Monte Santa Maria Tiberina, Palazzo Museo Bourbon del ... 2012, Caravaggio... · dello stesso Bacco...

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cura Pierluigi Carofano progetto grafico e impaginazione Cristina Vennero, Punto Pagina, Livorno stampa Bandecchi & Vivaldi, Pontedera distribuzione Libro Co. Italia srl Via Borromeo, 48 50025 San Casciano Val di Pesa (Firenze) Tel. 055 8229414 - Fax 055 8294603 www.libroco.it ISBN 978-88-8341-527-2 Monte Santa Maria Tiberina, Palazzo Museo Bourbon del Monte 17 settembre 2011 Comune di Monte Santa Maria Tiberina Libera Accademia di Studi Caravaggeschi Regione Umbria Provincia di Perugia Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena in copertina Caravaggio, Vertunno (noto come Fruttaiolo), 1593-1595 ca. Roma, Galleria Borghese

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curaPierluigi Carofano

progetto grafico e impaginazioneCristina Vennero, Punto Pagina, Livorno

stampaBandecchi & Vivaldi, Pontedera

distribuzioneLibro Co. Italia srlVia Borromeo, 48 50025San Casciano Val di Pesa (Firenze)Tel. 055 8229414 - Fax 055 8294603www.libroco.it

ISBN 978-88-8341-527-2

Monte Santa Maria Tiberina, Palazzo Museo Bourbon del Monte17 settembre 2011

Comune di Monte Santa Maria Tiberina

Libera Accademia di Studi Caravaggeschi

Regione Umbria

Provincia di Perugia

Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena

in copertinaCaravaggio, Vertunno (noto come Fruttaiolo), 1593-1595 ca. Roma, Galleria Borghese

Giacomo
Casella di testo

Atti della Giornata di StudiQuestioni caravaggesche

a cura diPierluigi Carofano

Libera Accademia di Studi Caravaggeschi

Giacomo Berra

IL CeSTo RICoLMo dI FRUTTA deL VertuNNo (NoTo CoMe IL FruttaIolo) deL CARAVAGGIo

Qualche anno fa, nel 2007, riprendendo un’intuizione di Maurizio Ma-rini, ho cercato di dimostrare in maniera approfondita, in un saggio pub-blicato su “Paragone”, che il cosiddetto Fruttaiolo o ragazzo con cesto di frutta, notissimo dipinto giovanile del Caravaggio [fig. 1], può essere cor-rettamente interpretato come la raffigurazione del dio Vertumnus (Vertunno o Vertumno) colto nell’atto di sostenere un cesto ricolmo di frutta donato-gli da Pomona1. In seguito, alcuni studiosi, quando hanno avuto occasione di parlare di questo magnifico quadro caravaggesco, hanno ripreso, seppur in maniera diversa, tale lettura. Alcuni l’hanno pienamente condivisa, altri hanno invece preferito approfondire differenti ipotesi. In particolare, Seba-stian Schütze, nella sua ampia monografia sul Merisi, ha sostanzialmente accolto tale interpretazione scrivendo che “il dipinto poteva essere letto come raffigurazione di Vertumno, la divinità romana della trasformazio-ne e del mutare delle stagioni, che presenta all’osservatore i frutti maturi dell’autunno”2. Successivamente Rossella Vodret ha citato l’ipotesi Ver-

1 Cfr. G. Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio, ovvero il giovane dio Vertunno con cesto di frutta, in “Paragone”, 73, 2007, pp. 3-54 (con bibliografia precedente). Per l’intervento del Marini si veda, da ultimo, M. mariNi, Caravaggio “pictor praestantissimus”. l’iter artistico completo di uno dei massimi rivoluzionari dell’arte di tutti i tempi, Roma (I ed. 1987), IV ed. riveduta e aggiornata 2005, pp. 134-135, e pp. 371-373, n. 3 (con bibliografia precedente).

2 S. schütze, Caravaggio. l’opera completa, Köln 2009, p. 32 e p. 245, n. 2: “Una lettura convincente è stata proposta recentemente da Berra, che nel dipinto vede una raffigurazione di Vertumno […]”.

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tunno come una delle letture più convincenti3. Franco Picchio, invece, ha interpretato il quadro del Caravaggio in chiave bacchica, sostenendo che il Fruttaiolo potrebbe essere, “sotto forma di ragazzotto, l’immagine silenica dello stesso Bacco ‘portatore di frutti’ (càrpimos) che si legge negli Inni orfici (53, 8)”. Secondo lo studioso, però, tale esegesi dell’immagine non escluderebbe che vi si possa intravedere anche il “nesso Bacco-Cristo” in quanto si tratterebbe di un’allusione dionisiaca che riesce a fondere il tema pagano bacchico con l’iconografia paleocristiana che prevedeva anche la cornucopia letta in chiave cristologica4. Sul tema è anche intervenuta Alma Frascarelli, la quale, in alcuni suoi recentissimi interventi (sui quali ritor-nerò più avanti), pur tenendo presente l’‘ipotesi Vertunno’, ha preferito – riprendendo alcuni spunti di Maurizio Calvesi – accantonare l’interpre-tazione mitologica a favore di una lettura esclusivamente ‘religiosa’ del dipinto5.

In questa sede vorrei ritornare sull’argomento per riproporre e avvalo-rare ancor di più l’ipotesi che il Fruttaiolo raffiguri in realtà Vertunno, il dio delle trasformazioni connesso alla maturazione dei frutti6. La conside-razione che il dipinto del Caravaggio rappresenti una divinità antica non deve essere considerata inverosimile. Si tratta di una lettura mitologica che è pacificamente accettata per altri dipinti giovanili del Merisi. oggi, infatti, nessuno si sognerebbe di sostenere, ad esempio, che il cosiddetto Bacchino malato del Caravaggio rappresenti un giovane che si trastulla con un grap-polo d’uva e non, come invece è del tutto evidente, il dio Bacco coronato di edera. Il fatto che la figura di Vertunno nella cultura odierna sia meno nota rispetto a quella del più famoso Bacco non ci deve far cadere nell’errore di pensare che nel periodo in cui era attivo il Caravaggio Vertunno fosse

3 R. Vodret, Caravaggio a roma. Itinerario. Guida storico-artistica, Cinisello Balsamo (Milano) 2010, p. 12. Tale interpretazione è registrata anche in M.C. terzaGhi, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Bergamo 2009, p. 58, n. III.

4 Cfr. F. Picchio, ariosto e Bacco due. apocalisse e nuova religione nel Furioso, Cosenza 2007, p. 369.

5 Per gli interventi della Frascarelli, cfr. le note 16 e 17; per quelli del Calvesi si veda la nota 18. Va anche segnalato che A. coliVa, Caravaggio. ragazzo con canestro di frutta, in Ca-ravaggio Bacon, a cura di A. Coliva e M. Peppiatt, Roma, Galleria Borghese, 2 ottobre 2009-24 gennaio 2010, Milano 2009, pp. 116-119, testo riproposto in A. coliVa, ragazzo con canestra di frutta, in Caravaggio, a cura di C. Strinati, Roma, Scuderie del Quirinale, 20 febbraio-13 giugno 2010, Milano 2010, pp. 68-75, nel redigere la scheda del dipinto, ha tralasciato alcune ipotesi di interpretazione, tra le quali anche quella del dio Vertunno.

6 Per la bibliografia dedicata alla figura mitologica di Vertumnus, rimando a Berra, Il ‘Frut-taiolo’ del Caravaggio cit., 2007, p. 45, nota 53 e p. 46, nota 57. Sulla figura del dio Vertunno nella cultura letteraria nel Cinquecento, si veda anche il recente testo di M. arNaudo, Il trionfo di Vertunno. Illusioni ottiche e cultura letteraria nell’età della Controriforma, Lucca 2008.

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un dio trascurato e quindi non meritevole di essere dipinto. Anzi, l’elabo-razione della sua immagine permetteva di associare una divinità classica, con la sua aura anticheggiante, al tema della raffigurazione dei naturalia che stava a poco a poco attirando l’attenzione di parecchi collezionisti. Rimando al mio articolo sopra citato per avere uno sguardo d’insieme di tutte le interpretazioni sino ad allora proposte sul Fruttaiolo e soprattutto per un’analisi delle diverse argomentazioni, figurative e letterarie, che ho sviluppato per dimostrare l’identità Fruttaiolo/Vertunno7. In questa sede vorrei invece, riprendendo parzialmente alcune supposizioni già in passato formulate e discutendo anche le più recenti ipotesi, aggiungere nuove argo-mentazioni alla tesi mitologica. Vorrei infatti dimostrare, presentando altri confronti figurativi, come il tema del cesto di frutta, caratteristico del Frut-taiolo, sia un elemento che qualifica in modo specifico non solo il dio Ver-tunno, ma anche la dea dei frutti Pomona (l’amante dello stesso Vertunno). Una dea che, non a caso (come si vedrà più avanti), è spesso connotata con un cesto ricolmo di svariati frutti e che Vincenzo Cartari nel Cinquecento definì la “dea de i pomi, e de gli altri frutti”8. Ma in particolare cercherò di evidenziare come anche nei secoli successivi la figura di un giovane con cesto di frutta (o comunque legato alla frutta) venisse pacificamente intesa come il dio Vertunno e che quindi fosse del tutto scontato ammirare in al-cuni giardini europei delle statue espressamente realizzate per raffigurare tale divinità mitologica (molto spesso assieme anche a Pomona), statue che presentavano le stesse caratteristiche iconografiche del giovane realizzato alla fine del Cinquecento dal Caravaggio.

Prima di continuare è però opportuno aprire una piccola parentesi sull’autografia del quadro del Merisi per sgombrare il campo da possi-bili dubbi. Il Fruttaiolo è ora considerato dalla critica caravaggesca un importante autografo giovanile del Caravaggio, ma nel passato non sono mancate alcune isolate voci di dissenso. In particolare, nel 1922 Matteo Marangoni ha sostenuto che tale dipinto fosse “un’antica copia” (anche se poi lo stesso studioso ha mutato parere)9; mentre Aldo de Rinaldis nel

7 Cfr. Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007.8 V. cartari, le imagini de i dei de gli antichi, nelle quali si contengono gl’Idoli, riti,

ceremonie, & altre cose appartenenti alla religione de gli antichi, raccolte dal Sig. Vincenzo Cartari, con la loro espositione et con bellissime et accomodate figure nuovamene stampate, Venezia 1571, p. 234.

9 M. maraNGoNi, Quattro “Caravaggio” smarriti, in “dedalo”, II, XII, 1922, pp. 783-794, in part. p. 788. Tale giudizio è stato poi modificato in M. maraNGoNi, Note sul Caravaggio alla mostra del Sei e Settecento, in “Bollettino d’Arte”, II, V, 1922, pp. 217-229, in part. p. 226, dove lo studioso si chiede se il dipinto “non possa per caso essere anch’esso un originale”.

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1936 ha evidenziato come nelle Descrizioni della Galleria Borghese del 1888, redatte dal direttore Giovanni Piancastelli, il dipinto venne “svalu-tato come copia”10. Chiara Stefani, in una breve scheda del 2000, ha sin-tetizzato il problema sottolineando che ci sono stati “pareri discordi dei critici”11. Ma l’intervento che maggiormente ha evidenziato la possibilità che il Fruttaiolo possa essere una copia è stato fatto recentemente, nel 2003, da Kristina Herrmann Fiore. Quest’ultima ha infatti scritto che, se-condo una nota manoscritta del 1896 stesa dal Piancastelli, primo direttore della Galleria Borghese, la “versione originale di questo dipinto del Cara-vaggio sarebbe stata venduta a Parigi il 3 luglio del 1891”. La studiosa, a seguito di tale informazione, ha così commentato: “dubbi sull’autenticità sono stati già espressi in passato. Va notato l’atipico formato quadrato della tela, la diversità del cretto rispetto al contemporaneo Bacchino, lo spazio largo ai lati della figura, non ritagliata dal bordo. Ma per poter considerare il dipinto una brillante copia da un autografo del Caravaggio occorrono nuove indagini diagnostiche e approfondimenti.”12. Tuttavia i dubbi della Herrmann Fiore sono rimasti del tutto isolati e al momento nessun critico ritiene davvero che per il dipinto della Galleria Borghese si possa parlare di una copia derivante da un originale andato disperso13.

