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DOI: 10.36178/ind.fis.1103020 INDAGINI” in Fisica Modello a Quark dei Leptoni Basi Teoriche per una Struttura Adronica dei Leptoni Secondo i Criteri della Cromodinamica Quantistica. Mauro Santosuosso Study Center for the Physical Investigation of Reality, V.le F. Cecconi, 17 - 00015 Monterotondo (RM), Italia 14 Marzo 2021 Sommario Il modello di sottostruttura per i leptoni qui proposto si discosta in modo so- stanziale dal filone dei modelli a preoni, nei quali s’ipotizza l’esistenza di costituenti della materia più elementari di quelli che già conosciamo: esso infatti non prevede nuove particelle, ma piuttosto una combinazione non convenzionale dei quark noti al loro interno. L’idea nasce dall’osservazione di alcune “lacune” nell’ottetto bario- nico: tutte le triplette di quark dello stesso sapore con momento angolare totale J P =1/2 + sono infatti negate dal principio di esclusione di Pauli. Scavalcando tut- tavia la negazione di principio, grazie alla possibilità reale d’introdurre una forma di simmetria “condizionata”, si perviene – per le sole triplette di quark tipo down – ad un risultato in cui due dei tre quark formano tra loro un di-quark, cioè un bosone bi-colore di spin intero, che si lega in modo molto stretto al terzo, dando luogo al leptone incolore carico. I partner neutri sono costituiti invece dalla combi- nazione dei di-quark col quark up e formano con il leptone carico corrispondente un doppietto di isospin: il bosone di-quark viene così ad essere il portatore del numero leptonico che diversifica le tre famiglie. Attraverso lo studio delle forze di colore, condotto secondo i principi della cromodinamica quantistica (QCD), è mostrato quanto l’accoppiamento quark – di-quark sia notevolmente più forte che non quello quark – quark o quark – antiquark, spiegando perché i leptoni ad oggi sembrino privi di struttura, e motivando in modo inatteso la piccolezza delle loro masse rispetto a quelle degli adroni corrispondenti. Alla luce del nuovo modello viene infine indagata e-mail: [email protected] Copyright © l’Autore 2021. Pubblicato da SCEPHIR.

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DOI: 10.36178/ind.fis.1103020

“INDAGINI” in Fisica

Modello a Quark dei LeptoniBasi Teoriche per una Struttura Adronica dei Leptoni Secondo i Criteri

della Cromodinamica Quantistica.

Mauro Santosuosso∗

Study Center for the Physical Investigation of Reality,V.le F. Cecconi, 17 - 00015 Monterotondo (RM), Italia

14 Marzo 2021

SommarioIl modello di sottostruttura per i leptoni qui proposto si discosta in modo so-

stanziale dal filone dei modelli a preoni, nei quali s’ipotizza l’esistenza di costituentidella materia più elementari di quelli che già conosciamo: esso infatti non prevedenuove particelle, ma piuttosto una combinazione non convenzionale dei quark notial loro interno. L’idea nasce dall’osservazione di alcune “lacune” nell’ottetto bario-nico: tutte le triplette di quark dello stesso sapore con momento angolare totaleJP = 1/2+ sono infatti negate dal principio di esclusione di Pauli. Scavalcando tut-tavia la negazione di principio, grazie alla possibilità reale d’introdurre una formadi simmetria “condizionata”, si perviene – per le sole triplette di quark tipo down– ad un risultato in cui due dei tre quark formano tra loro un di-quark, cioè unbosone bi-colore di spin intero, che si lega in modo molto stretto al terzo, dandoluogo al leptone incolore carico. I partner neutri sono costituiti invece dalla combi-nazione dei di-quark col quark up e formano con il leptone carico corrispondente undoppietto di isospin: il bosone di-quark viene così ad essere il portatore del numeroleptonico che diversifica le tre famiglie. Attraverso lo studio delle forze di colore,condotto secondo i principi della cromodinamica quantistica (QCD), è mostratoquanto l’accoppiamento quark – di-quark sia notevolmente più forte che non quelloquark – quark o quark – antiquark, spiegando perché i leptoni ad oggi sembrino prividi struttura, e motivando in modo inatteso la piccolezza delle loro masse rispetto aquelle degli adroni corrispondenti. Alla luce del nuovo modello viene infine indagata

∗e-mail: [email protected]

Copyright © l’Autore 2021. Pubblicato da SCEPHIR.

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l’universalità leptonica che si manifesta nei processi d’interazione e decadimentodebole: a tal proposito sono discusse due configurazioni possibili, entrambe coerenticon il mescolamento dei quark secondo la matrice Cabibbo – Kobayashi – Maskawa(CKM). In conclusione, il lavoro getta un ponte tra le due classi di particelle chestrutturano l’intero universo materiale, adroni e leptoni, ottenendo un avanzamentoverso la tanto agognata teoria d’unificazione mai ancora raggiunta.

Parole chiave : Bosone bi-colore, di-quark, lacuna barionica, leptoni adronici, sim-metria condizionata.

1 IntroduzioneLa motivazione principale di una teoria di grande unificazione (GUT) in ambito fisico,

è di ridurre le forze conosciute, diverse in apparenza tra loro, ad un’unica interazionefondamentale. Ciò lo si può ottenere solo riconducendo le due principali famiglie di parti-celle ritenute elementari, quark e leptoni, ad un denominatore comune. Uno dei percorsiseguiti per raggiungere tale scopo è stato perciò quello d’ipotizzare l’esistenza di mattonipiù elementari dei quark e dei leptoni stessi che ne costituissero la struttura. Sotto questotitolo possiamo comprendere pertanto tutti i cosiddetti modelli a pre-quark o preoni, apartire dal primo proposto [1, 2] su su fino ai più recenti [3–9], i quali sono ridivenuti at-tuali oggi dopo un calo d’interesse per la teoria delle superstringhe. Ho nominato questofilone di ricerca se non altro per dare una base di confronto con quanto sarà esposto inseguito; tuttavia, è doveroso puntualizzare quanto sia differente lo spirito che soggiaceal presente scritto da quello che ha motivato tutti gli altri. In effetti la partenza nonpotrebbe essere la più diversa: la scoperta del modello, infatti, non è avvenuta in seguitoad uno studio programmato in vista della GUT, ma è nata dalla constatazione di unacuriosa “lacuna” a livello barionico – una particella che poteva esserci ma che non c’è – edall’ignoranza dell’autore riguardo la spiegazione che la fisica canonica attribuisce sin daiprimordi della cromodinamica a tale mancanza [10–13]. Quell’ignoranza si è trasformatain virtù allorché ha permesso di superare un limite intrinseco a tutti i modelli a preoni:la convinzione, cioè, che le ipotetiche sub-particelle debbano strutturare sia i quark che ileptoni. Si mostrerà come quest’ultimi vadano invece posti sullo stesso piano degli adroni– com’è d’altronde più naturale che sia, dal momento che formano con essi atomi stabili– mentre a strutturare entrambi sono proprio i ben noti quark: a differire sarà solo ilmodo con cui questi si combinano tra loro nei due casi. Allora, la spiegazione canonicache si basava su ragioni di simmetria, legate al principio di esclusione di Pauli [14], vienea cadere in seguito ad un cambio di paradigma. Il modo specifico di combinarsi dei quarknei leptoni, apparentemente non permesso dalla suddetta simmetria, si dimostra essereesistente proprio grazie ad una diversa interpretazione della stessa.

