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Molecole in Forma La forma spaziale delle molecole, ovvero come vengono distribuite nello spazio le diverse componenti, ne influenza le proprietà fisiche e chimiche. Questo fatto è ancora più evidente qualora si prenda in considerazioni molecole organiche e le loro attività biologiche. Molte molecole infatti composte dalla stessa combinazione di atomi, e quindi possono essere descritte dalla stessa formula bruta, acquisiscono caratteristiche diverse se è possibile una diversa distribuzione spaziale degli stessi atomi. Cercheremo ora di chiarire questi aspetti con esempi concreti analizzando in prevalenza i composti covalenti, quelli cioè dove gli atomi sono legati tra loro condividendo una o più coppie di elettroni. La forma delle molecole e la distribuzione spaziale dei legami La forma di un semplice composto covalente può essere predetta dalla teoria Valence-Shell Electron-Pair Repulsion (VSEPR) cioè repulsione tra le coppie di elettroni del guscio di valenza. L'ipotesi di questa teoria è che la distribuzione dei legami attorno ad un atomo dipende dal numero totale di coppie di elettroni, sia di non legame (lone pair = coppie solitarie) che di legame, che lo circondano: queste coppie si dispongono nello spazio geometrico in modo da minimizzare la loro reciproca repulsione. Le repulsioni tra due coppie di non legame sono maggiori che tra una coppia di non legame e coppia di legame a loro volta maggiori delle repulsioni tra due coppie di legame. Il metodo AXE di conteggio degli elettroni è comunemente usato per l'applicazione della teoria VSEPR. La sigla AXE rappresenta con la lettera A l'atomo centrale. La X rappresenta quanti atomi sono legati all'atomo centrale A. I legami covalenti multipli (doppi, tripli, etc) contano come un X. Infine la E rappresenta il numero di coppie singole di elettroni presenti nel guscio di valenza dell'atomo centrale. La somma di X ed E, definita come numero sterico o indice AXE, ci permette di prevedere la forma della molecola. Di seguito viene riportato lo schema

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Molecole in Forma

La forma spaziale delle molecole, ovvero come vengono distribuite nello spazio le diverse

componenti, ne influenza le proprietà fisiche e chimiche. Questo fatto è ancora più evidente qualora

si prenda in considerazioni molecole organiche e le loro attività biologiche. Molte molecole infatti

composte dalla stessa combinazione di atomi, e quindi possono essere descritte dalla stessa formula

bruta, acquisiscono caratteristiche diverse se è possibile una diversa distribuzione spaziale degli

stessi atomi.

Cercheremo ora di chiarire questi aspetti con esempi concreti analizzando in prevalenza i composti

covalenti, quelli cioè dove gli atomi sono legati tra loro condividendo una o più coppie di elettroni.

La forma delle molecole e la distribuzione spaziale dei legami

La forma di un semplice composto covalente può essere predetta dalla teoria Valence-Shell

Electron-Pair Repulsion (VSEPR) cioè repulsione tra le coppie di elettroni del guscio di valenza.

L'ipotesi di questa teoria è che la distribuzione dei legami attorno ad un atomo dipende dal numero

totale di coppie di elettroni, sia di non legame (lone pair = coppie solitarie) che di legame, che lo

circondano: queste coppie si dispongono nello spazio geometrico in modo da minimizzare la loro

reciproca repulsione. Le repulsioni tra due coppie di non legame sono maggiori che tra una coppia

di non legame e coppia di legame a loro volta maggiori delle repulsioni tra due coppie di legame.

Il metodo AXE di conteggio degli elettroni è comunemente usato per l'applicazione della teoria

VSEPR. La sigla AXE rappresenta con la lettera A l'atomo centrale. La X rappresenta quanti atomi

sono legati all'atomo centrale A. I legami covalenti multipli (doppi, tripli, etc) contano come un X.

Infine la E rappresenta il numero di coppie singole di elettroni presenti nel guscio di valenza

dell'atomo centrale. La somma di X ed E, definita come numero sterico o indice AXE, ci permette di

prevedere la forma della molecola. Di seguito viene riportato lo schema

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Indice

AXE

Valore di E

0 1 2 3

2

Lineare

3

Triangolare (piana)

Angolare

4

Tetraedrica

Piramide trigonale

Angolare

5

Bipiramide trigonale

Ad altalena

A forma di T

Lineare

6

Ottaedrica

Piramide a base

quadrata

Quadrata (piana)

7

Bipiramide a base

pentagonale

Piramide a base

pentagonale

La polarità della molecola dipende da due fattori:

la polarità dei legami covalenti che formano la molecola che a sua volta dipende dalla

differenza di elettronegatività degli atomi coinvolti nel legame. Maggiore è la differenza di

elettronegatività, maggiore è la polarità;

la simmetria nella forma della molecola che dipende dalla reciproca disposizione dei diversi

componenti della molecola come viene riportato nello schema seguente

La polarità della molecola, a sua volta, influenza altre proprietà come ad esempio:

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la reattività delle sostanze con altre molecole;

la forza di adesione e di coesione;

la temperatura di congelamento e di ebollizione

la miscibilità e solubilità quando si formano soluzioni;

la conducibilità elettrica, sia delle sostanze che delle soluzioni.

Lo studio della forma può essere realizzato sull'intera molecola oppure su parti di essa. Ecco che

possiamo scoprire che ci sono molecole con una estremità apolare ed un'altra polare.

L'Isomeria

È quel fenomeno per il quale sostanze che hanno la stessa formula bruta, cioè stesso peso

molecolare e stessa composizione percentuale di atomi, hanno però diverse proprietà fisiche e

spesso anche diverso comportamento chimico.

Due composti con uguale formula bruta si dicono isomeri. Questi possono essere:

Isomeri costituzionali, se hanno formula bruta identica ma diversa connettività. In altre

parole, sono composti aventi la stessa formula molecolare ma diversa formula di struttura.