10 A. de riNaldis, D’arpino e Caravaggio, in “Bollettino d’Arte”, XXIX, XII, 1936, pp. 577-580, in part. p. 577. Si veda anche A. coliVa, ragazzo con canestro di frutta, in Caravaggio. la luce nella pittura lombarda, a cura di F. Rossi, Bergamo, Accademia Carrara, 12 aprile-2 luglio 2000, Milano 2000, scheda 15, pp. 124-125, 190-192.

11 C. steFaNi, scheda “9 Giovane con canestro di frutta”, in P. moreNo-C. steFaNi, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 190, n. 9. Sui diversi pareri si veda in particolare mariNi, Caravaggio “pictor praestantissimus” cit., 2005, pp. 371-372.

12 K. herrmaNN Fiore, scheda “Caravaggio, Michelangelo Merisi da Caravaggio (?) - Gio-vane con canestro di frutta”, in Degustazioni d’arte. enologia mitica, spirituale, simbolica e metafisica nelle collezioni pubbliche a roma, a cura di C. Biasini Selvaggi, Roma 2003, pp. 55-57, in part. p. 55, (la studiosa, però, non cita la collocazione archivistica della nota manoscritta la quale – riferisce – le è stata “segnalata da Valentino donati di Castel Bolognese”). La notizia è stata ricordata anche da M. Gallo, Studi di storia dell’arte, iconografia e iconologia. la bi-blioteca del curioso, Roma 2007, cap. “Ultimi studi sui Carracci e Michelangelo Merisi da Ca-ravaggio: riflessioni filosofiche, metodologiche e aggiornamenti critici”, pp. 283-299, in part. p. 296; e da S. eBert-schiFFerer, Caravaggio. Sehen-Staunen-Glauben. Der Maler und sein Werk, München 2009, p. 286, n. 22, la quale inoltre sottolinea che tra il 1996 e il 2000 Marco Cardinali, Beatrice de Ruggieri e Claudio Falcucci hanno analizzato l’opera con indagini scientifiche delle quali hanno dato conto in un saggio ancora inedito. da queste analisi sarebbe emerso che al dipinto hanno lavorato due artisti diversi (ma si veda la nota 13).

13 A tal riguardo, coliVa, scheda Caravaggio cit., 2009, p. 118, così scrive: “Il contrasto tra le figure e il cesto della frutta, che tante difficoltà ha posta alla critica, causando le varie ipotesi di non autenticità o di doppia esecuzione, si deve all’intenzionale sfida a rappresentare con diversa capacità mimetica la contrastante natura della realtà viva, dotata di anima, e quella morta, degli oggetti inanimati.” (questo testo è stato riproposto anche in coliVa, ragazzo con canestra di frutta cit., 2010, p. 74).

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Torniamo al problema dell’interpretazione. L’apparente naturalezza quotidiana che emana il Fruttaiolo del Caravaggio potrebbe far candida-mente pensare che tale figura sia in qualche modo la semplice raffigura-zione di un giovane ‘fruttaiolo’ colto, come in una fotografia istantanea, nell’atto di svolgere il suo lavoro14. In realtà, la colta complessità del dipinto permette di scartare del tutto l’ingenua tentazione di interpretare la figura come una tranche de vie. I codici figurativi delle rappresentazioni più sem-plici e didascaliche erano ben altri. Per averne un’idea si possono osserva-re le note raffigurazioni di vari mestieranti eseguite da Annibale Carracci, incise da Simon Guillain e stampate a Roma nel 1646 con un’introduzione di Giovanni Antonio Massani (Giovanni Atanasio Mosini) in un testo inti-tolato Diverse figure15. Si vedano, ad esempio, in tale volume, le incisioni del venditore di pere [fig. 2] o del venditore di melangoli e di limoni, i quali sorreggono ciascuno una cesta ripiena di frutti. Si capisce a colpo d’occhio che questi ‘popolani’ sono intenti nel loro lavoro quotidiano e che sono stati proprio delineati in modo da accentuare l’aspetto informativo, didascalico, illustrativo della loro specifica professione e della loro mercanzia. Queste figure, quindi, non hanno di certo quell’aura classicheggiante che il Merisi ha invece raffinatamente accentuato nel suo giovane ‘fruttaiolo’.

Si è sopra accennato al fatto che una delle nuove interpretazioni emerse in questi ultimissimi anni è quella proposta dalla Frascarelli16. La studiosa,

14 Si veda, ad esempio, F. scaletti, Caravaggio. la vita del grande artista raccontata at-traverso i suoi quadri, Milano 2008, p. 27, il quale scrive che il dipinto “esprime già tantissimo per quello che sembra, uno sgargiante e sincero ritratto di un amico dell’autore, che lo immortala mentre porge un cesto di frutta rigoglioso e vero […] come pieno di vita e spontaneo è il riccio-luto offerente”; e G. PaPi, scheda “Ragazzo con canestro di frutta (Fruttaiolo)”, in Caravaggio ospita Caravaggio, a cura di V. Maderna e A. Pacia, Milano, Pinacoteca di Brera, 17 gennaio-29 marzo 2009, Milano 2009, pp. 46-49: “Credo dunque valga la pena sottolineare – senza esagerare con le interpretazioni iconografiche – la predominante valenza naturalistica del dipinto […] che si esprime soprattutto nella resa mirabile della natura morta.”. Si veda inoltre J.T. sPike (con l’assistenza di M.K. Spike), Caravaggio, New York-London (I ed. 2001) 2010, p. 34 (e anche la scheda n. 2, pp. 12-15 del Cd-Rom allegato): “It almost seems as though the real subject of this painting is the artist’s relationship with the model”.

15 Cfr. G.A. massaNi, Diverse figvre al numero di ottanta, Disegnate di penna Nell’hore di recreatione da annibale Carracci intagliate in rame, e cauate dagli originali da Simone Gvilino parigino. Dedicate a tvtti i virtvosi, et Intendenti della Professione della Pittura, e del Disegno, Roma, Nella Stamperia di Lodovico Grignani, 1646, ed. le arti di Bologna di annibale Carrac-ci, a cura di A. Marabottini, Roma 1966, rispettivamente n. 35 e n. 74.

16 Cfr. d. Frascarelli, «Admirabiles fructus». Nuove proposte per una lettura iconologica del Ragazzo con il cesto di frutta e della Canestra, in Da Caravaggio ai Caravaggeschi, a cura di M. Calvesi e A. Zuccari, Roma 2009, pp. 135-168; e d. Frascarelli, Frutta in tavola: presenza simbolica nella rappresentazione di temi eucaristici, in Natura morta. rappresentazione dell’og-getto, oggetto come rappresentazione, a cura di C. Barbieri e d. Frascarelli, Convegno Interna-zionale di Studi, Napoli, Accademia di Belle Arti, 11-12 dicembre 2008, Napoli 2010, pp. 43-48.

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che ha scartato con decisione l’identificazione del giovane dipinto dal Cara-vaggio con un venditore di frutta all’interno di una scena di mercato, propo-ne di considerare tale ragazzo caravaggesco come una dotta estrapolazione della figura giovanile inserita come parergon in alcuni dipinti religiosi. Ad esempio, sottolinea la Frascarelli, nell’ultima cena di Gaudenzio Ferrari del 1544 (in Santa Maria della Passione di Milano) è presente sulla destra un ragazzo che sostiene un vassoio colmo di frutta. La figura del Fruttaiolo potrebbe essere dunque considerata – continua la studiosa – un’estrapola-zione derivante da una simile effigie inserita in particolare nei dipinti con l’ultima Cena. Tale ‘prestito’ iconico può essere pertanto inteso come una prova che pure il ragazzo del Merisi potrebbe avere una specifica connota-zione ‘religiosa’. I diversi elementi naturali come pere, mele, pesche ecc. inseriti nei dipinti raffiguranti la cena eucaristica – sostiene la Frascarelli – vanno proprio intesi come simbolo di carità, cioè dell’infinito amore di Cristo. Quindi il Fruttaiolo del Caravaggio nell’offrire il suo cesto di frutta allude alla carità eucaristica. Non a caso nei testi religiosi si usava l’espres-sione “admirabiles fructus” per indicare i benefici derivanti dalla comunio-ne. La studiosa, inoltre, sottolinea come durante il periodo paleocristiano fosse una consuetudine presentare un’offerta all’altare durante la celebra-zione liturgica, offerta che nella maggior parte dei casi consisteva in pro-dotti agricoli, cioè nelle primizie del lavoro. Tale pratica, abolita nel 1570, rimase in vigore nel rito ambrosiano e pertanto, conclude la Frascarelli, la cesta sostenuta dal Fruttaiolo del Caravaggio rimanda al sacrificio di Cristo e anche alle offerte che i cristiani portavano all’altare. L’indumento che indossa il ragazzo, quindi, non alluderebbe al mondo antico, ma definirebbe la camicia di lavoro che qualifica il personaggio come un inserviente o un garzone, come si vede appunto nelle figure presenti nei dipinti religiosi con cene eucaristiche. La studiosa, inoltre, in un successivo intervento ha foca-lizzato un altro particolare del dipinto con l’intento di argomentare meglio la sua tesi. Ha sostenuto che il ragazzo ha le labbra leggermente dischiuse proprio perché sta cantando, e che il canto che il giovane intona non può che essere il canto dell’offertorio17. La Frascarelli ha proposto questo tema del canto riprendendolo dagli studi del Calvesi. Quest’ultimo, infatti, aveva già sostenuto che il Fruttaiolo sta cantando, come sta intonando un canto anche il Suonatore di liuto di San Pietroburgo e pure il ragazzo con caraffa di rose ora a Lugano (che alcuni studiosi ritengono un originale, simile alla versione/copia di Atlanta). Il Calvesi, in particolare, ha interpretato il canto

17 Cfr. d. Frascarelli, Il Ragazzo con il cesto di frutta di Caravaggio: un quadro musicale?, in “Storia dell’arte”, 128, 28, 2011, pp. 53-61 e pp. 149-152 (Appendice).

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quasi impercettibilmente raffigurato in tali dipinti giovanili del Merisi come un elemento che permetterebbe di comprendere meglio l’aspetto simbolico-religioso delle prime opere caravaggesche18.

