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direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Bruno Foti Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Michele Biasutti Università di Padova Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Università di Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Luisa Lopez Fondazione Mariani, Milano Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania musica&terapia numero 35 segreteria di redazione Ferruccio Demaestri Corso Don Orione 7 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347 8423620

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direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo BorghesiFerruccio DemaestriBruno FotiAlfredo RaglioAndrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. BenenzonUniversità San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiasuttiUniversità di Padova

Leslie BuntUniversità di Bristol, Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteUniversità di Genova

Edith LecourtUniversità Parigi V, Sorbonne, Francia

Luisa LopezFondazione Mariani, Milano

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi PostacchiniPsichiatra, Neuropsichiatra Infantile,Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria, Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile,Università di Monaco, Germania

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35

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Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

La narrazione come integrazione del sé.L’importanza delle discipline scolasticheche sanno anche raccontarsiManuela Mazzieri, Maurizio Spaccazocchi . . . . . 2

Musica e Sindrome di Rett.Tecniche di musicoterapia attiva e recettivaMatteo Maienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

L’efficacia dello stimolo sonoro-musicale nellepersone in stato vegetativo e di minimacoscienza. Uno studio clinico comparativoB. Eichmanns, M.Cavallini, L. Attardo, F. Caruso,I. Ferrari, E. Galbiati, L. Bressan, V. Lanzoni,L. Zoppo, R. Stefa, A. Marotta, A. Uccero,L. Barretta, R. Palmisano, F. Arenare, N. Bongiorni, A. Grillo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

Valutazione di una riabilitazione cognitivamusicale con anziani:una ricerca controllata randomizzataMichele Biasutti, Anthony Mangiacotti . . . . . . . 25

Musicoterapia e riabilitazione: un’esperienzapersonale. La Sindrome di Martin-BellRoberto Pretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

Musicoterapia e Autismo,seguendo le tracce dell’intersoggettivitàGuido Marconcini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

Articoli pubblicatisui numeri precedenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

indice editoriale

Numero 35 - Gennaio 2017

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numero

35Il primo numero del 2017 di “Musica et Terapia” siapre con il contributo di Manuela Mazzieri e MaurizioSpaccazocchi dedicato al tema dell’integrazione in-terpsichica e intrapsichica. A fondamento di tale pro-cesso, che fonda una condizione di benessere psi-chico, viene posta la funzione narrativa come con-dotta simbolizzante e socializzante. Il racconto di sto-rie implica una competenza verbale che, tuttavia,nasce e si sviluppa su una dimensione simbolica an-tecedente di tipo analogico, motoria, visiva e sono-ra, con cui si integra.

A seguire l’articolo di Matteo Maienza è dedicato adillustrare un’esperienza rivolta a piccole pazienti af-fette dalla Sindrome di Rett. I casi presentati usu-fruiscono di molteplici approcci riabilitativi, fra cui lamusicoterapia, integrati fra di loro, presso l’IstitutoZahrada di Praga. Fra le diverse tecniche impiegateva fatta menzione del massaggio sonoro a bassa fre-quenza e del letto armonico.

I successivi contributi riguardano due peculiari ricer-che svolte in un contesto ospedaliero e universitario.Bettina Eichmanns, congiuntamente all’équipedell’Istituto Geriatrico P. Redaelli di Milano, illustrauno studio clinico comparativo (stimolo sonoro-musicale versus stimolo verbale) rivolto a pazienti instato vegetativo e in stato di minima coscienza.

Michele Biasutti e Anthony Mangiacotti, Universitàdi Padova, presentano uno studio volto a verificarela ricaduta di un programma di riabilitazione cogni-tiva musicale e, in particolare, i differenti effetti in

relazione alla maggiore o minore gravità del declinocognitivo.

Roberto Pretto, nel prosieguo, presenta un percorsoriabilitativo che tratta nello specifico la Sindrome diMartin Bell. L’articolo descrive in maniera puntualee approfondita l’analisi delle caratteristiche sonoro-musicali del soggetto, la sintesi dei dati raccolti, laloro interpretazione, l’elaborazione di un progettod’intervento con la relativa verifica degli esiti.

Guido Marconcini conclude il numero 35 di “Musicaet Terapia” con interessanti riflessioni emerse all’in-terno di un lavoro di gruppo mirato ad analizzare alcu-ne sequenze video riguardanti le applicazioni dellamusicoterapia nei disturbi dello spettro autistico.

GERARDO MANAROLO

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Numero 35 - Gennaio 2017

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Telling or listening to stories meansgetting the power out of humanity.From people joined in time and space,

dressed in rags or cloaks or even naked.An humanity full of life arised by the livings.So, unique is the source of stories such as uniqueis the spirit that assimilates them along in an infinitehumanitarian chain.

PREMESSAUna buona e comune idea di sanità e di benesserementale e fisico, come pure di reale capacità di resi-lienza della persona, si fonda sui processi che per-mettano di esaltare la presenza attiva del concettodi integrazione inteso come quell’insieme di flussidi energia vitale neurobiologica e di informazioni chesi sintonizzano tanto all’interno di una singola mentequanto nella relazione collaborativa fra menti diverse.Quando tutti percepiamo, in forma più o meno coscien-te, questa condizione armonizzante, sentiamo chiara innoi la presenza di un Sé benefico, positivo, che ci fasentire sia sintonizzati nelle nostre varie dimensioniinterne e sia in accordo condiviso con gli altri.È altrettanto evidente che una tale condizione psicofisi-ca e neurobiologica sarebbe un’ottima conquista nelcontesto scolastico generale poiché arricchirebbe sia laqualità e la quantità degli apprendimenti e sia la stessarelazione affettiva e cooperativa fra gli studenti, i docen-ti e la stessa istituzione educativo-formativa. Al contra-rio, una distorta o imperfetta integrazione fra i nostridiversi vissuti interiori, fra i nostri possibili contrastiinterpretativi nei confronti della realtà esterna, puòoriginare un’evidente distorsione della nostra perso-nalità, e quindi del nostro Sé interiore ed esteriore.È questa disarmonia che può dare origine a forme diesistenza più o meno instabili, di malessere, di soffe-renza, per non giungere a parlare di vere e propriecondizioni patologiche.

LA NARRAZIONECOME INTEGRAZIONE DEL SÉ

Manuela Mazzieri *Maurizio Spaccazocchi **

In altri termini, un assente potenziale integrativo di vis-suti significativi può provocare una più o meno eviden-te mala gestione di noi stessi, e quindi una distorsionedi ciò che il nostro Sé dovrebbe poter gestire con perti-nenza e priorità coerenti.Per approfondire ancora questo tema, andiamo avan-ti in questa nostra riflessione facendo uso della se-guente metafora: un’auto da corsa potrà definirsi dav-vero ben “messa a punto” o ben “calibrata”, solo nelmomento in cui tutte le sue varie parti si potranno atti-vare ed agire in modo integrato fra loro. E già cosìavremmo ottenuto un buon risultato che, però, potreb-be non bastare, poiché questa sua integrazione internarischierebbe di non essere in sintonia con l’ambienteesterno: tipo di circuito, temperatura della pista e delluogo, variazioni atmosferiche, tipo di asfalto stradale,qualità dei mezzi computerizzati per la valutazionedella sua efficacia su quel tipo di pista, capacità deimeccanici di risolvere i problemi che potrebbero emer-gere durante la gara, la posizione dell’auto alla grigliadi partenza, ecc..Insomma tante e tante altre ancora possono essere levarianti esterne che potrebbero determinare la qualitàdel risultato ottenuto da quell’auto da corsa pur “messaa punto” nel modo migliore all’interno della sua speci-fica struttura.Anche se questa metafora dell’auto da corsa fosse rite-nuta poco pertinente per descrivere una persona nellasua ben più ampia entità complessa di una mente

piena di corpo (mindul body), una cosa è certa: ogniessere umano non può evitare, come appunto si devefare con un’auto da corsa, di considerare l’impegno el’importanza di integrarsi con gli altri e con l’ambienteche è sempre presente e attivo al di fuori di Sé.Con questa metafora si vuole quindi affermare che ilconcetto di integrazione è ben più ampio e che quindigioca la sua partita relazionale tanto all’interno delnostro personale campo esistenziale, quanto nell’am-biente esterno, nel mondo degli altri, delle cose e deiluoghi. Una partita che comprende il tutto interno edesterno al nostro Sé:

La capacità di integrazione, come tutte le funzionidella mente, sono costantemente create dalle inte-razioni fra processi neurofisiologici interni e relazio-ni interpersonali: resilienza e benessere emotivosono processi basilari che emergono dall’integrazio-ne dei flussi di energia e informazioni all’internodella singola mente e fra menti diverse. Comehanno scritto Ogawa e collaboratori, parafrasando illavoro di Loevinger, “l’integrazione non è una fun-zione del Sé, è ciò che il Sé è” (Siegel, 2013).

Questa premessa ci serve per aprire, subito di segui-to, la strada al tema centrale che vogliamo trattare:l’importanza dei processi narrativi come condotte in-tegrative del Sé all’interno del contesto educativo-scolastico.

L’IMPORTANZA DELLEDISCIPLINE SCOLASTICHE CHE SANNOANCHE RACCONTARSI

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NEUROBIOLOGIA COLLABORATIVASul piano neurobiologico, una persona che racconta adaltri una propria esperienza di vita, un suo frammen-to di biografia, attiva l’ippocampo che funge da strut-tura che organizza l’aspetto cognitivo della sua storia,offrendo al Sé un maggiore senso temporale e spazia-le, regolando così, nel racconto che va facendo, l’ordi-ne delle suo vissuto percettivo e collegando le rappre-sentazioni mentali del suo narrare ai centri di valuta-zione emotivi.Tutto ciò accade attraverso meccanismi neurobiologiciche coinvolgono diversi livelli di integrazione. Ad esem-pio, ci sono studi di neurobiologia che sostengono chele aree neocorticali (prefrontali, orbito frontale, ecc.),che ricevono input dalle varie regioni cerebrali, generi-no una integrazione moto-sensoriale del Sé nello spa-zio e nel tempo. Questa evidente integrazione asso-ciativa, nella nostra globale struttura cerebrale, è allabase delle nostre capacità di organizzare con coerenzai procedimenti narrativi autobiografici:

Questa rappresentazione integrata delle esperienzedel Sé è alla base della capacità di prevedere even-ti successivi e di fare piani per il futuro, e possiamopensare che costituisca una componente fondamen-tale dei processi narrativi autobiografici e dellemodalità con cui la mente tenta di conferire coeren-za ai suoi diversi stati: cercando di dare un senso dicontinuità al Sé del passato, nel presente e nel futu-ro (Siegel, 2013).

Questo significa che in ogni nostra narrazione, grazie aquesta integrazione associativa della nostra strutturacerebrale, sono individuabili vari livelli di consapevo-lezza e di conoscenza del nostro Sé che si associanoalla nostra memoria episodica e autobiografica.Questo tipo di memoria implica la registrazione, l’im-magazzinamento e il richiamo di un senso del nostroSé come vissuto in specifici episodi spazio-temporali. Èla consapevolezza del proprio Sé che implica la pre-senza e l’evoluzione di una coscienza autonoetica, cioèil risveglio di un’esperienza soggettiva intesa come unvero e proprio “viaggio” mentale nel tempo e nellospazio, in grado quindi di creare un legame tra passa-

to, presente e la visione di un futuro più o menoimmaginato. Risulterà altrettanto evidente che questanostra coscienza autonoetica continuerà a svilupparsisempre più quanto più i nostri giovani saranno stimo-lati verso una didattica narrativa generale e autobio-grafica specifica.

NARRAZIONEE INTEGRAZIONE BILATERALEA questo punto possiamo affermare con certezza cheè presente in ogni narrazione una parte della vita diuna o più persone e che da questi racconti si posso-no pure cogliere le esperienze mentali attivate egestite tanto dai narratori quanto dai soggetti o per-sonaggi narrati.Oltre agli aspetti neurobiologici sino ad ora indicati,dobbiamo ancora specificare che il concetto di integra-zione associativa, che si dimostra e si conferma nel-l’organizzazione stessa di ogni nostro atto narrativo, faemergere un’ulteriore collaborazione fra le nostre dueparti del cervello.L’emisfero destro, grazie alla sue specifiche doti men-talizzanti, alle sue rappresentazioni percettive, conte-sto-dipendenti, autonoetiche e analogiche, contribui-sce in modo evidente alle immaginazioni dei soggetti,dei temi e dei contenuti dei procedimenti narrativi;mentre la dimensione interpretativa logica e lineare,tanto delle rappresentazioni quanto dei dettagli narra-tivi comunicati, fa chiaro riferimento alle capacità lin-guistiche e deduttive tipiche dell’emisfero sinistro. Daqui la conferma che la dimensione narrativa umana èfrutto di una obbligata, per quanto importantissima,relazione-integrazione bilaterale dei nostri emisferi:

Le nostre narrazioni sarebbero così il prodotto di un’in-tegrazione bilaterale: l’esigenza dell’emisfero sinistro distabilire relazioni di causa ed effetto può essere consi-derata come una motivazione primaria dei processinarrativi; tuttavia, la costruzione di narrative coerentirichiede la partecipazione sia dell’emisfero sinistrointerpretante, sia dell’emisfero destro mentalizzante.Narrazioni coerenti sono create attraverso un’inte-grazione interemisferica (Siegel, 2013).

E ribadendo ancora:

L’esigenza narrativa di dare senso alle esperienzedella mente può essere vista, in parte, come unmodo con cui il cervello cerca di stabilire connessio-ni più stabili (più complesse) fra i suoi vari processirappresentazionali. I tentativi dell’emisfero sinistrodi trovare relazioni di causa ed effetto si associanoal richiamo delle rappresentazioni autobiografiche ementalizzanti dell’emisfero destro (Siegel, 2013).

Da questa collaborazione interemisferica possiamoipotizzare una presenza istintiva, primaria e prioritaria,come se la nostra mente fosse stimolata da una spin-ta utile per raggiungere un assestamento ordinato difatti e di accadimenti spazio-temporali ed emotivi.In altri termini la nostra mente, come il nostro quoti-diano bisogno di organizzare uno studio o un raccon-to, sono la dimostrazione della presenza di un mec-canismo neuronale alla costante ricerca di coerenza,mirata a comunicare un insieme ordinato di rappre-sentazioni all’interno delle narrazioni biografiche eautobiografiche.Da qui può emergere, dalle narrazioni dei nostri stu-denti, la possibilità di dare un maggior e più profondosenso al loro passato e di creare, con coerenza evolu-tiva, una più positiva visione del loro futuro. Quindi,grazie a questa relazione integrata interemisferica,possiamo affermare che nell’atto del narrare umano lecapacità interpretative del nostro Sé nel passato, nelpresente e nel futuro si attivano ulteriormente perpoter essere sempre più esternalizzate in forma moltointegrata e quindi coerente.Così da questa cooperazione bilaterale sarà possibilefacilitare l’attivazione di nuovi legami associativi ocomunque rinforzare quelli già presenti, dimostrandoche il richiamo dei ricordi può modificare la memoriae, di conseguenza, permettere una riorganizzazionedelle varie memorie episodiche in un vero e proprioinsieme integrato di rappresentazioni.Ecco perché, in presenza di un eventuale trauma nonrisolto, possiamo vivere uno sfasamento di questi pro-cessi neurobiologici integrati e quindi accedere ad unostato di compromissione della coscienza autonoetica

che andrebbe a impedire l’integrazione del Sé nel pas-sato, nel presente e nel futuro, togliendo così a ogni nar-razione spazio-temporale quella condotta di coerenzache di fatto dovrebbe mantenersi nelle tante e diversemodalità relazionali del “dirsi e del darsi” agli altri.In una sintetica riflessione psico-pedagogica e didattico-metodologica scolastica: la coerenza di una narrazioneesternalizzata da un giovane in classe è il segno di unabuona coerenza dell’integrazione stessa del suo Sé.

NARRAZIONEE INTEGRAZIONE DELLE MENTIÈ altrettanto importante rendersi conto che l’atto delnarrare è in sé un “gesto” che, inevitabilmente, è por-tato alla creazione di condotte socializzanti.Tutti noi raccontiamo storie perché queste sono rivolteagli altri e, in questo “dirsi e darsi” agli altri, è implici-to il bisogno di dar forma e/o rinforzare un attacca-mento sicuro sul piano relazionale. Questa è anche laragione che può portare istintivamente una madre, unaeducatrice o un docente a “riscaldare” la relazioneeducativo-affettiva attraverso varie modalità narrative:

La narrazione di storie è un fenomeno intrinseca-mente sociale, in cui le aspettative di coloro cheascoltano hanno un ruolo importante nel determi-nare i contenuti e il tono del racconto. In questomodo le esperienze infantili di attaccamento hannoeffetti diretti su come il bambino impara a narraregli eventi della sua vita e, probabilmente, anchesullo sviluppo della sua coscienza autonoetica [...].Possiamo quindi proporre che relazioni di attaccamen-to sicuro alimentino non solo lo sviluppo di resilienza,di competenza sociale e di un senso di autonomia eautodeterminazione, ma favoriscono anche l’acquisi-zione di capacità di integrazione (Siegel, 2013).

Questa capacità di integrazione fra il soggetto narrato-re e gli ascoltatori (un infante, una classe, un pubblico,ecc.) sembra essere una delle migliori forme di comu-nicazione in grado di creare una evidente risonanzainterpersonale. La dimensione verbale, la condottalogica e coerente del racconto, le espressioni facciali,

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i toni di voce e i gesti appropriati, e dunque diretta-mente convergenti ai contenuti narrativo-emotivi,fanno sì che i soggetti coinvolti in questa “magica”relazione affettivo-educativa siano coinvolti in unostato di integrazione, anche questa interemisferica,facilitata appunto da questa “calda” comunicazioneche viene narrata fra le genti. È da questa qualitàrelazionale che si possono, in ogni ordine scolastico,creare condizioni collaborative, poiché le comunica-zioni altamente integrative sviluppano direttamentepure la nostra integrazione neuronale.Ciò sta ad indicare che, qualora sul piano relazionaleeducativo-cognitivo-affettivo, ci trovassimo in assen-za di attaccamenti sicuri fra docenti e discenti, sipotrebbero creare palesi dis-associazioni fra espres-sione affettiva (gestita dall’emisfero destro) e comu-nicazione verbale (gestita dall’emisfero sinistro), poi-ché una reale possibilità di integrare i tratti non ver-bali della narrazione con i suoi tratti linguistico-semantici, come abbiamo già detto, si materializza alivello cerebrale solo attraverso una collaborazione frai due emisferi. Collaborazione che sembra attivarsimaggiormente proprio in presenza di un attaccamen-to sicuro fra i soggetti coinvolti in una relazione nar-rativo-educativa.La narrazione è dunque una comunicazione che si puòattivare fra due o più persone e che può, grazie a unattaccamento sicuro, dar forma a una palese integrazio-ne interpersonale in grado di far fluire liberamente infor-mazioni da un cervello all’altro. E quando questo flussoè pienamente attivo si può raggiungere una condivisio-ne delle menti pronta a creare collaborazione attiva,vitalità ed energia mentale, spontaneità e creatività:

È in questi momenti particolarmente intensi, in que-sti stati di risonanza [...] che riusciamo veramentead apprezzare come le relazioni con gli altri possa-no nutrire e curare le nostre menti (Siegel, 2013).

Questa è la ragione per la quale le pratiche del narrarepossono e debbono essere promosse in ogni ordine sco-lastico poiché, attraverso il loro esercizio pratico, creanoforme di risonanza, interazioni fra due o più persone,influenze vicendevoli e, soprattutto, condizioni che svi-

luppano coerenza a tutti i livelli intellettivi, relazionali edemotivi. La ricerca di coerenza non potrà mai esaurirsi inun momento ben preciso della nostra esistenza: ricerca-re coerenti armonie in noi e con gli altri è un processocontinuo, una meta che la nostra mente piena di corpoè obbligatoriamente impegnata a elaborare per tutta lasua esistenza.

NARRAZIONECOME TRASFORMAZIONE E CURALe storie nel contesto didattico-scolastico possonofunzionare come un vero e proprio balsamo, poichéqueste non ci impongono nulla, se non la sola azio-ne dell’ascoltare. Ed è in questo libero e “caldo”ascolto che le narrazioni possono “accendere”, gra-zie all’intelligenza attiva del narrante, eccitazioni, tri-stezze, domande, riflessioni, confronti, considerazioniapollinee e dionisiache, ragioni e passioni, beatitudi-ni, contemplazioni, struggimenti, magie e stregone-rie, religiosità e profanazioni, ecc. Un’attenzione del-l’ascoltatore che non può essere trascurata dal narra-tore, come ci dimostra la seguente considerazionefatta da un affabulatore di eccellenza come era il pre-mio Nobel Dario Fo:

Io invece non spengo la luce, io voglio continuare avedere le facce, notarne la reazione, studiare l’effet-to di ogni provocazione, rompere i ritmi, agganciaregli argomenti e le varianti sul pubblico che mi trovodi fronte. E soprattutto la necessità primaria di obbli-gare il pubblico a togliersi dalla condizione di sedu-to-accomodato, costringendolo a ritrovarsi spiazzatoe venire nella mia posizione; invece che continuaread essere soggetto, diventare oggetto, porsi addirit-tura alle mie spalle, seguire la proiezione delleimmagini che riesco ad evocare al mio fianco. Cosìmentalmente il pubblico è costretto a capovolgerela propria posizione (Fo, Allegri, 1990).

E queste considerazioni di Fo sono un grande segnodel bisogno impellente del narratore di integrarsi real-mente con gli ascoltatori per creare quel clima coin-volgente e partecipativo che dovrebbe essere richiesto

prima di tutto ai docenti per poi evolversi e sviluppar-si fra gli studenti.Le narrazioni in questo senso diventano una vera epropria disseminazione di indirizzi istruttivi che posso-no fare da guida nella sempre più complessa “strada”esistenziale dei nostri giovani, ed essere utili quandola vita delle cose si trasforma a poco a poco in mortee quando poi la morte si rinnova e risplende nella vita.Certamente nei confronti delle narrazioni molti posso-no essere gli approcci culturali e di studio: folklorico-etnologico, antropologico, linguistico, semiologico, teo-logico, archeologico, religioso, junghiano, freudiano,come pure rodariano o ancora infantile, ecc.Per noi, in queste pagine, è stato più che evidente diri-gerci verso l’indirizzo educativo-formativo, attribuendocosì alle forme narranti la forza di veri e propri mezziutili per il cambiamento della persona, per la presa incura della persona, anche perché il narrare affonda lesue più antiche radici nel mito, ed è proprio per que-sta origine che le storie si porteranno dietro quellapotenza divina (numen) che sembra unire in un’unicaumanità tutti gli esseri che nei millenni hanno avutoaccesso al rito delle narrazioni:

Il narrare o ascoltare storie trae il suo potere da unacolonna di umanità unita attraverso il tempo e lospazio, abbigliata in modo elaborato, in cenci o inmantelli, o nella nudità dell’epoca, e piena fino ascoppiare di vita ancora vissuta. Se unica è la fontedelle storie e unico il numen delle storie, tutto stain quella lunga catena umana (Pinkola, 1993).

Se il narrare crea un gruppo unito nel tempo e nellospazio, nel contesto scolastico la promozione di storiepuò prendere tutte le strade che le tante e diversediscipline si sentono di promuovere, poiché le narra-zioni (ad es. di un autore, di una specifica avventuracognitiva umana, di un’opera d’arte, di una musica, diun canto, di una danza, di una scoperta scientifica,della nascita di una formula geometrica, come pure diuna fiaba, di un accadimento sociale, di una biografiacreata e narrata dagli stessi studenti, o ancora dallastesura e dalla narrazione pubblica di autobiografienarrate o cantate da ogni singolo studente, ecc.) pos-

sono essere interpretate come la migliore calamita perattrarre ancora oggi i nostri giovani-digitali ad unaattenzione viva ed emotiva, trasformante e rinnovan-te, condivisa e collaborativa.Ecco perché ogni narrazione rimane pur sempre, neltempo e nello spazio, il miglior dono che uno studen-te o un docente può fare alla propria classe. Perchénarrare sul piano prettamente umano è una grandemanifestazione di gioia delle persone che sanno dona-re il cuore, la mente e il corpo agli altri.

