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M M O O N N I I T T O O R R A A G G G G I I O O D D E E L L L L A A F F L L O O R R A A A A L L C C A A S S T T E E L L G G R R A A N N D D E E D D I I B B E E L L L L I I N N Z Z O O N N A A (Leonhard Steiner ( 1836-1920), Veduta di Bellinzona nel 1500, 1906, Archivio di Stato del Cantone Ticino) Michela Ruinelli, 4B Lavoro di maturità di biologia ambientale, anno 2006/2007 Prof. Ottorino Pedrazzini

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(Leonhard Steiner ( 1836-1920), Veduta di Bellinzona nel 1500, 1906, Archivio di Stato del Cantone Ticino)

Michela Ruinelli, 4B

Lavoro di maturità di biologia ambientale, anno 2006/2007

Prof. Ottorino Pedrazzini

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Indice

1. Introduzione 1

1.1 Il Castelgrande di Bellinzona 1

1.1.1 Accenni storici 1

1.1.2 Il Castelgrande oggi 3

1.2 Gli obbiettivi 4

1.3 Le ipotesi 4

2. Procedimento 5

2.1 Oggetto di studio 5

2.2 Materiali 6

2.3 Metodi 6

2.3.1 Metodo d’indagine sul territorio 6

2.3.2 Archiviazione dati 7

2.3.3 La codifica di Landolt 7

2.3.4 Indice di Shannon 8

3. Risultati 9

3.1 Dati raccolti durante i rilevamenti 9

3.2 Specie vegetali identificate 15

3.3 Valori di Landolt 18

3.4 Indici di Shannon 24

4. Discussione 25

5. Conclusione 32

6. Bibliografia 35

Allegati

Documentazione fotografica

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Ringraziamenti

Ringrazio tutti quelli che, in un modo o nell’altro, mi hanno aiutata a realizzare e a portare a

termine questo lavoro di maturità.

In particolare ringrazio Andrea Persico, l’esperto di botanica, per il suo prezioso aiuto e la sua

disponibilità.

Michela Ruinelli

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1. INTRODUZIONE 1.1 Il Castelgrande di Bellinzona 1.1.1 Accenni storici Il masso roccioso su cui si erge il Castelgrande domina la valle del Ticino ed è stato lentamente

plasmato dall’erosione fluvioglaciale lungo un processo plurimillenario.1

Un masso roccioso come questo costituisce una chiusa naturale, che lascia aperti solo due passaggi: a

est, la strettoia dove nel medioevo è sorto l’insediamento urbano; a ovest, il tratto pianeggiante

bagnato dalle imprevedibili acque del Ticino che fluiscono al lago Maggiore. Difficile immaginarsi un

luogo più propizio all’edificazione di uno sbarramento difensivo.

Il primo insediamento umano sul rilievo roccioso del Castelgrande, attestato durante gli scavi

effettuati dal 1984 al 1985, risale al Neolitico antico ( 5300/5000 a.C.).2 La posizione facilmente

difendibile dell’altura attirò soprattutto artigiani intenzionati a preservare le materie prime (p.es.

cristalli di rocca, metalli) e i propri manufatti da mani nemiche. Oltre alla morfologia particolare della

collina, vi è anche l’interesse della sua posizione geografica, lungo un asse di transito sud-nord-sud, al

confluire delle strade provenienti dalla Pianura padana, e di quelle che danno accesso ad alcuni

importanti valichi alpini, quali il San Gottardo, la Novena, il Lucomagno, la Greina e il San

Bernardino.3 La morfologia del paesaggio della piana del Ticino attribuì dunque alla collina del

Castelgrande una notevole importanza strategica, in quanto costituiva il punto di passaggio obbligato

per tutti coloro che per ragioni commerciali si recavano oltre le Alpi e dal nord si dirigevano verso il

bacino del Mediterraneo.4 I primi ad accorgersi di tutte le potenzialità strategiche che quel territorio

alpino offriva e a sfruttarle impegnando l’ingegno edilizio e l’ esperienza secolare dei conquistatori

furono i romani.5 In epoca romana (IV sec. a.C.) sorse, sull’insediamento neolitico preesistente, la

prima fortificazione accertata archeologicamente (scavi del 1967).6 Nel corso del secoli le

fortificazioni subirono ulteriori modifiche, come ampliamenti, opere di rinforzo e demolizioni, per far

fronte agli avvenimenti storici del tempo.

Con l’entrata di Bellinzona nella Confederazione l’interesse strategico nei confronti delle

fortificazioni diminuì ed esse non subirono più nessun intervento, anzi, vennero fortemente trascurate.

Basti pensare che quando, nel 1515 una piena rovinosa -la cosiddetta Buzza di Biasca- distrusse un

tratto della murata, si rinunciò a riparare i danni. 1 Progetto Castelgrande, Il divenire di un restauro, ed. Skira, Milano 2006, p.25 2 Tratto da: http://www.bellinzonaturismo.ch/framework/Desktopdefault.aspx?menu_index=30&menu_id=84 3 Progetto Castelgrande, Il divenire di un restauro, ed. Skira, Milano 2006, p.55 4 Bellinzona patrimonio dell’umanità, ed. Ente Turistico di Bellinzona e dintorni, Bellinzona 2003, p.34 5 Bellinzona patrimonio dell’umanità, ed. Ente Turistico di Bellinzona e dintorni, Bellinzona 2003, p.54 6 Tratto da: http://www.bellinzonaturismo.ch/framework/Desktopdefault.aspx?menu_index=30&menu_id=84

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È vero comunque che, proprio nel 1503 Uri, Svitto e Nidvaldo attivarono un’officina governativa

dove in comune battevano moneta in oro e in argento. Tuttavia, nel 1548 la zecca venne trasferita ad

Altdorf.

Con la formazione del canton Ticino nel 1803 i tre castelli divennero proprietà del nuovo Stato.

Montebello e Sasso Corbaro caddero vittime dell’incuria e intorno al 1900 versavano in condizioni di

preoccupante degrado, analogamente alla cinta urbana e alla murata. Dal 1813 il Castelgrande era

adibito ad arsenale e, a partire dal 1820 circa ospitò anche il penitenziario cantonale.

Ciò che noi oggi vediamo è il risultato di una storia edilizia movimentata, conclusasi con il restauro

realizzato dall’ architetto Aurelio Galfetti negli anni 1982-92.7

7 Werner Meyer, I castelli di Bellinzona, ed. Società di Storia dell’Arte in Svizzera SSAS, Berna 1994; 3a ed. 2002

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1.1.2 Il Castelgrande oggi Il restauro integrale del complesso, reso possibile dalla generosa donazione di Mario della Valle e

diretto dall'architetto Aurelio Galfetti negli anni 1982-92, è stato molto rispettoso del profilo acquisito

dal Castelgrande nel corso dei secoli. Della vecchia fortezza rimangono alcuni elementi, come il

complesso delle mura, o almeno ciò che ne è rimasto a seguito dei conflitti e delle alluvioni che si

verificarono nella prima metà del ‘500, tra cui va ricordata la Buzza di Biasca del 1515; le due torri,

quella Nera e quella Bianca, che raggiungono i 27-28 metri, risalenti all’epoca medievale, come pure

le diverse ali, il tutto però è stato completamente rivisitato e gli antichi spazi hanno assunto nuove

funzioni. L'ala sud contiene ambienti museali che, sulla scorta di reperti archeologici, illustrano la

storia edilizia del castello; vi si conservano inoltre i soffitti dipinti della Casa Ghiringhelli / antico

Albergo della Cervia (c. 1470/80), mentre un locale è dedicato alla zecca di Bellinzona (XVI secolo).

II corpo di fabbrica occidentale, raccordato ad angolo retto all'ala sud, venne edificato nel tardo

Ottocento come arsenale; riattato interamente verso il 1990, è da allora adibito a ristorante.

Nella piantina sottostante (Fig.1) sono indicate le strutture principali costituenti il castello.8

Fig. 1: pianta orientativa del Castelgrande (tratto da Werner Meyer, I castelli di Bellinzona, ed. Società di Storia dell’Arte in Svizzera SSAS, Berna 1994; 3a ed. 2002)

8 Werner Meyer, I castelli di Bellinzona, ed. Società di Storia dell’Arte in Svizzera SSAS, Berna 1994; 3a ed. 2002

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1.2 Gli obbiettivi L’ obbiettivo di questo lavoro è quello di determinare le condizioni a livello floristico delle mura del

Castelgrande di Bellinzona. Questo monumento infatti, per la sua posizione geografica, costituisce un

ambiente particolare, si potrebbe dire estremo, soggetto a repentini cambiamenti di temperatura, a forti

raffiche di vento e ad una scarsità a livello idrico. D’altro canto però la sua posizione favorisce una

buona irradiazione solare e le sue mura, che si ergono per decine e decine di metri risultano essere

facilmente raggiunte dalle spore e dai semi trasportati dal vento nel periodo riproduttivo. Queste differenti caratteristiche potrebbero originare una comunità vegetale particolare, anomala per

le condizioni climatiche della regione di Bellinzona, e quello che si cercherà di fare è proprio quello di

definirla.

