Inni Orfici

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INNI ORFICI A CURA DI GIUSEPPE FAGGIN EDIZIONE INTEGRALE CON TESTO GRECO A FRONTE EDIZIONI ASRAM VIDYA In copertina: Orfeo tra gli animali, mosaico pavimentale policromo (III secolo d.C.) Museo Archeologico di Palermo. Per quanto riguarda la configurazione della poesia orfica nelle fasi del suo sviluppo, possiamo risalire ad una tradizione orale dell'VIII-VI secolo a.C.; una prima compiuta codificazione scritta è attribuita ad Onomacrito di Atene (fine VI secolo) contemporaneo di Pisistrato. Nella prima metà del V secolo la letteratura orfica ebbe una notevole fioritura: Aristofane, Euripide, Platone ci forniscono testimonianze sull'Orfismo più antico. Le notizie sulla composizione di alcune teogonie (a prescindere da quelle attribuite ad Esiodo, Museo, Acusilao, Ferecide, Epimenide) fanno presupporre che tra il IV secolo a.C. ed il II secolo d.C. ci sia stato un tentativo di consolidare la tradizione orfica. Quattro sono le teogonie che vengono attribuite all'Orfismo: la prima, detta anche "antiquissima", è basata sull'indicazione di Platone, Aristotele ed Eudemo di Rodi (discepolo di Aristotele); la seconda è documentata da Apollonio Rodio; la terza, designata come "hieronymiana", è attribuita a Ieronimo ed Ellanico e conservataci da Damascio; la quarta è quella cosidetta "rapsodica" perchè si basa sui Discorsi sacri (ieroi logoi) in ventiquattro rapsodie. Quest'ultima ebbe, fin dai tempi di Siriano, una grande importanza per i Neoplatonici perchè conteneva il mito di Dioniso-Zagreo, nel quale si ritrovavano i simboli più affini alla metafisica e alla mistica del Neoplatonismo. Delle molte opere che la mistica tradizione ascrive ad orfeo ci sono giunti 87 brevi componimenti poetici in esametri che sono noti col nome di Inni Orfici. Gli Inni Orfici erano molto apprezzati nel Rinascimento; Marsilio Ficino e i suoi contemporanei credevano che fossero stati scritti dallo stesso Orfeo e Pico della Mirandola in una delle sue Conclusiones Orphicae afferma: "Nell'ambito della magìa spirituale non c'è niente di più efficace degli Inni di Orfeo, se si eseguono con il consenso di una musica adatta, di un'opportuna disposizione dell'animo e delle altre circostanze ben note al saggio". Per quanto riguarda l'aspetto dottrinario dell'Orfismo nella sua collocazione tradizionale ed iniziatica, si rimanda il lettore interessato all'opera di Raphael, Orfismo e Tradizione iniziatica.

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INNI ORFICI A CURA DI GIUSEPPE FAGGIN EDIZIONE INTEGRALE CON TESTO GRECO A FRONTE EDIZIONI ASRAM VIDYA In copertina: Orfeo tra gli animali, mosaico pavimentale policromo (III secolo d.C.) Museo Archeologico di Palermo. Per quanto riguarda la configurazione della poesia orfica nelle fasi del suo sviluppo, possiamo risalire ad una tradizione orale dell'VIII-VI secolo a.C.; una prima compiuta codificazione scritta è attribuita ad Onomacrito di Atene (fine VI secolo) contemporaneo di Pisistrato. Nella prima metà del V secolo la letteratura orfica ebbe una notevole fioritura: Aristofane, Euripide, Platone ci forniscono testimonianze sull'Orfismo più antico. Le notizie sulla composizione di alcune teogonie (a prescindere da quelle attribuite ad Esiodo, Museo, Acusilao, Ferecide, Epimenide) fanno presupporre che tra il IV secolo a.C. ed il II secolo d.C. ci sia stato un tentativo di consolidare la tradizione orfica. Quattro sono le teogonie che vengono attribuite all'Orfismo: la prima, detta anche "antiquissima", è basata sull'indicazione di Platone, Aristotele ed Eudemo di Rodi (discepolo di Aristotele); la seconda è documentata da Apollonio Rodio; la terza, designata come "hieronymiana", è attribuita a Ieronimo ed Ellanico e conservataci da Damascio; la quarta è quella cosidetta "rapsodica" perchè si basa sui Discorsi sacri (ieroi logoi) in ventiquattro rapsodie. Quest'ultima ebbe, fin dai tempi di Siriano, una grande importanza per i Neoplatonici perchè conteneva il mito di Dioniso-Zagreo, nel quale si ritrovavano i simboli più affini alla metafisica e alla mistica del Neoplatonismo. Delle molte opere che la mistica tradizione ascrive ad orfeo ci sono giunti 87 brevi componimenti poetici in esametri che sono noti col nome di Inni Orfici. Gli Inni Orfici erano molto apprezzati nel Rinascimento; Marsilio Ficino e i suoi contemporanei credevano che fossero stati scritti dallo stesso Orfeo e Pico della Mirandola in una delle sue Conclusiones Orphicae afferma: "Nell'ambito della magìa spirituale non c'è niente di più efficace degli Inni di Orfeo, se si eseguono con il consenso di una musica adatta, di un'opportuna disposizione dell'animo e delle altre circostanze ben note al saggio". Per quanto riguarda l'aspetto dottrinario dell'Orfismo nella sua collocazione tradizionale ed iniziatica, si rimanda il lettore interessato all'opera di Raphael, Orfismo e Tradizione iniziatica.

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Giuseppe Faggin, il curatore di questa raccolta di Inni, è molto conosciuto e apprezzato tra gli studiosi di filosofia, arte e mistica. Egli, nell'ambito di queste discipline, ha scritto numerosi libri ed ha tradotto alcuni testi classici tra cui il Protagora e il Fedro di Platone; ha pubblicato, sempre con le Edizioni Asram Vidya, il volume Plotino in una nuova edizione arricchita di una "Bibliografia plotiniana" che continua e aggiorna quella del Bert Marien che arrivava fino al 1948. E' autore di una Storia della Filosofia (3 voll.) e di un volume su I precursori del Neoplatonismo e i Neoplatonici, ma soprattutto va menzionata la sua traduzione delle Enneadi di Plotino corredata di introduzioni, testo critico e note. Da segnalare, infine, che questa è l'unica edizione integrale delgi Inni Orfici, con testo greco a fronte, attualmente disponibile in italiano. COLLEZIONE VIDYA 18 COLLEZIONE VIDYA 1) Aparoksanubhuti* di Samkara 2) La Triplice Via del Fuoco di Raphael 3) Drgdsyaviveka* 4) Vivekacudamanamani* di Samkara 5) Alle fonti della Vita di Raphael 6) Iniziazione alla Filosofia di Platone di raphael 7) Autoconoscenza di R. Lacquaniti 8) Bhagavad-Gita* 9) Cinque Upanisad* 10) Mandukya Upanisad* con le Karika di Gaudapada e il commento di Samkara 11) Pensiero indiano e Mistica carmelitana di Sidhesvarananda 12) Tat tvam asi di Raphael 13) 'Ehjeh 'Asher 'Ehjeh di Raphael 14) La Filosofia dell'Essere di raphael 15) Di là dal dubbio di raphael 16) mandukyakarika* di Guadapad con il commento di Raphael 17) Orfismo e Tradizione iniziatica di raphael 18) Inni Orfici (ed. integrale) a cura di G. Faggin 19) Siva-sutra di Vasugupta e Paramarthasara di Abhinavagupta 20) L'essenza del Vedanta di Sadananda 21) Plotino di Giuseppe Faggin 22) Il Sentiero della Non-dualità di raphael 23) Glossiario Sanscrito 24) Samkara e il Vedanta di P. Martin-Dubost

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25) L'uomo alla ricerca dell'Immortalità di Nikhilananda 26) Opere Minori di Samkara (Volume I) 27) Essenza e scopo dello Yoga di raphael 28) Opere Minori di Samkara (Volume II) Forma e sviluppo della coscienza di laura Boggio Gilot 30) La filosofia indiana di Radhakrishnan (Volume secondo) * Opere tradotte dal sanscrito e commentate da Raphael INNI ORFICI Edizione integrale a cura di Giuseppe Faggin Asram Vidya INTRODUZIONE Delle molte opere che la mistica tradizione ascrive a Orfeo (nota: L'autore degli Inni, o di alcuni di essi, manifesta esplicitamente l'intenzione di farli passare per opera di Orfeo quando nell'inno XXIV 12 e nel LXXVI 10 unisce il nome della Musa Calliope al titolo di "madre": chè, come ci informa la maggior parte delle fonti, Calliope era considerata madre di Orfeo. Cfr. O. Kern, Orph. fragm., Berlin 1922 p. 9; Genethliakon fur C. Robert 1910, 97.; fine nota) ci sono giunti ottantotto (nota. Gli Inni veri e propri sono ottentasette, preceduti d auna "preghiera" rivolta a varie divinità e dedicata a Museo (... è termine usato anche nei papiri magici: vedi il papiro Mimaut v. 101 Wessely, e il papiro di Parigi v. 20). Nelle edizioni degli Inni curate dall'Hermann (1805) e dall'Abel (1885) è entrato un LXXXVIII inno ad Ares, che sinora apparteneva al Corpus degli Inni ps. omerici e che l'Hermann per primo incluse nella raccolta orfica; ma le sue caratteristiche sono tali da indurci a considerare arbitrario l'inserimento. Non sappiamo su quali dati di fatto si fondasse il Kircher, Oedipus Aegyptiacus, Roma 1653, II p. 151, per affermare che gli Inni erano 84: "qui numerus innumeris mysteriis refertus primo symbolum Dei est"; ed avvalorava la sua asserzione citando la V delle Conclusiones di Pico della Mirandola: "tantus est numerus hymnorum Orphei, quantus est numerus cum quo Deus triplex creavit saeculum sub quaternarii Pythagorici forma numeratus"; fine nota) brevi componimenti poetici in esametri (nota: L'esametro è il verso comunemente adoperato nei poemi orfici: una tradizione (cfr. Mallius Theodor., De metris IV 1 p. 589, 20: metrum dactylicum hexametrum inventum primitius ab Orpheo Critias adserit) ne considerava inventore Orfeo.; fine nota), che sono noti col nome di Inni Orfici. Ma il titolo stesso sembra incerto. Il Kern (nota: Cfr. O. Kern,

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Hymnologicum, in "Hermes" 52 (1017) 150 cg.; Orphic. fragm. p. 299, 318; Giseke, in "Rhein. Mus." 1853.; fine nota), fondandosi sul catalogo degli scritti orfici conservatoci da Suida e su una aggiunta marginale nel codice Laurentianus 32, 45 (nota: Nei codd. il I inno A Hecate forma con l'evxn un inno solo: ora, nel Laurentianus 32, 45, all'altezza del v. 45, con cui comincia per noi il I inno vero e proprio, è stata aggiunta in margine l'abbreviazione OYHIIO con un A sopra la sillaba IIO, quasi ad indicare che di lì comincia ....., cioè il Corpus degli Inni. Del resto, anche la "preghiera" vv. 1 e 44 chiama col termine ..... il rito mistico a cui gli dèi sono chiamati e Museo invitato. ..... sarebbe dunque il "libro rituale" del culto, che è dovuto alle divinità, non col sangue dei sacrifici, ma col profumo degli incensi: perciò ad ogni divinità invocata negli Inni è dedicato uno speciale profumo: di stirace, di manna, di incenso, di croco, di aromi, coi quali "suffimenta" - osserva il Kircher, op. cit. II p. 153 - si vuol designare misticamente "caeremonias, expiationes, animique dispositiones, ad Deum qui cantatur attrahendum requisitas". Soltanto pochi inni non hanno questa offerta rituale: XVIII, XXIX, XXXI, XLV, L, LV, LXI, LXIV.; fine nota), sarebbe incline a congetturare che il titolo esatto fosse quello di ......: è vero che Suida cita separatamente il ..... e gli ... come opere distinte; ma il Kern osserva che gli Inni ricordati da Suida potrebbero essere una delle molte falsificazioni più recenti; si tratta, comunque, di una questione di lieve importanza (nota: In alcuni codd. (cfr.Orphei Hymni, ed. crit. a cura di G. Quandt, Berlino 1962, 3° ed.) il libro degli Inni porta anche il titolo ........(cfr. Hermann, Orphica p. 251; Gruppe, Culte u. Myth I 640); ... era, secondo Suida (v. Kern p. 64), il titolo di un'altra opera di Orfeo, che era attribuita anche ad Onomacrito; ma non sappiamo se essa sia mai esistita. Per coloro che, come il Dieterich, il Gruppe e il Macchioro, considerano gli Inni come carmi rituali "magici", il titolo di ..... è prezioso: infatti per gli antichi (cfr. Luciano, Nekyomant. 6 Jacobitz) il termine significava tanto "operazioni magiche" quanto "misteri" o "iniziazioni misteriche". Anche G. Scaligero pensa che .... sia titolo più esatto di ..., poichè di solito l'"inno" celebra i natali e le gesta di un dio, mentre le .... - proprio come gli Inni Orfici - contengono soltanto delle invocazioni; fine nota). E vano è volere ricercare, sotto l'autorità del nome di Orfeo, il vero autore degli Inni: ché delle opere ps. orfiche che ci sono pervenute per intero gli Inni sono quelli che vengono menzionati come "orfici" senza l'aggiunta di altre attribuzioni; se essi furono considerati opera di onomacrito, ciò avvenne soltanto perchè alcuni critici moderni (Heinsius, Allatius, Jungermann...) amplificarono arbitrariamente alcune vecchie notizie (nota: Cfr. Clemente Aless., Strom. I 21; II 81, 1; Sesto Empir., Pyrrh. Hyp. III 30; Pausania, VIII 37, 5; Filopono, ap. Aristotele, de anima A 5 pp. 186, 24 (fr. 183, 187, 193; 188, 184 Kern): vedi Lobeck, Aglaoph., I 331 sg., 692; Gerhard, Ueb. Orpheus und Orphiker, in Abhandl. d. Berl. Akad. 1861. Il

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riferimento a Onomacrito di un'opinione mitologica, fatto da Pausania IX 35, 5 non si può dire sia allusivo all'inno come qualcuno ha pensato.; fine nota) secondo le quali Onomacrito avrebbe pubblicato come orfiche alcune sue contraffazioni - non per qualche esplicita attribuzione fatta da scrittori antichi; anche la paternità di Ippia il sofista è il frutto esclusivamente di congetture recenti. Delle testimonianze che possediamo nessuna è di indubbia antichità: la più remota, offertaci dasl papiro berlinese 44 (fr. 49 Kern, vv. 4-5: "Orfeo...creò gli Inni che Museo, con poche emendazioni, mise in iscritto") risale al II-I sec. a.C., ma le condizioni del papiro sono tali da richiedere non pochi né lievi emendamenti; la più sicura, del sec. II d.C., è di Pausania, IX, 30, 12, "chiunque sia istruito in fatto di poesia sa che rimangono degli inni di Orfeo, che ciascuno di essi è molto breve e che tutti insieme non sono un gran numero. I Licomedi li sanno a memoria e li cantano nel celebrare i loro riti. Per l'eleganza dei versi essi avranno il secondo posto dopo gli inni di Omero, ma di maestà divina ne hanno anche più di quelli". Le altre testimonianze sono o troppo generiche o troppo recenti perchè si possa prenderle in considerazione (nota: Agli Inni di Orfeo alludono: uno scolio a Lycophrone p. 3, 29 Scheer (fr. 267 Kern); il retore Aristide, Orat. IV, I 47, 14, Dind. (fr. 307 Kern) del II sec. d.C., il manicheo Aristocrito nella Theosophia tubingensis, ed. Buresch (fr. 247 Kern); Cirillo, Contra Julian. I 25 e (fr. 318 Kern); Genethlias, De hymn. physic. I, 2, 2 (fr. 306 Kern); Marius Plot. Ars grammat. II 2 P. 502, 15 K. (fr. 106 Kern); Suida, Lex.; e Costantino Lascaris del sec. XV (fr.225 Kern); non pare che il papiro di Londra W 21 a 16 (ed. Leemans, Pap graec. II 1885, 153), che si riferisce alla...... orfica, alluda agli Inni che possediamo; cfr. O. H. ed. cit. di Quandt; fine nota). E nemmeno si può dire ch'essi siano opera di un solo autore. E' facile anzitutto ritrovare qua e là le tracce di interpolazioni dovute a mani diverse e certamente anche di epoche diverse (nota: Tracce sicure di interpolazione si ritrovano nell'Inno III in cui i vv. 1-2, evidente reminiscenza della teogonia rapsodica (cfr. fr. 96 Kern), sono molto disformi rispetto agli altri; l'XI si può considerare come la fusione dei due gruppi di versi: 1-3/10-20 che risentono della teologia orfica (cfr. fr. 54 Kern), e dei vv. 4-9/21-23 di indole non-orfica; il XLII è l'accozzamento di due inni originariamente dedicati a due divinità diverse, a Dioniso e a Mise. Cfr. Lbneck, op. cit. p. 405 sg.; O. Kern, Zu den orph. Hymnen, in "Hermes" 24 (1889), 498 sg. Se gli Inni risalgono a uno o più autori è questione già dibattuta sin dalla fine del sec. XVIII: cfr. Gerlach, De hymn. orph., Gottingen 1797.; fine nota), e poi gli influssi stoici, di cui non è possibile negare la presenza, determinano, rispetto agli inni più scopertamente orfici, una differenza di tono e di prospettiva che non può risalire a un unico autore (nota: Cfr. C. Petersen, in "Philogus" 27 (1868); il Gruppe, Die griech. Myth. u. Culte, I

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555, rigetta le conclusioni del Petersen, ma con argomenti insufficienti; che l'autore di parecchi inni fosse un orfico stoicizzante non implica che l'origine degli Inni sia filosofica e culturale.; fine nota); anche le incongruenze mitologiche, in realtà non numerose (nota: Bastino due esempi: l'inno I 2 contraddice a VIII 4; il XLI, che celebra Eubuleo come figlio di Disaule, non ha nessun rapporto con la teologia dionisiaca degli inni XXX, XL, L.; fine nota), sono la testimonianza più sicura della loro provenienza da un ambiente religioso complesso; è ovvio invece osservare che gli inni della raccolta, così come la possediamo, rivelano con la loro disposizione una certa intenzionalità nel loro ordinatore (nota: E' molto evidente nella raccolta l'intenzione di collocare l'uno accanto all'altro gli inni dedicati a divinità affini, o comunque congiunte da un vincolo mitologico: cfr. ad es. gli inni I-VIII (dèi del cielo), XXII-XXV (dèi marini), LXXX-LXXXII (dèi del vento), XLVIII-XLIX (Hipta-Sabazio)...- Né è impossibile congetturare che la evxn introduttiva sia opera della stessa persona che ordinò la raccolta e che fors'anche introdusse le menzionate interpolazioni per giustificare il nome di Orfeo, al quale gli Inni sono attribuiti.; fine nota). E infine, a documentare la loro diversa paternità serve in modo speciale l'analisi della loro struttura. Premettiamo che tutti indistintamente gli Inni presentano un carattere liturgico e cultuale (nota: Si osservi che non tutti gli inni sono rivolti direttamente alle Divinità invocate: in alcuni (28) si può distinguere una prima parte in cui il mystes parla in prima persona (v. ad es. il VI: "io invoco Protogono") senza supplicare direttamente il dio; e una seconda parte, di solito breve e posta come invocazione finale, con cui il nume è pregato di scendere al rito e di concedere i suoi doni. Il verbo rituale adoperato di solito è ...............(XXVIII, XXXII, XLIX, LVI, LIX): formola, quest'ultima, frequente nei papiri magici: cfr. pap. Parigi vv. 17, 24-25; pap. Mimaut v. 146 Wessely; vedi anche gli inni magici pubblicati dall'Abel in Orphica I 16, IV 7; anche negli inni di Proclo ricorrono i termini ......., ........., .........,...; fine nota), ma non sono molti quelli destinati a celebrare qualche divinità tipicamente orfica, o che abbiano stretti rapporti con la teologia, antichissima, rapsodica o hieronymiana (nota: Ricordo inbreve, anche a chiarimento dei richiami che ricorrono nelle note, che, a prescindere dalla teogonia di Esiodo e da quelle attribuite a Museo, ad Acusilao, a Ferecide e a Epimenide, tre sono le teogonie orfiche: quella "antiquissima", di cui abbiamo la versione aristotelico-eudemea (cfr. i fr. 1-46 nel Kern, il quale considera Aristofane, Aves 690-702, come il primo dei "frag-menta veteriora") e la versione conservataci da Apollonio Rodio, Argonaut. I 494-511; la teogonia, designata come "hieronymiana" perchè esposta da un Hieronymus (identico forse a quel Ieronimo egizio che Giuseppe, Antiq. jud. I 94 ricorda come autore dell'Archeologia fenicia) che si rifà al logografo Ellanico di Lesbo, e conservataci da Damascio, De princ. 123, da Apione,

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ap. Clem. Aless., Hom. VI 3-4; 5-12, e da Atenagora, Pro Chr. 18 p. 20, 12; 20 p. 22, 10 Schw. (essa risale al sec. IV-III a.C.); e infine quella cosidetta "rapsodica" - forse anteriore a quella hieronymiana - composta di un numero indeterminato di .... ..... distribuiti, in conformità al numero dei canti omerici, in 24 rapsodie, di cui ci sono rimasti parecchi frammenti (fr. 60-234 Kern); essa ebbe, sin dai tempi di Siriano, una grande importanza per i Neoplatonici perchè conteneva il mito di Dioniso-Zagreus, nel quale era facile ritrovare i simboli più affini alla loro metafisica e al loro misticismo. Su queste teogonie cfr.: F. Susemihl, Die orph. Theog., in "Neue Jahrb." 109 (1874) 666; De theog. orph. forma antiquissima, ind. schol. Gryphisw. 1890; O. Kern, De Orphei, Epimenidis, Pherecydis theogoniis quaest. crit. Berlin 1888; Theogoniae orphicae fragm. nova, in "Hermes" 23 (1888), 481; O. Gruppe, Die rapsod. Theogoniae u. ihre Bedeutung innerhalb der orph. Litteratur, in "Jahrb. f. klass. Philol.", XVII Suppl. Band 1890, 689 cg., F. Dummler, Zur orph. Kosmol., in "Arch. f. Gesch. d. Philos." 7 (1894) p. 147; A. Holwerda, De theog. orph., in "Mnemosyne" N. S. 22 (1894); P. Tannery, Sur la première thèog. orph., in "Arch. f. Gesch. d. Philos." 11 (1898); Cook, Zeus, Cambridge 1926.; fine nota), dell'Orfismo: tali sono indubbiamente gli inni III, VI, XXX, XXXVII, LII, ...; altri (come ad es. gli inni V, VII, X, XVI, XVII, XIX, XXI, XXVI, LXXXV, LXXXVI, LXXXVII) hanno un contenuto esclusivamente lirico-naturalistico e non hanno rapporti né con la mitologia popolare né con quella orfica; altri infine, e sono la maggior parte, sono dedicati a divinità della tradizione popolare, oppure a dèi orientali (Hipta, Sabazio, Antea, Cibele...), passati, per un fenomeno di sincretismo locale, a far parte del culto orfico. Anche la struttura formale-letteraria non è sempre uniforme: gli inni autenticamente orfici e cultuali sono costituiti pressoché integralmente da una serie di epiteti che alludono o alle caratteristiche essenziali della divinità o alle vicende storiche della sua vita divina: assumono insomma quella forma, sia pure ridotta e dissimulata, di litania, che è frequente nell'innografia liturgica (nota: Il più tipico e noto esemplare ci è offerto dalle cosidette "Litanie di Iside", del II sec. d.C., pubblicate in "The Oxyrhynchus Papyri" XI (1915) n. 1380, ed. Grenfell e Hunt.; fine nota): valga come paradigma l'inno XXX. In altri invece è presente un certo compiacimento letterario che si indugia in descrizioni naturalistiche o in brevi considerazioni morali e sentenziose che denotano, nel loro autore, un impegno non immediatamente religioso; nell'inno LXIX - in realtà l'unico esempio - troviamo persino una similitudine. Si è perciò indotti a pensare che tali inni (ad es. XIX, XXI, XXV, XXIX, XXXIV, XLVII, LX, LXXXV, LXXXVI,...) non soltanto appartengano a mano diversa, ma abbiano avuto un'origine extraorfica e siano passati più tardi, in un tempo imprecisabile, a far parte della raccolta che possediamo (nota: Il Petersen, ad es., considera di età più antica - e perciò di mano diversa - gli inni XVI,

