Microscopio_luglio_2010

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www.microscopionline.it Mensile Medico Scientifico - Luglio/Agosto 2010 Accogliamo la vita GINECOLOGIA MARS 500 RICERCA Omeopatia e Placebo OMEOPATIA Semi di Kiwi COSMESI M croScopio Pubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. V - Luglio/Agosto 2010

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Microscopio mensile medico scientifico. Mese Luglio 2010. www.microscopionline.it

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Mensile Medico Scientifico - Luglio/Agosto 2010

Accogliamola vita

GINECOLOGIA

MARS 500RICERCA

Omeopatiae Placebo

OMEOPATIA

Semi di KiwiCOSMESI

M croScopioPubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. V - Luglio/Agosto 2010

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notizie

Ictus, grazie a brevi ma intense terapie riabilitative miglioramenti motori a distanza di anni dal danno

Anche ad anni di distanza dall’ictus cerebrale è possibile ottenere miglioramenti motori significativi con un trattamento riabilitativo breve, ma intenso. È questo in sintesi il con-tributo più innovativo di un recente studio nato da una collaborazione tra una equipe di neurologi dell’Università Cattolica di Roma guidati dal prof. Vincenzo Di Lazzaro e col-leghi del National Hospital of Neurology di Londra, pubblicati sulla rivista internazionale Clinical Rehabilitation.L’ictus cerebrale è la principale causa di invalidità in età adulta, in quanto spesso determi-na difficoltà motorie e cognitive. Nei 6-12 mesi successivi a un ictus, si osserva general-mente un progressivo miglioramento della disabilità che può essere potenziato dalla riabi-litazione. Si ritiene comunemente che a oltre un anno di distanza dall’ictus non si possa migliorare ulteriormente e la disabilità residua viene considerata cronica. Lo studio diretto dal prof. Vincenzo Di Lazzaro ha rilevato che un breve periodo intensivo di riabilitazione, mirato a migliorare la funzionalità del braccio e della mano, risulta efficace anche in per-sone colpite da ictus diversi anni prima e i miglioramenti raggiunti permangono per mesi dopo l’interruzione della riabilitazione. L’obiettivo dei ricercatori era quello di mettere a punto un tipo di trattamento che potesse essere standardizzato, cioè in grado di assicurare una certa omogeneità negli esercizi e nelle attività proposte pur essendo condotto da più terapisti, anche in centri diversi, e adattabile a persone con difficoltà motorie di diversa gravità. Il trattamento è stato sperimentato in 11 persone colpite da ictus da oltre un anno (la distanza media dall’ictus era 3 anni). Prima della terapia riabilitativa ogni soggetto è stato sottoposto a un’attenta valutazione delle capacità residue dell’arto leso sia attraverso prove di destrezza manuale (utilizzando test quali l’ARAT e il Nine Hole Peg Test) sia va-lutando le loro capacità in compiti di vita quotidiana. La terapia riabilitativa era costituita da tecniche di shaping (in cui l’obiettivo riabilitativo viene raggiunto attraverso esercizi a complessità crescente in cui il terapista incoraggia e rinforza positivamente il paziente) ed esercizi di rinforzo muscolare. “La terapia era mirata al raggiungimento di obiettivi con-creti – spiega il neurologo della Cattolica Di Lazzaro -, stabiliti dopo la fase valutativa, in rapporto alle reali possibilità di ogni malato, e veniva proposta in sedute di un ora e mezzo al giorno, per cinque giorni a settimana, per due settimane. A fine trattamento, in tutti i pazienti si è osservato un miglioramento della funzionalità dell’arto trattato e della sua forza, con evidenti vantaggi sulla vita quotidiana di queste persone, inoltre nelle valuta-zioni eseguite a tre mesi di distanza dalla fine della terapia tale miglioramento, stimabile nell’ordine del 25% circa, se misurato con la scala funzionale ARAT, era ancora evidente”. Inoltre, la possibilità di applicare un protocollo riabilitativo “standard” per migliorare la funzionalità dell’arto superiore è molto importante per studiare l’efficacia della riabilitazio-ne e di nuovi possibilità terapeutiche da utilizzare in aggiunta a essa. Prossimo obiettivo dei ricercatori sarà infatti applicare tale protocollo riabilitativo associato a tecniche elettrofisiologiche in grado di promuovere la plasticità del cervello per valutare se è possibile incrementare le capacità di apprendimento motorio in pazienti con paralisi conseguenti ad ictus.

Ufficio Stampa Roma

[email protected]

Dr. Nicola Cerbino

responsabile Ufficio stampa

Università Cattolica

sede di Roma

e Policlinico universitario

"Agostino Gemelli"

www.rm.unicatt.it

www.policlinicogemelli.it

FLASH

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Corso di Giornalismoper aspiranti pubblicisti

Dal palinsesto alla stampaPossibilità di Stage

presso una redazione giornalistica

INFO: [email protected]

Coop. Galberis - Perugia - Tel. 075.800.53.89 FAX 075.800.42.70

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SOMMARIOM croScopio

mensile medico scientifico

Pubblicazione Mensile in abbonamento Anno I - Num. V - Luglio/Agosto 2010

Direttore EditorialeAntonio Guerrieri

Direttore ResponsabileCaterina Guerrieri

Capo redattore e coordinatriceCinzia Mortolini

RedazioneStefania Legumi, Caterina Guerrieri, Francesco Fiumarella

CollaboratoriPaolo Nicoletti, Marco Nicoletti

Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

MedicinaIntervista al Dottor Pasquinucci Sergiopag. 6 Salute & Benessere21° Congresso Internazionale di Vitaminologiapag. 8

Integratori salini. Alcune applicazioni di utile impiegopag. 26

GinecologiaAccogliamo la Vitapag. 12

PediatriaIntervista al Dottor Oliva Sergiopag. 14

CosmesiSemi di Kiwi. Una Nuova Frontiera?pag. 24

OmeopatiaOmeopatia e Placebo: Il grande equivocopag. 30

Si ringraziaDottor Pasquinucci Sergio, Dottoressa Valeria Mazzola, Dottor Oliva Sergio, Capo Ufficio stampa CNR Marco Ferrazzoli, Ufficio Stampa Università degli Studi di Padova, Ufficio Stampa Fondazione San Raffele del Monte Tabor, Dottor Tancredi Ascani

Progetto GraficoMarco Brugnoni - [email protected]

StampaProperzio s.r.l - PerugiaEditoreE.G.I s.r.l.Reg. Tribunale di PerugiaN. 12/2010 del 10/02/2010

Direzione e AmministrazioneE.G.I. s.r.l. Via Hanoi, 2 • 06023 Bastia Umbra (PG) Tel. 075.800.66.05 - Fax 075.800.42.70 [email protected]

Marketing & PubblicitàGuerrieri Antonio, Altea NatalinoTel. 075.800.53.89

“Grande Fratello” verso Marte: Extreme misura lo stresspag. 16

Curare i denti con l’Ipnosi pag. 15

Dimmi cosa mangi e ti dirò cosa provipag. 18

Dalle scimmie l’antidoto all’ansiapag. 20

Aritmologia: Impiantato un pacemaker compatibile con la risonanza magnetica pag. 23

Ricerca

Nel Num. di Giugno della rivista Microscopio a pag. 5 è

stata assegnata erroneamente la numerazione 3 invece di

4 come giustamente riportato in copertina

Errata Corrige

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Medicina

Intervista al Dottor Pasquinucci Sergio“Nella sanità ci sono tanti problemi ma le cose buone bisogna dirle…” con queste parole il Dottor Pasquinucci ci presenta una realtà sanitaria costruita sulla domanda del cittadino, “…cerchiamo sempre di soddisfare i bisogni reali della popolazione… io lavoro per i miei cittadini… la mia porta è sempre aperta…”

Dottore lei è in prima linea per soddisfare le esigenze dei

cittadini, i bisogni talvolta vitali, quali sono i centri attivi a cui le persone possono far riferimento, quali sono i progetti per il futuro?Noi stiamo per inaugurare un Pronto Soccorso Attivo Urgenze Territoriali “Psaut” affinché gli ospedali non ven-gano ingorgati da inappropriate do-mande, ad esempio ferite lacero con-tuse, che possono essere guarite in un banale ambulatorio chirurgico attrez-zato. È una prima risposta sul territo-rio, facciamo in modo che l’ospedale rappresenti il terminale ultimo di una domanda veramente appropriata. Ab-biamo un Poliambulatorio dove lavo-rano 44 specialisti che si occupano delle branche legate alla domanda del territorio, parliamo di neurologia, ortopedia, geriatria… Abbiamo una residenza per anziani, nella mia cit-tà, Portici, il 13% sono anziani e la percentuale è in aumento, dobbiamo avere una risposta concreta per questa fascia debole. Ci sono 3 geriatri sia come centro diurno, sia come resi-denza dove ci sono 20 posti, d’altron-de questa è stata la possibilità di un progetto nato nel ’97. Per quanto ri-guarda il bambino, ho fatto in modo di istituzionalizzare “La casa della fa-miglia”, quindi della coppia, del bam-bino, una struttura dove il bambino e il genitore non devono fare percorsi frammentati perché la risposta dell’e-tà adolescenziale la riceve tutta in questa struttura. Dalle vaccinazioni alla riabilitazione tutto avviene presso la sede del distretto per facilitare ogni

approccio terapeutico. In ambito di questa esigenza abbiamo un Centro di Allergologia territoriale visto che le malattie allergiche sono in aumento, un Centro Diabetologico territoria-le visto che il diabete è in aumento. Sempre per cercare di rispondere alla domanda, e non come offerta, abbia-mo un centro di riferimento per le lesioni da decubito, per le lesioni cu-tanee, che opera più domiciliarmente che ambulatoriamente, un servizio di assistenza domiciliare sia ADI che ADO per tutte quelle situazioni che riguardano la nutrizione parenterale, artificiale, l’equipe per la SLA, per la Sclerosi Multipla e per altre pato-logie, seguiamo due bambini affetti dalla malattia di Werdnig-Hoffman con una equipe multispecialistica in una convenzione con il Santobono. Cerchiamo attraverso il vero e reale bisogno della popolazione di dare una risposta concreta. Tutto questo

risale anche a dei tavoli tecnici con il Comune perché l’intervento è sempre Socio-Sanitario, noi vogliamo rispon-dere a un bisogno globale del paziente e il Comune deve avallare e interveni-re nella valutazione distrettuale. Que-sto modello della “presa in carico” che attualmente vige in questo distretto, diretto da me, penso che risponde pie-namente alle esigenze del territorio. Da dieci anni sono il direttore di Portici, per arrivare a tutto questo ho dovuto avere dei collaboratori che condividevano e condividono con me i progetti da portare avan-ti, muovendoci in un budget di risorse che sono quelle che sono. Nella sanità ci sono tanti proble-mi ma le cose buone bisogna dirle. Quando venni a Portici mi inna-morai di un ambulatorio che già esisteva, il professionista bravo mi fece comprendere che esistevano nel-le scuole insegnanti di sostegno per aiutare i ragazzi con dei ritardi, delle problematiche, per fare prevenzione occorreva un ambulatorio 0-3 anni per i disturbi del comportamento e del linguaggio. Quando ho fatto in modo di convincere l’azienda a dar-mi un nuovo ambulatorio di circa 700mq, ristrutturandolo, perché una struttura nasce intelligente, non lo può diventare, ho creato una strut-tura dove il bambino si muove libe-ramente in un box supportato dalla figura dalla mamma, attraverso una telecamera e dei vetri che permetto-no di vedere dall’esterno all’interno e non viceversa, analizziamo e indivi-duiamo i comportamenti, i problemi

