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Domenica 22 marzo 2020

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SommarioN. Data Pag Testata Articolo Argomento1 22/03/2020 10 MESSAGGERO VENETO «ORA MASCHERINE PER TUTTI» GLI INFETTATI SALGONO A 790 SANITÀ LOCALE2 22/03/2020 3 IL PICCOLO I SINDACATI SI APPELLANO AL PREFETTO TAMPONI A TAPPETO ALL'ASUGI SANITÀ LOCALE3 22/03/2020 30 IL GAZZETTINO DI PORDENONE OSPEDALE, L'APPELLO: GARANZIE PER LAVORARE IN SICUREZZA SANITÀ LOCALE

4 22/03/2020 27 MESSAGGERO VENETO PORDENONE OSPEDALE E RSA A SAN VITO, NUOVI CONTAGI TRA I POSITIVI ANCHE L'ASSESSORERADIOLOGO SANITÀ LOCALE

5 22/03/2020 4, 5 MESSAGGERO VENETO «LA SERRATA È NECESSARIA E UN ANNO DA TASSE ZERO PER SALVARE L'ECONOMIA» SANITÀ LOCALE6 22/03/2020 28 IL GAZZETTINO DI PORDENONE RIANIMAZIONE DELL'OSPEDALE IN CODA PER FARE DONAZIONI SANITÀ LOCALE7 22/03/2020 2 IL PICCOLO «MASCHERINE GRATIS A TUTTI I CITTADINI» IN REGIONE 790 CONTAGIATI E 42 MORTI SANITÀ LOCALE8 22/03/2020 41 MESSAGGERO VENETO TAMPONI SU PRENOTAZIONE DA MERCOLEDÌ IN UN CONTAINER SANITÀ LOCALE9 22/03/2020 33 IL PICCOLO ED. GORIZIA LA CROCE ROSSA SUPER IMPEGNATA CHIEDE SOSTEGNI SANITÀ LOCALE

10 22/03/2020 12 IL PICCOLO L'INIZIATIVA #IORESTOACASAERACCONTO «LA VALIGETTA LACCATA DI BIANCO E QUEICEROTTI CHE USEREI OGGI» SANITÀ LOCALE

11 22/03/2020 28 IL GAZZETTINO DI PORDENONE APPARTAMENTO GRATIS A MEDICI E INFERMIERI IMPEGNATI CON IL VIRUS SANITÀ LOCALE12 22/03/2020 41 MESSAGGERO VENETO CASA DI RIPOSO: I CONTAGIATI SALGONO A 18 SANITÀ LOCALE

13 22/03/2020 31 IL PICCOLO LA PROCEDURA BUROCRATICA NUOVA PROPRIETÀ PER 217 MEZZI: ASUGI SPENDE OLTRE 18MILA EURO SANITÀ LOCALE

14 22/03/2020 23 IL GAZZETTINO DI PORDENONE ALLARME NELLE CASE DI RIPOSO: SONO GIÀ TRE QUELLE COLPITE DAL VIRUS SANITÀ LOCALE15 22/03/2020 40 MESSAGGERO VENETO DECIMO MORTO ALL'OSPIZIO DI MORTEGUANO SANITÀ LOCALE

16 22/03/2020 8 IL PICCOLO LA SITUAZIONE NELLA DESTRA ISONZO IL QUINTO CASO POSITIVO SCUOTE GRADISCASAGRADO REGISTRA IL SUO PAZIENTE UNO SANITÀ LOCALE

17 22/03/2020 22 IL GAZZETTINO DI PORDENONE IL VIRUS NON MOLLA LA PRESA QUATTRO MORTI, OGGI SERRATA SANITÀ LOCALE18 22/03/2020 34 MESSAGGERO VENETO GARA DI SOLIDARIETÀ PER L'OSPEDALE CITTADINO SANITÀ LOCALE19 22/03/2020 8 IL PICCOLO SALGONO A 17 I CONTAGIATI A GORIZIA GIÀ INDIVIDUATI TRE CEPPI DISTINTI SANITÀ LOCALE

20 22/03/2020 31 MESSAGGERO VENETO PORDENONE L'INFERMIERA SI PRIVA DELL'ABBRACCIO AI FIGLI «VIVO NELL'ANSIA DIETRO LAMASCHERINA» SANITÀ LOCALE

21 22/03/2020 11 MESSAGGERO VENETO BRIZ: SONO GUARITA, PENSO A TUTTI VOI. NON FATEVI PRENDERE DALLA PAURA SANITÀ LOCALE22 22/03/2020 6 IL PICCOLO AL CRUA DI MONFACONE L'ALLERTA DI BARBINA: «GLI ESP SANITÀ LOCALE23 22/03/2020 22, 2 IL GAZZETTINO DI UDINE PREOCCUPANO I FOCOLAI NELLE CASE DI RIPOSO SANITÀ LOCALE24 22/03/2020 29 MESSAGGERO VENETO PORDENONE TERAPIE ONCOLOGICHE AMBULATORIALI TRASFERITE DA PORDENONE AL CRO SANITÀ LOCALE

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«Ora mascherine per tutti» Gli infettati salgono a 790 Pressing del governatore Fedriga a Roma. Il numero dei decessi arriva a 42

Luana de Francisco/UDINE

Servono disperatamente e ad averle devono essere tut­ti i cittadini. È una corsa con­tro il tempo e anche contro il più banale degli ostacoli, la penuria di pezzi su scala na­zionale, quella che il gover­natore Massimiliano Fedri­ga sta facendo per riuscire a trovare e distribuire le ma­scherine alla popolazione, medici e infermieri in pri­mis. Un «pressing» che la de­putata dem, Debora Serrac-chiani, considera tuttavia «inutile», data la «competen­za primaria» attribuita in ma­teria alla Regione dallo scor­so 22 febbraio. Da quando, cioè, il Paese è finito nella morsa di Covid-19. E che l'as­sessore regionale alla Sani­tà, Riccardo Riccardi, ribadi­sce invece essere necessario «su di Roma e non certo sul­la Regione», vista «l'emer­genza pandemica» in atto.

Un'emergenza che in Friu­li Venezia Giulia, a fine gior­nata, ha portato a quota 790 i contagiati, cioè 135 in più rispetto a venerdì, e a 42 il numero dei morti, compren­sivo dei 4 registrati ieri. E mentre si contano 73 guari­ti, i pazienti complessiva­mente ricoverati negli ospe­dali sono 152, di cui 46 in te­rapia intensiva, e 477 le per­sone rimaste in isolamento domiciliare.

Bollettino alla mano, la priorità era e resta evitare oc­casioni di contagio. «Per le mascherine al personale sa­

nitario continuiamo a insi­stere con lo Stato, dal quale però dobbiamo riceverle. Per tutti gli altri, abbiamo ot­tenuto una deroga alle carat­teristiche, per poterle pro­durre in Fvg», avevano co­municato Fedriga e il suo vi­ce Riccardi nel pomeriggio, precisando i termini dell'av­viso per una manifestazione d'interesse diramato vener­dì dalla Protezione civile re­gionale ai fornitori di ma­scherine, anche senza mar­chio "Ce". «L'obiettivo è for­nire, gratuitamente e il pri­ma possibile, a ciascun citta­dino della regione due ma­scherine lavabili e riutilizza­bili - hanno annunciato -, in grado di contenere particel­le salivali e di ridurre quindi la diffusione del contagio da coronavirus».

Mai più senza, insomma, neppure quando si esce per andare in fabbrica e a fare la spesa. «Se da una parte stia­mo facendo un pressing quo­tidiano sulla gestione com­missariale per ottenere i di­spositivi di protezione indivi­duale destinati a far lavora­re in sicurezza il personale sanitario - hanno spiegato -, dall'altra è necessario che anche chi ogni giorno va al lavoro, al supermercato o in farmacia sia dotato di ma­scherine che, seppur in mo­do diverso rispetto a quelle date al personale sanitario, siano in grado di contenere le particelle di saliva».

Parliamo di mascherine realizzate in materiale lava­

bile in soluzione allo 0,5 per cento di ipoclorito di sodio a freddo, per almeno 20 cicli, senza perdita delle caratteri­stiche iniziali. A lungo riuti­lizzabili, quindi. Da qui, l'av­viso cui la Regione conta se­gua un riscontro in tempi strettissimi. «L'auspicio è che questo avviso stimoli la produzione di mascherine -la conclusione di Fedriga e Riccardi - e che dalla prossi­ma settimana sia possibile ri-

L'obiettivo è produrle e distribuirle alla popolazione la settimana prossima fornire tutti i cittadini, attra­verso i volontari della Prote­zione civile».

Eppure, a sentire Serrac-chiani, è proprio la Protezio­ne civile regionale che «avrebbe potuto procedere con acquisti in deroga, quan­do ancora le mascherine si trovavano sul mercato». Sen­za gara, quindi, visto che «la Regione ha competenza pri­maria sui dispositivi di prote­zione individuale, come le mascherine, appunto, dal 22 febbraio», ricorda. «Ora non ce ne sono nemmeno per i medici, il Governo sta intervenendo in supplenza e non serve pressing», osserva Serracchiani. «Vista la com­petenza esclusiva della Re­gione - spiega la deputata -, i materiali forniti dallo Stato dovrebbero essere aggiunti­vi». Immediata la replica di Riccardi: «La Regione si è

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mobilitata per far fronte al venisse su base nazionale fabbisogno, anche se sareb- con una strategia chiara, ce-be preferibile che la risposta lere e ordinata». —

CDRIPRODUZIONERISERVATA

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Cgil, Cisl e Fials chiedono test e protezioni adeguate a tutto il personale Poggiana; «Prove solo con sintomi». L'assessore: sui dpi mani legate

I sindacati si appellano al prefetto «Tamponi a tappeto all'Asugi» IL CASO

C inquecento sanitari in osservazione all'A-sugi dopo essere en­trati in contatto con

pazienti positivi al coronavi-rus senza adeguate protezio­ni. E i sindacati scrivono al commissario di governo Vale­rio Valenti per domandare che tutto il personale Asugi sia sot­toposto a tampone e fornito di mascherine per lavorare in si­curezza.

Cgil, Cisl e Fials partono dal­la «gravissima situazione del reparto di Geriatria del Mag­giore, dove la quasi totalità del personale sarebbe risultato po­sitivo e una delle colleghe si troverebbe in rianimazione».

Ma il problema dei contagi certi o potenziali dei professio­nisti della sanità è esteso: «Ab­biamo chiesto ali Asugi che tut­to il personale sia sottoposto a tampone e venga garantita la dotazione di idonei dpi. Non sappiamo se nel caso di Geria­tria sia stata garantita questa condizione. Ad aumentare l'apprensione si aggiunge l'a­naloga situazione della casa di

riposo comunale Serena a Trie­ste». Il direttore generale Asu­gi Antonio Poggiana esclude tamponi a tappeto: «Il test vie­ne fatto a chi ha almeno un sin­tomo, come dicono le linee gui­da dell'Istituto superiore di sa­nità. Un negativo può infatti positivizzarsi anche il giorno dopo e quindi, in assenza di sintomi, bisogna aspettare il tempo di incubazione». Il vice­presidente Riccardo Riccardi dice invece di avere le mani le­gate sui dpi: «Dispositivi di pro­tezione e tecnologie dipendo­no dalla gestione centrale e so­no un problema in tutto il Pae­se». L'Azienda sanitaria sta at­tivando intanto un servizio di assistenza psicologica per i di­pendenti. L'unità di crisi che si riunisce ogni giorno vuole così mettere a disposizione degli operatori sotto stress fisico e mentale colloqui telefonici con gli psicologi in forza all'A-sugi. Ma per i sindacati l'urgen­za è la sicurezza. Secondo Fa­bio Pototschnig (Fials) «si capi­sce la necessità di coprire i tur­ni ma preoccupa il rischio di aumento di operatori positivi. Chiediamo mascherine ffp2 e ffp3, perché le chirurgiche

non sono adeguate. E devono essere considerati sia gli ospe­dalieri che il personale che la­vora nell'assistenza domicilia­re, entramdo nelle case senza sapere cosa trova». Alberto Pe-ratoner, presidente regionale dell'Aaroi-Emac, organizza­zione dei medici di anestesia e rianimazione, si augura che «non ci dicano la prossima set­timana che ora bastano le ma­scherine chirurgiche, che non sono invece sufficienti come protezione: stiamo usando le ffp2, ma sono sempre meno».

Un appello viene dall'ex as­sessore alla Salute Sandra Te-lesca, oggi coordinatrice di Ita­lia Viva: «Apprezziamo lo sfor­zo della Regione sulla terapia intensiva, ma allo stesso tem­po preoccupa molto il fenome­no degli operatori contagiati in aumento. Quanti sono gli operatori positivi negli ospeda­li, sul territorio e nelle struttu­re per anziani? Si valuti una ve­rifica a tappeto, per evitare che i positivi asintomatici con­tinuino a lavorare con gravi ri­schi per loro stessi e per gli al­tri».—

D.D.A.