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XVIII, XXVII, XXVIII, XXIII, LV, LVII, LIX.; fine nota) - e con tanta maggior facilità quanto più accoglienti erano il sincretismo dell?orfismo e quello ambientale. pressoché insolubile è anche il problema del loro luogo di origine. Dal VII sec. a.C. al 396 d.C., quando i monaci che accompagnavano Alarico distrussero il santuario di Eleusi, anzi sino all'età dei neoplatonici più tardi, l'Orfismo s'era diffuso con tenace e sicura lentezza. Nel IV sec. a.C. lo ritroviamo nell'Italia maridionale, a Thurii, a Petelia, a Metaponto, a Locri...; lo ritroviamo a Eleutheria, nell'isola di Creta, dove si fonde col culto di Zeus-Idaios; nel I sec. a.C. ha già raggiunto la Fenicia; focolari di religione orfica erano Alessandria, centro del culto di Aion-Dioniso e del sincretismo; il regno dei Nabatei, che circondava con le sue influenze orfiche la Palestina e la Giudea; e soprattutto l'Asia Minore (nota: Dilthey, in "Rhein Mus." 27 (1872) p. 375 sg.; Dieterich, Kleine Schr., Lipsia 1911 p. 28 sg.; Gruppe, op. cit., I p. 557; Macchioro, op. cit., p. 448.; fine nota). Ricercare, dentro questa vasta rete di rapporti e di interferenze religiose, la patria degli Inni è perciò un'impresa quasi disperata. Si pensò in un primo tempo che la raccolta si fosse formata in egitto, perchè le innegabili attinenze fra i papiri magici e gli Inni orfici suggerirono la congettura che agli Inni attingessero i maghi per le loro liturgie (nota: Marino, Vita Procli 20 Boissonade, ci racconta che Proclo, quando era malato, si faceva cantare degli inni, e che fra questi c'erano anche inni orfici. Esisteva anche una tradizione di Orfeo "mago"; cfr. Kern, p. 25 fr. 84-86.; fine nota). Proclo, In Platonis Tim. B I, pa. 213, 20 Diehl, ci informa che i libri sacri dell'Orfismo contenevano preghiere che avevano il potere di guarire le malattie e che egli chiama .......... distinguendole dalle ...........; in egitto l'Orfismo avrebbe attenuato il suo originario carattere escatologico per assumere un'impronta nettamente magica, di cui sarebbero testimonianza gli inni X, XV, XVII, XIX, XXIII, XXXII, XXXIX, LXXXIV... Ma la congettura è stata abbandonata dagli studiosi più recenti, che ne rintracciarono la patria nell'Asia Minore (nota: Pettazzoni, op. cit. III p. 191-192; Kern, Die Herkunft des orph. Hymmenbuchs, in Genethliakon Carl Robert zum 8 Marz 1910, 89; Das Demeterheiligtum von Pergamon und die orph. Hymnen, in "Hermes" 46 (1911) 431; M. Haupt, De hymn. orph. aetate, Breslau 1911.; fine nota). Il Kern arriva persino a supporre che essi siano stati composti a Pergamo nell'ambito del tempio di Demeter: ché non soltanto alcuni inni sono dedicati a divinità onorate nell'Asia Minore (il XL, IL XLI E IL XLII), ma molti di essi trovano corrispondenza nelle dediche a varie divinità del tempio di Demeter scoperte a Pergamo negli scavi del 1910: così ad es. l'inno VIII trova corrispondenza nella dedica a Helios, il XII nella dedica a Heracles, il XXVIII nella dedica a Hermes, il LXVII nella dedica ad Asclepio, il v. 38 dell'evxn e gli inni LXXX, LXXXI E LXXXII nella dedica ai Venti; la ............. , ricordata negli inni XXXV 7, LIII 9 e LIV, nella dedica ....... dell'ierofante M. Aurelio

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Menogenes; a Dioniso, che è divinità centrale nel Corpus degli Inni, è dedicata un'iscrizione (...............), ritrovata, anch'essa, a Pergamo e forse appartenente a un tempio di Dioniso (nota: Cfr. Athen. Mitteil. XXXV (1910, p. 524 sg.; Kern, Das Demeterheiligtum etc., in "Hermes" 1911, p. 431 sg.; fine nota); è da ricordare inoltre che in un'altra iscrizione, pure di Pergamo, sono ricordati gli ........tra il personale di una comunità orfica (nota: Cfr. R. Schoell, in Satura Philologica H. Sauppio, Berolini 1879, 176 sg.; fine nota). Ancor più disparati sono i pareri intorno alla loro età: di fronte alla opinione del Gruppe, che dichiarava impossibile codesta indagine, stanno due ipotesi estreme: da un lato i sostenitori di un'età più remota: il Dieterich e il Wunsch, che propendono pe ril II-I sec. a.C., e il Petersen e il Kern che discendono sino al I-II sec. d.C. (nota: Dieterich, op. cit.; R. Wunsch, in Real-Encykl. IX I (1914), 171: Petersen, in Philologus 27 (1868): Kern, op. cit.; fine nota); dall'altro, l'Hauck e il van Liempt, che propendono per un'età più recente, il primo per il sec. V d.C., il secondo per il III-IV sec. (nota: Hauck, op. cit.; L. van Liempt, De vocabulario hymnor. Orphic. et aetate, Purmerend 1930; fine nota). L'Hauck sostiene la sua tesi cercando di mostrare come gli Inni orfici, apparsi dopo gli Inni di Proclo, dipendano da produzioni poetiche relativamente recenti (Callimaco, l'autore del poema ps. orfico Argonautica, ecc.) e abbiano perciò un'origine prevalentemente letteraria. In realtà, i modelli degli Inni vanno ricercati dentro il vivo ambiente del culto, da cui in buona parte derivano, non nella cultura letteraria: anche i versi di Ovidio, Metam. IV-17, risentono chiaramente di questo influsso (nota: "Turaque dant Bacchumque vocant Bromiumque Lyaeumque ignigenamque satumque iterum solumque bimatrem; additur his Nyseus indetonsusque Thyoneus et cum Lenaeo genialis consitor uvae, Nycteliusque Eleleusque parens et Iacchus et Euhan, et quae praeterea per Graias plurima gentes nomina, Liber, habes". Il Kern confronta questi versi con l'inno LII e la sua dedica col "turaque dant" di Ovidio; fine nota). Soprattutto ci sembra innegabile che essi - anche ammettendo col Petersen una cultura stoica nel loro autore - rivelino, specialmente quelli che danno alla raccolta carattere e nome orfico, una origine e una finalità schiettamente liturgiche e cultuali. Né si può negare che, malgrado le interpolazioni e l'età più o meno recente della loro produzione, essi presuppongano tutto un complesso mitologico e teologico più antico - e perciò anche disarticolato e sbiadito - da cui trassero non pochi motivi ed elementi di ispirazione religiosa. Indubbiamente, gli originarii valori della spiritualità orfica, l'interesse escatologico e soterologico, il dualismo esasperato, l'anelito alla purezza e alla immortalità appaiono qui non poco attenuati; ma altri valori, non meno schiettamente orfici, sono evidentissimi o chiaramente presupposti: l'atteggiamento enoteistico del mystes, l'opera

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in atto del sincretismo e il substrato panenteistico, e infine la lirica esaltazione degli elementi. Nella storia delle influenze spirituali e religiose dell'orfismo - che è varia e complessa - gli Inni hanno compiuto una funzione culturale, limitata ma precisa. Gli Inni infatti sembrano assenti in quella rinascita filosofica dell'Orfismo che rintracciamo nelle opere dei Neoplatonici, dove i miti orfici diventano simboli e allusioni di concetti metafisici e portano elementi preziosi all'opera del sincretismo filosofico-religioso; ma non è assurdo supporre che essi siano stati modello o almeno occasione agli Inni di Proclo. Nel Rinascimento gli Inni Orfici sono frequentemente addotti, insieme con le opere ps. ermetiche e ps. zoroastriane, con gli oracoli sibillini e caldaici, con gli scritti dei Neoplatonici e con l'autorità di S. Paolo, a testimonianza della "perennis religio". Marsilio Ficino li tradusse in latino nella sua giovinezza, ma non osò pubblicarli "ne forte lectores ad priscum deorum daemonumque cultum, jamdiu merito reprobatum, revocare viderer" (nota: M. Ficino, Epist. XI p. 934 del I vol. delle Opera, Basilea 1576; nel de immortal. animae XIII 3 è citato l'inno al Sonno.; fine nota). Essi dovevano essere considerati una pericolosa espressione del paganesimo (ancora nel sec. XVII Daniel Heinsius (nota: D. Heinsius, Aristarchus, Lugd. Batavor. MDCXXVII p. 43.; fine nota) dirà che gli Inni sono una vera Satanae liturgia), se Pico della Mirandola doveva difenderli. Ma anche il francescano Francesco Zorzi li citava nella sua Cantica De harmonia mundi totius (nota: Ed. di Venezia 1521; lo Zorzi cita gli Inni al cant. I ton. 4 c. 16 e traduce parzialmente l'inno XXXIV ad Apollo nel cant. II ton. 8 c. 24. Anche la sua curiosa testimonianza (cant. III ton. 3 c. 9: et quia hebraica verba, tam divina quam coelestia, et etiam naturalia, expressius et mysteriosius repraesentant, ideo iubet Orpheus non mutanda esse nomina barbara idest hebraica in sacris, si efficaciter operari volumus) si innesta nell'interpretazione cabalistica degli Inni; fine nota) come un'autorità mistica. In realtà, gli Inni assumevano nel Rinascimento un significato ben lontano dalla loro funzione originaria. Pico della Mirandola dedicava ad essi trentuno delle sue Conclusiones e si vantava di avere scoperto per primo una nuova maniera di interpretarli "secundum magiam, id est secretam divinarum rerum naturaliumque sapientiam" (nota: Cfr. le Conclusiones II, III e IV: Nihil efficacius hymnis Orphei in naturali magia, si debita musica, animi intentio et coeterae circumstantiae, quas norunt sapientes, fuerint adhibitae. - Nomina deorum, quos Orpheus canit, non decipientum daemonum, a quibus malum et non bonum provenit, sed naturalium virtutum divinarumque sunt nomina, a vero Deo in utilitatem maxime, si eis uti sciverit, mundo distributarum. - Sicut hymni David operi Cabalae mirabiliter deserviunt, ita hymni Orphei operi vere licitae et naturalis

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magiae. Cfr. anche Apologia, a p. 124 del vol. I delle Opera, ed. Basilea 1572; il n. XVII delle Conclusiones cabalisticae; Heptaplus II 6. Per i rapporti degli I. O. con l'astrologia cfr. F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, trad. it., Bari 1981; fine nota): per il Mirandolano c'è un'occulta, strettissima affinità fra gli Inni e la Cabala. Anche Cornelio Agrippa, più sull'autorità di Pico che non per indagini proprie, riconosceva negli Inni l'adombramento di una magia naturale e di una scienza cabalistica (nota: Cfr. Cornelio Agrippa, De occulta philos. II 59; caeterum de his et similibus stellarum planetarumque nominibus, epithetis, cognomentis et invocamentis, qui plura scire velit et curiosius illa scrutari, is ad orphicos hymnos se conferat, quos re vera qui intellexerit, magnam naturalis magiae intelligentiam consecutus erit (e cfr. anche III 10). C. Agrippa cita e traduce parzialmente gli inni VII (in III 63), LXXXVI (in III 51) e XXXII (in III 8); in III 63 cita come orfico l'inno ad Lyciam Venerem, che è di Proclo; fine nota); e il Kircher, op. cit. II, p. 151, ripeteva che gli Inni, la cui ascosa sapienza altro non è nisi quaedam divinioris philosophiae portio, concordano con la dottrina sephirotica o cabalistica degli Ebrei e con quella ierologica degli Egiziani. Sempre nel sec. XVII gli Inni godevano di un ultimo riflesso di fama per opera di Hugo Grotius che, per esaltare la grandezza della Legge, traduceva in latino il LXIV inno a Nomos (nota: Cfr. H. Grotius, Florum sparsio in jus Iustiniam., Parisiis 1642, p. 84.; fine nota); fra gli scritti inediti del Grotius, comperati da Cristina, regina di Svezia, figuravano anche delle Notae sugli Inni orfici (nota: Cfr. Fabricius, Biblioth, graeca, 1718 3° ed. vol. I p. 117; fine nota). Nell'epoca romantica, che rinnova il gusto dell'esoterico e della magia e torna con affinità elettiva alle suggestioni mistiche della metafisica neoplatonica, sembra che gli Inni godano una segreta simpatia - non perchè si possa parlare di un contatto diretto con essi, ma per un'occulta corrispondenza spirituale. Nell'orfismo i romantici ritrovavano le loro stesse aspirazioni simbolistiche, la concezione lirica del panenteismo, la poesia degli elementi: gli inni di Holderlin e di Novalis, nella loro esaltazione del "padre Etere", della Notte, di Helios e della santa Natura, si riportano alla atmosfera entusiastica orfica chiudendo mirabilmente un ciclo plurisecolare di esperienza religiosa; non poche poesie di Goethe (ricorda specialmente Orphisch) sembrano schiudersi dentro la mistica visione orfica dell'Uno-Tutto. Ultimi fra le produzioni letterarie dell'orfismo nell'esercitare un influsso mistico-culturale, gli Inni, anche se appaiono espressione ormai sbiadita della complessa teologia orfica, rimangono uno dei documenti più interessanti della religiosità di un'epoca, in cui dell'antica mitologia non emergevano se non scarse ma venerabili reliquie di fronte all'invasione della prassi magica e del sincretismo asiatico: ma dalla congerie delle divinità, dall'oscuro viluppo delle allusioni e delle litanie affiorano ancora, senza retoriche declamazioni, i sentimenti e i bisogni immortali dell'anima

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umana: il bisogno di salute e di pace, la nostalgia della purezza interiore e il desiderio di una morte serena. INNI ORFICI (Preghiera-proemio) ORFEO A MUSEO Dammi responsi felici, amico. Apprendi, o Museo, il solenne rito mistico e la preghiera, che è la più potente di tutte. O re Zeus, o gaia, o sacre fiamme celesti di Helios, o santa luce di Mene, e voi astri tutti, 5 e tu, o Poseidon, che abbracci la terra e azzurre hai le chiome o venerabile Persefone, o Demetra dagli splendidi frutti, o vergine arciera Artemide e tu, Febo possente, che di Delfo abiti il sacro suolo; o Dioniso danzante, che fra i Beati godi i massimi onori, 10 o Ares dal cuore ardito, o santa anima di Hefesto, o dea nata dalla spuma, che hai ottenuto doni gloriosi, e tu, re degli Inferi, grande altissimo nume, o Ebe, o Eileithia, o nobile cuore di Heracle, i grandi beni della Giustizia e della Pietà io invoco, 15 le inclite Ninfe, il grandissimo Pan ed Hera, sposa fiorente dell'egoico Zeus; invoco l'amabile Mnemosine e le nove Muse sante e le Chariti e le Hore e il grande Anno e la divina Leto dalle floridi chiome e l'augusta Dione 20 e gli armati Cureti e i Coribanti e i Cabiri insieme coi grandi Salvatori, immortali figli di zeus, i numi Idei e il messaggero dei Celesti, Hermes il nunzio, e Temi indovina degli uomini; invoco l'antichissima Notte e lo splendido Giorno 25 e le Fede e la Giustizia e la perfetta Legislatrice e Rea e Crono e Tetis dal ceruleo velo e il grande Oceano e con l'Oceano le figlie di Atlante e l'ampia eccelsa forza di Eone e l'inesauribile Chrono e la fulgente acqua di stige, 30 gli dei rasserenanti e fra loro la buona Provvidenza, e il Demone santo e il Demone che nuoce ai mortali, e i Demoni del cielo e quelli dell'aria e quelli dell'acqua

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e quelli della terra e quelli sotterranei e quelli del fuoco, e Semele e tutti coloro che partecipano alle feste di Bacco; 35 invoco Ino Leucotea e Palemone e la beatificante Nike dalla voce soave e la regina Adrastea e il grande re Asclepio dai dolci doni e la regina Pallade che incita alla guerra e tutti i Venti e i Tuoni e le membra di Cosmo sorretto da quattro colonne; 40 la madre degli immortali invoco e Attis e Men e la dea Urania e con essa il santo Adonis immortale e il Principio e la Fine - ché questa è la cosa più grande per tutti - perché vengano benevoli con cuore gioioso al sacro mistico rito, alla libazione sacra. I (A HECATE) Invoco l'amabile Hecate protettrice delle strade e dei trivi, celeste, terrestre e marina, dal peplo color zafferano, funerea, che con le anime dei morti va baccheggiando, figlia di Perse, amante della solitudine, onorata dai cervi, 5 notturna amica dei cani, invitta regina, simile a belva ruggente, inerme, dall'aspetto tremendo, onorata da sacrifici taurini, di tutto il mondo sovrana, egemonica ninfa che alleva fanciulli e frequenta le montagne, io supplico la vergine di presenziare ai sacri riti 10 e di essere benevola ai pastori sempre con animo propizio. II A PROTIREA Profumo di stirace. Ascoltami, o dea veneranda, celebrato nume, aiuto delle partorienti, dei letti nuziali benigna custode, delle donne unica salvezza, amica dei fanciulli, amabile, presente alle donne nel parto e ai neonati mortali, o Protirea, 5 benevola guardiana che a tutti porgi alimento e assisti graziosa alle umane dimore e della fecondità gioisci, tu, non vista, soccorri e appari con l'opera tua soffrendo le altrui doglie e godendo dei parti felici; o Eileithia, che nelle difficili necessità allevii le pene, 10 te sola, quiete dell'anima, invocano gli sposi,

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ché tu dei parti possiedi la potenza liberatrice, o Artemide Eileithia, santa Protirea. Ascolta, o beata: donaci prole e vieni in aiuto e salva, così come fai nascere, sempre, o universale liberatrice. III ALLA NOTTE fumo di torcia. Celebrerò la Notte madre degli dei e degli uomini, la Notte, origine di tutto, che diremo anche Cipris. Ascolta, o dea beata, che nell'ombre risplendi con scintillio di stelle e della quiete ti compiaci e dei placidi sonni profondi, 5 o gioioso piacere, o madre dei sogni, che di vegliar ti diletti, tu fai cessare gli affanni e porti la dolce fine dei mali, tu doni il sonno, o amica di tutti, che nella notte conduci i tuoi brillanti cavalli; o incompiuta, che sei terrena e pur anche celeste e danzando di nuovo ritorni alle tue aeree sedi, 10 tu mandi sotterra la luce e riprendi a fuggire nell'Ade, ché la terribile Necessità tutto governa. Ora, o Notte beata e felice, da tutti bramata, o generosa, che delle nostre preghiere il suono supplice ascolti, benevola vieni e i notturni terrori allontana. IV A URANO profumo di incenso O Urano padre di tutto, parte indistruttibile del mondo, di tutti gli esseri antichissimo principio e di tutti gli esseri fine, o padre cosmo, che ti aggiri in cerchio intorno alla terra, sede dei numi beati, che ti muovi con l'impeto del rombo 5 e circondi, custode terreno e celeste, ogni cosa, portando nel petto la terribile necessità della natura, o tenebroso nume indomabile che in mille forme ti muti e tutto vedi, figlio di Crono beato, demone eccelso, ascoltami e una santa vita concedi al novello iniziato. V

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ALL'ETERE profumo di croco. o tu che possiedi la sovrana potenza di Zeus ognora indomabile, e sei parte degli astri, del sole e della luna, tu che tutto vinci, fiammante, ed a tutti i viventi sei vita, o Etere eccelso, supremo elemento del mondo, 5 germe splendente che porti la luce e scintilli di stelle, io t'invoco e ti prego d'esser tranquillo e sereno. VI A PROTOGONO profumo di mirra. Protògono il grande invoco, di duplice natura, che si aggira pel cielo, generato da un uovo, fornito d'ali d'oro, muggente come toro, dei beati origine e degli uomini mortali, seme memorabile e onorato, o Erichepeo, 5 indicibile, ascoso, impetuoso, splendido germe: tu dissipasti le tenebre oscure battendo l'ali d'intorno e nel mondo emanasti una splendida luce pura, e perciò te Fanes io chiamo e Priapo signore ed Antauge dall'occhio vivace. 10 O beato, o saggio, o fecondo, vieni con animo lieto, ai sacri ministri, al molteplice mistico rito. VII AGLI ASTRI profumo di aromi. Degli astri celesti il sacro splendore invoco, con religiosi canti chiamando i numi augusti. Astri celesti, figli diletti della nera Notte, che v'aggirate intorno al trono fiammanti, 5 ed effondete uno splendore immortale, o padri di tutte le cose che segnate le tappe del destino e annunciate il Fato universale, che reggete il cammino degli uomini mortali fissato dai numi ed errando nei cieli sorvegliate la zona delle sette luci;

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astri eterei e terreni, veloci come la fiamma, ognora indistruttibili, 10 che rischiarate l'oscuro manto della notte col vostro fulgente scintillio; benevoli guardiani delle tenebre, venite alle sapienti prove del sacro rito e affrettate la nobile corsa verso le cerimonie gloriose. VIII A HELIOS profumo d'incenso e di manna. Ascoltami, o beato, o eterno occhio veggente, o Titano fulgido come l'oro, o Iperione, splendore celeste, da te stesso generato, infaticabile, volto diletto ai viventi, a destra padre dell'aurora, a sinistra della notte, 5 che coi destrieri danzando temperi le stagioni, corridore veloce, soffiante, fiammante e giocondo auriga, che percorri la tua via col giro del turbine infinito; tu per le anime pie guida ad opere belle, terribile con gli empi, tu con la lira d'oro l'armoniosa corsa misuri del mondo 10 e illumini le azioni buone, o giovane che nutri le stagioni; o signore del mondo, che ami la siringa e ti aggiri come la fiamma, o portator di luce, o multiforme portatore di vita, o fecondatore, o Pean, eterno fiore immacolato, padre del tempo, Zeus immortale, che per tutti, sereno, risplendi, mobile occhio del mondo, 15 ed ora spegni e ora accendi i tuoi bei raggi fulgenti, tu ci mostri la via della giustizia, amico delle acque, re dell'universo, guerdiano della fedeltà, eterno e supremo, a tutti soccorrevole, occhio della giustizia, luce della vita; o auriga, che col flagello sibillante il cocchio incalzi, 20 ascolta queste voci e agli iniziati la dolce vita rivela. IX A SELENE profumo di aromi Ascolta, o fulgente regina immortsale, o divina Selene, o Mene dalle corna taurine, errabonda pellegrina del cielo, virginea Mene che porti la face e rischiari la notte, che cresci e descresci e sei femmina e maschio, 5 o luminosa che ami i cavalli e sei madre del tempo ed i frutti ci arrechi,

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nitido elettro, o mesto volto che risplendi nell'ombre, e tutto vedi ed ami le veglie e di begli astri ti attornii amando la pace e la notte ch'é senza dolore; o graziosa lampada fulgente, benefica, o gemma della notte, 10 delle stelle regina, che in ondeggiante manto t'aggiri, saggia fanciulla, vieni lieta e splendente con la tua chiarezza e i supplici giovani aiuta, o luminosa vergine beata. X ALLA NATURA profumi di aromi. O Natura, madre divina di tutte le cose, industre genitrice, celeste, antica, nume operoso, o regina che tutto, indomabile, domi, fulgida dominatrice onnipotente, sempre onorata, divinità suprema, 5 incorruttibile, primogenita, celebrata, gloriosa, notturna, industriosa, splendente, incontenibile, che ti aggiri qua e là con silenziosi piedi, o santa dei numi ordinatrice, fine infinito, comune a tutti, eppur tu sola non accomunata, 10 tu padre di te stessa e senza padre, splendida gioiosa ed infinita, gradita, varia, affabile, complessa ed operosa, che dirigi e governi e arrechi vita, o vergine nutrice, sufficiente a te stessa, o Dice, fra le Chariti tu Peitho onorata, che l'aer proteggi e la terra e il vasto mare, 15 aspra ai malvagi, a chi in te crede amica, saggissima, benefica, dell'universo provvida regina, che generosa nutri e poi dissolvi i maturati frutti, tu di tutte le cose e padre e madre, nutrice ed alimento, che soccorri nei parti, fertile, ricca di semi, impulso generante, 20 artefice perfetta, plasmatrice feconda, augusto nume, che in eterno produci il movimento, abile, prudente e con giro incessante il mobile flutto incalzi, tu che in tutto ti effondi, ciclica, e mutando forme ti rinnovi, tu che sola, sul bel trono onorata, il decretato adempi, 25 o fra i numi superni nume supremo e rombante, o intrepida sovrana del mondo, immutabile Fato, o fiammeggiante vita immortale, o provvidenza eterna, tu sei tutte le cose, ché tu sola tutte queste cose produci. Ti prego, o dea: nelle felici stagioni 30 portaci la pace, la salute e l'incremento di ogni bene.