L’interpretazione allegorico-cristologica del dipinto del Merisi propo-sta dal Calvesi e poi aggiornata dalla Frascarelli si contrappone nettamente alle altre letture dell’opera caravaggesca avanzate da diversi altri studiosi, la maggior parte dei quali accentuano invece, seppur in maniera diversifi-cata, l’aspetto antichizzante del giovane. È stato più volte sottolineato, ad esempio, come la cesta che il ragazzo caravaggesco tiene in mano riecheggi gli antichi xenia (dal termine greco ξενία), cioè i doni ospitali come frutta, verdura, uova, formaggi ecc. che il padrone di casa faceva trovare nella stanza del suo ospite19. Già Lynn Federle orr nel 1982 aveva riletto il di-pinto caravaggesco evidenziandone la connotazione antichizzante e aveva interpretato il ragazzo come “a young servant” (egli stesso un dono) che porta i doni di cibo allo spettatore/ospite20. Mi soffermo in particolare su questo aspetto perché esso ha una certa rilevanza, come si vedrà, anche nell’interpretazione del Fruttaiolo come Vertunno. Altri studiosi, riprenden-do successivamente la tesi dell’orr, hanno riproposto e approfondito questa relazione tra la cesta sostenuta dal ragazzo e gli xenia21. In effetti alcune

18 Cfr. M. calVesi, le due versioni del Suonatore di liuto del Caravaggio. Il cardellino in gabbia, in “Art e dossier”, VIII, 82, 1993, pp. 29-33; e M. calVesi, Il sacro e il “sonoro” nei dipinti giovanili del Caravaggio. Con una appendice e un quesito, in Da Caravaggio ai Cara-vaggeschi, a cura di M. Calvesi e A. Zuccari, Roma 2009, pp. 123-134, in part. pp. 123-124 (con bibliografia precedente). Sul ragazzo con caraffa di rose (dall’ottobre del 2010 di proprietà della Banca della Svizzera Italiana di Lugano), da alcuni studiosi riferito al Merisi, si veda mariNi, Ca-ravaggio “pictor praestantissimus” cit., 2005, pp. 132-133 e pp. 370-371, n. 2. Sul valore della gabbia nel Suonatore di liuto del Caravaggio (ora in deposito presso il Metropolitan Museum of Art di New York), si veda G. Berra, Il “musico augellin” rinchiuso in gabbia nel Suonatore di liuto del Caravaggio, in la musica al tempo di Caravaggio (atti del Convegno, Milano, Biblio-teca Ambrosiana, 29 settembre 2010), in c.s.

19 Sulle fonti antiche degli xenia, si veda S. de caro, la natura morta nelle pitture e nei mosaici delle città vesuviane, Napoli 2001, pp. 7-35.

20 Cfr. L.F. orr, Classical elements in the Paintings of Caravaggio, Ann Arbor (Mich.) 1982, p. 249, nota 29.

21 Cfr. K. herrmaNN Fiore, scheda “Il Giovane con Canestro di Frutta”, in Caravaggio nei Musei romani, Roma 1986, pp. 26-27, la quale ha sottolineato che il Fruttaiolo “sembra muoversi in un’aura anticheggiante” e che “forse vi è presente anche il ricordo della tradizione antica degli ‘xenia’”. Si vedano inoltre, tra gli altri, anche N. BrysoN, looking at the overlooked. Four essays on Still life Painting, London (I ed. 1990) 2001, pp. 17-59; S. eBert-schiFFerer, Caravaggios Früchtekorb - das früheste Stilleben?, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, LXV, 1, 2002, pp. 1-23, in part. pp. 5 sgg.; M. GreGori, Il Caravaggio e la lombardia: nascita di un genio, in Pittori della realtà. le ragioni di una rivoluzione da Foppa e leonardo a Caravaggio e Ceruti, a cura di M. Gregori e A. Bayer, Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”, 14 febbraio-2 maggio 2004, Milano

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raffigurazioni di contenitori con frutta derivanti dalla pittura romana, che ancora si possono osservare, ci danno un’idea precisa del concetto di xenia e quindi ci permettono di ipotizzare un legame tra tali immagini antiche e le ceste con frutta presenti in alcune opere giovanili del Caravaggio. Ad esempio, possiamo ammirare l’affascinante Cesto con fichi presente nella villa di Poppea a oplontis (Torre Annunziata) [fig. 3], o la stupenda Coppa di vetro con frutta, proveniente dalla stessa villa antica, entrambi dipinti verso il I sec. a.C. (quindi del cosiddetto II stile)22. Questo accostamento tra gli antichi contenitori di età antica che riverberano la pratica degli xenia e le ceste del Merisi è ormai un topos della critica caravaggesca. Ma in realtà si tratta di un accostamento più letterario che figurativo. Possiamo certamente considerarla una tesi accattivante e non priva di fondamento, ma di fatto essa non riesce a dar conto con precisione di quali opere antiche pittoriche il Merisi potrebbe aver visto, e quindi quale fu il grado di influenza che esse esercitarono sull’artista lombardo. occorre infatti ammettere che è molto difficile che il Merisi possa aver visto e studiato i dipinti antichi che oggi conosciamo (alcuni dei quali riscoperti ben oltre il Cinquecento). Certo non si può escludere del tutto che l’artista lombardo possa aver visto qualche cesto antico ora perduto. Ma per capire meglio quali influenze subì il Merisi nel campo della natura morta possiamo rivolgerci, con più fondamento, ad altre immagini di contenitori naturalistici che potevano essere visti e studia-ti con molta più facilità, anche nel periodo in cui il Caravaggio era attivo. Si può infatti evidenziare come la forma e la struttura delle ceste rappresentate in alcuni dipinti giovanili del Merisi riecheggino in maniera sorprendente l’intelaiatura compositiva delle svariate e accuratissime ceste o contenitori di frutta raffigurati soprattutto nei cori di molte chiese e realizzati con la tecnica della tarsia lignea23. Sono ceste che il Caravaggio poteva tranquil-

2004, p. 45; J.F. moFFitt, Caravaggio in Context. learned Naturalism and renaissance Human-ism, Jefferson (North Carolina)-London 2004, cap. III “A Humble ‘Basket of Fruit’ by Caravaggio and the ‘Xenia’ Tradition”, pp. 63-78. Per l’aspetto classicheggiante del Fruttaiolo si vedano inoltre i seguenti recentissimi interventi: A. cottiNo, ancora sulla Canestra del Monte/Borromeo: il punto di vista dello studioso di natura morta; e F. GasParriNi, Soggetti da ferma, eikones ed ekphrasis cristiane nella cultura artistica di Caravaggio, entrambi in atti della Giornata di Studi. Francesco Maria del Monte e Caravaggio. roma, Siena, Bologna: opera biografia documenti, a cura di P. Carofano, Monte Santa Maria Tiberina, Castello Bourbon del Monte, 2 ottobre 2010, Pontedera 2011, rispettivamente pp. 145-159 e pp. 129-144.

22 Cfr. B. coNticello, I trompe-l’oeil dell’imperatrice. la villa di Poppea a oplontis, in “FMR”, 132, febbraio-marzo 1999, pp. 85-105; e de caro, la natura morta cit., 2001, pp. 52-56, rispettivamente nn. 21 e 23.

23 Come è noto, il tema del legame tra la tarsia lignea e il genere della natura morta è stato affrontato inizialmente soprattutto da C. sterliNG, la nature morte de l’antiquité au XXe siècle. Nouvelle èdition révisée, Paris (I ed. 1952) 1985, pp. 30-35.

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lamente aver visto sia in Lombardia sia a Roma, e che comunque facevano parte di un patrimonio iconico ben assimilato nella cultura figurativa del tempo, attraverso il quale si poteva anche accentuare l’effetto trompe l’oeil. Si guardi ad esempio la Fruttiera con uva sopra un libro, un’opera rea-lizzata verso il 1477-1480 circa da Giovanni Maria Platina per l’armadio della sacrestia vecchia del duomo di Cremona (ora conservato nel Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona) con i pampini e i tralci che si staglia-no sullo sfondo [fig. 4]24. Il Merisi doveva ben conoscere tale armadio dal momento che il fratello Giovan Battista, tra l’altro, ricevette la tonsura nel 1584 proprio nel duomo cremonese25. Si veda inoltre il Cesto con ciliegie che Fra’ Giovanni da Verona eseguì, assieme a diverse altre tarsie, verso il 1522-1525, per la chiesa di Santa Chiara di Lodi (nel 1586 tali opere furono spostate nella chiesa di San Cristoforo della stessa città, mentre nel 1966 vennero poste nel coro della Cattedrale di Lodi) [fig. 5]26. Questo cesto di vimini, collocato, come la Canestra dell’Ambrosiana, sul borgo di un piano dal quale fuoriesce leggermente, è ricolmo di ciliegie che debordano dal contenitore, come nel cesto sostenuto dal ragazzo caravaggesco. Molto più noto e ampiamente citato è anche il Cesto di frutta attribuito a Giuliano da Maiano ed eseguito verso il 1472-1475 per lo studiolo del Palazzo ducale di Urbino [fig. 6]27. Uno dei più importanti committenti del Merisi, il cardinale Francesco Maria del Monte, certamente conosceva tale magnifica canestra lignea dal momento che doveva aver frequentato anche la corte urbinate governata da un duca per il quale proprio Ranieri del Monte, il padre di Francesco Maria, svolse un importante ruolo28. Non è quindi escluso che il prelato possa aver suggerito al ‘suo’ Caravaggio di adottarne lo spirito com-positivo in alcuni dipinti, come nella Canestra dell’Ambrosiana. Si potreb-bero ancora citare diversi altri esempi di ceste o recipienti ricolmi di frutta presenti nei cori delle chiese: essi dimostrano chiaramente come la struttura

24 Cfr. A. Puerari, Museo Civico ‘ala Ponzone’ Cremona. raccolte artistiche, Cremona 1976, p. 103, ill. 539.

25 Cfr. G. Berra, Il giovane Caravaggio in lombardia. ricerche documentarie sui Merisi, gli aratori e i marchesi di Caravaggio, Firenze 2005, p. 261.

26 Cfr. M. FaraoNi, le tarsie di fra Giovanni da Verona nel duomo di lodi, Lodi 2004, pp. 88-89, ill. I, prima tarsia.

27 Cfr., tra gli interventi più recenti, P.L. BaGatiN, urbino. le tarsie lignee dello studiolo e del Palazzo Ducale di urbino, in “Il legno nell’Arte. Tarsie e intagli d’Italia”, I, 3, 2003, pp. 1-96, in part. p. 29; e A. zamPeriNi, Il sogno di Federico: le tarsie dello studiolo di urbino. Benedetto da Maiano, in tarsie lignee del rinascimento in Italia, a cura di L. Trevisan, Schio (Vicenza) 2011, pp. 51-65.

28 Sul padre del cardinale si veda, in particolare, C.e. GilBert, Caravaggio and His two Cardinals, Pennsylvania 1995, p. 118.

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dei contenitori caravaggeschi sia in qualche modo derivata dalle tipologie codificate dalla lunga tradizione delle immagini delle tarsie lignee29.

Il Caravaggio nel suo giovanile soggiorno milanese ha certamente ammirato, come ho sottolineato più volte, anche le eccentriche ma assai naturalistiche opere del milanese Giuseppe Arcimboldo (o Arcimboldi). Ad esempio può aver visto e studiato la testa reversibile con canestro di frutta (ora in collezione privata di New York) [fig. 7] che appare, anche rispetto alle opere naturalistiche di altri artisti iniziatori del genere della natura morta, come Vincenzo Campi e Ambrogio Figino, tra i dipinti più vicini agli inserti naturamortisti del giovane Merisi30. Il Caravaggio può aver anche visto quell’insieme di frutta disposta su un piano inserita nel frontespizio della raccolta di Mottetti del frvtto stampati a Venezia da An-tonio Gardano nel 1538 [fig. 8]31.

