Modelli di giornalismo e cultura convergente 12

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Modelli di giornalismo e cultura convergente (Paolo Costa) 12 a lezione, 18 marzo 2010: Vincoli, condizionamenti e tecnologie Insegnamento: Comunicazione Digitale e Multimediale - a.a. 2009-2010

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12a lezione, 18 marzo 2010: Vincoli, condizionamenti e tecnologie Il determinismo tecnologico L’ideologia della rete Le minacce al pluralismo informativo Concentrazione dei gruppi editoriali Precarizzazione del ruolo

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Modelli di giornalismo e cultura convergente (Paolo Costa)

12a lezione, 18 marzo 2010:Vincoli, condizionamenti e tecnologie

Insegnamento: Comunicazione Digitale e Multimediale - a.a. 2009-2010

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Agenda

• Il determinismo tecnologico

• L’ideologia della rete

• Le minacce al pluralismo informativo

– Concentrazione dei gruppi editoriali

– Precarizzazione del ruolo

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Una crisi che viene da lontano

• La crisi dello spazio sociale del giornalismo è la crisi di

un modello ideologico – il modello libertario di Siebert,

Peterson e Schramm – più professato che praticato.

• Il volto e la natura del giornalismo sono cambiati

progressivamente nel corso del ventesimo secolo, prima

dell’avvento di Internet.

– Prima fase (1920-1950; dopo il 1970 in Italia): affermazione di un

modello industriale assoggettato a ricavi pubblicitari e audience.

– Seconda fase (1950 in USA, 1970-80 in Europa): avvento

dell’informazione televisiva di tipo commerciale.

– Terza fase (dopo il 1980): accelerazione dei cambiamenti, nel

quadro della globalizzazione.

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Il ruolo della nuove tecnologie

• Sostenere che l’avvento di Internet e, più in generale,

delle nuove tecnologie dell’informazione e della

comunicazione sia la causa principale della crisi del

giornalismo rimanda a una chiave di lettura di tipo

deterministico.

– I mutamenti nelle tecnologie della comunicazione influenzano in

modo determinante il cambiamento sociale.

– È la visione della scuola di Toronto (Walter J. Ong, Marshall

McLuhan), che ha il suo esponente più attuale in Derrick de

Kerckhove (Brainframes: Technology, Mind and Business, 1991;

The Skin of Culture, 1995).

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Il ruolo della nuove tecnologie

• Una lettura del fenomeno di Internet in chiave

costruttivista e di modellamento sociale della tecnologia

è più efficace rispetto alla visione deterministica.

– La tecnologia non “impatta” sulla società, come un meteorite

impatta sul suolo terrestre.

– Essa non è un corpo estraneo, che piomba su di noi quando

meno ce l’aspettiamo e senza che possiamo esercitare alcuna

forma di controllo, ma un prodotto della società.

– Teorie correlate: social shaping (Donald A. Mackenzie e Judy

Wajcman), social construction of technology o SCOT (Thomas P.

Hughes).

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L’ideologia della rete

• Pierre Musso, Critique des réseaux, 2003:

– Attraverso un processo di metaforizzazione, la rete è diventata

l’archetipo dell’organizzazione sociale e tecnica contemporanea.

– Il concetto di rete si è così progressivamente deteriorato ed è

stato piegato a un uso metaforico.

– Oggi si può parlare di un vero e proprio culto della rete: la rete è

un idolo, che modella tutto e impatta su tutto.

– Crederci è una forma di religione, amministrata da sacerdoti che

godono del vantaggio di poter esibire proposizioni non

falsificabili proprio perché sviluppate al di fuori del discorso

scientifico.

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La riduzione del pluralismo informativo

• Un processo di lunga durata che ha portato alla

concentrazione della proprietà dei media nelle mani di

pochi, grandi gruppi.

– La lievitazione dei costi di struttura e produzione determina la

sopravvivenza di pochi vincitori.

– I più adatti, in questo scenario competitivo, sono gli attori di

grandi dimensioni: grandi gruppi editoriali in grado di integrare la

propria offerta declinandola su più piattaforme (carta, tv, radio e

adesso Internet).

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La concentrazione dei gruppi

• Il quadro nel settore televisivo …

– Dopo avere subito un rallentamento per alcuni anni, negli Stati

Uniti la concentrazione è tornata a essere manifesta: i maggiori

network raccolgono la metà della audience nel prime time.

– Non meno evidente è la concentrazione in Europa e in Italia (si

veda il rapporto Television Across Europe: Regulation, Policy,

and Independence dell’ Open Society Institute, 2005)

• … e in quello della carta stampata

– Una tendenza analoga è si registra in tutto il mondo.

– Nell’ambito dei quotidiani locali, in particolare, è sempre più

frequente la sopravvivenza di un’unica testata: a fronte di costi

strutturali crescenti il quotidiano locale deve fare i conti con le

dimensioni relativamente limitate del proprio mercato.

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Un fenomeno inevitabile?

• Secondo molti osservatori la concentrazione editoriale

minaccia la democrazia, poiché riduce il pluralismo.

– Risoluzione del Parlamento europeo del 25 settembre 2008.

• Per altri è l’unica risposta possibile alla crisi.

– Nel 2008, convocando gli Stati Generali della Stampa, il

presidente della repubblica francese Nicolas Sarkozy suggerì di

incrementare le grandi concentrazioni editoriali, razionalizzando

il meccanismo delle sovvenzioni.

– L’ex direttore di Le Monde, Jean-Marie Colombani, gli ha dato

ragione: «La concentrazione è uno strumento indispensabile se

vogliamo reagire a colossi come Murdoch» (intervista a Europa,

3 ottobre 2008).

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Uno studio empirico

• La ricerca di Sam Schulhofer-Wohl e Miguel Garrido

(Princeton University) sull’impatto della chiusura del

Cincinnati Post, alla fine del 2007

– Negli ultimi mesi di vita il Cincinnati Post aveva una diffusione

pari a circa 27 mila copie.

– Nell’arco di trent’anni il Post aveva perso il 90% dei propri lettori

ed era tenuto in vita attraverso sovvenzioni pubbliche, rese

possibili dal Newspaper Preservation Act.

– Dal 2008 l’unico quotidiano della città è il Cincinnati Enquirer,

che distribuisce circa 200 mila copie.

– La chiusura del Post ha avuto un impatto sulle elezioni

municipali del 2008, contribuendo al calo dell’affluenza alle urne

e alla riconferma dell’amministrazione uscente.

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La precarizzazione del ruolo

• In Italia le file dei giornalisti inquadrati con rapporto

stabile ex art. 1 del contratto collettivo nazionale 1 si

riducono di anno in anno a favore di coloro che operano

in regime di contrattazione atipica (collaborazione

coordinata e continuativa, con partita Iva, collaborazione

occasionale, contratto a termine).

• Questa tendenza non è priva di rischi per la libertà e

l’indipendenza dell’informazione: l giornalista precario,

infatti, può essere più esposto a elementi di pressione

legati alla sua attività, in quanto caratterizzato da una

posizione lavorativa relativamente poco tutelata.

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