Il resto del lavoro è strutturato come segue. In Sezione 2 è esposta l’idea chiave delmodello qui proposto: essa consiste nella possibilità di unire una coppia di quark di tipodown della stessa generazione in un doppietto bosonico bicolore a sé stante, imponendouna semplice condizione di vincolo all’interazione di scambio tra particelle identiche checostituiscono la lacuna barionica. La Sezione 3 è dedicata allo studio delle forze di coloredi tale nuovo nato nella famiglia dei quark nel caso specifico della coppia (d d). Taleconfigurazione ricorda quella della paia elettronica di Cooper in un fluido supercondut-tore [15], e suggerisce la possibilità che l’interazione del bosone bi-colore col terzo quark

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della tripletta sia affatto particolare. E’ quanto si vedrà nelle sottosezioni 3.1 e 3.2, in cuisaranno analizzate in dettaglio le peculiarità degli scambi gluonici tra il bosone bi-colore ei quark down o up di valenza nelle configurazioni di elettrone o neutrino elettronico rispet-tivamente. In seguito a quest’analisi, derivata da considerazioni legate al confinamentodel colore, discende l’ipotesi che la grande forza di attrazione tra i due possa dar luogoall’estrema piccolezza delle masse leptoniche rispetto a quelle adroniche, e abbia inoltrereso “invisibile” la struttura interna dei leptoni, facendoli apparire elementari quando in-vece non lo sono. Tutto ciò richiederà di identificare esattamente il gruppo di simmetriasoggiacente il modello leptonico e di verificare se il running della costante di accoppia-mento forte confermi o meno l’andamento asintotico noto [16, 17] che si osserva nel casoadronico.

La Sezione 4 offre, poi, una veloce carrellata delle principali interazioni deboli tranucleoni e leptoni della prima famiglia, nonché degli urti puramente leptonici tra quest’ul-timi, e mette in evidenza la peculiarità del nuovo modello tramite l’uso dei diagrammi diFeynman, riconoscendo nel bosone bi-colore il responsabile della conservazione del numeroleptonico.

Nelle Sezioni 5 e 6 il modello viene esteso alle restanti due famiglie leptoniche, quelledel muone e del tau, e viene discussa una duplice possibilità di conservare l’universalitàdell’interazione debole nei processi di decadimento in conformità alle regole della matricedi miscelazione CKM [18–20]: solo ulteriori studi e possibili risultati sperimentali potrannodefinire – nell’eventualità il modello risultasse valido – quale delle due strade la realtà stiascegliendo.

Infine, in Sezione 7, l’articolo si conclude con la proposta di alcuni studi teorici esperimentali che potrebbero dare sostegno alla tesi qui discussa.

2 La lacuna barionicaSe si osservano attentamente le combinazioni di sapore dei quark costituenti i barioni,

sia quelle dei nucleoni stabili che le altre dei molteplici adroni instabili, non può sfuggireil fatto che alcune tra quelle con momento angolare totale J = 1/2 (in unità ℏ) sonomancanti. Di fatto, tutte le combinazioni con tre quark dello stesso sapore non formanobarioni – né stabili né instabili – mentre esistono, come risonanze, quelle aventi momentoangolare totale J = 3/2. Se ci limitiamo per il momento a considerare i soli sapori u e d,quanto detto poc’anzi equivale ad ammettere che non vi è traccia dei barioni

(u u u)1/2

(d d d)1/2,

mentre invece sono note fin dai primi anni 50’ del secolo scorso le risonanze

∆++ = (u u u)3/2

∆− = (d d d)3/2.

Dopo la teorizzazione del modello a quark da parte di M. Gell-Mann e G. Zweig [10,11], fu proprio la necessità di spiegare tali risonanze alla luce del principio di esclusione diPauli [14] a richiedere l’introduzione di un nuovo numero quantico, quello di colore [12, 13].

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La mancanza delle combinazioni con J = 1/2 è stata da allora attribuita all’impossibilitàdi realizzare per esse una funzione d’onda complessivamente antisimmetrica per lo scambiodi una coppia qualunque di quark, come richiesto dal teorema di spin e statistica nel casoappunto di tre fermioni identici: analizziamone allora i dettagli. La funzione d’ondabarionica si può fattorizzare nelle quattro componenti

ΨB = φorbχspϕflψcol

che ne rappresentano rispettivamente la parte orbitale, di spin, di sapore e di colore. Sipuò assumere, ragionevolmente, che il barione si trovi in modo stabile nello stato orbitalefondamentale d’onda S, con momento angolare L = 0; pertanto la componente φorb saràsimmetrica per lo scambio di due quark qualsiasi. Evidentemente anche la componenteϕfl non può che essere simmetrica, essendo lo stesso il sapore dei tre quark. Invece, la ψcol

dev’essere necessariamente antisimmetrica sotto tutti gli scambi possibili, dal momentoche si osservano in natura solo singoletti di colore. Ne discende che

ψcol = 1√6

(RGB +GBR +BRG−RBG−GRB −BGR), (1)

dove R sta per rosso, B per blu e G per verde. Questo, pertanto, forza la funzione d’ondadi spin ad essere simmetrica sotto scambio di due fermioni qualsiasi. Dal momento peròche con un momento angolare totale J = 1/2 si può ottenere una χsp solo parzialmentesimmetrica – vale a dire simmetrica per lo scambio di soli due quark, ma non del terzo –ciò conduce all’impossibilità di formare i barioni (u u u)1/2 e (d d d)1/2. La conclusionea cui siamo giunti sembra non lasciar spazio ad obiezioni: essa è stata confermata daifatti più e più volte, in quanto nessuna tra le particelle supposte ha mai fatto la suaapparizione in un qualunque evento di scattering tra quelli che si sono succeduti neglianni in esperimenti con acceleratori; né si è materializzata negli sciami adronici dovuti airaggi cosmici.

Tuttavia, la natura potrebbe riservarci una sorpresa, potrebbe stare usando la sim-metria in un modo più sottile di quello che noi le concediamo: permesso o divieto totale.Invertendo infatti l’argomento su, possiamo rileggere l’intera faccenda nell’ottica seguen-te: la natura permette l’esistenza di sistemi composti da tre quark dello stesso sapore conJ = 1/2 e funzione d’onda di spin χsp a simmetria mista, cioè simmetrica solo per loscambio di due quark della tripletta, purché il terzo quark non abbia alcuna interazione discambio con gli altri due. Invece di buttar via l’intera faccenda, si pongono i dovuti vin-coli. Allora la coppia – proprio grazie alla simmetria che isola i due partner del doppiettodal quark rimanente – formerà un connubio talmente stretto da diventare un ente a sé(un bosone, come vedremo), che sarà però ancora legato fortemente al terzo quark graziealla forza di colore. Abbiamo così trasformato ciò che sembrava essere un’impossibilità diprincipio, in una possibilità condizionata (simmetria sotto condizione).

