Michele Tropiano - writingshome.com · al suo eterno cantare notturno. - 8 - Pagine bianche ......

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Michele Tropiano NON ABBIATE PAURA BAMBINI versi in libertà

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Michele Tropiano

NON ABBIATE PAURA BAMBINI

versi in libertà

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INDICE

L’aquilone 5

Mattino freddo d’inverno 6 L’albero 7

Pagine bianche 8 Notte stellata 9

Meriggio 10 Non abbiate paura bambini 11

Principessa 13 Piove 14

A te 15 Il freddo che avanza 16

Addio 17 Domani chissà 18

Freddi binari 20 Cara finestra 21

Vanamente aspettai 22 Fu vera gloria? 23

Mani di piombo 24 Non c’è speranza 25

Ghiaccio 26 Ubriaco 27

Medaglia di bronzo 28 Solo in mezzo alla gente 29

Mi trascino 30 La città dei mostri 31

C’è gente che di poesia non ne capisce un cazzo 32 Anticonformisti 33

Non mi avrete mai 34 Tempo che muta 35

Questa non è la mia guerra 36 Arriverà domani 37

Istinto omicida 38 Il bivio 39 Natale 40

Dedicato a me stesso 42

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Non ho più paura 43 Oltre l’orizzonte 45 Sturm und drang 46

Ulisse 47 Orfeo 48

Elogio del male 49 Tutto ciò che sono 54

Sotto terra 55 Mulini a vento 57

Filosofia 58 Progresso 60

Aspettando la scomunica 62 La mia strada 63

Un altro anno sta per finire 64 Il pendolo 65

Insegnatemi ad amare 66 Oceani di pensieri 67 Le vostre risposte 68

Ad un morto qualunque 69 Proemio… 71 Frastuono 72

Alla sposta che non avrò mai 73 A Satana 74 Nonsense 75

Miles gloriosus 76 Nessuna consolazione 77

Domani sarà la fine del mondo 78 The day after (il giorno dopo) 79

L’uomo che esce dal bar 81 Eroina 82

Incomprensione 83 Storie da raccontare 84

L’ora della morte 85 Il più stupido 86

Atlantide 88 Centocinquanta 90

Versa vino, amico mio 92 Poète Maudit 94

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Dialogo con il Cristo alle soglie di un’Apocalisse al contrario 95 Boicottiamo la stirpe d’Adamo 97

Al di là della morte 99 Arriverà forse la sera 100

Nelle notti di plenilunio 101 Non vi dirò il mio segreto 103

Verdetto finale 104 Non morirò del tutto 105 Il canto della Morte 106

È tempo di morire 107 A sé stesso 108

Testamento 110

NOTA BIOGRAFICA 114

- 5 - L'aquilone Come tempesta al ciel discese un aquilone dal bianco candore ricade e poi sale e vola ancora nel cielo disperso di api e di fiori di luci e di ombre nascoste dal sole; tornava a casa un bambino, era solo e diceva e gridava a gran voce al mondo non v'è che violenza e paura ad ogni sorriso; e corri ora, sorridi fin quando sarà la tua terra fertile ancora. Porta con te il tuo aquilone, non piangere ora, la mamma è con te nel suo dolore raccolto fra baci e carezze silenzioso sbocciato come un fiore che scorre pian piano il suo pianto al mattino; vola lontano fra nubi e fra venti il lamento suo ancora s'ode fra i prati mentre le stelle discese dal buio lassù brillano ancora dentro ai tuoi occhi ignari di male.

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Mattino freddo d’inverno Corre nel vento un pensiero nascosto dietro gli occhi suoi tersi e lucenti di gemma disciolta nel sole, saliti nel cielo a guardare l’ultima corsa del giorno disperso in canti e balli e giochi finiti nel lento tepore d’un sonno cercato e trovato sotto coperte che mancano d’oro e d’argento: sparisci orrenda creatura di nero vestita non c’interessa la faccia tua brutta che nasconde nell’ali fastose un presagio di dolore di miseria e di morte, non ci prendi in giro tu e la tua gente senza ritegno… d’un colpo svanita alle spalle d’un sogno mal rammentato al mattino freddo d’inverno; adagio alzati adagio, nuova giornata si sveste e dischiude belle e nuove sorprese dice la mamma bella al mattino calda quasi d’estate nel suo pigiama dorato; sveglia è ora di andare. Andiamo miei prodi è ora di andare lo dice la mamma saluta il papà! e soli noi siamo torniamo vinciamo nel freddo d’un solo mattino fuggito nel nulla all’alba di cento ricordi sotto cento dense coperte che mancano d’oro e d’argento anche oggi.

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L’albero Piangerai bimbo gaudente quando sull’ultimo tocco infinito di sole raggiante dischiuso al primo mattino sotto l’albero spoglio udirai un silenzio tuonante che abbraccia la vita e la morte come sull’orlo d’un nero burrone s’ode solenne un muto rumore d’interminabile nulla, lì piangerai e con leggeri singulti sospirerai i giorni lontani quando di giochi grondava quell’albero insieme agli amici felici d’un solo grande rimpianto disperso fra i fiori caduti e volanti nel vento freddo mai come adesso mai come te, che errante fra le piogge serali confondi le lagrime tue con l’acque che ’l cielo comanda dall’alto; piangeranno con te le cicale e le rondini le fronde ombrose dell’albero solo che stanco s’appressa al suo eterno cantare notturno.

- 8 - Pagine bianche Brezza marina d’alta montagna soffia nel cuore dell’uomo provato paziente in attesa dei sogni volati in un attimo eterno d’infinita tristezza nel gelido vento come pagine già scritte di un grande libro mai letto fermo sulla riva e fra l’onde di un mare sempre in tempesta dimenticato nella mente dello scrittore suo impegnato ne’ mille pensieri che la vita rivela ad ogni nuova sconfitta patita e sofferta, vana come caminetto acceso nel deserto dell’anima sola vagante fra le dune scoscese d’un tratto sparite dietro la spessa bufera che mai perdona, con sé trasportando le ultime pagine bianche del libro stampato nel gelido vento d’una lunga giornata di nubi.

- 9 - Notte stellata Colui che solo fra le sue cose smarrite vive di speranza disperato muore come un cane abbandonato per la strada calcato da mille automobili nella loro folle corsa verso una falsa meta troppo lontana per fermarsi ad aspettare la bestia che attende in mezzo alla corsia di sorpasso la fuga vincente verso le stelle che in alto ora brillano e dicono in coro a notte inoltrata non c’è giustizia nel mondo terreno imperiose dall’alto del loro trono celeste; una notte fatale colpito e affondato come una nave in mezzo al deserto che attende il diluvio nel torrido inverno della sua solitudine mesta, solo in mezzo alla gente l’omino schizzato nel quadro felice fra mille colori che esplodono grigio risalta all’occhio del suo osservatore che fermo impassibile come quel cane schiacciato dalla sua aspirazione più vaga (vola lontano ora vola lassù!) si siede ammirando l’arte più vera di una storia finita nel blu scolorito di una notte stellata.

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Meriggio Sento lontane le voci di bimbi felici ne’ loro giochetti innocenti, meriggio di un giorno che lento si spegne sui boschi incantati abitati da gnomi e da elfi verdastri come le foglie che volano lente nell’aria odorosa di gemme fatate, un grido vicino di freddo dolore sento nell’aria che porta con sé la scia di pianto sofferto di un bimbo caduto dall’alto: accorre la mamma non è niente tesoro ci sono qua io che asciugo le lacrime tue… nel nulla svanite al dolce respiro sul collo, una nenia sottile che percorre fra i boschi incantati il vuoto meriggio finito in una serata di piena tristezza.

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Non abbiate paura bambini Ho scritto lettere per ogni bambino che nasce in questo mondo violento firmate col sangue dei nostri bisnonni che ora forse riposano in pace sotto lastre fredde di marmo pesante come una vita nuova che sboccia come un fiore nel caldo deserto i suoi petali seccati lentamente dal sole; non abbiate paura bambini la vita è bella e incantevole come la vostra mamma che piange di gioia appena sul suo grembo posate le vostre docili mani innocenti non ancora sporcate da niente e nessuno vi impedisca di amare la vita che esplode una bomba la guerra l’odio di gente che spara e non pensa, ma non abbiate paura bambini perché sarete proprio voi a sparare per primi senza pensare perché al mondo pensare è proibito lo dice la televisione accesa in salotto con il papà disteso sul freddo divano in pantofole lo ucciderete in silenzio

- 12 - con i vostri sorrisi glaciali ma non abbiate paura bambini ho scritto lettere anche per ogni vecchio che muore.

- 13 - Principessa Bianche solenni colombe volano dalle tue labbra come dischiuse da un sapore più nuovo vagheggiato di giorno e di notte, ed io vagando fra fiumi e fra mari fiorenti di pesci e di alghe ombrose come pioppi d’un bosco sommerso di lacrime eterne (specchio di sogni lontani) son bambino troppo cresciuto per stare da solo con i miei giochi ora feroci ora pacati ora nascosti dietro di te bella principessa dei sogni miei alati sconosciuti a te come segreti perversi tenuti celati per sola paura, nel candido pensiero che nel buio s’assopisce e si sveglia d’un tratto respinto e poi in volo ripescato solo per te principessa che senza preavviso nasci dal nulla come bionda luce in una scura stanza d’albergo in periferia dell’animo mio laddove nessuno mai aveva visto nient’altro che nero profondo… un bicchiere vuoto che cade di mano e si spezza come il mio cuore spaccato a metà andato in frantumi insieme ai mille progetti d’un vago futuro che sepolto rimane sotto una spessa coltre di nulla.

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Piove Piove sull’ore annoiate, un canto che scorre le nubi come accordo mai ritrovato sopra i tasti d’un pianoforte mai usato; piove sul volto tuo dolce, musica sempre vitale dorata come lamento continuo all’ombra del sorriso tuo forte e massiccio d’un tuono non ancora svelato; piove e cade la pioggia sopra i veli del seno tuo fresco e brunito come pomo accecato da sole di maggio mai arrivato sul foglio d’un calendario mai aperto ma a lungo sfogliato con mani leggere come piume al cielo disperse; piove sulle gambe tue stanche per aver passeggiato solerte nella mia fervida mente tutta la notte fino al mattino al risveglio d’un tratto colpito da rabbia non averti vicino le lacrime mie gelide sul caldo cuscino morbido come le gote tue dolci… Dillo quassù che non c’è altro per me ma solo pioggia scurita fra un coro d’estate e un silenzio d’autunno infinito (un campo riverso nella sua solitudine) chiuso in sé stesso l’amico scompare dietro la pioggia; e piove sull’ore annoiate, un canto che scorre le nubi come gemito d’un bianco fanciullo sul letto nero di morte.