L’intento è di procedere con un censimento delle specie vegetali attualmente presenti sulle mura e le

rocce del castello, per poi, attraverso un indagine legata ad alcuni indici, cercare di ipotizzare i motivi

per i quali la situazione risulta essere quella che é.

Al termine dell’indagine si cercherà di avanzare delle proposte per migliorare, se possibile, le

condizioni della flora al Castelgrande.

1.3 Le ipotesi Prima di procedere con l’attività pratica sono state formulate alcune ipotesi:

Le specie che potenzialmente potrebbero svilupparsi sulle mura e le rocce del Castelgrande

saranno probabilmente specie capaci di sopravvivere e svilupparsi in condizioni estreme,

soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento d’acqua.

Le mura del Castelgrande sono periodicamente sottoposte a lavori di manutenzione. Ciò

potrebbe influenzare la presenza / assenza di specie potenziali.

Oltre ai periodici lavori di manutenzione, il completo intervento di restauro del Castelgrande

avvenuto tra gli anni ottanta e novanta, potrebbe aver influenzato alcuni fattori ecologici. Tra

questi fattori si pensa in particolare all’acidità del substrato (terreno, roccia, mura), in relazione

all’applicazione di calcina (carbonato di calcio) sulle mura del castello.

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2. PROCEDIMENTO 2.1 Oggetto di studio La zona presa in esame è il Castelgrande di Bellinzona ed in particolare alcune delle sue mura e delle

sue rocce. Queste ultime sono state definite in base alla loro posizione geografica rispetto ai punti

cardinali, ma anche perché presentavano delle condizioni ambientali particolari. Le zone sono state

denominate con delle lettere maiuscole dalla A alla E (Fig. 2) .

Fig. 2: Castelgrande: la rocca medievale costituisce l’oggetto di studio della ricerca. In rosso sono evidenziate le zone prese in esame durante l’indagine. (Foto aerea di Bruno Pellandini, Corriere del Ticino, 2005)

Le zone A, D ed E sono costituite da mura in pietra, erette dall’uomo, mentre le zone B e C sono

caratterizzate da pareti rocciose granitiche. La zona B è però una parete rocciosa singolare, in quanto

presenta un fondo acquoso. Una delle caratteristiche tipiche di mura e rocce è proprio quella della

mancanza di acqua, perciò i risultati ottenuti in seguito al monitoraggio della zona in questione non

risultano significativi nel contesto del lavoro svolto. La zona D è stata ulteriormente suddivisa in D1 e

D2 in quanto presentava due parti ben distinte con caratteristiche molto diverse, come evidenziato

nelle immagini allegate (Allegato 1).

Ogni zona è stata fotografata e tutte le immagini sono catalogate in allegato (Allegato 1).

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2.2 Materiali Durante i sopralluoghi si è proceduto, oltre al censimento, alla raccolta di alcuni dati e per questo sono

stati utilizzati i seguenti materiali:

• termometro

• igrometro9

• contenitori in vetro

• decametro

• kit per la misurazione del pH del terreno

• macchina fotografica

2.3 Metodi 2.3.1 Metodo di indagine sul territorio Per raggiungere l’obbiettivo prefissato si è deciso di procedere ad un censimento delle specie vegetali

per ogni zona considerata.

L’indagine è stata condotta attraverso:

• Una documentazione fotografica delle diverse zone.

• Una raccolta delle specie vegetali presenti e una loro successiva identificazione. Ogni specie

censita è archiviata in un erbario.

• Un rilevamento di alcuni dati, quali:

- località - data - ora del prelievo - zona - superficie considerata - pendenza del muro o della roccia - altezza della zona indagata rispetto al suolo - temperatura ambientale - umidità dell’aria - esposizione solare - pH del substrato - condizioni meteo

Per ogni zona presa in esame è stata inoltre redatta una breve descrizione, in cui sono riportate le caratteristiche e le particolarità della zona, come la copertura vegetale, ed eventuali osservazioni fatte durante l’analisi.

9 L'igrometro é uno strumento che misura l'umidità relativa dell'aria, ovvero il rapporto tra l'umidità assoluta definita come la quantità di vapore acqueo presente nell'atmosfera in un dato istante, e l'umidità di saturazione, cioè la quantità massima di vapore acqueo che può essere presente ad una data temperatura e pressione. (Tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Igrometro)

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2.3.2 Archiviazione dati

• Le fotografie sono numerate e localizzate, al fine di reperire il punto esatto in cui sono state

scattate. Tutte le fotografie scattate durante lo svolgimento dell’intero lavoro sono disponibili

su cd (Documentazione fotografica).

• Tutti i dati raccolti sono trascritti al computer (Word 2003 per le tabelle, Paint per le immagini

fotografiche).

• I campioni vegetali sono archiviati in un erbario.

2.3.3 La codifica di Landolt

Dopo l’identificazione delle specie vegetali nelle diverse zone si è deciso di procedere con un’ analisi

legata ai valori ecologici di Landolt.

Landolt ha assegnato ad ogni specie vegetale un valore in una scala da 1 a 5 per ciascuno dei

principali parametri ecologici: umidità (F), acidità (R), nutrienti (N), humus (H), granulometria (D),

luce (L), temperatura (T) e continentalità (K). Se le specie risultano indifferenti ad un tale parametro

vengono contraddistinte con un simbolo x relativamente a tale parametro.10

Attraverso questa analisi potranno essere definite le caratteristiche ecologiche tipiche delle mura e

delle rocce prese in esame. (Allegato 2: Il significato dei valori di Landolt)

10 Tratto da: http://www.scalve.it/legni/TESI/Tesi-04Flora.htm

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2.3.4 Indice di Shannon L’indice di Shannon, attraverso un calcolo, determina il livello di biodiversità in una data zona.

Il concetto di biodiversità non va messo in relazione solo al numero di specie presenti in un

ecosistema, e nel caso specifico in una zona, ma bisogna considerare anche il numero di individui

presenti per ogni specie. In un ambiente nel quale è presente un numero di individui/specie equilibrato

si otterrà un valore dell’indice di Shannon maggiore rispetto ad un altro che possiede una specie che

domina (per numero) sulle altre. 11 Il calcolo che permette di determinare l’indice di Shannon è il seguente:

Hs = - Σ Pi . ln Pi Pi= ni

N dove: Hs = diversità in relazione al numero di specie S = numero totale di specie

P = probabilità della presenza della specie i, (da 0,0 a 1,0)

N = numero totale di individui

ni = numero di individui della specie i

11 Tradotto da : Forêtes et bois, Bullettin de l’OFEFP 3/96, p. 53

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3. RISULTATI 3.1 Dati raccolti durante i rilevamenti Durante i rilevamenti sono stati raccolti alcuni dati, che sono stati raccolti in tabelle (Tab. 1, 2, 3, 4, 5

,6) grazie alle quali si evidenziano le caratteristiche e lo stato specifico di ogni zona.

Tabella 1: Analisi della zona A

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: A Data: 03.05.2006

Ora:16.15

Superficie[m2]: 61,29

Pendenza[°]: 90 (verticale)

Altezza[m]: 0-3

pH: 8

Umidità: 42%

Vento: forte

Temperatura: 23°C

Esposizione: al momento nulla (N-E)

Condizioni meteo: soleggiato

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale totale raggiunge il 15 %, di cui circa il 45% è costituito da Asplenium trichomanes, il 40% da Asplenium ruta-muraria , il 10% da Sedum dasyphyllum ed il rimanente 5% da altre specie Osservazioni: Il muro è stato trattato con della calce, probabilmente per renderlo più stabile. Nelle feritoie presenza di vegetali, che sembrano in condizioni migliori rispetto a quelle sulle mura. Probabilmente si tratta di una zona più riparata dalle intemperie e dal vento e di conseguenza anche più umida.

COPERTURA VEGETALE ZONA A Fig. 3: Copertura vegetale zona A:come si può notare essa non raggiunge nemmeno il 20%. Le specie maggiormente presenti sono l’Asplenium trichomanes e l’Asplenium ruta-muraria.

