Microsoft Word Dispensa de Sociologia Generale

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DARIO REI Settembre 2005 LINEAMENTI DI SOCIOLOGIA Questa dispensa ha lo scopo di presentare la sociologia agli studenti del primo anno dei corsi di Scienze Politiche Va integrata con la conoscenza e lo studio dettagliato di -Arnaldo BAGNASCO, Marzio BARBAGLI, Alessandro CAVALLI, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna, 2004 --Paolo JEDLOWSKI, Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero sociologico, Carocci, Roma,1998,2003( 7 ed.) Sociologia e scienze della società Che cos’è sociologia Sociologia è la(una) scienza della società. La società è i) il luogo della socialità, ossia della vita sociale umana, ii) insieme di individui gruppi strutture e delle loro relazioni . La società è considerata dalla scienza sociologica sotto diverse prospettive. -la scala : macrosociologia:la società nel suo insieme ; microsociologia: legami elementari e relazioni di vita quotidiana ; mesosociologia (meno frequente ) : le strutture intermedie, le organizzazioni; -il tempo :s. sincronica: la società in un tempo dato, s.diacronica: la società nel passare del tempo; la diacronia avvicina la sociologia alla storia: sociologia storica -il cambiamento : perché la società permane, dura(statica sociale); perché la società muta(dinamica sociale) -il numero : una società,in genere nazionale; piu’ società diverse nel tempo e nello spazio ( s. comparativa). Per scienza si intende una conoscenza regolata, basata su osservazioni e teorie.L'individuo sociale non è un sociologo scientifico, ma nella sua vita pratica fa sempre esperienza della società. Questa esperienza fornisce la base della scienza

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DARIO REI Settembre 2005

LINEAMENTI DI SOCIOLOGIA

Questa dispensa ha lo scopo di presentare la sociologia agli studenti del primo anno dei corsi di Scienze Politiche Va integrata con la conoscenza e lo studio dettagliato di -Arnaldo BAGNASCO, Marzio BARBAGLI, Alessandro CAVALLI, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna, 2004 --Paolo JEDLOWSKI, Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero sociologico, Carocci, Roma,1998,2003( 7 ed.)

Sociologia e scienze della società Che cos’è sociologia

Sociologia è la(una) scienza della società. La società è i) il luogo della socialità, ossia della vita sociale umana, ii) insieme di individui gruppi strutture e delle loro relazioni . La società è considerata dalla scienza sociologica sotto diverse prospettive.

-la scala : macrosociologia:la società nel suo insieme ; microsociologia: legami elementari e relazioni di vita quotidiana ; mesosociologia (meno frequente ) : le strutture intermedie, le organizzazioni; -il tempo :s. sincronica: la società in un tempo dato, s.diacronica: la società nel passare del tempo; la diacronia avvicina la sociologia alla storia: sociologia storica -il cambiamento : perché la società permane, dura(statica sociale); perché la società muta(dinamica sociale) -il numero : una società,in genere nazionale; piu’ società diverse nel tempo e nello spazio ( s. comparativa).

Per scienza si intende una conoscenza regolata, basata su osservazioni e teorie.L'individuo sociale non è un sociologo scientifico, ma nella sua vita pratica fa sempre esperienza della società. Questa esperienza fornisce la base della scienza

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sociale. Il sociologo non può' accontentarsi di ripetere ciò l'esperienza sociale suggerisce. Come dice Peter L.Berger , Invito alla sociologia,1967, la scienza sociale deve essere oltrepassamento della vita sociale pratica, deve andare oltre ciò agli individui sociali che appare "ovvio". Per pervenire a teorie sociologiche occorre formulare delle ipotesi sulle relazioni fra fenomeni osservabili, da sottoporre a prova empirica; le genaralizzazioni empiriche verificate sono la base per la formulazione delle teorie. Le -T.”di medio raggio”(middle-range:Merton riguardano delle aree del sociale: ad es.la burocrazia,la scienza, l’organizzazione, il potere, la comunicazione. Le teorie ”generali” : concernono le leggi di composizione e funzionamento della società, i modelli astratti validi per ogni tipo di società.

I metodi e le tecniche

La conoscenza sociologica comporta scelte di metodi e impiego di tecniche. I metodi si dividono comunemente in quantitativi e qualitativi. I metodi quantitativi tendono a misurare comportamenti ed atteggiamenti di popolazioni e di gruppi, definendo le variabili da considerare e i valori-modalità- che esse possono assumere. L’elaborazione dei dati comporta l’analisi delle frequenze di ogni singola variabile, l’incrocio(cross-tabulation) di due variabili(analisi bi-variata) o piu’ (analisi multivariata) e correlazioni statistiche più complesse, che misurano la forza di relazione fra variabili e la loro causazione o interdipendenza.

I metodi si applicano a tutta la popolazione(censimenti) o a campione rappresentativi della popolazione (inchieste campionarie, surveys). Le tecniche adottate sono l’intervista attraverso questionario interamente strutturato(a domande chiuse con modalità predefinite) ,o semistrutturato ( con griglia di domande aperte, da fare oggetto di successiva codifica ed elaborazione). Una tecnica quantitativa è anche la cosiddetta analisi del contenuto( classificazioni di quanto compare sui giornali, alla televisione, per tempi,temi, sequenze ecc.)

Sono qualitativi i metodi che utilizzano informazioni di carattere narrativo e ne danno delle interpretazioni. Questi metodi raccolgono e tipizzano informazioni su comportamenti atteggiamenti ecc. attraverso il contatto personale diretto e indiretto con individui, gruppi, comunità. Strumenti tipici sono: -osservazione partecipante(aperta/coperta) -raccolta delle storie di vita(life-histories), narrata direttamente o secondo una traccia prestabilita -uso di documenti personali(es.lettere) -altre tecniche come lo shadowing , i focus groups , gli esperimenti etnometodologici. Un esempio di impiego dei metodi è la sociologia applicata alla analisi dell’opinione pubblica.Essa impiega sia metodi quantitativi( sondaggi su campioni

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rappresentativi della popolazione ) sia metodi qualitativi, ad esempio i focus groups. I focus groups sono piccoli gruppi di discussione tematica, che fanno emergere gli orientamenti le aspettative, le visioni, di segmenti di popolazione ritenuti portatori di opinioni significative. Sociologia e scienza In che senso e modi la sociologia è una scienza? Per rispondere a questa domanda è utile ripercorrere la ragioni storiche di affermazione della scienza moderna, che è stata innanzi tutto “filosofa naturale” , ossia scienza della natura.

Il sociologo Robert King Merton, nel lavoro giovanile(1938) tr.it. Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra del XVII secolo, Angeli,Milano 1975) riprendendo Weber rileva la forza legittimante dell’etica puritana nel promuovere la conoscenza della natura: per un fine religioso (testimoniare la gloria del creatore) e un fine pratico( costruire dispositivi, macchine e artifizi tecnici a servizio della emergente borghesia mercantile. L’ affermazione del sapere scientifico e tecnologico attraverso l’industria favorisce la laicizzazione delle istituzioni politiche ed amministrative. Nello stesso verso andrà la formazione della sfera pubblica e della pubblica opinione; e poi la diffusione della istruzione obbligatoria e della formazione professionale, come requisiti funzionali per la costruzione di una classe lavoratrice competente per i nuovi compiti produttivi. Da Merton la sociologia della scienza deriva i temi dell’ethos ( valori che orientano e controllano l’attività degli scienziati),della comunità scientifica( gruppo di pari autoregolata) e della democratizzazione(la scienza come forza di cambiamento in una società aperta all’innovazione).

Lo storico della scienza Thomas S.Kuhn ha ripreso il concetto mertoniano di paradigma e ne ha fatto il criterio per distinguere le fasi normali di vita del sapere scientifico(la scienza “normale” contenuta entro il paradigma) e la fasi delle “rivoluzioni” la rottura in astronomia tra Tolomeo e Copernico:v.T. Kuhn La rivoluzione copernicana, tr.it. Einaudi,1972). Ciò significa che la comunità scientifica gestisce la scienza normale, e ne determina i confini, le anomalie e i cambiamenti secondo logiche interne: non si darebbe scienza, se il giudizio cognitivo venisse demandato all’esterno della comunità degli specialisti, per esempio nel potere politico, religioso, economico. La contestazione degli anni 60 e 70 propose una immagine sociale t negativa della scienza, come apparato sociale di potere e consenso ideologico. Bourdieu (The specificity of the scientific field and the social conditions of the progress of reason”in Social Science Information,n.14,1975) delinea così la scienza come un campo sociale che è specificamente orientato alla conoscenza, ma non si sottrae a strategie di controllo, carriera e potere. Nella società contemporanea secondo B., è ormai prevalente l’obiettivo di contenere l’innovazione entro i limiti del capitale scientifico dominante; il paradigma non ammette più rivoluzioni.

Sociologia come scienza

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L’ ultimo Bourdieu ricupera la distinzione fra il contesto della scoperta( come e per quali vie uno scienziato giunge a formulare la sua verità) ed il contesto della giustificazione(su quali basi la verità scientifica viene sostenuta ed accettata). In Il mestiere di scienziato, tr.it. Feltrinelli Milano,2003( il corso tenuto al Collège de France nel 2000-2001 è l’ ultimo lavoro di B. morto nel 2002) B. sostiene che la verità è un prodotto umano e si genera nel tempo e nella società, ma da ciò non si ricava né una idea trans-storica della verità scientifica né una visione relativista . Infatti , se da un lato la produzione di conoscenze deriva dal gioco di forze in scontro, dall’altro il prodotto(la scienza)è “una costruzione che fa emergere una scoperta irriducibile alle condizioni sociali che l’hanno resa possibile”(p.90). Il prodotto della scoperta, essendo irriducibile alle condizioni sociali che l’hanno resa possibile, fa emergere delle verità, che non sono assolute, cioè trans-storiche, ma neppure storicamente occasionali cioè assolutamente relative. E’ l’idea che la verità scientifica sia relativa (agli sforzi per produrla) ma non relativistica( ossia dipendente in modo totale dalla storia e da poteri esterni alla sua produzione. Anche in sociologia si è di continuo chiamati a distinguere fra sapere d’opinione e sapere fondato(se non si vuole accedere al mot d’”esprit secondo cui il sociologo ‘parla di cose che tutti sanno in un linguaggi che nessuno capisce”). Se si contesta alla sociologia lo statuto di scienza è perché: i) si pensa che una conoscenza scientifica della società e dell’uomo-che-vive-in-società non sia realmente possibile (era la posizione tradizionale dell’idealismo italiano, per esempio di Benedetto Croce) ; oppure ii)si pensa che tale conoscenza si dia attraverso altre scienze, ad esempio l’economia; scienze che in genere negano l’ esistenza di un oggetto sociale distinto dall’azione degli individui : “there is not such a thing as society”-. E’ una posizione critica che risente di un pregiudizio ideologico , in quanto considera il mero riconoscimento dell’ oggetto società come equivalente alla affermazione di una specifica filosofia politica su un certo dover-essere sociale. Come se il giudizio di fatto(“esiste una società”) fosse un giudizio di valore (“ tale società deve essere costituita in questo e questo modo”). Vale per la sociologia il principio della autonomia condizionale del sapere scientifico: valore che deve essere tenuto al riparo da ingerenze (a base religiosa, politica, religiosa, mercantile) , che pretendono di dettare dall’esterno le condizioni della verità scientifica, senza rispettare il metodo ed il linguaggio che sono essenziali al discorso scientifico stesso.Ciò significa respingere l’idea della “inferma scienza”( termini con cui Benedetto Croce liquidava la sociologia di matrice positivistica) senza negare che essa appartenga al novero delle “scienze imperfette”(non-esatte), che possono anch’esse servire. E che tra le sue fonti, oltre a quelle fornite dalla ricerca empirica e dalla teorizzazione,figurino anche fonti non convenzionali, ossia prodotte da attori sociali, gruppi e movimenti,dinamiche dell’ opinione pubblica e della società civile,nei loro processi di formazione storica.

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La genesi della sociologia fra Sette e Ottocento

Prima di essere scienza di osservazione, la sociologia è stata riflessione teorica ed analisi della società uscita dalle due rivoluzioni della modernità: a) la rivoluzione economica: industria manifatturiera e capitalismo industriale(Inghilterra 1780-1830); b) la rivoluzione politica, nelle sue due versioni: liberale costituzionale federale( Stati Uniti di America, 1776-1865, fine della guerra di secessione); repubblicana democratica nazionale(Francia 1789-1848). Gli autori classici della sociologia si collocano nel periodo 1770-1890 Per Adam Smith(La ricchezza delle nazioni,1776), la società è un aggregato di individui che perseguono il proprio interesse sulla base delle proprie preferenze. Dall'azione aggregata di individui "egoisti" deriva il benessere collettivo(principio della mano invisibile). La convivenza sociale si fonda sulla naturale simpatia fra gli individui e sulle regole di ordine, che vanno garantite dal potere pubblico a difesa delle libertà naturali fondamentali degli individui : di pensiero religione proprietà e contratto. Jeremy Bentham proseguendo Smith nell’ utilitarismo , sostiene che alla base della convivenza sociale vi è il perseguimento della utilità individuale(massimizzazione del benessere e diminuzione della infelicità).L'utilità sociale è “la massima felicità possibile del maggior numero possibile di individui.” Il concetto di società industriale si deve a Saint Simon(1825) .Il suo allievo Comte nel positivismo prevede l'ordine sociale futuro apportato dalla società industriale . L'industria è il prodotto del passaggio della conoscenza umano allo stadio scientifico ossia positivo.La sociologia è l’ultima delle scienze: scienza positiva della società(fisica sociale), che fonda una nuova morale sociale : umanitaria e cosmopolitica. La nuova società sarà governata da industriali scienziati e organizzatori , capaci di combinare i principi di ordine stabile e di progresso dinamico. Nel XX secolo questa prospettiva sarà chiamata tecnocrazia. Al positivismo comtiano risale l’interesse per il rapporto fra progresso delle conoscenze e mutamenti dell’ordine storico-sociale, che configura la sociologia come scienza sociale dell’industrializzazione a base scientifica. A.De Tocqueville (De la democratie en Amerique,1835 ) considera l’uscita dall’ Ancien Régime aristocratico come l’avvento di una democrazia di individui in competizione fra loro . La terra tipica di questa democrazia di massa sono gli Stati Uniti, in quanto società di emigrati di provenienza europea che si pone fuori dei tradizionali schemi di deferenza e gerarchia .Negli Stati Uniti è piu' forte rispetto all' Europa l'impatto dell' associazionismo volontario e piu' debole la sovranità centralizzata dello stato.Tocqueville denuncia anche i rischi di una “tirannia dell’ opinione” ,ossia di un conformismo che comprime le minoranze politiche e culturali.

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Ferdinand Toennies(1887) considera l'avvento della società moderna come un passaggio dalle relazioni sociali di comunità ( Gemeinschaft) a relazioni sociali di società (Gesellschaft). Nella comunità, le relazioni sono dirette, primarie, faccia a faccia.La volontà dell'azione è dominata dal sentimento.L'appartenenza ingloba gli individui in entità chiuse: villaggio rurale, chiesa, etnia. Nella società, le relazioni sono indirette, la volontà è riflessa e calcolante.L’ appartenenza è frammentata per cerchie, come nello stile di vita urbano. Le istituzioni economiche sono il mercato ed il commercio, il diritto generale imposto dallo stato nazionale abolisce le consuetudini locali frutto della tradizione. La formazione della società moderna

Sinteticamente possiamo dire che oggetto tipico della sociologia è la società industriale. Essa è l’esito di un cambiamento avvenuto in primo luogo nella dimensione economica: progresso tecnologico, organizzazione di imprese, crescita della produzione manifatturiera ,del reddito, dei consumi ecc. La società industriale segna l’avvento del mercato, come istituzione economica che si separa dalle altre istituzioni sociali (famiglia, comunità, chiesa, politica ecc.) e si rende sempre piu’ autonoma dalle altre istituzioni. Questo non abolisce ma rende marginali le forme di relazione economica che precedono il mercato o se ne scartano : autoproduzione, baratto, dono, furto, rapina, distribuzione diretta da parte della comunità, assegnazione da parte di un governo. Il mercato è fondato sullo scambio di beni e servizi che assumono la forma di merci, e si effettua senza vincoli precostituiti di natura sociale e politica. Per Weber, il mercato capitalistico è il risultato di una peculiare etica dell’impresa e del lavoro, che deriva dal protestantesimo del XVI-XVII secolo, e si è via via separata dalla sua matrice religiosa . Per Hayek il sistema piu’ efficiente di informazione e regolazione dell’economia, in ogni caso il modo piu’ pratico di procurarsi beni e servizi utili. Per altri un dispositivo tecnico , moralmente innocente o “non in contrasto con le norme delle principali religioni” (V. Luciano Gallino, Mercato e società, in Enciclopedia del Novecento, suppl.II Volume XI,pp.200-211). L’ industrializzazione è parte di un cambiamento strutturale detto modernizzazione, che si presenta sotto tre dimensioni connesse: -economica; politica: unificazione del territorio e dei mercati interni da parte degli stati nazionali ;unificazione giuridica e burocratica; regolazione dei commerci internazionali; guerre di indipendenza nazionale e guerre di conquista coloniale; -culturale: secolarizzazione delle tradizioni mitico-religiose, affermazione del sapere scientifico e tecnologico, diffusione della scuola e della formazione professionale, formazione della sfera pubblica e della opinione pubblica. Una società è tanto più modernizzata quanto pìù è : complessa, urbana, industriale, con forte divisione del lavoro, con un controllo sociale formale di leggi e amministrazioni. Eterogenea del punto di vista culturale, orientata al futuro,dà valore al cambiamento, ha fiducia nel divenire storico che concepisce come progresso.

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In base a questi criteri diventa plausibile chiedersi quanto la società attuale sia(sia ancora,stia divenendo)moderna o modernizzata.

Lessico sociologico

Cultura

Risale a Tylor(Primitive culture, 1871) l’idea che la cultura di una società è un insieme di modi di conoscere, sentire e agire, che si manifesta soprattutto nelle abitudini condivise(folkways, mores). La cultura adatta gli individui al loro ambiente (naturale e sociale) in quanto fornisce loro delle risposte stabili e istituzionalizzate ai problemi dell'esistenza. Essa inserisce gli individui nell' orizzonte simbolico tipico della loro società,offre una visione-del-mondo, un ethos generale di comportamento. Elemento culturale molto importante è il linguaggio che filtra il rapporto con il mondo esterno(si pensi alla terminologie di parentela, dei colori, degli oggetti, dei nomi di divinità ecc.). Gli elementi di fondo di una cultura sono i simboli ed i valori.I simboli esprimono in modo elementare e facile a percepirsi i tratti di identità profonda (simboli di fede religiosa, di sovranità, di appartenenza ecc.). I valori sono conoscenze e giudizi socialmente condivisi su bene-male, giusto-ingiusto, bello-brutto, utile-inutile, desiderabile-non desiderabile: i valori indicano agli individui le mete condivise ed approvate dalla società. Possono essere comuni a tutti gli individui, o essere propri di gruppi e sezioni particolari della società. Quanto piu' una società è eterogenea, diversi sono i sistemi di valori che caratterizzano individui e gruppi e nasce il problema della coesistenza di valori(“politeismo dei valori” diceva Weber). La cultura puo' pervadere in modo omogeneo una società(c.totale); può imporre la visione di un gruppo dominante ad altri gruppi subalterni(c.dominante, c.subalterna). La cultura di un gruppo particolare, che condivide la cultura sociale piu' ampia, è detta subcultura; può essere a base territoriale, professionale, ideologica, di generazione ecc.). L’incontro fra portatori di differenti culture produce assimilazioni ( il caso dei popoli colonizzati), oppure conflitti , adattamenti reciproci , ibridazioni(il meticciato culturale), reazioni identitarie. Quando nel confronto fra diverse culture, i valori di una sono presi come metro di misura dei valori di altre,abbiamo le forme di etnocentrismo. Quando si ammette che i valori hanno validità solo per chi li condivide entro una data cultura, abbiamo le forme di relativismo. Esistono valori universali, cioè presenti in tutte le culture(“universali culturali”)? La domanda assume grande rilievo in un contesto di globalizzazione. Valori e norme

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Le abitudini sociali si consolidano attraverso le norme (le norme formali e scritte, le leggi sono un tipo di norma sociale). Le norme sono interiorizzate dagli individui e modellano il loro comportamento. Esse rendono piu' prevedibili i comportamenti degli individui, propri e altrui(esempio:i contratti). Può accadere che gli individui le seguano non perché le abbiano interiorizzate, ma perché temono le sanzioni della violazione. Le norme sono pertanto prescrizioni che obbligano- vietano- consentono di agire in un determinato modo. Mentre i valori riguardano le mete, le norme riguardano i mezzi del comportamento sociale. Insieme, valori e norme compongono i modelli normativi di una società. Vi sono norme costitutive( le grandi regole del gioco sociale, che esprimono direttamente i valori); regolative di attività definite); distributive, che assegnano o prelevano risorse sociali(le norme tributarie ad es.) .Le norme possono essere esplicite e formali (i codici di leggi ) o implicite (il "si fa o non si fa così"). Vi sono norme che riguardano l'intera società(tipicamente, le leggi) e norme proprie di specifici gruppi(codici deontologici di una professione, codici d'onore di associazioni). Istituzioni Le istituzioni sociali sono dispositivi permanenti che danno stabilità alla società: famiglia, mercato, governo, stato, religione, scuola, scienza, difesa, giustizia, sport ecc.

Le funzioni positive delle istituzioni sono : l'apporto alla coesione e stabilità sociale, la riduzione dell' incertezza, la regolarità delle interazioni, la prevedibilità del comportamento ecc. Speculari le funzioni negative: scarsa innovazione, difficoltà di adattarsi a spinte esterne, prevalenza del controllo(ad esempio nelle cd.istituzioni totali studiate da Goffman).

Comunicazione La comunicazione come processo socioculturale Rilevante importanza nella produzione, diffusione e circolazione della cultura sociale hanno avuto ed attualmente hanno i processi di comunicazione. La comunicazione è un processo sociale, fondato sull’ esistenza di codici che consentono la produzione simbolica dei messaggi ed il loro riconoscimento, di mezzi che consentono la produzione fisica dei messaggi e la loro diffusione. La comunicazione veicola informazione, instaura delle relazioni, esercita una azione (intenzionale e non) di influenzamento del comportamento sociale.

