Mk 1605 Meccanica Quantistica Testa

download Mk 1605 Meccanica Quantistica Testa

of 236

Transcript of Mk 1605 Meccanica Quantistica Testa

FONDAMENTI DIMECCANICA QUANTISTICAAppunti raccolti nel Dipartimento di FisicadellUniversit La Sapienza di Romaa cura di Stefano PatrIndirizzo e-mail dellautore: [email protected] settembre 2009.PREFAZIONEQuesto testo stato scritto sulla base degli appunti raccolti a suo tempo frequentando lelezioni di Meccanica Quantistica del Prof. Massimo Testa.Io avevo gi superato lesame di Istituzioni di Fisica Teorica della laurea quadrien-nale molti anni prima, non avendo per purtroppo potuto apprendere la materia a quel-lepoca dal Prof. Massimo Testa perch egli era impegnato allora con altri corsi.Voglio pertanto esternare il mio grande apprezzamento per il corso tenuto dal Prof.Testa, perch solo dopo aver frequentato le sue lezioni coinvolgenti e trascinanti ho po-tuto dire di aver compreso nalmente lo spirito di quellaffascinante costruzione teoricache la Meccanica Quantistica.Sebbene io mi consideri oggi nella mia vita, sotto ogni aspetto, pienamente ed estre-mamente contento, felice, soddisfatto e realizzato, tuttavia mi capita ogni tanto di do-mandarmi, senza che possa mai pi esservi una risposta, come sarebbe stato il perio-do da studente universitario se, quando avevo ventanni,avessi potuto apprendere laMeccanica Quantistica da un docente dai modi e dallo stile del Prof. Massimo Testa.Sperando che il lavoro di raccolta degli appunti delle lezioni del Prof. Testa possaessere di qualche giovamento per qualcuno, invito chiunque leggesse queste mie pagineadinviarmi un qualsiasi suo commento personale diogni tipo, noncha segnalarmiqualunque errore, svista, imprecisione che venissero trovati.Inne voglio esprimere la mia viva gratitudine ed immensa riconoscenza al Prof.Alessandro Blasi,perch senza i suoi preziosi, inestimabili e profondi insegnamenti,senza i suoi utili suggerimenti, i suoi indispensabili consigli, il suo fondamentale in-coraggiamento, il suo affettuoso sostegno in ogni momento, tutto quello che ho potutoforse realizzare non sarebbe stato mai realizzato.Stefano PatrDi questadispensaesisteanchelaversionecomelibro, edizioneNuovaCultura(www.nuovacultura.it), Roma, stampato con tecnologia print on demand presso il Cen-tro Stampa Nuova Cultura, piazzale Aldo Moro, 5, 00185 Roma (chioschi gialli vicinoallEconomato). Per ordini: [email protected] libro contiene un esercizio in pi rispetto alla presente dispensa..... nullum esse librum tam malum, ut non in aliqua parte prodesset(Plinio il Vecchio, citato in una lettera da Plinio il Giovane).Indice1 Dalla sica classica alla sica quantistica 71.1 Radiazione di corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.2 Effetto fotoelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3 Interferenza ottica e dualit onda-particella . . . . . . . . . . . . . . . 112 Formalismo generale nella notazione di Dirac 132.1 Spazio degli stati possibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.2 Osservabili e operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.3 Misura di unosservabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.3.1 Caso degli operatori continui in dimensione innita. . . . . . . 212.3.2 Misura simultanea di osservabili . . . . . . . . . . . . . . . . . 242.4 Rappresentazione di operatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292.5 Osservabili classiche e operatori quantistici . . . . . . . . . . . . . . . 302.5.1 Trasformazioni unitarie e operatore impulso . . . . . . . . . . . 342.6 Autostati delloperatore impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392.6.1 Trasformate di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402.6.2 Operatore posizione nella base degli autostati dellimpulso. . . 422.7 Impulso e traslazioni spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 432.8 Principio di indeterminazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 472.8.1 Pacchetti donda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 503 Evoluzione temporale degli stati 523.1 Lequazione di Schrdinger e propagatore quantistico. . . . . . . . . . 533.1.1 Evoluzione temporale e misura di due osservabili . . . . . . . . 593.2 Rappresentazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 603.3 Densit e corrente di probabilit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 623.4 Operatore Densit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 643.4.1 Velocit di trasmissione dellinformazione . . . . . . . . . . . . 663.5 Prodotto tensoriale di spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . 673.6 Interazione tra sistema sico e apparato di misura . . . . . . . . . . . . 693.6.1 Difcolt nellosservazione della meccanica quantistica . . . . 6956 INDICE4 Soluzioni dellequazione di Schrdinger 744.1 Equazione di Schrdinger per la particella libera . . . . . . . . . . . . . 744.2 Analisi qualitativa delle soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 764.3 Potenziali costanti a tratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 814.3.1 Buca di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 834.3.2 Particella nel segmento con pareti innite . . . . . . . . . . . . 894.4 Loscillatore armonico in una dimensione . . . . . . . . . . . . . . . . 914.4.1 Rappresentazione matriciale degli operatori . . . . . . . . . . . 964.4.2 Oscillatore armonico asimmetrico . . . . . . . . . . . . . . . . 974.4.3 Loscillatore armonico isotropo in due dimensioni . . . . . . . . 974.4.4 Livelli di Landau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1015 Formulazione mediante integrali di cammino 1035.1 Integrali di cammino e fenomeno dellinterferenza . . . . . . . . . . . . 1075.2 Effetto Aharonov-Bohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1106 Momento angolare 1136.1 Momento angolare di spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1216.1.1 Lequazione di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1236.2 Composizione di momenti angolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1276.3 Covarianza per rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1356.3.1 Covarianza dellequazione di Schrdinger. . . . . . . . . . . . 1366.3.2 Covarianza dellequazione di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . 1407 Sistemi in tre dimensioni 1457.1 Latomo didrogeno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1457.2 Loscillatore armonico isotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1538 Particelle identiche 1568.1 Localit della sica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1619 Teoria delle perturbazioni 1629.1 Teoria indipendente dal tempo: caso non degenere . . . . . . . . . . . . 1629.2 Teoria indipendente dal tempo: caso degenere . . . . . . . . . . . . . . 1659.3 Metodo variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1669.4 Teoria dipendente dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16710Formalismo di seconda quantizzazione 17011Qualche esercizio 177Capitolo 1Dalla sica classica alla sicaquantisticaCome afferma Thomas Kuhn a proposito delle rivoluzioni scientiche, una rivoluzio-ne scientica viene sempre preceduta da un accumularsi di risultati sperimentali cheinduceadubitaredellavalidit dellateoriaconsolidata relativamente aquellambitodi osservazione e a costruire quindi una nuova teoria che meglio si accordi con queirisultati.Verso la ne del diciannovesimo secolo si erano accumulate una serie di evidenzeempiriche in virt delle quali si cominci a dubitare della validit della meccanica new-toniana quando si cercava di studiare fenomeni che avvenivano su scala microscopica.Limitandoci soltanto ad una breve analisi di pochi fenomeni che evidenziarono certilimiti dellasicaclassica, rimandiamoatestidellaletteraturapiampiperunapiesauriente trattazione di questi e di altri fenomeni, come ad esempio leffetto Compton elesperimento di Stern-Gerlach, losservazione dei quali, a cavallo fra il diciannovesimoe il ventesimo secolo, diede luogo a quella che possiamo denire una vera e propria crisidella sica newtoniana.1.1 Radiazione di corpo neroFra quei fenomeni a cui non si poteva dare spiegazione in termini di sica classica, viera il problema termodinamico della cosiddetta radiazione di corpo nero, o radiazio-ne termica. Nella seconda met del diciannovesimo secolo Kirchhoff aveva condottouna serie di esperimenti sullemissione e sullassorbimento della luce. Losservazioneempirica mostra che un corpo caldo emette radiazione elettromagnetica sotto forma dicalore la cui distribuzione in lunghezza donda (chiamata distribuzione spettrale) dipen-de dalla temperatura. Se un corpo in equilibrio termico con lambiente circostante esi trova quindi a temperatura costante T, allora esso deve emettere e assorbire la mede-78 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICAsima quantit di energia nellunit di tempo sotto forma di radiazione, altrimenti la suatemperatura subirebbe variazioni.La radiazione emessa o assorbita in queste condizioni viene denominata radiazionetermica esi denisconopotereemissivo, indicato conE, epotere assorbitivo di uncorpo le quantit di energia che nellunit di tempo e per unit di supercie tale corporispettivamente emette e assorbe. Si denisce quindi corpo nero un corpo che assorbetutta lenergia prodotta dalla radiazione incidente su di esso.Lespressione radiazione di corpo nero, coniata da Kirchhoff, deriva dal fatto che laradiazione prodotta da un corpo riscaldato pu essere osservata chiudendo il corpo inun forno e guardando quindi la luce emessa attraverso un piccolo foro appositamentepraticato nella parete del forno stesso al cui interno vi ovviamente oscurit.Possiamo allora fare a meno del forno e utilizzare una cavit mantenuta a tempe-ratura costante, al cui interno sia fatto il vuoto, che abbia un piccolo foro attraverso ilquale possa entrare o uscire un raggio di luce. Tale foro si comporta come un corpo neroperch tutta la radiazione che entra dallesterno attraverso di esso viene effettivamenteassorbita dopo varie riessioni sulle pareti allinterno della cavit.Se la temperatura della cavit viene poi fatta variare, si osserver che la radiazioneuscente dal foro allesterno sar, al crescere della temperatura, via via pi splendenteno a cambiare colore dal rosso scuro al giallo e inne al bianco intenso.Ci accade perch gli elettroni del metallo delle pareti della cavit si comportano co-me degli oscillatori i quali, appunto oscillando per effetto del riscaldamento, subisconouna variazione dello stato di moto ed emettono in tal modo radiazione elettromagnetica.Questa radiazione pu essere assorbita dagli stessi elettroni ed essere irradiata dinuovo. Il processovaavanti indenitamentebenchvi siaovviamenteunaperditadi radiazioneattraverso il piccolo forocheceneconsente losservazione elamisu-ra. Alla distribuzione dei colori corrisponde il dispiegamento delle lunghezze donda,indipendentemente dal tipo di materiale di cui costituita la cavit.Considerandolequilibrio termicofraoggettidimateriali differentieutilizzandosolo le leggi della termodinamica,Kirchhoff era giunto alla conclusione che il pote-reassorbitivoeilpotereemissivo diuncorposonougualiindipendentemente dallatemperatura del corpo stesso e per radiazione di qualsiasi lunghezza donda.La densit di energia e la composizione della radiazione emessa allinterno di uncorpo cavo, delimitato da pareti impenetrabili a temperaturaT, dovevano essere indi-pendenti dalla natura delle pareti stesse. In altre parole la densit di energia dellaradiazione una funzione universale della frequenza e della temperatura assoluta T;la potenza emessa per unit di area da un corpo nero a frequenze comprese fra e d,indicata con (, T) d, deve fornire una potenza totale R emessa per unit di area datadaR =_+0(, T) dPer determinare la forma della funzione , si utilizzarono esclusivamente argomen-1.2. EFFETTO FOTOELETTRICO 9tazioni di natura termodinamica: in particolare la legge di proporzionali, trovata daisici austriaci J. Stefan e L. Boltzmann, fra il potere emissivo di un corpo e la quartapotenza della sua temperatura assoluta T(E=T4) e la legge per la quale il prodottodella temperatura per la lunghezza donda che fornisce il valore massimo dellemissio-ne (legge dello spostamento di Wien) risulta costante (maxT =k). La forma dellafunzione , proposta dal sico W. Wien in accordo con queste due leggi, fu dunque(, T) = a 3ebT(1.1)dove a e b sono due costanti positive, ma ulteriori esperimenti evidenziarono che questaespressione della (, T) non vale per le basse frequenze per le quali i sici Rayleigh eJeans trovarono lespressione(, T) = aT2(1.2)Il sico M. Planck risolse allora il problema della radiazione di corpo nero ipotiz-zando che gli oscillatori ai quali dovuta lemissione della radiazione di frequenza ,scambino energia con le pareti non in modo continuo, bens a pacchetti, in modo che leenergie siano dunque multiple del pacchetto (denominato quanto) h e, sulla base deiprincipi di meccanica statistica, pervenne alla relazione, assolutamente non deducibileda argomentazioni di sica classica(, T) =8hc33ehKT 1dove h la famosa costante di Planck avente le dimensioni siche di unazione, c (dallatino celeritas) la velocit della luce nel vuoto e K la costante di Boltzmann.Si verica facilmente che la (, T) di Planck si riduce alla (1.1) nellapprossima-zione di alte frequenze e si riduce alla (1.2) nellapprossimazione di basse frequenze.1.2 Effetto fotoelettricoLimportanza del ruolo della costante h fu chiarito in seguito da Einstein attraverso lostudio delleffetto fotoelettrico. Con questo nome si intende quel fenomeno per il qualedegli elettroni fuoriescono da un metallo quando su di esso si invia una radiazione in-cidente avente unenergia maggiore di unenergia di sogliaU. Nel corso di esperimentinalizzati allindagine delle propriet delle onde elettromagnetiche, H. Hertz scopr nel1887 che quando della radiazione ultravioletta incide su elettrodi metallici facilita ilpassaggio di una scintilla. Successivi esperimenti mostrarono che le particelle carichesono emesse dalle superci metalliche quando queste ultime vengono irradiate da ondeelettromagnetiche di alta frequenza. Gli aspetti pi importanti che emersero dai datisperimentali furono il fatto che vi una frequenza di soglia della radiazione incidentesotto la quale, qualunque sia lintensit, non si verica nessuna emissione di elettroni;10 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICAgli elettroni fuoriescono con valori del modulo della velocit che vanno da zero no adun valore vmax tale che lenergia cinetica corrispondente alla stessa vmax dipende linear-mente dalla frequenza della radiazione incidente e non dipende dalla sua intensit, che proporzionale al valor medio del modulo del quadrato del campo elettrico

