”.

Tra le lettere inviate a De Benedetti ce n’è una, commovente, di Massimo

Mila, l’ex partigiano che aveva studiato al D’Azeglio con Cesare Pavese, Leone

Ginzburg e Norberto Bobbio e che sarebbe diventato il più grande musico-

logo italiano. Su un foglietto grigio che reca come intestazione una frase di

Voltaire – “Ho il cuore profano e so conoscermi, non mi vanto di non vedermi

mai prete” – Mila scrive nel 1967 con una penna stilografica la lettera con la

quale accetta il ruolo di critico musicale del giornale: “Spero di poter coprire

degnamente il posto al quale ha dato tanto prestigio l’opera di Della Corte, e

che lei sarà contento di me. […] Per parte mia non chiedo che una cosa, una

bagatella da niente: la completa libertà delle mie opinioni”. E anche il totale

rispetto del modo di esprimerle, visto che, quando nel 1976 un redattore si

permette di ritoccare un suo pezzo, Mila scrive indignato all’allora direttore

La Stampa, il tempo ritrovatoVittorio Sabadin, editorialista de La Stampa

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Arrigo Levi: aveva iniziato il testo con uno scherzoso “l’è dura” che è stato

sostituito con un osceno e impettito “è duro”. E poi aggiunge: “Alla frase «la

piazzetta che a Giuseppe Verdi s’intitola» qualcuno si impanca e corregge,

con prosa da rogito catastale, «la piazzetta che s’intitola a Giuseppe Verdi»”.

La stessa allergia agli interventi redazionali era tipica di Igor Man, il grande

inviato che era capace di inondare di pagine e pagine di proteste quelli che

definiva i “cruscaioli” della redazione Esteri, che avevano osato correggere un

“per dirla spiccia” con “in parole povere”, oppure “codesta concezione” con

“questa concezione”.

Tra i documenti, c’è il carteggio tra Leonardo Sciascia, Levi e il vicedirettore

Carlo Casalegno, nel quale lo scrittore siciliano propone di pubblicare a pun-

tate su La Stampa la storia di Ettore Majorana, lo scienziato misteriosamente

scomparso nel 1938. [...] Qualche mese dopo propone un altro lavoro basato

su documenti e manoscritti che riguardano la vita di monsignor Angelo Ficar-

ra, vescovo di Patti. “Alcuni di questi documenti – scrive Sciascia – recano la

dicitura «sub secreto S. Officii» con l’esplicitazione che chiunque ne divulghi

il contenuto cade nella scomunica maggiore da cui soltanto il Papa può assol-

vere. Oltre che disposto a pubblicare il mio scritto, lei dovrebbe quindi essere

disposto a prendersi la scomunica”. Gli risponde Carlo Casalegno: “Levi ac-

cetta con gioia il suo racconto. Né lui né i suoi colleghi, sottoscritto incluso,

temono la scomunica”.

Decine le lettere di Mario Soldati, scritte con calligrafia illeggibile, che si in-

curvava verso destra sul finire della pagina. Venivano ribattute a macchina

dalle segretarie prima di consegnarle al direttore. Ci sono le corrispondenze di

Giovanni Arpino, compresa la lettera a Alberto Ronchey con cui si proponeva

come collaboratore: “Forse ha sentito parlare di me, ho scritto alcuni libri...”.

E c’è il terribile, tranciante telegramma che Enzo Biagi scrisse a Giulio De Be-

nedetti, il giorno dopo l’uccisione del presidente americano John Kennedy a

Dallas, nel novembre del 1963. Biagi si trovava in America e scrisse un articolo

su come la televisione americana aveva dato l’annuncio e sulle reazioni dei

telespettatori che si trovavano nella sala. De Benedetti sentenziò che il servizio

era mediocre e lo fece pubblicare in una posizione umiliante, sotto quello del

corrispondente. Quando lo venne a sapere, Biagi mandò questo telegramma:

“Pregoti considerarmi dimissionario data odierna – saluti Biagi”.

Impressionante la documentazione sui viaggi di Igor Man in Vietnam, in Sud

America, in Medio Oriente, nelle zone calde dell’impero sovietico. In un’epoca

priva di e-mail e di telefoni satellitari, traspare l’angoscia della lontananza e

dell’impossibilità di comunicare con la redazione. Durante la Guerra dei Sei

Giorni, nel giugno del 1967, trasmette disperato nella notte da un hotel del

Cairo: “Telegrafato ieri servizio nove cartelline ignoro se ricevuto stop. Atteso

invano telefonata stop...”.