NARRAZIONIE FORME EPISTEMOLOGICHE DEL SÉTutte le varie tipologie di narrazioni più o meno popo-lari o colte, come pure più o meno consistenti nellaloro specifica natura orale o scritta, possono far emer-gere aspetti epistemologici molto diversi. Al contrarioi testi, in forma di saggi, di studi, di riflessioni e inda-gini di vario genere e disciplina, fanno una chiara sele-zione di percezioni, emozioni, interpretazioni, analisi,conseguenze, dati, fatti, relazioni, incroci e confronti,per mantenere solo ciò che più rientra nelle logichedella ragione o, se vogliamo, nel tentativo di determi-nare condotte giustificabili e valutabili all’interno di unpensiero molto reale e dunque anche molto vicino aquello scientifico.Quindi le narrazioni in generale sembrano approcciarsia dimensioni epistemologiche molto più ampie, man-tenendosi aperta la “carta” della mutazione all’occa-sione giusta, o comunque valutata come idonea pernon rischiare di produrre evidenti alterazioni del pro-prio Sé. In quest’ottica potremmo parlare dell’umanomantenersi, comunque stiano sviluppandosi le nostreazioni, una possibilità di scelta che possa essere rite-nuta più giusta per quella specifica occasione, soprat-tutto per non rischiare di ferire la nostra dimensionepsicoemotiva, la nostra autostima, o comunque giun-gere a ritenere più utile assumere una certa condottapiuttosto che un’altra, pur di poter tutelare la nostracondizione mentale ed emotiva.In altre parole, potremmo pensare che le moltissimenarrazioni degli uomini lascino tempi, spazi ed occa-sioni più ampi per ridimensionare gli aspetti logici che,

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in ogni specifico contesto di vita, potrebbero rischiaredi funzionare come veri e propri eventi alteranti lanostra profonda stabilità psicofisica.Un esempio di ciò che andiamo dicendo lo possiamoritrovare nella famosissima, antica e popolare fiaba“La Volpe e l’uva” che ora riportiamo in una nostraversione comunque rispettosa di tutti i tratti fonda-mentali ed essenziali della sua narrazione:

«Una volpe da tanti giorni in digiuno aveva unafame che potremmo definire veramente bestiale.Girava qua e là per le campagne nella speranza ditrovare qualcosa che potesse finalmente sfamarla.Un bel giorno si trovò a girovagare in un grandevigneto e qui notò tanti grappoli d’uva d’un brunodorato, tanto da farle esclamare: “Che bellissimi egrossi acini maturi! Ora potrò di sicuro sfamarmi!”.La volpe con l’acquolina in bocca iniziò a slanciarsicon forza verso un bel succoso grappolo d’uva. Unsalto, un altro, un altro ancora. Fece pure dei passiindietro per prendere una maggiore rincorsa, maquel grappolo, l’unico grappolo, anche se più in bas-so di tutti gli altri, non riuscì a raggiungerlo. La volpetentò ancora: fece tanti salti e tanti sforzi, ma quelgrappolo non riuscì nemmeno a sfiorarlo con lapunta di una sua zampa. A questo punto, ormai dopotanti tentativi, la volpe sfinita decise di rinunciare.Riprese il suo cammino subito dopo essersi detta frasé e sé: “Tanto quell’uva era ancora verde, acerba, eio non amo affatto l’uva acerba!”»

Fra le tante pagine scritte dedicate a questa fiaba pre-feriamo ora riportare un’analisi che, più di altre, puòfarci comprendere il senso intellettivo ed emotivo chepuò emergere dalle narrazioni:

La fiaba popolare della “volpe e l’uva” documental’esistenza di due epistemologie nella mente dellavolpe; due risoluzioni esclusorie e l’influenza diun’epistemologia che sostituisce o indebolisce l’al-tra. Tutti conosciamo la storia della volpe affamatae restiamo sorpresi all’udire dalla sua bocca il moti-vo per cui decide di abbandonare il suo intento diraggiungere l’uva: È ancora verde! (Peter, 2006)

Questa considerazione evidenzia il fatto che la volpeha modificato il suo modo di dare senso al suo vissu-to, contraddicendo il criterio iniziale e ristrutturandocosì il suo atteggiamento verso l’uva e soprattutto versose stessa.Il primo criterio cognitivo si presenta a noi come unatto logico e razionale che ha portato la volpe a rico-noscere l’uva come matura e quindi in grado di potersoddisfare la sua fame. Da qui scatta l’urgenza di pre-pararsi per produrre tutta una serie di azioni con l’in-tento di raggiungere il grappolo e quindi giungere arispondere al suo reale bisogno di sfamarsi. Il secon-do criterio cognitivo appare, al contrario, primaria-mente irrazionale a tal punto da permetterle dimodificare la sua prima condizione mentale, so-prattutto sulla base del fatto che stava ormai pren-dendo coscienza che non sarebbe riuscita a rag-giungere quel grappolo d’uva.Questo secondo criterio mentale non è altro che laconferma del passaggio da una condotta epistemo-logica ad un’altra diversa, come ci conferma que-st’altra considerazione:

Dapprima la volpe ce la mette tutta e poi si disinte-ressa dell’uva. Inizialmente l’uva le è sembratamatura e poi l’ha “fatta diventare”, letteralmenteparlando, verde con la sua dichiarazione arbitraria.Nel primo comportamento troviamo un processocaratteristicamente razionale. Il primo comporta-mento è derivato dalla ragione: mettendosi sottol’uva, la volpe ha compiuto un insieme di azioni,una serie di passi: percezione di tutti gli input sen-soriali (colore dell’uva, odore), analisi, calcoli, ecc.,che sono gli stessi che fanno sì che una casalinga,al supermercato, scelga il grappolo più bello e nonperda tempo con uva ancora verde.Alla percezione dell’oggetto è seguita la disposizio-ne e l’inclinazione verso l’azione di sforzarsi. Lavolpe ha adottato un comportamento: probabilmen-te si è alzata su due zampe.Dopo un periodo di fiducia e impegno, ha cambiatoil proprio comportamento, si è tirata indietro a causadi una supposizione: “è ancora verde”. Ma il cam-biamento non è mediato da alcun elemento o pro-

cesso razionale giustificato. Non c’è nessuna tracciadi razionalità nel secondo comportamento. È appar-so improvvisamente, in modo sorprendente, comein seguito a una scoperta (Peter, 2006).

Eppure questo secondo cambiamento, apparentemen-te insensato, può trovare altrettante ragioni che pos-sono renderlo motivato se non più del primo.La volpe, come ognuno di noi, nel produrre un’azio-ne inefficace, non in grado di ottenere lo scopo pre-fissato, può benissimo iniziare a vivere una condi-zione frustrante, deludente, ed è più che comprensi-bile che nella sua mente possa emergere un altrobisogno, forse addirittura più pertinente e urgentedella fame.Quel secondo comportamento, quel giungere ad alte-rare la percezione dell’uva da matura ad acerba, trovacosì delle forti motivazioni: il rischio più che sensatoche dall’insuccesso del primo comportamento potes-sero originare delusione, dispiacere, sconforto e ango-scia, ha prodotto in lei un cambiamento di rotta cheha permesso di far passare in primo piano l’urgenzadi reagire a un possibile tracollo emotivo e quindi dispostare, in secondo piano, la sua ormai meno impor-tante necessità fisiologica relativa alla fame. Infatti:

Il nuovo comportamento non ha risolto il problemadella fame, ma ha salvaguardato la volpe dal pro-cesso di svalutazione di sé e da un insuccesso cheincombeva sulla sua esistenza e poteva nuocere nonsolo al senso della sua vita, ma al senso stesso delsuo essere (Peter, 2006).

In questa fiaba, in questa volpe, come in tutte le nar-razioni, si possono rispecchiare i comportamenti umani,poiché il senso dell’esistere, anche se sembra risolver-si con criteri mentali apparentemente illogici e in con-trasto con la ragione, è ben più forte e incisivo di tantialtri bisogni che in prima istanza possono apparirci pri-mari e importanti.Quella volpe, metafora tanto di un bambino quanto diun adulto, nel verificare il suo inevitabile senso dellimite, non potrà fare a meno di affidarsi, in qualsiasimomento e contesto di vita, ad una epistemologia

che dovrà far scattare una serie di operazioni menta-li mirate a risolvere la prospettiva del limite: salva-guardare la propria autostima, far emergere il verosenso dell’esistere, insomma proteggere e difenderela propria fragilità.

La volpe e l’uva, come tante altre fiabe e narrazioni,può essere un grande esempio educativo-didatticoper far prendere coscienza dei tanti limiti ai quali lanostra specie umana deve saper sottostare, penal’insoddisfazione, la delusione, l’angoscia, la malattiamentale e fisica.

* Manuela Mazzieri, Docente di Pianoforte presso la scuola

musicale “B. Gigli” di Recanati.

** Maurizio Spaccazocchi, Docente di Pedagogia della Musica

presso la Scuola quadriennale di Musicoterapia di Assisi.

Bibliografia

■ Fo D., Allegri L.Dialogo provocatorio sul comico, il tragico, la follia ela ragione, Laterza, Bari, 1990.

■ Peter R.Introduzione all’umano, Cittadella editrice, Assisi,2006.

■ Pinkola Estés C.Donne che corrono coi lupi, Frassinelli, Piacenza,1993.

■ Siegel D.J.La mente relazionale, Raffaello Cortina Editore, Milano,2013.

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INTRODUZIONELa Sindrome di Rett è la manifestazione di un gravedisordine neurologico causato da una mutazione ge-netica nel cromosoma X. Colpisce prevalentemente lapopolazione femminile con una frequenza piuttostorara, 1:10.000 neonate, gli embrioni maschili con que-sto disturbo spesso non riescono a terminare la gravi-danza oppure muoiono subito dopo la nascita.Oggi i test genetici possono confermare con certezzala diagnosi di questa sindrome; da quando vennedescritta per la prima volta nel 1966 dal pediatra eneuropsichiatra infantile austriaco Andreas Rett, ungran numero di ragazze è stato osservato e descritto,tuttavia, a causa del numero inadeguato di studi lon-gitudinali su questa popolazione, non è ancora possi-bile effettuare una prognosi a lungo termine.Per questo motivo ho deciso di illustrare un percorsodi musicoterapia con bambine e ragazze colpite daquesto disturbo, di età compresa tra i 7 e i 19 anni,allieve del Centro di Integrazione Zahrada a Praga inRepubblica Ceca, dove svolgono quotidianamente atti-vità volte a riequilibrare e stimolare le capacità dimovimento e la qualità della vita.L’istituto Zahrada è un centro di riferimento nazionalein Europa per il trattamento di disturbi fisici e sensoria-li come la Sindrome di Rett, ospita utenti perlopiù in etàscolare e tra le terapie e le attività svolte vi sono natu-ralmente la fisioterapia, l’ergo terapia, la stimolazionebasale, la stimolazione sensoriale Snoezelen e l’Atelièr

di Musicoterapia dove viene applicato il metodo dimusicoterapia olistica ideato e sviluppato dal Dott.Tomas Prohazka per il centro Zarada. Questo metodoprevede una combinazione di tecniche attive e recet-tive in un programma riabilitativo con colori, suoni eluci teso a stimolare o rilassare l’utente attraverso unacombinazione di vari stimoli, tra cui vibrazioni sonore.La musicoterapia riveste un ruolo molto importante inriabilitazione in quanto oltre ad essere un supporto diausilio per specialisti ed educatori è anche una fontedi motivazione, di gioia e dibenessere. La musica puòessere utilizzata in diversimomenti della giornata, in-dividualmente o in gruppo,e con finalità differenti; pro-muove un tipo di relazionebasato sulla comunicazione non-verbale e mira afavorire la produzione spontanea di suoni, come lavocalizzazione, o di movimenti associati ad un ritmocondiviso. Una metodologia è basata sull’improvvisa-zione di musica attiva ed è finalizzata alla produzionespontanea di suoni, un’altra si serve dell’utilizzo di vi-brazioni, principalmente a basse frequenze, volte astimolare una determinata reazione nell’individuo.Entrambe le tecniche sono complementari e, comevedremo nel dettaglio nella descrizione clinica dellesedute, è molto importante che la musica propostavenga scelta accuratamente sulla base della persona-

lità dell’utente. L’obiettivo del musicoterapeuta è svi-luppare o rinforzare determinate abiltà, mantenernealcune già esistenti o individuarne delle nuove.

DESCRIZIONE CLINICALa Sindrome di Rett è una malattia congenita i cuisintomi iniziano a manifestarsi precocemente: lo svi-luppo è apparentemente normale fino a quando ini-ziano a riscontrarsi i primi sintomi di inattività o re-gressione, durante questo periodo la persona perde

progressivamente le capa-cità comunicative sinora ac-quisite e la maggior partedelle facoltà motorie.Anche il sistema nervoso cen-trale viene colpito renden-do l’individuo parzialmente

o completamente non autosufficente. Il disturbo vienespesso confuso in fase di diagnosi con l’autismo infanti-le o la paralisi cerebrale.

Il trattamento musicoterapicoLe sedute sono svolte in un luogo tranquillo e pia-cevole in cui il terapista lavora in modo gradevole erilassante, egli accoglie l’utente così com’è, cercan-do di comprendere i suoi bisogni e di constatarecosa sia in grado di fare, che cosa gli piace e cosanon gli piace. Ogni seduta è strutturata in modocongruente con le necessità individuali ed è molto

MUSICAE SINDROME DI RETT

Matteo Maienza, Musicista, Musicoterapeuta, Firenze

TECNICHE DI MUSICOTERAPIAATTIVA E RECETTIVA

Music plays a key role in the treatmentof neurological disorders such as RettSyndrome, widely researched and verified

in every part of the world, the relationship betweenmusic and therapy goes beyond the educationaland relational, as we could see from the experiencescited in literature and from the applied researchat the Integration Center Zahrada in Prague with fourchildren of seven, eleven, fourteen and twenty years,the vibroacoustic stimulation as the use of musicalinstruments live performed in active and receptiveway has allowed to effectively control the statusof anxiety and agitation caused by the disease andconsequently reduce in a remarkable way musclespasms, hand- washing, digestion.

La Sindrome di Rettè una malattia congenitai cui sintomi inizianoa manifestarsi precocemente

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importante concedere all’utente il tempo necessarioper poter partecipare attivamente.Ogni seduta viene videoregistrata e si tiene un diario dibordo per le annotazioni. La sessione di solito inizia conla persona in posizione supina o seduta, il terapistaosserva se c’è una riduzione nei movimenti stereotipa-ti o nell’hand-washing1, se la persona appare rilassatao se è in grado di distendere le gambe.Successivamente la persona è posta in posizione prona,il terapeuta deve sempre mantenere un atteggiamentorassicurante prima di ogni cambiamento, egli può lascia-re un sottofondo musicale oppure creare momenti con-tenitivi accompagnandosi con strumenti musicali, oliessenziali, luci colorate diffuse.

ALCUNE STORIEP. 7 anniLa prima bambina si chiama P. ha 7 anni ed è un pic-colo raggio di sole in quanto in ogni attività che leviene proposta porta sempre con sé il sorriso e ilbuonumore. Il livello comunicativo della bambina èpressoché assente, anche se dimostra interesse epartecipazione verso le attività, non parla ma dimo-stra segni di approvazione. Non è in grado di com-prendere né di esprimersi in modo efficace. Le abili-tà motorie sono molto scarse e limitate, se accom-pagnata e sorretta dalle braccia può anche cammi-nare ma da sola può solo stare sdraiata o seduta inmodo passivo.Attraverso la musicoterapia ci siamo proposti dirilassare il suo corpo per evitare le tensioni dovuteagli spasmi della sua malattia, in questo modo èstato possibile evitare blocchi della digestione.Utilizzando le tecniche di musicoterapia attiva e re-cettiva abbiamo creato la cornice sensoriale adattaad un intervento non invasivo per rilassare e il tonomuscolare, quantomeno impegnandolo in attivitàgraduali, ad esempio cercando di finalizzare l’uso del-

le mani. Se la comunicazione verbale non è possibi-le, il terapeuta ha bisogno di trovare una formaalternativa di comunicazione: ad esempio è possibi-le far uso del repertorio di espressioni vocali già esi-stenti, determinarne il colore e l’intonazione e usar-le durante l’interazione. L’utente non sarà consapevo-le di questo processo finché non inizierà a memoriz-zare i propri suoni personali ed a utilizzarli per comu-nicare con il terapista.Abbiamo cercato di utilizzare determinate frequenze,servendoci anche di strumenti musicali come il pia-noforte, in modo tale da favorire il rilassamento cor-poreo, mentre con una corretta gestione del ritmoabbiamo potuto influenzare la respirazione dell’uten-te nella relazione musicale.Un metodo recettivo molto diffuso per la Sin-drome di Rett è la Terapia vibroacustica basata susuoni a basse frequenze, le prime esperienze diquesto tipo vennero messe in atto nel 1980 dalnorvegese Olav Skille (1991) che utilizzando unacomune coppia di altoparlanti e un telo per sdraiar-si ideò un metodo inizialmente descritto come “tec-nica per trasferire le vibrazioni a basse frequenze alcorpo umano per via aerea”. Successivamente ribat-tezzato massaggio sonoro a basse frequenze (prove-nienti da musica, onda sinusoidale e dalla loro com-binazione). L’obiettivo di Olav Skille era trovare unmodo in cui le vibrazioni potessero rilassare bambi-ni con gravi disabilità anche passando per una ridu-zione del tono muscolare. Nel dettaglio la terapiavibroacustica utilizzata a livello clinico si serve di unsuono a bassa frequenza tra 20Hz-70Hz. (Bergström-Isacsson, et al., 2007; Hooper, 2002; Skille, 1991;Wigram, 1996; Wigram & Dileo, 1997).Un’altra tecnica (che si avvale di vibrazioni) utilizza-ta nel centro Zahrada è il letto armonico, struttura inlegno su cui ci si può distendere completamente. Ècostruito in modo da permettere all’utente di riceve-re le vibrazioni, prodotte dal suono di corde pizzica-te dal terapeuta, su tutto il corpo. A differenza delmassaggio sonoro descritto da Olav Skille, cheimpiega strumenti elettronici, il letto armonico pro-duce uno spettro di frequenze armoniche simili aquelle proprie di un pianoforte.

A. 11 anniA. è una bambina che ha bisogno di assistenza con-tinua a causa delle vertigini molto forti e persistentiche le provocano la perdita dell’equilibrio. Non parlae non comunica verbalmente se non attraverso isegni Si/No. Come molte delle persone con Sin-drome di Rett è soggetta a frequenti sbalzi di umoreed è stato previsto un programma di musicoterapiaa lungo termine. La bambina inizialmente sedeva suldivano e ascoltava la musica, il suo handwashing eramolto energico e dimostrava ansia e contrazioni sututto il corpo, la sua respirazione era pesante e tal-volta piangeva. Con il passare del tempo ho potutonotare alcune preferenze musicali della bambina edè stato possibile continuare un percorso incentratosul suo benessere.Abbiamo provato ad appoggiare entrambi le manisulla tastiera del pianoforte in modo tale da perce-pirne la vibrazione.

A. ha dimostrato di apprezzare tale proposta piùvolte anche se, a causa degli spasmi muscolariincontrollabili, spesso abbiamo dovuto ricominciareda capo. Lentamente e con un profondo respiro ab-biamo provato ad essere nella musica insieme, cer-cando di sintonizzare il nostro respiro a tempo dimusica. A. si è calmata e rilassata, ha volontariamen-te appoggiato le mani sul pianoforte ed ha dimostra-to piacere attraverso grandi sorrisi e provando a suo-nare. Anche se durante le sedute A. prevalentemen-te ascolta ed osserva la produzione del terapista checerca di trasmettere attraverso il ritmo e il movimen-to determinati impulsi e frequenze, la bambina tal-volta è in grado di colpire i tasti producendo alcunenote, al termine della seduta è rilassata e tranquilla,

senza nessuno spasmo muscolare e si è notato unmiglioramento notevole nel ritmo della respirazione.Abbiamo potuto notare che gli spasmi muscolari e lecontrazioni nervose causate dalla malattia subisconouna notevole riduzione durante una seduta di musi-coterapia.

T. 14 anniT. è ua ragazza di carattere, non parla ma è possibi-le che capisca quello che le si dice, quando qualco-sa non le piace si arrabbia e grida molto. Se ascoltala musica si calma, specialmente con il suo cantan-te preferito, Karel Gott. Attraverso la musicoterapiaabbiamo voluto farle intraprendere un percorso rela-zionale che la metta nella condizione di usare lavoce in maniera creativa soprattutto per farla starebene all’interno di un gruppo.Generalmente T. fa molta fatica a relazionarsi con glialtri e durante le sedute mattutine di musicoterapia,in cui il terapista è al pianoforte e canta le canzonidi saluto augurando a tutti il buon giorno, T. restaperlopiù in disparte oppure si avvicina al pianofortepoggiando le mani sopra la tastiera.Da questo comportamento abbiamo dedotto che laselezione della musica deve seguire le inclinazionisoggettive; per alcuni può essere maggiormente si-gnificativo un genere familiare rispetto ad un suonoa basse frequenze e per questo motivo crediamo didover lasciare la scelta della musica alle intuizionidel momento. Ad ogni modo, ci sono delle motiva-zioni fondamentali per cui alcune frequenze sonopreferibili rispetto ad altre, ad esempio Tony Wigramha considerato la terapia vibroacustica come unintervento musicoterapico chiaramente utile e cheporta benefici anche alle persone in salute: le bassefrequenze utilizzate insieme alla musica hanno uneffetto di gran lunga maggiore rispetto all’utilizzoesclusivo di musica (Wigram T. & Dileo C., 1997).Questo metodo è stato testato a lungo come pianoterapeutico per persone con Sindrome di Rett,Wigram riporta dettagliatamente i risultati del suolavoro all’Harper House Children’s Service doveogni paziente viene sottoposto a sessioni regolari dimusicoterapia utilizzando il metodo del massaggio

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sonoro. Quando questi studi clinici vennero effettuatiper la prima volta vi erano informazioni molto limita-te circa gli effetti positivi della musica, mentre ad oggisono state raccolte numerose osservazioni cliniche cheriportano risultati positivi sullo stato di rilassamentogenerale, altre risposte sul piano fisiologico riguardanola respirazione, si assiste ad una considerevole riduzio-ne dell’iperventilazione e del relativo gonfiore, unariduzione significativa dei movimenti stereotipati e unrilassamento generale facilmente osservabile.

K. 20 anniLa sua comunicazione avviene soltanto attraverso gliocchi con cui è in grado di esprimere la preferenzaper qualcosa e di fare delle scelte. Ha un grave ritar-do psicomotorio, le piace la musica e partecipa atutte le sessioni di musicoterapia di gruppo in cui sidiverte ed esprime soddi-sfazione attraverso grandisospiri, il sorriso e il con-tatto oculare.Cerchiamo di utlizzare lamusicoterapia come curapalliativa, trasmettendolebuonumore attraverso ilcanto e con attività di percussioni che, inoltre, fungo-no da stimolazione per la coordinazione e il movi-mento, K. preferisce generalmente un rapporto indi-viduale con le insegnanti e per questo non abbiamolavorato nell’atelier di musicoterapia né abbiamosvolto sessioni individuali di musicoterapia; alla suaetà assistiamo ad un decadimento fisico generale male insegnanti e le terapiste che la seguono durantel’orario scolastico si prendono efficacemente cura dilei sotto ogni aspetto, assicurandole sempre un sere-no svolgersi della giornata attraverso attività creative,ludiche e funzionali come ad esempio dipingere,cucinare, suonare, passeggiare in giardino, riposare.

CONCLUSIONIIn questa breve esperienza presso il Centro diIntegrazione Zahrada di Praga ho potuto osservarediversi approcci e diverse metodologie applicate inmusicoterapia. Per educare e riabilitare pazienti affetti

da gravi e gravissime disabilità il centro si avvale in-nanzitutto di professionisti esperti in varie discipline,ognuna tesa a migliorare la qualità della vita degliutenti del centro.Che vengano utilizzate strumentazioni elettroniche oche si utilizzino strumenti musicali come il tamburo, lachiarra o il pianoforte, ogni intevento è finalizzato allarelazione tra terapista ed utente che può costituire unlegame positivo e duraturo.

Nella descrizione delle tecniche di musicoterapia atti-va e recettiva abbiamo constatato esservi una com-plementarietà, un dato molto importante se conside-riamo che la musica si serve della vibrazione comeelemento fondamentale.Che venga prodotta da un musicista o che vengaproposta pre-registrata all’interno in un protocollo

riabilitativo, l’utilizzo dellamusica non prescinde maidalla relazione con il tera-peuta. Abbiamo visto co-me la musica sia fonda-mentale nella cura dellebambine colpite dalla Sin-drome di Rett per garanti-

re una condizione di benessere ed influenzare posi-tivamente il ritmo della respirazione.Conseguentemente abbiamo visto come il correttoutilizzo di vibrazioni a basse frequenze favorisca inmaniera determinante il processo digestivo e lagestione degli stati di ansia e agitazione causati dallamalattia. Infine, si è potuto assistere ad una riduzio-ne notevole degli spasmi muscolari e della tipica ste-reotipia chiamata “hand-washing”.

Bibliografia

■ AA.VV.Rett syndrome, diagnosis, genetics, therapy, prac-tice, Zakladni Skola Zahradka, 2005.

■ Hooper J.The development of criteria for defining sedativemusic and its impact on adults with mild, moderate,and severe intellectual disability and challengingbehaviour, PhD Monograph, Aalborg University,Aalborg, 2010.

■ Larsson G.Rett syndrome, motor development, mobility andorthostatic reactions, Umeå University MedicalDissertations, New Series, No 1566.

■ Maienza M.Musicoterapia a cavallo, intervento di supporto allariabilitazione equestre per bambini con disturbi dellospettro autistico, Nuove Arti Terapie, Anno IX, n.27/2016.

■ Manarolo G.Manuale di Musicoterapia. Teoria, metodo e appli-cazioni della Musicoterapia, Edizioni Cosmopolis,Torino, 2006.

■ Märith Bergström-IsacssonMusic and Vibroacoustic Stimulation in People withRett Syndrome, A Neurophysiological Study.

■ Skille O.Music Therapy: Manual and Reports, Levanger: ISVAPublications, 1991.

■ Theresa E. Bartolotta, Patricia A.Remshifski, Research in Communication in “RettSyndrome: Where We Are, Where We Want to Be”,Seton Hall University.

■ Tomás ProházkaCelostní Prístup Muzikoterapii, in “Základymuzikoterapie” Di Jirí Kantor, Matej Lipsky, JanaWeber et al., GRADA Publishing, 2009.

