Modifiche alla Disciplina sui Ritardi di Pagamento - Studio Legale Pandolfini Assistenza Legale...

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Commercio Le modifiche alla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali D.lgs. 9 novembre 2012, n. 192 Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della di- rettiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commer- ciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180. (G.U. n. 267, 15 novembre 2012, Serie Generale) (Omissis). Art. 1 Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 1. Al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, recante attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commercia- li, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 1 e ` sostituito dal seguente: ‘‘Art. 1 (Ambito di applicazione). - 1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. 2. Le di- sposizioni del presente decreto non trovano applicazione per: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a ca- rico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ri- strutturazione del debito; b) pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.’’; b) l’articolo 2 e ` sostituito dal seguente: ‘‘Art. 2 (Definizio- ni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) ‘‘transazioni commerciali’’: i contratti, comunque denomi- nati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche ammini- strazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo; b) ‘‘pubblica amministrazione’’: le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 25, del de- creto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e ogni altro sog- getto, allorquando svolga attivita ` per la quale e ` tenuto al rispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c) ‘‘imprenditore’’: ogni soggetto eser- cente un’attivita ` economica organizzata o una libera pro- fessione; d) ‘‘interessi moratori’’: interessi legali di mora ovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese; e) ‘‘interessi legali di mora’’: interessi semplici di mora su ba- se giornaliera ad un tasso che e ` pari al tasso di riferimento maggiorato di otto punti percentuali; f) ‘‘tasso di riferi- mento’’: il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue piu ` recenti operazioni di rifinanziamento principali; g) ‘‘importo dovuto’’: la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.’’; c) all’articolo 3, dopo le parole: ‘‘interessi moratori’’ sono inserite le seguenti: ‘‘sull’importo dovuto’’; d) l’articolo 4 e ` sostituito dal seguente: ‘‘Art. 4 (Decorren- za degli interessi moratori). - 1. Gli interessi moratori de- corrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il paga- mento. 2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5, ai fini della decorrenza degli interessi moratori si applicano i se- guenti termini: a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pa- gamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sul- la decorrenza del termine le richieste di integrazione o mo- difica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento; b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non e ` certa la data di ricevimento della fattura o della ri- chiesta equivalente di pagamento; c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei ser- vizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento e ` anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; d) trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformita ` della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fat- tura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data. 3. Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il paga- mento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purche ´ non siano gra- vemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7, de- vono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto. 4. Nelle transazio- ni commerciali in cui il debitore e ` una pubblica ammini- strazione le parti possono pattuire, purche ´ in modo espres- so, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando cio ` sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata civile CIVILE . IN EVIDENZA n 378 IL CORRIERE DEL MERITO N. 4/2013

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Servizi di Assistenza Legale alle Imprese dello Studio Legale Pandolfini: Modifiche alla Disciplina sui Ritardi di Pagamento nelle Transazioni Commerciali

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Commercio

Le modifiche alla disciplinasui ritardi di pagamentonelle transazioni commercialiD.lgs. 9 novembre 2012, n. 192

Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della di-rettiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commer-ciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180.

(G.U. n. 267, 15 novembre 2012, Serie Generale)

(Omissis).

Art. 1

Modifiche al decreto legislativo9 ottobre 2002, n. 231

1. Al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, recanteattuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lottacontro i ritardi di pagamento nelle transazioni commercia-li, sono apportate le seguenti modificazioni:a) l’articolo 1 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 1 (Ambito diapplicazione). - 1. Le disposizioni contenute nel presentedecreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolodi corrispettivo in una transazione commerciale. 2. Le di-sposizioni del presente decreto non trovano applicazioneper: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a ca-rico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ri-strutturazione del debito; b) pagamenti effettuati a titolo dirisarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati atale titolo da un assicuratore.’’;b) l’articolo 2 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 2 (Definizio-ni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a)‘‘transazioni commerciali’’: i contratti, comunque denomi-nati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche ammini-strazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente,la consegna di merci o la prestazione di servizi contro ilpagamento di un prezzo; b) ‘‘pubblica amministrazione’’:le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 25, del de-creto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e ogni altro sog-getto, allorquando svolga attivita per la quale e tenuto alrispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 12aprile 2006, n. 163; c) ‘‘imprenditore’’: ogni soggetto eser-cente un’attivita economica organizzata o una libera pro-fessione; d) ‘‘interessi moratori’’: interessi legali di moraovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese; e)‘‘interessi legali di mora’’: interessi semplici di mora su ba-se giornaliera ad un tasso che e pari al tasso di riferimentomaggiorato di otto punti percentuali; f) ‘‘tasso di riferi-mento’’: il tasso di interesse applicato dalla Banca centraleeuropea alle sue piu recenti operazioni di rifinanziamentoprincipali; g) ‘‘importo dovuto’’: la somma che avrebbedovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legaledi pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli

oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiestaequivalente di pagamento.’’;c) all’articolo 3, dopo le parole: ‘‘interessi moratori’’ sonoinserite le seguenti: ‘‘sull’importo dovuto’’;d) l’articolo 4 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 4 (Decorren-za degli interessi moratori). - 1. Gli interessi moratori de-corrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora,dal giorno successivo alla scadenza del termine per il paga-mento. 2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5, ai finidella decorrenza degli interessi moratori si applicano i se-guenti termini: a) trenta giorni dalla data di ricevimentoda parte del debitore della fattura o di una richiesta di pa-gamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sul-la decorrenza del termine le richieste di integrazione o mo-difica formali della fattura o di altra richiesta equivalentedi pagamento; b) trenta giorni dalla data di ricevimentodelle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quandonon e certa la data di ricevimento della fattura o della ri-chiesta equivalente di pagamento; c) trenta giorni dalladata di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei ser-vizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o larichiesta equivalente di pagamento e anteriore a quella delricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; d)trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verificaeventualmente previste dalla legge o dal contratto ai finidell’accertamento della conformita della merce o dei servizialle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fat-tura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca nonsuccessiva a tale data. 3. Nelle transazioni commerciali traimprese le parti possono pattuire un termine per il paga-mento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2.Termini superiori a sessanta giorni, purche non siano gra-vemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7, de-vono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa altermine deve essere provata per iscritto. 4. Nelle transazio-ni commerciali in cui il debitore e una pubblica ammini-strazione le parti possono pattuire, purche in modo espres-so, un termine per il pagamento superiore a quello previstodal comma 2, quando cio sia giustificato dalla natura odall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti almomento della sua conclusione. In ogni caso i termini dicui al comma 2 non possono essere superiori a sessantagiorni. La clausola relativa al termine deve essere provata

civile

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per iscritto. 5. I termini di cui al comma 2 sono raddoppia-ti: a) per le imprese pubbliche che sono tenute al rispettodei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11novembre 2003, n. 333; b) per gli enti pubblici che forni-scono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente ri-conosciuti a tale fine. 6. Quando e prevista una proceduradiretta ad accertare la conformita della merce o dei servizial contratto essa non puo avere una durata superiore atrenta giorni dalla data della consegna della merce o dellaprestazione del servizio, salvo che sia diversamente edespressamente concordato dalle parti e previsto nella docu-mentazione di gara e purche cio non sia gravemente ini-quo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. L’accordo deveessere provato per iscritto. 7. Resta ferma la facolta delleparti di concordare termini di pagamento a rate. In tali ca-si, qualora una delle rate non sia pagata alla data concor-data, gli interessi e il risarcimento previsti dal presente de-creto sono calcolati esclusivamente sulla base degli importiscaduti.’’;e) l’articolo 5 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 5 (Saggio de-gli interessi). - 1. Gli interessi moratori sono determinatinella misura degli interessi legali di mora. Nelle transazionicommerciali tra imprese e consentito alle parti di concor-dare un tasso di interesse diverso, nei limiti previsti dall’ar-ticolo 7. 2. Il tasso di riferimento e cosı determinato: a)per il primo semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo, equello in vigore il 18 gennaio di quell’anno; b) per il se-condo semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo, e quelloin vigore il 18 luglio di quell’anno. 3. Il Ministero dell’eco-nomia e delle finanze da notizia del tasso di riferimento,curandone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica italiana nel quinto giorno lavorativo di ciascunsemestre solare.’’;f) l’articolo 6 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 6 (Risarci-mento delle spese di recupero). - 1. Nei casi previsti dal-l’articolo 3, il creditore ha diritto anche al rimborso dei co-sti sostenuti per il recupero delle somme non tempestiva-mente corrisposte. 2. Al creditore spetta, senza che sia ne-cessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di40 euro a titolo di risarcimento del danno. E fatta salva laprova del maggior danno, che puo comprendere i costi diassistenza per il recupero del credito.’’;g) l’articolo 7 e sostituito dal seguente: ‘‘Art. 7 (Nullita). -1. Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio

degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di re-cupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel con-tratto, sono nulle quando risultano gravemente inique indanno del creditore. Si applicano gli articoli 1339 e 1419,secondo comma, del codice civile. 2. Il giudice dichiara,anche d’ufficio, la nullita della clausola avuto riguardo atutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamentodalla prassi commerciale in contrasto con il principio dibuona fede e correttezza, la natura della merce o del servi-zio oggetto del contratto, l’esistenza di motivi oggettiviper derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai ter-mini di pagamento o all’importo forfettario dovuto a tito-lo di risarcimento per i costi di recupero. 3. Si consideragravemente iniqua la clausola che esclude l’applicazionedi interessi di mora. Non e ammessa prova contraria.4.Sipresume che sia gravemente iniqua la clausola che escludeil risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo6.5. Nelle transazioni commerciali in cui il debitore e unapubblica amministrazione e nulla la clausola avente ad og-getto la predeterminazione o la modifica della data di rice-vimento della fattura. La nullita e dichiarata d’ufficio dalgiudice.’’;h) all’articolo 8, comma 1, la lettera a) e sostituita dalla se-guente: ‘‘a) di accertare la grave iniquita, ai sensi dell’arti-colo 7, delle condizioni generali concernenti il termine dipagamento, il saggio degli interessi moratori o il risarci-mento per i costi di recupero e di inibirne l’uso;’’.

Art. 2

Modifiche alla legge 18 giugno 1998, n. 192

1. All’articolo 3, comma 3, della legge 18 giugno 1998, n.192, le parole: ‘‘di sette punti percentuali’’ sono sostituitedalle seguenti: ‘‘di otto punti percentuali’’.

Art. 3

Disposizioni finali

1. Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo siapplicano alle transazioni commerciali concluse a decorreredal 18 gennaio 2013. Il presente decreto, munito del sigillodello Stato, sara inserito nella Raccolta ufficiale degli attinormativi della Repubblica italiana. E fatto obbligo achiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Il commentodi Valerio Pandolfini

Il D.lgs. n. 192/2012, entrato in vigore il 18 gennaio 2013, ha dato attuazione alla direttiva n. 2011/7/UErelativa alla lotta contro i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali, modificando il D.lgs. n.231/2002. Nonostante che l’impianto normativo in materia non sia stato radicalmente modificato, ilprovvedimento ha introdotto rilevanti novita, soprattutto per cio che concerne le transazioni commer-ciali tra imprese e pubbliche amministrazioni.

Il fenomeno dei ritardati pagamentie la normativa precedente al D.lgs. n. 192/2012

Con inconsueta tempestivita, ed in netto anticipo ri-

spetto alla scadenza fissata dall’Unione europea (1), il

Governo ha attuato, con il D.lgs. 9 novembre 2012, n.

civile

Nota:

(1) Il termine per il recepimento della direttiva n. 2011/7/UE negliStati membri era fissato al 16 marzo 2013; il Governo italiano hatuttavia attuato la direttiva in anticipo rispetto a tale termine, inconsiderazione dell’importanza della normativa e dell’opportu-

(segue)

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192 (di seguito il ‘‘Decreto 192’’) (2), la direttiva del Par-lamento europeo e del Consiglio n. 2011/7/UE del 16febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi nei paga-menti delle transazioni commerciali.

Il provvedimento - che si applica alle transazioni com-merciali concluse a decorrere dal 18 gennaio 2013 (3) -modifica alcune delle disposizioni del D.lgs. n. 231/2002(di seguito il ‘‘Decreto 231’’), aggiornandolo rispetto allenovita contenute nella direttiva n. 2011/7/UE ma senzamodificarne radicalmente l’impianto, in considerazionedel fatto che il Decreto 231 aveva gia pressoche intera-mente attuato le disposizioni della direttiva 2000/35/CE,che a sua volta aveva gia disciplinato la materia.

Come risulta anche dalla Relazione illustrativa del De-creto 192, il provvedimento e essenzialmente finalizzatoa tutelare, nell’attuale congiuntura economico-finanzia-ria, le imprese, e in particolare quelle di dimensioni me-dio-piccole (PMI) (4), le quali costituiscono, come e no-to, l’ossatura del sistema produttivo nazionale, ma alcontempo, essendo dotate di minore capacita finanzia-ria e di minore possibilita di accesso al credito, sono inte-ressate in misura molto rilevante dal fenomeno dei ritar-dati pagamenti, in special modo nei rapporti con laP.A. (5).

Il contesto nel quale il provvedimento in commento estato emanato e fin troppo noto. Il fenomeno dei ritarda-ti pagamenti determina effetti gravi e penalizzanti per leimprese, e in particolare per le PMI, le quali sono costret-te a ricorrere al credito bancario per far fronte ai paga-menti o, nell’ipotesi peggiore (purtroppo sempre piu fre-quente) sono impossibilitate ad onorare a loro volta leproprie obbligazioni assunte con altre imprese fornitrici oi propri dipendenti; in tal modo innescando un disastrosocircolo vizioso che, nel medio-lungo periodo, determinaun generale rallentamento dell’economia e un freno al-lo sviluppo dei traffici transfrontalieri (6).

