MOTIVAZIONE E LAVORO SOCIALE - provincia.pisa.it stampa cooperative sociali.pdf · un mercato del...
Transcript of MOTIVAZIONE E LAVORO SOCIALE - provincia.pisa.it stampa cooperative sociali.pdf · un mercato del...
MOTIVAZIONEE LAVORO SOCIALELe condizioni di lavoro nelle cooperative sociali
in provincia di Pisa
Provincia di Pisa
OSSERVATORIOPER LE
POLITICHE
Provinciadi Pisa
Gabriele Tomei (Università di Pisa): Coordinamento scientifico
Elisa Matutini (Università di Pisa): Raccolta dati, cap. I e par. 3.1
Daniele Baggiani: Introduzione, Cap. II, Conclusioni
Claudia Berni: Coordinamento generale, raccolta dati; par. 3.2 capp. 1, IV, V, VI, Conclusioni
INDICE
INDICE............................................................................................................................................................3
PREFAZIONE.................................................................................................................................................5
INTRODUZIONE ..........................................................................................................................................7
PARTE PRIMA LE COOPERATIVE E IL MERCATO DEL LAVORO ...................................................11
CAPITOLO I IL QUADRO INTRODUTTIVO.......................................................................................... 13 1.1 NASCITA E SVILUPPO DELLE COOPERATIVE SOCIALI .............................................................................13 1.2 LE DIMENSIONI ODIERNE DELLA COOPERAZIONE: IL QUADRO NAZIONALE ...........................................14 1.3 IL PANORAMA REGIONALE.....................................................................................................................17 1.4 IL PANORAMA PROVINCIALE.................................................................................................................19
CAPITOLO II SERVIZI PUBBLICI E SERVIZI SOCIALI, ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO.... 23 2.1. LA STRUTTURA PUBBLICA DEL MERCATO DEL LAVORO SOCIALE..........................................................23 2.2 PROBLEMATICHE EMERGENTI: FLESSIBILITÀ E PRECARIATO.................................................................25 2.3 IL LAVORO TRA PARI OPPORTUNITÀ E SERVIZI SOCIALI.........................................................................26
CAPITOLO III OGGETTIVO E SOGGETTIVO, PUNTI DI VISTA A CONFRONTO......................... 29 3.1 IL LAVORO IN COOPERATIVA .................................................................................................................29
3.1.1 La componente femminile ................................................................................................................29 3.1.2 I lavoratori svantaggiati ..................................................................................................................32 3.1.3 Il ruolo dei volontari ........................................................................................................................33
3.2 QUALITÀ E MOTIVAZIONE......................................................................................................................34 3.2.1 La qualità del lavoro........................................................................................................................34 3.2.2 La motivazione al lavoro .................................................................................................................36
PARTE SECONDA L’INDAGINE E I RISULTATI.................................................................................. 39
CAPITOLO IV GLI OBIETTIVI E LO STRUMENTO............................................................................. 41 4.1 SCOPI E MODALITÀ ................................................................................................................................41 4.2 L’INTERVISTA AI LAVORATORI E AI DIRIGENTI ..............................................................................................42
CAPITOLO V I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI LAVORATORI ..................................................... 45 5.1 LA STORIA LAVORATIVA ................................................................................................................................45
5.1.1 L'ingresso in cooperativa e la motivazione .....................................................................................45 5.1.2 Il percorso in cooperativa................................................................................................................47
5.2 LA SODDISFAZIONE................................................................................................................................49 5.2.1 I fattori materiali..............................................................................................................................50 5.2.2 I fattori immateriali..........................................................................................................................54 5.2.3 Partecipazione e soddisfazione........................................................................................................57 5.2.4 Motivazione, soddisfazione e fedeltà alla cooperativa ...................................................................60 6.2.5 Soddisfazione e pari opportunità.....................................................................................................61
CAPITOLO VI I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI DIRIGENTI ....................................................... 71 6.1 LE ORGANIZZAZIONI..............................................................................................................................71 6.2 LE POLITICHE DELLE COOPERATIVE.......................................................................................................73
3
6.2.1 Le politiche di selezione .................................................................................................................. 73 6.2.2 Essere socio ..................................................................................................................................... 74 6.2.3 La soddisfazione dei lavoratori dal punto di vista dei dirigenti..................................................... 76
CONCLUSIONI............................................................................................................................................ 79
BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................................ 83
APPENDICE ................................................................................................................................................. 87 INTERVISTA AI LAVORATORI ............................................................................................................................... 87 INTERVISTA AI DIRIGENTI .................................................................................................................................... 91
4
PREFAZIONE
E’ con particolare piacere che presento la ricerca “Motivazione e lavoro sociale – Le condizioni di lavoro nelle cooperative sociali in provincia di Pisa”
. Con la realizzazione di questa ricerca, nata anche a seguito di uno stimolo della
Consulta delle cooperative sociali, l’Osservatorio per le Politiche sociali conclude un ciclo triennale di analisi del fenomeno cooperativistico sociale, percorso iniziato nel 2006 con la stesura del I° report sugli inserimenti lavorativi nelle Cooperative Sociali di tipo B (curato dalla Consulta delle cooperative Sociali, dalle Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL, UIL, dalla Confcooperative e Legacoop in collaborazione con l’osservatorio) e proseguito nel 2007 con la pubblicazione della “Indagine qualitativa per la valutazione dei percorsi di inserimento lavorativo di persone svantaggiate nelle cooperative sociali di tipo B nella provincia di Pisa”.
La ricerca si fonda su una metodologia di acquisizione dell’ informazione pro-
gettata e finalizzata a conoscere in modo diretto il pensiero delle lavoratrici, dei lavoratori, dei soci-lavoratori e dei dirigenti sulle caratteristiche del lavoro, dell’ambiente di lavoro, sulla motivazione e il percorso lavorativo ed, infine, sulla soddisfazione nel lavoro.
Per questo mi auguro che “ Motivazione e lavoro sociale” possa essere per tutti
coloro che operano nel mondo della cooperazione sociale un utile ed ulteriore stru-mento di riflessione sulle problematiche che a vario livello il sistema evidenzia.
L’Assessora alle Politiche Sociali, Pari Opportunità, immigrazione, Terzo settore
Dr.ssa Manola Guazzini
5
INTRODUZIONE
Gli scenari del lavoro sono oggi attraversati da cambiamenti che producono so-
stanziali modifiche degli assetti sociali. Il dinamismo è la risposta adattativa che le or-ganizzazioni da un lato e i singoli lavoratori dall’altro devono fornire per ridurre i rischi in un contesto sempre più dominato dalle leggi della global competition.
Nel caso delle organizzazioni cooperative l’innovazione non è nella presente fase storica tanto legata alle tecnologie, all’informatizzazione ad esempio, quanto a orien-tamenti di tipo socioculturale con inferenze giuridiche (la forma giuridica dell’organizzazione e il suo statuto) e organizzative (i rapporti con i committenti, i meccanismi di organizzazione del lavoro, lo statuto dei lavoratori, le modalità di retri-buzione), in ogni caso sempre inerenti la gestione delle risorse umane. Le risposte non possono quindi essere di tipo tecnicistico, ma piuttosto collegate alla psicologia del la-voro. Le soluzioni devono peraltro tenere conto della cosiddetta ‘cultura debole’1 che nell’attuale società liquida, metaforicamente descritta da Zigmunt Bauman in recenti la-vori2, modifica le attese di soggetti e lavoratori.
L’indebolimento dell’identità in favore d’una molteplicità di mondi frammentati e separati entro cui il soggetto si muove interessa sempre più la realtà del lavoro. L’economia della flessibilità e le politiche di lifelong learning, di aggiornamento delle competenze lungo tutto l’arco della vita, sono alcune delle risposte offerte dalla società alle incertezze del soggetto. Al mondo dei significati garantiti e del ‘posto fisso’ è su-bentrato uno stato d’incertezza sociosimbolica che chiede alle persone continui sforzi per rappresentare se stesse. L’agire del soggetto al lavoro e il riconoscimento di sé che ne deriva si configurano come risposte adattative individuali.
L’intento di questa ricerca è di cogliere se e come il lavoro nei servizi sociali svol-to attraverso le cooperative faciliti o meno il riconoscimento di sé, quale siano le rispo-ste motivazionali all’incertezza e quale la qualità percepita dagli operatori dei servizi. Come incidono le coordinate e le responsabilità dell’organizzazione? Come chi lavora in cooperativa si percepisce e si riconosce nel suo ambiente professionale rispetto ai
1 Girard, Vecchiato (1988), Girard (1990). Una riflessione connessa alla psicologia del la-voro è compiuta da De Andrea (1991).
2 Bauman (2006).
7
Introduzione
propri interlocutori di servizio, ai propri colleghi e superiori? Le possibili risposte e-mergono da un universo segnato da un dinamismo che occorre comprendere al fine di contestualizzare la voce dei protagonisti delle cooperative sociali: i soci, i manager, i la-voratori.
Il mondo delle cooperative sociali è, nel panorama del lavoro in Italia, particolare e interessante. All'inizio del 2006 le cooperative hanno raggiunto il numero di 7.363, con un incremento del 19,5% rispetto al 2003. Un fenomeno recente se il 70% delle cooperative sociali è nato dopo 1991. Naturale che questo rapido aumento, questa maggiore offerta territoriale di servizi sociali, in un quadro normativo imperfetto e con un mercato del lavoro assai elastico, talvolta fluttuante, stia creando problemi, princi-palmente alla forza lavoro dei soci – in maggioranza donne – ai dipendenti e agli inte-rinali sempre più numerosi che integrano le differenti compagini cooperative.
Di che genere di problemi si tratti si capisce dal primo sciopero nazionale degli addetti delle cooperative sociali, tenutosi il 4 aprile 2008 per promuovere il riconosci-mento degli operatori sia in termini economici sia professionali. L’aumento degli ad-detti che agiscono in forma cooperativa e i legami che in alcune regioni italiane – To-scana compresa – si hanno tra terzo settore e settore pubblico nell’offerta di servizi alla persona rende più evidenti le criticità dovute alla crescente mobilità del lavoro, la quale si traduce in bassi salari e maggiore precarietà. I lavoratori, così, in gran parte soci-lavoratori, quindi proprietari essi stessi della propria azienda, chiedono un aggiorna-mento salariale e il rinnovo del CCNL scaduto nel 2005. Ma il binario è doppio: ade-guamento dei salari, che non superano in media i 900 euro al mese, al costo della vita; ma anche tutela e valorizzazione delle professionalità impegnate nel terzo settore.
Il presente Rapporto descrive questo composito panorama interrogando i lavora-tori delle cooperative sociali di Pisa. La loro soddisfazione, l'equità procedurale e di-stributiva da loro percepita dà voce e valorizza il loro giudizio circa il lavoro che svol-gono, le controparti servite, la qualità dei rapporti con l'organizzazione.
Si tratta di tradurre i rumori, i pareri e i dispareri dei lavoratori in conoscenza o-biettiva, discutendo sulla base dei dati, anche in una prospettiva politica, del ruolo da assegnare alle organizzazioni noprofit nella riforma dei sistemi di welfare. Nel quadro di un contesto italiano, che sappiamo, anomalo rispetto al resto d’Europa, dove lo svi-luppo dei servizi sociali è avvenuto sull'onda del terzo settore e della crescita dell'eco-nomia solidale, di fatto in mancanza di una predefinita politica quadro nazionale.
8
Introduzione
*** Nel Primo Capitolo si descrive la nascita delle cooperative sociali in Italia e le di-
mensioni che raggiunte nel nostro Paese, in Toscana e in Provincia di Pisa. Nel Secon-do viene presentato il quadro del mercato del lavoro sociale, mostrando i nodi pro-blematici che oggi lo caratterizzano. Nel Terzo Capitolo si avanzano alcune riflessioni sulle condizioni di lavoro nelle cooperative, allargando l’orizzonte alla letteratura sulla motivazione al lavoro, punto di riferimento teorico per il commento scientifico dei ri-sultati dell’indagine. Nel Quarto Capitolo vengono presentati gli strumenti e la meto-dologia dell’indagine, introducendo il Quinto e Sesto Capitolo, dedicati ai risultati delle interviste semistrutturate sottoposte, rispettivamente, ai lavoratori e ai dirigenti delle cooperative sociali della Provincia di Pisa. Le conclusioni riassumono i risultati e indi-cano possibili direzioni di miglioramento.
9
PARTE PRIMA
LE COOPERATIVE E IL MERCATO DEL LAVORO
CAPITOLO I
IL QUADRO INTRODUTTIVO 1.1 Nascita e sviluppo delle cooperative sociali
Il fenomeno del cooperativismo sociale in Italia ha radici profonde, muovendo i primi passi già nel lontano 1981, con la presentazione alla Camera dei Deputati della prima proposta di legge da parte di Francesco Salvi.
Fu con la Legge 381 del 1991 che si ebbe il definitivo riconoscimento giuridico della cooperativa sociale come un soggetto nuovo, profondamente diverso dalle coo-perative di mutuo aiuto già presenti in Italia da molti anni: non più incentrate sulla mu-tualità e sull’interesse privato del gruppo che le costituisce, ma rivolte “all’interesse ge-nerale della comunità”3. Il cooperativismo, inglobando la dimensione sociale, si apre all’esterno, trasformandosi in soggetto erogatore di servizi destinati alla collettività nella quale opera.
Le cooperative sociali si differenziano da altre forme istituzionali non solo dal punto di vista formale, ma anche sostanziale: (i) hanno uno scopo generale, che va ol-tre l'interesse privato o dei consociati; (ii) sono un soggetto privato, organizzato in forma privata che persegue finalità d’interesse pubblico4; (iii) sono disciplinate in base allo scopo perseguito e non in riferimento all’attività svolta.
Le specificità sono rafforzate dalla presenza di un unico soggetto di cooperazione sociale distinto al suo interno in due tipologie, in base al modo con cui la cooperativa assolve al compito di promozione sociale. Si hanno cosi cinque tipi di cooperative:
• Le cooperative di tipo A “destinate alla gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi”5.
3 Cfr. Borzaga, Ianes (2006). 4 Come sottolineano Borzaga e Ianes, con la legge 381 “si era imposta l’idea che si potesse
essere imprenditori non per realizzare profitti ma per perseguire il «bene comune», per erogare servizi sociali […]. Veniva inoltre messo in discussione il tradizionale modo d’essere impresa: dell’impresa forprofit soprattutto perché definitivamente proiettata al lucro; ma anche dell’impresa cooperativa considerata nella sua accezione strettamente mutualistica, come gestione di servizi so-lo per i propri soci” (ivi, p. 228).
5 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Leggi, decreti e ordinanze presidenziali, Legge 8 novembre 1991, n. 381, Disciplina delle cooperative sociali, Serie generale n. 283, 3 di-cembre 1991, p. 3.
13
Quadro introduttivo
• Le cooperative di tipo B finalizzate “allo svolgimento di attività diverse agri-cole, industriali, commerciali o di servizi” per agevolare “l’inserimento lavo-rativo di persone svantaggiate”6. Esse devono avere al loro interno una quo-ta di soggetti svantaggiati,7 che percepiscono regolarmente una retribuzione, pari al 30% del totale degli occupati.
• Cooperative a oggetto misto (A+B) che svolgono entrambe le attività sum-menzionate.
• I consorzi di cooperative, vale a dire società cooperative con base sociale composta da cooperative sociali in misura non inferiore al 70%.
Negli ultimi anni lo sviluppo delle singole tipologie è andato di pari passo con l’aumentare di richiami legislativi tesi a evidenziarne i settori d’attività e le fina-lità di intervento8.
Nelle cooperative di tipo A vi sono diverse tipologie di socio: (i) soci ordinari9; (ii) soci volontari10; (iii) soci utenti dei servizi (mentre le cooperative B prevedono anche la presenza di (iv) soci portatori di una qualche forma di svantaggio).
Passati quasi 20 anni dalla legge 381/91, il fenomeno della cooperazione sociale si rivela una realtà consolidata che, attraverso una progressiva crescita numerica e dimen-sionale, si è affermata come un soggetto diverso dagli altri, sia pubblici, sia privati, e si è guadagnata un proprio autonomo ruolo nel sistema economico. 1.2 Le dimensioni odierne della cooperazione: il quadro nazionale
Secondo i dati Istat le cooperative sul territorio italiano nel 2005 sono 7363: 59%
6 L’inserimento di soggetti svantaggiati si realizza attraverso l’offerta di tirocini formativi, inserimenti socio-terapeutici, inserimenti lavorativi e/o collocamento mirato di persone con disa-bilità.
7 Secondo quanto stabilito dalla legge 381/91, sono da considerare svantaggiati i soggetti con invalidità fisica, psichica e sensoriale, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in tratta-mento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i minori in età lavorativa in situazioni di dif-ficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.
8 Tra questi i due più importanti sono, senza ombra di dubbio, la legge di riforma dell’assistenza 328/2000 e la legge di riforma del collocamento obbligatorio 68/1999.
9 Prestano la loro attività in cambio di una remunerazione. 10 Prestano gratuitamente la propria attività e non sono destinatari delle attività e dei ser-
vizi della cooperative.
14
Quadro introduttivo
di tipo A e 32,8% di tipo B11. Ad esse si aggiungono 315 cooperative ad oggetto misto (4,3%) e 284 consorzi sociali (3,9%) . Le cooperative di tipo B sono più diffuse nel Nord-Ovest e nelle regioni del Centro Italia.
La seconda indagine Istat (2007) mostra un tendenziale aumento del fenomeno cooperativo, con un tasso di crescita medio annuo del 10%12. Dove la presenza di que-ste realtà data decenni si assiste alla progressiva stabilizzazione del panorama, con tassi di crescita al di sotto della media13.
I dati raccolti nel quarto rapporto Cgm sulla cooperazione sociale indicano tre scenari diversi14.
• Le Regioni a cooperazione matura, come Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, hanno alti livelli di numerosità e crescita limitata.
• Le Regioni dinamiche di recente maturità mostrano un interessante dinami-smo che fa ipotizzare un processo di stabilizzazione, come in Liguria, To-scana e Basilicata.
• Nelle Regioni a bassa intensità cooperativa si assiste a una forte crescita di numerosità e dimensione (Umbria, Campania, Puglia, Calabria).
Ci sono poi realtà con caratteristiche intermedie, Marche, Sardegna e Molise e Regioni a bassa intensità e sviluppo moderato, quali Abruzzo e Lazio.
Secondo l’indagine Istat realizzata nel 2005 i soci delle cooperative sono 262.389, di cui 255.583 persone fisiche e 6806 persone giuridiche, rappresentate da cooperative, associazioni, enti pubblici e così via.
11Cfr. Istat (2007), Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005, Statistiche in breve 12 Gli studiosi di questo fenomeno hanno ricondotto l’esplosione di questo settore a una
pluralità di ragioni fortemente integrate tra di loro, tra le quali l’emergere di nuovi bisogni legati a differenti stili di vita e di consumo, le trasformazioni all’interno delle amministrazioni pubbliche in relazione alla definizione dei servizi e al concepimento degli interventi, la diffusione di una nuova forma mentis nell’ambito delle professioni d’aiuto che vede la possibilità e l’utilità di affianca-re ai tradizionali canali di intervento nuove forme di solidarietà proveniente dalle reti informali.
13 Solitamente questo scenario è associabile alla realtà del nord del Paese, caratterizzato tassi di mortalità delle cooperative piuttosto bassi (tra il 2% e il 4%), nascita, seppur contenuta, di nuove realtà e consolidamento di quelle esistenti. Il centro Italia si caratterizza per una certa stabi-lizzazione delle tendenze di crescita su tassi superiori ai precedenti. La vera sfida negli ultimi anni si è concentrata nel sud d’Italia, dove si registrano tassi di crescita superiori al 20%.
14 Cfr. Ivi, pp. 69-72.
15
Quadro introduttivo
La maggior parte delle cooperative sociali associa solo persone fisiche (81,2%). Il 59,2% delle cooperative di tipo A e il 65,2% delle cooperative di tipo B ha non più di 20 soci (Tab. 1.1 e Graf. 1.2).
Tabella 1.1: Cooperative sociali con solo persone fisiche e classe di soci Anno 2005 (valori per-centuali)
TIPOLOGIE CLASSI DI SOCI TOTALE 1-5 6-9 10-19 20-49 50-249 250 e più Tipo A 13 14,3 31,9 24,2 14,6 1,9 100 Tipo B 16,7 14,8 33,7 26,1 8,4 0,3 100 Oggetto misto (A+B) 7,1 14,8 31,8 31,8 13,8 0,7 100 Consorzio 0 0 0 0 0 0 0 Totale 13,9 14,5 32,5 25,2 12,6 1,3 100 Fonte: Istat, Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005
Grafico 1.2: Cooperative sociali con solo persone fisiche per tipologia a classe dei soci
05
10152025303540
1-5 6-9 10-19 20-49 50-249 250 epiù
CLASSI DI SOCI
Tipo ATipo BOggetto misto (A+B)Consorzio
Fonte: Istat, Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005.
Circa le risorse umane, prestano il proprio lavoro all’interno delle cooperative so-ciali soprattutto le donne (71,2%). Tali valori scendono tra i volontari e i religiosi. Un aspetto interessante è che anche i volontari del servizio civile sono in netta maggioran-za donne. (Tab. 1.3).
Tabella 1.3: Risorse umane delle cooperative sociali per sesso al 31 dicembre 2005
SESSO VOLONTARI RELIGIOSI SERVIZIOCIVILE DIPENDENTI COLLAB.RI INTERINALI TOT.
Maschio 14480 454 893 55058 8922 407 80214 Femmina 15998 279 2522 156249 22707 880 198635 Totale 30478 733 3415 211307 31629 1287 278849
Fonte: Istat, Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005
16
Quadro introduttivo
I lavoratori (Tab. 1.4) sono per la maggior parte dipendenti, anche se svolgono un ruolo importante i collaboratori e i volontari. Le cooperative di tipo B hanno più di-pendenti e volontari rispetto ai collaboratori.
Tabella 1.4: Risorse umane delle cooperative sociali per tipologia
TIPOLOGIE VOLONTARI RELIGIOSI SERVIZIOCIVILE DIPENDENTI COLLAB.RI INTERINALI TOT.
Tipo A 10,6 0,3 1,2 74,7 13,1 0,2 100 Tipo B 12,6 0,2 0,5 80,4 4,9 1,3 100 Oggetto misto (A+B) 10,3 0,3 2 73,9 12,7 0,8 100
Consorzio 4,3 0,1 13 61,9 20,5 0,3 100
Fonte: Istat, Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005
1.3 Il panorama regionale La diffusione delle cooperative sociali in Toscana si è verificata soprattutto negli
anni novanta. Tra il 1992 e il 1996 è nato il 23,7% delle cooperative. Tra il 1997 e il 2001 il 39,7%. Ad oggi la diffusione territoriale è molto vicina alla media nazionale15. Uno studio realizzato dal Sistema Statistico della Regione Toscana sulle cooperative nel 2003 (350 realtà) mostra che la maggior parte di esse sono di tipo A e si trovano impegnate prevalentemente nell’erogazione di servizi socio-sanitari ed educativi. Men-tre le cooperative finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati incidono in misura inferiore (Tab. 1.5).