Si tratta adesso di scoprire se almeno una tra le triplette summenzionate possa essereidentificata con una particella già esistente e nota. Effettivamente, se prendiamo in con-siderazione la combinazione (d d d) con carica complessiva Q = −1 e momento angolaretotale J = 1/2 riconosciamo, sotto le spoglie di quel barione mancante, una particellaperfettamente stabile che invero conosciamo molto bene, dal momento che esiste da sem-pre in natura: l’elettrone. Certo, la nostra conoscenza della fisica sembra non concordareaffatto con tale ipotesi, in quanto sappiamo l’elettrone essere un leptone, cioè un tipo di

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particella elementare ben diversa dagli adroni, priva com’è di struttura interna e igna-ra della forza di colore. Ma il fatto stesso che esistano in natura due famiglie distintedi particelle, leptoni e quark, che strutturano il medesimo mondo materiale senza avereun’origine comune, è indice di perplessità. Il mio suggerimento è perciò quello di mettereda parte per un momento il senso di repulsione per quest’ipotesi solo apparentementeazzardata, ed esplorare insieme le conseguenze di tale affermazione, lasciando le conclu-sioni alla fine. Potremmo scoprire che non sono affatto contraddittorie con la fisica checonosciamo, rivelandosi promettenti al fine di ottenere quel piccolo avanzamento verso latanto agognata teoria d’unificazione mai ancora raggiunta.

Figura 1: Lo schema illustra la formazione del di-quark bi-colore d a partire da una coppia diquark down di diverso colore. Si ottiene, infine, un elettrone.

Da quanto detto su, la tripletta barionica che forma presumibilmente l’elettrone nonpuò essere dello stesso tipo di quelle che realizzano la struttura interna dei due nucleoni,in quanto la simmetria non permette tale configurazione. Dev’essere invece una configu-razione in cui due dei tre quark d si trovano in uno stato orbitale d’onda S con l = 0,spin totale intero, e funzioni d’onda ϕfl e ψcol rispettivamente simmetrica e antisimme-trica. La coppia costituisce un’entità elementare nuova che chiamerò di-quark1 e a cui,d’ora in avanti, verrà assegnato il simbolo “d”: questa avrà un colore doppio derivantedalla fusione dei due colori primari dei singoli quark – che è poi il colore complementarea quello del quark d solitario – e avendo spin intero sarà un bosone. Il risultato è undoppietto (d d) colore–bi-colore, che, a differenza di ciò che accade nel caso dei mesoni,contiene un di-quark bi-colore al posto dell’antiquark di anticolore. La particella finalerisulta in definitiva incolore e perfettamente stabile, con spin J = 1/2 e carica elettricaQ = −1, i numeri quantici dell’elettrone, appunto. Lo schema di Fig. 1 dà un’idea dellatrasformazione.

Tutto ciò sembra avere senso, ma c’è da risolvere subito un altro problema impellente.Sappiamo infatti che la famiglia fondamentale di leptoni cui appartiene l’elettrone haun secondo partner, il neutrino elettronico νe. Alla luce di quanto fatto per l’elettronenon è difficile intuire la forma della sua composizione interna: essendo neutro, avrà comeprecursore una tripletta la cui combinazione di quark è la stessa del neutrone, cioè (u d d);poi, come per l’elettrone, la fusione dei due quark d in un di-quark bi-colore frutterà ilcomposto (u d): lo schema del risultato è mostrato in Fig. 2. Naturalmente la tripletta

1Il termine, naturalmente, non è nuovo (vedi rif. [21]), ma originale è il contesto leptonico nel qualeviene adoperato.

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(u d d) non rappresenta un neutrone reale: la trasformazione non è un decadimento; edifatti, un tale decadimento sarebbe impossibile non potendosi conservare né la massa néla quantità di moto del neutrone iniziale (vedremo più avanti i grafici di Feynman relativial decadimento beta del neutrone e capiremo che non sussistono contraddizioni).

Figura 2: Formazione del neutrino elettronico grazie alla fusione di una coppia di quark downin un d.

Prima di procedere ci sono un paio di constatazioni che vale la pena fare:1) Sappiamo che elettrone e neutrino elettronico formano un doppietto di isospin debole,al pari di protone e neutrone, con I = 1/2. Si assegna come terza componente dell’isospinal neutrino il valore I3 = +1/2 e all’elettrone I3 = −1/2. Mentre, tuttavia, il modelloa quark è soddisfacente nello spiegare tale fatto nel caso dei nucleoni – lo scambio delquark u con quello d trasforma una particella nell’altra – nel caso dei leptoni lo si assumecome un principio funzionale non altrettanto evidente. Il modello a di-quark intervieneelegantemente a dare una giustificazione a tutto questo; infatti, scambiando proprio ilquark up con quello down si passa dal neutrino all’elettrone e la scelta dei segni per laproiezione dell’isospin è coerente nei due casi, come mostrato nel box seguente:

p+ =

uud

νe =(

ud

)I3 = +1

2

n =

dud

e− =(

dd

)I3 = −1

2.

2) Elettrone e neutrino, stando al modello proposto, possono considerarsi a tutti gli effettidegli adroni; pertanto, anche ad essi si può assegnare un numero barionico. Il bosone di-quark avrà di logica un numero barionico pari a B = +2/3, e condurrà al valore unitarioB = +1 per entrambe le particelle. E’ immediato constatare che tale generalizzazioneconferma la piena conservazione di B nei processi leptonici e semi-leptonici, facendo delnumero barionico una proprietà universale.

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Figura 3: L’interazione gluonica tra due quark d di diverso colore contempla i due grafici 1 e 2mostrati sopra.

3 Le proprietà del di-quarkAnalizziamo adesso il protagonista di questa storia, il di-quark bi-colore d. Dal punto

di vista cromodinamico esso realizza uno stato di antitripletto in quanto la sua funzioned’onda di colore è antisimmetrica. Nell’ambito della simmetria SU(3) di colore si ha infattiche i due quark identici appartengono alla rappresentazione 3 ⊗ 3 che si fattorizza come

3 ⊗ 3 = 3 ⊕ 6,

dove il primo termine a destra dell’uguale è appunto il tripletto antisimmetrico e il secondoil sestetto simmetrico. Solo la prima combinazione produce un fattore di colore cF negativo,portando ad un’attrazione dei due quark d di diverso colore; il sestetto è invece repulsivo,e quindi non dà luogo a stati stabili: vediamolo in dettaglio. Data la funzione d’ondaseguente

ψcol = 1√2

(RB −BR),

il fattore di colore per i due grafici 1 e 2 di Fig. 3, che descrivono la possibilità di scambiotra quark data la loro indistinguibilità, è uguale per entrambi. Scrivendolo in riferimentoal primo abbiamo

cF = 14[c(3)†λαc(1)

]·[c(4)†λαc(2)

],

in cui è sottintesa la somma sulle otto matrici di Gell-Mann λα. Il suo valore è pari a

cF = −23

e conduce ad un potenziale di breve distanza attrattivo avente la forma seguente:

Vd = −23αS

r,

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con αS costante di accoppiamento forte data, in termini della carica di colore gS, da

αS =g2

S

4π.

Per il principio di Pauli, la funzione d’onda Ψd = φorbχspϕflψcol del di-quark d dev’esserecomplessivamente antisimmetrica. Poiché abbiamo scoperto che ψcol è antisimmetrica,mentre ϕfl e φorb sono entrambe simmetriche – la prima perché i due quark hanno lo stessosapore, la seconda perché essi si troveranno verosimilmente in uno stato d’onda S orbitalecon l = 0 – ne discende che la funzione d’onda di spin χsp dev’essere anch’essa simmetricae conduce al tripletto S = 1. Il di-quark d è, pertanto, un bosone bi-colore di spin pariad 1, con carica elettrica q = −2/3 e parità P = +1. Possiamo parlare di bosone, cioè diun’entità indipendente, proprio a motivo dell’isolamento discusso nel paragrafo precedentedovuto alle richieste stringenti della simmetria. La particella elementare che contiene ildi-quark realizza il singoletto di colore mediante il terzo quark – d per l’elettrone e uper il neutrino – il cui colore deve necessariamente essere complementare a quello delbosone d (a tale proposito si introdurranno tre nuovi simboli che rendono sintetica lascrittura, denominati come segue: G = rosso-blu, R = blu-verde e B = rosso-verde: ladieresi sulle lettere indica appunto che il colore è doppio). Nel caso dell’antimateria tuttii ragionamenti fin qui fatti possono essere ripetuti sostituendo i quark d con i rispettiviantiquark: la lacuna barionica progenitrice è (d d d)1/2, e il di-quark d che si forma èun anti-bosone di spin S = 1, carica elettrica q = +2/3 e parità P = +1, la stessa delbosone.