Direttore Sanitario del distretto 34 di Portici

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Medicina

e le patologie. Questo è veramente un fiore all’occhiello come indicatore di dati, ci confrontiamo con Trieste, Padova, Roma. È un’opera che do-vrebbe essere maggiormente diffusa. Questo dottore è veramente un progetto molto importante…Come le dicevo cerchiamo sempre di soddisfare le esigenze reali della popolazione, cerchiamo di non farci coinvolgere in primariati, poltrone, bisogna soddisfare quello di cui c’è bisogno. Se mi sono formato con 4 specializzazioni, con impegno e sudo-re in tutto il mio percorso formativo e professionale, devo gestire tutto con impegno per una società migliore… io lavoro per i miei cittadini, la mia porta è sempre aperta…Lei dottor Pasquinucci è un insi-gne nutrizionista ma che rapporto c’è tra nutrizione e prevenzione ?Oggi abbiamo un modello di vita che ha invertito lo stile, mi spiego meglio, non bisogna vivere per il mangia-re ma mangiare per vivere. In altre parole devo scegliere nell’ambito del campo dell’alimentazione quelli che sono i nutrienti, perché non tutti gli alimenti sono nutrienti. Devo pren-dere dalla natura le sostanze che ven-gono chiamate essenziali, aminoacidi essenziali, acidi grassi essenziali, poi potrò variare la mia alimentazione e rapportare la quota di quello che io introduco, bisogna per forza rappor-tare le calorie alla persona, all’età, alla razza, all’attività… nel 99% dei casi è come se mi stessi curando man-giando. In altre parole io sto facendo prevenzione. Ci si deve adeguare al proprio metabolismo arrivati alla fase matura, devo ridurre in calorie quan-do si è raggiunta una fase di plateau. Un famoso scienziato tedesco già nel ‘700 aveva detto “l’uomo si scava la fossa con i denti”. È una concezione antica che l’alimento rappresenta un nutriente se è posologicamente e ido-neamente collegato all’individuo, alla razza, all’età…perché ognuno di noi ha un proprio metabolismo. Per mia

forma culturale sostengo che non esi-ste la malattia, esiste il malato. Io e lei abbiamo il mal di testa, prendia-mo l’aspirina, tutti e due non abbia-mo più il mal di testa ma a me viene il mal di stomaco. Si fa prevenzione ad esempio quando si soffre di stiti-chezza nutrendosi di una dieta ricca di fibre, in questo modo è come se fa-cessi terapia. Bisogna dire anche che dopo il post guerra il cibo è diventato un valore aggiunto facente parte dei sette vizi capitali, la gola. È diventato una valvola di sfogo, le frustrazioni si sfogano nel mangiare. Nella medi-cina cinese invece chi ha avuto una giornata stressante e stancante per de-purare il fegato mangia, come dicono loro, “un pugno di riso o un cozzetto di pane”.Dottore, sostanze integratori, come l’Omega 3, la Monacolina, la Lo-vastatina possono aiutare l’organi-smo?Questi sono quegli integratori che hanno una loro azione, possono au-mentare il “colesterolo buono”, HDL facendo diminuire le probabilità di patologie vascolari, di malattie come l’arteriosclerosi. Questi integratori possono aiutare ma non sostituire una buona alimentazione. Noi nu-trizionisti dagli studi fatti non siamo molto propensi al consumo di carni rosse, bisognerebbe mangiare il pesce almeno tre volte a settimana. Queste sostanze sono contenute anche nel pesce. Tutto quello che integra deve essere legato allo stile di vita alimen-tare. Tutto deve essere appropriato.Dottor Pasquinucci Lei fa par-te del “Comitato Medici per San Ciro” un comitato che rispecchia lo spirito cristiano della professio-ne medica…Deve sapere che San Ciro è il pro-tettore dei medici, Santo Medico Protettore. Questo senso di legame, emotivo e di fede è in me fin da bam-bino. Sono venuto a vivere a Portici nel ’60, avevo 6 anni, la processione annuale, il fiume di persone che ne

faceva parte per me bambino era una grande gioia e siccome mi è sempre piaciuto fare l’Arte del medico sono entrato in ospedale durante il primo anno di Medicina rendendomi subi-to conto che se un medico non opera con fede la sua opera è snaturata. Lo dico con umiltà, ogni volta che vado a visitare una persona ammalata met-to la mano sul cuore e sulla coscienza e dico “Signore illuminami la mente affinché io possa dare un aiuto a que-sta persona”. Da circa sette anni, la domenica di maggio che esce il San-to, faccio aprire la Struttura Sanitaria, noi ne abbiamo quattro ma il Poliam-bulatorio è più presente, più centrale, scendo le scale e offro dei fiori par-ticolari che addobbano il “carro” di San Ciro, la processione si ferma, il Padre dice la messa e una preghiera affinché l’area medica e i malati pos-sano sempre essere aiutati dal Santo Protettore. Abbiamo fatto questa as-sociazione perché abbiamo sentito il bisogno di confrontarci ed aggre-garci al di fuori del nostro ambiente lavorativo. A giugno è stato fatto un convegno sull’aspetto psicologico dei familiari che accudiscono un malato cronico, pensi a quelle povere mam-me che devono accudire il proprio figlio, per aiutare, sostenere, chi deve assolvere questo enorme compito con disagio, depressione, sconforto. Tutto questo serve a trovare una comunità cristiana, perché noi medici abbiamo fatto tanti incontri per l’umanizzazio-ne delle strutture sanitarie, noi dob-biamo essere sempre disponibili verso l’utente perché è colui che ha biso-gno. Questa associazione è nata per un bisogno, sentiamo di stare insieme nella parrocchia e vivere i momenti di situazione anche non espresse. Ci aiutiamo l’uno con l’altro. Questo ad oggi è “lo stato dell’Arte” e spero che perduri nel tempo.

Dottor Pasquinucci SergioDirettore Sanitario del Distretto 34 di PorticiIntervista a cura di Cinzia Mortolini

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I l Congresso si è aperto alle ore 10.00, con l’introduzione del

Prof. Alberto Fidanza, il quale ha rievocato il 1° congresso Interna-zionale di Vitaminologia tenutosi nel 1970 sul golfo di Palinuro, ed ha subito sottolineato l’importanza delle azioni protettive delle vitami-ne, a livello cerebrale e cardiaco nonché nei confronti delle ghian-dole endocrine e di organi interni come il fegato, oggetto degli ecce-zionali progressi compiuti dalla ri-cerca in questo campo. La conser-vazione di tali apparati può assicu-rare agli anziani una vita piacevole in benessere. Dopo l’introduzione del Prof. Fidanza ha poi brevemen-te interloquito il prof. Finazzi Agrò, ex Rettore dell’Università di Tor Vergata, il quale ha ricordato gli importanti lavori in materia di vi-tamine compiuti dai presenti ed anche da egli stesso, seguito dal Prof. Emilio Croce, Presidente Pro-tempore dell’Ordine dei farmacisti di Roma, che ha auspicato che il nuovo Testo Unico delle Materie Sanitarie in preparazione possa meglio individuare i confini tra la figura del farmacista e quella del medico. Dopo un breve saluto dell’Ing. Moretto, Presidente P.T. del Rotary di Roma, ha poi preso la parola il Prof. G. Iacovelli, Presi-dente dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, ed il Prof. G. C. Porretta ha inoltrato il saluto della Facoltà di Farmacia dell’Uni-

Congresso Internazionaledi Vitaminologia

“Obesità, diabete e vitamine” è stato il tema del congresso annuale 2010, che si è tenuto nella prestigiosa sede dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria presso l’Ospedale S. Spirito di Roma, ultimamente rilanciata a nuovo vigore e smalto, anche con il restauro dei locali e della biblioteca

versità La Sapienza di Roma. Il Congresso ha poi affrontato la te-matica della gestione e misurazione dello stress ossidativo a livello cel-lulare e sistemico mediante sommi-nistrazione di antiossidanti fisiolo-gici, argomento sul quale è stata tenuta un’interessante relazione dai Dottori Cangemi e Raparelli della I° Cattedra di Clinica Medica della Università “La Sapienza di Roma”, attualmente diretta dal Prof. Fran-cesco Violi. I ricercatori dell’Uni-versità “La Sapienza di Roma “, guidati dal Prof. Violi, hanno sco-perto che l’acido ascorbico proteg-ge il cuore da ricadute dopo l’an-gioplastica, contrastando il feno-meno del “no-reflow”, ovvero l ‘in-completa ripresa dell’attività coro-narica dopo un’operazione angio-plastica. La somministrazione per via endovenosa di vitamina C a 56 pazienti che avevano subito l’ope-razione di tal fatta ha prodotto ri-sultati altamente positivi, sia per la contrattilità del muscolo cardiaco che per la circolazione del sangue. I pregi ed i risultati di tale tecnica, relativamente semplice e priva di effetti collaterali, sono stati illu-strati sulla prestigiosa “JACC”, os-sia “Journal of the American Colle-ge of Cardiology-Cardiovascular Interventions“ (“Intravenous ascor-bic acid infusion improves myocar-dial perfusion grade during elective percutaneous coronary interven-tion: relationship with oxidative stress markers“, JACC Cardiovasc