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Ospedale, l'appello: garanzie per lavorare in sicurezza •I dipendenti chiedono di avere tutti i presidi •Indispensabile anche effettuare al più presto necessari per evitare qualsiasi possibilità di contagio la sanificazione degli ambienti della struttura

SACILE I dipendenti dell'ospedale

chiedono ai vertici dell'Azienda sanitaria di adottare tutti i prov­vedimenti necessari a garantire la massima sicurezza sul lavo­ro, sia quello svolto dal perso­nale amministrativo che quello socio - sanitario e del terziario. Le preoccupazioni sono state raccolte dai responsabili del Co­mitato "No tagli alla sanità" Lui­gi Zoccolan, del Movimento "Cittadinanza attiva per Sacile" Gianfranco Zuzzi e della Asso­ciazione per i "Diritti degli an­ziani", Paolo Riccio, diretta­mente dal personale.

SANITÀ E SICUREZZA Pur capendo l'oggettiva diffi­

coltà nel garantire un regolare approvvigionamento e una di­stribuzione dei dispositivi di protezione individuale che ga­rantisca il continuo ricambio necessario a fronteggiare una programmazione contro l'epi­demia che si preannuncia lun­ga, i tre chiedono «ai vertici, dell'AsFo di adottare tutti i provvedimenti necessari a ga­rantire la massima sicurezza sul lavoro alle varie categorie che operano nella struttura». I rappresentanti dei Comitati fanno presente che la carenza di mascherine, di camici mo­nouso, di guanti, di occhiali e vi­siere protettive e altri Dpi, è sta­ta evidenziata in tutti i siti dell'Azienda non solo negli ospedali ma anche nei Distretti territoriali e in altri Servizi di

comunità come i Centri diurni, Case di riposo, Rsa.

SANIFICAZIONE NECESSARIA Oltre alla garanzia di poter

disporre di materiale protetti­vo, nella Struttura polifunzio­nale sacilese, viene chiesta «una sanificazione radicale dei reparti, dei servizi ospedalieri, delle zone di transito e degli uf-

CARENZA DI MASCHERINE DI CAMICI MONOUSO DI GUANTI, OCCHIALI E VISIERE PROTETTIVE IN TUTTI I SITI DELL'AZIENDA

fici frequentati dagli utenti e dai pazienti, tenuto conto an­che che in uno dei reparti di Me­dicina di gruppo ha svolto l'atti­vità un medico che ha contratto il Covid-19». E su suggerimento dei dipendenti informano che «sarebbe quanto mai opportu­no collocare dei dispenser di gel sanificante per la mani in varie zone della struttura, come bagni, ascensori, reparti, porti­neria». Una iniziativa di preven­zione questa, che «viene messa

in atto normalmente anche nei supermercati e che dovrebbe, a maggior ragione, essere attiva­ta in una struttura sanitaria».

MALCONTENTO IN OSPEDALE Zuzzi, Zoccolan e Riccio rile­

vano che nei corridoi dell'ospe­dale serpeggia anche malcon­tento per non aver dato seguito

alla richiesta di effettuare i tam­poni faringei a tutti i dipendenti e operatori presenti nella strut­tura. Uno screening ritenuto in­dispensabile per garantire l'as­sistenza ai servizi in sicurezza senza il timore di contagiare utenti, colleghi e famigliari. «Mentre in altre realtà questo monitoraggio continuo è assi­curato per i dipendenti allo sco­po di far emergere anche situa­zioni che non sempre si eviden­ziano con sintomi clinici, ma con soggetti positivi asintomati­ci e pur sempre potenziali vei­coli di contagio, a Sacile - infor­mano - sino ad oggi non si è rite­nuto che questa sia una priorità per il personale in trincea. Di­versi hanno sottolineato che "ci sentiamo come soldati che com­battono al fronte a mani nude".

I DISSERVIZI Zuzzi, Zoccolan e Riccio rile­

vano che «in una situazione già di per sé problematica, si ag­giunge la notizia che vari medi­ci di famiglia non rispondono alle chiamate telefoniche dei lo­ro pazienti negli orari di ambu­latorio, creando evidenti disagi e proteste. Pur nella consapevo­lezza delle difficoltà del mo­mento, chiediamo all'ASfo di prodigarsi per andare incontro a questi disservizi trovando le soluzioni più idonee nell'inte­resse della comunità e di tutto il personale della sanità pubblica liventina, impegnato al massi­mo in questo difficile momento perii Paese»

Michelangelo Scarabellotto

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Ospedale e Rsa a San Vito, nuovi contagi Tra i positivi anche l'assessore radiologo Emilio De Mattio (lavori pubblici) in isolamento. Casi in aumento, disposti tamponi per gli ospitii dell'ospizio a Castions

Il virus avanza, in provincia di Pordenone, e si insinua nei luoghi più deputati a combat­terlo, gli ospedali e le Rsa, e in quelli da proteggere con maggiore attenzione per l'e­tà degli ospiti, le case di ripo­so.

QUI SAN VITO

Nelle ultime ore il centro più colpito è risultato San Vito al Tagliamento. Qui in ospeda­le, dopo il contagio di un diri­gente medico attivo anche nell'ospedale di Spilimbergo e di un paziente ricoverato in medicina, è risultato positi­vo al tampone un terzo opera­tore sanitario, il tecnico ra­diologo Emilio De Mattio, as­sessore ai lavori pubblici del comune sanvitese. Le sue condizioni, così come quelle degli altri due contagiati, non destano preoccupazio­ne e De Mattio si trova ora in isolamento domiciliare.

Quanto alla Rsa sanvitese, ubicata nello stesso edificio che ospita la casa di riposo (ma in diversi padiglioni), so­no risultati positivi due ospi­ti, un uomo e una donna. L'A­zienda sanitaria Friuli occi­dentale ha deciso di lasciarli nella struttura protetta.

Polemica, sul punto, la Cgil: «Non c'è un medico di notte - ha dichiarato in parti­colare Pierluigi Benvenuto -e se ci fosse bisogno di qualco­sa sarebbe necessario chia­mare la guardia medica. Ci sono reparti dedicati, sareb­be più sicuro accoglierli lì». Troppo alto il rischio di conta­gio, secondo il sindacato, se­

condo cui «manca una regia

aziendale».

QUI CASTIONS DI ZOPPOLA

Intanto alla casa di riposo di Castions di Zoppola le due anziane positive al coronavi-rus rimangono ricoverate in ospedale a Pordenone. En­trambe hanno altre patolo­gie e una versa in condizioni più gravi dell'altra. Bruno Ius, presidente della Fonda­zione Micoli Toscano, che ge­stisce la struttura, ha riferito che in casa di riposo verrà al­lestito un reparto apposito «per ospitare chi dovesse eventualmente manifestare sintomi riconducibili al vi­rus». Il reparto dovrebbe ave­re almeno dieci posti ed esse­re pronto all'inizio della pros­sima settimana. A oggi, se­condo quanto riportato da Ius, non ci sarebbero anziani o dipendenti con sintomi par­ticolari. «Provvederemo all'e­secuzione dei tamponi - pre­cisa il presidente - come pre­visto in situazioni come que­sta. Abbiamo anche intenzio­ne di affidare l'incarico per la sanificazione alla stessa ditta che ha operato in alcune case di riposo dell'Udinese». Gli ospiti sono in tutto 108, tutti

non autosufficienti, mentre i lavoratori, all'interno della struttura, sono una settanti­na. Sono già stati disposti i tamponi per i pazienti. Per gli operatori si procederà suc­cessivamente, sulla base di quelli che sono entrati a con­tatto con le persone risultate positive.—

R.PN.

IN TREFLASH

o Le cifre in provincia Sulla base dei dati recapita­ti ieri pomeriggio alla Prefet­tura di Pordenone, in pro­vincia risultano 147 pazien­ti positivi, di cui 49 ricovera­ti in ospedale (40 a Pordeno­ne, 8 a Udine, 1 a Trieste), 98 persone positive in isola­mento domiciliare, 359 in isolamento per contatti avu­ti con persone poi risultate positive, 506 persone coin­volte dall'inizio dell'emer­genza, 34 comuni su 50 con almeno un caso.

o I casi nei comuni Da segnalare, nelle ultime ore, un terzo caso di positivi­tà a Spilimbergo, un pazien­te seguito dal dottor Zava-gno, altri sette casi a Fiume Veneto, «tre dei quali - ha di­chiarato il sindaco Jessica Canton - collegati. L'asses­sore Maurizio Ramponi, a sua volta contagiato, è in netta ripresa. Non si rileva­no più assembramenti di persone». APorcia sono arri­vati a quota 17 i casi, così suddivisi: 7 persone positi­ve al tampone (2 ricoverate in ospedale), 10 in quarante­na domiciliare. A Pordeno­ne tutti pieni i 12 posti di te­rapia intensiva, con un pa­ziente trasferito a Trieste.

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«La serrata è necessaria e un anno da tasse zero per salvare l'economia» Intervista al presidente Fedriga a un mese dall'inizio della crisi sanitaria «La quarantena con l'impegno di tutti è il solo metodo per battere il virus»

MATTIAPERTOLDI

E^ sattamente due anni fa, era il 22 marzo an­che quella volta, Mass­

ai similiano Fedriga di­ventava il candidato presiden­te del centrodestra, scalzan­do Renzo Tondo, e aprendo quella campagna elettorale che, meno di due mesi dopo, 10 avrebbe portato a trionfare alle Regionali e a diventare governatore. A distanza di due anni lo scenario che si sta­glia di fronte al leghista è com­pletamente diverso da quello che si sarebbe mai aspettato. Fedriga non si deve più scon­trare, al momento, con avver­sari politici, ma, al pari del re­sto delle istituzioni mondiali, ha di fronte a sé un nemico subdolo e difficile da battere. 11 governatore ha scelto il pu­gno di ferro, anche di più del Governo e spesso anticipan­do le mosse di Roma, nel con­trasto al coronavirus e oggi lancia un chiaro, e inequivo­cabile, avviso ai naviganti: la serrata andrà avanti, con ogni probabilità, ben oltre il 3 aprile.

Presidente, qual è la situa­zione attuale?

«I dati a oggi dimostrano che le misure contenitive ser­vono, e basta vedere quello

che è successo a Vo' Euganeo, oppure nelle zone rosse della Lombardia per capirlo. Noi, come Regione, ci siamo mos­si anche prima del Governo e questo mi auguro possa aver aiutato nel contenimento del­la diffusione del virus. Certo fare previsioni è difficile, ma spero che questi contenimen­ti possano limitare i contagia­ti nelle strutture sanitarie, il vero problema di questa pan­demia».

Per questo ha conferma­to una serie di limitazioni più dura di quelle del Gover­no?

«Sì, perché dopo aver rile­vato quali sono i passaggi più critici, in relazione ai contatti interpersonali, abbiamo chie­sto al Governo, inutilmente, misure più stringenti di quel­le emanate dal ministro Ro­berto Speranza. Al di là della chiusura dei supermercati la domenica, quindi, specifi­chiamo noi come sia vietata qualsiasi attività fisica in luo­ghi pubblici: per cui o uno pos­siede un giardino, un campo, di proprietà o non potrà usci­re a correre e camminare».

Il sistema sanitario regio­nale è in grado di reggere a questa pressione?

«Al momento sì e ci stiamo muovendo verso la creazione di nuovi posti di Terapia in­

tensiva seguendo le previsio­ni scientifiche. Stiamo soddi­sfacendo le esigenze organiz­zandoci in anticipo rispetto al­le necessità. Ma non potremo continuare in eterno da soli e, dopo un certo limite, avremo bisogno delle attrezzature da Roma oppure sarà impossibi­le reggere. Stiamo predispo­nendo a Cattinara nuove aree di ricovero, per poter arrivare a 155 posti in Terapia intensi­va, ma senza i macchinari so­no inutilizzabili. Non abbia­mo respiratori, schermi o cen­traline per tutti: ce li deve for­nire il Governo».

Secondo lei è stato un er­rore centralizzare gli acqui­sti?

«In questo momento non mi sento di colpevolizzare il Governo vista la carenza, a li­vello internazionale, dei di­spositivi medici anche a cau­sa del comportamento di alcu­ni Paesi, come la Turchia, che si sono mossi in maniera scor­retta bloccando produzioni e trasferimenti verso l'Italia. Ma resta il fatto che questi di­spositivi manchino e dobbia­mo reperirli in qualche manie­ra».