Ciò implica differenti proprietà fisiche e chimiche, dovute ai legami differenti degli elementi

che compongono la molecola.

Stereoisomeri, se hanno formula bruta identica, stessa connettività, ma la diversa

orientazione spaziale degli atomi rende loro non sovrapponibili.

L'isomeria è molto diffusa ed importante nei composti organici e le classi di isomeri, si possono

dividere ulteriormente in sottoclassi.

Gli isomeri costituzionali possono essere isomeri:

di catena, che interessa la struttura dello "scheletro" di carbonio, ossia la presenza e

posizione di ramificazioni od anelli; isomeri di questo tipo hanno proprietà fisiche diverse,

ma reattività chimiche spesso abbastanza simili;

formula bruta isomeri

C4H10

butano butano 2-metil propano (isobutano)

di posizione, che interessa la posizione di legami multipli o di gruppi contenenti atomi

diversi da carbonio e idrogeno; isomeri di questi tipo appartengono alla stessa classe di

composti, hanno quindi generalmente reattività chimica simile, diverse sono invece le loro

proprietà fisiche;

formula bruta isomeri

C4H8

butene 1-butene 2-butene

di gruppo funzionale, isomeri cioè che pur avendo formula bruta uguale, presentano gruppi

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funzionalmente diversi, ed hanno quindi proprietà chimiche e fisiche molto differenti.

formula bruta isomeri

C2H6O

etanolo (alcolo) dimetiletere (etere)

Gli stereoisomeri possono essere

diastereoisomeri: tipicamente due isomeri configurazionali in cui uno non è l'immagine speculare

dell'altro. Si suddividono ulteriormente in:

isomeri geometrici: o cis-trans, nelle molecole in cui due carboni legati da un legame

doppio sono entrambi legati a due gruppi differenti o, più in genere, in molecole la cui

struttura impedisce una libera rotazione attorno ad uno o più legami; le loro proprietà fisiche

sono diverse, la loro reattività chimica è generalmente simile, ma vi sono notevoli eccezioni

legate proprio a particolari configurazioni geometriche;

formula bruta isomeri

C4H8

butene cis-2-butene trans-2-butene

conformeri: è il caso in cui pur non essendoci uno stereocentro, le possibili orientazioni

date dalla rotazione di un legame C-C e dalle possibili conformazioni di una molecola (come

ad esempio nel caso in cui i sostituenti di un atomo o una catena di atomi si orienti ad elica e

anche nelle conformazioni dei cicloalcani) producono molecole con ugual formula bruta,

ugual connettività ma non sovrapponibili.

rotameri: sono particolari conformeri che differiscono per la torsione di un (ed un solo)

legame

È il caso di sottolineare che conformeri e rotameri non sono dei veri e propri isomeri, in quanto la

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barriera energetica tra le varie orientazioni è molto piccola e, a temperatura ambiente, l'una si

trasforma nell'altra, pur avendo ciascuna una maggiore o minore probabilità a seconda della stabilità

enantiomeri o isomeri ottici: sono molecole in cui sono presenti degli elementi stereogenici, cioè

elementi a causa dei quali la molecola ammette due isomeri che sono uno la forma speculare non

sovrapponibile dell'altro.

Sono un esempio di enantiomeri le molecole che contengono un atomo di carbonio (ibridato sp³)

legato a quattro sostituenti diversi tra loro.

Chiamiamo elemento stereogenico una parte della struttura chimica di un composto che per

scambio di posizioni dei sostituenti ad essa legati produce uno stereoisomero stabile del composto

stesso.

Nell'esempio qui a lato (che rappresenta la struttura di base di un aminoacido) C è l'elemento

stereogenico mentre R, COOH, NH2 e H sono i quattro sostituenti diversi che originano la chiralità.

Di seguito viene riportato lo schema riassuntivo della classificazione degli isomeri

Isomeri ottici e chiralità

La chiralità (dal greco χείρ cheir, "mano"), è in senso generale la proprietà di avere un'immagine

speculare non sovrapponibile a sé come avviene, appunto, nel caso di una mano. Un oggetto con

questa proprietà è detto chirale.

La trasformazione geometrica che trasforma un oggetto nella sua immagine speculare è detta

enantiomorfismo, e due oggetti che sono ottenuti uno specchiando l'altro sono detti enantiomorfi, ed

enantiomeri nel caso in cui siano due molecole.

Il concetto di chiralità è di estrema importanza nelle scienze che trattano lo spazio tridimensionale,

come la matematica, la fisica e la chimica.

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R (oppure D) ed S (oppure L) indicano la direzione destrogira (oraria) o levogira (antioraria) nella

distribuzione dei quattro sostituenti diversi legati al carbonio stereogenico.

Proprietà delle molecole chirali

Due molecole tra di loro enantiomere possiedono le medesime proprietà fisiche tranne il potere

rotatorio ovvero la proprietà di ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata (identico per

intensità nei due enantiomeri ma opposto di segno per ognuno di essi) e mostrano lo stesso

comportamento chimico nei confronti di sostanze non chirali. Diversa è invece la loro interazione

chimica nei confronti delle altre molecole chirali (esattamente come una mano destra, stringendo

un'altra mano riesce a distinguere una mano destra da una sinistra).

Una miscela 1 a 1 di due enantiomeri viene detta racemo. La miscela dei due enantiomeri non ha le

stesse proprietà dell'enantiomero puro.

Nella quasi totalità gli organismi biologici producono un solo enantiomero di una molecola chirale.