Interv.2010 Feb. ; 3 (2): 221 – 9). Alle ore 11 il Dott. Roberto Can-gemi, della Cattedra del Prof. Vio-li, ha tenuto una breve relazione sugli effetti benefici della vitamina C, constatati a livello del microcir-colo in seguito agli interventi di angioplastica effettuati a livello del miocardio, rilevando che il danno del microcircolo, a livello del mio-cardio, sembra dovuto ad una vaso-costrizione, con conseguente stress ossidativo. Negli studi in questione l’acido ascorbico sembrerebbe pro-lungare l’azione benefica e la pro-duzione dell’ossido nitrico. La sin-tesi dell’ossido nitrico contribuisce all’abbassamento della pressione arteriosa, mentre l’inibizione della sintesi di tale ossido conduce, at-traverso l’aumento delle resistenze periferiche, all’innalzamento della pressione arteriosa. Molti integra-tori anche di successo, destinati a migliorare la sintesi di ossido nitri-co, associano ormai agli aminoaci-di L-Arginina ed L-citrullina an-che dosi significative di vitamine, ossia acido folico, vitamina E non-ché la vitamina C. Ha poi parlato la Dott.sa Valeria Raparelli, della stessa Cattedra di Clinica Medica, sottolineando i benefici dell’acido ascorbico a livello di impianto de-gli stent, nei pazienti studiati dal servizio di emodinamica. Un solo grammo di vitamina C in soluzio-ne fisiologica sembra migliorare il grado di perfusione coronarica a livello degli stent medesimi. Mar-

Salute&Benessere

21°

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Salute&Benessere

catori dello stress ossidativo sono gli isoprostani, che notoriamente sono eicosanoidi, ossia ormoni ad emivita brevissima, di origine non enzimatica, prodotti dalla ossida-zione casuale dei fosfolipidi dei tes-suti (ossidazione causata per lo più dai radicali liberi dell’ossigeno): le loro molecole sono valutate nel loro effettivo aumento o diminuzione per misurare lo stress ossidativo a seguito degli stent. Nel microcirco-lo coronarico la vit. C sembra mi-gliorare i risultati. La riduzione de-gli isoprostani è stata correlata alla somministrazione dell’acido ascor-bico (vit.C). Altri marcatori di stress ossidativo usati sono stati la deossiguanosina, il TMPG (o TIMI myocardial perfusion grade) nonché il TIMI Frame Count. Come molti ricorderanno, il TIMI (Thrombolysis in myocardial in-farction) FLOW Classification è un particolare sistema di misura adottato nel 1985, che descrive i cambiamenti di qualità nella circo-lazione coronarica, mentre il TIMI FRAME COUNT, o CTFC, è un sistema più semplice successiva-mente introdotto da Gibson. Va ricordato anche che la 8-idrossi-2-deossiguanosina è anche usata come marker dei radicali liberi, ed il suo aumento è direttamente pro-

porzionale all’età. La dott.sa V. Ra-parelli ha poi concluso nel senso che l’acido ascorbico sembrerebbe ridurre lo stress ossidativo, e conse-guentemente verrebbe contrastato l’aumento degli isoprostani, che ne costituiscono marcatori. In propo-sito ricordiamo che l’8-isoprostane (8-epiPGF2a) ha dimostrato di avere attività biologica, è un poten-te vasocostrittore renale e polmo-nare, è riconosciuto come mediato-re della sindrome epatorenale ed è proposto come marker del deficit di anti-ossidanti, ossia lo stress os-sidativo ; livelli elevati di esso si possono trovare nei fumatori. Tale marker, in campioni conservati in siero o in plasma, o in preparati cellulari, può anche essere un indi-catore dell’integrità dei lipidi. Ha poi parlato il Prof. Giovanni Ga-sbarrini, Clinico Medico dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore a Roma, indirizzando l’attenzione sulla sindrome metabolica ed i suoi rapporti con il diabete e l’obesità, nonché sulla sindrome di Zieve o lattescenza del siero. Quin-di la Prof.sa Martinoli, della Catte-dra di Fisiologia dell’Università “La Sapienza “di Roma, ha condot-to un veloce excursus sugli sviluppi attuali delle ricerche sulle principa-li vitamine e sul metabolismo. Ha

poi fatto seguito la relazione della Prof.ssa E. De Luca D’Alessandro, dal Dipartimento di Scienze di Sa-nità Pubblica dell’Università “La Sapienza di Roma”, sulle azioni protettive delle vitamine nell’obesi-tà. L’obesità infantile è in aumento. Sono senz’altro positive, nella cura dell ‘obesità, le vitamine del grup-po B, ed anche la colina, e l’inosi-tolo. Sono poi dotate di positività anche la vitamina C associata ai bioflavonoidi, l’acido folico e l’aci-do pantotenico. In seguito è stato il turno del Dott. Sandro Lo Pinto, in sostituzione del Dott. Scalpone, Presidente dell’Associazione Dia-betici di Roma, il quale ha rilevato l’eccesso di peso nel diabete melli-to, per cui di sovente in medicina si parla di “diabesità”. Poi si è avuta la relazione del Prof. E. Marovello, del Dipartimento di Ginecologia dell’Accademia dell’Arte Sanitaria, che ha parlato delle vitamine nella donna obesa e diabetica. Infine le conclusioni del Prof. Fidanza, il quale ha espresso il suo plauso per i ginecologi, che sono i più ricettivi sui pregi delle vitamine, ed ha riba-dito che l’acido folico ed altre vita-mine sono fondamentali per preve-nire malformazioni fetali (esempio classico: spina bifida). Un eccesso di una singola vitamina, non som-ministrata in complesso, può com-portare gravi scompensi, mentre una somministrazione costante di integratori vitaminici, completi ed equilibrati di tutte le vitamine, può comportare una lunga vita felice, di salute e soddisfazioni. A tal pro-posito, il Prof. Fidanza ha elegante-mente ricordato di avere i suoi be-nissimo portati 87 anni, meritando lunghissimi applausi che hanno sancito la fine del congresso.

Il 21° Congresso Nazionale di VitaminologiaPaolo Nicoletti

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Dottoressa Mazzola lei è ar-tefice del progetto, Acco-

gliamo la vita, un percorso infor-mativo che segue la coppia prima del parto, durante il parto e nel post-partum…Questo corso si propone soprattut-to di rasserenare la coppia per far vivere la gravidanza in maniera na-turale e serena. Lo scopo principa-le è di far acquisire alla coppia la coscienza e la serenità necessaria, mantenere questa serenità durante il corso della gravidanza, il parto, il post – partum. Molto spesso ven-gono da noi delle giovani donne che hanno fatto i corsi di prepara-zione al parto tradizionali che san-no sia della fisiologia che della pa-tologia, arrivano talvolta spaventate per tutte le evenienze che possono accadere sia durante la gravidanza che durante il parto, evenienze di tipo patologico, noi ci siamo pro-posti il contrario, di non sottacere i problemi legati alla gravidanza e al parto ma di far vivere la gravi-danza e il parto come degli eventi naturali.La gravidanza è un evento naturale

Ginecologia

Accogliamo la

La Dottoressa Valeria Mazzola, direttore f.f. U.O. di Ginecologia e Ostetricia Ospedale “F.B.C.” di Leonforte è responsabile del progetto “Accogliamo la vita”, un’eccellenza nella sanità neonatale, un aiuto determinante nella coppia per vivere la gravidanza e il parto con serenità, naturalezza, in un percorso di totale supporto psicologico, fisiologico e ambientale

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Ginecologia

e va vissuto in maniera naturale così come il parto. Noi accompagniamo le coppie in tutto questo percorso, spieghiamo la fisiologia della gra-vidanza, del parto ma la fisiologia dell’evento naturale perché la mag-gior parte dei parti, sono parti na-turali. Se poi subentra il problema, la patologia, viene affrontata con il medico, con il ginecologo di rife-rimento e con la coppia. Anche se questo esula un po’da questo tipo di percorso. Abbiamo uno staff di ostetriche, di medici, di psicologi, di fisioterapisti che seguono queste coppie ciascuno per le proprie com-petenze. Si fa un’informazione di tipo medico-scientifico per quanto riguarda il decorso della gravidanza e del parto, delle problematiche di tipo psicologico, del rapporto del-la triade madre, padre, figlio. Non è un percorso riferito soltanto alla donna, alla madre ma comprende anche la figura genitoriale paterna che deve essere ben colta. C’è an-che l’apporto del pediatra per fare un discorso a 360°. Tutto questo culmina nell’assistenza al parto. Noi facciamo riferimento all’espe-rienza di parto umanizzato cioè un parto che quando è fisiologi-

co, spontaneo, deve vedere meno possibile l’ingerenza da parte del medico nel senso che la medicaliz-zazione del parto non fa parte di questo progetto, tranne che non sia strettamente necessario. Si aspetta il termine naturale della gravidan-za, non vengono fatte stimolazioni se non quando è necessario, si as-seconda la naturalità del travaglio fisiologico. Non vengono esegui-ti clisteri, non vengono eseguite spinte come si faceva in passato. La donna durante il travaglio di parto viene lasciata libera di muo-versi, non viene costretta a letto, non vengono messe flebo a meno che ci sia un’indicazione medica. Si fa procedere in maniera natura-le. Quando il travaglio è nella fase finale, la dilatazione è completa, la testolina del bambino è già scesa, la paziente viene messa sul lettino da parto sempre monitorando le condizioni fetali, se tutto procede in maniera fisiologica si asseconda il parto nella maniera più naturale, senza eseguire episiotomie a meno che non sia strettamente necessario perché non prevengono come si di-ceva in passato il prolasso genitale ma servono semplicemente a velo-

cizzare il parto. Non si effettuano manovre ostetriche di rotazione ma si aspetta che il feto progredendo spontaneamente ruoti da solo. Ap-pena nato il bambino viene posto sull’addome della madre, sul seno materno in un contatto pelle a pel-le con la mamma. Questo contatto, questo rapporto tra madre, bambi-no e padre durante il parto è emo-tivamente molto importante. Solo in un secondo tempo viene affida-to alle cure del neonatologo. Noi abbiamo il rooming, il bambino viene attaccato al seno, i pediatri incoraggiano l’allattamento mater-no. La paziente viene dimessa in se-conda, terza giornata ma continua ad essere seguita per i controlli, per l’accudimento del neonato, per il puerperio, per l’allattamento.Dottoressa quanto è importante l’apporto di acido folico, di ferro durante e dopo la gravidanza?Quando le pazienti si rivolgono a noi, iniziamo prima della gravidan-za, in fase preconcezionale con l’ap-porto di acido folico, proseguiamo per il primo trimestre della gravi-danza ma molto spesso anche per tutta la gravidanza e nel post parto. Per quanto riguarda la donazio-ne del cordone ombelicale voi dottoressa Mazzola a chi fate ri-ferimento?Noi siamo in comunicazione con la Banca del Sangue del Cordone Ombelicale di Sciacca. Quando la paziente ci fa questa richiesta, noi richiediamo le sacche indicate, così al momento del parto facciamo il prelievo e lo inviamo alla Banca di Sciacca.