E; il numerodi elettroni emessi per unit di tempo risulta essere, per una data frequenza della radia-zione incidente, proporzionale allintensit della radiazione; lemissione di elettroni siverica immediatamente non appena la radiazione comincia ad incidere sulla supercie,senza che trascorra nessun intervallo di tempo. Secondo la sica classica ci si potevaattendere che lenergia cinetica massima degli elettroni emessi sarebe aumentata con ladensit di energia (o intensit) della radiazione incidente, indipendentemente dalla fre-quenza, ma questo non si acccorda con losservazione. Inoltre secondo la teoria classicalenergia incidente distribuita uniformemente su tutta la supercie illuminata e poichper estrarre un elettrone da un atomo occorre che la radiazione sia concentrata su una-rea delle dimensioni atomiche, allora dovrebe trascorrere un intervallo di tempo primache la radiazione possa arrivare ad incidere sulla regione con le dimensioni opportune.Einstein forn nel 1905 una spiegazione per questi strani aspetti delleffetto fotoelet-trico basata sullestensione della teoria di Planck della quantizzazione della radiazionedi corpo nero. Nella teoria di Planck gli oscillatori che rappresentano la sorgente delcampo elettromagnetico possono vibrare con energie E= nh, mentre Einstein formu-l lipotesi che il campo elettromagnetico stesso fosse quantizzato e che la radiazioneelettromagnetica fosse costituita da corpuscoli denominati quanti di luce o fotoni chesi muovono con la velocitc della luce e trasportano un quanto di energiaE=h.I fotoni sono sufcientemente localizzati, in modo tale che lintero quanto di energiapossa essere assorbito da un atomo istantaneamente e possa essere pertanto usato perestrarre un elettrone dallatomo. A causa delle interazioni dellelettrone emesso con glialtri atomi, occorre che la radiazione incidente abbia una certa energia minimaUperestrarre lelettrone, da cui segue che lenergia cinetica massima di un fotoelettrone data da(1/2) mv2max= h U (1.3)e la frequenza di soglia s assume il valore s=U/h ottenuto per vmax= 0.Pertanto per innalzare lenergia degli elettroni fuoriusciti, occorre aumentare la fre-quenza della radiazione incidente, perch dalla (1.3) si ha che pi pacchetti si inviano,maggiore lenergia che gli elettroni ricevono. Quindi losservazione delleffetto fotoe-lettrico sembrava confermare lidea dei pacchetti introdotta da Planck per la radiazionedi corpo nero, ovvero gli studi sulleffetto fotoelettrico e sulla radiazione di corpo neroconducevano alla visione corpuscolare della radiazione elettromagnetica costituita dafotoni in base alla quale anche la riessione della luce con un angolo pari a quello diincidenza assomigliava al rimbalzo di una pallina (corpuscolo) su una parete. Ma laradiazione elettromagnetica possiede anche una natura ondulatoria che, come noto, simanifesta nel fenomeno della diffrazione in cui si osservano le frange dinterferenza.1.3. INTERFERENZA OTTICA E DUALIT ONDA-PARTICELLA 111.3 Interferenza ottica e dualit onda-particellaData una radiazione che passa attraverso due fenditure, si ha che nel punto di osserva-zione P(g. 1.1) le due onde (passanti per le due fenditure) si sommano in fase (g.1.3) perch hanno percorso uguale cammino ottico. Nel punto di osservazioneQ in-vece le due onde giungono dopo aver percorso due differenti cammini ottici sfasati diuna quantit (g. 1.2). Se vale =n, con lunghezza donda della radiazione,allora le due onde si sommano ancora in fase, come per il punto P. Se invece risulta=n/2, allora segue che le due onde, interferendo, si annichilano (g. 1.4). Seteniamo aperta soltanto una delle due fenditure, allora si ottiene uno spettro simme-trico centrato sulla fenditura aperta (g. 1.5); mentre se teniamo aperte entrambe lefenditure, non si ottiene la sovrapposizione dei due spettri relativi alle fenditure aperteseparatamente (g. 1.6), come ci si potrebbe attendere, ma poich in alcuni punti diosservazione si ha=n e in altri=n/2, si ottiene limmagine di interferen-za riprodotta nella gura 1.7. La radiazione, dunque, per lelettromagnetismo classicopossiede natura ondulatoria non spiegabile in termini di fotoni perch linterferenza simanifesta anche se lintensit della radiazione cos debole da produrre (in media) unsolo fotone nel percorso fra la sorgente e lo schermo su cui vengono osservate le fran-ge dinterferenza. Come vedremo nel prossimo capitolo, anche gli elettroni, che puresono particelle (cio corpuscoli), quando vengono inviati contro una lastra avente duefenditure, generano fenomeni di interferenza analoghi ai fenomeni di interferenza otticaappena discussi che sono tipici della natura ondulatoria della radiazione elettromagne-tica. Si deve concludere pertanto che vi in natura una dualit onda-particella, ovveroun legame inestricabile fra i comportamenti ondulatorio e corpuscolare delle particellee della radiazione elettromagnetica.PF1F2g. 1.1QF2F1g. 1.212 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICALa meccanicaquantistica che nacque per spiegare, fragli altri, i fenomeni dellaradiazionedi corponeroedelleffetto fotoelettrico, si rivelata esserelateoriachepermetteva di conciliare la natura corpuscolare delle particelle conosciute no ad allo-ra con il loro comportamento ondulatorio e analogamente la natura ondulatoria dellaradiazione con il suo comportamento corpuscolare in quanto costituita da fotoni.Fig. 1.3 Fig. 1.4F1F2Fig. 1.5F1F2Fig. 1.6F1F2Fig. 1.7Capitolo 2Formalismo generale nella notazione diDiracSecondo Feynman, ci che diede lispirazione per lo sviluppo matematico della mec-canica quantistica, ovvero la chiave per capire come nata la meccanica quantistica, stato il fenomeno dellinterferenza ottica.Per far rientrare il comportamento ondulatorio degli elettroni nel quadro delle leggidellottica, il sico De Broglie associ allelettrone avente impulso p unonda elettro-magnetica avente lunghezza donda = h/p in modo tale che la dualit onda-particellaavesse una chiara simmetria per cui le onde si comportano come particelle e le particellesi comportano come onde aventi una ben precisa lunghezza donda.Come abbiamo detto, la natura ondulatoria delle particelle si manifesta nel fenomenodellinterferenza ottica. Infatti, come dimostra il fenomeno della diffrazione di Braggin fasci di particelle, osservato anche nel 1927 da Davisson e Germer che utilizzaronofasci di elettroni, se si inviano degli elettroni attraverso le due fenditure di una lastra,non si osserva uno spettro dato dalla sovrapposizione dei due spettri ottenuti inviandogli elettroni attraverso una sola fenditura tenendo chiusa laltra (g. 1.6); si osservapiuttosto una gura di interferenza analoga a quella appena illustrata relativamente allaradiazione (g. 1.7). Questa interferenza vale inoltre elettrone per elettrone, cio seinviamo elettroni uno alla volta e attendiamo che ne giunga uno sulla lastra prima cheparta il successivo, dopo che siano stati inviati un certo numero di elettroni, si osservasempre comunque la stessa gura di interferenza di prima (g. 1.7).Allora occorre introdurre una probabilit che lelettrone cada in un certo punto dellalastra. Questa probabilit teorica e non pratica, come invece in teoria cinetica deigas e in meccanica statistica.In teoria cinetica dei gas e in meccanica statistica la necessit di descrivere la dinami-ca microscopica in termini probabilistici derivava dal problema pratico dovuto alla gran-de quantit delle particelle coinvolte nei fenomeni il cui stato dinamico incontrollabilea causa dellelevato numero dei gradi di libert del sistema.1314 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACNellinterferenza di elettroni la probabilit teorica perch in realt la loro dinamica completamente sotto controllo senza che vi siano variabili nascoste non controllabili.Nel caso dellinterferenza ottica si aveva che essa derivava dal valor medio dellin-tensit (

E1 +

E2)2), dove

E1 e

E2 sono i campi elettrici associati alle due onde: quindiil concetto di probabilit quantistica non risiede tanto in una densit di probabilit in s,bens in una funzione (x) il cui quadrato (o, per meglio dire, il cui modulo elevato alquadrato) dia la probabilit che la particella si trovi nella posizione x, in tutta analogiacon il caso ottico(