Spesso nei sistemi viventi solo uno dei due enantiomeri di una coppia viene coinvolto nei cicli

metabolici mentre l'altro viene ignorato o può addirittura esercitare effetti dannosi. Alcuni esempi:

nel caso dell'acido lattico l'enantiomero che si forma nei muscoli in seguito a sforzo è solo

l'acido (S)-(+);

l'amido e la cellulosa sono entrambi dei polimeri del glucosio ma l'organismo umano riesce

ad assimilare solo l'amido in cui i legami tra le molecole di glucosio sono del tipo α(1→4)

glicosidici e non la cellulosa in cui tali legami sono β(1→4) glicosidici. Nel caso delle tarme

invece succede il contrario.

di tutti gli amminoacidi, solo gli L-amminoacidi sono quasi esclusivamente utilizzati dagli

organismi viventi per la sintesi proteica.

La luce

In fisica con il termine onda si indica una perturbazione che nasce da una sorgente e si propaga

nello spazio, trasportando energia senza comportare un associato spostamento della materia. Le

onde possono propagarsi sia attraverso un materiale, sia nel vuoto. Ad esempio la radiazione

elettromagnetica, ed a livello teorico la radiazione gravitazionale, possono esistere e propagarsi

anche in assenza di materia, mentre altri fenomeni ondulatori esistono unicamente in un mezzo, che

deformandosi produce le forze elastiche di ritorno in grado di permettere all'onda di propagarsi.

Dal punto di vista matematico un'onda è una soluzione dell'equazione delle onde, la cui espressione

varia a seconda della tipologia di perturbazione.

Non è semplice dare una definizione autonoma e precisa del termine onda, sebbene questo termine

sia comunemente molto usato in contesti molto differenti fra loro. La definizione delle

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caratteristiche necessarie e sufficienti che identificano il fenomeno ondulatorio è flessibile.

Intuitivamente il concetto di onda è qualificato come il trasporto di una perturbazione nello spazio

senza comportare un trasporto netto della materia del mezzo, qualora presente, che occupa lo spazio

stesso. Einstein e Infeld hanno cercato di rispondere alla domanda "Cos'è un'onda?" unendo questo

fatto all'esperienza comune:

«A bit of gossip starting in Washington

reaches New York very quickly, even though

not a single individual who takes part in

spreading it travels between these two cities.

There are two quite different motions involved,

that of the rumor, Washington to New York,

and that of the persons who spread the rumor.

The wind, passing over a field of grain, sets up

a wave which spreads out across the whole

field. Here again we must distinguish between

the motion of the wave and the motion of the

separate plants, which undergo only small

oscillations [...] The particles constituting the

medium perform only small vibrations, but the

whole motion is that of a progressive wave.

The essentially new thing here is that for the

first time we consider the motion of something

which is not matter, but energy propagated

through matter.»

«Un po' di pettegolezzo che parte da

Washington raggiunge molto rapidamente

New York, anche se nessun singolo individuo

che prende parte allo spargimento della voce

viaggia fra queste due città. Ci sono due

movimenti abbastanza differenti in questione,

quello della voce, da Washington a New York,

e quello delle persone che spargono la voce. Il

vento, che passa sopra un campo di grano,

genera un'onda che si sparge lungo tutto

l'intero campo. Qui dobbiamo distinguere

ancora fra il movimento dell'onda ed il

movimento delle singole piante, che subiscono

soltanto le piccole oscillazioni [...] Le

particelle che costituiscono il mezzo

realizzano soltanto piccole vibrazioni, ma

l'intero movimento è quello di un'onda

progressiva. La cosa essenzialmente nuova qui

è quella che per la prima volta consideriamo il

movimento di qualcosa che non sia materia,

ma di energia propagata attraverso la materia.

»

(Albert Einstein e Leopold Infeld, What is a wave? in The Evolution of Physics )

Una vibrazione può essere definita come il moto avanti e indietro intorno a un punto definito x,

tuttavia una vibrazione non è necessariamente un'onda. Infatti in un'onda sulla superficie dell'acqua,

oppure lungo una stringa, l'energia vibrazionale si muove dalla sorgente sotto forma di

perturbazione senza un moto collettivo delle particelle dell'acqua o della corda in cui si propaga.

Questa rappresentazione diventa però problematica quando si ha a che fare con le onde stazionarie

(per esempio le onde sulle corde di una chitarra), dove l'energia in tutte le direzioni è identica e non

viene trasportata lungo lo spazio, perciò talvolta nella definizione di onda si cita solamente la

propagazione di un disturbo senza richiedere il trasporto di energia. Per le onde elettromagnetiche

(ad esempio la luce) bisogna considerare ulteriormente che il concetto di mezzo non può essere

applicato.

Per queste ragioni la teoria delle onde rappresenta una particolare branca della fisica teorica

riguardante lo studio delle onde indipendentemente dalla loro origine fisica. Questa peculiarità

deriva dal fatto che la teoria matematica delle onde si può applicare per descrivere fenomeni

ondulatori in contesti anche molto differenti. Per esempio l'acustica si distingue dall'ottica per il

fatto che la prima si occupa del trasporto vibrazionale di energia meccanica, mentre la seconda di

perturbazioni del campo elettrico e magnetico. Concetti come massa, inerzia, quantità di moto,

elasticità diventano quindi cruciali per descrivere i processi ondulatori acustici, al contrario

dell'ottica. La struttura particolare del mezzo introduce inoltre alcuni fattori di cui bisogna tenere

conto, come ad esempio i fenomeni vorticosi per l'aria e l'acqua o la complessa struttura cristallina

nel caso di alcuni solidi.