Dr.ssa Valeria Mazzoladirettore f.f. U.O. di Ginecologia e Ostetricia Ospedale “F.B.C.” di [email protected] a cura di C.M.

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Pediatria

Dottor Oliva lei pratica l’Au-ricoloterapia, quali pato-

logie possono essere curate con questa riflessoterapia?È un’agopuntura auricolare, vengo-no applicati degli aghetti che con azione riflessoterapica agiscono a distanza sugli organi ed apparati. Sono trattabili molti disturbi dolo-rosi ma anche disturbi comporta-mentali, agisce efficacemente anche nella sfera psicosomatica, si può in-tervenire sull’insonnia, sull’ansia, sulla depressione, sui disturbi del comportamento alimentare, si può correggere la postura, si possono trattare la patologia dell’articolazio-ne temporo- mandibolare e il bru-xismo.Questa tecnica può essere usata anche sui bambini?Con gli aghi prevalentemente gli adulti, per i bambini si usano delle alternative come i semi di vaccaria che sono dei semini applicati con un cerotto poi stimolati con le dita. Si possono usare anche la cromotera-pia, cioè la luce di vari colori o pic-coli magneti o laser. Le patologie che possono essere trattate nei bambini sono quelle posturali, mandibola-ri, le enuresi notturne, il bruxismo (digrignamento dei denti notturno) ma anche disturbi comportamenta-li di tipo ansioso, alimentari come l’obesità, la bulimia, l’anoressia…Lei dottore opera a Portici ha più di mille bambini in cura, non ri-tiene che oggi ci sia un eccesso nella somministrazione dei far-maci ?Sì, c’è un eccesso di prescrizione di cortisonici e antibiotici spesso su pressione dei genitori che vogliono sempre risultati immediati. A volte bastano degli integratori o dei fito-terapici o dei prodotti omeopatici,

Dottor Oliva SergioMedico specialista in Pediatria. Allergologo pediatra, Omeopata

molti di questi trattamenti della “medicina integrata” funzionano anche bene.Le infezioni respiratorie sono in aumento?La maggior parte delle visite che si fanno riguardano proprio le malat-tie respiratorie. La precoce scolariz-zazione dei bambini ne facilita la diffusione..Sostanze come il Resveratrolo sono utili anche nella funzione immunitaria?Il Resveratrolo è una delle molecole naturali più antiche e contempo-raneamente più moderne che oggi si abbiano a disposizione. Estratto principalmente dalla buccia dell’uva (il succo d’uva ne contiene in note-voli quantità, come il vino rosso, e tra le uve sicuramente quella scura ne contiene più di quella chiara) si ritrova anche in alcune bacche e nelle radici di particolari piante (Po-ligonum cuspidatum). La sua azio-ne è ampia: tradizionalmente viene impiegato per il suo elevato effetto antiossidante, utile al ripristino del microcircolo venoso e al control-lo dei radicali liberi, ma di recente è stata scoperta una sua azione di attivazione della Interleuchina 10

(IL10) evidenziando quindi il suo uso come attivatore di tolleranza immunologica e di controllo dell’al-lergia. Il Resveratrolo funziona, però bisogna sempre considerare l’età minima, il dosaggio nei bambi-ni piccoli. Ci sono molti studi sul-la molecola, ma essendo carenti gli stessi studi in pediatria, dovrebbe essere somministrato dai 6 anni in poi. Ma la fascia delle maggiori in-fezioni respiratorie è quella tra i 3 e i 6 anni. Bisogna considerare anche la sinergia con altri prodotti perché gli integratori sono efficaci da una certa quantità di principio attivo in poi, questo vale anche per i fitote-rapici.Sono in aumento anche le mani-festazioni allergiche?Nei paesi occidentali, per inqui-namento atmosferico, presenza di additivi alimentari, forse eccessivo carico vaccinale, riduzione delle malattie infettive, sono in aumento anche le manifestazioni allergiche, possiamo quantificare il 20-25% della popolazione pediatrica come soggetta ad allergiaQuali sono le vitamine indispen-sabili nei primi mesi del bambi-no, nei primissimi anni?Le vitamine sono tutte importanti e indispensabili, la vitamina D e la vitamina C sono quelle che vengono supplementate, la profilassi con la vitamina D a dosaggi di 400 unità al giorno è la più usata. Si forme-rebbe anche spontaneamente se il bambino fosse regolarmente esposto alla luce del sole, infatti la carenza è molto più frequente nei paesi nor-dici.

Dottor Oliva Sergio PorticiIntervista a cura di M.C.

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Ricerca

M isurare lo stress tramite un inedito mix di esami (dall’analisi della scrittura all’elet-

troencefalogramma, dalla rilevazione dei livelli di cortisolo fino all’ecocardiografia) e ridurne gli effetti senza ricorrere a terapie farmacologiche. La missione spaziale simulata verso Marte, che ‘parte’oggi dall’Istituto per i problemi biomedici di Mosca (Ibmp), affida ai ricercatori del Cen-tro Extreme di Pisa - composto da ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ifc-Cnr), della Scuo-la Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa - la delicatissima rilevazione clinica degli effetti dello stress sull’asse cuore-cervello-polmoni de-gli astronauti. Il team pisano intende affinare le procedure per la misurazione oggettiva dello stress individuale e valutarne le possibili con-tromisure: se avvalorate scientificamente, tali tecniche potrebbero nel prossimo futuro essere applicate anche sui pazienti comuni. ‘Cavie’d’eccezione, i sei astronauti volontari (tra cui l’italo-colombiano Diego Urbina) per 520 giorni vivranno confinati negli spazi angusti del simulatore russo Nek, tra le cabine dell’equipag-gio, il bagno, la cucina e la piccola area comune: senza contatti diretti con l’esterno e senza possi-bilità d’uscita. Una sorta di ‘grande fratello’spa-ziale che rappresenta il terzo e decisivo momento del progetto Mars 500, iniziato due anni orsono. L’esperimento di confinamento prolungato degli astronauti, organizzato dall’Ente spaziale russo e

dall’Esa (l’Agenzia spaziale europea) questa volta riprodurrà in tutto e per tutto la missione spazia-le verso Marte (idealmente programmata per il 2020), escludendo qualunque forma di contatto con il mondo esterno tranne le comunicazioni radio che – rispettando quanto avverrebbe nella realtà – avranno comunque un ritardo di circa venti minuti. Oltre ai 250 giorni del viaggio d’andata e ai 240 del ritorno, tre dei sei astronauti dovranno sob-barcarsi ulteriori 30 giorni, simulando la discesa e il soggiorno sulla superficie del Pianeta Rosso sull’apposito modulo spaziale collegato alla navi-cella. I rischi non sono banali: l’ambiente ‘mar-ziano’riprodotto dagli scienziati russi è realisti-co per atmosfera, temperatura, illuminazione e pressione (fa eccezione la gravità); malfunziona-menti o rotture delle tute spaziali metterebbero a repentaglio la vita stessa dei volontari. “In queste condizioni il gruppo di ricerca pisano è chiamato a misurare oggettivamente la vulne-rabilità allo stress dell’equipaggio e, contestual-mente, verificare sul campo contromisure non farmacologiche che possano migliorare la resa degli individui alla pressione psicologica”, spie-ga Remo Bedini dell’Ifc-Cnr. Sono previste otto sessioni di esperimenti: una all’inizio, una alla fine e sei durante il viaggio. “In particolare, i ricercatori effettueranno rilevazioni elettroence-falografiche con dispositivi portatili a 32 canali per misurare la cosiddetta Sleep Slow Oscilla-

‘Grande fratello’verso Marte: Extreme misura lo stressIl Centro pisano composto da Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ifc-Cnr), Scuola Superiore Sant’Anna e

Università di Pisa rileverà gli effetti della missione simulata Mars 500 sull’asse cuore-cervello-polmoni degli astronauti. Le ‘cavie’, tra cui l’italo-colombiano Diego Urbina, vivranno da oggi in isolamento per 520 giorni: i ricercatori monitoreranno ecg, cortisolo, funzioni cognitive ed emotive

da sinistra Remo Bedini, Diego Urbina e Angelo Gemignani

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tion (Sso), l’onda madre del sonno ad onde lente (il sonno ristoratore). Specifici test clinici saran-no condotti per misurare i livelli di cortisolo, or-mone correlato allo stress: dalle urine si otterrà la misura del cortisolo tonico, dalla saliva quello fasico”. L’equipaggio sarà poi sottoposto dai ricercatori del Centro Extreme a esami psicometrici per la valutazione di alcune funzioni cognitive ed emotive. “Un altro obiettivo è misurare la ‘frat-talità del pensiero’degli astronauti, analizzando i testi scritti da loro stessi durante la missione”, prosegue Antonio L’Abbate, professore ordinario alla Scuola Superiore Sant’Anna e direttore del Centro Extreme. “Indipendente dalla lingua, dal mezzo utilizzato per la scrittura e dal senso complessivo del testo, il test potrebbe conferma-re come la distanza temporale e la frequenza di scrittura di certe parole possa rendere una mi-sura oggettiva dello stress senza dover ricorrere a ulteriori indagini cliniche”. Gli esami saran-no monitorati in tempo reale: gli astronauti - unica concessione - dispongono di un portello ‘pass trough’per passare i campioni all’esterno durante il viaggio. Per quanto riguarda gli an-tidoti allo stress, il Centro Extreme sta condu-cendo specifiche ricerche che potrebbero trovare a Mosca importanti conferme. Sotto indagine

ci sono gli effetti delle stimolazioni elettriche al cervello. “Se la misurazione dello stress e l’effi-cacia delle contromisure si rivelassero corrette”, conclude Angelo Gemignani, del Dipartimento di Scienze Fisiologiche dell’Università, “l’esperi-mento di Mars 500 spalancherebbe le porte alla determinazione del profilo di rischio dei singo-li individui, fornendo un contributo essenziale alla moderna medicina predittiva: per le persone impegnate in attività estreme come pompieri, militari, addetti alla protezione civile ma con ri-cadute positive per tutti i cittadini”.