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SommarioSommario

IL MUSEO Il meglio della nostra storia 19

Spazio La Stampa 17

La Stampa tra memoria e futuroLA NOSTRA STORIA i presidenti, le sedi, i direttori, le testate 42

1867-1880 Frangar, non flectar 45

1881-1900 Dalla Gazzetta Piemontese a La Stampa 61

1901-1920 La Stampa cresce 75

1921-1938 La Stampa tra le due guerre 91

1939-1945 La Stampa e la guerra 113

1946-1960 La ricostruzione 119

1961-1980 I grandi cambiamenti 131

1981-2000 Il cambiamento accelera 155

2000-2010 Come cambia un quotidiano rimanendo se stesso 179

Dal 2001 il futuro è quotidiano 201

41

SESSANT’ANNI con l’edizione pomeridiana 221

La Stampa della sera 219

La notizia corre veloceTESTI IN CODICE Dai “dispacci elettrici privati” al telefax 233

IL TELEFONO Dalla viva voce degli inviati 241

LA TELEFOTO Le immagini corrono via cavo 245

L’ERA DELLE RETI Dalla posta pneumatica al world wide web 249

STAZIONI MOBILI Le automobili per raccontare i fatti 253

231

INDICE COMPLETO A PAGINA 376

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SommarioDall’era del piombo all’era digitale

SCRIVERE COL PIOMBO Gutenberg, Mergenthaler, l’ultima pagina alla Linotype 259

L’ELETTRONICA IN REDAZIONE La fotocomposizione, la videoimpaginazione 271

257

Si va in stampa 279

ALLE ORIGINI Dalle macchine a foglio alle rotative tipografiche 281

LE ROTATIVE OFFSET Lo stabilimento di via Giordano Bruno 286

Tutti i giorni in edicolaIL FACSIMILE per la diffusione in Italia e all’estero 299

LA DIFFUSIONE Il giornale nelle edicole e per le strade 303

I VEICOLI per la distribuzione 307

ABBONAMENTI e formule promozionali 313

297

I direttori de La StampaUN UOMO AL COMANDO Cronologia e biografie 329

327

Le “grandi fi rme”GIORNALISMO D’AUTORE Biografie, articoli, cimeli 339

337

INDICE COMPLETO 376

BIBLIOGRAFIA Fonti, cataloghi e archivi 382

Appendici 375

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Spazio La Stampail meglio della nostra storia

immagini , testimonianze, parole

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19spazio la stampa

1.1Presentando ai lettori l’innovativa sede in cui il giornale si è appena trasferito,

il 9 settembre 2012 il direttore Mario Calabresi osserva:

Ogni viaggiatore che si rispetti si porta sempre dentro un pezzo delle sue radi-

ci, un amuleto capace di ricordargli da dove viene e in che cosa crede.

Per questo nel cuore del giornale ci sarà un museo in cui raccontare il meglio

della nostra storia, le immagini, testimonianze, parole, di 145 anni di vita

del Paese. [...] il cambiamento è l’unica possibilità credibile quando il futuro

sembra incerto e difficile. Vale sempre la pena di reinventarsi, senza però di-

menticare chi siamo.

È l’annuncio della nascita di “Spazio La Stampa”: il primo museo in Italia e

nel mondo dedicato alla storia di un giornale, se si esclude il Newseum di

Washington che contempla in modo trasversale il tema dell’informazione. La

vita di un quotidiano è frenetica quanto effimera poiché le notizie invecchiano

rapidamente e l’attualità incalza, l’attenzione e l’energia di chi lavora alla sua

redazione è sempre volta al futuro.

Il meglio della nostra storia, immagini, testimonianze, parole

Il museo

L’idea

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20 spazio la stampa

Alcuni importanti giornali hanno conservato ricordi del loro passato, ma si

tratta di oggetti, documenti che, in modo un po’ casuale, li hanno seguiti nei

vari traslochi; altri non hanno portato nulla. La Stampa fa una scelta diversa:

il museo occupa uno spazio centrale nella nuova sede, accanto alle due re-

dazioni e a contatto con l’esterno, aperto alla visita dei lettori di ogni età, del

passato e del futuro.

Per la realizzazione vengono formati un comitato scientifico e uno tecnico,

con l’obiettivo di costruire un percorso espositivo in grado di esprimere l’evo-

luzione che La Stampa ha compiuto dal 1867 e che prosegue ogni giorno.