Fino a questo momento, abbiamo parlato del solo d e non ci siamo più chiesti se esisteanche la combinazione analoga che discende dall’ipotetica lacuna barionica (u u u)1/2. Atale scopo è necessario fare la seguente constatazione: la possibilità dell’esistenza del di-quark è fortemente condizionata dall’esistenza di un leptone che presenti la giusta caricaelettrica della lacuna in questione; ma, a differenza del caso della tripletta (d d d)1/2 che haproprio la stessa carica dell’elettrone, non esiste alcun leptone stabile a noi noto con caricaQ = +2; bisogna pertanto accettare il fatto che il di-quark “uu” non si formi in natura. Unmotivo di tale fatto potrebbe risiedere nella seguente argomentazione: essendo il quark udotato di una carica elettrica doppia del d la combinazione uu è sfavorita rispetto a quellad perché la repulsione elettrostatica tra i due avrebbe un valore quattro volte superioreall’altra, finendo col vanificare l’attrazione dovuta alla carica di colore a brevi distanze.Quest’argomentazione è tuttavia solo assertiva, e non ha pretesa di verità; potrebberoesserci ragioni ben più profonde di questa che vietano l’esistenza del bosone uu che nonpossiamo cogliere in questa fase di sviluppo embrionale della teoria.

E’ notevole però il fatto che la non esistenza del doppietto uu sia avvalorata anche daaltre due cause, la prima delle quali è legata all’isospin, la seconda alla forza di colore.1) Il di-quark d, a ragion di logica, dovrebbe essere la componente I3 = −1 di un triplettod’isospin I = 1 che prevede quindi anche la combinazione uu con proiezione lungo ilterzo asse pari a I3 = +1. Sarebbe allora come ammettere che possa esistere un barioneavente la combinazione seguente: (d uu)1/2, vale a dire un protone leggero molto simileall’elettrone, che di fatto però non esiste (né è percorribile l’ipotesi che possa trattarsidel positrone, in quanto i quark costituenti sono tutte particelle e non le corrispondentiantiparticelle).2) Bisogna accettare l’impossibilità di ottenere un leptone neutro col di-quark uu; le uniche

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due soluzione si avrebbero combinandolo con due di-quark d o con un d e due quark d,ma entrambe vanno scartate perché confliggono con le regole della QCD, favorendo larepulsione e non la coesione e introducendo una chimera nel modello cromodinamico.

3.1 La forma dell’elettroneVogliamo ora provare a caratterizzare la forza di colore che tiene uniti quark e di-

quark all’interno dell’elettrone e a darne, se possibile, una stima. Torniamo pertanto allafunzione d’onda (1) di colore di un barione generico e riscriviamola mettendo in evidenzagli antitripletti che rappresentano i di-quark bi-colore d: si ottiene

ψcol = 1√3

(G · 1√

2[RB −BR] +B · 1√

2[RG−GR] +R · 1√

2[BG−GB]

),

che a sua volta può essere semplificata – usando i tre simboli nuovi introdotti su – come

ψcol = 1√3

(GG+BB +RR). (2)

Somiglia molto alla ψcol mesonica

ψcol = 1√3

(GG+BB +RR)

se facciamo corrispondere G → G, B → B, ed R → R; tuttavia, nonostante la somiglianza,i bosoni G, B, R si comportano ben diversamente dagli antiquark, dal momento che sonocostituiti di materia e hanno un colore doppio invece di un anticolore: la forza con cuiattraggono il partner fermionico è, con tutta probabilità, anch’essa doppia rispetto aquella sprigionata da un antiquark costituente il mesone. Allora possiamo ipotizzareun’interazione tra essi come quella mostrata in Fig. 4.

Figura 4: Evento di scattering quark – di-quark per la coppia BB.

Il gluone della figura su è solo un simbolo che non ha attualmente un corrispettivo incromodinamica quantistica; per caratterizzarlo sarebbe necessario introdurre una compo-nente aggiuntiva al modello SU(3) di colore della QCD, poiché così com’è non può darragione della forza che tiene uniti d o u con d: essa infatti non contempla lo scambio

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diretto di gluoni che accoppiano una particella di colore con una bi-colore. Possiamocomunque sfruttare l’intuizione di base schematizzata in figura cercando di ricostruire ilprocesso nell’ambito della QCD convenzionale, per poi calcolare il fattore di colore che glicompete. Ciò darà, se non altro, un’idea di massima della differenza che passa tra adronie leptoni e che rende quest’ultimi apparentemente irriconducibili ai primi, al punto chela fisica ha costruito per essi due mondi distinti che interagiscono solamente attraversola forza elettrodebole. Vediamo allora come si pone il modello qui proposto nel risolveretale iato.

Figura 5: Evento di scattering a due gluoni. Il contributo del primo grafico di Feynman vasommato insieme a quello del secondo. I quadrimpulsi dei due propagatori gluonici sono identiciin ambedue le configurazioni.

Ipotizziamo innanzitutto che l’accoppiamento sia dovuto allo scambio simultaneo, trabosone e fermione, di due gluoni strettamente correlati: oltre al processo diretto c’è n’èanche un secondo con i vertici dei gluoni invertiti. I rispettivi diagrammi di Feynman 1 e2 sono mostrati in Fig. 5, per una configurazione di colore scelta a caso tra quelle possibili.L’elemento di matrice M1 del processo 1, che contempla le diverse configurazioni di colore,

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si scrive

M1 = i[u(3)c†i

(−i

gS

2λbγν

)i

/k −m

(−i

gS

2λaγµ

)clu(1)] ·

[− 1q4

]

× [u(4)c†j

(−i

gS

2λaγµ

)cmu(2)] · [u(6)c†

k

(−i

gS

2λbγν

)cnu(5)],

e analogamente per quello M2, in cui il fattore λbγν è scambiato di posto con λaγµ; èsottintesa la somma sugl’indici ripetuti. I valori da 1 a 6 denominano i quadrimpulsip1 ÷ p6 delle rispettive linee fermioniche esterne, mentre richiediamo espressamente chei quadrivettori energia– impulso dei due gluoni siano uguali tra loro e pari a q : stiamoammettendo che il bosone d per poter rimanere integro durante l’interazione col quarkisolato debba scambiare simultaneamente con esso pacchetti gluonici della stessa intensitàper entrambi i colori che lo compongono. Per soddisfare le leggi di conservazione dobbiamoperciò imporre i seguenti vincoli ai quadrimpulsi stessi:

k = p1 − q

p3 = p1 − 2qp4 + p6 = p2 + p5 + 2q.