Centro Extreme, composto da Sant’Anna, Univer-sità di Pisa e Ifc-Cnr ‘Mars 500’, missione spaziale simulata verso Mar-te. Il team di ricerca misurerà l’ incidenza dello stress e le risposte fisiche e psicologiche dell’orga-nismo umano al confinamento forzato in un am-biente ristretto per 520 giorniIng. Remo Bedini, dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc), CnrDr. Luca Trombella dell’Istituto di informatica e telematica (IIT), Cnr Ufficio Stampa Cnr: Rosanna Dassisti, e-mail: [email protected] Ufficio Stampa Cnr: Marco Ferrazzoli, e-mail: [email protected]

Incredibile ma vero: si può cu-

rare il mal di denti e la paura del den-tista grazie all’uti-lizzo dell’ipnosi. A parlarne sarà il Da-vid Spiegel, docente del Dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamenta l i

della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Stan-ford in California, lunedì 31 maggio 2010 alle ore 17.00 nell’Aula Ramazzini del Policlinico Universitario in Via Giustiniani 2, nella confe-renza dal titolo “Hypnosis in Dental Care and Medical Invasive Procedures” (L’ipnosi in odon-

Curare i denti con l’Ipnositoiatria e nelle procedure invasive in medicina).Recenti studi del Prof. Spiegel dimostrano che l’uso dell’ipnosi durante procedure odontoia-triche e mediche può avere molti effetti positivi tra cui la riduzione dell’ansia, la diminuzione del dolore, il miglioramento delle interazioni con gli operatori sanitari e una migliore risposta al trattamento. Questi interventi sono sicuri e poco costosi e stanno avendo un impiego sempre crescente.«L’ipnosi – spiega il Enrico Facco, docente del Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche dell’Università di Padova – è in grado di mo-dificare la percezione sensoriale (visiva, uditiva, olfattiva) e questo, di conseguenza, cambia la ri-sposta cerebrale agli stimoli sensoriali. In ambito medico, ad esempio, l’ipnosi può essere adotta-

Così il dentista non fa più paura

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Ricerca

I ricercatori dell’Unità di Neuroimaging Quan-titativo (Istituto di Neurologia Sperimentale

– INSPE - Direttore: Prof. Giancarlo Comi) del San Raffaele di Milano in collaborazione con la Divisione di Neuroradiologia dello stesso Istitu-to e le Università di Ginevra e Maastricht, han-no scoperto che i vegetariani, coloro che non si cibano di carne e pesce, ma fanno uso di latte, uova e derivati e i vegani, coloro che non utiliz-

Dimmi cosa mangi e ti dirò cosa proviUno studio dei ricercatori del San Raffaele di Milano dimostra come individui vegetariani e vegani per motivi etici siano maggiormente empatici verso la sofferenza umana e animale rispetto ad individui onnivori e come tale aspetto si associ ad un differente pattern di attivazioni encefaliche in risonanza magnetica funzionale

zano alcun prodotto di origine animale, prova-no una diversa empatia verso la sofferenza uma-na ed animale rispetto ad individui onnivori. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale PLoS One, condot-to e coordinato dal Dott. Massimo Filippi e dalla Dott.ssa Mara Rocca, ha dimostrato che l’attività encefalica degli individui che hanno deciso di escludere dalla loro dieta – in parte o completamente – l’utilizzo di derivati animali per ragioni etiche, coinvolge differenti circuiti neurali in seguito all’osservazione di scene di sofferenza umana o animale rispetto a quan-to accade in chi non ha compiuto tale scelta. Gli autori della ricerca hanno studiato 20 sog-getti onnivori, 19 vegetariani e 21 vegani du-rante la visione di immagini di esseri umani o animali in situazioni di sofferenza. Gli scienziati hanno evidenziato, tramite risonanza magneti-ca funzionale, che rispetto a soggetti onnivori, i vegetariani e i vegani presentano una mag-giore attivazione di aree del lobo frontale del cervello associate allo sviluppo e alla percezio-ne di sentimenti empatici, indipendentemente dal fatto che le scene di sofferenza prevedes-sero il coinvolgimento di umani o di animali.

ta come strumento durante procedure invasive radiologiche negli adulti, durante il cateterismo vescicale nei bambini, per ridurre la sofferenza nei malati di cancro».Nel corso dell’incontro, David Spiegel, attual-mente visiting professor nel Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche (Cattedra di Anestesiologia Generale e Speciale Odontosto-matologica) dell’Università di Padova, presente-rà alcune tecniche di ipnosi per la riduzione del dolore e dell’ansia nelle cure odontoiatriche, tra cui l’alterazione della percezione della tempera-tura, del formicolio o il distacco mentale dalla

situazione contingente.Spiegel, Direttore del “Center on Stress and He-alth” di Stanford e autore di oltre 350 pubblica-zioni, è Professore di Scienze Comportamentali, nel 2003 ha ricevuto il premio “Division 30” per contributi di eccellenza all’ipnosi professionale e nel 2004 il premio “Marmor” per i progressi del modello biopsicosociale in Psichiatria.

Università degli Studi di PadovaUfficio Stampae-mail: [email protected] Padova

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Lo studio ha inoltre evidenziato alcune differen-ze fondamentali tra vegetariani e vegani. Duran-te l’esperimento, i vegetariani presentavano una maggiore attivazione del cingolo anteriore. Il cingolo anteriore è connesso con strutture del si-stema limbico e prefrontali. La sua aumentata at-tivazione nei vegetariani potrebbe riflettere una maggiore attenzione verso gli stimoli presentati nel tentativo di controllarne l’impatto emotivo. I vegani attivavano invece maggiormente il giro frontale inferiore, bilateralmente. Quest’area ce-rebrale si ritiene essere coinvolta non solo in pro-cessi inibitori durante stimolazioni cognitive ed emotive, ma anche in fenomeni di condivisione delle emozioni. Tale pattern di attivazione po-trebbe indicare comunque una tendenza da parte di individui vegani ad identificarsi non solo con gli esseri umani, ma anche con gli animali, al fine di comprenderne le emozioni e di condividerle. Questi risultati dimostrano la presenza di una maggiore risposta empatica alla sofferenza intra- e inter-specifica in soggetti vegetariani e vegani rispetto a individui onnivori e suggeriscono che alle loro preferenze alimentari e alle loro attitu-dini morali corrispondano differenti livelli di at-tività di reti neurali encefaliche connesse con il processamento delle emozioni e dei sentimenti. Afferma la Dott.ssa Mara Rocca, ricercatri-ce dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo (Istituto di Neurologia Sperimentale - INSPE), Istituto Scientifico Universitario San Raffaele:

“Globalmente, questi risultati rinforzano quelle visioni che considerano l’empatia come un mez-zo di condivisione delle emozioni e delle sensa-zioni tra individui diversi, condizione che sta alla base del comportamento sociale. Una delle caratteristiche principali della vita di comunità è infatti la capacità di identificarsi con i propri con-specifici e di attribuire loro particolari sta-ti d’animo.” Conclude il Dott. Massimo Filippi responsabile dell’Unità di Neuroimaging Quan-titativo (Istituto di Neurologia Sperimentale - INSPE), Istituto Scientifico Universitario San Raffaele:“Il presente studio dimostra inoltre che negli umani esistono circuiti neurali che si at-tivano nel momento in cui sentimenti empatici vengono estesi anche ad individui di altre specie che condividono con noi la capacità di soffrire.”

Fondazione San Raffaele del Monte Tabor Direzione Comunicazione – Ufficio [email protected] pubblicato su PLoS ONE, Public Library of Science (USA) – 26 Maggio 2010  The Brain Functional Networks Associated to Human and Animal Suffering Differ amongOmnivores, Vegetarians and Vegans. Massimo Filippi1,2*, Gianna Riccitelli1, Andrea Falini3, Francesco Di Salle4, Patrik Vuilleu-mier5, Giancarlo Comi2, Maria A. Rocca1,2. 1. Neuroimaging Research Unit, Institute of Ex-perimental Neurology, Division of Neuroscience, Scientific Institute and University Hospital San Raffaele, Milan, Italy,2.  Department of Neurology, Scientific Institu-te and University Hospital San Raffaele, Milan, Italy,3. Department of Neuroradiology, Scientific Insti-tute and University Hospital San Raffaele, Milan, Italy,4. Maastricht Brain Imaging Center, Department of Cognitive Neuroscience, University of Maa-stricht, Maastricht, The Netherlands,5.  University Medical Center of Geneva, Univer-sity of Geneva, Geneva, Switzerland.

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L a vita di gruppo rappresenta per molti ani-mali la possibilità di ottenere benefici preziosi,

come ridurre il rischio di predazione e aumentare la sopravvivenza della prole, ma comporta anche costi quali l’aumento della competizione, che po-trebbe generare aggressività e violenza. Sebbene molti studi abbiano affrontato il problema di come gli animali compensano gli effetti delle aggressioni, molto più difficile è comprendere se e come essi prevengano gli eventuali attacchi e le situazioni di ansia e stress che ne derivano. Uno studio sui cebi dai cornetti, un gruppo di scimmie sudamericane, condotto di recente presso l’Unità di primatologia dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizio-ne del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Istc-Cnr), coordinata da Elisabetta Visalberghi, ha dimostrato la capacità dei cebi di adottare strate-gie tese a evitare situazioni conflittuali. “Abbiamo verificato che l’imminente arrivo del pasto, distri-buito ogni giorno alla stessa ora, nei cebi aumenta-va significativamente il tasso di grooming (lo stri-gliamento del pelo): un comportamento che per molte scimmie ha una valenza sociale fondamen-tale”, spiega Eugenia Polizzi di Sorrentino, dotto-randa Istc-Cnr e autrice dello studio pubblicato su Animal Behaviour assieme a Gabriele Schino, associato Istc-Cnr, e Filippo Aureli della Liverpo-ol John Moores University. “In questo caso, fare grooming nella mezz’ora precedente, aumentava la tolleranza e diminuiva le aggressioni al momento della spartizione del cibo”. Il grooming utilizzato come strumento di prevenzione del conflitto era finora osservato quasi esclusivamente nelle scim-mie antropomorfe e si supponeva fosse legato alla capacità di pianificazione di eventi futuri. Poiché i cebi presumibilmente non hanno capacità cogni-tive così avanzate, lo studio indica come non sia necessario ricondurre meccanismi di prevenzione del conflitto a strategie così raffinate. “Nonostan-te l’efficacia del grooming nel diminuire il rischio di future aggressioni, i cebi non selezionavano gli

individui più appropriati da strigliare come, ad esempio, quelli più aggressivi”, prosegue la ricerca-trice. “Siamo probabilmente di fronte ad un effetto da ‘notte prima degli esami’dove i cebi sembrano reagire all’ansia un po’come gli studenti prima di una prova difficile”. In effetti, la capacità di gestire situazioni conflittuali è importante per qualunque animale che viva in gruppo, non solo per le scim-mie. “Un esempio di grooming antistress per l’uo-mo, potrebbe essere il ‘chiacchiericcio’in ascensore sul tempo o una tranquilla conversazione tra do-cente e studente per stemperare la preoccupazione dell’esame”, conclude Eugenia Polizzi di Sorrenti-no. “Questo studio dunque ci permette di corro-borare il valore adattativo che strategie di questo genere hanno per la vita di gruppo di molte specie di animali, limitando i rischi imposti dalla compe-tizione e promuovendo così i benefici associati alla vita di gruppo”. Consiglio Nazionale delle RicercheIstituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di RomaStudio dei meccanismi comportamentali nei primati per la gestione di situazioni conflittuali all’interno del gruppoEugenia Polizzi di Sorrentino, Istc-Cnr Gabriele Schino, Istc-CnrUfficio Stampa CnrAnna Capasso [email protected] Ufficio Stampa Marco Ferrazzoli [email protected]