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A te E questa canzone la dedico a te senza una musica ma con note dolenti come un pugnale nel cuore della notte stellata guardo me stesso in una pozza di pianto sofferto che stona il concerto di cento cicale in amore ch’a nullo amato amar perdona 1 il mio stile, vengo da te senza niente da dire in silenzio pietoso pietroso come un aspro dirupo che percorre la via che lenta conduce ad un gelido inferno inverno di una vita vuota come il palmo della mano d’un vecchio che all’angolo della strada affollata solo nel freddo chiede elemosina. 1 “cfr il celeberrimo verso del V canto dell’Inferno di Dante “Amor, ch'a nullo amato amar perdona”

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Il freddo che avanza Il freddo che avanza i tuoi occhi che brillano ancora di ghiaccio mi guardano fissi eppure non vedi il mio pianto che macchia il nostro amore mancato un affetto sincero che provi forse per me ma non m’interessa volevo la luna mi hai lasciato un pugno di mosche che ronzano intorno un rumore assordante nelle mie orecchie stanche di sentire i battiti di un cuore che geme da tempo, il freddo che avanza lo sento nelle ossa e nel ventre mi strazia la mente annebbiata da una noiosa canzone che si ripete nel vuoto con i suoi tristi ritornelli profondi come un burrone dove cade veloce il mio ultimo inganno.

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Addio C’incontreremo forse nei sogni di un bimbo che dorme all’altro capo del mondo su di un letto argentato che luccica al buio ma tu non saprai riconoscermi mai e io sarò lì penserò che sei la più bella, oppure c’incontreremo forse nel calice dorato di una festa in maschera dove saremo bevande che insieme si fondono per deliziare la gola ai tanti invitati i loro costumi figurano allegri e felici, oppure c’incontreremo forse fra mille anni quando saremo polvere che vola nel vento impetuoso come un’eterna passione scritta sui muri di un bianco castello le torri gli arcieri un assedio finito nel sangue dei miei cavalieri della tavola quadra i suoi spigoli lenti mi entrarono in petto, un dolore lentamente smorzato dal tempo che solo lui conosce davvero i nostri destini incrociati un giorno lontano per caso quando fra tante scelsi te come ossessione infinita e mentre tutto sta per finire rubo le rime agli antichi poeti anche io per darti semplicemente il mio addio.

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Domani chissà Amo il sapore del silenzio velato da cento canzoni in un carosello dorato di spiriti lontani da ogni castigo inflitto a me stesso da una vita in salita come il cammino dell’ultimo uomo sopravvissuto rimasto a guardare il mondo che crolla impetuoso su se stesso girando attorno al sole cocente di un’estate bollente che annebbia i pensieri in conflitto (osserva un pallone da calcio che rotola sull’erba e un pianeta malato che rotola nel vuoto). Amo il sapore delle stelle lontane sfiorate col pensiero solerte di un lieve sospiro che cade nello spazio infinito per trovarsi in compagnia di miliardi di stelle sperdute ne’ loro respiri ineffabili come versi smarriti in un mare di solido niente. Odio guardare intorno le case bianche rosse gialle e marroni con i loro balconi sporgenti e i panni stesi a versare sangue insieme ad acqua e sapone: odio pensare ad una vita rinchiusa in quattro mura tristi di un appartamentino quadrato all’ultimo piano da dove guardo dall’alto la gente che silenziosa nel proprio ritardo angoscioso s’appressa veloce alla loro corsa abituale.

- 19 - Vorrei volare lontano da tutto e da tutti perdendo il mio tempo sospeso nel tempo, perdendo il colore la forma e il sapore di un mondo che non m’appartiene (o forse di farne parte non mi è stato concesso) come un dio solitario che mira dall’alto la sua creazione maldestra e dice fra sé oggi ho sbagliato domani chissà.

- 20 - Freddi binari Chiedevo a me stesso chiedo impaziente il fato che corre e pure ci attende alle porte bianche d’un lungo cammino forzato sui freddi binari d’un treno che corre: dove si va? il biglietto non ho né l’ho chiesto a nessuno ma ugualmente pagare mi tocca, un’ammenda infinita come il castigo d’un malvagio omicida in una cella senza sbarre guardando lontano i fiori e i prati che volano nella sua mente angosciosa… Angoscioso il viaggio che siamo costretti a iniziare in uno scuro vagone che corre sui freddi binari: ditemi almeno perché ma non sanno non pensano i miei compagni di viaggio coi loro insulsi sorrisi sulle loro facce da schiaffi appagati del loro posto a sedere vicino al finestrino come i bambini che mani sui vetri ammirano il fugace paesaggio che scorre loro davanti come fuoco che muta forma e colore in un rogo maestoso dove bruciano lente le nostre timide vite: vana speranza vano cammino vana la via che lunga si perde ai miei occhi brillanti di luce mai nuova che sola si spegne in un confuso pensiero di vuoto.

- 21 - Cara finestra Non ti accorgi cara finestra di quante cose osservi dall’alto dal tuo trono modesto tra tende e serrande aperte sul mondo che debole scorre come pioggia d’estate odorosa fra sterili prati verdastri a festa addobbati per l’ultimo incontro di un sole calante dietro montagne di false promesse ammucchiate come ossa biancastre di unicorni morti in battaglia, il buio che scende maestoso sul cimitero dei poveri uomini in giacca e cravatta che lesti attraversano sotto i tuoi occhi distratti le vie infuocate da demoni morti in battaglia… il buio che sale lungo il corpo mio molle storpiato dall’eco straziante di un canto perenne che fuori mi attende: cara finestra (ricordi quando bambino mi affacciavo felice?) chiudi i battenti dalle raffiche continue di gemiti bucati come i sacchi di sabbia lungo le mute trincee di una guerra finita nel sangue dei nostri bambini là fuori a piangere al freddo.

- 22 - Vanamente aspettai Vanamente aspettai dietro l’angolo ottuso come un manipolo di folti cavalli con cavalieri invisibili tirati a lungo ad una meta vicina mai troppo lontana ma sempre distante quel tanto che basta da perderci l’anima a furia di sognarla di notte conquistata nei timidi accenni di un giorno che cala il sipario fra fischi e schiamazzi affilati come lame di cento coltelli che tagliano i ponti fra me e il mio futuro indeciso, un’onda che tutto travolge da lontano ammirata da vicino temuta da sempre scolpita sul fondo del mare delle mie vuote speranze di vita correndo lento nel buio ad occhi sbarrati aspettando di scorgere qualcosa di buono in un fitto frastuono di tenebra.

- 23 - Fu vera gloria? Aspetta in silenzio fuori dal tempo un canto d’inverno di neve e di vento arrivato dal Nord che la bussola impone all’ago distratto che lento s’incurva in un cerchio perenne di male comune alle maschere odierne, uno spettacolo infame dove pagliacci armati di false promesse improvvisano numeri goffi come i lor spettatori che nelle piazze affollate disperati si accalcano nel silenzioso dolore che portano in seno scoperto come i loro assegni bancari vuotate le tasche i risparmi sudati verso i compensi esaltati dei fantocci grotteschi sul trono portati in trionfo (fu vera gloria? ai posteri l’ardua sentenza di morte) una burla feroce di un mondo marcio e avariato come una mela caduta da un albero stanco di portare la sua croce perenne inchiodato come Gesù Cristo morente ma senza pretese di miracoloso ritorno ad una vita che piatta versa nella sua solitudine.

- 24 - Mani di piombo Volevo conoscere meglio diceva il bambino che lento cammina nel buio di un antico portone di un palazzo sfumato nel vento che porta con sé i sogni dei bimbi le loro futili brame da uomini veri come pesanti macigni che tuonano nel freddo silenzio di un burrone infuocato da aspri tormenti lontani parenti di una grande ferita col sangue che scorre lo vedi sul muro il mio cervello ridotto in disgustosa poltiglia come una vita che lenta mi cola fra le mie sudate mani di piombo.

- 25 - Non c’è speranza Non c’è speranza nel cuore di chi vede e capisce la nenia noiosa d’un lungo bagno in acqua gelata immobile segno d’un freddo timore di morte o di vita che impetuosa trabocca ma ferma per sempre in un istante infinito distante anni luce da me il mio sogno di sempre presente in questa torrida estate sui libri e sui tasti di un bianco computer, ritorna a studiare dice la mamma che lesta esce di casa le sue strane faccende il mio esame che s’avvicina d’un tratto apparso dal nulla dei miei lungi pensieri non c’è speranza per niente e nessuno ma intanto continuo il mio stanco cammino come un turista di mare nel rovente deserto.

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Ghiaccio Ho incontrato il Ghiaccio sul mio cammino lungo la strada abbandonato come un cane rabbioso che viene da tutti evitato, fredde le sue dure movenze impietrito quasi affannoso nel suo gelido manto notturno a lutto preparato per il mio funerale dove ci sarà sempre lui il Ghiaccio che cingerà con le sue membra le mie una sola cosa nella vita e nella morte del cigno un balletto senza applausi ma con tanti spettatori impietriti o meglio ghiacciati in una strana atmosfera sospesa nel tempo in un posto lontano sperduto fra le tane dei mostri, tanto freddo che c’è da bruciarsi come arde un ciocco di legno in una fitta foresta di gelido nulla.

- 27 - Ubriaco Riceverò in dono quattro grandi damigiane di vino rosso come il sangue che fermenta nella grande tinozza della mia vita là sotto in cantina fra topi e sedie ammuffite ammassate a me davanti alla luce fioca di una candela che cola candida cera come lacrime dal volto di un bimbo, ubriaco perso fra quattro grandi mura fredde nel caldo tepore d’un sogno lontano che mi scivola addosso veloce salendo le scale mi sfugge trovando la fine di sopra alla luce violenta d’un sole morente che densa traspare da una finestra sul mondo che precipita nel suo destino feroce come un cane da guardia, ubriaco perso resto qui sotto a godermi la mia solitudine.