La frutta contenuta nel cesto sostenuta dal ragazzo è chiaramente au-tunnale. Non mi risulta, però, che sia stato sino ad ora osservato che tra i frutti minuziosamente raffigurati dal Caravaggio compaiono anche le sor-be. Sono i frutti che sono riprodotti in particolare all’estrema sinistra del cesto, con le foglie allungate che vanno a coprire parzialmente la potente spalla destra del giovane. Le sorbe possono essere scambiate per delle pic-cole pere, tanto è vero che lo stesso Jules Janick, che ha studiato in modo particolare i frutti nei dipinti caravaggeschi, ha scritto erroneamente che nel Fruttaiolo, tra i diversi pomi, compaiono “two branches with small pears”32. Si tratta invece proprio di sorbe che presentano venature cromati-

29 Approfondirò tale importante aspetto in un saggio in preparazione.30 Cfr. G. Berra, Giuseppe arcimboldi: testa reversibile con canestro di frutta, in Vincenzo

Campi: scene del quotidiano, a cura di F. Paliaga, Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”, 2 dicembre 2000-18 marzo 2001, Milano 2000, pp. 212-213, n. 39; e T. dacosta kauFmaNN, arcimboldo. Visual Jokes, Natural History, and Still-life Painting, Chicago-London 2009, ad in-dicem; G. Berra, Frutti e fiori dell’arcimboldo “cavati dal naturale”. l’influsso sulla nascente natura morta lombarda e sul giovane Caravaggio, in arcimboldo. artista milanese tra leonardo e Caravaggio, a cura di S. Ferino-Pagden, Milano, Palazzo Reale, 9 febbraio-22 maggio 2011, Milano 2011, pp. 315-347, in part. pp. 320-321 (con bibl. pre.).

31 A. GardaNo, altvs. Primvs liber cvm qvinqve vocibvs. Mottetti del frvtto, Venezia, Anto-nio Gardano, 1538, frontespizio. Su questo frontespizio, si veda, da ultimo, J.T. sPike, Caravag-gio and the Mottetti del Frutto of antonio Gardano, in http://www.johntspike.com/uploads/Cara-vaggio_and_the_Mottetti_del_Frutto_of_antonio_Gardano_final.pdf, 2008, pp. 1-6; J.T. sPike, Caravaggio e i mottetti del frutto di antonio Gardano, 1538, in Natura morta. rappresentazione dell’oggetto, oggetto come rappresentazione, a cura di C. Barbieri e d. Frascarelli, Convegno Internazionale di Studi, Napoli, Accademia di Belle Arti, 11-12 dicembre 2008, Napoli 2010, pp. 57-63; e Frascarelli, Il Ragazzo con il cesto di frutta di Caravaggio cit., 2011, pp. 56-57, ill. 8.

32 J. JaNick, Caravaggio’s Fruit: a Mirror on Baroque Horticulture, in http://www.hort.purdue.edu/newcrop/caravaggio/caravaggio.html, s.d., p. 3.

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che di giallo e di rosso, e che maturano in ottobre-novembre. Una precisa illustrazione di questo frutto si trova in una incisione di un artista anonimo inserita ne I discorsi, un famoso testo pubblicato a Venezia da Andrea Mat-tioli nel 1568 [fig. 9]. Parlando di tale frutto il Mattioli scrisse: “soNo le Sorbe frutti uolgarissimi in Italia, et conosciuti da ciascuno.” 33.

Il cesto che il ‘fruttaiolo’ del Caravaggio sostiene con le mani è certa-mente una delle tipiche connotazioni del giovane dio Vertunno, ma nello stesso tempo è anche un elemento che è significativamente associato a Po-mona. Basta guardare il bellissimo dipinto raffigurante appunto Pomona e Vertunno (ora a Berlino) eseguito dal leonardesco Francesco Melzi verso il 1517-1520 circa [fig. 10]34. Qui Pomona trattiene dolcemente tra le mani un cesto di vimini ricolmo di frutta: si tratta di un cesto che lega la dea all’amato Vertunno. In questo dipinto il dio è rappresentato – seguendo il mito raccon-tato da ovidio (Metamorphoses, XIV, 622-771) – come provvisoriamente trasformato in vecchia; una mutazione che ha lo scopo di indurre l’affasci-nante Pomona ad innamorarsi del dio. Il mito ovidiano ci racconta che l’in-canto d’amore avvenne proprio nel momento in cui Vertunno (nelle vesti di anziana), dopo aver dolcemente parlato alla dea, riprese vigorosamente le sue belle sembianze giovanili. Stessa scena si vede in un’incisione con Ver-tunno e Pomona di Jan Pieterszoon Saenredam (1565-1607) (da Abraham Bloemaert) eseguita nel 1605 [fig. 11]35: anche qui l’elemento di unione è un canestro, appoggiato a terra, ricolmo di frutti, probabilmente appena raccolti da Pomona, la quale non a caso tiene in mano un falcetto. Vertunno appare invece in tutta la sua giovinezza in un’altra incisione con Vertunno e Pomona dello stesso Jan Pieterszoon Saenredam (da Cornelis Corneliszoon van Ha-arlem del 1605 [fig. 12]36. In questa immagine Pomona sostiene un frutto che mostra al suo bel Vertunno, mentre altri pomi sono disposti disordinatamente a terra, questa volta non ancora raccolti in un cesto. In una diversa incisione con Vertunno e Pomona della bottega di Jacob Mathan del 1607-1610 si

33 A. mattioli, I discorsi di M. Pietro andrea Matthioli sanese, Venezia, Appresso Vincenzo Valgrisi, 1568, pp. 281-282 (con anche un’illustrazione).

34 Cfr. P.C. maraNi, Francesco Melzi, in I leonardeschi. l’eredità di leonardo in lombar-dia, con saggi di G. Bora et al., Milano, 1998, pp. 373-374 e pp. 376-377 (ill.).

35 Cfr. G.S. keyes, Hollstein’s Dutch & Flemish etchings, engravings and Woodcuts 1450-1700, XXIII, Jan Saenredam to roelandt Savery, a cura di K.G. Boon, Amsterdam 1980, p. 66, n. 87; e http://www.artvalue.com/auctionresult--saenredam-jan-pietersz-1565-16-vertumnus-and-pomona-1723143.htm.

36 Cfr. G.S. keyes, Hollstein’s Dutch & Flemish etchings, engravings and Woodcuts 1450-1700, XXIII, Jan Saenredam to roelandt Savery, cit., 1980, p. 67, n. 88; e http://www.artvalue.com/auctionresult--saenredam-jan-pietersz-1565-16-vertumnus-und-pomona-2600298.htm.

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vede invece un Vertunno barbuto il quale, accompagnato da Pomona, sostie-ne un falcetto nella mano destra e dei frutti nella sinistra [fig. 13]37. Insomma, i cesti ripieni di frutta, oppure solo i vari frutti, sono elementi caratteristici sia di Pomona che di Vertunno. La ragione sta nel testo ovidiano nel quale si accenna esplicitamente al fatto che le “primitie”, cioè i frutti, vengono donati da Pomona a Vertunno. Pomona raccoglie o riceve i vari frutti, ma, si legge nel testo latino, a sua volta la dea dona tali primizie a Vertunno: “I primi frutti tuoi si denno à lui”, come nel Cinquecento traduce Andrea dell’Anguillara38. Gli stessi versi latini sono invece resi da Ludovico dolce nei medesimi anni con queste parole: “Che dirò ambedue ui dilettate / d’un medesimo studio, e d’una cura? / e le primitie tutte a lui son date / de frutti che produr suol la natura?”39. Properzio, inoltre, nel suo carme, pur senza citare Pomona, fa dire allo stesso Vertunno: “poiché noi prendiamo le primizie dei frutti al vol-gersi dell’anno”, sottolineando l’atto di ricevere i frutti stagionali40. Il tema del cesto di frutta in comune tra Pomona e Vertunno è invece esplicitamen-te ricordato nell’adone (1623) di Giovan Battista Marino, il quale scrive: “Là Pomona, e Vertunno han colmi e pieni / de’ lor doni maturi, i cesti e i seni.”41. In sostanza Pomona tiene i frutti che lei stessa ha raccolto con il fal-cetto o che ha ricevuto in qualità di dea della frutta, mentre Vertunno trattiene il cesto di frutta avuto dall’amata Pomona. Una scena raffigurante le offerte a Vertunno e Pomona (o le nozze di Vertunno e Pomona) evidenzia molto bene questo aspetto di ‘offerta’. Si tratta di un affresco attribuito a Girola-mo Siciolante detto il Sermoneta che lo eseguì verso il 1540. Un tempo era posizionato al centro di una volta di una sala del Casino olgiati-Bevilacqua (“Casino” di Raffaello) di Roma. Nel XIX secolo, però, l’edificio venne di-strutto e ora l’affresco è conservato presso la Galleria Borghese42. La scena

37 Cfr. http://collectionsonline.lacma.org/mwebcgi/mweb.exe?request=record;id=67890;type=101.

38 G.A. dell’aNGuillara, le Metamorfosi di ovidio…, Venezia, Appresso Giovanni Alber-ti, 1589, p. 250v (per errore è segnata la p. 150v).

39 L. dolce, le trasformationi di M. lodovico Dolce tratte da ovidio, Venezia, Appresso Francesco Sansovino, 1568, p. 139v. Il testo di oVidio, Metamorphoses, XIV, 687, è il seguen-te: “Quid, quod amatis idem? quod, quae tibi poma coluntur, / primus habet laetaque tenet tua munera dextra?”.

40 Properzio, elegiae, IV, 2, 11: “quia uertentis fructum praecepimus anni” (tr. it. di e. od-done: elegie, Milano 1990, p. 275).

41 G.B. mariNo, l’adone, Venezia, Presso oliviero di Varano, 1623, p. 152 (canto VII “Le delitie”, ottava 131).

42 Cfr. P. della PerGola, Galleria Borghese. I dipinti, Roma 1959, II, p. 131, n. 182, ill. 182; e http://fe.fondazionezeri.unibo.it/catalogo/scheda.jsp?decorator=layout&apply=true&tipo_scheda=oa&id=17180&titolo=Siciolante+Girolamo+da+Sermoneta%0a%09%09%09+%28Sermoneta%29%0a%09%09%09+%2c+offerta+a+Vertumno+e+Pomona.

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era ben conosciuta e un anonimo artista fiorentino nel 1542 ne trasse una stampa fornita nella parte inferiore anche di una scritta in versi. In queste rime si accenna alla storia d’amore tra Vertunno e Pomona e alla fine, par-ticolare importante, si fa anche un esplicito riferimento alla donazione dei pomi e dei frutti: “FVGGi Gra’ temPo la casta PomoNa · oGNi amor GoNiVGal’ d’hVcmiNi [sic] e dei · di Fiori et FrVtti orNaNdosi la chioma · ch’altro che Pomi NoN amaVa lei · al FiN VertVNNo d’amorosa soma · carco aqVistola coN iNGaNNi rei · et ella deGli iN Preda i Pomi e’ i FrVtti · che qVi Gli soNo iN qVel Vasi coNdVtti” [fig. 14]43. In questa incisione, a sinistra, compaiono le due giovani divinità, nude e circondante da amorini. davanti a loro è raffigurato un altare antico sul quale una donna sta posando un conteni-tore colmo di frutti portati in dono. Sulla destra, invece, compaiono altre leggiadre figure femminili che si stanno avvicinando portando ciascuna un contenitore con elementi naturali da offrire alla coppia.

Se la canestra con frutta trattenuta dal Vertunno dipinto dal Cara-vaggio è un’offerta della bella Pomona all’amato Vertunno, è evidente che il cesto – che può essere considerato come una cornucopia – allude alla passione di Pomona per i frutti, intensamente condivisa anche dal-lo stesso Vertunno. ed è chiaro che questo scambio del canestro ha un traslato amoroso: Vertunno potrà gustare e assaporare i succulenti frut-ti così come potrà provare i piaceri dell’amore finalmente accordatogli dall’affascinante Pomona da lui tanto desiderata. Quegli accenni erotici, che alcuni critici hanno intravisto nel Vertunno/Fruttaiolo del Merisi, non vanno quindi considerati tanto in chiave omosessuale, come è stato suggerito da alcuni studiosi44, quanto intesi come indizi della condizione di innamoramento in cui si trova l’amabile dio. L’evidente sguardo lan-guido del giovane può dunque essere riferito alla passione per Pomona. Vertunno sembra trattenere dolcemente a sé, in particolare con il braccio destro, il cesto di frutti ricevuti in dono (xenia) da Pomona come se ab-bracciasse la dea stessa. dunque la connotazione antichizzante dei doni ospitali (xenia), di cui si è parlato sopra, può essere pienamente valoriz-zata solo se si tiene conto che si tratta di un dono di Pomona al giovane e avvenente dio Vertunno.