Un primo obiettivo è da subito chiaro a tutti, fin dalla scelta del nome: “Spazio

La Stampa”, perché non sia un luogo autocelebrativo e didascalico, ma agile,

vivo, affascinante.

Un luogo dove tutti possano cogliere le diverse sfaccettature di cui si compo-

ne un giornale, il lavoro delle tante professionalità e il senso di una storia che

affonda le sue radici nella vita di Torino e del Paese.

Chi visita il museo deve compiere una sorta di coinvolgente ed emozionante

itinerario nel tempo: passato, presente e futuro del giornale, simbolo di co-

municazione per eccellenza, la cui storia si intreccia inevitabilmente con avve-

nimenti e notizie che appartengono al mondo. Un organismo vivo, mutevole,

in cui il visitatore possa sperimentare in prima persona alcuni momenti del

lavoro in redazione.

Il 29 ottobre 2012 viene ufficialmente inaugurata a Torino, nel centro direzio-

nale di via Lugaro 15, la nuova sede del quotidiano. Il presidente dell’Editrice

La Stampa John Elkann e il direttore del quotidiano Mario Calabresi presen-

tano agli ospiti intervenuti la nuova redazione e il museo: Spazio La Stampa

è realtà.

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22 SPAZIO LA STAMPA

1.2La Stampa ha una lunga tradizione di visite guidate nei luoghi in cui nasce il

giornale, con una particolare attenzione ai giovani, ma mancava sino a questo

momento un percorso aperto a tutti che ricostruisse l’evoluzione storica del

giornale, che permettesse di capire quale impegno umano, quali sforzi eco-

nomici e gestionali si siano dovuti affrontare nelle diverse epoche per portare

velocemente le ultime notizie ai lettori.

La svolta epocale di una nuova e moderna sede crea l’occasione per ritrovare

memorie del passato e per guardare alla propria storia, identità da conservare

e da raccontare ai lettori e all’intera comunità.

Spazio La Stampa occupa 200 metri quadrati, una superficie ridotta per ospi-

tare quasi 150 anni di storia, ma un percorso espositivo è soprattutto comu-

nicazione: non solo cimeli, ma storie, di persone, giornalisti e poligrafici, di

mezzi tecnici, di visioni verso il futuro.

La logica narrativa che guida la struttura dello spazio museale è quella più

naturale per il lettore: il percorso è suddiviso in sezioni che corrispondono alle

varie fasi della nascita di un giornale, dalla notizia che deve giungere in reda-

zione il più rapidamente possibile sino al momento in cui il quotidiano arriva

in edicola e alla pubblicazione sui nuovi strumenti multimediali.

Nei vari ambienti il visitatore incontra grandi schermi interattivi che gli con-

sentono di interagire con i contenuti proposti, adattandoli ai propri interessi e

alle proprie curiosità, poiché il museo si rivolge a tutti, adulti, bambini, lettori

affezionati del quotidiano su carta e lettori del futuro, “nativi digitali”.

Il progetto

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1.3La struttura

Il museo è diviso in nove sezioni: si tratta di spazi molto caratterizzati e diversi

tra loro, che ricreano i vari ambienti della vita del giornale, all’interno dei quali

cimeli e documenti originali trovano posto nel loro giusto contesto.

Il percorso si apre con una breve storia del giornale, dei suoi fondatori e degli

edifici che l’hanno ospitato. Domina su tutto il motto voluto fin dall’origine e

al quale La Stampa è da sempre fedele: ”Frangar, non flectar”, ”mi lascerò

spezzare, ma non piegare” (concetto ispirato, tra le varie fonti classiche, da

Orazio, Odi, III, 3), a indicare la ferma e incrollabile adesione ai propri principi.

La vita di un quotidiano ha inizio dalle notizie che provengono dal mondo e

che devono giungere in redazione nel tempo più breve possibile: uno spazio è

quindi dedicato all’evoluzione delle tecnologie, dal telegrafo a Internet, che ne-

gli anni hanno sempre consentito di affermare che “la notizia corre veloce”.

Si prosegue con “le prime pagine”, attraverso cui il visitatore può rileggere i

grandi fatti storici: guerre, catastrofi, personaggi, imprese sportive, eventi che

hanno segnato un’epoca scorrono su schermi touchscreen, facendo rivivere

il passato attraverso il linguaggio e lo spirito del tempo in cui sono avvenuti.