In Italia, il fenomeno ha raggiunto dimensioni ancorapiu gravi e preoccupanti rispetto alla media dei paesi eu-ropei. La gravita della situazione emerge in modo evi-dente per cio che concerne i pagamenti da parte dellepubbliche amministrazioni (7), in special modo nei settoridei lavori pubblici (8) e della sanita (9). L’impatto negati-vo sul piano macro-economico del ritardo nei pagamen-ti ha spinto le autorita comunitarie ad intervenire, gia apartire dagli anni ’90 del secolo scorso, in questo delicatoe nevralgico settore delle obbligazioni pecuniarie. E statacosı emanata, a seguito di un lungo e travagliato iter, ladirettiva 2000/35/CE del 29 giugno 2000 (10), che si pro-

civile

Note:(segue nota 1)

nita di intervenire tempestivamente per tutelare le imprese, inspecial modo di dimensioni medio-piccole. Peraltro, il processodi recepimento della direttiva ha subito vari rallentamenti, dovu-ti al costo che lo stesso avrebbe comportato alle finanze pubbli-che: cfr. Gnes, La nuova disciplina sui ritardi dei pagamenti, inGiorn. dir. amm., 2013, 117 e ss.

(2) Il decreto e stato emanato sulla base della delega conferitaal Governo con l’art. 10 della L. n. 180/2011 (c.d. Statuto delleimprese). L’art. 10, comma 1, di tale legge delegava infatti ilGoverno ad adottare, entro il 16 marzo 2013, un decreto legisla-tivo recante modifiche al D.lgs. n. 231/2002, recependo cosı ladirettiva 2011/7/UE, sulla base dei seguenti principi: «a) contrastodegli effetti negativi della posizione dominante di imprese suipropri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel

caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese; b) fermoquanto previsto dall’articolo 12 della legge 10 ottobre 1990, n.287, previsione che l’Autorita garante della concorrenza e delmercato possa procedere ad indagini e intervenire in primaistanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a compor-tamenti illeciti messi in atto da grandi imprese».

(3) La nuova normativa non si applica, infatti, retroattivamente,bensı, appunto, ai soli contratti conclusi dopo il 18 gennaio 2013;come si legge nella Relazione illustrativa, tale soluzione si e resapreferibile «al fine di concedere ai destinatari delle nuove nor-me un lasso di tempo utile per adeguarsi alla nuova disciplina,in particolare per quanto riguarda la modulistica contrattuale ele procedure interne di pagamento».

(4) I criteri per la definizione delle PMI sono contenuti nella rac-comandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e me-die imprese (in G.U.C.E. L. 124 del 20 maggio 2003).

(5) Nella Relazione illustrativa al Decreto 192 e infatti precisatoche «l’Italia e purtroppo all’ultimo posto nelle classifiche euro-pee sulla tempestivita dei pagamenti fra imprese e, soprattutto,di quelli della pubblica amministrazione alle imprese. Il problemariguarda tutte le imprese, ma, per ragioni intuitive, finisce percolpire principalmente le piccole e medie imprese e gli artigianiche costituiscono l’ossatura del tessuto produttivo italiano - chehanno minore capacita finanziaria e di ricorso al credito e mino-re forza contrattuale nei rapporti con le grandi aziende e con lapubblica amministrazione, cosı da essere spesso indotti a rinun-ciare contrattualmente ai diritti ad essi spettanti per legge. Ilproblema e reso particolarmente acuto dalla scarsa efficienzadel sistema giudiziario, che costituisce spesso un fattore di molti-plicazione del ritardo e dei costi, tanto da neutralizzare le even-tuali compensazioni che la legge prevede in favore del credito-re. Gli oneri finanziari e amministrativi derivanti dai ritardi di pa-gamento contribuiscono a pregiudicare la stabilita finanziariadelle imprese di piccole dimensioni, esponendole a situazione diinsolvenza, con il rischio di determinare effetti a catena tali da ri-percuotersi sui livelli occupazionali, il che a propria volta si riper-cuote negativamente sulla coesione sociale europea».

(6) Cfr. De Cristofaro, Note introduttive, in De Cristofaro, La disci-plina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, inNuove leggi civ comm., 2004, 461 e ss.

(7) Dallo European Payment Index 2012 di Intrum Iustitia (consul-tabile sul sito www.intrum.com) risulta che l’Italia detiene il pri-mato in senso negativo dei tempi di pagamento nel settore deirapporti tra imprese e P.A., con 180 giorni, mentre nel settore deirapporti tra imprese (B2B) i tempi contrattuali di pagamento so-no di 65 giorni (contro 32 giorni della media europea). Sempredalla stessa indagine risulta che nel primo trimestre del 2012 il70% delle imprese italiane ha avuto problemi di liquidita a causadei ritardi di pagamento (a fronte di una media europea del57%), con un incremento del 6% rispetto all’anno precedente.

(8) Secondo i dati diffusi dell’Ance (consultabili nel sito www.an-ce.it), nell’ottobre 2012 i tempi medi di pagamento nel settoredei lavori pubblici erano di circa otto mesi, con un incrementodi quindici giorni rispetto al maggio dello stesso anno.

(9) Secondo un’indagine di Assobiomedica (consultabile sul sitointernet www.assobiomedica.it), il tempo medio di pagamentodelle aziende sanitarie pubbliche e di 307 giorni.

(10) Sulla direttiva 2000/35/CE, cfr. Fauceglia, Direttiva 2000/35/CE in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transa-zioni commerciali, in Contratti, 2001, 3, 311 e ss.; Conti, La diretti-va 2000/35/CE sui ritardati pagamenti e la legge comunitaria2001 di delega al Governo per la sua attuazione, in Corr. giur.,2002, 802 e ss.; Mengoni, La direttiva 2000/35/CE in tema di mo-ra debendi nelle obbligazioni pecuniarie, in Eur. dir. priv., 2001,74 e ss.; De Marzio, Ritardi di pagamento nelle transazioni com-merciali, in Contratti, 2002, 628 e ss.; Zaccaria, La direttiva 2000/35/CE relativa alla in materia di lotta contro i ritardi di pagamen-to nelle transazioni commerciali, in Studium juris, 2001, 258 e ss.

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poneva di armonizzare le normative nazionali in materiadi termini di pagamento e conseguenze del ritardato pa-gamento nelle transazioni commerciali - ovvero a qual-siasi contratto che comportasse ‘‘la consegna di merci ola prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo’’- effettuate tra imprese o tra imprese ed autorita pubbli-che, ad esclusione dei contratti con i consumatori.

La direttiva prevedeva essenzialmente un elevatotasso di interessi di mora (11), e, al contempo, l’obbligodi corrispondere tali interessi (oltre ai costi sostenuti dalcreditore per il recupero del credito) in modo automati-co (ovvero a prescindere da una formale costituzione inmora del debitore), decorsi trenta giorni dal termine perl’adempimento stabilito dalle parti o, in mancanza, dauna serie di eventi (12).

Tale disciplina era prevista, in termini identici, sia perle transazioni commerciali tra imprese, sia per quelle traimprese e pubbliche amministrazioni - le quali, sotto taleprofilo, venivano parificate alle imprese private - ed eradi natura essenzialmente dispositiva, e dunque deroga-bile in via negoziale, nel rispetto del principio dell’auto-nomia privata (13); con l’unica, ma rilevante, eccezionedi un controllo di tipo contenutistico - destinato a svol-gersi sia nell’ambito di procedimenti individuali che nel-l’ambito di procedimenti collettivi, instaurati da organiz-zazioni rappresentative delle PMI (14) - al quale eranosoggetti gli accordi sul termine di pagamento e sulleconseguenze dei ritardi di pagamento che, realizzandoun abuso della liberta contrattuale del creditore, risultas-sero ‘‘gravemente iniqui’’ in danno di quest’ultimo (15).

Mancando, pertanto, una disciplina inderogabile suitermini di pagamenti e gli interessi moratori, l’armonizza-zione del mercato europeo attuata dalla direttiva 2000/35/CE si situava ad un livello alquanto minimale (16). Ciononostante, si trattava di un intervento assai rilevante edambizioso, dato che per la prima volta la Comunita eu-ropea disciplinava la materia delle obbligazioni senza ilparavento della tutela del consumatore (17).

La direttiva 2000/35/UE e stata attuata nel nostro ordi-namento con il Decreto 231 (18), che ha introdotto unadisciplina di ampia portata e di carattere trasversale, laquale, avendo il deliberato intento di proteggere il credi-tore, si presenta come fortemente innovativa rispetto al-la previgente normativa codicistica, in gran parte ispira-ta, come e noto, al principio del favor debitoris - e che,per tale motivo, finisce spesso per tutelare proprio il con-traente piu forte (19).

La direttiva 2011/7/UE e il Decreto 192

La direttiva 2000/35/CE non ha purtroppo prodotto irisultati auspicati sul piano della lotta al fenomeno dei ri-tardati pagamenti (20) - fenomeno che, anzi, anche per

civile

Note:

(11) L’art. 3, comma 1, lett. d), della direttiva 2000/35/CE preve-deva che il debitore in ritardo nel pagamento del corrispettivodovesse corrispondere al creditore, ‘‘salvo altrimenti dispostodal contratto’’, interessi di mora ad un ‘‘tasso di riferimento’’ pa-ri al tasso del principale strumento di rifinanziamento della Ban-ca Centrale Europea, applicato alla piu recente operazione dirifinanziamento principale, effettuata il primo giorno di calenda-rio del semestre di riferimento, maggiorato di almeno sette puntipercentuali.

(12) Cfr. l’art. 3, par. 1, della direttiva 2000/35/CE, secondo cui,

in assenza di specifica previsione negoziale, gli interessi decorro-no automaticamente, decorsi trenta giorni da: (a) il ricevimentodella fattura o di una richiesta equivalente di pagamento, op-pure, se non vi sia certezza circa la data della fattura o della ri-chiesta equivalente di pagamento, ovvero tale data sia anterio-re a quella del ricevimento delle merci o della prestazione deiservizi; (b) la data di consegna della merce o della prestazionedell’opera o del servizio; (c) se la legge o il contratto prevedonola verifica delle merci o dell’opera compiuta, dalla data dellaverifica o dell’accettazione. A tale previsione, tuttavia, l’art. 3,par. 2 della direttiva poneva un’espressa eccezione, consenten-do alle singole legislazioni nazionali, per talune categorie con-trattuali, di elevare fino a 60 giorni il periodo decorso il quale so-no dovuti gli interessi, a condizione che esse stabiliscano altresıl’inderogabilita di tale termine per i contraenti, oppure un tassodi interesse inderogabile, ‘‘sensibilmente superiore al tasso lega-le’’, fissato dalla direttiva stessa.

(13) Cfr. il considerando 12 della direttiva 2000/35/CE.

(14) Cfr. l’art. 3, par. 4 e 5, della direttiva 2000/35/CE.

(15) Cfr. l’art. 3, par. 3, della direttiva 2000/35/CE. In tal caso,l’accordo ‘‘gravemente iniquo’’ non poteva essere fatto valeree non da diritto ad alcun risarcimento del danno, ed in sua ve-ce si applicavano automaticamente le previsioni della direttiva.Era altresı concesso al giudice nazionale la facolta di ricondurreil contratto ad equita, discostandosi eventualmente dalla disci-plina della direttiva.

(16) Cfr. Conti, op. cit., 811.

(17) Cfr. Zaccaria, La direttiva 2000/35/CE, cit., 259.

(18) Fra i numerosi contributi dedicati al Decreto 231, possono ri-cordarsi: Scotti, Aspetti di diritto sostanziale, cit., 603 e ss.; Conti,Il d.lgs. n. 231/2002 di trasposizione della direttiva sui ritardati pa-gamenti nelle transazioni commerciali, in Corr. giur., 2003, 99 ess.; De Marzo, Ritardi di pagamento nei contratti tra imprese:l’attuazione della disciplina comunitaria, in Contratti, 2002, 1155e ss.; Frignani-Cagnasso, L’attuazione della direttiva sui ritardi dipagamento nelle transazioni commerciali, ivi, 2003, 308 e ss.; DeCristofaro, La disciplina dei ritardi di pagamento, cit., 461 e ss.;Id., Obbligazioni pecuniarie e contratti d’impresa: i nuovi stru-menti di ‘‘lotta’’ contro i ritardi nel pagamento dei corrispettividi beni e servizi, in Studium juris, 2003, 3 e ss.; Zaccaria, Il coordi-namento fra la recente disciplina sui ritardi di pagamento nelletransazioni commerciali e la precedente disciplina in materia,ivi, 2004, 305 e ss.; Clarizia, Il decreto legislativo sui ritardati paga-menti e l’impatto sul sistema, in Nuova giur. civ. comm., 2003, II,57 e ss.; De Nova, I ritardi di pagamento nei contratti commer-ciali, Milano, 2003; Cuffaro, La disciplina dei pagamenti com-merciali, Milano, 2004; Benedetti, I ritardi di pagamento nelletransazioni commerciali. Profili sostanziali e commerciali, Torino,2003; Spoto, L’attuazione della Direttiva sui ritardi nei pagamenti.A) L’Italia, in Eur. dir. priv., 2004, 160 e ss.; Sanna, L’attuazionedella direttiva 2000/35/CE in materia di lotta contro i ritardi dipagamento nelle transazioni commerciali: introduzione al d.lgs.9 ottobre 2002, n. 231, in Resp. civ. prev. 2003, 246 e ss.; Pandolfi-ni, La nuova normativa sui ritardi di pagamento nelle transazionicommerciali, Milano, 2003; Russo, La nuova disciplina dei ritardidi pagamento nelle transazioni commerciali, in Contr. impresa,2003, 1, 445 e ss.; Id., Le transazioni commerciali, Padova, 2005;Conti-De Marzo, I ritardi nei pagamenti della pubblica ammini-strazione dopo il D.lgs. n. 231/2002, Padova, 2004.

(19) Cfr. Russo, La nuova disciplina dei ritardi di pagamento, cit.,498, secondo cui la normativa in parola «si basa su una riconsi-derazione delle figure di debitore e creditore. Tradizionalmente,il soggetto piu forte e sempre stato considerato il creditore; ilsoggetto debole il debitore; ma cio nell’economia modernanon risulta affatto vero».

(20) Cfr. il considerando 3 della direttiva 2011/7/UE, secondocui, nelle transazioni commerciali tra imprese e tra imprese eamministrazioni pubbliche «molti pagamenti sono effettuati piutardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle

(segue)

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effetto della crisi che ha interessato l’intero sistema fi-nanziario ed economico mondiale sin dalla fine del2007, si e progressivamente accentuato.