E1 +

E2)2) = I1 + I2 + 2 I1I2) (x) = 1(x) + 2(x)2.1 Spazio degli stati possibiliDunque dallottica siamo indotti (dire siamo indotti pi corretto che dire abbiamodedotto) a introdurre il concetto di stato della particella: lo stato 1 rappresenta la situa-zione in cui solo la fenditura 1 aperta, lo stato 2 rappresenta la situazione in cui solola fenditura 2 aperta e lo stato dato dalla combinazione lineare dei due rappresenta lasituazione in cui entrambe le fenditure sono aperte.Mentre in meccanica classica,dati due stati possibili, il vericarsi di uno di essiesclude il vericarsi dellaltro, in sica quantistica, dati due stati possibili, si pu ave-re anche uno stato che sia combinazione lineare dei due il quale, utilizzando semprelanalogia ottica, corrisponde al passaggio della particella attraverso le due fenditurecontemporaneamente. In sica quantistica, dunque, occorre introdurre quello che vie-ne denominato principio di sovrapposizione, che stabilisce che, dati due stati di unaparticella, lostatoottenutoconlacombinazionelinearedeidueancoraunostatopossibile della particella. Questa la metodologia di descrizione che meglio si addiceallinterferenza di elettroni.Poich questa probabilit quantistica sensibile alle combinazioni lineari, cio, datedue funzioni1(x) e2(x), si deve poter costruire la loro sovrapposizione data dallacombinazione lineare(x)=1(x) + 2(x), allora segue che le j(x) formano unospazio vettoriale generalmente complesso dotato di prodotto scalare, indicato con (, ),e, se lo spazio ha dimensione n nita, denito dalla relazione(w, v) :=n

i=1wivi, per ogni w = (w1, w2, ..., wn), v = (v1, v2, ..., vn)Se la dimensione dello stato invece innita, allora si denisce il prodotto scalareper ogni e dato da(, ) :=_+(x) (x) d3x2.1. SPAZIO DEGLI STATI POSSIBILI 15Come notazione abbiamo nel caso di dimensione nita v=(v1, v2, ..., vn) e nelcaso di dimensione innita = (x). A questo punto introduciamo allora la notazionedi Dirac che consiste nellindicare i vettori di stato, indipendentemente dalla dimensionedello spazio, con il simbolov= [v) e = [)dove [) viene chiamato vettore ket o semplicemente ket.I ket formano dunque quello che chiamiamo spazio degli stati possibili, il quale,afnchpossavalereilprincipiodisovrapposizione, devequindiessereunospaziovettoriale dotato di prodotto scalare o, pi in generale per comprendere anche il caso didimensione innita, uno spazio di Hilbert.Formuliamo poi lipotesi che ad ogni situazione sica concreta corrisponde un ketdello spazio degli stati possibili e che, viceversa, ad ogni ket dello spazio degli statipossibili corrisponde una situazione sica concreta.In questo spazio il ket [) un oggetto astratto che prende forma concreta solo quan-do lo esprimiamo rispetto ad una ssata base: scrivere [) =(x) signica esprimereil ket nella base delle funzioni di x.Nella notazione di Dirac abbiamo poi che il vettore trasposto e complesso coniugatodel generico ket [a) il vettore denominato bra e indicato con il simbolo a[.Abbiamo detto che la densit di probabilit della x (in una dimensione) data dal-lespressione [(x)[2da cui segue che il valor medio di x, indicando dora in poi il valormedio con il simbolo ), dato dax) =_+x[(x)[2dxAllorasela(x)descrive tutto lo stato dellaparticella, si debbono potercalco-larei valorimedidi ognialtraosservabilesica(oltreallaposizione), peresempiodellimpulso px, dato da px).Per capire come si calcolano i valori medi delle osservabili, scriviamox) =_+x[(x)[2dx =_+(x) x(x) dxda cui segue che nella notazione di Dirac tale valor medio si esprime nella forma, dettabracketx) = [x[)dove con la scrittura x[) intendiamo lazione delloperatore lineare x sul ket [) de-nita appunto, nella base delle funzioni di x, come prodotto x(x) del valore x per lafunzione(x). In virt dellanalogia fra la meccanica quantistica e il fenomeno del-linterferenza ottica, la funzione(x), che rappresenta lo stato della particella, vienedenominata allora funzione donda.16 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACAllora deduciamo che per calcolare il valor medio di una generica osservabile -sicainundatostato [), bastasostituireloperatorelinearecorrispondenteaquel-losservabileal postodi xin [x[). Per lagrandezzaimpulsopxsi hadunque[px[) =_+(x) px(x) dxQuello che dovremo fare sar allora trovare il modo di esprimere, rispetto ad unassata base, gli operatori lineari corrispondenti alle osservabili siche.Poich il valor medio di una serie di misure effettuate per una certa grandezza sica ovviamente un numero reale, allora concludiamo che, se vogliamo che la teoria abbiaun senso, loperatore lineare corrispondente ad unosservabile sica deve essere tale cheil suo valor medio calcolato su qualunque ket di stato sia sempre un numero reale.2.2 Osservabili e operatori lineariIn meccanica quantistica dunque per calcolare il valor medio della misura di unosser-vabile A su uno stato, occorre trovare loperatore lineare corrispondente allosservabilee calcolare il suo bracket rispetto allo stato assegnato. Nel seguito utilizzeremo i ter-mini osservabili e operatori lineari come sinonimi, indicando dunque con lo stessosimbolo A tanto losservabile A quanto loperatore lineare associato allosservabile A.Anticipandoche, comedimostreremoinseguito, nellabasedellefunzioni di xloperatore impulso dato dapx:= iddxverichiamo che il valor medio[px[) = i_+(x)ddx (x) dxsia effettivamente un numero reale. Si ha integrando per parti[px[) = i_+(x)ddx (x) dx == i_+(x)ddx (x) dx = [px[)dove laddendo del metodo per parti dato dal prodotto risulta pari a zero nei dueestremi per le propriet asintotiche della (x). Poich vale[px[) = [px[)concludiamo che il valor medio [px[) dunque un numero reale puro.2.2. OSSERVABILI E OPERATORI LINEARI 17Quindi se lespressione di px non avesse lunit immaginaria i, allora il valor mediodelloperatore px dato da [px[) sarebbe immaginario puro; inoltre se lo spazio deglistati non fosse complesso, allora il valor medio di px sarebbe sempre nullo perch_+(x)ddx (x) dx =12_+ddx [(x)]2dx =12 [(x)]2[+= 0Dati allora due operatori lineari Ae B sullo spazio degli stati possibili, dimostriamoche se vale (v, Aw) = (v, Bw) per ogni v, w, allora segue luguaglianza A = B.Infatti si ha per ogni v, w e ponendo ad un certo punto v = (AB) w(v, Aw) = (v, Bw) ( v, (AB) w) = 0 ( (AB) w, (AB) w) = 0 [(AB) w[2= 0 (AB) w = 0 AB= 0Dato un operatore lineare A, si denisce operatore aggiunto o operatore hermitianoconiugato di A loperatore lineare B per il quale si verica luguaglianza(Bw, v) = (w, Av) (2.1)Se sviluppiamo le forme bilineari dei prodotti scalari (in dimensione nita)(Bw, v) = (wTBT)v(w, Av) = (wT)Av= (wTA)ve confrontiamo i risultati ottenuti, perveniamo alluguaglianzaBT= Ada cui ricaviamo la relazione fra loperatore A e il suo hermitiano coniugato B data daB= (AT):= A+Un operatore A si dice autoaggiunto o hermitiano se vale la relazioneA = A+In realt nellAnalisi Funzionale i due concetti di operatore aggiunto e di operatorehermitiano coniugato, cos come i due concetti di operatore autoaggiunto e di opera-tore hermitiano, non sono proprio sinonimi e la differenza sta nel dominio in cui essiagiscono perch in uno spazio di dimensione innita debbono essere tenuti in conside-razione anche eventuali problemi di convergenza degli integrali che esprimono le formebilineari dei prodotti scalari.18 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACNon preoccupandoci per il momento di tali problemi e assumendo come equivalentii due concetti, dimostriamo che se A un operatore hermitiano, allora si ha che il suovalor medio (, A) sempre reale.Si ha infatti(, A) = (A, ) = (, A)cio(, A) = (, A)e dunque (, A) sempre reale.Nella notazione di Dirac esprimiamo quindi il prodotto scalare per le forme bilinearicon il bracket[A[) := (, A)e utilizzando la (2.1) possiamo scrivere allora[A[) = (, A) = (A+, ) = (, A+) [A+[)da cui segue che la relazione che denisce loperatore aggiunto data da[A[) = [A+[) oppure [A[) = [A+[)Inne si ha[) = [), A[) = [1), [A+= 1[Nello spazio degli stati possibili [) un prodotto scalare astratto che nella basedelle funzioni di x si esprime rispetto alle componenti dei vettori[) =_+(x) (x) dxIn meccanica quantistica la misura di unosservabile in uno stato si effettua imma-ginando di avere innite repliche del sistema in modo che si possa eseguire tale misurasu ogni replica e si pervenga al valor medio nale. Poich dunque il valor medio diunosservabile la quantit reale misurata, gli operatori associati alle osservabili sonosoltanto gli operatori hermitiani nello spazio degli stati possibili perch questa classe dioperatori, come dimostrato, fornisce sempre valor medio reale su ogni stato.Dimostriamo ora laltra importante propriet di un operatore hermitianoA per laquale esso possiede soltanto autovalori reali e gli autovettori relativi ad autovalori di-stinti sono ortogonali.Data infatti lequazione agli autovalori (detta anche equazione secolare) diA e lasua coniugataA[1) = 1[1) e 1[A = 11[,2.2. OSSERVABILI E OPERATORI LINEARI 19moltiplicando la prima per il bra 1[ e la seconda per il ket [1), otteniamo1[A[1) = 11[1) e 1[A[1) = 11[1)da cui, sottraendo membro a membro, segue (1 1)1[1)=0 e dunque 1=1,ovvero che lautovalore 1 un numero reale.Moltiplicando poi lequazione secolare A[1) = 1[1) per il bra 2[ e lequazionesecolare 2[A = 22[ per il ket [1) (lautovalore 2 nellequazione coniugata statoscritto senza complesso coniugato perch gli autovalori sono reali), otteniamo2[A[1) = 12[1)2[A[1) = 22[1)da cui, sottraendo membro a membro, segue (1 2)2[1)=0 e dunque lortogo-nalit data da 2[1) = 0 se 1 ,= 2.Scegliendo nellautospazio relativo ad un eventuale autovalore degenere gli autovet-tori in modo che siano a due a due ortogonali, concludiamo che gli autovettori di unoperatore hermitiano A formano una base completa ortogonale dello spazio degli statipossibili. Prendendo poi tutti gli autovettori con norma unitaria, otteniamo una basecompleta ortonormale formata dagli autovettori normalizzati [i) delloperatore A, peri quali vale la relazione di ortonormalit i[j) = ij, con ij detta delta di Kronecker.Dato allora un generico stato (ket) [), possiamo svilupparlo come combinazionelineare dei vettori di tale base ortonormale scrivendo[) =

ici[i)in cui i coefcienti ci della combinazione si ottengono moltiplicando scalarmente amboi membri per il bra j[j[) =

icij[i) =

iciji = cjin modo da ottenere in conclusionecj= j[)Allora per ogni generico ket [) abbiamo lo sviluppo[) =

j[j)j[)da cui ricaviamo che

j[j)j[20 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC loperatore identit 1 perch quando esso agisce sul ket [) lo lascia invariato. Allorail singolo operatore Tj= [j)j[ un proiettore sulla direzione [j) perch Tj[) un vettore avente la direzione dellautovettore [j) e inoltre si verica immediatamentela propriet degli operatori di proiezioneT2j= [j)j[i)i[ = [j)iji[ = [j)j[ = Tj2.3 Misura di unosservabileData unosservabileAavente equazione agli autovaloriA[i) =i[i), se calcolia-moil suovalormedionellautostato [i), otteniamocomerisultatolautovaloreicorrispondente allautoket [i), cioi[A[i) = i[i[i) = ii[i) = iSe misuriamo losservabile A2nellautostato [i), otteniamo valor medioi[A2[i) = i[AA[i) = ii[A[i) = 2ii[i) = 2iDa questi risultati deduciamo che nellautostato [i) il valore della misura dellos-servabile A con certezza, cio con probabilit 1, lautovalore i corrispondente allau-tostato [i) in cui stata misurata A, perch la varianza di tale misura zero, come sivede calcolando2= (AA))2) = A22AA) + (A))2) == A2) 2A)A) + (A))2= A2) (A))2= 2i 2i= 0La nostra interpretazione allora che la misura di unosservabile A fornisce semprecome risultato uno degli autovalori delloperatore lineare associato ad A.Se quindi misuriamo A su un generico ket [), il valor medio di A su [), indicatocon il simbolo A) o semplicemente con A) se non vi equivoco sul ket, dato daA)= [A[) =

i[A[i)i[) =

ii[i)i[) ==

ii[i)[i) =

ii [[i)[2Il risultato ottenutoA):= [A[) =

ii [[i)[2(2.2)2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 21 la relazione fondamentale per linterpretazione probabilistica della meccanica quanti-stica: se il sistema si trova in un autoket [i) di A, allora la misura di A fornisce comerisultato con probabilit 1 lautovalore i corrispondente allautoket [i); se il sistemasi trova invece in un generico ket [), allora la misura di A fornir come risultato unodegli autovalori delloperatore A, diciamo i, con probabilit data da [[i)[2.Si verica immediatamente che i valori [[i)[2sono delle probabilit perch si ha