- 28 - Medaglia di bronzo Resto in silenzio ora che ho visto la via del dolore lunga lastricata di bronzo come un terzo posto sul podio della mia vita dove corro veloce ma non arrivo primo al traguardo: Niente e Nessuno sul podio con me esultanti per la loro prima vittoria medaglie d’oro e d’argento urrà urrà evviva è viva ancora la speranza nei loro occhi lucenti di sogni proibiti non sanno che la corsa è truccata come un clown del circo beffardo con il suo finto sorriso stampato sul volto piangente di lacrime fredde come la medaglia di bronzo che porto sul petto squarciato dai vostri applausi fasulli (così recita il vostro copione) e resto in silenzio ancora per molto mi chiudo in me stesso e cerco la via che lenta conduce verso il mio vero traguardo.

- 29 -

Solo in mezzo alla gente Posti mai visitati lontani che si frangono in testa come l’onde sulla scogliera in riva ad un mare di niente, vani pensieri la vita raccoglie e poi sparge nel vento come semi di un frutto non ancora raccolto nascosto fra i rami secchi di un albero spoglio solo in mezzo ad un prato dimenticato da tutti, la notte che cala su tutto e io guardo nel sogno più cupo un bambino cresciuto solo in mezzo alla gente ne’ suoi giochi feroci cattivo come l’avete voluto voi che sedete in poltrona col sigaro in bocca il fumo che sale negli occhi vi acceca, intanto io continuo ad ascoltare il lamento monotono del bambino che adagio si avvicina alla morte.

- 30 - Mi trascino Mi trascino lento e ferito su di una lunga strada pigra che si dilata ai miei occhi ogni volta che guardo davanti sfocata confusa mi sembra di camminare nel vuoto le sento le gambe che vanno da sole una fatica infinita il sudore che veloce scende sul volto e cade per terra con un sordo rumore un’eco di morte si propaga nel nulla, un urlo straziante come una frustata dietro la schiena col sangue che si mischia al sudore un sapore sulle labbra di agrume avariato e ancora cammino senza sosta: sono un superstite in mezzo al deserto tentoni sulla sabbia cocente come ardenti carboni e il sole dilania le carni confonde la mente penetra l’anima fiacca.

- 31 - La città dei mostri Non trovo parole né gesti né pianti un lungo lamento di morte esce silenzioso dall’anima stanca incapace di tutto sull’orlo di una crisi di nervi smorzata dalla triste abitudine di giorni che scorrono lenti come melma che cola da un tubo di scarico di una fogna nauseante come i volti della gente che mi guarda col sorriso sulle labbra camminando lungo strade affollate: le grida i canti le gioie bugiarde di uomini e di donne in camicia da notte profonda che cala sulla città e sulle folle festanti mentre io siedo sul prato fra fiori appassiti e foglie ingiallite da un autunno che torna ogni giorno stendo leggero un velo pietoso stracciato dal vento che soffia veloce lungo le vie di una strana città abitata da languidi mostri.

- 32 -

C’è gente che di poesia non ne capisce un cazzo E io voglio scrivere ancora poesie con l’impegno di chi non muore sotto coltri di merda che ci bombardano dovunque in questo mondo malato maltrattato ma mai stanco di subire eterna vergogna, c’è in tivù un nuovo eroe acclamato come un comandante di un esercito di pinguini con il frac una guerra a colpi di microfoni e vallette che ridono danzano e sculettano mentre gente che soffre muore sotto i riflettori all’angolo di una strada, il telespettatore il telefono alla mano il televoto che decide della vita e della morte il grande fratello grande fardello che ci portiamo appresso in un epoca senza dignità alcuna per l’uomo moderno, e io voglio ancora scrivere poesie mentre c’è gente che di poesia non ne capisce un cazzo (come me).

- 33 -

Anticonformisti Se fossimo noi quelli sbagliati che predichiamo nelle strade vuote come le teste di chi non ci ascolta allora resto crocifisso in cima ad un cartellone pubblicitario reclamo una nuova morte a buon prezzo a portata di tutti, se fossimo noi quello sbagliati allora mi inginocchio al nuovo re perché non abbiamo capito niente noi anticonformisti del cazzo, il mondo va avanti anche senza di noi.

- 34 -

Non mi avrete mai Non mi avrete mai come volete voi che tacete con i vostri schiamazzi in un unico suono che voce non ha confuso e stonato negli infiniti spazi che riempiono ogni vostra parola non detta le leggi ma solo follia chi sta su in alto con i vostri consensi traballanti come un ponte sul fiume più impetuoso di tutto il reame. Mi saranno testimoni gli anni e i millenni che forse mi daranno ragione sui libri di storia studiata stroncata da chi la scrive con fiato sul collo legato da un cappio asfissiante come l’aria che si respira in tempo di guerra o di pace fasulla come le promesse che veloci scompaiono dietro una densa nebbia avvolgente.

- 35 -

Tempo che muta Con un tempo che muta ho salutato ogni silenzio di una luna crescente che cala le sorti su di un torrido oceano di sangue e i suoi raggi appassiti da un solo timore divino come l’ultimo figlio che china la testa davanti al padre nostro che sei nei cieli gridano in coro le genti ancora fedeli alle loro candele accese nel buio di un mondo sconfitto da soldatini di piombo. Sarò come vento che corre sulle gote di un bimbo in sella alla sua nuova bici veloce sarò come acqua che scorre sulla sua fronte arrossata, sarò come il tempo che muta in silenzio cambiando la rotta di una nave che si perde fra le onde sfumate di un gelido mare in tempesta.

- 36 -

Questa non è la mia guerra Questa non è la mia guerra ma combatterò al tuo fianco fino alla morte anche senza cartucce a mani nude come il dolore che ci penetra nelle ossa stremate da mille battaglie perse in partenza come un treno che muove lungo rotaie di cera, conteremo i cadaveri senza nemmeno guardarli perché sapremo già i loro nomi impressi nei nostri sogni più oscuri il bagliore delle mine ci acceca ma sappiamo già dove andare, io sarò al tuo fianco fino alla morte.

- 37 -

Arriverà domani Arriverà domani e sarà come neve cocente sulle mie mani leggère un libro aperto da lèggere in silenzio mentre passa la notte e arriva il mattino poi la sera che scende e ancora la notte che leva ogni dubbio. Arriverà domani e sarà come morire ancora una volta d’un morbo incurabile ma sempre curato ogni giorno una vana speranza che frange barriere invisibili costruite nel tempo dai miei soldati più forti morti da eroi. Arriverà domani e avrà le ore contate già dal mattino freddo anche d’estate con il sole che non scalda per niente il cuore dell’uomo stanco che vaga per mari e per terre cercando il suo tramonto lontano da occhi indiscreti. Arriverà domani e avrà le mie dimissioni sulla sua scrivania perché ho perso e la sconfitta mi attraversa come gelida goccia di pioggia lungo la schiena brivido infame che spezza ogni mia convinzione, resto impassibile insieme a voialtri mentre arriva domani e un altro giorno perisce.

- 38 -

Istinto omicida Ho visto carne e sangue su di un piatto che non è d’argento e la carne non è di mucca né di maiale quell’uomo che uccide il suo simile o almeno così dicono in giro ma io dico che se errare è umano perseverare lo è ancora di più, arrendetevi gente al nostro più grande nemico il tuo amico che siede e mangia con te magari non si chiamerà Giuda ma per trenta denari è pronto a tradire anche te perchè abbiamo tutti lo stesso istinto che ci scorre nelle vene come fiume in piena guerra l’un contro l’altro armati di bugie o di un fucile (fa lo stesso uccidono entrambi) allora rassegnati uomo la tua fine è vicina.

- 39 -

Il bivio Forse ho sbagliato ma nessuno mi aveva mai detto che al bivio vi sono due strade sbagliate: la scelta giusta è non scegliere sedersi e aspettare che qualcuno venga a salvarti o ad ucciderti, la scelta giusta non esiste nemmeno perché tanto non scegliamo un bel niente tutto è già stato deciso ma nessuno l’ha mai saputo davvero e allora crediamo ciò che vogliamo al bivio che sempre c’inganna al bivio che mai ci perdona. Avrò come compagno di viaggio una clessidra con sabbia cocente come la mia testa sfinita il tempo che scorre sembra prendermi in giro mi dice vai a destra vai a sinistra mentre lento m’appresso alla mia decisione che non posso prendere mai sempre sull’orlo di un triste burrone sempre più scuro come la notte che scende sulle nostre fragili vite.

- 40 -

Natale E intanto arriva Natale con le sue luci sgargianti come pire infuocate dove ardono lente le membra di uomini onesti, ingiusti gli insulti che loro si danno oltre il danno la beffa è proprio il caso di dirlo; e intanto arriva Natale con i suoi doni sgargianti che Babbo Natale porta sulla sua magica slitta agli onesti bambini, grandi feste sotto l’albero verde il venticinque dell’ultimo mese che ora porta con sé solo gli affanni di un anno passato a scartare regali che il mondo ci porta ogni giorno brutte sorprese senza averle richieste. E intanto arriva Natale mentre io scrivo e ricordo i giorni felici sgargianti quando scartavo i regali anche io sotto un albero bello come il dono trovato dopo un’attesa sì lunga, ora aspetto effimere carte

- 41 - che bruciano a rogo e fumo negli occhi che vedono cose che presenti non sono.

- 42 -

Dedicato a me stesso Guarderò dentro gli occhi di un bimbo cresciuto come noi a raccontarsi bugie e troverò il riflesso di un mondo che piomba nell’abisso più scuro, sicuro di cadere con esso insieme alle anime di miliardi di uomini spenti accesi fra le fiamme di un inferno che si creano per caso da sé. Ma io rimarrò in piedi a guardare la pioggia che cade incessante che mi scivola addosso come docile lava infuocata nell’inferno a cui non posso più credere, se il mondo crolla io resto a guardare se il mondo è feccia io sono diverso se il mondo mi guarda io non abbasso la testa ma rimango impassibile come colonna portante sotto i colpi di un terremoto frenetico eroico pilastro cocciuto in mezzo alle spesse macerie di un tempio dedicato a me stesso.