L’ultima relazione può essere scritta come p′ = p+2q, dove p′ = p4 +p6 e p = p2 +p5. Essamette in evidenza il fatto che il di-quark bosonico si muove come un’entità a sé. Infine,gli indici i, j, k, l,m, n = 1, 2, 3 , soggetti ai vincoli i = j = k e l = m = n, distinguono lecomponenti di colore c che assumono, com’è consuetudine, i seguenti valori:

c1 =

100

c2 =

010

c3 =

001

.L’elemento di matrice complessivo M = M1 +M2 si scrive, dopo alcuni semplici passaggialgebrici con le matrici gamma, come

M =g4

S

161q4 [u(3)γµ 1

/k −mγνu(1)] · [u(4)γµu(2)]

× [u(6)γνu(5)] · [c†i{λa, λb}cl] · [c†

jλacm] · [c†

kλbcn].

Va notata la presenza dell’anticommutatore delle matrici lambda di Gell-Mann, che sifattorizza in un termine proporzionale alla matrice identità e in un altro proporzionale altensore di struttura completamente simmetrico dabc. Il fattore di colore è pari perciò a

cF = − 116

8∑a,b,c=1

[c†i

(43δabI + 2 dabcλ

c)cl] · [c†

jλacm] · [c†

kλbcn].

Per calcolare la formula appena scritta è necessario definire gli stati di colore iniziali efinali dei quark che entrano nel processo di scattering: distinguiamo con ciò due possibilisituazioni. La prima ammette l’esistenza dei soli termini diagonali dello sviluppo, quellicioè che conservano il medesimo colore tra stati iniziali e finali del processo. Parliamo inquesto caso di vincolo forte, perché tra i termini GG,BB e RR della funzione d’onda (2)

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non c’è alcuno scambio. La seconda possibilità prevede, invece, che possa avvenire ilmescolamento delle tre configurazioni di colore tra loro: ciò rende il processo più similea quello mesonico. In quest’ultimo caso parliamo di vincolo debole in quanto l’assenzad’interazione di scambio tra quark e di-quark, cioè l’assenza di scambio delle coordinatefisiche tra essi, non vieta necessariamente il mescolamento del colore tra componentianaloghe dei diversi doppietti. Poiché in questo secondo caso è necessario considerare noveconfigurazioni possibili invece di sole tre, vale a dire

⟨GG|GG

⟩,⟨GG|BB

⟩, · · ·

⟨RR|RR

⟩,

il fattore di colore sarà diverso da quello del primo caso. Per ottenere il risultato volutobasterà calcolare uno per tipo dei tre fattori di colore diagonali e dei sei misti, per esempio⟨GG|GG

⟩e⟨GG|BB

⟩, perché tutti quelli della stessa famiglia avranno valori uguali. Si

ottiene così

cF

(⟨GG|GG

⟩)= − 1

16

(001)[

43

I − 2√3λ8]0

01

×(010)λ8

010

· (100)λ8

100

= − 1

18

per il primo caso e

cF

(⟨GG|BB

⟩)= − 1

16{[c†

2λ6c3] · [c†

3λ4c1] · [c†

1λ1c2]

+ [c†2λ

7c3] · [c†3λ

5c1] · [c†1λ

1c2]− [c†

2λ7c3] · [c†

3λ4c1] · [c†

1λ2c2]

+ [c†2λ

6c3] · [c†3λ

5c1] · [c†1λ

2c2]} = −14

per il secondo. In conclusione avremo nel caso di vincolo forte (S= strong) cSF

= −1/18e nel caso di vincolo debole (W= weak) cW

F= −5/9, cioè un valore 10 volte superiore al

primo.In realtà, per essere esatti, ci sarebbe da considerare anche un altro processo del

second’ordine insieme a quello appena visto, cioè il processo costituito dall’interazione ditre gluoni alle cui estremità ci sono i vertici fermionici dei tre quark di diverso colore.Il grafico di Feynman corrispondente è mostrato in Fig. 6, e l’elemento di matrice Mrelativo ad esso si scrive

M = i[u(3)c†i

(−i

gS

2λaγµ

)clu(1)] · (−g

Sf abcVµνρ) ·

[− i

k2

]·[− 1q4

]

× [u(4)c†j

(−i

gS

2λbγν

)cmu(2)] · [u(6)c†

k

(−i

gS

2λcγρ

)cnu(5)].

Se però effettuiamo lo stesso calcolo eseguito su per le componenti diagonali troviamoun risultato che è identicamente nullo. Ciò deriva dal tensore delle costanti di strutturadel gruppo SU(3)

C, f abc. Essendo quest’ultimo completamente antisimmetrico, infatti,

quando due suoi indici sono uguali tra loro il valore che ne discende è zero. Ma noiabbiamo necessità che almeno due degli indici siano entrambi uguali a 3 o ad 8 persoddisfare la configurazione di colore ipotizzata, e ciò conduce sempre a valori nulli. Per

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le componenti miste la situazione cambia, ma il risultato finale è identico, ovvero paria zero. Si dimostra, infatti, che accanto alle sei componenti da considerare ve ne sonoaltrettante in cui i colori dei due quark del bosone d sono scambiati tra loro producendovalori uguali ed opposti a quelli delle prime sei: la somma dà ancora zero.

Figura 6: Evento di scattering quark – di-quark a tre gluoni all’interno dell’elettrone.

Valutiamo adesso le conseguenze del calcolo appena fatto sul potenziale a breve di-stanza Vd-d che ipoteticamente tiene insieme l’elettrone. Sia nel caso di vincolo forte chein quello di vincolo debole la forza risultante è attrattiva, e si perviene ad un risultatoche è proporzionale al quadrato della costante di accoppiamento, in quanto

Vd-d = −Cα2

S

r,

con C = −4πcSF

per il vincolo forte e C = −4πcWF

per quello debole, che come visto produceun risultato dieci volte maggiore del primo. Purtroppo, senza alcun dato sperimentaleriguardo la struttura interna dell’elettrone in termini di energia, non sarà possibile distin-guere tra queste due alternative. Sappiamo tuttavia che la costante di accoppiamentoforte αS(Q2) cresce rapidamente al diminuire del quadrimpulso trasferito, ed è prossimaall’unità già intorno ai 200 MeV. Pertanto, al quadrimpulso tipico della massa dell’elet-trone, che è ben inferiore a quel valore, si può supporre che αS(Q2) sia dell’ordine delladecina. Entrando la costante di accoppiamento con una potenza doppia rispetto a quellaadronica nella formula del potenziale, produrrà un risultato che potrebbe essere ragione-volmente alcuni ordini di grandezza maggiore del consueto, conducendo ad un legame deicostituenti la struttura interna del leptone, forte quanto basta da non essere finora riuscitia spezzarlo.