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Altre proprietà tuttavia possono essere usate per descrivere indifferentemente tutti i tipi di onde. Per

esempio, basandosi sull'origine meccanica delle onde acustiche, ci può essere un movimento nello

spazio e nel tempo di una perturbazione se e solo se il mezzo non è né infinitamente flessibile né

infinitamente rigido. Se tutte le parti che compongono il mezzo si dispongono in modo rigido l'una

rispetto all'altra, non sarà possibile alcun movimento infinitesimo e quindi non ci sarà alcuna onda

(ad esempio l'idealizzazione del corpo rigido). Al contrario, se tutte le parti sono indipendenti l'una

dall'altra senza alcun tipo di interazione reciproca, non vi sarà alcuna onda in quanto non ci sarà

trasmissione di energia fra le varie parti componenti del corpo. Nonostante queste considerazioni

non si possano applicare alle onde che non si propagano in alcun senso, si può comunque trovare

caratteristiche comuni a tutte le onde: ad esempio, in un'onda la fase è differente per punti adiacenti

nello spazio, perché la vibrazione raggiunge questi punti in tempi differenti.

Similmente, alcuni fenomeni che si sono scoperti in determinati contesti, sono poi stati generalizzati

ad altri fenomeni ondulatori. L'interferenza è stata studiata da Young nel caso particolare delle onde

luminose, tuttavia è stata recentemente analizzata in alcuni problemi riguardanti le proprietà

atomiche quantistiche dell'elettrone.

Caratteristiche delle onde

A = Onde di acqua profonda.

B = Onde marine superficiali. Il movimento ellittico/circolare della superficie del mare caratterizza

un'onda mista.

1 = Direzione di propagazione dell'onda

2 = Cresta

3 = Ventre

Un'onda può essere caratterizzata da una singola oscillazione oppure da un treno o successione di

onde aventi caratteristiche simili, come ad esempio la periodicità intrinseca. In generale le onde

sono caratterizzate da una cresta (punto alto), da un ventre (punto più basso) e da fronti d'onda di

propagazione nel caso di treni di onde e sono in prima istanza classificabili come longitudinali o

trasversali. Nelle onde trasversali la vibrazione è perpendicolare alla direzione di propagazione (ad

esempio le onde su una corda, le parti infinitesime si muovono in alto e in basso in verticale, mentre

l'onda si propaga orizzontalmente). Le onde longitudinali sono invece caratterizzate da una

vibrazione concorde con la direzione di propagazione dell'onda (ad esempio le onde sonore, le

particelle dell'aria si muovono infinitesimamente nella stessa direzione di propagazione del suono).

Esistono onde che sono sia longitudinali che trasversali e sono dette onde miste (ad esempio le onde

sulla superficie del mare). Parametri di riferimento di un'onda sono l'ampiezza, la lunghezza d'onda,

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il periodo, la frequenza, la fase, la velocità di propagazione, l'energia e la potenza ad essa associata.

Il mezzo in cui le onde viaggiano può essere classificato a seconda delle seguenti proprietà:

Mezzo limitato se ha una estensione finita (altrimenti viene chiamato illimitato)

Mezzo omogeneo se le proprietà fisiche del mezzo in un suo punto qualsiasi non cambiano a

seguito di una traslazione (spostamento rettilineo) da quel punto

Mezzo isotropo se le proprietà fisiche del mezzo in un suo punto qualsiasi non cambiano a

seguito di una rotazione da quel punto. Affermare che un mezzo è isotropo equivale a dire che "è lo

stesso" in tutte le direzioni (altrimenti viene chiamato anisotropo)

Durante la propagazione nel mezzo l'onda è soggetta ad attenuazione da parte del mezzo fino

all'esaurimento dell'energia trasportata.

Effetti

Tutte le onde hanno un comportamento comune in situazioni standard e possono subire i seguenti

effetti o fenomeni:

Attenuazione dell'ampiezza durante la propagazione nel mezzo.

Riflessione, il cambio di direzione di propagazione a causa di uno scontro con un materiale

riflettente.

Rifrazione, il cambio di direzione di un'onda causata dal cambio del mezzo di propagazione

(ad esempio di densità diversa).

Diffrazione, la diffusione delle onde, per esempio quando passano attraverso una fessura

stretta.

Dispersione, la divisione di un'onda in sotto onde in dipendenza della loro frequenza.

Interferenza, la somma vettoriale (possono annullarsi) di due onde che entrano in contatto

tra loro.

Effetto Doppler, lo spostamento di frequenza di un'onda periodica viaggiante rispetto alla

direzione di osservazione.

Tipologia di onda

A seconda delle caratteristiche le onde si possono classificare in molti modi.

Riguardo alle dimensioni del mezzo in cui si propagano:

Onde unidimensionali o lineari (es. oscillazione di una corda)

Onde bidimensionali (es. onde circolari su una superficie d'acqua)

Onde tridimensionali (es. onde sonore)

Riguardo alla loro direzione vettoriale di propagazione cioè alla loro polarizzazione:

Onde longitudinali (es. onde di pressione)

Onde trasversali (es. onda elettromagnetica)

Riguardo alla propagazione si hanno:

onde piane (es. onda su superficie d'acqua)

onde sferiche (es. onda di pressione)

onde cilindriche

A seconda del mezzo in cui si propaga e della caratteristica fisica che usiamo per rappresentarla:

onde elastiche o di spostamento, in cui poniamo l'attenzione sullo spostamento vettoriale;

"onda di velocità", se poniamo l'attenzione sulla velocità delle particelle;

"onda di densità", se studiamo la densità volumica e per questo ne è associata un' "onda di

pressione".

radiazione elettromagnetica che riguarda un insieme di onde come luce, onde radio, raggi X

nel cui caso la propagazione non ha bisogno di un mezzo, le onde possono propagarsi nel

vuoto.

Le onde che si propagano esclusivamente in mezzi diversi dal vuoto vengono anche dette onde

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meccaniche in quanto sfruttano le proprietà di elasticità del mezzo per la loro propagazione.