7% 6%2%1%

84%

Asplenium trichomanes Asplenium ruta-muraria Sedum dasyphyllum altre specie superficie priva di vegetali

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Tabella 2: Analisi della zona B

Fig. 4: Copertura vegetale zona B. Come si può notare la superficie della zona presa in esame è completamente ricoperta di vegetali. La specie dominante è l’ Epaticae, una pianta acquatica.

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: B Data: 10.7.2006

Ora: 14.00

Superficie[m2]: 46,46

Pendenza[°]: 50

Altezza[m]: 0-1,5

pH: 6,5

Umidità: 24%

Vento: debole

Temperatura: 31,8°C

Esposizione: a tratti (E)

Condizioni meteo: soleggiato, limpido

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale totale raggiunge circa il 95%, di cui circa il 90% è costituito da Epaticae , mentre il rimanente 5% é costituito dall’insieme di tutte le altre specie presenti. Osservazioni: Si tratta di una zona caratterizzata dalla presenza di acqua, sulla cui superficie si può notare la presenza di un’altra specie vegetale, probabilmente acquatica, non identificata. Nella parte bassa si nota la presenza di una schiuma giallastra, non identificabile. Si tratta di una zona riparata dal vento essendo attorniata da altre e alte rocce. Presenza di alcuni rifiuti (come pacchetti di sigarette, vetri di bottiglie rotte, cartacce), che mostrano l’elevata pressione antropica presente sul sito.

COPERTURA VEGETALE ZONA B

95%

5%

Epaticae altre specie

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Tabella 3: Analisi della zona C

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: C Data:25.08.2006

Ora: 14.00

Superficie[m2]: 20

Pendenza[°]: 85 (circa verticale)

Altezza[m]: 0-30

pH: 5,5 - 6

Umidità: 19%

Vento: nullo

Temperatura: 41,2°C

Esposizione: a tratti (S-E)

Condizioni meteo: soleggiato, limpido

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale totale raggiungerà all’incirca il 7%, di cui circa l’14,3% è costituita da Conyza canadensis, il 42,8% da Portulaca oleracea, il 28,6% da Sedum dasyphyllum. Il rimanente 14,3% è occupato dall’insieme delle altre specie presenti.

Osservazioni: La parete rocciosa è esposta a sud e pertanto si può pensare che nelle giornate di sole venga riscaldata molto. In effetti la temperatura al momento dei rilevamenti raggiungeva i 41°C. Le poche specie presenti sono localizzate essenzialmente nella parte superiore e in quella inferiore; nella zona centrale sono pur presenti ma in modo molto meno massiccio. Le specie presenti nella zona superiore sono tutte secche, a differenza di quelle della parte inferiore. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che quest’ ultima risulta essere più riparata dal vento e la presenza di altre rocce costituisce una fonte di protezione anche dai raggi solari.

Fig. 5: Copertura vegetale zona C. Essa raggiunge a malapena il 7% e non è caratterizzata da una specie prettamente dominante.

COPERTURA VEGETALE ZONA C

3%2%1%

93%

1% Conyza canadensis Portulaca oleracea Sedum dasyphyllum altre specie superficie priva di vegetali

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Tabella 4: Analisi della zona D1

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: D1

Data: 10.7.2006

Ora: 14.40

Superficie[m2]: 14,5

Pendenza[°]: 90 (verticale)

Altezza[m]: 0-2,3

pH: 8

Umidità: 30%

Vento: debole

Temperatura: 35,8°C

Esposizione: totale (S-E)

Condizioni meteo: soleggiato, limpido

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale totale raggiunge a mala pena l’1%

Osservazioni: Si tratta di un muro trattato con della calce. I pochi esemplari vegetali presenti sono delimitati nella parte superiore del muro. Ciò potrebbe essere messo in relazione al fatto che il muro in questione confina con una vigna proprio nella parte superiore c’è un contatto diretto tra la superficie dell’uno e la vegetazione dell’altra. Questo potrebbe favorire lo sviluppo di specie vegetali legati appunto alla vigna.

Fig. 6: Copertura vegetale zona D1. Essa raggiunge solo l’1%. Questa zona risulta essere quella con la copertura vegetale minore.

COPERTURA VEGETALE ZONA D1

1%

99%

totalità specie superficie priva di vegetali

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Tabella 5: Analisi della zona D2

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: D2 Data: 10.7.2006

Ora: 14.55

Superficie[m2]: 10,81

Pendenza[°]: 90 (verticale)

Altezza[m]: 0-2,3

pH: 8

Umidità: 30%

Vento: debole

Temperatura: 35,8°C

Esposizione: totale (S-E)

Condizioni meteo: soleggiato, limpido

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale raggiunge all’incirca il 20% della superficie totale, di cui il 50% è costituito da Parietaria judaica, il 25% da Rubus fruticosus, il 15% da Convolvulus arvensis e il rimanente l’10% da Sedum album. Osservazioni: A differenza del muro D1, questo non risulta essere trattato con calce, e già a prima vista si nota una consistente differenza a livello di copertura vegetale. Sebbene le condizioni ambientali ed ecologiche siano pressoché le stesse, in questo caso la copertura vegetale risulta essere 20 volte maggiore rispetto a quella della zona D1.

Fig. 7: Copertura vegetale zona D2. Essa raggiunge il 20% ed è costituita per la maggior parte dalla Parietaria judaica.

COPERTURA VEGETALE ZONA D2

10%5%

3%2%

80%

Parietaria judaica Rubus fruticosus Convolvulus arvensis Sedum album Superficie priva di vegetali

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Tabella 6: Analisi della zona E

Località: Bellinzona, Castelgrande

Zona rilievo: E Data:20.09.2006

Ora: 16.00

Superficie[m2]: 25,80

Pendenza[°]: 90 (verticale)

Altezza[m]: 0-3

pH: 6

Umidità: 40%

Vento: debole

Temperatura: 25,9°C

Esposizione: al momento la parte sinistra è all’ombra,mentre quella destra è soleggiata

Condizioni meteo: soleggiato, limpido

Illuminazione artificiale: no

Copertura vegetale: La copertura vegetale raggiunge il 10% della superficie totale, di cui un buon 60% è costituito da esemplari di Erigeron karvinskianus, un 20% da Cymbalaria muralis e il rimanente 20% dall’insieme delle altre specie presenti. Osservazioni: La zona è caratterizzata dalla presenza di specie vegetali atipiche (mai trovate nelle altre zone), come l’ Erigeron karvinskianus e la Cymbalaria muralis (specie già presenti durante il primo sopralluogo del 16.05.2006). Assieme alle specie sopraccitate, ritroviamo comunque anche specie comuni, come il Sedum dasyphyllum e l’Asplenium trichomanes. La flora è localizzata essenzialmente nella parte superiore e centrale del muro, cioè a partire da 1,5 metri dal suolo. Il muro è stato trattato con della calcina, ma alcune pietre del muro originario sono ancora visibili interamente, dunque rispetto ad altri muri é stato trattato meno. Il muro costeggia la scalinata ed è angolato. Al momento la parte più sinistra è ombrosa, mentre quella destra è soleggiata, anche se non completamente a causa della presenza di alcuni alberi che con la loro chioma fanno ombra. È interessante notare che per la stessa specie vegetale sono presenti diversi stadi di sviluppo (alcune già secche, altre nel pieno del loro sviluppo)

Fig .8: Copertura vegetale zona E. Si nota la rilevante presenza di Erigeron karvinskianus.

COPERTURA VEGETALE ZONA E

6% 2%2%

90%

Erigeron karvinskianus Cymbalaria muralis altre specie superficie priva di vegetali

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3.2 Specie identificate La situazione floristica del Castelgrande è stata studiata attraverso dei rilievi botanici. Nelle tabelle sottostanti (Tab. 7, 8) sono riportati i risultati di questa analisi.