In particolare, in Italia, a seguito dell’entrata in vigoredel Decreto 231, il fenomeno dei ritardati pagamentinon solo non e stato ridimensionato, ma si e, al contrarioprogressivamente accentuato, soprattutto nel settore deirapporti tra imprese e P.A. (21).

Nonostante che la giurisprudenza amministrativa, do-po una iniziale titubanza, si sia orientata a dare ampiaattuazione al Decreto 231, e nonostante l’intervento del-le autorita amministrative di vigilanza (22), le pubblicheamministrazioni hanno spesso continuato a giovarsi dinorme speciali piu favorevoli e, soprattutto, ad utilizzareclausole contrattuali in deroga alla disciplina del Decre-to 231, perpetuando, in tal modo, la storica posizione divantaggio nei confronti dei privati (23).

Di fronte a tale situazione, gli organi comunitari, conun iter molto piu breve di quello che aveva portato all’a-dozione della direttiva 2000/35/CE (24), hanno varato ladirettiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi dipagamento nelle transazioni commerciali, la qualeabroga e sostituisce, con effetto dal 16 marzo 2013, laprecedente direttiva.

La direttiva 2011/7/UE ha stabilito un tasso di interessedi mora superiore a quello precedentemente previstodalla precedente direttiva, fissandolo in misura pari altasso pari al tasso di riferimento della Banca centrale eu-ropea maggiorato di almeno otto punti percentuali (an-ziche sette punti, come nella precedente direttiva), edha disciplinato, inoltre, in modo separato le transazionitra imprese e quelle tra imprese e amministrazioni pub-bliche, con riferimento al tasso di interesse e al termineper il pagamento, mantenendo nel primo caso il princi-pio della salvaguardia dell’autonomia privata, ed intro-ducendo nel secondo caso l’inderogabilita della discipli-na legale (25).

Per cercare di arginare il fenomeno, il legislatore ita-liano, dopo avere varato un pacchetto di misure a favo-re delle imprese che abbiano maturato crediti nei con-fronti della P.A. e che si propone di fornire, attraverso va-ri strumenti, liquidita alle aziende creditrici (26), ed avereintrodotto la nuova disciplina sulla cessione di prodottiagricoli ed agroalimentari, di cui all’art. 62 della L. n. 27/

civile

Note:

(segue nota 20)

condizioni generali che regolano gli scambi. Sebbene le mercisiano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sonopagate ben oltre il termine stabilito. Tali ritardi di pagamento in-fluiscono negativamente sulla liquidita e complicano la gestionefinanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la lorocompetitivita e redditivita quando il creditore deve ricorrere adun finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il ri-schio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei pe-riodi di recessione economica, quando l’accesso al finanzia-mento diventa piu difficile».

(21) La Relazione annuale del Presidente dell’Autorita per la Vi-gilanza sui Contratti Pubblici per l’anno 2009 ha fotografato im-pietosamente, la situazione, sottolineando come le imprese checontrattano con la P.A. siano «soggette al gravame di un onereaggiuntivo rappresentato dall’ulteriore costo che le stesse devo-no sostenere per far fronte al gap, spesso di proporzioni assaiconsiderevoli, che si viene a determinare tra il momento della li-quidazione dei costi gestionali e quello dell’incasso del corrispet-

tivo pattuito», con la conseguenza che «questo tipo di mercatofinisce con il privilegiare le grandi imprese e colpisce, in manierairreversibile, le piccole e medie imprese che rischiano, pertanto,di uscire definitivamente dal sistema», con cio «falsando, in misu-ra considerevole, il regolare andamento del mercato»..

(22) Cfr. in particolare la determinazione n. 4 del 7 luglio 2010dell’A.V.C.P., Disciplina dei pagamenti nei contratti pubblici diforniture e servizi, secondo cui «le stazioni appaltanti devono at-tenersi nella redazione dei documenti di gara, nonche dei do-cumenti contrattuali, alle disposizioni previste dal decreto legi-slativo 9 ottobre 2002, n. 231 con riguardo ai termini di paga-mento, alla decorrenza degli interessi moratori ed al saggio diinteressi applicabile in caso di ritardo; le stazioni appaltanti nonpossono subordinare la partecipazione alle procedure di garao la sottoscrizione del contratto all’accettazione di termini dipagamento, di decorrenza degli interessi moratori e misura de-gli interessi di mora difformi da quelli previsti dal decreto legisla-tivo 9 ottobre 2002, n. 231, ne prevedere tale accettazione co-me elemento di favorevole valutazione delle offerte tecnichenell’ambito del criterio dell’offerta economicamente piu van-taggiosa».

(23) La possibilita di stipulare accordi in deroga alla disciplina le-gale era stata incoraggiata dallo stesso Ministero dell’Economia,il quale, con la circolare n. 1/2003, facendosi interprete dellepreoccupazioni dei pubblici amministratori - in gran parte legateal rischio di dover rispondere contabilmente per i ritardi accu-mulati nelle procedure di spesa - dopo avere ammonito i diri-genti a «snellire, anche mediante informatizzazione, le procedu-re seguite (..) volti ad evitare l’accollo di maggiori costi che de-terminerebbero una lievitazione della spesa pubblica», invitavaespressamente «i responsabili dell’attivita contrattuale [dellaP.A.] a valutare l’opportunita (..) di negoziare condizioni diverseda quelle legali».

(24) Nel 2009 la Commissione UE emanava infatti la Proposta didirettiva del Parlamento europeo e del consiglio relativa alla lot-ta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commercialidell’8 aprile 2009, nella quale, dopo aver constatato che «i ritar-di di pagamento nelle transazioni commerciali continuano adessere un problema generale nell’UE» e che «in vari Stati membrila lunghezza dei periodi di pagamento contrattuali e ingiustifica-ta quando nelle transazioni sono coinvolte amministrazioni pub-bliche», riteneva opportuno avviare l’iter normativo per l’appro-vazione di una nuova direttiva, finalizzata a «introdurre strumentiaggiuntivi per ridurre il numero dei ritardi di pagamento nelletransazioni commerciali, abbreviare i periodi di pagamento perle amministrazioni pubbliche e rafforzare in modo sostanziale gliincentivi per le amministrazioni pubbliche a pagare».

(25) Cfr. il considerando 23 della direttiva 2011/7/UE, secondocui generalmente le piccole amministrazioni «godono di flussi dientrate piu certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese. Mol-te pubbliche amministrazioni possono inoltre ottenere finanzia-menti a condizioni piu interessanti rispetto alle imprese. Allo stes-so tempo, per raggiungere i loro obiettivi, le pubbliche ammini-strazioni dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di re-lazioni commerciali stabili. Lunghi periodi di pagamento e ritardidi pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni permerci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese».

(26) Fanno parte di tale pacchetto i decreti che hanno introdot-to la possibilita per le imprese di ottenere la certificazione delcredito derivante da somministrazione, forniture e appalti, van-tati nei confronti delle amministrazioni dello Stato e degli entipubblici nazionali e delle Regioni, enti locali ed enti del Serviziosanitario nazionale (cfr. i due decreti del Ministero dell’Economiae delle Finanze del 22 maggio 2012, modificati dal decreto delMinistero dell’Economia e delle Finanze del 24 settembre 2012),nonche quelli che disciplinano la compensazione dei creditimaturati nei confronti di Regioni, enti locali ed enti del Serviziosanitario nazionale con le somme dovute a seguito di iscrizionea ruolo (cfr. il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finan-ze del 25 giugno 2012).

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382 IL CORRIERE DEL MERITO N. 4/2013

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2012 (27), ha attuato, in anticipo rispetto al termine fissa-to dagli organi comunitari, la direttiva 2011/7/UE, attra-verso il Decreto 192.

Gli appalti di lavori pubblici

Il Decreto 192 ha lasciato sostanzialmente inalterato -con una rilevante eccezione - l’ambito applicativo, insenso oggettivo e soggettivo, del Decreto 231 (28).

Risulta ulteriormente ampliato il concetto di ‘‘pubbli-ca amministrazione’’, ora definita dall’art. 2, lett. b) delnovellato Decreto 231 con riferimento alla nozione di‘‘amministrazioni aggiudicatrici’’ contenuta nell’art. 3,comma 25, del D.lgs. n. 163/2006 (c.d. Codice dei con-tratti pubblici) (29). Con tale definizione, il legislatore haattuato l’art. 2, n. 2 della direttiva 2011/7/UE, che appun-to si riferisce a ‘‘qualsiasi amministrazione aggiudicatri-ce’’ come definita dalle direttive comunitarie in tema diappalti pubblici, ‘‘indipendentemente dall’oggetto o dalvalore dell’appalto’’ (30).

La rilevante novita prima accennata riguarda l’appli-cabilita della normativa di cui al Decreto 231 ai paga-menti dovuti in base ad appalti di lavori pubblici (31),settore nel quale, come e noto, sussisteva e tuttora sussi-ste una disciplina ben diversa da quella di cui al provve-dimento ora menzionato, molto piu favorevole allaP.A. (32), e nel quale, al contempo, l’esigenza di assicu-rare un puntuale pagamento e particolarmente sentita,attesa la rilevanza economica delle commesse pubbli-che.

La versione originaria del Decreto 231 non solo nonmenzionava espressamente la materia dei lavori pubbli-ci, ma neppure conteneva alcun riferimento alle diretti-ve comunitarie in materia di appalti pubblici. Nella Rela-zione illustrativa al Decreto 231, peraltro, il Governo, ade-rendo all’interpretazione fornita dall’A.V.C.P. nella deter-minazione n. 5/2002 del 27 marzo 2002 (33), escludevatale materia dall’ambito applicativo della normativa, os-servando che «la normativa europea disciplina esclusi-vamente i contratti aventi ad oggetto servizi e merci»,ed avvertendo, al contempo, la necessita di «demanda-re ad un apposito e successivo intervento normativo l’o-mogeneizzazione delle due discipline» (34).

La dottrina prevalente era orientata a favore dell’ap-plicabilita del Decreto 231 anche al settore degli appaltipubblici (35), sottolineando come, da un lato, l’interpre-tazione del termine ‘‘servizi’’ alla luce dell’ordinamentocomunitario portasse a ricomprendere nell’ambito dellanormativa in esame anche i ‘‘lavori pubblici’’, cosı comedefiniti dalla L. n. 109/94 - data la configurazione piu am-pia e generica del contratto di appalto in ambito comu-nitario, rispetto al nostro ordinamento interno -e, dall’al-tro, che la non applicabilita della nuova normativa allamateria degli appalti pubblici fosse contraria alla ratio

civile

Note:

(27) Tale disciplina stabilisce, tra l’altro, che i contratti in paroladevono prevedere il pagamento del corrispettivo nel terminetassativo ed inderogabile di trenta giorni (qualora si tratti di pro-dotti deteriorabili) o di sessanta giorni (per gli altri prodotti) de-correnti dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fatturae che, decorso tale termine, decorrono automaticamente gli in-teressi per ritardato pagamento, senza necessita di costituzionein mora, ad un tasso maggiorato di due punti rispetto a quelloprevisto dall’art. 5 del Decreto 231.

(28) Sull’ambito applicativo del Decreto 231, sia consentito rin-viare a Pandolfini, op. cit., 16 e ss.; cfr. anche Russo, Le transazio-ni commerciali, cit., 350 e ss.

(29) Tale definizione sostituisce quella contenuta nel preceden-te art. 2, lett. b) del Decreto 231, che comprendeva, oltre alloStato ed agli enti pubblici (economici e non), anche «ogni al-tro organismo dotato di personalita giuridica, istituito per soddi-sfare specifiche finalita di interesse generale non aventi carat-tere industriale o commerciale, la cui attivita e finanziata inmodo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali,da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o la cui ge-stione e sottoposta al loro controllo o i cui organi di amministra-zione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per lameta, da componenti designati dai medesimi soggetti pubbli-ci».

(30) L’art. 2 par. 1, lett. a), della direttiva 2004/17/Ce e l’art. 1par. 9 della direttiva 2004/18/Ce definiscono come amministra-zione aggiudicatrice lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli orga-nismi di diritto pubblico (intendendosi per tali gli organismi istituitiper soddisfare specificamente esigenze di interesse generale,aventi carattere non industriale o commerciale, dotati di perso-nalita giuridica, e la cui attivita sia finanziata in modo maggiori-tario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi didiritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllodi questi ultimi o il cui organo di amministrazione, di direzione odi vigilanza sia costituito da membri dei quali piu della meta edesignata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri or-ganismi di diritto pubblico), le associazioni costituite da uno opiu di tali enti pubblici territoriali o da uno o piu di tali organismidi diritto pubblico.

(31) Nessun dubbio sussiste circa l’inclusione nell’ambito appli-cativo del Decreto 231 dei pagamenti dovuti a titolo di corri-spettivo a fronte di prestazioni rese nell’ambito dei contratti diappalto di pubblici servizi e di pubbliche forniture, disciplinati, ri-spettivamente dal D.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 e dal D.lgs. 24 lu-glio 1992 n. 358, i quali rientrano nel novero dei contratti aventiad oggetto ‘‘la consegna di merci o la prestazione di servizi’’, aisensi dell’art. 2, comma 1, lett. a) del Decreto 231. L’applicabili-ta delle disposizioni recate dal Decreto 231 ai contratti pubblicidi servizi e forniture e stata, da ultimo, espressamente ribaditaanche dal Regolamento di attuazione del Codice dei ContrattiPubblici, il cui art. 307, comma 2, prevede appunto che «Nel ca-so di ritardato pagamento resta fermo quanto previsto dal de-creto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231».

(32) Cfr. gli artt. 143 e 144 del Regolamento di attuazione delCodice dei Contratti Pubblici, di cui al d.P.R. n. 207/2010 e l’art.133 del Codice dei contratti pubblici: sul tema, cfr. Garofoli-Fer-rari, Il nuovo regolamento degli appalti pubblici, Roma, 2011;Crocco, Commento al nuovo regolamento di attuazione edesecuzione del codice dei contratti pubblici, Torino, 2011.