(Fausto COLOMBO, Atlante della comunicazione, Hoepli,2005,pp.414)

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Questi diversi aspetti si ritrovano nei modelli elaborati dalle diverse scienze della C. Per gli scienziati dei segnali la misura dell’informazione è data dalla sua improbabilità: quanto più è frequente, tanto meno una informazione è ricca; la quota inutile dell’ informazione è chiamata rumore, o ridondanza. Nella comunicazione sociale la ripetizione e la frequenza sono invece veicoli di riuscita, influenza, collegamento. La legge di Zipf(o ‘principio del minimo sforzo) sostiene che un contenuto tanto più si diffonde quanto più è probabile, ossia povero di informazione inattesa. Da qui l’uso di repertori linguistici molto semplici, parole di uso molto frequente, meccanismi emozionali elementari ecc.. Lo zipping è la tecnica che consente la compressione dell’ingombro fisico dei files trasformando segnali analogici in segnali digitali- digit cifra Per la linguistica (Roman Jakobson), l’atto di comunicazione mette in relazione sei variabili: emittente:chi formula il messaggio usando i codici; ricevente: chi decodifica usando i propri codici; messaggio:ciò che viene codificato codici (simbolici): non verbale( corpo,gesto), verbale( orale, scritto), iconico, multiplo(audio-visuale) canale(fisico): attraverso cui si trasmette e si riceve il segnale:contatto diretto (faccia a faccia, discorso in pubblico), contatto indiretto (telefono,telegrafo); telecomunicazione(stampa,affissione, radio,tv,rete) contesto(situazione). Il codice è stato definito da Saussure “lingua”,cioè risorsa collettiva, il messaggio è “parola” ossia atto individuale. Rientrano nelle scienze linguistiche della comunicazione gli studi sulla semiotica(la cultura come sistema di segni che si comunicano) e sulla retorica(le tecniche del comunicare volte a persuadere convincere condizionare) La prospettiva psicosociologica ( Paul Watzlawick,Pragmatica della comunicazione) analizza gli scopi dell’ emittente( “a che fine comunica” ;lo scopo non è necessariamente intenzionale ) e le conseguenze sul comportamento : il principio generale è “non si può non comunicare”. La diffusione della comunicazione sociale La comunicazione assume, nella storia della stessa società e nel confronto fra società umane diverse, una varietà di forme e modalità che consentono di tracciarne la genealogia.

• società illetterate: oralità senza scrittura

• invenzione della scrittura(prima) e (decisivo) dell’alfabeto(invenzione fenicia a scopo di contatto commerciale)

• società a scrittura rara( persistenza dell’oralità, analfabetismo, distinzione fra i colti e gli incolti, diffusione della iconicità: medioevo cristiano)

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• invenzione della stampa della scrittura, diffusione della alfabetizzazione,giornali, formazione della opinione pubblica,industrializzazione

• invenzione dei media di telecomunicazione: telegrafo, telefono,radio(dalla metà dell’ 800)

• mass media classici radio, cinema, televisione(1910-1960)

• new media interattivi: computer,web internet (dal 1970 a oggi)

Guardando la comunicazione nei termini del rapporto emittenti pubblici, possiamo distinguere varie forme sociali colta o di elite: pochi che comunicano a pochi altri (soprattutto attraverso scrittura e stampa) contenuti di elevato valore culturale popolare: circolazione diretta (in genere orale) di contenuti di limitato valore culturale, entro comunità sociali ristrette di massa: pochi emittenti comunicano a vasti pubblici, con mezzi audiovisuali di telecomunicazione, contenuti eterogenei, in genere prodotti secondo livelli culturali e gusti dei pubblici stessi (pubblico è una molteplicità di individui che hanno interesse per un certo argomento, programma, evento).

Le conseguenze culturali della comunicazione Nel mondo della comunicazione sociale troviamo oggi fenomeni eterogenei come il cinema,il design l’editoria libraria, i giornali, Internet, la moda, la musica popolare, la radio, il teatro, il telefono,la televisione, insomma l’ambiente culturale del nostro tempo. Marshall McLuhan, primo teorico del cd “villaggio globale” , sosteneva che il medium non “ha” dei contenuti ma “è” il contenuto(“il medium è il messaggio”). I media classici funzionano secondo registri emotivi semplici, quali paura seduzione soggezione(stupore), divertimento, orrore. La pervasività dell’ ambiente mediatico ha come principali conseguenze sull’ambiente di vita: -la trasgressione dei confini culturali tradizionali ( fra mercato dei beni e servizi mercato simbolico , mercato politico ) -la spettacolarizzazione della vita (“società dello spettacolo”(Debord), “cultura dei simulacri” (Baudrillard) Grande importanza assume la produzione di immagine. Immagine è la percezione che si ha di una determinata realtà(individuo, organizzazione ecc.) come esito di comunicazioni. La cd “finestra di Johari” distingue quattro immagini, che derivano da chi la attribuisce ( noi/altri)e da che cosa attribuisce (parte esplicita/parte nascosta): i, ciò che noi immaginiamo di noi stessi ii, l’immagine che gli altri hanno di noi e che noi conosciamo, iii, ciò che solo noi immaginiamo di noi a insaputa di altri iv, ciò che gli altri immaginano di noi a insaputa nostra. L’immagine è l’equivalente mediatico del prestigio sociale,dello status che nel passato si attribuiva a caratteristiche personali degli individui ed ai ruoli sociali ricoperti. Oggi “ciascuno avrebbe diritto al suo quarto d’ora di notorietà”per via

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mediatica(A.Burgess;è la sindrome del grande fratello non nella declinazione orwelliana, il potere di controllare, ma in quella narcisistica, la facoltà di esibirsi). ( Cristiano Castelfranchi Che figura.Emozione e immagine sociale,Il Mulino,2005)

La socializzazione La socializzazione indica i processi nei quali gli individui interiorizzano individui elementi della cultura (valori, norme, competenze) , che li rendono "individui sociali"?Gli elementi appresi si integrano alla personalità individuale e generano le disposizioni permanenti (habitus:Bourdieu), che producono comportamenti e pratiche. Gli apprendimenti di cui la socializzazione consiste sono regolati da diversi meccanismi -stimolo-reazione , imitazione( behaviorismo, Pavlov) -prova e tentativi(trial-and-error) -costruzione di mappe mentali( cognitive,emotive) -identificazione con altri significativi(genitori, coetanei, “eroi culturali”,divi ,sportivi, :G.H.: Mead) -rielaborazione individuale(cumulativa, selettiva, creativa) I modelli normativi della socializzazione sono forniti all'individuo in primo luogo dagli ambienti a cui appartiene (ambiente di appartenenza : “educazione” contadina,operaia, borghese, aristocratica ecc.). Poi da quelli a cui (l’individuo o altri per lui) aspirano di appartenere(ambienti di riferimento: non sempre così conosciuti per esperienza diretta, talora “imitati” nelle forme piu’ superficiali ed esteriori:v. Molière Les precieuses ridicules). . La famiglia e la classe sociale di appartenenza condizionano i livelli di aspirazione degli individui e modellano la loro propensione a permanere nella condizione in cui si trovano( “accontentarsi del proprio status”, “mantenere legami radici e tradizioni”, “essere all’altezza della propria condizione”) oppure ad intraprendere processi di mobilità sociale.(“avere successo”,”fare fortuna”, “dare la scalata al vertice” ecc.)

Fasi e agenzie della socializzazione

Nelle diverse fasi della vita, la socializzazione è primaria(famiglia, scuola); secondaria (formazione ai ruoli adulti lavorativi e famigliari);terziaria( passaggio dalla vita lavorativa alla terza età attiva). Anticipatoria, quando prepara ad ambienti sociali diversi dai propri(ad esempio nei processi migratori). Risocializzazione è il processo che adatta l'individuo a passare da una condizione socialmente negativa ad una condizione diversa e migliore(per esempio nei processi di uscita dalla tossicodipendenza, dal carcere ; o in modo meno totale, il passaggio (riconversione) da una sfera di attività economica ad un’altra.

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Operano in ogni fase e con diversa efficacia le agenzie di socializzazione: la famiglia, la parentela, la scuola, il gruppo dei pari ,le chiese, le associazioni, le aziende, i media. Quindi il processo di socializzazione non ha mai una coerenza totale, perché le diverse agenzie operano in modo piu’ o meno consonante o dissonante o, e producono integrazioni e/o conflitti famiglia vs.scuola, scuola vs.lavoro, insegnanti vs.gruppo dei pari ecc.. Anche l’individuo puo’ essere agente della sua socializzazione. Cio’ si apprende /disapprende per esperienza,segna nel corso della vita un itinerario che è irreversibile(soprattutto per quanto concerne la socializzazione primaria) ,ma anche ristrutturabile da parte dell’individuo.(Una testimonianza letteraria di ciò sono i romanzi di formazione (Bildungsroman).

La socializzazione mediata è quella realizzata da agenzie formali, che propongono modelli normativi coerenti, fondati sulla trasmissione di un patrimonio socioculturale certo e definito. In essa è forte l’identificazione con la classe di provenienza, ed efficace l’impatto del capitale culturale famigliare. Questo stile di socializzazione si basa sulla forte identificazione dei soggetti con il proprio ambiente sociale di appartenenza . Si attende che i valori socioculturali trasmessi siano interiorizzati da parte dei destinatari, e svolgano una azione orientativa e filtrante nei confronti degli ambienti informali e della esposizione ai media. La socializzazione immediata avviene attraverso l’esposizione ad agenti informali, il gruppo dei pari, i media, la Rete. Ha un carattere piu’ intermittente, e basato su aggregazioni spontanee e caotiche.

La socializzazione mediata è piu’ organizzata e stabile; puo’ limitare l’autonomia per eccesso di direttività, incoraggiare il ritualismo e il conformismo. La socializzazione immediata favorisce flessibilità e prontezza agli stimoli, può determinare instabilità e disorientamento, debole interiorizzazione di norme. (V.Mario MORCELLINI, Socializzazione :ultima fermata! Formazione modernità mass media, in “Studi e Informazioni IRRES”,n.17,1994,pp.7-19; anche in Passaggio al futuro,Angeli,Milano 1998)

L’oscillazione fra i due stili di socializzazione connota in particolare il rapporto fra generazioni giovani e agenzie educative. Un Rapporto Fondazione Censis(,ottobre 2002), divide la popolazione italiana in 5 gruppi di utilizzatori -marginali(9,1%) : 1 media(nel 99,2% tv) per abitudine e compagnia -poveri (37,5%) :2-3 media, rapporto costante (nel 29% esclusivo) solo con tv,per abitudine,svago, interesse -medi (36,5%) :4-5 media, usati normalmente, centrale la televisione(per svago, informazione) -onnivori (14,8%) : 6-7 media (98,7% tv, 78% giornali quotidiani 70% internet): soprattutto giovani maschi adulti -pionieri( 2,3%) :tutti i media (99,1% radio e quotidiani,98,2% tv, 97,2% computer) Le conseguenze della ampia esposizione giovanile ai media analizzate in G.Roberti, Mediamente giovani,Bulzoni,Roma,2005 prefaz.di M.Morcellini sono le seguenti : caduta delle dimensioni di impegno pubblico,politico, associativo formale; centralità della dimensione emotiva e sentimentale legami deboli mantenuti con

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segnali scambiati via cellulare e chat line, , ubiquità della musica, prevalenza dell’oralità sulla scrittura” pesante”. La condizione giovanile si connota come uttile e mimetica, ma anche confusa e ripiegata sul presente(Diamanti). Cio’ è problematico per i nuovi adolescenti “un po’ afasici un po’ insolenti”(Charmet) se sono lasciati più soli nell’ affrontare i compiti della loro socializzazione.

Generazioni e corsi di vita

Le generazioni (e di conseguenza i gruppi di “pari età”) sono definite dal modo in cui una società segmenta e scandisce il ciclo di vita dei suoi componenti. Un problema tipico della società moderna è “a che età si entra nella fase adulta della vita”. Le modificazioni del corso di vita socialmente definito spingono in alto nell’ età la giovinezza , intesa come la fase della vita che non comporta assunzione piena e definitiva di ruoli adulti, lavorativi e famigliari Nelle ricerche italiane degli anni 60, i giovani erano compresi fra 13 e 21 anni(allora soglia della maggiore età). Nelle ricerche del gruppo di Pavia(metà anni 80)e IARD, i giovani sono compresi fra 15-16 anni e 24-25 anni(l’età maggiore era stata nel frattempo portata a 18 anni) L’ Osservatorio del Mondo Giovanile del Comune di Torino considera persone fra i 14 ed i 29 anni. Vi sono provvedimenti economici( sui giovani agricoltori o i giovani imprenditori) in cui si è giovani fino ai 40 anni. L’ adolescenza è la fase della giovinezza caratterizzata da un accellerato processo di cambiamento e crescita(fisica, psicologica, relazionale). Se la gioventù è sempre stata tempo di crisi dell’identità (Erikson), l’ adolescenza è tempo di identità imperfette. Il venir avanti dell’età(the coming of age di cui parlava Margaret Mead nelle sue ricerche in Samoa) apre un cambiamento faticoso e denso di incognite che chiama gli individui ad una pluralità simultanea di compiti tutti necessari: sviluppare identità personale, entrare in nuove relazioni con i coetanei, ridefinire i rapporti con gli adulti significativi, definire i propri ruoli nella società generale. Possiamo distinguere una fase mista infanzia-adolescenza(11-13 anni) una fase di prima adolescenza(14-16), una fase adolescenza-giovinezza(17-20 anni) Due rappresentazioni contrapposte dell’adolescenza: -gli adolescenti sono pochi, ed attirano minor impegno di intervento istituzionale ed educativo --gli adolescenti sono pochi, importanti e preziosi,da coltivare con cura. Tanto la prevalente aggregazione per ambiti informali (gruppi spontanei piccole compagnie) come l’afflusso a non luoghi di massa( centri commerciali, discoteche, incontri sportivi musicali ecc.) segnalano l’indebolirsi dei processi di identificazione radicata e locale. Diventa piu’ difficile, per un associazionismo con missione definita, agire secondo progetti espliciti trovare udienza ed esercitare impatto. Tra

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socializzazione immediata e mediata si ampliano i terreni di intersezione, connessione debole, risonanza indecifrabile. Il passaggio alla fase di prima adolescenza coincide con la fine della scuola media dell’obbligo e con le scelte successive di ordine scolastico, famigliare e lavorativo. Sul piano fattuale, i percorsi tipici sono tre: -prosecuzione degli studi in carriere lunghe, con sbocco scolastico posticipato , in sede scolastica lontana da casa -prosecuzione degli studi in carriere brevi, con sbocco lavorativo diretto,in sede scolastica o di formazione professionale prossima a casa -accesso diretto al lavoro attraverso forme di apprendistato, lavoro famigliare -si aggiungono i cosiddetti “invisibili” che non sono più a scuola non sono ancora al lavoro, risultando tutt’al piu’ iscritti a liste di collocamento .In questa sottopopolazione si concentrano i rischi di una esclusione sociale precoce. Il capitale sociale e culturale posseduto dalle famiglie condiziona le scelte dei percorsi successivi, influenza gli esiti di rendimento motivazione successo o gli insuccessi ed eventuali disagi. Comportamenti a rischio sono episodi relativi a: suicidio, tentato suicidio;-fuga e tentativi di fuga;-anoressia bulimia, patologie del comportamento alimentare;-comportamenti stradali spericolati , incidentalità procurata;-dipendenza da sostanze

Traccia di questionario per una indagine sulla condizione degli adolescenti nel territorio

Famiglia

-E’ ancora vitale la vecchia famiglia rurale, o è già tipica anche in questo territorio la famiglia nucleare del mondo industriale? o una forma intermedia fra le due? -Si tratta di famiglie capaci di attivare e mantenere stabili reti di relazioni all’esterno, nella comunità locale e nel territorio ?La parentela e’ ancora importante? -La missione della famiglia e’ intesa soprattutto a a trasmettere dall’alto beni economici, valori culturali e principi di autorità o ha una dimensione interna piu’ “contrattuale ? o si tratta di una famiglia disorientata, che tende a chiudersi ed ha difficoltà a gestire il proprio inserimento nel contesto locale? Sociabilità Gli adolescenti sono interessati ad aggregarsi per ambiti informali(gruppi spontanei, bande, piccole compagnie ) o fanno ricorso a forme organizzate, quali associazioni , società sportive, circoli, gruppi di volontariato ecc? Al gruppo dei pari viene assegnato un forte valore ? E’ un luogo di esperienza stabile, con forte capacità di identificazione e inclusione o luogo di sperimentazione aperta da cui e’ facile entrare ed uscire?

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Che presa hanno aggregazioni di massa , come discoteche, incontri sportivi, concerti ? Le occasioni di impiego del tempo libero in complesso sono ritenute gratificanti o no? Marginalità Sono presenti situazioni di marginalità come: Famiglie povere, prive di lavoro, con abitazioni insufficienti,con problemi di integrazione etnica e sociale? Famiglie assenti o pericolose, in cui si richiede l’inserimento di bambini ed adolescenti in servizi alternativi(residenze,c.all.,affidamento ecc.)? Situazioni di povertà visibile anche attraverso abitazioni inadeguate, sovraffollate non igieniche? Famiglie immigrate con difficoltà legate alla integrazione nel nuovo contesto ed al rapporto con il territorio di provenienza? Percorsi sociali Quale è la dotazione di capitale culturale delle famiglie ( libri, accesso alle informazioni, uso del computer, conoscenza delle lingue straniere ecc ? Come si riflette nelle scelte su scuola, formazione professionale , lavoro? Nella scelta successiva alla fine della scuola media, quanto contano i fattori oggettivi-economici delle famiglie e quanto l’attenzione verso interessi e propensioni dei singoli ragazzi? Quali aspetti del lavoro futuro le famiglie vorrebbero evitare ai propri figli? L’ ambiente sociale

Il fatto di vivere in un territorio che invecchia modifica la condizione dei bambini e degli adolescenti ? li rende piu’ importanti e preziosi o piu’ marginali e lontani? Esistono sul territorio particolari elementi di svantaggio, in ordine alla mobilità, ai trasporti ed agli accessi ai servizi? Il territorio quali risorse offre per la vita di relazione,il tempo libero,la cultura? Chi affronta problemi come la dispersione scolastica, l’ uso educativo del tempo libero, la partecipazione dei giovani nella comunità locale? Esistono forme di collegamento fra servizi sociali istituzioni scolastiche , operatori del settore associativo-volontario? .

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Devianza

Devianza e conformità Il controllo sociale è l'insieme dei dispositivi con cui una società controlla l’aderenze o gli scarti dei comportamenti individuali rispetto ai modelli normativi . Si definisce conforme il comportamento sociale che corrisponde alle norme , difforme quello che non vi corrisponde, deviante quello che trasgredisce norme, specialmente di divieto. Strumenti del controllo sociale sono i premi (incentivi) e le sanzioni(punitive). Le sanzioni sono: totalmente interne(ad es.senso di vergogna), esterne ma informali(maldicenza, evitazione), formali ed esplicite( inflitte da autorità). Queste ultime hanno contenuti fisici( punizioni corporali), economici ( ammende multe), di relazione sociale (reclusione, esilio) simbolici (scomunica rieducazione). La pena ha nelle diverse società valori diversi e variabili nel tempo, che vanno dalla spettacolarità esemplare (la “pubblica esecuzione”) alla privazione afflittiva della libertà personale (il carcere), all’obiettivo del reinserimento sociale(pena riparativa o restitutiva). La devianza ha diverse spiegazioni sociologiche: -statistica: nessuna norma puo' essere rispettata dal 100% di una popolazione(Durkheim: comportamento normale e comportamento patologico); -funzionale: una norma può essere violata, ma la sanzione della violazione rinforza il valore di cui la norma è espressione; -culturale: chi appartiene ad una subcultura o altra cultura applica le norme di quella cultura che sono in contrasto con le norme della società prevalente ( Cohen Delinquent boys spiega la devianza giovanile come appartenenza a bande che sono un contesto subculturale) - interazionistica: il comportamento non ha una normatività sociale oggettiva, ma a seconda dei contesti di relazioni, può ricevere l' etichetta (label ) di comportamento deviante e lo stigma conseguente(H.S.Becker : Outsiders).L’individuo che lo pratica assume l’etichetta e viene immesso in una "carriera morale" deviante.