Alcune onde caratteristiche sono:

suono - una onda meccanica che si propaga attraverso gas (in genere aria), liquidi o solidi, la

cui frequenza può essere percepita dall'apparato uditivo. Dello stesso tipo sono le onde

sismiche create dai terremoti che possono essere di tipo S, P o L.

onde oceaniche di superficie sono perturbazioni che si propagano nell'acqua (vedi anche

onda marina, onda anomala, tsunami, surf).

onde gravitazionali sono fluttazioni del campo gravitazionale. La loro esistenza è stata

prevista dalla relatività generale. Queste onde sono non lineari.

onde elettromagnetiche

Descrizione dell'onda

Se f(ξ) è periodica nel suo argomento allora descrive un'onda periodica. La periodicità dell'onda è

identificata dal periodo T, che rappresenta il tempo necessario affinché un ciclo completo di

oscillazione venga completato. La frequenza ν dell'onda è inoltre il numero di periodi per unità di

tempo; se l'unità di tempo è il secondo la frequenza si misura in hertz.

Periodo e frequenza sono legate dalla relazione:

.

Ad un periodo temporale corrisponde un periodo spaziale detto lunghezza d'onda λ, e vale la

relazione:

Le onde sinusoidali

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Onda che può essere rappresentata da un semplice moto armonico. Secondo il teorema di Fourier

ogni onda può essere scritta come sommatoria (eventualmente infinita) di semplici onde

armoniche..

Le onde sinusoidali sono una soluzione particolare dell'equazione generale delle onde. L'onda è una

funzione dello spazio e tempo, se si considera un'onda monodimensionale nel descriverla si

considerano quindi la posizione orizzontale x dell'impulso ed il tempo t a cui si osserva l'onda

stessa: l'ampiezza dell'oscillazione y delle particelle attorno alla posizione di equilibrio viene fatta

nei termini di questi elementi: y = f(x,t). I punti di vista sono quindi due:

scegliendo di valutare la dimensione temporale (x fissato), esprimeremo l'oscillazione y in

dipendenza dal tempo t. y = f(t).

scegliendo invece di focalizzare l'attenzione sullo stato di un mezzo perturbato in un certo

istante (t fissato) abbiamo l'istantanea dell'onda, appunto, cioè la forma d'onda...il suo

profilo al tempo fissato di osservazione: l'oscillazione y è espressa in funzione della

posizione x. y = f(x).

In entrambi i casi si può partire dalla dipendenza co-sinusoidale delle variabili nel moto armonico,

ricavate considerando quest'ultimo come una opportuna proiezione di un moto circolare uniforme:

y = Acos(ωt + ϕ)

dove A è l'ampiezza dell'oscillazione, e ϕ è la fase iniziale: attribuendo a ϕ un valore di 90 gradi si

può passare da una forma in coseno ad una in seno, quindi le espressioni sono equivalenti.

L'espressione è in y per attuare la "visualizzazione" dell'oscillazione lungo l'asse verticale del

sistema coordinato.

Nel primo caso dell'elenco, esprimiamo:

(τ è il periodo dell'onda, si è applicata la definizione di velocità angolare del moto circolare; la fase

iniziale è nulla); se la perturbazione sul mezzo si propaga dall'inizio muovendosi con velocità di

fase v, allora essa raggiungerà un altro punto (a destra dell'origine) ad una certa distanza x dopo un

tempo:

Ciò significa che il punto alla coordinata x avrà, al tempo t, uno spostamento verticale uguale a

quello che aveva il punto iniziale t1 secondi prima! La propagazione è quindi descritta

dall'espressione:

Raccogliendo 2π si può passare ad una forma più comune che talvolta si trova sui testi:

Se chiamiamo numero di onda k la quantità

,

e pulsazione ω (in pratica una velocità angolare) il rapporto già noto dallo studio del moto circolare

perveniamo infine formalmente all'equazione delle onde armoniche:

y = Acos(ωt − kx)

Se all'espressione in coseno iniziale si fosse aggiunta una fase di 90, si sarebbe ottenuta

un'espressione in seno negativo in virtù di: cos(α + 90) = sin( − α); questo avrebbe portato,

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seguendo il medesimo procedimento, a un'espressione sinusoidale con i segni interni invertiti (y =

Asin(kx − ωt)) che talvolta viene presentata sui testi.

Considerando il secondo caso dell'elenco sopra, questa volta partiamo da una istantanea dell'onda al

tempo fissato, cioè da una forma d'onda; volendo fare tutti i passaggi:

Abbiamo espresso il tempo come t = x / v, sostituendo ed usando la relazione fondamentale delle

onde λ = vτ (la lunghezza d'onda è lo spazio percorso da un'onda con velocità di fase v in un

periodo τ): in ogni caso, quel che conta è che si ottiene una cosinusoide di periodo spaziale λ

dipendente solo dalla posizione x. A questo punto, possiamo fare un ragionamento analogo a quello

precedente: se l'impulso si sta muovendo lungo l'asse delle ascisse, inducendo una oscillazione sulle

ordinate, ad un certo istante successivo a quello fissato il punto alla certa coordinata x avrà una

elevazione uguale a quella del punto x0 da cui l'impulso è partito t secondi prima; l'onda si propaga

quindi (verso destra) con un profilo dato da:

mentre avremmo dovuto considerare una espressione in parentesi tonda del tipo (x+vt) se avessimo

voluto la propagazione verso sinistra. Si introduce nuovamente la dipendenza dal tempo. Se può

aiutare a visualizzarlo meglio, si consideri x = x0 + vt con x0 nell'origine degli assi ed x alla sua

destra: se inizialmente y=f(x0) ricordando l'elenco sopra (descriviamo l'oscillazione solo in

dipendenza dall'ordinata se fissiamo il tempo), allora dopo t secondi di propagazione dell'impulso,

dato che l'elevazione verticale è uguale, si avrà y=f(x-vt).