Dalle scimmie l’antidoto all’ansiaLa strategia adottata dai cebi dai cornetti per diminuire la tensione all’interno del gruppo è il grooming. In tal modo essi controllano e prevengono aggressioni o possibili conflitti. La ricerca, frutto di una collaborazione tra Istc-Cnr e università di Liverpool, è pubblicata su Animal Behaviour

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In condizioni fisiologiche l’impulso che provoca il battito del cuore origina dal nodo del seno, il

“pacemaker naturale” del cuore, ovvero un tessuto altamente specializzato che esplica la funzione di ge-nerare automaticamente il ritmo che viene trasmesso al cuore attraverso un sistema specializzato, il cosid-detto sistema di conduzione (nodo atrioventricolare, fascio di His, branche). Sia il nodo del seno che il sistema di conduzione sono talvolta soggetti a ano-malie congenite o acquisite nel tempo sulla base di processi degenerativi che possono comportare distur-bi significativi del ritmo (bradicardie critiche, pause significative con conseguente svenimento). Quando la normale contrazione del cuore non viene assicurata dal sistema di conduzione cardiaca viene impiantato un dispositivo medico per portarne alla normalità il funzionamento: il pacemaker. Si tratta di una protesi elettrica che automaticamente riconosce la disfunzio-ne e la corregge, regolarizzando il ritmo e garantendo un adeguato funzionamento del cuore. Nonostante l’elevato livello di sofisticazione e di compatibilità di tali apparecchi con la vita di tutti i giorni, un’impor-tante limitazione per il portatore di pacemaker con-siste nel non potersi sottoporre a risonanza magneti-ca. Nei pacemaker disponibili fino ad oggi la cassa metallica e soprattutto il catetere metallico che arriva al cuore per trasmettere l’impulso interferiscono in-fatti con le radiazioni elettromagnetiche: in caso di interferenza il catetere può spostarsi o surriscaldarsi con i conseguenti rischi di lesione, perforazione o ustione dei tessuti circostanti e la stessa circuitazione elettrica dell’apparecchio può venire danneggiata. Il nuovo apparecchio MRI-safe, impiantato presso la U.O. di Aritmologia dell’IRCCS San Raffaele, evita questi rischi e migliora considerevolmente la qualità della vita dei pazienti con cardiopatie, che potranno sottoporsi alla risonanza magnetica, sia di tipo orto-pedico che internistico, in tutti i distretti del corpo e persino al torace, senza alcun rischio per la loro sicu-

rezza. L’intervento necessario all’impianto del nuovo dispositivo dura dai trenta ai sessanta minuti, non differisce dall’intervento per l’impianto di un pace-maker tradizionale e non comporta rispetto ad esso rischi aggiuntivi.Il Dottor Paolo Della Bella*, Responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia, IRCCS San Raffaele: “Si tratta di un’importante innovazione tecnica che per-metterà di evitare una limitazione finora significativa: i pazienti potranno essere sottoposti con tranquillità ad importanti indagini diagnostiche, essenziali alla diagnosi di moltissime patologie. Credo che questo impianto diventerà d’ora in avanzi l’opzione preferita. Tuttavia per chi è già portatore di pacemaker tradi-zionali un’eventuale sostituzione comporterebbe un impianto di nuovo sistema e dunque la necessità di rimuovere i cateteri preesistenti – manovra questa che richiede una cautela particolare.” * Il Dott. Paolo Della Bella, milanese, laureato in Medicina e Chi-rurgia e specializzato in Cardiologia e in Anestesio-logia all’Università di Milano, dopo diversi soggiorni all’estero per perfezionare la sua preparazione ha ma-turato un’esperienza ventennale al Centro Cardiolo-gico, Fondazione Monzino di Milano. Nell’ambito della European Society of Cardiology è membro del board dello EHRA (European Heart Rhythm Asso-ciation) ed è autore di numerosissime e significative pubblicazioni scientifiche. Da Gennaio è responsa-bile dell’Unità Operativa di Aritmologia dell’IRCCS San Raffaele in cui ha disposto una serie di percorsi atti ad accogliere in qualsiasi momento pazienti gravi e a definire un algoritmo di trattamento con ablazio-ni transcatetere. Ha introdotto inoltre un concetto di trattamento omnicomprensivo grazie ad un’inte-razione sinergica con la cardiochirurgia, la rianima-zione e un sistema di trapianti. Istituto Scientifico Universitario San [email protected] • www.sanraffaele.org

Aritmologia: Impiantato un pacemaker compatibile con la risonanza magnetica Presso l’Unità Operativa di Aritmologia dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, diretta dal Dott. Paolo Della Bella, è stato impiantato, su una paziente di 34 anni con un disturbo di conduzione cardiaca, un innovativo pacemaker compatibile con la risonanza magnetica

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SPECIALECASE & CASALI

IMMOBILI DI PRESTIGIO ED ATTIVITÀ COMMERCIALI

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SPECIALECASE & CASALI

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KIWISemi di

I semi del kiwi stimolano la produzione di collagene a livello dermico, agendo sui

fibroblasti. È dunque ragionevole ipotizzare un effetto anti-aging per le creme

contenenti estratti di questi semi. L’olio di semi di kiwi è una fonte naturale di

omega-3, combinati con tocoferoli e tocotrienoli

Cosmesi

P rima di accennare agli effetti po-sitivi ricollegabili ai semi di kiwi,

è giusto puntualizzare anche i pochi effetti negativi dei semi stessi. Questi ultimi effetti non si rilevano tuttavia con l’applicazione di topici contenenti estratti di semi di kiwi a livello cuta-neo, ma sono ricollegabili all’eccessiva ingestione dei frutti, a livello pediatri-co. Le segnalazioni di questa casistica sono state effettuate dalla dermatolo-gia pediatrica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. I bambini oggetto della casistica avevano sofferto di una dermatosi allergica, i cui sintomi erano eritema, pomfi, sfondo urticarioide, prurito intenso e diffuso, eventual-mente associati (ma non obbligatoria-mente) a gastroenterite. La genesi di quest’ultimo sintomo? Nei casi in cui questo collegamento si era verificato, esso è stato ascritto a sensibilizzazio-ne allergica. Da rilevare ancora che in tutti i bambini oggetto di queste osservazioni si era verificata un’inge-stione eccessiva di frutti di kiwi. I semi del kiwi sono infatti indigeribili, sia da parte dell’adulto che del bambino. Es-sendo i semi indigeribili, sia nell’adul-to che nel bambino, percorrono tutto il tratto del canale digerente, senza la possibilità di subire un’assimilazione. Il risultato: durante il lungo passag-

gio, si formano dai semi di kiwi al-cuni metaboliti (non oggetto ancora di studi approfonditi) aventi in sé la possibilità di indurre sensibilizzazioni allergiche, con i sintomi appena de-scritti. Dal punto di vista della derma-tologia pediatrica il consiglio è dunque di limitare ad un solo frutto di kiwi l’assunzione di questo alimento, alme-no per i bambini al di sotto dei dodici anni. Il consiglio è valido per tutti i bambini dai tre ai dodici anni. Venia-mo ora agli effetti positivi, rilevabili per mezzo dei topici, applicati a livello cutaneo. L’olio di semi di kiwi è una fonte naturale di acido alfa-linolenico (omega-3), combinato con tocoferoli e tocotrienoli. A questo punto è utile precisare che il termine di Vitamina E è generico, e si riferisce a due classi di composti: i tocoferoli ed i tocotrieno-li. I tocotrienoli, rispetto ai tocoferoli, presentano come requisito strutturale discriminante, la tripla insaturazione della catena laterale isoprenoide. La catena laterale della molecola prende il nome di isoprenoide dal fatto che essa è una catena più o meno lunga, fatta però dalla ripetizione di un ele-mento singolo che è sempre lo stesso: l’isoprene. La conformazione dell’ele-mento singolo (cioè l’isoprene) è di 4 + 1 atomi di carbonio. Cioè in realtà

sono 5 atomi di carbonio nell’elemen-to singolo (isoprene). L’insaturazione di questa catena laterale isoprenoide nei tocotrienoli è tripla. Vi sono cioè tre doppi legami. In base alla posizione dei gruppi metilici, si identificano del-le forme differenti di tocotrienoli: alfa, beta, gamma e delta. Fino al 1999 i derivati della Vitamina E più comu-nemente utilizzati in cosmesi, appar-tenevano alla classe dei tocoferoli. Ma il crescente interesse rivolto in ambito nutrizionale e terapeutico ai tocotrie-noli ha indotto il pensiero scientifico a valutarne l’efficacia anche in ambito dermo-cosmetologico. (Theriault A. et all. (1999), in: “Tocotrienol: a rewiew of its therapeutic potential.”, Clin Biochem 32 309). I tocotrienoli sono composti naturali contenuti in diversi alimenti, tra i quali il frutto del kiwi (i cui semi contengono questa classe di composti), ma la quantità che si può assumere attraverso la dieta (800 ppm) non è ritenuta sufficiente ad indurre gli effetti benefici per la salute umana ad essi attribuiti. Da ciò proviene l’u-tilità di unire la quota di tocotrienoli assorbibile con la dieta alla quota di questi stessi composti assorbibile per via percutanea. Le creme-basi più co-muni sono emulsioni olio-acqua, per cui non è scientificamente difficile

UNA NUOVA FRONTIERA?