Tabella 7: Elenco delle specie vegetali censite in tutte le zone esaminate

ZONA DATA SPECIE IDENTIFICATE

A 03.05.2006 1) Sedum dasyphyllum 2) Asplenium trichomanes 3)+4) Asplenium ruta-muraria 5) Arenaria serpyllifolia 6) Parietaria judaica 7) cf. Leontodon hispidus 8) Cerastium glomeratum (Ceterach officinarum) 20.09.2006 75) Sagina procumbens

B 06.06.2006 12) Galinsoga ciliata 13) Veronica beccabunga 14) Stellaria media 15) Senecio vulgaris 16) Epaticae 28) Portulaca oleracea (Sonchus oleraceus)

10.07.2006 29) Populus cf. nigra 30) Portulaca oleracea 31) Digitaria sanguinalis 32) Salix caprea 33) Platanus spe 34) Populus alba 36) Parietaria judaica 37) Polygonum aviculare 38) Taraxacum officinale 39) Epaticae C 06.06.2006 17) Arabidopsis thaliana 18) Chenopodium album 19) Polygonum aviculare 20) Digitaria sanguinalis 21) Veronica arvensis 22) Conyza canadensis 23) Poa annua 24) Bromus sterilis 25) Eragrostis minor (Rumex p) (Viola tricolor) (Oxalis fontana)

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25.08.2006 47)+58)+60) Conyza canadensis 48)+50) Parietaria judaica 49) Arenaria serpyllifolia 51) cf. Erigeron annuus 52) Portulaca oleracea 53) Cymbalaria muralis 54) Sedum dasyphyllum 55) Lamiacea sp. 56) Senecio vulgaris 57) Digitaria sanguinalis 59) Eragrostis sp. 61) Chenopodium album D1 06.06.2006 26) Convolvulus arvensis 10.07.2006 44) Asplenium ruta-muraria 45) Convolulus arvensis 46) Sedum dasyphyllum

D2 06.06.2006 27)+42) Rubus fruticosus aggr. 10.07.2006 40) Convolvulus arvensis 41) Parietaria judaica 42) Rubus fruticosus aggr. 43) Sedum album E 16.05.2006 9) Cymbalaria muralis 10) Erigeron karvinskianus 11) Antirrhinum majus

20.09.2006 62) Sedum dasyphyllum 63) Hedera helix 64)+69)+70) Cymbalaria muralis 65) Erigeron karvinskianus 66) Antirrhinum majus 67) Asplenium ruta-muraria 68) Parietaria judaica 71) Asplenium trichomanes 72) Viola sp. 73) Erigeron karvinskianus 74) Oxalis corniculata

Tab. 7: Nella colonna a sinistra è indicata la zona in cui sono state raccolte, in quella centrale la data in cui è stata effettuato il sopralluogo, mentre nella colonna a destra sono riportati il genere e la specie degli esemplari raccolti ed identificati. Ogni campione, nell’ erbario,è contraddistinto da un numero, che corrisponde a quello riportato accanto al nome della specie. Le specie a cui non è stato assegnato nessun numero non sono state raccolte, ma solo identificate durante l’analisi. Ad alcune specie sono stati assegnati più numeri; ciò è dovuto al fatto che durante l’uscita sono stati raccolti più esemplari della stessa specie, in quanto presentavano differenti stadi di sviluppo.

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Tabella 8: Specie più diffuse

Sedum dasyphyllum Particolarità: Pianta grassa. Le sue foglie, caratterizzate da una cuticola spessa, impediscono un’eccessiva traspirazione. Le foglie costituiscono una sorta di magazzino di acqua, così che possa sopravvivere anche in periodi di siccità e particolarmente aridi.12

Parietaria judaica Particolarità: Specie tipica di mura e rocce. La sua diffusione è legata anche al fatto che ha dei semi appiccicosi, che si attaccano al pelo degli animali, così da essere trasportati anche su lunghe distanze.13

Tab. 8: Specie più diffuse sulle mura e rocce del Castelgrande.

12 Andrea Persico, botanico, 01.12.2006 13 Andrea Persico, botanico, 01.12.2006

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3.2 Valori di Landolt Una volta eseguito il censimento è stato possibile procedere con l’analisi legata ai valori di Landolt,

attraverso la quale è stato possibile determinare le condizioni ecologiche delle diverse zone prese in

esame (Tab. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15). I valori riportati nelle tabelle sono il risultato di

un’approssimazione, in quanto la media aritmetica esatta avrebbe portato a risultati decimali, che non

hanno senso nel contesto di un’analisi di Landolt. I valori decimali sono comunque stati inseriti nella

tabella poiché consentono di identificare in modo più preciso le eventuali differenze tra i valori medi

delle diverse zone e di conseguenza tra le loro condizioni ecologiche.

Tabella 9: Valori ecologici di Landolt zona A.

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Sedum dasyphyllum 1 1 3 4 4 2 3 4

Asplenium trichomanes 1 3 2 3 3 2 3 3

Asplenium ruta-muraria 1 2 2 3 4 3 4 3

Arenaria serpyllifolia 3 2 3 3 4 3 3 4

Parietaria judaica 1 2 2 2 4 4 4 5

cf. Leontodon hispidus s.l. 4 3 3 3 4 3 3 3

Cerastium glomeratum 3 3 3 3 4 3 3 3

Ceterach officinarum 1 1 2 3 5 2 3 5media aritmetica 1,88 2,13 2,50 3,00 4,00 2,75 3,25 3,75

ZONA A 2 2 3 3 4 3 3 4Tab. 9: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona A.

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Tabella 10: Valori ecologici di Landolt zona B

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Galinsoga ciliata 4 3 3 2 4 4 3 4Veronica beccabunga 5 5 4 3 4 4 3 3Stellaria media 4 3 3 3 3 4 3 3Senecio vulgaris 4 3 3 3 4 4 3 4Sonchus oleraceus 4 3 3 3 4 4 4 4Populus nigra s.str. 3 4 3 3 3 4 4 4Portulaca oleracea s.str. 4 3 3 3 4 4 3 4Digitaria sanguinalis 4 2 3 3 4 4 3 4Salix caprea 4 3 3 3 3 3 3 3Populus alba 3 3 3 3 4 4 4 5

Parietaria judaica 1 2 2 2 4 4 4 5Polygonum aviculare 5 3 3 3 4 4 3 3Taraxacum officinale aggr. 4 3 3 3 4 4 3 3media aritmetica 3,46 3,07 3,00 2,85 3,77 3,92 3,31 3,77

ZONA B 4 3 3 3 4 4 3 4Tab. 10: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona B.

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Tabella 11: Valori ecologici di Landolt zona C

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Arabidopsis thaliana 4 2 3 3 4 3 3 3Chenopodium album 4 2 3 3 4 4 3 3Polygonum aviculare 5 3 3 3 4 4 3 3Digitaria sanguinalis 4 2 3 3 4 4 3 4Veronica arvensis 4 3 3 4 3 4 3 4Conyza canadensis 4 2 3 3 4 3 3 4

Poa annua 4 3 3 3 4 4 3 3Bromus sterilis 4 2 3 2 3 4 3 4Eragrostis minor 3 1 2 3 4 2 3 5

Viola tricolor 4 3 3 3 3 3 3 3Oxalis fontana 4 3 3 2 4 4 3 4Parietaria judaica 1 2 2 2 4 4 4 5

Arenaria serpyllifolia 3 2 3 3 4 3 3 4

Erigeron annuus s.l. 4 2 3 3 4 4 3 4Portulaca oleracea s.str. 4 3 3 3 4 4 3 4Cymbalaria muralis 1 3 2 2 3 2 4 4Sedum dasyphyllum 1 1 3 4 4 2 3 4Senecio vulgaris 4 3 3 3 4 4 3 4media aritmetica 3,44 2,33 2,83 2,89 3,78 3,44 3,11 3,83

ZONA C 3 2 3 3 4 3 3 4Tab. 11: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona C.

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Tabella 12: Valori ecologici di Landolt zona D1

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Convolvulus arvensis 4 2 3 3 4 3 4 4

Asplenium ruta-muraria 1 2 2 3 4 3 4 3

Sedum dasyphyllum 1 1 3 4 4 2 3 4media aritmetica 2,00 1,67 2,67 3,33 4,00 2,67 3,67 3,67

ZONA D1 2 2 3 3 4 3 4 4Tab. 12: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona D1.

Tabella 13: Valori ecologici di Landolt zona D2

Tab. 13: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona D2.

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Convolvulus arvensis 4 2 3 3 4 3 4 4

Parietaria judaica 1 2 2 2 4 4 4 5

Rubus fruticosus aggr. 4 3 3 3 3 4 3 4

Sedum album 2 1 3 4 5 2 3 3media aritmetica 2,75 2,00 2,75 3,00 4,00 3,25 3,50 4,00

ZONA D2 3 2 3 3 4 3 4 4

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Tabella 14: Valori ecologici di Landolt zona E

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

Cymbalaria muralis 1 3 2 2 3 2 4 4

Erigeron karvinskianus 1 2 2 2 4 2 3 5

Antirrhinum majus 1 3 2 2 4 3 3 5

Sedum dasyphyllum 1 1 3 4 4 2 3 4

Hedera helix 4 3 3 2 2 3 3 4

Asplenium ruta-muraria 1 2 2 3 4 3 4 3

Parietaria judaica 1 2 2 2 4 4 4 5

Asplenium trichomanes 1 3 2 3 3 2 3 3

Oxalis corniculata 5 2 3 3 4 4 3 5media aritmetica 1,78 2,33 2,33 2,56 3,56 2,78 3,33 4,22

ZONA E 2 2 2 3 4 3 3 4Tab. 14: Attraverso il calcolo di una media aritmetica sono stati ricavati i valori di Landolt relativi alla zona E.