- 43 - Non ho più paura Ho pensato a tutti quelli che non sono più tra di noi che ridiamo e piangiamo e ho visto tombe aprirsi come portoni di chiese che dispensano messe ogni santa domenica con le folle supplicanti ansimanti angosciate dalla loro ultima ora, ho visto tombe dischiudersi come fiori a primavera e sono usciti da lì cadaveri più vivi che morti; ho scritto lettere per ognuno di loro piene di domande a cui non ho avuto ancora risposta se non con un cenno d’intesa, ma non ho più paura perché ho ascoltato i loro canti come un coro di mummie in uno studio polveroso ma ripulito da ogni dolore acerbo come quel punto che di vita ha nome, (2)

2 C’è un’operetta morale di Giacomo Leopardi, “Dialogo di Federico Ruysch e le sue mummie” in cui nello studio polveroso si leva un coro di mummie che, risvegliate magicamente dal loro sonno eterno, ad un certo punto della lirica iniziale declamano «[…] Che fummo? / Che fu quel

- 44 - ma non ho più paura perché il nostro è destino scritto nelle stelle lucenti lontane dalle nostre passioni infinite come l’universo che severo ci circonda come in battaglia un nemico che non puoi vincere mai.

punto acerbo / Che di vita ebbe nome? / Cosa arcana e stupenda / Oggi è la vita al pensier nostro […]»

- 45 - Oltre l’orizzonte Se guardi lontano nel mare dove l’orizzonte finisce e iniziano i sogni dove si perdono mille e mille speranze che nuotano leste per poi annegare laggiù, se guardi ancora più in là puoi vederci gli dei stravaccati sulle loro lettighe scesi dall’Olimpo noioso stanchi di nettare e ambrosia (3) per arrivare oltre l’orizzonte allegri e beffardi a saziare le loro gole con le nostre morte illusioni affogate come un gelato al cioccolato dolce dessert degli dei ingordi e voraci scampati per privilegio divino dal cerchio di Cerbero. (4) Ma io per pura protesta non darò loro nessuna pietà né pietanza per i loro palati perché resterò sulla riva senza sognare più nulla.

3 Ovvero il cibo degli dei 4 Nel suo Inferno, Dante colloca i golosi nel III cerchio, alla cui guardia è posto il cane a tre teste Cerbero.

- 46 - Sturm und Drang (5) E ci furono innumerevoli lampi fra le stelle infinite e tuoni che giunsero dopo alla fine a spezzare il silenzio irreale d’una bufera notturna. Stammi vicino è tutto finito inizia la pace la guerra nel cuore dell’uomo impaziente di una nuova tempesta impetuosa un viandante sul mare di nebbia6 sull’orlo d’uno scoglio preso d’alta burrasca sembra che cada, ma non temere quel tempo è finito s’è sciolto nel sale del mare insieme alle sue trepidanti sciagure, ora è tutto diverso io canto d’inutili battaglie e falsi eroi.

5 Lo “Sturm und Drang” (ovvero “tempesta e impeto”) è stato uno dei più importanti movimenti culturali tedeschi e contribuì notevolmente al Romanticismo europeo. 6 “Viandante sul mare di nebbia” è il titolo di un dipinto di Caspar David Friederich realizzato nel 1818, che esprime il sublime, ovvero l’emblema del sentire romantico.

- 47 -

Ulisse Stanco ritorni alla tua fertile casa infestata da genti che attendono l’ora di vederti caduto in una buca profonda (prima o poi capita a tutti) vagando per mare e per terra in mente una sola meta sicura una lunga agonia lontano da tutto e da tutti fra mostri incantati e porcelli cangiati e donne misteriose come pesci che all’amo all’amore non abboccano mai anzi ti portano con canti velati a morte sicura, un viaggio forzato dieci anni un cavallo bucato un assedio un incendio scoppiato nel tuo cuore piangente di un bimbo lontano ma forse laggiù tornare non vuoi ma lo impone un destino feroce che scrisse per te un cieco poema immortale come l’impresa che ti rese famoso, io leggo la tua storia siamo tutti turisti di un viaggio che non abbiamo deciso ma a loro piace, a me meno… ed a te?

- 48 - Orfeo Voltati Orfeo la tua bella è li dietro ti cerca ti vuole far cadere in errore perché lei tornare fra i vivi non brama e ti chiama la senti nella tua testa confusa, un viaggio impossibile e un amore impassibile da parte della tua bella Euridice che dice e non dice ma la ascolti e allora ti volti (tacciano antichi e moderni io la storia vi dico è andata così): vedi il suo volto velato che veloce scompare nell’Ade e adesso che sei solo suona la tua malinconica lira e le bestie piangeranno con te, capirai forse un giorno quando il fiume porterà la tua testa lontano da un mondo che non merita te né la tua docile lira armoniosa che Zeus porterà in alto nel cielo (7) stellato infinito come il dolore che porti nel petto straziato.

7 Secondo alcune variazioni sul mito, Orfeo trovò la morte imbattendosi con le Menadi invasate che gli tagliarono la testa e la gettarono nel fiume; successivamente Zeus prese la sua lira e la portò in cielo a formare una costellazione.

- 49 - Elogio del male (8) Parla il male

I Comunque di me parlino volgarmente i mortali io solo guido e regno questo mondo malato, io da sempre piantato come un’alta sequoia che una selva sovrasta dall’inizio dei tempi già da quando Caino il mio nobile figlio versò ‘l sangue fraterno passando per imperi violenti e sanguinose battaglie che da sempre hanno riempito il mio calice dove ho sempre bevuto degustando il sapore de’ vinti e de’ vincitori sciocchi sì credendo d’aver ottenuto qual cosa

8 Si veda in proposito il testo satirico “Elogio della Follia” di Erasmo da Rotterdam, di cui l’inizio: «Utcumque de me vulgo mortales loquuntur […]» («comunque di me parlino volgarmente i mortali») e la fine «Quare valete, plaudite, vivite, bibite […]» («per cui state bene, applaudite, bevete»)

- 50 - se non sol la mia gloria. II Capitato è per caso che mi fermassi qui nel bello e italo regno (9) e per caso v’ho udito del vostro imperatore o come lo chiamate voi adesso il presidente (ma di quale consiglio se fa tutto da solo?) e di questo parlare ora io voglio con voi ché con voi mi compiaccio lui l’avete ben scelto dato che rappresenta quasi perfettamente ciò che io voglio per voi perché voi non sapete come i bambini ciò che è giusto per voi tutti mortali feccia sacra ad un dio che non c’è fra di voi mentre io sì.

9 L’Italia, il “bello e italo regno” come scrisse Ugo Foscolo nei suoi “Sepolcri”

- 51 - III Ho letto sui giornali delle sue pagliacciate ma voi cosa credete? che a me non sia gradito burlare anzi da sempre un grande mattacchione io sono e quell’omino gagliardo tanto è caro a me ed alla mia corte cortigiane puttane di cui giù mi circondo e lui lo stesso qui (in terra di poeti scrittori e anche pittori) combina alla sua villa pagando ed elargendo, mentre voi qui nuotate in un mare di merda sì come oro colato per lui che non se ne frega un cazzo di nulla se non sol di se stesso.

- 52 - IV La mia volgarità non ritengo vi turbi abituati a ben altro voi siete, o d’italica regal stirpe discesi! quanto vi amo sapete abbandonaste invero la strada retta grazie a lui che ora vi regna poiché grande lui fu quando fin dall’inizio vi buggerò sì al trono salì e cambiò le leggi in modo da non esser mai toccato da alcuno, oramai vi controlla con le televisioni ad arte sistemate per non farvi sapere la vera verità su di lui e sulla sua cara gente degenere.

- 53 - V Così spero che il mondo ben comprenda la sua grande mente funesta che gran lodi da me per sempre lui avrà e spero che per lungo tempo ancora al governo rimarrà fino a quando la Morte chiamerà anche lui ed io così spedirlo ad Antenora (10) potrò da mio fratello Lucifero ove soffrono chi come lui tradiron lor patria grandiosa, io non scherzo attenzione io qui adesso concludo e comunque vi dico applaudite vivete state bene e bevete discepoli miei continuate così.

10 Antenora era il girone dantesco in cui finivano i traditori della patria, precisamente la seconda zona del IX cerchio.

- 54 -

Tutto ciò che sono (11) Io sono quel che sono ma tutto ciò che sono non ve lo posso dire a dirlo non son buono e allora ve lo scrivo: scrivere è l’imperativo dominante in questo secolo di chiacchiere non possiamo stare zitti ad ascoltare solo i battiti del cuore, dite spazio alle emozioni ma non vi emozionate per chi avete qui davanti: io sono quel che sono ma tutto ciò che sono non ve lo posso dire a dirlo non son buono allora cado nel dimenticatoio come chi m’ispirò le prime rime ime profonde come lo squarcio che porterete sulla schiena colpiti a tradimento da chi forse è solo un folle.

11 In una sua macchietta, il grande attore d’avanspettacolo, oramai quasi dimenticato, Ettore Petrolini così cantava: «ma tutto ciò che sono non ve lo posso dire a dirlo non son buono mi proverò a cantar»

- 55 -

Sotto terra Ho elemosinato emozioni da chi poteva solo venderle al mercato a caro prezzo che ho pagato senza nemmeno assaggiarle e gustarle a fondo perduto come le speranze mai ritrovate nemmeno a ripagarle col sangue che ho versato in un bicchiere di cristallo sempre mezzo vuoto mai colmato da nessun’altra illusione; ho cercato di risalire dal buco profondo come il cratere di un vulcano spento e assopito ma ho capito che laggiù dovevo restare a scavare e allora ho già edificato la mia magnifica reggia al riparo da attacchi nemici. Nella terra dei ciechi chi ha un occhio buono è sovrano diceva qualcuno (12) allora fra le bestie che popolano la terra nascosta io sono il solo e unico re con due occhi e due facce 12 […] nella terra dei ciechi chi ha un occhio buono è sovrano. (N. Machiavelli, “La Mandragola”)

- 56 - come Giano il creatore l’inizio e la fine di tutto perduto nei tempi e negli anni passati ad adorare numi avari e bugiardi, (13) menzogne che racconto a me stesso per essere un dio disceso in terra più propriamente sotto la terra fredda e negra ma il sol non mi rallegrava nemmeno mi risvegliava (14) allora meglio celato quaggiù lontano da tutto e da tutti. 13 Giano, il dio bifronte, raffigurato con due facce, era il dio più importante nella società arcaica latina pre-romana, era il dio creatore e padre degli altri dei; nel tempo però, Giano finì per essere accantonato e le altre divinità, Zeus in primis, presero il sopravvento. 14 Si veda in proposito “Pianto antico” di Giosuè Carducci «Sei ne la terra fredda, \ Sei ne la terra negra; \ Né il sol più ti rallegra \ Né ti risveglia amor».

- 57 -

Mulini a vento La mia guerra è finita sono un Don Chisciotte rinato dalle pale dei mulini a vento venuto a svegliarmi da un sonno che durava da troppo tempo perduto lungo una strada che finiva in un vicolo cieco come il furore che accecava i miei occhi che vedevano mostri giganti, giorni miserabili quelli trascorsi a combattere invano chi non potevo mai vincere ed ho perso ma forse è meglio così.