Sociabilità

La sociabilità indica i modi in cui gli individui si aggregano tra loro in forme sociali riconoscibili relativamente stabili. Fra tali forme troviamo le famiglie,i gruppi, le associazioni,le reti. a)Le famiglie. Una famiglia include piu' generi e piu' generazioni, in legami sociali che passano attraverso co-residenzialità, condivisione di risorse materiali, reciprocità affettiva. La sociologia conosce piu' tipi di famiglie: clan, lignaggi famiglia estesa (società tradizionali); famiglia coniugale moderna(a un solo nucleo:

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coppia coniugale e figli dipendenti); coppia senza figli, famiglia ricostituita, famiglia a un solo genitore famiglia a un solo componente(unipersonale)

La tipologia delle famiglie in Italia(dati al 2000 VA 21,532,000)era la seguente (in %) -coppie con figli 42,7 -coppie senza figli 19,2 -un solo genitore con figli 7,7 -una sola persona 23,0 -due o piu’ nuclei 1,3 -coppie con/senza figli con altre persone 3,3 -un solo genitore con figli piu’ altre persone 0,6

Per l’Istat sono coppie di fatto quelle composte da due membri(di sesso diverso) , di cui uno intestatario dell’ appartamento e un convivente non legato da vincoli di parentela. Risultano essere al 2001 581 mila,di cui 337 mila senza precedente matrimonio e 244 mila con precedente matrimonio. Vi sono inoltre 378 mila coppie ricostituite e coniugate. b)Gruppi. Gruppo è un insieme di individui che -hanno fra loro relazioni costanti -sviluppano una identità condivisa -hanno regole di condotta -svolgono azioni in comune Il gruppo si presenta come un insieme di individui, che agisce “come tale” (team, squadra), secondo propri modelli di interazione e regole di condotta . Dal gruppo gli individui ricevono:-mutuo aiuto--scambio di risorse;-formazione di opinioni, conoscenze, abilità; -atteggiamenti morali;-capacità di risposta a problemi e compiti . I gruppi si distinguono in primari –basati sulla conoscenza personale diretta face to face, e secondari- dove tale conoscenza non è generale, o manca. A seconda del carattere implicito o esplicito delle regole di condotta, in informali(la “compagnia degli amici” e formali(il gruppo di lavoro previsto da un organigramma aziendale) I rapporti tra individui e gruppo si riconducono a quattro modalità -fusione (il gruppo assorbe e annulla l'individuo) -leadership/dipendenza(quando vi è un individuo è centrale, e gli altri si riferiscono a lui) -controdipendenza (quando un individuo si colloca in posizione marginale, “con un piede dentro e uno fuori”, vorrebbe e non vorrebbe appartenere al gruppo) -interdipendenza (quando gli individui si riferiscono gli uni agli altri creando reticoli complessi e mutevoli ) Il tipo e la forza delle relazioni che connettono gli individui nei gruppi sono messi in evidenza da tecniche grafiche( il sociogramma di Moreno individua nel gruppo le “stelle”, le “diadi”, i marginali,le “cricche” ecc.): c)Le associazioni sono gruppi di individui costituiti intorno a degli obiettivi, che perseguono con la loro azione. Dall’obiettivo distinguiamo le associazioni in economiche, politiche, ricreative, sportive, religiose , di aiuto altruistico ecc. Le associazioni funzionano secondo regole formali (statuti, regolamenti). Quelle che si

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muovono in campo economico(imprese) e politico( partiti ) assumono il carattere più complesso di 0rganizzazioni d) le reti sono sistemi di connessioni fra individui (reti sociali) e fra posizioni organizzative(reti organizzative). L’indebolirsi del carattere costrittivo(vincolante) del legame sociale primario favorisce la informalizzazione delle relazioni e la costruzione di reti a più elevata contingenza (ad es. nella famiglia, nell’educazione, nelle cerchie di vita :P.P.Donati Tra Gemeinschaft e Gesellschaft: le reti informali nella società contemporanea, in Annali di Sociologia’,n.4,1998.). Per le tecniche di analisi: v. John Scott L’analisi delle reti sociali, edizione italiana a cura di Enrica Amaturo, Nuova Italia Scientifica,1998. Sullo sviluppo della reticolarità e della connettività come sociabilità dei nostri tempi: Albert-Laszlo BARABASI , Link.La scienza delle reti,Torino,Einaudi 2004

Le reti producono comunità virtuali. Esse non sono gruppi visibili, ma arene di interazione e comunicazione:ad es. le comunità virtuali di utenti di internet, che intrattengono fra loro giochi di comunicazione senza impegno di legame. Le reti a legame debole possono evolvere in esiti comunitari (relazioni che si rafforzano, reti di aiuto) ,in arene pubbliche ( reti civiche, movimenti a base mediatica ecc. )particolarmente presenti in contesti di globalizzazione.

Organizzazione

Sono O. le aziende, le pubbliche amministrazioni, i partiti le chiese gli eserciti gli studi professionali i servizi sociali ecc. Una organizzazione ha una organizzazione,ossia apparati formali che comprendono il disegno razionale dei compiti e delle funzioni; linee di comando autorità; procedure di presa di decisione; strutture di incentivi e sanzioni; modi di impiego e combinazione di risorse(umane logistiche,tecniche, finanziarie) Nella relazione dinamica con il suo ambiente l’O. mette in azione il suo “corpo”(dispositivi, risorse, tecniche,), e la sua “ mente” (strategie, funzioni, compiti). Corpo e mente sono la parte emersa consapevole dell’iceberg organizzativo. Importante nelle organizzazioni è la parte sommersa, che comprende climi e motivazioni, valori, culture, simboli , identità.

g) I movimenti sono comportamenti collettivi dinamici che combinano relazioni interpersonal con una cultura distintiva e li orientano al perseguimento di obiettivi. Touraine ha indicato necessari ai movimenti l’ identità propria(definizione di valori e di obiettivi), identità antagonistica (identificazione di avversari, “nemici”), l’ organizzazione( espressione di una leadership e dimensione strategica dell’agire ). E’ limitativo ridurre i movimenti alla sola sfera politica,anzi sovente l’azione più efficace dei movimenti riguarda la sfera culturale, i cambiamenti nei valori sociali,le relazioni ecc.

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Lavoro Lavoro puo’ essere inteso come attività (tutto ciò che viene svolto di utile in una società) oppure solo come occupazione( l’attività retribuita, non comprendendo quindi l’attività a base domestica ristretta e/o allargata e attività quali il volontariato non remunerato, l’automutuoaiuto, gli scambi non monetizzati ecc.) Forza di lavoro è l’insieme di tutti coloro che sono disposti a svolgere una attività di lavoro retribuito. Comprende gli occupati e i disoccupati. Il tasso di disoccupazione è la quota non occupata (al momento della rilevazione)della forza di lavoro.

Dati sul mercato del lavoro in Italia(Istat 2003, migliaia) OCCUPATI Posizione Dipendenti 16.046 operai 7314 impiegati 7174 direttivi e quadri 1022 dirigenti 344 apprendisti 165 Indipendenti 6008 Lavoratori in proprio 3175 liberi professionisti 1095 coadiuvanti 901 imprenditori 642 soci –lavoratori di cooperativa di produzione 196 Senza occupazione Disoccupati 782 In cerca di nuova occupazione 2096 In cerca di prima occupazione 843

Per retribuzione il lavoro dipendente presentava in Italia (al 2003)la scala seguente( valori medi annui migliaia di euro) -dirigente privato 84,6 medico 50,0 dirigente enti locali 49,6 dirigente ministeri 44,9 quadro privato 42,6 impiegato privato 23,5 operaio privato 19,4 impiegato enti locali 18,9 impiegato ministeri 17,8 ausiliario ministeri 15,9

L’ occupazione tipica del lavoro industriale dipendente è stata a tempo pieno e a durata indeterminata. Negli ultimi anni sono cresciute forme di occupazione non tipica, sia dipendente ( a tempo parziale, a durata determinata, con contratti di formazione ed lavoro,con i contratti di apprendistato) sia formalmente indipendente ,con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro interinale, a progetto, ecc. Queste modalità definite atipiche (normate in Italia dalla L.30/2003 ) coinvolgono soprattutto segmenti non centrali del mercato del lavoro(giovani sotto i 30 anni, donne, adulti a bassa qualificazione).

Occupati in Italia per tipo di contratto Dipendente a tempo pieno 14465 (69%)

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Dip.a tempo parziale 1881 (9%) Dip.a durata determinata 1583 (7,5 %) Di apprendistato 475 (2%) Di collaborazione coordinata e continuativa 2392 (11,5%) Di lavoro interinale 375 (1,8) Di formazione e lavoro 259 (1,2%)

L’organizzazione del lavoro

L’ ’organizzazione del lavoro consiste nell’articolare i compiti e le funzioni all’interno di un apparato che deve produrre beni e servizi. Una sequenza storico strutturale è la seguente.

• La bottega: a prevalenza artigianale e di mestiere ( produzione di parti complete affidata a singoli lavoratori)

• Il sistema di manifattura o di fabbrica( tutti i lavoratori nello stesso luogo,scomposizione delle attività da parte di chi organizza il lavoro

• il taylorismo, si è autodefinito scientific management in quanto scompone fasi tempi e metodi della lavorazione secondo un criterio di massima produttività e unicità di soluzione (c’è un solo modo migliore di fare una operazione:one best way):l’organizzazione come orologio di parti a perfetto incastro

• il fattore umano e le gestione delle relazioni umane all’interno dell’azienda e nei rapporti con l’ambiente sociale esterno( dagli esperimenti di Elton Mayo fino agli anni 60)

• la crisi del taylorismo negli anni Settanta

• il post-taylorismo ( toyotismo: qualità totale, organizzazioni a pochi livelli, abolizione delle scorte e del magazzini, specializzazione flessibile: produrre ciò che prima ha chiesto il mercato, produrre “su domanda”)

• l’organizzazione come sistema culturale: la una parte emersa e consapevole dell’iceberg organizzativo comprende organigrammi, funzioni compiti tecniche strategie ; la parte sommersa, che comprende climi e motivazioni, culture e simboli , identità ed identificazione).

• L’ organizzazione a rete: una rete consiste in punti(nodi)e relazioni (flussi). E’ il modello dell’ impresa transnazionale: connessa per via telematica, non ha confini chiusi di spazio e di tempo, è continuamente impegnata a ridefinirsi in rapporto al proprio ambiente interno ed esterno.

Stratificazione Diseguaglianze sociali

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Un elemento di percezione comune è che in una società gli individui non occupano posizioni di pari importanza,livello,potere. La società si raffigura con immagini come la scala, la piramide, il rombo, il fiasco, la cipolla, la clessidra ecc. La stratificazione considera appunto una società sotto il profilo della diseguaglianza (ossia delle disparità che intercorrono fra gli individui). Luoghi di diseguaglianza sono la distribuzione/concentrazione del reddito, la posizione sul lavoro, i processi di scolarità e istruzione, la salute( morbilità e speranza di vita).

La stratificazione di una società viene analizzata secondo tre parametri: 1) la ricchezza, data da patrimonio e reddito: posizione economica;2) il prestigio( la posizione sociale) intesa come "status", nel senso di onore, rango, importanza ; 3) il potere, ossia la capacità di “controllare” altri individui ( posizione politica, pubblica). Il criterio del reddito è il più semplice: consente di ripartire una società in “classi di reddito” e di misurare la distribuzione del reddito come indicatore di diseguaglianza sociale (indice di Gini: polarizzazione o compressione al centro, rapporto fra la quota di reddito detenuta dal quintile superiore e da quello inferiore ecc.) Un individuo puo' trovarsi su strati allineati o disallineati, nell'ambito delle diverse scale di stratificazione. Ne conseguono congruenze o squilibri. Ad esempio ha un lavoro redditizio, ma poco prestigioso. Una attività prestigiosa ma poco redditizia. Un reddito elevato ma privo di potere pubblico ecc. Quelle di ricchi e poveri ,colti e incolti, potenti e deboli, sono condizioni sociali non perfettamente sovrapposte, anche se tendenzialmente orientate a rinforzarsi. Una risposta agli squilibri sono i processi di mobilitazione individuale e collettiva. L’istruzione

La presenza delle diseguaglianze in una società è spiegata in vario modo: -come imperativo funzionale, per la selezione dei meriti di chi deve occupare le diverse posizioni; -come conseguenza del potere, e conseguente giustificazione ideologica da parte di chi occupa le posizioni superiori; -come esito dei meccanismi prevalenti( competizione/cooptazione /ereditarietà) nel conseguimento delle posizioni piu' elevate. Un veicolo di mobilitazione individuale è considerato l’istruzione, ma il rapporto fra istruzione e stratificazione sociale presenta aspetti controversi. Nel passato delle società europee, le competenze culturali(fornite dalle artes liberales ai clerici ) erano perlopiù utilizzate in funzioni di interesse sociale e difese da procedure corporative. Nelle società chiuse i titoli di istruzione si riproducono entro le stesse classi(laureati figli di laureati, professionisti figli di professionisti ecc.) . Secondo Boudon la diffusione dell'istruzione, attraverso la scolarità di massa, serve alla società in generale, ma riduce (o perfino annulla, con tipico effetto perverso) l’ effetto di mobilità sociale per i singoli individui (“se tutti si alzano in piedi allo stadio non c’è più vantaggio rispetto a quelli che restano seduti”). Collins sostiene che i sistemi di istruzione favoriscono i ceti medi colti, che detengono le competenze su cui

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l’istruzione si fonda; funzionano da mobilizzatore sociale se (e solo se) tali competenze sono valorizzabili su un mercato professionale competitivo o tutelate fuori mercato da istituzioni di potere pubblico. Gli sviluppi più recenti assimilano l’istruzione ad un bene acquisibile sul mercato( teoria del capitale umano), riconducendo a calcolo economico (investimento, redditività) le scelte relative agli studi ed allecarriere. Long-life learning, long-life education sottolineano invece il carattere di necessità che il bene istruzione ha per la identità professionale e civile degli individui(l’istruzione come capacità che non avventaggia chi la possiede, ma svantaggia chi non la possiede). La struttura delle classi sociali

Le società antiche avevano sistemi di stratificazione chiusi e statici: caste(India, v.gli studi di Louis Dumont); gerarchie( la triade sacerdoti guerrieri contadini dell' antica Roma; v.gli studi di G.Dumézil). La società europea fino al ‘700 si regge su un sistema di ordini o stati: re e aristocratici(primo stato) ; clero alto e basso(secondo stato), borghesia: mercanti e artigiani(terzo stato). Il quarto stato sarà di conseguenza quello dei contadini e degli operai. Il passaggio alla società industriale modifica il criterio della stratificazione con la formazione di classi a base direttamente economica. Per gli economisti classici(Ricardo) e per Marx le classi derivano dai rapporti sociali di produzione: rentiers proprietari, imprenditori, lavoratori. Per Weber, le classi sono aggregati di individui che occupano specifiche posizioni sul mercato in base alla proprietà che detengono ed all’ attività professionale che svolgono. Per analizzare la struttura delle classi sociali, l’ informazione di base è l’occupazione svolta sul mercato del lavoro ( la “condizione non professionale” concerne chi sta fuori dal MDL: bambini, studenti, casalinghe, pensionati ecc. ).

Sylos Labini (1973) individuava in Italia cinque grandi classi sociali , ognuna composta di sottoclassi: 1) borghesia( grandi proprietari di fondi rustici e urbani, imprenditori ed alti dirigenti di società di capitali, professionisti); 2) piccola borghesia relativamente autonoma(urbana: commercianti, artigiani; rurale: coltivatori diretti); 3) classi medie impiegatizie (impiegati pubblici e privati), 4) classe operaia (salariati fissi dell’agricoltura, operai dell’ industria e dell’edilizia, operai del terziario); 5) sottoproletariato( disoccupati strutturali, lavoratori con redditi saltuari e occasionali ecc.) . M.Paci (1982) analizzava la struttura sociale italiana in base alla combinazione fra settore di attività produttiva(agricoltura, industria, servizi vendibili, pubbliche amministrazioni) e livello di garanzie economiche e di welfare, distinguendo così classi "centrali" (incluse) e classi "periferiche”(marginali).

Il sociologo inglese Goldthorpe presenta uno schema di classi che riflette una società inglese, dove è più presente la grande organizzazione.L’appartenenza di classe deriva dalla posizione nel lavoro (imprenditori, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti), e dal contenuto del lavoro( direzione, servizio dotato di forte autonomia e autorità professionale, contratto di lavoro più esecutivo):

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I Grandi imprenditori II Professionisti tecnici dirigenti III Impiegati di livello superiore e inferiore, addetti alle vendite Iv a Piccoli imprenditori industriali b artigiani industriali c piccoli imprenditori agricoli V tecnici di livello inferiore, supervisori di lavoratori manuali VI operai industriali qualificati VII operai non qualificati a industriali b agricoli

Di recente, il sociologo italiano Antonio Schizzerotto offre una rappresentazione della struttura di classe italiana che combina elementi di proprietà, educazione e controllo sul lavoro:

1.Imprenditori : amministratori delegati e titolari singoli o associati di aziende con almeno 15 dipendenti. Risorsa base: possesso mezzi di produzione 2.Liberi professionisti: persone che svolgono una attività intellettuale specializzata in posizione autonoma. Risorse: possesso di credenziale educative e possesso(limitato) di mezzi di produzione 3.Dirigenti(service class). Alti e medi dirigenti di imprese e pubbliche amministrazioni, professioni intellettuali altamente specializzate svolte in posizione dipendente. Risorse: credenziali educative e controllo organizzativo 4.Classe media impiegatizia: lavoratori intellettuali a livello medio-alto e medio di qualificazione, che lavorano alle dipendenze.Risorsa: possesso di credenziali educative 5.Piccola borghesia urbana: proprietari e coadiuvanti di piccole e piccolissime imprese(industriali, commerciali e di servizi) con meno di 15 dipendenti, che impiegano la loro forza lavoro(self-employers) nell’azienda. Risorse: possesso di mezzi di produzione( in misura inferiore a C1) e forza lavoro 6.Piccola borghesia agricola: proprietari e coadiuvanti di piccole e piccolissime imprese agricole, con 15 dipendenti, dotati delle medesime risorse di C5 7.Classe operaia urbana: lavoratori dipendenti, manuali e non manuali, , a basso livello di qualificazione, in settori non agricoli.Risorsa: forza lavoro 8.Classe operaia agricola: lavoratori dipendenti, manuali e non manuali, a basso livello di qualificazione, in settori di agricoltura,caccia e pesca. Risorsa: forza lavoro

I ceti sociali

I ceti sociali sono aggregati contraddistinti non dalla funzione economica, ma dalla comunanza di stile di vita, cultura soprattutto professionale, comportamenti di relazione,consumo,socializzazione. Era società di ceti la società premoderna, dove il rango determinava l’onore ed i connessi comportamenti:” essere all’altezza della propria posizione,” noblesse oblige”; ma anche “saper stare al proprio posto”, “non credersi diversi da ciò che si è”. In passato la struttura di ceti presentava una forte rigidità ; oggi la collocazione di ceto si avverte nella mobilità delle scelte di consumo, in quanto indicano non solo dotazione economica ma stile di vita, cultura e aspirazioni.

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Bourdieu sostiene che i consumi sono in funzione della posizione degli individui nel campo sociale , la quale è determinata dal capitale complessivo- economico + culturale, di cui dispongono. Da ciò quattro situazioni diverse (ricchi e colti, ricchi e incolti, poveri e colti, poveri e incolti) di comportamenti di consumo( che cosa “bevono”” mangiano” ‘leggono” “indossano” “ votano” i quattro gruppi?)

Gli stili finanziari

Una indagine Eurisko sugli stili finanziari delle famiglie italiane al 2003 rileva su 18,6 milioni di famiglie in Italia distingueva i seguenti tipi : 14,7% di nullatenenti(senza alcun patrimonio) 5,4% di indebitati ( operai artigiani giovani,di cui 5%con patrimonio superiore a 50.000 euro) 20,6% di consumatori correnti ( impiegati che hanno solo conti correnti, 5% con patrimonio) 16,2% di ridotti all’essenziale (pensionati casalinghe: non hanno alcuna attività finanziaria, 5% con patrimonio); 4,6% di facoltosi (imprenditori professionisti dirigenti,70% con patrimonio) 25,3% di forti investitori (impiegati e giovani professionisti, solo il 25% con patrimonio) 10,9% di accumulatori( impiegati :21%con patrimonio ) 2,4% di previdenti ( lavoratori autonomi 18%con patrimonio)

Mobilità La struttura delle diseguaglianze richiama i processi di mobilità: è possibile che gli individui mutino la loro posizione rispetto a quella ereditata dalla loro famiglia,o conseguita in tempi precedenti della loro vita? La mobilità è il movimento degli individui lungo una scala di stratificazione: ascendente, discendente,laterale. Essa si dice : tra generazioni quando si considera la posizione dei figli rispetto a quella dei loro padri alla medesima età: la modificazione delle posizioni occupazionali, dovuta al cambiamento economico complessivo, fa sì che oggi 6 italiani su 10 non fanno piu' il lavoro dei loro padri . Essi hanno compiuto un processo di mobilità intergenerazionale. La mobilità entro la stessa generazione riguarda i movimenti(ad es. carriere occupazionali) di persone coetanee. La mobilità intragenerazionale consente di misurare la fluidità di una società, ossia la possibilità che gli individui hanno di muoversi nella stratificazione, rispetto alla ereditarietà delle posizioni sociali, che hanno ricevuto per trasmissione famigliare.

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Quando la scala della mobilità sociale intergenerazionale non scorre piu’ sicuramente verso l’alto,ma comincia a retrocedere, la posizione delle classi medie diventa più instabile e viene intaccata ( “effetto clessidra”). Una parte riesce a conservare lo status raggiunto con sforzi crescenti per mantenere la medesima posizione.Un’altra parte avverte l’incipiente retrocessione sociale e prova il cd. “panico di status”(paura di scivolare, di perdere l’appiglio della scalata).Il Il timore di processi di mobilità sociale discendente incide sul livello psicologico di sicurezza e benessere, che , nel tempo, ha consolidato il patto fra le generazioni.

Una indagine (febbraio 2004) sul mutamento socioeconomico nella società italiana, ha domandato ad un campione rappresentativo la percezione dei diversi gruppi sociooccupazionali.

Un indice sintetico(peggioramento 0- invarianza 1 miglioramento 2), con la media ponderata delle risposte indica quattro situazioni In peggioramento netto( Operai 0,28,Pensionati 0,29) In arretramento relativo (Artigiani 0,73,Insegnanti e professori 0,74,Impiegati privati 0,75,Piccoli imprenditori 0,77,Impiegati pubblici 0,83 In relativa stabilità( Commercianti 0,96) In miglioramento (Grandi imprenditori 1,21,Liberi professionisti 1,22)

Politica

Tre significati di politica

La politica( politics) è l’attività sociale che concerne l’acquisizione, l’esercizio, la contesa per il potere. Acquisizione ed esercizio del potere si pongono in funzione della sopravvivenza e del benessere: degli individui stessi che detengono il potere, di altri individui, della società (Giovanni Jervis, Individualismo e cooperazione,Laterza ,2002) Policy(plurale policies) indica un corso di azione orientato a conseguire degli obiettivi. Vi sono policies - regolative(es.codice della strada) – estrattive(es. fisco) e distributive ( le politiche di protezione sociale, previdenza,sanità,assistenza, e connesse, lavoro, abitazione, istruzione). Più recente è l’uso del termine polity , per designare la sfera della politica “alta” ,ossia i valori e principi generali che regolano ed inquadrano l’esercizio di politics e policy. Il livello costituzionale della politica,dove essa incontra non solo la norma giuridica di base(Grundgesetz),ma la norma morale. Dove demokratia ed eunomia si pongono in intima relazione.