In ogni caso, esprimendo

e sostituendo, si ha l'espressione:

che considerando la relazione goniometrica cos( − α) = cos(α) è analoga a quella ottenuta in

precedenza (perché si cambiano i segni dell'argomento). Anche qui, l'intero ragionamento si poteva

fare in seno sfasando la (2) di -90 gradi dato che: cos(α − 90) = sin(α): analogamente

all'osservazione di cui sopra, così facendo si sarebbe arrivati a: y = Asin(kx − ωt).

Fenomeni ondulatori

I fenomeni ondulatori rappresentano una classe di fenomeni naturali estremamente importante in

fisica; alcuni esempi di onde sono: le onde elastiche, le onde di pressione (onde acustiche e onde

d'urto), le onde marine, le onde elettromagnetiche (la luce), le onde gravitazionali, le onde sismiche.

In prima approssimazione, secondo il modello concettuale della fisica classica, si può affermare che

in natura, al di là delle nozioni di spazio, tempo, energia e carica elettrica, tutto ciò che non è

materia (cioè dotato di massa) è un'onda, cioè "energia in propagazione". La differenza sostanziale

tra onda e corpuscolo materiale è che mentre il corpuscolo in un certo istante temporale è sempre

localizzato in un preciso volume dello spazio, l'onda appare invece più delocalizzata nello spazio.

E' solo con la fisica moderna che si raggiunge un punto di contatto nella realtà fisica tra le due

diversissime classi di fenomeni, ondulatori e corpuscolari: agli inizi del XX secolo la meccanica

quantistica, attraverso il principio di complementarietà, sancisce infatti il cosiddetto dualismo onda-

particella nei fenomeni fisici che avvengono a scala atomica e subatomica, secondo il quale le stesse

particelle microscopiche dotate di massa propria, oltre alle proprietà classiche quali energia

meccanica e quantità di moto, assumono proprietà ondulatorie nell'interpretazione di determinati

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contesti e fenomeni.

Cos'è un'onda elettromagnetica

Fig. 1: Rappresentazione grafica della propagazione nello spazio di un'onda elettromagnetica.

Un elettrone immobile genera, a causa della sua carica, una forza elettrica nello spazio circostante -

il campo elettrico - che diminuisce come l'inverso del quadrato della distanza.

Supponiamo ora di far oscillare avanti e indietro l'elettrone: il campo elettrico nei punti circostanti

viene perturbato a causa del cambiamento di distanza dall’elettrone durante la sua oscillazione.

Una variazione di campo elettrico genera un campo magnetico. Queste oscillazioni del campo

elettrico — e quindi anche del campo magnetico — si propagano dall'elettrone generando le onde

elettromagnetiche.

Un secondo elettrone, che si trovi fermo ad una certa distanza dal primo, comincerà ad oscillare non

appena investito dall'onda elettromagnetica prodotta da quell'elettrone. Anche il campo elettrico del

secondo elettrone, allora, verrà perturbato dalle sue oscillazioni e genererà a sua volta un campo

magnetico, consentendo così la propagazione dell'onda stessa.

Le dimensioni di un'onda, cioè l'ampiezza, danno una misura dell'intensità dell'onda

elettromagnetica, ovvero dell'energia del campo elettromagnetico da essa trasportata.

La radiazione è, dunque, composta da onde elettromagnetiche, consistenti, cioè, nell'oscillazione

concertata di un campo elettrico e di un campo magnetico. Queste onde si propagano in direzione

ortogonale a quella di oscillazione.

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Fig. 2: Rappresentazione grafica della propagazione nel tempo di un'onda

elettromagnetica.

Un'onda elettromagnetica viene emessa ogni volta che una particella carica subisce un'accelerazione

a causa di una qualche forza.

Poiché gli elettroni sono 1000 volte più leggeri dei protoni, vengono accelerati molto più

facilmente, producendo così tutta la radiazione.

Se l'elettrone si muove di moto uniforme, si "trascina" dietro il proprio campo elettrico (e quello

magnetico) e NON emette radiazione, ma, se subisce una brusca frenata, il campo elettromagnetico

inizia ad oscillare e prosegue sotto forma di onda.

La radiazione, dunque, dipende dall'accelerazione e NON dalla velocità dell'elettrone.

Onde elettromagnetiche

Una carica elettrica produce intorno a sè un campo elettrico. Quando questa carica è in moto, genera

anche campo magnetico. Le sorgenti, dunque, del campo elettromagnetico sono le cariche in moto;

e le equazioni di Maxwell, applicate ala situazione particolare, forniscono, almeno in linea di

principio, il campo elettrico ed il campo magnetico.

In ogni caso si può verificare che il vettore E ed il vettore B sono fra loro perpendicolari alla

direzione di propagazione.

Inoltre Maxwell mostrò che il campo elettromagnetico (campo e.m.) si propaga con velocità pari a

quella della luce, che nel vuoto è data da:

c=3*108m*s

-1

Questo fu, poi, ampiamente verificato sperimentalmente da Heinrich Hertz.

Indicato con u il versore che ha per direzione e verso quelli della propagazione del campo

elettromagbetico, si dimostra che vale la relazione:

E=c*B^u

Essendo, poi, come è stato detto, B e u tra loro perpendicolari, si ha:

E=c*B e quindi B=E/c

Il campo elettromagnetico si chiama anche onda elettromagnetica, rappresentata come un'onda

piana armonica in cui sia il campo elettrico che il campo magnetico variano con legge sinusoidale

(vedi immagine):

1. E=E0*sen(2*pigreco/lambda)*(x-c*t)

2. B=B0*sen(2*pigreco/lambda)*(x-c*t)

La costante lambda indica la minima distanza di due punti sull'asse x ai quali corrisponde, in un

dato istante, il medesimo valore del campo elettrico (o del campo magnetico); e si chiama

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lunghezza d'onda.

Il tempo impiegato dall'onda e.m. a percorrere un tratto pari alla lunghezza d'onda è detto periodo T:

T=λ/c.