■ Wigram T.Music Therapy for a girl with Rett's Syndrome:Balancing structure and Freedom, in K. Bruscia (Ed.),“Case Studies in Music Therapy” (pp. 39-55), Penn.USA: Barcelona, (Reprinted from: 1996), 1991.

■ Wigram T.Event-based analysis of improvisations using theimprovisation profiles (IAPs), in T. Wosch & T. Wigram(Eds.), Microanalysis in music therapy. Methods, tech-niques and applications for clinicians, researchers,educators and students (pp. 211-227), London andPhiladelphia: Jessica Kingsley Publishers, 2007.

■ Wigram T. & Dileo C.Music vibration and health, Cherry Hill, NJ JeffreyBooks, 1997.

Note

[1] Il termine hand-washing viene utilizzato per de-scrivere il movimento incontrollato delle mani che,spesso, comporta anche il frequente portarsi lemani alla bocca. Ricorda il gesto del lavarsi le mani.

Nel Centro di IntegrazioneZahrada di Praga ho potutoosservare diversi approccie diverse metodologieapplicate in musicoterapia

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L’EFFICACIA DELLO STIMOLOSONORO-MUSICALE

Eichmanns, Cavallini, Attardo, Caruso, Ferrari, Galbiati,Bressan, Lanzoni, Zoppo, Stefa, Marotta, Uccero,Barretta, Palmisano, Arenare, Bongiorni, Grillo *

NELLE PERSONE IN STATO VEGETATIVOE DI MINIMA COSCIENZA.UNO STUDIO CLINICO COMPARATIVO

Many national and international publicationssuggest that musical sound stimulus isparticularly suitable to treat consciousness

disorders (Bradt et al. 2010), because, comparedto other stimuli, it has the benefit of being widelyadaptable in its parameters, and it is characterizedby a twofold path of sound transmission (tympanicand osseous). In the present study we wanted toverify if for persons in a vegetative state (VS) orminimally conscious state (MCS), music-therapymay be a means of making contact withtheir environment. At the same time, we wantedto verify if the emerging professional role of themusic therapist may prove to be helpful inassisting medical and nursing staff in the treatmentand diagnosis of VS/MCS patients.

INTRODUZIONELo stato vegetativo (SV) è una condizione caratteriz-zata da:- perdita del contenuto di coscienza: ovvero perdita

di funzioni cognitive con assenza di interazionecon l’ambiente circostante;

- presenza dello stato di coscienza: cioè della vigi-lanza, con i ritmi circadiani di sonno-veglia;

- completo o parziale mantenimento delle funzioniautonomiche ipotalamiche e del tronco encefalico:attività cardiaca, respirazione, temperatura corpo-rea, pressione sanguigna (The Multi-Socienty TaskForce on PSV, 1994).

La terminologia per descrivere i disturbi di coscienzaè cambiata più volte negli ultimi decenni, da “sin-drome apallica” tra le prime proposte, al più recente“unresponsive wakefulness syndrome” (UWS) (Jennet,Plum 1972; Laureys et al. 2010). Mentre nel coma laperdita della vigilanza consegue alla depressione deltronco encefalo, nello SV la funzione del tronco è con-servata, ma viene a mancare l’interazione tra troncoencefalo, talamo e corteccia cerebrale (Defanti, 1996).Lo SV di solito si sviluppa dopo un periodo di comadi durata variabile, ma può anche seguire diretta-mente l’evento lesivo. Può portare al decesso; pro-gredire come spesso accade verso uno stato vegeta-tivo persistente (SVP), o un recupero definitivo otransitorio, raramente completo.Operativamente lo SV si definisce persistente quan-

do è presente ad un mese di distanza da un dannocerebrale acuto traumatico o non traumatico.La durata di uno SVP reversibile è variabile: mesi oanni. A 12 mesi da una lesione traumatica il 52% deipz adulti in SVP ripresenta un contenuto di coscien-za e da una lesione non traumatica recupera il 15%.Sulla base delle probabilità di recupero uno SV puòessere giudicato permanente dopo 12 mesi da uninsulto traumatico e dopo 3 mesi da uno non trau-matico. I pz in stato vegetativo riacquistano la co-scienza attraverso uno stato transitorio o definitivo,chiamato “Minimally Conscious State” (SMC), impor-tante da riconoscere per la riabilitazione, che è pro-prio di quei pz che dimostrano limitati ed inconsi-stenti segni di consapevolezza (Giacinto, 2004).Come nello SV, la diagnosi deriva da accurate, speci-fiche e ripetute valutazioni cliniche, il recupero di-pende soprattutto dal tipo e dalla gravità della neu-ropatologia ed i casi non traumatici hanno prognosipeggiore di quelli traumatici. La maggioranza deipazienti che sono in questa condizione di minimallyconscious state a 12 mesi dall’insulto, di qualsiasinatura, può recuperare qualcosa, ma non va oltre lostato di grave disabilità definito secondo la GOS(Giacinto, 1997).

Numerosi trattamenti sono stati sperimentati percercare di raggiungere il “risveglio cognitivo” dal co-ma o dallo SV. I principali approcci adottati riguarda-

no la terapia farmacologia; la stimolazione elettricadel SN; la stimolazione sensitivo sensoriale.In questo protocollo ci occuperemo di quest’ultimametodica, utilizzando come fattore facilitante lo sti-molo sonoro-musicale. Se il “risveglio” è la meta daraggiungere nel coma che non è più nella fase ini-ziale di emergenza-urgenza, la ripresa della coscien-za può intendersi in modo compiuto solo quandopresenta anche dei “contenuti”. Ecco perché il sem-plice risveglio, cioè la vigilanza, tipico dello SV, nonè un traguardo di per sé accettabile. Seppure possasembrare azzardato, si può sostenere che le proble-matiche poste dal paziente in coma, per il suo risve-glio, e quelle inerenti lo SV, per il raggiungimentodel contenuto di coscienza, non sono di molto dissi-mili. Tali analogie si riscontrano in letteratura anchenei metodi di stimolazione neurosensoriale propostinell’uno e nell’altro caso (Mitchell, 1990).Diversi sono i mezzi utilizzati e le modalità di som-ministrazione (durata, intensità, frequenza dello sti-molo) ma lo scopo è sempre quello di interessareuno o più dei cinque sensi. In particolare, per quan-to riguarda lo stimolo sonoro-musicale, la sollecita-zione di tipo “attivo”, ovvero attraverso la produzio-ne di suoni ritmi e sollecitazioni vibratorie tattili, ri-chiede la presenza dell’Operatore esperto in Musi-coterapia. Addentrandoci nel campo dei metodi direcupero della coscienza e del suo contenuto, ci siimbatte nella necessità di porre in atto tutti quei

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mezzi che possano ridurre la durata del coma (inquanto questo implica un migliore outcome), maanche nella scarsa possibilità di valicare i vari pro-grammi di stimolazione neurosensoriale proposti. Iparametri considerati per misurare l’efficacia di untrattamento di stimolazione sono solitamente di tipoclinico o di tipo strumentale (EEG, ECG, PE, etc.)(Wilson et al., 1993). Nell’uno e nell’altro caso, lascarsa standardizzazione rende il confronto fra quan-to riportato dai vari Autori di difficile comparazioneed i risultati individuali scarsamente convincenti(Aldridge et al., 1990; Sisson, 1990).Le premesse teoriche e sperimentali sulla efficaciadelle stimolazioni sensitivo-sensoriali, trova confor-to nel fatto che l’assenza di queste può portare rile-vanti modificazioni cognitive e comportamentalianche nel soggetto sano, o ne compromette il rego-lare sviluppo. Inoltre, intensi programmi di stimola-zione neurosensoriale possono portare ad un recupe-ro più o meno valido delle funzioni cognitive defici-tarie grazie alla neuroplasticità, cioè alla riorganizza-zione neuronale centrale (Giacinto, 1989; Chen et al.,2002). Non va però dimenticato il fatto che le per-formances cognitive possono essere efficacementeinfluenzate solo quando sono presenti livelli attentivie percettivi, seppur minimi. Se questo è il presuppo-sto, nel coma o nello SV tali potenzialità riabilitativerisulterebbero grandemente limitate, se non comple-tamente prive di efficacia (Lombardi et al., 1998).Pure ipotizzando che stimoli sonoro-musicali possa-no giungere, in soggetti in coma o in SV, ad una ela-borazione percettiva superiore, dobbiamo sottoli-neare il fatto che, se troppo intensi, come previstoin alcuni programmi riabilitativi, meccanismi diassuefazione potrebbero renderli inefficaci (Wood,1991). Per questo, siamo convinti che andrebberoprivilegiate quelle stimolazioni neurosensoriali chepiù si avvicinano, per modalità, intensità e durataalle sollecitazioni normali, come avviene quotidiana-mente durante le azioni di cura (nursing, sollecita-zioni verbali, setting, etc) di questi pazienti. Per con-cludere, lo scopo ultimo di tali metodiche è quello diridurre la durata dello SV e l’entità del possibiledisturbo cognitivo.

OBIETTIVI E METODIAbbiamo cercato di individuare, nelle persone in SVe SMC, le eventuali peculiarità che distinguono lemodalità di risposta alla stimolazione “sonoro-musi-cale” rispetto a quella “verbale”.In particolare abbiamo voluto verificare l’efficaciadello stimolo in pazienti in stato vegetativo o instato di minima responsività attraverso lo studiodella variabilità di alcuni parametri fisiologici e l’os-servazione di alcune risposte del paziente (stato dirilassatezza muscolare, tono apparente dell’umore;comunicazione non verbale corporea; livello di gra-dimento ed attenzione allo stimolo, etc.). Il fine ulti-mo è stato quello di verificare se lo stimolo sonoro-musicale fosse in grado o meno di creare un canale dicomunicazione alternativo tra il paziente e il musico-terapista - e attraverso la figura professionale anchecon familiari ed équipe – capace di migliorare la qua-lità di vita delle persone in stato vegetativo e diminima coscienza.

DISEGNO SPERIMENTALEQuesto studio clinico comparativo (stimolo sonoro-musicale versus stimolo verbale) è volto a confron-tare la diversa efficacia clinica di due stimolazioniche possiedono in comune l’utilizzo del canale sen-soriale acustico.L’approccio Musicoterapico ha previsto la sommini-strazione di percorsi musicali di volta in volta modu-lati, mentre nelle sessioni verbali i pazienti hannoricevuto la lettura di brani, sempre diversi, tratti dariviste e quotidiani. Da un punto di vista metodolo-gico sono state effettuate sedute bisettimanali, del-la durata di 30 minuti l’una, condotte da un musico-terapista. Un ciclo completo è di 16 sedute, 8 di let-tura e 8 di musicoterapia. Le sedute sono state pre-cedute da un inquadramento anamnestico sulle pre-ferenze culturali, artistiche e musicali anteriori lostato di coma, in base alle quali il musicoterapistaha individuato gli obiettivi e le strategie di inter-vento. Particolare attenzione è stata posta alle mo-dalità di verifica attraverso griglie osservative delmalato e il rilevamento di variabili fisiologiche, du-rante le sedute.

IL CAMPIONEPer lo studio sono stati reclutati 16 pazienti degenti presso il Nucleo per Stati Vegetativi e Grave Disabilitàdell’Istituto P. Redaelli di Milano, portatori di esiti di coma non-traumatico (post-anossico e post-ictale), di cui14 in SV e due in SMC. Il campione, 8 di sesso femminile e 8 di sesso maschile, era inoltre caratterizzato daun’età media di 61 anni, 4 anni di degenza dall’evento dannoso, e una grave compromissione del livello dicoscienza in seguito a lesioni cerebrali di natura emorragica o anossica (vedi tabella 1 e figura 1).

Sesso maschile / femminile 8/8 50% / 50%

Età: Media/ Range 61 (+/-11) 36-77

Eziologia dell’evento (emorragic/anoxic) 8/8 50% / 50%

Anni dall’evento (media, range) 4 (+/-3) 1-10

TABELLA 1: ASPETTI CLINICI E DEMOGRAFICI

CNC Class 444%

CNC Class 00% CNC Class 1

18%

CNC Class 213%

CNC Class 325%

Figura 1: Coma / Near Coma (CNC) Levels, 0 = extreme coma > 4 = no coma. N = 16

Il Personale Sanitario ha effettuata una visita medica con rilevamento dei parametri vitali a T0 (prima del trat-tamento) e a T17 (subito dopo l’ultima seduta), nonché la somministrazione della Rappaport CNC Scale(Rappaport et al. 1992) a T0 e a T17. Il musicoterapista ha somministrato una scheda anamnestica compren-dente le preferenze letterarie, artistiche e musicali; il musicoterapista ha inoltre redatto il protocollo della sedu-ta da T1 a T16; infine sono stati effettuati tests vegetativi, ovvero la misurazione all’inizio, a metà e alla finedi ogni seduta da T1 a T16 di: Pressione arteriosa; Ossimetria; Frequenza cardiaca; Frequenza Respiratoria, Tonomuscolare.

Tutte le analisi statistiche sono state condotte secondo un approccio del tipo intention to- treat, in base al qualetutti i pazienti che hanno soddisfatto i criteri di eleggibilità sono stati inclusi nelle analisi di efficacia. L’analisidelle variazioni dei punteggi per ciascuno dei parametri inclusi nel protocollo è stata effettuata tramite il testdi Kruskal-Wallis, un test non parametrico analogo all’ANOVA per la identificazione di possibili significativitànelle differenze tra i due tipi di intervento.

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SEQUENZA TEMPORALE DELLO STUDIOL’osservazione è stata condotta dal musicoterapista e dal personale professionale di reparto appositamente adde-strato. Il trial si è sviluppato nelle seguenti fasi:

■ Scheda clinica a cura del Medico di Reparto

a) ingresso:comprendente anamnesi, visita medica (esame obiettivo neurologico e generale), misurazione dei parametrivitali e referto di esami strumentali a conferma della diagnosi e della rispondenza ai criteri di inclusione,somministrazione della Rappaport CNC Scale;

b)dopo 16 sedute:visita medica all’uscita dal protocollo con misurazione di parametri vitali e somministrazione della RappaportCNC Scale.

■ Anamnesi sonoro-musicale e diario dei trattamenti (protocollo di osservazione) a cura del Musicoterapista

a) ingresso:tramite colloqui con i familiari, è stata compilata una scheda in cui erano riportate le preferenze letterarie,artistiche e musicali del pz prima dello stato di coma;

b)prima di ogni trattamento:sono stati indicati il materiale sonoro-musicale, oppure lo stralcio di giornale, utilizzato. Il Musicoterapista hainoltre compilato, dopo ogni seduta, un protocollo di osservazione delle “reazioni” del Paziente e la rile-vazione dei tests vegetativi.

T0 Scheda di ingresso

Visita medica Rappaport CNC Scale

T1 – T16 8 sessioni verbali: tests vegetativi pre e post-seduta

protocollo di osservazione dopo ogni seduta

8 sedute di musicoterapia: tests vegetativi pre e post-seduta

protocollo di osservazione dopo ogni seduta

T17 Visita medica Rappaport CNC Scale

TABELLA 2: SCHEMA DI MONITORAGGIO

Lo studio ha previsto la sottoscrizione di un Consenso Informato da parte del familiare o del rappresentante legale (tuto-re) del malato, secondo la normativa vigente. Lo studio è stato condotto nel rispetto e nella tutela dei dati personali.

DISCUSSIONE DEI DATITra tutte le verifiche effettuate, i Tests Vegetativi che appaiono influenzati, tra valori Pre- e Post- seduta, sia dallamusicoterapia (Fig. 2) che dalle letture (Fig. 3) sono: Pressione arteriosa; Ossimetria; Frequenza cardiaca; FrequenzaRespiratoria e Tono muscolare. Tuttavia, risulta statisticamente significativa solo la variazione del tono muscolare(Fig. 4), valutato utilizzando la scala di Ashworth modificata (Ansari et al. 2009; Ghotbi et al. 2009).

77 77 7475 1818 9595

MBP, mmHg HR, bpm RR, bpm Ox Sat, %

Pre Post

Figura 2: Valori medi rilevati prima (pre) e dopo (post) le sedute musicoterapiche:Pressione sanguigna (BP), Frequenza cardiaca (HR), Atti respiratori/min. (RR) e Saturazione del sangue (Ox Sat, %).

78 77 7373 18 9494

MBP, mmHg HR, bpm RR, bpm Ox Sat, %

Pre Post

Figura 3: Valori medi rilevati prima (pre) e dopo (post) le sessioni di lettura:Pressione sanguigna (BP), Frequenza cardiaca (HR), Atti respiratori/min. (RR) e Saturazione del sangue (Ox Sat, %).

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una breve pausa e ricanto la canzone. Adesso, perla prima volta, mi guarda e continua a guardarmiper il resto della seduta. Ho l’impressione di averlaraggiunta per la prima volta...».

2. C., sesso maschile, aa 59, SMC.«...mentre canto la canzone “Amsterdam” di D.Bowie, il pz mi segue con lo sguardo per tutto iltempo. Avvicino la chitarra alla sua mano sinistra:prima tocca un poco le corde, poi strofina la manosullo strumento. Al termine della seduta mi sembradi vedere scendere una lacrima dall’occhio destro...».

3. N., sesso femminile, aa 35, SMC.«...ho come l’impressione che la pz mi accolga conun sorriso. Si agita un po’ quando si procede allamisurazione dei parametri, ma poi, quando inizio asuonare la chitarra, si rilassa, mi guarda ancora unpochino e infine si addormenta. Sembra che non mistia ascoltando, tuttavia, appena smetto di suonare,riapre immediatamente gli occhi...».

CONCLUSIONILa ricerca di metodi di “risveglio” della coscienza è anco-ra in pieno sviluppo. Tutte le varie procedure risentono dicampioni troppo limitati, della difficoltà di eseguire studicontrollo, del polimorfismo delle modalità della stimola-zione ed anche di scale di valutazione spesso non con-vincenti. Tuttavia, riuscire ad individuare i cambiamentiche precedono e caratterizzano il recupero della coscienzaè estremamente importante. La ricerca di questi segni nonè compito facile in quanto sono sovente minimi, scarsa-mente obiettivabili, fluttuanti e necessitano di lunghiperiodi di osservazione. Inoltre gli stessi cambiamenti pos-sono essere interpretati in maniera diversa a seconda del-l’esaminatore. Da qui la necessità che il Musicoterapistasegnali in apposite schede segni di facile riscontro che,successivamente sottoposti e correttamente interpretatidall’équipe medica specialistica, possano divenire pre-dittivi di un recupero cognitivo. Come, ad esempio, ilreperto dell’incrocio spontaneo delle gambe (una cavi-glia sopra l’altra), in un soggetto in SV, appare indicare -secondo l’esperienza del gruppo di Udine (Verlicchi,Zanotti, 2000) - che avverrà la ripresa del contenutodella coscienza. Nonostante non si conosca ancora esat-

Riportiamo, di seguito, i grafici relativi alle variazioni del tono muscolare. Le variazioni del tono muscolare sono signi-ficative in: scapolo-omerale: 9 pazienti su 16; gomito: 8 pazienti su 16; polso: 10 pazienti su 16.

Tali risultati sembrano indicare unicamente una significativa riduzione delle medie del tono articolare tra prima edopo le sedute. Tuttavia, non si è ottenuta una variazione statisticamente significativa tra i diversi stimoli, sonoro-musicale versus ascolto di brani letti. È come se i malati avessero ricevuto un “benefico rilassamento” muscolaredalla seduta, indipendentemente dal tipo di stimolo.

tamente quale modalità di risveglio sia realmente effica-ce, questo indica il bisogno di sperimentare di più piut-tosto che l’opportunità di fare di meno. Pertanto, siamoconvinti che ad ogni paziente in SV vada offerta la pos-sibilità di fruire delle migliori metodiche possibili per ilrecupero cognitivo, quando esistono i presupposti poten-ziali affinché questo possa avvenire (Andrews, 1993).Inoltre la riduzione dell'ipertono muscolare dovrà esserepresa in considerazione come indicatore di un possibilemiglioramento – anche se minimo - della qualità di vita.

* Bettina Eichmanns, Matteo Cavallini, Lapo Attardo, Francesco

Caruso Musicoterapeuti - Ilaria Ferrari Neuroscienziata Cognitiva -Emanuela Galbiati Arte Terapeuta - Livio Bressan Neurologo,

Ospedale Bassini ICP Milano - Valentina Lanzoni, Linda Zoppo

Fisioterapiste - Raymond Stefa, Angela Marotta Infermiere

Professionali Referenti - Alessandro Uccero, Lello Barretta,

Rosario Palmisano Infermieri - Francesca Arenare Medico Nucleo

Stati Vegetativi Istituto P. Redaelli Milano - Nadia Bongiorni

Responsabile Nucleo Hospice e Nucleo Stati Vegetativi Istituto

P. Redaelli Milano - Antonio Grillo Dirigente Medico Area Socio

Sanitaria Istituto P. Redaelli Milano.

7,13

Ashwort verbal stimulation

Pre Post

Figura 4: Gli effetti dello stimolo verbale versus stimolo sonoro-musicale, espressi nella somma delle tre medie del tonomuscolare (scapolo-omerale, gomito e polso) prima (pre-) e dopo (post-) seduta.L’asterisco rappresenta la significatività statistica.

6,89 6,977,25

Ashwort music stimulation

* *

* p. 01 - Wilcoxon’s Matched pairs Test

Secondo Schiess et al. (2011), la riduzione del tono muscolare è stata considerata da vari autori un marker positi-vo per quanto concerne la qualità di vita.

RISPOSTE OSSERVABILI NEI PAZIENTIMentre i dati fisiologici non dimostrano una differenza significativa di efficacia tra i due stimoli, solamente i proto-colli di osservazione stilati delle sedute di musicoterapia – e non quelli delle sessioni verbali - riportano episodi direazioni osservabili emotive o comportamentali. Abbiamo scelto tre esempi:

1. B., sesso femminile, aa 76, SV.«...la pz apre gli occhi quando inizio a cantare un tema dalle “Nozze di Figaro” di Mozart, tuttavia, non misegue con lo sguardo. Mentre canto ha un attacco di tosse, fa fatica a respirare e diventa rossa in viso. Faccio

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SEGUE

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The current paper presents a randomisedcontrolled trial in which a cognitive trainingbased on rhythm-music and music

improvisation exercises had positive effects on executivefunctions in older participants. 35 residents in a guesthome with mild-moderate cognitive impairment andhealthy aging were randomly assigned to anexperimental group (n=18) featuring cognitive musictraining composed of 12 bi-weekly 70 min. sessions,and a control group (n=17) attended 12 bi-weekly 45min. sessions of gymnastic activities offered by theinstitute. A neuropsychological test battery wasadministered at baseline and at the end of treatment,including the Mini-Mental State Examination (MMSE),Verbal Fluency Test (VFL), Attentional Matrices Test (AMT),Trail Making Test A (TMT-A) and Clock-Drawing Test(CDT). Findings of a pre- and post-test comparisonshowed a significant improvement for the experimentalgroup reflected in the MMSE, VFL, and CDT, while thecontrol group did not show any significant improvements.In addition, there was a tendency towards significance forthe TMT-A. Regarding the AMT, no significant differenceswere found for the experimental group, while the controlgroup had a significant performance reduction. Findingssupport that the use of a cognitive protocol based onmusic-rhythmic exercises and music improvisationexercises is associated with improved cognitive functionsin older people with mild-moderate cognitive impairmentregardless of the individual’s degree of cognitive reserve.