Si può giungere alla medesima conclusione anche mediante l’argomento puramentededuttivo dato di seguito. Il confinamento dei quark negli adroni – anche se tuttora indi-mostrato analiticamente – può essere ricondotto alla forza di colore se solo ci si convince

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del fatto che l’inevitabile presenza simultanea dei suoi tre rappresentanti ne è di per séla chiave (questo vale anche nel caso dei mesoni in cui l’anticolore, cioè la mancanza delcolore positivo, equivale alla presenza simultanea degli altri due che rendono incolore laparticella). Se ora assumiamo che due quark di colore diverso siano strettamente uniti(come avviene appunto nel di-quark), il terzo colore sarà attratto dalla risultante di essicon ben maggior forza di quanto non lo sia dalle singole componenti separate. Allora,nel modello di elettrone qui proposto, possiamo ipotizzare che le sue parti siano legateinsieme da una forza di colore statica che è ben più intensa di quella che lega un quarkcon un altro quark o con un antiquark. In effetti succede che, in un processo di scatteringtra barioni ad alta energia, un singolo quark venga allontanato così tanto dal suo centroda vedere gli altri due come un unico ente bi-colore; la forza statica di cui abbiamo par-lato, simile ad una forza elastica che agisce a lunga distanza, si manifesta opponendosi.Tuttavia, se siamo in regime di bassa energia, quella forza, a differenza di ciò che accadeper un adrone, nell’elettrone c’è sempre. Per capire se tale forza diminuisca o meno alcrescere del quadrimpulso bisognerebbe identificare con esattezza il gruppo di simmetriadel campo di gauge gluonico in questione e successivamente calcolare tutti i contributicorrettivi dovuti ai loop gluonici e fermionici ai vari ordini, verificando la cosiddetta liber-tà asintotica [16, 17]. Il running della costante di accoppiamento forte, legato appunto aquella, potrebbe avere un andamento diverso o addirittura inverso a quello noto, almenofinché il di-quark esiste come tale.

Comunque stiano le cose, è proprio l’alto valore di legame quark–di-quark insito nelmodello che giustificherebbe un comportamento tanto diverso dell’elettrone da quello del-l’adrone da far credere che sia privo di struttura interna: negli urti ad alta energia degliacceleratori come il LEP o lo SLAC non si è probabilmente superata ancora quella so-glia che avrebbe permesso d’individuare i singoli costituenti del composto. Ciò potrebbespiegare anche la peculiarità del valore così basso della massa dell’elettrone rispetto aquella del protone. La forte energia di legame della coppia (d d) produrrebbe una bu-ca di potenziale (un gap energetico) con un minimo marcato, realizzando uno stato diequilibrio molto stabile. Questo renderebbe pressoché nulla la massa dei due componentielementari, quark e di-quark, spiegando allora perché la massa equivalente dell’elettronesembri derivare dalla sola energia del suo campo elettrostatico.

Dal punto di vista della dinamica, inoltre, il gap energetico potrebbe indicare l’instau-rarsi di un particolare stato di moto “superfluido” del bosone d che non ammette alcunainterferenza col partner fermionico fin tanto che tale moto permane. Il legame tra i duerimane invece molto forte a causa del confinamento del colore. E’ l’analogo di ciò chesuccede in un metallo superconduttore al di sotto della temperatura critica: le coppie diCooper [15] possono muoversi come bosoni in orbite macroscopiche senza il minimo attritocol reticolo (senza interazione alcuna), ma non per questo tali costituenti sono in qualchemodo separabili dal resto del metallo di cui fanno parte integrante. Grazie proprio allostato superfluido i due partner si troverebbero sempre in uno stato di perfetta onda Sorbitale, confermando con ciò la misura della sfericità dell’elettrone: essa è stata provatarecentemente [22] fino ad una lunghezza dell’ordine di 10−29 centimetri.

Infine, dal momento che stiamo ipotizzando una natura adronica per l’elettrone, èdoveroso valutare le seguenti affermazioni. Gli elettroni, a differenza dei barioni, nonadronizzano in urti anelastici né riescono a nucleare come fanno i protoni e i neutroni.Perché? Rispondiamo prima di tutto alla seconda questione: il neutrino, che dovrebbe

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svolgere un’azione analoga a quella del neutrone nel favorire il processo di nucleazione,fugge sempre via alla velocità della luce, è inarrestabile, e quindi non si riesce a formarel’equivalente del deuterio né del trizio. L’avvicinamento di due elettroni è semmai sfa-vorito, vuoi perché l’attrazione della coppia (d d) è ben più solida che quella dei singoliquark nei nucleoni, vuoi perché il pione deputato a legare con la forza forte i due sarebbetalmente più massiccio degli elettroni da vanificare l’impresa. Per ciò che concerne l’adro-nizzazione, invece, si suppone che possa presentarsi nello scattering Møller ad altissimeenergie ancora non indagato.

3.2 La forma del neutrino elettronicoDopo aver compreso come si applica il modello adronico all’elettrone, rivolgiamoci a

capire quali sono le differenze rispetto al suo partner, il neutrino elettronico; in effettitutti i ragionamenti fatti per l’uno sono trasferibili anche all’altro. In particolare i fattoridi colore calcolati in regime di vincolo forte e debole sono gli stessi, non facendosi riferi-mento alcuno nelle formule al sapore del quark singolo, che quindi può essere tanto d cheu. Per quanto concerne il potenziale attrattivo Vu-d (anch’esso analogo all’altro in terminidi forza di colore), si suppone invece che ci siano differenze dovute alla componente elet-tromegnetica dei quark che compongono il neutrino: è quanto vedremo tra un momento.C’è prima, però, da puntualizzare una questione che finora è stata sottaciuta.

Figura 7: Momento angolare totale J di un neutrino levogiro elettronico risultante dallacombinazione degli spin S ed s col momento angolare orbitale l.

La combinazione (u d) sembra destare perplessità riguardo i vincoli di simmetriache ci avevano permesso di derivare quella (d d) ad essa corrispondente. Questi nonavrebbero più ragione di sussistere in quanto, essendo diverso il sapore del quark u daquello dei due d che formano il di-quark, non vale per esso il principio di esclusione diPauli. Di fatto la combinazione (u d d)1/2 non è affatto una lacuna barionica, ma esistecome neutrone. Però la meccanica quantistica ci ha abituato al fatto che se c’è unaprobabilità che uno stato fisico esista, allora quello stato si manifesterà. Lo stato di di-quark è uno stato possibile che si manifesta nell’elettrone purché il quark down liberoresti estraneo allo scambio fisico con gli altri due; ma allora si manifesterà anche, e amaggior ragione, nel neutrino, in cui u soddisfa già naturalmente il vincolo perché nonha componente di scambio con essi. Se il di-quark è davvero in uno stato superfluido,è insensibile alle eccitazioni. Ovviamente c’è grande differenza con la configurazione aquark (u d d) del neutrone, in quanto in quest’ultima tutte e tre le coppie di antitripletto

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hanno la stessa probabilità di formarsi. Ciò conduce ad una particella con una massadecisamente maggiore di quella di un neutrino per via dell’alta energia d’interazione trai suoi quark componenti.

Occupiamoci ora del problema elettromagnetico lasciato in sospeso poc’anzi: la pe-culiarità del neutrino rispetto all’elettrone sta nel fatto che in esso le cariche elettriche+2/3 del quark u e −2/3 del di-quark d si elidono a vicenda esattamente, e lo stessofanno i rispettivi momenti magnetici, se, com’è plausibile assumere, le masse di fermionee bosone tendono entrambe a zero; pertanto il neutrino perde completamente la capa-cità d’interagire con la materia in termini elettromagnetici. Gli rimane la forza debole,mentre quella forte non può oltrepassare i limiti della sua dimensione. Poiché la buca dipotenziale con cui la forza di colore attrae bosone e fermione all’interno del νe è ancorapiù profonda che nell’elettrone, dato che ora c’è attrazione elettromagnetica tra i compo-nenti, la massa – quella stavolta dell’intera particella – viene praticamente a sparire e ilneutrino è obbligato a viaggiare alla velocità della luce (naturalmente non è proprio cosìche stanno le cose dal momento che una massa, se pur piccola, gli si attribuisce dopo gliesperimenti di oscillazione di sapore). In Fig. 7 è mostrato lo schema di composizione delmomento angolare orbitale l con gli spin S del bosone e s del fermione a dare J = 1/2nella direzione opposta a quella di moto del neutrino levogiro. Dal momento infatti che ilsuo moto è ultrarelativistico, l’orbita della coppia di particelle nello stato fondamentale èquella di Bohr, con un momento angolare pari a uno. La direzione della velocità potrebbeavere il verso contrario a quello scelto, perché non c’è alcun motivo conosciuto che lovieti; tuttavia in natura questo caso non si presenta: esistono solo neutrini levogiri, comesappiamo. Si può comunque definire una parità del neutrino ricordando che il di-quarkha Pd = +1; essa è data da

P = Pd · Pu · (−1)l = −1

e quella dell’antineutrino è opposta e pari a +1.