(33) In Urban. app., 2002, 631, con nota di De Marzo, cit.

(34) Si legge infatti nella citata Relazione che «non si e interve-nuto sulla legislazione in materia di lavori pubblici, visto che lanormativa europea disciplina esclusivamente i contratti aventiad oggetto servizi e merci, cosı recependosi l’avviso espressodall’Autorita Garante dei Lavori Pubblici nella determinazione n.5/2002, che peraltro auspica l’omogeneizzazione delle disciplinein esame agli standards comunitari. Tuttavia, il silenzio sul puntodella norma di delega comporta la necessita di demandare adun apposito e successivo intervento normativo l’omogeneizza-zione delle due discipline».

(35) Cfr. Villani, Appalti pubblici e pagamento del prezzo, in Cuf-faro, La disciplina dei pagamenti commerciali, cit., 115 ss.; Pan-dolfini, op. cit., 22; Caringella, I ritardi di pagamento nelle transa-zioni commerciali, in Urban. appalti, 2003, 150; De Marzo, Ritardidi pagamento, cit., 628; Di Marco, La disciplina sul ritardo deipagamenti si applica anche in materia di appalti pubblici, inGiur. merito, 2010, 344 e ss.; Russo, Le transazioni commerciali,cit., 353 e ss.

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IL CORRIERE DEL MERITO N. 4/2013 383

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della direttiva comunitaria, anche alla luce del criterio in-terpretativo del c.d. ‘‘effetto utile’’, il quale porta adescludere interpretazioni della norma comunitaria che fa-rebbero perdere a questa ogni efficacia pratica (36).

La giurisprudenza prevalente, avallata anche da par-te della dottrina, era invece di segno contrario, ritenen-do, sulla base dell’interpretazione letterale della nozionedi ‘‘lavori pubblici’’, di cui all’art. 2, comma l, della L. n.109/94 (37), che l’appalto di lavori pubblici non compor-ti o scambio di denaro contro merci o servizi, e che talecircostanza non consenta di reputare sussistente in talefattispecie negoziale il requisito oggettivo richiesto per laqualificazione di un determinato negozio in termini ditransazione commerciale, ai sensi del Decreto 231 (38).

Il Decreto 192, pur non menzionando espressamentegli appalti pubblici e non modificando la nozione di‘‘transazione commerciale’’ rispetto alla versione origi-naria del Decreto 231, contiene una definizione assaiampia di ‘‘pubblica amministrazione’’, la quale, facen-do riferimento al D.lgs. n. 163/2006, implicitamente rece-pisce le analoghe nozioni contenute nelle direttive co-munitarie 2004/18/Ce e 2004/17/Ce sugli appalti pubblicidi lavori (di cui tale provvedimento e attuazione).

D’altra parte, la direttiva 2011/7/UE, pur non modifi-cando sostanzialmente le definizioni di ‘‘pubblica ammi-nistrazione’’ e di ‘‘transazione commerciale’’, rispetto al-la precedente direttiva, contiene un significativo riferi-mento al settore degli appalti pubblici nel considerando11, secondo il quale «la fornitura di merci e la prestazio-ne di servizi dietro corrispettivo a cui si applica la presen-te direttiva dovrebbero anche includere la progettazio-ne e l’esecuzione di opere e edifici pubblici, nonche i la-vori di ingegneria civile».

La tesi dell’applicabilita del Decreto 231 - a decorre-re dal 18 gennaio 2013 - anche agli appalti di opere pub-bliche e stata, recentemente, inequivocabilmente con-fermata dalla circolare dei Ministeri dello Sviluppo Eco-nomico e delle Infrastutture e dei Trasporti del 23 gen-naio 2013.

Ne consegue che, come confermato dalla circolareora richiamata, la disciplina del Decreto 231 prevale, aisensi dell’art. 11 del Decreto 231, su quella, meno favore-vole per il creditore, prevista dalle discipline di settore intema di appalti di lavori pubblici, e in particolare suquella dettata in tema di termini di pagamento per icontratti pubblici di lavori dal D.P.R. n. 207/2010 (39).

I termini di pagamento: a) le transazionitra imprese

Con riferimento ai termini di pagamento, il Decreto192 conferma che, in linea generale, ai sensi dell’art. 4comma 2 del Decreto 231, nelle transazioni commercialiil pagamento del corrispettivo e dovuto -con conse-guente decorrenza automatica degli interessi moratori -decorsi trenta giorni dalle seguenti date:

a) la data di ricevimento, da parte del debitore, dellafattura o di una richiesta equivalente di pagamento;

b) la data di consegna della merce o la prestazionedel servizio, qualora la data di ricevimento della fatturao quella della richiesta equivalente di pagamento nonsiano certe, oppure la data la consegna della merce ola prestazione del servizio sia successiva a quella di rice-vimento della fattura o della richiesta equivalente di pa-gamento da parte del debitore;

c) la data di accettazione o verifica della conformitadella merce o del servizio alle previsioni contrattuali, seprevisti dalla legge o dal contratto, sempre che la fattu-ra o la richiesta equivalente di pagamento sia pervenu-ta al debitore in data anteriore.

Tale disciplina resta, con riferimento alle transazionicommerciali B2B, di carattere dispositivo. Di conseguen-za, in tale ambito le parti possono derogarvi, stabilendotermini di pagamento diversi, nel rispetto del limite gene-rale costituito dalla ‘‘grave iniquita’’ del relativo accor-do, ai sensi dell’art. 7 del Decreto 231.

A tale limite di ordine generale il Decreto 192 - in at-tuazione della direttiva 2011/7/UE - ha, peraltro, aggiun-to un’ulteriore limitazione. Qualora, infatti, le parti preve-dano un termine di pagamento superiore a trenta giornidalle date di cui sopra, ma inferiore a sessanta giorni,l’accordo deve essere provato per iscritto. Qualora inve-ce le parti intendano prevedere un termine di paga-mento superiore a sessanta giorni, il relativo accordo de-ve - oltre che essere munito di forma scritta ad probatio-nem - avvenire ‘‘espressamente’’, cioe non puo essereconcluso tacitamente - ad esempio, per facta conclu-dentia - anche se deve non necessariamente rivestire laforma scritta (40). Analoga previsione e dettata dal nuo-vo art. 4, comma 6, Decreto 231 a proposito delle proce-dure di verifica circa la conformita della merce o dei ser-vizi, di durata superiore a trenta giorni dalla data dellaconsegna della merce o della prestazione del servizio.

Il comma 7 del Decreto 231, introdotto dal Decreto192, prevede infine che, qualora le parti si accordino per

civile

Note:

(36) Sul criterio interpretativo del c.d. ‘‘effetto utile’’, cfr. Men-gozzi, Il diritto della comunita europea, Padova, 1990, 308 e ss.

(37) La quale include le attivita di costruzione, demolizione, re-cupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere edimpianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegnerianaturalistica, purche svolte da soggetti pubblici.

(38) Cfr. Benedetti, op. cit., 45; Sanna, op. cit., 255; Scotti, op.cit., 612; De Nova, op. cit., 6; Pilato, La responsabilita amministra-tiva per il ritardato pagamento, in Cuffaro, La disciplina dei pa-gamenti commerciali, cit., 177. In giurisprudenza, cfr. Trib. Asti,ord. 16 agosto 2011, in www.ilcaso.it; T.A.R. Piemonte, 14 feb-braio 2004 n. 250, in Foro pad., 2006, 713, con nota di Rossetti;T.A.R. Piemonte, 26 ottobre 2007 n. 3292, in Foro amm.-T.A.R.2007, 2998.

(39) In particolare, come affermato dalla circolare in parola,non risultano piu applicabili il termine di emissione del certificatodi pagamento per le rate di saldo, di quarantacinque giorni dal-la maturazione di ciascun SAL, previsto dall’art. 143, comma 1,del d.P.R. n. 207/2010, e quello di novanta giorni dal certificatodi collaudo provvisorio o di regolare esecuzione, per il paga-mento della rata di saldo, previsto dall’art. 141 comma 9 deld.P.R. n. 207/2010. Tali termini devono ora intendersi sostituiti daquelli previsti dal novellato art. 4 del Decreto 231.

(40) E pertanto sufficiente che un siffatto accordo sia contenutoin una dichiarazione esternata mediante un qualunque mezzodi linguaggio, anche verbalmente; cfr. la Relazione illustrativa alDecreto 192, secondo cui «la forma espressa come requisito di-stinto dalla forma scritta e richiesta dalla direttiva ed e comun-que gia conosciuta dal nostro ordinamento come modalita cheesclude la manifestazione implicita di volonta ancorche confor-me all’eventuale requisito morfologico (cfr. art. 1937 c.c.)». Pe-raltro, in tal caso potra sorgere un problema sotto il profilo pro-batorio, essendo, come si e detto, prevista la forma scritta adprobationem.

CIVILE . IN EVIDENZA n

384 IL CORRIERE DEL MERITO N. 4/2013

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un pagamento del corrispettivo rateale, in caso di man-cato pagamento di una delle rate alla data concorda-ta, gli interessi moratori (di cui all’art. 5 del Decreto 231)e il risarcimento (di cui all’art. 6 del Decreto 231) ‘‘sonocalcolati esclusivamente sulla base degli importi scadu-ti’’.

La norma - che riproduce esattamente l’art. 5 delladirettiva 2011/7/UE - mira evidentemente ad evitare chesul debitore gravi un obbligo risarcitorio eccessivo, attesele rilevanti conseguenze sanzionatorie collegate al ritar-do nell’adempimento, ed appare sostanzialmente con-forme ai principi generali del nostro ordinamento (41).

I termini di pagamento: b) le transazionitra imprese e P.A.

Con riferimento, invece, alle transazioni commercialitra imprese e P.A. - nelle quali quest’ultima sia parte de-bitrice - il Decreto 192 ha in parte modificato i termini dipagamento originariamente previsti dal Decreto 231 e,soprattutto, ha reso tali termini inderogabili, rendendo lanormativa, sotto tale profilo, imperativa.

Si tratta di una modifica di grande rilievo, motivata,come accennato, dalla constatazione del sostanzialefallimento della direttiva 2000/35/CE nella lotta ai ritarda-ti pagamenti dei soggetti pubblici, e dall’esigenza di ap-prestare maggiore tutela alle imprese, che scontano undeficit di potere contrattuale ed economico nei con-fronti del soggetto pubblico, e che sono quindi soggettealla generalizzata stipula di accordi anche pesantemen-te derogatori a quelli previsti dal Decreto 231.

E ben nota, a tal proposito, la prassi, ampiamente dif-fusa tra le amministrazioni appaltanti, di introdurre nellalex specialis di gara clausole che prevedevano terminidi pagamento maggiori di quelli legali previsti dal Decre-to 231, quale condizione di partecipazione alla gara, op-pure criteri di valutazione dell’offerta economicamentepiu vantaggiosa premianti per i concorrenti i quali pro-pongano condizioni di pagamento piu favorevoli per laP.A. rispetto a quelli previsti dal Decreto 231 (42). Taleprassi ha dato luogo ad un ampio dibattito giurispruden-ziale, avente ad oggetto la legittimita degli accordi inderoga alla disciplina legale sui termini di pagamento ogli interessi di mora previsti nelle gare d’appalto; dibatti-to che e stato ora superato dalle nuove disposizioni, in-derogabili, introdotte dalla direttiva 2011/7/UE e dalprovvedimento di attuazione interno.

Il novellato art. 4, comma 4 del Decreto 231 prevedeinfatti che, relativamente alle transazioni tra imprese eP.A., gli accordi derogatori ai termini legali di pagamen-to di cui al comma 2 della medesima norma (in terminipeggiorativi per il creditore), oltre a dover essere pattuitiespressamente e provati per iscritto, devono essere giu-stificati ‘‘dalla natura o dall’oggetto del contratto o dallecircostanze esistenti al momento della sua conclusione’’(cioe al momento della conclusione dell’accordo stes-so), e, in ogni caso, non possono eccedere il limite disessanta giorni (dalla scadenza delle date descritte alcomma 2 dell’art. 4).

Il presupposto di validita degli accordi sui termini dipagamento in deroga a quelli legali e articolato in mo-do piuttosto generico. Il riferimento alla natura e all’og-getto del contratto (tra impresa e P.A.) - che riproponesostanzialmente l’analoga norma dell’art. 4, par. 6, delladirettiva 2011/7/UE - riguarda le situazioni nelle quali un

differimento del termine di pagamento sia (obiettiva-mente) giustificato da ragioni riconducibili all’organizza-zione amministrativa e all’attivita gestionale della P.A. e,forse, alla complessita tecnica delle prestazioni oggettodel contratto. Ancor piu vago e il riferimento alle ‘‘circo-stanze esistenti al momento della conclusione dell’ac-cordo’’ -non contenuto invece nella direttiva 2011/7/UE-che sembra alludere ai particolari fattori giuridici chepossono condizionare il pagamento da parte della P.A.,imponendone una posticipazione (43).

In ogni caso, la (limitata) facolta di deroga introdottadal Decreto 192 impone un (indiretto, ma chiaro) oneremotivazionale in capo alla P.A., la quale, nell’introdurreclausole derogatorie nei vari atti rilevanti (regolamenti,circolari, capitolati d’appalto) non potra limitarsi ad unamotivazione astratta e generica ma dovra individuarecon esattezza le ragioni ed esigenze oggettive in basealle quali ritenga appunto di derogare ai termini legali dipagamento.

Qualora non sussistano i presupposti di cui sopra perla deroga pattizia - in esito, verosimilmente, ad un accer-tamento da parte dell’autorita giudicante - deve ritener-si che la relativa clausola sia nulla - con salvezza delle ri-manenti clausole contrattuali - con conseguente sostitu-zione della previsione pattizia con i termini legali, ai sensidell’art. 1419, commi 1 e 2 c.c.