i[[i)[2=

i[i)i[) == [_

i[i)i[_ [) = [) = 1Sottolineiamo che tale interpretazione probabilistica della meccanica quantistica de-riva dalla struttura della relazione (2.2) in cui si ha la sommatoria di addendi ognuno deiquali il prodotto di un numero i per un peso [[i)[2: poich, come visto, la sommadei pesi vale 1, allora interpretiamo i valori i appunto come i risultati della misura e ipesi rappresentati da [[i)[2come probabilit che esca quel valore i della misura, intutta analogia con la denizione di valor medio nella teoria della probabilit.2.3.1 Caso degli operatori continui in dimensione innitaDato un operatore hermitiano A in dimensione nita, abbiamo visto che dalla sua equa-zione secolare A[i) = i[i) segue la relazione di ortonormalit i[j) = ij.Se abbiamo in dimensione innita un operatore continuo, come per esempio lope-ratore x della posizione che nella base delle funzioni di variabile x agisce come prodottoper la funzione donda (x), allora si presenta un problema sugli autovalori e sulla loronormalizzazione.Se consideriamo lesempio delloperatore di posizione la cui equazione secolare x(x) = (x) (2.3)riscrivibile nella forma(x ) (x) = 0, abbiamo che le autofunzioni sono(x) =_0 se x ,= c se x = (2.4)Nella teoria degli spaziLp(ricordiamo che tra tutti gli spaziLp, conp 1, sol-tanto lo spazio L2 uno spazio di Hilbert) le funzioni sono denite uguali fra loro sedifferiscono al pi in un insieme di misura nulla. Lautofunzione (x) in (2.4) allorauna funzione equivalente alla funzione identicamente nulla su tutto lasse reale perchdifferisce da questa soltanto in x = , cio appunto in un insieme di misura nulla.22 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACPoich quando scriviamo unequazione secolare cerchiamo autofunzioni non nul-le, allora la (x) data dalla (2.4) una soluzione inadeguata dellequazione secolaredelloperatore di posizione.La soluzione va cercata allora non nella classe delle funzioni ordinarie, bens nel-la classe di quelle che vengono denominate distribuzioni: ricorrendo alle distribuzionipossiamo porre(x) = (x ) (2.5)dove () la distribuzione detta delta di Dirac, denita in modo tale che_+(x) dx = 1 e_+f(x) (x x0) dx = f(x0)per ogni funzione di prova f(x) che sia continua in R e il cui modulo sia, come si dicenel linguaggio della teoria delle distribuzioni, rapidamente decrescente allinnito.Nellambito della teoria delle distribuzioni, la (x) in (2.5) una soluzione di (2.3)perch per ogni funzione di prova f(x) si ha_+(x ) (x) f(x) dx =_+(x ) (x ) f(x) dx = 0Abbiamo poi, in base al teorema spettrale, lortogonalit delle autofunzioni relativead autovalori distinti perch il prodotto scalare di (x) e (x), con ,= , [ ) =_+(x) (x) dx =_+(x ) (x ) dx = ( ) = 0Rimane comunque il problema della norma di unautofunzione perch se si esegueil prodotto scalare di unautofunzione con se stessa si ottiene[) =_+(x) (x) dx =_+(x ) (x ) dx = (0) = Considerando spettri discreti e continui, la relazione di completezza si scrive nellaforma1=

discreto[)[ +_continuo[)[ ddove, per ipotesi,consideriamo disgiunti il sottoinsieme degli autovalori discreti e ilsottoinsieme degli autovalori continui.Ogni ket corrispondente ad un autovalore del sottoinsieme discreto allora ortogo-nale a tutti i ket corrispondenti ad autovalori continui e ogni ket corrispondente ad unautovalore del sottoinsieme continuo ortogonale a tutti i ket con autovalore discreto.2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 23Cos come se applichiamo lidentit al ket [) di autovalore discreto , otteniamocome risultato [) perch

discreto[)[) +_continuo[)[) d ==

discreto[)[) = [)analogamente se applichiamo lidentit al ket [) di autovalore continuo , dobbiamoottenere ugualmente il ket [) inalterato, ovvero

discreto[)[) +_continuo[)[) d ==_continuo[)[) d = [) (2.6)Poich vale la relazione_continuo( ) [) d = [) (2.7)segue, confrontando la (2.6) con la (2.7), che deve valere[) = ( )Il valor medio di unosservabile in uno stato [) si generalizza nella forma[A[) =

discreto [[)[2+_continuo [[)[2dcon il medesimo signicato probabilistico dei pesi [[)[2gi introdotto.Se lo stato [) non fosse normalizzato, nel senso che la sua norma [) fosse nitadiversa da 1 o innita, allora [[)[2 proporzionale alla probabilit (nel discreto) odensit di probabilit (nel continuo):quindi se [[)[2non fosse ben denito perch,per esempio, pari a innito, allora si ha che ben denita la quantit[[)[2[[)[2perch le costanti di proporzionalit (anche eventualmente di valore innito) si sempli-cano.24 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC2.3.2 Misura simultanea di osservabiliFacciamo lipotesi (postulato) che se ripetiamo la misura di unosservabile Ain un certostato [) un istante dopo averla gi eseguita, si ottenga di nuovo come risultato lo stessovalore gi ottenuto nella prima misura.Se la prima misura ha dato come risultato lautovalore con probabilit [[)[2,allora afnch con certezza si ottenga di nuovo il valore nella misura istantaneamentesuccessiva, deve accadere che lo stato [), dopo la prima misura, collassi (ovvero pre-cipiti) nello stato [) corrispondente allautovalore ottenuto con la prima misura, per-ch soltanto in un suo autostato [) losservabile A dar dunque nella seconda misuralautovalore con probabilit 1.Questo problema del collasso istantaneo del sistema in un autostato sembrerebbe incontraddizione i postulati della relativit ristretta e per questo Einstein non accett maila meccanica quantistica (Gott wrfelt nicht, ovvero Dio non gioca a dadi).Dato un operatore A e la sua decomposizione, detta decomposizione spettraleA = A1=

nn [n)n[deniamo operatore composto di A, indicato con f(A), loperatoref(A) =

nf(n) [n)n[Dal confronto fra primo e ultimo membro della catena di uguaglianze((AB)+, ) = (, AB) = (A+, B) = (B+A+, )si deduce che loperatore hermitiano coniugato delloperatore prodotto AB dato dallarelazione (AB)+= B+A+. Se A e B sono operatori hermitiani, allora si ha(AB)+= B+A+= BA ,= ABcio loperatore AB, prodotto di due operatori hermitiani, non in generale un operatorehermitiano. Dopo aver denito il commutatore di due operatori Ae B come loperatore,indicato con [A, B], dato da [A, B]=AB BA, dimostriamo il teorema che affermache due operatori A e B commutano (cio il loro commutatore zero) se e solo se essihanno gli stessi autovettori (relativi eventualmente ad autovalori diversi).Supponiamo che A e B abbiano gli stessi autovettori (con autovalori diversi)A[i) = i[i) e B[i) = i[i)allora segue che moltiplicando la prima relazione per B e la seconda per A, si ottiene(BA) [i) = iB[i) = (ii) [i) e (AB) [i) = iA[i) = (ii) [i)2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 25Poich dunque i due operatori AB e BA forniscono lo stesso risultato quando agi-scono sui vettori della base costituita dai loro autovettori, allora essi daranno lo stessorisultato su ogni vettore dello spazio, ovvero vale AB= BA, cio [A, B] = 0.Supponiamo ora, viceversa, che valga [A, B]=0 con A[)=[).MoltiplicandoperBambo i membri dellequazione secolare diA, otteniamo(BA) [)=B[), equindi, per la commutativit di A e B, la relazioneA(B[)) = (B[)) (2.8)dalla quale ricaviamo che il vettore B[) ancora autovettore di A con autovalore .La relazione (2.8) compatibile con due possibilt: il vettore B[) potrebbe essereil vettore nullo, nel qual caso diremmo che [) autovettore di Acon autovaloree autovettore diBcon autovalore zero; se invece risultaB[) , =0 e autovalorediA non degenere, allora segue cheB[) un vettore avente la medesima direzionedellautovettore [) diA, cio vale la relazioneB[) =c [) che esprime [) comeautovettore di B con autovalore c.Se invece lautovalore di A fosse degenere, diciamo, senza perdita di generalit,con molteplicit algebrica 2, alloraA possiede un autospazio bidimensionale, indica-to conS2, costituito da tutti autovettori relativi al medesimo autovalore. Abbiamoquindi,scegliendo [)1e [)2come vettori di base ortonormali in questo autospaziobidimensionale S2,A[)1= [)1e A[)2= [)2In questo caso la relazione (2.8) diventaA(B[)i) = (B[)i)dalla quale non discende pi che il vettoreB[)i parallelo allautovettore [)i,masoltanto che il vettore B[)i appartiene al sottospazio bidimensionale S2, ovveroB[)i=

jcji[)j(2.9)Per determinare i coefcienti cji, moltiplichiamo ambo i membri della (2.9) per ilbrak[ e otteniamok[B[)i=

jcji(k[)j) =

jcjikj= ckiAbbiamo inne che i coefcienti cji sono elementi di una matrice hermitiana perchvale la relazionecji =j[B[)i=i[B+[)j=i[B[)j= cij26 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACDimostriamo allora che in S2 esistono sempre due autovettori di A, [1) e [2), chesiano anche autovettori diB: riferendoci soltanto ad uno di essi, per esempio allau-tovettore [1), avremo che [1) esprimibile come combinazione lineare dei vettori dibase dellautospazio S2[1) = 1[)1 + 2[)2edovremoalloradeterminarei coefcienti 1e2inmodochevalgalequazionesecolare B[1) = [1), cioB(1[)1 + 2[)2) = (1[)1 + 2[)2) (2.10)Sviluppando il primo membro della (2.10) si haB_

ii[)i_ =

iiB[)i=

j_

icjii_ [)jLa (2.10) pu allora essere riscritta nella forma

j_

icjii_ [)j= (1[)1 + 2[)2) =

j( j) [)jdalla quale discende che gli i vericano la relazione

icjii= jche unequazione agli autovalori per la matrice hermitiana di elementi cji.Tale equazione agli autovalori fornisce due autovettori bidimensionali u = (11, 12)ev=(21, 22): le due componenti di u rappresentano i coefcientiiper ottenerelautovettore [1) e le due componenti di v rappresentano i coefcienti i per ottenerelautovettore [2).In conclusione, dunque, dopo che stata risolta lequazione secolare diA, se un autovalore degenere diA che d luogo ad una libert nella scelta degli autovetto-ri [) nellautospazio corrispondente, ovvero ad una non univocit nella scelta di taliautovettori, allora si cerca un altro operatore B che commuti con A tale cheA[, ) = [, ) e B[, ) = [, )In questo modo, come si dice, si rimuove la degenerazione dellautovalore diAnel senso che tra tutti gli autovettori [) corrispondenti allautovalore , ce n soltantouno, che chiamiamo [, ), che sia simultaneamente autovettore diA e diB. In altreparole, la richiesta che lautovettore di A corrispondente allautovalore degenere sia si-multaneamente anche autovettore di B, seleziona una direzione (ovvero un autovettore)2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 27in modo univoco nellautospazio dellautovalore degenere di A, rimuovendo appunto lalibert nella scelta di tali autovettori.Per chiarire il concetto della rimozione della degenerazione di un autovalore, consi-deriamo il seguente esempio in cui siano date le due osservabiliA =__1 0 00 0 10 1 0__e B=__0 1 11 0 11 1 0__Gli autovalori di A sono = 1, a cui corrisponde lautovettore u=(0, 1, 1) elautovalore doppio = 1, a cui corrisponde lautospazio bidimensionale S2 dato dalletriple (x, y, z) tali che y z= 0.Gliautovalori di Bsono=2, acui corrispondelautovettorev =(1, 1, 1) elautovalore doppio = 1, a cui corrisponde autospazio di dimensione 2 dato dalletriple (x, y, z) tali che x + y + z= 0.Per rimuovere la degenerazione dellautovalore doppio di A, scegliamo come coppiadi autovettori nel suo autospazio degenere S2 lautovettore v = (1, 1, 1) di B e il vettorew=(2, 1, 1) ortogonale av ancora inS2, che si pu ottenere analiticamente impo-nendo lappartenenza del vettore w a S2 data dallequazione y z= 0 e lortogonalitdi w a v data da x + y + z= 0.In conclusione abbiamo che i tre vettori u, v, w sono gli unici tre autovettori simulta-nei di A e di B e possiamo concludere pertanto che la richiesta che gli autovettori sianosimultaneamente autovettori di A e di B rimuove lindeterminazione della scelta degliautovettori nei sottospazi bidimensionali degeneri corrispondenti agli autovalori doppidi A e di B.Se B ancora non rimuove tutte le degenerazioni, allora si cerca un terzo operatore,indicato conC, che commuti conA eBtale che quando vi sia unindeterminazionenella scelta di autovettori in un autospazio degenere, la richiesta che tale autovettore siaautovettore anche di C selezioni la direzione nellautospazio.Un insieme di operatori lineari che commutino a due a due e tali che gli autostatisimultanei di tutti quanti siano non degeneri e quindi univocamente determinati, vienedetto insieme completo di operatori. In generale la quantit di operatori contenuti in taleinsieme pari al numero dei gradi di libert che il sistema considerato possiede e peruna singola particella la necessit di rimuovere eventuali degenerazioni si pone allora,in generale, soltanto nel caso di dimensione maggiore di 1.Se sviluppiamo un generico stato [) come combinazione lineare degli autovettorisimultanei [, ), cio[) =