INTRODUZIONELa riabilitazione cognitiva delle persone anziane è unargomento consolidato di ricerca e gli studi com-prendono anche attività espressive, come la musicache è stata testata come metodo alternativo per lastimolazione delle funzioni esecutive (Takahashi &Matsushita, 2006). Si tratta di una pratica espressivadiversa dagli esercizi comuni quali quelli carta e mati-ta e/o computerizzati di riabilitazione neuropsicologica(François et al., 2015; Romero-Naranjo, 2014; Särkämöet al., 2014). Diverse ricerche hanno dimostrato ilpotenziale della musica per migliorare le funzionicognitive generali e i sintomi neuropsichiatrici dei par-tecipanti con grave cedimento cognitivo (Hsu et al.,2015; Sung et al., 2011).Molti approcci e modelli potrebbero essere conside-rati nella progettazione di attività musicali comel’improvvisazione, un’attività creativa che stimoladiverse regioni del cervello (Limb & Braun, 2008).L’improvvisazione è anche uno dei metodi più utiliz-zati nei programmi terapeutici socio-educativi conpersone con deficit intellettivo (Brotons & Marti,2003; Hsu et al., 2015). L’improvvisazione musicalepuò migliorare le abilità cognitive e psicofisiologiche,come l’attenzione, la memoria, la comunicazione, ilcoordinamento senso-motorio, le capacità discrimi-native ed è stato dimostrato che vi sono influenzeanche nel comportamento delle persone (Biasutti,2013b; Limb & Braun, 2008). Inoltre, può migliorare

VALUTAZIONE DI UNARIABILITAZIONE COGNITIVAMUSICALE CON ANZIANI:

Michele Biasutti*, Università di PadovaAnthony Mangiacotti**, Università di Padova

UNA RICERCA CONTROLLATARANDOMIZZATA

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l’umore, indurre il benessere e ridurre i livelli di cor-tisolo (Romero-Naranjo, 2014).Ci sono diversi processi coinvolti nell’improvvisazio-ne, come uso del repertorio, comunicazione emoti-va, anticipazione, feedback e flusso (Biasutti, 2015).Questi aspetti sono stati analizzati individualmente eun approccio orientato ai processi è al centro di que-sta ricerca. Esistono diversi esercizi che stimolano lefunzioni cognitive a seconda della natura dell’attività diimprovvisazione musicale. Secondo Yuan et al. (2015)e Rodriguez-Fornells et al. (2012) l’uso di esercizi diimitazione e ritmici aiuta l’auto-generazione di nuoveconnessioni nel cervello. La ricerca si è soffermataanche sull’uso di musica familiare che può essere uti-lizzata per stimolare la memoria autobiografica deipartecipanti (Cuddy et al., 2017).La musica familiare attiva le regioni temporali bila-terali, le regioni temporali superiori e il giro paraip-pocampale, che svolgono un ruolo nel recupero delleinformazioni nella memoria a lungo termine, e nel-l’elaborazione verbale ed emotiva di melodie familia-ri (Satoha et al., 2006). Al contrario, le regioni dorso-laterali parietali e frontali sono coinvolte nei processianalitici (Bengtsson et al., 2007). Gli esercizi per lacreazione e la performance dei ritmi con musicamoderna o brani legati all’adolescenza dei partecipan-ti migliorano la motivazione per le attività terapeuti-che. Inoltre, la musica facilita la neurogenesi, la ripa-razione e la rigenerazione dei tessuti cerebrali, rego-lando la secrezione degli ormoni steroidei coinvoltinella plasticità cerebrale (Fukui & Toyoshima, 2008).Tuttavia, nella letteratura sono stati evidenziati alcu-ni limiti metodologici. McDermott et al. (2013) e Vinket al. (2004) hanno rilevato che solo alcuni studi suglieffetti di esercizi musicali, in persone con disturbi com-portamentali o cognitivi, hanno utilizzato criteri strut-turati per dimostrare la loro efficacia. Inoltre, l’inesat-tezza di alcune metodologie ha limitato la possibilitàdi generalizzare i risultati. In generale, le ricerchehanno adottato metodi sperimentali e approcci musi-cali diversi rendendo complessa la comparazione tra ivari studi. Sebbene siano state considerate le caratte-ristiche globali del dominio cognitivo, poca attenzioneè stata posta sulla valutazione degli effetti della musi-

ca su funzioni cognitive specifiche quali l’attenzione.Inoltre, i programmi di riabilitazione musicale dellericerche precedenti erano generici e non focalizzatisullo sviluppo di funzioni cognitive specifiche.

OBIETTIVI DELLA RICERCANel presente studio i limiti menzionati precedente-mente sono stati rivisti per progettare una ricercacontrollata e randomizzata su processi cognitivi spe-cifici con una valutazione accurata. Lo studio ha loscopo di verificare gli effetti di un programma inten-sivo di riabilitazione cognitiva musicale basato suesercizi musicali di ritmica e di improvvisazione perstimolare le abilità cognitive dei partecipanti. Sonostate considerate le seguenti domande di ricerca:- Quali sono gli effetti di una riabilitazione cognitiva

musicale sulle funzioni esecutive, quali le capacitàattentive di persone anziane con insufficienza co-gnitiva lieve-moderata e senza declino cognitivo?

- La riabilitazione cognitiva musicale ha effetti diversiin relazione alle caratteristiche cognitive dei parteci-panti (confronto dei partecipanti suddivisi in duegruppi in base al Mini-Mental State Examination(MMSE) ≤23 e >23)?

METODO■ PartecipantiIl gruppo di partecipanti è composto da 35 adulti diun centro residenziale per anziani nell’Italia nord-orientale. I dati demografici di base sono riportatinella Tabella 1.I criteri di inclusione sono stati:a) 60 anni o più;b)punteggio maggiore o uguale a 18 nel MMSE;c) nessuna psicopatologia che interferisca negativa-

mente con la partecipazione alla riabilitazione co-gnitiva musicale.

I criteri di esclusione sono stati:a) presenza di gravi disagi motori che non consentis-

sero al paziente di muoversi dalla sua stanza;b)aver partecipato ad un programma di riabilitazio-

ne cognitiva nell’ultimo anno;c) concomitante utilizzo di farmaci antipsicotici e/o

antidepressivi.

■ ProceduraI partecipanti sono stati reclutati con l’aiuto dello psi-cologo coordinatore del centro residenziale che hapresentato le attività e fornito informazioni sull’in-tervento di riabilitazione cognitiva musicale duranteuna breve conferenza prima dell’inizio delle attività.

I partecipanti sono stati assegnati casualmente,in seguito a una procedura di randomizzazione(numeri casuali computerizzati), ad un gruppo speri-mentale (n = 21) o a quello controllo (n = 20) comeriportato in Figura 1.

GRUPPO SPERIMENTALE GRUPPO DI CONTROLLO P(n=18) (n=17)

Età [range/media (SD)] 62-94/83.39 (7.81) 71-91/83.76 (6.16) 0.876*

Genere [femminile n (%)/maschile n (%)] 14 (77.8)/4 (22.20 9 (52.9)/8 (47.10) 0.164**

CRIqa [range/media (SD)] 79-141/104.22 (17.07) 83-143/106.88 (15.87) 0.637*

MMSEb [range/media (SD)] 18-30 /22.39 (3.65) 18-29/24.53 (3.50) 0.086*

CRIq: Cognitive Reserve Index Questionnaire; MMMSE: Minimental State Examination.

* t-test: età, CRIq, MMSE; ** Chi-quadro test: Genere

TABELLA 1: DATI DEMOGRAFICI DEI PARTECIPANTI ALL’INIZIO DELLA RICERCA

Figura 1:Il processo di selezionedei partecipanti alla ricerca

Persone eleggibili (n=230)

Processo di selezionePersone escluse (n=189)- non soddisfano i criteri (n=153)- rifiutano di partecipare (n=36)

Analisi

Analizzati (n=18)- Esclusi dall’analisi

1 ha lasciato il training prima della fine2 hanno rifiutato il post-trainig test

Analizzati (n=17)- Esclusi dall’analisi

3 hanno lasciato il training prima dellafine per problemi di salute

Persone che soddisfanoi criteri di inclusione (n=41)

Randomizzazione

Gruppo sperimentale Gruppo di controllo

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Dai 41 partecipanti randomizzati vi sono stati degliabbandoni: tre pazienti nel gruppo sperimentale etre nel gruppo di controllo hanno rifiutato di parte-cipare. Entrambi i gruppi erano omogenei e stati-sticamente bilanciati per età, sesso, CRIq e livellodi MMSE (Tabella 1). Il gruppo sperimentale hapartecipato ad un programma intensivo di riabilita-zione musicale cognitiva composto da 12 sedutebi-settimanali di 70 min., mentre il gruppo di con-trollo ha partecipato a 12 sessioni bi-settimanali diginnastica di mantenimento della durata di 45 min.Il gruppo di controllo ha avuto una condizioneparallela sperimentale non musicale in accordo conChanda e Levitin (2013) basata su attività di pale-stra adeguata al livello dei partecipanti. Alla finedello studio, ai partecipanti del gruppo di controlloè stato offerto gratuitamente di seguire il program-ma di riabilitazione cognitiva musicale, in modoche anche loro potessero ricevere i vantaggi dellariabilitazione. Anche se non si è trattato di un espe-rimento cieco, i potenziali errori sono stati minimiperché i dati sono stati raccolti con strumenti quan-titativi lasciando poco spazio alla soggettività.

STRUMENTILa seguente batteria di test neuro-psicologici è statasomministrata ai partecipanti in fase pre e post training:1. Mini-Mental State Examination (MMSE; Folstein et

al., 1975), strumento usato a livello internazionaleper lo screening generale delle funzioni cognitive,che permette di valutare le persone su una scalacognitiva e funzionale. Si tratta di un test che puòessere usato per seguire il corso di una malattia oper monitorare la risposta specifica ad un trattamen-to, come nel caso del presente studio. Il punteggiototale va da 0 (minimo) a 30 punti (massimo).Un punteggio pari o inferiore a 18 indica una com-promissione severa delle abilità cognitive; un pun-teggio tra 19 e 24 è indice di un decadimentocognitivo da moderato a leggero; un punteggio di25 è considerato borderline, mentre un punteggioda 26 a 30 indica la normalità cognitiva.

2. Test di Fluenza Verbale (VFL; Mondini et al., 2011),permette di valutare le abilità di accesso e recu-

pero lessicale, così come le abilità di organizzareuna propria strategia di ricerca e di indagare laflessibilità mentale del paziente. In questo test lepersone devono pronunciare quante più parole pos-sibili che iniziano con una specifica lettera in 60s.Il punteggio totale è equivalente alla media delnumero di parole prodotte per ogni lettera, esclu-se le ripetizioni.

3. Test delle Matrici Attentive (AMT; Spinnler e Tognoni,1987), per misurare l’attenzione selettiva. Il punteg-gio totale varia da 0 (minimo) a 60 punti (massimo).

4. Trail Making Test A (TMT-A; Mondini et al., 2011),valuta le capacità di pianificazione spaziale in uncompito visuo-motorio, oltre che l’attenzione se-lettiva e la velocità psicomotoria.Il punteggio finale si ricava dal numero totale deisecondi necessari al completamento del test.

5. Test dell’orologio (CDT; Mondini et al., 2011), per valu-tare le abilità prassiche, l’abilità di rappresentazionementale oltre che le capacità logiche e di pianificazio-ne del paziente. In questa versione del test, il pun-teggio varia da 0 (minimo) a 10 punti (massimo).

In fase pre-test è stato somministrato anche il CognitiveReserve Index questionnaire (Nucci et al., 2011).Questo test è stato utile per verificare se i parteci-panti erano comparabili a livello di riserva cognitiva.Tutti i 35 partecipanti hanno preso parte alla fase divalutazione tramite la batteria neuropsicologica.Tuttavia, a causa della lunghezza della valutazione,sette partecipanti del gruppo sperimentale e sei delgruppo di controllo non hanno effettuato il TMT-A.Inoltre, due partecipanti di entrambi i gruppi hannorifiutato di completare l’AMT e il CDT. I partecipantiche non hanno preso parte alla valutazione sonostati esclusi dalle analisi statistiche.

ATTIVITÀGli esercizi del programma di riabilitazione cognitivamusicale sono stati strutturati per essere di facilecomprensione ed esecuzione, presentando un gradodi difficoltà crescente. Non si tratta di esercizi ripeti-tivi o monotoni ma di attività progettate per stimo-lare la creatività e le funzioni esecutive, per svilup-pare e consolidare le competenze interpersonali,

come le capacità di comunicazione, i processi deci-sionali e la leadership (Biasutti, 2013a). Inoltre, gliesercizi erano volti a stimolare i seguenti processi diimprovvisazione: utilizzo del repertorio, comunicazio-ne emotiva, anticipazione e feedback (Biasutti, 2015;Biasutti & Frezza, 2009; Degli Stefani & Biasutti, 2016).Gli esercizi sono stati progettati per facilitare la cono-scenza e favorire una relazione all’interno del gruppoe il coinvolgimento dei partecipanti. L’intento era anchedi sviluppare le capacità di osservazione e di giudiziolegate ai processi di pianificazione e attenzione.Le attività comprendevano esercizi di improvvisazio-ne vocale e strumentale nel quadro teorico dellaterapia di orientamento alla realtà (Folsom, 1968),della musicoterapia attiva con improvvisazione(Nordoff & Robbins, 1977) e della musicoterapia neu-rologica (Thaut & Hoemberg, 2014).Gli esercizi sono stati progettati secondo le seguen-ti due categorie:- Imitazione, creazione ed esecuzione di ritmi:

sono stati progettati una serie di esercizi di bodypercussion con strumenti a percussione per sti-molare l’attenzione sostenuta, divisa, selettiva ealternata, concentrazione e memoria a breve elungo termine. Questi esercizi, basati sulla ripro-duzione di ritmi con strumenti musicali, hannostimolato le abilità cognitive coinvolte nel movi-mento, hanno incoraggiato la programmazione disequenze intenzionali di movimenti e la pianifi-cazione di movimenti prassici intenzionali (Streetet al., 2015). I processi coinvolti in queste attivi-tà erano l’anticipazione, la comunicazione emoti-va e il feedback. La musica di sottofondo è statautilizzata anche in alcune di queste attività, comead esempio brani di musica moderna (scelti tra iprimi dieci successi pop del periodo dello studio)e brani di musica appartenente alla gioventù deipartecipanti (musica italiana famosa dagli anniTrenta agli anni Sessanta). Inoltre, gli esercizi conbackground musicali sono stati proposti per sti-molare la memoria autobiografica dei partecipan-ti (Cuddy et al., 2017), le loro abilità di discrimi-nazione e l’espressione del sé, legata alle emo-zioni provate.

- Scat singing: si tratta di una tecnica di improvvisa-zione vocale con vocaboli senza parole e sillabesenza senso. In tali esercizi, i partecipanti sonostati incoraggiati a eseguire improvvisazioni imita-tive con tecnica scat su un sottofondo musicale dalvivo e registrato. Lo scopo di questi esercizi era distimolare processi quali: l’anticipazione, l’uso delrepertorio, la comunicazione emotiva, il feedback ele funzioni relative alle abilità di fluenza fonetica.Le attività sono state erogate da un’équipe che com-prendeva uno specialista con una preparazione sia incampo musicale, sia in campo neuropsicologico.

RISULTATII dati raccolti sono stati analizzati attraverso il soft-ware IBM SPPS Statistic 19. Per individuare le diffe-renze tra i gruppi nei punteggi ottenuti nelle fasi pree post intervento, è stata effettuata un’analisi dellavarianza a misure ripetute.I punteggi ottenuti dal gruppo sperimentale in fasepre e post intervento sono stati poi suddivisi in duegruppi utilizzando il cut-off del MMSE (≤23) e sonostati analizzati anch’essi attraverso un’analisi dellavarianza a misure ripetute. È stato calcolato anchel’età quadro parziale (pη2) come indice della dimen-sione dell’effetto. Questa analisi ha consentito dicapire se il training poteva essere non solo un trat-tamento efficiente per i partecipanti con disfunzionecognitiva lieve-moderata ma anche un metodo peraumentare le capacità cognitive di persone sane.In riferimento alla prima domanda di ricerca, il grup-po sperimentale (Tabella 2) ha mostrato un incre-mento significativo nelle seguenti misure: MMSE(F(1,33) = 13.906; p < 0.001; pη2 = 0.296), VFL(F(1,33) = 6.816; p < 0.013; pη2 = 0.171), CDT(F(1,29) = 16.744; p < 0.001; pη2 = 0.366) e unatendenza alla significatività per il TMT-A (F(1,20) =3.268; p < 0.086; pη2 = 0.140). Contrariamente, ilgruppo di controllo è rimasto stabile in quasi tutti itest senza riportare nessuna differenza significativa.In riferimento alla performance ottenuta nell’AMT, ilgruppo sperimentale non ha dimostrato nessuna diffe-renza significativa (F(1,29) = 2.833; p < 0.103; pη2 =0.089) mentre il gruppo di controllo ha presentato una

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riduzione significativa della prestazione (F(1,29) =3.947; p < 0.050; pη2 = 0.120).In riferimento alla seconda domanda di ricerca, l’anali-si dei dati del gruppo sperimentale suddiviso in base alcut-off del MMSE (Tabella 3) ha mostrato che il gruppocon MMSE≤23 (partecipanti con decadimento cognitivolieve-moderato) hanno ottenuto un miglioramentosignificativo all’interno del gruppo in quasi tutti i test:MMSE (F(1,16) = 18.727; p < 0.001; pη2 = 0.539), VFL(F(1,16) = 14.687; p < 0.001; pη2 = 0.479), CDT(F(1,14) = 17.479, p < 0.001; pη2 = 0.555), e unatendenza alla significatività nell’AMT (F(1,14) = 3.846,p < 0.070; pη2 = 0.216), mentre i miglioramenti ottenu-ti nel TMT-A non sono risultati statisticamente significativi(F(1,9) = 1.634, p < 0.233; pη2 = 0.154). Invece, il grup-po con MMSE > 23 è rimasto stabile in tutti i test enon ha presentato differenze significative.

DISCUSSIONEI confronti pre e post intervento hanno evidenziatomiglioramenti significativi per il gruppo sperimenta-le in quasi tutti i test, in particolare nel MMSE e nelCDT, mentre il gruppo di controllo ha avuto presta-zioni stabili in tutti i test.Considerando questi risultati, possiamo sostenereche il programma di riabilitazione musicale cognitivaha migliorato le funzioni cognitive generali dei par-tecipanti, l’attenzione selettiva, la pianificazione e leabilità logiche e le capacità legate all’accesso e alrecupero del lessico, in accordo con i risultati deglistudi precedenti (François & Schön, 2011; Hegde,2014; Romero-Naranjo, 2014; Särkämö et al., 2014).I miglioramenti significativi del gruppo sperimentalenel CDT potrebbero essere spiegati con i miglioramen-ti nell’elaborazione dei processi di anticipazione legatialla pianificazione e alle capacità logiche stimolatedagli esercizi di improvvisazione musicale (Biasutti,2015). Inoltre, i processi di feedback sono migliorati esono legati al progresso delle funzioni attentive e allecapacità di localizzazione spaziale visiva misurate daltest TMT-A. Tuttavia, per il miglioramento nel TMT-A c’èstata solo una tendenza alla significatività e questo èstato dovuto probabilmente al drop-out dei parteci-panti. L’AMT ha fornito dei dati aggiuntivi per la valu-

tazione del programma di riabilitazione cognitiva musi-cale: il gruppo sperimentale ha mostrato una maggio-re prestazione, anche se non significativa, mentre ilgruppo di controllo ha mostrato una riduzione signifi-cativa delle prestazioni. In questo caso, la riabilitazio-ne sembra aver fornito una sorta di “protezione tem-poranea”, stimolando e rafforzando le aree coinvoltenell’esecuzione dei test.I risultati significativi del VFL potrebbero essere spiegaticon gli esercizi di improvvisazione scat che potrebberoaver migliorato le capacità di accesso e di recupero les-sicale. Inoltre, potrebbero essere coinvolte capacità fron-tali come la capacità di organizzare una strategia diricerca adeguata. Questi risultati supportano le ricer-che precedenti sull’uso del canto per migliorare lafluenza dei pazienti (Yamaguchi et al., 2012).L’improvvisazione musicale ha influenzato positiva-mente i processi attentivi, nonché le competenzelegate alla percezione spaziale, alla memoria e allacomunicazione nei partecipanti con disabilità cogni-tiva. L’uso di musica familiare come sottofondo du-rante gli esercizi ha stimolato anche la memoriaautobiografica dei partecipanti (Cuddy et al., 2017),le loro abilità di discriminazione e l’espressione delsé, legata alle emozioni provate.L’analisi del gruppo sperimentale diviso in base alcut-off del MMSE ha evidenziato che la riabilitazioneè stata efficace per i partecipanti con insufficienzacognitiva lieve-moderata (con MMSE≤23) mentre glialtri partecipanti non hanno dimostrato migliora-menti significativi. Tuttavia, dovrebbe essere conside-rato l’effetto tetto delle prove, nonché la bassa nume-rosità del campione dei partecipanti con MMSE>23,che potrebbero spiegare le differenze significative trai due gruppi.I partecipanti con un elevato MMSE hanno mostra-to miglioramenti, anche se non statisticamente si-gnificativi, rispetto ai partecipanti con punteggiMMSE inferiori. Tuttavia, la stabilità di questo gruppopotrebbe essere spiegata attraverso il fatto che gliesercizi hanno contribuito al mantenimento delle abi-lità cognitive.Occorre considerare le seguenti limitazioni per il pre-sente studio. In primo luogo, la bassa dimensione

GRUPPO SPERIMENTALE

MMSE≤23 MMSE>23

Pre Post Pre PostTest n. media (SD) media (SD) p (pη2) n. media (SD) media (SD) p (pη2)

MMSE a 11 19.91 (1.81) 23.36 (3.29) 0.001 (0.539)** 7 26.29 (1.80) 27.57 (1.40) 0.217 (0.094)

VFL b 11 11.00 (6.56) 15.55 (9.17) 0.001 (0.479)** 7 19.43 (12.83) 19.29 (10.13) 0.925 (0.001)

AMT c 9 20.00 (10.11) 23.00 (9.30) 0.070 (0.216) 7 28.29 (14.69) 29.43 (14.95) 0.521 (0.030)

TMT-A d 5 180.00 (43.73) 149.40 (52.26) 0.233 (0.154) 6 153.83 (86.33) 123.83 (60.83) 0.203 (0.173)

CDT e 9 1.78 (1.56) 4.33 (2.63) 0.001 (0.555)** 7 5.21 (3.19) 6.071 (3.32) 0.237 (0.098)

MMSE: Minimental State ExaminationVLF: Test di Fluenza VerbaleAMT: Test delle Matrici AttentiveTMT-A: Trail Making Test ACDC: Test dell’orologio

* P <.05 per cambiamenti dei punteggi within-group prima della riabilitazione** P <.001 per cambiamenti dei punteggi within-group prima della riabilitazione

TABELLA 3: PUNTEGGI DELLA BATTERIA NEUROPSICOLOGICA PRIMA E DOPO LA RIABILITAZIONE COGNITIVA MUSICALENEL GRUPPO SPERIMENTALE SUDDIVISO PER CUT-OFF DEL MMSE

Test GRUPPO SPERIMENTALE GRUPPO DI CONTROLLO

Pre Post Pre Postn. media (SD) media (SD) p (pη2) n. media (SD) media (SD) p (pη2)

MMSE a 18 22.39 (3.65) 25.00 (3.39) 0.001 (0.296)** 17 24.53 (3.50) 23.47 (4.46) 0.151 (0.061)

VFL b 18 14.28 (10.06) 17.00 (9.44) 0.013 (0.171)* 17 15.41 (9.73) 15.88 (7.54) 0.664 (0.006)

AMT c 16 23.63 (12.61) 25.81 (12.10) 0.103 (0.089) 15 25.00 (10.20) 22.33 (7.33) 0.050 (0.120)*

TMT-A d 11 165.73 (68.39) 135.45 (55.87) 0.086 (0.140) 11 159.00 (67.57) 154.09 (61.29) 0.772 (0.004)

CDT e 16 3.28 (2.91) 5.09 (2.98) 0.001 (0.366)** 15 4.43 (3.43) 4.03 (3.00) 0.389 (0.026)

MMSE: Minimental State ExaminationVLF: Test di Fluenza VerbaleAMT: Test delle Matrici AttentiveTMT-A: Trail Making Test ACDC: Test dell’orologio

* P <.05 per cambiamenti dei punteggi within-group prima della riabilitazione** P <.001 per cambiamenti dei punteggi within-group prima della riabilitazione

TABELLA 2: PUNTEGGI DELLA BATTERIA NEUROPSICOLOGICA PRIMA E DOPO LA RIABILITAZIONE COGNITIVA MUSICALENEI GRUPPI SPERIMENTALE E DI CONTROLLO

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del campione, specialmente nell’analisi con il grup-po sperimentale suddiviso in base ai punteggi delMMSE bassi e alti. In secondo luogo, ci sono statesolo 12 sessioni bi-settimanali che potrebbero nonessere sufficienti per identificare miglioramenti intutte le funzioni cognitive. In terzo luogo, alcuni testavevano un basso potere discriminativo e non con-sentivano la piena valutazione delle capacità di alcu-ni partecipanti. Quarto, alcuni partecipanti hanno ri-fiutato di completare alcune prove della batteria neu-ropsicologica perché troppo lunghe.

CONCLUSIONIL’analisi quantitativa ha mostrato che la riabilitazionecognitiva musicale ha avuto un impatto positivo nelgruppo sperimentale e ha avuto effetti significativisulle funzioni esecutive, in particolare sull’attenzione,nelle persone anziane con insufficienza cognitivalieve-moderata, indipendentemente dal grado di ri-serva cognitiva. Questo tipo di programma potrebbeessere un’alternativa efficace a quelli con attivitàcarta e matita e/o agli esercizi al computer utilizza-ti di solito nella riabilitazione neurocognitiva dellepersone anziane.Il presente studio potrebbe avere diversi sviluppi. Inprimo luogo, potrebbero essere analizzate le varia-bili neurologiche applicando misure EEG o MRI perraccogliere dati sulle parti del cervello attivate dal-l’improvvisazione. In secondo luogo, le misure uti-lizzate, come l’AMT, erano legate principalmente al-l’attenzione visiva e alle capacità visuo-spaziali esarebbe interessante utilizzare delle misure specifi-che per individuare le differenze o i miglioramentinel dominio uditivo.Nella ricerca attuale è stato dimostrato che la riabili-tazione è stata particolarmente vantaggiosa per i par-tecipanti con MMSE≤23. Sarebbe interessante verifi-care, in uno studio longitudinale, questi effetti con-frontando una riabilitazione musicale con altri pro-grammi di prevenzione cognitiva in persone con lievicedimenti cognitivi. Inoltre, potrebbero essere appro-fonditi anche gli effetti delle tecniche di improvvisa-zione scat in altri campi come la riabilitazione di per-sone affette da afasia.

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RINGRAZIAMENTIGli autori ringraziano il coordinatore dei servizi di riabi-litazione del centro residenziale per anziani DomenicoSartor, la dottoressa Giovanna Cipriani e tutto il suostaff per il sostegno al progetto.

* Michele Biasutti è il direttore del progetto di ricer-ca e ha contribuito con la revisione della letteratura,il metodo di studio e l’interpretazione dei risultati.** Anthony Mangiacotti ha contribuito con il metododello studio, ha supervisionato l’ambiente clinico, haimplementato le attività, ha raccolto i dati e ha effet-tuato analisi statistiche.