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XI A PAN profumo vario. Invoco il potente, selvaggio Pan, totalità del mondo, e cielo e mare e terra, universale regina, e fuoco immortale: ché son queste le membra di Pan. Vieni, o beato, che danzi ed erri e insieme con le Hore governi, 5 o capriforme, che ami le orgie e le mistiche follie, che godi del cielo aperto e l'armonia del mondo ridesti col tuo lieto canto sonoro, aiuto contro i fantasmi e stupendo terrore pei mortali, che di apparir ti diletti presso le fonti a caprari e a pastori; o tu che vedi lontano, o cacciatore amico di Eco e compagno di ballo alle Ninfe, 10 che tutto produci e generi tutto, o nume onorato, signore del mondo, che accresci la vita e diffondi la luce, o fecondo Pean, di antri amante, aspro nell'ira, verace Zeus cornuto, ché su di te si appoggia l'infinita distesa della terra e a te di fronte si arretra il fragoroso flutto del mare infaticabile 15 e l'oceano che cinge tutt'intorno la terra; o aereo alimento, o vitale respiro ai viventi, occhio di fuoco che sul nostro capo, leggero, ti libri,. Al tuo comando obbediscono questi divini elementi: tu con la tua sapienza la natura di tutte le cose trasformi 20 e nutri l'umana specie per il mondo infinito. Vieni, o invsasato baccante, ai nostri santi riti, concedi ottimo fine alla nostra esistenza e i panici terrori disperdi ai confini del mondo. XII A HERACLE profumo d'incenso. O Heracle dall'indomito cuore, fortissimo, coraggioso Titano, fdalle mani possenti, violento, che primeggi nei cimenti, dalle mutevoli forme, padre del tempo, eterno e propizio, ineffabile, dalla mente insigne, molto invocato, onnipotente, 5 che possiedi un petto robusto e grande vigore, arciere e indovino,

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vorace, padre universale ed eccelso, a tutti soccorrevole, che segni la fine dei mortali incalzando l estirpi selvagge e desideri la pace onorata e feconda, di te stesso prole, infaticabile, eccellente germoglio della terra, 10 adorato Pean che lanci i tuoi nobili dardi e porti sul capo l'aurora e la tenebrosa notte passando attraverso i dodici segni dall'oriente all'occidente, o immortale, abile, immenso, inafferrabile; vieni, o beato, porta con te i rimedi che placano i dolori, 15 espelli le cattive sciagure agitando il ramo con la mano e con le alate frecce i duri affanni allontana. XIII A CRONO profumo di stirace. O sempre fiorente padre degli déi beati e degli uomini, astuto, incorrotto, possente, coraggioso Titano, che consumi tutte le cose e di nuovo tu stesso le accresci, che possiedi gli indistruttibili vincoli del mondo infinito, 5 o Crono, universale genitore del tempo, eloquente Crono, prole di Gaia e dello splendente Urano, origine, sviluppo e tramonto, amante di rea, venerando Prometeo, che abiti in tutte le parti del mondo, o Signore, astuto, eccelso; ascolta la supplice voce 10 e manda alla vita ognora irreprensibile una fine felice. XIV A REA profumo di aromi. O venerabile Rea, figlia del multiforme Protogono, ch ei leoni, uccisori di tori, al sacro carro aggioghi, o vergine che ami, nei bacchici riti, il fragore dei tamburi e dei bronzei cembali, madre dell'egioco Zeus, dell'olimpico signore, 5 da tutti onorata, maestosa, felice sposa di Crono, che ti diletti degli alti monti e dei terribili ululi umani, o Rea, fiera regina del mondo, pugnace incitatrice, che con gli inganni liberi e salvi, tu origine prima,

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madre degli dei e degli uomini mortali, 10 poichè furon da te la terra e l'ampio cielo eccelso, e il mare e i venti; o tu, che ami la corsa e sei simile all'aria, vieni, o dea beata, salvaci col tuo provvido consiglio, donaci e pace e prospere fortune e ai confini del mondo peste e sventure allontana. XV A ZEUS profumo di stirace. Zeus venerato, Zeus incorruttibile, a te questo voto sciogliamo e questa preghiera. O re, dal tuo capo apparvero d'un balzo le cose, la terra madre divina e gli ardui vertici dei monti 5 e il mare e quanto il cielo dentro di sè rinserra; Zeus Cronide sovrano, che ardito discendi con la folgore in terra, padre del mondo, principio di tutto e di tutto fine, che scuoti e fecondi la terra, o purificatore che tutto sovverti, o folgorante, tonante, fulminante, generatore Zeus: 10 ascoltami, o tu che muti tue forme: concedi salute perfetta e pace divina e fama d'irreprensibile ricchezza. XVI A HERA profumo di aromi. O tu libera nell'azzurra volta, dalle aree forme, Hera sovrana del mondo, di Zeus sposa beata, che agli uomini offri aure salubri e vitali, madre delle piogge, nutrice dei venti, di tutto genitrice: 5 lontano da te nessuno mai conobbe che cosa sia la vita, chè tu, dall'aere puro commista, penetri in tutte le cose e tutte reggi da sola e tutte governi da aerei fremiti sulle onde commossa. O divina regina del mondo venerata e felice, 10 vieni benigna e sorridi col tuo volto amabile. XVII

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A POSEIDON profumo di mirra. Ascolta, o Poseidon, che abbracci la terra, dall'azzurra chima, protettor dei cavalli, che nelle mani tieni il tridente di bronzo e abiti i fondamenti del mare dal seno profondo, o re del mare fragoroso e risonante, ennosigeo, 5 ricco di flutti e donator di gioia, che guidi la quadriga e scuoti l'acqua salata con gli equorei fragori e occupi della terza regione la corrente profonda gioiendo dei flutti e delle belve, o nume del mare, salva le dimore terrestri e l'agile corso delle navi e apporta pace e salute e irreprensibile ricchezza. XVIII A PLUTONE O fiero nume, che abiti la sotterranea dimora, la tartarea pianura cupa e senza luce, o Zeus infernale sovrano, accetta questi riti benigno; o Plutone, che tieni le chiavi di tutta la terra 5 e arrichisci degli annui frutti l'umana stirpe, tu che avesti in dominio la terza parte dell aterra sovrana, o dimora degli immortali, possente sostegno del mondo ch'hai posto il tuo trono sotto la tenebrosa regione, nell'Ade lontano, implacato, esanime, cupo 10 e nel tetro Acheronte, che cerchia alle radici la terra; o tu che a cagion della morte sui mortali governi, predatore infinito, o Ebulo, che un giorno alla sacra Demetra la figlia per le tue nozze rapisti e via dai prati pel mare sulla quadriga tua trascinasti sotto un antro dell'Attica 15 nel demo d'Eleusi, là dove dell'Ade le gole si schiudono: tu sol d'ogni azione nascosta o palese sei giudice, o ispirato signore del mondo, santissimo, altamente onorato che ami i sacri ministri e i riti devoti, vieni, ti prego, gioioso e agli iniziati benigno. XIX A ZEUS FOLGORANTE profumo di stirace.

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O padre Zeus, che scuoti il mondo tuonando e scorrendo come la fiamma e scagli dall'alto il lampo dell'eterea folgore, o tu, che agiti le case dei Celesti coi tuoi fulmini divini accendendo il fuoco del lampo alle vaporose nubi, 5 e procelle disfreni e piogge e uragani e fulmini violenti, divoratori, impetuosi, terribili, iracondi, rapidi, accecanti, nascondendo nei nembi la tremenda arma volante che il cuore sconvolge e fa drizzar le chiome, improvviso, tonante, invitto dardo sacro 10 che con ampie fragorose spire tutto divora in suo corso, celeste acuto dardo, infrangibil, sinistro, indomato, dell'uragano che precipita struggendo, il cui fulgor paventano e la terra ed il mare e le belve sgomente, quando le colpisce il fragore: 15 s'illumina il volto al baleno, rimbomba il tuono nei seni dell'etere: tu, lacerando l'eterea veste del cielo, avventi il fulmine abbagliante. Scaglia, o beato, l'ira tua potente dentro i flutti del mare e sulle vette dei monti: la tua forza ben conosciamo tutti. 20 Accetta le nostre libazioni e alle anime concedi tutti i doni della saggezza, una vita felice e insieme salute perfetta e la divina pace, feconda e onorata, e un'esistenza sempre fiorente di sereni pensieri. XX A ZEUS LAMPEGGIANTE profumo d'incenso e di manna. Invoco il grande, il puro, l'altisonante Zeus, splendido, fragoroso, aereo, ardente, che corre come la fiamma nel cielo, che dalle nubi lampeggia con fragorosa voce, terrificante, iracondo, puro invincibile nume, 5 splendente Zeus, genitore di tutte le cose, massimo sovrano, perchè conduca benevolo a dolce fine la vita. XXI ALLE NUVOLE profumo di mirra.

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Aeree nubi, che i frutti nutrite ed errate pel cielo, generatrici di piogge,incalzate dai venti pel mondo, tuonanti, corrusche, rombanti, gravi d'acque sonore, che in seno ai cieli terribilmente cozzate 5 straziate dai venti in fragorosi tumulti, ora vi prego: venite ricche di mite rugiada, benigne al respiro dell'aure e piogge feconde mandate alla terra madre. XXII AL MARE profumo d'incenso e manna. Invoco Teti, la ninfa dell'Oceano, dagli occhi azzirri e dall'oscuro velo, la regina che veloce si aggira palpitando intorno alla terra col dolce soffio dell'aura frangendo sulle pietrose rive i grandi flutti 5 e scorrendo serena sul soave moto delle onde, dalle navi onorata, nutrice di belve, viandante del mare, madre di Ciprigna, madre delle oscure nuvole e d'ogni fonte che sgorga dal seno delle ninfe; ascoltami, o veneranda, presta benigno soccorso 10 e alle navi in rotta manda un vento favorevole, o Beata. XXIII A NEREO profumo di mirra. O tu, che possiedi le radici del mare, l'oscura sede lucente, e di cinquanta fanciulle sulle onde ti rallegri e dei cori delle belle figlie, o Nereo, nume glorioso, fondamento del mare, confine della terra, principio d'ogni cosa, 5 che di Deò scuoti la sacra dimora, quando nei notturni recessi gli agitati venti dischiudi; or tu, Beato, tieni lontano i terremoti, manda agli iniziati una pace felice e una salute soave. XXIV ALLE NEREIDI

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profumo di aromi. O sacre, rosee ninfe del marino Nereo, sgomentatrici, che danzate insieme dentro i gorghi profondi o sopra le acque, o cinquanta sorelle, sopra i flutti divinamente folleggianti, sul carro dei Tritoni festeggiate o intorno all'ampio dorso 5 delle fiere selvagge, che alimenta il mare; e voi tutti, o delfini, che abitate il liquido abisso, dei tritoni dimora, nuotatori, danzanti, saltellanti sull'onda, vagabondi del mar, gioco dei flòutti, neroazzurri lucenti, vi supplico: donate molti felici beni agli iniziati, 10 chè voi per prime insegnaste il sacro rito del venerabile Bacco e di Persefone santa con la madre Calliope e Apollo signore. XXV A PROTEO profumo di stirace. Invoco Proteo che possiede le chiavi del mare, primogenito, che della natura svelò tutti i principii e trasformò la sacra materia in molteplici forme, venerando, di senno profondo, che conosce le cose presenti 5 e quelle che sono passate e ancor quelle future: possedendole infatti tutte egli le trasmuta, nè che lo eguagli c'è un altro delgi immortali che hanno la loro dimora sul nevoso Olimpo e che nell'aria trasvolano il mare e la terra, poichè tutte le cose la prima natura depose in Proteo. 10 Vieni, o padre, ai tuoi sacerdoti con sacre provvidenze recando alle loro opere lieta fine di nobile vita. XXVI ALLA TERRA profumo di ogni seme fuorchè di fave e di aromi. O dea Gaia, madre dei celesti e delgi uomini mortali, che tutto nutri e tutto doni e conduci a buon fine e tutto distruggi,

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che di fiori ti vesti e porti frutti e di belle stagioni ti allieti, dimora del mondo immortale, vergine multiforme, 5 che con penose doglie i variopinti frutti produci; o eterna, o venerata, dai semi ricolmi e dalla sorte felice, che ami le fresche erbe odorate, o nume fiorente, che ami le piogge, a cui d'attorno il mondo bencostrutto degli astri per legge eterna si volve e con ritmo possente. 10 Matura, o dea beata, i dolcissimi frutti e con benigno cuore assisti alle stagioni feconde. XXVII ALLA MADRE DEGLI DEI profumo vario. O venerabile madre degli dei immortali, di ogni cosa nutrice, discendi quaggiù, o augusta dea, o regina, alle nostre preghiere, tu che al rapido carro aggioghi i leoni, uccisori di tori, o santa e onorata sovrana dell'inclito polo, 5 che siedi in trono nel centro del mondo e quindi tu stessa possiedi la terra e ai mortali arrechi i dolci alimenti. Da te nacque la stirpe degli immortali e dei mortali, a te obbediscono sempre i fiumi e il mare infinito, o nominata Hestia: te di felicità dispensiera chiamano, 10 poichè d'ogni bene ai mortali i doni concedi. Vieni al rito, o santa, che ami il fragor dei cembali, tu che tutto governi, o salvezza della Frigia, o sposa di Crono, antica figlia di Urano, fonte ispirata di vita: scendi gioconda e benigna alle anime devote. XXVIII A HERMES profumo d'incenso. Ascoltami, o Hermes, nunzio di zeus, figlio di Maia, o spirito possente che dei giochi ti compiaci, o signore dei mortali, benefico, industrioso, veloce messaggero dai piedi alati, degli uomini amico, maestro del verbo ai mortali, 5 tu che delle palestre ti diletti e degli astuti inganni, portator di serpenti, universale interprete che guadagni procuri e liberi dal bisogno, che nella mano porti della pace l'immacolata insegna;

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o nume beato del Coricos, benefico, eloquente, protettor nei travagli, nelle necessità agli uomini amico, 10 della lingua arma tremenda, degna d'umano culto: le mie preghiere ascolta, alla vita un nobile fine concedi nelle opere, nelle grazie della parola e nella memoria. XXIX INNO A PERSEFONE O Persefone, filgia del grande Zeus, vieni, o beata, unigenita dea, e accetta benigna questi riti; o venerata sposa di Plutone, saggia, datrice di vita, che governi le porte dell?Ade nei sotterranei recessi, 5 o Prassidice dalle amabili chiome, o sacro fior di Deò, delle Eumenidi madre, degli Inferi regina, che giovinetta Zeus rese feconda di un'arcana prole, tu del fremente, multiforme Eubuleo genitrice e delle Hore compagna, splendida, maestosa 10 sacra signora del mondo, di frutti vergine copiosa, fulgida, cornuta, sola ai mortali amica, gioia primaveril che ti compiaci dei prati sfiorati dal vento e riveli al tua sacra presenza coi germogli fecondi, tu che fosti rapita alle nozze verso il tempo autunnale, 15 vita e morte tu sola ai mortali infelici, o Persefone: ché tu sempre nutri e tutto uccidi. Odimi, o dea beata: i tuoi frutti mandaci su la terra tu che in pace fiorisci e nella dolce salute e fa che la vita felice adduca la prospera vecchiezza 20 verso il tuo regno, o signora, e verso il potente Plutone. XXX A DIONISO profumo di stirace. Invoco Dioniso altisonante ed urlante, primogenito, dalla duplice natura, tre volte generato, bacchico sovrano, selvaggio, misterioso, arcano, che ha due corna e due forme, coronato di pampini, con la fronte di toro, bellicoso, evio ed augusto, 5 che di carni crude si nutre, trieterico, cultore delle vigne, vestito di fronde. O saggio Eubuleo, da Zeus e da Persefone

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su misterioso talamo generato, o nume immortale; ascolta, o beato, la mia voce e lieto e sereno ispiraci con cuore benigno insieme con le tue nutrici dalle splendide cinture. XXXI INNO AI CURETI Danzatori Cureti, che marciate con passo di guerra e battete la terra girando in cerchio, montanari gioiosi, suonatori di lira dal ritmo ordinato e dal piede leggero, custodi portatori d'armi, comandanti famosi, 5 che seguite la madre folleggiante sui monti e iniziate ai misteri, venite benevoli con buone parole col pastore affabili sempre e con animo lieto. XXXII AD ATHENA profumo di aromi. O unigenita Pallade, sacra prole del grande Zeus, dea celeste e beata, che con animo fiero inciti alla guerra, misteriosa, onorata, gloriosa, degli antri amica, che sulle cime dei monti hai la dimora 5 e sopra i colli ombrosi e nelle valli ti rallegri il core, tu, che fra le armi esulti ed ai mortali l'anima follemente scolvolgi, o vergine che ami le palestre, o spirito tremendo, che uccidesti la Gorgone, delle nozze sdegnosa, delle arti madre onorata, o eccitatrice, che i malvagi perseguiti e ai buoni sei fonte di saggezza, 10 tu sei femmina e maschio, bellicosa e prudente, mutevole di forme, dragonessa, ispirata, veneratissimo nume, sterminatrice dei flegrei giganti, tu, cavalcatrice, Tritogenia, che liberi dai mali e apporti la vittoria, o dea dagli occhi azzurri, inventrice delle arti, o regina invocata 15 giorno e notte, ad ogn'ora, nei momenti supremi, le mie preghiere ascolta, dammi la dolce pace e nei tempi felici abbondanza e salute. XXXIII A NIKE

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profumo di manna. Invoco la potente Nike, amata dai mortali che sola scioglie dei mortali l'impeto guerresco e i nodi angosciosi nelle nemiche battaglie, giudicando nelle guerre dalle opere ricche di trofei 5 nelle quali ti slanci portando dolcissima gloria. A tutti tu comandi: di ogni conflitto la nobile fama risiede nella gloriosa Nike, fra gioie fewstose. Or tu, beata, vieni, o desiderata, coi tuoi occhi luminosi portando sempre alle oneste imprese una nobile fine. XXXIV AD APOLLO profumo di manna. Vieni, o beato, o Pean, uccisore di Titio, o Febo, o Licoreo, o, tu, cui Menfi onora, venerato e invocato, o donatore di felicità, cui son cari l'aurea lira ed il seme e l'aratro, o Pitio, o Titano, o Grinio, o Smintheo, Pitonicida, delfico indovino, 5 selvaggio, fulgido nume, amabile, giovine glorioso, di lira suonator, guida dei cori, arcier lungimerante, bacchico, didimeo, che respingi lontano, o santo oscuro vate, o principe di Delo, che tutto il mondo miri con l'occhio scintillante, aureocrinito dio, che ne riveli fausti responsi e oracoli, 10 benignamente ascolta la mia voce che per il popolo prega: poichè tutto tu vedi questo etere infinito e la terra beata che sotto l'aer si stende e pei profondi spazi nella notte serena e tenebrosa di cui son occhio le stelle, vedi i sotterranei abissi, sino agli estremi limiti possiedi 15 il mondo tutto: dipendono da te principio e fine. O nume onnifiorente; il polo immenso tu con la cetra sonora armonizzando vai, ora toccando l'estrema corda acuta or la più grave, or nel dorico modo temperi il polo immenso; ti distingui le stirpi dei viventi, 20 con l'armonia misuri il destino comune agli uomini tutti e l'inverno e l'estate mescolando con ritmo eguale, alla corda più grave l'inverno, alla più acuta l'estate risvegliando e nel dorico modo il fiore amabile di primavera. Perciò i mortali chiamano te signore, 25 Pan, bicornuto iddio, che dei venti l'impeto sfreni, poichè di tutto il mondo possiedi il modellante sigillo.