In queste settimane in molti hanno attaccato l'ini­ziativa promozionale della Regione sugli skipass gra­tuiti. È pentito di averla lan-

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data? «Francamente mi pare una

stupidaggine. Intanto la criti­ca viene rivolta da persone che, in quei giorni, sosteneva­no la necessità di aprire tutto, scuole comprese, e mi hanno pure accusato di aver chiuso gli istituti nonostante non ci fosse nemmeno un caso di po­sitività in Friuli Venezia Giu­lia. Gli skipass gratuiti, inol­tre, erano riservati esclusiva­mente a chi alloggiava nelle strutture della regione e l'af­follamento di quel fine setti­mana è stato legato soprattut­to ai residenti. A gente del po­sto che, vista la nevicata, è an­data a sciare. Io quel giorno avrei anche chiuso gli impian­ti, ma il decreto governativo non comprendeva il Friuli Ve­nezia Giulia tra le aree dove era necessario bloccare tutto, tanto è vero che gli stessi affol­lamenti dello Zoncolan li ab­biamo visti anche a Cortina, in Trentino e pure in Tosca-

«Io avrei chiuso per un mese tutto, anche fabbriche e aziende non essenziali»

«Il sistema sanitario regge, ma a un certo punto avremo bisogno del materiale da Roma»

«Cerchiamo ogni giorno di anticipare i tempi della diffusione per essere sempre pronti»

na». Tornando all'attualità: il

vero dramma, da noi, sono lecase di riposo...

«Vero, sono aree critiche in cui avvengono contatti ravvi­cinati tra una platea di popola­zione molto debole tanto è ve­

ro che, purtroppo, i decessi in Friuli Venezia Giulia si regi­strano nella quasi totalità dei casi all'interno delle strutture per anziani. Abbiamo avviato protocolli specifici e anche formativi per gli operatori che, spesso, sono dipendenti di cooperative e magari non possiedono, sempre, una pre­parazione strettamente sani­taria».

Secondo lei il Governo prorogherà la chiusura an­che dopo il 3 aprile?

«Credo di sì. Penso sia qua­si impossibile riaprire tutto all'inizio del prossimo mese. Resto convinto che la soluzio­ne migliore sarebbe stata la chiusura totale, fabbriche non essenziali comprese, per un mese, un mese e mezzo. Adesso, invece, proseguire­mo con una lunga agonia dell'economia e senza una ve­loce risoluzione del proble­ma sanitario. Anche perché non abbiamo idea di quando avremo il picco dei contagi per quanto, personalmente, io sia convinto che registrere­mo un aumento dei casi alme­no fino alla prima settimana di aprile, se non di più».

Lei pensa a una stretta maggiore, ma alcuni consi­glieri come Furio Honsell e Walter Zalukar hanno già contestato la sua ultima or­dinanza...

«Mi spiace che ci siano an­cora persone che non si rendo­no conto di quello che stiamo affrontando. Non dico loro di andare in Lombardia a osser­vare la situazione, ma alme­no di guardare qualche filma­to. Non mi diverto a dire alla gente di non andare a corre­re, ma ho l'obbligo, come pre­sidente, di mettere in atto tut­te le misure necessarie a con­tenere la diffusione del vi­rus».

Ma come si stanno com­portando friulani e giulia­ni?

«Ingenerale direibene. Og­gi (ieri ndr) sono andato a Udine partendo da Trieste e ho visto strade e parchi vuoti ovunque, così come sì le file ai

«L'Unione europea ha promesso tanti soldi per gli Stati, ma non dimentichiamo i danni di Lagarde»

«Stiamo entrando in un mondo nuovo per le imprese e l'Italia deve recitare un ruolo da protagonista»

supermercati, ma con le debi­te distanze di sicurezza. È que­sto il metodo vincente per combattere, e sconfiggere, il virus e serve l'aiuto di tutti».

Una volta finita questa emergenza ci sarà anche quella, enorme, legata alla tenuta dell'economia...

«La crisi è già in atto, ma l'u­nico modo per uscirne è quel­lo di garantire un anno a im­poste zero per le aziende. Noi, come Regione, faremo tutto quello che potremo, ma non ci è consentito indebitar­ci per motivazioni legate alla spesa corrente. Lo Stato, inve­ce, ne ha tutto il diritto e tra l'altro, viste le ultime decisio­ni dell'Unione europea, final­mente senza limite. Ora, è ve­ro che così aumenteremo il debito pubblico, ma se doves­simo distruggere il sistema imprenditoriale italiano mi chiedo chi comprerà più i no­stri titoli di Stato»

Una sorta di pace fiscale annuale, quindi?

«Esatto. Puntare sull'econo­mia reale sarebbe un investi­mento per lo Stato. Finita que­sta emergenza ci troveremo in un mondo nuovo, dal pun­to di vista economico, e l'Ita-

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lia si deve riposizionare in un ruolo di forza, non riparten­do dalle proprie macerie».

L'Europa, però, sta final­mente prendendo le deci­sioni corrette, non trova?

«Le risorse che ha promes­so di mettere a disposizione degli Stati sono importanti, così come è corretta la sospen­sione del Patto di Stabilità.

Ma non possiamo dimenticar­ci le uscite infelici della Bce, a partire da quelle della sua pre­sidente Christine Lagarde, che hanno fatto volare lo spread e portare la Borsa a perdere il 17%».

Chiudiamo con un mes­saggio a tutti gli operatori della sanità che lavorano

giorno e notte? «Quello che stanno facen­

do, ormai, va oltre ogni obbli­go professionale, ma è diven­tata una missione umanita­ria. Io non posso che ribadire loro il ringraziamento assolu­to di tutta la Regione con la convinzione che, questa crisi, cambierà i paradigmi anche in sanità».—

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Rianimazione dell'ospedale In coda per fare donazioni GLI AIUTI

PORDENONE Privati, aziende, as­sociazioni, la corsa alla solida­rietà per sostenere l'ospedale Santa Maria degli Angeli di Por­denone è fatta di grandi e piccoli numeri. Tra cui il milione di eu­ro da parte di un donatore ano­nimo per sostenere la Terapia intensiva di Pordenone, erogato all'Azienda Sanitaria Friuli Occi­dentale (Asfo). Sono molte le do­nazioni arrivate in questi giorni a favore dell'ospedale, da priva­ti, azienda (come i 50mila euro da parte della Friulintagli e i lOOmila euro dalla Bcc Pordeno­nese e Monsile) ma anche asso­ciazioni tra cui i musulmani del Centro islamico della Comina che attraverso una colletta inter­na hanno raccolto 5mila euro che sarà destinata al Santa Ma­ria degli Angeli di Pordenone. «Vorremmo dare il nostro sup­porto ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari e ai volon­tari che stanno mettendo a ri­

schio la loro vita. Per difendere noi» spiegano i rappresentanti del Centro islamico. Denaro ma anche strumentazioni destinate all'Asfo «dimostrano la grande volontà di tanti che hanno a cuo­re la salute dei cittadini - com­menta il direttore generale Jose­ph Polimeni - Stiamo ricevendo molte donazioni di ogni genere di importo che Michele Chittaro direttore sanitario e Tommaso Pellis direttore del Dipartimen­to Emergenza e Cure intensive valuteranno come impiegare. L'urgenza è supportare la tera­pia intensiva, reparto ora più coinvolto, ma altrettanto fonda­mentale è la subintensiva e la programmazione del percorso post-intensivo che dovranno af­frontare i pazienti, specie i pluri-patologici anziani, una volta estubati. L'ospedale si sta riorga­nizzando anche su questo fron­te, siamo pronti ad affrontare la fase tre del piano, abbiamo au­mentato posti letti in terapia in­tensiva, ridotto se non annul&&ad7e5IM8pa2fè7igfo£feé6^006b883 interventi e attività ambulatoria- Valentina Silvestrini li». Le donazioni sono la coda ©RIPRODUZIONERISERVATA

lunga della grande raccolta fon­di lanciata il 10 marzo dai fratelli Marco e Valentino Zuzzi che sfiora i 250mila euro grazie a 3700 donazioni (da 5 euro a ol­tre 2000). Il denaro sarà "libera­to" giovedì (al netto della quota che si tratterà la piattaforma Go-FundMe) per essere devoluto poi alla Terapia intensiva. A es­sersi mossi per l'ospedale sono stati anche i Lions Pordenone Naonis che sempre su GoFund-Me hanno lanciato una seconda raccolta a favore del Pronto soc­corso e Medicina d'urgenza. A li­vello regionale è stata la Prote­zione Civile del Fvg, con la cam­pagna #ioaiuto (Iban IT47 W 02008 02230 000003120964, in­testato alla Regione Autonoma Fvg, Causale "Donazioni CORO­NA VIRUS FVG") a lanciare una raccolta fondi a sostegno dell'in­tero sistema sanitario regionale all'insegna del motto "Aiutaci ad aiutare" (stanziamenti detrai-bili per le persone fisiche, dedu-

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«Mascherine gratis a tutti i cittadini» In regione 790 contagiati e 42 morti La promessa di Fedriga e Riccardi. Obiettivo: garantirne due lavabili a ogni persona. Intanto la corsa dell'epidemia continua

Diego D'Amelio/TRIESTE

Le mascherine prodotte in Friuli Venezia Giulia su man­dato della Protezione civile saranno distribuite gratuita­mente a tutti i residenti della regione. Dopo l'annuncio sul bando che chiamava all'ap­pello imprese locali e non per la realizzazione di dpi in dero­ga alle norme sull'omologa­zione, il presidente Massimi­liano Fedriga e il vicepresi­dente Riccardo Riccardi fan­no come il Veneto e prometto­no la consegna di due ma­scherine a ogni cittadino per contribuire al contenimento del coronavirus. L'epidemia continua intanto la sua corsa in regione, con 790 casi positi­vi ( + 135), 42 decessi (+4), 152 ricoverati (+9) e 46 in te­rapia intensiva (+8).

Davanti al crescente nume­ro di professionisti in sorve­glianza dopo essere venuti a contatto con pazienti positivi in assenza delle protezioni necessarie, Fedriga e Riccar­di partono dal sottolineare che «stiamo facendo un pres­sing quotidiano sulla gestio­ne commissariale per ottene­re i dispositivi di protezione destinati a far lavorare in sicu­rezza gli operatori», ma per i quali resta obbligatorio il marchio Ce. Dopo una forni­tura di 200 mila mascherine, la Regione continua a chiede­re l'aiuto di Roma, perché «siamo coperti ancora per 5-6 giorni», ammette Riccar­di.

Non necessitano invece di omologazione i dpi per i co­muni cittadini. «Per il resto della popolazione - continua­no governatore e vice - abbia­mo ottenuto una deroga» e già tre aziende del Fvg hanno risposto alla chiamata. L'au­spicio di Fedriga e Riccardi è

di «rifornire già dalla prossi­ma settimana, attraverso i vo­lontari della Protezione civi­le, tutti i cittadini in modo da limitare al massimo la possibi­lità di contagio». La giunta va­luta di procedere con la con­segna a domicilio, per evitare spostamenti di persone. L'o­biettivo della Regione è «for­nire, gratuitamente e prima possibile, a ciascun cittadino del Fvg due mascherine lava­bili e riutilizzabili, in grado di contenere particelle salivali e ridurre quindi la diffusione

del contagio. La grammatura è tale da costituire anche una protezione per chi la indosse­rà».

Si tratta di 2,5 milioni di mascherine, riutilizzabili per­ché realizzate in materiale la­vabile: potranno essere im­merse in una soluzione di ac­qua fredda e ipoclorito di so­dio al 5% per almeno venti ci­cli, venendo "riattivate" sen­za perdere le caratteristiche. Non ne è previsto l'impiego obbligatorio, ma Fedriga e Riccardi sottolineano che «è necessario che anche le perso­ne che ogni giorno si recano al lavoro e gli stessi cittadini che escono per l'approvvigio­namento del cibo o motivi sa­nitari debbano essere dotati di dispositivi».

Sulla questione va in scena anche un botta e risposta fra Riccardi e la deputata dem Debora Serracchiani, secon­do cui «la Regione ha compe­tenza primaria sui dpi: dalla proclamazione dello stato di emergenza in Fvg il 22 febbra­io, poteva acquistarle senza gara e ora risulta che non ce ne sono nemmeno per i medi­ci. Il governo sta intervenen­do in supplenza e non serve pressing». Per il vicegoverna­tore, però, «il pressing va fat­

to a Roma: sarebbe preferibi­le in un'emergenza pandemi­ca e con un commissario in ca­rica che la risposta venisse su base nazionale con una stra­tegia chiara, celere e ordina­ta».

Ieri i contagi in Fvg sono in­tanto saliti a 790 (+135): 338 a Udine (+43), 270 a Trieste (+54), 144 a Porde-

Posti letto in terapia intensiva a Udine e Pordenone tutti pieni Previsti nuovi spazi

none (+30) e 38 a Gorizia (+8). I morti aumentano di 4 unità e diventano 42, ma il da­to disaggregato per territori ieri non è stato fornito. Si tro­vano attualmente in isola­mento domiciliare 477 perso­ne, mentre sono 152 i ricove­rati (+9) e 46 i pazienti in te­rapia intensiva (+8). I guari­ti incrementano ancora e so­no ormai 73.