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MUSICOTERAPIAE RIABILITAZIONE:UN’ESPERIENZA PERSONALE

Roberto Pretto, Educatore professionale,Musicista, Musicoterapista, Torino

LA SINDROME DI MARTIN-BELL

This article deals with an interventionof active music therapy witha person affected by X Fragile Syndrome.

Following the clinical description of such process,we can analyse the musical data as evinced bya series of questionnaires, targeted observationsand manipulation sessions with various instrumentsand subsequently interpret the data.After describing the working goals that have beenestablished, the outcome of such work can be reviewed.

L’articolo qui presentato è la sintesi del percorso musi-coterapico da me condotto su un paziente portatoredella Sindrome di Martin Bell (X Fragile Syndrome).

ALCUNE PREMESSENell’ambito riabilitativo gli interventi di musicoterapiadovrebbero sempre affiancarsi ed integrarsi a quelli dicarattere sanitario, psicologico ed educativo, affinchénon siano da un lato esperienze a sé stanti e dall’al-tro perché portatori di uno sguardo peculiare ed arric-chente. A questo riguardo infatti il musicoterapistanell’offrire uno spazio di ascolto e di comunicazionenon verbale e nello stabilire, attraverso la musica, unarelazione con il paziente, recupera materiale di inda-gine preziosissimo, nonché di aiuto per quei tratta-menti complessi, come nel caso di pazienti psichiatri-ci, con pluridisabilità o con danni neuropsicologici.Per rendere sempre più standardizzate e omogenee lepratiche musicoterapiche ed aumentarne non solo laleggibilità, ma anche la validazione, il confronto conaltri studi e l’eliminazione di spiegazioni alternativedei risultati è quindi necessario, sempre più, ragiona-re in termini di EBP1 ovvero integrare i dati desuntidalle osservazioni con i risultati dei trials di efficacia.Al riguardo Michael H. Thaut del Colorado StateUniversity afferma che “il ruolo della musicoterapiaha subìto un cambiamento radicale fin dai primianni 90, determinato dalle nuove intuizioni derivan-ti dalle ricerche sulla relazione fra la musica e le

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funzioni cerebrali. In particolare modo l’avventodelle moderne tecniche di ricerca nelle neuroscien-ze come la brain imaging e la registrazione delleonde cerebrali (EEG, EMG) ha permesso di studiaredal vivo le funzioni cerebrali umane, facendo emer-gere la complessa mappatura dei processi cerebralicoinvolti nella creazione e nella percezione musica-le. Queste ricerche hanno, inoltre, dimostrato che lamusica ha una chiara influenza sul cervello stimo-lando processi fisiologici, cognitivi, affettivi e senso-motori e, in quanto linguaggio sonoro altamentestrutturato, può essere utilizzato in modo estrema-mente efficace per la riabilitazione […]. Queste sco-perte hanno così determinato la nascita di un suc-cessivo corpus di ricerche, i cui risultati mostrano, inmodo ancora più forte e scientifico, l’efficacia dellamusicoterapia passando da un modello basato suruoli culturali e sul concetto di generale benessere,ad un modello che pone le sue basi nelle neuro-scienze studiando le funzioni cerebrali e la percezio-ne musicale. Questo paradigma ha elevato e mossola musicoterapia da modalità aggiuntiva ad elemen-to centrale in riabilitazione e terapia”.

LA SINDROME MARTIN-BELLLa Sindrome Martin-Bell (Fragile X Syndrome) de-scritta per la prima volta nel 1943 da Martin e Bell,insieme alla Sindrome di Down, è una delle più co-muni forme di disabilità cognitiva di tipo ereditario,ed è determinata dalla presenza sul cromosoma X diuna porzione di materiale genetico instabile. Nel1991 si riuscì ad isolare il gene che viene colpitodalla mutazione, il gene FMR1. Quest’ultimo ha unafunzione che potrebbe essere definita regolativa:aiuta cioè altri geni a organizzare la propria attivitàattraverso la produzione di una proteina FMRP2, cheprende parte a importanti processi neuronali.Il gene FMR1 contiene, nella parte iniziale, una se-quenza ripetuta di tre basi nucleotidiche (Citosina,Guanina, Guanina; ovvero tripletta CGG). Nella popo-lazione la ripetizione della tripletta è altamente poli-morfica sia in termini di composizione che di esten-sione e generalmente viene suddivisa in quattrolivelli: normale (5-40 ripetizioni), intermedio (45-50

ripetizioni), premutazione (55-200 ripetizioni) e mu-tazione piena (oltre 200 ripetizioni). Nel livello nor-male la tripletta è stabilmente trasmessa alla proge-nie, mentre nei due successivi le ripetizioni tendonoa espandersi in dimensione durante la trasmissionealla generazione successiva, fino alla condizione dimutazione piena.La modalità di trasmissione della sindrome presentaalcune caratteristiche peculiari. Poiché il gene è loca-lizzato sul cromosoma X, la malattia si manifesta inmodo diverso nei due sessi:1. I maschi con la mutazione completa ne sono sem-

pre affetti, mentre solo circa la metà delle femmi-ne con la mutazione completa presenta i sintomidella malattia. Ciò accade perché queste ultime,possedendo due cromosomi X, hanno anche unacopia del gene che può funzionare correttamente.

2. Maschi e femmine portatori della mutazione, inve-ce, sono clinicamente normodotati.

Nel passaggio alle generazioni successive la permu-tazione può espandersi; tuttavia il gene FMR1 puòesistere nello stadio di permutazione in una famigliaper parecchie generazioni senza che causi alcun pro-blema di sviluppo. È da sottolineare che la tendenzaall’espansione della sequenza ripetuta CGG si verifi-ca solo quando la permutazione è trasmessa dallamadre, mentre quando è trasmessa dal padre rima-ne stabile. In questo caso, quindi, le figlie femminericeveranno la permutazione senza che avvenganovariazioni nel numero delle triplette CGG. I figli maschiricevendo dal padre il cromosoma Y non sono a ri-schio di ereditarne la permutazione.

LE CARATTERISTICHEPSICHICHE E COMPORTAMENTALIFra gli aspetti che caratterizzano maggiormente lasindrome, si rintracciano la presenza di ritardo men-tale di grado variabile da lieve a severo, congiunta-mente ai disturbi dell’apprendimento e del compor-tamento. In particolare si rilevano atteggiamenti ste-reotipati, con presenza di ripetitività, iperattività mo-toria, impulsività.In questi soggetti le capacità cognitive possono esse-re molto variabili. Generalmente le abilità verbali so-

no superiori a quelle non verbali, con presenza di unvocabolario ricco e buone capacità imitative. Uno deiloro punti di forza è dato dalla memoria a lungo ter-mine: ricordano per lungo tempo avvenimenti spe-cialmente se per loro interessanti. Di contro presen-tano dei disturbi riguardanti la memoria a breve ter-mine e di lavoro, delle funzioni esecutive e delle abi-lità matematiche.Sul piano del linguaggio si rilevano differenze sostan-ziali fra i soggetti, passando da un’assenza dello stes-so a disturbi lievi della comunicazione verbale. Il qua-dro caratteristico è generalmente quello di un eloquiodisordinato, caratterizzato da un ritmo normalmenteveloce e fluttuante nel parlare, associato a difficoltànel mantenere l’attenzione su di un argomento.La conversazione è solitamente poco fluente, le frasisono lasciate incomplete e sono presenti ecolalia eperseverazione verbale. Il discorso è spesso di tiposcherzoso con tono altalenante (litania). In particola-re si registra la ripetizione delle ultime parole o frasidette loro (ecolalia), immediatamente dopo averlasentita (ecolalia immediata) oppure in un secondotempo (ecolalia ritardata). Sebbene la comprensionedelle singole parole sia spesso adeguata, è presentela difficoltà a rispondere alle domande dirette, tutta-via c’è spesso una qualche forma di vaga associazio-ne fra la domanda e la risposta.In ultimo, per quanto riguarda l’area sensoriale siriscontra un’intolleranza tattile anche marcata: talunisoggetti reagiscono con emozioni e comportamentinegativi al fatto di essere toccati.

CONSIDERAZIONI EDUCATIVEPer quanto sia presente un’insufficienza mentale divario grado, i segni che possono essere riferiti comecaratteristici sono:1. l’incapacità a contenere le risposte emotive;2. l’ansietà e l’angoscia che minano i canali informa-

tivi, deduttivi, oltre a quelli affettivi;3. una distraibilità di vario grado, spesso grave;4. difficoltà spiccata nello stabilire rapporti e/o relazio-

ni interpersonali e difficoltà nella relazione corporea.Da qui ne consegue che per queste persone risultadifficile entrare in relazione, utilizzare i processi di

astrazione e di simbolizzazione, ed immaginare leconseguenze delle loro azioni. “Si può quindi parla-re di deficit dell’adattamento determinato da unasorta di ambiente interno rumoroso a causa di diffi-coltà legate alla regolazione del flusso sensoriale edel deflusso emotivo, che costringe il soggetto nelqui e ora, al pensiero concreto, alla risposta riflessa,trovandosi nella condizione di non poter elaborareuna sintesi, una integrazione tra emotivo (senso),affettivo (valore) e razionale (significato)” (Lucioni R.,Elli S., Manzoni S., Scianchi V., 2004).

IL CASOA. nasce nel 1985 e viene da subito seguito dalServizio di Neuropsichiatria infantile (Npi) per ritardomotorio cognitivo e sindrome autistica; successiva-mente verrà fatta una valutazione genetica del Dnache confermerà la presenza della Sindrome diMartin-Bell (o Sindrome dell’X fragile). All’età di 22anni, anche a seguito di forti problematiche all’in-terno del nucleo famigliare di appartenenza, vieneinserito dapprima in una comunità residenziale esuccessivamente in un gruppo appartamento, dovetutt’ora risiede.

Valutazione musicoterapica e sintesi dei datiVista la sua predisposizione all’ascolto musicale, diconcerto con l’équipe educativa si decide di avviareuna prima fase conoscitiva per poter valutare seaccedere ad un vero e proprio percorso musicotera-pico. Vengono quindi condotte delle osservazioni mi-rate nei contesti di vita abituali, somministrato unquestionario inerente l’ambiente sonoro-musicale(s/m) remoto e attuale, nonché proposte sedute siadi ascolto che di manipolazione dello strumentario.Le notizie che sono state così raccolte depongonoinnanzitutto per un rapporto con il musicale moltointenso, in particolare emerge un grande trasportoper l’ascolto e il legame che esso evoca con il nucleofamigliare di origine, infatti tutti i brani della musicadel cuore sono accumunati dall’essere suonati oarrangiati da un ensemble di tipo orchestrale, forma-zioni che rimandano a quelle cui partecipavano ilnonno materno e il padre. In particolare il Secondo

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movimento tratto dalla Sinfonia n. 9 di Beethoven,eseguito dalla Eastern Divan Orchestra e diretta dalmaestro Baremboin, per le sue caratteristiche struttu-rali è, a mio avviso, quello che meglio rappresental’approccio al sonoro-musicale da parte di A. Vi èinfatti la presenza di un range dinamico molto ampio,l’utilizzo di strumenti percussivi, un incedere moltoaccentuato e per lui attivante, momenti di tensionedrammatica e cinetica. Inoltre, il fatto che lui diriga ilbrano durante l’ascolto, racconta quello che spessocapita tra le mura della sua camera, quando soventedurante gli ascolti imita la gestualità tipica del diret-tore d’orchestra, con un investimento fisico sostanzia-le. L’aspetto corporeo che emerge, in linea con il pro-filo determinato dalla sindrome, è quello di un ragaz-zo che se da un lato non ama essere toccato, né toc-care gli altri e che fugge le situazioni caotiche, duran-te le quali sovente assume posizioni di difesa, tap-pandosi le orecchie o coprendosi gli occhi con le suemani, è però in grado di esprimere forza e coinvolgi-mento fisico, oltre a non disdegnare situazioni satu-ranti da un punto di vista sonoro.Per quanto concerne la vocalità, tolti i momenti incui vi è stata una chiara risposta di tipo imitativo, sievidenzia un eloquio breve, l’intensità è general-mente bassa, mentre la reazione psico-comporta-mentale durante gli ascolti è a tratti congruente conle caratteristiche dei diversi brani e connotata daaspetti adesivo-imitativi. Si rintracciano inoltre acco-stamenti fra la sua voce e quella del nonno, perquanto mai in modo diretto; vi è infatti una predile-zione per la voce maschile, “mio nonno cantavacome basso”, figura famigliare che sollecita, ancoraoggi, un’adesione sul piano dell’immagine, spingen-dolo ad adottare uno stile di vestiario simile. Emergeanche in questo caso una delle caratteristiche cen-trali della sindrome, ovvero la necessità di copiarestili e impadronirsene per l’incapacità di crearne e disintetizzarne uno proprio.Nell’utilizzo dello strumentario emerge una manipo-lazione sostenuta per un lungo tempo e la comparsadi alcuni elementi di variazione. Infine nell’interazio-ne sonoro-musicale si manifestano capacità imitativeche permettono ad A. di accogliere le proposte musi-

coterapiche e di rispondere ad esse in maniera spe-culare. In sintesi si evidenziano questi tratti:

a) Sonoro-musicali:- forte adesione al musicale, sia esso ascoltato

che prodotto e altrettanto forte attivazione psi-cofisica;

- gratificazione all’elemento sonoro-musicale;- competenze ritmiche e predominanza di veloci-

tà elevate;- intensità sonora elevata, saturazione dell’am-

biente;- predominanze delle voci maschili;- presenza nel repertorio di musica colta;- attitudine a sondare le differenze timbriche de-

gli strumenti e ad un loro utilizzo non formale;- variazioni delle dinamiche e di altri parametri

sonoro-musicali.

b)Psicosociali:- utilizzo di stereotipie e di ripetizioni;- utilizzo dell’imitazione;- difficoltà nella verbalizzazione del proprio stato

d’animo;- dimensione individuale;- forte rimando alle relazioni con i famigliari mu-

sicisti (padre, nonno) e alla cultura musicale diquesta rete;

- contrapposizione tra una corporeità trattenuta(posizioni rigide e statiche) e una senza freni(forte fisicità nell’approccio sonoro).

L’interpretazioni dei datiChiedendo ad A. che cosa sia per lui la musica, lo sivedrebbe molto probabilmente fare un cenno con ilcapo, emettere un intercalare appena accennato, a cuiseguirebbe il silenzio. Forse in una giornata maggior-mente prodiga di eloquio potrebbe invece rispondereche la musica è “bella”, o rispondere con “la musi-ca”, con una delle sue tipiche modalità ovvero usan-do le ultime parole pronunciate dal suo interlocutore,forse senza neanche guardarlo negli occhi.Per lui fornire una descrizione, che sia di un oggettoo di un sentimento o come in questo caso di un con-

cetto così complesso, non è un processo semplice, eforse si pone il dubbio che non sia per lui fattibile.Sicuramente la musica lo rimanda alla concretezza delleazioni, del fare e dell’ascoltare e, dalla parte di chi loosserva, si può dire che è un insieme, un mondo, conun forte potere attrattivo che rimanda, inoltre, alle sueradici. La musica dunque è intrattenimento, ed ha a chevedere anche con lo stare, dal momento che lo occupafisicamente durante i rientri a casa. In questi frangenti èusuale per A., durante un ascolto delle sue musiche, farsaltare le tracce al punto di partenza. Questa operazio-ne, che lui potrebbe ripetere per molte volte, rimandaad aspetti di funzionamento propri delle persone con l’Xfragile. Alla base di questa esigenza si può ipotizzareche la ripetitività venga utilizzata come strumento perarginare l’ansia e l’emotività, secondo il principio per cui“ogni stimolo sonoro genera uno stato di attivazionedel tono reticolare e se il soggetto viene sottoposto aduno stimolo eccitatore, per virtù del fenomeno dell’a-bituazione, l’attivazione ottenuta dallo stimolo eccita-tore diminuisce progressivamente e proporzionalmen-te alla ripetizione dello stimolo stesso. È la ripetizionequindi che in qualche modo permette il graduale ritor-no allo stato di riposo del tono reticolare” (Ciampi,2006).Si deve però aggiungere che, per gli stessi aspetti finqui descritti, la musica nei suoi aspetti contenitivi etotalizzanti rappresenta anche un rifugio, dal mo-mento che, se non coinvolto in altre attività, si chiu-de in camera sua, trascorrendovi diverse ore.La musica, infine, sollecita una regressione fusionale,considerata la foga con la quale A. percuote i tamburie la saturazione sonora che ne consegue, nonché l’at-tenzione proiettata in modo marcato sul momentopresente sia durante gli ascolti che durante le mani-polazioni. Il rapporto con il musicale dunque apparecaratterizzato da un grande coinvolgimento fisico econnotato in senso affettivo ed è funzionale alla suapropensione all’isolamento; se ne rilevano al riguar-do tratti autistici ed ossessivi caratteristici.

L’interventoDi concerto con il tutor e l’équipe educativa, alla lucedell’accettazione da parte di A. del setting musicote-

rapico proposto, nonché per la spiccata sensibilità alcanale sonoro-musicale, vengono proposte venticinquesedute individuali a carattere attivo, a cadenza setti-manale, della durata di quarantacinque minuti l’una,per un arco di tempo di cinque, sei mesi. Tale inter-vento si prefigge, attraverso la proposta di un’esperien-za gratificante, oltre a sondare maggiormente le rispo-ste di A. all’elemento s/m, di inserire le stesse in unambito dialogico e di perseguire i seguenti obiettivi:1. favorire all’interno delle sedute l’esplorazione de-

gli strumenti e un loro utilizzo sia formale che in-formale;

2. esplorare le capacità attentive, attraverso l’espe-rienza di stimolazioni sensoriali e di contatto congli strumenti;

3. lavorare sull’espressività del bagaglio stilistico, son-dando le risposte a differenti velocità e stimolan-do l’approccio vocalico;

4. offrire uno spazio all’interno del quale porre atten-zione ai processi comunicativi valorizzando le co-municazioni spontanee e le iniziative personali;

5. modulare l’utilizzo della forza fisica, lavorando sulpassaggio dalla staticità al movimento e dal forteal piano, nonché i parametri sonoro-musicali, inparticolar modo quelli riguardanti l’intensità sonora;

6. sondare i comportamenti stereotipati messi in attoe la funzione della ripetizione e dell’imitazione;

7. proporre una relazione privilegiata e di cura qualespazio di condivisione e di incontro, permettendoquindi ad A. “armonizzandosi alla sua musica disentirsi riconosciuto grazie al fatto che dal puntodi vista espressivo e della comunicazione, ai suoisuoni viene data una risposta che li riconoscecome significativi” (Pavlicevic, 1987).

La valutazione dell’interventoDi seguito, usando lo schema presentato in meritoagli obiettivi, si riporta una sintesi della valutazionedell’intervento.

1. Favorire l’esplorazione degli strumentiRispetto alla totalità degli strumenti proposti, A. hapresentato un’attitudine a sperimentarne le sonoritàe un utilizzo degli stessi sia in modo formale che

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informale; si è assistito ad una sua progressiva am-bientazione, che gli ha permesso sia di esplorare glistrumenti meno conosciuti, di chiederne il nome, dialluderne somiglianze, nonché di esprimere la volon-tà di suonare un determinato strumento, come capi-tato in alcune sedute in cui si è verificato andassespontaneamente all’armadio, dove erano riposti glistrumenti non utilizzati, per scegliere quello che stavacercando. Si è favorito tale approccio modificando initinere la costruzione del setting, permettendogli dipoter scegliere quali strumenti utilizzare durante laseduta. Questo cambiamento, favorito anche da unavalutazione in sede di supervisione, ha prodotto delleconseguenze positive in quanto A. è stato riconosciu-to come portatore di interessi e desideri e dunque siè valorizzata la possibilità che egli potesse scegliere edunque auto-affermarsi. Si rileva, ad ogni modo, unanetta preferenza degli strumenti percussivi, cherimandano ad un utilizzo immediato e gratificante edunque meno performativo che non strumenti quali lachitarra o la tastiera che, pur sperimentati, hanno difatto inibito le sue esplorazioni.

2. Esplorare le capacità attentivePer quanto non si segnalino delle alterazioni profon-de a livello dell’attenzione in A., si è riscontrato, inparticolare durante l’ascolto musicale, la tendenza adun utilizzo del materiale sonoro spesso alterno, avolte distratto, specialmente quando molteplici sonole fonti sonore. Si è pensato quindi che l’approcciomusicoterapico e in particolare il contatto fisico congli strumenti potesse indurre in A. maggior concen-trazione sul compito. Inoltre, le caratteristiche delsetting stesso ed in particolare la diminuzione delleinterferenze esterne hanno permesso ad A. di sen-tirsi contenuto e quindi libero di dedicarsi all’esplo-razione sonoro-musicale, facendo sì che la sua atten-zione venisse mantenuta durante tutta la duratadella seduta.

3. Promuovere l’espressività e stimolare l’approcciovocalico

Il grande trasporto che A. prova per il ritmo e le per-cussioni ha qui potuto esprimersi appieno. Non c’è

stata una seduta nella quale lui non abbia utilizzatole percussioni, presentando una produzione in formaelementare (pulsazioni, pattern ritmici) ma tenden-zialmente modulata. Era inoltre molto evidentequanto ogni suo gesto fosse il risultato di un pen-siero, di un’immagine, come lo erano il suo cercaregli strumenti e posizionarli in alcuni modi, saggian-done le sonorità dapprima singolarmente e poi siste-mandoli uno sull’altro. È stato molto emozionantequando, dopo diverse sedute, è riuscito a persona-lizzare il suo setting, ovvero quando ha posizionatodavanti a sé un set di percussioni che riprendevanoin modo bidimensionale la forma di una batteria.Dal punto di vista vocalico, gli accenni sono stati rarie spesso isolati, ma non per questo meno importan-ti, in parte nascosti dall’utilizzo del verbale molto piùpredominante; ad ogni modo si può osservare che A.sia in grado di ripetere l’intonazione di una nota o diuna melodia ascoltata, mentre è minore la presenzadi sue proposte autonome. Si registra che le struttu-re musicali ripetibili e prevedibili facilitavano in A.delle risposte di tipo vocalico, ma comunque sempredi tipo imitativo. Partendo dal presupposto che ognivocalità è “la metafora, la forma di discorso piùadatta per cogliere qualcosa della profondità dellavoce” (Pigozzi, 2008) quella di A. rimanda a suonitirati, a volte gutturali e regrediti, spesso silenziosa,nascosta, in fuga e quando trattenuta e compressaesce graffiando, rabbiosa; una voce che raccontadella sua corporeità e, infatti, trovo congruenza tra ilsuo stare seduto a gambe incrociate, il mordersi lemani e la sua voce. Leggo la presenza di un corpoche si irrigidisce e leggo un bagaglio emotivo sog-giacente potenzialmente esplosivo ed un utilizzo dellimite come difesa. La difficoltà di A., a mio giudizio,sta proprio nel non trovare le parole per poter direquello che sente e ordinare, in modo maggiormenteintegrato, le sue emozioni.

4. Valorizzare la comunicazioneDal punto di vista comunicativo osservo che duran-te le sedute era manifesta la partecipazione di A. edel fatto che lui potesse davvero esprimersi libera-mente, senza sentirsi giudicato, ma accolto. Ha così

espresso malessere, gioia, ha gridato, si è morso ledita, ha giocato, imitato voci in modalità del tutto“libere” ed ha avuto modo di averne un rimandoimmediato grazie alla mia posizione di ascolto e dirispecchiamento, mai giudicante.Mi è parso evidente, inoltre, cercare un maggiorcoinvolgimento emotivo di A., affinché le sedute nonsi appiattissero, aiutandolo a modulare e ad arricchi-re le sue produzioni, cercando di arginare la rigiditàe la ripetitività che le caratterizza e che rimandano amodalità comunicative molto stereotipate.In particolar modo, dal punto di vista verbale, si evi-denzia un utilizzo di parole chiave quali allegria,mambo, rumba, pochi i frammenti dettati da bisognicontingenti, o frasi corret-tamente formulate con unsenso compiuto.Si sottolinea, comunque,un utilizzo vocalico perso-nale; spesso, mediantesuoni gutturali, ha espres-so stati emotivi molto intensi, sia legati a momentidi rabbia (quando dice allegria, con voce bassa, ilcollo tirato, la voce roca), che di piacere (quandovocalizza dei sonori sospiri).Da un punto di vista della comunicazione non ver-bale, invece, si riscontrano maggiori informazioni,spesso deducibili dalla mimica facciale, se stanco,se annoiato, se arrabbiato. Anche nel rapporto conme ho potuto constatare, via via che le sedute pro-gredivano, un maggior contatto oculare e sicura-mente i momenti maggiormente emozionanti sonostati quelli in cui il suo sguardo era partecipe, con-sapevole, affettivo. In alcune sedute, inoltre, ho vo-lutamente utilizzato il verbale per domandare ad A.stati d’animo oppure per stimolarne delle risposte,in particolare per aiutarlo ad esprimere a parolequanto, stimolato dal s/m, stesse immaginando; inalcuni casi, invece, il verbale ha permesso di creareun ponte con quanto fatto nella giornata e, in qual-che modo, elaborarlo nel setting.In diverse sedute ha così espresso dei bisogni, maha anche fantasticato su temi inerenti a quanto sistava facendo, alle attività fatte nella mattina negli

altri servizi, ha accettato di fare delle proposte, adesempio imitare una banda cittadina, dando un titolooriginale ad una improvvisazione, chiedendo il nomedi uno strumento oppure associandolo ad un altro.