Tabella 1.5: Cooperative sociali per tipologia in Toscana ed Italia (valori assoluti) Anno 2003
TIPOLOGIA TOSCANA ITALIA Tipo A 198 3707 Tipo B 131 1979 Oggetto misto 1 249 Consorzio 20 224 Totale 250 6159
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali-Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale
Alla fine del 2003 gli operatori delle cooperative sociali erano 16281, di cui 13796 dipendenti, 1238 lavoratori con contratto di collaborazione e 1017 volontari. Per com-
15 Più precisamente in Toscana si rilevano 9,8 cooperative ogni 100 mila abitanti contro la media annuale che vede 10,6 cooperative ogni 100 mila abitanti
17
Quadro introduttivo
pletare il quadro devono essere aggiunti gli obiettori di coscienza (194), i religiosi (41) e i lavoratori interinali (22). Il peso dei lavoratori dipendenti è fondamentale. Seguono collaboratori e volontari, i quali sono tuttavia in progressivo contenimento, con una maggiore presenza nelle cooperative di tipo B.
Tabella 1.6: Risorse umane impegnante nelle cooperative sociali per tipologia di cooperative in Toscana (valori percentuali) Anno 2003
TIPO VOLONT. RELIGIOSI OBIETT. DIPEN.TI COLLAB.RI INTERINALI TOT. Tipo A* 4,5 0,2 0,7 86 8,5 0 100 Tipo B 11,4 0,4 1,4 82,3 3,9 0,5 100 Consorzio 0,6 0 14,7 61,7 23,1 0 100 Totale 6,2 0,3 1,2 84,6 7,6 0,1 100
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali- Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale. * Nelle cooperative di tipo A è stata accorpata l’unica cooperativa ad oggetto misto presente in Toscana
La maggioranza degli operatori della cooperazione sociale in Toscana (tab. 1.7) sono donne (73%), presenti anche tra i volontari (52,7%) e i religiosi (17,1%).
Tabella 1.7: Risorse umane delle cooperative per sesso in Toscana (valori percentuali)
TIPO VOLONT. RELIGIOSI
OBIETT.
DIPEN.TI
COLLA-B.RI INTER TOT
Maschi 47,3 82,9 42,3 24,9 28 0 26,9 100
Fem-mine
52,7 17,1 57,7 75,1 72 100 73,1 100
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali-Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale
Quanto ai settori d’attività (Tab. 1.8), in Toscana il 52,5% delle cooperative di ti-po A opera nel campo dell’assistenza sociale, il 30,8% nel campo dell’istruzione, men-tre sport, spazi ricreativi e sanità hanno incidenza minore.
Tabella 1.8: Cooperative sociali di tipo A per settore di attività prevalente in Toscana e in Italia (valori percentuali) – Anno 2003
CULTURA, SPORT E RICREAZIONE ISTRUZIONE SANITA' ASSISTENZA
SOCIALE TOTALE
Toscana 11.01 30,8 5,6 52,5 100 Italia 13,2 20,7 7,6 58,5 100
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali-Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale
Secondo la citata indagine realizzata dalla Regione Toscana (Tab. 1.9, Grafico 1.10) nel 2003 si registrano 2086 lavoratori svantaggiati operanti nelle cooperative so-
18
Quadro introduttivo
ciali. La categoria più numerosa sono i disabili (36,1%), seguiti dai disoccupati (23%) e dai soggetti con problemi di tossicodipendenza (19%).
Tabella 1.9 Utenti per tipologia di soggetti svantaggiati delle cooperative sociali di tipo B in To-scana (valori percentuali)
TIPOLOGIA UTENTI Alcolisti 3.07 Detenuti ed ex detenuti 8,5 Disabili fisici, psichici e sensoriali 36,1 Disoccupati 23 Minori 0,2 Pazienti psichiatrici 8,1 Tossicodipendenti 19 Altro 1,4 Totale 100
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali-Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale
Grafico 1.10 Tipologia di lavoratori nelle cooperative di tipo B
9%
38%
24%0%
8%
20%1%
Detenuti ed ex detenuti
Disabili fis ici, psichici esensoriali
Disoccupati
Minori
Pazienti psichiatrici
Tossicodipendenti
Altro
Fonte: Rilevazione sulle cooperative sociali-Anno 2003. Istat – Regione Toscana Settore Si-stema statistico regionale
1.4 Il panorama provinciale Per quanto riguarda la provincia di Pisa, lo scenario si rivela tendenzialmente in
linea con i valori medi nazionali. Nel 2008 risultano iscritte all’albo delle società coope-rative 47 realtà, di cui 31 di tipo A, 14 di tipo B e 2 consorzi. Anche a Pisa, quindi, co-me nelle altre province toscane, sono maggiormente presenti le cooperative di tipo A.
Nel territorio pisano il fenomeno del cooperativismo sociale ha radici profonde, con la nascita delle prime realtà cooperative già alla fine degli anni ottanta. Un grande
19
Quadro introduttivo
sviluppo del settore si ha negli anni novanta, in particolare nella seconda metà del de-cennio, quando nasce una buona parte delle cooperative oggi operanti sul territorio (circa il 47,2%).
Tab. 1.10 Principali riferimenti normativi
Riferimenti normativi Contenuti principali
Legge 8 novembre 1991, n. 381. Disciplina delle cooperative sociali
Si tratta di una legge che incide profondamen-te sul ruolo e la struttura della cooperazione sociale in Italia. Particolarmente importante è l’art. 1 del testo normativo dove si indica che le cooperative sociali “hanno lo scopo di per-seguire l’interesse generale della comunità al-la promozione umana e all’integrazione socia-le dei cittadini”.
Legge 12 marzo 1999, n. 68. Norme per il di-ritto al lavoro dei disabili
Il testo normativo ha come obiettivo la pro-mozione dell’inserimento lavorativo delle persone con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e dei portatori di handicap intellet-tivo, che comportino una riduzione delle ca-pacità lavorative superiore al 45% attraverso la promozione di servizi di sostegno e di col-locamento mirato.
Legge 22 giugno 2000, n. 193. Norme per fa-vorire l’attività lavorativa dei detenuti
Si introducono alcune modifiche alla legge 381/91, tra le quali l’allargamento della cate-goria dei soggetti svantaggiati alle persone de-tenute o internate in istituti penitenziari.
Legge 3 aprile 2001, n. 142, Revisione della legislazione in materia cooperativistica
La legge rappresenta una rivisitazione della storica legge 381/1991 intervenendo in parti-colar modo sul profilo del socio lavoratore.
Legge 14 febbraio 2003, n. 30. Delega al go-verno in materia di occupazione e mercato del lavoro
Si indicano i principi fondamentali in materia di disciplina dei servizi per l’impiego, con particolare riferimento al sistema del collo-camento, pubblico e privato, e di sommini-strazione di manodopera.
20
Quadro introduttivo
Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Attuazione delle deleghe in materia di occu-pazione e mercato del lavoro
La legge contiene norme finalizzate a garanti-re trasparenza ed efficacia del mercato del la-voro e migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e dei soggetti in cerca di prima occupazione.
Decreto legislativo12 aprile 2006, n. 163. Co-dice dei contratti pubblici
Specificazione delle modalità di convenzio-namento e delle procedure di affidamento.
Legge Regione Toscana 26 novembre 1997, n. 87, Disciplina dei rapporti tra le coopera-tive sociali e gli enti pubblici che operano nell’ambito regionale
Legge di attuazione dell’art. 9 della legge 381/1991.
Legge Regione Toscana 28 dicembre 2005, Norme per la promozione e lo sviluppo del si-stema cooperativo della Toscana
La legge si propone di riconoscere la funzione sociale ed economica svolta dalla cooperazio-ne nel territorio regionale, promuovere la dif-fusione della cultura imprenditoriale coopera-tiva e della responsabilità sociale, valorizzare le finalità di mutualità, democrazia interna partecipata e assenza di fini di speculazione nell’attività svolta, riconoscere il ruolo della cooperazione di credito.
21
CAPITOLO II
SERVIZI PUBBLICI E SERVIZI SOCIALI, ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
2.1. La struttura pubblica del mercato del lavoro sociale
Accennavamo nell’Introduzione alcuni dati strutturali del mercato del lavoro dei servizi sociali, bacino di domanda delle cooperative sociali. Delle 7.363 cooperative at-tive in Italia al 31 dicembre 2005 il 59% svolgeva servizi socio-sanitari ed educativi. In prevalenza si tratta di cooperative di tipo A, che assolvono ad una domanda di lavoro fornito da un bacino di più di 124mila persone, più un paio di decine di migliaia di la-voratori a contratto di collaborazione, di volontari e d’interinali16 in numero variabile, oscillante intorno al migliaio d’unità. Tra le cooperative di tipo A dedite ai servizi so-cio-assitenziali il 71,2% delle risorse umane è costituito da donne. Il servizio più svolto è di assistenza domiciliare. Cifre che fotografano il settore.
I dati economici aggiungono colore. Le cooperative sociali producono servizi per 6.381 milioni di euro, con un importo medio per cooperativa di 867 mila euro. I costi riguardano per l’80% il pagamento del personale. Le entrate provengono per oltre il 65%, dal settore pubblico, percentuale che nel Sud Italia sale al 77%. Gran parte delle spese per il personale sono quindi retribuite con entrate derivanti da commesse pub-bliche.
Gli utenti che beneficiano in Italia dei servizi prestati dalle cooperative sociali so-no oltre 3 milioni. Un serbatoio di domanda enorme. Si capisce come di fatto in Italia le cooperative siano uno dei pilastri dello stato sociale, nel quadro di un sistema di wel-fare fondato massimamente su trasferimenti monetari e poco sull’ erogazione di servi-zi17.
Per questo importantissimo ruolo nell’ambito del ‘terzo settore’ le cooperative sociali hanno sempre garantito buone potenzialità occupazionali. Ma questa forma d’organizzazione del lavoro, stretta tra struttura noprofit e funzione sociale, sconta
16 Questi ultimi sono aumentati più del 26% in appena un paio d’anni, a testimonianza di un’offerta di lavoro di settore in netta crescita.
17 Ciò nel quadro di una tendenza culturale, un costume radicato, una mentalità italiana e mediterranea che “monetarizza i bisogni’ e affida soprattutto alla famiglia, aiutata eventualmente dallo stato una tantum, l’organizzazione dei servizi per i soggetti deboli. Cfr. Donati (1999).
23
Servizi pubblici e servizi sociali
un’aporia. Da un lato le diverse relazioni economiche del terzo settore – solidaristiche e non di mercato – creano occasioni di lavoro peculiari, a ridotta remunerazione. Dall’altro, il terzo settore produttore di servizi su commessa della pubblica ammini-strazione tende a sfruttare l’occupazione in forma sostitutiva di posti di lavoro pubbli-ci. Le cooperative sociali come agenti della pubblica amministrazione sono un modello e una realtà al tempo stesso. Scrive Carlo Borzaga:
“La tesi secondo cui la crescita, attuale a attesa, degli occupati nel terzo settore sia, prevalentemente o esclusivamente, la conseguenza della sepa-razione della funzione di finanziamento da quella di erogazione dei servi-zi, con il mantenimento della prima nella mani della pubblica ammini-strazione e l’affidamento della seconda alle organizzazioni di terzo setto-re, è ampiamente diffusa e condivisa”18.
Se è vero che non si tratta di impiego aggiuntivo tout court, oggi l’occupazione delle cooperative sociali è a fortiori ‘strutturale’ rispetto ai pubblici servizi, nel senso che essa è, di fatto, organica rispetto alla configurazione del welfare italiano. Stante il fatto che le differenze di costo del lavoro tra settore pubblico e settore cooperativo non permetto-no passi indietro.
Il Sindacato e le associazioni cooperative, Legacoop e Confcooperative, si trova-no oggi a fare i conti con la temuta riduzione degli onorari. L’obiettivo è quello di ren-dere più bilanciate domanda e offerta, prestazioni e tariffe in tema di servizi sociali. Per dire altrimenti, è in atto la ricerca d’un punto d’equilibrio tra il costo dei servizi offerti e il prezzo degli affidamenti pubblici (o la base d’asta per i servizi che vanno a gara d’appalto). Il cerchio costruito tra domanda è offerta è incerto e debole, lontano da ogni parvenza di quadratura.
Da un lato i servizi sociali si fanno più complessi – anche per le problematiche d’immigrazione – dall’altro lo Stato e gli enti locali hanno difficoltà a interpretare la domanda, a definire i livelli di servizio, e pagare adeguatamente le prestazioni.
Trasversale è poi il problema del costo del lavoro. I costi di produzione dei servizi sociali, caratterizzati da livelli produttivi bassi e stagnanti, è alto anche per le modalità
18 Borzaga (1997).
24
Servizi pubblici e servisi sociali
burocratiche e gli standard rigidi di ascendenza pubblica che il committente, l’ente lo-cale, impone alle organizzazioni private noprofit.
Ma le cooperative hanno grandi vantaggi. Il gruppo di persone che ne condivido-no la mission, i soci, in altre parole, possono accettare – ma fino a un certo punto – li-velli di remunerazione inferiori a quelli di mercato, garantendo un impegno nella pro-duzione dei servizi ad alto contenuto di relazionalità, dove la qualità dipende dall’impegno del singolo lavoratore/lavoratrice. Per queste ragioni abbiamo fiducia che il mercato sociale a integrazione pubblico-privato tenderà a prevalere nel lungo perio-do.
Del resto le cooperative sociali sono una testimonianza concreta che la proposta avanzata dieci anni fa da Giorgio Lunghini, il quale suggeriva con lungimiranza di af-frontare il problema occupazionale nelle società capitalistiche iperproduttive con una politica economica statale orientata alla produzione di servizi socialmente necessari19, non è una chimera. Le cooperative sociali oggi forniscono lavoro per lo sviluppo dei servizi sociali territoriali in tante realtà.
2.2 Problematiche emergenti: flessibilità e precariato
Lo sconcerto attuale del mercato del lavoro sociale in Italia è dovuto a tante cau-se: all’aumento della flessibilità, del precariato, ma anche, in parallelo, del lavoro nero e del doppio lavoro. Si discute della qualifica e del riconoscimento degli operatori i quali, a parità d’incombenze, professionalità e livello “portano a casa” molto, molto meno degli operatori pubblici. Il disappunto di chi lavora in cooperativa nasce dal fatto che – per motivi ideologici e di budget – vi sono resistenze forti a rinnovare il Contratto Col-lettivo Nazionale di Lavoro scaduto da due anni.
Criterio di giustizia vuole che si vada verso la parificazione tra le retribuzioni del pubblico e del privato-sociale, vincolando, come vogliono i rappresentanti delle coope-rative, attraverso l’obbligo fatto alle stazioni appaltanti d’inserire negli appalti valori e-conomici congrui con il rispetto dei principi salariali. Ma per giocare al tavolo della
19 Lunghini, (1995). Secondo l’autore la via per uscire dall' “età dello spreco”, che vede crescere insieme disoccupazione e bisogni sociali insoddisfatti, andava cercata nella creazione di lavori socialmente utili, volti a ridurre il consumismo in favore di una forma di “benessere (socia-le) nella sobrietà", con la ricomposizione dei valori sociali interrotti dal trinomio bisogni-lavoro-consumo.
25
Servizi pubblici e servizi sociali
concorrenza non è sufficiente avere in mano quattro assi. Il lavoro non è tutto uguale, non è tutto bianco e non è tutto qualificato. La concorrenza è spesso asimmetrica.
Le vere società cooperative mettono al primo posto la figura del socio e il suo ruolo d’attore attivo come lavoratore (apporto di manodopera) e come finanziatore (apporto di capitale). Come si dice, le cooperative sono, o dovrebbero essere, labour in-tensive, con un alto grado di sindacalizzazione e di protezione del lavoro. Talvolta questi alti principi sono traditi. Ci sono infatti ‘false cooperative’, cosiddette ‘spurie’, ad e-sempio, che non rispettano la protezione del lavoro né i requisiti di legge, eludendoli sistematicamente, le quali sfruttano appalti e contratti di servizio per ottenere dalle im-prese appaltatrici la somministrazione di manodopera senza il rispetto della normativa sul lavoro temporaneo. Vi sono casi testimoniati, ad esempio in Emilia Romagna, dove la mancanza d’un rigoroso meccanismo di controllo e selezione nell'acquisizione degli appalti, unito al fenomeno dei ‘finti appalti’, cioè senza autonomia dell'appaltatore, conducono all’utilizzo indiretto di manodopera sottopagata da parte del committente.
I rappresentanti delle cooperative stanno combattendo contro un modello di competitività basata sulla riduzione dei costi e non sulla qualità. Non aiutano però le difficoltà della finanza pubblica locale. Dal punto di vista della cooperativa virtuosa, salvaguardare i diritti e il reddito dei lavoratori e dare servizi di qualità agli utilizzatori significa coniugare in modo intelligente flessibilità, produttività e sicurezza del lavoro.
Le questioni indicate e i cambiamenti che si profilano hanno bisogno per trasformarsi hanno in ogni caso bisogno della partecipazione dei lavoratori. Quale sia il loro punto di vista su tali questioni è indicato nelle pagine che seguono. Esiste la per-cezione di questi fenomeni da parte delle cooperative della Provincia di Pisa. È possibile misurare il grado di ‘soddisfazione’ dei loro lavoratori. Avere dati su cui riflette è importante. La qualità della forza lavoro è, infatti, un fattore strategico es-senziale per il futuro dei lavoratori e dei servizi delle cooperative, specie nella direzione di modelli produttivi con maggiori livelli di valore aggiunto.
2.3 Il lavoro tra pari opportunità e servizi sociali
Con qualche difetto e molti pregi le cooperative sociali sono riuscite senza dubbio in un intento: sviluppare la partecipazione dei cittadini all’offerta di servizi d’interesse collettivo; in particolare, ad allargare la partecipazione delle donne in uno specifico
26
Servizi pubblici e servisi sociali
campo del mercato del lavoro a loro confacente, che ne valorizza la funzione di tutela e assistenza esercitata tradizionalmente in famiglia.
Questo successo si può anche sottacere tanto è metabolizzato e parte della nostra mentalità. Ma è un successo importante, di ordine addirittura costituzionale. Un suc-cesso che ha permesso il concretizzarsi, dopo quarant’anni di vita repubblicana, delle aspirazioni alla parità di genere e alla solidarietà economica e sociale sancite dagli Arti-coli 2, 3 e 4 della Costituzione Italiana.
La domiciliarità, le assistenze territoriali verso minori, infanzia e adolescenza, an-ziani, tossicodipendenti, il sostegno alle attività presso le case circondariali vedono pro-tagoniste le donne che lavorano nella cooperazione. Il lavoro di assistenza è svolto per l’80% da donne, variamente qualificate. Ma questo lavoro non può essere subito come precarietà. Se le donne sono maggioranza e la loro retribuzione è molto inferiore alle analoghe prestazioni offerte nel quadro del servizio pubblico, si reintroduce di fatto la disuguaglianza dalla finestra, dopo che per cacciala dalla porta le cooperative hanno impiegato quarant’anni. Il mercato dei servizi sociali mette oggi invece a nudo questo rischio. Come intervenire?
Ad esempio, le donne possono beneficiare di percorsi di carriera, della valorizza-zione delle competenze nei luoghi di lavoro attraverso la pianificazione di un progetto di crescita professionale. In questo le cooperative possono contare sul principio di re-ciprocità, con il vantaggio d’impieghi a rimpiazzo o di sostituzioni mediante il sistema della conciliazione e dell’alternanza all'interno di un'impresa cooperativa. Le lavoratrici possono darsi una mano l’un l’altra per crescere professionalmente.
L’indagine che segue sostiene con la voce dei protagonisti la tesi che fatto che il riconoscimento del lavoro sociale nelle cooperative dipende molto dalla motivazione, ma non a prescindere dall’aspetto economico e dal riconoscimento del ruolo lavorati-vo del socio e delle socie nella produzione dei servizi.
Non è solo un problema di CCNL, di rapporto tra le controparti sociali. È un problema che si deve affrontare anche all’interno della cooperativa, con una consape-vole e corretta gestione delle risorse umane nei settori nonprofit20. Mantenere in equili-brio partecipazione, reciprocità, disponibilità, retribuzione e qualità del servizio è la sfi-da che attende le cooperative sociali e i loro organismi di rappresentanza.
20 Si veda ad esempio Melandri, Orioli (2000).
27
CAPITOLO III
OGGETTIVO E SOGGETTIVO, PUNTI DI VISTA A CONFRONTO
3.1 Il lavoro in cooperativa
I diversi obiettivi delle cooperative restituiscono un ampio ventaglio di mansioni svolte dai lavoratori. Nelle cooperative di tipo A i lavoratori sono solitamente impe-gnati nella gestione di residenze protette, asili nido, centri diurni o notturni. Le attività riguardano aree problematiche molto diverse tra di loro che vanno dall’infanzia al disa-gio adulto, a progetti rivolti alla fascia di popolazione definita ad “alta marginalità”, come i senza fissa dimora o la prostituzione. Le competenze più richieste sono quelle impiegabili in progetti rivolti a soggetti a rischio di esclusione sociale o, più in generale, a situazioni di fragilità sociale. I lavoratori delle cooperative di tipo B svolgono diverse attività all’interno del settore agricolo, industriale, commerciale o dei servizi, secondo la formazione e la specifica funzione della cooperativa. Come dimostrano recenti statisti-che, quest’ultima tipologia vede impiegati un numero elevato di lavoratori con difficol-tà di diversa natura (incidenza dei lavoratori svantaggiati in media supera abbondante-mente il limite minimo del 30% previsto per legge). Ne discende la necessità di uno sforzo aggiuntivo in termini di formazione e inserimento dei lavoratori, oltre che di ge-stione del percorso lavorativo del soggetto.
3.1.1 La componente femminile
Nella cooperazione sociale vi è una forte predominanza numerica delle donne. In entrambe le tipologie di cooperative le lavoratrici sono sempre almeno il 50% del per-sonale, con punte che superano l’80% nelle cooperative di tipo A operanti nell’istruzione (82,4%) e nell’erogazione di servizi di all’assistenza sociale (81,5%)21. Nelle cooperative d’inserimento lavorativo questo fenomeno si attenua.
Le attività dove il rapporto tra uomini e donne è più omogeneo sono quelle rela-tive alla promozione della cooperazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale22.
21 Tale dato risulta particolarmente interessante se letto alla luce del fatto che l’occupazione femminile nel nostro paese risulta essere un terzo dell’ammontare complessivo e le donne rappresentano il 33,7% nel settore privato e il 57,3% in quello pubblico. Cfr. Cgm (2005).
22 Cfr. Istat (2001).
29
Oggettivo e soggettivo a confronto
La predominanza femminile è influenzata da una pluralità di fattori23, tra cui la presenza di minori barriere all’entrata rispetto al mercato del lavoro privato 24 e la possibilità di una maggiore armonizzazione dei tempi di lavoro e familiari. Vantaggi che sembrano però associarsi ad alcune criticità, quali il rischio di una minore sicurezza del posto di lavoro e retribuzioni non elevate, come per tutto il panorama della cooperazione sociale nazionale.
Grafico 3.1: Lavoratori delle cooperative sociali per posizione contrattuale e genere
28,120,8
29,742
71,979,2
70,358
0102030405060708090
DIPENDENTI A TEMPO PIENO
DIPENDENTI PAR_T
IME
COLLABORATORI
LAVORATORI IN
TERINALI
MaschiFemmine
Fonte: Istat Le cooperative sociali in Italia. Anno 2001
Oltre ai fattori materiali e organizzativi occorre ricordarne altri di origine cultura-le, che attribuiscono alla figura femminile una maggiore propensione alle professioni di cura e assistenza rispetto agli uomini. Il peso delle donne sembra infatti raggiungere i picchi più alti in alcune attività nei campi dell’educazione, della sanità e dell’assistenza, ambiti d’azione delle cooperative sociali di tipo A.