43 Cfr. A. Bartsch, le peintre graveur, Wien 1813, XV, pp. 502-503; S. Boorsch-J. sPike, the Illustrated Bartsch. Italian artists of the Sixteenth Century, New York 1986, XXXI, p. 367, “Monogrammist I.F.”; e http://www.maremagnum.com/stampe/nozze-di-venturno-pomo-na-1542/96863760.

44 Si veda, in particolare, d. PosNer, Caravaggio’s Homo-erotic early Works, in “Art Quar-terly”, 34, 1971, pp. 301-324, in part. p. 304; e H. röttGeN, Il Caravaggio. ricerche e interpre-tazioni, Roma 1974, p. 173 e segg.

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diverse immagini cinquecentesche ci mostrano la dea Pomona asso-ciata al cesto di frutta45. Già nell’antichità la dea era esplicitamente acco-munata ai frutti in quanto rappresentava la varietà pomologica, la fertilità e la potenzialità del frutto. Pomona era pertanto legata a Vertunno, dio del-le mutazioni stagionali e quindi della maturazione dei frutti. Un esempio antico della figura di Pomona si trova ora presso il Museo Archeologico di Venezia (l’opera deriva dalla raccolta cinquecentesca di Giovanni Gri-mani). Si tratta di una statua di un autore anonimo del I secolo d.C. che è stata appunto interpretata come la raffigurazione di Pomona (sebbene sia stata in precedenza considerata l’immagine di Hora-autunno) [fig. 15]. Qui Pomona sostiene con un lembo del suo chitone alcuni frutti che ap-paiono quindi come se fossero inseriti in un cesto46. Per tornare in ambito cinquecentesco, si può notare come sia sicuramente la raffigurazione della dea Pomona anche la Fanciulla con contenitore di frutta attribuita a Gio-van Ambrogio Boltraffio [fig. 16]47. Il Caravaggio può di certo aver ripre-so la tradizione leonardesca delle figure a mezzo busto e questa Pomona/Fanciulla può in qualche modo essere messa a confronto con il Vertun-no/Fruttaiolo del Caravaggio. Anzi, il giovane del Merisi potrebbe essere quasi considerato una versione maschile della giovane donna attribuita al Boltraffio. Anche la raffigurazione di Flora, riferita a Francesco Melzi, che si trovava assieme al Fruttaiolo/Vertunno del Caravaggio nella bottega del Cavalier d’Arpino (al quale fu sequestrato nel 1607 per passare alla collezione Borghese) mostra una posa e un’impostazione che può avere

45 Cfr. e. laNdi, Pomona tra immagine e leggenda, in Frutti da museo. arte e Scienza al servizio di Pomona, a cura di e. Baldini, Bologna, Biblioteca Universitaria di Bologna, 12 aprile-12 maggio 2007, Bologna 1977, pp. 12-13; e. laNdi, Pomona Dea dei frutti: mito e iconografia, in Miti, arte e scienza nella Pomologia italiana, a cura di e. Baldini, Roma 2008, pp. 1-34.

46 Cfr. G. traVersari in R. Polacco-G. traVersari, Sculture romane e avori tardo-antichi e medievali del Museo archeologico di Venezia, Roma 1988, pp. 15-17, n. 1 (qui identificata come raffigurazione di Hora-Autunno); lo studioso scrive che alcune parti come il collo, la testa, l’avambraccio sinistro etc. sono opera di restauro moderno; tiziano. amor Sacro e amor Pro-fano, a cura di M.G. Bernardini, Roma, Palazzo delle esposizioni, 22 marzo-22 maggio 1995, Milano 1995, pp. 403-404 (la statua è qui interpretata come Pomona); S. BreVaGlieri, tiziano, le dame con il piatto e l’allegoria matrimoniale, in “Venezia Cinquecento. Studi di storia dell’arte e della cultura”, V, 10, 1995, pp. 123-160, in part. p. 126, ill. 3 (anche in questo testo la scultura è identificata come Pomona).

47 Cfr., da ultimo (e con bibl. pre.): Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007, pp. 34-35, ill. 25; e G. Bora, l’eredità leonardesca a Milano tra resistenze e nuove sollecitazioni, in arcimboldo. artista milanese tra leonardo e Caravaggio, a cura di S. Ferino-Pagden, Milano, Palazzo Reale, 9 febbraio-22 maggio 2011, Milano 2011, pp. 21-49, in part. pp. 28-30 (qui il dipinto è attribuito a Giovan Ambrogio de Predis).

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influenzato il Caravaggio48. Neppure si può escludere che il Merisi possa aver tenuto presente il ritratto di giovane romana (Dorotea) di Sebastiano del Piombo, un dipinto (realizzato verso il 1513) che ha non poche ana-logie con il Fruttaiolo del Caravaggio, tanto è vero che in una scheda di catalogo il dipinto di Sebastiano è stato pure definito “Donna con canestro di frutta” [fig. 17]49. Si può inoltre segnalare anche una Pomona eseguita in stucco verso il 1560-1565 su disegno di Pirro Ligorio. La dea è raffigurata seduta nell’atto di trattenere con la mano sinistra un cesto ricolmo di frutta. Tale rilievo si trova nella parte destra di un timpano del Museo della Casina di Pio IV in Vaticano, opera dello stesso Ligorio50. Quest’ultimo, in un suo scritto degli anni Sessanta del Cinquecento, aveva apertamente parlato di Vertunno e Pomona con espliciti riferimenti ai frutti: “La qual Vittoria par che voglia denotare, chel vincere è cosa che produceva felice quiete che fa godere i frutti delle Stagioni dell’anno sottoposte à Vertumno et à Pomona sua amorosa, cio è l’anno produce i frutti abondanti et la felicita et la vit-toria li governa”51.

La presenza contemporanea sia di Pomona che di Vertunno si può in particolare rintracciare in un dipinto attribuito al pittore cremonese An-drea Mainardi detto il Chiaveghino raffigurante un tavolo di frutta e ver-dure con Vertunno, Pomona e il ritratto di Bernardino Campi (collezione privata) e riferibile agli anni a cavallo tra Cinque e Seicento [fig. 18]52. Sulla destra si vede Vertunno che tiene un contenitore con dell’uva, men-

48 Cfr. K. herrmaNN Fiore, scheda III.34 “La Flora”, in Il Cinquecento lombardo. Da leo-nardo a Caravaggio, a cura di F. Caroli, Milano Palazzo Reale, 4 ottobre 2000-25 febbraio 2001, Milano 2000, p. 138 (la studiosa ritiene che tale dipinto facesse da pendant al Fruttaiolo del Ca-ravaggio “sotto un tema conduttore quale le stagioni o i doni agli ospiti”). Sul sequestro, si veda A. de riNaldis, Documenti inediti per la storia della r. Galleria Borghese in roma, le opere d’arte sequestrate al Cavalier d’arpino, in “Archivi. Archivi d’Italia e Rassegna internazionale degli archivi”, II, 1936, pp. 110-118, in part. p. 114, n. 56.

49 R. coNtiNi, scheda “22 Sebastiano del Piombo - Ritratto di giovane romana (dorotea)” in Sebastiano del Piombo 1485 + 1547, a cura di C. Strinati e B.W. Lindemann, Roma, Palazzo di Venezia, 8 febbraio-18 maggio 2008; Berlino, Gemäldegalerie, 28 giugno-28 settembre 2008, Milano 2008, pp. 144-147. Si veda inoltre P. coNrads kroNeNBerG, Caravaggio 2010, in “La civiltà cattolica”, III, 3842, 17 luglio 2010, pp. 127-140, in part. 130, il quale associa il dipinto di Sebastiano del Piombo a quello del Merisi.

50 Cfr. M. losito, la Casina di Pio IV in Vaticano. Guida Storica e Iconografica, Città del Vaticano 2005, pp. 58-60, ill. 62.

51 Citato in G. smith, the Stucco Decoration of the Casino of Pius IV, in “Zeischrift für Kunstgeschichte”, XXXVII, 2, 1974, pp. 116-156, in part. p. 133.

52 Cfr. asta a Venezia. rari dipinti e sculture di antichi maestri, Venezia, 2004, seduta d’Asta (Finarte-Semenzato) 2 maggio 2004, lotto n. 39, in http://www.finarte-semenzato.com/docs/1/ca-taloghi04/DIPINtI_aBBaZIa.PDF (nella scheda, di un autore anonimo, si riporta l’opinione di Marco Tanzi il quale attribuisce il dipinto al Chiaveghino).

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tre al centro compare Pomona che alza un vassoio con della frutta. È già stato giustamente notato53 come questa figura femminile ricalchi la Gio-vane dama con piatto di frutta di Tiziano (ora a Berlino) che gli studiosi identificano proprio con Pomona [fig. 19]54. È ovvio che sarebbe diffi-cile interpretare la giovane donna dipinta dal pittore cadorino come una semplice ragazza che serve della frutta. Anche in quest’opera, come nel giovane del Caravaggio, l’aspetto naturalistico è messo a disposizione per ravvivare una figura mitologica. La Pomona di Tiziano ha avuto un grande successo in area veneta e non è escluso che lo stesso Merisi possa aver visto tale quadro o qualche copia di esso, forse in un suo ipotetico, ma comunque assai verosimile, viaggio a Venezia. Ad esempio una copia di tale dipinto, cioè la Giovane dama con piatto di frutta (Pomona) di collezione privata (già in Collezione encil di Montreal), è stata realizzata proprio da un anonimo allievo di Tiziano [fig. 20]55. Sempre un seguace del cadorino ha dipinto, variandone la tipologia, un’altra Giovane dama con piatto di frutta (Pomona) ora in collezione privata (già in Collezione Volpi di Firenze) [fig. 21]: in questo caso, però, la donna non è vista di lato, ma frontalmente, mentre lo sfondo è delimitato da una tenda56. Ma anche qui il contenitore metallico con frutta è messo bene in evidenza da Pomona che lo solleva con delicatezza.

La figura della dea Pomona che sorregge un cesto di frutta e che indossa una veste all’antica lasciando scoperta la spalla destra, come nel Vertunno del Caravaggio, si trova raffigurata anche in un dipinto con Pomona, Ce-rere, Flora (collezione privata) [fig. 22]. Quest’opera è stata attribuita ad Antiveduto Gramatica57, un pittore presso il quale il giovane Merisi, come ci dicono alcune fonti, aveva iniziato ad esercitare l’arte pittorica durante il suo primo periodo di permanenza a Roma. Michelangelo raggiunse l’Ur-

53 Cfr. asta a Venezia cit., 2004, lotto n. 39. 54 Per il dipinto di Tiziano, si veda in particolare F. Pedrocco, tiziano, Milano 2000, p. 233,

n. 187; e G. taGliaFerro-B. aikema-M. maNciNi-A.J. martiN, le botteghe di tiziano, Firenze 2009, pp. 261-262, ill. 139. A proposito del dipinto di Berlino, H. tietze, titian. the Paintings and Drawings with three Hundred Illustrations, London 1950, p. 366, scrive: “Perhaps the in-formation that in 1567/68 Titian presented Jacopo Strada with a ‘Pomona’, may be connected with this picture.”.

55 Cfr. R. PallucchiNi, una nuova Pomona di tiziano, in “Pantheon“, XXIX, II, 1971, pp. 114-124, datata verso il 1562-1563; e BreVaGlieri, tiziano cit., 1995, p. 134 e p. 136, ill. 10.