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Ascoltami, o beato: e salva i sùpplici iniziati. XXXV A LETO profumo di mirra. O Leto, dal peplo azzirro, divina di gemelli genitrice, veneranda figlia di Ceo, magnanima, supplicatissima regina che ottenesti da Zeus le doglie di frutti feconde, partorendo Febo e l'arciera Artemide, 5 questa nell'Ortigia, quello nella selvaggia Delo, ascolta, o dea sovrana, e vieni con animo benigno al rito di tutti gli dèi portando un lieto fine. XXXVI AD ARTEMIDE profumo di manna. Ascoltami, o regina, gloriosa figlia di Zeus, fragorosa Titadine, onorata, venerabile, arciera, splendida dea, portatrice di torcia, Ditinna che ai parti presiedi e alle doglie soccorir ma non soffri le doglie, 5 che assisti ai parti ed ami le feste di Bacco, o caciatrice che liberi dalgi afgfanni, e agile corri e lanci dardi ed ami la caccia ed erri nella notte, o invocata, benigna, liberatrice, di virile aspetto, Orthia che aiuti le partorienti, o dea nutrice dei giovani mortali, immortale, terrestre, che uccidi le belve, dal felice destino, 10 e percorri le foreste dei monti, e cacci i cervi, augusta, veneranda sovrana, o bella prole che sempre esisti, e abiti i boschi e proteggi i cani, o Cidonia dalle molte forme, vieni, o dea di salvezza, amica, a tutti gli iniziati benigna, arrecando dalla terra i buoni frutti 15 e la pace diletta e al salute fiorente e manda sulle vette dei monti le malattie e gli affanni. XXXVII AI TITANI

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profumo d'incenso. O Titani, splendidi figli di Gaia e di Urano, progenitori dei nostri padri, che sotterra dimorate nelle tartaree case, nell'infima regione del mondo, principio e fonte di tutti i mortali doloranti 5 e di quanti vivono sul mare e nell'aria e sulla terra, ché da voi proviene ogni specie che vive quaggiù: voi prego di allontanare l'ira tremenda se dai padri infernali alle nostre case si accosti. XXXVIII AI CURETI profumo d'incenso. O Cureti dai cembali di bronzo, che avete le armi di Ares, venerati numi del ciel, della terra e del mare, aure vitali, santi custodi del mondo, che la Samotracia, sacra terra, abitate, 5 voi allontanate i perigli dagli uomini che errano sul mare: voi pur il mistico rito per primi ai mortali insegnaste, o immortali Cureti, che avete le armi di Ares; voi reggete l'Oceano, i mari reggete e le selve; quando arrivate la terra coi vostri veloci piedi scuotete 10 scintillando nell'armi; tremano tutte le belve all'irrompere vostro, il tumulto e le grida giungono al cielo, sollevata dai piedi la polve raggiunge le nubi quando giungete: allora anche i fiori si schiudono tutti. Numi immortali, che siete alimento e insieme rovina, 15 quando iracondi vi agitate contro i mortali annientando la vita ed i beni e gli uomini stessi struggendo: rugge il vasto mare allora dai gorghi profondi, dalle radici si schiantano a terra gli alberi eccelsi e l'eco nel cielo rimbomba pel cupo stormir delle fronde. 20 Coribanti Cureti, potenti signori, di Samotracia sovrani, voi pur figli di Zeus, aure eterne e vitali, o voi eteree forme, che quali celesti gemelli in Olimpo siete onorati, aure liete e serene, o buoni salvatori 25 che le stagioni nutrite e i frutti arrecate, benigni o sovrani, spirate. XXXIX

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AL CORIBANTE profumo d'incenso. Invoco della terra eterna il grandissimo re, il fortunato Cirbante, seguace di Ares, terribile, notturno Cureto, che plachi le tremende paure e solleciti la fantasia, o Coribante che erri nella solitudine, 5 sovrano dalle varie e molte forme, dio di duplice natura, rosso di sangue, assassinato dai due fratelli, che per giudizio di Demetra mutasti il puro corpo assumendo la forma bestiale di un oscuro dragone. Ascolta, o beato, le voci e dissipa la difficile ira 10 placando le fantasie, necessità dell'anima sbigottita. XL A DEMETRA ELEUSINA profumo di stirace. O Deò, madre divina di tutto, nume glorioso, santa Demetra che nutri e fai lieta la vita, dea generosa che doni ricchezze e maturi le spighe, che ami la pace e le opre dal molto sudore; 5 tu che al seme presiedi, ai covoni, ai granai, che i frutti maturi e dimori nei sacri recessi di Eleusi, o amabile e cara, di tutti i mortali nutrice, tu prima aggiogasti dei buoi la cervice operosa concedendo ai mortali una vita felice e gioconda; 10 tu verde alimento, illustre compagna di Bromio, che porti la fiaccola, o sacra, che ammiri le falci d'estate, tu terrena, tu manifesta, tu a tutti benigna, feconda, dei giovani amica, di prole santa vergine nutrice, che aggioghi al tuo carro i dragoni 15 mentre intorno al tuo trono si inneggia e si danza; o unigenita dea, feconda, veneranda ai mortali, che in molte forme appari di fior redimìte e di fronde, vieni, o beata e santa, carca dei frutti d'estate e portaci la pace e la diletta armonia, 20 la ricchezza felice e insiem la salute sovrana. XLI

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ALLA MADRE ANTEA profumo di aromi. Regina Antea, divina, onorata madre degli dèi immortali e degli uomini mortali, che un giorno errando in ansioso affanno interrompesti il digiuno nella valle di Eleusi 5 e scendesti nell'Ade dalla nobile Proserpina prendendo come guida il casto figlio di Disaule, rivelatore delle sacre nozze del sotterraneo, intemerato Zeus, quando partoristi il dio Eubulo per mortale necessità. Or tu, invocata regina, ti supplico, 10 vieni benevola al tuo devoto iniziato. XLII A MISE profumo di storace. Invoco il tesmoforo Dioniso agitator del tirso, memorabile e celebrato seme di Eubuleo, e la sacra e santa Mise, misteriosa regina, maschio e femmina, di doppia natura. Te invoco, Iacco liberatore; 5 sia che tu goda del tempio d'Eleusi profumato d'incenso o con la madre celebri in Frigia i misteri, o a Cipro goda insieme con la bencoronata Citerea o t'allieti delle sacre pianure biondeggianti di grano con la santa tua madre divina Iside nerovestita 10 sulle rive d'Egitto con le ancelle nutrici. Vieni benigna e assisti al nostro rito. XLIII ALLE HORE profumo di aromi. Hore, figlie di temi e del sovrano Zeus, o Eunomia, o Dike, o Eirene onorata, primaverili, che dei prati fioriti vi dilettate, o sacre, ricche di colori e di profumi nelle aure odoranti di fiori,

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5 Hore semprefiorenti, mobili, leggiadre, da molli pepli avvolte fra innumeri corolle, della santa Persefone compagne, quando le Moire e le Chariti danzando in cerchio alla luce la riconducono, a Zeus dilette e alla madre di frutti donatrice, 10 venite ai fausti riti sacri tra i giovani iniziati e immacolata rimenate dei tempi la vicenda feconda. XLIV A SEMELE profumo di stirace. Invoco la vergine cadmea, regina del mondo, la bella Semele, dalle amabili chiome e dai seni ricolmi, madre di Dioniso, lieto agitator di tirsi, che i gravi dolori del parto sopportò fra gli splendori fiammanti 5 quando partorì al volere del fulminante Zeus Cronide ed ottenne triennali onori dalla magnifica Persefone quaggiù fra gli uomini mortali, allorchè si celebra il giorno natale del figlio Bacco e il rituale banchetto ed il sacro mistero. 10 Ora ti supplico, o dea, o Vergine regina cadmea, e ti prego d'assistere sempre propizia agli iniziati. XLV INNO A DIONISO BASSAREO TRIENNALE Vieni, o beato Dioniso, che semini fuoco, dalla fronte taurina, Bassareo, baccante, dai molti nomi, onnipotente, che godi delle spade e del sangue e delle Menadi caste e gridi evoè nell'Olimpo, o fremente, folleggiante Bacco, 5 armato di tirso, vendicativo, onorato da tutti gli dei e dagli uomini mortali che dimorano sulla terra, vieni, beato danzatore, e porta molta gioia a tutti. XLVI A LICNITO profumo di manna.

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Con questa preghiera invoco il Licnito Dioniso Nisio, il fiorente, desiderato, allegro Bacco, amato germoglio delle ninfe e dell'inghirlandata Afrodite che un dì mosse nei boschi i suoi passi di danza 5 avanzando insieme con le amabili, folleggianti ninfe e per volere di Zeus, dalla splendida Proserpina condotto, fu allevato in amicizia con gli dèi immortali. Vieni propizio, o beato, e i graditissimi riti accetta. XLVII AL PERICIONIO profumo di aromi. Invoco Bacco il Pericionio, donatore di vino, che dopo aver girato tutt'intorno alla casa di Cadmo, vi prese stabile dimora e i tremiti del suolo represse; quando lo splendore della fiamma scosse tutta la terra 5 con il fragore del fulmine, egli si lanciò in alto, vincolo universale. Vieni, o beato, invasato baccante, con animo lieto. XLVIII A SABAZIO profuno di aromi. Ascolta, padre Sabazio, figlio di Crono, inclito nume, che cucisti nella tua coscia il fragoroso Dioniso Bacco affinchè giungesse compiuto nella divina Tmolo presso Hipta dalle rosee guance. 5 Or tu, beato, che regni sulla Frigia, supremo sovrano, vieni benevolo e soccorri gli iniziati. XLIX A HIPTA profumo di stirace. Hipta invoco, di Bacco nutrice, vergine baccante, che ai riti iniziata si mesce dell'immacolato Sabazio ed ai notturni balli del fragoroso Iacco.

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Ascolta le mie preghiere, o madre terrena, o regina, 5 sia che tu abiti in Frigia, sul sacro monte dell'Ida, o che il Tmolo ti piaccia, bella palestra dei Lidii, vieni ai mistici riti e il santo tuo volto ci arrida. L AL LIBERATORE LENEO Ascolta, o beato, figlio di Zeus, Bacco Leneo, dalle due madri, memorabile seme dai molti nomi, demone liberatore, sacro ramoscello dei beati dall'occulta nascita, Evio Bacco, ben allevato, fecondo, che moltiplichi i lieti frutti 5 e fai tremar la terra, Leneo possente, multiforme, rimedio contro gli affanni quando appari ai mortali, sacro fiore, gioia degli umani, amico della quiete, o Epafio dalla bella chioma, liberatore, dal tirso folle, Bromio, Evio, propizio a tutti, mortali ed immortali, ai quali vuoi apparire, 10 ora io ti invoco di venire agli iniziati dolce e fecondo. LI ALLE NINFE profumo di aromi. O ninfe, figlie del magnanimo Oceano, che avete dimora nelle umide profondità della terra, ascose nutrici di Bacco, terrestri, sorridenti, feconde amanti dei prati, saltellanti e pure, 5 che amate gli antri e le spelonche e correte per l'aria e presso le fonti, vestite di rugiada, con passo leggero, visibili ed occulte, abitatrici delle valli fiorite, e danzate cantando con Pan sulle vette e giù dalle rocciose montagne con melodiosa voce, 10 fanciulle che vivete nei campi, nei boschi e presso le fonti, o profumate vergini, biancovestite, dal leggero respiro, capraie e pastorelle, amiche delle fiere, dai lieti frutti, amanti del freddo, delicate, che nutrite e accrescete, vergini amadriadi, giocose, che vivete nell'acqua, 15 Nisie, ispirate guaritrici, che sorridete alla primavera con Bacco e Demetra portando grazie ai mortali: venite ai riti propizi con animo lieto versando acque salubri nelle stagioni feconde.

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LII A BACCO TRIENNALE profumo di aromi. Invoco te, dai molti nomi, folleggiante Bacco dalle corna di toro, Leneo, seminator di fuoco, Nisio, liberatore, nutrito nella coscia, licnito, igneo capo dei riti, notturno, Eubuleo, mitrato, scuotitor del tirso, 5 ineffabile orgiasta, trigenito, arcana prole di Zeus, amante della carne cruda e portator di scettro, che conduci i cori e le feste, primogenito, Erichepeo, padre e figlio di numi che nei sacri e sereni riti triennali baccheggi e fai tremar la terra e splendi come il fuoco, tentatore, figlio di due madri 10 e frequenti le montagne, cornuto, vestito d'una pelle di cerbiatto, ricorrente Pean dalla lancia d'oro, nascosto sotto il seno, di grappoli adorno, Bassareo, amante dell'esera, dalle molte vergini, ordinatore, vieni, o beato, agli iniziati sempre caro e fecondo. LIII A DIONISO ANNUALE tutti i profumi fuorché d'incenso e libagione di latte. Invoco l'annuale Bacco, l'infernale Dioniso che si desta insieme con le vergini benchimate ninfe e presso le sacre case di Persefone riposando fa dormire ogni tre anni la sacra festa bacchica. 5 Egli, quando ridesta il rito triennale, intona il suo canto insieme con le agili nutrici gridando evoè e rinnovando i cori insieme con le Hore. Tu, Bacco felice, fruttifero, cornuto, fecondo, vieni con lieto volto al rito divino 10 adorno di sacri frutti maturi. LIV AL SATIRO SILENO E ALLE BACCANTI

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profumo di manna. Ascoltami, o venerando allevatore, nutritore di Bacco, fra i Sileni l'eccelso, onorato da tutti gli dèi e dagli uomini mortali nelle triennali cerimonie, casto, diletto, capo del legittimo tiaso, 5 festoso, amante delle veglie con le agili nutrici, guida delle Naiadi e delle Baccanti che portano il tirso, vieni ora alla divina cerimonia con tutti i satiri dalle selvagge forme intonando il grido di capo baccante, compagno delle Baccanti nelle sacre e feconde Lenee 10 e fa splendere nei santi sacrifici le orge notturne, cantando evoè, o amatore del tirso, nei tiasi sereno. LV AD AFRODITE O celeste, celebrata, sorridente Afrodite, nata dal mare, dea genitrice, che ami vegliare, o veneranda, vincolo notturno, astuta madre di Necessità, ché tutto viene da te: tu soggiogasti il mondo 5 e ne domini le tre regioni, generando tutte le cose quante sono nel cielo e nella fertile terra e nel profondo mare, sacra compagna di Bacco che ami le feste, o allettatrice madre degli amori, o Peitho amante del letto nuziale, occulta, graziosa, 10 che appari e dispari, dalle amabili trecce, di ottimo padre, commensale alle nozze degli dèi, lupa, scettrata, che doni la prole, amante degli uomini, desideratissima datrice di vita, che unisci i mortali a indomabili destini e la vasta razza delle fiere impazzite da filtri d'amore. 15 Vieni, o divina figlia di Cipro, sia che tu viva nell'Olimpo, dea regina, con il bel volto ridente, sia che tu vada errando per la Siria ricca d'incenso, sia che per le distese del sacro Egitto con gli aurati cocchi domini le feconde acque lustrali 20 o che su navigli tirati da cigni sulle onde marine venendo godi delle danze in cerchio delle fiere o ti diletti delle ninfe dagli occhi azzurri nella terra divina vagando per le sabbiose rive su carro leggero, sia che tu dimori, o regina, nell'isola di Cipro, tua nutrice, dove le belle 25 vergini indomite e le ninfe ogni anno inneggiano a te,

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o beata, e al santo immortale Adone. Vieni, o dea beata, con la tua amabile bellezza, poichè te io invoco con anima saggia, con sante parole. LVI AD ADONIS profumo di aromi. Ascolta le mie preghiere, o celebrato ottimo nume dalla bella chioma, amante della solitudine, ricco di amabili canti, Eubuleo, dalle molte forme, che ogni cosa nutrisci apertamente, o fanciulla e fanciullo, sempre fiore per tutti, o Adonis, 5 che ti spegni e lampeggi nelle belle ore ricorrenti e favorisci la vegetazione, bicornuto amatissimo, da lacrime onorato, di formosa bellezza, soave fior di Ciprigna, germoglio di Eros, partorito nel letto della benchiomata Persefone, che or dimori sotto il brumoso Tartaro 10 or di nuovo torni all'Olimpo col corpo dai frutti maturi: vieni, o beato, portando ai devoti i frutti dalla terra. LVII A HERMES INFERNALE profumo di stirace. Tu che abiti di Cocito la via fatale, da cui non c'è ritorno, e le anime dei morti conduci nelle regioni infernali, o Hermes, rampollo del baccante Dioniso e della fanciulla di Pafo, di Afrodite dagli occhi soavi, 5 tu servi nella casa sacra presso Persefone come guida alle anime tristi sotto terra che tu accompagni quando giunge il tempo del destino addormentando con la verga magica tutti gli esseri per ridestarli di nuovo dal sonno: ché a te diede l'onore 10 la dea Persefone nel vasto Tartaro di mostrare la strada alle anime imperiture dei mortali. Or tu, beato, concedi un buon fine alle opere degli iniziati. LVIII A EROS

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profumo di aromi. Invoco il grande, puro, amabile e dolce Eros, arciere alato, fiammante, impetuoso all'assalto, che gioca con gli dei e con gli uomini mortali, industrioso, di doppia natura, che di tutto possiede le chiavi, 5 dell'etere celeste, del mar, della terra e di quante ai mortali aure feconde Rea fruttifera nutre e di qanto l'ampio tartaro e il risonante mare rinserra. Ché tu solo tutte queste cose governi. Discendi, o beato, agli iniziati con puri pensieri 10 e i turpi e rei desideri da loro allontana. LIX ALLE MOIRE profumo di aromi. Moire infinite, figlie dilette della nera notte, udite la mia preghiera, o venerate, che sul lago celeste, dove la limpida acqua sotto il notturno calore si frange nell'oscura profondità del bencostrutto antro, 5 abitando errate per l'ampia terra dei mortali; e di qui alla provata razza degli uomini con speranza camminate leggere da purpurei veli avvolte sulla fatale pianura, dove la fama regge il carro del mondo, al limite della giustizia e della speranza e degli affanni 10 e dell'antichissima legge e del saggio immenso potere: chè soltanto la Moira, l'occhio perfetto di Zeus, guarda dentro alla vita, e nessun altro degli immortali che abitano la vetta del nevoso Olimpo: ché quanti eventi a noi accadono la Moira e la mente di Zeus conoscono appieno. 15 A me venite, o invocate, con animo dolce e mite, Atropo, Lachesi e Cleto, figlie di illustre padre, aeree, occulte, immutabili, indomite sempre, che date e togliete ogni cosa, destino dei mortali, Moire, accogliete le mie sacre libagioni e le mie preghiere 20 e venite agli iniziati liberandoli dal male con animo benigno. LX ALLE CHARITI

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profumo di stirace. Ascoltatemi, o Grazie, celebrate e onorate figlie di Zeus e di Eunomia dal ricolmo seno, o Aglaia, o Talia, o felice Eufrosine, genitrici di gioia, amabili, gioiose e caste 5 dalle belle forme, perennemente giovani, ai mortali dilette, o desiderate, che in cerchio danzate, rosee, attraenti, venite, o datrici di felicità, sempre agli iniziati propizie. LXI INNO A NEMESI Te invoco, o Nemesi, dea, grandissima regina onniveggente, che osservi la vita dei mortali dalle molte stirpi, eterna, veneranda, che sola godi delle cose giuste e muti il vario e sempre instabile discorso, 5 te gli uomini temono tutti sottoponendo il collo al giogo: ché tu sempre ti prendi cura del pensiero di tutti, né a te sfugge l'anima che orgogliosamente parla con temerario ardire. Tutto tu vedi e tutto ascolti e tutto giudichi: appartengono a te i giudizi sui mortali, o nume eccelso. 10 Vieni, o beata e santa, degli iniziati perenne protettrice, concedi che abbiamo animo retto e fa cessare gli odiosi, ingiusti, arroganti e incostanti pensieri. LXII A DIKE profumo d'incenso. Io canto l'occhio onniveggente di Dike dalla formosa bellezza che siede sul sacro trono del sovrano Zeus guardando giù dal cielo alla vita dei mortali dalle molte stirpi e, fondandosi sul giusto, si vendica sugli ingiusti 5 osservando secondo equità ciò ch'è dissimile dal vero: poichè tutte le cose oscure che sono portate dai cattivi pensieri dei mortali che vogliono il troppo con ingiusti desideri tu sola, imponendo giustizia agli ingiusti, riporti alla luce; nemica degli ingiusti, tu sei con i giusti benigna. 10 Vieni incontro, o dea, con giustizia ai saggi pensieri

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finchè giunga il giorno fatale della vita. LXIII ALLA GIUSTIZIA profumo di incenso. O giustissima fra i mortali, prospera ed amata che sempre godi dell'equità degli uomini giusti, di onorato e felice destino, gloriosa Giustizia, che con puri pensieri dirigi le doverose azioni, 5 dall'intatta coscienza: ché sempre tu spezzi coloro che non si curvano sotto il tuo giogo e fanno piegare, insaziabili, i solidi piatti della bilancia, o imparziale, di tutti amica, amabile e festosa: sempre infatti tu rifuggi il troppo e dell'equità ti compiaci 10 e in te si compie il saggio fine della sapienza. Ascolta, o dea, che giustamente spezzi la malvagità dei mortali, fa che sempre proceda in equilibrio la proba vita delgi uomini mortali che si nutrono del frutto della terra e di tutti i viventi che nel suo seno nutre 15 la terra dea madre e Zeus che vive nel mare. LXIV INNO A NOMOS Invoco il celeste Nomos, santo signore degli immortali e dei mortali, rettore degli astri, giusto sigillo dell'equoreo mare e della terra, che in eterno conserva il saldo sostegno della natura con irrevocabili leggi 5 con cui dall'alto sostiene l'immenso cielo ed avanza e l'imponente invidia via come un soffio disperde; anche ai mortali egli assegna il nobile fine della vita, poichè egli solo ha in pugno il governo degli esseri viventi; 10 antico, operoso, che abita innocuo con tutti gli uomini giusti, ma porta tremende sventure a quei che son contro la Legge. O santo nume onorato, che il bene diffondi e sei da tutti desiato con cuore benigno fa che di te ci ricordiamo, o perfetto. LXV AD ARES

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profumo d'incenso. Imbattibile, violento, coraggioso, possente nume, che delle armi ti compiaci, indomabile omicida, eversor di mura, Ares sovrano, risonante d'armi, sempre amante di stragi, che brami il sangue umano ed ecciti, tremendo, alla guerra 5 e con lance e spade affronti la lotta selvaggia, arresta ora la rabbiosa discordia, sospendi il travalgio che affligge il cuore e volgiti al desiderio di Afrodite e alle feste di Lieo, scambiando la potenza delle armi con le opere di Deò e desiando la pace che alleva figli e apporta letizia. LXVI A HEFESTO profumo di incenso e di manna. O Hefesto, dal cuore possente, dall'animo forte, infaticabile fuoco dai raggi lampeggianti, o demone splendente, lucifero dalle mani robuste, immortale elemento, 5 il più alto di tutti, che ogni cosa divori e domi e ogni cosa consumi, o etere, sole, astri, luna, o incorruttibile luce: ché son queste le membra di Hefesto che appaiono ai mortali Tu possiedi ogni cosa, ogni città ed i popoli tutti, tu dimori nei corpi dei mortali, felice e potente. 10 Ascolta, o beato: io ti invito alle sacre libagioni, affinchè tu assista sempre benigno alle opere liete; estingui la furibonda follia del fuoco indomito e nei nostri corpi conserva la fiamma della natura. LXVII AD ASCLEPIO profumo di manna. O medico universale, Asclepio, sovrano Pean, che dei malati allevii le dolorose sofferenze, o possente dai dolci doni, che ai mortali apporti la salute, e facendo cessare le malattie, le tristi dee della morte, 5 favorisci la vita, o soccorritore che allontani i mali, tu dal felice destino, illustre e valorosa prole di Febo Apollo,