All’interno delle cooperative sociali sembra che le possibilità delle donne di rag-giungere ruoli dirigenziali siano superiori rispetto al settore privato, anche se alcuni
23 Cfr. Cgm (2005). 24 Grazie alla possibilità di accedere alle organizzazioni come volontari, tirocinanti o attra-
verso borse di studio.
30
Oggettivo e soggettivo a confronto
studi mostrano che, su questo aspetto, la distanza tra maschi e femmine sta diminuen-do (Graf. 3.2).
Grafico 3.2 Lavoratori delle cooperative sociali per categorie professionali e genere
38,3
20,827,4
37,9
61,7
79,272,6
62,1
0102030405060708090
DIRIG
ENTI E PROFESSIO
NISTI
OPERATORI E TECNIC
I
AMMINISTRATIVI
LAVORATORI D
I SUPPORTO
MaschiFemmine
Fonte: Istat Le cooperative sociali in Italia. Anno 2001
Il quadro descritto non comprende la carica di Presidente; una funzione che stan-te la grande presenza di lavoratrici è appannaggio soprattutto degli uomini (Graf. 3.3).
Grafico 3.3 Addetti e presidenti donne per tipologia di cooperativa
81,8
48,156,4 59,6
45
23
41,4
17,8
0102030405060708090
TIPO A
TIPO B
OGGETTO MISTO
CONSORZIO
AddettePresidenti donne
Fonte: Istat Le cooperative sociali in Italia. Anno 2001
31
Oggettivo e soggettivo a confronto
3.1.2 I lavoratori svantaggiati
Come vuole la Legge 381/91 tra le figure protagoniste del panorama occupazio-nale delle cooperative sociali di tipo B vi è il lavoratore svantaggiato. Varie indagini mostrano che il vincolo di avere una quota minima pari al 30% di persone portatrici di una qualche forma di svantaggio è ampiamente assolto, con tassi di occupazione intor-no al 40%, per un totale di 18000 unità. I dati statistici mostrano25 che i lavoratori con forme di svantaggio previste dalle norme in materia sono prevalentemente maschi (ol-tre il 75%) con un’età compresa tra i 35 ed i 45 anni e un basso livello d’istruzione. La maggior parte delle persone impiegate sono disabili (46,6%), tossicodipendenti (16%) e pazienti psichiatrici (15%).
Nel contesto nazionale si osserva che le cooperative del Nord assorbono preva-lentemente individui con problematiche legate all’abuso di sostanze e pazienti psichiatrici; al Centro è maggiore la presenza di disabili, mentre nel Meridione sono di più i minori rispetto alle altre zone della penisola (Tab. 3.4).
Tabella 3.4: Persone svantaggiate delle cooperative di tipo B per tipologia e ripartizione territoriale (valori percentuali)
PERSONE SVANTAGGIATE ITALIA NORD_OVEST NORD-EST CENTRO MEZZOGIORNO Alcolisti 4,3 4,4 6,7 2,9 2,2 Detenuti ed ex detenuti 8,7 9 9,3 8,1 7,7 Disabili fisici, psichici e sensoriali 46,3 44,7 39,2 59,7 41,3 Disoccupati 3,8 2 2 2,8 12 Minori 0,7 0,7 0,5 0,5 1,3 Pazienti psichiatrici 15 16,6 20,4 11,2 8,9 Tossicodipendenti 16 20,1 15 13 13,6 persone con altro tipo di disagio 5,2 2,5 6,9 1,8 13
Fonte: Istat, Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005
I dati mostrano che nel nostro paese questa forma d’inserimento lavorativo è atti-vata soprattutto con soggetti ormai adulti che hanno alle spalle un percorso d’emarginazione sociale, mentre la presenza di giovani a rischio d’esclusione ha una in-cidenza inferiore. Sono ugualmente contenuti gli inserimenti di persone oltre i 55 anni che vivono una condizione di disoccupazione prima del pensionamento26. La maggior
25 Cgm (2005) Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Torino, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli
26 Un aspetto che è stato ampiamente rilevato in letteratura è il fatto che nel nostro paese, a differenza di molte altre realtà europee, il numero di anni di disoccupazione del lavoratore è
32
Oggettivo e soggettivo a confronto
parte dei lavoratori svantaggiati entrano in cooperativa sociale accompagnati da una segnalazione dei servizi sociali che, nonostante le trasformazioni, continua a essere il primo canale d’accesso al lavoro cooperativo. Crescono le segnalazioni da parte di altre cooperative o dal volontariato, mentre restano contenute quelle provenienti dai Centri dell’impiego. Studiosi sottolineano che le cooperative di tipo B sono impegnate preva-lentemente nelle politiche sociali poi in quelle occupazionali27.
Per quanto riguarda le condizioni contrattuali, la quasi totalità dei lavoratori svantaggiati ha un contratto di lavoro a tempo determinato uguale o superiore ad un anno, oppure risulta assunto a tempo indeterminato (full time o part time)28.
3.1.3 Il ruolo dei volontari
La funzione del volontariato nelle cooperative, di chi offre la propria prestazione gratuitamente, è stata oggetto del dibattito già in sede di approvazione della storica leg-ge 381/9129. Nell’ultimo decennio i volontari sono molto diminuiti, attestandosi tra il 10% e il 15% dei lavoratori, ma restano una figura strategica nella cooperativa in quan-to garanti, in certo senso, della gratuità e dell’attenzione disinteressata per il servizio all’utenza, elementi solidaristici fondamentali del mondo della cooperazione sociale. Oggi i volontari sono maggiormente presenti nelle cooperative di tipo B che in quelle di tipo A.
scarsamente considerato come fattore motivante l’inserimento lavorativo in una cooperativa so-ciale.
27 Cfr. ibidem. 28 Ivi, pp. 193-195. 29 Durante il quale si è giunti anche ad ipotizzare l’individuazione di una percentuale mi-
nima di individui che prestassero la propria opera gratuitamente all’interno della cooperativa, ipo-tesi poi non tradotta in legge.
33
Oggettivo e soggettivo a confronto
3.2 Qualità e motivazione Illustrate le caratteristiche del lavoro nelle cooperative sociali restano da delineare
le prospettive teoriche che fondano la presente Ricerca. Come indagare le condizioni di lavoro nelle cooperative? Cosa s’intende per condizioni di lavoro?
3.2.1 La qualità del lavoro
Un concetto basilare nell’analisi delle condizioni di lavoro è quello di qualità del lavoro, concetto relativo e multidimensionale per il quale non esiste un indicatore uni-voco né una definizione universalmente accettata in letteratura. Gli studi di settore propongono differenti dimensioni della qualità del lavoro, che interessano sia le carat-teristiche del posto di lavoro - la qualifica il contenuto, la retribuzione, l’orario - sia a-spetti dell’ambiente di lavoro, inteso come cornice organizzativa, formazione, prospet-tive d’avanzamento professionale, assicurazioni contro gli infortuni e la malattia30.
Vi sono metodi tradizionali di misurazione della “qualità”, basati su statistiche e-conomiche, come il calcolo della produttività oraria o il reddito procapite, e ricerche più recenti, volte a determinare su base anche soggettiva il grado di soddisfazione per-sonale quale elemento di misura della qualità del lavoro31.
Una sistematizzazione dei fattori di qualità del lavoro è stata proposta, in ambito italiano, da Luciano Gallino, Alberto Baldissera e Paolo Ceri32, i quali individuano quat-tro dimensioni della qualità del lavoro:
la dimensione ergonomica, corrispondente ai bisogni psicofisici del lavoratore: un ambiente lavorativo non nocivo e stimolante e un lavoro che rispetti la struttura ana-tomica e le esigenze fisiologiche del lavoratore stesso;
la dimensione della complessità, corrispondente ai bisogni d’impegno nelle diffi-coltà, di creatività, di formazione professionale, di cumulazione dell’esperienza;
la dimensione dell’autonomia, relativa al bisogno di una certa discrezionalità nelle condizioni del proprio lavoro, nella propria condotta lavorativa, nelle regole con cui svolgere un’attività o raggiungere un obiettivo;
30 Per approfondimenti: Clark (1998), Leontaridi & Sloane (2000). 31 Per approfondimenti: Hamermesh (1999). 32 Per approfondimenti: Luciano Gallino, Paolo Ceri, Alberto Baldissera (1976).
34
Oggettivo e soggettivo a confronto
la dimensione del controllo, corrispondente al “bisogno di controllare le condi-zioni generali del proprio lavoro, come l’oggetto della produzione, la sua destinazione, l’organizzazione, le attività da assegnare al proprio centro e agli altri centri di decisio-ne”33.
Queste quattro dimensioni hanno una valenza motivazionale, intesa come capacità di motivare i lavoratori a un’azione collettiva, in senso crescente dalla pri-ma alla quarta dimensione. Quattro dimensioni che rappresentano, quindi, al tempo stesso, bisogni tra loro gerarchizzati. Quando saranno soddisfatti i bisogni della prima dimensione (ergonomica) i lavoratori avvertiranno i bisogni della seconda dimensione (complessità). Quando i bisogni della seconda dimensione saranno soddisfatti si avvertiranno i bisogni della terza dimensione (autonomia). Quando questi ultimi troveranno soddisfazione si percepiranno quelli della quarta dimensio-ne (controllo). Vedremo queste dimensioni applicate all’intervista e declinate dalle riposte dei lavoratori alle domande a loro sottoposte.
Non a caso il concetto di ‘qualità del lavoro’ ha acquistato recentemente rilievo anche in ambito europeo34. La Commissione Europea suggerisce di raggruppare i prin-cipali componenti della qualità del lavoro in due categorie:
caratteristiche del posto di lavoro35 fattore ambiente di lavoro e condizioni sul mercato del lavoro36.
33 Cfr. Ibidem. 34 Nel 2000 la Strategia di Lisbona ha identificato lo sviluppo delle strutture per l’infanzia
come uno degli strumenti per favorire l’incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro; nel marzo 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha quindi invitato i paesi dell’UE ad e-levare l’offerta di asili nido, in modo da consentire la frequenza al 33% dei bambini sotto i 3 anni entro il 2010.
35 Caratteristiche oggettive e caratteristiche intrinseche quali il grado di soddisfazione pro-fessionale, la retribuzione, le gratifiche extrasalariali, l’orario di lavoro, le qualifiche, la formazio-ne, le prospettive di carriera, il contenuto del lavoro, la sintonia tra esigenze del posto di lavoro e le qualifiche del lavoratore.
36 Il quale include aspetti quali la parità di trattamento tra i sessi, la protezione della salute e della sicurezza, la flessibilità e la sicurezza, l’accesso al lavoro, l’equilibrio fra lavoro e sfera pri-vata, il dialogo sociale e la partecipazione dei lavoratori alle funzioni di rappresentanza, la diversi-ficazione e la non discriminazione, solo per citare i più importanti. In base a tali categorie la Commissione Europea ha elaborato alcuni importanti indicatori della qualità del lavoro utilizzati nel quadro della ‘strategia europea sull’occupazione’ volti a valutare il raggiungimento di prefissati obiettivi di qualità da parte degli Stati Membri grazie alle loro politiche.
35
Oggettivo e soggettivo a confronto
3.2.2 La motivazione al lavoro
Nella presente indagine si è data molta importanza alla dimensione soggettiva nell’analisi delle condizioni di lavoro. Da cui la scelta d’impiegare uno strumento di ri-levamento qualitativo, un questionario semi-strutturato37 capace di far emergere il vis-suto de lavoratori delle cooperative.
Alcune analisi di taglio soggettivo sulla qualità di lavoro nelle cooperative hanno in passato dato peso alla soddisfazione dei lavoratori38. Da questo punto di vista la nostra indagine fa riferimento alla formulazione delle dimensioni della qualità del lavoro in chiave soggettiva data da Avallone (1994) e centrata sul concetto di motivazione. Egli de-finisce la motivazione come il processo di forze che attivano, dirigono e sostengono il comportamento individuale nel corso del tempo. Riferita alla persona che lavora, quindi, la motivazione si configura come l’insieme di variabili in grado di giustificare il dispiegamento delle energie psicofisiche della persona nell'attività professionale, nell’intensità e persistenza di tale investimento volontario.
Gli elementi che governano la motivazione sul lavoro sono stati oggetto di varie teorie, raggruppabili in due principali: (1) le teorie del contenuto, che tentano d’individuare i bisogni primari che spingono all'azione; (2) le teorie del processo, che focalizzano l'attenzione sul processo psicologico implicato nella motivazione. Delle prime fanno parte Maslow (e precursori)39 e Herzberg,40 delle seconde Vroom41. A par-
37 Per approfondimenti si veda il Cap. . 38 È il caso, ad esempio, della ricerca di Carlo Borzaga e Sara Depetri (2003) sulla coope-
razione sociale in Italia, che contiene una parte sulla soddisfazione dei lavoratori intesa in termini di “benessere”. Una ricerca che si concentra anzitutto sul peso dei fattori economici nella produ-zione del benessere dei lavoratori delle cooperative.
39 La ‘motivazione’ emerge nell’era taylor-fordista. Per Taylor si doveva stimolare la moti-vazione del lavoratore per incentivarne la produttività. A partire da Elton Mayo si è indagata la natura sociale e relazionale della persona, la rilevanza delle motivazioni e del suo bisogno di sicu-rezza, definendo il cosiddetto “fattore umano”, complesso di determinanti psicologiche che con-dizionano il comportamento dei soggetti, (coesione del gruppo di lavoro, percezione della propria centralità, senso d’utilità per il proprio operato). L’esistenza del “fattore umano” fu dimostra a partire dal rilievo di un effetto, poi denominato “effetto Hawthorne”. Questo fenomeno consi-steva nel comportamento che i lavoratori, consci di essere soggetti ad osservazione, mettevano in atto. L’osservazione del comportamento conduceva a un miglioramento delle prestazioni lavora-tive e di conseguenza un aumento della produttività. Il ruolo del fattore umano nel lavoro è al centro della teoria dei bisogni d’Abraham Maslow, che sostiene che l’agire personale, anche sul lavoro, tende a soddisfare bisogni ordinati secondo una gerarchia. Dal basso si distinguono i bi-sogni fisiologici di sopravvivenza (respirare, bere, mangiare, riposare, muoversi); i bisogni di sicu-
36
Oggettivo e soggettivo a confronto
tire dalla distinzione tra fattori igienici e motivanti l’azione è possibile affiancare a fat-tori obiettivi quali la condizione “contrattuale” una dimensione soggettiva legata a co-me l’individuo lavoratore percepisce il proprio lavoro e a come esso tesse le sue rela-zioni sociali nell’ambiente di lavoro42.
Schema 3.5: La classificazione dei bisogni secondo Herzberg e Maslow
Fonte: Elaborazione propria.
rezza fisica ed emotiva (libertà da pericoli, minacce/privazioni provocate da danni fisici, angustie economiche, malattia; il bisogno d’amore e appartenenza, cioè d’identificazione con il gruppo o l'azienda e d’un ambiente socievole e gradevole (relazioni affettive, accettazione da parte dei pari, riconoscimento come membro del gruppo, stare insieme); il bisogno di stima e autostima (rico-noscimento degli altri e rispetto di sé). In ultimo il bisogno di autorealizzazione. Per Maslow l’agire è finalizzato ad appagare prima i bisogni di livello inferiore; poi, quando la loro soddisfa-zione cessa di renderli motivanti, i bisogni gerarchicamente superiori.
40 La teoria di Maslow è stata più volte rielaborata. Una interessante integrazione è propo-sta da Frederick Herzberg, il quale individua due ordini di fattori decisivi. Anzitutto i fattori igie-nici, tra cui la supervisione da parte dei superiori, le politiche e l'amministrazione dell'azienda, le condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale, stipendio), le relazioni coi superiori, i pari e i su-bordinati, lo status, la sicurezza del lavoro e gli effetti sulla vita personale. Fattori i quali se non motivano, ugualmente, se se non trovano soddisfazione producono malcontento e insoddisfazio-ne. Il secondo ordine di fattori comprende i fattori motivanti, in altre parole quelli che promuo-vono la persona al lavoro: appagando i bisogni superiori essi spingono l’individuo che lavora a una maggiore produttività. Cfr. Herzberg (1959).
41 Secondo Vroom la motivazione è correlata a due fattori: la valenza, riferita all’importanza data dalla persona al conseguimento d’un obiettivo; e l’aspettativa, costituita dalle probabilità riconosciute di riuscire a conseguirlo. La teoria è stata in seguito integrata con la ‘ri-compensa’, valore riferito alla gratifica derivante dal conseguimento dell'obiettivo. Sappiamo quanto il concetto di premialità sia oggi al centro del rapporto tra lavoro, performance ed efficacia.
42 Una doppia prospettiva condivisa, ad esempio, da Avallone (1997) il quale distingue tre generi di cause dell’insoddisfazione lavorativa: (1) il contenuto del lavoro (natura del compito, modali-tà di svolgimento, ambiente fisico in cui si svolge); (2) l’ambiente sociale nel quale il lavoratore opera e la dinamica dei ruoli organizzativi; (3) le variabili riconducibili alle differenze individuali.
37
Oggettivo e soggettivo a confronto
McClelland (1985) ha esplorato l’articolazione interna dei fattori “motivanti”. Fa-cendo attenzione alle inclinazioni motivazionali egli ipotizza tre concause: successo (a-chievement); potere (power); affiliazione (affiliation). Ognuna ha in ogni persona diversa prevalenza, producendo differenti orientamenti motivazionali43. Ogni fattore è caratteriz-zato da quattro elementi: (1) tipologie d’incentivi/bisogni attivanti; (2) caratteristiche personali associate; (3) obiettivi sociali; (4) una paura da cui rifuggire.
Tabella 3.6: Le motivazioni secondo McClelland TIPO DI
MOTIVAZIONE INCENTIVO/BISOGNO CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO
OBIETTIVO SOCIALE PAURA
ACHIEVEMENT Perseguire l’eccellenza, supera-re ostacoli, risolvere problemi,
mostrare cosa si sa fare
Realista, realizzativo, re-sponsabile, più attivo della media, attento al feedback sulla propria prestazione
Successo profes-sionale, non per carriera ma per
piacere di mettersi alla prova
Insuccesso
POWER Influenza e controllo sugli altri, prestigio sociale, leadership
Competitivo, tendente alla leadership
Posizioni manage-riali, professioni influenti e presti-giose, riconosci-
mento sociale
Dipendenza
AFFILIATION Piacere di interagire con perso-ne, dare e ricevere solidarietà e sostegno, avere relazione affet-
tiva positiva con gli altri
Conformista, cooperativo, rifugge dai conflitti, dalla competizione e dalle criti-
che, cerca il dialogo
Ruolo gregario, posizione di facili-
tatore ma non manager respon-
sabilità
Rifiuto
Fonte: Elaborazione degli autori.
La teoria di McClelland permette d’integrare due importanti tematiche indagate dalla presente indagine: la motivazione e la qualità del lavoro. Seguiremo McClelland, Gallino Baldissera e Ceri nella considerazione dei fattori motivazionali nell’analisi della qualità del lavoro, i quali indicano che il Power è assimilabile al controllo e, in parte, all’autonomia del soggetto, l’Achievement ai bisogni di complessità, l’Affiliation al ruolo imprescindibile della dimensione relazionale nella motivazione al lavoro.
Il questionario d’indagine è stato costruito tenendo presenti queste teorie e la di-cotomia di Herzberg. I risultati delle interviste ai lavoratori e ai dirigenti mostrano la motivazione e la qualità del lavoro percepite dagli operatori delle cooperative sociali della Provincia di Pisa, come illustrato nei Capitoli V e VI di questo Rapporto.
43 Ad esempio, se la persona è prevalentemente motivata al successo sarà spinta a com-portarsi in modo da assecondare la necessità di eccellere e di riuscire ad ogni costo in quello che fa, attribuendo maggior valore alle situazioni nelle quali i risultati delle prestazioni sono dovuti soprattutto ai propri sforzi o nelle quali è attivato un feedback che permette di migliorarsi costan-temente.
38
PARTE SECONDA
L’INDAGINE E I RISULTATI
CAPITOLO IV
GLI OBIETTIVI E LO STRUMENTO 4.1 Scopi e modalità
L’indagine, a carattere qualitativo, è basata sulla realizzazione di trentaquattro in-terviste semi-strutturate a lavoratori e dirigenti di Cooperative sociali di tipo A e B44 operanti nelle tre Zone Socio-Sanitarie della Provincia: l’Area pisana, la Valdera e il Valdarno Inferiore. Ciò nell’obiettivo di restituire un quadro verosimile delle condizio-ni di lavoro nelle cooperative sociali della Provincia, raccogliendo i punti di vista, le percezioni, le storie dei lavoratori e dei dirigenti che operano in questo settore.
Lo scenario delineato non aspira alla perfezione né alla rappresentatività statistica dei dati. Vuole invece dare senso alle testimonianze degli intervistati mediante doman-de estendibili a tutto l’universo di indagine45.
Sono perciò state realizzate interviste semi-strutturate, che permettono ai soggetti di esprimersi in modo libero sulla base di domande omogenee e di stimoli suggeriti dal ricercatore. L’intervistatore ha rilevato i pareri a partire da domande predisposte che hanno affrontato li aspetti fondamentali della motivazione e della qualità del lavoro so-ciale46.
Le trentaquattro interviste sono state effettuate su un campione di 12 cooperative della Provincia di Pisa. In ciascuna sono stati intervistati due lavoratori e un dirigente, così da poter confrontare meglio i due punti di vista.
Laddove possibile47 si è cercato d’intervistare nella stessa cooperativa due diversi tipi di lavoratori/lavoratrici: (i) un socio non appartenente al Cda e (ii) un lavoratore non socio, il quale collaborasse con la cooperativa da non più di sei mesi.
44 Per una trattazione delle differenze tra queste due tipologie di cooperative si veda il Ca-pitolo I.
45 Cfr. Corbetta (1999). 46 Si veda il paragrafo 4.2. 47 Per motivi di carattere logistico, attinenti alla difficoltà oggettiva di raggiungere i lavora-
tori attraverso canali differenti, la selezione dei lavoratori è stata effettuata sulla base delle indica-zioni fornite dalla stessa dirigenza della cooperativa. In aggiunta a questo fattore, in molti casi di cooperative piccole non è stato possibile applicare questi criteri.
41
Gli obiettivi e lo strumento
La possibilità di cogliere una pluralità di punti di vista, e quindi una percezione multipla della stessa realtà, costituisce un aspetto fondamentale nella raccolta delle in-formazioni, in grado di potere interpretare i fenomeni nella convinzione che ogni ri-sposta sia lo specchio di una parte di verità48.
Tabella 4.1: Articolazione del campione INTERVISTATI
ZONA SOCIO-SANITARIA COOP. A COOP. B TOTALEDirigenti Lavoratori
TOTALE INTERVISTE
Area Pisana 5 2 7 7 12 19 Valdera 3 1 4 4 8 12
Valdarno Inferiore 1 0 1 1 2 3 Totale 9 3 12 12 22 34
Fonte: Elaborazione su dati della presente Indagine.
4.2 L’intervista ai lavoratori e ai dirigenti L’intervista ai lavoratori è stata strutturata in quattro sezioni principali:
• Caratteristiche ascrittive. La prima sezione del questionario rileva come età, luo-go di nascita e di residenza, titolo di studio e composizione del nucleo fami-liare dell’intervistato.