I casi gravi aumentano, ma i posti Covid-19 nelle terapie intensive di Udine e Pordeno­ne sono al momento tutti pie­ni, mentre restano solo due letti sui 15 presenti attual­mente a Cattinara. Il prossi­mo prevedibile urto dovrà es­sere assorbito dai 16 nuovi posti di Gorizia, ma Riccardi è convinto di poter ampliare entro lunedì la disponibilità a 74 letti, neU'ambito del raffor­zamento da 94 posti fra Trie­ste, Gorizia, Udine, Palmano-va e Pordenone. La strategia fissa un secondo step a 155, ma dipenderà dalla capacità della gestione commissariale di fornire nuovi ventilatori per la respirazione, che an­ch'essi scarseggiano su un mercato in crisi dove la do­manda supera l'offerta. Sen­za dimenticare la parallela

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difficoltà a reperire persona­le adeguatamente formato al lavoro in rianimazione. Per poter prevedere l'andamen­to dei ricoveri la Regione ha affidato a Insiel la preparazio­ne di un software gestionale studiato dall'equipe del viro­logo Fabio Barbone, che per­metterà di effettuare proie­zioni sui casi attesi.

Per alleggerire invece il pe­so sui reparti del Maggiore de­dicati al Covid-19, l'Azienda sanitaria giuliano isontina sta stiDulando un accordo

con strutture private dove tra­sferire pazienti in convale­scenza, ma non ancora pron­ti per il rientro a casa. L'ospe­dale di Pordenone ha a sua volta spostato tutte le terapie oncologiche ambulatoriali al Cro di Aviano per ridurre la circolazione degli operatori e garantire maggior sicurezza ai pazienti.

Continua infine a destare apprensione la bomba sanita­ria rappresentata dalle case di riposo. Il Comune di Trie­

ste assicura che la situazione nelle proprie residenze è sta­zionaria, mentre fonti sinda­cali parlano di contagi in di­verse strutture private. DaU'Asugi non arrivano però conferme, mentre casi positi­vi si sono registrati ieri anche nel Pordenonese e in Friuli. Alla Asp Chiabà di San Gior­gio di Nogaro risultano nume­rosi ospiti e operatori amma­lati, mentre la residenza di Mortegliano è andata incon­tro al decimo decesso. —

I NUMERI DELCORONAVIRUSINFVG

790 Pazienti contagiati in totale di cui:

Sopra, negoziante triestino con la mascherina. Foto Lasorte. Sotto Massimiliano Fedriga e Riccardo Riccardi

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SAN GIORGIO DI NOGARO

Tamponi su prenotazione da mercoledì in un container

SAN GIORGIO DI NOGARO

Un container della Protezio­ne civile installato davanti al Distretto sanitario Ovest di San Giorgio di Nogaro. É li che si effettueranno i tampo­ni, a partire da mercoledì, per le persone che hanno patolo­gie riconducibili al Covid 19.1 soggetti verranno segnalati al Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria dai me­dici di medicina generale del territorio. A gestire la struttu­ra, personale dell'Ass, al qua­le potrebbero aggiungersi al­cuni medici di medicina gene­rale del territorio, oggi in pen­sione, che si sono resi disponi­bili a dare il proprio sostegno agli addetti dell'Azienda sani­taria oberati dal lavoro. La struttura andrà a servire un bacino di utenza di circa 23 mila persone.

A darne notizia è il dottor Gianni Iacuzzo, in qualità di

coordinatore Aft (Aggregazio­ne Funzionale Territoriale che comprende i medici di me­dicina generale di San Gior­gio di Nogaro, Carlino, Mara­no Lagunare, Muzzana del Turgnano, Porpetto e Torvi-scosa) nonché medico di fami­glia. Iacuzzo, spiega che le persone segnalate verranno contattate dal personale sani­tario che provvedere a fissare il giorno e l'ora dell'appunta­mento al fine di evitare ogni assembramento. Per coloro che sono impossibilitati a muoversi da casa, i tamponi verranno eseguiti a domicilio da apposito personale Ass. Il dottor Iacuzzo si raccomanda di «non andare di propria ini­ziativa alla struttura perché l'esame non verrà effettuato se non programmato, oltre al fatto che potrebbe creare con­fusione».

I volontari della Protezione civile hanno lavorato tutta la giornata di venerdì per instal­

lare la struttura, portato con un camion gru direttamente dalla sede di Palmanova, da­vanti al Distretto sanitario di viale Palmanova (in un primo momento si era pensato di po­sizionarlo davanti alla casa di risposo, ma poi è stata ritenu­ta più idonea la struttura del poliambulatorio, dotata an­che di un ampio parcheggio), e sistemarlo. Già ieri alcune persone leggendo sul sito del­la Pc dell'installazione del mo­dulo si erano presentate per effettuare il tampone, ma han­no dovuto far ritorno a casa in quanto la struttura non è an­cora operativa. Domani, ver­rà effettuata la sanificazione del modulo per consentire l'accesso in totale sicurezza. Intanto i volontari della Pc, una ventina, supportati da vo­lontari della Misericordia a colleghi di Carlino, stanno ef­fettuando la spesa agli anzia­ni relegati a casa. —

F.A.

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EMERGENZA COVID 19

La Croce rossa italiana è atti­va su tutto il territorio nazio­nale per rispondere all'emer­genza Covid-19 fin dai primi giorni di febbraio. Il Comita­to Cri di Monfalcone con l'aiu­to dei suoi volontari sta garan­tendo: il servizio extra ospe­daliero 118 in convenzione con l'Azienda sanitaria; il ser­vizio di trasferimenti intrao-spedalieri di persone positive al nuovo virus; la collabora­zione con il personale infer­mieristico dell'Azienda sani-

La Croce rossa super impegnata chiede sostegni

taria per il servizio di PreTria-ge; il servizio di trasporto sa­nitario (dimissioni, trasferi­menti, visite ambulatoriali, dialisi) ; il supporto alle azien­de per la rivelazione della temperatura a tutti i dipen­denti all'inizio del turno; l'at­tività socio-assistenziale per il mandamento in collabora­zione con l'Emporio della soli­darietà, fornendo anche a do­micilio generi di prima neces­sità (alimenti, prodotti per l'i­

giene della casa e della perso­na, bombole del gas, legna, e così via).

La Cri lancia un appello: «Queste attività ci stanno met­tendo a dura prova e in que­sto momento abbiamo biso­gno del vostro aiuto. Grazie alla tua generosità potrem­mo continuare a garantire queste attività di supporto e assistenza alla popolazione del mandamento. Noi soccor­ritori non possiamo ma #Voi-StateACasa».—

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L'INIZIATIVA ttlORESTOACASAERACCONTO

«La valigetta laccata di bianco e quei cerotti che userei oggi» ELENAVALASSI* Prosegue la carrellata di testi sulla quarantena scritti da infermieri per il concorso Opi che vuole far conoscere slanci e sacrifici della professione

N on so quando ho de­ciso di voler fare l'in­fermiera, se esiste un giorno preciso

che ha segnato il mio destino. Dovrei cercarlo nella memo­ria, forse tornare a quell'istan­te in cui ho scartato il mio rega­lo di Natale. Avevo tra le mani una valigetta laccata di bianco con una croce rossa sgargian­te sopra, attaccata male e nem­meno al centro. Dentro c'era di tutto, ma soprattutto quell'enorme siringa incubo di mia sorella, che brandivo minacciosa correndo per la ca­sa dall'alto dei miei nove anni.

Sicuramente tanti hanno ri­cevuto lo stesso regalo e ades­so sono avvocati, insegnanti, meccanici o musicisti. Ma io davvero ricordo quel giorno e quel dono. Avrei voluto fare anche la cantante a dire la veri­tà, ma ero stonata, e lo sono ancora perché tante cose cam­biano e certe non possono cambiare mai.

Ora di quella valigetta or­mai persa in qualche cantina, dimenticata in un passato fat­to di troppi traslochi, rimane solo il significato. Quelle deci­ne di cerotti miracolosi consu­mati in un giorno per curare tutte le bambole, ora li userei per guarire dalla paura.

Vorrei guarire Rosa che mi chiede cosa penso e quando fi­nirà. «Non so nemmeno quan­do è cominciata», mi dice, ma non sono sicura che parli di questo virus. Le sorrido solo con gli occhi, la mascherina mi nasconde un bel pezzo di vi­so, ma lei è come se mi vedes­

se tutta lo stesso. E quasi cieca ma mi vede meglio di quanto mi veda io. «Non lo so - le ri­spondo - ma andrà tutto be­ne», e vorrei disegnarle un ar­cobaleno sul soffitto, tutto co­lorato. Tutto per lei che mi ha confessato di riconoscere i co­lori dal suono, come le voci. Forse scriveva poesie in segre­to e ora tocca le parole con le dita.

Flora non mi riconosce, la saluto e le strizzo l'occhio ma a lei basta, ogni parola è super­flua, solo i gesti contano. Car­melo invece capisce subito chi sono. «Domani andrà me­glio», mi dice, ed è lui che sorri­de a me con tutta la faccia sco­perta come si faceva da sem­pre senza nascondersi. Vorrei sorridergli anch'io così.

Mi chiedo cosa avrebbe det­to Rudy, che non c'è più da tan­to ormai. «Elena, vinceremo anche questa battaglia!». Poi avremmo riso insieme. Rudy non chiamava mai "guerra" le avversità: nella vita c'erano so­lo battaglie da combattere. La più crudele lui l'aveva vissuta sulla sua pelle. Sì, vinceremo questabattaglia, Rudy.

A Rosa, Flora, Carmelo e a Rudy, anche se lui non ne ha più bisogno, metterei un cerot­to, di quelli colorati che usano le mamme per i loro bambini, un cerotto attaccato alla ma­no sinistra, quella del cuore. Da guardare per chi ha occhi buoni e da immaginare per chi non ci vede più.

Un cerotto storto, scentrato come la croce sulla valigetta della mia infanzia. Un cerotto che di miracoloso non ha nul­la, che adesso non riuscirebbe a guarire nemmeno una bam­bola. Ma ha un significato, noi ci siamo, anche con le nostre paure, perché è misurandoci

con quelle che possiamo dirci coraggiosi. —

infermiera operativa in assistenza domiciliare

M

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Appartamento gratis a medici e infermieri impegnati con il virus L'iniziativa lanciata da Cristiana Chiarotto L'imprenditrice mette a disposizione figlia dell'ex presidente della Provincia un alloggio sfitto in centro a Udine

LA STORIA

UDINE «Sto facendo la spesa pei tre mie diverse vicine di casa e ho tre liste da tenere sott'occhio. Le dispiace se ci parliamo quandc ho finito?».

Cristiana Chiarotto è già tutte in queste parole. E non stupisce troppo che sia stata proprio lei imprenditrice di origini orgoglio samente pordenonesi che si divi de fra Udine e Trieste, a decidere, con il fratello Luciano, di "regala re" un mese di affitto, mettendo a disposizione gratuitamente une casa a due passi dal centro udine se e dall'ospedale Santa Marie della Misericordia, per medici e infermieri che arrivino in Friuli a dare una mano per fronteggiare l'emergenza da coronavirus. Le popolarità mediatica non le inte ressa. Anzi. Fosse per lei, vorreb be che il suo nome svaporasse sullo sfondo per lasciare spazic («e passaparola, che serve») al gè sto, lanciato sulla sua pagina Fa cebook e già ripreso da divers navigatori.

IN "VIA AMICHEVOLE" «Non lo faccio per finire su

giornali né per farmi pubblicità -assicura -. Lo faccio solo per dare una mano in questo momentc difficile. È un'iniziativa in vie "amichevole". Non l'ho neanche

voluta mettere sui siti specializ zati, ma mi sono limitata a Face book», chiarisce l'imprenditrice figlia dell'ex presidente della Pro vincia di Pordenone Sergio Chia­rotto, di Cordenons. L'ispirazio­ne - racconta - le è nata grazie all'idea lanciata da Triestevillas, agenzia che si occupa di affitti tu­ristici e compravendite di lusso nel territorio giuliano (che peral­tro già in passato aveva avviato un'iniziativa simile per i familia­ri dei bimbi ricoverati al Burlo), che fino ad aprile ha deciso di mettere a disposizione gratis ap­partamenti e ville per medici e in­fermieri impegnati sul fronte dell'epidemia, giunti a Trieste da altre parti d'Italia.