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Potere e autorità

Who rules? chi comanda ? si è domandato Robert Dahl, un grande teorico della democrazia. Riprendendo una domanda che nella lunga durata storica si è presentata anche nella forma “chi deve comandare? A chi spetta l’esercizio di un giusto potere? Da Weber si usa distinguere nel potere forza ed autorità. Come forza, il potere consiste nella capacità di A (comunque acquisita) di far fare a B quello che A vuole. Il potere in sé è macht( forza) e violenza(gewalt). Inteso come autorità, esso si fonda sulla possibilità di A di farsi ubbidire da B sulla base della relazione che si instaura fra A e B, in un modo che sia A sia B ritengono legittimo. Più semplicemente l’autorità è il potere (ritenuto) legittimo. La relazione di autorità risponde( Weber) a tre principi tipici : la tradizione, il carisma, l’apparato legale-razionale sulla cui base è stato edificato lo stato moderno. La distinzione fra potere e autorità non produce di norma problemi in contesti di legittimazione stabile. La tensione che insorge evidenzia per contro l’emergere di questioni di legittimazione(“cambio di regime”,”rivoluzione” ecc.) Gli attori politici

In un contesto di stato democratico nazionale, gli attori che prendono parte al gioco politico sono diversi ed eterogenei ( “pluralismo”) : Individui singoli (in quanto elettori e portatori di interessi) Imprese, gruppi di imprese, soggetti del mercato gruppi di interesse (sindacati, organizzazioni di categoria) gruppi di pressione (lobbies) movimenti; partiti; maggioranze e minoranze parlamentari governi burocrazie (pubbliche amministrazioni) autorità e magistrature indipendenti organizzazioni sovrannazionali Gli attori si muovono secondo interessi e in base a valori ( ideologie, o in modo più neutro “culture politiche”) : idee differenti su autorità, libertà individuale, famiglia, nazione, iniziativa economica, mercato, competizione sociale,liberazione dall’ autorità oppressiva, eguaglianza, diritti sociali, sicurezza, giustizia ecc. La questione di fondo che riguarda la varietà degli attori è il dilemma fra tendenza alla omogeneità / alla pluralità. Il termine "classe o elite politica" che risale alle teorie degli elitisti: Michels, Mosca,Pareto ) designa quella minoranza della società che esercita funzioni politiche specializzate, rientrando a sua volta nella più ampia classe dirigente (ruling class) o elite del potere (che C.Wright Mills considerava come l’insieme coeso dei detentori di potere politico, industriale e militare).

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Le istituzioni politiche

Luoghi specializzati per l’esercizio del potere politico sono le istituzioni politiche. Negli stati democratici a base nazionale istituzioni sono “il popolo”( detentore formale della sovranità), l’assemblea rappresentativa del popolo(Parlamento) , il governo , le istituzioni di controllo e garanzia( capo dello stato, magistrature). La combinazione delle istituzioni(il sistema istituzionale) varia da paese a paese. G. PASQUINO( Sistemi politici comparati. Francia, Germania, Gran Bretagna,Italia,Stati Uniti, Bononia University Press,Bologna,2003; a cura, Capi di governo,Il Mulino ,2005) descrive cinque sistemi

1) Parlamentarismo puro Po> Pa+ Go> CS ;

Il sistema italiano, disegnato nel 1948, è una repubblica parlamentare: un Governo, presieduto da un Presidente del Consiglio dei ministri capo dell’esecutivo riceve la fiducia da una maggioranza parlamentare. Il Presidente della Repubblica capo dello stato viene eletto dal Parlamento, con funzioni indipendenti di garanzia.

2) -Presidenzialismo Po>Go=CS ; Po>Pa

Il Capo dello Stato ed il Capo dell’ esecutivo sono la stessa persona,il Presidente; ha robusti poteri, è sottoposto ad un gioco di contrappesi; “negozia” con il Parlamento(Congresso) le leggi. Il Congresso viene eletto con elezioni disgiunte da quella presidenziale, e con metodo maggioritario a un turno. Accade che il Presidente ed il Congresso non siano dello stesso colore politico

3) –Semipresidenzialismo: Po>Cs; Po>Pa>Go

Capo dello Stato ad elezione diretta, con poteri di governo in materia di difesa e politica estera, Primo ministro con fiducia parlamentare. Il Parlamento viene eletto in elezioni disgiunte con metodo maggioritario a doppio turno.Accade che il Presidente ed il Primo ministro non siano dello stesso colore politico(coabitazione)

4) Governo del primo ministro P>Pa=Go

I partiti competono in elezioni maggioritarie a turno unico (first passed, the post); il leader del partito vincente è riconosciuto primo ministro, con nomina del capo dello stato. Il premier ha il potere (di fatto) di sciogliere il parlamento; può essere sostituito in corso di legislatura, entro la stessa maggioranza, senza ritorno a nuove elezioni( (casi Wilson/Callaghan, Thatcher/Major). Il sistema è tendenzialmente bipartitico, è raro che il parlamento non esprima una maggioranza assoluta(hung parliament).

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5) Cancellierato Po>Pa>Go; Pa>Cs

In un sistema elettorale misto(maggioritario e proporzionale) con sbarramento, la maggioranza parlamentare che si costituisce dopo il voto elegge il cancelliere e può sostituirlo con il metodo della cd. sfiducia costruttiva. Il Capo dello Stato è eletto dal Parlamento Partecipazione politica La partecipazione allude a modi diversi di “stare in politica”: “essere parte” di una comunità, gruppo, subcultura ”avere parte” di risorse collettive, agire per ottenerle “prendere parte”(intervenire in organizzazioni ,partiti, movimenti associazioni ecc.) Nel Novecento la partecipazione politica è stata dominata dalla presenza e dalla funzione storica del partito politico: attore collettivo per eccellenza, che conferisce stabilità istituzionale e riconoscibilità sociale all’agire politico. Roberto Michels scopri' all’inizio del secolo (Sociologia del partito politico,1911) che come ogni grande organizzazione anche il partito politico tende ad essere governato da una minoranza che si autoriproduce (legge ferrea dell'oligarchia ). “Non appena i nuovi leaders hanno conquistato il potere si verifica in loro una trasformazione, terminata la quale essi assomigliano, almeno nella sostanza,ai vecchi leaders spodestati , come due capelli assomigliano fra loro “. Questa analisi suggerisce la persistenza di un rapporto formale fra minoranze organizzate-masse non organizzate invariante nel tempo. Non aiuta però a comprendere la diversità delle basi su cui le elites fondano e giustificano il loro potere( la forza, la sacralità, la conoscenza, la competenza tecnica, la distribuzione di risorse, la scelta da parte dei sottoposti ecc.). Inoltre il partito politico non esaurisce tutta la gamma delle possibilità di partecipazione politica. Una componente importante è l’opinione pubblica: concetto, nato nel 700, che allude al sentire comune, diffuso, non organizzato, che circonda l’agire politico e ne influenza temi e scelte. Dalla semplice opinione si passa alle modalità di cd cittadinanza attiva (citizenry ), ossia mobilitazioni per il perseguimento di beni di comune interesse da parte di piccoli gruppi e movimenti organizzati. Il principio della competenza ad agire è stat di recente riconosciuto dal nuovo testo(2001) dell’ art.118 della Costituzione italiana. I cicli della partecipazione attiva –sia di opinione sia di azione- oscillano storicamente da momenti di forte presenza di individui gruppi e movimenti che rivendicano ed operano per beni pubblici e interessi generali a momenti di ripiegamento e chiusura nelle cerchie ristrette degli interessi individuali e di cerchia privata (sul punto v. i lavori di A.O.Hirschman).

Il rischio del conformismo passivizzante era già stato colto con molto anticipo da Tocqueville : “se un potere dispotico s’insediasse nei paesi democratici, esso avrebbe certo caratteristiche diverse che nel passato: sarebbe più esteso ma più

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sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. Un sistema che potrebbe sembrare paterno, ma che al contrario cercherebbe di fissare gli uomini alla loro infanzia, preferendo che si divertano piuttosto che pensare. Quando provo ad immaginare in quale sembiante il dispotismo apparirà nel mondo, vedo una folla immensa di uomini tutti simili, che girano senza posa su se stessi per procurarsi i piaceri minuti e volgari di cui nutrono la propria anima. Ognuno di loro considerato in sé è come estraneo al destino di tutti gli altri, i figli e gli amici più vicini esauriscono per lui l’intera specie umana, e quanto al resto dei concittadini, non li vede: li tocca ma non li sente. E se ancora la famiglia ha qualche significato per lui, è la società a non averne più alcuno."(De la démocratie en Amérique ” - 1840

Robert Putnam( Capitale sociale e individualismo,Il Mulino,2005) rileva una correlazione fra caduta della partecipazione attiva ed esposizione passiva al sistema dei media. In Bowling alone,tr.it.Il Mulino 2004, osserva che: ” ogni ora in più di televisione al giorno significa una riduzione di quasi il 10% della maggior parte delle forme di attivismo civico, meno incontri pubblici, meno partecipazione a comitati locali,meno lettere al congresso ecc.-p.280; chi guarda poca televisione “ ha una probabilità tripla di avere tenuto un discorso in pubblico nell’ anno passato rispetto a persone con eguale livello di istruzione che guardano molta tv(p.281)

Postdemocrazia?

Il relativo indebolimento dei poteri democratici formali incardinati nelle istituzioni dello stato nazionale segnala l’ emergere di nuovi poteri - finanziario e mediatico( sovente intrecciati), la cui caratteristica è duplice: la difficoltà degli stati nazionali di controllarli, la loro capacità di innovare nelle forme della comunicazione politica finalizzata all’ottenimento del consenso. Fin dagli anni 40-50 Joseph Schumpeter( e A.Downs avevano elaborato la teoria della democrazia come un particolare tipo di mercato e la competizione elettorale per le cariche pubbliche come una forma di concorrenza fra imprenditori politici, che cercano di conquistare spazi di mercato ai loro prodotti( programmi, candidati).

Colin Crouch(Postdemocrazia,Laterza 2004) e altri (Fareed ZAKARIA, Democrazia senza libertà in America e nel resto del mondo, Milano,Rizzoli,2003, Kevin PHILLIPS) temono l’avvento di regimi politici di “post-democrazia” nei quali : -esistono elezioni libere ( non necessariamente corrette ) fra più competitori, ma -si indeboliscono fortemente le garanzie relative a libertà di opinioni e pluralismo delle fonti di informazione -la politica è screditata nella sua capacità di garantire crescita e benessere per via pubblica; -i modelli di azione politica sono assimilati a quelli del mercato fanno saltare le regole consolidate della distinzione fra politica ed economia. Nell’ avvento della postdemocrazia ha un posto importante la mediatizzazione della opinione pubblica. Il circuito televisione>politica>televisione favorisce non tanto la fuga radicale dalla politica, quanto un modo apatico di rapportarsi ad essa, amplificato dalla assenza di luoghi sociali che consentono una costruzione

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discorsiva e interattiva delle convinzioni.L’impoverirsi della sfera pubblica rafforza una comunicazione politica interessata a trarre beneficio da paure, speranze, emozioni esistenti, se non a produrle ai propri fini attraverso messaggi fortemente estremizzati. Mutano le forme organizzative. Il vecchio modello di partito era rappresentabile mediante cerchi concentrici(elettori, iscritti, militanti,quadri locali e intermedi,direzione,segreteria, segretario). Il nuovo modello ha forma di ellisse: la segreteria è in contatto diretto con professionisti e lobbisti di vario tipo,esterni al partito;questi trasmettono al leader, figura isolata dalla vecchia struttura, i messaggi sui temi che deve toccare( le issues rilevanti)e su come li deve presentare per ottenere in massimo consenso ). Strumenti di politica mediatizzata sono: -un monitoraggio costante dell’ opinione pubblica nelle sue preferenze di voto e gradimento (indice di popolarità) di singoli attori; - tecniche di sondaggio( focus groups) che evidenziano problemi e preoccupazioni della “gente” da inserire nell’ agenda politica -uso dei sondaggi per determinare effetto “bandwagon”(trascinamento):”salire sul carro del vincitore”; -curvatura-condizionamento dei media: gli “spin doctors “ (il termine spin nel biliardo e nel tennis indica la curvatura intenzionale data alla palla) tendono a convincere i media a dare una rappresentazione favorevole delle azioni e opinioni della propria parte, e/o una rappresentazione sfavorevole delle azioni e opinioni avversarie. Antidemocrazia I modelli antidemocratici aboliscono il principio della elezione fra competitori, e affermano la relazione diretta(“identitaria” )fra popolo e capo. L’essenza del totalitarismo è la soppressione di ogni articolazione pluralistica che generi opposizione parlamentare e sociale.Le elezioni,se sopravvivono, vi assumono la forma del plebiscito. Le minoranze, se sopravvivono, non vi hanno altro diritto che di sottoporsi alla maggioranza, che esprime l’unica legittimazione dell’ autorità. In lessico nazista, “chi appartiene alla comunità di popolo- Volksgemeinschaft- non ha nulla da temere”. Molta acqua al mulino dell’ antidemocrazia hanno portato le teorie elitistiche, in quanto non interessate a differenziare fra forme democratiche e non nell’ esercizio dell’ autorità. Democrazia come fictio juris; nel linguaggio di Carl Schmitt, auctoritas non veritas facit legem; e l’autorità a sua volta deriva dal rapporto immediato fra un popolo ed il suo Capo. Anche il totalitarismo ha le sue istituzioni politiche. 1) Partito unico, che esclude ogni competitore;2) Identificazione fra capo dello stato e capo del governo( Hitler dal 1934). Franchismo e fascismo hanno tenuto formalmente distinte le due cariche(monarchia/ regime), il che tuttavia non pare sufficiente- a farli considerare

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come forme di antidemocrazia attenuata( autoritaria non totalitaria). Storicamente il fascismo è stato a lungo considerato (soprattutto nell’ambito della scuola di Francoforte) come il precedente diretto del nazismo: “uso il termine fascismo o autoritarismo per designare un sistema dittatoriale del tipo di quello tedesco e italiano.Quando intenderò riferirmi in modo particolare al sistema tedesco , lo chiamerò nazismo(E.Fromm, Fuga dalla libertà, ed.or.am. 1943;ed.it.1982,p.15,n.1) . La categoria di totalitarismo consente di equiparare tutti i regimi che pretendono una dominazione assoluta sulla società attraverso un partito unico ed è stata via via impiegata a designare anche i regimi di cd.”democrazia popolare”(sovietica). Una certa linea interpretativa(Talmon) riconduce il modello sovietico alla rivoluzione giacobina francese ed alla concezione di Rousseau del potere popolare( per questa via il cd.revisionismo storico è giunto a considerare i regimi totalitari di destra come la risposta storicamente reattiva alla instaurazione della dittatura sovietica dopo il 1917). Il principale se non l’unico modello possibile di democrazia liberale sarebbe allora quello inscritto nel filone rivoluzione inglese-rivoluzione americana(1688-1789).In effetti si può osservare come la democrazia sociale del XX secolo si sia presentata come uno sviluppo conseguente del modello liberale dei diritti civili e politici( T.H.Marshall, Cittadinanza e classe sociale-1949- n.ed.it. 2003). La considerazione della storia del Novecento apre all’ altro grande problema se la democrazia liberale sia prodotto politico tipico di una certa tradizione culturale(europeo-occidentale) oppure costituisca un orizzonte di riferimento generale che può avere svariate attuazioni. Sono evidenti le implicazioni di questo dilemma per quanto riguarda la cd “esportazione-imposizione” della democrazia in contesti storicamente differenti( per es. India, Giappone, Cina,Medio Oriente). All’interno della sfera occidentale esistono sistemi a democrazia fragile : per esempio con parlamenti molto deboli(eletti su base proporzionale )e presidenti capi del governo eletti direttamente. Non a caso questi regimi ( presenti in America del Sud) sono ciclicamente sospesi di colpi di stato militari(Brasile,Cile,Argentina,Bolivia ecc.)

Teorie sociologiche:olismo funzionalismo strutturalismo teorie del sistema sociale

La matrice delle teorie sociologiche

Le teorie generali (e le scuole che le hanno proposte) si possono disporre l’asse OLISMO-INDIVIDUALISMO , due opzioni metodologiche che risalgono rispettivamente a Durkheim e Weber. Polarità connesse, non perfettamente sovrapponibili alla precedente sono: SISTEMA(monistico)-STRUTTURA(pluralistica),FUNZIONE(del sistema)-AZIONE(dei soggetti) ORGANIZZAZIONE(di elementi) –RELAZIONE(tra individui).

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Olistiche sono le teorie che considerano la società come una totalità(integrata) di cui spiegano i caratteri (sistema, strutture, funzioni), come proprietà indipendenti da quelle degli attori individuali. Individualistiche sono le teorie che considerano la società come un campo in cui si inscrivono le logiche di azione( relazione, interazione) degli attori sociali (individui singoli e attori collettivi). Hanno anche conseguenze pratico-prescrittive .Una cosa è vedere la società come totalità, che esiste fuori degli individui e ad essi si impone .Oppure anteporre gli individui come singoli attori, la cui azione costruisce la società, che non puo’ dunque esistere fuori (contro) gli individui. Oppure ancora trovare elementi intermedi e mediatori fra sistema e individui nel discorso delle strutture che non fanno sistema,del mutamento che condizione l’azione storica degli individui. Le fonti dell’olismo; Spencer, organicismo ed evoluzione Il riferimento olistico piu’ tipico dell’Ottocento fu la diretta analogia fra società e organismo vivente organizzato, ossia composto di parti interrelate che svolgono specifiche funzioni, e mantengono l’insieme in equilibrio vitale. Herbert Spencer ,applicando alla società la teoria darwiniana, fissò i canoni della sociologia evoluzionistica, che dominò la scienza sociale del secondo Ottocento: -la società è il livello “superorganico” della realtà; la realtà segue una legge generale di organizzazione; -le società seguono una linea storica di differenziazione ,passando da livelli semplici e omogenei a configurazioni complesse ed eterogenee; -l’evoluzione traccia una linea obbligata di progresso che colloca le società umana a differenti gradi ( savagery/ barbarism/civilization: è la tripartizione dell’ antropologo Lewis Henry Morgan) -l’evoluzione consente di passare da forme societarie basate sulla guerra,la predazione e la conquista, a forme societarie basate sulla produzione,i commerci,la cooperazione volontaristica (Man versus the State: l’anarco-liberalismo di Spencer). Il cd.”darwinismo sociale” utilizzò il principio socio-evolutivo per giustificare la “selezione dei piu’ adatti” , sia nei rapporti fra società che all’interno della società evoluta. (Una ripresa attuale è la cd.sociobiologia, che tuttavia considera piu’ efficace dal punto di vista evolutivo la combinazione, fra fattori di competizione egoistica e di cooperazione altruistica ). Durkheim: i fatti sociali e la solidarietà Durkheim considera la sociologia come una scienza dei fatti sociali, ossia di fenomeni che sono collettivi, esterni agli individui ed esercitano sugli individui una forza di costrizione (contrainte). I fatti sociali si distribuiscono su tre livelli: la morfologia sociale include i fatti di popolazione,insediamento,organizzazione dell’ambiente(milieu)

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la divisione del lavoro sociale include i fatti di coesione e differenziazione: la divisione della società in gruppi, la ripartizione del lavoro, del potere sociale; le rappresentazioni collettive sono i fatti giuridici, di conoscenza, religione, educazione. Se il problema dell’ordine sociale emerge con la nozione sansimoniana del sistema industriale e con la distinzione comtiana di statica-dinamica sociale, la nozione di solidarietà di Emile Durkheim ne è la trascrizione analitica. La solidarietà(solidarité) attiene al modo in cui la parti sono tenute insieme nell’edificio sociale .Parti poco numerose,molto simili fra loro, unite da una forte pressione costrittiva sono la solidarietà meccanica. Essa è propria delle società elementari ad economia di raccolta e di agricoltura, dominate dalla conformità, dal peso delle sanzioni e da rappresentazioni religiose obbliganti(Le forme elementari della vita religiosa,1912,è uno studio sulla religione ritenuta da D. la piu’ elementare:il totemismo australiano). Parte assai numerose, molto eterogenee fra loro, interdipendenti, sono la solidarietà organica .Essa è propria delle società con economia commerciale e industriale, con forte divisione tecnica del lavoro e con crescente separazione degli individui dalla norme costringenti del gruppo. Le rappresentazioni collettive,in entrambi i contesti di solidarietà, sono fattori di integrazione : rendono la società autorevole per gli individui ed i gruppi che la compongono, legittimano simbolicamente l’ordine sociale. Come mostra lo studio sul Suicidio(1897) ,Durkheim trova nella società moderno-industriale a dominanza di stato nazionale una possibilità di non integrazione, che chiama anomia. Non è la mancanza di norme sociali ma l’ incapacità delle norme di garantire appartenenza:il suicidio detto anomico proprio per questo si distingue dal suicidio altruistico(obbligatorio) e dal suicidio egoistico(reattivo, di rivolta). .Una funzione integrativa essenziale viene attribuita ai corpi sociali intermedi che si interpongono fra gli individui ed il potere centrale(politico-statale, economico), sviluppando etiche particolari(associazioni, gruppi professionali). Anche la sociologia svolge un’ opera di educazione dei cittadini , in quanto pone su basi di moralità razionale l’appartenenza alle rispettive società nazionali. Malinowski: il funzionalismo assoluto Caduto il presupposto evoluzionistico, una ripresa di analisi organicistica della società si fonda sul concetto di funzione. La sua introduzione nella teoria sociologica si deve all’antropologo Bronislaw MALINOWSKI, autore di famose indagini in Melanesia;Argonauts of the Western Pacific,1922).riedizione a cura di G.C.Scoditti, Torino,Bollati Boringhieri,2004 La funzione è lo scopo, che un elemento sociale persegue, e l’apporto che in tal modo realizza per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali(basic needs) ed il mantenimento e la coesione della società . Gli elementi che svolgono le funzioni socialmente necessarie sono le istituzioni: la famiglia(per la riproduzione), l’economia(per la sussistenza ),il governo(per l’ordine), la magia( per la rassicurazione e la stabilità psicologica: vedi i rituali della pesca d’altura), la religione (per il

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simbolismo ). L’integrazione fra le funzioni svolte dalle istituzioni assicura alla società stabilità e capacità di adattamento al suo ambiente fisico e culturale di esistenza. Malinowski fu criticato per avere fatto del funzionalismo una chiave di lettura assoluta;valida sia per le società illetterate analizzate sul terreno sia per le società storiche. Il funzionalismo privilegia il punto di vista sincronico(perché la società sta insieme e persiste). Il funzionalismo critico di Merton