,c,[, )otteniamo che il generico coefciente c, della combinazione dato, come gi visto,dalla proiezione , [) dello stato [) sullautostato [, ) simultaneo diA e diB(considerati come insieme completo di operatori).28 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACIl quadrato del modulo dic,, [, [)[2, fornisce la probabilit di avere in unamisura simultanea di A e di B, come gi visto, i valori per A e per B.Consideriamo quindi un operatore A e un suo autovalore degenere al quale corri-sponde un autospazio (per ssare le idee, senza perdita di generalit, di dimensione 2)in cui un operatore B, che commuti con A, ssi gli autovettori attraverso la condizioneche gli autovettori di A in questo sottospazio siano anche autovettori di B. Poich lautovalore degenere relativo ai due autovettori [, 1) e [, 2) simultanei diA eB,con autovalori 1 e 2 rispetto a B, poniamoA[, 1) = [, 1) e B[, 1) = 1[, 1)per il primo autovettore [1, 1) simultaneo di A e B eA[, 2) = [, 2) e B[, 2) = 2[, 2)per il secondo autovettore [, 2) simultaneo di A e B.A questo punto la probabilit di ottenere nello stato [) mediante una misura di A ilvalore data dallespressioneP= [, 1[)[2+[, 2[)[2che, come si dice in teoria della probabilit, la probabilit marginale di .In generale, dato un autospazio diA relativo ad un suo autovalore degenere, laprobabilit totale di ottenere con una misura di A P =

i[, i[)[2Verichiamo allora che T=

i[, i), i[ un operatore di proiezione: si haTT=

i,j[, i), i[, j), j[ =

i,j[, i), j[ ij==

i[, i), i[ = TSe ora proiettiamo lo stato [) sul sottospazio di A con autovalore e calcoliamo lanorma dello stato T[), abbiamo[TT[) = [T[) =

i[, i), i[) =

i[, i[)[2Quindi la misura di A sullo stato [) fa collassare il sistema in un autostato [, i)di A e la probabilit che la misura di A su [) dia valore data dalla regola gi vistain precedenzaP =

i[, i[)[22.4. RAPPRESENTAZIONE DI OPERATORI 292.4 Rappresentazione di operatoriDato un operatore A, un modo banale di trovare un operatore B che commuti con A quello di prendere B come funzione di A, ovvero B= 2A, B= A2e cos via.Un caso non banale di operatori che commutano quello in cui essi agiscono sugradi di libert diversi. Se abbiamo ad esempio i tre operatori di posizione relativi ai treassi cartesiani x, y, z, possiamo scriverex[x, y, z) = x[x, y, z), y [x, y, z) = y[x, y, z)z [x, y, z) = z[x, y, z)da cui si deduce che il ket [x, y, z) autostato simultaneo dei tre operatori x, y, z (senzaconsiderare lo spin, questi tre operatori formano un insieme completo) e rappresenta lostato di una particella localizzata nel punto (x, y, z).Quindi se abbiamo uno stato [), possiamo svilupparlo come combinazione lineare[) =

x,y,zcx,y,z [x, y, z)o nella forma integrale perch gli operatori di posizione sono continui. Allora il quadratodel modulo dei coefcienti, [cx,y,z [2, rappresenta la densit di probabilit di avere comerisultati nella misura delle coordinate della particella i valori x, y, z.Ricordando che la densit di probabilit che una particella si trovi nel punto (x, y, z) per denizione il quadrato del modulo della funzione donda, concludiamo che valeluguaglianza cx,y,z = (x, y, z) da cui segue[) =_(x, y, z) [x, y, z) dxdydz(2.11)Poich i coefcienti(x, y, z) dello sviluppo sono, come al solito, le proiezionidello stato sul corrispondente autovettore, abbiamo(x, y, z) = x, y, z[)chelarelazionechemostralequivalenzafrail formalismodellefunzionidonda(storicamentesviluppatosi perprimoconSchrdingercircanegli anni1924/1925) eil formalismo di Dirac dei bra e dei ket (circa degli anni 1926/1927).La relazione (2.11) rappresenta lo sviluppo del generico stato [) nella base degliautostati delle posizioni x, y, z.Vediamo ora come si esprime lazione di un operatore A sullo stato [) rispetto aduna certa ssata base.30 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACSe la base quella degli autostati di A stesso, allora[) =

[)[) =

()[)da cui segueA[) =

() A[) =

()[) (2.12)La grande importanza della relazione(2.12) risiede nel fatto che essa ci dice chequando si considera la base degli autoket [) di un operatoreA, lazione diA su unostato [) un vettore le cui componenti sono il prodotto dellautovalore corrispondenteper la funzione donda.Se consideriamo ora una base di vettori [n) non autostati diA, allora abbiamo larelazionen[A[) =

mn[A[m)m[) =

mAnmm(2.13)che ci dice che la componente del vettore A[) nella direzione [n) data da(A[))n=

mAnmmSi riconosce subito che se i ket [n) di base fossero gli autoket [) diA, allora larelazione (2.13) si ridurrebbe alla (2.12), perch(A[)) =

A =

[A[) =

= ()Storicamente la meccanica quantistica si sviluppata contemporaneamente dal pun-to di vista ondulatorio (Schrdinger) e dal punto di vista delle matrici (meccanica del-le matrici di Heisenberg): il formalismo di Dirac mostr lequivalenza di questi dueaspetti.2.5 Osservabili classiche e operatori quantisticiDalla sorprendente somiglianza che intercorre fra le parentesi di Poisson classiche e icommutatori quantistici, particolarmente evidente nellidentit di Jacobi, Dirac derivla regola per associare gli operatori quantistici alle osservabili classiche.Poich, dati due operatori Fe G, vale[F, G]+= (FGGF)+= G+F+F+G+= GF FG = [F, G]segue che il commutatore [F, G] non un operatore hermitiano, bens, come si dice, unoperatore antihermitiano.2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 31Dal momento, poi, che la meccanica quantistica deve tendere alla meccanica classicanel limite ditendente a zero, allora utilizziamo (per corrispondenza) come criterio perassociare un operatore alla corrispondente osservabile classica la relazione[F, G] = i F, G (2.14)dove il simbolo F, G rappresentala parentesi di Poisson classica delle osservabiliclassicheFeG e[F, G] indica il commutatore degli operatori associati alle osserva-bili.Nella (2.14) la presenza dellunit immaginaria rende hermitiano il commutatore,la presenza della costante di Planck assicura luguaglianza dimensionale perch laparentesi di Poisson ha le dimensioni date dal rapporto fra le dimensioni del prodottodelle osservabili diviso le dimensioni dellazione, mentre il commutatore ha le dimen-sioni del prodotto degli operatori. Inne si osserva immediatamente che nella (2.14) ilcommutatore tende a zero per tendente a zero, ovvero quando la meccanica quanti-stica si riconduce alla meccanica classica, il commutatore, come in effetti deve essere,tende a zero. In questo modo abbiamo che lassociazione degli operatori alle parentesidi Poisson, come si dice con il linguaggio della teoria dei gruppi, trasferisce lalgebradelle parentesi di Poisson ai commutatori.Poich in meccanica analitica si haqi, qj =

k_qiqkqjpkqjqkqipk_ = 0pi, pj =

k_piqkpjpkpjqkpipk_ = 0qi, pj =

k_qiqkpjpkpjqkqipk_ =

kik jk= ijseguono allora dalla (2.14) le relazioni fra operatori[qi, qj] = [pi, pj] = 0 e [qi, pj] = i ij(2.15)La presenza dunque dellunit immaginaria ci conferma che lo spazio degli stati inmeccanica quantistica uno spazio complesso.Le relazioni (2.15) sui commutatori fra gli operatori q e p non sono sufcienti a de-terminare in modo univoco gli operatori. Tale impossibilit analoga allimpossibilitdi risalire ai vettori a partire dalla misura di un prodotto scalare 1[2) o di unampiez-za di probabilit: il prodotto scalare di due vettori invariante se applichiamo ai vettoristessi una trasformazione U che sia unitaria, cio tale che U+U= 1.Dimostriamo che se trasformiamo i vettori e gli operatori mediante trasformazioniunitarie U secondo le regole[) U [) e O UOU+32 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACla sica rimane invariata, ovvero il prodotto scalare di due vettori, il valor medio e lospettro degli operatori non cambiano e i commutatori si trasformano anchessi come glioperatori.Sviluppando il prodotto scalare si ha infatti1[2) = 1[U+U[2) = 1[2)Sviluppando il valor medio di unosservabile O, si ha poi[O[) = ([U+) (UOU+) (U[)) = [U+UOU+U[)) = [O[)e trasformando lequazione secolare O[) = [), segue ancheO[) = (UOU+) U [) = U (O[)) = U ( [)) = U [) = [)ovvero O e O hanno lo stesso spettro di autovalori perch autovalore sia dellope-ratore O che delloperatore O.Si verica inne che sotto trasformazioni unitarie anche il commutatore si trasformacome un operatore perch si ha[A, B] = [UAU+, UBU+] = UAU+UBU+UBU+UAU+== UABU+UBAU+= U [A, B] U+ovvero il commutatore delle osservabili trasformate uguale al trasformato del commu-tatore delle osservabili.Si ha inoltre che UOU+ un operatore hermitiano perch vale la la condizione dihermitianit (UOU+)+= UO+U+= UOU+.Riassumendo, abbiamo allora che con le trasformazioni[) U [) e O UOU+i prodotti scalari di vettori, i valori medi e lo spettro degli operatori rimangono invariatie anche i commutatori si trasformano come operatori.Quindi gli operatori con lalgebra richiesta sono deniti a meno di trasformazioniunitarie.Le regole (2.15) ci dicono anche che due coordinate diverse qi eqjpossono esse-re misurate simultaneamente, due componenti diverse pi e pjpossono essere misuratesimultaneamente, la coordinata secondo un asse e la componente dimpulso secondoun altro asse possono essere misurate simultaneamente, ma la coordinata secondo unasse e la componente dimpulso secondo lo stesso asse non possono essere misuratesimultaneamente.2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 33La terza delle (2.15) permette poi anche di stabilire in generale la dimensione dellospazio degli stati. In dimensione nita n la (2.15) non sarebbe coerente perch si haTr [qi, pi] = Tr (qipi) Tr (piqi) = 0mentre vale Tr (1) = n.In dimensione innita abbiamo invece che entrambe le tracce valgonoTr [qi, pi] = Tr (1) = Quindi concludiamo che lo spazio della meccanica quantistica deve essere uno spa-zio complesso e generalmente di dimensione innita.Senzaconsiderarelospin, glioperatori qieqjformanouninsiemecompletodioperatori, cos come gli operatori pi e pj. Lelettrone che ha spin imporr che si consideriun altro operatore che commuti con la posizione.In rappresentazione cartesiana e nella base degli autostati della posizione si ha, comegi visto, (x, y, z) = x, y, z[) e x, y, z[x[) = x(x, y, z) che la relazioneche esprime la componente di x[) nella direzione dellautostato [x, y, z) di x stessonella forma di prodotto dellautovalore per la funzione donda.Per determinare lespressione delloperatore p nella base degli autostati della posi-zione in dimensione 1, utilizziamo la terza delle regole di commutazione (2.15). Con-sideriamo loperatorep = iddx(2.16)e calcoliamo quindi il commutatore di x e p, pensato, al pari di ogni operatore differen-ziale, come agente su una funzione appartenente ad un opportuno spazio di funzioni_x, iddx_(x) = i x d(x)dx+ iddx [x(x)] = i (x)da cui si deduce che per ogni funzione (x) vale_x, iddx_ = iConcludiamo allora che se utilizziamo per loperatorep lespressione (2.16), valedunque la regola di commutazione fra x e p espressa dalla (2.15).La relazione (2.16) pertanto un candidato a rappresentare loperatore p nella basedegli autostati della posizione; ma se ci basiamo sulla regola (2.15), allora dovremmodire che anche il commutatore di x con loperatorep = iddx+ F(x)con F(x) reale per lhermitianit, fornisce risultato i perch x commuta con F(x).34 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC2.5.1 Trasformazioni unitarie e operatore impulsoA questo punto allora ricorriamo ad una trasformazione unitaria (analoga alla trasforma-zione di gauge dellelettromagnetismo per il potenziale scalare e il potenziale vettore),rispetto alla quale la sica rimane invariata, ma che permetta di scegliere una volta pertutte F(x) = 0 e dunque la rappresentazione delloperatore impulso data semplicementedalla relazione (2.16).In generale se un operatore A diagonale con spettro non degenere (cio rappresen-tato nella base dei suoi autostati), allora un altro operatore B commuta con A se e solose anche B diagonale nella stessa base. Infatti, essendo Aij= iij, si ha per i ,= k[A, B]ik= 0