«Ho saputo della loro iniziati­va grazie al post di un collega su Facebook. Mi sono detta: che bel­la idea! E ho pensato: perché non fare una cosa analoga qui a Udi­ne? Gli imprenditori triestini, che si occupano del settore degli affitti brevi, hanno proposto ai lo­ro clienti di mettere a disposizio­ne le loro case. Ma io stessa sono proprietaria, con mio fratello, di un appartamento al momento sfitto, in via Micesio a Udine, non lontano dall'ospedale, che abbia­mo appena risistemato. Abbia­mo deciso di metterlo a disposi­zione gratuitamente per il mese di aprile a medici e infermieri ve­

nuti qui a lavorare per l'emergen­za. Ho messo aprile, ma potrebbe essere anche maggio. L'ospitalità temporanea potrebbe valere an­che magari per dei volontari del­la Croce rossa o della Protezione civile o i familiari di un malato. Sono disponibile anche ad accol­larmi le spese», racconta Cristia­na, che di mestiere fa l'immobi­liarista, come titolare dell'agen­zia Oikos studio immobiliare di viale Duodo, che ha sospeso l'atti­vità in via prudenziale nelle scor­se settimane, prima che scattasse lo "stop" per la sua categoria («Ormai il lavoro era rallentato, ma sto seguendo delle trattative da casa»).

«NON SIAMO SOLI NEL MONDO» «Non mi era mai capitato di es­

sere protagonista di un'iniziativa simile, in fondo il virus sta rega­lando a tutti noi un po' più di con-

«CI STANNO COMODE QUATTRO PERSONE. QUESTA SITUAZIONE CI RENDE CONSAPEVOLI CHE NON SIAMO SOLI NEL MONDO»

sapevolezza che esistono anche gli altri e che non siamo soli nel

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mondo. Ma non voglio passare per un'eroina, perché l'apparta­mento in verità era vuoto e non utilizzato da nessuno, mentre po­trebbe essere utile a qualcuno. La casa di via Micesio - racconta - ha una sessantina di metri qua­

dri, una camera, una cucina, un soggiorno con due bei divani let­to. È tutto arredato. Ci starebbero comode anche quattro persone».

Il tam tam è partito venerdì, con la pubblicazione del post sul

social network, ma a ieri matti­na, «non ho ancora ricevuto ri­chieste. Speriamo che funzioni il passaparola». E che, magari, qualcuno prenda spunto per ade­rire alla catena di solidarietà.

Camilla De Mori

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Casa di riposo: i contagiati salgono a 18 Nove sono ospiti, otto operatrici, una infermiera. I parenti si lamentano: non possono comunicare coi familiari

Francesca Artico /SAN GIORGIO DI NOGARO

Salgono a nove gli ospiti ri­sultati positivi al tampone delCovid-19, nella casa di ri­sposo Azienda per i servizi al­la persona "G.Chiabà" di San Giorgio di Nogaro che ospita 151 anziani. Si resta in attesa di sapere gli esiti de­gli ultimi risultati, come spie­ga il dottor Gianni Iacuzzo, in qualità di coordinatore Aft (Aggregazione Funzio­nale Territoriale che com­prende i medici di medicina generale di San Giorgio di Nogaro, Carlino, Marano La­gunare, Muzzana del Tur-gnano, Porpetto e Torvisco-sa per un bacino di 23 mila pazienti) nonché medico di famiglia di alcuni ospiti dell'Asp.

Aumenta anche il numero delle operatrici che hanno avuto esito positivo dai tam­poni che salgono a otto, ai quali si aggiunge una infer­miera, a fronte di un centina­io di addetti tra interni e del­la cooperativa sociale Con­sorzio Blu con sede legale a Faenza e amministrativa a Bologna presente nella Asp con operatrici sanitarie a ad­detti ai servizi primari.

Come si ricorderà da mer­coledì era anche scattato il provvedimento da parte del Dipartimento di prevenzio­

ne di esecuzione dei tampo­ni agli ospiti e operatori del­la casa di riposo "Asp Giovan­ni Chiabà", dopo che due operatrici e cinque ospiti era­no risultati positivi al test del coronavirus.

Intanto però scoppia in re­te la protesta dei parenti che chiedono alla Asp Chiabà di avere maggiori informazio­ni sui loro cari e c'è chi propo­ne di formare un comitato di parenti per chiedere alla di­rezione maggiore chiarezza sulla situazione della casa di riposo. Questi familiari "rim­proverano" alla direzione uno sbagliato atteggiamen­to di chiusura nei confronti dei parenti che da giorni non hanno contatti con i loro ca­ri. La direzione infatti da mercoledì 18 marzo ha blin­dato la struttura, sospenden­do il numero dedicato per le comunicazioni esterne e stoppato le telefonate dei pa­renti al fine di mantenere li­bere le linee telefoniche per le comunicazioni ufficiali.

Sul sito della Chiabà, si leg­ge infatti che «in questo mo­mento di criticità derivante dalla positività al Covid-19

L'asp Chiabà: «Stiamo provvedendo ad attuare tutte le misure necessarie»

di alcuni ospiti e operatori, si è reso necessario modifica­re l'organizzazione interna al fine di contenere la diffu­sione del virus. Stiamo prov­vedendo in collaborazione stretta con il Dipartimento di Prevenzione e il Distretto sanitario - si afferma - ad at­tuare le misure necessarie al­la situazione. Vi chiediamo di non telefonare di per chie­dere informazioni generi­che su come sta andando, la situazione è difficile ed è ne­cessario che le linee riman­gano libere per le comunica­zioni ufficiali. In questo mo­mento invece si è creata una situazione di carico di telefo­nate che sottrae troppo tem­po prezioso. Sarà nostra cu­ra comunicare alle famiglie interessate l'esito dei con­trolli effettuati, sia positivi che negativi, nonché a tene­re aggiornati sulle condizio­ni di salute degli ospiti, con le consuete modalità. Pur­troppo in questo momento si è reso necessario sospen­dere le chiamate da esterno al 333 6156957 per tutelare la salute degli operatori che assistono gli ospiti nelle chia­mate, verrà comunicato sul sito il ripristino del servizio e gli orari dedicati non appe­na ci saranno le condizioni di sicurezza». Ma questo ai parenti non basta. —

(ci RIPRnm I7IHNF RIRFRVATA

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LA PROCEDURA BUROCRATICA

Nuova proprietà per 217 mezzi: Asugi spende oltre 18 mila euro Il travaso dei beni dall'ex Asuits alla nuova Azienda sanitaria Giuliano-lsontina ha imposto il passaggio della titolarità anche su tutte le auto e le ambulanze

Andrea Pierini

Sono 217 i mezzi di proprie­tà della fu Asuits, l'Azienda sanitaria universitaria inte­grata di Trieste - tra auto, am­bulanze e quant'altro - per i quali è in via di completa­mento il passaggio di proprie­tà alla nuova Asugi, l'Azien­da sanitaria universitaria Giuliano- Isontina. Un iter burocratico analogo riguar­da i 91 mezzi in dotazione all'oramai chiusa Ass2, l'A­zienda assistenza sanitaria 2 Bassa Friulana-Isontina.

Nel 2018 la giunta regiona­le guidata dal presidente Massimiliano Fedriga, su pro­posta del suo vice con delega alla Salute Riccardo Riccar­di, aveva presentato infatti il primo step della riforma sani­taria, che prevedeva per l'ap­punto l'accorpamento delle cinque aziende del territorio in tre più grandi, con il man­tenimento dell'assetto nel Pordenonese, la fusione di Al­to, Medio e Basso Friuli e l'u­nione dell'Isontino con l'area giuliana.

A queste realtà è stata ag­giunta come è noto l'Azienda regionale di coordinamento

per la salute e sono stati man­tenuti i due Irccs Burlo e Cro. Nel corso del 2019 è stata poi effettuata la divisione delle

Altri 6 mila euro sono serviti per 91 veicoli dell'ex Ass2 destinati in parte al nuovo ente

diverse proprietà e dei beni delle singole aziende che hanno cessato definitivamen­te la loro funzione il 31 di­cembre scorso.

L'Asugi è diventata infatti operativa il primo gennaio e, di conseguenza, si è reso ne­cessario occuparsi del pas­saggio di proprietà dei 217 mezzi di AsuiTs, a cui si ag­giunge come detto una parte dei 91 mezzi in dote all'ex Ass2 (un'ulteriore "quota" di questi è destinata alla nuova AsuFc).

La spesa complessiva per il passaggio di proprietà dei be­ni aziendali triestini ammon­ta a 18.647,55 euro. Per il perfezionamento di tale iter sono stati contattati per la co­siddetta via breve tre opera­tori economici: la proposta definita più congrua è stata

quella dell'Agenzia Futura. Nel dettaglio 7.595 euro

sono relativi alla Competen­za d'agenzia, 6.395,25 aipas-saggi al Pra, 737 euro al du­plicato delle carte di circola­zione e 2.246,40 agli aggior­namenti delle stesse. La pro­cedura per l'area triestina è stata gestita dalla Se Approv­vigionamenti e gestione ser­vizi guidata da Giovanni Ma­ria Coloni.

Per quanto concerne il pas­saggio di proprietà dei 91 mezzi dell'ex azienda friula-no-isontina sono stati contat­tati diversi operatori econo­mici, ma l'unica a rendersi di­sponibile a eseguire queste procedure è stata l'Agenzia Giglio srl di Gorizia.

La spesa totale in questo ca­so è stata di 5.900,50 euro di cui 122 euro per la prepara­zione dell'istruttoria, 227,50 euro per la stesura dei docu­menti, gli stampati e le copie e, infine, 5.551 euro per i di­ritti di agenzia per l'espleta­mento, per l'appunto, delle 91 pratiche. A seguire questo decreto è stato invece Mauro Baracetti, responsabile della Se Gestione patrimonio e tec­nologie.—

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Allarme Allarme nelle case di riposo: sono già tre quelle colpite dal virus •Dopo Morsano e Zoppola altri nuovi casi a San Vito Ora si allarga il contagio tra anziani e operatori sanitari CASE DI RIPOSO

PORDENONE Si tratta dell'aspetto che in provincia ora spaventa di più: il virus è entrato nelle resi­denze per anziani e persone in difficoltà. E dopo Zoppola, è il turno di San Vito al Tagliamen-to. La notizia si è diffusa a pochi passi dall'ospedale dalla cittadi­na, a sua volta toccato dalla diffu­sione interna del Coronavirus: il contagio ha raggiunto l'Rsa di San Vito, toccando due ospiti del­la struttura che si occupa soprat­tutto della lunga degenza e della riabilitazione. Si tratta di un an­ziano e di una persona con diffi­coltà. Al momento, però, non è stato disposto il ricovero in ospe­dale delle due persone risultate positive al tampone: i pazienti con il Covid-19 sono stati fatti ri­manere all'interno della struttu­ra che si trova lungo la stessa strada dell'ospedale cittadino. Un fatto, questo, che ha generato la protesta della Cgil. «Ci è sem­brata una scelta quantomeno az­zardata - ha detto il leader sinda­cale del settore, Pier Luigi Benve­nuto -: la Rsa di San Vito non ga­rantisce il medico di notte e an­che la decisione di lasciare i pa­zienti positivi all'interno della stessa struttura non ci pare il massimo della sicurezza». Ora saranno effettuati i tamponi alle persone che sono state più a con­tatto con i due pazienti risultati positivi. Quanto alla situazione dell'ospedale di San Vito, si regi­

stra purtroppo un nuovo caso di positività al Coronavirus, dopo quelli di un paziente in Medicina e di un dirigente dell'area medi­ca. All'interno della struttura ospedaliera sono in corso i tam­poni agli operatori del Pronto soccorso che sono venuti al con­tatto con il primo paziente positi­vo, che era stato preso in carico per ragioni di salute diverse dal contagio; poi si procederà a con­trollare anche chi è stato a stret­to contatto con il dirigente positi­vo.

AL POLICLINICO Il Coronavirus è entrato anche

alla clinica San Giorgio di Porde-f#tfri§.0g6tì86$tta del primo caso che tocca la sanità privata in pro­vincia di Pordenone. Il caso risa­le a metà settimana, quando un paziente ricoverato per un inter­vento legato a una protesi è risul­tato positivo. Il risultato del test è arrivato dopo un secondo ricove­ro nella stessa struttura. A quel punto il paziente è stato trasferi­to al Santa Maria degli Angeli. Già fatti 40 tamponi: i primi die­ci sono risultati negtivi.

S. MARIA DEGLI ANGELI In ospedale a Pordenone ci si

concentra sui due casi positivi ri­scontrati al settimo piano della struttura, ma nel frattempo arri­va anche una buona notizia. So­no stati allestiti, infatti, i due nuovi posti di Terapia intensiva previsti dal piano regionale. Si trovano nello stesso reparto che

ospita gli altri spazi dedicati alle cure d'emergenza e sono già in servizio. Si è agito a tempo di re­cord. AZOPPOLA

Preoccupazione, invece, per la situazione che si sta vivendo nel­la casa di riposo Micoli-Toscano di Castions di Zoppola. La noti­zia del contagio di due ospiti an­ziane (sono in ospedale a Porde-

PROBLEMI AL POLICLINICO TEST POSITIVO PER UN DEGENTE FATTI QUARANTA TAMPONI none, ma non in gravissime con­dizioni) ha fatto scattare un pro­tocollo per "blindare" la struttu­ra. Tra oggi e domani saranno eseguiti tamponi a tappeto. Si suppone che a trasmettere il vi­rus ai due ospiti sia stata un'ope­ratrice sanitaria che lavora nella struttura. «La situazione è seria -ha detto il sindaco di Zoppola, Francesca Papais - e per questo abbiamo chiesto misure di emer­genza per tutti: utenti, medici e operatori». I risultati dei tampo­ni dovrebbero arrivare con cer­tezza già domani mattina, la pre­occupazione deriva dall'età me­dia e dalle condizioni di salute di molti ospiti della struttura, che in totale ne conta 108.