5. Accogliere il corpoA. si presenta con una fisicità che definirei trattenu-ta, dai movimenti poco fluidi, per quanto il suo spo-starsi da un luogo all’altro sia solitamente silenziosoe poco visibile. Come già descritto in altri punti diquesto lavoro, A. utilizza un vestiario che è una riela-borazione di quello dei riferimenti maschili dellasua famiglia (il padre, ma in particolare il nonnomaterno), con la presenza di giacca, pantaloni e

camicia di taglio classico el’immancabile cravatta.Durante le sedute la suapostura è quasi sempre lamedesima e si rilevanoquei tratti tipici della Sin-drome dell’X fragile, ovvero

la difficoltà al contatto corporeo con le altre personee la tendenza ad utilizzare gesti auto-aggressivi co-me il mordersi le mani quasi fosse una sorta di autolimitazione nel controllo delle emozioni diventateingestibili. Il lavoro sulla corporeità, quindi, mi èsembrato da subito il perno centrale di tutto il trat-tamento, forte del convincimento che “il gesto è ori-ginariamente espressivo, è tutto ciò che abbiamo inquanto uomini, per abitare il mondo. Lavorare sull’e-spressione corporea non è introdurre ad una serie ditecniche per impadronirsi di uno strumento, ma offri-re occasioni per mettersi all’ascolto di sé in quantocorpo carico di intenzionalità” (Damasio, 2006).Analizzando la sua postura lungo il corso delle sedu-te, per quanto abbia mostrato poco interesse amodificare quella assunta solitamente, ovvero sedu-to al centro del setting, è emersa la presenza delmovimento e la scoperta dello spazio intorno a lui.In particolare è da segnalare il momento in cui inuna seduta, dopo aver preso un tamburo ed un bat-tente, ha percorso in tondo la stanza, suonandocome se fosse un musicista di una banda cittadina,oppure la seduta in cui, pur imitandomi, si è sdraia-

Il lavoro sulla corporeità,mi è sembrato da subitoil perno centrale di tuttoil trattamento

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to a terra portandosi il tamburo sulla pancia, postu-ra che è stata assunta dopo un intenso momento disilenzio e di profondo ascolto reciproco.Lungo tutte le sedute ho lavorato facendo moltaattenzione alle proposte e affinché all’interno diesse vi fosse sempre una modificazione della dina-mica. In particolare lavorando sugli estremi (moltoforte e pianissimo), su coppie di strumenti (grande epiccolo) alternando strumenti ritmici ad altri armoni-ci, l’intento era di permettere ad A., non solo diesprimere il più alto venta-glio di sonorità, ma anchequello di mettere attenzio-ne al gesto, ascoltarne lerisposte, rendersi consape-vole delle differenze. Sonoinfine emersi atteggiamen-ti aggressivi (con la rotturadi uno strumento), che si è cercato di disincentivarecon l’astensione dal dialogo sonoro quando questoavesse raggiunto intensità violente o avesse ricerca-to un punto di rottura/scarica.

6. Sondare i comportamenti stereotipati messi in attoe la funzione della ripetizione e dell’imitazione

Le stereotipie maggiormente osservate sono fonda-mentalmente due, il mordersi le mani e l’utilizzoripetuto di vocaboli chiave, tra tutti “allegria”.Confrontando le prime sedute con le ultime si evi-denzia quanto il percorso intrapreso abbia inciso siain una riduzione degli stessi, sia in una modificazio-ne del loro utilizzo. Durante le sedute, infatti, forseper un processo di abituazione (Galimberti, 2006)agli stimoli sonori, ho notato una progressiva dimi-nuzione del loro utilizzo, in particolare il mordersi lemani che, come già più volte accennato, mi sembrasia una sorta di gesto che, in qualche modo, tracci unconfine, in particolare quando un’emozione o unasensazione diventino strabordanti e non collocabili. Inqualche modo l’abituazione agli stimoli sonori, non-ché la continuità delle sedute proposte, ha permessouna maggiore capacità di contenere tali stati emoti-vi. Così anche le verbalizzazioni, se “allegria” vieneutilizzata, agli inizi in una modalità difensiva è evi-

dente quanto alla fine del percorso, oltre ad esserepronunciata meno frequentemente, rimandi ad unafunzione prettamente comunicativa.

7. La relazioneUno degli aspetti che più mi ha colpito sul quale horiflettuto e che mi ha, successivamente, permesso unagiusta vicinanza con lui è stato quello di non temerealcuni suoi stati emotivi (in particolare quando teso earrabbiato). Dai racconti dei suoi educatori emergono,

nella sua storia personale,diversi episodi in cui hamanifestato crisi di aggres-sività e comportamenti vio-lenti non sempre ricondu-cibili a fatti o cause preci-se. La costante che emer-ge da questi racconti è

che, quando in preda a tali emozioni, esprima unaforza notevole e un’assenza di controllo e di giudizio,che lo portano a manifestazioni anche estremamen-te violente. Il suddetto aspetto mi era comunque“saltato agli occhi” da subito, quando, fin dalle primesedute, ho notato alcune sue reazioni: dopo unoscambio molto intenso o durante lo stesso, si mordele mani e diventa rosso in volto, si manifesta un uti-lizzo del vocalico molto teso, suoni gutturali, esplosio-ni di ira, etc. È stato quindi fondamentale far risuona-re dentro di me quella stessa rabbia e accoglierla, perpoter successivamente avvicinarmi ad A. senza paure,che avrebbero minato e ostacolato la relazione e forseil percorso stesso. “Il tempo per differenziare, perlasciare spazio al linguaggio dell’affettività che non èazione, ma ne è preludio, l’operatore sa che può tro-varlo nella misura in cui per un attimo costruiscedentro sé il silenzio necessario: quando vi è unaguerra, un conflitto, infatti, non si costruisce, non siprogetta nulla, ogni forza è tesa a fronteggiare l’e-mergenza, alla fuga, all’attacco o alla salvezza; soloin tempo di pace è possibile pensare e concepiredelle cose” (Cassano, Carnovale, 2012).I momenti più toccanti da un punto di vista emoti-vo, infatti, sono emersi proprio laddove il silenzio,che li ha preceduti o che li ha compresi era mag-

È stato fondamentale farrisuonare dentro di me quellastessa rabbia e accoglierla,per potermi successivamenteavvicinare ad A.

Note

[1] Evidence Based Practice.[2] fragile-x mental retardation protein

giormente sentito, era un silenzio consapevole e vo-luto. Un silenzio attento.

CONSIDERAZIONI FINALIIl lavoro svolto ha avuto anche dei rimandi all’esternodel servizio, in particolare si è andata modificando eridimensionando l’immagine di A. come “direttored’orchestra”, che circolava nei vari servizi da lui fre-quentati. Si è infatti discusso sia con altri operatori, siacon la sua assistente sociale rispetto al fatto che, peranni, molte persone si siano approcciate a lui esaspe-rando le sue capacità musicali e rimandandogli imma-gini distorte. A. è sicuramente sensibile all’elementosonoro-musicale e, come dimostra questo percorso,ha delle competenze, in particolar modo ritmiche,anche raffinate ma è chiaro che il nostro agire comeoperatori deve riflettere immagini che siano realisti-che e coerenti con quanto egli effettivamente è, men-tre distorsioni legate a proiezioni personali o che sipongano in modo simmetrico con quanto invece èespressione di una patologia, non possono che esse-re deleterie e causare in lui quotidiane frustrazioni.

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L’Infant Research ha apportato una nuova visione delbambino introducendo un nuovo sistema motivazio-nale intersoggettivo basato sulla tendenza innata adinstaurare relazioni ed a condividere psicologica-mente i mondi e l’esperienza soggettiva degli altri.Le competenze attivate dalla coppia madre-bambino,all’interno delle interazioni precoci, fanno parte diquello che Trevarthen chiama “sistema regolatore cen-trale della comunicazione” (Trevarthen, 1990, 1998),che consente, sin dai primi giorni di vita ed anche inassenza di un codice verba-le, la costituzione di scam-bi intersoggettivi all’inter-no della coppia diadica.Alla base di tale comunica-zione per Stern vi sarebbe-ro i processi di sintonizza-zione (Stern, 1987, 2005), situazioni nelle quali le for-me di rispecchiamento all’interno della diade non silimiterebbero ai comportamenti manifesti del bambi-no quanto allo stato d’animo ed all’affettività ad essisottesi, costituendo le prime forme di comprensione edi significato della dimensione emotiva del bambino.Nell’autismo questi processi innati e naturali di com-partecipazione affettiva possono essere fortementedeficitari compromettendo il conseguente sviluppodelle abilità intersoggettive.Possiamo definire l’intersoggettività come “il pro-cesso di condivisione dell’attività mentale tra sog-

getti durante un qualsiasi atto comunicativo”(Trevarthen, 1988). Generalmente nello sviluppo delbambino normodotato si assiste alla comparsa diuna tipologia primaria di intersoggettività dalla na-scita fino ai 7-9 mesi. Essa si gioca principalmentenelle interazioni faccia a faccia tra madre e bambi-no e si esprime in abilità quali l’orientamento versogli stimoli, la capacità di attivarsi fisicamente edemotivamente, la presenza di un’attenzione soste-nuta, l’interesse e l’orientamento verso il volto umano,

l’alternanza del turno e lacapacità di integrare glistimoli provenienti da dif-ferenti modalità sensoria-li (Xaiz, Micheli, 2001).Dopo i 9 mesi i bambinicominciano ad interessar-

si alle espressioni emotive degli altri, ad intuirnepensieri, intenzioni e ad iniziare in qualche modo adaderirvi. Tali abilità possono essere sintetizzate neicorrelati comportamentali dell’intersoggettività,quali: l’attenzione, l’emozione e l’intenzione con-giunta e l’imitazione (Xaiz, Micheli, 2001). Nel bam-bino autistico questo passaggio da forme di inter-soggettività primaria a secondaria appare compro-messo. Secondo alcuni autori da tale difficoltà deri-verebbe un’incapacità pervasiva di lettura dellamente dove la mancata o errata percezione e com-prensione degli altrui sentimenti, credenze o emo-

MUSICOTERAPIAE AUTISMO

Guido Marconcini, Psicologo, Musicoterapista,Centro clinico “Aquilone”, Alba.

SEGUENDO LE TRACCEDELL’INTERSOGGETTIVITÀ

Starting from analyzing video fragmentsof Music-Therapy sessions, this articleaims to identify signs of intersubjectivity

in autistic children. The Music-Therapy setting is anemotional activation space facilitating joint attentionprocesses in children with autistic spectrum disordersand where therapist and child can enjoy gratificationby playing with each other's intentions.

Da una decina di anni svolgo attività di docenza pres-so i corsi di musicoterapia Apim di Genova e Torino.All’interno di tale contesto ho la preziosa opportuni-tà di confrontarmi con un gran numero di corsisti sulmio lavoro quotidiano, svolto con bambini con distur-bo dello spettro autistico. L’esperienza formativa chepropongo riguarda l’osservazione di frammenti videotratti da sedute di musicoterapia.Partendo dalla molteplicità dei punti di vista, il grup-po tenta un’analisi delle situazioni interattive osser-vate all’interno del setting.I modelli di intervento attraverso cui tentiamo di“leggere” le sedute sono quelli propri della musico-terapia relazionale con particolare riferimento allametodologia R.O. Benenzon (1999) ed ai contributi diP.L. Postacchini (1997). Pertanto, il ruolo fondamen-tale dell’elemento sonoro-musicale all’interno delprocesso musicoterapico è quello di potenziale me-diatore relazionale in grado di favorire contesti discambio ed interazione reciproca, facilitare processi diintegrazione ed armonizzazione dell’individuo sulpiano psico-fisico e sociale. Tale approccio apparesostenuto, tra gli altri, dai numerosi contributi teoricifacenti capo al paradigma dell’Infant Research chetestimoniano l’innata predisposizione dell’individuo acomunicare e ad impiegare all’interno delle formecomunicative primarie elementi pre e protomusicali(congiuntamente alla corporeità) come veicoloespressivo e comunicativo (Manarolo, 2006).

Nell’autismo i processi innatie naturali di compartecipazioneaffettiva possono esserefortemente deficitari...

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zioni si traduce in una incapacità conseguente arispondere ad essi in maniera appropriata (Baron-Cohen, 1995). Tuttavia i bambini con autismo pos-sono essere sensibili al comportamento altrui pur-ché vengano coinvolti in un contesto dove possanocomprendere le intenzioni altrui ed essere consape-voli degli altri (Nadel, 1992; Tiergerman e Prima-vera, 1984; Trevarthen et al. 1998).Diversi studi hanno messo in luce le risposte positi-ve suscitate dall’impiego della musica nei soggettiautistici (AMTA, 2015). L’intervento musicale è risul-tato facilitare lo sviluppo di abilità linguistiche ecomunicative (Lim, 2009), la riduzione di comporta-menti problema (Boso, Emanuele, Minazzi, Abba-monte & Politi, 2007), accrescere la comprensionedei concetti emotivi e migliorare le abilità sociali(Katagiri, 2009; Brownell, 2002). Alcuni di essi sisono concentrati maggiormente sul coinvolgimentodi abilità intersoggettive. Ilcontesto sonoro-musicaleè risultato efficace nell’au-mentare i comportamentidi attenzione congiunta(Arezina, 2011; Kalas, 2012;Kim, Wigram & Gold, 2008;Yoo, 2010). Alcuni studi sot-tolineano come l’utilizzo di tecniche improvvisativemusicali possano facilitare comportamenti di atten-zione condivisa, abilità di comunicazione non verba-le e l’espressione di comportamenti affettivi (Kim,Wigram, Gold, 2008).Il processo musicoterapico sembra pertanto costi-tuirsi come contesto motivante e facilitante la co-costruzione intersoggettiva tra paziente e musicote-rapeuta articolata nelle tre forme di compartecipa-zione delle attenzioni, delle intenzioni e degli affet-ti (Raglio, 1996).Qui di seguito presenterò alcune riflessioni emersenel lavoro di osservazione svolto assieme ai corsistiin questi anni. Verranno descritti alcuni momenti disedute che mi hanno visto protagonista insieme albambino di interazioni positive all’interno del set-ting musicoterapico, tentando di rintracciarne possi-bili valenze intersoggettive. Accanto ad esse si ver-

ranno a delineare considerazioni più di ordine gene-rale rispetto alle diverse implicazioni dell’interventomusicoterapico nei disturbi dello spettro autistico.

“IL BAMBINO NON SEMBRA AUTISTICO”Non è inusuale che al termine della visione di alcu-ni frammenti di una seduta di musicoterapia i primicommenti dei corsisti possano essere del tipo: “nonsi direbbe un bambino autistico” “...se non ce loavessi detto prima non l’avremmo capito”. A mioavviso tali dichiarazioni potrebbero trovare giustifi-cazione in diversi aspetti.Un primo aspetto riguarda il rapporto con la dia-gnosi. Oggi l’autismo viene riconosciuto come undisturbo del neurosviluppo (APA, 2013), collegatocon un’alterazione dello sviluppo del funzionamentocerebrale. La problematica autistica viene general-mente descritta intorno ad una specifica sintomato-

logica che include deficitdella reciprocità socio-emotiva, deficit nell’adat-tamento ai contesti socia-li, difficoltà relative all’in-terazione sociale, altera-zioni negli aspetti qualita-tivi della comunicazione

(linguaggio e modo di usarlo, abilità pragmatiche),interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e ste-reotipati. Recentemente si parla non tanto di auti-smo quanto di disturbo dello spettro autistico (APA,2013) a sottolineare i diversi “autismi” che si pos-sono incontrare all’interno del medesimo quadropsicopatologico. Troviamo pertanto una grande va-riabilità individuale. La diagnosi di autismo sollecitanel nostro immaginario aspetti correlati alla chiusu-ra del bambino, atteggiamenti stereotipati (dondo-lamenti, ecolalie) ed importanti comportamenti pro-blema. Tuttavia non tutti i bambini autistici rifiutanoil contatto oculare o hanno stereotipie e le loro pos-sibilità di stare in relazione con l’altro sono estre-mamente variabili.È pertanto necessaria una prima riflessione sull’im-portanza di analizzare le modalità di espressionedella patologia nell’ambito di una variabilità indivi-

duale, che ci porta a considerare un possibile inter-vento calato nella realtà del singolo bambino. Ognibambino con disturbo dello spettro autistico: “sipresenta con il proprio stile interattivo, le propriecaratteristiche funzionali, psicomotorie cognitive”(Gison, Bonifacio, Minghelli, 2012) e l’interventodovrebbe puntare su “un approccio altamente indi-vidualizzato”(idem).Nelle interazioni che andremo di seguito a raccon-tare troviamo dei bambini che, seppur in alcuni rarimomenti, riescono ad accedere ad una dimensionerelazionale ed intersoggettiva mostrando competen-ze sul piano dell’attenzione, intenzione ed emozio-ne condivisa, nonché rispetto all’alternanza di turnoed alle condotte imitative. Quello che a mio avvisosi evidenzia è come tali condotte si intreccino ecompenetrino nei momenti di sintonizzazione piut-tosto che differenziarsi rigidamente tra loro. I mo-menti di attenzione congiunta appaiono a loro voltasostenuti dall’evento carico emotivamente e dal pia-cere stesso del giocare con le reciproche intenzioni.“Le intenzioni hanno bisogno di qualcosa o di qual-cuno con cui impegnarsi per esistere; emergonosolo nel coinvolgimento interattivo” (Reddy, 2010).Gli affetti sono gli organizzatori centrali della vitapsichica infantile (Emde cit. in Riva Crugnola, 1993)e come sostiene Siegel, le emozioni sono “...unsistema innato attraverso il quale l’attenzione, scopoed apprendimento possono essere coordinati fraindividui diversi” (Siegel, 1999), ma costituisconoaltresì “le modalità impiegate dalla nostra menteper modularsi nel corso della nostra vita” (Idem).Un ulteriore aspetto riguarda i limiti degli strumen-ti da noi utilizzati e mette in luce aspetti meno otti-mistici dei precedenti. L’osservazione di un video cipermette di mettere a fuoco dettagli importantidelle interazioni in atto, ma non può naturalmentepermetterci di vivere la relazione direttamente, pri-vandoci pertanto di quel “sentire” che solo l’esserein presenza dell’altro può darci. “Quando si è in pre-senza di un bambino autistico spesso si ha la sen-sazione di non essere in compagnia... sentiamo chenel nostro essere insieme manca qualcosa. Non è lapresenza fisica, né il fatto di svolgere insieme un’at-

tività come quella musicale che può darci la sensazio-ne di essere con l’altra persona” (Trevarthen, 2002).L’esperienza di relazione con un bambino autistico èqualcosa che va ben oltre l’osservazione di aspetticomportamentali. Spesso sono proprio le nostresensazioni, le nostre difficoltà nel contattare il bam-bino, i nostri vissuti di assenza di reciprocità a co-municarci il mondo autistico con cui siamo in rela-zione. Non è sufficiente essere in grado di vedereed ascoltare per vivere una relazione, ma è neces-saria la capacità di poterla sentire, proprio quel sen-tire empatico che pare essere deficitario nei nostribambini autistici e che contesti di intervento foca-lizzati sulla condivisione affettiva ed emotiva posso-no tentare di facilitare.

CREARE E RISOLVERE TENSIONI(SEDUTA CON M.)Osservando alcuni passaggi di una seduta con M. cisembra di poter scorgere un buon momento di con-divisione. Analizziamone tre momenti particolari:- Primo: Io e M. stiamo percuotendo nello stesso

momento la marimba (io) e lo xilofono (lui).Attraverso la modulazione dei profili agogici, pro-duciamo degli accelerando. Partendo da una pul-sazione ritmica lenta, andiamo a velocizzarla sin-cronizzandoci in un crescendo di intensità ed inuna progressiva crescita di tensione. L’accelerando si interrompe bruscamente al suoapice con una breve pausa di sospensione, risol-ta infine da un forte colpo all’unisono sul grandetamburo. Questa particolare figurazione (crescen-do-pausa-risoluzione) viene riproposta dalla cop-pia più volte e spesso proposta dal bambino stes-so portando lo sguardo verso l’adulto.

- Secondo: In un momento successivo il bambino sisposta sul tamburo e riproduce un’analoga figura-zione sonoro-musicale (s/m) questa volta inclu-dendo un crescendo ed una modulazione delleintensità sullo stesso tamburo ed interrompendodi colpo il crescendo. Durante la pausa di sospen-sione continua, attraverso una gestualità enfatiz-zata, il gesto di portare le bacchette in alto dietrola testa, mantenendo per qualche istante la ten-

Diversi studi hanno messoin luce le risposte positivesuscitate dall’impiego dellamusica nei soggetti autistici

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sione sospesa e risolvendo poi con un forte colposul tamburo. Rimane quindi con lo sguardo direttoverso di me. Riprendo il gesto enfatizzato di por-tare le bacchette progressivamente sempre più inalto fin sopra la testa e quindi dopo un attimo disospensione risolvo con il colpo sul tamburo.

- Terzo: In un terzo momento sono io a produrre unvocalizzo glissato ascendente (oooooh). Il bambi-no (in quel momento assorto dall’esplorazione so-litaria degli strumenti) si gira di colpo verso dime, mi guarda ed accompagna la mia modulazio-ne vocale con il gesto di portare le bacchettesopra la testa che io stesso rispecchio fedelmen-te. All’apice della tensione restiamo entrambi insospensione con le bacchette in alto, questa voltaper un periodo di tempo più lungo, per poi quasiin maniera coordinata risolvere insieme con uncolpo sul tamburo percosso all’unisono. Ne derivauna sensazione di scarica, di gratificazione datadalla risoluzione della tensione. Il volto del bam-bino è disteso, entrambi accenniamo un sorriso.

Si individuano tre tipologie di modelli interattivi:- Modello interattivo Tipo 1: Proposta/risposta.

Il comportamento della coppia è riconducibile aduno schema comunicativo di tipo dialogico con-notato da alternanza di turno.

- Modello interattivo Tipo 2: Rispecchiamento.Il comportamento del bambino e del musicotera-pista sono analoghi. Vi è un imitazione pressochéfedele degli aspetti comportamentali.

- Modello interattivo Tipo 3: Sintonizzazione.Più parametri vengono impiegati in rapporto ana-logico tra loro, spesso attraverso sintonizzazionitransmodali.

Questi tre momenti emersi dall’osservazione rac-chiudono una complessità di processi attivati dallacoppia. Innanzitutto M. è un bambino molto atten-to a quello che succede nell’ambiente. Osserva glistrumenti, li esplora e osserva l’adulto, non si per-de un movimento. Si evidenzia una buona capaci-tà di contatto visivo, spesso orientato verso di me,verso il mio viso ed il mio sguardo.Inoltre M. ha buone capacità imitative, ma non so-lo: si accorge di essere da me imitato ed in diver-

se circostanze sembra invitarmi a fare come lui, aseguirlo nel suo movimento. Molti bambini autisti-ci, catturati da una particolare sequenza ritmico-melodica o da una particolare figurazione s/m egestuale, possono ripeterla fedelmente. Spessotale ripetizione meccanica fornisce gratificazione diper sé. Tuttavia in questa situazione il focus atten-tivo della coppia si è spostato dalla forma dellasequenza s/m al senso che essa produce. Quelloche viene condiviso e mantenuto dalla coppiainfatti è l’intenzione alla base di questa interazio-ne, ovvero giocare a creare una tensione progres-siva che trovi il suo apice in un momento disospensione per poi venire risolta.Tale intenzione viene mantenuta nei momentisuccessivi, trasferita, “giocata” e riconosciuta an-che in situazioni diverse, nella proposta vocale,nella gestualità. Partendo da un contesto di imita-zione degli aspetti formali dell’esperienza s/m ioe M. giungiamo all’interno di uno spazio di sinto-nizzazione reciproca, evidenziata dalla sincronianella temporalità, dagli orientamenti reciproci, dalcoordinamento nel gioco di tensione-risoluzioneattivato attraverso modalità trasmodali che coin-volgono il suono, la vocalità, il gesto e le tensio-ni mimico-posturali.

QUESTA È LA “CANZONE DI GIORGIO”...GIOCARE CON L’ATTESAGiorgio ed io siamo all’interno del cerchio strumen-ti. Giorgio è in piedi davanti ad un “ride” (uno deipiatti della batteria), io invece sono seduto a terracon la mia chitarra. Propongo a Giorgio una sempli-ce canzoncina usando il suo nome.