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Tabella 15: Tabella riassuntiva valori ecologici di Landolt

Specie D: Granulometria

F: Umidità

H: Humus

K: Continentalità

L: Luce

N: Nutrienti

R: Acidità

T: Temperatura

media aritmetica

1,88 2,13 2,50 3,00 4,00 2,75 3,25 3,75

ZONA A

2 2 3 3 4 3 3 4

media aritmetica

3,46 3,07 3,00 2,85 3,77 3,92 3,31 3,77

ZONA B 4 3 3 3 4 4 3 4

media aritmetica

3,44 2,33 2,83 2,89 3,78 3,44 3,11 3,83

ZONA C

3 2 3 3 4 3 3 4

media aritmetica

2,00 1,67 2,67 3,33 4,00 2,67 3,67 3,67

ZONA D1

2 2 3 3 4 3 4 4

media aritmetica 2,75 2,00 2,75 3,00 4,00 3,25 3,50 4,00

ZONA D2

3 2 3 3 4 3 4 4

media aritmetica

1,78 2,33 2,33 2,56 3,56 2,78 3,33 4,22

ZONA E

2 2 2 3 4 3 3 4Tab. 15: Tabella riassuntiva valori ecologici di Landolt. In questo modo i valori dei diversi parametri ottenuti nelle zone analizzate possono essere facilmente comparati.

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3.4 Indici di Shannon Per ricavare gli indici di Shannon si è proceduto con il conteggio degli esemplari di ogni specie

vegetale e successivamente i dati sono stati utilizzati per svolgere il calcolo (cap. 2.3.4). Lo

svolgimento dei calcoli è riportato in allegato (Allegato 3: Il calcolo degli indici di Shannon).

Tabella 16: Confronto indice di Shannon zone D1 e D2

ZONA D2

ZONA D1

Hs

1,64

1,23

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4. DISCUSSIONE Premessa : La discussione si articola da un colloquio avuto dalla sottoscritta con l’esperto di botanica Andrea Persico il 01.12.2006. Da questo incontro sono emersi alcuni aspetti interessanti che verranno riportati qui di seguito. Per quanto riguarda i risultati ottenuti dai rilievi botanici (Tab. 7), è emerso che le specie identificate

costituiscono una parte della tipica associazione fitologica di rovine, vecchi muri e muri a secco, non

sono presenti infatti specie rare o specie che non ci si sarebbe aspettato di trovare conducendo una tale

analisi.14 Le specie più diffuse, ovvero presenti nella maggior parte delle zone prese in esame,

risultano essere il Sedum dasyphyllum e la Parietaria judaica (Tab. 8), entrambe specie tipiche di zone

aride o comunque caratterizzate da un livello di umidità inferiore alla media (valore di Landolt < 3). Si

può dunque dedurre che le mura e le rocce del Castelgrande costituiscono un ambiente

prevalentemente arido.

Per spiegare il fatto che siano proprio queste due specie ad essere le più diffuse, inizialmente si era

fatto capo ai valori di Landolt, ritenendo che se il valore riguardante un dato parametro della zona non

coincideva con quello della specie stessa, significava che essa non vi poteva crescere.

Durante il colloquio é stata però messa in discussione la validità statistica dei valori ottenuti. Infatti

affinché questi risultassero attendibili statisticamente, sarebbe stato necessario realizzare più

monitoraggi in diversi periodi dell’anno; operazione che purtroppo, per ragioni di tempo, non è stato

possibile svolgere. Inoltre i valori di Landolt non tengono in considerazione l’intervento dell’uomo,

poiché si basano esclusivamente sulle specie presenti. È possibile infatti che alcune specie, in seguito

ai lavori di manutenzione, essendo state estirpate non rientrano nella media dei valori di Landolt. In

realtà però la situazione ecologica della zona sarebbe idonea per il loro sviluppo, solamente che non è

permesso loro dall’intervento umano. Da ultimo, ma non meno importante, bisogna considerare il

fatto che attraverso il calcolo delle medie svolto, ogni specie assume la stessa importanza, in quanto

non si attribuisce loro una maggiore influenza in relazione alla quantità percentuale rispetto alla

totalità degli individui presenti. Per tutti questi motivi i valori di Landolt non possono dunque essere

considerati statisticamente validi. La presenza o l’assenza di determinate specie va fatta risalire ad altri

fattori.

Andrea Persico ha affermato che un aspetto molto importante da tenere in considerazione conducendo

un’indagine del genere è quello della casualità. Per spiegare la presenza in una zona e non in un'altra

di una determinata specie vegetale, soprattutto per quanto riguarda le specie tipiche di muri e rocce, il

caso assume un ruolo determinante. Il muro rappresenta un ambiente molto selettivo; lo sviluppo delle

piante è infatti ostacolato dalla struttura stessa della costruzione. Il fatto che sia verticale rende 14 Andrea Persico, botanico, 01.12.2006

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difficile il raggiungimento del substrato da parte dei semi. Essi non possono infatti adagiarsi sul

terreno come possono invece fare nel caso di un prato, ma devono dapprima raggiungere una certa

elevazione dal suolo e successivamente riuscire a penetrare nelle fessure tra le pietre, in modo tale da

poter raggiungere il substrato. Questo fatto potrebbe favorire la crescita di specie la cui diffusione dei

semi si realizza per via aerea e che ne producono in gran quantità. Queste hanno infatti più probabilità

di raggiungere il substrato e dunque di potersi sviluppare.

Nel corso del colloquio ci si è posti una domanda riguardante il fatto che durante i rilievi botanici è

stato censito un solo esemplare di Sedum album (Fig. 9) nella zona D2, mentre il Sedum dasyphyllum è

risultato piuttosto diffuso in tutte le zone analizzate. Entrambe le specie, come tutte quelle

appartenenti alla famiglia delle piante grasse, sono caratterizzate dalla capacità di accumulare riserve

di acqua nelle foglie, strategia che permette loro di svilupparsi e sopravvivere in ambienti anche molto

aridi (si pensi ai cactus nel deserto). Ciò che risultava non chiaro era l’assenza di Sedum album nelle

altre zone prese in esame. Ancora una volta, ha affermato il botanico Persico, la casualità risulta essere

l’unica spiegazione. L’assenza di una specie in un dato ambiente può essere messa in relazione a due

aspetti fondamentali. Una specie può non svilupparsi sia perché l’ambiente non presenta le condizioni

adatte affinché lo possa fare, sia perché il caso non ha voluto che i semi lo raggiungessero e potessero

così germinare e svilupparsi.

L’assenza di una specie non è dunque così significativa, soprattutto per le specie tipiche del muro,

risulta invece determinante la sua presenza. Infatti se una pianta si sviluppa, significa che ha

sicuramente trovato in quell’ambiente le condizioni adatte per farlo, mentre se non si sviluppa le

ragioni possono essere molteplici ed in primo luogo legate al caso.

Fig. 9: L’unico esemplare di Sedum album censito nel corso dell’ intera indagine. Il Sedum album fa parte della tipica associazione fitologica di mura rocce e muri a secco. Nonostante ciò era presente solamente nella zona D2. (cd, cartella 3, particolare immagine 795)

La forte presenza di Sedum dasyphyllum e di Parietaria judaica può essere ricollegata, oltre che al

caso, a due principali motivazioni. Una legata al metodo di diffusione dei semi, l’altra ad una strategia

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di adattamento messa in atto dalla specie per far fronte alla mancanza di acqua, un grosso problema

che si riscontra generalmente nelle mura e sulle rocce. Oltre a queste due specie ce ne sono altre che

mettono in atto delle strategie interessanti per poter sopravvivere in ambienti estremi: l ’Asplenium

ruta-muraria, per limitare la traspirazione, ha ridotto la superficie delle foglie, mentre le piante

annuali, come l’Arenaria serpyllifolia, compiono il loro ciclo biologico durante i periodi in cui le

condizioni ambientali sono buone mentre la stagione rigida è trascorsa sotto forma di seme.15

Entrambe queste specie sono di fatto state censite. Anche se i muschi non sono stati oggetto di

indagine sono presenti in gran quantità sulle mura del Castelgrande ed è interessante notare che essi,

come le alghe e i licheni, catturano il vapore acqueo dall’aria così da sopravvivere anche durante

periodi di siccità.16 La prima ipotesi, che riguardava appunto la presenza di specie con particolari

adattamenti alle condizioni estreme, ed in particolare all’aridità, è stata dunque verificata e

confermata.