IN

COSMESI

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Cosmesi

realizzare una crema dermatologica che includa tra i suoi elementi l’olio di semi di kiwi. I tocotrienoli hanno importanti attività cosmetiche. In-nanzitutto sono potenti antiossidanti naturali, e conferiscono una valida protezione verso il danno ossidativo cutaneo indotto dai radicali liberi, in particolar modo quelli generati dall’inquinamento ambientale, op-pure da radiazioni attiniche. Possono essere efficacemente impiegati come ingredienti funzionali anti-aging. Nessuno negherebbe mai nel periodo attuale la relazione assai stretta tra il danno ossidativo indotto dai radicali liberi e l’invecchiamento cutaneo. Ne è motivo il fatto che gli acidi grassi polinsaturi, costituenti fondamentali dello strato corneo, costituiscono il principale bersaglio dei radicali liberi nonché delle specie ossigeno-reattive (ROS). Le Reactive Oxygen Species sono molecole reattive che conten-gono l’atomo di ossigeno. Molecole molto piccole, esse contengono ioni di ossigeno e perossidi, e possono essere sia organiche che inorganiche. Come

al solito, niente in natura è soltan-to negativo oppure positivo. Infatti i ROS hanno un ruolo importante nei segnali che le cellule si inviano tra di loro. Essi sono un elemento importan-te che condiziona l’eventuale efficacia dei segnali intercellulari. E tuttavia, soprattutto nei periodi collegabili a stress ambientale, come un’eccessiva esposizione agli ultravioletti, i livelli di ROS possono accrescersi in modo ec-cessivo, creando un danno più o meno notevole alle strutture cellulari. Que-sta situazione è nota a diverse corren-ti del pensiero scientifico come stress ossidativo. I tocotrienoli contenuti nei semi di kiwi costituiscono una difesa contro questa fattispecie. I tocotrie-noli hanno un’attività anti-ossidante 40-60 volte superiore a quella dei loro omologhi, i tocoferoli. Il meccanismo di azione in cui ciò si rileva particolar-mente è quello protettivo nei riguardi della lipoperossidazione. Alcune pic-cole precisazioni vanno poi compiute sull’accumulo nello strato corneo di questi costituenti della famiglia della vitamina

E. Recenti studi scientifici dimostra-no che la cute è l’unico tessuto capace di discriminare tra i vari analoghi del-la famiglia della vitamina E, in modo da compiere un’accumulo selettivo dei tocotrienoli. (Ikeda S, Niwa T, Yamashita K (2000): “Selective up-take of dietary tocotrienols into rat skin.”, Nutr Sci Vitaminol (Tokyo) 46 141) A cosa è dovuto l’incremento di biodisponibilità? Alla presenza del-le insaturazioni sulla catena laterale. Queste ultime infatti permettono una più veloce e valida interazione con gli elementi del doppio strato fosfolipidi-co di membrana. È inoltre da ritenere che i tocotrienoli, contenuti nei semi di kiwi, applicati come topici sulla cute, svolgano un’efficace azione foto protettiva, prevenendo l’invecchia-mento precoce della cute stessa, osta-colandone in modo efficace una delle cause primarie. Dott. Marco NicolettiDermatologo – Tor Vergata

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D ’estate, con il caldo intenso, si beve abbondantemente, perfi-

no la quantità d’acqua da introdurre nel corpo umano viene costantemen-te ripetuta dai mass media che ci con-sigliano di avere sempre al seguito la nostra bottiglia d’acqua minerale.D’altra parte, con il caldo intenso noi sudiamo e traspiriamo di più, e la semplice introduzione di acqua ri-solve alcune problemi, ma non tutti. Ad esempio, un problema ignorato dai più consiste nella tendenza del-le vitamine a disciogliersi nell’acqua, con la quale vengono evacuate. Pertanto il turista estivo farà senz’al-tro bene a bere abbondantemente, ma rischierà di creare complicazioni inattese nel tentativo di fronteggiare il pericolo di disidratazione. Se infatti le acque minerali conten-gono salutari quantità di sali mine-rali disciolti, che quindi vengono utilmente reintrodotti nel nostro organismo, le stesse acque tuttavia contribuiscono anche ad espellere le vitamine del gruppo B e la vitamina C. Noi sappiamo che le vitamine del gruppo B si occupano dello smalti-mento di energia all’interno della cellula, mentre la vitamina C dà una maggiore resistenza contro il freddo ed ostacola l’instaurarsi di una sin-drome influenzale.Conseguentemente, insieme all’ac-qua minerale, dovremmo reintro-durre vitamine. Per reintrodurre vitamine, dovremmo aver cura di consumare frutta e verdura in quan-

INTEGRATORI SALINIAlcune applicazioni di utile impiego

Gli integratori salini costituiscono un efficace riparo contro i malesseri collegati frequentemente al cambio di stagione. Molte persone spesso risentono di un insieme di sintomi, tra cui debolezza, sonnolenza e disorientamento nello spazio, e non sanno tuttavia riconnettere questi sintomi ad una eventuale carenza di magnesio, di sodio o di potassio

tità adeguate o, nell‘impossibilità consumare integratori ugualmente adeguati.Ecco dunque l’utilità degli integra-tori salini. Questi ultimi sono spesso sotto forma di compresse, o di capsu-le, o di soluzioni saline.Molti CCNL, vedasi il settore edile con l’art. 110, prevedono la distribu-zione di acqua ed integratori salini per tutti gli addetti alle “lavorazioni a caldo”. D‘altra parte, molte Am-ministrazioni Pubbliche sconsiglia-no le persone anziane dal prendere integratori salini senza ricorrere al consiglio del medico, partendo dal presupposto che ognuno di noi ha un suo fabbisogno idrico-salino, variabi-le anche a seconda delle attività svolte giornalmente.Prima di affrontare il tema della composizione di alcuni integrato-ri, che si incentra sui tre principali elettroliti necessari al nostro organi-

smo, cioè magnesio, sodio e potassio, è bene accennare a quei sintomi da carenza di magnesio che spesso sono così vaghi, aspecifici e generalizzati, tanto che la maggior parte dei citta-dini non sa ricollegarli ad un deficit di magnesio od altro elettrolita.Mentre infatti i sintomi da carenza di sodio sono piuttosto rari, la carenza di magnesio è assai frequente, tanto che di sovente la maggior parte degli individui non se ne rende conto.Nell’attuale estate del 2010, proprio in questi giorni, mi è capitato di ve-dere in ambulatorio un caso di un ragazzo che aveva bussato alla mia porta, che invece desiderava parlare con il neurologo, in quanto da più di otto mesi aveva alcuni doloretti vaghi ed aspecifici, ma tuttavia as-sai frequenti nelle zone palpebrali, peripalpebrali ed anche nella parte bassa delle fronte, quella che sfiora e raggiunge le sopracciglia. Avendo

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avuto una felice ispirazione, indagai su eventuali sintomi da carenza di magnesio. La mia intuizione si rivelò esatta, perché il ragazzo aveva anche altri sintomi, propri della carenza di magnesio. Tali sintomi consistevano proprio in movimenti anormali del viso e degli occhi. Affrontiamo dunque questo argo-mento. La carenza di magnesio è un fenomeno molto comune.La cottura dei cibi ne provoca, in-fatti, molto spesso l’eliminazione, verificandosi quindi la scomparsa del magnesio non solo con la cottura degli alimenti ma anche nella prepa-razione di piatti particolarmente ela-borati, come quelli che ad esempio contengono spinaci oppure cereali. Il motivo è semplice. Gli spinaci con-tengono acido ossalico che forma dei sali i quali fissano il magnesio del nostro organismo rendendolo non più disponibile. La stessa cosa si veri-fica anche quando aggiungiamo dei cereali ad un piatto particolarmente complesso, perché i cereali conten-gono acido fitico che, esattamente come l’acido ossalico, forma dei sali i quali complessano il magnesio, che pertanto non è più disponibile per il nostro metabolismo.La carenza di magnesio si può ma-nifestare assai frequentemente nelle persone che soffrono di pancreatite. Attualmente le pancreatiti sono in aumento, vuoi per il ritmo logoran-te di determinati tipi di lavoro, vuoi per stili di vita sbagliati, vuoi per la frequenza con cui si mangia senza criterio scegliendo male sia i cibi che gli orari di consumo.La medesima carenza si può manife-stare nei pazienti affetti da diabete, negli individui che assumono diure-tici o preparazioni a base di digitale e nelle persone anziane. Ma un deficit di magnesio si può instaurare anche con l’alcolismo cronico, nelle disfun-zioni renali e nello kwashiorkor (che in lingua ghanese significa essere malmessi fisicamente), sindrome che

affligge l’Africa a sud del deserto del Sahara. In tale sindrome ci sono, in drammatica sequenza, i sintomi di una denutrizione generalizzata che si accoppia grottescamente ad un addome gonfio. Ne vengono afflitti soprattutto bambini di età da uno a quattro anni, che presentano capelli rossicci ed una marcata depigmen-tazione cutanea. Ben più comune di questa sindrome che imperversa sull’Africa è però la carenza di ma-gnesio che osserviamo in concomi-tanza della cirrosi epatica e dell’arte-riosclerosi. Abbiamo modo di osser-vare il deficit di magnesio anche nelle gestanti, e nelle persone che seguono una dieta a basso contenuto calori-co. In questi individui, che si sono imposti sacrifici alimentari trop-po drastici, è abbastanza comune il sintomo di uno svenimento a metà mattina, per la mancanza di energie e di forze in cui vengono lasciati da questa grave carenza. Ma allo stesso scoraggiante risultato si arriva pure con una dieta ad alto contenuto di carboidrati. Coloro che d’estate scel-gono di propria iniziativa di pranzare con una cospicua quantità di gelato, e compiono quest’operazione spesso e con piacere, rischieranno carenze più o meno gravi di magnesio. Infat-ti non sanno che i carboidrati han-no una propria forza osmotica, che interferisce con la forza osmotica del magnesio, del sodio e del potassio. E siccome l’assorbimento di queste so-stanze nel nostro tubo intestinale è tutto un gioco di varie forze di na-tura osmotica, chi d’estate mangia di sovente del gelato a pranzo, potreb-be trovarsi, più o meno rapidamen-te, in carenza di magnesio. Analogo deficit si può riscontrare a causa di una grave mancanza di assorbimento cagionata da diarrea cronica, oppu-re da vomito. Un esempio di questo tipo? Lo costituiscono i diabetici con numerosi “stent”. Purtroppo infatti gli stent causano spesso il sintomo del vomito, e questo tipo di malato

è spesso anoressico ed inappetente, proprio in quanto può vomitare di continuo, ed ha paura di mangiare e ancora di più di fare spuntini. I sintomi di una carenza di magne-sio includono dunque disturbi ga-strointestinali, mancanza di coor-dinazione, debolezza, cambiamenti di personalità, apprensione, spasmi muscolari e tremore. Ma assai di sovente vi sono pure uniti i sintomi della confusione, di un ritmo car-diaco irregolare, e, come se non ba-stasse, depressione, irritabilità e diso-rientamento. La carenza di magnesio ostacola la trasmissione degli impulsi nervosi e muscolari. La stessa caren-za, a lungo termine, può portare alla tetania (proprio come succede nella carenza di calcio), alle allucinazioni alcoliche, ed a movimenti anormali del viso e degli occhi, proprio come in quel ragazzo di cui ho parlato all’ inizio di quest’ articolo. In un certo senso avevo reso più facile il lavoro del neurologo, per quel paziente. Per questo deficit si possono avere anche edemi e lesioni di tipo vario alle gengive. Alcuni studi effettuati hanno dimostrato che le contrazioni uterine dolorose nelle donne arriva-te al termine della gravidanza erano collegate ad una carenza di magne-sio. Se abbiamo l’intuizione di col-legare almeno uno di questi sintomi alla sindrome costituita dalla carenza di magnesio, potremo prescrivere, con buon giovamento del paziente, degli integratori salini. E’ giusto te-ner conto del fatto che, mentre una carenza di sodio è rara nel suo ve-rificarsi, quella di magnesio è assai frequente. Nella carenza di sodio si possono manifestare come sintomi artrite e nevralgia, come pure dei dolori acuti in corrispondenza di un determinato nervo, causati dagli aci-di che in tal punto si accumulano in mancanza di sodio.