“Questa è la canzone canzone di Giorgio, questa èla canzone, canzone di Giorgio”.Giorgio sembra gradire questa mia proposta, mi guar-

da, sorride ed ascolta. Non appena terminata disto-glie lo sguardo e ritorna ad occuparsi del piatto. Dopoqualche istante ripropongo il motivo. Questa voltaperò inizio solo con un solo suono vocale prolungato“Quuuu” mantenendolo in sospensione sulla 5a so-pra per scendere poi sulla tonica ed iniziare la can-zone. Questa proposta viene subito colta dal bambi-no che manifesta una prima risposta attentiva orien-tandosi nuovamente verso il mio viso ed iniziando adaccompagnare con dei colpi ritmici sul piatto alla ri-partenza della canzone.Mantenendo la posizionefrontale ed il contatto ocu-lare si sincronizza con ilfinale della canzone la-sciando lungo l’ultimo col-po di piatto. Giorgio disto-glie nuovamente l’atten-zione e ritorna alle sue esplorazioni. Ancora una voltapropongo la partenze sulla 5a “Quuu”, questa voltapiù breve, appena accennato, arrestandomi di colposubito dopo. Giorgio coglie ugualmente il richiamo, siorienta ed inizia a sorridere. Si osserva come il sem-plice “Qu” funzioni da richiamo attentivo del bambi-no e da segnale preparatorio all’inizio della canzone.A questo punto avviene un passaggio cruciale: l’og-getto della nostra attenzione si sposta dalla canzoneal momento di attesa che ne precede l’inizio. Cerco dimantenere Giorgio agganciato a quell’attesa, prolungooltremodo il suono vocale “Quuuuuuuuu” sulla 5a,enfatizzo con il corpo e con il movimento delle spalleuna tensione verso l’alto, una tensione preparatoria,ritardando l’inizio della canzone.A questo punto spesso capita che i bambini autisticitendano a distogliete l’attenzione, non riuscendo amantenere al loro interno l’oggetto attentivo, altrevolte invece è la frustrazione di un’attesa, per loroeccessiva, a dirottarli verso la ricerca di un altro sti-molo, altri ancora cercano di risolvere l’attesa da soli,magari iniziando a suonare senza attendere il terapi-sta e mostrando difficoltà a posticipare l’impulso. Alcontrario Giorgio non solo accetta questa tensione, mavi partecipa. Modifica l’espressività del suo volto, spa-lanca gli occhi, alza le spalle, sorride e prepara la bac-

chetta sollevandola leggermente in alto pronta periniziare a suonare. Cerco di prolungare quel momentoriprendendo la modulazione del suono “Qu” e rilan-ciando una tensione ancora più alta... il bambinoresta inmobile in stato di tensione ed attenzioneguardando verso di me, sorridendo in attesa di qual-che mio segnale di partenza.Uno degli aspetti deficitari nei bambini autistici riguar-da la presenza del contatto oculare nei confronti deglialtri. Spesso all’interno di training sulle abilità sociali

si contemplano attività fi-nalizzate al mantenimentodi tale contatto.A prescindere da quali sia-no i metodi di interventoimpiegati non dovremmoperò dimenticare di chie-derci a cosa possa servire

cercare lo sguardo di un’altra persona.Fondamentalmente portando lo sguardo verso il visoe gli occhi di un’altra persona possiamo ottenere unavisione globale dei suoi indici espressivi, della mimi-ca facciale, e possiamo trarre delle informazioni pre-ziose circa le sue intenzioni, circa i suoi stati d’ani-mo, possiamo avvicinarci a comprendere i suoi statidella mente. Allo stesso modo cerchiamo di facilita-re nel nostro interlocutore la comprensione deinostri. Per questo motivo quando cerchiamo di inse-gnare ad un bambino autistico a guardarci negliocchi dovremmo chiederci perché dovrebbe essereinteressato a farlo. Quale motivazione potrebbe spin-gerlo a cercare il nostro viso e con quale finalità?Nell’interazione sopra descritta Giorgio tenta di car-pire dal mio volto qualche informazione sulle mieprossime intenzioni. Ne deriva un momento di fortesintonizzazione, in cui condividiamo una delle espe-rienze più attivanti dal punto di vista emotivo: lasuspense. Seppur emozionante, tale momento non èaffatto semplice. Giorgio ad un certo momento sem-bra cedere ed accennare a battere il piede sul pavi-mento quasi a voler dare un segnale di “start” giun-to al limite della resistenza a questa tensione. Colgola sua proposta e finalmente faccio iniziare la canzo-ne. Il bambino inizia ad accompagnare sul piatto e

Quando cerchiamo di insegnaread un bambino autisticoa guardarci negli occhi dovremmochiederci perché dovrebbeessere interessato a farlo

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finalmente può scaricare la tensione accumulata egodersi il momento di gratificazione.Nell’analisi di questa sequenza interattiva, abbiamopotuto fare alcune considerazioni. Innanzitutto ana-lizzando le caratteristiche sonoro-musicali del bam-bino notiamo come egli risulti particolarmente per-cussivo. Nelle sue pratiche sonore impiega molto iltronco, le spalle, le braccia dotando le sue produzio-ni di forte intensità, è uno di quei bambini che “pic-chiano” sui tamburi. Questo tuttavia non gli impedi-sce, in questa interazione, di mantenere una buonaregolazione, non solo sul suono prodotto (mai fuoricontrollo), ma anche rispetto alla capacità di regola-re gli stati di attivazione e sollecitazione agli stimoliesterni. Un “ride” percosso con forza produce unsuono molto intenso ad altezza del viso del bambi-no, un suono riverberante, così come l’effetto visivoprodotto dalle oscillazioni del piatto. Tale situazioneda sola potrebbe bastare a iperstimolarlo facendolosganciare dall’interazione. Nonostante ciò Giorgioresta in contatto ed in relazione. Non sappiamo perquale motivo tale canzone sia a lui gradita, ma disicuro c’è qualcosa di piacevole ed interessante nellamia proposta, mi osserva e mi ascolta fino alla fine.Un’ulteriore considerazione riguarda la sua capacitàdi sincronizzare l’inizio e la fine della sua produzio-ne musicale con la mia, ed una certa capacità dimantenere la pulsazione del brano accompagnandocon il piatto. Tutto questo mostra la presenza dibuone capacità di cogliere la struttura musicale.Tuttavia, a mio avviso, l’aspetto veramente impor-tante dell’interazione che ho descritto risiede inquegli istanti di pausa e silenzio tra la fine dellacanzone e la ripartenza della stessa. La pausa ed ilsuo estenuante protrarsi. È qui infatti che Giorgionon solo coglie le mie intenzioni, ma gioca conesse. Ancora una volta è un gioco di attesa. È il pia-cere di saper prevedere l’inizio di un evento, unitoalla sofferenza ed all’incertezza dell’attesa. “So chearriverà, ma non so quando...”. Ball descrive benequesto processo, consistente nella tensione versoqualcosa che sta per succedere senza sapere esat-tamente quando. Alcune soluzioni musicali, come adesempio i rallentando in occasione della cadenza

finale, possono creare quella leggera imprevedibili-tà, quella lieve incertezza nelle nostre aspettativetale da produrre in noi un particolare effetto emoti-vo (Ball, 2010). E ancora Reddy “c’è un’apertura,un’incompiutezza nelle azioni intenzionali che invi-ta gli altri alla partecipazione. Talvolta questa aper-tura o incompiutezza e l’invito a partecipare vengo-no veicolati dalla semplice tensione muscolare”(Reddy, 2010).Nel lavoro con i bambini autistici sappiamo benequanto le capacità di “leggere le intenzioni altrui”,“anticiparsi le esperienze” e “posticipare le propriegratificazioni” siano aspetti fortemente problematici.In questo breve frammento di interazione credo, tut-tavia, siano presenti tutti questi aspetti. Giorgio leggee partecipa alle mie intenzioni. Quello che gli per-mette di regolare la sua attesa e di non frustrarsi èproprio il capire le mie intenzioni e saper prevedereche, prima o poi, la canzoncina la farò cominciare.Non solo comprende le mie intenzioni, ma cerca asua volta di influenzarle dando prima con un cennodel capo, poi con un colpo di piede, un segnale di“via” sollecitandomi ad iniziare. All’interno di talesituazione, attenzioni, intenzioni ed emozioni si com-penetrano vicendevolmente. La condivisione dellasituazione di suspense ed attesa rientrano in quelliche Stern definisce “affetti vitali”.

UNA SFIDA CONDIVISA (SEDUTA CON C.)La seduta in questione avviene dopo due anni ditrattamento. C. è un bambino di 9 anni, molto sve-glio e curioso. Fin dal nostro primo incontro ha mo-strato un grande entusiasmo per il contesto sonoro-musicale ed ottime abilità ritmico-melodiche. C. èspecializzato nelle sequenze sonore. Ama particolar-mente produrre il suono di uno strumento dopo l’al-tro per poi aggiungerne di nuovi complicando sem-pre di più la sequenza. Si cimenta in questi giochi diabilità con grande soddisfazione, mostrando nelcorso di questa attività un progressivo incrementodell’arousal ed esprimendo questo stato di attivazio-ne attraverso forti risate.Da qualche tempo, tali giochi, inizialmente solitari,hanno iniziato a contemplare la mia partecipazione

attiva, dapprima in modo “strumentale” come sem-plice produttore di un suono della catena sequenzia-le e più avanti come partner dei giochi di esplora-zione di C.Nella presente seduta propongo a C. un settingcomposto da un tamburone, un djembè, alcuni xilo-foni e maracas e dei tuboing (tubi di plastica colo-rati intonati). C. ad inizio seduta si muove per lastanza con lo sguardo rivolto alle luci dei neon.Sembra totalmente assorbito da questo interesse,ignorandomi. Dopo qualche minuto prendo untuboing e produco un suono vocale all’interno dellacavità del tubo. C. si gira immediatamente, si avvi-cina e prende il tuboing, lo esplora visivamente etattilmente e poi lo riavvicina alla mia bocca invi-tandomi a ripetere la produzione vocale. Lo accon-tento e C., molto divertito, inizia un gioco di con-trollo e modulazione del suono da me emesso uti-lizzando vari stratagemmi: allontana all’improvvisoil tuboing dalla mia bocca (facendo quindi perdereintensità al suono), chiude con la mano l’imbocca-tura del tubo bloccando il suono, avvicina l’imboc-catura del tubo all’orecchio divertendosi con il fortesuono giunto alle sue orecchie e con la fuoriuscitad’aria che solletica il suo orecchio.Il tema del nostro gioco condiviso consiste nel con-trollare l’emissione vocale attraverso il tubo, ma nonsolo: è un gioco di attesa del suono, delle sensazio-ni prodotte dal soffio sulle mani e sulle orecchie. Laricerca di sensazioni gratificanti da parte del bambi-no trova in me una risposta non immediata ed esat-tamente prevedibile bensì modulata nei tempi,nelle intensità e nella forma del comportamento,creando quello “scarto” tra le aspettative del bam-bino e le mie risposte che conferisce alla nostra atti-vità una “vita” relazionale. Il bambino mantiene laposizione frontale ed alterna lo sguardo tra me edil tubo, cerca di anticipare, favorire o ostacolare lemie proposte e le mie intenzioni a suo piacimento,mentre dall’altro lato del tubo io modifico, anticipoo ritardo la vocalizzazione nel tubo, ne incrementoo decremento le intensità modulandomi in intera-zione con il bambino. Vi sono alcune “azioni infan-tili che giocano un ruolo cruciale rispetto alle inten-

zioni degli altri espresse nei tentativi dei bambini diinterrompere le azioni intenzionali degli altri attra-verso scherzi fatti per gioco” (Reddy, 2010).Tale interazione ludica improvvisamente si sposta suun altro piano. C. prende un tuboing e si allontana.Io, allarmato dal suo apparente distacco, nel tenta-tivo di richiamare la sua attenzione, emetto unsuono attraverso il tubo. Il bambino coglie la miaproposta in cui produco una tonica e poi salgo di unaterza ascendente, la imita e poi rilancia: propone unglissato salendo di una quarta. Riesco a stargli dietroimitandolo, ma subito dopo lui alza il tiro, prende lamia nota conclusiva come tonica e sale ancora sullaquarta ascendente. Il turno passa a me.Ce la faccio anche questa volta, ma C. decide didarmi il “colpo di grazia”. Propone un glissato di dueottave sopra ed a questo punto la cosa per mediventa complicata, tanto che solo ricorrendo al fal-setto riesco ad avvicinarmi. Il bambino mi ascolta ecommenta con un “mmmh” esprimendo sorpresa esoddisfazione. Anche in questa situazione si è venu-ta a creare una condivisione intorno al medesimofocus attentivo.Il tema di questa interazione è la “sfida”. Il com-portamento del bambino sembra comunicare: “ve-diamo fino a che punto riesci ad imitarmi” oppure:“toh, imita questa se ci riesci”. È fondamental-mente un gioco, con delle regole create e condivi-se implicitamente dalla coppia. Il bambino proponee poi attende, mi gira intorno, ma senza perderenemmeno un movimento di ciò che faccio.Assistiamo ad un percorso che da un’interazionefaccia a faccia ravvicinata, dove la componentesenso-percettiva e corporea era il centro dell’atten-zione congiunta, perviene ad una dimensione mag-giormente simbolica la cui specificità risiede nellacondivisione delle intenzioni sottese al gioco incorso, che coinvolgono la coppia in una vera e pro-pria sfida sulle abilità vocali.Questa prima interazione ci mostra un passaggio daun’attenzione diretta agli stimoli dell’ambiente circo-stante ad una situazione condivisa, prima attraversol’oggetto e poi attraverso il suono, per divenire ungioco relazionale dove le dimensioni dell’ascolto e

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dell’attesa assumono un profondo valore relaziona-le. Dal punto di vista intersoggettivo sono presentiaspetti come l’alternanza del turno e l’attenzionecondivisa, ma la forza di questo momento risiedenella condivisione delle intenzioni sottese al giocoin corso che coinvolgono la coppia in una vera epropria sfida sulle abilità vocali.

SUONO E GIOCO SENSO-MOTORIO(SEDUTA CON P.)La dimensione corporea, fatta di sensazioni, proprio-cezioni e di movimento è sempre presente ed è allabase dell’esperienza sonoro-musicale. Tuttavia nel la-voro con i bambini autistici questa dimensione assu-me un ruolo spesso determinante. Alcuni bambininon sembrano inizialmente essere interessati aglistrumenti presenti nel setting e nemmeno i lorosuoni sembrano attrarli particolarmente. Spesso tro-viamo bambini che si muovono nella stanza in cercadi esperienze stimolanti da un punto di vista corpo-reo, tattile e cinestesico. Corrono da una parte all’al-tra senza un’evidente meta, si arrampicano su unasedia e si lasciano cadere a terra oppure si dedicanoa condotte di autostimolazione quali dondolare ogirare su stessi.P. ha 4 anni. Si presenta come un bimbetto dalla fac-cia simpatica e sorridente. Inizialmente fatica un po’a separarsi dalla mamma, pertanto nel corso deiprimi incontri permetto a quest’ultima di restare connoi all’interno della stanza. Dopo qualche seduta,seppur con un po’ di dispiacere riesce a lasciare lamamma sulla soglia della porta e ad entrare solo conme nella stanza di musicoterapia. Il setting strumen-tale è costituito da strumenti musicali quali: piccolepercussioni, chitarra, maracas, xilofono, un tamburo-ne e un djembè, disposti a semicerchio sul tappeto.Quello che mi colpisce e nello stesso tempo mimette in difficoltà è l’apparente disinteresse delbambino per il setting musicale. Non cerca di pro-durre il suono di nessuno strumento, non mostraparticolare interesse per i suoni da me prodotti equasi mai si volta verso la fonte sonora. Tuttavia eglisi è mostrato più volte in grado di reagire e rispon-dere alla voce dell’adulto e di comprendere sempli-

ci comandi vocali. Non vi sono elementi specifici dia-gnostici e anamnestici che possano far pensare adun deficit uditivo. La ricerca degli strumenti musicaliavviene da parte del bambino con un unico scopo:quello di utilizzarli come oggetti su cui arrampicarsi,mettersi in piedi o seduto per poi lasciarsi scivolareo cadere sul tappeto. Questa attività porta P. ad inge-niarsi nello spostare oggetti, cuscini e strumenti tra-sformandoli in superfici sulle quali salire per poisperimentarsi in giochi di equilibrio lasciandosi an-dare infine alla caduta. Nell’osservazione di tale attivi-tà si evidenziano alcuni aspetti:1. Il bambino è assorbito interamente da un unico

progetto: un’attività pianificata e finalizzata allaricerca della gratificazione derivante dalla perditadi equilibrio e conseguente caduta a terra.

2. Il bambino persegue questa attività in completaautonomia, senza rivolgere attenzione alcuna all’a-dulto o limitandosi ad utilizzarlo come una qualun-que superficie d’appoggio in maniera strumentale.

3. Gli elementi presenti all’interno del setting ven-gono deprivati della loro funzionalità specifica edingaggiati al servizio dell’unica attività di interes-se per il bambino, lo stesso vale per l’adulto.

4. Qualunque proposta alternativa al suo interessenon sembra essere interessante per il bambino,che dà l’impressione di non avere spazio né percogliere altre situazioni né per contemplare lapresenza dell’adulto all’interno del suo gioco.

P. porta all’interno della stanza un interesse moltopreciso. La sua personale ricerca è finalizzata a crea-re situazioni in cui l’ebrezza del salire in alto e la con-trapposizione tra il mantenere ed il perdere l’equili-brio trova gratificazione e scarica nella successivacaduta a terra. L’aspetto centrale di tale esperienzasenso-motoria risiede nel circolo continuo di passag-gi tra la tensione dell’equilibrio precario e la disten-sione immediatamente successiva alla caduta.Il bambino ricerca tale stimolazione in continuazione,cade, si rialza e ricomincia. Il primo problema da ri-solvere è come costruire all’interno di tale gioco distimolazione solitaria un possibile contesto condivisotra musicoterapista e bambino. Tento pertanto di in-serirmi all’interno del gioco di equilibrio cercando di

compartecipare con P. ai momenti di tensione, in con-divisione con il suo progetto.Inserisco nel setting un grosso pallone di psicomotri-cità su cui il bambino può salire solo con l’aiuto del-l’adulto (a causa delle dimensioni) ed un’armonica abocca (che mi permette di suonare avendo le manilibere per tenere il bambino sul pallone). Il primoobiettivo è creare una cornice riconoscibile alla suaattività. P. resta con il mio aiuto sdraiato e/o sedutosul pallone. Gli piace farsi dondolare e quando intra-vede il rischio di cadere manifesta la sua emozioneridendo e vocalizzando. Il suono dell’armonica iniziaad accompagnare il movimento del pallone avanti eindietro. Sottolineo attraverso i suoni aspirati ed uncontatto più tonico sulla schiena del bambino i mo-menti di sospensione in equilibrio precario ed attra-verso i suoni espirati ed il rilascio della presa le cadu-te repentine o le mordibe scivolate. “La musica coin-volge il coordinamento centrale del movimento cor-poreo imitando le sue dinamiche” (Trevarthen, 2002).La ricchezza espressiva del suono dell’armonica mipermette non solo di sostenere e raccontare i movi-menti e le gesta della corporeità, ma di sintonizzarmiin maniera transmodale con i comportamenti delbambino. Secondo Stern la relazione che viene acrearsi tra madre e bambino è basata su trasferimen-ti sinestesici tra modalità sensoriali differenti (Stern,1987). Questo avverrebbe, per esempio, quando uncomportamento motorio del bambino viene restituitodalla madre con un suono vocale. Le due modalitàmotoria-posturale e vocale, pur essendo differenti,possono pertanto richiamare, all’intero del processo disintonizzazione, gli stessi temi affettivi promuovendo-ne la condivisione profonda.I bambini autistici spesso sembrano percepire la mu-sica del terapeuta come qualcosa che ha a che farecon loro. Spesso li incoraggia a partecipare o anchead iniziare l’interazione con il terapeuta. Ciò accadeperché partendo dal materiale del bambino stessovengono creati all’interno dell’improvvisazione musi-cale dei modelli prevedibili (Robarts, 1998).Nella seduta con P. abbiamo assistito al passaggiograduale dal primo riconoscimento della cornice so-nora da parte del bambino ad un suo ruolo ed utiliz-

zo attivo. P. infatti inizia progressivamente ad amplia-re il suo campo attentivo dapprima includendo e do-po ricercando il suono dell’armonica ed i movimentiad esso associati ed infine cercando me e, seppurfugacemente, il mio sguardo. All’interno del campo diattenzione del bambino viene, piano piano, incluso ilsuono e quindi il musicoterapista. Questo passaggioci permette di giungere ad una situazione di atten-zione congiunta dove terapista e bambino si incontra-no nel gioco di modulazione della tensione creata dal-l’insieme di movimento del pallone, tensione musco-lare delle braccia del terapista e del bambino che sitengono per mano e dai suoni dell’armonica che ac-compagnano le tensioni e risoluzioni. Siamo all’inter-no di un’interazione sotto forma di gioco faccia a fac-cia, “in cui prevalgono mutui processi di regolazione,di attenzione e di scambi comunicativi, sostenutidalla reciproca organizzazione tonico-posturale”(Gison, Bonifacio, Minghelli, 2012).Attenzione e intenzione congiunta si sovrappongono inun divenire dinamico, dove la situazione fortementemotivante induce P. a mettersi in ascolto, a cercare conlo sguardo e con il corpo, tentando di anticipare lasituazione attraverso le modulazioni toniche.“Nell’anticipare l’azione prima che questa sia conclu-sa, il bimbo è in grado di rilevare che l’azione dell’a-dulto è diretta verso di lui e di riconoscere la formache questa andrà ad assumere” (Reddy, 2010).“Questo ambito di gioco senso-motorio coinvolgeprevalentemente il corpo ed il movimento. Questolivello ludico sostiene i processi rappresentativi e sim-bolici, attraverso la progressiva maturazione di rap-presentazioni mentali a partire dalle azioni” (Gison,Bonifacio, Minghelli, 2012).

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVESULL’INTERVENTOUn aspetto importante del trattamento con il bam-bino autistico riguarda la calibrazione dell’interven-to sul suo livello di sviluppo e sulle sue modalitàsenso-percettive, motorie e cognitive prevalenti.Abbiamo visto come l’estrema variabilità della feno-menologia autistica ci imponga una riflessione sog-gettiva analizzando situazione per situazione.

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Possiamo considerare la musicoterapia come facen-te parte di quegli interventi terapeutici ad approcciointerattivo. Tale approccio mette al centro il bambi-no, i suoi interessi spontanei, i suoi comportamentie bisogni, nel tentativo di donare un senso relazio-nale e condiviso alle sue condotte sonoro-musicali.Un aspetto centrale dell’intervento è rappresentatodal rapporto tra proposte strutturate e contesti mag-giormente liberi. Non si tratta, a mio avviso, di pen-sare a questi due aspetti in termini dicotomici,quanto di saper modulare le proposte (nonché inostri interventi all’interno delle proposte stesse) inmodo da consentire quel giusto rapporto tra ripeti-zione e variazione, conosciuto e sconosciuto, prede-finito e improvvisato. Come sottolinea Guzzoni ibambini autistici necessitano di una “cornice signi-ficante”(Guzzoni, 2012), che consenta loro di dareun senso e ricordare le esperienze vissute. Tale cor-nice viene a costituirsi laddove il contesto e l’inter-vento dell’adulto prediligano la regolarità, la ripeti-zione, la sequenzialità permettendo al bambino diinteriorizzare quelle sequenze (script) di eventi fon-damentali per orientarsi nelle esperienze e nellarelazione con l’altro (Guzzoni, 2012).A tale fine, un primo elemento sul quale agireriguarda il setting nelle sue dimensioni fondamentalidi spazio e tempo. Per alcuni bambini autistici puòrisultare difficoltoso orientarsi all’interno di un am-biente che non tenga conto delle loro peculiarità per-cettive (ambienti eccessivamente carichi di stimoli) oche non sia adeguatamente organizzato nella chia-rezza degli spazi e delle attività che si possono svol-gere al suo interno. Allo stesso modo la suddivisionedei tempi della seduta, le “scalette” delle attività, irituali di inizio-fine, le esperienze presentate conregolarità al bambino permettono a quest’ultimo dicomprendere il contesto e quindi di poterlo ricordare,anticipare e desiderare. Costruire occasioni di inter-soggettività necessita una buona chiarificazione delcontesto entro cui la relazione ha luogo.Un ulteriore elemento è rappresentato dalla tipolo-gia di proposta. Nella seduta con M. ed in quellacon C. (sopra descritte), all’interno di un contestoimprovvisativo è stato possibile definire dei codici di

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interazione ed un contesto di condivisione perché lerisorse e la motivazione dei due bambini lo hannoconsentito. È stato importante fissare quelle partico-lari interazioni positive e poterle ritrovare comemomento costante seduta dopo seduta. Nella sedu-ta con P. viceversa si è reso necessario (pur parten-do da un interesse del bambino) strutturare mag-giormente la proposta affinché si potesse megliodefinire la cornice di condivisione. Nella seduta conG. il “contenitore” dell’esperienza è stata la canzo-ne. Con molti bambini è possibile ricorrere al reper-torio di musiche e di canzoni infantili avvalendosi deiloro aspetti attivanti e contenitivi (Guzzoni, 2012).Quello che hanno in comune tutte queste proposteriguarda la possibilità di racchiudere al loro interno,indipendentemente dal livello di strutturazione, ele-menti conosciuti e novità, in analogia con la forma“tema con variazioni” propria delle precoci intera-zioni della diade madre-bambino (Stern, 1987).