• Caratteristiche del lavoro e dell’ambiente di lavoro. Domande per individuare l’inquadramento lavorativo del soggetto all’interno della cooperativa, con ri-ferimento al suo (i) status di socio/non socio, (ii) tipologia contrattuale (tempo indeterminato, determinato o precario), (iii) remunerazione, (iv) ora-rio di lavoro e infine (v) mansione ricoperta;
• Motivazione e percorso lavorativo. Domande tese a valutare (i) la storia lavorativa del soggetto (lavori precedenti), (ii) i canali attraverso i quali si è giunti alla cooperativa e (iii) le motivazioni che hanno portato a scegliere l’attuale oc-cupazione. Infine, le domande rilevano (iv) l’anzianità del soggetto nella co-operativa e (v) il modo in cui si è evoluto nel tempo il suo rapporto con l’organizzazione.
• Il livello di soddisfazione lavorativa. Questa sezione del questionario costituisce il cuore dell’intervista. Si articola in due parti, rispondenti ai livelli di soddisfa-
48 Cfr. Bertaux (2005).
42
Gli obiettivi e lo strumento
zione lavorativa individuati dalla letteratura metodologica49: • fattori materiali. Domande volte a indagare la soddisfazione del lavoratore in
merito a (i) retribuzione e condizioni di lavoro (orario, contratto, mezzi), (ii) precarietà, (iii) comfort e sicurezza sul posto di lavoro;
• fattori immateriali. Domande volte a cogliere i fattori di soddisfazione attinenti la sfera della motivazione personale: (i) riconoscimento, utilità e responsabi-lità del proprio lavoro, (ii) achievement, (iii) status di socio/non socio, (iv) sfera relazionale (sia in riferimento alla dirigenza che ai colleghi), (v) senso d’identificazione con la cooperativa.
L’intervista è conclusa da una domanda di sintesi sulle criticità odierne del lavorare in cooperativa.
L’intervista ai dirigenti è strutturata in tre sezioni: • Caratteristiche ascrittive e percorso lavorativo. Una prima parte tesa a rilevare: (i) da-
ti ascrittivi (età, luogo di nascita e di residenza, composizione del nucleo fa-miliare e titolo di studio dell’intervistato) e (ii) percorso e condizione lavora-tiva (remunerazione, orario, mansione, lavori precedenti, modalità di accesso alla cooperativa e anzianità di servizio).
• Caratteristiche del lavoro e dell’ambiente di lavoro. Una sezione di domande sul ruo-lo dell’intervistato come rappresentante della cooperativa. Domande sull’ orga-nizzazione che includono, ad esempio, la tipologia, l’anno di formazione, il numero e la composizione degli addetti, il numero e la composizione del Cda, i canali per il reclutamento e i criteri di selezione del personale, il per-corso tipico di un lavoratore all’interno della Cooperativa. Per le cooperative B in questa sezione sono state previste domande specifiche circa il numero, la composizione, le condizioni di lavoro, il percorso degli svantaggiati.
• Condizioni di soddisfazione lavorativa. In questa sezione le domande indagano il punto di vista dei dirigenti circa la soddisfazione dei lavoratori della coopera-tiva, in relazione a (i) fattori materiali (retribuzione, condizioni di lavoro, precarietà/stabilità, comfort e sicurezza), (ii) fattori immateriali (responsabili-tà, vantaggi/svantaggi dell’essere/non essere socio, relazioni, identificazione
49 Si veda il Capitolo III.
43
Gli obiettivi e lo strumento
dei lavoratori con la cooperativa); infine circa (iii) le politiche della coopera-tiva (relative a incentivi economici, formazione, turnover, pari opportunità). Anche questa sezione ha previsto domande specifiche per le cooperative B, relative alle politiche della cooperativa in favore dei soggetti svantaggiati.
44
CAPITOLO V
I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI LAVORATORI50 5.1 La storia lavorativa
La prima sezione del questionario dedicato ai lavoratori ricostruisce il per-corso e la carriera di lavoro: l’ingresso in cooperativa, le sue motivazioni, la carriera e l’acquisizione dello status di socio.
5.1.1 L'ingresso in cooperativa e la motivazione
La maggior parte del campione (16 intervistati su 22) è entrata nella coopera-tiva dove attualmente opera grazie alla conoscenza di persone che già vi lavoravano. In 4 casi questa conoscenza è stata maturata con un’esperienza di volontariato nella stessa organizzazione. Negli altri casi erano soggetti esterni alla cooperativa che vi sono entrati grazie alla segnalazione di un lavoratore interno, in alcuni casi dello stesso presidente). Negli altri 8 casi l'ingresso è avvenuto attraverso la presentazione di un curriculum. L’ingresso in cooperativa per cooptazione è ancora una modalità prevalente e molto efficace.
Per la maggioranza degli intervistati alla base della scelta di lavorare in coo-perativa c'è l'interesse per il settore noprofit. Ben 16 intervistati su 22 alla domanda sulle motivazioni di scelta del lavoro rispondono di essere interessati al sociale. In alcuni casi, poi, si tratta di un interesse a lungo termine, che ha radice in precedenti personali e di lavoro.
Sono sempre stata appassionata al sociale, fin da quando mi è capitato di prendermi cura della sorella disa-bile di mio marito. In seguito a questa esperienza personale ho fatto un corso per Osa [operatore socio assi-stenziale] e ho iniziato a lavorare nel settore.
Francesca, 59 anni.
Il mio interesse per il settore è legato al periodo in cui mi occupavo di soggetti svantaggiati come sacerdote. Ora lavorare in cooperativa mi permette di mantenere un forte contatto con la dimensione reale dei problemi e con la funzione educativa.
50 I nomi dei lavoratori intervistati che compaiono in calce alle citazioni del presente Capi-tolo sono fittizi, a tutela della privacy dei lavoratori stessi.
45
L’indagine sui lavoratori
Marco, 40 anni, ex sacerdote, responsabile area alta marginalità.
In alcuni casi l'interesse per il settore si accompagna a una scelta coerente con il percorso di studi. Circa la metà degli intervistati ha alle spalle una formazione specifica, un diploma magistrale o laurea in ambito sociale; oppure, in alternativa, in assenza di titoli di studio "classici", una formazione ad hoc mediante un corso pro-fessionalizzante.
Ho scelto questa cooperativa perché ne avevo sentito parlare bene, ma soprattutto perché vorrei fare un lavoro affine al mio percorso di studi. È questo il motivo per cui sto investendo in questa esperienza.
Sonia, 30 anni, laureata in Scienze dell'educazione, educatrice.
Ho sempre avuto un interesse personale per l'area del disagio, anche se il mio percorso di studi non c'entra molto [ha iniziato un professionale, poi abbandonato] Però ho frequentato dei corsi professionali per educa-tore.
Fabio, 36 anni, coordinatore area residenziale.
Altre volte l'interesse per il sociale è legato a valutazioni di carattere relazio-nale:
Sono interessata al settore, e mi piace il tipo di persone che lavorano in quest’ambito. Dopo il diploma ho anche svolto dei corsi di formazione per professioni nel sociale.
Michela, 29 anni, diploma d’operatrice familiare, operatrice area infanzia e alta marginalità.
Ma l'interesse per il settore non è l'unica motivazione alla base della scelta di lavorare in cooperativa. In molti casi si tratta di una scelta ‘di comodo’, legata a mo-tivi di vicinanza al luogo di residenza, di convenienza d’orario o, talvolta dovuta alla difficoltà d’inserirsi nel mercato forprofit.
È stata un'occasione: la ditta dove lavoravo da 25 anni aveva chiuso e avevo bisogno di lavorare. In coope-rativa cercavano persone, l'idea non mi è dispiaciuta ed eccomi qui.
Francesco, 55 anni, caposquadra.
La convenienza d’orario, in particolare, è addotta da molti degli intervistati come uno dei motivi chiave della scelta. Anche quando è presente un interesse spe-cifico per il noprofit la flessibilità d’orario, possibile per alcune mansioni, in particola-re la possibilità del part time, è indicata fra le motivazioni di scelta.
46
L’indagine sui lavoratori
Mi conveniva perché avevo già un altro part-time al pomeriggio e stavo proprio cercando un secondo lavoro. Laura, 54 anni, ragioniera.
Sono stata sempre interessata al sociale fin dall'università, ma una delle principali motivazioni nella scelta di questo lavoro è stata la sua dinamicità, la possibilità di autogestirsi, anche a livello di orario.
Anna, 34 anni, laureata in Scienze Politiche.
La maggior parte del campione (13 su 22) proviene da esperienze lavorative nello stesso settore o in altre cooperative.
5.1.2 Il percorso in cooperativa
Nella maggioranza dei casi il percorso in cooperativa, similmente al forprofit, inizia con un periodo ‘di prova’ in cui l'organizzazione si prende il tempo di valuta-re la persona sul lavoro prima di legarla a sé in modo più stabile. Una differenza sta nella diversità e differenziazione dei rapporti di lavoro, che nelle cooperative sociali corrispondono al periodo iniziale di prova. Le persone intervistate hanno testimo-niato di varie forme di ‘collaborazione’ preliminare con la cooperativa, in seguito al-le quali vi è stata la proposta di un contratto a tempo indeterminato. Quattordici su ventidue hanno seguito questa strada. Alcuni sono entrati in cooperativa dopo un periodo di volontariato, altri dopo un regolare tirocinio/stage, altri dopo avervi svol-to il servizio civile, altri ancora dopo un lavoro stagionale.
Un'attenzione specifica nel corso delle interviste è rivolta al percorso che conduce a diventare socio. Ai soci intervistati, 12 sui 22 intervistati, è stato chiesto quali fossero i meccanismi con cui la cooperativa decide di o invita a diventare so-cio. E quali vantaggi/svantaggi i lavoratori percepiscono avere lo status di socio. Le risposte sono molto indicative e coerenti, pur con alcune sfumature.
Essere socio è per la cooperativa una scelta di fiducia nei confronti del lavo-ratore. La proposta avviene in genere dopo che questi ha maturato un’esperienza nell'organizzazione. Per il lavoratore diventare socio è una scelta di fedeltà all'orga-nizzazione. Organizzazione che dal socio si aspetta un maggiore impegno e dispo-nibilità, anche in termini di orario di lavoro, una maggiore propositività. Con in
47
L’indagine sui lavoratori
concambio la possibilità di partecipare alle decisioni della cooperativa51 e la tanto agognata ‘stabilità’.
Nella percezione dei lavoratori intervistati l'essere socio significa soprattutto partecipazione attiva alla vita della cooperativa. Tutti hanno sottolineato che lo sta-tus di socio non porta vantaggi economici ma dà più chance di condividere le deci-sioni. Ovvero, in termini analitici – con Gallino, Baldissera e Ceri – di soddisfare i bisogni afferenti alla sfera del “controllo”, il quali costituiscono bisogni di motiva-zione al lavoro gerarchicamente alti52. Inoltre, diventare socio significa guadagnare in termini di sicurezza contrattuale. Le risposte degli intervistati mostrano infatti come lo status di socio vada di pari passo con l'ottenimento di un contratto a tempo indeterminato. Su 12 soci, solo 1 è a tempo determinato, mentre sui 10 non-soci so-lo 3 sono a tempo indeterminato.
Essere diventata socia non mi ha portato ufficialmente dei vantaggi, ma credo che fornisca più garanzie: ef-fettivamente dopo esserlo diventata ho chiesto e ottenuto più ore di lavoro e ho avuto il contratto a tempo in-determinato. Ci sono comunque più responsabilità.
Martina, 30 anni, socia, tempo indeterminato.
Essere socio è un vantaggio per la sicurezza: se c’è meno lavoro, [la cooperativa] prima salvaguarda i soci. Sabrina, 20 anni, non socia, tempo determinato.
Lo status di socio sembra andare di pari passo con ruoli di maggiore respon-sabilità all’interno della cooperativa, ma d’altro canto richiede ai lavoratori maggiore disponibilità.
Se sei socio la cooperativa si aspetta una maggiore disponibilità specie se c’è un’urgenza, anche se non è ob-bligatorio. In genere quando diventi caposquadra ti propongono di diventare socio.
Giorgio, 36 anni, socio, tempo determinato.
In alcuni casi i maggiori impegni richiesti ai soci a fronte di nessun incentivo economico funzionano da deterrente per il lavoratore non-socio rispetto all’ even-
51 Si ricorda che le decisioni più significative sono prese a livello di Cda e non a livello di assem-blea dei soci. Vedi retro, Capitolo VI.
52 Cfr. § 3.2.
48
L’indagine sui lavoratori
tuale decisione di cambiare il proprio status. Questo si riscontra sia presso i lavora-tori che operano nella cooperativa da diversi anni, sia presso i neoassunti:
Non ho voluto diventare socia perché avevo i miei motivi. Richiedeva troppo impegno in una cooperativa rappresentata da persone senza le necessarie competenze.
Laura, 54 anni, non socia, da 5 anni in cooperativa, tempo indeterminato.
Se sei socio ci sei dentro: se diventi socio ti prendono a tempo indeterminato, ma richiede troppo coinvolgimen-to nella cooperativa. Per ora non sono interessata a diventare socia.
Sonia, 30 anni, non socia, 1 anno in cooperativa, tempo determinato.
A volte sono gli stessi soci – specie nelle cooperative di piccole dimensioni – a lamentare l’eccessiva disponibilità richiesta a coloro che hanno questo status:
Per le socie è richiesto troppo impegno, dobbiamo essere reperibili un mese a turno. Ci vorrebbero degli incen-tivi economici.
Francesca, 59 anni, socia, operatrice, tempo indeterminato.
Un accenno merita il significato assunto dal contratto a tempo indetermina-to nella cooperativa sociale. Laddove, infatti, come noto, e molti lavoratori non a caso lo segnalano, i lavori in gestione della cooperativa sono per buona parte legati alla presenza di progetti finanziati, il fatto di avere un contratto a tempo indetermi-nato garantisce il lavoratore dall’inevitabile fluttuazione periodica dei budget e delle commesse in cui la cooperativa è impegnata.
C'è un forte senso di precarietà nel lavorare in cooperativa. Il lavoro è legato ai progetti che vanno e vengono e se non vengono riconfermati il lavoro non c'è più.
Michela, 29 anni, operatrice, tempo determinato. 5.2 La soddisfazione
I contributi teorici illustrati nel Capitolo III53 riferiscono la presenza di due distinti fattori che concorrono a determinare la soddisfazione lavorativa. Un fattore ‘materiale’ relativo alle condizioni concrete di lavoro (retribuzione, orario di lavoro, stabili-tà/precarietà del lavoro, sicurezza); e un fattore ‘immateriale’ ove confluiscono la par-
53 Si veda il Paragrafo 3.2.
49
L’indagine sui lavoratori
tecipazione alle decisioni, le dinamiche relazionali, il grado di achievement rispetto al pro-prio lavoro. Herzberg54 ha evinto dai fattori immateriali le condizioni ‘motivanti’, quelli da cui dipende la soddisfazione del lavoro; mentre dai fattori materiali, da lui chiamati ‘igienici’, dipenderebbe direttamente l’ insoddisfazione.
Riprendendo questa indicazione, i fattori di qualità del lavoro distinti da Gallino, Baldissera e Ceri55 definiscono quattro dimensioni, che ricordiamo:
La dimensione ergonomica, corrispondente grossomodo ai fattori “igienici” (di Her-zberg) attinente i bisogni psicofisici del lavoratore.
La dimensione della complessità, rispondente ai bisogni di formazione e cumulazione dell’esperienza.
La dimensione dell’autonomia. La dimensione del controllo, che riguarda il bisogno di controllare le condizioni gene-
rali del proprio lavoro.
Le quattro dimensioni rappresenterebbero bisogni fra loro gerarchizzati: una volta soddisfatti i bisogni ergonomici i lavoratori tendono ai bisogni di complessità, poi all’autonomia, quindi al controllo.
Il quadro del lavoro in cooperativa emerso dall’indagine mostra che la ripartizione tra fattori materiali e immateriali è adeguata. Tuttavia tra le due dimensioni sembra esi-stere uno spazio di ‘neutralizzazione’, caratteristico del noprofit, capace di bilanciare l’insoddisfazione materiale con la soddisfazione immateriale. In altre parole, i lavoratori sembrano non rispondere in senso pienamente gerachico all’ articolazione dei bisogni nel senso di Gallino, Baldissera, Ceri.
5.2.1 I fattori materiali
Stipendio, orario di lavoro, sicurezza sul posto di lavoro e senso di precarietà del lavoro mostrano, nel campione intervistato, un livello critico di soddisfazione. Gli in-terpellati palesano scarsa soddisfazione specie riguardo la remunerazione. Praticamente tutti lamentano difficoltà a vivere con lo stipendio offerto dalla cooperativa, mentre al-
54 Cfr. Herzberg (1959). 55 Cfr. Paragrafo 3.2.
50
L’indagine sui lavoratori
tri segnalano la necessità di fare altri lavori per sbarcare il lunario. La questione è im-portantissima, ne abbiamo accennato nei capitoli precendenti. Queste le testimonianze.
Lo stipendio che percepisco da solo non mi basterebbe per vivere: ce la faccio solo grazie allo stipendio di mio marito.
Maria, 50 anni, 900 euro (38h/sett.).
Questo stipendio non mi basterebbe: devo fare altri lavori per mantenere me e i miei figli. Giulia, 34 annui, separata, 650 euro (30h/sett.).
Lo stipendio mi basta solo perché sono da solo: se avessi una famiglia non mi basterebbe. Andrea, 46 anni, celibe, 1000 euro (40 h/sett.).
Per vivere devo ricorrere agli assegni familiari e alla pensione d’invalidità di mio marito. Francesca, 59 anni, sposata, 900 euro al mese (38 h/sett).
Alcuni deplorano che vi sia così grande differenza tra lo stipendio di chi la-vora in cooperativa e quello degli impiegati pubblici.
Gli stipendi non sono assolutamente adeguati rispetto al settore pubblico ... al Sert ad esempio ... io e mia moglie riusciamo ad andare avanti solo perché anche lei lavora.
Paolo, 49 anni, 1100 euro (38h/sett).
Lavorare in cooperativa è più facile accanto a un altro stipendio, che sia del coniuge, del compagno/a, della famiglia di origine. Per gli sposati, 13 casi su 22, o per chi vive nella famiglia di origine, 4 casi, lo stipendio percepito in cooperativa non permette di vivere da soli. Difficoltà denuncia anche chi vi riesce: i 5 intervista-ti su 22 che vivono da soli, dei quali 2 uomini (su 6 totali) che peraltro hanno sti-pendi sopra la media.
Lo stipendio medio degli intervistati si aggira intorno ai 900 euro mensili. Gli uomini guadagnano mediamente, sia pur di poco, più delle donne, le quali, a parità d’orario, raramente superano i 1000 euro al mese56. Gli stipendi sono quindi molto bassi.
56 Si veda il dato economico della griglia riepilogativa delle interviste in calce a questo Ca-pitolo.
51
L’indagine sui lavoratori
Economicamente la politica delle risorse umane non si mostra statica. Al di là del-lo “stipendio fisso mensile”, gli intervistati dichiarano di non ricevere incentivi econo-mici dalle cooperative. Solo due organizzazioni prevedono forme d’incentivo. In un caso i soli soci ottengono un bonus di 100 euro a Natale, giudicato dagli intervistati irri-sorio. Nel secondo si tratta di una cooperativa di tipo B che opera nella gestione del ‘verde’; qui i capisquadra soci ricevono integrazioni economiche dette ‘indennità di re-sponsabilità’. Si nota, non a caso, come le due cooperative in questione siano tra le più grandi tra quelle prese in esame dall’indagine, rispettivamente con 121 e 80 addetti.
Un altro chiaro fattore d’insoddisfazione materiale di chi lavora in cooperati-va è il senso di precarietà del lavoro. Elemento che gli intervistati legano alla ecces-siva dipendenza delle cooperative dal finanziamento pubblico e da progetti che vengono di volta in volta rinnovati.
Questo lavoro è legato fortemente alla riconferma dei progetti e alla situazione politica congiunturale ... quindi non lo ritengo molto stabile.
Anna, 34 anni, socia, tempo determinato.
Il lavoro in cooperativa è molto incerto, un’incognita, anche se la speranza di poterlo continuare c’è. Marisol, 34 anni, socia, tempo indeterminato.
Non vedo questo lavoro come fonte di reddito per il futuro ... la paga è troppo bassa. Annalisa, non socia, tempo determinato.
La percezione della precarietà del lavoro appare collegata al fatto di avere un contratto a tempo determinato e al non essere socio. Dei 10 non soci intervistati 6 dichiarano di sentire il proprio lavoro instabile, malsicuro, di considerarlo precario, di non sapere se il contratto sarà rinnovato. D’altra parte, abbiamo visto, è il caso di Marisol, è anche tra soci a tempo indeterminato che si ha percezione dell’instabilità del lavoro.
La sicurezza sul lavoro, la possibilità d’incidenti e altri problemi è alta nel campione oggetto d’indagine. Non vi è percezione di particolari rischi connessi al proprio lavoro. La quasi totalità degli intervistati ne parla come di una mestiere che non presenta particolari problematiche. Il settore in cui il lavoratore opera incide. Infatti, mentre nel settore dell’infanzia non vi sono segnalati problemi di sicurezza, chi lavora nell’alta marginalità e con gli anziani nota qualche aspetto critico; mentre
52
L’indagine sui lavoratori
i lavoratori delle cooperative di tipo B sono più allarmati, anche per la presenza di una certa percentuale57 di lavoratori svantaggiati.
Con i lavoratori svantaggiati a volte è difficile far rispettare le più elementari norme di sicurezza -mettersi il casco ad esempio.
Giorgio, 36 anni, caposquadra, cooperativa B.
Si tratta di un lavoro usurante, che prova molto il fisico ... non so per quanto ancora riuscirò a farcela. Maria, 50 anni, operatrice socio-sanitaria nel settore di cura agli anziani.
Ci vorrebbero maggiori garanzie per gli infortuni sul lavoro ... la nostra è una professione ad alto rischio per la salute, facciamo visite domiciliari a pazienti ad alta marginalità e nei campi nomadi e ci sono stati anche casi di scabbia.
Michela, 29 anni, operatrice area infanzia e alta marginalità.
Sento sempre più il peso dell’orario, spesso logorante (facciamo i turni di notte e nel fine settimana), il che non mi permette di avere una vita familiare normale.
Paolo, 49 anni, socio da 8 anni.
Quest’ultima testimonianza introduce su un altro aspetto dell’indagine: la soddisfazione per l’orario di lavoro. Per la maggioranza l’orario di lavoro in coope-rativa è un elemento di soddisfazione. Tutti riconoscono l’importanza della flessibi-lità connaturata ad alcune mansioni nel settore del sociale. Sono previste, infatti, sempre, forme di part time accanto a full time di 38 ore settimanali. Per alcuni lavora-tori l’orario di lavoro costituisce uno dei motivi a monte della scelta di operare in cooperativa.
Ho scelto questo lavoro perché era vicino casa e per l’orario ... un lavoro come un altro. Claudia. 51 anni, tempo determinato.
Ho scelto questo lavoro anche per la possibilità, in quanto coordinatore, di avere orari autogestiti, e per la sua dinamicità.
Anna, 34 anni, tempo indeterminato.
Tuttavia, se il lavoratore o la lavoratrice non svolge una mansione che gli consente d’autogestire la flessibilità d’orario, questa può trasformarsi in un vincolo
57 Per legge non inferiore al 30%. Cfr. Cap. I.
53
L’indagine sui lavoratori
che lo costringe a una turnazione talvolta pesante, come racconta Paolo, 49 anni, socio da 8 anni.
5.2.2 I fattori immateriali
Circa la non linearità dei bisogni dei lavoratori secondo lo schema di Gallino, Baldissera e Ceri, notata in precedenza, c’è chi lamentando il basso stipendio come insoddisfacente, compensa il malcontento con gli elementi di soddisfazione ‘imma-teriale’ connessi al lavorare in cooperativa. La compensazione trova ragione perlo-più nella sfera del controllo58, declinato in termini di partecipazione alla vita e alle de-cisioni della cooperativa. Si tratta di un aspetto molto importante.