Per i più curiosi giunge il momento di occuparsi di come nasce “il menabò del giornale”. Si tratta di uno spazio con un’impronta più didattica, per ac-

compagnare il visitatore alla scoperta del lessico di settore e delle figure pro-

fessionali che lavorano alla creazione del giornale. L’applicazione interattiva

al centro della sezione consente ad ognuno di organizzare la propria prima

pagina e di confrontarla poi con quella realmente pubblicata.

Un quotidiano è fatto in primo luogo dagli uomini che vi lavorano: la sezione

“grandi firme” è dedicata ai direttori e ai giornalisti che nel tempo hanno

dato a La Stampa fama e autorevolezza. Si tratta di articoli, documenti, cimeli,

notizie che ci permettono di conoscere meglio queste grandi personalità e ci

restituiscono attuale e intatto il senso del loro lavoro.

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Completa la sezione la ricostruzione simbolica dell’ufficio del direttore,

ambientata fra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’epoca del leggendario Giulio

De Benedetti, che guidò il giornale per vent’anni.

L’ambiente successivo è dominato da una vera protagonista del museo, una

grande, funzionante e rara Linotype, che suscita stupore e interesse tra i visi-

tatori. Si tratta di una delle macchine più complesse mai costruite dall’uomo,

usata per quasi un secolo per comporre in piombo i testi degli articoli. In

questo settore si ripercorre infatti l’evoluzione dei sistemi di stampa e impagi-

nazione, “dall’era del piombo all’era digitale”.

Il quotidiano, composto con tecniche antiche o moderne, deve essere stam-

pato: “si va in stampa” è dunque la sezione del museo in cui si riassume

l’estrema complessità delle colossali macchine tipografiche che nel breve arco

di una notte permettono di produrre centinaia di migliaia di copie.

A questo punto il giornale deve raggiungere i lettori “tutti i giorni in edico-la”: la sezione delinea la rete efficientissima di mezzi di trasporto e la comples-

sa organizzazione che sfidano ogni notte difficoltà di tutti i generi per arrivare

nelle edicole del Paese alle prime luci dell’alba.

Un ambiente circolare presenta La Stampa di oggi. Un tour virtuale illustra

la nuova redazione, dove ogni giorno nasce l’edizione del giornale su carta

e quella per il web, gli smartphone, i tablet e i social network: è “il giornale del futuro”.

Anche “La Stampa della sera“ trova il proprio spazio: qui è narrata la nascita

e l’evoluzione del giornale del pomeriggio dal 1931, inizio delle pubblicazioni,

al 1992, anno della sua chiusura.

Al termine il visitatore incontra l’area “bookshop” dove può trovare oggetti,

libri e documenti riferiti al museo e a tutto ciò che ruota intorno al giornale.

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1.4Spazio La Stampa si propone come luogo di promozione culturale, in stretto

collegamento con i suoi lettori e con il territorio, attento alle sollecitazioni che

vengono dalla storia e dall’attualità e capace di svelare le mete future. Un per-

corso non fine a se stesso, ma in continua evoluzione e aggiornamento, per

condividere con i visitatori il momento storico che si sta vivendo.

Tutta l’attività del museo, nelle sue varie iniziative, è orientata in questo senso.

Il percorso museale vero e proprio comprende uno spazio per mostre tem-

poranee nelle quali, in occasione di speciali ricorrenze, vengono esposte le

pagine più significative dedicate dal giornale all’argomento e in alcuni casi

cimeli originali.

Il grande patrimonio di informazioni contenute nell’Archivio Storico consente

infatti di costruire percorsi di rilettura delle cronache del tempo, riportando

alla luce pagine del quotidiano che hanno fatto la storia.

La prima di queste mostre è “La Stampa e la Shoah”, allestita in occasione

della Giornata della Memoria 2013. Dall’archivio del quotidiano sono estratte

le pagine dell’epoca più significative: dalla proclamazione delle leggi razziali

in Italia e in Germania ai ricordi dei sopravvissuti. Per l’occasione è esposta la

casacca di un deportato del lager di Auschwitz, dono di Primo Levi all’ANED

(Associazione Nazionale Ex Deportati).

Le mostre tematiche e il “museo itinerante”

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In occasione dell’elezione di Papa Francesco, avvenuta il 13 marzo 2013, è al-

lestita la mostra “I Papi de La Stampa”, nella quale trovano spazio le storiche

prime pagine che annunciano l’elezione dei Papi, da Leone XIII a Francesco.