l(AilBlkBilAlk) =

l(iilBlkBilllk) == iBikBikk= (ik) Bik= 0Bik= 0se i ,= kovvero, dato A operatore diagonale, B commuta con A se e solo se i suoi elementi fuoridalla diagonale sono nulli, cio appunto se e solo se anche B diagonale.Poich vogliamo che loperatore di posizione q che agisce come moltiplicazione peril valore q, rimanga invariato, scegliamo la trasformazione unitaria U in modo che essalasci tale operatore invariato, ovvero in modo che si abbia la relazioneUqU+= qequivalente alla relazioneUq =qU. Afnch loperatoreq rimanga invariato, la tra-sformazione unitariaUdeve allora commutare conqstesso e siccomeq diagonalenella base dei suoi autovettori, per quanto detto precedentemente, ancheU, per potercommutare con q, deve essere diagonale nella stessa base.Ricordando che rispetto alla base in cui esso si diagonalizza, un operatore agiscecome moltiplicazione di una funzione di q per la funzione donda, allora poniamoU(q) = u(q)(q)con UU+= 1 e U+(q) = u+(q). Nel caso di dimensione 1 si ha in particolareu(q) = ei(q)Con questa trasformazione gli stati e gli operatori si trasformano rispettivamentesecondo le regole(q) = U(q) = ei(q)(q), q= ei(q)qei(q)= q, p = ei(q)pei(q)Vediamo dunque come si trasforma loperatore p avente espressionep = iddq+ F(q)2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 35dove F(q) rappresenta una generica funzione di q.Ricordando che per analizzare il comportamento di un operatore differenziale oc-corre sempre immaginare che esso agisca alla sua destra su una funzione appartenentead uno spazio di funzioni su cui tale operatore denito, allora esaminiamo la strutturadelloperatore p considerandolo come agente su una generica funzione g(q).Se a questo punto sviluppiamo p g(q) = [ei(q)pei(q)] g(q) =_ei(q)_iddq+ F(q)_ei(q)_g(q) == (q) g(q) ig(q) + F(q) g(q) =_iddq+ F(q) (q)_g(q)posssiamo concludere che per ogni funzione g(q) vale p = iddq+ F(q) (q) (2.17)Quindi afnch lespressionep = iddq+ F(q)diventi p = iddqbasta porre F(q) (q) = 0 nella relazione (2.17) per ottenere dunque(q) =1

_F(q) dq + ke poter scrivere cos, con la (q) trovata, la trsformazione unitariau(q) = ei(q)in cui la costante dintegrazione k rappresenta semplicemente una fase arbitraria (inno-cua!) eliminabile con unulteriore trasformazione unitaria.Alla luce di questo risultato dunque, se lespressione delloperatore p contiene un ad-dendo aggiuntivo F(q), questo addendo pu sempre essere annullato attraverso unop-portuna trasformazione unitaria; allora si pu porre sin dallinizio F(q) = 0 e utilizzarelespressione delloperatore impulso nella base degli autostati della posizionep = iddq36 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACNel caso di dimensione 3 la generalizzazione di p pj= iqje questa espressione verica le regole di commutazione (2.15) perch vale_qi, iqj_ = iqiqj+ iij + iqiqj= iij[pi, pj] =_iqi, iqj_ = 0 per il teorema di SchwartzAnalogamente al caso unidimensionale, anche lespressione dellimpulsopj= iqj+ Fj(q) (2.18)verica la regola di commutazione[qi, pj] = iije vediamo allora che conseguenza ha la (2.18) sulla regola di commutazione [pi, pj].Sviluppando tale commutatore applicato, come spiegato in precedenza, ad una fun-zione generica g(q), si ottiene[pi, pj] g(q) =_iqi+ Fi(q)__iqj+ Fj(q)_g(q)+_iqj+ Fj(q)__iqi+ Fi(q)_g(q) == i_Fi(q)qjFj(q)qi_g(q)cio[pi, pj] = i_Fi(q)qjFj(q)qi_(2.19)Quindi, afnch valga la regola di commutazione [pi, pj]=0 nel caso tridimensio-nale, non si pu aggiungere qualunque funzione Fi(q) alla componente pi dellimpulso,perch se vero da una parte che qualunque funzioneFi(q) aggiunta api fornisce laregola di commutazione giusta [qi, pj] = iij, daltra parte la regola [pi, pj] = 0 risultainvece violata, come si vede dalla (2.19).2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 37Se per aggiungiamo ap una funzione F(q) avente rotore nullo, ovvero che sia ilgradiente di ununica funzione primitiva scalare G(q), allora, come mostra la (2.19),pi= iqi+G(q)qi(2.20)verica la regola di commutazione [pi, pj] = 0.Se ora effettuiamo una trasformazione unitaria che trasforma gli operatori nel modo qi= ei(q)qiei(q)= qi pi= ei(q)piei(q)e sviluppiamo pi con pi dato dalla (2.20), otteniamo pif(q) =_ei(q)_iqi+G(q)qi_ei(q)_f(q) ==_iqi+G(q)qi(q)qi_f(q)Scegliendo la funzione (q) per la trasformazione unitaria in modo che valgaG(q)qi(q)qi= 0segue che se pi dato dalla (2.20), allora pi diventa pi= iqiQuindi, seiltermineG(q)/qinella(2.20)unaddendocheconunopportu-natrasformazioneunitariapuessereannullato, allorascegliamosindallinizioperloperatore impulso pi lespressionepi= iqiche in letteratura equivalente alla scritturap = iNella base in cui q diagonale (in dimensione 1) si haq[ p[) = iddqq[) (2.21)38 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACe in generale il trasformatof( p)[) di uno stato generico astratto [) attraverso unafunzione delloperatore p ha componenti sulla base degli autoket [q) della posizioneottenute facendo agire loperatoref_iddq_sulle componenti di [) rispetto alla base [q), ovveroq[f( p)[) = f_iddq_q[) = f_iddq_(q)Aquestopunto, conoscendolespressionedegli operatori qep, possiamoscri-verealloraperesempioancheloperatoreenergia(ohamiltoniano)perchessohaunespressione contenente soltanto q e pH(p, q) =p22m+ V (q)dove nella base in cui q diagonale si haq[V [) = V (q)q[) = V (q)(q)Nel trasformare in operatori le osservabili classiche si pone un problema di ordina-mento degli operatori per la non commutazione degli operatori stessi. Per loperato-re di energiaH(p, q) tale problema non si presenta perch in esso gli operatorip eqcompaiono in addendi diversi senza essere moltiplicati fra loro. Poich per vale_p22m ,V (q)_,= 0nonsipossonomisuraresimultaneamentelenergiacineticaelenergiapotenzialeequindi lo spettro dellenergia non la somma degli autovalori dellenergia cinetica edellenergia potenziale.Verichiamo ancora luguaglianza data dalla relazione generale (2.14) considerandocome osservabili p e H. Abbiamo la parentesi di Poisson classicap, H =pqHp Hqpp= H(p, q)q= dV (q)dqe il commutatore quantistico[p, H] =_iddq ,

22md2dq2+ V (q)_ =_iddq ,

22md2dq2_+_iddq , V (q)_ =2.6. AUTOSTATI DELLOPERATORE IMPULSO 39= iV (q)ddq idV (q)dq+ iV (q)ddq= idV (q)dqda cui segue appunto luguaglianza (2.14).Se analogamente consideriamo le osservabili q e H, allora abbiamo la parentesi diPoisson classicaq, H =qqHp Hqqp=Hp=pme il commutatore quantistico[q, H] =_q ,

22md2dq2+ V (q)_ =_q ,

22md2dq2_ ==

22m_qd2dq2 qd2dq2 2ddq_ =

2mddq= i1m_iddx_ = ipmda cui segue anche in questo caso luguaglianza (2.14).2.6 Autostati delloperatore impulsoLoperatore astratto p dellimpulso ha equazione secolare p [p) = p[p)che, proiettata nella base degli autostati della posizione, forniscex[ p[p) = x[p[p) = px[p) (2.22)Dal confronto della (2.22) con la (2.21), si ottiene lequazione secolare dellopera-tore impulso nella base degli autostati della posizioneiddxx[p) = px[p)la cui soluzione data dalla funzione dondax[p) = Aeipx

(2.23)Se p fosse complesso e non reale, cio p=a + ib, allora si ha che lesponenzialenella (2.23) diventaeipx

= eiax

ebx

Con questo esponenziale, la funzione donda(2.23) presenta il problema che conqualunque segno del coefciente b, essa tende sempre ad innito per x che tende a +40 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACo a . Una funzione donda che o a+ o a tende allinnito crea problemidi normalizzazione. Allora lhermitianit delloperatore impulso seleziona gli autova-lori realipuri (conb =0) cheappartengono a tutto lasse realeeformano pertantouno spettro continuo. Comegi detto, la singola autofunzione di un operatorecon-tinuo non normalizzabile per due autofunzioni relative ad autovalori distinti vale lanormalizzazione nel senso della di Diracx[x) = (xx)Ora, lautofunzione dellimpulso eipx

presenta il problema che il suo modulo qua-dro sempre 1 per ogni x, ovvero, poich il suo modulo quadro rappresenta la densitdi probabilit di avere la particella localizzata esattamente in una certa posizione x, siha che tale probabilit sempre 1 in tutto luniverso. Allora diciamo che, consapevolidi questo problema, utilizziamo le autofunzioni dellimpulso solo per poter usare an-che negli spazi di dimensione innita il formalismo degli spazi di dimensione nita edevitare cos una trattazione matematica pi complicata.Per lanormalizzazionedelleautofunzioni dellimpulsonel sensodelladi Di-rac, dobbiamoimporrechevalga p2[p1) =(p1 p2). Utilizzandolespressionedellautofunzione x[p) = Aeipx