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recensioni

MUSICALITÁ E MUSICOTERAPIATeorie e prassi per la formazionea cura di Pier Luigi PostacchiniCARROCCI EDITORE, 2015, ROMA

Il testo è costituito da una raccol-ta di saggi di diversi studiosi,

Maurizio Spaccazzocchi, Andrea Ricciotti, AntonellaGuzzoni, Anna Maria Gheltrito e Ferdinando Suviniche, dalla propria prospettiva teorico-esperienziale,colgono il nucleo intorno a cui ruota l’intera lettu-ra: quali devono essere le competenze del profes-sionista della musicoterapia così definito attual-mente alla luce della legge UNI-2013 e quali devo-no essere gli strumenti operativi di cui si fa caricoin ogni seduta?Il tema, sebbene trattato più volte, ha lasciato moltipunti di sospensione e questioni aperte data la posi-zione multidisciplinare della musicoterapia e la neces-sità di trovare una sua specificità sonoro-musicale.Con pazienza, metodicità e sinergia, data le collabo-razioni di cui si avvale il libro, Postacchini è riuscitoa fare ordine e, alla luce di una prospettiva antro-pologica, ha offerto delle risposte chiare e precise.La musicoterapia è una disciplina a sé stante e l’opera-tore che si serve dei suoi strumenti necessita di unapreparazione complessa e inusuale.I percorsi formativi intrapresi dal musicoterapista sonoparticolari e talvolta inesplorati, pertanto la flessibili-tà, la voglia di ricerca e la sete di conoscenza sono fat-tori determinanti per la crescita professionale di que-sta figura così specializzata. Spaccazzocchi, nel primo saggio proposto all’internodella raccolta, afferma come la formazione in musico-terapia non possa esaurirsi semplicisticamente nei“paradigmi della musica colta/o del musicista profes-sionista” perché la competenza musicale del profes-sionista della musicoterapia dovrebbe fondarsi su unabase antropologica che prenda in esame “l’essereumano nei suoni e nella musica”. Focalizzarsi e inter-

rogarsi sulla fruizione sonoro-musicale dell’uomo co-mune o del quotidiano in musica sono le priorità tantodel professionista quanto dell’allievo.Interessante il modo in cui Andrea Ricciotti, nel capito-lo “neurofisiologia e psicologia della relazione uomo-suono”, tratta argomenti ormai cari al musicoterapistain formazione ma troppo spesso caricati di una valen-za esclusivamente teorica svincolata dal contesto pra-tico operativo della specificità musicoterapica.Prendiamo in esame il fonosimbolismo ecoico/onoma-topeico che rinvia ad un utilizzo e alla riproduzione dialtri suoni come quelli naturali o meccanici; chi opera nelcampo deve sapere che una semplice canzone come“Azzurro”, di Paolo Conte, può divenire l’occasione perfar partire in uno spazio immaginario il suono poten-zialmente infantile, regressivo ed evocativo di “un aero-plano che va”. Un’espressione sonora può portare da unapercezione a un’altra e, nel processo musicoterapico, inun attimo da un semplice gioco onomatopeico ti cata-pulti in un “simbolismo fisiognomico” dove “una certaorganizzazione sonora”... può evocare stati d’animo co-me gioia o dolore, serenità o rabbia e così via.Una delle cose più complicate in musicoterapia èdescrivere il contesto espressivo sonoro-musicale nelquale si dipana quel processo intersoggettivo che vededi fronte musicoterapista e paziente in ogni seduta.Ferdinando Suvini dedica al problema un intero capito-lo nel quale, in un’analisi esaustiva e dettagliata, pre-senta una metodologia di lavoro in grado di proporretre punti precisi e ben delineati: una linea teorica, unadescrizione del lavoro protocollato (sia verbalmenteche musicalmente attraverso la partitura) e infine unaverifica finale frutto di valutazioni interpretative delmateriale sonoro e musicale di riferimento.Credo che questo studio, con cui si conclude il libro,riassuma lo sforzo di tutti gli esperti che hanno col-laborato all’antologia per descrivere come nei prossi-mi anni la musicoterapia potrà consolidarsi grazie allaqualità dei suoi strumenti teorico-metodologici eall’oggettività dei suoi risultati.

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a cura di Luca Zoccolan

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pico di bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo(DGS) (A. Guzzoni) • L’esportabilità spazio-temporale delcambiamento nella pratica musicoterapica: una pre-ricer-ca (M. Placidi) • L’ascolto come luogo d’incontro: un trat-tamento di musicoterapia recettiva (G. Del Puente, G.Manarolo, S. Venuti) • Armonie e disarmonie nel disagiomotorio: una rassegna di esperienze (B. Foti)

Numero 12, Luglio 2005La supervisione in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Lecompetenze musicali in ambito musicoterapico: una pro-posta (F. Demaestri) • L’armonia del sé: aspetti musicalidello sviluppo del sé (C. Tamagnone) • Interventi musi-coterapici con bambini gravemente ipotonici (W. Fasser,G. V. Ruoso) • Emozioni e musica: percorsi di musicote-rapia contro la dispersione scolastica (M. Santonocito, P.Parentela) • “Il Serpente Arcobaleno” esperienze dimusico-arte-terapia e tossicodipendenza (F. Prestia)

Numero 13, Gennaio 2006La Psicologia della musica: il punto, le prospettive (G.Nuti) • John Cage: caso vs. improvvisazione (C. Lugo) •La composizione in musicoterapia (A.M. Gheltrito) • Mu-sicoterapia preventiva in ambito scolastico: un program-ma sperimentale per lo sviluppo dell’empatia (E.D’Agostino, I. Ordiner, G. Matricardi) • Musicoterapia eRiabilitazione: una esperienza gruppale integrata (FloraInzerillo) • Dal Caos all’armonia (R. Messaglia)

Numero 14, Luglio 2006Il cervello nell’esecuzione e nell’ascolto della Musica (M.Biasutti) • Interazione, relazione e storia: ragionamenti dimusicoterapia e supervisione (F. Albano) • Il suono e lamente: un’esperienza di conduzione di gruppo in psichia-tria (G. D’Erba, R. Quinzi) • La condivisione degli stati dellamente: una possibile lettura dell’interazione musicotera-pica nella grave disabilità (S. Borlengo, G. Manarolo, G.Marconcini, L. Tamagnone) • Un’esperienza di musicotera-pia presso l’Hospice della azienda istituti ospitalieri diCremona (L. Gamba) • La musica come strategia terapeu-tica nel trattamento delle demenze (A. Raglio)

Numero 15, Gennaio 2007Implicazioni per l’educazione e la riabilitazione della ricer-ca psicologica sull’improvvisazione musicale (M. Biasutti) •Le componenti cerebrali dell’amusia (L.F. Bertolli) •Musicoterapia e stati di coma: un’esperienza diretta, ilcaso di Marco (C. Ceroni) • Forme aperte, forme chiuse:

una esperienza di musicoterapia di gruppo nel centro diur-no psichiatrico di Oderzo (TV) (R. Bolelli) • L’inter-ventointegrato tra logopedista e musicoterapista nei bambinicon impianto cocleare (A.M. Beccafichi, G. Giambenedetti)

Numero 16, Luglio 2007Legato/staccato: la problematica della creazione e dellamorte nella musica occidentale del XX° secolo (MichelImberty) • Memorie di gruppo e musicoterapia (EgidioFreddi, Antonella Guzzoni) • Giocando con i suoni: unintervento sul bullismo (E. Prete, A.L. Palermiti, M.G.Bartolo, A. Costabile, R. Marcone) • Esserci, Esprimersi,Interagire tra adolescenti attraverso la musica e gli altrilinguaggi (Francesca Prestia) • Musicoterapia e demenza:un caso clinico (M. Gianotti, A. Raglio) • Musicoterapianelle strutture intermedie: un’esperienza in una comunitàdi riabilitazione (F. Inzerillo) • Le tecniche musicoterapiche(G. Manarolo)

Numero 17, Gennaio 2008La musicoterapia nel contesto delle neuroscienze (P.Postacchini) • La voce delle emozioni: l’espressività voca-le tra svelamento e inganno (G. Manarolo) • Associa-zione Cantascuola: un percorso espressivo musicale scuo-la-sanità-scuola (G. Guiot) • Musicoterapia e prevenzionein pediatria oncologica (M. Macorigh) • La stimolazionesonoro-musicale alla casa dei risvegli Luca de Nigris diBologna (R. Bolelli) • Gruppi di musicoterapia presso ilservizio territoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e dellaadolescenza (L. Gamba) • Attività di musicoterapia nellariabilitazione psichiatrica (L. Gamba, A. Mainardi, E. Agrimi)

Numero 18, Luglio 2008Musica e terapia: alcune riflessioni storiche (S.A.E. Leoni) •Musicoterapia e riabilitazione cognitiva nella schizofrenia:uno studio controllato (E. Ceccato, P.A. Caneva, D.Lamonaca) • Suonare e cantare, tra quotidianità e arte,dalla semiologia alla musicoterapia (R. Bolelli) • Qualemusicoterapia nella scuola primaria? (C. Massola, A.Capelli, K. Selva, F. Bottone, F. Demaestri) • A Volte i pescicantano... Musicoterapia e sordità: un esperienza di lavo-ro con bambini “diversamente” udenti (F. La Placa) •Alice: percorso sonoro tra improvvisazione e composizione(D. Bruna) • Musicoterapia per operatori sanitari (G. D’Erba,R. Quinzi) • Viaggio attraverso la memoria (R. Prencipe)

Numero 19, Gennaio 2009Psicologia della Musica e Musicoterapia: quale dialogo?

Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis, Corso Peschiera 320, 10139 Torino - www.edizionicosmopolis.itSul nostro sito www.musicaterapia.it sono disponibili i pdf consultabili e scaricabili, dall’anno 2000 al 2010.Dei numeri successivi è possibile visualizzare il sommario.

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Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999Volume VII, Numero 2, Luglio 1999anno 2000 (gennaio n. 1 / luglio n. 2) anno 2001 (gennaio n. 3 / luglio n. 4)Indici completi degli articoli in: www.musicaterapia.it

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti intro-duttivi (L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilita-zione in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Prospettiveterapeutiche nell’infanzia: “Dalla disarmonia evolutivaalla neuropsicopatologia (G. Boccardi) • Musicoterapia eritardo mentale (F. Demaestri, G. Manarolo, M. Picozzi, F.Puerari, A. Raglio) • Indicazioni al trattamento e criteri diinclusione (M. Picozzi) • L’assesment in Musicoterapia, ilbilancio psicomusicale e il possibile intervento (G.Manarolo, F. Demaestri) • L’assessment in musicoterapia,osservazione, relazione e il possibile intervento (F.Puerari, A. Raglio) • Tipologie di comportamento sono-ro/musicale in soggetti affetti da ritardo mentale (A.M.Barbagallo, C. Bonanomi) • La musicoterapia per bam-bini con difficoltà emotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapiaa scuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e inte-grazione scolastica (E. Albanesi) • Un interventoMusicoterapico in ambito scolastico (S. Melchiorri) •L’animazione musicale (M. Sarcinella) • L’educazione musi-cale come momento di integrazione (S. Minella) • L’im-provvisazione vocale in musicoterapia (A. Grusovin) •L’approccio musicoterapico nel trattamento del ritardo men-tale grave: aspetti teorici e presentazione di un’esperienza(Karin Selva) • Musicoterapista e/o Musicoterapeuta? (M.Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella,S. Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La com-posizione musicale a significato universale. Conside-razioni cliniche (G. Scarso, A. Ezzu) • Validità del trainingmusicoterapico in pazienti in stato vegetativo persisten-te: studio su tre casi clinici (C. Laurentaci, G. Megna) •L’approccio musicoterapico con un bambino affetto dagrave epilessia. Il caso di Leonardo (L. Torre) • Co-crearedinamiche e spazi di relazione e comunicazione attraver-

so la musicoterapia (M.M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo) •L’evoluzione musicale in Musicoterapia (B. Foti, I. Ordiner,E. D’Agostini, D. Bertoni) • L’intervento musicoterapiconelle fasi di recupero dopo il coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003Gli Istituti Superiori di Studi Musicali e la formazione inMusicoterapia... paradigma e curriculum musicale... (M.Spaccazocchi) • Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia el’età evolutiva (P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • Musicote-rapia e riabilitazione in età evolutiva (R. Burchi, M.E.D’Ulisse) • Musicoterapia e psicomotricità: un’integrazio-ne possibile (R. Meschini, P. Tombari) • L’intervento dimusicoterapia nella psicosi (R. Messaglia) • Terapia sono-ro-musicale nei pazienti in coma: esemplificazione tra-mite un caso clinico (G. Scarso, A. Ezzu) • Musicoterapiapreventiva e profilassi della gravidanza e del puerperio(F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapia e disturbi comuni-cativo-relazionali in età evolutiva (F. Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) • Formemusicali e vita mentale in adolescenza (A. Ricciotti) •Musica e Adolescenza (G. Manarolo, M. Peddis) • Unintervento di Musicoterapia con un gruppo di adolescen-ti (L. Metelli, A. Raglio) • L’approccio musicoterapico inambito istituzionale: il trattamento dei disturbi neuropsi-chici dell’adolescenza (F. Demaestri) • Dal rumore alsuono, dalla confusione all’integrazione (R. Busolini, A.Grusovin, M. Paci, F. Amione, G. Marin)

Numero 10, Luglio 2004Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia:sintonizzazioni ed empatia (P.L. Postacchini) • Intratteni-mento, educazione, preghiera, cura... Quante funzioni puòsvolgere il linguaggio musicale? (L. Quattrini) • Musicote-rapia in fase preoperatoria (G. Canepa) • L’improvvisazionesonoro-musicale come esperienza formativa di gruppo (A.Raglio, M. Santonocito) • Musicoterapia e anziani (A. Vara-gnolo, R. Melis, S. Di Pierro)

Numero 11, Gennaio 2005Aspetti timbrici in musica e in Musicoterapia (P. Ciampi) •Il problema del “significato” in musicoterapia. Alcuneriflessioni critiche sullo statuto epistemologico della disci-plina, sulle opzioni presenti nel panorama attuale e suimodelli di formazione proposti (G. Gaggero) • Il signifi-cato dell’espressività vocale nel trattamento musicotera-

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gravidanza (A. Auditore, F. Pasini) • “La voce dei colori” (P.Candeletti, M. Gentile, G. Vigliaroni, A. (Mauro) Sarcinella) •Ritmi sospesi (M. Peddis, P. Franza) • “Quello che non ho” (A.Cavalieri) • L’incremento dell’attenzione condivisa attraversol’intervento di musicoterapia in soggetti con disturbo dellospettro autistico (S. Cainelli, S. de Falco, P. Venuti)

Numero 28, Luglio 2013Impromptus sull’improvvisazione: in musica, nel lavoroanalitico (F. Petrella) • Suono e immaginazione: progre-dire attraverso i linguaggi dell’arte (U. Petrin) • L’improv-visazione come formatività interpersonale (A. Sbordoni) •Improvvisazione: appunti a margine (C. Lugo) • L’improv-visazione nella didattica: una ricerca sulle concezioni deidocenti (M. Biasutti) • Aspetti modali nell’improvvisazio-ne musicoterapica (Stefano Navone) • Crediamo ai tuoiocchi: costruire l’improvvisazione con un gruppo di ado-lescenti affetti da disagio neuropsichico (F. Demaestri, P.Filighera, P. Giusto, C. Lo Re)

Numero 29, Gennaio 2014Le competenze musicali per accedere alle scuole di for-mazione in musicoterapia (M. Spaccazocchi) • Improv-visazione in musicoterapia: concatenazioni relazionali edaffettive (P. Ciampi) • T.I.M.E.: Training Interactive MusicalElements una proposta per i D.S.A. (G. Ferrari, A. Nicoletti,L. Xodo) • Musicoterapia e demenze: l’esperienza pressostrutture residenziali e diurne (G. Vizzano) • Suzanne.Elaborazione di un lutto in un gruppo di musicoterapia (A.Cavalieri, Cooperativa Sociale CrescereInsieme ONLUS) •Musicoterapia a scuola (A. Malfatti) • Musicoterapia con ilbambino autistico (S. Bolchi)

Numero 30, Luglio 2014Relazione, musicalità e canto nella comunicazione sono-ro/vocale tra mamma e bambino nella primissima infan-zia (Elena Sartori) • Il canto della voce. La comunicazio-ne vocale in musicoterapia (A. Grusovin) • Il nucleo alcentro, al centro del nucleo (S. Cornara, M. Colombo, I.Pajoro, I. Santi) • “Il filo sonoro” Musicoterapia preven-tiva in gravidanza e post-nascita (E. Baratelli) • Il per-turbante musicale quando la voce restituisce il sensoalla parola (E. Freddi) • Valutazione di un progetto dimusicoterapia: il punto di vista del personale docente diuna scuola elementare (A. Malfatti) • L’intervento dimusicoterapia nel postparto: il progetto mamme in sol(F. Borgarello)

Numero 31, Gennaio 2015La musica fra narratività, espressività e drammaticità (M.Imberty) • Esternalizzare l’esperienza musicale (M. Spacca-zocchi) • La funzione di induzione senso-motoria dellamusica (C. Cano) • Laetitiae comes, medicina dolorum (R.Damasio) • Processi interiori e forme musicali: appunti diviaggio (S.A.E. Leoni) • Suoni non detti... parole non suo-nate (P. Ciampi) • Un contributo alla validazione italianadello Short Test of Musical Preferences Reviseted (STOMP-R) (L. Urgese)

Numero 32, Luglio 2015Musicoterapia e sintomatologia depressiva (S. Navone) •Musica “Attiva-Mente” (C. Tamagnone, L. Gisoldi, C. Arizio, I.Corsini) • L’intervento di Musicoterapia secondo il modelloBenezon nel coma vegetativo (A. Bianco, B. Mamone, R.Messaglia, O. Perillo, E. Pirlo) • La teoria Sonoro-Vibrazionalee gli Stati Vegetativi (S. De Laurentis) • Musicoterapia e auti-smo (M. Mingione) • Il trattamento musicoterapico singoloe di gruppo nella cura delle demenze (S. Cornara, M.R.Gerosa) • Approccio miusicale globale alla persona affettada demenza (S. Filippi)

Numero 33, Gennaio 2016Emozioni, musica e significato (R. Caterina) • Le ricerche psi-copedagogiche sulle sinestesie in musica (M. Biasutti) •Effetti sulla terapia farmacologica di un trattamento musico-terapico di gruppo (M. Degli Stefani, M. Biasutti, M.Guadagnini) • Musicoterapia e stati vegetativi: una sindromerecente (M. Sarcinella) • La teoria della musicalità intrinsecanell’intervento musicoterapico con pazienti in stato vegeta-tivo (A. Forloni) • Musica e musicoterapia per l’Alzheimer:un’esperienza personale (P. Reani)

Numero 34, Luglio 2016il modello DIR e l’intervento sul nucleo sintomatico dell’au-tismo (G. Campatelli) • Il relazionale e la musica: riflessionisull’approccio musicoterapico nei disturbi dello spettro autisti-co (A. Guzzoni) • Musicoterapia: un supporto nel trattamen-to dell’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) (C.Benefico) • Musicoterapia e Songwriting: un’esperienza ditrattamento di pazienti adulti con doppia diagnosi (A.Golembiewski) • Suoni, voci e parole delle persone condemenza. La musicoterapia al “Rifugio Re Carlo Alberto” (G.Vizzano) • Aspettative e opinioni di un campione di pazien-ti psichiatrici ricoverati rispetto a un’esperienza di musicote-rapia recettiva (G. Palmieri, G. Ferrazzi, L. Pingani)

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(R. Caterina) • Neuroscienze e musica (L. Lopez) • “L’abi-to che fa il monaco”: il processo terapeutico riabilitativodi una suora di clausura in Comunità Psichiatrica (G.Cassano, M. Carnovale) • Ambiguità e non ambiguità dellamusica (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Guida, F. Pannocchia) •La costruzione di un intervento clinico integrato:Psicofisiologia e Musicoterapia (A.R. Sabbatucci, M.Consonni) • Musicote-rapia nelle Cure Palliative: l’espe-rienza dell’hospice di Cremona (L. Gamba) • Importanzadella ricerca sperimentale in musicoterapia (M. Biasutti)

Numero 20, Luglio 2009Il Canto Sociale della Corale Cavallini di Modena (F. Albano,P. Curci) • Il metodo STAM nella psicosi: il contributo dellaricerca (E. Ceccato, D. Lamonaca, L. Gamba, R. Poli, P.A.Caneva) • La Composizione Facilitata di Canzoni nella riabili-tazione psichiatrica (P.A. Caneva) • L’organiz-zazione tempo-rale in pazienti psichiatrici (G. Giordanella Perilli) • La misu-razione degli esiti nel trattamento musicoterapico (L. Gamba,R. Poli) • Anam-nesi di una cover band a proprio (dis)agio (S.Bolchi, G. D’Erba, R. Quinzi) • Musicoterapia in SPDC (A.Sarcinella) • Quale ricerca in Musicoterapia? (A. Raglio)

Numero 21, Gennaio 2010Musicoterapia. Scientifica o Umana? (P.L. Postacchini, M.Spaccazocchi • Apprendimenti musicali e sistema spec-chio (M. Mazzieri, M. Spaccazocchi) • Musicoterapia ecasi impossibili: le opportunità create da una certamodalità di ascolto musicale (P. Ciampi, A. Cavalieri) •Quando la verità relazionale del vocalico canta intona-ta (R. Gigliotti) • La cultura e la risposta all’ascolto musi-cale. Le immagini come garanti metapsichici (G.DelPuente, G. Manarolo, S. Guida)

Numero 22, Luglio 2010Interpretazione psicoanalitica e interpretazione musicale.Osservazioni comparate (F. Petrella) • “Anche oggi cisiamo incontrati”. Musica, narrazione, realtà (P. Ciampi) •Riflessioni e possibili orientamenti metodologici per iltrattamento musicoterapico nei disturbi neuropsichicidella adolescenza (F. Demaestri) • La persona al centrodell’ascolto: esperienze di musicoterapia recettiva neltrattamento del paziente psicogeriatrico (M.C. Gerosa,M.A. Puggioni, C. Bonanomi) • L’intervento musicotera-pico in ambito psichiatrico (S. Navone)

Numero 23, Gennaio 2011Intervista ad Augusto Romano • Acquisizione linguistica

e musica (E. Freddi) • La balbuzie e la voce del padre (L.Pigozzi) • La musicoterapia presso la Fondazione Sospiro:evoluzione, sviluppi scientifici e riflessioni (A. Raglio) • Lacanzone come strumento terapeutico (P.L. Postacchini) •Musicoterapia: processo, descrizione e analisi del com-portamento non verbale (A. Pitrelli) • Schizoaffettività emusicoterapia l’esperienza della stabilità (S. Neri) • Unconcerto di storie (S. Cornara)

Numero 24, Luglio 2011La ricerca in musicoterapia: dati quantitativi e qualitativi (R.Caterina) • La ricerca in musicoterapia: lineamenti, temati-che e prospettive (M. Biasutti) • Musicoterapia e Danza-terapia nel trattamento dei disturbi dell’equilibrio in pazien-ti con sclerosi multipla: studio su due pazienti (C.Laurentaci, M.R. Lisanti, A. Dasco, G. Guida) • Sviluppo diuna sequenza sonoro/musicale da impiegare come stru-mento d’indagine nella fase di valutazione musicoterapica(G. Manarolo, S. Piattino, C. Lorenzi, F. Pirillo, G. Del Puente)

Numero 25, Gennaio 2012Incontro-intervista con Umberto Petrin (F. Demaestri) •Musicoterapia e scuola a un bivio: quale direzione? (F.Bottone, A. Cappelli) • La fragilità emotiva del musicista.Report di un’indagine empirica preliminare (P.L. Righetti,E. Battistella, M. Semenzin) • Dialisi e rilassamento: un’e-sperienza di ascolto in musicoterapia (F. Ricci) • Ripetizionee variazione: chiave della strutturazione del tempo e delleesperienze emotive (G. De Battistini) • Il musicale in musi-coterapia: analisi di un intervento di gruppo (R. Bolelli)

Numero 26, Luglio 2012Introduzione al tema: la musicoterapia in oncologia (A.Perdichizzi) • Musicoterapia in oncologia: studio quanti-qualitativo in ambito ospedaliero (Alberto Malfatti,Davide Ferrari, Giovanna Ferrandes) • Musicoterapia inoncologia un caso clinico (Andrea Perdichizzi) • Efficaciadel trattamento musicoterapico in pazienti con esiti diintervento per neoplasia mammaria (C. Laurentaci, W.Cifarelli) • Musica per diminuire il distress e per rafforza-re le strategie di coping (G. Antoniotti) • Musicoterapia inhospice per il malato e i familiari (M. Baroni)

Numero 27, Gennaio 2013Musicoterapia e disturbi dello spettro autistico: osservazionee valutazione dell’attenzione congiunta (A. Guzzoni) • La musi-coterapia presso il Centro Paolo VI di Casalnoceto (Al), unastoria lunga trent’anni (F. Demaestri) • Suoni e silenzi della

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norme redazionaliI colleghi interessati a pubblicarearticoli originali sulla presente pubblicazionesono pregati di inviare il file relativo,redatto con Word, in formato .doc, al seguenteindirizzo di posta elettronica: [email protected]

L’accettazione dei lavori è subordinataalla revisione critica del comitato di redazione.

Per la stesura della bibliografiaci si dovrà attenere ai seguenti esempi:

a) LIBROCordero G.F., Etologia della comunicazione,Omega edizioni, Torino, 1986.

b) ARTICOLO DI RIVISTACima E., Psicosi secondarie e psicosi reattivenel ritardo mentale, Abilitazione e Riabilitazione,II (1), 1993, pp. 51-64.

c) CAPITOLO DI UN LIBROMoretti G., Cannao M., Stati psicotici nell’infanzia.In M. Groppo, E. Confalonieri (a cura di),L’Autismo in età scolare, Marietti Scuola,Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.

d) ATTI DI CONVEGNINeumayr A., Musica ed humanitas. In A. Willeit(a cura di), Atti del Convegno: Puer,Musica et Medicina, Merano, 1991, pp. 197-205.

Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamentela responsabilità degli Autori. La proprietà letterariaspetta all’Editore, che può autorizzare la riproduzioneparziale o totale dei lavori pubblicati.

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