R.K. Merton (1909-2003) critica la pretesa malinowskiana di spiegare tutti gli elementi presenti in una società in termini funzionali(di utilità stabilità e vitalità per l’insieme).In primo luogo per Merton le funzioni nono sono gli scopi (intenzionali)a cui un elemento serve, ma le conseguenze(oggettive) che esso ha per il sistema sociale. Le obiezioni di Merton al cd funzionalismo assoluto di Malinowski (e di Parsons) si rivolgono contro i tre principi della unità, necessità indispensabilità funzionale. Merton osserva che: a)non tutti gli elementi mantengono l’unità del sistema (vi sono elementi che generano conflitti e lacerazioni, come la religione nell’ Europa fra XVI e XVII secolo); b)non tutti gli elementi svolgono una funzione,una funzione necessaria o comunque utile al sistema(vi sono elementi a-funzionali, residui del passato, ed elementi disfunzionali, che generano “problemi sociali” da affrontare) c)non esiste una relazione biunivoca fra un elemento e una funzione, in quanto la stessa funzione può essere svolta da piu’ elementi (equivalenti funzionali),e meglio da alcuni rispetto ad altri(alternative funzionali; il progresso tecnico consiste nella sostituzione di elementi più funzionali ad altri meno funzionali) Infine, un elemento può avere funzioni manifeste e funzioni latenti:manifeste sono le conseguenze oggettive volute e previste( nella danza Hopi, “far piovere”); latenti sono le conseguenze non riconosciute e non previste(nella danza Hopi, tenere unito il gruppo in situazioni di scarsità e pericolo). Già nel 1936 Merton parlava di “conseguenze impreviste”(unanticipated) dell’ azione sociale intenzionale: una teoria che precede quella dell’effetto perverso di Boudon .Merton propone il suo funzionalismo critico come una concezione positiva ed attiva dell’intervento sociale:la società non si può rimodellare globalmente, ma è sempre possibile aprire nuove alternative funzionali, modificare aree del sistema, innovare grazie alla scienza, alla politica ed alle applicazioni del sapere sociologico ai social problems( si vedano gli studi mertoniani sulle comunicazioni di massa e la propaganda politica in Teoria e Struttura sociale).Il cambiamento sociale è reale quando sostituisce strutture e funzioni (anche latenti) con altre più adatte ed aperte, in quello spirito di “neofilia” e controllo pubblico che caratterizza, per Merton,le società a ordine democratico. Merton critica la pretesa di costruire una teoria sociologica onnicomprensiva, in quanto ritiene che la sociologia possa progredire solo in interdipendenza con la ricerca empirica, secondo la lezione storica delle scienze naturali (v.Social Theory and Social Structure, prima ed.1949,varie edizioni italiane a cura di Filippo Barbano,a partire dal 1966).Perciò la teoria sociologica deve limitarsi a formulare teorie di medio

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raggio(middle-range) che partendo dalle generalizzazioni tratte dalla osservazione, analizzano strutture e funzioni sociali specifiche. Un classico esempio di teoria mertoniana di medio raggio è la riformulazione del concetto durkheimiano di anomia.Uscendo dalla dicotomia fra comportamento normale e patologico, Merton definisce cinque tipi di comportamento sociale in base alla relazione fra i Valori,ossia le mete(cultural goals) che la cultura di una società propone agli individui ;e le norme, ossia i Mezzi istituzionalizzati che gli individui hanno a disposizione per realizzare quelle mete. Si avrànno perciò il comportamento conforme (V+ M+), innovativo( V+ M-),ritualista(V- M+), rinunciatario( V- M-) e di rivolta (V+/- M +/- ). Quella di Merton è dunquen una sociologia:”strutturale, pluralistica ed insieme dualistica(struttura-cultura)”(F.Barbano) Il concetto di sistema sociale Un punto di arrivo della linea olistica è il concetto della società come sistema. Il concetto di sistema sociale ha due fonti: a) –logico-strutturale e b) biologico-evoluzionista. a) La nozione logica considera il sistema come una totalità “maggiore della somma delle parti”, ed analizza , l’insieme delle parti comprese nella totalità, e le regole di relazione,composizione, derivazione fra le parti. Applicata da Alfred Marshall all’economia, la nozione fu trasferita da Vilfredo PARETO alla sociologia(Trattato di sociologia generale,1916).Trova un corrispondente nella concezione della lingua come sistema (Ferdinand de SAUSSURE, Corso di linguistica generale,1913: dove è chiara la derivazione da Durkheim della lingua come fatto sociale collettivo).Per Saussure il linguaggio è un sistema costituito da elementi connessi fra loro. L’analisi sistemica in questa prospettiva comporta: -la individuazione delle parti che compongono il sistema -la definizione delle regole di funzionamento delle singole parti e delle loro relazioni entro il sistema -la spiegazione del sistema come entità di ordine superiore alle parti b) L’ approccio biologico-evoluzionistico al sociale fu proseguito nella . Teoria generale dei sistemi (1935) del biologo Ludwig von BERTALANFFY . Ogni organismo vivente è un sistema composto di parti(elementi) interrelati ,che scambiano informazioni, materia ed energia, fra di loro e con l’ambiente. Ogni sistema persiste in equilibrio (omeostasi) in quanto realizza un adattamento al proprio ambiente sia interno sia esterno. , variando nel tempo(“complessificando” ) la sua configurazione per realizzare adattamenti piu’ riusciti ed efficaci. I due percorsi confluiscono nella teoria sociologica di Talcott Parsons. La teoria del sistema sociale in Talcott Parsons

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Parsons (1908-1979) unisce la tradizione americana influenzata da Spencer e la sociologia europea: The structure of social action, 1937,(ricostruzione del pensiero sociale di A.Marshall, Durkheim Pareto e Weber ), The Social System 1951, Theories of society,1967. Per P., un sistema in generale deve soddisfare a quattro imperativi(requisiti)funzionali: -il mantenimento della sua configurazione di base(latent pattern maintenance) -l’integrazione fra le sue parti(integration) -il conseguimento dei suoi obiettivi(goal-attainment) -la disponibilità di mezzi di adattamento al suo ambiente(adaptation). I quattro imperativi funzionali sono disposti nello schema A-G-I-L- (dalle iniziali ) , salendo dal requisito più povero di informazione e piu’ ricco di materia-energia a quello piu’ dotato di informazione di comando(gerarchia cibernetica delle funzioni). L’azione umana può essere analizzata come un sistema dove: -la cultura fornisce i valori,che danno il senso all’agire -la società fornisce le norme, che danno regole all’agire -lo psichismo fornisce decisioni,che motivano l’agire agli obiettivi -l’ organismo fornisce energia e materia, che consentono l’azione fisica. A sua volta, la società può essere analizzata come un sistema dove: -il sottosistema culturale persegue la stabilità dei valori e la loro trasmissione attraverso le istituzioni della socializzazione(famiglie,scuole, confessioni religiose) -il sottosistema giuridico esercita il controllo sui comportamenti rispetto alle norme( stato-ordinamento, tribunali, giustizia) -il sottosistema politico assume le decisioni collettive e le realizza(government, parlamenti, pubbliche amministrazioni) -il sottosistema economico svolge le attività di produzione, distribuzione,consumo, con cui la società assicura la sua sussistenza rispetto all’ambiente esterno ;le sue istituzioni sono imprese, tecnologie, mercati. Ciascun sottosistema a sua volta puo’ essere analizzato come combinazione di elementi tratti dai sottosistemi superiori: l’economia ha una dimensione culturale(i valori dell’attività economica, diversi fra occidente e oriente, sulla base delle tradizioni religiose ecc.);giuridica(le leggi e le norme che regolano i mercati, il mercato del lavoro,gli scambi,il diritto delle imprese ecc.), politica (la politica economica dei governi, le policies delle grandi organizzazioni), propriamente economica(le risorse tecniche,umane,finanziarie ecc.) Il quadro sistemico offre, secondo Parsons, una risposta al problema dell’ordine sociale. L’ordine sociale non è infatti il prodotto della costrizione del potere( come per Hobbes) ma neppure un esito casuale dell’agire di individui separati che ricercano le loro utilità( casualità degli scopi: randomness of ends). E’ il risultato di una riuscita integrazione fra società e individui, che poggia su due pilastri: -le istituzioni: elementi sociali ricorrenti e stabili ovvero complessi standardizzati di valori, norme;status/ruoli e gruppi che incanalano in modo durevole cogente ed efficace i comportamenti individuali;

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-l’ interiorizzazione di valori e norme attraverso i processi di socializzazione. Parsons: la dinamica sociale La evoluzione societaria,secondo Parsons è multilineare, piuttosto che unilineare, e comporta anche discontinuità e rotture. Una tendenza generale nondimeno è la modernizzazione. Essa viene letta attraverso le pattern variables(variabili modello), ovvero logiche dicotomiche che definiscono i caratteri della relazione sociale ( fra Ego e Alter ):

• affettività/neutralità (le professioni sono per P. una forma di azione governata da neutralità,ovvero da spirito di “servizio pubblico” )

• particolarismo/universalismo(l’altro come membro di un gruppo particolare, o come portatore di diritti e caratteristiche generali)

• diffusività/specificità (la relazione basata sul “chi” è l’altro:ad es.nell’amicizia, o la relazione implicata nel ruolo :ad es.clientela);

• qualità / prestazioni (l’altro considerato nella sua globalità o solo nelle capacità che interessano )

La preminenza delle modalità di sinistra connota una società tradizionalista, la preminenza delle modalità di destra le società moderne. La crescente differenziazione fra istituzioni , la specializzazione delle funzioni(la famiglia .ha mantenuto quasi esclusivamente i compiti della socializzazione), la modernizzazione complessiva della società pongono esigenze di una integrazione culturale che consente la stabilità profonda del sistema. Il livello culturale necessario non è riconducibile ai valori di specifiche tradizioni, ma si fonda su soglie sempre più astratte ed universalistiche di valori e conoscenze(non solo scientifiche, ma morali e religiose):v.T. Parsons, Credenza,non credenza e miscredenza,in Religione e ateismo nelle società secolarizzate,a cura di R.Caporale e A.Grumelli, Bologna,1973).

5a) Teorie sociologiche: individualimo interazionismo fenomenologia scelta razionale Weber: la teoria dell’azione sociale Passiamo ora alle teorie che fanno riferimento all’individuo come attore/agente sociale. Alla base di questa linea teorica si pone Max Weber(m.1920). L’unità di analisi della sociologia weberiana è l’ azione sociale da parte di attori individuali. Weber considera l’azione sociale come un tipo di azione umana in cui Ego riferisce il suo agire all’atteggiamento di Alter. ”Non ogni specie di contatto fra gli uomini riveste carattere sociale, ma solamente un atteggiamento orientato in maniera dotata di senso in vista dell’atteggiamento di altri individui”. L’agire di Ego è sociale in quanto include un riferimento ad Alter.

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Weber distingue quattro “tipi ideali” (nella realtà empirica mescolati fra loro)di agire sociale: i) -l’agire razionale rispetto allo scopo( Zweck-rational): la razionalità strumentale misura i mezzi in rapporto agli scopi perseguiti,e gli scopi conseguiti in rapporto alle conseguenze. Nell’agire razionale rispetto allo scopo, gli oggetti esterni del mondo, compresi altri uomini, sono condizioni e mezzi per conseguire gli scopi voluti dall’attore.E’ questa la razionalità tipica dell’economia, dell’ amministrazione,della politica che calcola le conseguenze dell’agire (“etica della responsabilità”) ii) -l’agire razionale rispetto al valore(Wert-rational): si ha quando l’attore si comporta in coerenza a valori, a cui crede, di cui è convinto. Alla base del suo agire pone l’incondizionato valore( religioso, etico,estetico,politico ) di cui il comportamento è inteso essere una manifestazione:”etica della convinzione”. E’ il comportamento dei profeti, fondatori di religioni, artisti, leader carismatici ecc.) iii) l’agire tradizionale :deriva dall’abitudine sociale acquisita, dal rispetto delle convinzioni inscritte nei costumi sociali iv) l’agire affettivo : deriva dagli stati del sentire, dalle emozioni, da elementi meramente individuali non riconducibili a principi generali. La metodologia sociologica di Weber

Secondo Weber, per comprendere (Verstehen) il significato che gli attori attribuiscono al loro agire, non basta al sociologo la semplice intuizione o il “mettersi nei panni degli altri “ (em-patia). Questo atteggiamento può servire nella vita concreta; ma la scienza sociale ,anche se non può pretendere di essere oggettiva, ossia trovare leggi,nessi causali determinati(come voleva Durkheim) , deve cercare di essere obiettiva, cioè raggiungere delle conclusioni plausibili, che hanno probabilità di essere vere.Occorre perciò distinguere fra giudizi “di fatto”(che attengono alla scienza: ad esempio l’importanza di un fatto storico ha a che fare con le conseguenze a cui esso ha portato) e giudizi di valore( che esprimono la valutazione che si dà dei fatti. Di fronte allo stesso giudizio di fatto(“la rivoluzione francese ha portato agli stati nazionali dell’ 800”) è possibile adottare giudizi di valore diversi e perfino contrapposti. Il concetto centrale della metodologia sociologica di Weber è il tipo ideale (ideale vuol dire costruito concettualmente). I tipi ideali sono costrutti generali, che il sociologo estrae dai materiali della osservazione empirica( eventi storici, rilevazioni dirette, fonti documentarie ecc.) e rende” puri” rispetto al materiale empirico da cui provengono: sono gli schemi che consentono di comprendere le caratteristiche dei fenomeni osservati e di esaminare le loro connessioni,i collegamenti significativi. Tipi ideali elaborati da Weber sono ad esempio: la città antica, il protestantesimo ascetico, lo spirito del capitalismo, l’etica economica delle religioni mondiali, le tre forme dell’autorità, la burocrazia moderna ecc. Weber: la razionalizzazione

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Comte e Spencer consideravano la scienza come motore della razionalità che avanza complessivamente nella storia, mentre Weber (Il metodo delle scienze storico-sociali,tr.it. Einaudi,Torino,1958,pp.345-399) distingue l’ avanzamento che riguarda i mezzi dell’azione storica(l’efficienza e l’efficacia commisurate ad obiettivi) e i valori, per i quali non si può parlare di progresso unilineare . Secondo Weber neppure la scienza e la tecnica possono essere ritenute di per sé fonte non ambivalente di avanzamento umano;si ricordi la metafora della gabbia d’acciaio come portato della razionalizzazione. Al rapporto fra valori etici ed agire economico, Weber ha dedicato una famosa analisi ( pubblicata nel 1904-5) che riconduce la genesi del capitalismo anziché a fattori materiali tecnologici ed economici, alla peculiare etica del lavoro della professione e del successo, che si è formata entro specifiche minoranze protestanti (dal XVI al XVII secolo) . La connessione tipico-ideale è : etica protestante ascetica> etica dell’ attività umana e della salvezza intra-mondana>etica del lavoro, dell’ impegno assiduo, dell’intrapresa, che sostiene l’ economia capitalistica. L’attività economica di tipo capitalistico si afferma a partire dal 700 con la laicizzazione dei valori protestanti originari, e poi tendenziale scomparsa di ogni riferimento etico). . Sul nesso fra etica ed economia in altri contesti culturali, v. i fondamentali studi di Ronald Dore sul Giappone,da ultimo : Capitalismo di borsa o capitalismo di welfare?Il Mulino,Bologna,2001.

L’azione come interazione simbolica Da Weber si dipartono due linee di analisi della azione sociale: le teorie interazionistiche e fenomenologiche ; le teorie della scelta razionale.Vediamo le prime.

Un punto di partenza dell’interazionismo è il cd. “teorema di Thomas”(1927) :”if men define situations as real, they are real in their consequences”. Se si definisce reale una certa situazione, essa avrà delle conseguenze reali”. Non importa infatti se la definizione sia oggettivamente “vera”, conta il modo in cui una situazione è definita (ossia ritenuta significativa) che ha delle conseguenze osservabili. Ad es. le conseguenze degli stereotipi,dei pregiudizi, delle rappresentazioni di sè e degli altri… Un esempio classico fu la radiocronaca di Orson Welles(1937) sullo sbarco dei marziani negli Stati Uniti, che ebbe la conseguenza di sollevare una gigantesca ondata di panico e disorganizzazione sociale. La definizione della situazione conforma l’interazione fra gli individui. George Herbert Mead è considerato, con Herbert Blumer, il fondatore dell’ interazionismo simbolico.Per Mead(psicologo sociale) il sé personale si forma nella interazione con “altri significativi”(bambino/genitori, adolescente/divi ed eroi sportivi mediatici) attraverso processi di identificazione-distinzione.

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Per l’interazionismo simbolico, la vita sociale è una “messa in scena” di significati che gli attori attribuiscono alla loro interazione con altri . I significati sono la sfera simbolica dell’agire sociale, hanno nel linguaggio la loro manifestazione sociale più evidente. Il ruolo perde la consistenza normativa che Parsons gli attribuiva, diventa un mero canovaccio, che gli attori adattano ai contesti delle loro interazioni, inserendoli in mutevoli cornici(frames) che definiscono il campo delle interazioni stesse. Erving Goffman (Rituali di interazione; Stigma, Asylums) analizza l’interazione sociale come un insieme di giochi di comunicazione. Essi includono i rituali di presentazione del sé (ad esempio la differenza fra sfera privata- stare dietro le quinte- e sfera pubblica- stare al proscenio). Nell’ interazione gli attori sociali mettono in opera strategie di negoziato, di allineamento( convergenza nei significati) e di distanziamento: Goffman chiama “ disattenzione civile” un comportamento (tipico della realtà urbana e metropolitana) che evita le interazioni non gradite attraverso presa di distanza non aggressiva, di semplice evitamento. La teatralità dell’ interagire sociale viene esaltata dalla società di massa ad alta densità comunicativa. Già David Riesman negli anni 50(La folla solitaria) aveva notato come nella società di massa la personalità sociale tipica non risponde alla auto-direzione (inner-direction) che segue scelte autonome di realizzazione individuale , ma sia other-directed, ossia adatti il comportamento alla immagine di sé riflessa dagli altri e viceversa. Nel 1967 Guy Debord prevedeva l’avvento della “società dello spettacolo”, dove ogni azione sociale è modellata secondo principi di visibilità e spettacolarità: all’essere sociale si sostituisce l’apparire, “se non appari socialmente non esisti”. La fenomenologia della vita sociale Alfred Schutz(allievo del filosofo Husserl) delinea l’ approccio fenomenologico alla realtà sociale. Schutz chiama le diverse sfere culturali della vita sociale (arte, politica, economia, religione, scienza, vita quotidiana ecc.) “province finite di significati”, ossia complessi distinti di significati, di cui gli attori sociali sono portatori ed interpreti. I significati che modellano la realtà sociale non sono dati oggettivi, ma sono costruzioni sociali , codici simbolici che vengono trasmessi fino ad apparire “ovvi” ai soggetti che li interiorizzano. L’ atteggiamento conoscitivo proprio della sociologia fenomenologica chiede di “sospendere il giudizio” su quanto appare socialmente ovvio(nella vita quotidiana) per ritrovare nell’ ovvio il risultato di una attività sociale che lo produce e lo mantiene. Il compito della sociologia secondo Berger-Luckmann( La realtà come costruzione sociale,1966 sarà appunto di comprendere i processi culturali in cui la realtà sociale viene costruita, decostruita, ricostruita. Il ciclo sociale della significazione comporta una sequenza come questa:

generazione (ad es. l’ attività del fondatore di una dottrina,religione,ideologia,del produttore di complessi significativi )

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esteriorizzazione( la formulazione e la definizione formale, riconoscibile, stabile del complesso dei significati generati) oggettivazione( l’attività di istituzioni, professioni, gruppi addetti alla conservazione e trasmissione dei significati) interiorizzazione( l’acquisizione dei significati nella personalità degli individui che vi sono esposti.

I significati con cui gli attori definiscono il loro ‘mondo di vita”(o mondo vitale) sono dunque degli elementi culturali che vivono nella storia ed entrano nell’ esperienza concreta degli individui. Molto forte era l’interesse di Berger e Luckmann a comprendere il senso dei processi culturali relativi al trasformarsi dei significati religiosi( secolarizzazione “ripresa del sacro”, pluralismo delle fedi, supermarket delle religioni ecc.) L’ etnometodologia Una variante nordamericana, piu’ empirica ed operativa, dell’approccio fenomenologico è la etnometodologia(Harold Garfinkel, Studies in Ethnomethodology 1967).Essa analizza i modi di fare(“metodi”) del popolo, della gente nell’ambito di comportamenti di vita quotidiana: pratiche banali( fare la fila, tenere una conversazione), routines procedurali ( subire /attuare un interrogatorio, un esame medico, ecc.), modi di affrontare problemi vitali (gestione dei malati terminali, degli scambi interetnici ecc.) Nelle interazioni di vita quotidiana una grande quantità di sapere viene data per scontata ; le routines sono eseguite dagli attori sulla base di convenzioni tacite, di un sapere non esplicitato o riflesso, mantenuto in un contesto di ovvietà(si fa così, è cosi’ che si deve fare, come si fa a fare diverso?) L’etnometodologia propone degli esperimenti ( per es. i figli che si comportano a casa come degli ospiti estranei), metodo ripreso in trasmissioni televisive( quali Specchio segreto o Le iene ) che sospendono la routine e perseguono effetti spiazzanti . Lo scopo degli etnometodologi non è divertire (anche se lo stravolgimento della regola di solito diverte) ma mostrare l’implicito convenzionale delle routines, ed il sapere tacito che esse comportano e le rende possibili. Un effetto pratico è di aumentare la riflessività consapevole che gli attori hanno delle pratiche che eseguono. Una ulteriore applicazione degli approcci interazionisti si ha nella analisi sociologica del discorso e della conversazione(regole di Grice).

Le teorie della scelta razionale La Teoria della Scelta razionale (TSR) è l’altra direzione presa dalle teorie dell’azione sociale nell’ambito dell’ individualismo metodologico. Essa deriva dalla

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nozione weberiana di razionalità rispetto allo scopo, o razionalità strumentale( Zweck Rationalitaet). L’attore sociale è considerato come un agente (operatore) che mette in opera i comportamenti piu’ adatti a conseguire i suoi obiettivi, massimizzando i propri vantaggi(in termini di utilità e benessere). Come dice James Coleman(Foundations of Social Theory,1990):”la TSR mette a confronto le azioni secondo i risultati attesi dall’ attore e postula che l’attore voglia scegliere l’azione con il miglior risultato”. Per miglior risultato si intende l’azione ottimale , che massimizza le differenze fra i benefici ottenuti ed i costi sostenuti”. A partire dagli obiettivi che l’attore si prefigge(del cui valore la TSR non si occupa), l’azione è efficace, in termini di risultati conseguiti rispetto a quelli perseguiti, ed efficiente, in termini di risorse impiegate per conseguire i risultati. Jon Elster ( Ulisse e le sirene) propone un modello più ampio dell’agente razionale in cui comprende motivazioni, credenze-conoscenze e scelte. Le motivazioni ( interessi, emozioni, sentimenti, passioni, ragioni ) strutturano le preferenze dell’agente e le ordinano secondo una scala di rilevanza e priorità. Le credenze e le conoscenze sono il sapere di cui l’agente dispone, ad esempio le conoscenze sulla natura fisica, la natura umana, le cause degli eventi, il rapporto fra le condotte ed i loro esiti (“ se faccio A ottengo B o cosa?); nel sapere si deposita anche l’esperienza precedente dell’ agente. Le scelte danno forma alla policy, ossia al corso di azione che persegue gli obiettivi con una sequenza di attività . La policy è razionale nella misura in cui : -consegue gli obiettivi a partire dalla scala delle preferenze; -impiega i mezzi piu’ adatti agli obiettivi, in base ai vincoli ed alle opportunità che la situazione f ornisce, ed alle informazioni di cui l’agente dispone. Cosa accade in caso di incongruenza fra obiettivi e mezzi? Vi sono diverse strategie di adattamento: il modello volpe e uva: non dispongo dei mezzi per conseguire gli obiettivi e perciò modifico le mie credenze sul loro valore: “nondum matura est”; il modello frutto raro : l’obiettivo non è rinunciabile, e continua a valere in quanto non conseguibile; mi adopero per modificare e migliorare i mezzi di cui dispongo ( innovazione economica, tecnica, organizzativa ) il modello occhiali rosa : proietto i mezzi di cui dispongo “come se” l’ incongruenza ai fini non fosse reale: wishful thinking, credo alla adeguatezza dei mezzi agli obiettivi.