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o nemico dei mali, sposo dell'irreprensibile Igea, vieni, o beato, o salvatore, e alla vita apporta un lieto fine. LXVIII A IGEA profumo di manna. Amabile e cara, fecondatrice, universale regina, ascolta, o beata Igea, che arrechi felicità, madre di tutti, chè da te sono distrutti i morbi dei mortali; ogni dimora per merito tuo lieta fiorisce 5 e le arti fioriscono, te desidera il mondo, o sovrana, soltanto l'Ade che distrugge le anime ti odia, o sempre giovine, o desiderata, riposo dei mortali: senza di te ogni cosa è inutile ai mortali, neppure la ricchezza arreca felicità alle feste, 10 e senza di te l'uomo diventa un vecchio sofferente; tu sola comandi a tutti e imperi su tutti. Or tu, dea, vieni agli iniziati sempre protettrice liberando dall'afflizione dei tristissimi morbi. LXIX ALLE ERINNI profumo di stirace e di manna. Ascoltate, o rumorose, onorate, baccheggianti dee, Tisifone, Aletto e divina Megera: notturne, occulte che avete nel profondo la vostra dimora, in un antro oscuro presso la sacra acqua dello Stige, 5 ognora adirate contro le empie azioni dei mortali, rabbiose e insolenti, che gioite delle necessità, vestite di pelli di belve, che punite e fate molto soffrire, terribili donne del sotterraneo Ade, dalle mutevoli forme, aeree, invisibili, veloci come il pensiero: 10 ché né i veloci raggi del sole e della luna nè la virtuosa sapienza e l'audacia operosa né le grazie della splendida vita e della giovinezza fiorente ma sempre sopra le infinite schiatte dei mortali 15 posate l'occhio di Dike, ognora giudicatrici. Ora, o dee moire, coronate di serpi, multiformi,

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rendete mite il sentimento della vita. LXX ALLE EUMENIDI profumo di aromi. Ascoltatemi, o adorate Eumenidi dalla mente benigna, caste figlie del grande Zeus infernale e dell'amabile fanciulla Persefone dalle belle chiome, che osservate la vita di tutti gli empi mortali 5 e punite gli ingiusti, compagne della Necessità, tenebrose sovrane che dagli occhi fulgenti effondete una luce tremenda che consuma le membra, che col vostro morso notturno, struggente, presiede al destino di tutti, 10 o fanciulle notturne che avete chiome di serpi, terrificanti, io vi prego di avvicinarvi con santi pensieri. LXXI A MELINOE profumo di aromi. invoco Melinoe, sotterranea ninfa dal croceo peplo, che la veneranda persefone partorì presso le fonti di Cocito sul sacro talamo del cronide Zeus, dopo che ad essa si unì, con dolosa frode, Plutone: 5 per volontà di Prosperina essa assunse un duplice colore corporeo e fa impazzire i mortali con aerei fantasmi mostrando la sua forma sotto immagini strane, ora apparendo, ora brillando nella tenebra notturna con ostili irruzioni nella notte oscura. 10 Ora te supplico, o dea, degli esseri sotterranei regina, manda l'assillo dell'anima ai confini della terra e mostra agli iniziati un santo e lieto volto. LXXII A TICHE profumo d'incenso. Qui te invoco, Fortuna, buona signora, con le mie preghiere,

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amabile custode dell estrade, dalle vaste ricchezze, Artemide condottiera, onorata, nata dal sangue di Eubuleo, che possiedi un orgoglio indomabile, 5 funerea vagabonda, celebrata dagli uomini poiché a te appartiene la multiforme vita dei mortali: agli uni tu procuri la grande abbondanza dei beni, agli altri la cattiva povertà suscitando negli animi l'ira. Or te, o dea, io invoco di essere benvola alla vita, 10 prodiga di beni e di vaste ricchezze. LXXIII AL DEMONE profumo d'incenso. invoco il Demone, grande e terribile capo il propizio Zeus, padre del mondo, fonte di vita ai mortali, il grande Zeus errante, vendicatore, signore del mondo, che beni concede quando festante discende alle nostre case 5 o quando s'accosta alla squallida vita degli infelici mortali. Tu infatti possiedi le chiavi del dolore e dell agioia. Disperdi dunque, o beato, o santo, i lamentosi lutti che distruggono la vita su tutta la terra, e bella e dolce e nobile fine alla vita concedi. LXXIV A LEUCOTEA profumo di aromi. Invoco Leucotea, figlia di Cadmo, nume venerando, possente, nutrice del bencoronato Dioniso. Ascolta, o dea, che comandi al mare profondo e dei flutti ti compiaci, o dei mortali suprema salvezza, 5 da te dipende l'instabile corso delle navi sul mare, tu sola tuteli sul mare l'infelice sorte dei mortali, ai quali possa tu andare incontro, diletta salvatrice. Or tu, dea signora, vieni a proteggere le robuste navi soccorrevole con animo lieto 10 adducendo agli iniziati sul mare un prospero vento. LXXV

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A PALEMONE profumo di manna. O compagno nel festoso coro di Dioniso che dimori nei sacri, profondi abissi del mare, te invoco, Palemone, ai santi misteri perchè tu venga benevolo col giovine viso ridente 5 e salvi i tuoi devoti per terra e per mare, poichè alle navi che viaggiano d'inverno sul mare tu solo appari come la salvezza dei mortali trattenendo dai flutti marini l'ira tremenda. LXXVI ALLE MUSE profumo d'incenso. Di Mnemosyne figlie e del tonante Zeus, Muse Pieridi, dai grandi nomi e dalla splendida fama, carissime ai mortali, ai quali assistete, dalle belle forme, che d'ogni istruzione generale la purissima virtù 5 e l'anima nutrite e fate retto della mente il giudizio, guide sovrane del possente intelletto che i mistici riti rivelate ai mortali, Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polinnia, Urania, Calliope, insieme con la madre, potente e casta dea, 10 venite, o sante, agli iniziati, o multiforme, divine e caste, recando gloria e celebrato ed amabile fervore. LXXVII A MNEMOSINE profumo d'incenso. Mnemosine invoco, la sovrana consorte di Zeus, che generò le muse sante e pie, dalla armoniosa voce, sempre esente dal cattivo, nefasto oblio, che sorregge l'intelletto dei viventi alle anime congiunto, 5 e accresce dei mortali il forte ingegno possente, dolcissima che, amante della veglia, tutte rimembra le cose,

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di cui ciascuno conserva nel petto l'idea non trascurando nulla, risvegliando a tutti la mente. Or tu, diva beata, agli iniziati ridesta il ricordo 10 del mistico rito e da loro allontana l'oblio. LXXVIII A EOS profumo di manna. Ascolta, o dea, che ai mortali riconduci il luminoso giorno, splendida Aurora, rosseggiante sul mondo, nunzia del grande splendente dio Titano, che nella notte il tenebroso oscuro corso 5 col tuo sorgere mandi sotto le basse regioni della terra, tu richiami al lavoro ed apporti agli umani la vita di cui gode la stirpe dei mortali: nessuno sfugge al tuo stupendo apparire quando dalle pupille il dolce sonno allontani; 10 ogni mortale gioisce, ogni animale, ogni stirpe di quadrupedi e di uccelli e di pesci multiformi, poichè ai mortali dischiudi un'operosa esistenza. Or tu, beata e casta, agli iniziati accresci la sacra luce. LXXIX A TEMI profumo d'incenso. La figlia dell'eccelso Urano, la casta Temi, io invoco, germoglio di Gaia, giovane fanciulla simile a fresca rosa, che per prima ai mortali svelò un sacro oracolo nelle delfiche grotte, rendendo giustizia agli dèi 5 sul suolo pizio dove Pitone regnava ed anche al sovrano Febo insegnò lo spirito di giustizia, ovunque onorata, venerabile e bella, viaggiatrice notturna. Tu per prima ai mortali rivelasti i sacri riti festeggiando il tuo re nelle bacchiche notti, 10 ché da te provengono gli onori dei beati e i sacri misteri. Or tu vieni, o beata, o amabile, con animo lieto ai tuoi sacri mistici riti, o fanciulla. LXXX

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A BOREA profumo d'incenso. Tu che agiti l'aere profondo del mondo con tempestosi venti, o glaciale Borea, vieni dalla nevosa Tracia, sciogli la nuvolosa volta del cielo piovigginoso disperdendo l'acqua generata dagli umidi nembi, 5 rasserenando ogni cosa e accrescendo i vivi occhi dell'etere finchè splendano sulla terra i raggi del sole. LXXXI A ZEFIRO profumo d'incenso. Aure feconde, o Zefiri che traversate il cielo con mormorio soave e fate cessare la morte, nunzii di primavera ai prati, desiderati nei porti, che spingete dolcemente le navi con aere leggero, 5 venite benigni soffiando irreprensibili, aerei, invisibili, dalle ali leggere, simili all'aria. LXXXII A NOTO profumo d'incenso. Veloce saltatore che cammini sull'acqua attraverso l'aria da celeri ali agitato qua e là, vieni, generatore di pioggia, con le umide nubi, ché questo è il privilegio che avesti da Zeus: 5 mandar sulla terra dall'aria nubi apportatrici di pioggia. Ora noi ti preghiamo, o beato, che accetti i sacrifici e mandi piogge feconde sulla terra madre. LXXXIII ALL'OCEANO profumo di aromi.

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Invoco Oceano, l'incorruttibile Padre che sempre esiste, origine degli dèi immortali e degli uomini mortali, che della terra circonda il circoscritto cerchio e da cui nascono tutti i fiumi ed ogni mare 5 e i casti umori delle fonti terrestri. Ascolta, o beato e felice, inizio del polo, equoreo nume, vieni agli iniziati sempre benigno e caro. LXXXIV A HESTIA profumo di aromi. O regina Hestia, figlia del potente Crono, che hai la tua casa in mezzo all'immenso, eterno fuoco, tu consacri i santi iniziati nei riti e li rendi fioriti, ricchi, fortunati e casti; 5 o dimora dei numi beati, dei mortali sostegno possente, eterna, multiforme, amabilissima, simile ad erba nascente, o sorridente e beata, questo rito accogli con dolce cuore felicità effondendo e salute dalla mano leggera. LXXXV AL SONNO profumo di papavero. Sonno, re di tutti i beati e degli uomini mortali e di tutti i viventi che l'ampia terra nutre, ché tu solo domini tutti ed a tutti ti accosti legando i corpi con catene più potenti del bronzo; 5 tu dagli affanni redimi, tu porti la dolce fine alle fatiche e ad ogni dolore arrechi un sacro conforto, ci eserciti alla morte e conservi intanto le anime nostre poichè tu sei fratello di Lethe e di Thanatos. Io ti prego, o beato: vieni con temperata dolcezza 10 e benevolo conserva gli iniziati alle loro opere divine. LXXXIV AL SOGNO

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profumo di aromi. Te invoco, o beato, dalle ampie ali, Sogno profondo, nunzio dell'avvenire, ai mortali grandissimo profeta, poichè tu discendendo in silenzio nella quiete del dolce sonno ti rivolgi alle anime dei mortali e la mente ne risvegli 5 e i pensieri dei Numi adduci tu stesso nei loro sonni silente alle silenti anime svelando il futuro: agli uomini devoti guarda benigna la mente degli dèi perchè il bene futuro, previsto nel pensiero, alla gioia conduca la vita degli uomini che l'hanno pregustato, 10 arrechi la fine dei mali, ove il dio stesso dica con quali preghiere e sacrifici l'ira dei numi possano placare: chè ai pii la fine è sempre più dolce, ma agli empi la visione dei sogni non rivela, nunzia di tristi fatti, le prossime sciacure, 15 se prima su loro non piombi il danno irrevocabile. Ti supplico, o beato: rivelaci lo sdegno dei numi affinchè tu possa avvicinarti ai nostri pensieri sempre innocenti senza svelarci, nei prodigiosi eventi, alcun segno di mali venturi. LXXXVII ALLA MORTE profumo di manna. Ascoltami Tu, che tutti i mortali hai in tuo potere e a tutti assegni un'età veneranda, da quanti ti tieni lontano, chè il tuo sonno spezza l'anima e il sostegno del corpo quando tu di natura dissolvi i potenti legami 5 ai mortali portando il grande eterno sonno; tu sei comune a tutti, ma riesci ingiusta ad alcuno quando in un breve giro recidi il giovine fior della vita: ché tu sola né da preci né da suppliche ti lasci piegare. 10 O beata, io ti prego di avvicinarti dopo lunghi anni di vita e ti chiedo con incensi e con voti che agli uomini sia nobile onore la vecchiezza. NOTE "Preghiera"

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La "preghiera", che serve di introduzione alla raccolta (e fors'anche di mistico .....), si può considerare una chiara testimonianza del sincretismo religioso, di cui gli Inni sono un frutto cospicuo, che per molti indizi sembra essere stato una delle più antiche caratteristiche dell'Orfismo: vi troviamo già effettuata la conciliazione dei misteri orfici con le divinità del culto eleusino, l'accordo di Febo-Apollo con Dioniso - i rappresentanti paradigmatici della bipolare spiritualità greca (cfr. R. Pettazzoni, La relig. nella Grecia ant., Bologna 1921, c. VII-IX) - e la fusione del mondo mitico greco con quello orientale (i Cabiri, Cibele, Attis, Men). A quasi tutte le divinità qui invocate è poi dedicato un inno particolare nella raccolta; non hanno il loro inno Ebe, Eusebia, Dione, i Dioscuri, i numi Idei, la Provvidenza, Ino, Attis, Men; mentre altre divinità che nella "preghiera" non sono nominate o che, se identiche, sono diversamente chiamate, hanno il loro inno particolare: l'Etere (V), la madre Antea (XLI), Eos (LXXVIII), gli Astri (VII), Hecate (I), le Erinni-Eumenidi (LXIX e LXX), il Coribante (XXXIX), Eros (LVIII), Hestia (LXXXIV), Thanatos (LXXXVII), Hipta (XLIX), Melinoe (LXXI), Mise (XLII), le Moire (LIX), le Nuvole (XXI), Nereo (XXIII), Nomos (XLIV), le Ninfe (LI), il Sogno (LXXXVI), Urano (IV), Proteo (XXV), Protogono (VI), Sabazio (XLVIII), i Titani (XXXVII), Tiche (LXXII), Igea (LXVIII), il Sonno (LXXXV) e Natura (X). La "preghiera" è dedicata a Museo, come altri carmi che vanno sotto il nome di Orfeo (v. i fr. 61, 245, 271...Kern); nella tradizione orfica Museo, figlio di Antiofermo (per altri, di Eumolpo) e della "donna Selene" (come scrive Suida, ma "Selene" diventa senz'altro la "splendida Mene"), è per antonomasia il discepolo di Orfeo; Diogene Laerz., Vite, Prooem. 3, dice che "egli sia stato il primo a comporre in versi una Teogonia e una Sfera e ad affermare che tutte le cose siano generate da Uno e in quello si risolvano" (cfr. Gruppe, Griech. Kulte I, 631 sg.); Filodemo, De pietate 59, I, p. 31 Comperz, ci riferisce che "nei canti attribuiti a Museo sta scritto che il principio era il tartaro e la Notte". Cfr. i fr. in Diels, VorsoKr., II, 180-184 e in G. Colli, La sapienza greca, Milano 1977. v. 4: Mnvn (parola greca) - è un epiteto sacro a Selene, la Luna (cfr. l'inno omerico XXXII a Selene, v. I; Pindaro, Olymp. III 20); il nome deriva da una radice ua che vuol dire "misurare" ed "estendersi": in vedico ma (luna) e masa (misura), in tedesco mond (luna) e monat (mese), in inglese moon (luna), in latino mensis. In una delle opere astrologiche attribuite ad Orfeo, e precisamente nelle Efemeridi (cfr. Tzetze, Prooem, ad Hesiod. 18 = fr. 271 Kern, 25 Abel), orfeo si rivolge a Museo per insegnargli i nomi della Luna nel loro ordine stabilito, ché "è molto urgente saperlo, poichè esso porta gloria al giro del mese". v. 7: nje - (= "colui che lancia lontano") epiteto di Febo (cfr. Omero, II, 15, 365; Inni omer., ad Apollo 120). Nell'inno XXXIV Apollo è detto injos (cioè

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"colui che guarisce" - da iaouai; o più probabilmente "colui che è invocato col grido jn o jn (......). Ma Plutarco, De E ap. Delph., 393 c, interpreta inios come espressione denotante l'unità del dio ("inios o ws els xai uovos") equivalente ad "Apollo" (a-noyywv - negazione di molteplicità; cfr. Plotino, V 5, 6, che attribuisce l'etimologia ai pitagorici). v. 13: Eiyeivvia - (= "soccorrevole") epiteto di Artemis noovvqaia (v. inno II, 9). "La luna - spiega Plutarco, De sac. in orbe lunae 945c - riceve e dona: essa compone e dissolve in virtù di proprietà diverse; quando compone (...........) è chiamata Eiyeivvia, quando dissolve (......) Artemis" (cfr. anche Quaest. conv. III 659a). Nella teogonia orfica Artemide era identificata ad Hecate: v. il n. 42 dei Fragm. veteriora (Kern p. 113) e l'inno XXXVI. E vedi ancora Kern (= 277, 309 Abel). Qui però Artemide e Eileithia sono ricordate separatamente. v. 18: Evjavrov - è la personificazione del Grande Anno cosmico che, insieme con la dottrina della trasmigrazione e della palingenesi, si ritrova nei Pitagorici, in Eraclito e in Empedocle, e risale all'Orfismo. Il Petersen ricorda che Evjavros appare come divinità già nel "Festzug" di Tolomeo II nel 285 a.C. Cfr. i vv. della teogonia rapsodica citati da Proclo, In Plat. Crat. 406 c p. 110, 15 Pasqu. (= fr. 127 Kern, 101 Abel) e Censorino, De die nat. 18, 15 p. 55, 6 Jahn (= 250 Kern); Zeller-Mondolfo, La filos. dei Greci, I pp. 159-161. v. 19: Ajwvnv - madre di Afrodite: è una delle prime sette fanciulle generate da Gaia e da Urano nella teogonia orfica (cfr. Proclo, In Plat. Tim. 40 e, III 184, I Diehl = fr. 95 Abel, 114 Kern). v. 20: KoqvBavras - per i Coribandi, assimilati ai Cureti, cfr. anche l'inno XXXVIII v. 20 e nota relativa (cfr. Proclo, Theol. plat. VI, 13, 382 = fr. 210 Abel, 151 Kern). v. 20: KaBeiqovs - erano gli dei onorati nei misteri di Samotracia, nelle isole del mar Tracio e in Beozia. Secondo la preziosa testimonianza di Mnasea di Patara (II sec. a.C.) conservataci da uno scolio alle Argonautiche I, 917 di Apollonio Rodio, i Cabiri erano quattro: Axieros (= Demetra), Axiokersa (= Persefone-Kore), Axiokersos (= Hades) e Kasmilos o Kadmilos (= Hermes). Essi furono adorati ad Atene verso la fine del sec. V (cfr. Aristofane, Pac. 276 sg.; e scol. cit. I, 917) come soccoritori nei pericoli, specialmente nei naufragi, e, come tali, identificati ai Dioscuri, ai quali sono accostati al v. 21 (...........: sulla loro opera v. il XXXIII inno omerico). In Beozia il Cabirismo subì, a quanto pensa il Pettazzoni, I misteri, Bologna 1924, pp. 79-80, l'influsso orfico; ce ne rimangono documenti in un frammento fittile e nella suppellettile sacrale

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scoperta negli scavi del Cabirion di Tebe. Pare anzi che a Tebe il Cabirismo sia stato riformato in senso orfico dall'ateniese Methapo, di cui ci dà notizia Pausania, IV, 1, 5 sg.; Kern, Orpheus, Berlin 1920, p. 53 sg., e Die boiotischen Kabirien, in "Hermes" 25 (1890), 5 sg. Vedi K. Kerényi, I misteri dei Kabiri, in Miti e Misteri, Torino 1980. v. 22: ...........- Diodoro Siculo, V, 64, 4 ci informa: "Alcuni, fra i quali è Eforo, raccontano che gli Idei Dattili abitarono presso l'Ida, monte della Frigia, e che passarono in Europa con Migdone: i quali, essendo prestigiatori, facevano incantamenti e riti e misteri sacri; e stando in Samotracia avevano recato a quegli isolani non mediocre stupore: nel qual tempo anche Orfeo, a cui la natura dato avea eccellente telento per la poesia e pel suono, fattosi discepolo di essi, era stato poi il primo ad introdurre in Grecia le cerimonie e i misteri dell'iniziazione" (trad. Compagnoni). Anche i numi Idei furono identificati ai Cureti e ai Coribanti. v. 26:......- Crono (cui è dedicato l'inno XIII) appartiene alla mitologia greca extraorfica e costituisce col Crono-Chronos orfico un complesso pressoché inestricabile. Negli inni esso è figlio di Gaia e di Urano (XIII 5) sposo di Rea (XIV 5) o Cibele (XXVII 2), padre di Sabazio (XLVIII 1) e di Hestia (LXXXIV 2) ed è detto "eterno padre dei numi beati e dei mortali" e "possente Titano" (XIII 1): è evidente il riflesso non soltanto dell'antica teogonia (in cui lo spodestamento di Crono è connesso, in maniera a noi ignota, con la nascita di Dioniso, cfr. Zeller-Mondolfo, op. cit. p. 223), ma anche l'avvenuto sincretismo orfico-orientale. Quanto a Chronos (Xqovos = Heracles), tipica divinità orfica (di cui in tutti gli inni non c'è altro accenno oltre quello al v. 29 della presente "preghiera"), è necessario ricordare che esso occupa un posto diverso nelle varie testimonianze che ci sono giunte sulle teogonie orfiche: ora esso è il "tempo" che genera l'uovo cosmico in Caos, Etere ed Erebo, concepiti come "materia" (come nella teogonia rapsodica); ora (come nella teogonia hieronymiana: cfr. fr. 54 Kern, 36 Abel) è il "Fuoco" e il "primo vivente ermafrodito" che genera l'uovo in Caos, Etere ed Erebo, considerati come "luogo". Per la questione v. A. Olivieri, L'uovo cosmog. degli Orfici, in Mem. Accad. arch. di Napoli 1920. Ma dell'identificazione di Crono-Chronos (cfr. Proclo, in Plat. crat. 396 b. c p. 59, 14 Pasquali = fr. 68 Kern, 50 Abel) - con cui l'Orfismo ha elevato alla dignità divina il concetto dell'ordine temporale - non c'è traccia negli Inni; a meno che il Crono dell'inno XIII non implichi tutto un sistema di equivalenze a Chronos. v. 28: Ajwvos - (lat. aevum) è il tempo non ancora determinato e discriminato, non essendoci ancora nessuno che lo misuri: come tale, sarebbe identico a Chronos (Filone, Quod mund. incorr.: ...............). Ma

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nella teogonia rapsodica (cfr. fr. 142 Kern, 245 Abel) esso vien dopo Zeus Cronio e ne dipende; cfr. la nota all'inno VI. v. 30:........ - l'epiteto di .... è proprio di alcune divinità (di Zeus: cfr. Tucidide, 1, 126; di Dioniso: cfr. Plutarco, De esu carn. 994 a; di Afrodite: cfr. Anth. palat. 5, 226); non sappiamo a quali dèi qui si alluda, se alle Moire o alle Eumenidi - che però con quell'epiteto non sono mai chiamate negli inni LIX, LXIX e LXX a loro dedicati. v. 31: ............. - la contrapposizione farebbe facilmente pensare a un probabile influsso del dualismo zoroastriano (Ahura-Mazda Angra mainyu); ma forse non c'è bisogno di ricorrere a influssi extraorfici. Quanto al "demone buono", basta appellarsi all'inno LXXIII dove il "Demone" invocato è il "propizio e grande Zeus" (fr. 249 Kern); quanto poi al dualismo denotato dai due demoni (e che troverebbe un riscontro nell'opposizione empedoclea fra ...., se questa fosse di origine orfica), non si può affermare senz'altro che esso abbia le sue origini nell'Orfismo più antico come fa, per es., l'Olivieri, Contr. alla storia d. cult. greca nella M. Grecia e nella Sicilia, Napoli 1931), a meno che, come osserva il Mondolfo, op. cit. p. 123, un framm. di Anassimandro (Diels I, 2 n. 9) non ci riveli un influsso orfico. v. 36: .....- Adrastea)= "l'inevitabile") - il suo mito è di probabile origine frigia (cfr. il Lexikon del Roscher, s. v.) - personifica nell'Orfismo l'inesorabile necessità che incombe sull'esistenza umana non meno che su quella cosmica: è destino, ma è anche Giustizia (di qui l'equivalenza, che troviamo nei testi orfici, dei termini: .....,.....,....,....,....,.... v. i fr. 36, 111 Abel = 54, 152 Kern; e test. 82 e fr. 20 Kern). Adrastea (che, come l'orfica Mise - vedi l'inno XLII - è anch'essa ermafrodita: fr. 54 Kern) veniva rappresentata nell'atto di battere i cembali dinanzi all'antro della Notte per attrarre l'attenzione di tutti sulla sua legge (fr. 109 Abel) producendo un tale rimbombo da far voltare gli stessi dèi (fr. 111 Abel = 152 Kern). Il suo significato - già presente in Eschilo, Prometh. 936; Platone, Phaeder. 248 c; ps. Demostene, XXV 37 - sembra essere di origine schiettamente orfica. Cfr. Zeller-Mondolfo, op. cit. p. 161, 226-227; pettazzoni, La confess. dei pecc., vol. III p. 191, 213 n. 150. v. 39:...... - forse col termine di ........si allude al primogenito Fanes, al quale un verso orfico, ap. Hermias, In Plat. Phaedr. 246 e p. 138, 11 Couvr. = fr. 76 Kern, 64 Abel, attribuisce quattro occhi: .............(.... lo dice il fr. 77 Kern). Su Fanes vedi le note all'inno VI. v. 40. ... - Men, se anche il suo nome è, almeno apparentemente, greco, è in realtà un dio asiatico e precisamente frigio (cfr. Ramsay, JHS 1883 p.