- 58 - Filosofia Se davvero vi sono più cose fra il cielo e la terra più di quante ne possa Orazio fantasticare con ogni filosofia (15) di questo mondo infame, allora non basteranno gli anni di mille battaglie combattute per una libertà fittizia come quella che ci propugna qualche dottrina e allora non basteranno i secoli di una civiltà presunta civile solo per etimo e non basteranno nemmeno i millenni di una scimmia cresciuta a pane e acqua per contarle tutte, queste cose che ci circondano e ci tengono imprigionati in una realtà desolata come un Eden perduto da due amanti ingordi di mele più marce di una religione vigente: e dunque, Orazio, dimmi

15 «There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy» («Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne possa fantasticare la tua filosofia») (William Shakespeare, “Hamlet”)

- 59 - perché voglio saperlo perché non mi bastano queste cose che ci sono fra il cielo e la terra cosa dice la tua filosofia?

- 60 - Progresso Vivremo più a lungo accorciando le distanze fra noi e le generazioni che si susseguiranno come sassi assetati di sangue scagliati per lapidare l’ultimo vecchio che sibilando sussurra incomprensibili parole nella stanza d’un ospizio dove vige il silenzio dell’età più avanzata, lavoreremo di meno accrescendo la nostra noia oziosi fra macchine che non pagheranno dazio per i loro assurdi sollazzi perché non avranno un cuore dove immagazzinare emozioni ma solo padroni da servire, ma moriremo lo stesso memori delle nostre vite ammucchiate all’anagrafe come cammelli nell’oasi che dentro sé immettono acqua immaginando che duri per l’erta traversata di un deserto immortale,

- 61 - e nelle nostre tombe non porteremo le cose che abbiamo ammucchiato ma rimarremo con le nostre molte ossa a marcire mentre la morte ci abbraccia e ci culla posando il suo velo sulla nostra esistenza disgraziata e infelice come il progresso che regredisce pian piano.

- 62 - Aspettando la scomunica Se c’è chi è morto per noi su di una croce di legno intagliata duemil’anni fa allora la storia si ripete senza centurioni né ultime cene continuando a sentire l’urlo nero della madre che va incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo: (16) io aspetto ancora qualcuno che ci venga a salvare senza moltiplicazioni (l’algebra non è il mio forte) senza pane e senza vino d’ottima annata quella in cui io sono nato sotto una buona stella cometa che mi ha guidato verso una mangiatoia dove al freddo ho assaggiato la carne degli angeli decaduti come la mia fede da tempo coperta sotto croste di verità più dure dei chiodi che conficcarono le mani di un cristo qualunque. 16 Cfr «[…] all’urlo nero \ della madre che va incontro al figlio \ crocifisso sul palo del telegrafo […]» (S. Quasimodo, “Alle fronde dei salici”)

- 63 -

La mia strada Se per qualche strano caso dell’universo mi è stata affibbiata quest’assurda incombenza della vita che mi ritrovo a vivere adesso non ci saranno leggi né umane né divine che forzatamente mi tratterranno dal portarla a termine come dico io e com’io voglio ribadire a tutti che sono un punto solitario e nero su un foglio bianco e nitido come l’anima che ho barattato per una sapienza più pura e più pulita delle coscienze di chi crede di ottenere una vita eterna invocando un falso dio: a caro prezzo ho capito che non ci sono padreterni nella volta infinita del cielo a guardarmi e giudicarmi, saprò ben cavarmela anche senza inginocchiarmi e confessarmi saprò trovare la mia strada anche senza l’aiuto di nessuno lassù.

- 64 - Un altro anno sta per finire (17) Sento tutti quei giorni pesanti di un anno trascorso come tanti a osservarmi incerto allo specchio dei sogni volati via lontano su di un calendario venduto da qualche ingenuo mercante su di una via veloce vagando come un passeggere d’altri tempi, ogni anno la stessa domanda e ogni anno la stessa risposta: non ce n’è uno che vorremmo rifare così come c’è stato concesso sperando che ‘l prossimo sia più felice e più bello di questo che sta per finire nel cassonetto degli anni passati, che arde maestoso in un sol fuoco di paglia perché ce ne saranno altri e poi altri peggiori alle porte d’un grande palazzo stregato dove ogni anno scendiamo un gradino ruzzolando impotenti giù per la tromba finendo diritti in una malinconica tomba. 17 Si veda in proposito l’operetta di G. Leopardi “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”

- 65 -

Il pendolo Mentre il tempo fugge assassino noi in nugoli di noia cerchiamo d’ammazzarlo con le azioni più crudeli e disumane finché il pendolo dell’orologio oscilla silenzioso fra noia e dolore, (18) mangeremo caviale di lusso e faremo l’amore sotto la luna rallegrandoci d’un altro giorno felice che la sorte c’ha regalato, ma il pendolo borioso ondeggia e vacilla da una parte e dall’altra guancia che porgiamo ogni volta alla fortuna che ci regala un bacio di Giuda impiccato ad un albero maestro d’una nave che lenta s’avvia alla deriva sull’onde mortali. Ma io ho cancellato il dolore e la mia natura ho ripudiato divenendo un fantoccio di legno più duro della cassa di quell’orologio dove dondolava quel pendolo altero: ora è la noia costante che mi invade le giornate maledette e mi circola nel sangue nelle vene e mi stringe soffocandomi adagio ogni emozione. 18 «La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia». (A. Schopenhauer)

- 66 - Insegnatemi ad amare Ho imparato tante cose che non mi son servite a niente compromessi questa volta del cielo sopra di me mi sovrasta imponente ma non guardo le stelle da molti secoli oramai: insegnatemi a migrare più lontano fra le nubi insegnatemi a desiderare qualcosa che sia vero insegnatemi ad amare questa vita che detesto dove la mia vanagloria è l’unica cosa che mi salva, a me stesso mari e monti ho promesso poi ho ottenuto pozzanghere e montagne di nauseabonda spazzatura in una discarica ammassate come ebrei ad Auschwitz, e già che vi trovate insegnatemi il politically correct così divento conformista pure io e potrò amare quest’esistenza grama e infame con un falso sorriso sulle labbra pure io.

- 67 - Oceani di pensieri Ho attraversato oceani di pensieri scomposti come burattini senza fili d’erba che ondeggiano al vento sospinto da centinaia di riflessioni riflesse in uno stravagante specchio deformante come la mia realtà che deforma me stesso e mi plagia mi forgia come uno debole Efesto stanco di modellare scudi e lance per un’assurda battaglia già persa, mi perdo così laggiù all’orizzonte ove fra l’onde ostinate il mio pensiero più vero si perde e vince la più vera mia resistenza ostinata estenuante come i capricci di un bimbo viziato che alla fine abbandona le forze e brandisce una bandiera bianca come la spuma del mare in tempesta. L’ho ripescato sulla riva di un’Itaca ritrovata dopo vent’anni di vani viaggi quel pensiero smontato d’ogni suo pezzo come un puzzle dai pezzi disseminati in ogni angolo del pianeta andato anche lui in pezzi crollato sotto i colpi di tanti pensieri malvagi che non abbiamo saputo frenare: si sono persi in un mare di morte.

- 68 - Le vostre risposte Ma forse vi chiederete perché, dove ci porta questo inane tempo che scorre silente nelle vitree volte d’una clessidra che sabbie ai deserti rapì affinché scorrano lentamente nel suo grembo esigente, or chiedetelo ai venti (ai torrenti scroscianti ai tuoni rimbombanti) o ad un cane che solingo nel buio lamenta un canto umano più dei vostri ingannevoli guaiti: avrete le risposte migliori da lor che non vi capiscono e rigettano parole incantate sui vostri fogli bianchi come neve che copre ogni vostro mutevole pensiero. Avrete quel che volete fuori da ogni schema che la natura ha voluto ma non vuole a noi dirlo, ce lo dimostra con prepotenza senza regola alcuna e qualcuno forse lo intende poi muore infelice.

- 69 - Ad un morto qualunque Che la morte ti sia lieve più della terra che t’ospita per ora fin quando sparirai anche da quella tomba e così mischierai le tue membra disciolte alla natura che ti diede poi ti tolse che qui ti accampò per farti compiangere da chi ti volle bene, ma se loro piangono ora forse tu ridi se in qualche strano posto fabbricato hai tu un’ultima dimora per la tua anima stanca, il Trapasso non pesa certo come la vita greve e lunga leggero lui arriva sul calesse d’Apollo (19) ultima opera d’arte d’una vita forse troppo sprecata. Che la vita ti sia

19 Apollo era il dio delle arti e anche della medicina

- 70 - un ricordo lontano come da questa terra son lontane le stelle e i pianeti rotanti intorno a noi che non possiamo ascoltare i lor canti infiniti, ma forse da lassù tu li odi e li detesti perché son canti tristi che ti ricordan la vita che fu: ora sei della Morte e sei persona seria (20) non come noi qui legati da catene che ci fanno ridicoli, ma tu sei altra cosa che noi non comprendiamo la Morte ha passato la sua bella livella allor godi l’eterno ché nessuno mai più intralciarti potrà.

20 Si veda in proposito la poesia di Totò “A livell” «[…] nuje simmo serie...appartenimmo à morte!»

- 71 -

Proemio… Cantami o diva del solingo poeta ch’infinite parole scrisse vuote come il calice che ha tra le mani attendendo dolente di brindare appagato al suo ultimo viaggio lungo una strada lastricata di sogni ormai perduti lontano nel tempo sciupato come un volto d’un bimbo che non mangia qualcosa da secoli, egli iniziò qualcosa secoli fa la qual non rammenta nemmeno più e dopo non la portò a compimento come questo poema che non finisce ma inizia e rimane bene stampato nella mente di chi forse lo legge così come un anatema di morte. Avranno tutti il loro bel da fare filologi stanchi fra polverose biblioteche di sogni infranti come questi versi leggeri per ritrovare i frammenti perduti d’un poema mai scritto.

- 72 -

Frastuono Ho sofferto soffi di vento gelato dietro la schiena nuda spogliata d’ogni l’orgoglio (silenzio) poi ho trovato la mia pace al caldo sotto le coperte d’un letto di sospiri (silenzio) e la notte è venuta a svegliarmi da un sonno di vita (frastuono) la morte m’attende o io attendo la morte?