Il senso di occupare una posizione di responsabilità dà potere (power59) al la-voratore. Un potere che richiama nel noprofit più che nel forprofit la sfera relazionale, quella affiliation che nella cooperativa funge da collante e da motore della motiva-zione. Nelle cooperative sono mediamente molto alti gli elementi motivanti imma-teriali: la partecipazione alla vita della cooperativa e il dialogo con i colleghi e con i dirigenti. Il senso di riconoscimento del proprio ruolo si traduce in soddisfazione per il lavoro. La socialità del lavoro si conferma nelle cooperative una fondamentale condizione motivante.
Ciò vale di più per i soci che sono da molti anni in cooperativa, o comunque con un contratto di lavoro stabile. Un potere motivante che si riduce man mano che diminuisce l’anzianità e i contratti si fanno più ‘leggeri’.
Chi decide di lavorare in cooperativa sociale sa che gli stipendi non sono alti e se decide di rimanere non è per lo stipendio: c’è un valore aggiunto nelle relazioni, nella condivisione degli obiettivi.
Mario, 40 anni, socio, tempo indeterminato, 900 euro al mese (38h/sett.).
Sento che il mio lavoro è riconosciuto, ho autonomia nelle decisioni e trovo spazio per proposte personali ... i rapporti con la dirigenza poi sono ottimi.
Federica, 23 anni, socia, tempo indeterminato, 900 euro al mese (38h/sett).
58 Cfr. Capitolo III. 59Cfr. ibidem.
54
L’indagine sui lavoratori
Le cooperative non rispondono, così alla gerarchizzazione dei bisogni di Gallino, Baldissera e Ceri. Per i soci lavoratori conta molto il bisogno di controllo an-che in assenza del soddisfacimento dei bisogni che dovrebbero essergli subordinati.
A questo proposito si noti come per alcuni degli intervistati l’aspetto economico non costituisca un problema a fronte della partecipazione alle decisioni e al valore so-ciale del ruolo svolto.
Lo stipendio è adeguato alla mia mansione e sufficiente per vivere ... non cambierei lavoro. Federica, 23 anni, 900 euro.
Ma sulla questione della redistribuzione non tutti hanno le idee chiare. Molti intervistati sembrano convinti che lo stipendio percepito sia il massimo possibile da CCNL, quanto invece il contratto nazionale collettivo di lavoro sancisce i minimi retributivi, non certo i massimi.
Lo stipendio è inadeguato per colpa di un contratto nazionale scaduto e arretrato: la cooperativa applica la paga più alta che può dare.
Annalisa, 28 anni, 1100 euro (38 h/sett).
I dirigenti hanno talvolta un’analoga opinione.
I lavoratori sono poco pagati, ma è un problema nazionale: la cooperativa dà il massimo consentito. Stefania, 39 anni, presidente della cooperativa di Annalisa.
A fronte in un ruolo marginale della dimensione dell’autonomia nel lavoro, nel-le cooperative sociali entrano invece spesso in gioco i bisogni di complessità. Le pos-sibilità di formazione e di crescita lavorativa, di achievement nei confronti del proprio lavoro, sembrano incidere in modo significativo nella percezione della soddisfazio-ne per il lavoro. Per due categorie di soggetti in particolare: i soci, che sono in coo-perativa da molti anni, e i giovani, che provengono da un percorso di studi specifi-co. I quali segnalano la necessità di corsi di formazione volti a migliorare le compe-tenze alte dei lavoratori. I corsi sulla sicurezza 626 non bastano.
Al momento la formazione è svolta perlopiù sul campo, attraverso l’ affiancamen-to a lavoratori esperti, o mediante il lavoro in equipe. Il deficit di competenze è evidente e gli intervistati lo sottolineano come uno dei principali nodi problematici.
55
L’indagine sui lavoratori
La cooperativa non fa della formazione ... non c’è nemmeno una particolare adeguatezza tra le competenze e le mansioni.
Andrea, 46 anni, socio.
La cooperativa non valorizza più di tanto i dipendenti ... e non vedo molta adeguatezza tra titoli di studio e competenze.
Martina, 30 anni, laureata in Scienze dell’educazione, socia.
Questo vale anche per le cooperative di tipo B che hanno tra le fila i lavora-tori svantaggiati. Non vi sono specifici programmi di formazione per questo tipo di lavoratori.
La formazione viene fatta per i capisquadra, e sono questi poi a formare i nuovi lavoratori. Francesco, 55 anni, Terricciola.
Al contrario, se la cooperativa investe sulle risorse umane con la formazione questo è percepito positivamente dai lavoratori e innalza la loro soddisfazione.
Quando i fattori materiali sono poco soddisfacenti conta per i lavoratori so-prattutto il percepire utile il proprio lavoro. Lo stipendio conta meno.
È proprio nel rapporto con gli utenti che mi sento soddisfatta del mio lavoro ... con loro mi sento responsabile e posso prendere delle decisioni autonomamente ... vorrei avere più contatto con loro.
Maria, 50 anni, operatrice socio-sanitaria per anziani.
L’importanza del rapporto con gli utenti e del senso d’utilità del lavoro, in-sieme alla possibilità di realizzare le proprie idee, sono un fattore di motivazione e di soddisfazione. Quando questi vengono meno cade la fiducia nella cooperativa. Le cooperative s’indeboliscono non tanto se pagano poco, quanto se mancano au-tonomia e partecipazione.
Trovo molte difficoltà a mettere in pratica progetti personali ... avrei molte idee ma la cooperativa non si è mostrata molto disponibile a realizzarle ... credo che ci sarebbe bisogno di un maggiore contatto con gli utenti, invece vedo che il lavoro si sta sempre più burocratizzando ... e sento sempre più il peso dell’orario, spesso logorante (facciamo i turni di notte e nel fine settimana) e che non mi permette di avere una vita familiare normale.
Paolo, 49 anni, socio da 8 anni.
56
L’indagine sui lavoratori
5.2.3 Partecipazione e soddisfazione
Abbiamo visto che la maggior parte dei fattori di soddisfazione e insoddisfa-zione trascendono sia lo status di socio/non socio, sia le caratteristiche ascrittive dei lavoratori (età, sesso, ecc.). Il senso di precarietà del lavoro è più accentuato tra i non soci che non tra i soci, conseguenza della maggiore sicurezza e tutela offerta dalla cooperativa a quest’ultima categoria di lavoratori.
Nei soci, che partecipano più attivamente alla vita della cooperativa, il pren-dere decisioni e soprattutto stabilire delle relazioni più strette con i colleghi e la di-rigenza narcotizza l’importanza della retribuzione. L’insoddisfazione dei non soci è di contro più legata alla remunerazione e alla forza contrattuale, nell’ambito d’una rete di relazioni più instabile e meno rassicurante. Proprio sul versante delle rela-zioni i non soci lamentano carenze.
Ci vorrebbe maggior dialogo ... proprio per questo motivo alcuni aspetti non sono gestiti in maniera ottimale. Vienna, 28 anni, non socia.
Per converso, dimostrano la fondamentale importanza delle relazioni i non soci che aspirano a diventare soci e che per questo si impegnano. L’ achivement li ac-comuna ai soci integrati.
Nella cooperativa sento di avere un ruolo di responsabilità, ho un buon rapporto di dialogo con i dirigenti e credo che per me ci siano delle possibilità di crescita. Qui chi decide di rimanere in cooperativa è perché ci cre-de, altrimenti non lo farebbe perché gli stipendi sono bassi. Vorrei diventare socia, per avere più voce in capi-tolo.
Michela, 29 anni, non socia.
57
L’indagine sui lavoratori
Fra i soci ve ne sono alcuni che vivono questo ruolo con problematicità, proprio perché si aspettavano da questo status un maggiore ruolo nella cooperativa più partecipazione alle decisioni. Il caso di Paolo, sopra esposto, ne è un esempio.
Combinando le due caratteristiche dell’ essere o meno socio e il grado di par-tecipazione/integrazione nella cooperativa, possiamo individuare quattro tipologie60 di lavoratore delle cooperative sociali rispetto al fatto si essere o meno socio.
Le quattro categorie dialogano secondo lo schema a lato 1) SOCIO INTEGRATO. Può essere anche membro del Cda, lavora da anni nel-
la cooperativa con soddisfazione e condivisione d’obiettivi. Non ha una remunera-zione superiore agli altri ma compensa con la soddisfazione relazionale e con un ruolo di responsabilità in cooperativa. È disponibile a dedicare tempo extra e impe-gno nella realizzazione degli obiettivi della cooperativa.
Questa tipologia la troviamo sia nelle cooperative di grandi dimensioni sia (soprattutto) in quelle di piccola taglia. Com’esemplifica la storia di Francesca, socia d’una cooperativa con 3 socie in tutto, le quali, dopo le dimissioni del vecchio Pre-sidente, hanno preso in mano l’organizzazione, alternandosi nel ruolo dirigenziale.
60 Le tipologie devono essere intese come idealtipi del lavoratore in cooperativa, per cui si avrà che la maggioranza dei lavoratori combinerà caratteristiche che appartengono a più tipologie.
SOCIO INTEGRATO NON SOCIO INTEGRATO
NON SOCIO NON INTEGRATO SOCIO NON INTEGRATO
58
L’indagine sui lavoratori
Qui tutte noi socie facciamo tutto, in base alle urgenze ... certo non ci si può tirare indietro se ci sono da fare anche lavori non da ufficio ... io ad esempio mi occupo anche della cucina.
Francesca, 59 anni, socia.
2) NON SOCIO NON INTEGRATO. Non condivide gli obiettivi della cooperati-va e, pur non avendo una remunerazione inferiore, ha spesso contratti a termine. Ha scelto di lavorare in cooperativa per motivi occasionali o di convenienza d’orario e non vuole diventare socio perché non è disposto a offrire la propria par-tecipazione attiva alla vita della cooperativa. Non ricava dal lavorare in cooperativa un alto livello di soddisfazione.
Indicativa è la storia di Laura, che, pur lavorando in cooperativa da diversi anni non ha mai voluto diventare socia perché non condivideva le decisioni e il modo di presentarsi dei dirigenti. Laura, del resto, ha scelto il lavoro per motivi d’orario e da questo punto di vista si ritiene soddisfatta, anche senza investire nelle relazioni interpersonali e rinunciando alla possibilità di prendere delle decisioni.
Credo che la cooperativa dove lavoro sia gestita in modo “casereccio”. Per questo ho scelto di non diventare socia, perché non mi riconosco nelle figure che rappresentano la cooperativa e diventare socia richiedeva troppo impegno ... Non lascerei comunque il lavoro, per una convenienza di orario.
Laura, 54 anni, non socia, in cooperativa da 5 anni.
3) NON SOCIO (NON ANCORA) INTEGRATO. New entry, in genere giovani arri-vati da poco in cooperativa che non hanno ancora le idee chiare su come funziona e se vogliono diventare soci o meno, ma sono comunque disposti a “vedere cosa succede”.
Per ora non vorrei diventare socia, perché ho un contratto a tempo determinato ... ma se resterò in cooperati-va probabilmente lo diventerò ... i soci hanno una maggiore consapevolezza del lavorare in cooperativa.
Annalisa, 28 anni, non socia.
4) SOCIO NON (PIÙ) INTEGRATO. Soci anche da molti anni hanno vissuto e-sperienze negative e sono insoddisfatti, a volte frustrati dall’organizzazione: un ruo-lo di responsabilità mai concesso, scarso ascolto per le proposte, cattive o pessime relazioni con i colleghi.
Come nel caso di Paolo, in cooperativa da 8 anni:
59
L’indagine sui lavoratori
Sono diventato socio su mia richiesta quasi subito, ma ci sono diverse cose che non vanno ... il mio lavoro non è abbastanza riconosciuto, non trovo spazio per iniziative personali, la cooperativa ha più volte bocciato i miei progetti ... anche i rapporti con i colleghi stanno diventando sempre più professionali e meno umani.
Paolo, 49 anni, socio
Le storie dei quattro tipi di soci e non soci delineano due percorsi tipo da non socio a socio integrato o socio non integrato che molto raccontano dell’ im-portanza dei fattori motivanti per la soddisfazione al lavoro, tra prospettive d’ inse-rimento e prospettive di carriera nelle cooperative sociali.
5.2.4 Motivazione, soddisfazione e fedeltà alla cooperativa
In questa parte del Rapporto si esamina l’intreccio emerso tra soddisfazione lavorativa, motivazione alla base della scelta lavorativa e fedeltà all’organizzazione. Le interviste mostrano che la motivazione per la scelta di lavorare in cooperativa sociale non è indifferente rispetto alla soddisfazione dichiarata dal lavoratore, In molti casi è evidente il legame con la fedeltà all’organizzazione, che il questionario coglie chiedendo al lavoratore se vorrebbe cambiare lavoro.
Si è visto61 che fra le motivazioni di scelta del lavoro domina l’interesse per il settore. Talvolta accompagnato da studi o da una formazione specifici. Se si osserva la predisposizione degli intervistati a restare in cooperativa in 11 casi su 22: i lavora-tori non cambierebbero lavoro. Proprio i lavoratori che avevano dichiarato un inte-resse preordinato alla cooperazione sociale, che appare rafforzato dall’esperienza di lavoro.
Vorrei rimanere in cooperativa perché condivido gli scopi della cooperativa: c’è uno scopo benefico e per que-sto non vorrei lavorare nel privato, anche se c’è una paga maggiore.
Maria, 50 anni, operatrice socio-sanitaria, 900 euro (38h/sett.),
Non cambierei lavoro: non sono interessato al for profit. Andrea, 46 anni, contabile, 1000 euro (38h/sett.).
Vi è anche una percentuale d’intervistati che pur non partendo da forti moti-vazioni è possibilista circa un ipotetico cambio di lavoro, in vista di una retribuzio-
61 Cfr. Par. 6.1.1.
60
L’indagine sui lavoratori
ne più alta. Tra questi i giovani con un titolo di studio specifico tipo laurea in scien-ze dell’educazione, e simili. Cosa che nasconde una certa delusione per il lavoro ve-ro in cooperativa, rispetto alla visione idealizzata maturata nel corso dell’Università.
Non vedo questo lavoro come fonte di reddito per il futuro, la paga è troppo bassa. Credo che continuerò a farlo ancora per qualche anno, perché mi piace, ma poi lo cambierò, anche perché mi sto specializzando in terapia familiare.
Annalisa, 28 anni, educatrice, laureata in psicologia, 1100 euro (38h/sett.),
I soci dichiarano fedeltà all’organizzazione, ma in certi casi l’infedeltà per motivi di paga li coinvolge. In altri prevale la convinzione a tenere duro.
In certi momenti cambierei lavoro, anche se mi sento abbastanza motivata, perché lo stipendio è troppo basso. Martina, 30 anni, socia, laureata in scienze politiche con corso di specializzazione
come operatrice familiare, 780 euro (30 h/sett.).
In fabbrica ho già lavorato, ma se guadagnassi di più ci andrei. Francesco, 55 anni, 1200 euro (38h/sett.).
Non cambierei lavoro, è questo il settore nel quale voglio lavorare. Sonia, 30 anni, 800 euro (38h/sett.).
Su nota come sia preferibilmente chi ha scelto di lavorare in cooperativa per interesse a compensare l’insoddisfazione materiale (stipendio, precarietà del lavoro) con la soddisfazione immateriale, puntando specialmente sul controllo. Si tratta di la-voratori il cui proprio punto di vista è analogo ai dirigenti, segno si un forte senso d’appartenenza all’organizzazione, tale da porre in secondo piano interesse econo-mico individuale.
La retribuzione non è alta, ma dipende dai budget delle committenze, che spesso sono ridotti, inoltre oggi siamo in una fase delicata e per mantenere solida una cooperativa occorre fare delle restrizioni.
Mario, 40 anni, socio, tempo indeterminato, 900 euro al mese (38h/sett.).
6.2.5 Soddisfazione e pari opportunità
Tra gli intervistati è forte componente femminile, nella proporzione rilevata a livello nazionale62. Il rapporto uomini/donne è diverso secondo il tipo di coopera-
62 Cfr. retro Cap. III.
61
L’indagine sui lavoratori
tive; in quelle di reinserimento lavorativo, di tipo B, gli uomini prevalgono; mentre in ambito infanzia e adolescenza, cooperative di tipo A, dominano le donne. La di-stribuzione per genere dipende dalle mansioni svolte, in sintonia con la tradizione che attribuisce alla donna la cura delle categorie deboli, bambini e anziani.
La cultura che favorisce il lavoro delle donne nelle cooperative sociali dà spessore al problema delle pari opportunità, declinato nei due problemi salienti: l’accesso delle donne ai ruoli decisionali e la garanzia dei diritti della maternità.
Circa i ruoli dirigenziali e decisionali il prevalere delle donne tra i lavoratori porta molte donne nei Cda delle cooperative e molte altre nei ruoli di Presidente e Vicepresidente. Anche nel lavoro le donne occupano ruoli di responsabilità, ad e-sempio come referenti di un asilo piuttosto che come coordinatrici di un’area ope-rativa dell’organizzazione. Dalle interviste emerge semplicemente che il problema delle pari opportunità non esiste. Non si percepiscono discriminazioni degne di es-sere segnalate. Le donne hanno le medesime opportunità degli uomini nelle coope-rative sia in ingresso, sia in termini di carriera e di accesso alle funzioni di responsa-bilità. Nelle cooperative sociali l’accesso delle donne è addirittura più facile per qual che riguarda le mansioni.
Circa il problema della maternità la soddisfazione tra gli intervistati e le inter-vistate è molto alta. Le cooperative sono molto sensibili a questo diritto ed a questa esigenza di vita delle donne. La maternità è poi all’origine nelle cooperative sociali della mobilità in entrata; il forte turnover è in buona parte legato agli inserimenti di nuove lavoratrici in sostituzione di quelle in maternità.
In questo le cooperative sono in vantaggio e sono di esempio. L’attenzione per la donna-madre crea un ambiente favorevole e un livello di soddisfazione alto per le donne che in una situazione di normale vita familiare, con un partner che la-vora, possono svolgere un lavoro che, anche se penalizzato economicamente, ha importanti plus: orari flessibili, conciliabili con il ruolo di neomamma e con le esi-genze della vita familiare, per seguire i figli e adempiere agli impegni quotidiani.
62
Tabe
lla 5.
1: Gr
iglia
riepil
ogati
va de
lle In
tervis
te ai
lavor
atori
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Ilaria
, 30
anni
, Pis
a So
cia,
am
min
istr
a-zi
one
Laur
ea in
ec
onom
ia
750-
800,
te
mpo
in
dete
rnim
ato
3 an
ni
Venu
ta a
co
nosc
enza
pe
r cas
o, o
ra
si è
ap
pass
iona
ta
al n
o-pr
ofit
Adeg
uata
N
on
preo
ccup
ata
Sodd
isfa
ttaR
icon
osci
men
to e
ut
ilità
del
lavo
ro,
resp
onsa
bilit
à
Rap
port
i buo
ni
con
colle
ghi e
di
rigen
za,
buon
a ci
rcol
a-zi
one
info
rma-
zion
i
Cam
bier
ebbe
la
voro
per
pro
-po
ste
econ
omi-
cam
ente
più
van
-ta
ggio
se
Non
mig
liori
con-
dizi
oni e
cono
mi-
che,
ma
part
eci-
pazi
one.
Vien
na, 2
6 an
ni, L
aian
o N
on s
ocia
, uf
ficio
D
iplo
ma,
fr
eque
nta
univ
ersi
tà
500,
tem
po
dete
rmin
ato
2 an
ni
Venu
ta a
co
nosc
enza
pe
r cas
o (n
on
è in
tere
ssat
a al
set
tore
)
Ade
guat
a al
la
voro
, m
a no
n ba
sta
per v
iver
e
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
ttaR
icon
osci
men
to e
ut
ilità
del
lavo
ro,
iniz
iativ
e pe
rson
a-li,
pro
fess
iona
lità
Ci v
orre
bbe
mag
gior
dia
-lo
go, a
lcun
i as
petti
non
so
no g
estit
i in
mod
o va
lido
Non
esc
lude
al-
tre
poss
ibili
tà,
ma
cons
ider
a qu
esto
lavo
ro
stab
ile
Vorr
ebbe
div
enta
-re
soc
ia p
er a
vere
pi
ù vo
ce in
cap
i-to
lo.
Fede
rica,
23
anni
, S.
Min
iato
So
cia,
se
gret
aria
D
iplo
ma
900,
tem
po
inde
term
inat
o3
anni
In
tere
sse
per i
l se
ttore
Ad
egua
ta
Non
pr
eocc
upat
a So
ddis
fatta
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e, re
spon
-sa
bilit
à; a
ssen
za
di fo
rmaz
ione
Rap
port
i otti
mi
con
dirig
enza
e
colle
ghi
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
Non
mig
liori
con-
dizi
oni e
cono
mi-
che,
ma
part
eci-
pazi
one.
Andr
ea, 4
6 an
ni,
S.M
inia
to
Soci
o,
cont
abile
D
iplo
ma
1.00
0, te
mpo
in
dete
rmin
ato
8 an
ni
Inte
ress
e pe
r il
setto
re
Suffi
cien
te
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
tto
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e; a
ssen
za
di fo
rmaz
ione
, no
resp
onsa
bilit
à,
non
part
icol
are
adeg
uate
zza
tra
man
sion
i e c
om-
pete
nze
Buo
ni ra
ppor
-ti,
mol
to d
ialo
-go
N
on c
ambi
ereb
-be
lavo
ro
È se
mpr
e st
ato
soci
o, q
uind
i non
sa
val
utar
e le
dif-
fere
nze.
63
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Cla
udia
, 51
anni
, Po
nted
era
Non
soc
ia,
puliz
ie
Dip
lom
a pr
ofes
sio-
nale
80
0, te
mpo
de
term
inat
o 5
mes
i
Lavo
ro v
icin
o a
casa
, ora
rio
com
odo
(un
lavo
ro c
ome
un a
ltro)
Non
ad
egua
ta
Non
sic
ura
del r
inno
vo
del c
ontr
atto
So
ddis
fatta
Ric
onos
cim
ento
de
l lav
oro,
cor
si d
i fo
rmaz
ione
; no
resp
onsa
bilit
à
Buo
ni ra
ppor
-ti,
mol
to d
ialo
-go
, col
legh
i di
spos
ti a
col-
labo
rare
Aspi
ra a
lavo
rare
ne
l set
tore
del
co
mm
erci
o, m
a se
il la
voro
in
coop
erat
iva
si
stab
ilizz
asse
no
n le
dis
piac
e-re
bbe
Non
è in
tere
ssat
a a
dive
ntar
e so
cia,
a
caus
a de
l suo
co
ntra
tto. S
e fo
s-se
a te
mpo
de-
term
inat
o pr
oba-
bilm
ente
lo v
or-
rebb
e, a
vreb
be
più
pote
re d
eci-
sion
ale
e pi
ù pr
o-te
zion
e, n
on v
an-
tagg
i eco
nom
ici.