Per Herbert Simon benefici e costi, esiti e conseguenze dell’azione non sono pre-determinabili e interamente noti all’agente. La razionalità in realtà è sempre limitata, o vincolata( bounded rationality): l’ agente non è in grado di prevedere l’ esatta probabilità dei singoli esiti a cui la sua azione può mettere capo e ancor meno gli esiti aggregati del suo agire. Non è possibile una strategia ottimale, fondata sull’ illimitata disponibilità di informazione; conviene limitarsi alle soluzioni soddisfacenti; che sono quelle raggiunte le quali la ricerca della soluzione

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(più) ottimale avrebbe costi non proporzionati(di tempo risorse e informazione ) che la renderebbero di fatto irrazionale. I giochi strategici La teoria dei giochi come scienza delle decisioni strategiche fu inventata nel 1944 dal fisico von Neumann e dall’economista Morgenstern.La TSR analizza l’interazione fra due o piu’ attori razionali come forme di gioco(game) strategico. Il gioco del pollo(chicken’s game) analizza fino a che punto è razionale correre il rischio o abbandonare la partita(l’immagine è la sfida di due auto che corrono dirette allo scontro). Il dilemma del prigioniero(prisoner’s dilemma:1950) “è oggi considerato da riformatori e scienziati sociali uno scoperta importante e profonda quasi quanto per i fisici la relatività”(A.Massarenti). La situazione analizzata è quella di due prigionieri, A e B , che non possono comunicare tra loro e sono chiamati a decidere se confessare o no un certo reato. Il modello indica le quattro alternative possibili; ogni coppia di numeri indica gli anni di condanna che saranno inflitti al prigioniero A e al prigioniero B a seconda del comportamento tenuto.

B Confessa non confessa Confessa 3,3 10,2 A Non confessa 2,10 7,7

Ad entrambi conviene scegliere di non confessare, indipendentemente dalla scelta dell’altro, così facendo ciascuno dei due avrà alla fine un beneficio minore di quello che otterebbe se entrambi scegliessero di confessare. In altri termini, due individui ai quali converrebbe razionalmente collaborare si ritrovano a scegliere razionalmente di non farlo, con risultati svantaggiosi(ossia meno razionali) per entrambi. Il dilemma evidenzia il ruolo che la fiducia e la diffidenza hanno, nel modellare le strategie di cooperazione. Mancur Olson sostiene (The logic of collective behaviour,1966) che perseguire la propria utilità individuale senza mai “affidarsi “ al comportamento altrui è sempre piu’ razionale. Il free-rider(opportunista) è un agente razionale, in quanto scommette sulla diversa probabilità di essere obbligato, rispetto al “farla franca” oppure sulla probabilità che qualcun altro sia disposto a non agire razionalmente ( ad adottare un comportamento non-egoista). Negli anni 80 Robert Axelrod, inserendo il dilemma del prigioniero in una sequenza di mosse ripetute nel tempo, scoprì che la fiducia, impossibile a prodursi

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razionalmente nel caso unico, può nascere tra egoisti razionali attraverso un gioco ripetuto di mosse, senza necessità di un’ autorità superiuore o esterna che la imponga. La cd. strategia tit-fot-tat richiede di seguire il comportamento tenuto dall’altro nella mossa precedente, con un comportamento di razionalità condizionale: “coopera con chi dimostra di voler cooperare con te , altrimenti non cooperare” . Dallo scambio al dono Le teorie del dono( il “terzo paradigma” fra scambio di mercato e autorità politica) sono sviluppi recenti della teoria sociale. Caillé,Godbout, Mouvement anti-utilitariste dans les sciences sociales,MAUSS) vi riprendono le analisi dell’ antropologo Marcel Mauss(Essai sur le don,1925) . Mauss considerava il dono come sequenza di tre azioni i: dare-ricevere-ricambiare, che nella società arcaica compongono una istituzione sociale obbligatoria. Nella società moderna il dono esprime una libertà dell’agire sociale individuale, tipica di chi “scommette sulla fiducia”(Caillé). Chi dona altruisticamente attiva e mantiene la possibilità di legami sociali significativi, che non rientrano nei codici dell’ utilità economica di scambio e del comando politico per autorità.

5b) Conflitto e mutamento sociale Le teorie del mutamento La società persiste e dura, come mostrano i teorici del sistema, ma altresì muta nel tempo. L’evoluzione societaria è un modello macrosociale e macrostorico di mutamento, definito da H. Spencer e T.Parsons come passaggio dal semplice al complesso, in un processo di differenziazione. Le società differenziate hanno parti più eterogenee, funzioni specializzate, regole giuridiche generali ed astratte, conoscenza e tecnologie razionali. Si pensi, da un lato, alla famiglia antica che assommava su di sé molte funzioni(riproduzione, economia, controllo sociale, compiti giudiziari, comando politico).Dall’ altra alla grande organizzazione moderna, specializzata in compiti definiti e indipendente dalla caratteristiche sociali e culturali delle singole persone che la compongono.

Il mutamento di struttura si ha quando una società assume una diversa configurazione complessiva, per l'impatto di fattori che dapprima la destrutturano e determinano una successiva ricomposizione di un diverso equilibrio. Si parla anche di "rivoluzioni": demografiche, tecnologiche, economiche, politiche ecc. La rivoluzione può essere la conseguenza dell’introduzione di un fattore esogeno(esterno) o l’esito di un conflitto endogeno(interno). Marx considera le società umane come “ formazioni economico sociali” che mutano per la contraddizione fra l’assetto dei rapporti sociali di produzione ed il livello delle forze produttive. Ad esempio, la società industriale deriva dalla trasformazione della società

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feudale quando lo sviluppo delle forze produttive della manifattura ha condotto alla formazione delle classi dei capitalisti e dei lavoratori proletari in conflitto fra loro. A livello infrastrutturale, sono cambiamenti l’ innovazione che interessa specifiche aree all’interno di una società: nella famiglia, nell’ impresa, nella politica, nella scuola ecc. L’agency è l’ iniziativa diretta di individui e gruppi che innovano nelle routines istituzionali e culturali. Nelle cerchie di relazione concrete culturalmente modellate ( mondi vitali:Ardigò) l’ agency riguarda gli stili di vita e di relazione,le pratiche simboliche, le culture sociali e professionali ecc. I mutamenti che ne esprimono l’attivazione dei singoli e l’esito di forme associative, volontaristiche, di terzo settore ,movimenti utenziali ecc.). Correlativamente al mutamento intenzionale, l’individuo sperimenta nel nuovo contesto una esigenza di attivazione rispetto alla rigida scansione di tempi durate e attività che caratterizzava l’era industriale e la sua disciplina( lavoro autonomo di seconda generazione, nuove forme di lavoro associato, plurioccupazione,la coesistenza fra attività retribuita e fuori mercato(volontariato non remunerato, l’automutuoaiuto, gli scambi non monetizzati ecc. ). Teorie del mutamento L’approccio della scelta razionale risale alla classica nozione smithiana dell’individuo self-interested, e della mano invisibile del mercato, che genera massimo beneficio generale. La prospettiva dell’ azione sociale razionale oggi considera le istituzioni sociali come conseguenze non intenzionali e non previste (“effetti di composizione”:Boudon) dei comportamenti di attori individuali. Le istituzioni derivano spontaneamente dall’ azione degli individui, la società non si costruisce secondo piani e programmi predeterminati : critica di Popper alle società chiuse, e di Hayek non solo al socialismo pianificatorio ma allo stesso Welfare state. L’approccio struttural-funzionalistico. I funzionalisti critici( Merton) riconoscono l’esistenza di effetti non previsti dell’azione sociale, funzioni latenti, innovazioni a carattere deviante, ossia l’ impossibilità che il sistema sociale sia totalmente funzionale e coeso, perfettamente integrato. Ciò determina al suo interno aree di tensione e conflitto, devianza e problemi, che rendono funzionalmente opportuna la costruzione di strutture e programmi di risposta. Disoccupazione, burocrazia, criminalità,quartieri ghetto e altri problemi sociali sono i contenuti del social planning e del social engeneering ( si ricordi il new deal americano degli anni Trenta ). I movimenti sono motori del mutamento sociale, in quanto generano fasi di rottura dell’ordine precedente e avviano processi collettivi di trasformazione. Per Weber un movimento si apre con la fase carismatica di insorgenza, a cui seguono le fasi di affermazione, consolidamento, istituzionalizzazione, eventualmente declino o riavvio secondo nuovi principi. Alberoni chiama “stato nascente” la fase iniziale ,a carattere fusionale, dove “tutto appare messo in gioco”( movimenti del 68). Touraine studiando i movimenti (operaio, femminista, ecologista,Solidarnosc ecc.) rileva tre caratteristiche di fondo: l’identità, l’antagonismo(chi sono gli avversari)

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l’organizzazione e la leadership La definizione delle identità, e la spinta volontaristica a ciò connessa esprime la capacità dinamica del movimento di contrastare gli schemi consolidati e burocratizzati dell’ordine sociale esistente.

Sistema e mondi della vita

Niklas Luhmann, sociologo tedesco continuatore di Parsons lascia cadere il presupposto parsonsiano che la stabilità generale del sistema dipenda dalla latency, ossia dall’ interiorizzazione dei valori culturali; il sistema sociale dispone di dispositivi specifici di autoregolazione , in quanto ogni sottosistema impiega distinti mezzi di relazione input-output: onore e stima, nelle sfere della vita sociale primaria; denaro, in economia; potere, in politica; informazione, nel sottosistema scientifico della conoscenza. La stabilità complessiva del sistema sociale si regge sulla capacità di comunicazione funzionale e selettiva con l’ambiente dei diversi sottosistemi; i quali selezionano dai loro rispettivi ambienti gli input che consentono loro di funzionare, e rispondono con output di prestazioni specializzate adeguate a specifiche domande. Ad esempio il sottosistema politico non avrà come imperativo funzionale il conseguimento di obiettivi generali (goal- attainment) riferiti all’intero sistema; sarà adeguato il sottosistema politico che seleziona gli inputs provenienti dall’ esterno, evitando un sovraccarico disfunzionale di domande,e rispondendo in modo efficiente alle sole domande di cui si è fatto carico. L’efficienza dei dispositivi di autoregolazione da parte del potere sistemtico rende una azione “di mutamento globale” superflua o impossibile. A Luhmann, Jurgen Habermas(v. Habermas Luhmann Teoria della società o tecnologia sociale,.Etas Kompass,Milano,1973,or.ted.1971) contrapponeva la distinzione fra l’ agire strategico( del sistema e nel sistema) , che viene assunto dagli attori in vista di un risultato vantaggioso , e l’ agire comunicativo, in cui prevale una relazione “libera da dominio” fra i soggetti. L’esperienza soggettiva dei “mondi vitali”, se essi si sottraggono ai modelli istituzionalizzati e imperativi del sistema, si comunica senza finalità di controllo e dominazione, e favorisce perciò la formazione consensuale e discorsiva delle volontà e delle decisioni che corrisponde ad un principio etico di responsabilità.. Soggettività e mutamento A.Touraine, nella sua analisi del mutamento sociale, assegna un posto determinante al “ ritorno dell’attore sociale”(vedi il libro omonimo, a cura di Paolo Ceri,or.fr.1984,ed.it.1988) . L’attore sociale non è il vettore razionale e calcolante dell’agire strumentale ,ma è il soggetto, “la cui capacità creativa sostituisce i vecchi principi di unità della vita sociale”(p.80). Soggetto è chi prende consapevolmente le distanze dalle pratiche sociali organizzate, elabora nuovi modelli culturali, agisce attraverso i movimenti “per conferire una forma sociale agli orientamenti culturali”(p.83).

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Nel volumetto Sociologia( del 1998), Touraine descrive la fine della modernità ( de-modernizzazione) come il venire meno dell’idea stessa di società integrata: la divaricazione fra la razionalizzazione tecnoeconomica e la soggettivazione delle culture e delle comunità si allarga in un vero e proprio effetto di fuga (v.p.48,p.53) facendo venire meno le mediazioni sociali e politiche che in passato assicuravano alla società un principio di integrazione . Touraine non conclude che la società scompaia, per lasciar il posto ad un mercato di giochi strategici fra individui , che cancellerebbe la stessa sociologia : “l’ odierna analisi sociologica… deve partire dall’individuo-soggetto.. per elevarsi alle relazioni interpersonali, poi alle condizioni istituzionali del riconoscimento del soggetto(istituzioni politiche e giuridiche dalle quali dipende il riconoscimento effettivo del diritto di essere soggetto ) p.62). Il riconoscimento si fonda sulla coscienza che l’altro svolge “il mio stesso lavoro”(di costruzione di sé) ma “alla maniera che è sua”. L’altro che può avere un impatto dinamico di mutamento è tutto ciò che la razionalizzazione moderna ha scartato, in quanto estraneo e “non moderno”. Recuperando questo “altro” nella pratica delle relazioni sociali, sarà possibile reintrodurre una idea plausibile di società.

6) Comunità e società. Dalla società tradizionale alla società postindustriale

Una società non più industriale Per Toennies e Durkheim l’avvento della società industriale ha segnato un allontana mento irreversibile dalla socialità comunitaria /solidarietà meccanica che caratterizzava le società tradizionali. Si apre oggi il problema di definire la società - in formazione a partire dagli anni 70 del XX secolo- che non si riconduce più alla società industriale manifatturiera classica. Scartata l’idea semplice del “ritorno all’indietro” (alle forme economiche tradizionali( agricoltura, industria delle costruzioni, terziario commerciale tradizionale ),con quali profili con cui viene definita la nuova società in formazione? a) Neoindustriale la nuova produzione high tech deriva direttamente dalla ricerca nelle scienze fondamentali( fisica, biologia, genetica ) e nelle loro applicazioni. I divari della conoscenza determinano la nuova divisione internazionale del lavoro, la manifattura tende a spostarsi su paesi emergenti, le imprese multinazionali trattengono al centro le funzioni strategiche e localizzano “nella periferia del mondo” le attività di fabbricazione.

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b) Della conoscenza Il fattore fondamentale di sviluppo è la conoscenza scientifica; la ricerca nelle scienze fondamentali( fisica, biologia, genetica determina i livelli della conoscenza tecnologica e le applicazioni produttive(Hegedus); alla economia fondata sulla conoscenza non si adattano piu’ i tradizionali modi di concepire valore, ricchezza, sviluppo, adeguati alla economia delle merci. La conoscenza conta se è esclusiva (in quanto fornisce vantaggi competitivi:knowledge is power purché non sia troppo diffuso) c) Post-industriale Daniel Bell ha introdotto la nozione (,1973) con la sequenza: preindustriale(lotta contro la natura)> industriale(produzione di ambiente artificiale fabbricato dall’ uomo ) > postindustriale( lotta fra persone, giochi strategici , padroneggiamento del futuro attraverso la conoscenza astratta). Nella società P.I. , la diminuzione dell’ occupazione manifatturiera e di fabbrica è compensata dalla espansione della occupazione nei servizi commerciali, finanziari, alla persona, per il tempo libero,il turismo, i consumi culturali. La dinamica dello sviluppo è affidata a fattori quali finanza, ricerca, consumi culturali, ambiente, turismo.: Il terziario tradizionale si contrae rispetto al terziario avanzato dei servizi professionali e finanziari ed al quaternario delle attività knowlegde-based.

d)ICT: Information Communication Technology “A Wall Street le azioni di Google valgono piu’ del doppio delle GM: si guadagna di più pensando algoritmi che costruendo automobili”(Cor.Sera 1 feb 05).La capitalizzazione di mercato dei titoli Google è pari a 85 miliardi di dollari,superiora a quella di GM Ford e Daimler Crysler messe insieme.Il loro valore in un anno è salito da 85 a 301 dollari (Stampa 17/7/05). La società Google è nata nel 1998 ed è entrata in borsa il 19.8.2004. Copre oltre il 50% delle ricerche su Internet svolte negli Stati Uniti. L’accesso alla rete e la connettività diventano i requisiti della inclusione sociale. You are disconnected il nuovo stigma. (In iTalia gli utenti della banda larga sono 2,5 milioni nel 2003, previsti in 9,5 nel 2007). L’uscita dal ford-taylorismo La domanda se siamo (ancora) una società industriale può chiedersi in primo luogo se il modo di organizzare la produzione industriale è ancora fordista-taylorista La fabbrica fordista prevedeva la produzione di massa, basata sulla standardizzazione dei prodotti, dei processi e delle domande. Il postfordismo sul versante della produzione si segnala per la gestione della qualità totale; l’ organizzazione magra, con abolizione delle scorte e dei magazzini e fabbricazione just in time;la specializzazione flessibile (prodotti e servizi adattati all’individuo, segmentazione dei mercati :dal capitalismo di fabbrica al capitalismo di emporio). Le prime conseguenze sociali si hanno sulla occupazione: dal lavoro “tipico”( a tempo pieno, a durata indeterminata) alla occupazione “non tipica” : dipendente ma a tempo ridotto( part time,durata determinata, con contratti di formazione ed

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lavoro; solo formalmente indipendente, con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro interinale, a progetto, ecc. Queste forme di occupazione si accompagnano ad una crescente flessibilità nell’organizzazione del lavoro. Il sociologo Richard Sennett( L’uomo flessibile, tr.it.2001;Rispetto, tr.it. 2004) vede nella flessibilità il “ tempo di un nuovo potere”(p.59) . Flessibilità vuol dire specializzazione nella produzione, accorciamento prospettico delle strategie aziendali, assottigliamento(leaning, downsizing) dell’ organizzazione produttiva. L’impresa flessibile lavora non più per una società concreta, ma per un mercato universale di estranei; non ha bisogno /capacità di sviluppare identità e lealtà a lungo termine; non è “radicata” nel territorio, ma “ancorata” ad esso, sempre pronta a salpare. Dall’altra parte, il lavoratore non è più in grado di programmare i suoi movimenti entro/tra imprese, in una sequenza leggibile che configura carriere progressive. Il contenuto della prestazione è il progetto, che si deve realizzare nel tempo appropriato . Questa logica promuove alta mobilità (soprattutto nei settori avanzati ) mentre non richiede né lealtà al posto né cooperazione solidaristica fra lavoratori. Utile è invece “la capacità di abbandonare il proprio passato e la fiducia in se stessi necessaria per accettare la frammentazione”(p.62). Nella prospettiva di Sennett la flessibilità non consente reali strategie difensive: o la si cavalca( sapendo superare i rischi del saltare da un’isola all’altra dell’arcipelago) o la si subisce (si vedano le storie di deriva o di fallimento raccontate in L’uomo flessibile ). Nel quadro dell’organizzazione del lavoro post-tayloristica, emergono nuove polarizzazioni intrasocietarie (L. Gallino, (Globalizzazione e disuguaglianze,Bari,2000)

La nuova scala della stratificazione sociale I alti dirigenti di grandi imprese transnazionali, di banche centrali, di organizzazioni internazionali, capi dei governi II politici di vertice, star delle professioni,dei media III massimi dirigenti di organizzazioni pubbliche e private IV piccoli imprenditori e professionisti indipendenti V professionisti tecnici funzionari insegnanti , dipendenti VI benestanti (anziani) con pensioni e rendite elevate VII lavoratori autonomi con attività regolari VIII impiegati ed operai dell’industria e dei servizi con alte qualifiche e lavoro stabile IX impiegati ed operai dell’industria e dei servizi con qualifiche medio basse e lavoro stabile X lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti atipici con contratti instabili XI lavoratori poveri,nell’economia sommersa, irregolari (immigrati) XII disoccupati senza ammortizzatori sociali, percettori di assistenza economica, nomadi, mendicanti, child workers XIII detenuti forzati in campi di lavoro, schiavi per debiti, bambini di strada, homeless, ricoverati coatti

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L’analisi sociologica della globalizzazione

Altro profilo corrente è quello di “società globale” , o(meglio) di globalizzazione economica che ha conseguenze sociali. “Il mondo è diventato per molti importanti aspetti un unico sistema sociale, come risultato di crescenti legami di interdipendenza, che ora riguardano virtualmente ognuno di noi.” (A. Giddens, Sociologia,tr.it.Bologna 1991,cap.15, La globalizzazione della vita sociale,,pag.606). Per Giddens( Le conseguenze della modernità.Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo,Bologna,1994) , la Glob. segna la fine della “modernità tradizionale” , che vedeva il primato del capitalismo economico e dell’ industrialismo , il potere militare degli stati nazionali e la tendenza alla sorveglianza ed al controllo politico dell’informazione. Emergono da un lato il post-modernismo, che dà per scontata la crescente frammentazione dell’esperienza e la conseguente perdita di un ordine sociale dominabile dagli individui. Dall’altro la modernità radicale ( posizione di Giddens):’”legge la vita quotidiana come un complesso attivo di reazione ai sistemi astratti; .considera l’impegno politico coordinato possibile e necessario sia a livello globale che locale, ha fiducia nella possibilità di” imbrigliare il mostro” e di guidarlo ad esiti positivi. I principali cambiamenti apportati dalla G. sono nella sfera economica. Gli attori principali del mercato mondiale diventano le società multi e transnazionali, che hanno sede centrale nei paesi sviluppati e organizzazioni disseminate nel globo. Alcuni paesi già marginali (Cina,India,Brasile) che diventano competitori economici rilevanti. L’ ingresso forzoso nel mercato mondiale di società povere del cd.terzo mondo che determina nuove forme di povertà e di dipendenza. I divari sono ben noti. 1,3 miliardi di persone(22%) vivono sotto la soglia della povertà(assoluta) ,0,8 sono malnutrite, 0,9 non accede a cure mediche,1,3 non ha acqua potabile,2,6 non ha servizi igienici. Il tasso di mortalità infantile superiore al 100 per mille in 35 paesi . Nel 2000 il quintile piu’ ricco disponeva dell’ 86% del Pil globale, il quintile più povero dell’ 1% ; le diseguaglianze crescono anche nei paesi ricchi( negli ultimi vent’anni in Usa il 97% del Pil aggiuntivo è andato al 20% delle famiglie piu ricche , il 5% piu’ povero ha perso il 44% del reddito) Sul piano politico, la globalizzazione indebolisce gli stati a base nazionale limitata: i giocatori più rilevanti sono le potenze sovrannazionali e/o continentali (America, Cina, Europa, Russia ), che si disputano spazi di influenza e di egemonia, in assenza di un effettivo governo mondiale. Da qui la prospettiva di nuove forme di unilateralismo e imperialismo. Oppure: “ è da attendersi che il mercato ed i mercati, oggi configurati come reti senza confini e,anzi, reti di reti a geometria perennemente variabile ,prima o poi solleciteranno per reazione e necessità di reciproci adattamenti nel corso del XXI secolo lo sviluppo di una nuova configurazione dello Stato”(Gallino).