Il Decreto 192 -avvalendosi della possibilita concessadall’art. 4, par. 4. lett. a) e b) della direttiva 2011/7/UE -ha inoltre introdotto un nuovo comma 5 all’art. 4 del De-creto 231, prevedendo che i termini di pagamento sonodi sessanta giorni (anziche trenta) dal giorno successivoalle date indicate nel comma 2 dell’art. 4, quando parte

civile

Note:

(41) Infatti, il mancato pagamento di una rata del corrispettivonon si riflette - al di fuori dell’ipotesi della decadenza dal benefi-cio del termine, ex art. 1186 c.c. - sulle rate successive non an-cora scadute; pertanto il creditore - il quale chieda l’esecuzionedel contratto, ovvero il pagamento della rata scaduta - non hadiritto di ricevere gli interessi di mora su un credito in linea capi-tale che non e ancora esigibile.

(42) Tale prassi aveva, in un primo tempo, ricevuto l’avallo daparte della giurisprudenza amministrativa, la quale aveva piuvolte affermato che le condizioni generali di contratto (e, per-tanto, anche i bandi di gara) potessero contenere deroghe allecondizioni legali di pagamento previste dal Decreto 231, purchele stazioni appaltanti rendessero pubbliche, nel bando di gara,le circostanze che le inducevano ad optare per un accordo inderoga, allo scopo di consentire la verifica immediata della le-gittimita dell’accordo medesimo (cfr. T.A.R. Veneto, 25 novem-bre 2008 n. 3637, in www.osservatorioappalti.unitn.it). La giuri-sprudenza piu recente ha invece escluso la possibilita della P.A.di derogare nei bandi di gara alla disciplina del Decreto 231, ri-tenendo, conseguentemente, configurabile la violazione degliartt. 4 e 5 del Decreto 231 quale vizio di legittimita della lex spe-cialis di gara, nella parte relativa alla diversa indicazione dei ter-mini di pagamento della fornitura e del relativo saggio di inte-ressi (cfr. C.d.S., sez. IV, sent. 2 febbraio 2010, n. 469, in Foro it.,2010, V, 245 e in Urb. App. 2010, 719 con nota di Lombardi, Nullele clausole della lex specialis derogatorie del D.Lgs. 231/2002).

(43) Si puo forse fare l’esempio del pagamento del corrispettivodi un appalto che dipenda dall’erogazione di un mutuo assuntoper finanziare l’appalto stesso, o dei tempi necessari ad espleta-re le procedure di verifica imposte dalla legge prima di proce-dere ai pagamenti (con riferimento ad esempio al DURC), o, an-cora, della necessita di ottemperare al patto interno di stabilita.

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della transazione commerciale sia un’impresa pubblicatenuta al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui alD.lgs. n. 333/2003 (44), oppure un ente pubblico che for-nisca assistenza sanitaria, debitamente riconosciuto atale fine (45).

Poiche, in questi casi, il termine per il pagamentocoincide con quello massimo consentito agli accordi inderoga tra le parti, ne consegue che, relativamente alletransazioni tra le imprese e le suddette imprese pubbli-che - che rappresentano un numero rilevante di enti - itermini di pagamento sono stabiliti in modo rigido, senzapossibilita di deroga (46).

Relativamente alla procedura di accettazione o veri-fica, il Decreto 192 prevede che la stessa non possa ave-re una durata superiore a trenta giorni dalla data dellaconsegna della merce o della prestazione del servizio,salvo deroga delle parti. Tale deroga non potra comun-que essere superiore, anche in questo caso, a sessantagiorni, dovra avvenire nel rispetto dei limiti gia visti per irapporti tra imprese (ovvero la non grave iniquita del-l’accordo ai sensi dell’art. 7 del Decreto 231, l’accordoespresso e la forma ad probationem) e dovra essereprevista nella documentazione di gara.

Anche tale previsione e destinata ad avere un impat-to assai rilevante, dato che le procedure contabili checaratterizzano il sistema di pagamento della P.A. con-templano quale attivita necessaria ai fini della fase di li-quidazione la verifica della regolarita della documenta-zione concernente la prestazione eseguita dal privato edell’esistenza di un impegno di spesa (47). Qualora taleattivita non sia conclusa entro il termine massimo oramenzionato, l’impresa avra dunque diritto agli interessi dimora, ai sensi dell’art. 5 del Decreto 231, a prescinderedall’avvenuta definizione della fase di verifica da partedella P.A.

Il tasso d’interesse di mora

L’art. 5 del Decreto 231, cosı come modificato dalDecreto 192, ha stabilito il nuovo saggio di interesse le-gale che, in mancanza di diverse previsioni contrattuali,e dovuto dal debitore in caso di ritardo nel pagamento,dal giorno successivo rispetto alle scadenze indicate al-l’art. 4 del Decreto stesso o da quelle pattizie. Tale sag-gio e stato maggiorato di un punto rispetto a quello pre-visto in precedenza, con la finalita di inasprire ulterior-mente le conseguenze del ritardo nei pagamenti e, con-seguentemente, di scoraggiare (piu di quanto sia avve-nuto prima) tale prassi; il che conferma la finalita marca-tamente dissuasiva della norma (48).

Anche in occasione del nuovo provvedimento di at-tuazione della direttiva comunitaria, il legislatore si e at-tenuto al tasso di interesse minimo (relativamente allaparte fissa) previsto dall’art. 2, n. 6 della direttiva 2011/7/UE (49); tale scelta e stata motivata, come si legge dallaRelazione illustrativa al Decreto 192, dall’esigenza di«non incorrere in gravosi oneri finanziari nei ritardati pa-gamenti delle pubbliche amministrazioni».

Aumenta, di conseguenza, la differenza tra il tasso diinteresse legale per le transazioni commerciali e quelloprevisto, in generale, dall’art. 1284 c.c. (50). In base al-l’ultima rilevazione da parte del Ministero dell’Economiae delle Finanze, relativa al primo semestre del 2013, il tas-so d’interesse legale per i ritardi di pagamento nelletransazioni commerciali e stato fissato nella misura

dell’8,75%, ovvero oltre sei punti percentuali in piu rispet-to al tasso d’interesse di cui alla norma codicistica (51).

Il Decreto 192, in attuazione dell’art. 2, nn. 5, 6 e 7della direttiva 2011/7/UE, ha inoltre precisato la nozionedi interessi moratori, chiarendo che . il ‘‘tasso di riferi-mento’’ e pari a quello in vigore al 18 gennaio dell’anno,c

ivile

Note:

(44) Con tale decreto e stata recepita la direttiva 2000/52/CEdella Commissione del 26 luglio 2000, che modificava la diretti-va 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarietra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, stabilendo l’ob-bligo per una serie di enti pubblici di documentare le assegna-zioni di risorse pubbliche e l’utilizzazione effettiva di tali risorsepubbliche, nonche assicurando che la struttura finanziaria ed or-ganizzativa delle imprese soggette all’obbligo di tenere unacontabilita separata risulti correttamente documentata da talecontabilita (cfr. l’art. 1 del D.lgs. n. 333/2003).

(45) Relativamente a tali enti, la deroga al termine standard ditrenta giorni e cosı giustificata dal considerando 25 della diretti-va 2011/7/UE: «I sistemi di assistenza sanitaria, come parte fon-damentale dell’infrastruttura sociale europea, sono spesso co-stretti a conciliare le esigenze individuali con le disponibilita fi-nanziarie, in considerazione dell’invecchiamento della popola-zione europea, dell’aumento delle aspettative e dei progressidella medicina. Per tutti i sistemi si pone il problema di stabilirepriorita nell’assistenza sanitaria in modo tale da bilanciare le esi-genze dei singoli pazienti con le risorse finanziarie disponibili. GliStati membri dovrebbero quindi poter concedere agli enti pub-blici che forniscono assistenza sanitaria una certa flessibilita nel-l’onorare i loro impegni. A tal fine, gli Stati membri dovrebberoessere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il perio-do legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giornidi calendario. Gli Stati membri, tuttavia, dovrebbero adoperarsiaffinche i pagamenti nel settore dell’assistenza sanitaria sianoeffettuati in accordo con i periodi legali di pagamento».

(46) Qualora, dunque, le parti di una transazione commercialetra imprese e PA dovessero prevedere un termine di pagamen-to superiore a sessanta giorni dalle scadenze sopra indicate, ta-le clausola e nulla per contrarieta con la norma imperativa dicui all’art. 4 comma 4 del Decreto 231 - indipendentemente daqualsiasi accertamento circa l’esistenza di motivi che possanogiustificare la deroga pattizia - con conseguente sostituzionedella medesima clausola con la previsione dei termini di legge,ai sensi dell’art. 1419 c.c.

(47) Cfr. Gisondi, L’attuazione da parte della p.a. della nuovadisciplina comunitaria sui ritardati pagamenti nelle transazionicommerciali, in Urb. App., 2003, 764 e ss.

(48) La misura elevata del tasso d’interesse ha infatti lo scopo didisincentivare il ritardo nell’adempimento da parte del debitore,altrimenti reso allettante (se non addirittura conveniente) da unbasso tasso di interessi moratori: cfr. Pandolfini, Il nuovo tasso diinteresse legale per i ritardi di pagamento nelle transazioni com-merciali, in Giur. it., 2003, 1.2, 2414 e ss.; Russo, Le transazionicommerciali, cit., 285; Riccio, Gli interessi moratori previsti dalladisciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commercialie le norme sull’usura, in Contr. impr., 2004, 556, secondo il qualeil legislatore avrebbe introdotto «una vera e propria sanzione ci-vile punitiva o pena privata, che per sua natura ha anche unafunzione deterrente e scoraggiante nei confronti dei debitori».

(49) Tale norma prevede infatti che siffatto interesse «e pari altasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentua-li».

(50) Attualmente, per effetto del D.M. 12 dicembre 2011, il tassolegale e pari al 2,50%.

(51) Cfr. il comunicato n. 14 del Ministero dell’Economia e delleFinanze del 17 gennaio 2013.

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relativamente al primo semestre di esso cui si riferisce il ri-tardo, e a quello in vigore al 18 luglio dell’anno, relativa-mente al secondo semestre (52).

Nella nuova formulazione dell’art. 2, comma 1, lett. f)-introdotta dal Decreto 192 - il ‘‘tasso di riferimento’’ einoltre definito come il ‘‘tasso di interesse applicato dallaBanca centrale europea alle sue piu recenti operazionidi rifinanziamento principali’’. Risulta quindi confermatoche per ciascun semestre solare (dal 18 gennaio al 30giugno e dal 18 luglio al 31 dicembre) vi e un solo saggiodi interesse di riferimento (53).

Analogamente a quanto avviene per i termini di pa-gamento, nelle transazioni commerciali tra imprese il tas-so d’interesse di mora puo essere liberamente fissatodalle parti anche in misura diversa da quella stabilitadall’art. 5 del Decreto 231; viceversa, nelle transazionicommerciali tra imprese e P.A. - il tasso d’interesse e in-derogabile (54).

L’inderogabilita in pejus per il creditore del tasso d’in-teresse legale nelle transazioni commerciali tra impresee P.A. implica la sostituzione automatica di tale tasso aquelli stabiliti (in misura inferiore) dalle varie normativespeciali previgenti. In particolare, nel settore degli appal-ti di lavori pubblici, il tasso d’interesse legale stabilito dalDecreto 231 si sostituisce ora a quello, previsto dagli artt.144 del D.P.R. n. 207/2010 per il ritardato pagamento de-gli acconti e del saldo (55).

Il risarcimento dei costi di recupero del credito

L’esigenza di assicurare al creditore la possibilita di ri-cevere un risarcimento a fronte dei costi di recupero delcredito dallo stesso sopportati per effetto del ritardatopagamento da parte del debitore ha costituito oggettodi particolare attenzione da parte del legislatore comu-nitario fin dalla direttiva 2000/35/Ce (56). Tale esigenza einfatti apparsa essenziale nell’ambito della lotta al feno-meno dei ritardati pagamenti, particolarmente nei casinei quali il tasso di interesse moratorio, pur elevato, nonsia sufficiente a coprire gli eventuali costi di recupero delcredito sopportati dal creditore, qualora esso venga cal-colato su un debito di modesto ammontare (e dunquein considerazione del ridotto effetto dissuasivo sul debito-re costituito, in tal caso, dagli interessi di mora).

L’originario art. 6 del Decreto 231 stabiliva il diritto delcreditore ad essere risarcito dei costi sopportati per il re-cupero del credito, nel rispetto dei principi di ‘‘propor-zionalita’’ e ‘‘trasparenza’’ (57), sulla base di elementipresuntivi, tenuto conto delle tariffe forensi in materiastragiudiziale (allora vigenti) (58). Il rinvio alla tariffa stra-giudiziale forense permetteva una notevole elasticitanella determinazione dell’importo di tali costi, dato chegli importi ivi previsti non erano - relativamente alla vocedegli onorari - determinati in modo fisso e rigido, poten-do essere aumentati anche in misura rilevante rispettoall’importo base, secondo la discrezionalita del difenso-re. Il comma 2 della medesima norma prevedeva, inol-tre, il diritto del creditore del ristoro anche dell’eventualemaggior danno, subordinatamente alla dimostrazione ditale danno da parte dello stesso.

Il tema del rimborso dei costi sostenuti dal creditoreper il recupero del credito e stato oggetto di rinnovatointeresse da parte della direttiva 2011/7/UE, la quale hadettato in proposito una piu dettagliata di quella conte-nuta nella precedente direttiva, stabilendo, Il nuovo art.6 del Decreto 231, introdotto dal Decreto 192, ha dato

civile

Note:

(52) Cfr. il novellato art. all’art. 2, comma 1, lett. f), del Decreto231. Nella precedente versione della norma - frutto di un erroredi traduzione dal testo della direttiva - si prevedeva che il saggiodi interessi in vigore il primo giorno lavorativo della Banca cen-trale europea del semestre di riferimento si applicasse per i suc-cessivi sei mesi. Gli interpreti avevano peraltro osservato che peridentificare il tasso d’interesse si dovesse avere riguardo all’ulti-ma operazione di rifinanziamento principale posta in essere pri-ma dell’inizio del semestre nel corso del quale viene a scadenzail pagamento dell’obbligazione pecuniaria su cui calcolare gliinteressi. Cfr. De Cristofaro, Obbligazioni pecuniarie e contratti diimpresa: nuovi strumenti di lotta contro i ritardi nel pagamentodei corrispettivi di beni e servizi, cit., 9.