- 73 -

Alla sposa che non avrò mai

Fugace è l’amore d’uomo e di donna e le parole loro scritte nel vento e nella sabbia cocente che ricopre il mio corpo su questa spiaggia deserta ove mi perdo aspettando una donna ormai già morta di freddo e di noia e scomparsa fra gli oceani di mondi ancora sommersi da oceani di eterne bugie di belle parole dette e ridette a vuoto, con la speranza che il nostro amplesso non sia putrido come una fogna di una città appestata da amanti plebei e volgari innamorati di un corpo che perderà ogni bellezza ogni giorno di più, fin quando fuggirà sotto una lastra di marmo come recita sotto un altare un religioso copione: ma io dico finché morte non ci unisca e il nulla sarà il nostro covo d’amore.

- 74 -

A Satana

Di tutte quelle fiamme che spandi negl’inferi lassi e peccaminosi arde una più di tutte qui sulla terra mesta e infelice, contento tu versi come sangue tal spregevole vampa che odio ha come nome che grandissima fama fra noi ha come re ritto su un alto trono, trovo sia grandioso il tuo grande progetto hai fra noi seminato un dì molto lontano e raccogli ogni giorno tutti i frutti fiammanti ardenti in mezzo a noi infuocati dall’odio. Ma so che non esisti allora mi rammarico perché vedo ogni giorno disprezzo poi rancore soprusi poi violenze generate soltanto da noi no non abbiamo scuse né mai discolpe l’inferno è opera nostra e l’abbiamo qui in terra.

- 75 -

Nonsense

Odo il silenzio di voci mai pronunciate da bocche mai spalancate e chiudo gli occhi tastando il suono sensuale d’un profumo primordiale: esalto i miei sensi fra rime di nonsense di sensazioni false come dei camaleonti che si mimetizzano in una stanza buia come l’anima mia derubata anzitempo da qualsiasi emozione.

- 76 -

Miles gloriosus 21

In deserti bugiardi falsi eroi periscono sotto colpi di kalashnikov che non sono finti come giocattoli in vetrina: non è un gioco ma è guerra aperta, ma allora tu miles gloriosus inglorioso e ingordo milite non ignoto ma alla ribalta di una cronaca ipocrita come la tua prode morte per difendere una presunta libertà anch’essa ipocrita cosa aspettavi di ricevere oltre a migliaia di euro? Una manciata di proiettili ti è stata assegnata nella tua busta paga non paga di altri caduti rialzati innalzati ad eroi da un popolo sciocco.

21 “Miles gloriosus” è il titolo di una commedia di Plauto, la quale parla di un soldato, come dice già il titolo, spaccone e vanaglorioso, che si vanta delle sue imprese militari

- 77 -

Nessuna consolazione

Per quante cose belle e magnifiche possa io fare nella mia vita distratta forse saran sol di conforto a chi passando un giorno su quella mia lapide bianca marmorea con occhio distratto legga un insulso e banale epitaffio scritto su di quel monumento freddo insensibile come gli astri lassù; a egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti? (22) e il forte? li sotto disteso dormendo d’un sonno lieto non come quella sua vita sprecata per fare cose belle e magnifiche rimaste stampate nella memoria de’ posteri che lodano l’eroe ch’ora si cruccia d’esser stato tale: quale consolazione v’è per lui che ora qui giace come gli altri infami? Ecco allora perché qui mi dissolvo in questa vita d’accidia e d’ignavia.

22 Si veda in proposito «a egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti», verso de “I Sepolcri” di Ugo Foscolo: il significato è che le tombe dei grandi uomini stimolano i visitatori a far grandi cose anch’essi.

- 78 -

Domani sarà la fine del mondo

Non ci sarà un’altra estate a scaldare i nostri cuori a sfiorare i confini di ferie mai ottenute per un lavoro mai piaciuto e le nostre parole d’addio saranno vuote come un mondo convesso: confesso i miei peccati ma lascerò questa vile esistenza con un pacato silenzio fra il fragore frenetico di frotte che si affretteranno a sbrigar le loro faccende prima che l’indomani non ci conceda più l’alba. Non ci sarà un’altro inverno a congelare le nostre promesse inutili come un apostrofo di troppo anzi dannose che alimentano vane speranze mai avverate e le nostre parole d’addio saranno vuote piene di timori e incertezze: rimarrò in silenzio ma rimarrò a osservare l’ultima ora con un sorriso da Gioconda come un ultimo mistero d’una vita incomprensibile.

- 79 - The day after (il giorno dopo) Il mondo è un posto triste ma anche pieno di vitalità imbottito come un panino consumato alla tavola calda fredda e senza un’anima, il boato d’ogni suo moto s’ode fino alle stelle lontane irritate dal vociare continuo di persone che trafficano nelle metropoli stracolme di voci di lamenti di gioie, sono solo fiumi di persone che continuano a inondare i pezzetti di terra più grandi portando con sé le loro storie pian piano scarabocchiate nei libri e anche nelle memorie. Ma quando giungerà la fine perché niente è immortale nemmeno l’arte nemmeno l’amore e quando i lamenti le gioie non feriranno più le stelle e quando il mondo dimenticherà con i venti e con le piogge la sua molteplice prole dannata allora un silenzio irreale irrorerà i vasti posti deserti del mondo

- 80 - come in un cimitero d’una guerra dimenticata insieme ai suoi caduti. A quel punto a cosa sarà valsa ogni guerra ed ogni pace? ogni sospiro ed ogni sogno? di noi cosa resterà? Nulla all’alba nulla al tramonto e le stagioni segnate sui calendari continueranno ancora ricorrersi come bimbi che giocano lieti anche senza nessuno che le conti e nell’aria fragrante di morte non resterà nemmeno il vuoto ricordo di miliardi e miliardi di vite perché non vi sarà più nessuno a ricordare. Tranne forse me che non sono nessuno… Erigerò una lapide sulle onde del mare: In memoria della razza umana, pianeta Terra, li “il giorno dopo”

- 81 -

L'uomo che esce dal bar

C'è una felicità che fugge e si nasconde e s'eclissa come il sole che splende alto nel cielo fra cirri dorati come un cornetto alla crema assaporato al primo mattino insieme ad un ultimo caffè trangugiato fra i sudici banchi d'un bar di periferia estrema come un'azione coraggiosa eroica impresa e gesto prode che medaglie non offre a nessuno, poi l'uomo esce dal bar mirando il sole che s'offusca pian piano come un sipario rosso di sangue d'un ultimo spettacolo infame di una tragica farsa grottesca: un proiettile in testa... bum! C'è una morte che fugge la mediocrità di ogni giorno e mai tuttavia si nasconde, i giornali domani canteranno dell'uomo l'epica sconfitta e il trionfo glorioso della Morte.

- 82 -

Eroina

Nelle sue vene scorreva l'amore come fiume impetuoso travolgente e passionale come un storia finita poi male, nelle sue vene scorreva l'odio per quella donna dura che un altro fece stare nel letto e lui lasciò con un palmo di naso che ora gli cola di bianco: ha iniziato il suo cammino nel nulla fra spettri ed ombre fra illusioni e false fantasie, un'insania folle ma più lucida del pomello del cambio della di lui Ferrari spendente come un sorriso più beffardo di una iena che sbrana la preda. Nelle sue vene ora scorre come spuma del mare eroina di un romanzo drammatico commovente e lacrimevole come il fumo abbondante di uno spinello fumato nel freddo di una triste notte infinita.

- 83 - Incomprensione Come la neve che tacita scende spendendo i suoi spicci argentati al mercato dei pini e degli olmi acquistando forme impreviste lungo i muti boschi montani, così le parole mutano silenziose nell’animo di chi le ascolta perdendo la loro forma prendendo un’altra forma che adagio s’adagia sulla quella di chi le accoglie per farle più proprie: Esse patiscono così sofferenti in silenzio la condanna più infame per un segno che vuol significare.

- 84 - Storie da raccontare Dicono che non si è veramente fregati fin quando hai una storia da raccontare: andatelo a raccontar ai vostri nonni che senza pietà abbandonate negli ospizi muti e intrisi di silenzi e false serenità, loro avranno mille e poi cento storie da favellar ma i loro personaggi restano in silenzio aspettando solo di salvarsi sul palco senza pubblico e senz'applausi. In quelle case di riposo e d'eterno riposo le stanze tacciono di miti e leggende che lente si confondono nelle memorie tarde di color che non s'arrendono alla morte ancora e ancora stanno in attesa della fine e dei parenti o di una voce vera amica che presti orecchio attento a quelle storie. Alcuni di loro non le ricordan nemmeno tutte quelle loro avventure fantastiche della loro vita andata ormai al traguardo perse nel vento veloce e nella buia pioggia che batte sui vetri di una finestra severa come l'età che dura avanza rapida e spedita come lepre che fugge dal suo cacciatore (così forse recita una di quelle storie perdute) mentre 'l sonno languido della vita li ammanta preparandoli all'ultimo saluto col mondo.

- 85 -

L'ora della morte

Segna forse l'ora della morte l'orologio a lancette che imperioso sul muro trasuda il suo ticchettio? come sudore sudato faticoso movimento d'ogni giorno sempre uguale sempre diverso ogni secondo terza quarta quinta sesta ora s'arriva arrancando, eppur non si muove ora a che ora? Alle sette! come i peccati capitali e lui ora pecca d'ignavia stando fermo alle sette: eppur due volte al dì l'ora esatta segnerà, amo il mistero mistico di questo oggetto rotto che almeno due volte in un giorno lungo ventiquattro ore sicuramente funzionerà.

- 86 -

Il più stupido

Mi sarebbe piaciuto stare fra le nuvole bianche come l'anima candida di chi non sa se non il suo nome, mi sarebbe piaciuto non aver alcun pensiero da afferrare e comprendere se non quello di vivere ogni giorno come viene, mi sarebbe piaciuto essere un fesso indefesso della sua condizione infamante ma non infelice come l'esistenza di chi si srotola in mille perché come un tappeto persiano prezioso ma a caro prezzo da pagare per comprarlo al bazar delle illusioni false e fallaci apparenze di qualcosa t'inganna come un losco venditore che ti rifila un oggetto che non hai mai chiesto. È stato tutto un'illusione quest'alto mio ingegno questo talento d'oro

- 87 - leggero come una moneta (23) da portare sempre nella tasca piena d'inutili preziosismi e di futili raffinatezze gonfia come la bocca di chi solo sa profferir parole vane. Mi sarebbe piaciuto essere il più stupido essere vivente per potermi crogiolare nella mia vile vera vacuità.