, si ricavap2[p1) =_+dxp2[x)x[p1) =_+dxx[p2)x[p1) ==_+Aeip2x

Aeip1x

dx = [A[2_+ei(p1p2)x

dx2.6.1 Trasformate di FourierData una funzione f(x), la sua trasformata di Fourier la funzionef(q) data daf(q) =12_+f(x) eiqxdxnel caso chelintegrale sia convergente. Senzadimostrarla, assumiamo vericatelecondizioni che assicurano linvertibilit della trasformata di Fourier in modo che valgaanchef(x) =12_+f(q) eiqxdqSostituendof(q) in f(x), si haf(x) =12_+_12_+f(y) eiqydy_eiqxdq=2.6. AUTOSTATI DELLOPERATORE IMPULSO 41=_+f(y)_12_+eiq(xy)dq_dyConfrontando il primo e lultimo membro di questa catena di uguaglianze, ricaviamoche vale12_+eiq(xy)dq = (x y) (2.24)Alternativamente si poteva dimostrare la (2.24) anche considerando direttamente latrasformata di Fourier della di Dirac(q) =12_+(y) eiqydy =12da cui segue appunto la (2.24) perch si ha(x y) =12_+(q) eiq(xy)dq =12_+12eiq(xy)dq ==12_+eiq(xy)dqApplicando ora la (2.24) agli autostati dellimpulso, otteniamop2[p1) = [A[2_+ei(p1p2)x

dx = 2[A[2_p1p2

_ = 2[A[2(p1p2)e poich deve valere la condizione di normalizzazione p2[p1) = (p1p2), si concludeper confronto che il coefciente A dellautofunzione dellimpulso deve essereA =12e che lautofunzione dellimpulso nella base in cui diagonale la posizione ha alloraespressionex[p) =12eipx

Ora, cos come [(x)[2= [x[)[2 la densit di probabilit che la particella sialocalizzata in x, analogamente la densit di probabilit che la particella abbia impulsopari a p, sar data da [p[)[2dovep[) = (p) =_+p[x)x[)dx =12_+(x) eipx

dx (2.25)42 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACSe data invece la funzione donda (p) dellimpulso, allora si ottiene la funzionedonda di xx[) = (x) =_+x[p)p[)dp =12_+(p) eipx

dp (2.26)Abbiamo ottenuto dunque che la (p) la trasformata di Fourier della (x) e che,viceversa, la (x) , come viene denominata, lantitrasformata di Fourier della (p).Nel caso tridimensionale loperatore impulso,avente espressionep = i, haequazione secolareiqiq[p) = piq[p)da cui discendeq[p) =1(2)3/2 eiqp

e(p) = p[) =1(2)3/2_(x) eipx

d3x2.6.2 Operatore posizione nella base degli autostati dellimpulsoNella base in cui diagonale limpulso, la densit di probabilit che una particella abbiaimpulso p data dap[) = (p)In questa base abbiamo quindip[ px[) = p[px[) = pxp[) = px(p)ovvero, come pi volte gi trovato, la componente di px[) sulla direzione di un auto-stato di px data dallautovalore corrispondente per la funzione donda.Calcoliamo ora la componente di x[) sulla direzione di un autostato di pxp[ x[) =_+p[x)x[ x[) dx =_+xp[x)x[) dx ==_+x(x)1(2)3/2 eipx

d3x = ipx_1(2)3/2_+(x)eipx

d3x_ == ipx(p)Riassumendo abbiamo dunque che nella base degli autostati della posizione lope-ratore di posizione x agisce come moltiplicazione per x e loperatore impulso px agiscecome px= ix2.7. IMPULSO E TRASLAZIONI SPAZIALI 43Viceversa, nellabasedegli autostati dellimpulsoloperatoreposizione xagiscecome x = ipxe loperatore impulso px agisce come moltiplicazione per px.2.7 Impulso e traslazioni spazialiPrima di introdurre loperatore di traslazione spaziale, consideriamo in generale il con-cetto di simmetria. Il teorema di Wigner afferma che una simmetria in meccanica quan-tistica si materializza sempre mediante un operatore Tunitario o antiunitario, dove conantiunitario si intende unitario e antilineare, ovvero tale cheT(c1[1) + c2[2)) = c1T[1) + c2T[2)Una simmetria si dice discreta se tale che o viene effettuata o non viene effettuata,senza che vi sia la possibilit di effettuarla di pi o di meno. Ad esempio linversionedegli assi cartesiani una simmetria discreta.Una simmetria si dice invece continua se pu essere effettuata anche in modo in-nitesimo, come appunto la traslazione.Consideriamo unhamiltonianaH=p212m1+p222m2+ V (x1, x2)e loperazione di simmetria traslazione data dap1= p1, p2= p2, x1= x1 +a, x2= x2 +aLhamiltoniana si trasforma allora inH=p212m1+p222m2+ V (x1, x2) =p212m1+p222m2+ V (x1 +a , x2 +a)e avremo luguaglianzaH=H se valeV (x1, x2)=V (x1+a , x2+a), cio se ilpotenziale dipende solo dalla differenza x1x2, ovvero se vale V (x1, x2) = V (x1x2).Sedopoaverapplicatoloperazionedi traslazionesi haluguaglianzadelleha-miltoniane, allora diremo che lhamiltoniana invariante per traslazioni. Quando cinvarianza per traslazioni, le forze sonoF1= V (x1x2)x1e F2= V (x1x2)x2= F144 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACovvero linvarianza per traslazioni si ha solo se sul sistema agiscono esclusivamenteforze interne e vale il principio di azione e reazione.In questo caso c la conservazione dellimpulso totale p, ovvero le tre componentidellimpulso spaziale si conservano.In meccanica quantistica un sistema si costruisce esguendo una misura di una certaosservabile A e isolando quindi il sistema non appena si ottiene il valore della misurapariallautovalore di Acorrispondenteallautostato desideratodi A:allora possiamodire che il sistema nellautostato di A desiderato [).A questo punto la traslazione un operatore T(a) tale che quando venga applicatoallo stato [x), diaT(a) [x) = [x +a)ovvero dia lo stato in cui lo strumento di misura traslato di a.Lazione di T(a) sugli impulsi tale da non modicare gli impulsi stessi e quindi lanorma del ket [p) si conserver sotto azione delloperatore T(a).Per due particelle si ha pertantoT(a) [x1, x2) = [x1 +a, x2 +a)eT(a) [p1, p2) = ei[p1, p2)dove, per quanto detto a proposito della conservazione della norma del ket impulso, taleket si modica soltanto per un fattore di fase.Poich loperatore T(a) unitario, esso si rappresenta con lespressioneT(a) = ei(A1a1+A2a2+A3a3)(2.27)dove a1, a2, a3sono le componenti di a lungo i tre assi cartesiani eA1, A2, A3sonooperatori hermitiani che debbono commutare a due a due afnch valga la relazionegeometrica fra le traslazioni T(a1)T(a2) = T(a1 + a2) = T(a2)T(a1).Consideriamo loperatore di traslazione innitesima (approssimazione di Taylor alprimordine dellespressione (2.27) delloperatore)T(a) 1 + i(A1a1 + A2a2 + A3a3)e, per semplicit, due particelle unidimensionali tali che x1[x1, x2) = x1[x1, x2), x2[x1, x2) = x2[x1, x2), (2.28)Se applichiamo T(a) (con a scalare perch unidimensionale) alla prima delle (2.28),otteniamoT(a) x1[x1, x2) = x1T(a)[x1, x2) = x1[x1 + a, x2 + a)2.7. IMPULSO E TRASLAZIONI SPAZIALI 45da cui segue[T(a) x1T+(a)] T(a)[x1, x2) = [T(a) x1T+(a)] [x1 + a, x2 + a)e per confronto[T(a) x1T+(a)] [x1 + a, x2 + a) = x1[x1 + a, x2 + a) (2.29)Se effettuiamo il cambio di variabilex1 + a = x1 , lequazione (2.29) diventa[T(a) x1T+(a)] [x1, x2) = (x1a)[x1, x2)da cui ricaviamo linformazione per cui loperatore T(a) x1T+(a) diagonale nella basecostituita dagli [x1, x2) e possiede autovalore x1a.Togliendo gli apici nella notazione, si ottiene[T(a) x1T+(a)] [x1, x2) = (x1a)[x1, x2)da cui si ricava la relazione operatorialeT(a) x1T+(a) = x1a (2.30)avente lanaloga con x2.Vogliamo inoltre, come detto, che loperatore T(a) non alteri gli impulsi, cio vo-gliamo che valga la relazione (riportata solo con limpulso p avente indice 1, ma validaanche con limpulso p avente indice 2) p1T(a)[p1, p2) = p1T(a)[p1, p2)da cui segueT+(a) p1T(a)[p1, p2) = T+(a)p1T(a)[p1, p2) = p1[p1, p2)ovvero la relazione operatorialeT+(a) p1T(a) = p1(2.31)che esprime la commutazione[ p1, T(a)] = 0di T(a) con p1.Sostituendo lo sviluppo con a innitesimoT(a) 1 + iaAnella relazione (2.30)e nella relazione (2.31), si ottiene(1 + iaA) xi(1 iaA) = xia e (1 iaA) pj(1 + iaA) = pjda cui seguono i commutatori[ xi, A] = i e [ pj, A] = 046 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACDa queste regole di commutazione di A con gli operatori xi e pj, segue che lopera-tore A, generatore delle traslazioni, dato dallespressioneA = p1

p2

che appunto verica le regole di commutazione con xi e pj richieste.Abbiamo dunque ottenutoT(a) 1 i

( p1 + p2) ache fornisce lespressione delloperatore di traslazione nitaT(a) = ei

( p1+ p2) aConsideriamo ora una particella e calcoliamo il rappresentativo (cio le componenti)dello stato traslato di un generico stato [) sulla base degli autostati della posizione.Dovendo calcolare dunque x[ (T(a)[)), sviluppiamoa[T(a) = (T+(a)[x))+= ([x a))+= x a[da cui seguex[ (T(a)[)) = x a[) = (x a)ovverox[ei p

a[) = eaddxx[) = eaddx(x) = (x a)Non sorprendente che valga x[T(a)[)=(x a) perch, per confronto, taleuguaglianza coerente con lo sviluppo di Tayloreaddx(x) =+