Dai risultati è inoltre emerso che della tipica comunità fitologica di mura e rocce fanno parte anche

delle specie neofite, ovvero specie che non sono originarie dell’ambiente in cui si trovano (in questo

caso le mura ticinesi), ma che vi sono state introdotte in un secondo momento (le modalità e le ragioni

possono essere molteplici). Avendo trovato le condizioni adatte al loro sviluppo, si sono poi diffuse

largamente, entrando così a far parte della tipica flora di quel dato ambiente. Sono ad esempio presenti

nella zona E (Fig. 10) l’Erigeron karvinskianus e l’ Antirrhinum majus. Queste specie, originarie

dell’America, sono state importate in Svizzera poiché i loro semi erano contenuti nelle miscele per

abbellire i muri e i giardini.17 Dai giardini si sono poi diffuse largamente e oggi fanno parte della

tipica flora rupicola ticinese e svizzera.

Fig. 10: Particolare della zona E, in cui sono visibili alcuni esemplari di Erigeron karvinskianus e di Antirrhinum majus. Sullo sfondo sono visibili alcuni vegetali presenti nel giardino confinante. (cd, cartella 1, particolare immagine 89)

15 Natura in città, di Maddalena Tiziano, Maspoli Guido, Moretti Marco, Patocchi Nicola, ed. WWF, Sezione Svizzera italiana, Lugano 1995 (Postazione 6: un muro a secco) 16 Natura in città, di Maddalena Tiziano, Maspoli Guido, Moretti Marco, Patocchi Nicola, ed. WWF, Sezione Svizzera italiana, Lugano 1995 (Postazione 6: un muro a secco) 17 Andrea Persico, botanico, 01.12.2006

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La diffusione delle due specie presenti nella zona E è stata favorita anche dalla modalità con cui i loro

semi vengono trasportati. Entrambe hanno infatti semi adatti alla diffusione aerea ed hanno pertanto

un raggio di diffusione relativamente ampio. Ovviamente la diffusione presuppone che le specie

trovino le condizioni adatte al loro sviluppo, poiché non tutte le specie importate hanno poi la

possibilità e la capacità di svilupparsi e diffondersi in questo modo. Nel caso specifico però questo

aspetto non sembrerebbe essere stato un problema. Inizialmente la presenza di queste specie, ovvero

l’Erigeron karvinskianus e l’Antirrhinum majus, era stata collegata al fatto che la zona E confina con

un giardino privato, ma visto che comunque i semi possono essere trasportati per lunghe distanze, la

loro presenza potrebbe non essere connessa unicamente alla vicinanza con il giardino in questione,

anche se comunque non è escluso che ciò abbia avuto un influsso. Queste due specie infatti non sono

state censite in altre zone, ma solo ed esclusivamente nella zona E. Molti sono comunque gli esempi di

specie neofite presenti sul territorio ticinese, alcune delle quali infestanti: Polygonum cuspidatum,

Lonicera japonica,…18

Tuttavia l’uomo non assume un ruolo importante solo per quanto riguarda l’importazione di specie.

L’influenza dovuta all’intervento antropico è massiccia, soprattutto in relazione ai lavori di

manutenzione che vengono regolarmente svolti ed in particolare alla pulizia delle mura. La struttura

della vegetazione infatti non dipende unicamente dalle condizioni climatiche, ma pure dal tipo di

stress a cui è sottoposta: calpestio, “tosa”, irrigazione artificiale, uso di erbicidi (ora proibiti),…

selezionano le specie vegetali.19 Per capire quali effetti comporta la manutenzione sulla flora rupicola

del Castelgrande, bisogna dapprima sapere in quale modalità essa viene praticata. Al fine di ricavare

informazioni in merito è stato contattato il signor Toma Varela, responsabile della manutenzione dei

castelli di Bellinzona e delle loro aree monumentali per la Sezione Logistica del Dipartimento

Economia e Finanze del Cantone. Dalla richiesta della sottoscritta è emerso che la principale modalità

con cui viene eseguita la pulizia delle mura è l’estirpazione manuale delle specie.

Fig. 12: Operai intenti nella pulizia della roccia granitica sulla quale è stato costruito il Castelgrande di Bellinzona. (cd, cartella 1, particolare immagine 97)

18 Ottorino Pedrazzini, professore di biologia al Liceo di Bellinzona, 2006 19 Natura in città, di Maddalena Tiziano, Maspoli Guido, Moretti Marco, Patocchi Nicola, ed. WWF, Sezione Svizzera italiana, Lugano 1995 (Premessa, La flora)

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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Le prime specie che risentiranno di questo tipo di gestione saranno dunque quelle caratterizzate da

radici non molto resistenti e che non penetrano in profondità nel terreno. Di queste specie infatti, dal

momento in cui vengono estirpate, non rimarrà nulla nel substrato che permetterebbe loro di

svilupparsi nuovamente, come ad esempio dei residui di radici. Oltre a queste anche le specie di

dimensioni più grandi risentiranno in modo maggiore dell’intervento umano, in quanto, essendo le più

visibili, verranno eliminate per prime.

Fig. 11: La roccia granitica del Castelgrande prima (immagine sinistra) e dopo (immagine destra) l’intervento degli operai addetti alla pulizia delle mura e delle rocce. (cd, cartella 1, immagine 109; cd, cartella 2, immagine 769)

Durante questi interventi si insiste inoltre sulla rimozione di radici e terra nelle fessure. Questo è un

aspetto molto importante in quanto in un ambiente come quello costituito dalle mura e dalle rocce del

castello, in cui vi è una scarsità di acqua e di nutrienti ma in generale di substrato su cui le specie

possano svilupparsi, un’ulteriore e regolare rimozione di terra porterà l’ambiente a diventare

ulteriormente estremo, impedendo così a sempre più specie di svilupparsi.

Dal colloquio è inoltre emerso che, sebbene l’utilizzo di diserbanti sia nocivo per la microfauna che

vive tra e sulle rocce, preserverebbe quel poco di substrato presente nelle fessure. Inoltre il diserbante

agisce seccando gli individui vegetali presenti, che potrebbero così costituire una fonte di nutrimento

(materia organica e inorganica) per le specie che si svilupperanno nella stessa zona.

Come già accennato nelle ipotesi (p. 6), esiste un altro fattore legato all’intervento dell’uomo che

potrebbe aver influenzato la comunità floristica. È stato infatti ipotizzato che il completo intervento di

restauro cui è stato sottoposto il Castelgrande tra gli anni 80 e 90, possa aver avuto delle ripercussioni

sulla flora rupicola, soprattutto in relazione all’aggiunta di calcina tra le fessure, operazione effettuata

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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per rendere più stabili le mura. La calcina, o meglio il carbonato di calcio (CaCO3), avendo un pH

basico (circa pari a 9) potrebbe aver modificato il pH del substrato stesso. Ogni specie vegetale, per

potersi sviluppare, necessita di ben determinate condizioni ambientali, in cui rientra anche il pH. Se

questo, come ipotizzato, ha subito dei cambiamenti, anche la flora potrebbe dunque aver subito dei

mutamenti. Il cambiamento del pH, nel caso specifico il suo aumento, potrebbe infatti favorire lo

sviluppo di specie che prediligono suoli alcalini, e per contro impedire lo sviluppo di specie che

invece prediligono suoli acidi. Per verificare se effettivamente quanto ipotizzato fosse vero, è stato

effettuato un confronto tra le zone D1 e D2, poiché mettevano bene in evidenza il contrasto tra una

zona in cui è stata applicata calcina (D1) e una zona invece che è stata esonerata da questo intervento

(D2).

Dai risultati ottenuti sia dalla misurazione del pH delle due zone (Fig. 13) utilizzando l’apposito kit

(Tab. 4, 5), sia dai valori di Landolt (Tab. 15), questo aspetto non è però emerso.

Fig. 13: Zona D1 e D2 a confronto. La parte sinistra (D2) è stata esonerata dall’aggiunta di calcina, mentre la parte destra (D1) è stata sottoposta a questo intervento. (cd, cartella 4, particolare immagine 18) Evidentemente l’applicazione della calcina ha comunque avuto delle ripercussioni sulla comunità

fitologica della zona D1. Infatti, se a livello di pH non si sono riscontrati dei cambiamenti, questi si

sono potuti constatare a livello di copertura vegetale. Le mura ricoperte da calcina saranno infatti

ulteriormente selettive rispetto a quelle che non hanno subito questo intervento. Come già detto il

muro costituisce un ambiente selettivo in relazione alla sua stessa struttura e al fatto che il substrato si

trovi solamente nelle fessure presenti tra le pietre. La calcina essendo applicata sulla superficie del

muro ed in particolare nelle fessure (per evitare che le pietre fuoriescano e che il muro crolli)

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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costituisce un’ ulteriore ostacolo per i semi nel raggiungimento del substrato. La probabilità che un

vegetale possa svilupparsi si riduce drasticamente.