L'inverso del periodo si chiama frequenza: f=c/ λ

Al variare della lunghezza d'onda, cambiano moltissimo le proprietà delle onde magnetiche, le quali

perciò vengono classificate secondo il valore di lambda. L'insieme delle onde elettromagnetiche

corrispondenti a lunghezza d'onda comprese fra due dati valori si chiama spettro elettromagnetico.

La classificazione consueta delle onda elettromagnetica è la seguente:

Onde a radiofrequenza. Hanno una lunghezza d'onda che va da qualche km fino a

0.3m,Sono usate nei sistemi trasmittenti della radio e della televisione e sono generate da

particolari dispositivi elettronici.

Microonde. Le corrispondenti lunghezze d'onda sono comprese tra 0.3m e 1mm. Vengono

utilizzate nei sistemi radar e in quelli di particolari mezzi di comunicazione; ed anch'esse

sono prodotte da speciali apparati elettronici. La regione delle microonde viene indicata con

la sigla UHF (altissima frequenza, rispetto a quella radio).

Spettro dell'infrarosso. Comprende lunghezze d'onda che variano da 1mm=10-3m a 7.8*10-

7m. Queste onde sono prodotte da molecole eccitate e da corpi caldi; e vengono utilizzate

nell'industria e nella medicina.

Spettro visibile o luce. E' costituito da una stretta banda di onde e.m. alla quali è sensibile la

nostra retina. Le lunghezze d'onda corrispondenti sono comprese tra 7.8*10-7m e 3.8*10-

7m. La luce è prodotta da transizioni quantiche di atomi o molecole. A seconda della

lunghezza d'onda la luce colpisce la retina. Queste sensazioni sono i colori.

Colore Intervallo(m) Ampiezza(m)

rosso 7,810-7

6,2210-7

1,5810-7

arancione 6,2210-7

5,9710-7

2,5010-8

giallo 5,9710-7

5,7710-7

210-8

verde 5,7710-7

4,9210-7

8.510-8

blu 4,9210-7

4,5510-7

3.710-8

violetto 4,5510-7

3.810-7

7.510-8

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La sensibilità dell'occhio dipende anche dalla lunghezza d'onda della luce: è massima quando

lambda è prossima a 5.610-7

m.

Raggi ultravioletti. Coprono la banda compresa tra 3.810-7

m e circa 610-10

m. Il sole è una

potentissima sorgente di radiazione ultravioletta, che interagendo con gli atomi che si

trovano nella parte superiore dell'atmosfera, produce un grandissimo numero di ioni

(ionosfera). Alcuni microorganismi possono essere distrutti dalle radiazioni ultraviolette

come conseguenza e dissociazione delle molecole. Per questo motivo i raggi ultravioletti

vengono usati in alcune applicazioni mediche e in processi di sterilizzazione.

Raggi X .Si estendono da circa 10-9

m a circa 10-11

m. Sono prodotti da transizioni quantiche

degli elettroni più interni delle strutture atomiche, cioè più fortemente legati al nucleo .Sono

molto penetranti.

Raggi gamma .Hanno lunghezza d'onda che vanno da 10-10m a 10-14m ed hanno origine

nucleare. Quelli prodotti da certi elementi radioattivi vengono utilizzati in particolari terapie.

Teoria corpuscolare

Formulata da Isaac Newton nel XVII secolo. La luce veniva vista come composta da piccole

particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Oltre che essere matematicamente

molto più semplice della teoria ondulatoria, questa teoria spiegava molto facilmente alcune

caratteristiche della propagazione della luce che erano ben note all'epoca di Newton.

Innanzitutto la meccanica galileiana prevede, correttamente, che le particelle (inclusi i corpuscoli di

luce) si propaghino in linea retta ed il fatto che questi fossero previsti essere molto leggeri era

coerente con una velocità della luce alta ma non infinita. Anche il fenomeno della riflessione poteva

essere spiegato in maniera semplice tramite l'urto elastico della particella di luce sulla superficie

riflettente.

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La spiegazione della rifrazione era leggermente più complicata ma tutt'altro che impossibile:

bastava infatti pensare che le particelle incidenti sul materiale rifrangente subissero, ad opera di

questo, delle forze perpendicolari alla superficie che ne aumentassero la velocità, cambiandone la

traiettoria e avvicinandola alla direzione normale alla superficie.

I colori dell'arcobaleno venivano spiegati tramite l'introduzione di un gran numero di corpuscoli di

luce diversi (uno per ogni colore) ed il bianco era pensato come formato da tante di queste

particelle. La separazione dei colori ad opera, ad esempio, di un prisma poneva qualche problema

teorico in più perché le particelle di luce dovrebbero avere proprietà identiche nel vuoto ma diverse

all'interno della materia.

Teoria ondulatoria

Formulata da Christiaan Huygens nel 1678 ma pubblicata solo nel 1690 nel Traité de la Lumière, la

luce veniva vista come un'onda che si propaga (in maniera del tutto simile alle onde del mare o a

quelle acustiche) in un mezzo, chiamato etere, che si supponeva pervadere tutto l'universo ed essere

formato da microscopiche particelle elastiche. La teoria ondulatoria della luce permetteva di

spiegare (anche se in maniera matematicamente complessa) un gran numero di fenomeni: oltre alla

riflessione ed alla rifrazione, Huygens riuscì infatti a spiegare anche il fenomeno della birifrangenza

nei cristalli di calcite.

Nel 1801 Thomas Young dimostrò come i fenomeni della diffrazione (osservata per la prima volta

Francesco Maria Grimaldi nel 1665) e dell'interferenza fossero interamente spiegabili dalla teoria

ondulatoria e non lo fossero dalla teoria corpuscolare. Agli stessi risultati arrivò Augustin-Jean

Fresnel nel 1815. Nel 1814 Joseph von Fraunhofer fu il primo ad investigare seriamente sulle righe

di assorbimento nello spettro del Sole, che vennero esaurientemente spiegate da Kirchhoff e da

Bunsen nel 1859, con l'invenzione dello spettroscopio. Le righe sono ancora oggi chiamate linee di

Fraunhofer in suo onore.