4 Interazione debole nucleone – leptone e processi discattering leptonici

Volgiamoci adesso a verificare che il modello proposto sia coerente con quanto giàla fisica afferma riguardo i processi d’interazione debole tra nucleoni e leptoni, nonchécon il decadimento del neutrone e la cattura elettronica da parte del protone. Facciamoriferimento alla Fig. 8 relativa ai processi nνe ⇄ p+e− e ne+ ⇄ p+νe: come si vededai grafici di Feynman illustrati in essa, i due processi sono di tipo debole e possonoandare nei due versi, da destra a sinistra o da sinistra a destra – per questo il bosonevettore W− è mostrato senza una direzione esplicita. La cosa interessante, già anticipataprecedentemente, è che la coppia νee

− e quella e+νe sono doppietti di isospin debole i cuicomponenti vengono trasformati uno nell’altro grazie alla mediazione del bosone vettoreW. In effetti d e u si invertono tra loro nella prima combinazione, mentre −d e u nellaseconda (il segno negativo dell’antiquark down è dovuto al fatto che per le antiparticellebisogna usare la rappresentazione coniugata 2∗ di SU(2)). Quel che si evince dai graficiè allora quanto già anticipato alla fine della Sezione 2, cioè che tra le coppie di leptoniavviene una trasformazione di sapore dei quark analoga a quella che avviene nei nucleoni.

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Il modello adronico qui presentato fornisce, dunque, una ragione più profonda del perchéelettrone e neutrino formino un doppietto d’isospin, a confronto del modello standard(SM) che, in realtà, non ne fornisce alcuna.

Figura 8: Processi di scattering al primo ordine con scambio di un bosone intermedio W−.

Figura 9: Decadimento del neutrone.

Consideriamo adesso il decadimento del neutrone, come mostrato in Fig. 9: la coppiae−νe creatasi insieme al protone in seguito al decadimento è formata complessivamente daiseguenti elementi: (d u d d); si può fare allora una riflessione al riguardo. Supponiamod’ipotizzare un processo di decadimento del genere: n → pπ− (esso esiste ovviamente soloquando il neutrone viene energizzato grazie all’urto con una particella pesante, per esem-pio con un protone). Il pione negativo è formato proprio dalla coppia quark–antiquark

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(du), e l’energia richiesta per ottenerlo è ∼ 110 volte superiore a quella sprigionata daldecadimento naturale del neutrone. Quest’ultima tuttavia, se si vuole dar ragione al mo-dello, deve comprende oltre all’energia della coppia du anche quella di formazione del duobosone–antibosone (d d). Nonostante ciò essa è di gran lunga inferiore all’altra, confer-mando il fatto che la configurazione leptonica quark–di-quark realizza uno stato ben piùfortemente legato di quanto non avvenga per il mesone π−, e riduce l’energia del sistemafino a rendere possibile il decadimento in elettrone e antineutrino.

Rivolgiamoci, per concludere la sezione, ai processi di scattering elettrone–antineutrinoelettronico nelle sue due varianti principali (vedi Fig. 10). Analoghi grafici di Feynmanvalgono per lo scattering elettrone–neutrino e per i corrispettivi positrone–neutrino epositrone–antineutrino. Naturalmente, come si evince dalle rappresentazioni pittoriche,il bosone vettore neutro non cambia il colore delle sub particelle tra stati finali, mentrequello carico si. Ciò rivela come ogni leptone possa trovarsi in una sovrapposizione del-le tre possibili combinazioni colore–bi-colore anche attraverso la forza debole e quindiattraverso la simmetria SU(2).

Figura 10: Scattering elettrone – antineutrino con scambio di corrente neutra e carica.

5 Conservazione del numero leptonico: struttura aquark del muone, del tau e dei rispettivi neutrini

Cos’è che definisce il numero leptonico e ne determina la conservazione nei processid’urto o in quelli di decadimento dovuti alla forza debole? Il modello a di-quark rispondeegregiamente a questo quesito, riconoscendo proprio nel bosone d l’artefice di tale leggedi conservazione: se assegniamo infatti ad esso il valore Le = 1 (Le = −1 nel caso dell’an-tiparticella d), ritroviamo integra la legge in quanto elettrone e neutrino elettronico che locontengono hanno entrambi numero leptonico positivo, mentre positrone e antineutrino,che contengono l’antibosone, hanno numero leptonico negativo. La presenza contempora-nea di bosone ed antibosone produce numero leptonico nullo, come nel decadimento delneutrone visto poc’anzi.

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Tutto ciò è quasi banale. Non possiamo però fermarci alla sola spiegazione della coppiadi leptoni stabili in termini di sub-particelle, se vogliamo arrivare alla meta che ci siamoprefissati: scoprire, cioè, la sottostruttura comune a tutti i leptoni. Infatti dobbiamocercar di risolvere la natura del muone, del tau e dei loro rispettivi partner neutrinici se-condo il modello proposto. Dato però che la conservazione del numero muonico e tauonicoprocedono analogamente a quello elettronico, questo è sufficiente a metterci sulla giustastrada. Se il di-quark d è l’ente che dà specificità alla prima delle tre famiglie leptoniche– vale a dire la meno massiva – bisognerà che esistano due bosoni simili ad esso, ma diversial contempo – oltre che più pesanti – che diano specificità alle restanti due famiglie. Lascelta sembra quasi obbligata dal momento che sono solo due i quark con carica elettricaq = −1/3, oltre a quello d, che possono formare lo stato bosonico suddetto: le combinazio-ni saranno (ss) per la famiglia muonica e (bb) per quella tauonica, i cui simboli indicantii di-quark bi-colore si assumeranno d’ora in avanti essere “s” e “b” rispettivamente. Ciòtrova riscontro nel fatto che esistono due lacune barioniche, (s s s)1/2 e (b b b)1/2, che sipossono considerare i precursori di µ− e τ−: da tali lacune, proprio come accaduto perl’elettrone, ne discendono le due combinazioni leptoniche (s s) e (b b); per costruire icorrispondenti neutrini, invece, sostituiamo i quark isolati s e b con quello u. Di seguitoè dato lo schema riassuntivo della struttura a quark delle tre famiglie leptoniche:

νe =(

ud

)νµ =

(us

)ντ =

(ub

)

e− =(

dd

)µ− =

(ss

)τ− =

(bb

).

Le rispettive antiparticelle di ognuna di queste sei entità sono formate con gli antiquarke gli antibosoni. La stessa regola usata per il numero leptonico Le può ora trasporsi a Lµ

ed Lτ e applicarsi, come vedremo a breve, ai processi di decadimento muonici e tauoniciche confermano la loro conservazione.