(53) Risulta in tal modo abolita la distinzione tra asta a tasso fissoe a tasso variabile, presente nell’originaria formulazione della nor-ma; nel primo caso il tasso di riferimento era pari alle operazionisimili a quelle di rifinanziamento, mentre nel secondo caso essoera pari al saggio di interesse marginale che risultava dall’asta.Peraltro, l’8 giugno 2000 la BCE aveva comunicato che, a partirecon l’operazione di cui al regolamento del 28 giugno 2000, leoperazioni di rifinanziamento principali sarebbero state condottesoltanto con procedura d’asta a tasso variabile; pertanto, il tassod’interesse di riferimento ai fini del Decreto 231 si identificavaesclusivamente con il tasso marginale - ovvero il tasso piu basso(o piu alto, a seconda che si tratti, rispettivamente, di operazionidi creazione o di assorbimento di liquidita) - risultante dalla pro-cedura d’asta svolta per l’ultima operazione principale di rifinan-ziamento posta in essere prima dell’inizio del semestre solare nelcorso del quale era scaduto il termine di pagamento.

(54) Come si desume implicitamente dalla regola generale con-tenuta nell’art. 5 comma 1, secondo cui «gli interessi moratori so-no determinati nella misura degli interessi legali di mora», ovve-ro, appunto, nella misura stabilita secondo la definizione di cuiall’art. 2, comma 1, lett. e) ed f).

(55) Cfr. la circolare dei Ministeri dello Sviluppo Economico edelle Infrastrutture e dei Trasporti del 23 gennaio 2013. Secondola circolare sarebbe invece ancora applicabile l’art. 144 com-ma 1 del d.P.R. n. 207/2010 sugli interessi corrispettivi in caso di ri-tardo nell’emissione del certificato di pagamento per causa im-putabile alla stazione appaltante. Si segnala che, ai sensi del-l’art. 133, comma 1, del D.lgs. n. 163/2006, per il periodo 18 gen-naio 2012 - 31 dicembre 2012, il tasso di interesse per gli appaltipubblici e fissato in misura del 5,25%, cioe quasi la meta di quel-lo previsto dal Decreto 231 (cfr. Ministero delle Infrastrutture edei Trasporti, Decreto 28 agosto 2012).

(56) L’art. 3, par. 1, lett. e), della direttiva 2000/35/Ce prevedevainfatti il diritto del creditore di essere risarcito - in aggiunta agli in-teressi moratori - dei costi sostenuti per il recupero delle sommenon tempestivamente corrispostegli dal debitore - in quanto talicosti fossero ragionevoli, cioe rispettosi dei principi di trasparen-za proporzionalita - prevedendo altresı la possibilita per lo stessocreditore di essere risarcito degli eventuali maggiori danni daquesti patiti a causa del ritardo, nonche la possibilita per i singoliStati membri di stabilire un importo massimo per i costi di recu-pero.

(57) Alla stregua di tali principi, il recupero di detti costi era su-bordinato - secondo l’interpretazione preferibile - alla proporzio-nalita rispetto all’importo del credito (recuperato) e alla dimo-strazione puntuale da parte del creditore dell’avvenuto esborsoper il recupero: cfr. Villani, Art. 6 - Risarcimento dei costi di recu-pero, in De Cristofaro, La disciplina dei ritardi di pagamento, cit.,564.

(58) Tale previsione era finalizzata ad agevolare la dimostrazio-ne del costo sostenuto per il recupero al creditore, facoltizzandoquest’ultimo ad ottenere il risarcimento anche di costi non do-cumentati, e differenziando, in tal modo, il regime probatorio re-lativo a tale voce di costo rispetto a quello, piu rigoroso, previstoper il risarcimento dell’ulteriore danno.

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attuazione al disposto comunitario con una norma dallaformulazione piu sintetica, che ne recepisce la sostanza,differenziandosene tuttavia sotto alcuni profili.

Il primo comma della norma in esame enuncia il prin-cipio generale relativo al diritto del creditore di essererimborsato dal debitore dei costi sostenuti per il recuperodel credito, confermando il principio secondo cui il cre-ditore, in caso di intempestivo pagamento da parte deldebitore, ha diritto a ricevere da quest’ultimo - senza ne-cessita di un preventivo atto di sollecito o messa in mora- oltre agli interessi moratori al tasso legale di cui all’art. 5del Decreto 231, anche, appunto, tali costi (59).

Il comma 2 dell’art. 6 stabilisce inoltre - in attuazionedell’art. 6, par. 1 e 2, della direttiva 2011/7/UE - un importoforfettario spettante in favore del creditore a titolo di risar-cimento dei costi di recupero, fissato - in aderenza al limiteminimo previsto dalla direttiva - in Euro 40,00. Tale importosi riferisce ai costi amministrativi interni sopportati dal credi-tore per il recupero del credito, ovvero, a tutti quei costi, acio finalizzati, attinenti all’utilizzo della propria entita orga-nizzativa (tipicamente, l’ufficio legale interno), e che nonriguardano l’eventuale incarico a soggetti esterni.

Il rimborso di tali costi e senz’altro dovuto al creditore,senza necessita di dimostrazione (60). Tale circostanza,che agevola indubbiamente il creditore, conferma il ca-rattere latu sensu sanzionatorio del risarcimento in ogget-to, evidentemente finalizzato a dissuadere il debitore ead incentivarne il tempestivo adempimento, in aggiuntaalla corresponsione degli interessi di mora.

Il comma 2 del novellato art. 6 del Decreto 231 stabili-sce altresı, in attuazione dell’art. 6, par. 3, della direttiva2011/7/UE - che ‘‘e fatta salva la prova del maggiordanno’’, confermando cosı il principio, gia presente nel-l’originaria versione della norma, secondo cui il creditoreha diritto - in aggiunta agli interessi moratori ed al rimbor-so dei costi di recupero ‘‘interni’’ del credito - al risarci-mento dell’eventuale maggior danno (61).

Il ‘‘maggior danno’’ di cui il creditore ha diritto di es-sere risarcito consiste, in primo luogo, nei ‘‘costi di assi-stenza per il recupero del credito’’, cioe nei costi ‘‘ester-ni’’, derivanti dall’incarico che il creditore abbia attribui-to a soggetti, appunto esterni alla propria organizzazio-ne, per il recupero del credito. Il riferimento immediato equello delle attivita espletate, su mandato del creditore,dagli studi legali e delle societa di recupero crediti, i cuicosti potranno dunque essere ‘‘ribaltati’’ dal creditore aldebitore (62).

Il risarcimento di tali ulteriori costi e consentito subordi-natamente alla dimostrazione del loro effettivo esborsoda parte del creditore. Il legislatore non ha invece ripro-dotto, nella norma di recepimento, il requisito della ‘‘ra-gionevolezza’’ di tali costi, contenuto nell’art. 6 par. 3 del-la direttiva 2011/7/UE. Deve tuttavia ritenersi che il rispettodi tale limite - inteso come non manifesta sproporzionalitadel costo rispetto all’attivita effettivamente compiuta daisoggetti ai quali il creditore si sia rivolto-debba essere co-munque garantito, in ossequio al tenore letterale e allaratio della direttiva; la quale si ispira, sotto questo profilo,all’esigenza di non gravare il debitore di costi eccessivi.Peraltro, l’applicazione concreta di tale principio potradare luogo a notevoli incertezze, soprattutto in seguito al-l’avvenuta soppressione della tariffa forense, per effettodell’art. 9 della L. n. 27/2012 (63), che in precedenza co-stituiva un valido riferimento per stabilire la congruita deicosti legali di cui il creditore chiedesse il ristoro (64).

Il ‘‘maggior danno’’ di cui il creditore puo chiedere ilrisarcimento ai sensi della norma in esame puo essereinoltre costituito dalla rivalutazione monetaria (65). An-

civile

Note:

(59) Il principio in parola e, in parte, innovativo per il nostro ordina-mento, che gia conosceva il diritto del creditore di recuperare lespese legali giudiziarie, in applicazione dei principi generali in ma-teria processuale - riguardanti la condanna del soccombente allarefusione delle spese processuali alla parte vittoriosa, ai sensi degliartt. 91 e ss. c.p.c. - ma non contemplava - almeno nei termini dicui al Decreto 231 - la possibilita per lo stesso creditore di recupe-rare anche i costi stragiudiziali dallo stesso sopportati per il recupe-ro del credito, consistenti, in particolare, nelle spese del professio-nista incaricato di procedere al sollecito o diffida di pagamento.

(60) Cio non toglie che il creditore, il quale abbia subito costi‘‘interni’’ per il recupero del credito maggiori rispetto all’importoforfettizzato indicato dalla norma in esame, abbia il diritto dichiedere il ristoro anche di tali costi aggiuntivi al debitore; il chepotra verificarsi, ad esempio, qualora l’attivita interna di recupe-ro sia particolarmente lunga, complessa o costosa; si pensi adesempio ad un lungo ed articolato scambio di corrispondenzacon il debitore, ad una serie di colloqui telefonici ed incontri -magari all’estero - ad accertamenti e verifiche interne partico-larmente complesse o costose.

(61) Anche tale previsione rappresenta una notevole innovazio-ne rispetto ai principi del nostro ordinamento, e in particolare ri-spetto all’art. 1224, comma 2, c.c., norma che vieta al creditoreil diritto all’eventuale e maggior danno qualora sia stata conve-nuta la misura degli interessi moratori.

(62) Cfr. Magni, La responsabilita per il ritardo, in Cuffaro, La di-sciplina dei pagamenti commerciali, cit., 158; Conti, op. cit.,112; Russo, Le transazioni commerciali, cit., 304. Sembra inveceimproprio annoverare tra i costi di recupero gli importi in percen-tuale corrisposte dal creditore al cessionario del credito, e, piu ingenerale, le spese relative alla cessione del credito, dato chetali costi non sono relativi al recupero del credito bensı ad un at-to dispositivo del credito stesso; contra Russo, Le transazionicommerciali, cit., 304.

(63) Cfr. l’art. 9, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n., secon-do cui «sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentatenel sistema ordini stico». Del resto, l’art. 3 del D.M. 20 luglio 2012 n.140, che ha previsto i parametri per la liquidazione dei compensiprofessionali, in sostituzione delle vecchie tariffe professionali - uti-lizzabili anche nei rapporti tra privati - non fa alcun riferimento, inrelazione all’attivita stragiudiziale, a tabelle allegate e quindi adati numerici, ma menziona esclusivamente «dei criteri deputatialla (pre-)definizione del compenso (quelli di cui ai commi 1 e 2)piuttosto che scaglioni e correlati valori, come invece si prevedeper l’attivita giudiziale»: cfr. Marini, Nuovi compensi degli avvoca-ti: opportunita, incognite e autentiche brutture, in www.altalex.it.

(64) Viene infatti da chiedersi, alla luce della libera determinabi-lita dei compensi professionali recentemente introdotta se e (so-prattutto) quali limiti incontri il creditore nel chiedere al debitoreil ristoro del costo (effettivamente) sostenuto a fronte di una par-cella emessa dall’avvocato al quale si sia rivolto, magari di im-porto particolarmente elevato; non essendo a nostro avviso, co-me accennato in precedenza, lecito - in ossequio al principiocomunitario della ragionevolezza - addossare al debitore un co-sto esorbitante per spese legali (stragiudiziali), sia pure effettiva-mente sopportate dal creditore. Probabilmente, occorrera a talfine tenere conto di una serie di parametri, quali in particolarel’ammontare del credito, l’attivita necessaria per il recupero e iltempo in cui la stessa e stata espletata, e il suo risultato.

(65) In proposito occorre tenere presente gli orientamenti giuri-sprudenziali formatisi in ordine alla complessa problematica delcumulo tra interessi moratori e rivalutazione relativamente alle

(segue)

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che tale voce di danno dovra, al pari della precedente,essere dimostrata dal creditore; il che potra non essereagevole, atteso il gia elevato ammontare degli interessimoratori di cui all’art. 5 del Decreto 231, suscettibile di ul-teriore incremento in caso di accordo tra le parti (66).

Gli accordi ‘‘gravemente iniqui’’ in dannodel creditore

Come accennato in precedenza, mentre relativa-mente alle transazioni commerciali tra imprese e P.A. ladisciplina legale e inderogabile, nelle transazioni tra im-prese le parti conservano la possibilita di disciplinare i ter-mini di pagamento e agli interessi di mora diversamenterispetto a quanto previsto dal Decreto 231, con il solo li-mite costituito dalla ‘‘grave iniquita’’ dell’accordo indanno del creditore, ai sensi dell’art. 7 del Decreto 231.

Quest’ultima norma e stata anch’essa novellata, in at-tuazione della direttiva comunitaria, dal Decreto 192. Lanuova formulazione della norma, cosı come la preceden-te, si discosta sotto vari profili dal testo comunitario, pur ri-sultando nel complesso piu aderente al tenore di quest’ul-timo, di quanto non fosse la primigenia formulazione.

Il legislatore non ha modificato il termine ‘‘gravemen-te iniquo’’ gia impiegato nella precedente formulazionedella norma, riproponendo in tal modo, la traduzione -abbastanza impropria - del termine inglese ‘‘grossly un-fair’’ e di quello francese ‘‘abus manifeste’’, contenutinella direttiva comunitaria. Come gia evidenziato dalladottrina, il termine ‘‘equita’’ e impiegato in modo atecni-co, mirando in realta la norma, in aderenza alla ratio delprovvedimento comunitario, a porre un limite all’autono-mia contrattuale, volto ad evitare che quest’ultima sia fi-nalizzata a far ottenere ad una delle parti - nella specie,il debitore - vantaggi ingiustificati, suscettibili di turbare -in un’ottica di tipo macroeconomico - gli scambi com-merciali e, piu in generale, il corretto svolgimento dellaconcorrenza all’interno del mercato unico (67).