Mar
ia, 5
0 an
ni,
Cas
cina
Soci
a,
oper
atric
e so
cio-
sani
taria
Lice
nza
med
ia
900,
tem
po
inde
term
inat
o9
anni
E' s
empr
e st
ata
appa
ssio
nata
al
soc
iale
(a
ccud
ire
anzi
ani)
Adeg
uata
al
la
man
sion
e,
ma
non
bast
a pe
r vi
vere
Lavo
ro
stab
ile, m
a no
n a
lung
o te
rmin
e -
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e
Buo
ni ra
ppor
ti co
n la
diri
gen-
za; n
ota
qual
-ch
e vo
lta d
el-
l'ins
offe
renz
a tr
a i c
olle
ghi
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
Es
sere
soc
ia n
on
le h
a po
rtat
o va
n-ta
ggi
Giu
lia, 3
4 an
ni, L
ari
Non
soc
ia,
puliz
ie
Lice
nza
med
ia
650,
tem
po
dete
rmin
ato
2 an
ni
Ora
rio
com
odo
Adeg
uata
al
la
man
sion
e,
ma
non
bast
a pe
r vi
vere
Lavo
ro n
on
stab
ile p
er il
fu
turo
So
ddis
fatta
Util
ità d
el la
voro
, re
spon
sabi
lità,
co
rsi d
i for
maz
io-
ne; m
a po
co s
pa-
zio
per i
nizi
ativ
e pe
rson
ali
Buo
ni ra
ppor
ti co
n la
diri
gen-
za, b
uon
dia-
logo
, sod
di-
sfat
ta d
ei ra
p-po
rti c
on i
col-
legh
i
Cam
bier
ebbe
la
voro
per
pro
-po
ste
econ
omi-
cam
ente
più
van
-ta
ggio
se
Non
cre
de c
he
non
esse
re s
oci
com
port
i sva
n-ta
ggi.
Non
è p
arti-
cola
rmen
te in
te-
ress
ta a
div
en-
mta
re s
ocia
e n
on
sa s
e ev
entu
al-
men
te p
otrà
rica
-va
rne
dei b
enef
ici.
Non
le s
embr
a ch
e ci
sia
no d
i-sp
arià
di t
ratta
-m
ento
tra
soci
e
colla
bora
tric
i.
64
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Ludo
vica
, 36
ann
i, La
ri N
on s
ocia
, co
llabo
ratr
ice
Lice
nza
med
ia
900,
tem
po
inde
term
inat
o2
anni
In
tere
sse
per i
l se
ttore
Adeg
uata
m
a no
n ba
sta
per
vive
re
Lavo
ro
stab
ile a
nche
pe
r il f
utur
o So
ddis
fatta
Util
ità d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e, re
spon
-sa
bilit
à, a
degu
a-te
zza
tra
com
pe-
tenz
e e
titol
i di
stud
io; L
avor
o no
n ab
bast
anza
ric
onos
ciut
o, p
o-co
spa
zio
per i
ni-
ziat
ive
pers
onal
i, fo
rmaz
ione
dis
tri-
buita
in m
odo
non
adeg
uato
Sodd
isfa
tta
del r
appo
rto
con
i col
legh
i; N
on s
i sen
te
stim
ata
e su
p-po
rtat
a, n
on
c'è
dial
ogo,
i la
vora
tori
non
sono
trat
tati
tutti
alla
ste
s-sa
man
iera
Il la
voro
le p
iace
, m
a no
n es
clud
e di
pas
sare
al f
or-
prof
it, p
er m
otiv
i ec
onom
ici
Non
cre
de c
he
dive
ntar
e so
cio
com
port
i dei
van
-ta
ggi,e
infa
tti n
on
è in
tere
ssat
a a
dive
ntar
lo.
Fabi
o, 3
6 an
ni,
S.G
iulia
no
Term
e
Non
soc
io,
coor
dina
tore
ar
ea
resi
denz
iale
Lice
nza
med
ia
1.00
0, te
mpo
in
dete
rmin
ato
11 a
nni
Inte
ress
e pe
rson
ale
per
l'are
a de
l di
sagi
o, n
on
c'è
coer
enza
co
n il
suo
perc
orso
di
stud
i, an
che
se h
a sv
olto
co
rsi p
er
educ
ator
e
Non
ad
egua
ta,
poca
po
ssib
ilità
di
cres
cita
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
tto
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, sp
azio
per
iniz
ia-
tive
pers
onal
i, pr
ofes
sion
alità
Rap
port
i buo
ni
con
colle
ghi e
di
rigen
ti, a
b-ba
stan
za s
od-
disf
atto
del
di
alog
o e
del
sost
egno
.
- -
Mar
io, 4
0 an
ni, P
isa
Soci
o,
resp
onsa
bile
ar
ea a
lta
mar
gina
lità
Laur
ea in
te
olog
ia
900,
tem
po
inde
term
inat
o4
anni
In
tere
sse
per i
l se
ttore
e p
er
la fu
nzio
ne
educ
ativ
a
Non
ad
egua
ta
ma
dipe
nde
dai b
udge
t de
lle
com
mitt
enze
ch
e sp
esso
so
no ri
dotti
- -
Ric
onos
cim
ento
de
l lav
oro,
ade
-gu
atez
za tr
a co
m-
pete
nze
e m
an-
sion
i
Rap
port
o bu
ono
e di
ret-
to, s
oddi
sfat
to
del d
ialo
go,
della
tras
pa-
renz
a e
del
sost
egno
-
Non
ci s
ono
diffe
-re
nze
di tr
atta
-m
ento
tra
soci
e no
n so
ci, s
olo
nella
par
teci
pa-
zion
e al
le d
eci-
sion
i.
65
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Anna
, 34
anni
, C
asci
na
Soci
a,
coor
dina
tric
e pr
oget
ti al
ta
mar
gina
lità
Laur
ea in
sc
ienz
e po
litic
he
1.00
0, te
mpo
de
term
inat
o 8
anni
Inte
ress
e pe
r il
setto
re
soci
ale,
lega
to
con
i suo
i st
udi,
ha
scel
to il
se
ttore
anc
he
per l
a no
n st
atic
ità d
el
lavo
ro
Non
ad
egua
ta
Non
sic
ura
del r
inno
vo
del c
ontr
atto
So
ddis
fatta
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, pr
ofes
sion
alità
e
fless
ibili
tà, p
ossi
-bi
lità
di c
resc
ita,
mar
gini
di a
uto-
nom
ia e
spa
zio
per p
roge
tti p
er-
sona
li, c
orsi
di
form
azio
ne
Rap
port
i buo
ni
con
dirig
enti
e co
llegh
i, la
vo-
ro d
i equ
ipe
Non
cam
bier
eb-
be s
etto
re, m
a ca
mbi
ereb
be
post
o di
lavo
ro
per o
ffert
e ec
o-no
mic
amen
te
più
vant
aggi
ose
Esse
re s
ocia
non
ha
por
tato
par
ti-co
lari
mig
liora
-m
enti
econ
omic
i o
lavo
rativ
i, m
a au
men
to e
norm
e di
par
teci
pazi
one
alle
dec
isio
ni d
el-
la c
oope
rativ
a e
quin
di c
oinv
olgi
-m
ento
.
Mic
hela
, 29
anni
, Cal
ci
Non
soc
ia,
oper
atric
e ar
ea
infa
nzia
e
mar
gina
lità
Dip
lom
a (o
pera
-tric
e fa
mili
are)
, is
critt
a a
psic
olog
ia
1.00
0, te
mpo
de
term
inat
o 3
anni
Inte
ress
e pe
r il
setto
re,
affin
ità c
on il
pe
rcor
so d
i st
udi,
ha
svol
to a
nche
de
i cor
si d
i fo
rmaz
ione
Adeg
uata
N
on s
icur
a de
l rin
novo
de
l con
trat
to
Sodd
isfa
ttaU
tilità
del
lavo
ro,
poss
ibili
tà d
i cre
-sc
ita, r
uolo
di r
e-sp
onsa
bilit
à
Rap
port
i buo
ni
con
dirig
enti
e bu
oni l
ivel
li di
co
oper
azio
ne
e co
nfro
nto
-
Vorr
ebbe
div
enta
-re
soc
ia, c
rede
ch
e i s
oci a
bbia
no
più
ampi
mar
gini
di
dec
isio
nalit
à.
Non
diff
eren
ze tr
a so
ci e
non
soc
i al
di là
di q
uest
a.
Laur
a, 5
4 an
ni,
Cas
cina
N
on s
ocia
, ra
gion
iera
D
iplo
ma
500,
tem
po
inde
term
inat
o5
anni
C
onve
nien
za
orar
io,
occa
sion
e (e
ra
senz
a la
voro
) Ad
egua
ta
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
tta
Ric
onos
cim
ento
de
l lav
oro,
aut
o-no
mia
dec
isio
na-
le; n
o re
spon
sabi
-lit
à, g
estio
ne d
ella
co
oper
ativ
a no
n bu
ona,
trop
po
"fam
iliar
e", m
an-
canz
a di
com
pe-
tenz
e
Prob
lem
i di
conv
iven
za
con
i soc
i, am
bien
te p
ic-
colo
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
Non
ha
volu
to d
i-ve
ntar
e so
cia
per
"mot
ivi s
uoi"
(re-
ticen
za):
richi
ede-
va tr
oppi
impe
gni
nella
coo
pera
tiva,
ra
ppre
sent
ata
da
pers
one
seco
ndo
lei i
nade
guat
e.
Fran
cesc
a,
59 a
nni,
Pisa
Soci
a, fa
un
po' d
i tut
to
(cuc
ina,
uf
ficio
, ac
cogl
ienz
a)
Lice
nza
med
ia, O
SA,
dipl
oma
arch
ivis
ta
1.00
0, te
mpo
in
dete
rmin
ato
9 an
ni
(dal
l'ini
zio)
E' s
empr
e st
ata
appa
ssio
nata
al
soc
iale
, ha
freq
uent
ato
cors
o O
SA
Non
ad
egua
ta
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
tta
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
; tr
oppe
resp
onsa
-bi
lità,
lavo
ro tr
op-
po im
pegn
ativ
o
Rap
port
i buo
-ni
, ris
petto
re
cipr
oco
Vorr
ebbe
dim
i-nu
ire il
suo
ruol
o pe
r and
are
in
pens
ione
Per l
e so
cie
è ri-
chie
sto
trop
po
impe
gno,
repe
ribi-
lità
(un
mes
e a
turn
o).
66
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Mar
isol
, 34
anni
, Pis
a
Soci
a,
educ
atric
e,
refe
rent
e pe
r as
ilo n
ido
Dip
lom
a m
agis
tral
e 80
0, te
mpo
in
dete
rmin
ato
7 an
ni
Inte
ress
e pe
r il
setto
re,
coer
enza
con
il
perc
orso
di
stud
i
Non
ad
egua
ta
Lavo
ro
ince
rto
Sodd
isfa
tta
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e ne
i lim
iti,
resp
onsa
bilit
à,
adeg
uate
zza
delle
co
mpe
tenz
e, c
orsi
di
form
azio
ne p
ro-
fess
iona
li, fl
essi
-bi
lità
Rap
port
i buo
-ni
, fid
ucia
e
stim
a re
cipr
o-ca
, dia
logo
, ve
de a
nche
i su
oi c
olle
ghi
mot
ivat
i
-
La s
celta
di d
iven
-ta
re s
ocia
è s
tata
su
a, e
sser
e so
cio
ha p
orta
to m
ag-
gior
e co
invo
lgi-
men
to n
ella
vita
de
lla c
oope
rativ
a e
una
mag
gior
e au
tono
mia
dec
i-si
onal
e
Soni
a, 3
0 an
ni, P
isa
Non
soc
ia,
educ
atric
e
Laur
ea in
sc
ienz
e de
ll'ed
uca-
zion
e
800
- 900
, te
mpo
de
term
inat
o 1
anno
Ha
scel
to
quel
la
coop
erat
iva
perc
hé n
e av
eva
sent
ito
parla
re b
ene,
co
eren
za c
on
il pe
rcor
so d
i st
udi
Non
ad
egua
ta
- So
ddis
fatta
Util
ità d
el la
voro
, va
loriz
zazi
one
del-
le c
ompe
tenz
e,
spaz
io p
er p
ropo
-st
e e
iniz
iativ
e pe
rson
ali;
Lavo
ro
non
del t
utto
rico
-no
sciu
to
Rap
port
i buo
ni
con
i diri
gent
i, si
sen
te s
up-
port
ata
e st
i-m
ata,
dia
logo
e
buon
rapp
or-
to c
on i
colle
-gh
i
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
Le s
embr
a pr
ema-
turo
div
enta
re s
o-ci
a. Il
fatto
di n
on
esse
re s
ocia
co-
mun
que
non
por-
ta p
artic
olar
i pro
-bl
emi o
sva
ntag
gi
Anna
lisa,
28
anni
, C
olle
salv
etti
Non
soc
ia,
educ
atric
e La
urea
in
psic
olog
ia
1.10
0, te
mpo
de
term
inat
o 4
mes
i
Inte
ress
e pe
r il
setto
re,
coer
enza
con
il
perc
orso
di
stud
i
Non
ad
egua
ta
Lavo
ro
prec
ario
So
ddis
fatta
Ric
onos
cim
ento
e
utili
tà d
el la
voro
, au
tono
mia
dec
i-si
onal
e, ru
olo
di
resp
onsa
bilit
à,
adeg
uate
zza
tra
com
pete
nze
e m
ansi
oni,
cors
i di
form
azio
ne
Rap
port
i otti
mi
con
dirig
enza
, m
olto
dia
logo
; ve
de u
n po
' di
inso
ffere
nza
tra
i col
legh
i
Attu
alm
ente
non
ca
mbi
ereb
be
lavo
ro, m
a in
fu
turo
si (
si s
ta
spec
ializ
zand
o in
tera
pia
fam
i-lia
re)
Cre
de c
he e
sser
e so
ci c
ompo
rti u
na
mag
gior
e co
nsa-
pevo
lezz
a, m
a pe
r il
rest
o no
n c'
è di
ffere
nza.
Per
ora
no
n sa
se
dive
n-te
rebb
e so
cia
in
quan
to h
a un
con
-tr
atto
a te
mpo
de-
term
inat
o, s
e re
-st
asse
pro
babi
l-m
ente
lo d
iven
te-
rebb
e.
67
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Mar
tina,
30
anni
, C
asci
na
Soci
a,
educ
atric
e e
resp
onsa
bile
de
lla
conv
iven
za
guid
ata
Laur
ea in
sc
ienz
e po
litic
he,
cors
o di
op
erat
rice
per l
'orie
nta-
men
to a
l la
voro
per
le
donn
e
780,
tem
po
inde
term
inat
o4
anni
Inte
ress
e pe
r il
setto
re,
coer
enza
con
il
perc
orso
di
stud
i
Non
ad
egua
ta
Preo
ccup
ata
per i
l fut
uro
Sodd
isfa
tta
Util
ità d
el la
voro
, ru
olo
di re
spon
-sa
bilit
à, c
orsi
di
form
azio
ne; L
avo-
ro p
oco
ricon
o-sc
iuto
, poc
o sp
a-zi
o pe
r ini
ziat
ive
pers
onal
i, no
n c'
è ad
egua
tezz
a tr
a co
mpe
tenz
e e
man
sion
i
Sodd
isfa
tta
del r
appo
rto
con
i col
legh
i; Pr
oble
mi d
i co
mun
icaz
io-
ne c
on la
diri
-ge
nza,
non
si
sent
e su
ppor
-ta
ta e
stim
ata
né v
alor
izza
ta
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
, ma
in
cert
i mom
enti
lo
fare
bbe
per q
ue-
stio
ni e
cono
mi-
che
Esse
re d
iven
tata
so
cia
non
ha p
or-
tato
uffi
cial
men
te
dei v
anta
ggi m
a cr
ede
che
forn
i-sc
a pi
ù ga
ranz
ie:
lei e
ffetti
vam
ente
do
po e
sser
lo d
i-ve
ntat
a ha
chi
esto
e
otte
nuto
più
ore
di
lavo
ro e
ha
a-vu
to il
con
trat
to a
te
mpo
inde
term
i-na
to; c
i son
o co
-m
unqu
e pi
ù re
-sp
onsa
bilit
à.
Paol
o, 4
9 an
ni,
Pont
eder
a
Soci
o,
educ
ator
e co
mun
ità
tera
peut
ica
Dip
lom
a m
atur
ità
scie
ntifi
ca
1.10
0, te
mpo
in
dete
rmin
ato
8 an
ni
Vici
nanz
a al
lu
ogo
di
lavo
ro,
inte
ress
e pe
r il
setto
re
Non
ad
egua
ta
- N
on
sodd
isfa
tto
No
cors
i di f
orm
a-zi
one;
Lav
oro
non
ricon
osci
uto,
non
c'
è au
tono
mia
de-
cisi
onal
e, n
é sp
a-zi
o pe
r ini
ziat
ive
e pr
opos
te p
erso
na-
li, p
oca
resp
onsa
-bi
lità
Scar
sa c
omu-
nica
zion
e co
n i d
irige
nti,
rap-
port
i con
i co
llegh
i sem
-pr
e pi
ù "p
ro-
fess
iona
li" e
m
eno
"um
ani"
-
E' d
iven
tato
soc
io
quas
i sub
ito s
u su
a ric
hies
ta; t
ra
soci
e n
on s
oci
non
ci s
ono
diffe
-re
nze
econ
omi-
che;
ai s
oci v
iene
da
to u
n bo
nus
di
100
euro
a N
atal
e;
i soc
i han
no u
na
mag
gior
e pa
rtec
i-pa
zion
e.
Sabr
ina,
20
anni
, Po
nted
era
Non
soc
ia,
segr
eter
ia
Dip
lom
a ra
gion
eria
75
0,
appr
endi
stat
o (3
ann
i) m
eno
di 1
an
no
Non
in
tere
ssat
a al
se
ttore
, un
CV
tra
i tan
ti
Per o
ra è
ab
bast
anza
N
on
preo
ccup
ata
Sodd
isfa
tta
Ric
onos
cim
ento
de
l lav
oro;
No
cors
i di f
orm
azio
-ne
, no
iniz
iativ
e pe
rson
ali
Rap
port
i buo
-ni
, fid
ucia
, dia
-lo
go, s
i sen
te
stim
ata
dai
supe
riori,
ved
e so
ddis
fazi
one
tra
i col
legh
i
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
, vor
-re
bbe
che
si s
ta-
biliz
zass
e
Esse
re s
ocia
è u
n va
ntag
gio
per l
a si
cure
zza:
prim
a sa
lvag
uard
i i s
oci.
I soc
i par
teci
pano
al
le d
ecis
ioni
.
Sabr
ina,
20
anni
, Po
nted
era
Non
soc
ia,
segr
eter
ia
Dip
lom
a ra
gion
eria
75
0,
appr
endi
stat
o (3
ann
i) m
eno
di 1
an
no
Non
in
tere
ssat
a al
se
ttore
, un
CV
tra
i tan
ti
Per o
ra è
ab
bast
anza
N
on
preo
ccup
ata
Sodd
isfa
tta
Ric
onos
cim
ento
de
l lav
oro;
No
cors
i di f
orm
azio
-ne
, no
iniz
iativ
e pe
rson
ali
Rap
port
i buo
-ni
, fid
ucia
, dia
-lo
go, s
i sen
te
stim
ata
dai
supe
riori,
ved
e so
ddis
fazi
one
tra
i col
legh
i
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
, vor
-re
bbe
che
si s
ta-
biliz
zass
e
Esse
re s
ocia
è u
n va
ntag
gio
per l
a si
cure
zza:
prim
a sa
lvag
uard
i i s
oci.
I soc
i par
teci
pano
al
le d
ecis
ioni
.
68
CH
I SO
CIO
/ N
ON
, M
ANSI
ON
E TI
TOLO
ST
UD
IO
STIP
END
IO,
CO
NTR
ATTO
TEM
PO IN
C
OO
P.
MO
TIVA
ZIO
NE
SCEL
TA
RET
RIB
UZ.
PR
ECAR
IETÀ
LA
VOR
O
OR
ARIO
AC
HIE
VEM
ENT
REL
AZIO
NI
FED
ELTÀ
CO
OP
SOC
IO/N
ON
SO
CIO
Fran
cesc
o,
55 a
nni,
Terr
icci
ola
Soci
o,
capo
squa
dra
Perit
o el
ettr
onic
o 12
00 te
mpo
in
dete
rmin
ato
7 an
ni
Gli
piac
eva
l'ide
a
Non
su
ffici
ente
pe
r m
ante
nere
un
a fa
mig
lia
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
ttaR
icon
osci
men
to
del l
avor
o, re
-sp
onsa
bilit
à
Not
a di
ffere
n-ze
di t
ratta
-m
ento
tra
la-
vora
tori
soci
e
stag
iona
li
Non
cam
bier
eb-
be la
voro
se
non
per c
ondi
zion
i ec
onom
icam
ente
pi
ù va
ntag
gios
e
Esse
re s
ocio
ha
due
vant
aggi
: se
nso
di re
spon
-sa
bilit
à pe
r le
prob
lem
atic
he e
po
tere
dec
isio
na-
le (b
ilanc
io).
Gio
rgio
, 36
anni
, Pal
aia
Soci
o.
Res
pons
abile
op
erat
ivo
Lice
nza
med
ia
1400
tem
po
inde
term
inat
o7
anni
In
tere
sse
per i
l se
ttore
(ver
de)
Non
ad
egua
ta
Lavo
ro
stab
ile
Sodd
isfa
ttaR
icon
osci
men
to
del l
avor
o, p
ossi
-bi
lità
di c
resc
ita
Trat
tam
ento
eq
uo d
ei la
vo-
rato
ri, b
uoni
ra
ppor
ti co
n i
colle
ghi;
Pro-
blem
i di c
o-m
unic
azio
ne a
liv
ello
logi
sti-
co
Esse
re s
ocio
co
mpo
rta
resp
on-
sabi
lità
mag
gior
i (p
arte
cipa
zion
e,
disp
onib
ilità
se
c'è
un u
rgen
za,
ma
com
unqu
e ne
ssun
o ti
obbl
i-ga
), i s
oci h
anno
un
bon
us a
ll'an
no
di q
ualc
he c
enti-
naio
di e
uro.
69
CAPITOLO VI
I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI DIRIGENTI
6.1 Le organizzazioni
Illustriamo i risultati delle interviste condotte presso i dirigenti delle 12 coo-perative da cui sono stati tratti i lavoratori del campione.
La prima sezione dell’intervista ai dirigenti è dedicata a reperire i dati relativi alla struttura e alla composizione interna delle organizzazioni da loro guidate. La Tabella 6.1 riassume il rapporto tra i 12 di-rigenti, Presidenti, Vicepresidenti e Diret-tori, il tipo di cooperativa e l’anno di fon-dazione. Le organizzazioni, delle quali ta-ciamo la denominazione per rispetto d’anonimato, si distribuiscono nelle tipo-logie A e B e hanno tutte una storia recen-te. Solo una cooperativa è nata prima degli anni ’90; la maggior parte è stata fondata dopo il 1995.
Circa la composizione delle risorse umane (Tab. 6.2) si nota una distribuzione alquanto varia, dai 3 ai 121 addetti, con titoli di studio vari. Vi sono cooperative che privilegiano diplomi e lauree e altre in cui la maggioranza dei lavoratori/lavoratrici ha la licenza media. Una caratteristica collegata al settore d’azione. Titoli di studio più elevati si riscontrano nelle coopera-tive A che operano nell’infanzia e nell’alta marginalità, più bassi invece in quelle che operano nelle pulizie, nella cura degli anziani e nelle cooperative di tipo B, dove in-cidono i bassi titoli di studio dei lavoratori svantaggiati.