Il fatto che le onde sono capaci di aggirare gli ostacoli mentre la luce si propaga in linea retta

(questa proprietà era già stata notata da Euclide nel suo Optica) poteva essere facilmente spiegato

assumendo che la luce abbia una lunghezza d'onda microscopica.

Al contrario della teoria corpuscolare, quella ondulatoria prevede che la luce si propaghi più

lentamente all'interno di un mezzo che nel vuoto; restano ambiguità.

Teoria elettromagnetica

Per la grandissima maggioranza delle applicazioni questa teoria è ancora utilizzata al giorno d'oggi.

Proposta da James Clerk Maxwell alla fine del XIX secolo, sostiene che le onde luminose sono

elettromagnetiche e non necessitano di un mezzo per la trasmissione. La luce visibile è solo una

piccola parte dello spettro elettromagnetico. Con la formulazione delle equazioni di Maxwell

vennero completamente unificati i fenomeni elettrici, magnetici ed ottici.

La velocità della luce

La luce si propaga a una velocità finita. Anche gli osservatori in movimento misurano sempre lo

stesso valore di c, la velocità della luce nel vuoto, dove c = 299 792 458 m/s. Nell'uso comune,

questo valore viene arrotondato a 300 000 km/s.

La velocità della luce è stata misurata molte volte da numerosi fisici. Il primo tentativo di misura

venne compiuto da Galileo Galilei con l'ausilio di lampade oscurabili ma la rudimentalità dei mezzi

disponibili non permise di ottenere alcun valore. La migliore tra le prime misurazioni venne

eseguita da Olaus Roemer (un fisico danese), nel 1676. Egli sviluppò un metodo di misurazione,

osservando Giove e una delle sue lune con un telescopio. Grazie al fatto che la luna veniva eclissata

da Giove a intervalli regolari, calcolò il periodo di rivoluzione della luna in 42,5 ore, quando la

Terra era vicina a Giove. Il fatto che il periodo di rivoluzione si allungasse quando la distanza tra

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Giove e Terra aumentava, poteva essere spiegato assumendo che la luce impiegava più tempo a

coprire la distanza Giove-Terra, ipotizzando quindi, una velocità finita per essa. La velocità della

luce venne calcolata analizzando la distanza tra i due pianeti in tempi differenti. Roemer calcolò una

velocità di 227 326 km/s.

Albert A. Michelson migliorò il lavoro di Roemer nel 1926. Usando uno specchio rotante, misurò il

tempo impiegato dalla luce per percorrere il viaggio di andata e ritorno dal monte Wilson al monte

Sant Antonio in California. La misura precisa portò a una velocità di 299 796 km/s.

Questo esperimento in realtà misurò la velocità della luce nell'aria. Infatti, quando la luce passa

attraverso una sostanza trasparente, come l'aria, l'acqua o il vetro, la sua velocità c si riduce a v=c/n

(dove n è il valore dell'indice di rifrazione del mezzo) ed è sottoposta a rifrazione. In altre parole, n

= 1 nel vuoto e n > 1 nella materia. L'indice di rifrazione dell'aria di fatto è molto vicino a 1, e in

effetti la misura di Michelson è un'ottima approssimazione di c.

Polarizzazione della radiazione elettromagnetica

In fisica la polarizzazione della radiazione elettromagnetica, o elicità, è una caratteristica delle onde

elettromagnetiche ed indica la direzione dell'oscillazione del vettore campo elettrico o del campo

magnetico durante la propagazione dell'onda nello spazio-tempo.

Polarimetro

Il polarimetro è uno strumento in grado di misurare il potere rotatorio di una soluzione. È utilizzato

specialmente in chimica per il riconoscimento di vari enantiomeri nei composti chirali.

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Struttura e funzionamento

In un polarimetro classico una sorgente monocromatica emana un fascio di luce (inizialmente non

polarizzata) che viene indirizzato su una coppia di filtri polarizzatori (generalmente prismi di

Nicol), orientati in modo da polarizzare la luce lungo due diversi piani.

Successivamente, i due fasci di luce polarizzata attraversano un tubo di una precisa lunghezza

contenente la soluzione in esame che, se otticamente attiva, ruota entrambi i piani di polarizzazione

della luce dello stesso angolo.

Infine, i due fasci attraversano un terzo filtro polarizzatore, l'analizzatore, la cui sezione principale è

rotabile, e l'angolo di rotazione viene misurato attraverso un goniometro.

Inizialmente si inserisce nel tubo portacampione il solo solvente, per azzerare lo strumento: i piani

di polarizzazione dei fasci di luce in uscita dalla coppia di filtri polarizzatori non vengono ruotati (o

vengono ruotati dall'eventuale attività ottica del solvente), e l'analizzatore viene azzerato in modo

che la sua sezione principale formi lo stesso angolo con entrambi i piani di polarizzazione: in questo

modo viene trasmessa all'oculare la stessa frazione della luminosità per entrambi i fasci.

Successivamente si inserisce la soluzione del campione in esame: se questo è otticamente attivo,

ruota i piani di polarizzazione, così che questi non formano più lo stesso angolo con la sezione

principale dell'analizzatore: l'immagine formata avrà una metà meno luminosa dell'altra.

Per determinare il potere rotatorio della soluzione, si ruota l'analizzatore fino ad ottenere

nuovamente la situazione in cui le due metà dell'immagine hanno la stessa luminosità: l'angolo del

quale si è dovuto ruotare l'analizzatore è la rotazione della polarizzazione dovuta all'attività ottica

del campione.