M.A.

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Decimo morto all'ospizio di Mortegliano Si tratta di una donna che era residente in paese. Tutte le vittime erano già gravemente ammalate e debilitate

Paola Beltrame/MORTEGLIANO

E morta ancora una persona as­sistita alla casa di riposo Rove­re Bianchi di Mortegliano, si tratta di una donna che era re­sidente in paese, come anche la sorella, deceduta sempre nel centro per anziani mercole­dì 18 marzo. Con dispiacere i compaesani hanno appreso questa triste notizia e molti hanno contattato i parenti, per­sone conosciute e stimate, per esprimere solidarietà e porta­re conforto.

Sono stati dieci dunque in to­tale i decessi da quando nella struttura, di proprietà comu­nale e gestita da Euro&Pro-mos social health care, sono stati individuati i primi casi di positività al coronavirus. I de­ceduti erano quasi tutti molto anziani, tanti oltre gli 80 anni e affetti da plurime patologie gravi, le cui condizioni fisiche già fortemente debilitate non hanno retto, nonostante le cu­re, alla febbre alta prolungata e alle difficoltà respiratorie causate dall'infezione virale.

Due sono morti dopo ricove­ro in ospedale, a Udine e a Pal-

manova, gli altri nella stessa casa di riposo, assistiti da per­sonale medico e infermieristi­co specializzato, che si è ag­giunto dal distretto sanitario di Codroipo vista la grave situa­zione emersa dopo la sommini­strazione dei tamponi.

Sono risultati positivi, infat­ti, 42 dei 79 ospiti e 23 operato­ri sui circa 50 che lavorano nel­la struttura (la maggior parte dipendenti della Euro&Pro-mos e alcuni del Comune di Mortegliano). Fino ad ora il contagio era rimasto limitato alla Rovere Bianchi, fra gli ope­ratori e gli anziani; questi e quelli risiedono anche nei Co­muni vicini. Ma questa certez­za sta venendo meno : sono sta­ti comunicati ieri, dalle autori­tà sanitarie, sei casi di positivi­tà al Covid-19 a Castions di Strada, sempre collegati alla si­tuazione della casa di riposo, ma che hanno coinvolto per la prima volta anche la cerchia fa­miliare delle operatrici infet­te. Tra queste ultime, una è ri­coverata in ospedale.

Stabile invece la situazione a Mortegliano, dove abitano sette persone occupate nel cen­tro assistenziale risultate posi­

tive e altri sei sono in quarante­na. «Nel nostro Comune nes­sun parente degli anziani né del personale risulta aver con­tratto il virus» informa il sinda­co, Roberto Zuliani, che invita i concittadini a perseverare nelle misure di igiene persona­le e di riduzione dei contatti al minimo indispensabile. «Quanto agli ospiti della casa di riposo - assicura il primo cit­tadino - sono seguiti dallo staff sanitario come fossero in ospedale. In questi giorni mol­ti sono stati testati con radio­grafie e le cure farmacologi­che sono le stesse. Negli ultimi giorni di marzo saranno rifatti i tamponi».—

Sei casi di positività al virus sono stati accertati anche nel comune di Castions

Il sindaco invita i cittadini a rispettare le indicazioni fornite per evitare il contagio

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LA SITUAZIONE NELLA DESTRA ISONZO

Il quinto caso positivo scuote Gradisca Sagrado registra il suo "paziente uno"

Lugi Murciano/GRADISCA

Ammonta a cinque il numero di casi accertati di contagio da Covid-19 a Gradisca d'Isonzo. Un dato che fa della Fortezza il terzo centro isontino più col­pito dal virus, dopo Gorizia e Ronchi dei Legionari.

Dopo il "mercoledì nero" che aveva visto impennarsi il numero di casi da 1 a 4 in appe­na 24 ore, la notizia di un quin­to cittadino positivo al tampo­ne è arrivata nella serata di ve -nerdì. Il dato si è poi stabilizza­to nella giornata di ieri, quan­do - perlomeno secondo il re-port disponibile al momento -l'Azienda Sanitaria ha confer­mato alla Prefettura e dunque al Comune il numero di conta­giati relativo a Gradisca d'Ison­zo. A cui si aggiunge però il pri­mo nella vicina Sagrado.

Nulla trapela, come ormai

prassi consolidata, sui dati dei pazienti. Le uniche informa­zioni note riguardano il "pa­ziente 1", il 58enne ricoverato al reparto Malattie Infettive dell'Ospedale Maggiore di Trieste, e il "paziente 3", una persona anziana anch'essa ri­coverata nel medesimo noso­comio. Solamente due dei cin­que pazienti gradiscani sareb­bero collegabili fra loro con una certa evidenza: secondo fonti ufficiose si potrebbe trat­tare di una coppia di coniugi. Vanno invece smentiti alcuni rumors cittadini secondo cui uno dei contagi riguardereb­be un ospite della Casa di ripo­so comunale "San Salvatore" o-ipotesi altrettanto e più fan­tasiosa -un componente della giunta comunale. «Sono voci da smentire nella maniera più assoluta - taglia corto il sinda­co Linda Tomasinsig -: le due

strutture cittadine per anzia­ni, quella comunale e la casa albergo "Brovedani", sono da tempo isolate dai contatti con l'esterno e hanno attuato tutte le procedure necessarie, men­tre se fosse avvenuto un conta­gio afferente al Comune o al suo apparato, si sarebbero do­vuti attivare dei protocolli ben diversi».

L'invito ai cittadini è sem­pre il medesimo: attenersi alle informazioni ufficiali e, non di meno, alle direttive varate in queste ore dal governo nazio­nale e regionale. «Districarsi fra le varie disposizioni al citta­dino può sembrare non sem­plice, ma il messaggio di fon­do è basilare: stare a casa, e li­mitare alla stretta necessità i contatti con l'esterno e i rap­porti sociali, è l'unica arma a disposizione per provare ad uscire in fretta da questa situa­zione».-

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La guerra al contagio

Il virus non molla la presa Quattro morti, oggi serrata Crescono i positivi al tampone: ieri in regione erano 137 in più rispetto al giorno prima. Due i decessi nell'udinese, uno a Trieste e un altro a Gorizia

LA SITUAZIONE PORDENONE Altri quattro morti in regione, tra Udine e le province di Trieste e Gorizia. E il contagio, anziché calare, prosegue nel suo ritmo altalenante, concedendo un giorno una speranza e quello dopo tornando a "martellare" il morale e la resistenza. Oggi, in­tanto scatta l'ordinanza di Fedri-ga: tutti i negozi chiusi. C'è poi il dato relativo ai ricoveri in Tera­pia intensiva, cioè il vero proble­ma al cuore dell'emergenza: in regione ieri sono saliti a 46, con­tro i 38 di 24 ore prima. Il siste­ma, se il contagio non dovesse rallentare, inizierà a raggiunge­re il livello di guardia. Ieri in Friuli Venezia Giulia sono stati 135 i nuovi casi accertati di Coro-navirus, per un totale di 790 pa­zienti che dall'inizio dell'emer­genza sono venuti a contatto con la malattia. Dal dato, però, devo­no essere sottratti sia i pazienti deceduti, che sino ad oggi sono stati 42, che quelli guariti. E a proposito di quest'ultimo aspet­to, il Friuli Venezia Giulia è tra le regioni che presenta la percen­tuale più alta di pazienti che ce l'hanno fatta, che il virus l'hanno sconfitto definitivamente: sono 73 le persone che la Regione di­chiara "guarite" e nove quelle "completamente guarite". I pa­zienti che ad oggi si trovano rico­verati fuori dalla Terapia intensi­va sono invece 152. In isolamen­to domiciliare ci sono 477 perso­ne in tutto il Friuli Venezia Giu­lia.

IN PROVINCIA Nel Pordenonese sono stati re­

gistrati 22 nuovi contagi da Coro-navirus e il numero totale delle persone residenti in provincia ri­sultate positive al tampone è sali­to a quota 147. A comunicare i dati aggiornati in questo caso è stata la Prefettura del capoluogo del Friuli Occidentale. Dei 147 pa­zienti positivi, 49 sono ricoverati in ospedale: otto si trovano a Udi­ne (i più gravi), uno a Trieste e la parte restante, composta da 40 persone, a Pordenone. Sono 98 le persone positive in isolamento domiciliare, mentre 359 cittadi­ni sono in quarantena preventi­va ma non risultano positivi al

Coronavirus. In provincia di Por­denone si registra un caso accer­tato di positività ogni 2.126 perso­ne. Si tratta del secondo territo­rio regionale meno toccato dal virus dopo quello di Gorizia. I co­muni interessati ora sono 34 sui 50 complessivi della provincia. Conforta il dato di Caneva, uno dei comuni più colpiti: ieri non sono stati registrati nuovi conta­gi. Uno in più, invece, a Valvaso-ne Arzene. Tre i nuovi contagiati a Sacile, due a Fiume Veneto. In­fine la città, con tre contagi in più.

LA BUONA NOTIZIA Una buona notizia, ieri, è arri­

vata ad Azzano Decimo. Il pa­ziente di 59 anni che si trovava ricoverato in gravi condizioni è stato estubato e ora respira auto­nomamente. Ha comunicato via Whatsapp con alcuni amici e il

suo quadro clinico sta miglioran­do. Lo ha annunciato il sindaco Marco Putto.

IL LUTTO

IL FRIULI OCCIDENTALE REGISTRA LA SECONDA VITTIMA È UN SACILESE

Sacile intanto piange la secon­da vittima del Coronavirus della provincia di Pordenone, che è an­che la seconda residente nella cittadina sul Livenza. All'ospeda­le di Udine ha perso la sua batta­glia contro la malattia Antonio Di Marco, 72 anni. Ex membro dell'esercito, Di Marco era affet­to da altre patologie, ma dopo il contagio da Covid-19 le sue con­dizioni si sono aggravate. Era sta­to ricoverato in Terapia intensi­va all'ospedale Santa Maria della misericordia di Udine, ma non ce l'ha fatta. La famiglia ha rice­vuto un messaggio di cordoglio da parte del sindaco Carlo Spa-gnol. Il primo paziente deceduto in provincia di Pordenone a cau­sa del virus era stato un altro sa-cilese, cioè Cesare Tombolan. Il Coronavirus tocca anche l'Arma dei carabinieri: due militari in servizio in provincia di Pordeno­ne sono risultati positivi al tam­pone. Non sono in gravi condi­zioni.

Marco Agrusti

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SAN DANIELE

Gara di solidarietà per l'ospedale cittadino L'idea è dell'associazione "18 maggio 370" e del Comune In cima alla lista delle necessità c'è un ecografo portatile

Maura Delle Case /SAN DANIELE

L'ondata di solidarietà che si è levata a seguito dell'epi­demia di coronavirus tocca anche San Daniele del Friu­li. Dopo lunghi ragionamen­ti e riflessioni, passati alla ri­cerca della miglior soluzio­ne per incanalare le energie positive che si muovono in questi giorni, solo apparen­temente tutti uguali, l'am­ministrazione comunale -con in testa il sindaco Pietro Valent - ha deciso insieme all'associazione "18 mag­gio 13 70" di indirizzare tut­ti gli sforzi sul nosocomio della città. È dunque all'o­spedale Sant'Antonio che andranno i fondi raccolti dal sodalizio attraverso la sottoscrizione avviata ieri allo scopo di acquistare stru­menti e materiali sanitari. Quanti volessero partecipa­re alla "gara" di solidarietà potranno farlo con un sem­plice bonifico. Destinata­rio: Associazione 18 mag­gio 1370. Iban: IT 86 O 05484 64190

CC0710386311. Causale: Sottoscrizione per l'ospeda­le Sant'Antonio e distretto

di San Daniele. Le risorse raccolte servi­

ranno ad acquistare quel che dovesse rivelarsi utile oggi come domani. «Spen­deremo tantissimi soldi per quest'emergenza - ha di­chiarato ieri il dottor Lucio Mos, che è presidente dell'associazione nonché di­rettore della Cardiologia all'ospedale collinare - con il risultato che purtroppo nei prossimi anni grandi ri­sorse per le dotazioni tecno­logiche degli ospedali pro­babilmente non ci saranno. È quindi importante che fac­ciamo oggi tesoro della ge­nerosità dei cittadini e usia­mo il frutto di questa sotto­scrizione per acquistare strumenti che siano utili nell'emergenza, ma anche nel prossimi futuro». In ci­ma alla lista c'è un ecografo portatile per la diagnosi di eventuali versamenti pleu­rici che consentirebbe di svolgere i primi accerta­menti sui pazienti poten­zialmente Covid positivi all'interno della tenda alle­stita fuori dall'ospedale sen­za la necessità dunque di ac­cedere alla Radiologia.