Tra le due zone si constata infatti un’ evidente differenza a livello di copertura vegetale (Fig. 13), che

risulta notevolmente minore nella zona D1, ovvero nella zona in cui è stata applicata della calcina.

In relazione alla copertura vegetale si è deciso inoltre di procedere ad un confronto tra queste due zone

attraverso l’indice di Shannon, così da verificare se a livello di biodiversità si riscontri una differenza.

Le due zone, trovandosi l’una di fianco all’altra, dovrebbero infatti presentare, almeno

potenzialmente, le stesse condizioni ecologiche e permettere dunque lo sviluppo della stessa comunità

vegetale. Dai risultati è però emerso che la zona D2 presenta una biodiversità maggiore rispetto alla

zona D1 (Tab. 16). Ciò riconferma quanto detto sopra riguardo alla selettività.

Durante il colloquio è però emerso che il numero ridotto di individui vegetali e il fatto che sia stato

eseguito un solo rilievo, rende il risultato non statisticamente significativo. Infatti basterebbe un

piccolissimo cambiamento, come ad esempio lo sviluppo di un esemplare di una specie, per cambiare

la situazione. Inoltre l’indice di Shannon non risulta particolarmente idoneo per condurre un’indagine

come questa, infatti solitamente l’indice di biodiversità prende in considerazione tutta la biocenosi di

un ecosistema, ovvero flora e fauna, mentre nel nostro caso la fauna non è stata conteggiata. Questo

aspetto rappresenta in generale un grosso limite del lavoro svolto. Sarebbe stato interessante eseguire

dei monitoraggi faunistici delle mura del Castelgrande, così da poter individuare delle relazioni tra la

flora e la fauna, in quanto esse sono molto spesso interdipendenti. Questo rappresenta quindi un

possibile sviluppo di quanto realizzato nel corso di questo lavoro.

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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5. CONCLUSIONE Dai risultati ottenuti dallo studio effettuato, si può concludere che le mura e le rocce del Castelgrande

di Bellinzona non costituiscono un ambiente particolarmente ricco dal punto di vista della flora. Le

specie censite rappresentano infatti una parte della tipica comunità fitologica di rovine, vecchi muri e

muri a secco, strutture che in Ticino non scarseggiano. Le ipotesi formulate sono state verificate ed

effettivamente sono risultate valide. Poiché, sebbene l’ipotesi riguardante l’influenza della calcina sul

pH delle mura non sia stata provata, è comunque emerso che l’applicazione della calcina ha avuto

delle ripercussioni sulla flora rupicola, aumentando la selettività delle mura. Mentre per quanto

riguarda i lavori di manutenzione, essi influenzano, proprio per la modalità con cui vengono effettuati,

la situazione floristica, in quanto stanno rendendo l’ambiente murario e roccioso del Castelgrande

progressivamente più estremo.

Tenendo dunque in considerazione che questi due interventi antropici, ovvero il restauro e i lavori di

manutenzione, hanno apportato e apportano teoricamente dei cambiamenti alla comunità floristica che

potenzialmente potrebbe essere presente sulle mura e rocce del Castelgrande, durante il colloquio era

sorta l’idea di realizzare un progetto che prevedeva la creazione di una zona cosiddetta “protetta”

all’interno del Castelgrande, la quale sarebbe stata esonerata da qualsiasi intervento antropico. In

questo modo sarebbe stato possibile verificare se effettivamente, a livello pratico, la situazione

subirebbe dei cambiamenti. Ovviamente per quanto riguardava il restauro, dunque l’applicazione di

calcina, la situazione non avrebbe potuto subire dei cambiamenti, in quanto l’intervento è stato

eseguito e non è possibile tornare indietro. Si sarebbe però potuto provare a mettere in atto questo

progetto in relazione ai lavori di manutenzione. Questo progetto risultava molto interessante nel

contesto di questa ricerca, ma in seguito è stato messo in discussione anche dal botanico Persico.

Bisogna infatti tenere in considerazione il fatto che il valore primordiale è in questo caso legato al

contesto storico del castello, che dall’esecuzione di questi lavori di manutenzione trae comunque dei

reali “vantaggi”. Questi lavori infatti permettono di evidenziare la struttura architettonico-

monumentale dell’intero complesso. In particolare quelli eseguiti sulla roccia granitica su cui poggia il

castello permettono di far risaltare maggiormente la bellezza di questa opera naturale, risultato

dell’erosione fluvioglaciale di migliaia e migliaia di anni. Prima del restauro il castello era

abbandonato a se stesso e la natura era lasciata libera di agire senza limiti. Le strutture interne della

corte cadevano a pezzi e la roccia granitica era totalmente ricoperta da vegetali. Da un punto di vista

prettamente botanico questo risulterebbe positivo, ma è anche vero che la situazione attuale valorizza

maggiormente il castello e la rimozione dei vegetali dal masso roccioso ha permesso a quest’opera

naturale di riemergere e farsi ammirare in tutta la sua straordinarietà.

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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I lavori di manutenzione vanno dunque eseguiti al fine di preservare questo monumento storico-

naturale. È vero comunque che fondamentale risulta evitare l’accanimento nei confronti delle specie

vegetali che si sviluppano sulle mura del castello, anche perché questa operazione rappresenta un

grande spreco di energie e di risorse, che magari potrebbero essere investite altrove. In relazione a

questo aspetto durante il colloquio con Andrea Persico è stata avanzata una una proposta.

Sensibilizzando il personale incaricato della pulizia delle mura e delle rocce nei confronti delle specie

vegetali, facendo loro conoscere le caratteristiche e le particolarità di quelle piante che solitamente

estirpano come fossero “erbacce”, se ne potrebbe evitare l’asportazione incondizionata. Ci sono infatti

specie che potrebbero compromettere l’integrità del castello, soprattutto quelle con radici grosse e

profonde, ma non è questo il caso del Sedum dasyphyllum o della Cymbalaria muralis, che oltretutto

in alcuni casi possono anche abbellire.

L’ecosistema del Castelgrande considerato nella sua complessità (con i suoi prati, le sue rocce, i

muri,..) potrebbe inoltre presentare le condizioni ambientali adatte allo sviluppo di una particolare

comunità faunistica (soprattutto invertebrati), che potrebbe risentire dell’estirpazione di determinate

specie vegetali. Bisogna infatti ricordare che la flora risulta basilare per il mantenimento di qualsiasi

ecosistema, in quanto costituisce la fonte primaria di energia e di nutrimento per tutte le altre

componenti dell’ecosistema stesso, che da essa direttamente o indirettamente dipendono. Per questo

motivo va preservata e protetta.

Diventa evidente a questo punto il conflitto tra l’uomo e la natura, in quanto abbiamo da una parte un

monumento realizzato dall’uomo e con un’importanza storica molto rilevante, che va perciò

preservato. Ma dall’altra abbiamo anche la natura ed in particolare la flora, che assume un ruolo

importantissimo per la vita dell’ ”ecosistema-Castelgrande” e che va dunque preservata anch’essa.

Di fronte ad una situazione del genere bisognerebbe riuscire a raggiungere un compromesso, cercando

di preservare, in linea di massima, entrambi questi elementi, ed è quello che si è già implicitamente

proposto condannando l’accanimento messo in atto nei confronti della flora rupicola. Attualmente si è

comunque potuto constatare che tra questi due elementi, ovvero la flora e il Castelgrande,

quest’ultimo ha nettamente avuto il sopravvento. Avendo realizzato uno studio che prende in

considerazione solo la flora, l’importanza di quest’ultima nel contesto dell’ “ecosistema

Castelgrande” non può essere realmente provata. Il fatto che al Castelgrande possa essere presente

una comunità faunistica particolare e strettamente legata a questo tipo di ambiente rimane infatti

ipotetico. Per riuscire a cambiare effettivamente le condizioni della flora al castello, ovvero per

convincere le autorità competenti a cambiare atteggiamento, bisognerà mostrare loro delle prove

scientifiche che quello che stanno facendo mette a rischio l’esistenza di un intero ecosistema. Il lavoro

svolto costituisce dunque solamente un primo e piccolo passo verso questo obbiettivo. Infatti

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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solamente in seguito ad uno studio della componente faunistica e di tutte le interazioni tra gli

organismi presenti nell’ ”ecosistema-Castelgrande” sarà possibile determinare l’effettiva importanza

della flora in relazione al Castelgrande, per poi agire di conseguenza in modo coerente e pertinente

con le esigenze di entrambi questi elementi.