56 Cfr. BreVaGlieri, tiziano cit., 1995, p. 136 e p. 145, ill. 18; e G. taGliaFerro-B. aikema-M. maNciNi-A.J. martiN, le botteghe di tiziano cit. 2009, pp. 264-265, ill. 144.

57 La fotografia si trova nella fototeca di Federico Zeri: cfr. http://fe.fondazionezeri.unibo.it/ca-talogo/scheda.jsp?decorator=layout&apply=true&tipo_scheda=oa&id=48804&titolo=anonimo+%2c+Imperiale+della+Grammatica+-+sec.+XVII+-+Pomona%2c+Cerere%2c+Flora.

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be, venendo dal nord, in data ancora imprecisata. La prima testimonianza documentaria sicura accerta la sua presenza in città durante la quaresima del 1596, ma è molto probabile che egli sia arrivato a Roma qualche anno prima58. Nel quadro attribuito al Gramatica, Pomona sembra proprio il cor-rispettivo del ragazzo dipinto dal Merisi. Il significato della figura del Gra-matica è evidente, proprio perché Pomona è associata alle altre due divinità femminili che ne esplicitano e ne completano il significato. Ma se fosse stata dipinta come personaggio isolato qualcuno avrebbe potuto avere la tentazione di interpretare Pomona come se fosse una ragazza popolana o comunque priva di connotati mitologici, come è stato infatti proposto per il ragazzo caravaggesco. Un’altra straordinaria figura di Pomona è stata dipinta nel 1642 dal caravaggista olandese Christiaen van Couwenbergh: si tratta di una procace donna con paniere di frutta che gli studiosi iden-tificano proprio con Pomona59 [fig. 23]. Anche in questo quadro troviamo sia il motivo della spalla nuda che si protende verso l’osservatore, come nel dipinto caravaggesco, sia la debordante vitalità della varietà dei frut-ti raccolti nel cesto di vimini. Un’altra Pomona che sembra riecheggiare anche il Vertunno caravaggesco è quella scolpita molto più tardi, verso il 1757, dal padovano Antonio Bonazza (ora si trova nel Giardino superiore

58 Cfr., anche per l’analisi delle diverse fonti, L. sickel, Gli esordi di Caravaggio a roma. una ricostruzione del suo ambiente sociale nel primo periodo romano, in “Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana”, XXXIX, 2009-2010, pp. 1-73 (preprint del 26 novembre 2010, in http://edoc.biblhertz.it/preprints/rJb/Sickel_Caravaggio/Sickel_Caravaggio.pdf, pp. 1-73), in part. pp. 33-37, 45, 48; e G. Berra, Il Caravaggio nel ducato di Milano. “Questo pittore... al parlare tengo sia milanese... mettete lombardo, per che lui parla alla lombarda”, in Gli occhi di Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano, Milano, Museo diocesano, 11 marzo-3 luglio 2011, a cura di V. Sgarbi, Cinisello Balsamo (Milano) 2011, pp. 26-45, in part. pp. 40-41 (dove metto in di-scussione l’ipotesi di alcuni studiosi i quali ritengono che il recente ritrovamento di un documento ‘accerterebbe’ che il Caravaggio giunse a Roma non prima del 1595 o del 1596).

59 Cfr. G. uNVerFehrt, scheda “11 Pomona”, in Niederländische Malerei aus der Kunst-sammlung der universität Göttingen, a cura di G. Unverfehrt, Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum, 19 gennaio-27 marzo 1983, Braunschweig 1983, pp. 54-55; von W.C. maier-Preusker, Christiaen van Couwenbergh (1604-1667) oeuvre und Wandlungen eines Hollän-dischen caravaggisten, in “Wallraf-Richartz-Jahrbuch”, LII, 1991, pp. 163-236, in part. pp. 204-205, ill. 49 e pp. 213-214, n. A21. Si veda anche W. liedtke, scheda “15. Woman with a Basket of Fruit”, in W. liedtke et al., Vermeer and the Delft School, New York, 8 marzo-27 maggio 2001 e London, 20 giugno-16 settembre 2001, New York 2001, pp. 242-244 (il Liedtke riferisce il parere di alcuni studiosi secondo i quali la figura rappresenta Pomona, ma non si dimostra molto convinto di tale interpretazione). Per un confronto con il dipinto del Merisi, si veda K. krüGer, Das unvordenkliche Bild. Zur Semantik der Bildform in Caravaggios Früh-werk, in Caravaggio. originale und Kopien im Spiegel der Forschung, a cura di J. Harten e J.-H. Martin, düsseldorf, Museum Kunst Palast, 9 settembre 2006-7 gennaio 2007, ostfildern 2006, pp. 24-35, in part. pp. 29-30.

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del Peterhof di San Pietroburgo). Qui la mano destra della dea tiene il cesto impagliato rigonfio di frutti quasi nella stessa maniera con cui la sorregge il giovane dipinto dal Merisi [fig. 24]60.

Abbiamo dunque visto alcuni esempi di opere che presentano la figura di Pomona strettamente legata al cesto di frutta, il quale in qualche modo sim-boleggia il legame d’amore che unisce la dea con il giovane Vertunno. Anche lo stesso Vertunno quando viene rappresentato in maniera isolata, cioè senza Pomona, spesso viene associato a un canestro ricolmo di frutta o a singoli frutti. Alcune significative opere sono state illustrate e discusse nel mio sag-gio precedente61. ora, invece, intendo proporre nuovi rilevanti esempi che dimostrano come, anche successivamente all’esecuzione del Vertunno/Frut-taiolo da parte del Caravaggio, la figura di un giovane con un cesto di frutta fosse identificato senza alcun minimo dubbio come il dio Vertunno. Prima di iniziare la carrellata delle diverse rappresentazioni di Vertunno posteriori all’opera del Merisi, è opportuno riproporre l’illustrazione del dio Vertunno eseguita da Bolognino Zaltieri e inserita in uno dei manuali cinquecenteschi più famosi dedicati alla mitologia: le imagini de i dei de gli antichi di Vin-cenzo Cartari [fig. 25]. Tale testo venne pubblicato (per la prima volta con le incisioni) a Venezia nel 1571 e poi ripubblicato molte altre volte (anche con traduzione latina, francese e inglese) a testimonianza del favore riscon-trato presso i letterati e gli artisti anche successivamente62. In questa sorta di bibbia della mitologia, il dio Vertunno viene rappresentato come giovane, di bell’aspetto, con riferimenti al mondo antico e pienamente associato ai frutti che tiene tra le mani e che coronano anche il suo capo. È molto probabile che il Caravaggio abbia tratto spunto anche da questa illustrazione di Vertunno, inserita nel manuale del Cartari, per delineare i caratteri iconografici del suo Vertunno. Il Cartari presenta l’immagine di Vertunno a margine della sua traduzione in volgare del secondo carme del quarto libro di elegie di Pro-

60 Cfr. C. semeNzato, antonio Bonazza (1698-1763), Venezia 1957, pp. 59-60, il quale scrive che le statue di Pomona, Vertunno, Flora e Zefiro “Provengono dal parco di Mensikov”, ma che furono “commissionate nel Veneto”. Si veda anche http://it.wikipedia.org/wiki/File:antonio_Bo-nazza-Pomona-upper_Gardens_of_Peterhof.jpg.

61 Cfr. Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007.62 Cfr. cartari, le imagini de i dei de gli antichi cit., 1571, p. 269. Sul testo del Cartari, si

vedano, tra gli altri, C. VolPi, le fonti delle Immagini degli dei degli antichi di Vincenzo Cartari, in Der antike Mythos und europa. texte und Bilder von der antike bis ins 20. Jahrhundert, a cura di F. Cappelletti e G. Huber-Rebenich, Berlin 1997, pp. 58-73, in part. p. 58, la quale sottolinea che “tra il 1571 e il 1615 si susseguirono infatti più di quindici edizioni di cui due traduzioni in latino, due in francese ed una in inglese”; e F. decroisette, De l’image à la figure dans les Ima-gini de i dei de gli antichi de Vincenzo Cartari, in le livre illustré italien au XVIe siècle. Texte/Image, a cura di M. Plaisance, atti del Convegno, Paris, Université de la Sorbonne Nouvelle, 1994, Paris 1999, pp. 207-232.

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perzio (elegiae, IV, 2), un testo espressamente dedicato al dio Vertunno63. In questo componimento poetico, come noto, è lo stesso dio Vertunno a parlare in prima persona al fine di enumerare anche le sue peculiari caratteristiche. Sappiamo che nella cultura cinquecentesca il testo di ovidio e quello di Pro-perzio erano spesso intrecciati tra loro a secondo delle esigenze64. Non si può pertanto escludere che anche nel dipinto del Caravaggio ci sia un’eco del testo properziano. Ciò potrebbe spiegare il senso della bocca semiaperta del suo giovane, la quale, già interpretata, come abbiamo visto sopra, come un indizio del canto, potrebbe invece alludere all’atto del parlare da parte del dio (rivolto all’osservatore, come nell’elegia properziana, o a Pomona, come nel testo ovidiano). Ma naturalmente è anche possibile che la bocca del ragazzo non connoti affatto qualcosa di specifico. In fondo anche la Giovane dama con piatto di frutta (Pomona) di Tiziano [fig. 19] – vista sopra – pre-senta una bocca socchiusa sebbene per tale figura non si sia proprio parlato di una donna che canta o parla.

La bellezza e la giovinezza antichizzante presenti nel dipinto del Me-risi in parte riconducibile, come si è visto, all’illustrazione del Cartari, sembrano però anche essere riprese dalle opere raffiguranti il giovane Antinoo. La figura del favorito dell’imperatore Adriano, conosciuta so-prattutto attraverso le diverse varianti scultoree, era spesso, non a caso, esplicitamente associata al dio Vertunno65. Un significativo esempio in tal senso è rappresentato dal Vertunno ritratto di antinoo, un disegno eseguito verso il 1650 dal pittore romano Giovan Angelo Canini e inseri-to in un album con diversi altri fogli [fig. 26]66. In basso a sinistra di tale opera grafica compare la scritta “Vertunno Ritratto d’Antino […] e con il uaso in testa […]”. Il giovane qui raffigurato tiene nella mano sinistra un

63 Cfr., ad esempio, e.C. marquis, Vertumnus in Propertius 4, 2, in ‘Hermes. Zeitschrift für klassische Philologie’, 3, 1974, pp. 491-500; e K. o’Neill, Propertius 4.2: Slumming with Vertumnus?, in “American Journal of Philology”, 2, 2000, pp. 259-277.

64 Per un esempio di tale contaminazione, si veda Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007, p. 24.

65 Cfr. Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007, p. 28.66 Cfr. d. GasParro, les sculptures antiques de richelieu et les dessins perdus de l’album

Canini, in “Revue du Louvre. La revue des Musées de France”, 1, 2003, pp. 59-66, in part. p. 64, n. 3. L’immagine è pubblicata anche in http://www.culture.gouv.fr/public/mistral/joconde_fr?aCtIoN=retrouVer&FIelD_98=autr&Value_98=CaNINI%20Giovanni%20angelo&NuMBer=2&GrP=1&reQ=%28%28CaNINI%20Giovanni%20angelo%29%20%3aautr%20%29&uSrNaMe=nobody&uSrPWD=4%24%2534P&SPeC=1&SYN=1&IMlY=&MaX1=1&MaX2=1&MaX3=100&DoM=all. In questa pagina web è anche scritto: “Statue identifiée et localisée dans le château de Richelieu en bas, à gauche, à la plume et encre brune”. Si può notare che questo disegno del Canini riprende la Statua di antinoo in costume agreste ora al Louvre. Per questa scultura si veda, da ultimo, il recentissimo antinoo. Il fascino della bellezza, a cura di M. Sapelli Ragni, Tivoli, Villa Adriana, 5 aprile-4 novembre 2012, Milano 2012, p. 70, ill. 5.