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31 e 419 sg.; 1918, 148); e come qui Attis è invocato dopo Cibele ("la madre degli immortali"), così Men è invocato insieme con attis perchè compie, come lui, l'ufficio di divino paredro dell aGrande Madre anatolica; nuova testimonianza del sincretismo religioso degli Inni. Pettazzoni, op. cit. III, 87, 93. v. 41:...... - è Afrodite (cfr. inno LV 1). Platone, Conv. 180 d-e, distingueva due Afroditi, la Urania o celeste, figlia di Urano e senza madre, e la pendemos o volgare, figlia di Zeus e di Dione. Ma penso che qui non si alluda a questa distinzione. v. 42:....... - è Zeus, così com'era concepito nella grande tradizione orfica. Così la "preghiera", iniziata con Zeus, con Zeus si conclude. I Questo inno figurava nei vecchi codici come finale della "preghiera" ed è passato, per opera di Guglielmo Canter, ad avere il suo titolo e il suo posto di primo piano nella raccolta. Qui Hecate non è la solita dea lunare; anche in Esiodo, Theog. 411-452 (questi versi costituiscono il cosidetto "inno a Hecate") si parla di Hecate, figlia di Perse e di Asteria, come di una dea in possesso di una sua giurisdizione sulla terra, sul mare e nel cielo (vedi il v. 2) che concede le sue grazie "agli uomini che fanno sacrifici secondo le leggi". Negli Argonautica ps. orfici (cfr. la recente traduzione spagnola di M.P. Lorente, Madrid 1989 di cui ho accolto alcune varianti) Hecate è detta anche Brimo (la "forte") e Brimo è detta anche Demeter (cfr. Clemente Aless. Protr. 13, 21). II Protirea = "colei che sta davanti alla porta". L'epiteto "Eileithia" è dato ad Artemis-Protirea (vedi n. al v. 13 della "preghiera") alla quale è dedicato l'inno XXXVI. Col nome di Artemis Orthia era venerata a Sparta, con quello di Cidonia nella costa settentrionale di Creta. III La Notte, nella teogonia orfica, (malgrado le varie testimonianze non tutte concordi: di Aristofane, di Eudemo, di Aristotele, ecc.; cfr. fr. 24, 26, 28...Kern), occupa, insieme con gaia e Urano (sec. J. Lydus, De mens. II 7) o, più esattamente, con Chaos, Erebo e Tartaro (sec. Aristofane, Aves v. 693), il posto di primo principio dell'universo. Essa rappresenta la materia primordiale ancora caotica e tenebrosa. La Notte genera poi l'uovo cosmogonico, da cui nasce Fanes-Eros-Protogono (su cui v. le note

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all'inno Vi). In questo inno l'accenno iniziale all'importanza cosmica della Notte (che la "preghiera" v. 4 chiama"....") è quanto mai indefinito; è questo, anzi, un inno in cui gli elementi lirico-umani sopraffanno in maniera assoluta l'aspetto mistico-religioso (cfr. O. Kern, in "Hermes" 1889 p. 498; Lobeck, Aglaoph. p. 405). Cfr. Cl. Ramnoux, La Nuit et les enfents de la Nuit dans la tradition grecque, Paris 1959. v. 2:.... - per la identificazione Notte-Cipris, si può pensare che essa sia dovuta al fatto che anche la Notte, come Afrodite, è generatrice. v. 11: Il richiamo alla Necessità può sembrare qui non completamente al suo posto: in realtà l'Ananche (= Adrastea; cfr. la n. al v. 36 della "preghiera") è connessa alle vicende dell'origine cosmica: nella teogonia hieronymiana (ap.Damascio, De princ., 123, I, 317, 15 Ruelle = 54 Kern, 36 Abel) essa si congiunge con Chronos. L'inno è testimonianza di una tradizione ormai sbiadita. IV Nella teogonia orfica Urano, insieme con Gaia, viene immediatamente dopo la Notte (da Urano e Gaia nacquero poi Oceanos e Tetys, iniziatori della generazione sessuata: cfr. Platone, Tim. 40 d; Aristotele, Metaph., I, 3, 983 b): è dunque uno degli esseri primissimi - una delle prime creature dell'uovo cosmico, di cui costituisce la calotta superiore (donde l'epiteto di .... che ritroviamo in Apione, ap. Clemente Rom., Hom. VI 5-12 = 56 Kern; e cfr. qui al v. 3). Da Urano e Gaia derivano gli uomini, secondo una tradizione (cfr. Aristofane, Av., loc. cit.; Euripide, Melan. fr. 484 N; Apollonio Rod., Argon. I 494 sg.; che si differenzia dall'altra, più schiettamente orfica, per la quale gli uomini sono derivati dalle ceneri dei Titani (v. nota all'inno XXXVII). v. 4: ..... - si tratta della trottola o, forse, del "romanzo", che nell'Etymol. Magnum è definito "una tavoletta mistica che si fa roteare per aria e da cui si trae un'eco"; un fr. di Archita, conservatoci da Porfirio nel commento all'Armonica di tolomeo (= Diels, Vorsokrat. I p. 334), precisa: "or dunque anche nei rombi che si agitano nei misteri si verifica la stessa cosa: se sono agitati adagio, rendono un suono grave, se agitati in fretta, un suono acuto". Sappiamo da fonti sicure (cfr. Pettazzoni, I Misteri, cap. I) che il rombo faceva parte del materiale liturgico dei misteri orfici. (Cfr. C. A. Rizzo, in Echi d'orfismo nella poesia greca, Bronte 1930, p. 163 sgg.). v. 8 ....... - nella teogonia orfico-esiodea non Urano è padre di Crono, ma questo di quello. Ma data l'identificazione di Crono-Chronos (v. la nota al

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v. 26 della "preghiera") il termine greco vuol essere, forse, l'equivalente di ....: figlio di Chronos. V L'etere è, con Chaos ed Erebo, la "materia" prima in cui Crono (secondo la cosidetta teogonia rapsodica, che si differenzia dall'altra, cit. nella nota all'inno III, per la quale l'uovo nasce dalla Notte) genera l'uovo cosmico, oppure (nella teogonia hieronymiana) il "luogo" della medesima generazione: qui Crono è padre dell'"ampio" Chaos e dell'"etere intelligente" (....: accetto col Kroll, contro il Kern, questa lezione in luogo di .... = fr. 54 Kern); di etere poi è detto figlio il primogenito Fanes: (....) ..... .... ..... (fr. 73, 74 Kern, 57, 58 Abel). Sec. uno scolio a Proclo, In Plat. Tim. 28 c (= 107 Kern) Etere è il quarto re, dopo Fanes, la Notte, Urano, e prima Zeus. v. 4: ..... - è una chiara reminiscenza della teoria aristotelica dell'etere come "quinta essenza" e "sostanza incorruttibile". Questa teoria esisteva già prima di Aristotele, sia pure con formule oscillanti, nei primitivi pitagorici (cfr. A. Rostagni, Il verbo di Pitagora, Genova 1982, p. 58) e, anche se in mitologiche implicazioni, nell'Orfismo. Per il precorrimento orfico alla teoria (empedoclea) dei quattro elementi cfr. la nota all'inno XV. Vi E' uno dei pochi inni più scopertamente collegati alle fondamentali dottrine orfiche. Protogono (= Primogenito) è epiteto di Eros, il primo nato dall'uovo cosmico - e così esso è chiamato da Euripide in un fr. dell'Hypsipyle (= fr. 2 Kern). L'identità Eros-Protogono era dunque in uso già nel sec. V, anche se in Aristofane, Aves v. 695 sg., Eros, pur presentando le stesse caratteristiche, che il presente inno gli attribuisce (nato dall'uovo, alato, splendente; cfr. il verso 697 .... .... .... ... col v. 2 sg.), non è detto "protogono" (per l'identità Eros-Protogono vedi anche l'inno LVIII in cui Eros è detto, come qui Protogono, "alato" e "di doppia natura"; cfr. fr. 55 Kern). Eros poi è identico a Fanes. Scrive Lattanzio, Divin. instit. I 5, 4-6 (= fr. 73 Kern): "Orpheus... deum verum et magnum .... appellat, quod ante ipsum nihil sit genitum sed ab ipso sint cuncta generata. Eundem etiam .... nominat, quod cum adhuc nihil esset, primus ex infinito apparuerit et extiterit. Cuius originem atque naturam quia concipere animo non poterat (cfr. v. 5: ..., ....), ex aere immenso natum esse dixit..." (per l'identificazione v. ancora i fr. 64, 85 Kern). Protogono è identico a Eone (v. nota al v. 28 della "preghiera") secondo la teogonia hieronymiana (fr. 54, 85 Kern) ed Eone = Fanes (fr. 107 Kern;

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nella iscrizione di una statua di Eone a Eleusi il dio è caratterizzato come il Fanes-Dioniso orfico: cfr. Dittenberger, Syll. inscr. graec., 1915, III, 3, 1125). Fanes è identico a Metis (fr. 168 Kern: ......; fr. 85: ........, .... .... ....); identico ad Erichepeo (cfr. Gruppe, in Roscher Lexik. III 2259, 2267 e Griech. Mythol. I 431); ma Erichepeo, nell'inno LII v. 6, è un epiteto di Dioniso: donde la complessa identificazione Eros-Helios-Zeus-Eone-Fanes-Protogono-Metis-Erichepeo-Dioniso, cui dobbiamo aggiungere, in forza del v. 9, Priapo (per la identità Priamo-Dioniso cfr. Gruppe, op. cit., p. 854, 2; 1422, 8; ma i testi originali scarseggiano) e Antauge (= "fiore splendente" cfr. Macrobio, Saturn. I 18, 12 (= fr. 237 Kern), il quale ci dà, oltre l'identità Helios-Antauge-Dioniso, anche quella Helios-Eubuleo). E' questo indubbiamente uno dei più interessanti ed intricati fenomeni del sincretismo orfico. VII Gli Astri sono fra le primissime "divinità" invocate nella "preghiera", v. 4. La divinità degli astri sembra essere una delle idee dominanti del pitagorismo più antico (cfr. Alcmeone di Crotone, ap. Clem. Aless., Protr. 66 = A 12 Diels; e l'opinione attribuita ai pitagorici da Alessandro Poliistore in Diogene Laerz., VIII 27; cfr. M. Wellmann, in "Hermes" 54 (1919), 225 sg.) che passerà poi in Platone, nel panenteismo stoico e in Plotino, II 3, per il quale gli astri non sono cause, ma segni (....; cfr. v. 6: ....) degli avvenimenti. Nella tradizione ermetica (ap. Stobeo, Ecl., I 5, 20, gli astri sono detti .... .... (.... ..........). v. 8. - la zona delle sette luci è costituita dai sette pianeti. v. 9: ...... - gli astri sono detti anche "terrestri" perchè reggono il destino degli uomini, cioè perchè la loro azione si esercita anche sulla terra. Ottino cita il prologo del Rudens di Plauto, in cui la stella Arturo dice di se stessa: Noctu sum in coelo clarus atque inter deos; inter mortaleis ambulod interdius... VIII Da una laminetta scoperta a Thurii (campagna di Sibari) - cfr. A. Olivieri, Lam. aur. orph., Bonn 1915 p. 22 sg. - sappiamo che già nel IV sec. era tradizionale nelle sette orfiche il culto di Helios (v. 3 .... v. 5 .... v. 10 ..... ....). Helios era identificato a Zeus (v. 13 dell'inno pres.; e cfr. nota all'inno Vi dove è citato il fr. 239 Kern) e a Dioniso: infatti negli Inni Helios e Dioniso hanno epiteti comuni equivalenti (inno XXX a Dioniso: v. 2 ....; LII

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a Bacco triennale: v. 3 ....., v. 9 .....; cfr. ancora Macrobio, Saturn. I, 23, 21 (= fr. 236 Kern) e I, 18, 17 (= fr. 239 Kern): "Solem Liberum esse manifeste pronuntiat Orpheus hoc versu: ........". Per la identità Eros-Fanes-Helios cfr. gli attributi comuni: Fanes è .... ...... .... (inno VI v. 2), Eros è ..... (inno LVIII v. 2), Helios è ..... ......(in Giov. Malala, Chronograph. IV 88-92 p. 72, 16 Dind. = fr. 62 Kern). v. 11: .... - la siringa non è soltanto lo strumento panico per eccellenza, ma è anche uno strumento rituale del culto dionisiaco, di probabile origine cibelica. Anche Zeus (Zeus = Helios) è detto .... (cfr. Giov. Diacono Galeno, Ad Hes. Theog. 943 = fr. 297 Kern, 160 Abel), dove il termine ha un evidente significato cosmico. Cfr. V. Macchioro, Zagreus, Firenze 1930, pp. 74-76). X Non sembra che Physis sia divinità orfica (nel fr. 95 Kern è citato un verso orfico che dice .... le opere della "natura"); ma se anche fosse possibile congetturare che il presente inno non facesse parte dell'originario materiale liturgico, è lecito nondimeno pensare che physis sia uno dei tanti nomi equivalenti di Adrastea, insieme con Anache, Dike (v. 13, e cfr. LXII, 2 ......... col v. ....), Nomos (v. l'inno LXIV), Nemesis (inno LXI), Eimarmene (ma cfr. Proclo, In Plat. Tim. 41 e = 162 Kern, che cita un pensiero orfico, per il quale "il demiurgo è nutrito da Adrastea, abita con Ananche, genera Eimarmene"). Il Petersen, art. cit., ricorda Diogene Laerzio, VII 148. Cfr. la nota al v. 36 della "preghiera". Su questo inno vedi l'ampio commento del Quandt e l'importante saggio del Kerényi, Die Gottin Natur, in "Eranos" XIV 1948 (ora in Miti e Misteri, trad. ital., Torino 1979, pp. e nei "Quaderni di Eranos" La Terra Madre e Dea, trad. ital., Como 1989, pp. 66-106), che riporta la trd. di Chr. Tobler. Il Kerényi raffronta questo inno con l'inno magico A Selene chiamata "Natura universale" (Pap. gr. mag. I, Lipsia 1928). v. 8: .... - pura. E' un epiteto usato spesso nei riguardi della luce, delle stelle, del fulmine, di Demetra (cfr. XL 11) e di Persefone (XXIX 5), e cfr. la "preghiera" vv. 3, 6, 10, 17, 41. v. 13: .... ...Dike è una delle tre Hore (cfr. inno XLIII, dove essa è strettamente collegata con le Chariti). Sappiamo che .... (la "Persuasione") era di regola congiunta alle Chariti (cfr. Plutarco, Coniug. Praec. 138 d) e che, nella genealogia di Alcmane (ap. Plutarco, De fortuna roman. 318 a) era considerata sorella di Eunomia (un'altra delle tre Hore). Pausania, IX 35, 5, ci informa che solo il poeta Ermesianatte, a differenza dei suoi predecessori, considerò Peithò come una delle Chariti.

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v. 18. Per gli Stoici Zeus e Natura (Physis) erano identici. Questo androginismo (Lattanzio, Instit. IV 8, 4 ne dà la ragione: deum... Orpheus putavit et marem et feminam, quod aliter generari nequiverit) ricorre in Selene (IX 4), Atena (XXXII, 10), Mise (XLII 4), Adonis (LVI 4). v. 19: .... - è concetto stoico. Cfr. Cicerone, De nat. Deor. II 22: sic natura mundi omnia motus habet voluntarios, conatusque et adpetitiones quae .... Graeci vocant. XI Già il primo verso presenta la fusione del mito agreste di Pan (....-.. è radice greca corrispondente al pasco latino, non, come pretendeva il Roth, di origine egiziana) col panenteismo orfico (.....). Pan è identificato a Zeus (v. 12) nella teogonia hieronymiana: cfr. Damascio, De prin. 123 bis, I 317, 5 Ruelle (= fr. 54 Kern) come "ordinatore di tutte le cose e del cosmo intero"; a Helios nel v. 17 (....); ad Apollo nel v. 11 (....) e nell'inno XXXIV, 25. A chiarimento dell'epiteto ..... (v. 21) basti ricordare quanto riferisce Plutarco, Amator. 759 f: ....(di Cibele) .....(di Pan) ....... vv. 2-3: ..... - aria, acqua, terra e fuoco sono considerati "membra di pan", cioè i quattro elementi del mondo: dottrina non di origine empedoclea, ma schiettamente orfica (cfr. il fr. 125 Kern - Olimpiodoro, In Plat. Phaed. D .... p. 241, 5 Norv. - dove ai quattro fiumi infernali si fanno corrispondere i quattro elementi: all'Oceano l'acqua, a Cocito o allo Stige la terra, al Piriflegetone il fuoco, all'Acgeronte l'aria), come sostennero il Kern (in Arch. f. Gesch. d. Philos., I 502) e l'Olivieri, op. cit., contro Zeller, anche se in Empedocle l'intuizione orfica si sviluppa in teoria scientifica. Ma anche nelle primordiali divinità della teogonia orfica si possono vedere adombrati gli elementi: infatti dall'uovo cosmico nato dalla Notte derivano Eros (= il fuoco; cfr. inno LVIII, 2 ....., Gaia (= la terra), Urano (= l'aria), da cui discendono Oceano e Tetis (= l'acqua). XII E' qui evidente l'identificazione di Heracles a Helios. Heracles è detto Titano come helios (VIII 2), padre del tempio (id. 13) e Pean come Helios-Apollo (XXXIV 1). Del resto, Pean, che è soprattutto epiteto di Apollo (Inni omer. III 272), è detto anche di Pan (XI 11), di Dioniso (LII 11) e di Asclepio (LXVII 1). XIII

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Crono, figlio di gaia (la Terra) e di Urano (il Cielo), è un protagonista delle vicende primordiali delle cosmogonie orfiche: sposò Rea e da essa ebbe Hestia, Demeter, Zeus, Poseidon e Ade (cfr. Esiodo, Theog. 154, 420 ss.), ai quali sono dedicati rispettivamente gli inni LXXXIV, XL, XV, XVII). v. 9: .... (= astuto) è detto di Crono più volte anche da Esiodo, Theog. 18, 168, 473, 495), ed è l'epiteto che lo accomuna a Prometeo (il "previdente"): Esiodo, theog. 546; Op. 48. XIV Le prime generazioni divine, derivate dall'uovo cosmico, si possono fissare nell'ordine seguente (cfr. Platone, Tim. 40 d; Cratyl. 402 b): Uranos-Gaia, Oceano-Tetis, Crono-Rea (con fratelli e sorelle), Zeus-Hera (con fratelli e sorelle) e finalmente Dioniso (nel fr. 36 Kern = Filodemo, De piet. 44 p. 16, 1 Gomperz, rea rimette insieme le membra di Dioniso sbranato dai Titani). Questo lo schema generico che a fatica si può ricavare dalle discordanti testimonianze sulle teogonie orfiche. In questo inno Rea, conforme alla tradizione orfico-esiodea, è moglie di Crono e madre di Zeus (al v. 8 con ....,.... pare si alluda alla ....... per cui Rea, al marito che per non perdere il trono ingoiava i figli maschi, consegna una pietra in luogo del piccolo Zeus), ma è detta "figlia del multiforme Protogono" secondo una tradizione sulla quale non abbiamo altre testimonianze (a meno che "protogono" non voglia essere qui un epiteto generico di Urano, chiamato nell'inno IV v. 2 ........ e al v. 7 .... corrispondente al ..... del v. 1). Negli inni Rea (la cui natura montana - Rheia = (o-)rheia, cfr. Crusius, Beitr. zur grich. Mythol. und. Religiongesch. 1886, 26 n. 4 -, che trova riscontro anche a Creta nella designazione di rhea-Idaia, è confermata al v. 6; per Apione, ap. Clem. Rom., Hom. VI 5-12, Rea deriva da ....: lo scorrere della sostanza umida) è assimilata alla Madre degli dei Cibele (cfr. l'inno XIV v. 2, 3, 9 con inno XXVII v. 3, 7, 11), a Hestia (inno XXVII v. 9) e a Demetra (inno XL v. 1, 14-15). Ma nell'inno LXXXIV Hestia, identificata a Cibele nell'inno XXVII 9, vien detta figlia, non sposa di Crono. Donde vien fatto di pensare o che gli inni XIV, XXVII e LXXXIV non siano dello stesso autore, o che fosse tradizionale la distinzione fra due divinità di nome eguale: una Hestia (= Cibele-Rea-Demetra), sposa di Crono, che Plotino, IV 4, 27, 30, interpreta come anima della terra e una Hestia, figlia di Crono, simbolo del fuoco eterno (LXXXIV 2 ......). XVI secondo il Petersen, in "Philologus" 27 (1871) 385 sg., questo inno appartiene ad epoca più antica rispetto agli altri in quanto contiene una