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Monitoraggio della flora al Castelgrande di Bellinzona

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6. BIBLIOGRAFIA Libri e riviste:

• Bellinzona patrimonio dell’umanità, ed. Ente Turistico di Bellinzona e dintorni, Bellinzona

2003 • Flora Helvetica, Konrad Lauber / Gerhard Wagner, ed. Haupt, Bern, 2000

• Forêtes et bois, Bullettin de l’OFEFP 3/96

• I castelli di Bellinzona, Werner Meyer, ed. Società di Storia dell’Arte in Svizzera SSAS, Berna

1994; 3a ed. 2002

• Natura in città, di Maddalena Tiziano, Maspoli Guido, Moretti Marco, Patocchi Nicola, ed. WWF, Sezione Svizzera italiana, Lugano 1995

• Progetto Castelgrande, Il divenire di un restauro, ed. Skira, Milano 2006

• Forêtes et bois, Bullettin de l’OFEFP 3/96, p. 53

Siti internet:

• http://www.bellinzonaturismo.ch/framework/Desktopdefault.aspx?menu_index=30&menu_id=84

• http://it.wikipedia.org/wiki/Igrometro

• http://www.scalve.it/legni/TESI/Tesi-04Flora.htm

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ALLEGATI

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Allegato 1 : Le zone prese in esame

Fig. 14 Ingrandimento zona A. È stata la prima zona ad essere analizzata. È stata scelta poiché risultava essere facilmente analizzabile: di dimensioni ridotte e di forma regolare.

Fig. 15: Ingrandimento zona B. Si tratta di una zona particolare, poiché presenta un ambiente prevalentemente roccioso, ma è caratterizzata dalla presenza di un fondo acquoso.

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Fig. 16: Ingrandimento zona C. Si tratta dell’unica zona rocciosa presa in esame.

Fig. 17: Ingrandimento zona D. Questa zona risultava molto interessante in relazione alla terza ipotesi. Questa zona è stata ulteriormente suddivisa in D1 e D2. La prima era stata sottoposta all’aggiunta di calcina, mentre la seconda è stata esonerata da questo intervento.

D2 D1

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Fig. 18: Ingrandimento zona E. Questa zona è stata scelta poiché erano presenti alcune particolari specie, che non erano state viste in nessuna altra zona. Si pensava fossero specie rare o comunque atipiche per un ambiente del genere.

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Allegato 2: Il significato dei valori di Landolt

(Tratto da: http://www.scalve.it/legni/TESI/Tesi-04Flora.htm )

I parametri ecologici presi in esame da Landolt sono i seguenti:

Granulometria (D): dimensioni delle particelle del suolo e areazione (soprattutto di ossigeno) del suolo.

1 Piante di suoli grossolani e ambienti rupestri 2 Piante di suoli sciolti o incoerenti (pietraie) 3 Piante di suoli a media tessitura (sabbiosi), permeabili e ben areati 4 Piante di suoli a tessitura fine, più o meno areati 5 Piante di suoli argillosi o torbosi, poco ossigenati e impermeabili

Umidità (F) : umidità del suolo necessaria alla pianta durante il periodo vegetativo. I valori bassi indicano un'umidità minima, i valori alti un'umidità elevata.

1 Piante di suoli molto aridi 2 Piante di suoli aridi 3 Piante di suoli da moderatamente aridi a umidi 4 Piante di suoli umidi 5 Piante di suoli molto ricchi d'acqua, intrisi o sommersi

Humus (H): relativo al tenore in humus del suolo

1 Piante di suoli privi di humus 2 Piante di suoli poveri di humus 3 Piante di suoli a medio tenore di humus 4 Piante di suoli ricchi di humus 5 Piante di suoli molto ricchi di humus

Continentalità (K): relativo all' escursione termica annuale e giornaliera e all'umidità dell'aria Valori bassi indicano basse escursioni termiche ed elevata umidità dell'aria

1 Piante di regioni a clima oceanico 2 Piante di regioni a clima suboceanico 3 Piante di regioni di clima continentale 4 Piante di regioni di clima relativamente continentale 5 Piante esclusive di regioni a clima continentale

Luce (L): intensità media della luce necessaria allo sviluppo della pianta durante la stagione vegetativa

1 Piante vegetanti in stazioni ombrose con intensità luminosa <3% 2 Piante di stazioni ombrose (intensità luminosa <10%) 3 Piante che crescono generalmente in penombra (intensità luminosa >10%) 4 Piante di stazioni ben illuminate 5 Piante che non vegetano se non in piena luminosità

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Nutrienti (N): tenore di sostanze nutritive, soprattutto azoto (N), nel suolo

1 Piante di suoli molto magri 2 Piante di suoli magri 3 Piante di suoli non molto fertili 4 Piante di suoli ricchi 5 Piante di suoli molto ricchi

Acidità (R): pH, presenza di ioni idrogeno liberi nel suolo. I valori bassi indicano suoli acidi mentre i valori elevati corrispondono a suoli alcalini.

1 Piante di suoli molto acidi (pH 3-4,5) 2 Piante di suoli tendenzialmente acidi (pH 3,5-5,5) 3 Piante di suoli neutri, debolmente acidi o alcalini (pH 4,5-7,5) 4 Piante di suoli alcalini (pH 5,5-8) 5 Piante di suoli nettamente alcalini (pH>6,5) Indicatore di suoli calcarei

Temperatura (T): temperatura media necessaria allo sviluppo della pianta durante la stagione vegetativa, dipende dalla quota I valori bassi corrispondono a quote elevate, i valori alti a quote basse.

1 Piante tipiche della zona alpina 2 Piante della zona subalpina 3 Piante della zona montana 4 Piante della zona collinare 5 Piante delle zone più calde

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Allegato 3: Il calcolo degli indici di Shannon

Zona D1

Conteggio individui no. specie no. individui 1 Sedum dasyphyllum 10 2 Asplenium ruta-muraria 8 3 Convolvulus arvensis 1 4 Parietaria judaica 2 no. totale di individui = N = 21 no. di specie = 4

⇒ Hs = - [ 10/21.ln(10/21) + 8/21.ln(8/21) + 1/21.ln(1/21) + 2/21.ln(2/21)] = 1,08 Zona D2

Conteggio individui no. specie no. individui 1 Convolvulus arvensis 20 2 Sedum dasyphyllum 60 3 Sedum album 1 4 Parietaria judaica 25 5 Rubus fruticosus 10 no. totale individui = N = 116 no. di specie = 5

⇒ Hs = - [ 20/116.ln(20/116) + 60/116.ln(60/116) + 1/116.ln(1/116) + 30/116.ln(30/116) + 10/116.ln(10/116)] = 1,25

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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

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Localizzazione fotografie scattate il 16.05.2006 (cd, cartella 1)

Fig: 19: Piantina del Castelgrande (tratto da: Luigi Cavadini, Castelgrande Bellinzona, Fidia edizioni d’arte, Lugano 1993). In blu sono indicati i numeri delle corrispondenti fotografie contenute nella cartella 1 del cd.

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Localizzazione fotografie scattate il 23.05.2006 (cd, cartella 2)

Fig: 20: Piantina del Castelgrande (tratto da: Luigi Cavadini, Castelgrande Bellinzona, Fidia edizioni d’arte, Lugano 1993). In blu sono indicati i numeri delle corrispondenti fotografie contenute nella cartella 2 del cd.

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Localizzazione fotografie scattate il 10.07.2006 (cd, cartella 3)

Fig: 21: Piantina del Castelgrande (tratto da: Luigi Cavadini, Castelgrande Bellinzona, Fidia edizioni d’arte, Lugano 1993). In blu sono indicati i numeri delle corrispondenti fotografie contenute nella cartella 3 del cd.

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Localizzazione fotografie scattate il 25.08.2006 (cd, cartella 4)

Fig: 22: Piantina del Castelgrande (tratto da: Luigi Cavadini, Castelgrande Bellinzona, Fidia edizioni d’arte, Lugano 1993). In blu sono indicati i numeri delle corrispondenti fotografie contenute nella cartella 4 del cd.

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Localizzazione fotografie scattate il 20.09.2006 (cd, cartella 5)

Fig: 23: Piantina del Castelgrande (tratto da: Luigi Cavadini, Castelgrande Bellinzona, Fidia edizioni d’arte, Lugano 1993). In blu sono indicati i numeri delle corrispondenti fotografie contenute nella cartella 5 del cd.