La nozione di ‘‘grave iniquita’’ contenuta nella normain esame continua a caratterizzarsi, cosı come la prece-dente, per una estrema elasticita ed indeterminatezza,configurandosi alla stregua di una vera e propria clauso-la generale. Tale vaghezza risulta, se possibile, ulterior-mente accentuata dal fatto che la nuova formulazionenon contiene piu il riferimento, ai fini della valutazione inoggetto, al criterio della ‘‘condizione dei contraenti e airapporti commerciali tra i medesimi’’, ne la presunzionedi ‘‘grave iniquita’’ costituita dall’‘‘accordo che, senzaessere giustificato da ragioni oggettive, abbia comeobiettivo principale quello di procurare al debitore liquidi-ta aggiuntiva a spese del creditore’’, che invece contri-buivano, sia pure in modo insufficiente, a delineare la fat-tispecie nell’originaria formulazione dell’art. 7 (68).

Il novellato comma 1 dell’art. 7 descrive, peraltro,con maggiore dettaglio l’oggetto del controllo circa la‘‘grave iniquita’’ dell’accordo, limitando tale scrutinio, inaderenza alla direttiva comunitaria, alle «clausole relati-ve al termine di pagamento, al saggio degli interessimoratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qua-lunque titolo previste o introdotte nel contratto».

L’ambito applicativo della norma in esame risulta, co-sı, piu circoscritto rispetto alla precedente formulazionedella norma, che menzionava, piu genericamente,«l’accordo sulla data di pagamento o sulle conseguen-ze del ritardato pagamento». In particolare, sembrano

ora esenti dallo scrutinio di ‘‘grave iniquita’’ - tornando,quindi, ad essere liberamente disponibili dalle parti (im-prese) - le clausole che, ad esempio, escludano il carat-tere di automaticita degli interessi, richiedendo a tal finela preventiva messa in mora del debitore (ma non, inve-ce, le clausole che escludano il diritto del creditore a ri-cevere gli interessi, come vedremo appresso).

Il novellato comma 2 dell’art. 7 del Decreto 231 stabi-lisce che ai fini della valutazione della ‘‘grave iniquita’’dell’accordo debba aversi riguardo a «tutte le circostan-

civile

Note:

(segue nota 65)

obbligazioni di valuta - tra le quali rientra, come e noto, il corri-spettivo nei contratti sinallagmatici, e quindi gran parte delletransazioni commerciali - alla luce dell’art. 1224 c.c., che impo-ne di calcolare gli interessi sulla somma originariamente dovuta(non su quella rivalutata) e di liquidare il danno ulteriore elimi-nando dal suo ammontare complessivo l’importo corrisponden-te agli interessi legali: cfr., ex multis, Visintini, L’inadempimentodelle obbligazioni, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, IX, Tori-no, 1984, 212 e ss.; Bianca, Dell’inadempimento delle obbliga-zioni, cit., 357; Amatucci, Svalutazione monetaria, preoccupa-zioni della Cassazione e principi non ancora enunciati in temadi computo di interessi, in Foro it., I, 1986, 1273 e ss.

(66) Cfr. Villani, Art. 6 - Risarcimento dei costi di recupero, in DeCristofaro, La disciplina dei ritardi di pagamento, cit., 568; Ma-gni, op. cit., 160.

(67) Cfr. il considerando 28 della direttiva 2011/7/UE: «La presentedirettiva dovrebbe proibire l’abuso della liberta contrattuale adanno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola con-trattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamen-to, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recu-pero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse aldebitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debi-tore liquidita aggiuntiva a spese del creditore, si puo ritenere chesi configuri un siffatto abuso. A tale riguardo e conformemente alprogetto accademico di quadro comune di riferimento, qualsiasiclausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dallacorretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio del-la buona fede e della correttezza dovrebbe essere consideratainiqua per il creditore. In particolare, l’esclusione esplicita del dirit-to di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre consi-derata come gravemente iniqua, mentre l’esclusione del dirittoal risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presuntatale. La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle disposizioninazionali relative alle modalita di conclusione dei contratti o chedisciplinano la validita delle clausole contrattuali inique nei con-fronti del debitore». Sul significato da attribuire alla disposizione inesame, sia consentito rinviare a Pandolfini, La nullita degli accor-di ‘‘gravemente iniqui’’ nelle transazioni commerciali, in Contrat-ti, 2003, 5, 501 e ss.; cfr. inoltre Grondona, in Benedetti, I ritardi dipagamento nelle transazioni commerciali, cit., 13; Recinto, I pattidi inesigibilita del credito, Napoli 2004, 229.

(68) L’eliminazione dei riferimenti ora menzionati sembra confer-mare che la nozione di abuso contrattuale che, come si e ap-pena detto, costituisce il reale significato della ‘‘grave iniquita’’di cui alla norma in esame, prescinde - diversamente dalla no-zione di abuso del diritto comunemente intesa - dallo stato sog-gettivo del debitore, cioe dalla valutazione della intenzioneabusiva di questi, come pure dalla valutazione della effettivanegoziazione della clausola oggetto di accertamento: Cfr.Mengoni, op. cit., 81; De Cristofaro, op. cit., 13; Conti, op. cit.,117. Tale caratteristica viene altresı a differenziare la fattispeciein esame da quella del ‘‘significativo squilibrio dei diritti e degliobblighi derivanti dal contratto’’ che, come e noto, costituisce ilparametro fondamentale per la valutazione di vessatorieta diuna clausola ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo.

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ze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassicommerciale in contrasto con il principio di buona fedee correttezza, la natura della merce o del servizio ogget-to del contratto, l’esistenza di motivi oggettivi per dero-gare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini dipagamento o all’importo forfettario dovuto a titolo di ri-sarcimento per i costi di recupero».

La disposizione in commento ripropone, sostanzial-mente, i parametri - puramente indicativi ed esemplifica-tivi - di valutazione della ‘‘grave iniquita’’, gia previsti dal-l’originario comma 1 dell’art. 7, con l’eccezione della giamenzionata eliminazione del riferimento alla ‘‘condizionedei contraenti e ai rapporti commerciali tra i medesimi’’.

Analogamente alla precedente formulazione dellanorma, l’accertamento in parola e dunque subordinatoad una valutazione da compiersi con riferimento alle‘‘circostanze del caso’’, ovvero strettamente ancorataalla singola fattispecie concreta. Tale caratteristica, uni-tamente alla ampiezza e la varieta, pressoche infinite,delle possibili situazioni fattuali alla luce delle quali oc-corre incentrare la valutazione in esame, consegna algiudice da un lato un significativo potere di controllo sulcontenuto del contratto - sia pure limitatamente al profi-lo dei termini di pagamento e delle conseguenze del ri-tardo - e dall’altro un notevole spazio di discrezionalitanell’esercizio di tale potere, sia pure in parte temperatodalle nuove presunzioni di cui diremo appresso (69).

Con riferimento al parametro costituito dalla ‘‘prassicommerciale’’, il Decreto 192 ha modificato la preceden-te formulazione della norma, da una parte utilizzando, alposto dell’aggettivo ‘‘corretta’’, il riferimento al ‘‘contra-sto con il principio di buona fede e correttezza’’, dall’altroaggiungendo - in aderenza alla direttiva comunitaria,che cio che rileva e (non qualsiasi differenza, bensı) un‘‘grave scostamento’’ rispetto alla prassi commerciale.

La prima modifica sostanzialmente conferma l’intentoin un certo senso moralizzatore’’ del legislatore, dovendosi,evidentemente, escludere che le prassi negoziali correntinel mercato di riferimento possano essere recepite acriti-camente, sı da avallare -escludendone la grave iniquita -un accordo conforme ad una prassi contraria alla corret-tezza nei rapporti commerciali (quale appunto quella chepreveda tempi di pagamento notevolmente e ingiustifica-tamente superiori a quelli di cui al Decreto 231) (70).

La seconda precisazione - che corrisponde all’agget-tivo ‘‘gravemente’’, applicato all’iniquita dell’accordo -conferma che lo squilibrio della pattuizione oggetto divalutazione, e quindi la differenza rispetto alla prassi delsettore, assume rilevanza in quanto non lieve, bensı sen-sibile, o comunque qualificato. Alle parti e quindi attri-buita la facolta di prevedere termini diversi rispetto allacorretta prassi commerciale, purche tale diversita nonsia eccessiva. Anche in questo caso, peraltro, la verificacirca la gravita dello scostamento e affidata alla discre-zionalita del giudice.

I commi 3 e 4 dell’art. 7, aggiunti dal Decreto 192, in-troducono due presunzioni di ‘‘grave iniquita’’ degli ac-cordi in deroga alla disciplina di cui al Decreto, in attua-zione (pedissequa) dell’art. 7, par. 2 e 3, della direttiva2011/7/UE. Tali presunzioni riducono lo spazio di discrezio-nalita dell’interprete nella valutazione del criterio in esa-me, contribuendo a garantire maggiore certezza alla di-sposizione in esame.

La prima presunzione di grave iniquita concerne l’ac-cordo con il quale le parti escludano l’applicazione di

interessi di mora in caso di ritardo nell’adempimento daparte del debitore. Tale presunzione e assoluta e nonammette prova contraria, come espressamente previstodalla norma.

La disposizione non introduce, invero, particolari ele-menti di novita, dato che, gia nella vigenza della prece-dente formulazione della norma, la dottrina aveva evi-denziato che l’accordo con il quale venisse escluso l’ob-bligo in capo al debitore di corrispondere interessi in ca-so di ritardo (71) ben difficilmente avrebbe potuto sot-trarsi alla sanzione della nullita per contrasto con l’art. 7del Decreto 231 (72).

La seconda presunzione, di carattere questa volta re-lativo - come si desume anche dal considerando 28 del-la direttiva 2011/7/UE (73) - si riferisce all’accordo con ilquale venga escluso il risarcimento dei costi di recupe-ro, di cui all’art. 6 del Decreto 231. In questo caso, la pre-visione del legislatore e rilevante, dato che gli interpretierano discordi in ordine alla valutazione della grave ini-quita di siffatto accordo, nel vigore della precedenteformulazione del Decreto 231 (74).

civile

Note:

(69) Il giudice esercita infatti tale controllo con riguardo alle spe-cifiche caratteristiche della singola fattispecie concreta, ovverosulla base di ‘‘criteri di giustizia del caso concreto’’, che vengo-no in tal modo a colmare di significato la fattispecie astratta inparola: cfr. Russo, Le transazioni commerciali, cit., 241.

(70) Cfr. De Nova, op. cit., 27; Benedetti, L’abuso della libertacontrattuale in danno del creditore, cit., 118, la quale osservacome «in un dato settore possa essersi sviluppata una prassi chepreveda tempi di pagamento assai piu lunghi rispetto a quelli le-gali, ovvero conseguenze per il ritardo meno gravi di quelle pre-viste dal decreto. Ma se la prassi in questione e irragionevole, lasua scorrettezza impedisce di poter ricorrere ad essa per salvarele clausole contenute nei singoli contratti».

(71) Siffatte previsioni erano frequenti, in particolare, nei capito-lati speciali degli appalti pubblici, ed avevano dato luogo, pri-ma dell’entrata in vigore del decreto 231, a notevoli contrasti ingiurisprudenza. Peraltro, relativamente all’ambito delle transa-zioni tra imprese e P.A., tale tipologia di accordo deve ritenersi,anche a prescindere della disposizione in esame, non consenti-to, attesa l’inderogabilita del tasso di interessi moratori previstoai sensi dell’art. 5 del Decreto 231.

(72) Cfr. Pandolfini, La nullita degli accordi ‘‘gravemente iniqui’’nelle transazioni commerciali, cit., 510, De Nova, in De Nova, I ri-tardi di pagamento nei contratti commerciali, cit., 20. Peraltro,l’operativita del divieto in esame non concerne gli accordi sti-pulati, in via transattiva, successivamente alla conclusione delcontratto, in base ai quali, a fronte dell’inadempimento dell’ob-bligazione pecuniaria, il debitore concordi con il creditore la de-finizione dell’instauranda lite con il pagamento dell’importo do-vuto in linea capitale e la contestuale rinunzia agli interessi dimora maturati da parte del creditore stesso; le caratteristichedell’accordo transattivo escludono, infatti, che possa essernesuccessivamente rimesso in discussione il relativo contenuto: cfr.Cuffaro, Il regime di invalidita delle clausole, cit., 229; contra,Conti-De Marzo, op. cit., secondo cui la rinunzia del creditoreagli interessi, anche qualora intervenga in sede di successivoaccordo transattivo, e nulla in quanto gravemente iniqua.

(73) Cfr. il considerando 28 della II Direttiva, il quale prevedeche «l’esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mo-ra dovrebbe essere sempre considerata come gravemente ini-qua, mentre l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di re-cupero dovrebbe essere presunta tale».

(74) Cfr. Villani, Art. 6 - Risarcimento dei costi di recupero, in DeCristofaro, La disciplina dei ritardi di pagamento, cit., 570.

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Trattandosi, in questo caso, di presunzione juris tan-tum, il debitore avra la possibilita di dimostrare la ‘‘nongrave iniquita’’ - dell’accordo in esame, alla luce, in par-ticolare, di altre clausole contrattuali o di altri rapporticontrattuali, suscettibili di riequilibrare l’asseto negozialein favore del creditore.

Infine, il novellato art. 7, comma 4 del Decreto 231prevede una declaratoria espressa di nullita, stabilendo -in attuazione dell’art. 4, par., 2, lett. b) della direttiva2011/7/UE - che e nulla la clausola, inserita in una transa-zione commerciale tra imprese e P.A., la quale abbia adoggetto ‘‘la predeterminazione o la modifica della datadi ricevimento della fattura’’, e che tale nullita ‘‘e di-chiarata d’ufficio dal giudice’’.

La norma si riferisce all’ipotesi in cui la P.A., nell’ambi-to di una transazione commerciale con un’impresa, pat-tuisca con - rectius imponga a - quest’ultima la data nel-la quale si considera ricevuta (dal debitore) la fattura(emessa dal creditore). Poiche, la data di ricevimentodella fattura costituisce il momento a partire dal qualedecorre il termine (inderogabile) per il pagamento delcorrispettivo da parte della P.A., attraverso tale disposi-zione il legislatore ha inteso escludere che tale terminepossa essere aggirato, predeterminando la data di rice-vimento della fattura (posteriore a quella effettiva) equindi allungando, surrettiziamente, il termine di paga-mento.