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dottrina teologica propria degli Stoici più antichi. Sappiamo infatti che gli Stoici, continuando un criterio empedocleo (cfr. Diels, fr. 6), interpretavano le divinità conforme alla loro dottrina naturalistica: così Zenone, nell'opera In Hes. Theog., di cui ci è rimasto solo qualche esiguo frammento, vede in Hera l'aria: ....; cfr. Platone, Cratyl. 404 c, in Zeus il cielo, in Poseidon il mare, in Hefesto il fuoco ecc. (v. Cicerone, De nat. deor. I 36; Minucio Fel., Octav, 19, 10; e cfr. ancora ps. Plutarco, De vita et poes. Hom., 96). Ma bisogna ricordare che Hera occupava un posto non secondario nella teogonia orfica e nella sua liturgia (cfr. Apione ap. Clem. Rom., Hom. VI 5-12 = fr. 56 Kern; e vedi A. Olivieri, Contrib. già cit., p. 6, 13-16; la ierogamia di Zeus ed Hera è rappresentata in un rilievo del Louvre, cfr. Overbeck, Griech. Kunstmyth., Lipsia 1871-1889, III 15; e in un dipinto orfico a Samo illustrato dallo stoico Crisippo, cfr. Origene, Contra Cels., IV 48). A un libro ..... che verosimilmente apparteneva agli ..... della teogonia rapsodica accenna Eustazio, Ad Dionis. Perieget. 1 (= fr. 115 Kern); e dione Chrys. Or. XXXVI 56, ci informa che ... in generale era rivolto l'interesse delle religioni misteriche (per l'ierogamia di Zeus ed Hera nei misteri eleusini vedi Psellus, De demon. 3): cfr. Lobeck, Aglaoph., p. 609 sg. Sull'identificazione orfica di hera-Afrodite cfr. Plotino III 5, 8; e Pausania III 13, 9. XVII Secondo il racconto omerico, Il XV 186 ss., Zeus, dopo aver abbattuto Tifeo, distribuì, tirando a sorte, la sovranità sulle tre regioni cosmiche: a poseidon l'Oceano, ad Ade il mondo sotterraneo e il cielo a se stesso. v. 4 Ennosigeo: "che scuote la terra". Cfr. Omero, Il. XIII 43; Od. IX 518. XXII ..... (non .... che è la madre di Achille) è la dea del mare. XXIX Persefone (Prosperina o Core; il v. 16 ce ne dà l'etimo: .....=... "nutro", e .... "uccido") è, insieme con Plutone e Demetra, titolare dei misteri di Eleusi e, come tale, celebrata nell'inno omerico a Demeter (v. 480 sg.: "beato colui fra gli uomini abitatori della terra che queste cose ha vedute; chi invece non si accostò ai sacri riti, chi non ne fu partecipe, mai non godrà una simile sorte quando sia sparito sotto la tenebra oscura"). Come madre di Dioniso-Zagreus (v. 7) Persefone è onorata anche nell'Orfismo; Proclo, In Plat. Tim. 31 b (= fr. 190 Kern) ci spiega l'epiteto di ...... del v. 2: .... Per il v. 6: .... (se ..... deriva da ...., l'epiteto equivale a "giustiziera" e

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come tale è madre delle Eumenidi; Esichio afferma ch'essa è "una divinità preposta, come fine, agli atti e alle parole") cfr. Proclo, In Plat. Cratyl. 406 b (= fr. 197 Kern); per il v. 14 cfr. Proclo, op. cit. 402 d; In Plat. Republ. II 62; Theol. Plat. VI 11. Secondo la leggenda conservataci da Arnobio, Adv. nat. V 21, e da Atenagora, pro christ. 20, p. 22, 10 Schw., Zeus si univa a Demetra sotto forma di toro e generava Prosperina; poi trasformatosi in serpente si accoppiava alla figlia Prosperina e generava Dioniso dalla forma di toro: donde la mistica formula (conservataci da Clem. Aless., Protr. 2, da Arnobio, op. cit. e da Firmico Materno, De err. prof. relig. 26); ....... ("il toro è padre del serpente, il serpente del toro": toro e serpente sono simboli delle forze ctonie). Anche Athena è detta .... nell'inno XXXII 11. XXX Dioniso è naturalmente il dio più celebrato negli Inni orfici: a Dioniso bassareo triennale è dedicato l'inno XLV, a Dioniso licnito il XLVI, a Bacco pericionio il XLVII, a Bacco liberatore leneo il L, a Bacco annuale il LIII; anche l'inno XLVII (a Mise) è, eccettuati pochi versi, dedicato a Dioniso. Gli epiteti assegnati al dio implicano tutta la complessa teologia dionisiaca e presuppongono il secolare lavorio del sincretismo orfico. Dioniso è riconosciuto nelle sue tre forme; di Fanes, di Zagreus, di Liberatore. E' detto infatti .... "generato tre volte" (XXX 2) e .... "di tre nature" (LII 5); e poichè nei due inni di diversa provenienza Dioniso è figlio di Zeus e Semele (XLIV) e di Zeus e Persefone (XXX 6; XXIX 8), è detto ... (L 1: LII 9). Nella sua prima apparizione, Dioniso fu identificato dalla teologia orfica a Fanes: perciò gli Inni lo chiamano ..... "primogenito" (XXXII 2; LII 6; VI 1), .... (LII 6): il suo etimo è ancora enigmatico, la sua menzione più antica si trova in una implorazione di salvezza (....) contenuta nel papiro di Gurob v. 22, .... "amore" (LII 10; LVIII) ed ..... "buon consigliere" (XXX 6; LII 4; e cfr. anche XXIX 8; LVI 3; a Fanes-Dioniso si allude forse con l'epiteto di .... "fiore sacro" in XLVI 2; L 3, 6; LVI 4). Alla ...., cioè all'inghiottimento di Fanes compiuto da Zeus, per cui Zeus, accogliendo gli elementi di tutte le cose, diventa l'inizio di una nuova più ricca generazione (concetto centrale nella teogonia rapsodica: cfr. Proclo, In Plat. Tim. 28 c, e 29 c; In Plat. Perm. 130 b = fr. 167, 168 Kern; vedi Dummler, Die orphisch. Kosmol., in Arch. f. Gesch. d. Philos. 1894) non c'è alcun accenno; con l'epiteto .... (LII 3; XLVIII 3; ma cfr. Pomponio Mela, III 7) si accenna bensì alla sua parziale gestazione nella coscia di Zeus (Apollodoro III 4, 3; Ovidio, Metam. III 260 sg.). Nella sua seconda apparizione, Dioniso, quale figlio di Zeus e Persefone, assume il nome di Zagreus; a Dioniso-Zagreus si innesta il mito dei Titani

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(v. la nota all'inno XXXVII) e la conseguente concezione mistico-ascetica del peccato originale; ma il nome di Zagreus non appare mai negli Inni. Vi appaiono bensì tutti gli attributi che sono connessi con la complessa figura mitico-liturgica di Dioniso-Zagreus: egli è perciò detto .... "muggente come toro" (VI 6), .... "dall'aspetto di toro" (XXX 4), ... "dalla fronte di toro" (XLV 1), ..... "con le corna di toro" (LII 2), ..... "cornuto" (LIII 8), .... "bicornuto" (XXX 3; XXXIV 25; LVI 6). Sappiamo da Plutarco, Quaest graec. 36 p. 299 b, che le donne elee invocavano Dioniso col grido di ... - le corna erano simbolo di forza e di fecondità, e Dioniso rappresentava l'inesauribile potenza generatrice della Natura; - e Firmico Materno, De err. prof. rel. 6, 5, riferisce: "Cretenses... annum sacrum trieterica consecratione componunt, omnia per ordinem facientes quae puer moriens aut fecit aut passus est. Vivum laniant dentibus taurum (donde l'epiteto .... in XXX 5; XLV 3; LII 7) crudeles epulas annuis commemorationibus excitantes" (v. la trad. ital. di Giuseppe Faggin, Lanciano, Carabba 1932 p. 72 e n. 51). Perciò Dioniso è detto anche ... "selvaggio" (XXX 3; LII 10), .... "di duplice natura" (cioè generante-generato, dio-uomo, maschio-femmina... XXX 2; XLII 4; LVIII 4; VI 1), .... "di due forme" (XXX 3; cfr. la invocazione a Dioniso ....... in Firmico Materno, op. cit. 20, p. 109). Nella sua terza apparizione, Dioniso è celebrato come ... "liberatore" (XLII 4; L 2): è il cuore di Zagreus salvato da Athena (la teofagia - Zeus divora Fanes; Zeus divora il cuore di Zagreus; Zeus divora Metis - è l'espressione dell'unità del cosmo che si rinnova potenziandosi attraverso le sue vive trasformazioni, ma è anche una risorsa mitologica che rende possibili le identificazioni del sincretismo). Ma gli Inni non dimostrano la conoscenza di questo mito. Su Dioniso = Adonis cfr. LVI (cfr. Plutarco, Quaest. conv. IV 5, 3); su Dioniso = Pan-Apollo cfr. XXXIV; su Dioniso = Proteo .... XXV; su Dioniso = Helio VIII 12; su Dioniso = Coribante XXXIX. XXXII Athena aveva rapito furtivamente il cuore di Zagreus, sbranato dai Titani (fr. 210 Kern) e fu detta perciò Pallade "dal fatto che il cuore palpitava ancora" ..... (Clem. Aless., Protr. II 18, 1, 2; per la teogonia hieronymiana, fr. 56 Kern, da .... "palpitare"): a questo titolo essa entra a far aprte del culto orfico. Nata dal capo di Zeus (fr. 174 Kern), essa è detta perciò .."virtù" (cfr. il v. 9 ..., v. 10 ..; sul culto di Aretè v. Deubner ap. Roscher III, 2, 2128). Nell'orfismo essa è considerata ...(fr. 185 Kern). vv. 3-5: questi versi sembra derivino da un inno a Rea o ad Artemis. v. 10: ...- Meti è, nella teogonia esiodea (v. 886 sg.) sposa di Zeus e madre di Athena; prima che essa partorisse Athena, Zeus la inghiottì per

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poter conservare il trono, cioè la sua potenza creatrice. Nella teogonia rapsodica Meti cessa di essere femminile e si identifica a Fanes-Eros (vedi nota all'inno 5); e poichè Fanes è detto "maschio e femmina" (fr. 56, 81, 98 Kern), anche Athena, per il noto fenomeno sincretistico e fors'anche per una contaminazione inconguente, vien qui nominato allo stesso modo. v. 11: ... - nella teogonia hieronymiana (fr. 54, 57 Kern) Chrono-Heracle esce dall'acuq e dalla terra primordiali sotto forma di drago e produce l'uovo cosmico, da cui, esso pure sotto forma di drago, esce Crono. Il drago era collocato, nelle statue di Athena, ai piedi della dea, inizialmente come simbolo di potenza ctonia, in seguito come simbolo di sapienza. v. 13: .... - per Democrito (fr. 2 Diels) è epiteto della saggezza, perchè dalla saggezza derivano tre cose: il retto pensiero, la buona parola, la giusta azione. Ma è congettura arbitraria. Può significare "nata dalla testa" (di Zeus): ...=.. (cfr. Inni omer. XXVIII 4; Esiodo, Theog. 924); ovvero "nata presso il lago Tritonis" in Libia (Euripide, Ione 872) o "presso la sorgente Triton" (Pausania, VIII, 26, 6). XXXIV Nel mito di Dioniso-Zagreus Apollo è il dio che ha in consegna da Zeus le membra di Dioniso straziato dai Titani e dà loro sepoltura sul monte Parnaso (Clem. Aless., Protr. II 18, 1, 2 = 35 Kern). Il presente inno, mentre accoglie dalla tradizione classica i molteplici epiteti del dio nonchè il simbolismo naturalistico-musicale che Diodoro Siculo, I 16, ritrovata nell'hermes egizio, ha modo di proclamare una identificazione cara al panenteismo orfico: Apollo non solo vien detto .. "onorato a Memphi", e perciò identificato a Helios, che appunto a Memphi era onorato (per l'identità Apollo-Helios nell'Orfismo cfr. Proclo, Theol. Plat. VI 12, p. 376, 21; Servio, Ad Verg. Aen, III 98), ma è detto ancora "dio bicornuto" e identificato a Pan; e poichè Pan è detto nell'inno X 12, "vero Zeus cornuto", il presente inno viene a confermare la unità divina solennemente affermata nel verso già citato (fr. 239 Kern):.... XXXVI Artemide assiste ai parti, ma qui il tipico epiteto di Eileithia (cfr. inno II) non appare. A partire dal sec. VII, Artemis fu identificata con Hecate, dea lunare, con Cibele e con la tracia Bendis. Dictinna ("cacciatrice con le reti"), è chiamata da Erodoto, III 59.

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XXXVII I Titani hanno una parte importantissima nella teogonia rapsodica e nel mito di Dioniso-Zagreus (una tradizione trasmessa da Pausania VIII, 37, 5 = fr. 186, 194 Kern, diceva che Onomacrito, avendo desunto da Omero il nome dei Titani, istituisse i misteri di Dioniso e attribuisse ai Titani lo sbranamento del dio; e ciò significa, forse, che prima del sec. VIII il mito orfico non aveva nessuna relazione coi Titani e che questo rapporto risale agli Orfici di Atene). Nella teogonia orfica i Titani fanno a pezzi e divorano Zagreus, ma sono fulminati da Zeus; dalle loro ceneri nascono gli uomini, i quali perciò, in quanto discendenti dai Titani (da Dione Chrys., XXXIII 2-4, sappiamo che i Tarsi si consideravano discesi dai Titani), portano in sé il peccato originale, ma anche una parte della natura dionisiaca (cfr. Clem. Aless., Protr. II 17, 2; Arnobio, Adv. nat., V 19; per altri testi v. Lobeck, op. cit., p. 557 sg.). Di qui la morale ascetica degli orfici, che consideravano il corpo (la natura titanica) come un ostacolo impuro (....; cfr. Platone, Cratyl. 400 c) da cui bisognava liberarsi al più presto per ricondurre l'anima pura (la natura dionisiaca) alla sua sorgente prima, a Zeus padre. XXXVIII I Cureti celebrati in questo inno non sono le divinità invocate nell'inno XXXI, anche se molti epiteti dei Cureti-sacerdoti finiscono col fondersi con quelli dei Cureti-Coribanti (nella teogonia hieronymiana nonchè in quella rapsodica, cfr. fr. 56, 191 Kern, i Coribanti sono identici a quei Cureti che coprirono col frastuono dei timpani e dei cimbali i vagiti del neonato Zeus perchè il padre non lo divorasse): qui i Cureti-Coribanti sono divinità onorate in Samotracia e identici ai Cabiri (su cui v. la nota al v. 20 della "preghiera"); se anche la "preghiera" (come pure Firmico Materno, De err. prof. rel. 11) li tiene distinti, tuttavia un unico mito è loro comune. Cassio Hemina, ap. Macrobio, saturn. III 4, ci informa che essi erano detti, come i penates romani, ....,....,.....,. "Ai grandi, ai potenti, ai buoni" erano dedicati tre altari nel circo (Tertulliano, De spect. 8). In questo inno i Coribanti sono divinità dell'aria (v. 3 ..., v. 22 ...; v. 24 ..., v. 25 ....), malgrado la dichiarazione del secondo verso. Come tali, sono parificati anche qui ai Dioscuri (v. 23 ....; e al v. 21 Dioscuri = ...(...) .. "figli di Zeus". XXXIX Sul fatto cui si accenna al v. 6, narra Clemente Aless., Protr. 15, 1-2: "Se vuoi contemplare anche i riti dei Coribanti, sappi che questi erano tre fratelli, due dei quali, avendo ucciso il terzo, avvolsero in un drappo di porpora il capo del morto e, dopo averlo incoronato, lo seppellirono, portandolo su uno scudo di bronzo ai piedi dell'Olimpo" (trad. Cataudella);

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vedi anche F. Materno, De err. prof. relig., 11. Cfr. J. Poerner, De Curetibus et Corib., diss. philol. Hal. XXII (1912), 369 ss. Sui Cureti-Coribanti vedi la nota all'inno XXXVIII. XL Demetra, madre di Core-Persefone, titolare dei misteri eleusini, appartiene al culto della religione orfica (Plutarco, Quaest. de Arati sign. 7, osserva che anticamente erano accomunati negli stessi sacrifici Dioniso e Demetra per mostrare che l'umidità è propizia alla generazione). Nei carmi orfici, dedicati al ratto e al ritorno di Persephone (O. Kern, Orph. fragm. p. 116, ne enumera quattro: uno antichissimo, preso a modello, sembra, da Euripide nella Elena; una laminetta d'oro del sec. IV-III a.C., scoperta a Thurii nel 1879, di difficile lettura, pubblicata dal Kern, fr. 47 e dall'Olivieri, p. 22 sg.; la versione orfica dell'inno omerico a Demetra, conservata nel papiro di Berlino 44 (.......?, del sec. II-I a.C. (= fr. 49 Kern); un carme di età posteriore, adoperato da Pausania I 14, 3, e da Clemente Aless., protr. II 20, 1-21), è celebrata naturalmente anche Demetra; con Dioniso, Erichepeo, Athena, Rea e Brimo Demetra è invocata nel cit. papiro di Gurob (v. 5-6 e 21); di uno scritto orfico sulla .... ci parla il Chronicon Parium (=fr. 221 Kern). Negli Inni Demetra (".....,...," fr. 302 Kern) è identificata a Rea (fr. 145 Kern: "Quella che prima fu Rea, poichè diventò madre di Zeus, si cambiò in Demetra"), a Cibele e a Hestia (v. l'inno XXVII e nota). Anche Demetra è detta .... come Athena (cfr. inno XXXII). XLI Antea è uno dei tanti nomi di Demetra; nell'inno omerico che le è dedicato, si narra che la dea, quando le fu rapita da Plutone la figlia Persefone, la cercò per nove giorni e in quel tempo non gustò l'ambrosia. A Demetra eleusina è dedicato anche l'inno XL. v. 6: Disaule è il padre di Eubuleo e di Trittolemo (Pausania, I 14, 3) che indicarono a Demetra la strada per ritrovare la figlia rapita e che Demetra premiò insegnando loro la semina del frumento. XLII Anche la dea Mise, come Hipta (v. nota all'inno XLIX) è una delle molte figure della Grande Madre anatolica, onorata nell'Asia minore e passata a far parte del mondo mistico orfico. A Mise erano dedicati due altari trovati a Pergamo (cfr. Athen. Mitteil. 1881, 138; 1910, 444 n. 26). Su questa oscura divinità cfr. A. Dieterich, Die Gottin Mise, in "Philologus" 1839, 1 sg., Kleine Schrift., 1911 p. 125 sg.

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Si osservi però come questo inno derivi da una malcongegnata fusione di due inni: uno a Dioniso e uno a Mise, al quale si vuole appartengano soltanto i vv. 3 e 10. v. 4: Iacco è il nome mistico di dioniso (v. XLIX 3). Cfr. Erodoto, VIII 65. XLV Bassareo (da...= volpe): i baccanti di tracia si coprivano di una pelle di volpe. XLVI Licnito: da ... che ha due significati: "culla di vimini" e "vaglio". Perciò Dioniso è detto Licnito sia per festeggiare, come avveniva a Delfi, il bambino in culla - e, come tale, è, da Omero in poi, accompagnato dalle sue nutrici, sia per simboleggiare, nel vaglio, la purificazione delle anime nei riti di Dioniso, "sicut vannis frumenta purgantur" (Servio, Ad Verg. Georg. I 166). XLVII Pericionio = circondato da colonne. L'epiteto, dato a Dioniso, accenna a un episodio cui allude Euripide nelle Fenicie. XLVIII Sabazio era una divinità frigia, molto affine a Dioniso (cfr. Jeanmarie, Dionysos, Histoire du culte de Bacchus, Parigi 1951, pp. 95-97), considerato in un primo tempo dai Greci come straniero. Qui egli è già stato assimilato a Zeus e accostato a Hipta (v. inno XLIX). Cfr. F. Materno, De err. prof. relig. XLIX Hipta (la lezione ...., appartenente ad alcuni codd. ed accettata dall'Abel, potrebbe essere coesistita, secondo il Kretschmer, Glotta 15 (1926), 77, con la forma ...; ma essa fu corretta dal Keil in base a due iscrizioni scoperte in Meonia) era una divinità onorata nella Libia e precisamente nella regione di Kula (il Pettazzoni, La confess. dei pecc., III p. 191, pensa che si tratti della forma locale (lidio-meonica) della Gran Madre anatolica). Iscrizioni dedicate alla "madre Hipta" e ad Hipta associata a Zeus Sabazio sono state appunto scoperte a Kula e nella vicina Gjolde (......; cfr. Buckler, Annual of the British School at Athens 21, 1914/15-1915/16, 169

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n. 1). Vien dunque fatto di pensare che la "madre Hipta" sia passata in età ellenistica in seno a una comunità orfica dell'Asia minore e accolta nella teologia mistica dell'Orfismo orientalizzato; Hipta, pur conservando gli attributi originari (.....), diventa "nutrice di Dioniso", "vergine baccante" e pure ... Proclo, In Plat. Tim. 2 p. 124 c-d; 3 p. 171 f (= 199 Kern, 207 Abel), integrando un breve accenno contenuto nell'inno XLVIII, narra come Zeus-Sabazio abbia cucito il piccolo Dioniso nella sua coscia e come Hipta l'abbia assistito nel parto divino e si sia messo il neonato sulla testa dentro un ventilabro circondato da un serpente. Proclo nomina dei .... di Orfeo - uno strano prodotto del sincretismo locale, forse appartenenti alla "teogonia rapsodica" e vi aggiunge la consueta interpretazione simbolica cara ai neoplatonici (Hipta = ....; Dioniso = ...). Cfr., oltre l'op. cit, del Pettazzoni, O. Kern, Hipta in "Hermes" 49 (1914); J. Keil, Meter Hipta, "Wiener Eranos" 1909, 102 sg. L Leneo: relativo al .... ("torchio"), simbolo dionisiaco di liberazione; Bromio (il "fremente"), epiteto di Dioniso; Epafio (figlio di Epafo), epiteto di Dioniso. LII Dioniso, detto "trieterico" per le feste che si celebravano in suo onore "ogni tre anni"; detto "Nisio", dal monte Nisa, in Tracia; detto "Erichepeo", dio della primavera. Su questo inno, che per i molti epiteti dati a Dioniso è un documento importante del sincretismo orfico, vedi le note all'inno VI. LIII Anfieto: annuale. Epiteto di Dioniso, per le cerimonie che si rinnovano "ogni anno". LV L'attributo ..., negli inni magici 17,59 (III 37 Preis.) e 20, 24 (III 41 Preis.), citati dal Quandt, è riferito alla Luna e a Diana. LVI Altra testimonianza del sincretismo orfico: Adonis è un nume della vegetazione come Dioniso e rivela una chiara affinità con Pan e Fanes; come Dioniso è chiamato Eubuleo (v. inno XXX 6, XLII 2, LII 4...). Sul culto di Adonis cfr. R. Pettazzoni, I misteri, Bologna 1924, 212.