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frutto, mentre in quella destra maneggia un falcetto. La bellezza del gio-vane, la veste annodata sulla spalla sinistra e quella destra scoperta sono tutti elementi antichizzanti che si ritrovano anche nella figura giovanile del Merisi, il quale, però, ha insistito molto di più sulla cesta di frutta per accentuare la sua bravura nell’esecuzione dei naturalia. Il disegno del Canini è comunque un’ulteriore conferma di come il ragazzo con ce-sta dipinto dal Merisi sia stato raffigurato seguendo un codice figurativo ricalcato sulle immagini antiche. Si può inoltre notare come pure altre figure giovanili del Caravaggio sembrino quasi basarsi sulle tipologie dei volti delle sculture di Antinoo. Se, ad esempio, mettiamo a confronto l’antinoo-Dioniso (del II secolo d.C), che si trova nel Fitzwilliam Mu-seum di Cambridge [fig. 27], con il busto del Bacco degli Uffizi del Ca-ravaggio, la cui testa è arricchita da grappoli e da pampini, notiamo una straordinaria e in qualche modo misteriosa somiglianza [fig. 28]67. Affini tra le due figure non sono solo i lineamenti del volto e la complessità dei capelli, ma anche le labbra turgide e formose dei due volti che sembrano quasi sovrapponibili. In realtà è difficile pensare (come per gli xenia) che il Merisi possa aver visto tale opera scultorea perché essa fu trovata solo nel 1769 presso la Villa Adriana, ma non si può escludere del tutto che il Caravaggio possa aver osservato una copia di essa o qualche altra simile statua antica ora presente in altri musei68.

Vediamo dunque ora un parallelismo tra il Vertunno/Fruttaiolo del Cara-vaggio e alcune statue di Vertunno realizzate nel Sei e Settecento. Iconogra-

67 Per questa statua antica si veda H. meyer, antinoos. Die archäologischen Denkmäler unter einbeziehung des numismatischen und epigraphischen Materials sowie der literarischen Nach-richten. ein Beitrag zur Kunst-und Kulturgeschichte der hadrianisch-frühantoninischen Zeit, Mün-chen 1991, pp. 116-117, III 6, tav. 104; e antinoo. Il fascino della bellezza cit., 2012, p. 68, ill. 3.

68 Per le diverse statue di antinoo rimando alla bibliografia della nota 67. Va in particolare segnalato che il Caravaggio potrebbe aver visto anche il busto di antinoo-Dioniso (presente nella collezione Farnese e ora a Napoli nel Museo di Capodimonte) realizzato in bronzo da Guglielmo della Porta, il quale aveva ripreso l’antinoo-Dioniso della collezione veneziana di Giovanni Grimani: per questa statua di bronzo si veda antinoo. Il fascino della bellezza cit., 2012, pp. 111, 115, 117, ill. 8 (e anche p. 143, ill. 18, per un altro busto di antinoo-Dioniso di Guglielmo della Porta, anche questo eseguito in bronzo su modello dell’‘Antinoo Grimani’ ed ora conservato a Napoli negli Appartamenti Storici di Palazzo Reale). Approfondirò la relazione tra le statue di antinoo e il Bacco del Merisi in altra sede. A tal proposito, J. VarriaNo, Caravaggio. the art of realism, University Park (Pennsylvania) 2006, p. 23, ill. 20, ha, ad esempio, già evidenziato come il Bacco degli Uffizi ricordi la statua di antinoo come Bacco del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Sull’influenza della statuaria antica sulla pittura del Merisi, rimando alla bibliografia citata in G. Berra, Il Caravaggio a Milano: la nascita e la formazione artistica, in Da Caravaggio ai Caravaggeschi, a cura di M. Calvesi e A. Zuccari, Roma 2009, pp. 19-68, 425-440, in part. p. 57, nota 60. Si veda inoltre anche il recente studio di A. zuccari, Caravaggio controluce. Ideali e capolavori, Milano 2011, cap. “XII. Caravaggio e l’antico”, pp. 269-284.

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ficamente affine al giovane dipinto dal Merisi è un’erma raffigurante espli-citamente il dio Vertunno elaborata da uno scultore (rimasto anonimo) sulla base di un disegno eseguito verso il 1655 da Nicolas Poussin. Tale scultura, realizzata nel 1679, era (e lo è tuttora) collocata – assieme ad altre erme con le effigi di diverse divinità come Pomona e Flora – nel Boschetto della Gi-randola di Versailles [fig. 29]69. Il bel giovane seminudo trattiene nella mano sinistra una cornucopia in sostituzione della più tradizionale cesta utilizzata anche dal Merisi. È evidente come ci fosse alla base del lavoro dei due artisti (Caravaggio e Poussin) una identica fonte iconografica o comunque ‘letteraria’ riferita al dio Vertunno70. Qualche anno dopo, nel 1684-1685, lo scultore etienne Le Hongre utilizzerà invece proprio un cesto di frutta per raffigurare esplicitamente il dio Vertunno da collocare in un altro giardino di Versailles [fig. 30]71. Questa statua è particolarmente significativa in quanto mostra il dio Vertunno nella sua bellezza giovanile con un panneggio all’an-tica mentre sostiene con la mano sinistra un paniere di vimini ricolmo di frutti. Si tratta, probabilmente, dell’opera che assomiglia di più, dal punto di vista iconografico, al Vertunno del Caravaggio. Sempre bello e giovane, ma privo di frutti è il Vertunno realizzato in scultura nel 1696 da François Barois per i giardini delle Tuileries (ora al Louvre) [fig. 31] ed eseguito in coppia con Pomona che invece sostiene, non a caso, un cesto di frutta72. In questo caso il giovane dio, parzialmente avvolto da un panneggio classicheggiante, sostiene con la mano destra la maschera di un volto di vecchia. L’artista ha ovviamente fatto riferimento, come sopra si è accennato, alla fabula ovi-diana in base alla quale Vertunno si trasforma in figura di anziana al fine di colloquiare con la bella Pomona per poi riprendere, improvvisamente, le

69 Cfr. G.P. Bellori, le Vite de’ Pittori, Scvltori et architetti moderni, Roma, Per il Success. al Mascardi, 1672, p. 437; J. coural, les termes de Poussin a Versailles, in “La revue des arts”, X, II, 1960, pp. 67-74, in part. pp. 71, 73, ill. 8; S. PiNcas, Versailles. un jardin à la française, Paris 1995, tr. inglese Versailles. the History of the Gardens and their Sculpture, London 1996, pp. 166-171; K. krause, “li varii Genii de’ fiori e de’ frutti della terra”. Poussins Hermen and andere Skulpturen in französischen Gärten des 17. Jahrhunderts, in “die Gartenkunst”, 6, 1994, pp. 42-67, in part. p. 46 e ill. 7, dove viene presentato un altro Vertunno (Versailles, Quinconce du Midi). In questo caso il dio, giovane, bello, con il busto seminudo è vestito all’antica, ha tra i capelli una ghirlanda di frutti e tiene in mano un falcetto. diverse immagini dell’erma con Vertunno del Boschetto della Girandola si possono vedere in http://www.insecula.com/oeuvre/photo_Me0000004138.html. Cfr. inoltre Berra, Il ‘Fruttaiolo’ del Caravaggio cit., 2007, p. 31.

70 Sul parziale interesse di Poussin per il lavoro del Caravaggio, si veda d. PosNer, a Pous-sin-Caravaggio Connection, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, XXVIII, 1-2, 1965, pp. 130-133.

71 Cfr. M. BaridoN, Jardins de Versailles, Arles 2001; tr. it. I giardini di Versailles, Milano 2001, pp. 170-171; e http://es.wikipedia.org/wiki/archivo:Versailles_Demi-lune_Vertumne.jpg.

72 Cfr. http://cartelen.louvre.fr/cartelen/visite?srv=car_not_frame&idNotice=771&langue=fr.

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sue fattezze giovanili. Ma anche in questa scultura, il dio, seppur privo di elementi naturalistici, è visto nella sua beltà giovanile con panneggio clas-sico come nel dipinto del Merisi. Anche la cultura secentesca, dunque, dava per scontato che un giovane classicheggiante associato ad un contenitore di frutta potesse essere facilmente identificato con il dio Vertunno.

Questa associazione era un patrimonio ormai acquisito anche per gli artisti operanti nel Settecento. Vediamone qualche esempio. Nel 1717 lo scultore veneziano Francesco Penso, detto il Cabianca, portò a termine una scultura raffigurante Vertunno, da contrapporre proprio alla figura di Pomo-na posta sul lato opposto del viale del Giardino d’estate di Pietro il Grande a San Pietroburgo [fig. 32]73. Il bel giovane dio Vertunno (identificato anche dalla scritta posta alla base: “VertVNo”), parzialmente ricoperto da un pan-neggio all’antica, trattiene con le mani uva e mele. Accanto al suo piede si-nistro sono collocati fiori e altri elementi naturali, mentre la sua testa è coro-nata di pomi. Lo scultore veneziano sembra quasi riprendere l’incisione del Vertunno inserita nel testo del Cartari sopra citato (dato alle stampe, non a caso, proprio a Venezia) [fig. 25]. Potrebbe essere un caso, ma si può notare come in alcune delle ultime sculture di Vertunno che abbiamo appena visto il dio sostenga i frutti o la cesta con la mano destra. Anche nel dipinto del Caravaggio il braccio e la mano destra che reggono il contenitore sono mes-si ben in evidenza. Forse si fa proprio riferimento al testo di ovidio, il quale accenna esplicitamente alla “destra” di Vertunno con la quale il dio regge la frutta ricevuta dall’amata: “[il dio] è il primo a ricevere offerte di frutti ed è lieto di reggere nella destra i tuoi doni [di Pomona]”74. Una sintesi della vicenda mitologica tra Vertunno e Pomona si trova in una scultura del 1725 circa eseguita da Laurent delvaux (Londra, Victoria & Albert Museum) [fig. 33]75. In questo gruppo di Vertunno e Pomona, lo scultore ha associato all’affascinante Pomona, che tiene un falcetto, il giovane dio spasimante che si è appena tolto la maschera da donna anziana per presentarsi all’amata in tutto il suo splendore. In comune ai due è presente il cesto di frutta che è posto su un tronco accanto a Pomona. Lo scultore, per sottolineare la felice conclusione amorosa, ha inserito, vicino al tronco, anche Amore con

73 Cfr. S. aNdrosoV, Pietro il Grande collezionista d’arte veneta, Venezia 1999, p. 219, schede “41. Vertumno” e “42. Pomona”: le diverse sculture furono commissionate da Pietro il Grande nel settembre 1716 e portate a San Pietroburgo nel 1717 per essere collocate nel Giardino d’estate. Altre statue di Vertunno e Pomona, di un anonimo veneziano attivo attorno al 1720, furono inviate a San Pietroburgo nel 1722 (ivi, p. 267).

74 oVidio, Metamorphoses, XIV, 688 (tr. it. di P. Bernardini Marzolla: Metamorfosi, Torino, 1979, p. 593): “primus habet laetaque tenet tua munera dextra?”.

75 Cfr. http://www.flickr.com/photos/alevegra/3443687112/.

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la faretra posta ai suoi piedi. Una simile scultura con Vertunno e Pomona è stata realizzata dallo scultore inglese John Cheere nel 1755 per i giardini del Palácio Nacional de Queluz (vicino a Lisbona). Anche qui si vede una canestra di frutta che fa da unione tra i due amanti, e anche qui Vertunno si presenta giovane e di bella presenza dopo aver tolto la maschera da vecchia che ancora tiene nella mano sinistra [fig. 34]76.