Il 60° anniversario della nascita della televisione italiana, avvenuta il 3 gennaio

1954, offre lo spunto per la mostra “60 anni di TV con La Stampa”, unico

quotidiano in Italia che nel 1958 inaugura la prima rubrica di critica televisiva.

La mostra rispolvera alcuni programmi e personaggi che hanno fatto la storia

della televisione italiana, riproponendo i commenti dell’epoca di Ugo Buzzolan

e di Alessandra Comazzi, che dal 1990 cura sul giornale la rubrica Tivù&Tivù.

L’esperienza delle mostre temporanee dimostra la grande utilità del patrimo-

nio storico e documentale dell’archivio de La Stampa. Grazie a questo stru-

mento il museo diviene “itinerante” e nuovi percorsi storici a tema trovano

spazio anche in contesti espositivi diversi dalla sede del giornale.

Presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in occasione delle elezioni

presidenziali americane 2012, è allestito il percorso “For President”, che

ospita la riproduzione delle prime pagine del giornale riportanti la notizia delle

elezioni dei presidenti americani, da Simpson Grant nel 1869 a Barack Obama.

Il Salone del Mobile di Milano e le celebrazioni per i quarant’anni dell’inau-

gurazione del nuovo Teatro Regio di Torino danno l’occasione per costruire

altri percorsi storici tematici, rispettivamente sul design e sulla lirica a Torino.

È la logica del “museo diffuso”, che consente di fare informazione e cultura

in luoghi diversi dallo spazio museale, raggiungendo un numero sempre più

ampio di persone e promuovendo l’interesse per il museo vero e proprio.

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1.5Un museo esce dalla dimensione celebrativa e diventa spazio vivo ed emozio-

nante attraverso la presenza di chi lo visita e si accosta ai suoi contenuti.

Il 29 ottobre 2013, a un anno esatto dall’inaugurazione, Spazio La Stampa ha

raggiunto il numero di 20.213 visitatori, persone di ogni età e provenienza.

La Stampa ha sempre avuto una lunga tradizione di visite al giornale da parte

delle scuole. Ora la visita al quotidiano ha guadagnato efficacia dal punto

di vista didattico: circa la metà degli accessi sono quelli di bambini e ragazzi

delle scuole, che in molti casi diventano “guide” per i genitori. La presenza

delle scuole, dal quarto anno delle elementari all’ultimo delle superiori, è in

continua crescita, tanto da suggerire la realizzazione di laboratori didattici, i

cui materiali di lavoro sono personalizzati da una mascotte, Edy Editor, che

accompagna i ragazzi a comprendere il magico mondo del giornale.

Lungo il percorso del museo si incontrano bambini e adulti, giovani e anziani,

singoli individui o gruppi per visite guidate: la varietà dei contenuti proposti e

la costante possibilità di interagire con essi consentono a ciascuno di seguire

i propri interessi e spesso anche di “giocare” con le notizie, entrando nel vivo

del lavoro di giornalisti e tecnici. Quando poi la visita guidata prosegue dal

museo verso la redazione e lo stabilimento di stampa, l’emozione si completa

nel ricevere la copia del giornale “caldo” di stampa.

Periodicamente la redazione del quotidiano riceve la visita di figure politiche

istituzionali, di personaggi famosi della cultura, dello sport, dello spettacolo.

Ne è stato un autorevole esempio la visita, il 24 gennaio 2013, del presidente

della Repubblica Giorgio Napolitano che, accompagnato dal direttore Mario

Calabresi, ha ripercorso la storia del quotidiano attraverso le sale del museo.

Le foto di questi visitatori illustri sono allineate in una galleria, quasi a creare

una sorta di ideale vicinanza tra tutti coloro che, nel tempo e in modi diversi, si

sono accostati alla complessa vita del giornale e ne hanno condiviso il fascino.

i visitatori: dai ragazzialle celebrità

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Nella pagina precedenteGiorgio Napolitano in visita a Spazio La Stampa il 24 gennaio 2013 (foto © Reporters).

In questa paginaBetsy Hoover e Michael Slaby, consiglieri per la campagna elettorale digitale di Barack Obama, a Spazio La Stampa

il 24 settembre 2013. Uto Ughi in visita al museo il 22 gennaio 2014 (foto © Reporters).

A destraL’attore Giancarlo Giannini si sofferma davanti alla casacca donata da Primo Levi all’ANED ed esposta in occasione

della mostra “La Stampa e la Shoah” (foto © Reporters).

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