23 Il talento, quello d’oro, era una moneta

- 88 - Atlantide Io ch'ero il re possente d'una Atlantide ora dimenticata sommersa sotto oceani d'oblio io posseggo la verità anch'essa sommersa inghiottita dall'acque pesanti e pur gravi come i peccati della mia gente condannata all'oblio da un mondo che mai perdona, palazzi maestosi s'erigevano muti nell'alto dei cieli e grandi piazze accoglievano gl'echi silenziosi di folle e le stanze della mia reggia tacite godean del mio potere, ma ora il fragore dell'abisso pervade ogni cosa impregna ogni casa diffonde ogni scusa che io accampo per questa damnatio memoriae, io ch'ero il re possente io che la verità posseggo io ch'ora sparisco nel nulla.

M'hanno ricordato alcuni, colui che fra i tratti

- 89 - dipinti d'un affresco della scuola d'Atene punta in alto il dito (24) e colui che a Londra fu filosofo e politico al tempo d'una strana rivoluzion della scienza,( 25) l'un la potenza rammentando l'altro menzionando la pace che non era un'utopia ma era una vera realtà di un'isola splendida, ma nessuno ricorda che la cosa più grande del mio magnifico regno era possedere la verità sulle terre sulle acque sulle stelle del cielo e sull'universo infinito: d'arroganza abbiam peccato e 'l mondo non c'ha perdonato. 24 Platone, che compare nel dipinto di Raffaello "La scuola di Atene" con il dito rivolto verso l'alto: egli, nel "Timeo", ricordava in particolar modo la potenza di Atlantide. 25 Francesco Bacone, filosofo, politico e saggista londinese che fu promotore di una rivoluzione scientifica tramite la sua filosofia e un suo "metodo" divenuto poi famoso: egli, nella "Nuova Atlantide" descrive una società utopica di nome Bensalem, popolo che proveniva da Atlantide.

- 90 - Centocinquanta (26) Non basteranno mille di questi secoli gravi per dimenticar ciò che c'ha unito grazie al sangue dei nostri fratelli d'Italia l'Italia s'è desta, ma or s'addormenta e s'accascia avvilita e abbattuta lei invecchia come vecchio stivale gettato in una discarica ove riposan tante imprese d'eroi veri condannati ad un oblio infame. Non basteranno mille di queste parole solenni per ricordare a dovere cento anni e mezzo secolo di storia di storie d'uno stato che sempre è stato grande e suoi figli sempre grandi uomini poeti filosofi ed artisti che alto hanno portato il nome della nostra magnifica terra variopinta e variegata.

26 Poesia in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia

- 91 - Quest'Italia sempre più serva e donna di bordello (27) e la storia ancor va avanti da più di centocinquant'anni, le cose son cambiate ma se in giro ci guardiamo le vediamo quasi uguali come i nostri avi le vedean in tempi ancor lontani vicini più di quanto immaginiamo. Oggi una vecchia Nazione festeggiamo e un nuovo Risorgimento aspettiamo.

27 Cfr. Dante Alighieri nel IV canto del Purgatorio "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!"

- 92 - Versa vino, amico mio Ora bisogna bere per dimenticare le cose che non vogliamo portare sulle spalle come pesanti fardelli orpelli artificiosi d'una triste vita: versa intanto un po' di lieto vino sui nostri mesti pensieri stanchi di battere come chiodi in testa rimbombando ogni giorno di più come bomba o granata o rosso è il sangue che copioso sprizza da tutti i pori come la felicità che deve sprizzare e schizzare da questo calice di vino divino sacro a quelle divinità dell'oblio che nessuno in chiesa prega mai. Ogni cosa che so ed ho sempre saputo voglio dimenticarla insieme a te amico mio che non sai nulla di me: t'ho trovato in riva ad un fiume sporco e trasandato senz'anima quasi con una bottiglia di vino rubato forse in qualche ristorante di periferia, io ho portato il bicchiere e tu versa amico mio che non sai nulla della vita. Io ho da dimenticare ciò c'ho imparato ciò che mai avrei voluto sapere sul mondo infame che tutti noi assedia ogni giorno, ma tu versa tu che non sai nulla di me

- 93 - e ci ubriacheremo in riva al nostro fiume insieme cantando canzoni senza senso come questa vita da cui voglio estraniarmi con un estraneo come te che è estraneo ad ogni verità che l'esistenza sa bene celare in fondo agli oceani immensi e pesanti come tutte le cose che ora voglio sopire in fondo al mio animo ch'aspetta la morte.

- 94 -

Poète Maudit Forse dovremmo vergognarci di rovesciare su d’un foglio ogni nostra pseudosofferenza come vomito d’un ubriaco che in estasi etilica chiacchiera dei grandi problemi della vita come un filosofo mascherato da santone che dispensa consigli come una sacra scrittura antica d’una strana religione in declino, dovremmo vergognarci mentre c’è gente che soffre davvero in silenzio vomitando l’anima (e l’anima sola perché non ha cibo) vedendo sbocciare i fiori del male 28 sulla loro strada erta e scoscesa, mentre noi in poltrona scriviamo frenetici in preda ad un’afflizione fittizia e forse anche immaginaria non come la tavola imbandita che c’aspetta ansiosa in cucina: ma del resto poco m’importa io sono un poeta maledetto o come qualcuno anche dice io sono un maledetto poeta.

28 “I fiori del male” è il titolo della famosissima raccolta di poesie di Charles Baudelaire, uno dei poeti maledetti.

- 95 -

Dialogo con il Cristo alle soglie di un’Apocalisse al contrario

Lo vedi il Male che incurva furente la schiena di dio impotente di fronte a sé stesso come uno specchio bifronte che non esiste nemmeno, una divinità che si inginocchia alla propria scellerata creazione davvero un s’era mai vista nemmeno ai tempi di Giove e Saturno e i suoi anelli e le collane delle vecchie signore che invocano un nume sconfitto dalla sua ombra che fugge lesta e svelta alle sue spalle. Lo vedi gesù cos’hai combinato? hai tramutato acqua in vino camminando sull’acque in tempesta e hai frignato invano quel giorno mentre la Morte stava per portarti via lontano lungo una strada che conduce forse nel nulla più oscuro, hai parabolato a lungo al muro che avrebbe sicuro ascoltato di più dei tuoi dodici santi scagnozzi e della gente che ti attorniava incuriosita dalle tue stregonerie. Figlio degenere la prova del sangue non l’hai superata sei morto

- 96 - e risorto ma solo dopo tre giorni e tua padre dall’alto chissà cosa pensava: ora è in ginocchio davanti a noi che siamo solo poveri mortali, lui che era un re talmente potente che per regnare sul mondo non ha bisogno nemmeno d’esistere.

- 97 - Boicottiamo la stirpe d’Adamo In questa barca colma di dolore alla deriva nell’acque della vita mi vedo solo a remar alacremente forse per disperazione o forse solo per principio continuo a navigare senza sosta, non trascinerò mai nessuno lungo questa mia strana rotta da troppe cose che non vanno a questo mondo di dolore e miseria e poi finalmente morte che sopraggiunge come uragano a spazzar via i legni intrecciati o come calma bonaccia a regalar l’oblio al rematore: presto sarò così dimenticato perché non farò come i pesci del mare catturati nelle reti alla mattanza lor che tanto han prolificato e lor progenie intrappolata anch’essa nelle reti più meschine della vita, no non donerò dolore come Adamo non avrò stirpi né sangue che potrebbe un dì degenerare no non avrò nessun erede solo per paura di restare solo come egoista in cerca di compagnia no non avrò nessun ragazzo che un dì s’accolli le mie spalle

- 98 - tremanti per la vecchiaia incombente come la morte che senza preavviso verrebbe un dì anche per lui, dopo però avergli inflitto castighi meritati solo perché nato fra queste lande desolate che hanno nome terre emerse ma mai elevate dalla loro condizione infima e miserevole anche pietosa ma senza pietà alcuna per noi tutti.

- 99 - Al di là della morte Sarà come avere un altro posto dove andare a dormire alla sera quando le membra cedono e la mente è ormai stanca risvegliarsi poi gagliardo senza più la testa sulle spalle alla mattina leggero come una piuma e spoglio d’ogni pensiero o almeno così dicono ma io non ci credo.

- 100 - Arriverà forse la sera Era bello ormeggiare al mattino col mare che dolcemente mi cullava con i gabbiani che stornellavano ninne nanne d'amore d'altri tempi, era bello riposare su di una nuvola bianca e candida come la verde età che pian piano sfuma e si fa grigia fumosa come in un nero camino ove si confondono lente le fiamme e gli ardori d'una tenera infanzia a poco a poco terminata anzitempo. In questo tempo fugace ma non troppo sbiaditi ricordi si affastellano densi come colombe che si ammassano in preda ad un cupo terrore istintivo nel bel mezzo d'una buia tempesta: 29 dopo gl'innumerevoli lampi e scoppi che il pomeriggio trascina con sé arriverà forse la sera forse senza stelle senza rondini intorno e gregre di ranelle 30 forse senza nemmeno una dolce rima che mi ripagherà la giovinezza di prima.

29 Cfr Virgilio, “Eneide”, II v 516 «praecipites atra ceu tempestate columbae» («come colombe a capofitto in una scura tempesta») 30 Si veda in proposito G. Pascoli, “La mia sera” «Il giorno fu pieno di lampi; \ ma ora verranno le stelle, \ le tacite stelle. Nei campi \ c'è un breve gre gre di ranelle [...] \ Nel giorno, che lampi! che scoppi! \ che pace la sera».

- 101 -

Nelle notti di plenilunio

A chi giova davvero questa esistenza fatta d’inganni e di menzogne intrisa come una spugna fradicia imbevuta di sangue di uomini sempre innocenti come vittime di guerre sempre inutili? A chi giova che io continui a scrivere parole inani su di questo foglio vuoto riempito d’ogni mia frustrazione? Sono solo un povero fallito come tanti come tutti che esistiamo e viviamo una vita insipida che non sa di niente ma che ci lascia poi l’amaro in bocca come una brutta storia che non ha lieto fine senza avere mai nessuno scopo, scopro le mie carte e dopo scompaio lasciandovi senza rancore e senz’amore vi abbandono al vostro destino ed io al mio. A chi mi chiederà “cosa hai fatto in vita?” “nulla” risponderò da lassù come fantasma che ulula alla luna nelle notti di plenilunio: il mio sarà come un verseggiar di franchigia una canto intonato sulle note delle tenebre che m’avvolgeranno come un velo di seta puro e limpido come rivo d’alta montagna che canta solitario fra le fronde fresche d’estate inoltrata in un bosco incantato, non dovrete avere paura di quel lamento che sarà un pianto di gioia e di redenzione

- 102 - da tutti quei peccati di cui non ho peccato ma ho pagato in vita e in morte non avrò più niente da espiare ma solo da godere. A chi mi chiederà “cosa godi della morte?” “nulla” risponderò perché il nulla mi culla mi abbraccia mi vuol bene e mi dà pace.