Va ricordato che il principio di conservazione del numero leptonico non trova giustiziain SM, dal momento che richiede l’esistenza di tre cariche conservate diverse tra loro ela contemporanea presenza di tre campi di gauge distinti: γe, γµ e γτ . Di tutti questinon v’è traccia! La configurazione a di-quark supera la difficoltà individuando le “cariche”conservate nei tre bosoni bi-colore diversi; i tre campi di gauge andranno invece ricercati,con buona probabilità, tra i campi gluonici il cui confinamento non ne permette oggi lavisione diretta.

Come risulterà chiaro nella prossima sezione, tuttavia, vedremo che non è possibilelasciare le combinazioni tra quark e di-quark riassunte nello specchietto appena propostocosì come sono; esse andranno modificate opportunamente se si vuole mantenere nelmodello l’universalità leptonica, universalità che risulta ad oggi provata con un alto gradodi precisione in campo sperimentale.

6 Decadimenti leptonici: universalità e matrice CKMConsideriamo il decadimento del muone (vedi Fig. 11) e verifichiamo che le leggi di

conservazione note siano soddisfatte. Adesso che abbiamo ridotto il muone ad un adrone

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ed appurato che il suo decadimento – mediato dal bosone W− – trasforma il quark sin quello u, ci chiediamo come sia possibile mantenere l’universalità leptonica [18, 19]dal momento che sappiamo tale trasformazione essere fortemente soppressa rispetto aquella da d in u. Invece della costante di accoppiamento GF di Fermi propria di taledecadimento, dovremmo trovarne una di molto inferiore, ad esempio quella che competeal processo Λ0 → peνe che, come mostrato sempre in Fig. 11, è analoga alla prima perquanto riguarda lo scambio dei quark. Alla luce del nuovo modello, non ci si può piùnascondere dietro l’elementarità di leptoni privi di struttura, accettando che il valoredella costante di accoppiamento sia un fatto intrinseco alla loro natura fisica e pertantoinspiegabile: anch’essi ora sono fatti degli stessi quark degli adroni! A questo punto sipossono seguire almeno due strade, che sembrano essere entrambe coerenti: solo futuriesperimenti, nell’eventualità della correttezza del modello, potranno decidere quale delledue possa essere la via che la natura realmente segue. Vediamole separatamente.

Figura 11: Decadimento del muone a confronto con quello analogo dell’iperone Λ0.

La prima è quella di ammettere che la matrice di mescolamento CKM sia attivaanche per i leptoni, e che i quark singoli che entrano nella costituzione di tau, muone edelettrone si trovino in una sovrapposizione dei tre stati di sapore secondo tale matrice.Ipotizziamo, almeno per il momento, che i bosoni di-quark non partecipino direttamente atale mescolamento; questo sembra plausibile dal momento che sono portatori del numeroleptonico, conservato separatamente per le tre diverse famiglie. Lo schema finale dellastruttura dei leptoni risulta allora essere il seguente:

νe =(

ud

)νµ =

(cs

)ντ =

(tb

)

e− =(

d′

d

)µ− =

(s′

s

)τ− =

(b′

b

),

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dove gli autostati di carica debole sono dati per convenzione dad′

s′

b′

= VCKM

dsb

,e VCKM è appunto la matrice CKM. Accettando la sfida di neutrini che sembrano divenutitroppo massivi – ma la massa è uno stato di fatto di cui ancora oggi ci sfugge il senso –facciamo una scelta che sembra azzardata, ma che è in effetti la più coerente col modellostandard ed è in accordo anche con la discesa dei tre leptoni carichi dalle rispettive lacunebarioniche. Per ciò che concerne l’elettrone, anche se sembra difficile ammettere che il suoquark down sia mescolato con quelli s e b delle generazioni superiori – tale mescolamento ciparrebbe creare instabilità – va sottolineato che non è possibile fare diversamente. Infattisolo in questo modo il meccanismo GIM [20] è salvo, e nei processi di scattering elasticotra elettrone e muone o elettrone e tau la componente di scambio dovuta a correnti neutrecon cambio di sapore viene annullata.

Figura 12: Decadimento del tau secondo il canale elettronico e quello muonico.

La seconda via prende in considerazione il seguente fatto: non esistono in natura tipidiversi di leptoni carichi della stessa famiglia che possano essere distinti fisicamente; adesempio c’è un solo muone, non “varianti” dello stesso come avviene per i barioni n e Λ0,per esempio, i cui decadimenti n → peνe e Λ0 → peνe sono distinguibili sperimentalmente.Alla luce di ciò si può anche ammettere che il mescolamento per i leptoni sia “congelato”e non avvenga affatto. Tornando all’esempio del muone è come dire che delle tre combina-zioni permesse (d s), (s s) e (b s) solo la prima esiste realmente come particella, mentrele ultime due no. Lo schema della struttura delle tre famiglie si risolverebbe, alla fine, inquesto:

νe =(

ud

)νµ =

(us

)ντ =

(ub

)

e− =(

dd

)µ− =

(ds

)τ− =

(db

).

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L’universalità leptonica sarebbe salva per il fatto che non esisterebbero canali di decadi-mento alternativi, in quanto i bosoni W± scambierebbero sempre e solo i sapori dei quarku e d tra loro. I decadimenti del tau (vedi Fig. 12) mostrano la coerenza di tale impiantoe la sua semplicità intuitiva: si può constatare come la conservazione dei numeri leptoniciLe, Lµ ed Lτ sia dovuta a quella dei tre di-quark d, s e b rispettivamente.

7 ConclusioniIl lavoro esposto in queste pagine è foriero di proposte per studi successivi sia in campo

sperimentale che teorico. Dal lato teorico esso suggerisce:1) la ricerca di un completamento del gruppo di simmetria SU(3)C di colore con unsottogruppo che contempli le interazioni colore–bi-colore (potrebbe andar bene la rappre-sentazione aggiunta 3 di SU(2));2) un calcolo dei termini perturbativi ai vari ordini legati alla costante di accoppiamentoforte αS(Q2) per la suddetta interazione, affinché sia verificata la libertà asintotica nelcaso esplicito dei leptoni;3) l’avvio di un’indagine radicale sulla natura ultima dei quark e delle cariche di colore, laquale getti luce, finalmente, sulla relazione che intercorre tra essi e lo spaziotempo in cuivi emergono, che invero li sostanzia. Oltre questa soglia si nasconde, infatti, il significatotanto frainteso di particella elementare.

Per quanto concerne il lato sperimentale, bisogna ammettere che la ricerca dei pre-quark – cioè di quei componenti elementari che si suppone costituire la struttura internadei quark stessi – indirizza la fisica delle particelle, a mio avviso, verso una via già fintroppo battuta. In effetti, al fine di confermare se i quark siano composti o meno di preoni,essa induce i fisici a costruire acceleratori di particelle che generano tipicamente collisioniadroniche (pp o pp). Se accettiamo invece la tesi di questo scritto, conveniamo che èla struttura dei leptoni a dover essere indagata, laddove i quark, al contrario, risultanoenti fondamentali. Allora, la proposta sperimentale che ne scaturisce, è di indirizzarsiverso la costruzione di acceleratori a fasci di elettroni o muoni collidenti che lavorino adenergie ben superiori a quelle raggiunte dagli acceleratori precedenti (LEP, SLAC etc.)per verificare l’esistenza o meno della soggiacente struttura a di-quark.

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