La nullita degli accordi ‘‘gravemente iniqui’’

L’art. 7, comma 1 del Decreto 231 sanziona espressa-mente con la nullita l’accordo che, in esito alla valuta-zione sulla scorta dei criteri in precedenza descritti, si ri-veli ‘‘gravemente iniquo’’, in danno del creditore.

Il legislatore ha dunque confermato, anche a seguitodel Decreto 192, la previsione della nullita, attuando lapiu generica espressione secondo cui l’accordo grave-mente iniquo ‘‘non possa essere fatto valere e non diadiritto a un risarcimento del danno’’, contenuta nell’art.7, par. 1, della direttiva 2011/7/UE; espressione che - limi-tandosi ad indicare ai legislatori nazionali un risultato daraggiungere, senza vincolarli in ordine alla individuazionedella concreta sanzione applicabile ai patti abusivi - erasuscettibile di tradursi in una ampia varieta di soluzionitecniche (75).

Il comma 2 dell’art. 7 - anch’esso rimasto, sotto que-sto profilo, immutato a seguito del Decreto 192 - preve-de espressamente che la nullita della clausola ‘‘grave-mente iniqua’’ e rilevabile d’ufficio dal giudice (76). Vi-ceversa la norma, al pari di quella previgente, non stabi-lisce espressamente se la nullita della clausola ‘‘grave-mente iniqua’’ sia totale o parziale, ne se sia di carattereassoluto o relativo.

Se e abbastanza pacifico che la nullita in esame e li-mitata alla singola clausola nulla (77), maggiori incertez-ze sussistono circa la legittimazione all’esercizio dell’azio-ne, sembrando, comunque, preferibile che si tratti diuna nullita di carattere assoluto, ed e quindi azionabile,ai sensi dell’art. 1421 c.c., non soltanto dall’impresa cre-ditrice, ma anche dalla parte debitrice - qualora in ca-po a quest’ultima sussista l’interesse ad agire di cui al-l’art. 100 c.p.c. - come pure da chiunque vi abbia inte-resse (78).

Il novellato art. 7, comma 1, del Decreto 231 stabili-sce -precisando in termini tecnicamente piu precisi einequivocabili, la previsione contenuta al comma 3 della

precedente formulazione della norma - che dall’accer-tamento della grave iniquita della clausola in deroga al-le disposizioni di legge, e, quindi, dalla declaratoria dellanullita della stessa, consegue l’applicazione dei terminilegali, ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. (79),Al contempo, il Decreto 192 ha eliminato la possibilita, inprecedenza attribuita al giudice dall’originario comma 3dell’art. 7, di disporre, a seguito dell’accertamento dellanullita della clausola, in alternativa all’applicazione delledisposizioni di legge, la riconduzione della stessa clauso-la ad equita. Si trattava di una previsione fortemente in-novativa per il nostro ordinamento, dato che con essa siattribuiva al giudice un inedito potere modificativo-inte-grativo del sinallagma contrattuale (80). La modifica le-gislativa elimina, in tal modo, una delle piu rilevanti edincisive forme di intervento equitativo giudiziale, la qua-le, peraltro, aveva dato luogo a non pochi dubbi inter-pretativi ed applicativi in dottrina, quanto alla ampiezza

civile

Note:

(75) Le motivazioni sottese a tale scelta, come si legge nella re-lazione di accompagnamento all’originario Decreto 231, sonoessenzialmente le seguenti: a) prevedere una sanzione in lineacon il carattere imperativo della norma di cui all’art. 7 del De-creto 231; b) consentire al giudice la possibilita di rilevare d’uffi-cio l’invalidita della clausola.

(76) Tale previsione conferma la tesi, sostenuta dalla generalitadei commentatori, secondo cui la nullita prevista dall’art. 7 delDecreto 231 per l’accordo ‘‘gravemente iniquo’’ si inserisce all’in-terno delle c.d. nullita speciali di protezione, che regolano diversediscipline della nullita a tutela della parte debole del contratto,sia essa consumatore - il riferimento va, in tal caso, all’art. 36 delCodice del consumo - o non (come nel caso degli artt. 117 e 124T.U. bancario, o dell’art. 23 T.U. dell’intermediazione finanziaria).

(77) Coerentemente, infatti, con le caratteristiche della nullita spe-ciale protettiva - alla quale, come si e accennato, appartiene laprevisione in esame - deve infatti ritenersi che solo la nullita parzialeconsenta di evitare che l’accertamento della nullita dell’accordogravemente iniquo caduchi l’intero contratto, circostanza quest’ul-tima che, anziche avvantaggiare il creditore, potrebbe produrreeffetti negativi nella sua sfera giuridica: cfr. Zucchetti, Art. 7 - Nullita,in De Cristofaro, La disciplina dei ritardi di pagamento, cit., 588.

(78) Se e infatti vero che la recente dottrina sembra propensa aritenere non (piu) incompatibili tra loro la legittimazione attiva re-lativa e la rilevabilita d’ufficio, e altresı vero che il legislatore, qua-lora avesse voluto limitare la legittimazione ad agire per la decla-ratoria di nullita dell’accordo ‘‘gravemente iniquo’’ al creditore,l’avrebbe espresso chiaramente, come e recentemente acca-duto per l’art. 36, comma 3, del Codice del consumo. La facoltaattribuita al giudice di rilevare d’ufficio la nullita della clausolagravemente iniqua dovra essere tuttavia esercitata coerente-mente con la finalita di tutelare del creditore, propria del Decre-to 231; il rilievo officioso della nullita non e dunque, libero macondizionato all’interesse del creditore, non potendo risolversi inun pregiudizio per il contraente tutelato dalla normativa.

(79) Peraltro, a tale conclusione la dottrina prevalente era giun-ta anche nel vigore della precedente formulazione della nor-ma, dato che le norme sulla sostituzione automatica delle clau-sole nulle di cui agli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. non postu-lano necessariamente che la previsione di legge che si sostitui-sce alla previsione pattizia sia di natura imperativa, non essendoignota all’ordinamento la possibilita di sostituire la clausola nullacon un precetto legale derogabile: cfr. De Nova, Nullita relativa,nullita parziale e clausole vessatorie, in Riv. dir. civ., 1976, I, 486 ess.; Costantino, Regole di gioco e tutela del piu debole nell’ap-plicazione del programma contrattuale, ivi, I, 1972, 77.

(80) Cfr. Russo, Le transazioni commerciali, cit., 236.

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dei poteri del giudice e all’identificazione dei criteri cheavrebbero dovuto guidarlo nella scelta tra l’applicazio-ne della disciplina legale e la riconduzione dell’accordo‘‘gravemente iniquo’’ ad equita (81).

Riflessioni conclusive

E naturalmente presto per valutare l’efficacia delnuovo provvedimento ai fini della lotta contro l’annosoproblema dei ritardi di pagamento. Tuttavia, pare lecitonutrire in proposito un certo scetticismo.

Appare evidente, in primo luogo, come alla base delfenomeno dei ritardi di pagamento vi sia un radicatocostume, difficile da sradicare con un mero interventonormativo. La disarmante scarsita di pronunzie giurispru-denziali sul tema, a distanza di oltre dieci anni dall’entra-ta in vigore del Decreto 231 - a dispetto dalla grande ri-levanza dell’oggetto della disciplina - testimonia comela normativa in commento trovi molte difficolta a pene-trare nella prassi degli operatori, rimanendo tuttora unasorta di ‘‘Law in the books’’, analogamente a quantoaccade per analoghi interventi legislativi ‘‘volti ad unasorta di moralizzazione del mercato’’ (82).

In secondo luogo, e altrettanto evidente che la previ-sione di termini abbreviati di pagamento e di maggioriinteressi moratori non e, di per se, sufficiente - soprattuttocon riferimento ai rapporti tra imprese - a spingere i sog-getti debitori all’adempimento tempestivo, quanto me-no in momenti (come appunto quello attuale) di crisieconomica, per effetto della quale il ritardato paga-mento non e, per lo piu, dovuto ad una opzione piu omeno consapevole del debitore, bensı, semplicemente,ad una carenza di liquidita (83).

Sotto questo profilo, maggiore efficacia avrebbe pro-babilmente avuto l’applicazione, in caso di ritardo nelpagamento, in aggiunta agli interessi di mora, di sanzionipecuniarie, analoghe a quelle gia previste dalla L. n.192/1998 sulla subfornitura o, piu recentemente, dalla L.n. 27/2012 sulla cessione dei prodotti agricoli ed alimen-tari, estendendo anche ai giudizi individuali una disposi-zione del tenore di quella di cui all’art. 8 comma 3 delDecreto 231, dettata a proposito dell’azione inibitoriacollettiva (84).

Per quanto attiene, infine, alle transazioni tra impresee P.A., se da una parte non puo non salutarsi con favorel’irrigidimento introdotto dal Decreto 192 in ordine agliaccordi derogatori alla disciplina legale, dall’altra puo ri-levarsi che i ritardi di pagamento in cui troppo spesso in-corrono i soggetti pubblici difficilmente potranno essereeliminati con la previsione di termini di pagamento inde-rogabili o con tassi di interesse elevati.

Le PMI si trovano infatti spesso nell’impossibilita prati-ca di invocare l’applicazione delle norme del Decreto231, che pure (astrattamente) le tutelano, in quanto so-no costrette ad accettare condizioni gravose e ad at-tendere, pazientemente, il pagamento spontaneo daparte della P.A., preferendo non azionare giudizialmentei propri diritti, pur di non correre il rischio di avere situazio-ni conflittuali con quest’ultima e quindi di venire, di fatto,escluse in futuro dal novero dei fornitori.

Appare, dunque, condivisibile l’osservazione secondocui la situazione italiana in materia non e dovuta ad una«deficienza di strumenti normativi idonei a tutelare il cre-ditore della P.A., quanto, piuttosto, ad un’aberrazione ditipo culturale, che si concreta, dal punto di vista del cre-ditore, nella rassegnazione ad un’attesa di pagamento

abnorme ed ingiustificata, e, da quello del debitore, nelpostulare il pagamento tardivo come prassi oramai inve-terata nel sistema delle commesse pubbliche e priva-te» (85).

In questo ambito, e probabilmente necessaria un’a-zione di piu ampio respiro, avente ad oggetto una sem-plificazione della normativa sulla contabilita pubbli-ca (86), e, soprattutto, una revisione della disciplina delpatto di stabilita interno, tale da allentarne sensibilmentei vincoli (87).

civile

Note:

(81) I commentatori avevano infatti sottolineato, a tal proposito,le difficolta cui andava incontro il giudice nell’applicare tale nor-ma: cfr. Conti, op. cit., 811; De Marzo, Ritardi di pagamento, cit.,1160. In particolare, ci si interrogava circa l’eventuale ordine ge-rarchico tra l’inserzione delle disposizioni di legge e l’interventoequitativo, e sulle possibilita del giudice di individuare una regolapiu o meno favorevole per il creditore, diversa da quella di cui alDecreto 231: cfr. Pandolfini, La nullita degli accordi gravementeiniqui, cit., 512 e ss.; Minervini, op. cit., 203; Monticelli, Considera-zioni sui poteri ufficiosi del giudice nella riconduzione ad equitadei termini economici del contratto, in Contr. impr., 2006, 222 e ss.

(82) Cfr. Cuffaro, Il regime di invalidita delle clausole sulle moda-lita di pagamento, in Cuffaro, La disciplina dei pagamenti com-merciali, cit., 235, il quale menziona a tal proposito l’esempiodella legge n. 108 del 1998 sulla subfornitura industriale.

(83) Cfr. Bocchini, La disciplina degli interessi di mora, in Cuffaro,La disciplina dei pagamenti commerciali, cit., 204, secondo cuiin questi casi «il rimedio sembra peggiore del male e per il debi-tore e per il creditore. Per il debitore il quale, se non e in gradodi pagare il capitale, a maggior ragione non corrispondera l’ob-bligazione accessoria degli interessi maggiorati e per il creditoreil quale non ha alcun vantaggio da una previsione legislativache gli riconosce, in ipotesi, maggiori interessi moratori che nonsaranno mai corrisposti».

(84) L’art. 8, comma 3 del Decreto 231, riproducendo sostanzial-mente il disposto dell’art. 140, comma 7, del Codice del consu-mo, dispone che in caso di inadempimento degli obblighi stabi-liti dal provvedimento reso ai sensi dei commi 1 e 2 della mede-sima norma, il giudice, anche su domanda dell’associazioneche abbia agito in giudizio, puo condannare il convenuto al pa-gamento di una somma da 500 a 1.100 Euro, per ogni giorno diritardo, in considerazione della gravita del fatto.

(85) Cfr. Bonani, Flussi e tempi di pagamento della Pubblica Am-ministrazione: il recepimento della nuova direttiva sui ritardatipagamenti nell’ordinamento nazionale (Sintesi della relazionesvolta al convegno in materia di ritardati pagamenti organizzatodalla Provincia di Pisa e da Reform S.r.l. il 24 febbraio 2011) inwww.contrattipubblici.it.

(86) Cfr. Gnes, La disciplina europea sui ritardi dei pagamenti, inGiorn. dir. amm., 2011, 827, secondo cui tale normativa «non de-ve avere piu la funzione di ‘‘freno’’ della spesa pubblica, ma soloquella di controllo ai fini della migliore gestione delle risorse pub-bliche. In particolare, accanto alla riforma del sistema di contabi-lita pubblica, occorre sviluppare un meccanismo di funziona-mento del patto di stabilita interno che consenta di contempera-re i due obiettivi imposti dall’ordinamento europeo, ossia quello,generale, della sana gestione finanziaria dello Stato nel rispettodei parametri stabiliti dal patto di stabilita e crescita, e quello,specifico e puntuale, del rispetto dei termini di pagamento delleobbligazioni contrattuali delle pubbliche amministrazioni».

(87) Cfr. Gnes, La nuova disciplina sui ritardi dei pagamenti, cit.,121, il quale osserva che dal 18 gennaio 2013 il patto di stabilita eesteso a tutti i comuni con piu di mille abitanti (mentre in prece-denza riguardava solo i comuni con piu di cinquemila abitanti).

CIVILE . IN EVIDENZA n

392 IL CORRIERE DEL MERITO N. 4/2013