Dott. Marco NicolettiDermatologo – Tor Vergata

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Omeopatia

L a medicina omeopatica, nata più di due secoli fa ad opera del me-

dico tedesco Samuel Hahnemann, si sta diffondendo sempre di più sia tra i medici che tra i pazienti, con un elevato grado di soddisfazione da en-trambe le parti. Secondo la rilevazio-ne Eurispes del gennaio 2010, emerge che gli italiani che fanno uso di me-dicine non convenzionali siano pari al 18,5% con un balzo, in appena 10 anni, di oltre 8 punti percentuali (nel 2000 erano il 10,6%). Un dato che, rapportato alla popolazione italiana totale, fa emergere più di 11 milioni di fruitori delle medicine alternative, omeopatia in primis. Abbiamo inoltre sempre maggiori conferme dalla let-teratura scientifica riguardo l’efficacia delle cure omeopatiche, sia in singole condizioni cliniche sia rispetto al pla-cebo, pubblicate nelle più disparate e prestigiose riviste scientifiche anche non omeopatiche. Nonostante ciò la maggior parte della comunità scien-tifica ancora si ostina a non prendere in considerazione tali studi, sostenen-do che il meccanismo d’azione dei rimedi omeopatici (in cui le sostanze di partenza sono estremamente diui-te), non sarebbe plausibile secondo le “attuali” conoscenze scientifiche. Non pare questo però un modo di ragiona-re “scientifico” poiché è risaputo che quasi tutte le più grandi scoperte nella storia della medicina sono avvenute grazie all’intuito (per non dire ai colpi fortuiti) che hanno portato, dapprima all’osservazione di un fenomeno e poi, solo in seguito, alla sua comprensione razionale con il progredire degli studi e delle conoscenze scientifiche. L’a-spirina è stato un esempio eclatante: scoperta alla fine dell’800 è stata usata

OMEOPATIA E PLACEBO:

per oltre 50 anni senza che nessuno ne avesse minimamente compreso il meccanismo d’azione; l’unica cosa certa era che funzionasse e che fosse relativamente sicura e questo è stato più che sufficiente nel farla diventa-re il farmaco più usato e venduto al mondo. Per negare l’azione dei rimedi omeopatici ci si appella spesso al fatto che, a differenza di un farmaco tradi-zionale, nei rimedi omeopatici non c’è nulla di misurabile, nessuna molecola che possa produrre una reazione bio-chimica e quindi biologica nell’orga-nismo. A queste considerazioni si può ribattere facilmente dicendo che non solo sostanze chimiche (come i far-maci) possono indurre modificazioni biologiche ma anche onde di tipo fi-sico possono avere una profonda azio-ne sugli esseri viventi (basti pensare agli sfortunati medici che un tempo hanno dovuto imparare a loro spese l’effetto devastante delle radiazioni con cui effettuavano le radiografie ai loro pazienti, senza assicurarsi un’ade-guata protezione) e vi è una crescente quantità di dati che dimostra chia-ramente come una sostanza diluita e dinamizzata (rimedio omeopatico) possa provocare effetti biologici sia in cellule che in altri organismi viventi. Il meccanismo d’azione dei rimedi omeopatici è, con molta probabilità, di tipo fisico e noi siamo certi che con

il progredire della ricerca scientifica (che in questo campo avrebbe bisogno di ben maggiori investimenti) arrive-ranno presto anche delle conferme inequivocabili, come pochi giorni fa è avvenuto per l’agopuntura, anch’essa da sempre considerata dagli scettici, priva di qualsiasi fondamento (1). Sia-mo anche assolutamente convinti che al primo posto, nel valutare l'impor-tanza di una qualsiasi metodica tera-peutica, debbano essere considerate le sue evidenze di efficacia e sicurezza, evidenze che l’omeopatia classica, cor-rettamente praticata da medici esperti, ha ampiamente dimostrato di posse-dere. In quali disturbi l’omeopatia ha dimostrato la sua efficacia? Negli ultimi decenni c’è stato un notevole aumento di studi scientifici sull’omeopatia e, citando solo quelli pubblicati su Medline, (la principale banca dati biomedica mondiale) l’o-meopatia ha dimostrato di avere un effetto positivo (sia a livello sintomato-logico che di parametri di laboratorio) in una vastissima varietà di disturbi clinici, anche importanti. Ne citiamo alcuni:• agitazione post operatoria • AIDS • allergie, artrite reumatoide,• cefalea,• colon irritabile,• controllo dei sintomi (fatica,

IL GRANDE EQUIVOCO

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Omeopatia

caldane) da carenza estrogenica in pazienti sofferenti di cancro al seno dopo sospensione della terapia sostitutiva estrogenica• depressione• dermatite seborroica• diabete• diarrea infantile• dolore da lattazione indesiderata nel post-partum• effetti da chemioterapia sulla cute• ematoma post-operatorio• fibromialgia• forme allergiche del tratto respiratorio superiore e inferiore• infertilità• insonnia• ipertensione arteriosa in terapia d’emergenza• lombalgia cronica• neuropatia ottica• otite media e otiti acute• osteoartiti• patologie respiratorie superiori e inferiori• prurito persistente nei pazienti sottoposti ad emodialisi• sanguinamento post partum• sepsi severa (terapia aggiuntiva), • sindrome della fatica cronica,• sindrome di deficit di attenzione ed iperattività• sindrome pre-mestruale• vertiginiQuanto è potente l’effetto placebo? Nonostante sempre più numerosi studi abbiano dimostrato l’efficacia dell’omeopatia in moltissime situa-zioni cliniche, gli oppositori conven-zionali dell’omeopatia continuano a sostenere che i risultati positivi siano attribuibili soltanto all’effetto placebo (suggestione del paziente). Andiamo quindi a vedere se questa conclusione può avere un fondamento o se si tratti piuttosto di un’affermazione ideologi-ca pregiudiziale priva di qualsiasi con-ferma logico-scientifica. La domanda che dobbiamo porci, per risolvere questo dubbio, è la seguente: quanto è potente l’effetto placebo nella situazione clinica reale?

Per fortuna a questa domanda possia-mo rispondere in maniera ben precisa citando il più grosso studio scientifico mai fatto volto a valutare la differen-te evoluzione di varie una malattie, quando queste vengano lasciate al loro decorso naturale oppure quando si somministri al paziente un placebo. Si tratta dello studio (pubblicato la pri-ma volta nel 2001 nel New England Journal of Medicine) di un noto epi-demiologo danese, Gotzhe Peter del Nordic Cochrane Center il quale ha effettuato una rassegna sistematica di tutti i trials pubblicati in cui i pazienti sono tati divisi in due gruppi:1) il primo gruppo riceveva un place-bo di qualsiasi tipo (farmacologico: una pastiglia che sembrava un farma-co; fisico: una manipolazione; psicolo-gico: conversazione ecc.)2) il secondo gruppo non riceveva nes-sun trattamento (la malattia naturale veniva lasciata al suo decorso sponta-neo).Lo studio di Gotzche ha preso in esa-me ben 114 studi clinici per un totale di più di 8500 pazienti. Le condizioni cliniche maggiormente prese in esame sono state: • dolore• obesità• asma• ipertensione• insonnia• ansiaConclusione dello studiol’unico effetto visibile, anche se molto modesto, del placebo nei vari trials, è stato una diminuizione del 6,5% del dolore (e non delle altre patologie o situazioni cliniche) in una scala visua-le da 1 a 100. Questi dati sono stati poi confermati da altre rassegne dello stesso autore, l’ultima delle quali pub-blicata nel 2010 (2). La conclusione dell’autore nello studio è stata questa: “Non vi è nessuna evidenza che l’ef-fetto placebo abbia in generale un im-portante effetto clinico. Un possibile piccolo effetto sugli effetti a lungo ter-mine riportati dai pazienti, soprattut-

to riguardanti il dolore, non può esse-re chiaramente distinto da altri fattori confondenti”.

Conclusione Alla luce dei dati a nostra disposizione possiamo affermare quindi che:• l’effetto placebo non ha in genere un effetto clinico rilevante• l’omeopatia ha dimostrato di ave-re effetti clinici importanti in una grande quantità di situazioni cliniche possiamo quindi concludere, senza ti-more di sbagliare, che: gli effetti cli-nici dell’omeopatia, nelle situazioni cliniche reali, NON possono essere dovuti (se non in minima parte, come in qualsiasi altro intervento medico-terapeutico) all’effetto placebo poiché, in queste situazioni, l’effetto del place-bo è irrilevante.

NotaNella storia della medicina abbiamo po-tuto osservare diversi casi di guarigioni o miglioramenti inspiegabili riguardanti pazienti, affetti anche da malattie gra-vissime, ai quali era stato somministrato solo un finto farmaco, un placebo ap-punto. Pur essendo tali casi possibili e ancora oggi oggetto di studio (è indubbio che mente e corpo interagiscano tra di loro in maniera estremamente complessa e che in alcune condizioni il placebo pos-sa attivare dei meccanismi di autogua-rigione sorprendenti) si è sempre trattato di casi eccezionali, rarissimi, che in al-cun modo da soli potrebbero spiegare i continui risultati che migliaia di medici omeopatici hanno quotidianamente con i loro pazienti.

Riferimenti Bibliografici1)http://www.ansa.it/web/notizie/rubri-che... 84068.html2)“Placebo interventions for all clinical conditions”. Hróbjartsson A, Gøtzsche PC., Cochrane Database Syst Rev. 2010 Jan 20 Dott. Tancredi AscaniMedico omeopata unicista Perugia

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