Concludo con due esempi diversi rispetto alle statue sei e settecentesche dei ‘Vertunno’ da giardino. Gli scultori Pietro Bernini e il figlio Gian Loren-zo Bernini nel 1616 portarono a termine due magnifiche sculture raffiguranti Priapo e Flora, ora conservate presso il Metropolitan Museum of Art di New York (Gian Lorenzo, molto probabilmente, aiutò il padre eseguendo la parte naturalistica associata alle due divinità)77. Il dio Priapo, coronato di pomi, sostiene una canestra ricolma di abbondanti frutti [fig. 35]. Se mettiamo a confronto, come è stato fatto, le due ceste, quella del Caravaggio e quella del Bernini, possiamo notare una simile impostazione naturalistica. È stato infat-ti osservato da Valentino Martinelli, nel 1962, come nelle parti al ‘naturale’ del Priapo del Bernini sia possibile notare “un inserto di tono caravaggesco” dovuto al fatto che con ogni probabilità il giovane Gian Lorenzo potrebbe essersi ispirato alle nuove e rivoluzionarie esperienze pittoriche del Merisi78. In effetti, il Bernini potrebbe aver visto il Vertunno del Caravaggio, tenendo anche conto che, come noto, il quadro si trovava dal 1607 nella collezione del cardinale Scipione Borghese79 e le statue furono commissionate a Pie-tro Bernini proprio per la villa Borghese (dove ora si trovano delle copie). Al di là delle consonanze naturalistiche, va comunque sottolineato come in entrambi i casi – cioè con il Vertunno del Caravaggio e il Priapo dei due Bernini – ci troviamo di fronte a due personaggi mitologici: le due figure sono vestite all’antica con la spalla sinistra scoperta ed entrambe sorreggono un cesto di frutta che ha direttamente la funzione di connotare, seppur in ma-niera diversa, alcuni caratteri della fabula mitologica delle due divinità che tra Cinque e Seicento erano ben conosciute. Si può citare in tal senso anche un altro significativo esempio: Pieter Paul Rubens verso il 1615 dipinse un Fauno con cesto di frutta (collezione privata) che trattiene un grande cane-

76 Cfr. http://www.pnqueluz.imc-ip.pt/pt-Pt/jardins/jardins_esculturas_cheere/ContentDe-tail.aspx?id=220.

77 Cfr. o. raGGio, scheda “Pair of Terms: Priapus and Flora”, in J.d. draPer-o. raGGio-J. Parker, european Sculpture and Decorative arts, in “The Metropolitan Museum of Art Bulle-tin”, XLIX, 2, 1991, pp. 26-35, in part. pp. 28-29 (con bibliografia precedente).

78 V. martiNelli, “Flora” e “Priapo”, i due termini già nella villa Borghese a roma, in “Commentari”, XIII, III-IV, 1962, pp. 267-288, in part. pp. 279-280.

79 Cfr. A. de riNaldis, Documenti inediti cit., 1936, pp. 110-118, in part. p. 114, n. 56.

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stro di vimini ricolmo di uva e pomi (fig. 36). L’analogia con il Vertunno/Fruttaiolo del Caravaggio è evidente, come già è stato evidenziato da Justus Müller Hofstede, il quale ha scritto che la tela di Rubens può essere conside-rata come un diretto ricordo (“als unmittelbare erinnerung”), del Fruttaiolo del Merisi80. Anche qui siamo in presenza di due personaggi mitologici (il Fauno e il Vertunno), raffigurati a mezzo busto, con una spalla e il torso se-minudi nell’atto di sostenere un cesto di frutta mentre guardano l’osservatore in maniera ammiccante.

Abbiamo dunque visto come il giovane con canestra di frutta del Cara-vaggio presenti tutte quelle connotazioni che sono tipiche della figura del dio Vertunno che tiene un contenitore con della frutta. Che un personaggio maschile, giovane e di bell’aspetto, vestito all’antica con un panneggio che spesso lascia scoperta la spalla nuda e che tiene della frutta o un cesto di frutta fosse considerato la rappresentazione del dio Vertunno è eviden-te non solo dagli esempi che ho illustrato nel mio precedente saggio, ma pure nelle opere qui presentate che si riferiscono anche alla cultura artistica dei secoli XVII e XVIII. Non si può inoltre proprio escludere che un’im-portante caratteristica del dio Vertunno sia stata in qualche modo evocata anche nel Vertunno/Fruttaiolo del Caravaggio. Mi riferisco alla continua capacità del dio di trasformarsi di cui parla Properzio (elegiae, IV, 2, 10-48) e anche ovidio (Fasti, VI, 409-410). Il nome del dio “Vertumnus” (di origine etrusca) è fatto derivare da vert-amnis, da vert-annus e soprattutto da verto (coniugazione del verbo vertere: mutare, trasformare, volgere)81. Quindi Vertunno è una divinità che allude al ciclico e perenne mutare della natura e che rievoca la continua metamorfosi vegetale: dal seme al ger-moglio, dal germoglio alla pianta, da questa alla gemma e dalla gemma al fiore, dal fiore al frutto, prima acerbo e poi maturo, e infine dal frutto di nuovo al seme. Infatti il pittore lombardo potrebbe aver evocato questo particolare aspetto metamorfico del dio anche attraverso la raffigurazione di alcuni frutti e foglie che mostrano un embrionale disfacimento che può essere dunque considerato il grado successivo sia dello stato di maturazio-ne dei frutti, sia della pienezza di forma e colore delle foglie.

80 Cfr. J. Müller Hofstede, abraham Janssens. Zur Problematik des flämischen Caravaggi-smus, in “Jahrbuch der Berliner Museen”, XIII, 1971, pp. 273-275, ill. 32 (Fauno con cesto di frutta di Rubens) e ill. 33 (Fruttaiolo del Caravaggio).

81 La bibliografia sull’origine etimologica del nome Vertumnus, è citata in Berra, Il ‘Frut-taiolo’ del Caravaggio cit., 2007, p. 46, nota 57. Si veda anche S.H. liNdheim, I am Dressed, therefore I am?: Vertumnus in Propertius 4.2 and in Metamorphoses 14.622-771, in “Ramus. Critical Studies in Greek and Roman Literature”, XXVII, 1, 1998, pp. 27-38; e L. maGiNi, l’etru-sco, lingua dall’oriente indoeuropeo, Roma 2007, pp. 104-107.

1. Caravaggio, Vertunno (noto come Fruttaiolo), 1593-1595 ca. Roma, Galleria Borghese.

2. Annibale Carracci (disegno), Simon Guillain (incisione), Venditore di pere, in G.A. massaNi, Diverse figvre al numero di ottanta, Disegnate di penna Nell’hore di recreatione da annibale Carracci inta-gliate in rame, e cauate dagli originali da Simone Gvilino parigino. Dedicate a tvtti i virtvosi, et In-tendenti della Professione della Pittura, e del Disegno, Roma, Nella Stamperia di Lodovico Grignani, 1646, ed. le arti di Bologna di annibale Carracci, a cura di A. Marabottini, Roma 1966, n. 35.

3. Anonimo, Cesto con fichi, I sec. a. C. oplontis (Torre Annunziata), villa di Poppea, oecus 23, parete est.

4. Giovanni Maria Platina, Fruttiera con uva sopra un libro, 1477-1480. Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”.

5. Fra’ Giovanni da Verona, Cesto con ciliegie, 1522-1525. Lodi, cattedrale, coro.

6. Giuliano da Maiano, Cesto di frutta, 1472-1475. Urbino, Palazzo ducale, studiolo.

7. Giuseppe Arcimboldo, testa reversibile con canestro di frutta, 1588-1593 ca. New York, French & Company.

8. Anonimo, Frutti su un piano, in A. GardaNo, altvs. Primvs liber cvm qvinqve vocibvs. Mottetti del frvtto, Venezia, Antonio Gardano 1538, frontespizio.

9. Anonimo, Sorbo, in A. mattioli, I discorsi, Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1568, p. 282.

10. Francesco Melzi, Vertunno e Pomona, 1517-1520 ca. Berlino, Staatliche Museen, Preussischer Kul-turbesitz, Gemäldegalerie.

11. Jan Pieterszoon Saenredam (da Abraham Bloemaert), 1605, Vertunno e Pomona. Amsterdam, Rijk-smuseum, Rijksprentenkabinet.

12. Jan Pieterszoon Saenredam (da Cornelis Corneliszoon van Haarlem), 1605, Vertunno e Pomo-na. Amsterdam, Rijksmuseum, Rijksprentenkabinet.

13. Jacob Mathan (bottega di), 1607-1610, Vertunno e Pomona. Los Angeles, Los Angeles County Museum of Art, Prints and drawings department.

14. Anonimo fiorentino (Monogrammista I.F.), le offerte a Vertunno e Pomona (o le nozze di Vertunno e Pomona), 1542. Londra, British Museum, department of Prints and drawings.

15. Anonimo, Pomona (Hora-autunno), I sec. d.C. Venezia, Museo Archeologico.

16. Giovan Ambrogio Boltraffio (attribuito), Fanciulla con contenitore di frutta, ultimo decennio del XV secolo. New York, Metropolitan Museum of Art.

17. Sebastiano del Piombo, ritratto di giovane romana (Dorotea), 1513 ca. Berlino, Staatliche Museen, Preussischer Kulturbesitz, Gemäldegalerie.

18. Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (attribuito), tavolo di frutta e verdure con Vertunno, Pomona e il ritratto di Bernardino Campi, fine del XVI - inizi del XVII sec. Collezione privata.

19. Tiziano, Giovane dama con piatto di frutta (Pomona), 1555 ca. Berlino, Staatliche Museen, Preussi-scher Kulturbesitz, Gemäldegalerie.

20. Seguace di Tiziano, Giovane dama con piatto di frutta (Pomona), 1560? Collezione privata (già in Collezione encil di Montreal).

21. Seguace di Tiziano, Giovane dama con piatto di frutta (Pomona), 1560-1570 ca. Collezione privata (già in Collezione Volpi di Firenze).

22. Antiveduto Grammatica (attribuito), Pomona, Cerere, Flora, 1620-1626 ca. Collezione privata.23. Christiaen van Couwenbergh, Pomona, 1642. Göttingen, Gemäldesammlung der Univeristät.

24. Antonio Bonazza, Pomona, 1757 ca. San Pietroburgo, Giardino superiore di Peterhof.

25. Bolognino Zaltieri, Vertunno (part.), in V. cartari, le imagini de i dei de gli antichi, Venezia, Gior-dano Ziletti, e compagni, 1571, p. 269.

26. Giovan Angelo Canini, Vertunno ritratto di antinoo, 1650 ca. Parigi, Louvre, département des Arts graphiques.

27. Anonimo, antinoo-Dioniso, II sec. d.C., Cambridge, Fitzwilliam Museum28. Caravaggio, Bacco (part.), 1595-1597 ca. Firenze, Galleria degli Uffizi

29. Anonimo (su disegno di Nicola Poussin), Vertunno, 1679. Versailles, Boschetto della Girandola.30. etienne Le Hongre, Vertunno con cesto di frutta, 1684-1685. Versailles, demi-lune Nord du bassin

d’Apollon, Le bassin d’Apollon.

31. François Barois, Vertunno, 1696. Parigi, Musée du Louvre, Pavillon Richelieu, cour Puget.32. Francesco Penso detto il Cabianca, Vertunno, 1717. San Pietroburgo, Giardino d’estate.

33. Laurent delvaux, Vertunno e Pomona, 1725 ca. Londra, Victoria & Albert Museum.34. John Cheere, Vertunno e Pomona, 1755. Queluz (Portogallo), Palácio Nacional.

35. Pietro Bernini e Gian Lorenzo Bernini, Priapo, part., 1616. New York, The Metropolitan Museum of Art.

36. Pieter Paul Rubens, Fauno con cesto di frutta, 1615 ca. Collezione privata.

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