MET · Se in Cuore di cane, il primo episodio della trilogia su testi e autori russi Guarda come...

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coMETa Comunicazione|Promozione Teatro Metastasio - Illustrazione di CHIARA GHIGLIAZZA MET TEATRO METASTASIO STAGIONE 2019-20 www.metastasio.it

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WWW.METASTASIO.ITNUOVO SITO

STAGIONE 2019-20

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Cuba, sessant’anni dopo la rivoluzione: Daniele, trentasei anni, è un matematico e filmmaker. Suo nonno, Fastino Pérez, è stato uno

dei compagni di Fidel Castro più fedeli, e nel 1956 si è occupato dell’organizzazione della nave Nonna che trasportava i rivoluzionari

dal Messico a Cuba. Dopo la vittoria, Pérez diventa il primo 'Ministro per il Recupero della Proprietà', e comincia l’azione

di espropriazione dei beni all’elite. Che valore ha tutto questo oggi?

Sul palco, insieme a Daniel, c’è il programmatore informatico ventiquattrenne Christiàn, che ripercorre la storia di suo nonno, pilota

di guerra in Angola durante la guerra civile. C’è poi anche Milagros, la studentessa di storia che si interroga

sulle contraddizioni che la rivoluzione ha portato con sé. Le storie delle famiglie di alcuni giovani ragazzi cubani, intervallate

da domande capitali circa la scena sociopolitica contemporanea, dal punto di vista di un paese in rapida evoluzione, la cui storia è ancora da scrivere.

GranmaMetales de Cuba

Rimini Apparat Maxim Gorki Theater Berlinproduzione e Emilia Romagna Teatro Fondazione,in coproduzione con

Festival D'Avignon, Festival TransAmériques (Montréal), Kaserne Basel, Onassis Cultural Centre - Athens,

Théatre Vidy-Lausanne, LuganoInScena-Lac, Zürcher Theaterspektakel

German Federal Cultural Foundation, con il contributo di Swiss Arts Council Pro Helvetia

Senate Department for Culture and Europee Goethe Institut Havannain collaborazione con

concept e regia Stefan KaegiYohayna Hernan dez, drammaturgia

Ricardo Sarmiento (assistente) Milagro Álvarez Leliebre, Daniel Cruces-Pérez, conChristian Paneque Moreda, Diana Sainz Mena

stage design (assistente)Aljoscha Begrich, Julia Casabonavideo Mikko Gaestel

in collaborazione con Marta Maria Borrascomposizioni musicali Ari Benjamin Meyerssound design Tito Toblerone, Aaron Ghantus

costumi Julia Casabona direzione tecnica e light design Sven Nichterlein

21 SETTEMBREMETASTASIO

Rimini Protokoll

OSPITALITÀ

CONTEMPORANEA FESTIVAL 19ANTEPRIMA CARTELLONE TEATRALE 19-20

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Brecht scrisse il testo quando era già in esilio nel 1938 alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.

Un'opera di contraddizioni e antinomie, a partire dalla principale: Madre Courage si sforza di proteggere i suoi figli dalla guerra, grazie alla quale lei stessa vive e guadagna, ma li perde inesorabilmente uno dopo

l'altro. La donna e il suo carro sono immediatamente emblematici di questa distorsione esclusivamente umana, dove la paura della morte si sconfigge

entrando in una economia di morte. Ogni volta che uno dei suoi figli viene a mancare, Madre Courage è sempre

occupata nei suoi affari e nei suoi commerci. L'identità femminile in Courage si scardina dai modelli, dal dover

corrispondere ad aspettative già date, dall'obbligo di una responsabilità materna infinita ed 'eterna', aprendosi alla possibilità di una figura forse

sgradevole, forse sospesa sulla soglia tra bene e male, e, in questo senso, forse incompiuta.

Nel testo c'è un valore quasi profetico: Brecht, nutrito anche dai ricordi della Grande Guerra, compone un'opera definitiva sulle guerre di tutti

i tempi, rimandandoci all'idea dell'apocalisse: Courage si muove in un mondo che già non c'è più; eppure i riti sociali

(il conflitto, il potere, il commercio) rimangono e si rinnovano. In un tempo distopico, dove l'essere umano è capace di abituarsi addirittura

alla sua stessa fine, Madre Courage è sopravvissuta fra i sopravvissuti. Recuperando ed elaborando i materiali riguardanti la composita partitura

di Madre Courage e i suoi figli a partire dall'edizione del 1941, comprese le fonti che hanno ispirato i temi principali e le nove canzoni previste

dal testo, Paolo Coletta dirige Maria Paiato in una nuova versione del capolavoro brechtiano dalle forti componenti musicali, dove parola,

corpo e musica si fondono per ritrarre un'umanità che somiglia così tanto al nostro presente.