«Ma qui si vive alla giornata - puntualizza Mos - , ogni giorno è diverso e le necessi­tà si manifestano senza pre­avviso. Poter disporre di ri­sorse pronte all'uso è in que­sto senso più che mai impor­tante». Il perché Mos lo spie­ga con un esempio partico­larmente calzante. «Doves­sero servire mascherine, l'associazione potrebbe or­dinarle subito, senza i mille oneri burocratici con cui in­vece deve fare i conti l'am­ministrazione».

Ai sandanielesi e ai resi­denti nella zona collinare, per i quali l'ospedale costi­tuisce da sempre un punto di riferimento irrinunciabi­le, l'appello è dunque di par­tecipare a questa sottoscri­zione tra le tante attivate. Per due ragioni: tutti i pro­venti raccolti saranno come detto investiti sull'ospedale Sant'Antonio e a gestirli sa­rà un soggetto autorevole e conosciuto come l'associa­zione presieduta da Mos che conclude: «Siamo a di­sposizione della direzione sanitaria e del dipartimen­to di emergenza che è quel­lo maggiormente sotto stress». —

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IL QUADRO SANITARIO DELLA PROVINCIA

Salgono a 17 i contagiati a Gorizia Già individuati tre ceppi distinti In condizioni stabili il cuoco Lucidio Turri, nessun infetto nella sua famiglia. Nell'lsontino 38 ammalati

Francesco Fain /GORIZIA

Sino a ieri, pareva che l'uni­co ceppo di coronavirus in città fosse quello ascrivibile all'impiegato amministrati­vo del gruppo Hera che ave­va contratto la malattia du­rante una trasferta a Trevi­so, all'ospedale di Ca' Foncel-lo, mentre era in visita a un conoscente ammalato. Alla fine, aveva contagiato i suoi colleghi che, a loro volta, ave­vano infettato anche i convi­venti.

Ma si erano registrati, suc­cessivamente, altri casi che nulla avevano a che vedere con i dipendenti della multi-servizi. Subito erano partite le indagini epidemiologiche per ricostruire le tappe che avevano portato alla trasmis­sione del Covid-19. Qual è stato l'esito? In realtà, e lo si scopre solamente oggi, «ci so­no almeno tre origini diver­se». Insomma, tre ceppi, tre linee di contagio parallele e indipendenti una dall'altra. A chiarirlo fonti confidenzia­li ma assolutamente autore­voli dell'Asugi, l'Azienda sa­nitaria universitaria Giulia­no Isontina, che ha imposto uno stop, a livello ufficiale, a tutte le informazioni. Entra­no in campo, dunque, le ipo­tesi. Un ceppo, anche se si

tratterebbe di un solo caso, ri­guarda il cuoco di Sant'An­drea Lucidio Turri, settanta­due anni. Era ricoverato al Maggiore di Trieste per un'o­perazione e potrebbe aver contratto la malattia, se non in ospedale, nel capoluogo giuliano. «Lucidio è ancora ricoverato al Maggiore ed è stabile», fa sapere il consi­gliere comunale di Forza Ita­lia, Nicol Turri. Che sta pas­sando e, anzi, concludendo il periodo di quarantena a ca­sa. «Per fortuna, nessuno dei familiari è risultato positivo al tampone - Cerchiamo di

L'appello del sindaco: «Rispettate i divieti bisogna aver pazienza e restare a casa»

passare il più possibilmente in tranquillità questo perio­do. Sperando che finisca al più presto».

Il terzo filone, invece, sa­rebbe in sostanza legato ad alcuni casi di Ronchi dei Le­gionari. Rispetto all'ultimo monitoraggio che parlava di 15 contagiati a Gorizia, l'ulti­mo report parla di diciasset­te con un aumento in quaran­totto ore di due unità (38 in

tutta l'ex provincia). Un pic­

colo (e forse incoraggiante) rallentamento, dunque. Al­meno nel capoluogo dell'I-sontino.

In ultimo, alcune parole del sindaco Rodolfo Ziberna rivolte alla cittadinanza. «Da venerdì - spiega - sono state attivate misure ancora più ri­gide per il contenimento del coronavirus, con chiusura dei parchi e, la domenica (og­gi, ndf), anche di tutti i punti vendita tranne le farmacie e le edicole. Prego la cittadi­nanza, però, di avere pazien­za. Non lamentiamoci trop­po. Ho sentito alcuni amici in Lombardia e vi assicuro che, in alcune zone, si sta an­dando oltre la disperazio­ne».

Continua Ziberna: «In quei luoghi nulla sarà come prima. Davvero. E non è un semplice modo di dire. Non arrabbiamoci, non polemiz­ziamo su questioni senza sen­so, preghiamo solo che que­sti difficili momenti possano finire al più presto. Anche per genitori e nonni che vivo­no nella loro casa non è faci­le accettare queste restrizio­ni ed è importante, e lo sarà anche in futuro, cercare di so­stenerli. Come Comune stia­mo cercando di individuare delle iniziative che possano aiutare queste persone». —

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La vita che nasce a pochi metri dai reparti Covid «Mi dico "Avanti tutta!" Ma voi state a casa»

L'infermiera si priva dell'abbraccio ai figli «Vivo nell'ansia dietro la mascherina»

LA LETTERA APERTA

Q uesta mattina ho bevu­to la mia tazza di caffè seduta in giardino, in solitudine, in silenzio.

Arrivavano al volto i primi rag­gi di sole, l'aria frizzante, ascol­tavo i rumori meravigliosi del­la natura, la mia cagnolina Te­quila che mi guardava con i suoi occhi nocciola come a dir­mi "Andrà tutto bene".

Sembrava una mattina co­me tante, in attesa di iniziare la giornata con le attività di routine, ma non è così, tutto è cambiato: non abbraccio più i miei figli, non li bacio, li guar­do a distanza, quando cucino per loro ho paura di contami­nare il cibo e sto attenta a ogni mio gesto. Non vedere lo spaz­zolino di mia figlia al suo posto stamattina mi ha fatto cadere nello sconforto. Ora ho un ba­gno solo mio, così come un let­

to solo mio. In quello che era un luogo che condividevo an­che con Elisabetta, dove ci scambiavamo confidenze, bat­tute, dubbi, ora si respira soli­tudine. Al lavoro arrivo non più pensando a chissà quante vite vedrò nascere o a quante coccole potrò dispensare, o al profumo dei neonati, o al pre­maturo da assistere, perché vi­vo dietro una mascherina, vi­vo nel terrore del contagio e ti resta solo l'ansia. Da madre penso a come stiano partoren­do le donne ora, in cui non pos­sono vedere i nostri sorrisi e la nostra voce comunque risuo­na di paura e tensione, i papà conoscono il proprio figlio e poi non entrano più. Pensi a tutti i tuoi colleghi che sentì giornalmente via messaggio e cerchi di strappare una risata perché ti senti soffocare...

Pensi a tutte le parole di inco­raggiamento che ricevi ogni

giorno da amici... Persi ai tuoi genitori che pro­

teggi e non li vedi da settima­ne.

Ecco, questa mattina, men­tre i miei figli dormivano, sedu­ta in giardino, ho pianto per la tristezza, per la rabbia di chi non ha ancora capito quello che stiamo vivendo tutti, per la paura di ammalarmi e di non farcela, per la nostalgia di non poter vedere persone a me care, per la preoccupazio­ne che non so se "andrà tutto bene", per la sensazione che non finirà tutto così presto.

Poi leggo nel calendario del 20 marzo "Le emozioni che lo tormentavano erano le stesse che lo sostenevano: senza l'u­ragano, la vela sarebbe uno straccio", di Victor Hugo. Così mi sono alzata dalla sedia e mi sono detta: avanti tutta!

Scusate ma anche noi sanita­ri siamo fragili soprattutto in questo momento! Ah dimenti­cavo: state a casa. —

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Il sindaco di Remanzacco, Daniela Briz, ha vinto la sua battaglia contro il coronavirus Invita la gente a restare a casa: osservate le regole così tutelate voi stessi e gli altri

«Sono guarita, penso a tutti voi Non fatevi prendere dalla paura »

L'INTERVISTA

GIACOMINA PELLIZZARI

«Auguro a tutti i contagiati dal coronavirus di guarire al più presto. Io ce l'ho fatta senza particolari proble­mi». Dalla sua casa di Re­manzacco dove, per pre­cauzione, resterà ancora qualche giorno in isola­mento, la sindaca, Daniela Briz, lancia un messaggio di speranza alle persone che oggi si trovano a fron­teggiare il virus a domicilio o nei reparti ospedalieri. Il suo è il primo messaggio pubblico che rivolge da guarita. Lo fa con affetto, lo stesso affetto che ha rice­vuto durante la malattia dalla sua comunità e da tut­to il Friuli. A Remanzacco il Covid-19 che ha contagia­to il sindaco, alcuni compo­nenti della giunta e altre persone, è arrivato dal con­vegno organizzato dall'uni­versità dove aveva parteci­pato un professore piemon­tese infettato. Una triango­lazione inimmaginabile combinata tra il 20 e il 21 febbraio, prima che venis­se dichiarata la pandemia.

«I miei tamponi sono ne­gativi - afferma - mi è anda­ta bene perché non sono stata colta dall'insufficien­za respiratoria. Ho avuto poca febbre, un po' di tosse e raffreddore». La sua voce è squillante come sempre,

è la voce di una donna che ha affrontato il virus con de-terminazione. «Il mio pen­siero va alle persone che si trovano in terapia intensi­va, all'ex sindaco Angeli che, nei giorni scorsi, ho sentito con un filo di voce. Penso alle loro famiglie e a come saranno angoscia­te». Briz trasmette fiducia, «il virus si combatte» ripete invitando tutti a restare a casa. «È un nemico subdo­lo, non si vede, è qualcosa che ti senti addosso» conti­nua senza nascondere che il momento più brutto è stato quando le è stato det­to «lei è positiva». In quel momento sì che si è lascia­ta sopraffare dall'ango­scia: «Non me l'aspettavo. Mi sono fermata e ho ini­ziato a riflettere: "devi an­dare avanti, devi combat­tere" mi sono detta». Ha iniziato a farlo compilan­do l'elenco delle persone a cui poteva aver trasmesso il virus. Il regalo più bello è stato quando tutti coloro che avevo incontrato mi hanno confermato di non essere stati contagiati.

Nei giorni in cui è rima­sta isolata in casa, la sinda­ca allontanava i cattivi pen­sieri lavorando. Briz ha sempre comunicato con la comunità attraverso i so­cial, si è sempre confronta­ta con i dipendenti comu­nali e con il segretario che non manca di ringraziare. E se gli anziani genitori so­

no stati accuditi dalle cugi­ne, gli amici le hanno fatto sentire tutto il loro affetto. Briz riserva parole di grati­tudine per gli operatori sa­nitari del Dipartimento di

«Il mio pensiero va a coloro che si trovano in ospedale: forza ce la farete»

prevenzione che ogni gior­no le telefonavano per co­noscere le sue condizioni di salute. «Non lo facevano per coprire una casella, nel loro modo di porsi ho colto grande umanità e disponi­bilità». Un grazie altrettan­to sentito lo riserva per i vo­lontari della protezione ci­vile che in sua assenza so­no rimasti al fianco degli anziani come pure le forze dell'ordine.

Uscita più forte di prima, la sindaca di Remanzacco analizza la situazione con un occhio trasversale. «La­sciamo da parte la politica, lavoriamo assieme per usci­re presto da questa emer­genza senza precedenti». Lo dice confessando di esse­re rimasta colpita dai mez­zi militari in azione a Berga­mo. E allora torna a rivol­gersi alla sua gente per im­plorarla a non uscire di ca­sa: «Averemo tutto il tem­po per correre all'aria aper­ta, solo osservando le misu­re del Governo tuteliamo noi stessi e gli altri». —

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Al centro del San Polo accessi limitati alle sole visite urgenti o priorità breve. In questi pazienti il Covid-19 si manifesta in modo più virulento

Al Crua di Monfacone l'allerta di Barbina: «Gli esposti amianto sono ad alto rischio» I CONSIGLI

Laura Borsani

Se "stare a casa" è una raccomandazione che ha assunto la portata di un "comandamento"

sanitario, per una fascia di po­polazione isontina la necessità di "barricarsi" dentro le mura domestiche si traduce in due parole: alto rischio. Per loro an­che la spesa e l'acquisto di far­maci richiede l'opportunità di ricorrere a consegne a domici­lio. Sono quanti convivono con un'"epidemia invisibile" propria del nostro territorio, l'ex esposizione all'amianto. Alcuni dati danno la misura che non è ancora finita. Nei pri­mi due mesi di quest'anno so­no stati circa 250 gli ingressi al Crua, al San Polo di Monfalco-ne, tra pazienti ex esposti e al loro primo controllo, con il ri­scontro di 15 nuovi casi di pato­logia amianto correlata, di cui 5 oncologica. Nel 2019 gli in­gressi ambulatoriali sono stati oltre mille. Tra questi, 533 visi­te mediche con successivi con­trolli di accertamento sanita­rio e 170 iscrizioni al Registro regionale ex esposti. Soggetti fragili, esposti al rischio da con­tagio Covid 19, che si manife­sta in modo più aggressivo.