- 103 -

Non vi dirò il mio segreto Non vi dirò il mio segreto lo porterò con me nella tomba fra le mie ossa ammassate nella polvere nel buio più cupo dell’ultima dimora che merito per le mie stanche membra arse dalla vita che lenta consuma in silenzio ogni vana speranza; preferisco tacere ora ma parlare per sempre lascerò nel mio testamento (il notaio è mio amico si chiama Dolore) parole incomprensibili metafore ineccepibili di una vita illusoria che dietro nasconde enigmi da Sfinge: io sono Edipo Re 31 del Nulla ma non vi dirò il mio segreto. 31 Edipo fu, nella mitologia greca, colui che riuscì a svelare il mistero della Sfinge.

- 104 - Verdetto finale Galleggiare in un mare di inutilità per poi affogare con l’acqua che ti riempie i polmoni insieme al fumo di una sigaretta che lenta si consuma come una vita sfumata sull’orlo dell’abisso più nero presagio di una storia che non ha lieto fine, divento misera cena per stanchi avvoltoi consumati dal vento che soffia nel cuore vuoto come un teschio decomposto sotto un sepolcro che non ha nessun nome, vivere o morire aspetto solo il verdetto finale.

- 105 -

Non morirò del tutto (32) Ho edificato un monumento più duraturo dei castelli di sabbia dei bimbi felici in riva ad un mare di false credenze che non saranno distrutte né da mostri né dall’infinito ritorno degli anni e del tempo: non morirò del tutto ma gran parte di me rimarrà scolpita in una tomba dimenticata nell’ultimo angolo di un cupo cimitero in periferia di una città fantasma infestata da anime vive che non trovano pace né in cielo né in terra né sulle rive di un fiume che stanco risuona nel bosco. E sarò cinto così di una corona di spine pungenti col sangue che scorre come il fiume come il tempo come tutta la vita che lentamente perisce.

32 Si veda in proposito la XXX Ode di Quindo Orazio Flacco nei suoi Carmina: «Exegi monumentum aere perennius \ regalique situ pyramidum altius, \ quod non imber edax, non Aquilo inpotens \ possit diruere aut innumerabilis \ annorum series et fuga temporum. \ Non omnis moriar multaque pars mei \ uitabit Libitinam […]» («Ho edificato un monumento più duraturo del bronzo e più alto delle piramidi dalla mole maestosa, né la pioggia pungente né Vento in persona lo potranno annientare, ma nemmeno l'infinito ritorno degli anni e il tempo che fugge. Non morirò del tutto ma gran parte di me sfuggirà all’Ade»)

- 106 - Il canto della Morte Io non sono capace della bellezza della vita di scrivere scarabocchiando su di un foglio allegorie meravigliose e stupende metafore da togliere il fiato a chi le legge dappertutto anche oltre i confini di quelle poche righe: un cieco non potrà mai tratteggiar a matita gl’orizzonti lontani e le maestose colline d’un panorama che gli s’espande davanti seppur egli ne senta la brezza sulla sua pelle …come uno spettro greve che muto aleggia nell’oscurità gravosa d’un antico maniero… Quasi l’avverto questo fascino intorno a me ma è sfuggente e par sempre più sfuggevole come un bel sogno d’amore che mesto finisce allorquando la Venere sta per calare la veste, allora mi chiudo in me stesso ove la Morte vive indisturbata fra un sussulto e un battito del cuore tirandola fuori come una sprucida preda dal carniere e gettandola come un idillio sulle mie ruvide righe: sappiate, non più fa male il dolce canto della Morte!

- 107 -

È tempo di morire È tempo di morire: la vita l’abbiamo vissuta in un attimo fuggente come il tempo di una sigaretta prima della fucilazione d’un reo, ma noi moriremo così come abbiamo vissuto ignavi nei nostri giacigli fra cuscini e guanciali cinti da parenti e dottori che leggeranno il referto un infarto o un tumore maligno come il demonio che aspetta lì sotto l’anima nostra sperando che arrivi, mentre il condannato che guarda negli occhi il boia sembra quasi che se ne vada da eroe d’altri tempi andati e sepolti sotto coltri di nebbia perenne come il dolore di chi non accetta l’ultimo passo di una vile esistenza trascorsa a mentire agli altri e a sé stesso.

- 108 - A sé stesso (33) Io ti perdono se quando ti guardi allo specchio speri di non riveder più quell'immagine vile, se il desiderio è spento e l'inganno estremo perì come perisce un uccello nell'aria colpito da una fucilata al cuore ormai stanco d'ogni affanno diffuso per i giorni d'una vita che fluisce affannosa come fiume di fango fra campi di rose rosse come il sangue che scorre copioso come lacrime fiacche da un occhio disilluso, io ti perdono perché in fondo non amo che te non mi resti che te quell'immagine viva

33 Cfr "A se stesso" di G. Leopardi, «Or poserai per sempre, \ Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo, \ Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento, \ In noi di cari inganni, \ Non che la speme, il desiderio è spento. [...]»

- 109 - se tutto il resto muore tutto d'intorno a noi, franando come roccia sgretolata da venti impetuosi come passioni infinite ma ora finite in un sogno notturno dimenticato al mattino, confuso risveglio da una morte apparente vana come una vita che non ci merita più.

- 110 -

Testamento Di quelle lunghe passeggiate lungo sentieri sconosciuti non resta che un rauco ricordo sbiadito come una tela antica appesa in un museo di muse piangenti come i soliti salici lungo sentieri sconosciuti ignoti come suoni mai emessi trasmessi nel silenzio dei venti eventi forse mai accaduti e la loro bugiarda memoria s’infrange sulle scogliere del tempo di capire tempo di amare tamponando ogni possibile dolore: quando saremo stanchi di vagare ogni sensazione si dissolverà sull’orlo del grande baratro e il vuoto catturerà i nostri ricordi rubandoli dal ripiano dei souvenir adagiato con un paio di chiodi al muro del pianto e del rimpianto del se avessi saputo se non avessi fatto tutte quelle cose di cui mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati beccati in flagranza di reato forse non punibile a norma di legge (quella legge che è uguale per tutti i morti di fame e di sete) del mondo fin ora conosciuto… ce ne saranno altri?

- 111 - In attesa che scoprano altri mondi forse più felici forse meno angusti prima che sia poi troppo tardi il mio testamento io qui sigillo lasciando in eredità le sole mie parole a mia madre mio padre mio fratello a tutti quelli che m’han voluto bene e a tutti gli altri che m’hanno odiato al genere umano a cui non mancherò a Darwin e la sua stramba evoluzione l’involuzione ancor più strana che rappresento con la mia parola astratta come un quadro di Kandinsky: è la mia storia la mia vita che vi lascio e ne farete poi ciò che più vi piace com’io ho fatto e continuo pur a fare impastando ogni attimo fuggente con il sangue che gronda e sprizza sregolato come un quadro di Pollock macchiando il mondo con la morte assassina d’ogni sogno vacillante barcollante come un giovane ebbro al volante della sua BMW a cento all’ora allora poi si schianta e se ne va senza nemmeno siglare testamento fra cento sogni e mille miglia che ormai non percorrerà più lungo sentieri sconosciuti… ancora? Non conoscerò il mio destino

- 112 - fin quando non me lo vedrò di faccia quel che vuole di me tanto io ho scritto testamento e chi mi farà strada al camposanto con i volti a lutto a tutto a niente saprà che farne della mia memoria: non piangerete per me prefìche (l’accento mi piace più così!) né voi salici né scultoree madonnine che di miracoli ne han già sentiti tanti auguri a te tanti auguri a me nell’anno duemila e undici nel mese di luglio torrido e caldo quasi il quarto di secolo io compio e mi sembra quasi ora di fare i conti anche senza l’oste senza soldi senza un briciolo di amor proprio e la dignità sotto le suole delle scarpe lucidate di tutto punto per finire nella bara il tempo ingannando anche sé stesso corre a volte lento e lesto l’altre volte, perciò io scrivo scrivo e mi dilungo sperando di esser compreso un giorno. Tutt’un tratto le lunghe passeggiate s’attenuano come fumo acre al vento s’esauriscono come maestre d’asilo intente a sgridare i propri alunni o forse a violentarli luride bastarde per questo vedete il mondo non è più posto per me che sono uomo

- 113 - buono (forse solo quando dormo!): non getto la spugna perché son curioso di sapere come va a finire questo film diretto male e interpretato ancora peggio e quando alla fine scriverò la recensione vedrete che parole dure avrò senza censura controllo condanna cuculo col culo col cazzo che mi fermerete e scusate l’espressione ma or ci vuole ci prende e ci pretende la Morte dall’alto del suo trono possente potente come Barack Obama Bill Clinton Monica Lewinsky e i suoi esami orali passati a pieni voti e vota a destra vota a sinistra la ics la metto ma solo sul mio petto scelgo me me solo me medesimo mi autogoverno e mi punisco ma mi tutelo e siglo testamento. Forse vi ho stancato e già ringrazio chi m’ha seguito fin quaggiù lungo sentieri sconosciuti alla poesia più corretta e giusta: la poesia e le mie poesie ecco questa è la mia sola eredità. (Amen)

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NOTA BIOGRAFICA Michele Tropiano nacque a Salerno il 14 luglio 1987 da Vincenzo e Valeria. Ha frequentato le scuole materne, elementari e medie situate vicino casa, manifestando già dai primi anni una grande intelligenza ma contemporaneamente una grande “vivacità” e anche indolenza: non è stato mai un grande studioso ma nella sua carriera scolastica la sua intelligenza lo ha sempre aiutato. Ha frequentato il liceo classico “F. De Sanctis” con una buona media durante il corso dei cinque anni, ma per motivi comportamentali ne uscirà con un misero 60/100. Ha conseguito la laurea triennale in Lettere nel febbraio 2010 con votazione 97/110; la laurea Magistrale in Filologia moderna nel marzo 2012 con votazione 102/110.