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Varietà culturale nello spazio

Sul piano territoriale e della comunicazione, la logica dei flussi e delle reti di comunicazione e relazione , che avvolgono il globo, rende obsolete le vecchie appartenenze statiche. Impone una gerarchia dei sistemi urbani e delle città globali: New York,Londra e Tokyo( Saskia Sassen, Città globali,Torino,1997). Le reti di comunicazione sostengono il sistema mondiale dei media, che diffonde modelli di consumo e stili di vita omogenei : con notazione interessante George Steiner ha osservato che forse quindici persone erano presenti al Golgota, novecento alla prima della Nona di Beethoven due miliardi hanno assistito alla finale del mondiale di calcio del 2002. E’ possibile che le differenze culturali contribuiscano a ridurre i divari(come si rileva per la vitalità economica nelle e città multietniche) senza introdurre frammentazioni e contrapposizioni negli stili di viti e tensioni di integrazione,ma attivando le diversità come basi della creatività. Secondo lo schema delle 3T( gruppo Richard Florida) la forza di un territorio è data dalla sintesi di tre fattori: -tecnologia (livello di conoscenze e risorse per la produzione) -talento (innovazione e propensione alla creatività) -tolleranza (accettazione e utilizzo della diversità secondo indici di integrazione, diversità di composizione tolleranza alla omosessualità La classe creativa (imprenditori e dirigenti) sulla popolazione a Stoccolma è al 45%,36% Amsterdam,24,6 Roma, 24,4 Milano . La chiusura italiana riguarda i gruppi dirigenti le università le politiche verso l’immigrazione: l’ Italia teme l’immigrazione qualificata che apporta talenti a costo di produzione molto contenuto;la sua apertura si gioca più sul piano dell’ accoglienza che nell’ accettazione del mix di culture.

Conseguenze microsociali della globalizzazione

C. GIACCARDI e M.MAGATTI (La globalizzazione non è un destino. Mutamenti strutturali ed esperienze soggettive nell’ età contemporanea, Laterza 2001 ) così riassumono i punti della nuova scena sociale. - I processi di globalizzazione separano l’ organizzazione societaria dalla esperienza soggettiva, due piani che Parsons unificava nella sua teoria sistemica.L’ idea unitaria della società come sistema non è riproponibile neppure nella concezione luhmanniana del cambiamento adattivo ed evolutivo del sistema al suo ambiente - L ’individualizzazione crea un contesto socioculturale dove ogni individuo è costretto ad operare da sé le sue sintesi. Ciò, in negativo enfatizza il suo senso di inadeguatezza, in positivo consente/costringe a tessere nuove relazioni, a perseguire attivamente logiche di identità nell’ambito delle esperienze famigliari, territoriali, etniche , a organizzare reticoli e movimenti. Aumenta le domande di riflessività per scelte consapevoli, che sono dotate di minore plausibilità collettiva

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e crisi delle ideologie unificanti, frammentazione degli universi simbolici, religioni self-service ecc.) - Si moltiplicano i poteri di fatto ( piuttosto che le legittimazioni di nuove forme di autorità politica). All’ indebolirsi degli istituti della democrazia rappresentativa moderna risponde una domanda latente di politicità a base personale, con l’ assunzione di responsabilità pubbliche da parte dei soggetti della cosiddetta società civile. Ne esce rafforzata la base societaria sulla quale “ costruire edifici istituzionali innovativi rispetto a quelli che conosciamo”(p.179).

L’ incertezza

Le conseguenze della globalizzazione sulla esperienza delle persone in termini di insicurezza sono state descritte da Zygmunt Bauman ( ad es. Modernità liquida,tr.it.2002 ) come un “liquefarsi” dei modelli tradizionale di organizzazione sociale, che espone gli individui a nuove e composite forme di incertezza: • unsafety( venir meno della sicurezza alla integrità fisica e psichica, perdita di

garanzie della incolumità );

• insecurity( indebolirsi dei tradizionali apparati di protezione sociale nel lavoro, nel reddito , nella sanità , indebolimento delle prestazioni dello stato sociale),

• uncertainty( disorientamento, perdita di riferimenti cognitivi forti, mancanza di radicamento, contrazione del futuro, impossibilità di progetti di lunga durata)

Collocata nella modernità liquida, l’ individualizzazione non esprime più l’ emancipazione da vincoli sociali oppressivi e la libertà di autodeterminazione dei singoli ; manifesta la impossibilità di “fissare progetti di autorealizzazione” su una scala spazio-temporale prevedibile e certa. Si è “turisti e vagabondi” agli estremi opposti della stratificazione: la mobilità di prestigio delle nuove elites( coloro che “possono scegliere” la de-fissazione di chi si trova esposto a tutti i flussi dell’incertezza . Le esigenze di libertà e di sicurezza tendono a divaricarsi nelle aspettative degli individui, a spese della politica, che appare indebolita e travolta dai nuovi scenari (v. Bauman, La società individualizzata,Bologna,2002,cap.3)

L’azzardo Ulteriore prospettiva è quella di Ulrich BECK con il suo concetto di Risiko-Gesellschaft (v. La società del rischio:verso una seconda modernità(2002). Lo sguardo cosmopolita,Carocci 2005) . L’esposizione generalizzata al rischio segna la fine dei tre tipi di integrazione sociale che hanno dominato la modernità: i, l’interiorizzazione dei valori come principio di coesione(Durkheim, Parsons); ii, la comunanza degli interessi come base di azione condivisa(sindacale, economica) ; iii, la coscienza di appartenere allo stato nazionale. L’individuo privato dei dispositivi di integrazione vive”senza rete” ,

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come un funambolo nel circo , “ in uno stato di pericolo permanente” .E’ chiamato nella sua biografia ad affrontare le contraddizioni sistemiche ,adotta una sorta di “morale del vagabondo”, che si muove perennemente alla ricerca del punto di consistenza che non si trova (v.U. BECK,I rischi della libertà.L’individuo nell’epoca della globalizzazione,Mulino2000). Nelle conferenze di Un mondo a rischio(2003), Beck illustra il concetto di società del rischio come: ” il divario fra la lingua dei rischi quantificabili, in base ai quali pensiamo ed operiamo, ed il mondo dell’incertezza non quantificabile,che abbiamo creato noi stessi” . In altri termini, i mezzi istituzionalizzati di controllo di cui la società dispone non sono in grado di provvedere alle crisi ( ecologiche, finanziarie, terroristiche ) che tali mezzi stessi hanno provocato. Si rende evidente lo scacco in cui si imbatte la pretesa moderna di dominare l’ ambiente naturale e sociale attraverso un’ unica forma di razionalità, che si pretende esclusiva al tempo stesso in cui si mostra impotente. Da qui la necessaria ricerca di alternative,che nel campo della politica internazionale muove dalla fine della sovranità assoluta degli stati nazionali in una prospettiva cosmopolitica, che assume nuovi fondamenti giuridici e di organizzazione multinazionale (p.50). Beck richiama la sociologia ad approfondire la riflessione della complessità, per pre-figurare il possibile :” il pensiero è chiamato a disegnare le chance dell’uomo nel contesto delle condizioni esistenziali date… l’integrazione può realizzarsi solo nel pensiero, ovvero nel senso della realtà possibile” ”(I rischi della libertà, cit. pp.31-34). Riprende, in riferimento a Jurgen Habermas, la proposta di una riflessione neo-illuministica, che porti a compimento le promesse finora disattese di emancipazione umana. Sintomatica è la proposta di adattare allo scenario della globalizzazione il concetto di cosmopolitismo;mentre :se globalizzazione è il concetto di una unilineare ed unidimensionale affermazione dell’ economico, cosmopolitismo è il melange della diversità culturale locale e globale, nazionale e internazionale,che non annulla le differenze ma le com-prende (et cosmos et polis) La solidarietà

La tematica dello straniero( introdotta ai primi del 900 dal sociologo Georg Simmel) ritorna di attualità nella riflessione della globalizzazione, processo in cui gli estranei entrano di necessità in contatto fra loro, ed i diversi sono costretti/ chiamati a riconoscersi. Muta di conseguenza la nozione di solidarietà. Rainer Zoll(La solidarietà.Eguaglianza e differenza,Bologna,2003 sociologo e storico dell’azione sindacale, rintraccia le fonti storiche della nozione in due percorsi : -teorico: la solidarietà come coesione della società, secondo la tradizione durkheimiana(v. cap.V) ed il funzionalismo sociologico di Parsons -pratico politico: la solidarietà che riformula la fraternité della rivoluzione ed il principio della associazione fra eguali , immette,ndola in forme storiche di organizzazione e politica sociale che esprimono comunanza di valori e di interessi. Le vecchie forme assumono la solidarietà come “un rapporto tra pari e/o un legame sociale in una comunità”,(p.9 ). Nella crisi attuale di queste forme, Zoll intravvede

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l’emergere di una nuova solidarietà “fra diversi” ,”oltre i confini del gruppo,della comunità” . Essa implica un mix di maggiore individualizzazione e maggiore responsabilità: il diritto degli individui a perseguire la loro autonomia implica il correlativo dovere di consentire agli altri individui un pari diritto, e quindi comporta “ l’esercizio di una positiva solidarietà civile”(p.154).Le nuove forme di solidarietà fanno riferimento ad un concetto di eguaglianza complessa e plurale, che rimanda ai criteri di giustizia di Rawls(v.pp.198-99). Il nuovo nome della solidarietà sarebbe il riconoscimento reciproco, che non scaturisce da un atto emozionale di empatia, ma proviene dalla costruzione pubblica e formazione discorsiva del consenso .

In sintesi, mentre la vecchia solidarietà si esprimeva in forme di organizzazione fondate sulla comunanza di valori e di interessi , in “un rapporto tra pari e/o un legame sociale in una comunità”(R.Zoll, La solidarietà.Eguaglianza e differenza,Bologna,2003,p.9). Oggi si affaccia la prospettiva di una solidarietà fra diversi andando ”oltre i confini del proprio gruppo,della comunità” .Il diritto degli individui a perseguire la loro autonomia, implica il correlativo dovere di agire per consentire agli altri individui un pari diritto, e quindi “ l’esercizio di una positiva solidarietà civile”(p.154). L’attivazione volontaristica

A.Bonomi parla di ricerca di una solidarietà, di forme di rappresentanza,che abbiano come presupposto non più l’omogeneità della condizione materiale,ma la diversità,il molteplice,il plurale.”Più che una richiesta di rappresensentanza aumenta un ricerca di senso e di ruolo”. Alla base della solidarietà civile si pone il fatto di tessere relazioni ed accrescere la riflessività comune per scelte consapevoli. Il capitale sociale è la base fiduciaria dell’ attivazione civica : i suoi andamenti nel tempo sono stati analizzati dalle ricerche di R.Putnam ( sulla tradizione civica nelle regioni italiani e sul declino della partecipazione negli Stati Uniti, che smentisce la tradizionale immagine tocquevilliana della “nation of joiners”: Bowling alone, tr.it. ,2004).

L’ allentarsi del legame sociale consente un massimo di indifferenza verso gli altri( “disattenzione civile” , anche se per la “vera indifferenza” si richiede “una posizione privilegiata nella società”,p.145, poiché l’indifferenza equivale a non dover dipendere da altri in alcun modi. Nel rendersi fragile del legame sociale ,gli individui “di successo” costruiscono reti di potere, corporazione, ceto. Altri cercano di difendere e ricostituire reti di autodifesa, nelle forme della tutela sindacale o nei nuovi movimenti di cittadinanza attiva. C’è chi è spinto ai margini di tutte le reti di protezione. Reti di aiuto - ad es. il volontariato interno e l’intervento umanitario – rispondono al principio “noi vogliamo ingerirci”. Una sorta di hackeraggio sociale, che ricerca anche nuove soluzioni istituzionali.

Avvento e fine della modernità in sociologia

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La globalizzazione pone una inedita serie di problemi ad una sociologia cresciuta nel quadro di riferimento della modernità. Modernità anche in sociologia ha significato una idea del tempo, della storia e del progresso. Nel guardare agli eventi della storia, la cultura antica adottava schemi orientati dall’idea che nella “sfera sublunare”( il mondo della vita quotidiana sotto i cieli ) non si dà reale cambiamento, ossia cumulativo ed irreversibile. Il divenire è ciclico, ritorna su se stesso, segue la legge organica della nascita>maturazione> decomposizione>rinascita. Questo modello fu sostituito nel mondo cristiano da una teologia della storia, che colloca il cammino umano nel trittico dei tempi: creazione/il tempo della caduta e della fragilità/ redenzione/il tempo della salvezza e dell’ attesa/ la fine dei tempi e l’eterno. “ La storia è la rivelazione di Dio che si inserisce nel tempo… l’incarnazione è la pienezza del tempo… la storia diventa il luogo in cui possiamo costatare l’agire di Dio a favore dell’umanità”(Fides et Ratio,pg. 59) . La lettura del percorso storico data dalla modernità è diversa. La querelle des anciens ed des modernes e quella che Paul Hazard ha chiamato la crisi della coscienza europea- in breve il periodo fra la fine del ‘600 e la prima metà del ‘700, hanno rovesciato il senso stesso del tempo. L’ avvento della modernità(penso a pagine di Dupront) celebra il passaggio dal tempo ciclico, e dal tempo liturgico, al tempo continuo. E’ nel tempo che la verità della conoscenza progredisce : veritas filia temporis non è all’inizio una affermazione relativistica ma è la concezione ottimistica che nel tempo la verità della conoscenza non potrà che crescere. La storia per il moderno è avanzamento della ragione, incremento della sua presa, sulla natura esterna, sulla società umana, sulla natura interna. Progresso può esserci soltanto in un tempo che è per essenza futuro, l’ attesa del futuro è l’elemento in cui galleggia la volontà di progresso”: un futuro che è un fine, ma non ha una fine, ed un futuro che l’ uomo è chiamato a costruire con la sua azione razionale. L’uomo moderno ha senso storico perché non contempla l’eterna caducità delle cose umane, ma si immerge nel fiume di quel divenire, lo fa suo. Vede la storia come affermazione irreversibile della libertà umana(religione della libertà, dirà Croce). Il male è errore, che la ragione vince; imperfezione, che il progresso sperimentale e tecnico risolve; necessità che la dialettica assume e supera nello svolgimento del bene (un male che serve al bene non è più un male, ma un momento transeunte nell’ affermazione storica del bene).

La sociologia ottocentesca ha fatto sua l’idea moderna della razionalità avanzante nella storia attraverso l’affermazione della scienza: la civiltà moderna industriale è quella che esce dal complesso scienza della natura>tecnica produttiva>organizzazione. La sociologia nasce come scienza della razionalizzazione del mondo sociale, presa della società su se stessa, controllo trasparente del divenire, costruzione di un ordine sociale affidato al progetto umano. Dentro cui si colloca la formazione di istituzioni politiche ed amministrative, che modellano la nostra vita, quali lo stato moderno ( il salvatore della vita, secondo Hobbes) e quello che chiamiamo stato sociale, ossia

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un dispositivo che ha risposto alla domanda di salvezza temporale, rinominandola sicurezza e protezione sociale.

Le crisi del progresso

Al passaggio fra Otto e Novecento l’ Europa ha assistito al venire meno della fiducia incondizionata nell’ avanzamento progressivo che scorre insieme con il divenire storico. Penso a Sorel e a Spengler. In sociologia alla distinzione weberiana fra progresso dei mezzi e politeismo dei fini e dei valori: Weber vedeva il processo storico di razionalizzazione come costruzione della gabbia d’acciaio, in cui la libertà degli individui avrebbe rischiato di essere rinchiusa. Negli anni Trenta del XX secolo, Husserl riaffacciò la domanda “se esiste veramente una crisi delle scienze, nonostante i loro continui successi” (E.Husserl,La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,tr.it.1961,p.33), poiché il successo pratico non esclude la crisi dei fondamenti. Alla domanda se il sapere scientifico e tecnologico sia una connotazione esclusiva della società europeo-occidentale, gli storici della scienza hanno in genere risposto che fino ad un dato momento della storia vi è stata “ibridazione reciproca” delle tradizioni e delle culture orientali ed occidentali: si pensi all’ apporto della cultura araba medievale al pensiero filosofico e scientifico. A partire dal XVII secolo( e secondo alcuni, come conseguenza diretta della riforma protestante e del “disincantamento” Entzauberung - del cosmo ) la scienza potè affermare la sua visione del mondo, attraverso il principio del dubbio metodico e della libertà critica( espresso nella sentenza: nullius in verba iurare). Dubbio e libertà sono la sostanza della stessa democrazia, in quanto condividono il riferimento ad una sfera pubblica in cui avviene la formazione discorsiva e controllata di opinione e consenso Il controllo sociale della tecnologia

La globalizzazione evidenzia un profilo ambivalente della tecnoscienza ossia il rischio di perdita della capacità sociale di controllo . Nuovi saperi e mezzi (prima il controllo della materia atomica e subatomica, poi l’intelligenza artificiale, adesso l’ ingegneria genetica ) revocano in dubbio distinzioni ritenute auto-evidenti e acclarate, come quelle fra ambiente interno/esterno, mente/corpo, vita/morte, individuo/specie e spostano i confini del fattibile al di là del controllo sociale :”non c’è aspetto della nostra esistenza che non venga toccato da queste nuove frontiere della ricerca in cui l’uomo medio non può esercitare una vigilanza intelligente”(G.Steiner, in “Vita e Pensiero”,n.3,2004,p.31). “L’uomo è antiquato”(G.Anders) di fronte ai prodotti stessi della sua azione.

Se il governo del conoscere è lasciato alla tecnologia, questa affermerà la sua logica immanente :” se una cosa si può fare, si finirà per farla. Se una cosa è possibile, prima o poi diventa doverosa Una potenza che non ha direzione, che afferma la sua direzione semplicemente accrescendo la sua potenza, nutre la pretesa

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dell’ uomo di “autoautorizzarsi ” a fare, per la semplice ragione che ne è (divenuto) capace. Il disorientamento e la perdita di senso Il paradosso di una tecnologia onnipotente, ma per dir cosi’ non vedente, si completa con la dissoluzione della domanda di senso ad opera della cosiddetta postmodernità o della “modernità liquida” (Bauman). La cultura del postmoderno abolisce la pretesa di conferire razionalità al processo della storia in quanto dissolve l’idea stessa di un divenire dotato di senso ;immerge il divenire in un eterno presente di fluttuazioni, dichiara finite le certezze di un cammino da compiere “da- a”, da non piu’ a un non ancora. Il nichilismo, convinto che non abbia senso cercare di dare senso al mondo, al sé, alla storia, proclama che è meglio cessare di porre la domanda. It’ s all in pieces / all coherence gone,diceva John Donne: il mondo non è fatto a pezzi, ma è in pezzi, un puzzle che non si ricompone più perché si è perso il quadro dell’insieme. La sociologia luhmanniana sostiene che il sistema sociale mantiene il suo ordine senza avere apparente bisogno di un senso umano riconoscibile, attraverso mezzi automatici come la forza, lo scambio, la finzione. Si passa cosi’ dalla persona soggetto, che afferma la sua possibilità di sussistere come attore dotato di capacità creativa, riflessività, progettualità, responsabilità, apertura, alla persona collezione: individui che costruiscono il bricolage dei loro universi di significati, senza avere(o poter-ancora- avere) alle spalle dei sistemi forti di valori interiorizzati entro appartenenze solide. Ritorno alla religione? In via di osservazione la sociologia della religione osserva che alla perdita di influenza del Cristianesimo intra- ecclesiastico si accompagna oggi un ritorno del sacro che manifesta un pluralismo(o mercato) religioso “ che non ha l’eguale nella storia dell’ Occidente’(Filoramo) .Che la religione ritorni ad affermarsi come via di salvezza offerta agli individui che abitano un pianeta di naufraghi e di poveri; come principio di identità personale e legame sociale in un contesto che indebolisce le appartenenze politiche e ideologiche;come fondamentalismo integralista che pretende di affermare praticamente la verità delle propire credenze, tutto ciò contraddice la la tesi weberiana della razionalizzazione come disincanto e della secolarizzazione avanzante come destino globale.

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L’Europa si pone al centro di un inedito scontro di civiltà, che ha segnato la sua storia interna attraverso il confronto fra illuminismo e cristianesimo degli ultimi tre secoli;uno scontro sul ring , per dir così, della storia, che ha lasciato entrambi i contendenti spossati e lasciati barcollanti (“ fede e ragione si sono impoverite e sono diventate entrambe deboli l’una di fronte all’altra”,v.enc. Fides et Ration,n.59) “ Lo spettro di credenze religiose ormai morte incombe assai più sull’ Europa che sull’ America” . Questo commento( del neo-con Fukuyama) mostra la sua vena apologetica quando osserva : “Non si può certo asserire che razionalismo e secolarizzazione siano le inevitabili ancelle delle modernizzazione… La gabbia d’acciaio ha preso il nome di globalizzazione, ma non è poi cosi’ male”. E anche: “l’ ’Europa è attualmente un continente pacifico, prospero,razionalmente amministrato e totalmente secolare. Certo gli Europei continuano a usare termini quali ‘diritti umani’ e ‘dignità umana’che affondano le radici nei valori cristiani della loro civiltà. Ma pochi sarebbero in grado di spiegare in maniera coerente perché continuano a credere in essi”.