È una specie di rischio "cu­

mulativo". Alla patologia amianto correlata si unisce l'e­tà, prevalentemente over70, e il sesso maschile. Uomini che richiedono una protezione par­ticolare, al pari degli anziani portatori di malattie croniche, anche di carattere respirato­rio. Il direttore del Crua, dot­tor Paolo Barbina, sta lavoran­do nell'ulteriore trincea detta­ta dalla contingenza sanitaria dovendo adottare attente mi­sure di sicurezza. Al Centro il rapporto con i pazienti è limita­to alle sole urgenze. Nei primi 20 giorni di marzo sono state 6 le visite con priorità breve e ur­gente a fronte di 30 visite pro­grammate rinviate. Il medico si rivolge ai pazienti, che conti­nua comunque a seguire, tra contatti telefonici e valutazio­ni documentali. «Per i pazienti con pregressa esposizione ad amianto voglio rivolgere alcu­ne indicazioni. La prima è sem­plice : state a casa e se potete fa­tevi aiutare dai familiari per la spesa e le uscite in farmacia. Ri­cordate che siete soggetti a ri­schio. Per ogni necessità relati­va alla pregressa esposizione all'amianto chiedete pure le in­formazioni dovute. Quale di­rettore di un servizio, mi sento di ringraziare tutte queste per­sone che in quanto a rischio collaborano a queste semplici regole e ci aiutano a superare l'attuale momento di emergen­

za sanitaria». Rivolge un ulte­riore suggerimento, legato al­la socialità: «È importante non interrompere i contatti con amici e familiari, si usi il telefo­no o altri sistemi di collega­mento che ci permettono di sentire gli altri e di non essere lasciati o di lasciare gli altri so­li». La restrizioni sono anche operative. Il medico spiega: «Allo scattare dell'emergenza sono state prese alcune misu­re, che valgono però per tutti gli ex esposti amianto. Gli ex esposti sono soggetti in prela-

venza di sesso maschile, spes­so portatori di patologie respi­ratorie più o meno gravi con­nesse all'esposizione al mine­rale. Come tali presentano due importanti fattori di ri­schio che potrebbero essere ag­gravati dall'esposizione al Co-ronavirus. La prima, come di­chiarata dal direttore dell'Isti­tuto superiore di sanità, dottor Brusaferro, è che la patologia Covid 19 si manifesta in modo più virulento in soggetti fragili e tra questi vi sono gli ex espo­sti ad amianto. Ancora sono spesso di sesso maschile, altro fattore segnalato come mag­giormente a rischio». Barbina continua: «Vengono garantite le visite mediche urgenti, da eseguire entro le 48 ore, e quel­le con priorità breve, da effet­tuare entro i 10 giorni. Per le vi-

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site mediche differibili o pro­grammate e per le persone che devono mostrare gli esiti di ac­certamenti sanitari eseguiti, assicuriamo la visione di tutte le cartelle cliniche e delle rispo­ste agli esami eseguiti contat­tandoli uno ad uno per spiega­re i risultati di cui abbiamo pre­

so visione. In pochissimi casi abbiamo trasformato la visita in urgente con appuntamento ad hoc, mentre in oltre il 90% dei casi abbiamo spiegato la si­tuazione impegnandoci a ri­programmare la visita appena possibile». Per le informazio­ni, oltre che ai numeri telefoni­

ci aziendali, si può chiamare al Crua allo 0481-487695 o 487627. Il direttore ringrazia il personale di servizio che col­labora al raggiungimento di questi obiettivi. —

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Preoccupano i focolai nelle case di riposo •Oltre che a Mortegliano dove sono morti dieci anziani (tra cui due sorelle) casi di positività tra pazienti e operatori anche a San Giorgio di Nogaro

IL BILANCIO DI SABATO

UDINE Renata è morta nelle prime ore di ieri, a pochi giorni di di­stanza dalla sorella Maria, nella stessa casa di riposo di Morte­gliano di cui erano ospiti entram­be, divenuta un focolaio del con­tagio da coronavirus. Anche lei, ultraottantenne, era risultata po­sitiva al test. Come conferma il sindaco Roberto Zuliani, «la si­gnora Renata Nadalini, che era stata contagiata dal virus, si è spenta nelle prime ore del matti­no. Era sorella di Maria, morta tre giorni fa. Da diversi anni era ospite della struttura. Appena ho ricevuto la notizia ho parlato con i parenti: conosco molto be­ne il marito di Renata, che è un caro amico». La signora lascia anche un figlio. Come conferma il sindaco, «salgono così a 10 i morti che riguardano la casa di riposo, dove i contagiati sono una quarantina. Tutti sono sotto controllo, ma da un giorno all'al­tro la situazione cambia, perché le persone sono molto anziane e le reazioni possono essere anche improvvise». L'anziana una del­le due morti registrate ieri in pro­vincia di Udine, sulle quattro to­tali in regione.

STRUTTURE IN EMERGENZA In Friuli le case di riposo resta­

no i focolai più delicati da gesti­re. Anche alla Asp Chiabà di San Giorgio di Nogaro, ormai, come risulta al sindaco Roberto Mat-tiussi, le persone contagiate sa­rebbero 17, fra pazienti e opera­tori. «Alcuni casi - spiega Mat-tiussi - erano già noti dalla scor­

sa settimana, altri ci sono stati comunicati man mano che è arri­vato l'esito dei tamponi. A quan­to mi risulta, gli operatori positi­vi al Covid 19 sarebbero 8 a cui vanno aggiunti 8 casi fra i pa­zienti più uno che è stato portato in ospedale già la scorsa settima­na. Non mi risulta siano in gravi condizioni, la situazione genera­le è buona. Hanno allestito un re­parto infettivo in un nucleo sepa­rato. Cinque operatori volontari coprono il servizio di assistenza a queste persone "h 24". Sono in costante contatto con la direzio­ne. I parenti hanno la possibilità di contattare telefonicamente gli ospiti che stanno bene», dice Mattiussi, che in un messaggio sul web ha definito «angeli» gli operatori.

«NON TELEFONATE» L'Asp sul suo sito ha rivolto

un appello, invitando a non tele­fonare per chiedere informazio­ni generiche, perché «la situazio­ne è difficile ed è necessario che le linee rimangano libere per le comunicazioni ufficiali». Anche a Latisana l'Asp Umberto I tiene monitorata la situazione, ma for­tunatamente «al momento non

c'è notizia di casi - come spiega il sindaco Daniele Galizio -. Da giorni stiamo attendendo i dati sulle positività e sui casi sospetti nel territorio comunale soprat­tutto in funzione degli interventi da parte dei volontari di prote­zione civile. E' corretto che il sin­daco sia informato. Al momento abbiamo notizia di 7 casi positivi in tutto il comune», spiega Gali-zio. Nuovi casi anche in monta­gna. Ad Arta Terme il sindaco

Luigi Gonano spiega che «sono state rilevate altre due positività, di persone erano già soggette al­la quarantena».

IL QUADRO GENERALE Fornito ieri dal vicegovernato­

re Riccardo Riccardi parlava di 790 tamponi positivi (+135 ri­spetto a venerdì) e 42 morti, quattro in più del giorno prima, 73 guariti (9 completamente), 152 ricoverati, 46 in terapia in­tensiva (8 in più), 477 in isola­mento domiciliare. 338 i conta­giati in provincia.

POLEMICA Nel giorno in cui la Regione

annuncia mascherine gratis per i cittadini (2 a testa), esplode una nuova polemica sui presidi per i sanitari. Al governatore Fedriga, che sosteneva che «continuiamo a insistere con lo Stato dal quale però dobbiamo riceverle», repli­ca Debora Serracchiani (Pd): «La Regione ha competenza prima­ria sui dispositivi come le ma­scherine, dal 22 febbraio poteva acquistarle anche senza gara e ora risulta che non ce ne sono nemmeno per i medici. Il Gover­no sta intervenendo in supplen­za e non serve pressing». «Il pres­sing di chi ha voce in capitolo va fatto a Roma, non certo sulla Re­gione», risponde Riccardi. Intan­to i medici di base restano anco­ra "disarmati" o quasi contro il virus, come lamenta Gian Luigi

Tiberio (Fimmg), che lancia l'en­nesimo appello: «Nel mio distret­to, a Cervignano, abbiamo rice­vuto un kit a fine febbraio con

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una sola mascherina monouso, un paio di guanti, un grembiule monouso e un flaconcino da 100 millilitri di gel lavamani. Siamo in difficoltà. Ho chiesto più volte che ci mandassero dei nuovi pre­sidi. Io, la mia mascherina mo­nouso la sto disinfettando e la sto tirando un po' avanti. Rice­viamo solo su appuntamento e per il resto cerchiamo di lavora­re al telefono. Noi, le dotazioni, ce le compreremmo anche, ma non ci sono. Ho chiesto al capo distretto, ma anche loro hanno grosse difficoltà. Speriamo, per la prossima settimana, di ottene­re finalmente qualcosa. Anche per tutelare gli stessi pazienti: noi potremmo essere un veicolo

di contagio». Intanto, dopo soli 3 giorni, la raccolta di fondi creata dal Forum giovani di Palmanova per acquistare presìdi per gli operatori dell'ospedale, ha supe­rato i 14mila euro: la prossima settimana saranno consegnate le prime lOmila mascherine.

LAUREATI IN RINFORZO Dopo il via libera arrivato dal

ministero, che ha tolto di mezzo lo scoglio dell'esame di Stato, permettendo ai laureati in Medi­cina di operare da subito sul ter­ritorio, i "dottori" dell'Universi­tà di Udine (una cinquantina) che a suo tempo avevano aderito all'appello nazionale, ora spera­no di poter dare al più presto il

loro contributo. «Al momento -spiega Stefania Liviero - stiamo ancora svolgendo le procedure di iscrizione agli Ordini. Dopodi­ché potremo esercitare, ma non prima. Potremo sostituire i medi­ci di base in malattia e fare guar­die mediche. La Regione ha pub­blicato un avviso pubblico per la formazione di elenchi di medici per l'emergenza Covid 19, prima specialisti che sono più utili, poi anche noi, ma senza specificare le attività richieste. Chiameremo lunedì per informarci meglio». Oggi intanto restano chiusi tutti gli alimentari.

Camilla De Mori

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DA LUNEDI

Terapie oncologiche ambulatoriali trasferite da Pordenone al Cro

A partire da questo lunedì, 23 marzo, le attività ambula­toriali di oncologica medica (visite, somministrazioni di terapia, rivalutazioni clini­che) svolte in ospedale a Por­denone saranno trasferite temporaneamente al Cro di Aviano. Ciò, secondo l'Azien­da sanitaria Friuli occidenta­le (Asfo), per ridurre la circo­lazione degli operatori e av­viare un percorso di ulterio­re sicurezza per i pazienti on­cologici.

I pazienti interessati da questa misura saranno con­tattati dal personale medico in funzione della riprogram­mazione dei turni delle strut­ture e degli operatori. Inol­tre, già dalla prossima setti­

mana, il Cro e l'Asfo si attive­ranno per valutare ulteriori sinergie e collaborazioni in ambito chirurgico per le si­tuazioni cliniche a maggiore priorità.

«Le due aziende - recita un comunicato dell'Asfo -ringraziano tutti gli operato­ri che in questo momento stanno lavorando senza so­sta al contenimento dell'e­mergenza e per ridurre even­tuali disagi ai pazienti. An­che in questa occasione tut­to il personale ha assicurato fin da subito la massima col­laborazione e disponibili­tà».

Intanto è caccia aperta al­le mascherine, uno dei dispo­sitivi considerati utili per di­

fendersi dal contagio del co-ronavirus sia per il persona­le sanitario sia per le comuni­tà. Il consigliere regionale dei Cittadini Tiziano Centis mette in evidenza come rice­va quotidianamente «l'ap­pello di medici e operatori sanitari che riferiscono di non essere stati ancora dota­ti dei presidi di sicurezza co­me le mascherine con filtro, esponendosi ai rischi del ca­so». Positivo, secondo Cen­tis, l'appello della Regione per imprimere una svolta. In­tanto la ditta Ma.Re diVillot-ta di Chions ha donato un centinaio di mascherine alla coop Futura di San Vito. —

D.S.

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