Tabella 6.1: Le cooperative
Fonte: elaborazione su dati della presente Indagine
N° COOP. TIPOLOGIA ANNO
FORMAZIONE 1 B 1994 2 B 1998 3 A 1984 4 A 1998 5 A 1992 6 A 1994 7 A 2007 8 A 1998 9 A 2000
10 A 1997 11 A 1999 12 B 1992
71
L’indagine sui dirigenti
Tabella 6.2: Le risorse umane N°
COOP. NUMERO ADDETTI
ETÀ ADDETTI TITOLO DI STUDIO ADDETTI STIPENDIO
MEDIO ADDETTI 1 80 40 - 45 licenza media 1.000
2 17 40 - 50 elementari, un diploma, una licenza media e un iscritto all'università 1.000
3 121 35 - 50 diplomi e lauree 900 - 1.200 4 7 40 licenza media 1.000 5 60 30 - 40 laureati (alta marginalità) e diplomati 800 - 1.000 6 76 35 diplomi e lauree 1.100 7 30 35 licenza media - 8 30 - licenza media, diplomi - 9 3 30 diplomi e lauree - 10 98 38 diplomi e lauree 800 - 1.000 11 33 25 - 40 diplomi e lauree 800 12 85 40 - 800
Fonte: elaborazione dati sulla presente Indagine
Più omogenei invece gli stipendi medi degli addetti, che vanno dagli 800 ai 1000 euro. Mentre la fascia d’età a maggiore concentrazione è quella dei 35-40 enni.
Una sezione dell’intervista è dedicata a esplorare i caratteri ascrittivi dei diri-genti e il loro percorso di carriera (Tab. 6.3). Ne risulta un quadro abbastanza vario ma con dei tratti comuni. Ad esempio, il titolo di studio dei dirigenti è in genere la Laurea (solo in un caso, il Direttore di una cooperativa di tipo B è diplomato). Si vede dalla Tabella 6.2 che laddove il dirigente è laureato i titoli di studio dei lavora-tori sono di fascia “alta”, diplomi e lauree.
Altro elemento comune ai dirigenti intervistati è la carriera. Per la metà degli intervistati si tratta dei ‘soci fondatori’ la cooperativa.
72
L’indagine sui dirigenti
Tabella 6.3: I dirigenti N°
COOP. TIPO GENERE ETÀ TITOLO DI STUDIO STIPENDIO MODALITÀ DI ACCESSO - PERCORSO
1 B M 44 laurea 1.600 E' entrato come operaio (per 5 anni), quasi subito è diventato socio
2 B M 86 licenza media 800
Socio fondatore - già in pubblica assistenza si occupava di ex-carcerati, poi l'amicizia con il direttore del carcere ha fatto nascere l'idea della cooperativa
3 A F 48 maturità 1.700 In cooperativa fin dall'inizio come collaboratrice, poi è diventata quasi subito socia
4 A F 30 maturità (dirigente di comunità)
1.000
Turni serali, poi contratto a tempo indeterminato; dopo un anno è diventata socia e dal 2007 vice presidente (prima è stata per tre anni presidente)
5 A F 38 maturità (assistente sociale)
1.400 Volontaria, poi operatrice, poi presidente
6 A M 36 laurea 1.100 Era volontario, poi socio-lavoratore (educatore), poi dirigente
7 A F 53 maturità - Fondatrice - presidente 8 A F 53 maturità - Fondatrice 9 A M 36 laurea 1.000 Fondatore cooperativa 10 A F 39 laurea 1.000 Socia fondatrice 11 A F 41 laurea 1.100 Socio fondatore 12 B F 31 laurea 800 -
Fonte: elaborazione dati sulla presente Indagine
6.2 Le politiche delle cooperative L’intervista ai dirigenti riserva domande in merito alle politiche del lavoro
adottate, in specie le politiche di selezione dei lavoratori e i criteri con i quali la co-operativa giustifica la promozione di un lavoratore a socio, per comprendere cosa significa per la cooperativa trasformare un lavoratore in socio. Si è infine cercato di ri-levare il grado di soddisfazione lavorativa dal punto di vista di un dirigente.
6.2.1 Le politiche di selezione
Le modalità d’ingresso discordano dal punto di vista dei lavoratori. I dirigenti citano quale criterio principale la valutazione di curricula, a cui segue la segnalazione personale e il rapporto con strutture di formazione per l’ottenimento di risorse in stage. I lavoratori avevano invece dato risalto alle conoscenze personali quale crite-rio di selezione. Si ricorda che le cooperative di provenienza dei dirigenti e dei lavo-ratori sono le medesime.
73
L’indagine sui dirigenti
I dirigenti pongono al primo posto il titolo di studio nei criteri di selezione, che non coincide necessariamente con la laurea. Gli studi e la formazione sembrano decisivi soprattutto per le cooperative di tipo A che operano nel campo della for-mazione, uno dei maggiori mercati di sbocco dei titoli di Laurea in Scienze dell’ Educazione/Formazione, o di titoli equipollenti. In altre cooperative di tipo A, in-vece, come quelle che si occupano di anziani e/o di pulizie, al titolo di studio si pre-ferisce il criterio dell’esperienza nella scelta della persona, anche in assenza di titolo.
Cerchiamo di trovare figure specializzate nelle funzioni educative, cosa non difficile grazie alla grande offerta di lavoro in questo campo. C’è comunque uno scarto tra quello che viene insegnato a scuola, o all’università, e il lavoro concreto da fare.
Antonio, Presidente di una cooperativa che lavora con l’infanzia e l’adolescenza.
Ad ogni modo, il titolo minimo di studio richiesto è il Diploma, meglio se tecnico. La Laurea è bene accetta ma non fondamentale. Solo in un caso il dirigente ha indicato come requisito il possesso di una Laurea specifica, anche se il candidato è di giovane età. Altrimenti la giovane età senza esperienza nel settore è titolo di e-sclusione.
6.2.2 Essere socio
La visione che i dirigenti hanno del percorso attraverso il quale un lavoratore diventa socio e delle differenze tra soci e non soci concorda con quella evidenziata dalle interviste ai lavoratori63.
Essere socio è essenzialmente volontà del lavoratore, che trova riscontro in cooperativa quando coesistono due fattori: (i) la fiducia nei confronti del lavoratore e (ii) l'esperienza da lui maturata. Il credito concesso al socio si traduce così, anche, in un contratto a tempo indeterminato. Da notare che anche i dirigenti non segna-lano vantaggi economici connessi all’acquisizione della condizione di socio.
Diventare socio è il risultato di una volontà, non un obbligo. Su questo pun-to la testimonianza di certi dirigenti è indica la volontà di mantenere prevalenti le ragioni della solidarietà. Dove la compagine vede un numero di soci inferiore al numero dei collaboratori i dirigenti riflettono sull'opportunità di porre in futuro lo
63 Cfr. § 6.1.2.
74
L’indagine sui dirigenti
status di socio come condizione ex ante per lavorare la cooperativa, proprio per nell’obiettivo di consolidare la compagine e mantenere – senza eccessi peraltro – lo spirito di partecipazione e il senso di appartenenza proprio della forma giuridica cooperativa.
Inizialmente la cooperativa cercava di fare diventare socio solo chi aderiva a una certa mentalità, ma seguen-do questo principio la compagine sociale si è sbilanciata verso i non soci ... quindi occorrerà utilizzare criteri meno rigidi, ampliare e velocizzare le procedure. Prima si faceva diventare socio un lavoratore dopo un pe-riodo di reciproca conoscenza ora lo vogliamo mettere come criterio per entrare in cooperativa.
Luisa, vicepresidente.
La testimonianza di Luisa mostra l’importanza per certi dirigenti di avere molti soci nella propria organizzazione. Avere soci vuol dire avere garanzie sulla coe-sione sociale interna, garanzie che dunque vanno al di là delle maggiori responsabilità assegnate ai soci e della loro maggiore disponibilità. A fare la differenza è ancora il ‘fattore mano, la caratterizzazione della risorsa umana come appartenente all’ orga-nizzazione in cui lavora, dove l’interesse collettivo dell’azienda noprofit è ripartito tra i soci.
Essere soci significa, infine, a detta dei dirigenti, dare alle persone un’ occa-sione di improvement, dare loro una chance per migliorare se stessi. Ai soci sono infatti offerte maggiori possibilità di partecipazione a corsi di formazione e di occupare posizioni di responsabilità.
Essere socio non comporta particolari vantaggi, almeno nell’immediato. C’è però una maggiore partecipa-zione alla vita della cooperativa e di conseguenza maggiori possibilità di auto-promuoversi. Essere soci favo-risce inoltre la partecipazione alla formazione.
Maria, presidente.
Nel caso delle cooperative di tipo B, accanto al rapporto di fiducia tra la co-operativa e il lavoratore, la scelta di fare diventare socio un lavoratore svantaggiato deve essere condivisa con l’assistente sociale. Il socio svantaggiato nelle cooperative di tipo B è una persona pienamente integrata.
75
L’indagine sui dirigenti
6.2.3 La soddisfazione dei lavoratori dal punto di vista dei dirigenti
6.2.3.1 I FATTORI MATERIALI
Quasi tutti i dirigenti delle cooperative dell’indagine concordano sul basso li-vello degli stipendi dei lavoratori, mostrandosi solidali alla loro protesta volta a ot-tenere livelli retributivi più elevati.
Questa ammissione plebiscitaria, salvo un caso in cui un dirigente afferma che gli stipendi per i suoi lavoratori – in media 1.000 euro mensili – sono adeguati alle mansioni e agli standard del settore), ha come bersaglio il contratto nazionale di lavoro e dai ribassi necessari a far fronte alla concorrenza. La singola cooperativa è pertanto deresponsabilizzata circa gli stipendi dati ai lavoratori, come se si trattasse di una situazione immodificabile, totalmente al di fuori del potere decisionale della cooperativa stessa. Una sorta di fatalismo domina tra i dirigenti, che si contagiano nel rammarico.
Le remunerazioni sono insufficienti, ma è colpa del settore, e in particolare della concorrenza di soggetti pri-vati.
Giovanna, Direttrice.
Le retribuzioni sono inadeguate al carico di lavoro e alle responsabilità, ma è impossibile correggerle senza mettere a rischio la vita della cooperativa.
Maria, Vicepresidente.
Talvolta, come notava qualche lavoratore, il dirigente – consapevolmente o inconsapevolmente – trasmette un’idea contraria ai fatti. Il CCNL definisce la retri-buzione minima, non le retribuzioni tout court. Ma molti, sotto la pressione dei ribas-si, sembrano dimenticarlo.
I lavoratori sono poco pagati, ma è un problema nazionale. La cooperativa dà il massimo consentito. Stefania, Presidente.
La quasi totalità dei dirigenti dice di non prevedere incentivi economici per i lavoratori. E quasi mai di procedere al ristorno degli utili ai soci. Una sola coopera-tiva dice di farlo, salvo aggiungere che si tratta di cifre simboliche.
I dirigenti puntano per la soddisfazione dei lavoratori, in linea con la voce dei lavoratori stessi, sugli orari flessibili e sulla sicurezza sul luogo di lavoro, in linea con gli standard normativi. Molti dirigenti, infatti, alle domande sulla sicurezza, no-
76
L’indagine sui dirigenti
minano la legge 626 e i corsi obbligatori previsti a livello normativo, ma quasi nes-suno segnala interventi ulteriori, ad hoc rispetto alle esigenze specifiche, per tutelare meglio la sicurezza sul luogo di lavoro. E non è che problemi non ve ne siano.
In caso, nella cooperativa più grande della nostra lista, con 121 addetti, la di-rigente nomina i rischi per i lavoratori in contesti di alta marginalità, come il rischio biologico, venire a contatto con le malattie degli utenti, e il rischio burnout, per il quale al momento dell’intervista si stavano effettuando specifici corsi.
6.2.3.2 I FATTORI IMMATERIALI: LO IATO TRA LAVORATORI E DIRIGENTI
Le principali discrepanze tra lavoratori e dirigenti si hanno sul versante dei fattori immateriali di soddisfazione. Tra questi fattori vi sono le relazioni (Affilia-tion), il controllo delle condizioni del proprio lavoro (Power) e le possibilità di cresci-ta professionale e umana all’interno della cooperativa (Achievement).
Per i dirigenti, con i lavoratori si hanno ottime relazioni, in un rapporto di reciproco dialogo e di scambio. Secondo loro in cooperativa c’è in media una buo-na comunicazione. Ma ciò non è sovrapponibile con quanto detto da molti dei la-voratori intervistati, segno che esiste una zona d’ombra tra la bontà dell’organizzazione espressa dai dirigenti e le problematiche riferite dai lavoratori protetti dall’anonimato. Questa differenza ci è parsa a volte dissonanza. E ciò a molto a che fare con una buona o cattiva gestione del personale.
I rapporti con i lavoratori sono ottimi, c’è dialogo ... l’ambiente è molto aperto e viene data la possibilità del dissenso, cosa che nel privato non sempre si può trovare. C’è un incontro fine anno dirigenza-lavoratori per discutere dei problemi.
Stefania, Presidente.
Il lavoro è poco riconosciuto, ci sono problemi di comunicazione con la dirigenza ... non mi sento abbastanza stimata, la cooperativa non valorizza più di tanto i dipendenti.
Martina, socia della cooperativa di Stefania
Al di là dei casi, che sono numerosi, di concordanza tra lavoratori e dirigenti circa la salute relazionale della cooperativa, le interviste registrano un solo caso di accordo rispetto a cattivi rapporti tra dirigenti e lavoratori. Un solo dirigente fa cenno a importanti problematiche relazionali all’interno propria cooperativa.
77
L’indagine sui dirigenti
Non c’è dialogo con le lavoratrici, perché non è cercato nemmeno da loro ... noi proviamo a consultarle, ma si dimostrano sempre disinteressate. I livelli di partecipazione alla vita della cooperativa sono molto bassi.
Sandra, Vicepresidente.
I rapporti con la cooperativa sono normali ... non mi sento particolarmente stimata ... non c’è molto dialogo. Ludovica, lavoratrice nella cooperativa di Sandra.
Stessa discrepanza nell’interpretazione del ruolo dell’Achievement, espresso ad esempio attraverso la possibilità dei lavoratori di frequentare corsi di formazione. In certi casi, i dirigenti si mostrano consapevoli delle insoddisfazioni espresse dai lavoratori circa l’improvement personale, ma giustificano le mancate politiche della cooperativa con la soddisfazione che un lavoratore dovrebbe trovare nel senso di appartenenza all’organizzazione.
I lavoratori non vengono incentivati perché non è quello che interessa ... si lavora qui perché si è interessati alle attività dell’associazione. Vedo infatti una buona soddisfazione nei lavoratori.
Stefano, Presidente.
C’è un senso forte di appartenenza alla cooperativa ... sento che il mio lavoro è utile e riconosciuto, ma non mi sono molto chiari gli obiettivi della cooperativa [...] la cooperativa secondo me non valorizza abbastanza i dipendenti .. .ad esempio non vengono fatti corsi di formazione.
Federica, socia della cooperativa di Stefano.
La dimensione del controllo, il Power. Qui la possibilità di prendere decisioni e intervenire nella vita della cooperativa è detta essere dai dirigenti un plus per l’accesso allo status di socio. Più in generale, la partecipazione è interpretata dai diri-genti come fattore positivo alla soddisfazione dei lavoratori, anche se, nel contem-po, i dirigenti ammettono che ai lavoratori non è in genere concessa molta auto-nomia decisionale. La maggior parte delle decisioni, certo le più importanti, sono prese dal Cda. Anche nello svolgimento delle mansioni poi la libertà dei lavoratori è vincolata al lavoro di equipe, caratteristico di molte cooperative. Gli spazi di vera au-tonomia non sono molti. I lavoratori li vorrebbero moltiplicati. Ciò migliorerebbe la loro motivazione.
78
CONCLUSIONI
La soddisfazione per il lavoro è qualcosa che va oltre le condizioni materiali del lavoro stesso, ma non può prescindere da esse. È questo, in sintesi, il quadro che il presente studio sulle condizioni di lavoro nelle cooperative sociali in Provin-cia di Pisa delinea. I fattori materiali sono importanti, quelli immateriali altrettanto. Sono le modalità del loro bilanciamento ad essere in questione.
Il quadro emerso dalle 34 interviste condotte su un campione di lavoratori e di dirigenti di 12 cooperative di tipo A e di tipo B della Provincia di Pisa è ricco e interessante. Per loro è stata un’occasione per esprimere le proprie idee. Le conver-sazioni guidate attraverso un questionario semi-strutturato hanno restituito un qua-dro chiaro di ciò che significa lavorare in cooperativa oggi, con tutte le difficoltà di precariato e di stipendio che lo accompagnano.
Il percorso logico e metodologico che fa da ossatura allo studio analizza il ruolo storico della cooperazione in Italia e individua lo spessore conseguito dalla cooperazione nel nostro Paese a seguito del riconoscimento giuridico avvenuto nel 1991, dopo la proliferazione spontanea degli anni ’80. I dati Istat 2005 parlano di 7363 cooperative sul territorio italiano, con un incremento del 70% rispetto al 1991. In Toscana le cooperative sociali sono cresciute soprattutto negli anni novan-ta: tra il 1997 e il 2001 è nato quasi il 40% delle cooperative. Pisa non fa eccezione. La cooperazione vi è estesa e ben radicata.
In Italia la cooperazione sociale è cresciuta velocemente sull’onda degli affi-damenti pubblici dei servizi sociali locali. L’occupazione femminile è stata privile-giata. Il 70% delle risorse umane che producono i servizi sono donne.
I problemi concernono l’imperfetto inquadramento normativo, l’utilizzo cre-scente di forme di lavoro flessibili e i bassi, molto bassi compensi. Sono i temi che il primo sciopero nazionale degli addetti delle cooperative sociali avvenuto lo scor-so 4 aprile 2008 ha posto sul tappeto.
Il fatto è che le cooperative sociali scontano un paradosso. Nate per svolgere servizi sociali in luogo della funzione pubblica, colmano una lacuna e sono indi-spensabili nel contesto del welfare italiano, ma non possono garantire ai propri lavo-ratori stipendi in linea con le remunerazioni dei pubblici dipendenti. La morsa in cui sono costrette dagli appalti pubblici e dagli incarichi a progetto costringe le co-
79
Conclusioni
operative a ridurre i compensi, con il rischio di una cattiva qualità dei servizi e di una generalizzata insoddisfazione dei lavoratori. In termini meno prosaici, qualità del servizio fa rima con qualità del lavoro.
La ricerca mostra lo stretto crinale su cui si muovono i lavoratori, con da un lato il vantaggio dovuto al ruolo sociale della cooperativa e dall’altro lo svantaggio di un diffuso senso di precarietà condito da bassi stipendi.
Ma la soddisfazione dei lavoratori delle cooperative sociali va oltre le mere condizioni materiali del lavoro, lo stipendio, la sicurezza, l’orario, ma da esse non può prescindere. I vantaggi immateriali contano molto, ma non sono tutto.
Tutti i lavoratori interpellati lamentano la pochezza degli stipendi. Talvolta occorre fare un doppio lavoro, o avere il supporto della famiglia d’origine per so-pravvivere. In altri casi è fondamentale una rete sociale alle spalle, una vita condivi-sa con un partner. La condizione di socio aiuta in quanto inserisce nella rete di socia-lizzazione della cooperativa. Chi lavora non si sente solo. Sono i soci i più sensibili ai vantaggi del noprofit. L’utilità del lavoro, la partecipazione alla vita e alla rete rela-zionale della cooperativa, la possibilità di prendere delle decisioni, il mutuo soccor-so che si traduce in flessibilità di orario, sono vantaggi preziosi, soprattutto per le donne.
Nelle cooperative sociali i lavoratori invertono talvolta lo schema motivazio-nale individuato dalla letteratura. Alla base della piramide non stanno i bisogni ma-teriali, leggi ‘lo stipendio’, ma quelli immateriali, l’Achievement, l’Affiliation, il Power, ovvero il controllo sul proprio lavoro. Avere voce in capitolo è possibile una volta guadagnato il ruolo di socio, una volta cioè che sono stati accreditati al lavoratore i vantaggi integrativi al basso salario percepito. Lo dimostrano anche i comporta-menti dei soci più integrati nella vita cooperativa, che quando iniziano a essere in-soddisfatti sul piano immateriale chiedono la ri-attualizzazione de fattori materiali che altri vantaggi rendevano meno importanti.
Le condizioni economiche sono più importanti per i non soci, per coloro che non possono emanciparsi dalla famiglia di origine e non possono contare su altre entrate. Sono coloro che hanno un contratto a termine o a progetto che più perce-piscono il futuro come una minaccia, che sentono le difficoltà di un mercato del la-voro in crisi.
80
Conclusioni
Ma ai lavoratori e alle lavoratrici delle cooperative restano dei vantaggi. Que-ste organizzazioni sono un canale interessante per l’inserimento lavorativo delle donne. Permettono un lavoro flessibile. Danno spazio alla mutua assistenza tra la-voratori. Perseguono uno scopo sociale dentro e fuori la cooperativa. Aspirano a rendere migliore la nostra vita e quella dei soggetti più deboli e sfortunati.
I dirigenti delle cooperative sono concordi. Il problema dei bassi stipendi si combatte in prima istanza con la partecipazione, con l’insistenza sulla ‘relazione’.
I problemi del lavoro in cooperativa sono concreti e vanno affrontati razio-nalmente percorrendo due strade maestre.
La prima consiste nell’interloquire con gli strumenti della rappresentanza col-lettiva con i pubblici poteri per modificare gli assetti di un welfare che sconta spe-cialmente a livello locale, per dirla con Bauman, la ‘liquidità’ di uno stato sociale cresciuto negli ultimi quattro decenni su fondamenta troppo friabili. Al centro del discorso politico stanno la ri-contrattazione del CCNL e la congruità delle basi d’asta e dei ribassi nelle gare per i servizi.
La seconda strada è lavorare per trasformare l’offerta di servizi in vendita di prestazioni a consumatori privati, così che le cooperative possano finanziarsi con attività extrapubbliche capaci di creare una ‘reale’ occupazione aggiuntiva64. Le co-operative dovranno operare vieppiù nei servizi non strettamente assistenziali, desti-nati a persone a medio reddito. La sfida è di avere una struttura organizzativa e competenze professionali all’altezza, magari ben pagate65.
Occorre avviare un circolo virtuoso tra la qualità del servizio e la competitivi-tà nel privato, tra l’aumento dell’utile e dei salari (integrati da dividendi e incentivi),
64 Ciò è già realtà in alcune province del Centro-Nord Italia nel settore delle residenze per anziani, dove una parte della retta è pagata dalla famiglia del residente, secondo un originale mo-dello di partecipazione pubblico privato che rimanda al meccanismo del voucher. Cfr. tra gli altri Donati, Colozzi (2004).
65 Si aprono, lo si capisce, prospettive occupazionali interessanti in questo campo. Una espansione in questa direzione è possibile considerando che: (a) esiste una domanda non soddi-sfatta di servizi sociali di interesse collettivo; (b) la domanda latente può trasformarsi in domanda pagante, anche se in misura percentualmente ridotta; (c) le cooperative e i loro consorzi di servi-zio possono lavorare per far emergere questa domanda pagante con buon successo, come in mol-ti casi è stato. Cfr. in senso problematico Borzaga (1997), p. 7.
81
Conclusioni
tra una maggiore soddisfazione per il lavoro svolto e una migliore qualità del lavoro fornito. Una intelligente gestione delle risorse umane è in tal senso fondamentale.
Una via intermedia è quella aperta dalla ‘politica dei voucher’. Può essere una risposta vincente. Il contributo pubblico può aumentare la disponibilità economica dei cittadini-utenti-clienti dei servizi, disposti ad acquistare anche servizi non di ba-se e di migliore qualità, rinforzando le cooperative migliori66. Il meccanismo è for-temente selettivo.