n=01n! (a)ndndxn(x) = (x a)In meccanica quantistica la dinamica invariante per traslazioni se [T(a), H] =0che equivalente a_ p1 + p2, p212m1+ p222m2+ V ( x1, x2)_ = 0e si riduce quindi a[ p1 + p2,V ( x1, x2)] = 0Poich si ha_x1,V (x1, x2)_(x1, x2) =2.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 47=x1[V (x1, x2) (x1, x2)] V (x1, x2)x1(x1, x2) = (x1, x2) V (x1, x2)x1segue quindi_x1+x2,V (x1, x2)_ =V (x1, x2)x1+V (x1, x2)x2Possiamo concludere allora che anche in meccanica quantistica, analogamente allameccanica classica, la dinamica invariante per traslazioni se il potenziale dipende solodalla differenza x1 x2, cio se V (x1, x2)=V (x1 x2), perch con tale espressionedel potenziale si ha[T(a), H] =_x1+x2,V (x1, x2)_ =V (x1, x2)x1+V (x1, x2)x2= 0Quando il potenziale dipende soltanto da x1x2 e la dinamica dunque invariante,si ha che solo le condizioni iniziali distinguono una posizione o la sua traslata.2.8 Principio di indeterminazioneIl quadrato del modulo dellautofunzione dellimpulso p[x) nel caso unidimensionalerappresenta la densit di probabilit che una particella localizzata in x abbia impulso ped ha valore costante[p[x)[2=12Abbiamo allora che c sempre la stessa probabilit per una particella localizzatanella posizionex di avere un qualsiasi impulsop, ovvero che se per una particella stata misurata esattamente la posizione x, allora non possibile avere una misura precisadellimpulso p.Viceversa, se una particella ha impulsop, allora la densit di probabilit che essaabbia posizione x data da x[p) e vale[x[p)[2=12Quindiseunaparticellahaimpulsop, csemprelastessaprobabilitcheessasia localizzata in una qualunque posizionex, ovvero se stato misurato esattamentelimpulso p, non si pu misurare esattamente la posizione x.La circostanza, dunque, per cui non possibile determinare con la stessa precisionedesiderata limpulso p e la posizione x di una qualsiasi particella, un caso particolaredi quello che viene denominato principio di indeterminazione di Heisenberg.Il principio di indeterminazione rappresenta unulteriore conferma del processo cri-tico avviato in sica allinizio del ventesimo secolo gi con la teoria della relativit e48 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACbasato sullesigenza di tenere in considerazione anche un nuovo aspetto: le condizioniin cui ha luogo losservazione, che erano state sempre irrilevanti nella sica classicasecondo la quale losservatore era un ente esterno che non faceva parte del fenomeno eche dunque poteva studiare il fenomeno stesso senza inuenzarlo n modicarlo.Le indeterminazioni quantistiche non dipendono dalle imprecisioni degli strumentidi misura, ma sono insite nella natura.La misurazione esatta delle grandezze impos-sibile non per unimperfezione degli strumenti di misura disponibili, ma perch questistrumenti stessi interagiscono con il fenomeno osservato e lo modicano.Se si usano strumenti che hanno imprecisioni grandi (rispetto allordine di grandezzadi ), allora non si percepisce lincertezza quantistica; se per si rafna la misura no adapprezzare dispersioni dellordine di, allora si constaterebbe che c un limite postodalla natura alla precisione con cui pu essere raggiunto il valore della misura dellegrandezze.Laconseguenzadiquesti risultati fu, conlanascitadellameccanicaquantistica,labbandono da parte della sica del determinismo classico espresso da Laplace nellasua opera Thorie analytique des probabilits (1820).Per dimostrare il principio di indeterminazione, immaginiamo di avere due genericioperatori A e B e consideriamo i loro valori medi su un generico stato [).Dai valori medi dei due operatori su tale statoA)= [A[) e B)= [B[)seguono le dispersioni, o varianze, degli stessi operatori(A)2= [(AA))2[) e (B)2= [(B B))2[)Sia (A)2che (A)2sono deniti positivi perch (riferendoci soltanto ad A) si ha(A)2= [(AA))(AA))[) = [(AA))[)[2 0Ora, dato il vettore [(AA)) +i(B B))][), con parametro reale generico,la sua norma, sempre non negativa, sar il polinomio di secondo grado nella variabile dato da[[(AA)) + i(B B))][(AA)) + i(B B))][) == [(B B))2[)2i[[B, A][) +[(AA))2[) == (B)22i[[B, A][) + (A)2= (B)22+ C + (A)2 0dove con C stato indicato loperatore hermitiano C= i [B, A].Afnch questo polinomio di secondo grado sia sempre positivo o nullo per ognivaloredellavariabile, tenendopresentecheil coefcientedi 2positivo, devevericarsi la condizioneC24(B)2(A)2 02.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 49da cui segue in conclusione il principio di indeterminazione nella forma(A)(B) [C[2In particolare se A e B sono gli operatori di posizione e di impulso in dimensione 1,allora si ha [x, p] = i e dunque [C[ =, da cui seguexp

2(2.32)Per le osservabili x e p in dimensione 1 nel caso in cui si abbia x)= p)=0, larelazione (2.32) pu essere ricavata anche calcolando in L2(R) il quadrato della normadella funzioneg(x) = x(x) +d(x)dxIlquadrato della normaL2della funzioneg(x) dato dal polinomio disecondogrado nella variabile _+x(x) +d(x)dx2dx ==_+_x(x) +d(x)dx_ _x(x) +d(x)dx_dx == 2_+x2[(x)[2dx + _+_x(x)d(x)dx+ x(x)d(x)dx_dx+ (2.33)+_+d(x)dx2dx 0Integrando per parti il coefciente di in (2.33) e ricordando che le (x) sono fun-zioni donda che tedono a zero allinnito pi velocemente di qualsiasi potenza inversadi x, si ottiene_+_x(x)d(x)dx+ x(x)d(x)dx_dx ==_+xddx[(x)[2dx = _+[(x)[2dx = 1Per capire il signicato del termine noto in (2.33), calcoliamo integrando per partip2) = [p2[) = 2_+(x)d2dx (x) dx =2_+d(x)dx2dx50 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRACda cui segue_+d(x)dx2dx = p2)

2Si riconosce inne che il coefciente di2in(2.33) il valor medio x2). Sosti-tuendo questi sviluppi nella (2.33) e considerando che dalla condizione assegnata comeipotesi x) = p) = 0 segue (x)2= x2) e (p)2= p2), si ottiene in conclusione_+x(x) +d(x)dx2dx = (x)22 +(p)2

2 0Afnch tale polinomio di secondo grado sia sempre non negativo per ogni valoredella variabile , deve vericarsi la condizione che il suo discriminante non sia positivo,ovvero1 4 (x)2 (p)2

2 0da cui si ottiene di nuovo la relazione (2.32).2.8.1 Pacchetti dondaNel caso delle osservabili x ep, lo stato [) nel quale si ottiene il valore minimo delprodottoxpx delle indeterminazioni, cio lo stato in cui vale la (2.32) con il segnodi uguaglianza, viene denominato pacchetto donde e verichiamo allora che lo stato(x) =142ex242+i px

espresso nella base degli autostati della posizione e normalizzato, un pacchetto donda.Per calcolare gli integrali necessari, utilizzeremo la ben nota identit dei polinomidi secondo grado in cui consideriamo il coefciente a reale positivoax2+ bx a_x b2a_2+b24a(2.34)e i risultati degli integrali gaussiani con a > 0_+eax2dx =_ae_+x2neax2dx = dndan__a_Nello stato (x) assegnato abbiamox) =_+x[(x)[2dx =12_+xex222dx = 02.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 51x2) =_+x2[(x)[2dx =12_+x2ex222dx = 2da cui segue (x)2= x2) (x))2= 2.Perricavare p)e p2), calcoliamolafunzionedondanellabasedegliautostatidellimpulso(p) =12 _+(x) eip

xdx =12 142_+ex242 +i( pp)x

dx ==12 142e2(p p)2

2_+ex242dx =12 242e2(p p)2

2Per ottenere p) e p2) calcoliamo i relativi integrali nei quali eseguiamo il cambiodi variabile p p = yp) =_+p [(p)[2dp =42 2_+p e22(p p)2

2dp ==42 2_+(y + p) e22y2

2dy=4 p2 2

2= pep2) =_+p2[(p)[2dp =42 2_+p2e22(p p)2

2dp ==42 2_+(y2+ p2) e22y2

2dy= p2+

242da cui segue(p)2= p2) (p))2=

242e dunque il prodotto minimo delle dispersionip x =

2Capitolo 3Evoluzione temporale degli statiCome detto, il valore della misura di unosservabile A in meccanica quantistica si ot-tiene calcolando la media statistica dei valori ottenuti ripetendo la misura su un certostato o del sistema; ma poich ogni volta che si esegue la misura di A, il sistema pre-cipita irreversibilmente in un autostato delloperatore A e si perde informazione sullostato iniziale del sistema, allora quando si effettua la misura dellosservabile A la voltasuccessiva, il sistema non si trova pi nello stato iniziale o. Quindi per avere una seriedi risultati della misura dellosservabile A ottenuti tutti avendo effettuato la misura sulmedesimo stato o del sistema, occorre preparare innite copie (tutte uguali) del sistemain questione, in modo tale che, non appena la misura precedente ha fatto precipitare ilsistema in un autostato di A, la misura successiva possa essere eseguita di nuovo su unsistema identico al precedente che si trova dunque nel medesimo stato osu cui avevaavuto luogo la misura precedente. Questa caratteristica dei sistemi quantistici di passarein modo irreversibile da uno stato ad un altro per effetto di una misura, gi di per suna sorta di evoluzione temporale del sistema.In meccanica quantistica abbiamo allora due tipi di evoluzione dei sistemi. Il primo appunto quello probabilistico irreversibile indotto da una misura che si esegue dalle-sterno sul sistema ed quello pi controverso e oscuro della teoria dal punto di vistainterpretativo; a causa dellirreversibilit (ovvero della non invertibilit), questo tipo dievoluzione non pu essere descritta da un operatore unitario perch un operatore unita-rio invece invertibile. Tale evoluzione, pertanto, non ha analogo nella sica classica. Ilsecondo tipo di evoluzione quello che potremmo chiamare deterministico e che si haquando il sistema varia nel tempo per effetto della dinamica a cui sottoposto il sistemastesso, senza che ci sia unosservazione o una misura dallesterno. Tale evoluzione, chepotremmo chiamare anche evoluzione naturale, quella che il sistema subisce quando lasciato a se stesso ed evolve solo per effetto delle sole forze agenti su di esso, senzache vi sia intervento sul sistema dallesterno.Questo secondo tipo di evoluzione analogo a quello che si ha nella sica classicain cui si ha soltanto un tipo di evoluzione che appunto quello lungo le leggi del moto.523.1. LEQUAZIONE DI SCHRDINGER E PROPAGATORE QUANTISTICO 533.1 Lequazione di Schrdinger e propagatore quanti-sticoPerdeterminare completamente levoluzione temporale delsistema assegnato, quan-do essa di questo secondo tipo deterministico (o naturale), ricorriamo di nuovo allacorrispondenza della meccanica quantistica con il formalismo canonico hamiltoniano.Ricordiamo in particolare le equazioni di Hamilton della meccanica analitica e il ruolocruciale che lhamiltoniana svolge per levoluzione temporale di unosservabile f(p, q):___ q= qi, H =Hpi p = pi, H = Hqief(p, q) = f(p, q) ,H (3.1)Quantisticamente avremo che uno stato [, 0) evolve in uno stato [, t) e che le-quazione differenziale della dinamica dello stato dovr essere del primo ordine rispettoal tempo t perch lunica condizione iniziale a disposizione la funzione donda inizia-le del sistema che contiene tutte le informazioni sul sistema stesso e non anche la suaderivata prima. Inoltre afnch sia valido il principio di sovrapposizione, lequazionedifferenziale dovr essere lineare e allora postuliamo che essa sia del tipoiddt[, t) = A(t) [, t) (3.2)dove A un operatore da determinare in base a propriet siche e la derivata intesasolo rispetto al tempo perch il tempo ancora, a questo livello, lunica variabile da cuidipende lo stato.Imponiamo che se vale , t0[, t0) = 1, allora valga anche per ogni istante di tempoluguaglianza , t[, t) = 1, ovvero , t0[, t0) = , t[, t) = 1.Se chiamiamo T(t0, t) loperatore di evoluzione temporale applicato allo stato ini-ziale tale che si abbia [, t) =T(t0, t) [, t0), imponiamo che T(t0, t) sia invertibile inmodo che, come in meccanica classica, si possa risalire allo stato iniziale [, t0) dallasua evoluzione in [, t).Imponendo che un ket sia normalizzato in ogni istante t, otteniamo luguaglianza, t0[, t0) = , t[, t) = , t0[T+(t0, t) T(t0, t)[, t0)da cui si deduce che vale T+(t0, t) T(t0, t)=1, cio che loperatore T(t0, t) unitarioe quindi invertibile perch det T=1. Sostituendo [, t)=T(t0, t) [, t0) nella (3.2),si ottieneiddt T(t0, t) [, t0) = A(t) T(t0, t) [, t0)54 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATIda cui segue lequazione fra operatoriA = i_dTdt_T+avendo omesso la scrittura dei ket su cui essi agiscono e avendo moltiplicato ambo imembri per T+da destra. Poich T unitario, si ha_dTdt_T++ T_dT+dt_= 0e quindiT_dT+dt_ = _dTdt_T+da cui segueA+= i T_dT+dt_ = i__dTdt_T+_ = i_dTdt_T+= Acio che A deve essere un operatore hermitiano.Per determinare lespressione diA ricorriamo al limite classico. Poich [(x, t)[2rappresenta la densit di probabilit che la particella sia nella posizione x allistante te classicamente invece una particella sempre esattamente localizzata in un puntox,allora lo stato quantistico deve avere una dispersione che sia tanto pi p