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LVII Secondo una tradizione più antica Hermes era figlio di Zeus e di Maia (cfr. XXVIII 1). Qui la figura di Hermes è ridotta alla pura funzione di psicopompo; per gli altri aspetti di hermes cfr. W. Otto, Gli dèi della Grecia, trad, ital., Firenze 1944, p. 127 ss. LIX Le Moire (le Parche dei latini) sono, per Esiodo, Theog. 217, ora le figlie della Notte, ora (ib. 905, 906) le figlie di Zeus e di Temi. LXII Dike è la giustizia in se stessa, divinizzata, una delle Hore, alle quali è dedicato l'inno XLIII; Giustizia, alla quale è dedicato l'inno seguente, è la giustizia pratica, nella sua realizzazione. Ottino e Lorente traducono con "equità" (in greco il termine esatto di "equità" è ....: cfr. Aristotele, Eth. Nic. V 10, 1137 b). Nell'inno X 13 è detta ... la Natura. v. 2: In ambedue gli inni dedicati alla Giustizia sono evidenti gli influssi dell'etica stoica: cfr. Zd. Baudnik, Ein Beitr. zur Analyse und datierung der orph. Hymnensamml. (1905) p. 12 ss. LXIII Le Hore sono le guardiane delle porte del cielo e ancelle degli dèi; delle tre soltanto la prima, Dike, ha una grande importanza ne Le Opere e i Giorni, 256-266 di esiodo. Ad essa è dedicato l'inno LXII. LXIV La più antica menzione di un .... nella religione orfica è contenuta in una laminetta d'oro del sec. II d.C., scoperta a Roma e conservata nel Museo britannico di Londra (edd. più recenti: A. Olivieri, Lam. aur. prph. p. 18; Kern, p. 108; Viene pura da puri, o degli inferi regina, o Eukles ed Eubuleo, una nobile figlia di Zeus; ho da Mnemosyne questo dono celebrato dagli uomini. "Cecilia Secundina, entra, ormai dea per la legge (....)".

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Qui la legge è l'.... che si trovava all'entrata del tempio e conteneva il rituale del culto. Ma nella teologia rspsodica il Nomos è collegato a Dike (su cui vedi l'inno LXII e la nota al v. 36 della "preghiera"): Dike è detta figlia del Nomos superiore (.......; cfr. v. 2 .....) e di Eusebia (Ermia, In Plat. Phaedr. 247 d; 248 c); e Nomos è detto "paredro di Zeus" (Proclo, In Plat. Alcib. I p. 499, 2 Cousin); vedi anche Proclo, In Tim. II 96; il Petersen cita Crisippo, De lege (ap. Marciano, In l. Dig. de legibus I 3). LXV Anche nella "preghiera" Ares ed Hefesto sono vicini, ma Ares, al contrario di Hefesto, incontra anche nell'inno che gli è dedicato quella profonda disapprovazione che in Omero (Il. 20, 78; 17, 210; 5, 890; 4, 440...) si è già espressa in maniera così evidente; qui ad Ares sono preferite le opere di Lieo (= il liberatore Dioniso) e di Deò (Demeter). Cfr. XL 1; XXIII 5; XXXIX 7; LI 16. LXV 8. LXVI Hefesto acquista negli inni quell'importanza che, secondo W. Otto, op. cit. p. 197, non possedeva in Omero. Nei vv. 6-7 l'etere, il sole, la luce, gli astri diventano senz'altro "le membra di Hefesto", come avviene, a maggior ragione, nell'inno a Zeus, conservatoci da Eusebio, Praep. evang. III 9 p. 100 a-105, e da Stobeo, Eclog. I 23 (= fr. 123 Abel; 168 Kern). Per la grande importanza che esso ha avuto presso i neoplatonici e gli stessi cristiani - nel Rinascimento è tradotto e commentato (Marsilio Ficino, Epist. IX p. 934 del I vol. Basilea 1576; F. Zorzi, De harmonia mundi totius cant., Venezia 1521, cant. I, ton. 8, c. 2) - lo riporto integralmente in nota: Zeus è primo, Zeus ultimo, signor della folgore, Zeus capo, Zeus mezzo, da Zeus ogni cosa deriva, Zeus è maschio, Zeus è vergine immortale, Zeus sostegno della terra e del cielo stellato, Zeus respiro di tutti i viventi, Zeus impulso dell'indomabile fuoco, Zeus radice del mare, Zeus sole e luna; Zeus re, Zeus di tutte le cose primo genitore; una è la potenza, uno il nume, il grande capo di tutti, uno il corpo regale in cui tutte queste cose si aggirano, il fuoco, l'acqua, la terra e l'etere, la notte e il giorno, e Metis, primo genitore, ed Eros giocondissimo: poichè tutte queste cose giacciono nel grande corpo di Zeus. Suo capo e suo volto, bello a vedere, è il cielo fulgente e d'attorno auree chiome di scintillanti stelle fluttuano meravigliose;

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d'ambo i lati egli ha due dorate corna di toro, l'oriente e l'occaso, vie degli iddii celesti; occhi sono il sole e, a lui opposta, la luna, sua non fallace mente è il regale incorruttibile etere, con cui tutto ode e comprende, né sorge mai rumore o grido o accanto o voce che sfugga alle orecchie di zeus, del possente Cronide. Questo è il suo capo immortale e il suo pensiero, cosiffatto è il suo corpo raggiante, incrollabile, immenso, saldo, robusto e potente. Gli omeri e il petto e l'ampia spalla del dio è l'aria vigorosa; ali gli crebbero con cui vola dovunque, ed è suo grembo sacro la Terra, madre di tutti, e gli alti vertici dei monti; zona mediana è il flutto del fragoroso pelago e del mare; sono piante dei piedi le profonde radici del suolo e il Tartaro cupo e gli estremi confini del mondo. Ma dopo aver tutto nascosto, alla luce gioconda di nuovo si accinge a farlo uscire dal seno, mirabili cose operando. LXIX Le Erinni nacquero, secondo Esiodo, Theog. 182-185, dalle gocce di sangue di cui si impregnò la Terra, dopo la mutilazione di Urano. Come esecutrici delle leggi del destino, esse diventano qui le moire (cfr. inno LIX). Alle Erinni, chiamate eufemisticamente Eumenidi ("benevole"), è dedicato l'inno seguente, in cui esse sono dette figlie di Zeus e di Persefone. LXXI Soltanto da questo inno, di assai difficile lettura, veniamo a sapere che Melinoe era figlia di Plutone e di Prosperina; pare che si tratti di una dea molto simile a Hecate. Chi volesse saperne di più veda Real enc., Suppl. Band XV (1978) 133-134, s.v. LXXII In Esiodo, Theog. 360, Tiche è una delle Oceanine; nell'inno omerico A Demeter, 420, è una delle compagne di Persefone che "vanno cogliendo fiori stupendi nel prato". LXXV

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La storia di Melicerta, diventato Palemone, dio marino, e di Ino, diventata Leucotea, dea marina (cfr. inno LXXIV), è narrata da Ovidio, Metam. IV 416 ss. LXXVIII Eos (Aurora), in Esiodo, Theog. 371 ss., è figlia di Theia e di Hiperione e sorella di helios e di Selene. LXXIX Temi, figlia di Urano e Gaia, dea della giustizia, è ricordata nella "preghiera" v. 23 come "profetessa degli uomini" e nell'inno XLIII come madre delle Hore. In questo inno essa è considerata come fondatrice degli oracoli apollinei. Cfr. Servio, In Verg. Aen. IV 246. LXXX A Borea, vento del nord, a Zefiro, vento dell'est, e a Noto, vento del sud, sono dedicati rispettivamente gli inni LXXX, LXXXI, LXXXII. Di questi tre venti, come di stirpe divina, che sono "di grande vantaggio per gli uomini", parla Esiodo, Theog. 870-871, mentre gli altri, che provengono da Tifeo, sono irregolari e dannosi. LXXXIII Oceano è, già in Omero, Il. 14, 201, 246, 302, il grande fiume che circonda tutta la terra. LXXXIV Hestia, primogenita di rea e di Crono, è identificata alla Madre degli dèi nell'inno XXVII 9; in Euripide, fr. 944 Nauck (e cfr. Bacc. 275-276) è assimilata a Gaia e demetra. E' la tipica dea vergine "sedentaria", che non abbandona mai "le alte dimore degli dèi immortali" e incarna la sacralità del fuoco. Il pitagorico Filolao dava il nome di Hestia (= focolare) al fuoco centrale intorno al quale vanno roteando la terra e i corpi celesti. Ma essa è anche il centro dell'universo. Platone, Phaedr. 246 e-247 a: "Zeus, il reggitore supremo del cielo, spingendo il suo cocchio alato, s'avanza per primo ordinando tutto con la sua provvidenza, seguito da un esercito di dèi e di demoni, disposti in undici schiere; sola rimane (....) Hestia nella dimora divina" (in Cratilo 401 c-d, Hestia è assimilata a ... (= essenza); e cfr. Plotino, IV 4, 27). Per Plutarco, De primo frig. 21, gli antichi hanno

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chiamato Hestia la Terra, cioè colei che "resta" nel santuario degli dèi, a causa della sua inalterabile stabilità. LXXXV Questo inno (non meno dei due segg.) non si può considerare, né per la forma né per il contenuto, attinente a quell'ambiente orfico di cui sono evidente manifestazione la maggior parte degli Inni. E' assente la litania degli epiteti divini; l'invocazione ha uno svolgimento logico e discorsivo; di "mistico" o meglio di rituale non ci sono che i due ultimi esametri generici e insignificanti. Del resto, Hypnos non sembra essere divinità della teologia orfica (un accenno a ..... nel fr. 149 lo puoi confrontare col v. 3); veramente in Nonno esso è, più che una semplice personificazione del Sonno, il ministro di Afrodite (XLVIII 752 ....) e complice del connubio di Dioniso e Aura nonchè dell'imeneo di Ariadne (XLVIII 635 ....). Come tale, esso appare in un famoso dipinto pompeiano, sul quale furono discordi i pareri degli interpreti (cfr. V. Macchioro, Il dio degli Orfici, in Orfismo e Paolinismo, Foggia 1982 p. 193 sg.); ma di codesti elementi mitologici non v'è traccia nel nostro inno. LXXXVII La morte, nella concezione orfica della vita, in quanto riscatta l'anima dall'impurità corporea, è la suprema iniziazione (Plutarco, De fac. in orbe lun. 28, osservava che c'è una stretta analogia fra le parole greche che significano "morire" e "iniziarsi"): perciò gli inni XI, XIII, XX, XXV, XXVIII, XXXV, XXVIII, XXXV, LVII, LXVII, LXXIII chiedono alla divinità invocata il dono di una buona morte. Ma in questo inno la morte non ha nessun significato mistico: indubbiamente esso è entrato a far parte della raccolta orfica soltanto per gli scarsi elementi liturgici degli ultimi tre versi. v. 3: ....- il Rostagni, Il verbo di pitagora, Genova 1982 pp. 58-59, 101, confrontando col fr. 12 di Filolao, considera ... come un termine tecnico del pensiero orfico-pitagorico: ... è l'elemento divino, l'etere o anima del mondo, che sostiene il cosmo (cfr. inno V 2: l'etere è detto ....); nell'uomo è il dèmone o anima. Ma per fare di .... un termine tecnico mancano purtroppo i testi; e l'unico esempio, offerto dal nostro inno, è quanto mai problematico. NOTA BIBLIOGRAFICA 1. I manoscritti.

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Sono trentasette i manoscritti degli Inni Orfici che ci sono pervenuti; i più importanti sono: Ambrosianus 11 (1509); Ambrosianus 425; Ambrosianus 734; Ambrosianus 845; Harleianus 1752; Laurentianus XXXII 45 (sec. XV); Laurentianus aedil. 220; Laurentianus LXX 35 (sec. XV); Leidensis Vossianus 59; Marcianus 406; Marcianus 480 (fondo del card. Bassarione); Marcianus 519; Matritensis 24 (1464); Mutinensis W 5. 16 (III E 11 = 164) (sec. XV); Neapolitanus 167 II F 10; Parisinus 2763; Parisinus suppl. 1095; Vaticanus 1691. Nessun ms. è posteriore al 1550. 2. Le edizioni Orphei Argonautica, Orphei et Procli Hymni, Florentiae, ap. lunctam 1500 (ed. princeps); Venetiis, ap. Aldum 1517; Florentiae, ap. Iunctam 1517; 1540; Venetiis, ap. Farream 1543; Parisiis, ap. Fuggerum 1566 (a cura di h. Stephanus); Colon. Agripp. 1602 (soltanto gli I. O.); Aureliae Allobr. 1606; Traiecti ad Rhenum 1689 (a cura di A.C. Eschenbach; .....Orphei Argonautica, hymni, libellus de lapidibus et fragmenta cum notis H. Stephani et A.C. Eschenbachii..., Lipsia 1764; la stessa, nella recensio di H. Hermann, Lipsia 1805; ...., by I. Hibbert, London 1827; Orphica, Lipsiae, ex typis Tauchnitii 1829; 1876; Orphica, recensuit I. Abel, Lipsiae et Pragae 1885; Orphei Hymni, ed. W. Quandt, Berlin 1941, 1962: edizione perfetta, che ho accolto, salvo rare varianti. 3. Le traduzioni. La prima traduzione latina degli Inni Orfici è indubbiamente quella di Marsilio Ficino che li tradusse prima del 1463, ma non volle pubblicarla per le ragioni cui abbiamo già accennato nell'introduzione: secondo il Baldini, Catal. cod. lat., II, col 240 ss., il Della Torre, Storia dell'Accad. Fiorent. p. 537, e il Kristeller, Supplementum Ficinianum, I p. 10, sarebbe quella contenuta nel cod. Laurentianus XXXVI 35 (sec. XV); anche il cod. Vaticanus lat. 6891 (sec. XVI) contiene un'anonima traduzione latina degli I.O., che si potrebbe attribuire, non meno dell'altra, al Ficino. Altre traduzioni latine: di R. Perdrier, Basilea 1555, e di G.G. Scaligero, Parigi 1610; anonima, la trad. latina di 80 inni (mancano i primi sette e la "preghiera") pubblicata col testo greco a fronte insieme con le opere di Esiodo e gli Inni di Proclo, a cura di A. Zanolini, Padova, Tipogr. del Seminario 1747 (II ed. 1772). Questa edizione contiene anche la traduzione italiana di A. M. Salvini, ripubblicata, senza il testo greco e la trad. latina, sempre a padova, 1773. Altra traduzione italiana: di E. Ottino, Torino 1855 (l'Ottino ricorda anche le trad. ital. del Capponi e del Figliucci, di cui non so nulla).

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Traduzioni tedesche: di G. C. Tobler, in "Schweitzersches Museum" I (1783-84), II (1784); di D. K. Ph. Dietsch, Erlangen 1822; di J. O. Plassmann, Jena 1928. traduzioni inglesi: di Th. Taylor, Londra 1787; di A. N. Athanassakis, Missoula, Montana 1977. Traduzione spagnola: di M. Periago Lorente, insieme con la Vita di pitagora di Porfirio e l'Argonautica ps. orfica, Madrid 1987 (il Lorente cita, con varie riserve, una "traduzione" spagnola di Josefina Maynadè, Mexico 1973). 4. Bibliografia. Alderink L.J., Creation and Salvation in Ancien Orphism, in "American Class. stud." VIII, Chic. Cal. Scholars Pr. 1981. Baudnik Zd., Ein Beitrag zur Analyse und Datierung der orphischen Hymnensammlung, "Jahresbericht des Staats-Obergymnasiums in Krumau" 1905. Bauzà H.F., La natura del canto di Sileno, "Sileno" XIII 1987, pp. 21-31. Buchsenschutz B., De hymnis Orphicis, diss. Berlin 1851. Casadio G., Adversaria Orphica. A proposito di un libro recente sull'Orfismo, "Orpheus" VIII 1987, 381-395 (sul libro di Alderink). Dieterich A., De hymnis Orphicis capitula quinque, Marburg 1891. Fabricius I.A., Bibliotheca Graeca, ed. IV, Hamburg I, 1790. Forderer M., Der orphische Zeushymnus, "Festschrift W. Marg", Munchen 1981. Gerlach I.G.C., De hymnis Orphicis, diss. Gottingen 1797. Gigli Piccardi D., Sul fr. 37 degli Oracoli Caldaici, "Prometheus" XII 1986 pp. 267-281 (elementi orfici). Giseke B., Das Verzeichnis der Werke des Orpheus bei Suidas, "Rhein. Museum" VIII 1853, 70 sgg. Giangrande G., Addendum, Orph. Hymn. 81, 2-4, "Quaderni urbinati di cultura classica", Roma 1979, n. 32, 131-33. Gruppe O., Die griech. Culte und Mythen in ihr. Beziehungen zu den oriental. Religionen, Leipzig 1887, pp. 554-558. -- Die rhapsodische Theogonie und ihr. Bedeutung innerhalb der orphisch. Literatur. "Jahrb. fur Klass. Philol.", supp. 17 (1890) 728-738. --Orphische Hymnen. "Roscher Mythol. Lexikon" III 1149-1154. Guthrie W.K.C., Epithets in the Orphic Hymns. "The Class. Rev." XLIV 1930, 6. --Orpheus and Greek Religion, London 1935. Hauck M., De hymnorum Orphicorum aetate, "Breslauer philol. Abhandl." 43.

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Dioniso annuale, LIII, 139 Dioniso Bassareo, XLV, 123 Dioniso Leneo, L, 133 Dioniso Licnito, XLVI, 125 Dioniso Pericionio, XLVII, 127 Dioniso triennale, LII, 137 Eos, LXXVIII, 191 Erinni, LXIX, 173 Eros, LVIII, 151 Etere, V, 33 Eumenidi, LXX, 175 Giustizia, LXIII, 161 Hecate, I, 25 Hefesto, LXVI, 167 Helios, VIII, 39 Hera, XVI, 59 Heracle, XII, 51 Hermes, XXVIII, 85 Hermes infernale, LVII, 149 Hestia, LXXXIV, 203 Hipta, XLIX, 131 Hore, XLIII, 119 Igea, LXVIII, 171 Leto, XXXV, 101 Leucotea, LXXIV, 183 Madre degli dèi, XXVII, 83 Mare, XXII, 73 Melinoe, LXXI, 177 Mise, XLII, 117 Mnemosine, LXXVII, 189 Moire, LIX, 153 Morte, LXXXVII, 209 Muse, LXXVI, 187 Natura, X, 43 Nemesi, LXI, 157 Nereidi, XXIV, 77 Nereo, XXIII, 75 Nike, XXXIII, 95 Ninfe, LI, 135 Nomos, LXIV, 163 Noto, LXXXII, 199 Notte, III, 29 Nuvole, XXI, 71 Oceano, LXXXIII, 201

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Palemone, LXXV, 185 Pan, XI, 47 Persefone, XXIX, 87 Plutone, XVIII, 63 Poseidon, XVII, 61 Proteo, XXV, 79 Protirea, II, 27 Protogono, VI, 35 Rea, XIV, 55 Sabazio, XLVIII, 129 Selene, IX, 41 Semele, XLIV, 121 Sileno, LIV, 141 Sogno, LXXXVI, 207 Sonno, LXXXV, 205 Temi, LXXIX, 193 Terra, XXVI, 81 Tiche, LXXII, 179 Titani, XXXVII, 105 Urano, IV, 31 Zefiro, LXXXI, 197 Zeus, XV, 57 Zeus folgorante, XIX, 65 Zeus lampeggiante, XX, 69 INDICE Introduzione Pag. 7 Orfeo a Museo " 21 1. (A Hecate) " 25 2. A Protirea " 27 3. Alla Notte " 29 4. A Urano " 31 5. All'Etere " 33 6. A Protogono " 35 7. Agli Astri " 37 8. A Helios " 39 9. A Selene " 41 10. Alla Natura " 43 11. A Pan " 47 12. A Heracle " 51 13. A Crono " 53 14. A Rea " 55

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15. A Zeus " 57 16. A Hera " 59 17. A Poseidon " 61 18. A Plutone " 63 19. A Zeus folgorante " 65 20. A Zeus lampeggiante " 69 21. Alle Nuvole " 71 22. Al Mare " 73 23. A Nereo " 75 24. Alle Nereidi " 77 25. A Proteo " 79 26. Alla Terra " 81 27. Alla Madre degli dèi " 83 28. A Hermes " 85 29. Inno a Persefone " 87 30. A Dioniso " 89 31. Inno ai Cureti " 91 32. Ad Athena " 93 33. A Nike " 95 34. Ad Apollo " 97 35. A Leto " 101 36. Ad Artemide " 103 37. Ai Titani " 105 38. Ai Cureti " 107 39. Al Coribante " 111 40. A Demetra Eleusina " 113 41. Alla Madre Antea " 115 42. A Mise " 117 43. Alle Hore " 119 44. A Semele " 121 45. Inno a Dioniso Bassareo triennale " 123 46. A Licnito " 125 47. Al Pericionio " 127 48. A Sabazio " 129 49. A Hipta " 131 50. Al liberatore Leneo " 133 51. Alle Ninfe " 135 52. A Bacco triennale " 137 53. A Dioniso annuale " 139 54. Al Satiro Sileno e alle Baccanti " 141 55. Ad Afrodite " 143 56. Ad Adonis " 147 57. A Hermes Infernale " 149 58. A Eros " 151

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59. Alle Moire " 153 60. Alle Chariti " 155 61. Inno a Nemesi " 157 62. A Dike " 159 63. Alla Giustizia " 161 64. Inno a Nomos " 163 65. Ad Ares " 165 66. A Hefesto " 167 67. Ad Asclepio " 169 68. A Igea " 171 69. Alle Erinni " 173 70. Alle Eumenidi " 175 71. A Melinoe " 177 72. A Tiche " 179 73. Al Demone " 181 74. A Leucotea " 183 75. A Palemone " 185 76. Alle Muse " 187 77. A Mnemosine " 189 78. A Eos " 191 79. A Temi " 193 80. A Borea " 195 81. A Zefiro " 197 82. A Noto " 199 83. All'Oceano " 201 84. A Hestia " 203 85. Al Sonno " 205 86. Al Sogno " 207 87. Alla Morte " 209 Note " 211 Nota bibliografica " 251 Indice alfabetico degli Inni " 257 Stampato nel mese di gennaio 1992 dal Consorzio Artigiano "L.V.G." - Azzate (Varese) ISBN 88-85405-31-2

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