Infine, molto possono fare i Consorzi di cooperative. Possono stimolare la formazione non obbligatoria. Possono favorire la creazione e l’erogazione di servizi per nuove categorie di utenti. Possono dialogare con l’ente locale perché garantisca meccanismi più equi negli affidamenti pubblici dei servizi.
Si tratta in fondo di rafforzare ed estendere le peculiarità dei rapporti di lavo-ro nel settore nonprofit: maggior soddisfazione dei lavoratori a fronte di salari infe-riori a quelli degli enti pubblici e forprofit, a seguito di una maggiore equità e di prati-che di selezione e di valorizzazione dei lavoratori che esaltano le motivazioni intrin-seche.
66 I voucher permettono tra l’altro di migliorare la qualità dei servizi offerti. Infatti è l’utente a farsi motore dello sviluppo del mercato sociale per garantire al fruitore del servizio la possibilità di scegliere il soggetto erogatore maggiormente rispondente alle proprie aspettative. Anche se poi, su questa strada, le cooperative not-forprofit si troverebbero a competere con le imprese forprofit che forse meglio delle prime possono garantire la minimizzazione dei costi di produzione dei servizi. Cfr. Barlett, Le Grand (1993).
82
BIBLIOGRAFIA Aa.Vv. (1999) The Changing Nature of Work. Implications for Occupational Analysis, Washington
D.C, National Research Council, National Academy Press.
Ajello, A.M., Cavoli, M., Meghnagi, S. (1992) La competenza esperta. Sapere professionale e contesti di lavoro, Roma, Ediesse.
Ambrosiani, M. (2005) Scelte solidali. L’impegno per gli altri in tempi di soggettivismo, Bologna, Il Mulino.
Ascoli, U. (1999) Il welfare futuro. Manuale critico del terzo settore, Roma, Carocci.
Avallone, F., Arnold, J, De Witte, K. (1997) “Feelings work in Europe”, Quaderni di Psicologia del Lavoro 5, Milano, Guerini.
Avallone, F. (1994) Psicologia del lavoro, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
Barlett, W., le Grand, J. (1993) (a cura di) Quasi Market and Social Policy, London, MecMillan..
Bauman, Z. (2006) Vita liquida, Bari, Laterza.
Bertaux, D. (2005) Racconti di vita, ed. it. Bichi, R. (a cura di), Milano, Franco Angeli.
Boese, R. Lewis, P. Frugoli, P. Litwin, K. (2001) Summary of O*Net 4.0 Content Model and Database, National O*NET Consortium.
Borzaga, C., Depedri, S. (2007) “Il lavoro nelle cooperative sociali: verso un nuovo modello di rela-zioni industriali?”, in Impresa sociale, Vol 76, n.3.
Borzaga, C., Ianes, I. (2006) L’economia della solidarietà. Storia e prospettive della cooperazione so-ciale, Roma, Donzelli.
Borzaga, C., Loss, M., Zalla, D. (2005) “I benefici individuali dei lavoratori svantaggiati nelle imprese sociali”, in Cgm (2005) Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Torino, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli.
Borzaga, C., Depedri, S. (2003) La cooperazione sociale al microscopio: i punti di forza e di debolez-za dei modelli organizzativi e della gestione delle risorse umane, Milano, Franco An-geli.
Borzaga, C., Defourny, J. (2002) L’impresa sociale in prospettiva europea, Trento, Edizioni ’31.
Borzaga, C. (1997) Terzo Settore e occupazione: un’analisi critica del dibattito, Working Paper n°2, ISSAN (Istituto Studi Sviluppo Aziende Non Profit), Università degli Studi di Trento.
Bruni, L., Pellagra, V. (a cura di) (2002) Economia come impegno civile, relazionalità, ben-essere ed Economia di Comunione, Roma, Città Nuova.
Butera, F. (1997) Il castello e la rete, Milano, Franco Angeli.
Butera, F., Donati, E., Cesaria, R. (a cura di) (1997) I lavoratori della conoscenza, Milano, Franco Angeli.
Calamandrei, C., Orlandi, C. (2002) La dirigenza infermieristica. Manuale per la formazione dell'in-fermiere con funzioni dirigenziali, Milano, Mc Graw Hill.
Carretta, A. Dalziel, M. e Mitrani, A. (a cura di) (1993) Dalle risorse umane alle competenze, Milano, Franco Angeli.
Cerase, F.P. (1994) I dipendenti pubblici, Bologna, Il Mulino.
Cerase, F.P. (2002) L'analisi delle competenze nel lavoro amministrativo, Milano, Franco Angeli.
83
Bibliografia
Cgm (2005) Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Torino, Edizioni Fon-dazione Giovanni Agnelli.
Cgm (2002) Comunità cooperative. Terzo rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Torino, Fon-dazione Giovanni Agnelli.
Cgm (1997) Imprenditori sociali. Secondo rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Torino, Edi-zioni Fondazione Giovanni Agnelli.
Cgm (1994) Primo rapporto sulla cooperazione sociale, Milano, Edizioni Cgm.
Chiesi, A.M. (1997) Lavori e professioni. Caratteristiche e mutamenti dell'occupazione in Italia, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
Clark (1998) Gli indicatori di soddisfazione professionale. Quali sono le caratteristiche di un buon impiego? Osservazioni raccolte in certi paesi dell’OCSE, Parigi, OCSE.
Colozzi, I., Bortolotti, A., Maino, G. (2002) Da terzo settore a impresa sociale, Roma, Carocci.
Corbetta, P. (1999) Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, Bologna.
Cortellazzi, I. Pais, I. (a cura di) (2001) Il posto della competenza: persone, organizzazioni, sistemi formativi, Milano, Franco Angeli.
Cullen, J., Jones, B. (1997) State of the Art on the Approaches in the United States of Accreditation of Competencies Through Automated Cards, Final Report, London, The Tavistock Insti-tute (prepared for DGXII of the European Commission).
De Andrea, P. (1991) “Psicologia del lavoro e cultura debole”, in Quaglino, G.P. (a cura di) Soggetti, lavoro, professioni, Torino, Bollati Boringhieri.
Donati, P., Colozzi,. I. (2004) (a cura di) Il privato sociale che emerge: realtà e dilemmi, Bologna, Il Mulino.
Donati, P. (a cura di) (1999) Rapporto sullo Stato Sociale in Italia, Milano, Mondadori.
Ferris, G.R. Rowland, K.M. e Buckley, R.M. (a cura di) (1990) Human Resource Management: Per-spectives and Issues, Boston, Allyn & Bacon.
Gallino, L., Ceri, P. e Baldissera, A. (1976) “Per una valutazione analitica della qualità del lavoro”, Quaderni di Sociologia 2-3, pp. 297-322.
Geffroy, F., Tijou, R. (2002) Il management delle competenze nelle imprese europee. Politiche e pra-tiche, Milano, Franco Angeli.
Girard, G. (1990) Simulazione e identità debole, Torino, Tirrenia.
Girard, G., Vecchiato, T. (1988) Per una teoria debole della soggettività, Torino, Tirrenia.
Hamermesh (1999) The chancing distribution of job satisfaction, National Bureau of Economics Re-search.
Herzberg, F., Herzberg, L. (1959) The motivation to work., New York.
Holland, J.L. (1997) Making vocational choices. A theory of vocational personalities and work envi-ronments, Lutz, FL, Psychological Assessment Resources.
Irpet (2003) Le cooperative sociali in Toscana. Anno 2003
Irpet (2006) Le imprese cooperative nel sistema economico della Toscana.
Isfol (2005) Regole della reciprocità. L’impatto della nuova disciplina dell’impresa sociale, Milano, Società editoriale Vita.
84
Bibliografia
Istat (2007), Le cooperative sociali in Italia. Anno 2005, Statistiche in breve.
Istat (2006) Le cooperative sociali in Italia. Anno 2003, Statistiche in breve.
Istat (2004) 8° Censimento dell’Industria e dei Servizi, Roma.
Istat (2003) Le cooperative sociali in Italia. Anno 2001, Statistiche in breve, settembre 2003.
Istat, (2001) “ Istituzioni nonprofit in Italia”, in Informazioni, n. 50, Roma.
Le Boterf, G. (1994) De la competence, Paris, Les editions d'Organisation.
Leontaridi, R.M., Sloane. P.J. (2000) Measuring the quality of jobs: promotion aspects career and job satisfaction, Aberdeen, Centre for European Labour Market Research, University of Aberdeen.
Levati, W., Saraò, M.V. (1998) Il modello delle competenze, Milano, Franco Angeli.
Lunghini, G. (1995) L’età dello spreco. Disoccupazione e bisogni sociali. Torino, Bollati Borighieri.
Marriner, T. (1992) Management Infermieristico. Teoria e Pratica, Milano, Ed. Sorbona.
Melandri, V., Vittadini, G. (2004) Fundraiser: professionista o missionario? Storia e futuro di una fi-gura chiave del non profit, Milano, Guerini e Associati.
Melandri, V., Masacci, A. (2000) Fund Raising per le organizzazioni non profit, Milano, Il Sole 24Ore.
Melandri, V., Orioli, F. (2000) Liberare il lavoro. Gestire risorse umane nel nonprofit, Moncalieri, Monti Editore.
Pherson I.M. (2004) “Un quadro di insieme tra passato e presente: il movimento cooperativo nelle comunità di oggi”, in Impresa sociale, n.4.
Peterson, N.G., Mumford, M.D., Barman, W.C., Jeanneret, P.R. and Fleishman, E.A. (1999) An Occu-pational Information System for the 21st Century. The Development of O*NET. Wa-shington DC, American Psychological Association.
Regione Toscana (2007) Le cooperative sociali in Toscana – Anno 2003, Informazioni statistiche in breve, Firenze.
Rugiadini, A. (1979) Organizzazione d'impresa, Varese, Giuffrè Editore.
Scarnera, A. (a cura di) (2003) Il Dizionario delle professioni tecniche: uno studio di fattibilità, Roma, Istat.
Scaratti G., Zandonai F. (2007) I territori dell’invisibile. Cultura e pratica di impresa sociale, Bari, Laterza.
Spencer, L.M., Spencer, S.M. (1995) (ed. orig. 1993) Competenza nel lavoro, Milano, Franco Angeli.
Travaglino C. (2006) “Cooperativa sociale, impresa sociale, impresa di comunità”, in Rivista della co-operazione, n. 1.
Zaleznik, A., Roethlisberger, C.R. F.J. (1964) Motivazioni, produttività e soddisfazione nel lavoro (ti-tolo originale: The motivation, productivity, and satisfaction of workers), Bologna, Il Mulino.
Zandoni F. (2006) Imprese di comunità. Dai servizi alle relazioni, in Communitas, n.8
85
APPENDICE Intervista ai lavoratori
I PARTE - CARATTERISTICHE ASCRITTIVE
[Genere] Età e luogo di nascita/provenienza Comune di Residenza Con chi abita e composizione della eventuale famiglia con cui abita (genitori, fratelli, nonni, altri conviventi, ecc.): Situazione familiare (sposato, convivente, rapporto di coppia stabile ma non convivente, altro) Titolo di studio (solo quello già conseguito, non quello in corso)
II PARTE - CARATTERISTICHE DEL LAVORO E DELL’AMBIENTE DI LAVORO Socio/Collaboratore Tipologia contrattuale (autonomo/dipendente) Remunerazione Orario di lavoro Mansione
III PARTE - LA MOTIVAZIONE E IL PERCORSO LAVORATIVO DEL SOGGETTO
Lavori precedenti (stesso/altro settore; stessa/altra tipologia di ente) Modalità di accesso all’organizzazione Motivazioni che hanno portato alla scelta dell’organizzazione. (Da tenere in particolare conside-razione per le donne) Es: • Interesse per il settore di attività • Coerenza con il percorso di studi • Flessibilità (conciliazione casa-lavoro) • Condivisione degli obiettivi sociali dell’organizzazione • Coinvolgimento del lavoratore nelle decisioni dell’organizzazione • Scarsità di altre offerte di lavoro • Anzianità di servizio
IV PARTE (Fattori “motivanti”): LA SODDISFAZIONE NEL LAVORO
Oggetto delle domande: • grado di insoddisfazione in relazione alla remunerazione; • adeguatezza o meno tra competenze e mansioni svolte (titolo di studio vs. mansione); • grado di insicurezza in relazione precarietà del lavoro; • importanza attribuita alle prospettive offerte dal lavoro; • elementi di soddisfazione e insoddisfazione nei confronti del rapporto con la cooperativa
o dialogo o trasparenza o sostegno o professionalità
87
Appendice
LA SODDISFAZIONE NEI CONFRONTI DEL LAVORO
Fattori materiali (“igienici”) Retribuzione Crede che la sua remunerazione sia adeguata in relazione alle mansioni svolte? La retribuzione è sufficiente a soddisfare i principali bisogni della tua vita oppure le capita di ri-correre ad integrazioni fornite da un secondo lavoro o da parenti e amici? Condizioni di lavoro E’ soddisfatto dell’orario di lavoro? Ci sono i mezzi e le risorse per svolgere adeguatamente il proprio lavoro? È soddisfatto della copertura previdenziale, periodi di malattia e infortuni sul lavoro? Sicurezza del posto Crede che il suo lavoro sia troppo precario? Considera questo un lavoro temporaneo o vorrebbe che si stabilizzasse? Comfort L’organizzazione allestisce un ambiente di lavoro salubre, confortevole e accogliente Per ambiente salubre si intende un ambiente che garantisca le fondamentali regole di igiene; con-fortevole e accogliente fa riferimento ad aspetti di funzionalità – in rapporto sia alle esigenze lavorative che a quelle dei lavoratori e/o clienti – di gradevolezza estetica e di cura dell’aspetto dell’ambiente. Come valuta il comfort dell’ambiente in cui lavora: (Insuff.. Mediocre Sufficiente Buono) Pulizia Silenziosità Sicurezza L’organizzazione adotta provvedimenti per prevenire gli infortuni e i rischi professionali. Si fa ri-ferimento al fatto che l’organizzazione è attenta alla sicurezza lavorativa e alla tutela della salute. L'organizzazione in cui lavora si preoccupa del benessere nell’ambiente di lavoro? Il lavoro che fa presenta delle problematiche particolari di sicurezza?
Fattori motivanti Riconoscimento. Sente che il suo lavoro è riconosciuto? Utilità Sente che il suo lavoro è utile? E' soddisfatto del rapporto con gli utenti? Responsabilità Ha autonomia decisionale? Secondo lei, il suo è un ruolo di responsabilità? Trova spazio per progetti e iniziative personali? Achievement Ritiene che le sue attese professionali siano state realizzate? Il lavoro che svolgi corrisponde alle tue aspettative oppure lo consideri inadeguato al livello di formazione e alle aspirazioni originarie? Perché? Lavoro in sé In base alla tipologia contrattuale:
88
Appendice
• il fatto di essere diventato socio ha portato dei miglioramenti nel tipo di remunerazio-ne/mansioni svolte?
• il fatto di essere a contratto comporta degli svantaggi nel lavoro con la cooperativa? Vor-resti diventare socio? Credi che diventare socio porterebbe dei miglioramenti nelle condi-zioni di lavoro/soddisfazione per il lavoro svolto?
• Cambierebbe lavoro? Perché? In che settore vorrebbe lavorare? (Esplorare se il problema è il rapporto con questa particolare cooperativa o con il settore in generale).
LA SODDISFAZIONE NEI CONFRONTI DEL RAPPORTO CON LA COOPERATIVA Relazione Come sono i suoi rapporti con la dirigenza della cooperativa? Quanto si sente supportato dai responsabili della cooperativa? Si sente stimato dai suoi superiori? Ritiene che ci sia abbastanza dialogo con i dirigenti e i responsabili della cooperativa? E’ facile avere le informazioni di cui si ha bisogno? Politiche di impresa I dirigenti trattano i dipendenti in maniera equa? Ci sono differenze di trattamento tra soci e collaboratori? Ci sono persone che vengono emarginate? Gli obiettivi dell'organizzazione sono chiari e ben definiti? La cooperativa riconosce e valorizza le competenze e gli apporti dei dipendenti e stimola nuove potenzialità? Identificazione Prova un senso di appartenenza alla struttura presso cui lavora? In che misura le capita di osservare i fenomeni seguenti nel suo ambiente di lavoro?
• insofferenza nell’andare al lavoro • disinteresse per il lavoro
In che misura le capita di riscontrare i fenomeni seguenti nel suo ambiente di lavoro? • soddisfazione per l’organizzazione • voglia di impegnare nuove energie per l’organizzazione
La presenza delle donne è sopra o sotto rappresentata nella cooperativa dove lavora? Nel caso in cui ci siano delle sproporzioni tra uomini e donne, secondo lei quali sono le ragioni? Può essere individuata una difficoltà nell’accesso ad altri canali occupazionali da parte delle donne? La soddisfazione nei confronti del rapporto con i colleghi Ritiene che l'ambiente di lavoro sia piacevole? Ritiene che i colleghi siano a conoscenza dei contenuti del suo lavoro? È soddisfatto del rapporto con i colleghi? Esiste collaborazione con i colleghi? Suggerimenti Quali sono, secondo lei, le cose più urgenti da migliorare nella sua cooperativa? Es.
• Il comfort dell’ambiente di lavoro • La circolazione e la chiarezza delle informazioni
Secondo lei quali sono gli aspetti di maggiore criticità in relazione a: • la normativa in materia di cooperazione sociale • le condizioni contrattualistiche di lavoro • la sicurezza sul posto di lavoro
89
Appendice
• i livelli di partecipazione alla vita della cooperativa (partecipazione alle decisioni, condivi-sione degli obiettivi e così via)
• pari opportunità tra uomini e donne Potrebbe dirmi secondo lei quali sono i tre aspetti di particolare importanza tra quelli indicati (in ordine di importanza)?
90
Appendice
Intervista ai dirigenti
I PARTE - CARATTERISTICHE ASCRITTIVE
[Genere] Età e luogo di nascita/provenienza Comune di Residenza Con chi abita e composizione della eventuale famiglia con cui abita (genitori, fratelli, nonni, altri conviventi, ecc.): Situazione familiare (sposato, convivente, rapporto di coppia stabile ma non convivente, altro) Titolo di studio (solo quello già conseguito, non quello in corso)
II PARTE - CARATTERISTICHE DEL LAVORO E DELL’AMBIENTE DI LAVORO
DEL SOGGETTO Remunerazione Orario di lavoro Mansione Lavori precedenti (stesso/altro settore; stessa/altra tipologia di ente) Modalità di accesso all’organizzazione Anzianità di servizio/Percorso lavorativo
DELLA COOPERATIVA Anno di formazione della cooperativa Numero totale delle persone che lavorano nella cooperativa (soci e collaboratori) Addetti
• Per fascia di età • Per titolo di studio • Per anzianità di servizio
Tipologie contrattuali attualmente in uso Canali per il reclutamento del personale Es:
• Centri per l’impiego • Agenzie interinali • Curriculum inviati/presentazione spontanea candidati • Segnalazioni da parte di conoscenti, amici e parenti • Annunci su quotidiani • Altro
Come definirebbe il profilo socio-professionale tipico degli addetti della sua cooperativa?/Verso quali profili state orientando le vostre selezioni?
• Giovani (fino a 34 anni) senza esperienza specifica nel settore indipendentemente dal tito-lo di studio
• Meno giovani (oltre 35 anni) senza esperienza specifica nel settore e senza riguardo al ti-tolo di studio
• Giovani con laurea specifica senza esperienze precedenti nel settore • Personale con lauree specifiche ad elevata esperienza nel settore • Personale diplomato e tecnici • Altro
91
Appendice
Cooperative B: Quanti sono i lavoratori svantaggiati che lavorano per voi? Attraverso quali canali li reclutate? I lavoratori svantaggiati che lavorano per voi sono anche soci? In che misura? Quali tipologie contrattuali caratterizzano i lavoratori svantaggiati presenti nella vostra cooperati-va?
III PARTE (Fattori “motivanti”): LA SODDISFAZIONE NEL LAVORO
LA SODDISFAZIONE NEI CONFRONTI DEL LAVORO
Fattori materiali (“igienici”) Retribuzione Crede che la remunerazione dei lavoratori sia adeguata in relazione alle mansioni svolte? Condizioni di lavoro Consentite orari flessibili? Mettete i soci/collaboratori in grado di svolgere adeguatamente il proprio lavoro? (Rimborsi spe-se, mezzi, etc.) Comfort Come valuta il comfort dell’ambiente in cui lavora? Sicurezza L’organizzazione adotta provvedimenti per prevenire gli infortuni e i rischi professionali?
Fattori motivanti Responsabilità I lavoratori hanno autonomia decisionale? Lavoro in sé Secondo lei il fatto di aver lavorato all’interno di una cooperativa sociale agevola la possibilità di un successivo inserimento nel mercato for profit? In che misura? Questo vale sia per i lavoratori svantaggiati che per tutti gli altri? Secondo lei ci sono differenze? In base alla tipologia contrattuale:
• il fatto di essere socio comporta dei miglioramenti nel tipo di remunerazione/mansioni svolte?
• il fatto di essere a contratto comporta degli svantaggi nel lavoro con la cooperativa? La soddisfazione nei confronti del rapporto con la Cooperativa
Relazione Come sono i suoi rapporti con i lavoratori della cooperativa? Ritiene che ci sia abbastanza dialogo con i lavoratori della cooperativa? Vi consultate con il personale sulle questioni importanti? Politiche di impresa Ci sono differenze di trattamento tra soci e collaboratori? Cosa comporta per un lavoratore il di-ventare socio? Incoraggia i dipendenti a sviluppare competenze e carriere? (es. formazione, riconoscimenti dei risultati conseguiti)? Con quali soggetti la sua cooperativa instaura relazioni di collaborazione per facilitare i percorsi di inserimento di persone svantaggiate o, più in generale, dei lavoratori neo assunti?
92
Appendice
Secondo lei i progetti di inserimento lavorativo (per le cooperative di tipo B)/i lavoratori arrivati alla cooperativa negli ultimi due anni sono riusciti a realizzare gli obiettivi in termini di pianifica-zione della vita occupazionale? Se si, quali sono stati i principali benefici? Se no, quali gli ostacoli? La presenza delle donne è sopra o sotto rappresentata nella cooperativa? Nel caso in cui ci siano delle sproporzioni tra uomini e donne, secondo lei quali sono le ragioni? Può essere individuata una difficoltà nell’accesso ad altri canali occupazionali da parte delle donne? Identificazione I lavoratori provano un senso di appartenenza alla cooperativa? In che misura le capita di osservare nei lavoratori i fenomeni seguenti?
• insofferenza nell’andare al lavoro • disinteresse per il lavoro
In che misura le capita di riscontrare i fenomeni seguenti? • soddisfazione per l’organizzazione • voglia di impegnare nuove energie per l’organizzazione
Suggerimenti Secondo lei quali sono gli aspetti di maggiore criticità/ i punti di forza della cooperativa in rela-zione a:
• la normativa in materia di cooperazione sociale • le condizioni contrattualistiche di lavoro • la sicurezza sul posto di lavoro • i livelli di partecipazione alla vita della cooperativa (partecipazione alle decisioni, condivi-
sione degli obiettivi e così via) • pari opportunità tra uomini e donne
Potrebbe dirmi secondo lei quali sono i tre aspetti di particolare importanza tra quelli indicati (in ordine di importanza) .
93
Finito di stampare nel mese di novembre 2008
dalla Tipografia Editrice Pisana snc Via Trento, 26 – 56126 Pisa
Tel./Fax: 050 49829 e-mail: [email protected]
www.tepsnc.it