Dimensione cognitiva e pragmatica della credenza The will to believe è la nota espressione di William James, che considera la fede come un diritto, da assumersi anche correndo il rischio di andare incontro all’ errore. La pienezza dell’ esperienza umana non è possibile a ottenersi attraverso un conoscere puro e definitivo, che conduce ad assoluta certezza; tale sapere infatti non è dato, ma per agire si devono e muovere insieme le due lame della conoscenza e dell’ azione, come la forbice morde la realtà solo se entrambe le sue lame sono messe in moto. E’ un fatto che l’ esito nichilista acutizza il bisogno di credere come risorsa pragmatica di orientamento post-secolare. La situazione del voler-e-non-poter-credere è espressa in forma eccellente in una poesia di Czeslaw Milosz( Orfeo ed Euridice 2000 anni dopo). Nella sua fede aumentò il dubbio, e si avvinghiò a lui come una fredda edera. Incapace di piangere, pianse sulla perdita dell’umana speranza nella resurrezione dei morti. Perché adesso era come un qualsiasi mortale, la sua lira taceva e nel sogno era senza difesa. Sapeva che doveva aver fede e non ne era capace. Cosi’ rimase per quello che sembrò un tempo interminabile, contando i suoi passi nel torpore semicosciente. Albeggiava. Apparve un anfratto roccioso sotto l’ occhio luminoso dell’ uscita sotterranea. E avvenne ciò che aveva intuito.Quando voltò la testa, dietro di lui sul sentiero non c’ era nessuno. Sole. E cielo, e là le nuvole. Soltanto ora esplose dentro di lui il grido: Euridice! Come farò a vivere senza di te, o mio conforto. Ma l’erba profumava, ronzavano basse le api.

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E si addormentò, con la guancia sulla tepida terra. (C.Milosz scritta dopo la morte della giovane moglie americana Carol,2002,traduzione di Francesco M.Cataluccio

Pluralismo e/o scontro fra culture

Nella globalizzazione, tradizioni storiche finora separate pongono in necessario contatto identità, che derivano dall’ orizzonte dei simboli fondanti, delle narrazioni costitutive, delle religioni). Taluni concludono che la storia arbitra la forza e la plausibilità delle diverse tradizioni ed afferma la superiorità della cultura occidentale, che detiene scienza e democrazia. Si può , al contrario pensare che il riconoscimento di valori universalmente validi non implica che essi abbiano avuto o debbano avere in ogni società la stessa attuazione. Per cui il compito di dare corso alla ricerca di principi comuni a tutti gli uomini richiede di abbracciare la molteplicità delle esperienze umane, senza avanzare pretese di esclusività in nome di un solo modello, ritenuto superiore. Non è da nascondersi che quello che è stato chiamato “il coraggio di un nuovo umanesimo” ,da perseguire nelle relazioni intersoggettive come in quelle interculturali e interreligiose, risponde più ad esigenze pratiche, alla necessità di realizzare dei compromessi che evitino conflitti e scontri distruttivi. Compromessi che devono sempre fare i conti con la pretesa della unicità delle fedi alla loro esclusiva pretesa di verità. Non aiutano soluzioni del passato come il racconto delle tre anella che concilia i monoteismi, l’ “una religio in rituum varietate” su cui Nicola Cusano poggiava la sua ricerca di pace fra le fedi dopo la caduta di Costantinopoli nel 1452, o le concezioni alla Lessing, di una rivelazione evolutiva che discioglie le ragioni del Cristianesimo nel Cristianesimo della ragione. Il problema è storicamente nuovo.

Dall’analisi sociologica all’intervento sociale: benessere salute e politiche di welfare

Il concetto di benessere

Il passaggio rilevante nelle società occidentali è l’ingresso nella prosperità attraverso l’economia. Bisogna però distinguere: - crescita economica ( growth) l’ incremento nel tempo di variabili quali Pil complessivo, Pil pro capite, reddito complessivo, reddito pro capite, spesa per consumi, ecc -sviluppo economico (” non possiamo semplicemente affermare che la produzione misura il progresso economico. Un incremento della produzione potrebbe essere facilmente accompagnato da un declino del benessere economico, quando la maggior produzione è causata da una minore durata del capitale fisso o da una minore

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efficienza nel suo utilizzo” ( K.BOULDING,Income or welfare,1950). Lo sviluppo economico è crescita che si autosostiene nel tempo: W.W.ROSTOW, The stages of economic growth, 1957,tr.it. Torino,1961, distinse al riguardo lo sviluppo per fasi storiche: stagnazione, formazione dei prerequisiti, decollo(take-off), maturità, stadio dell’opulenza. La produzione del benessere è stata posta a fondamento dello sviluppo economico nel secondo dopoguerra nelle società occidentali( J.K.Galbraith, The affluent society,1958,tr.it. ,Torino,1971). Lo sviluppo economico genera aumento della ricchezza, complessiva e pro-capite, ed aumenta il tenore di vita degli individui attraverso consumi su un mercato che consente di accedere a beni e servizi, diversificati per quantità e qualità. A sua volta, lo sviluppo accresce le quote di reddito da destinare, attraverso la tassazione, al finanziamento della spesa pubblica, che assicura una offerta crescente di servizi pubblici sociali (sanità,scuola,assistenza). In tal modo si consolida una sicurezza sociale, che garantisce nel tempo i livelli di vita conseguiti dagli individui.

Negli anni Settanta fu introdotto il concetto di qualità sociale. Esso designa i beni “inclusivi “ , che possono essere fruiti contemporaneamente da più persone senza che ciò limiti l’accesso : infrastrutture, beni culturali, ambiente, salute, informazione. I beni inclusivi non sono di norma ottenuti attraverso dispositivi di mercato, ma formano oggetto di investimenti collettivi(pubblici e privati) e concorrono alla qualità complessiva della vita individuale e associata.

Nella ricerca dei cosiddetti universali del benessere, è stata introdotta la nozione di capacità(Sen).Sono tali le potenzialità di cui gli individui dispongono per soddisfare i requisiti di funzionamento della natura umana; le capacità riguardano sia la sfera della sicurezza(es.vivere vivere a lungo) sia quella della integrazione sociale e culturale. La teoria delle capacità pretende un fondamento antropologico oggettivo in quanto i funzionamenti che le capacità soddisfano sono iscritti nella “natura umana “ (anche se di questo termine non si dà una nozione metafisica, ma con riferimento a ciò che consente di definire tale ogni essere umano- qualunque sia la cultura e società di cui fa parte).Le capacità sono perciò poteri (dynamis) reali , non mere postulazioni; l’attribuzione o la negazione di diritti incide sul pacchetto di capacità di cui un individuo dispone. L’ ulteriore distinzione fra crescita, benessere e felicità è un passo compiuto da economisti (v. Richard Layard, Happiness.Lessons from a New Science,Allen Lane, 2005;tr.it.Milano,2005). L’incremento del potere d’acquisto e del Pil è necessario per risolvere i problemi primari di sopravvivenza. La soddisfazione duratura, di individui come di popolazioni , dipende dell’esperienza positiva di altri fattori come: relazioni famigliari;situazione finanziaria; lavoro; comunità e amici;salute;libertà personale.

SICUREZZA (vitale, sociale) -sicurezza elementare, integrità fisica e psichica rispetto a bisogni vitali di sopravvivenza o sussistenza (cibo, vestiti, riparo)

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-inclusione entro standard di vita ,socialmente normali, di reddito(assenza di povertà) lavoro, istruzione,abitazione,salute ( sicurezza sociale ) PROSPERITA’ (o BENESSERE in senso stretto) ottenimento di livelli adeguati di consumi sul mercato(consumi acquisitivi) -disponibilità e fruizione di beni “inclusivi”(ambiente, cultura, salubrità,sicurezza collettiva) che non sono appropriabili individualmente e determinano la qualità sociale della vita FELICITA’ /COMPIUTEZZA -soddisfacimento di impegni soggettivi e personali(dal “bisogno” come carenza al “progetto di vita”,al ”desiderio”) -autorealizzazione dell’individuo, compimento-maturazione del sé(secondo Maslow il bisogno piu’ elevato e finale : “diventa ciò che sei”)

Il concetto di salute La nozione di salute, adottata dall’ OMS già nel 1948 ,e ampliata nel 1984 , indica la capacità dell’individuo di avere un rapporto vitale equilibrato con il suo ambiente di esistenza e di conseguire il pieno dispiegamento delle sue potenzialità, fisiche,psichiche e sociali. Questa nozione non va esente da alcuni elementi di convenzionalità. La salute come costruzione sociale mette in gioco la rappresentazioni culturali (i valori) di ciò che è desiderabile per gli individui e la società. Anche nel rapporto con la malattia si trovano elementi di risposta sociale e culturale: si pensi alla differenza fra l’idea che la malattia sia un effetto di stregoneria(witchcraft),presente fra la popolazione africana degli Azande studiata da Evans Pritchard e l’idea, emersa solo nel secondo Ottocento con la microbiologia di Pasteur, che la malattia sia causata da germi patogeni a diffusione randomizzata. Culturali sono anche i processi di socializzazione verso la malattia e la formazione delle risposte individuali verso dolore, sofferenza,morte. Quanto ai modelli di trattamento troviamo: -la medicina scientifica o biomedicina, che vede il corpo come macchina ,e la clinica come tecnica oggettiva( Michel Foucault Nascita della clinica) -le medicine naturali o dolci, fondate su un approccio “olistico” (corpo-mente, natura-cultura)alternativo o complementare alla biomedicina; -i trattamenti non medici: riti di salvezza, nuove religioni, gestione della malattia e del malessere entro il proprio gruppo sociale di riferimento. Negli anni Sessanta i riferimenti socioculturali della salute misero in questione soprattutto le pretese di scientificità della psichiatria di matrice positivistica La pratica psichiatrica fu criticata come una tecnica di trattamento basata sulla reclusione e l’internamento(Foucault), entro “istituzioni totali”(E.Goffman:Asylums,1968), con fini di controllo degli individuati aventi comportamenti etichettati come devianti. Negli anni Settanta ebbero cosi’ corso i processi di de-istituzionalizzazione: chiusura dei grandi ospedali psichiatrici,

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limitazione del trattamento sanitario obbligatorio entro gli ospedali generali, diffusione di servizi territoriali(centri di salute mentale), “psichiatria di comunità” ( assorbimento della problematica psichiatrica nel sistema dei servizi e nelle risorse di aiuto informale). Da allora permane la questione di quanto la psichiatria sia “sanitaria” e di quanto sia “sociale ed assistenziale” .La risposta ha implicazioni pratiche e teoriche ,che riguardano le interpretazioni della follia,del disagio mentale, delle sue basi organiche,del trattamento(con farmaci o con parole) Determinanti sociali della salute

L’analisi dei rapporti fra malattie e società è oggetto proprio della epidemiologia. Questa disciplina mette in evidenza come lo stato di salute/malattia sia condizionato da fattori sociali ed abbia sua volta conseguenze sociali. Le connessioni riguardano: il genere (fra le donne piu’ elevata sopravvivenza,ma anche maggiore incidenza delle malattie croniche e delle disabilità prolungate); l’accesso diseguale al sistema delle cure( per fattori di costo e culturali:i ceti medi hanno più confidenza con i servizi sanitari ed i loro operatori); l’occupazione( sono piu’ elevati i tassi di mortalità in chi non ha lavoro, è disoccupato,immigrato, svolge lavori usuranti). La generazione, la classe sociale, l’etnia, modellano le risorse materiali e culturali per l’ accesso ai servizi , con conseguenze sui tassi di sopravvivenza e sulle speranza di vita. Un indice sintetico di grande rilevanza epidemiologica riguarda la durata e la speranza di vita delle popolazioni . Quella alla nascita è un elemento del cosiddetto Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (“cosa vuoi fare da grande? Vivere”: campagna Unicef contro la mortalità infantile). Si noti che i tassi di mortalità infantile non sono correlati direttamente nei diversi paesi al pil pro-capite. In Italia fino agli anni Cinquanta il modello riproduttivo prevalente era stato : alta natalità-alta mortalità infantile-bassa sopravvivenza in età anziana. Oggi abbiamo un regime demografico del tutto rovesciato rispetto al passato, con bassa natalità,bassa mortalità infantile e bassa mortalità anziana).L’ invecchiamento è l’incidenza della popolazione over 65 ( soglia convenzionale di ingresso nella cd “ terza età” ) sul totale della popolazione, incidenza che cresce sia per l’allungamento nella durata media della vita, sia per la contrazione della natalità. La speranza di vita “in buona salute” misurata ai 65 anni di età serve a valutare le conseguenze dei processi di invecchiamento sui sistemi sanitari e di welfare. Piu’ che l’invecchiamento in sé, conta infatti la domanda di cure (sanitarie e socio-assistenziali) che esso comporta: in relazione alle trasformazioni della famiglia(con la scomparsa o la limitazione dei care-givers informali) ed alla organizzazione dei servizi( ricoveri in strutture protette, centri e strutture intermedie sul territorio,domiciliarità, ricorso al mercato, attivazione della famiglia e della comunità sociale ecc.)

L’educazione sanitaria è una attività sociale di formazione e informazione che incide sui modelli di comportamento, sia in termini culturali generali sia con dirette prescrizioni.La tendenza alla prescrittività sembra in aumento nei confronti di stili di vita e comportamenti ritenuti a rischio. Si veda ad es. il cambiamento in corso nella valutazione sociale nei confronti del fumo, che oggi è oggetto di estesa

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riprovazione –sociale e anche giuridica - come segno di noncuranza ai fattori di rischio e al costo sanitario indotto.

Il circuito dei servizi

Per analizzare il circuito di accesso e fruizione degli individui nel sistema dei servizi sanitari disponiamo di quattro modelli teorici. 1.La scelta razionale: l’ individuo è visto come un consumatore-cliente su uno specifico mercato. Sceglie i fornitori dei servizi in ordine alle sue preferenze ed al calcolo razionale della sequenza di comportamento che ritiene più efficace per affrontare e risolvere il suo squilibrio di salute; gli individui hanno dei vincoli ( potere d’acquisto, competenza nel giudicare gli esperti , libertà di defezionare ) che limitano la loro effettiva libertà di movimento nel sistema dei servizi; 2. la carriera organizzativa: quando l’individuo si affida ad una organizzazione dei servizi, deve assumere il ruolo che questa gli conferisce e cooperare con gli altri ruoli organizzativi per affrontare e risolvere il suo squilibrio di salute; la qualità dell’organizzazione condiziona la qualità delle risposte, 3. l’arena pubblica: nei sistemi sanitari di welfare che funzionano in base di assicurazioni sociali e soprattutto di Servizio sanitario nazionale, la fornitura delle prestazioni si inscrive in un quadro politico di diritti attribuiti al cittadino. Il cittadino ha titolo di ricevere le prestazioni e attende la soddisfazione delle sue attese. Una importante funzione di smistamento(gate-keeping) compete agli operatori che si trovano a contatto con la domanda (medico di base, assistente sociale territoriale ecc.) Questo modello vede una prevalente responsabilità istituzionale pubblica nel determinare livelli e tipologia delle prestazioni,nonché vincoli all’accesso (ad es.introduzione dei ticket) ,che determinano i conseguenti comportamenti dell’ utenza. 4 l’interferenza culturale: l’individuo si presenta all’organizzazione dei servizi con un proprio “retroterra” sociale e culturale, che si riflette nella formulazione del suo malessere; ma l’organizzazione “traduce”(codifica) il problema nei termini del suo(dell’organizzazione) linguaggio, in modo da consentire il trattamento. In generale, i due sistemi culturali a confronto (dell’individuo e dell’organizzazione) non sono sovrapponibili.La differenza è forte soprattutto nel caso di etnie differenti o di gruppi marginali. Il circuito dei servizi può generare conflitti culturali (si pensi alle pratiche sanitarie inerenti famiglia,educazione,riproduzione, morte ecc.)

Riprendendo Hirschman(Exit voice and loyalty,tr.it.1982), si vede che il primo modello è caratterizzato dalla logica dell’exit (se non sono soddisfatto, cambio fornitore),il terzo dalla logica della voice( se non sono soddisfatto cerco di farmi sentire presso il fornitore). La lealtà esprime la stabilità dei rapporti entro il circuito dei servizi. Si osservi che nella sanità ricorrono situazioni estreme (malattie terminali, cronicità, bisogni assistenziali acuti) che mettono in tensione la lealtà dei rapporti e la razionalità dei comportamenti( si pensi al diffondersi delle pratiche salutistiche alternative, al fai da te curativo, alla ripresa di interesse per terapie miracolistiche). Le politiche sociali

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Le politiche sociali realizzate nell’ambito degli Stati sociali( welfare states) hanno come obiettivo la lotta all’ indigenza, l’ inclusione sociale, l’ uscita permanente dalla condizione di povertà, attraverso dispositivi istituzionalizzati di sicurezza.

La difficoltà delle politiche di welfare state nella fase attuale si riconducono a due elementi di fondo. I, Il prevalere di politiche economiche liberiste tende a ridurre lo spazio degli interventi pubblici (riduzione della fiscalità, critiche all’ universalismo di cittadinanza ecc.) Ii, l’emergere di domande soggettive che non vengono soddisfatte attraverso prestazioni standardizzate( Marco Ingrosso,La scomparsa del benessere sociale, Angeli ,Milano,2003). Da un lato, superata la soglia della sopravvivenza fisica ed assicurata una misura di inclusione sociale , il compito del benessere ritorna alle scelte degli individui; dall’altro la minaccia di ri-discendere sotto la soglia e il diffondersi di nuove forme di insicurezza e povertà aprono domande di sicurezza e campi di intervento per nuove politiche sociali. L’intervento sociale del futuro è chiamato a fornire risposte a problemi emergenti da trasformazioni demografiche(invecchiamento, nuovi tipi di famiglia, immigrazione) e da flessibilità/precarietà del lavoro. Un contesto connesso al welfare locale richiederà di inserire i programmi di tutela e inclusione nelle politiche che perseguono coesione e sviluppo sociale a scala territoriale definita.

Nuovi ambiti di intervento per un welfare locale e flessibile sono pertanto: -la prevenzione dei rischi sociali diffusi -il fronteggiamento di situazioni problematiche spiazzanti, attivazione e rafforzamento di reti sociali di aiuto -il supporto organizzato, dei servizi nel quadro del cd. lavoro di rete, con centri di servizi di zona, servizi facilitatori di mediazione e sostegno, centri per le famiglie; -la promozione di benessere psicologico anche a livello individuale ( centri di ascolto e consulenza personalizzata); -la generazione di ambienti sani, contesti accoglienti ,città vivibili; -l’ empowerment di “comunità competenti “ ad affrontare disagi e problemi collettivi.

Professioni sociali

Le politiche sociali richiedono decisori politici, modelli organizzativi ed operatori sociali che le realizzino con adeguata preparazione professionale. Parliamo allora di professioni sociali; dette anche professioni di aiuto( helping p.);di accudimento e assistenza(caring p.);produttrici di benessere( welfare p.); di relazione(in quanto si basano sulla produzione, l’uso e il mantenimento di relazioni tra persone e tra persone e organizzazioni). Alcune hanno una consistente tradizione(infermiere, assistente sociale, psicologo), altre sono di recente formazione o ridefinizione (educatore, sociologo clinico, pedagogista clinico,animatore, assistente domiciliare, assistente famigliare).

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Le professioni “ sono una classe particolare di ruoli occupazionali, ovvero,da un altro punto di vista,i gruppi di persone che svolgono ruoli di un certo tipo”: Talcott Parsons, voce Professioni, in Enciclopedia del Novecento,Istituto dell’ Enciclopedia Italiana,1980,vol.V,pp.588-594). Sulla base di questa definizione si individuano professioni nate nel Medioevo europeo( religiose, mediche, legali) , professioni tecniche portate dall’industrializzazione e professioni più recenti, che non hanno ancora acquisito lo status di professioni a pieno titolo(semiprofessioni:per Parsons nursing, servizio sociale ecc.). Interessante ricordare che Parsons costruisce la sua teoria della neutralità affettiva sulla relazione medico-paziente: il ruolo del medico non deve essere subordinato alle caratteristiche sociali e culturali del paziente. La prospettiva funzionalista delinea il professionalismo come la “terza logica” di azione sociale, distinta dai valori commerciali del mercato e i valori funzionariali delle burocrazie pubbliche. Il professionismo comporta: -un sistema di valori orientato al servizio (al) pubblico (beruf:Weber ); -un saper e saper fare competente, che deriva dal possesso, formato e certificato, di conoscenze scientifiche e tecnologiche ( universalismo cognitivo delle professioni) -una regolazione interna al gruppo dei pari, che si esprime in norme etico-deontologiche e strutture di controllo(Ordini professionali). In Italia l’ ordine dei medici risale al 1910, il collegio degli infermieri al 1954, l’ordine degli assistenti sociali al 1993.

Le critiche degli anni Settanta attaccarono il modello funzionalistico delle professioni come occupazioni di livello superiore utili al progresso della società, con i seguenti argomenti: i, -sono monopoli della conoscenza, che demandano ogni intervento ad esperti competenti, e deprimono le capacità popolari,diffuse, di rispondere direttamente a bisogni( Ivan Illich critica il sistema sanitario, con la tesi radicale che l’ aumento di sanità fa regredire la salute:Nemesi medica,tr.it. 1976); ii, –sono situazione di potere e fonte di rendite economiche dei gruppi di competenti che si pongono al servizio delle classi dominanti (V.Navarro) iii, - ignorano identità differenti di genere, generazione , etnia ecc. Alla neutralità affettiva si contrappone il principio che “l’identità conta” e la cultura professionale non si deve sottrarsi alla interazione con modelli culturali esterni al campo scientifico- tecnico specialistico. Queste critiche sembrano toccare poco le professioni sociali , di status debole. Tra i i problemi più dibattuti ed aperti sono : i confini interni fra le diverse professioni sociali, i problemi di gerarchia, collaborazione, separatezza;le forme della collaborazione (su casi, su problemi su programmi in politiche integrate); il rapporto con le professioni sanitarie( mediche e para-mediche) la tensione fra ricerca di stabilità dell’ identità professionale ed esigenze di variabili contesti operativi e organizzativi (problemi dell’ autonomia e del mandato); la dimensione cognitiva: le fonti per la costruzione del loro sapere, i nessi fra sapere teorico, riflessività critica, apprendimento dall’esperienza

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V. W.TOUSIJN, Professioni, in Enciclopedia Italiana delle Scienze sociali,vol.VII,Roma,1997; D.REI,v. Professioni sociali, in Dizionario del Servizio sociale, Carocci,Roma,2005;