MADRE COURAGE E I SUOI FIGLI

Società per Attori Teatro Metastasio di Pratoproduzione e Fondazione Campania dei Festival-in collaborazione con

Napoli Teatro Festival Italia

di Bertolt Brechttraduzione di Roberto Menin

con Mauro Marino, Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Roberto Pappalardo, Anna Rita Vitolo, Tito Vittori,

Mario Autore, Ludovica D'Auria, Francesco Del Gaudiodrammaturgia musicale e regia Paolo Coletta

musica Paul Dessauscene Luigi Ferrigno

costumi Teresa Aconelight designer Michelangelo Vitullo

24/27 OTTOBREMETASTASIO

PRODUZIONE

Maria Paiato in

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Esiste l'Eden? È mai esistito? Esisteva l'Eden prima che l'uomo avesse il dono di dare il nome alle cose? In quell'Eden dove il giorno e la notte

erano sipario di un atto creativo fuori da ogni comprensione umana, un Dio creò il Tutto, da solo lo creò. Oggi mi chiedo: "perché lo creò?".

Questa domanda è forza motrice non solo per me ma, credo, per tutti quelli che non trovano pace davanti a tanta perfezione. Eppure il Dio che tutto sa,

nell'immensa perfezione dell'Eden abitata dagli innocenti, decise di creare l'imperfezione: dalla terra madre diede forma all'uomo e alla donna e solo a loro diede il dono della parola, perché questa potesse dare nome al tutto.

[...] John Steinbeck con La valle dell'Eden segna il suo capolavoro letterario, forse perché si scontra con il solo libro capolavoro esistente, la Bibbia. Ogni pagina ci parla di creazione e di sconfitta eterna. [...]

Registicamente ho sentito il bisogno di un confronto serio e profondo con la letteratura, per capire dove è il limite tra letteratura e prosa, o meglio se

esiste un ostacolo tra la perfezione di un romanzo capolavoro, come La valle dell'Eden, e l'imperfezione della creazione per il palcoscenico, dove tutto

nasce per essere immediatamente dimenticato e non restare come testimonianza dell'uomo e quindi del suo Dio creatore.

Steinbeck dice: «chi scrive ha il dovere di incoraggiare, illuminare e dare sollievo alla gente». Se si può dire che la parola scritta in qualche modo sia

servita allo sviluppo della specie, lo possiamo dire anche del teatro? E un regista ha lo stesso dovere di uno scrittore?

Bisogna dare il nome alle cose prima di poterne prendere nota, e bisogna che qualcuno ne prenda nota prima che le parole possano essere lette, dette, recitate, interpretate, prima che qualcuno possa farle risorgere...

Antonio Latella

VALLE LAEDENDELL'

Emilia Romagna Teatro Fondazione, produzione Teatro Metastasio di Prato, Teatro Stabile dell'Umbria

di John Steinbecktraduzione e Maria Baiocchi Anna Tagliaviniadattamento e Linda Dalisi Antonio Latella

regia Antonio Latellacon Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Emiliano Masala,

Candida Nieri, Annibale Pavone, Massimiliano Speziani, Elisabetta Valgoi

musiche e suono Franco Visioli costumi Simona D'Amico

scenograa Giuseppe Stellatoluci Simone De Angelis

assistente alla regia Brunella Giolivo

20/24 NOVEMBRE20 e 21 NOVEMBRE: LA VALLE DELL'EDEN-PRIMO ATTO

22 e 23 NOVEMBRE: LA VALLE DELL'EDEN-SECOND0 ATTO24 NOVEMBRE: LA VALLE DELL'EDEN-I E II ATTO

METASTASIO

PRODUZIONE

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Dopo aver impugnato il microfono sui palcoscenici di tutt'Italia in assoli feroci e appassionanti, la regista e attrice Licia Lanera dirige un cast di attori

per mettere in scena un grande classico della letteratura mondiale. Se in Cuore di cane, il primo episodio della trilogia su testi e autori russi Guarda come nevica, lo stile surreale di Bulgakov denuncia una società

in delirio, Cechov ne Il gabbiano racconta il malessere sociale attraverso la disperazione di uomini 'piccoli piccoli' trapiantati in campagna.

I fallimenti continui - che si consumano nelle case e non lasciano traccia nella storia - la paura della vecchiaia, della solitudine, sono tragedie private

che tutt'ora ci appartengono. Gerardo Guerrieri, drammaturgo e sceneggiatore italiano, fa de Il gabbiano

una traduzione vitale e irresistibile, appassionata e ironica che pone l'accento su domande fondamentali: come si fanno i classici oggi?

Qual è il loro senso? E possono ancora indicare la via giusta per uscire dall'imbarbarimento culturale e dal degrado?

"Per la prima volta faccio un classico, una regia da adulta, mi appresto a diventare grande a tutti gli effetti. E lavoro con otto attori! Inevitabile

la riflessione su di me come donna e come artista. E quale commedia migliore per riflettere sul ruolo stesso che il teatro ha nella mia vita,

in quella degli uomini, nella storia? Quale migliore occasione per parlare della vita che schianta i nostri sogni giovanili e ci fa diventare diversi

da quello che pensavamo che saremmo diventati, quale testo migliore per parlare di grandi attrici dalla vita disastrata, scrittori senza carattere,

giovani drammaturghi disperati e giovani attrici disilluse? [...] Una messa in scena, per proseguire in questa strada che ho imboccato

un po' di anni fa, quella di un teatro che fonda sulla regia le sue radici più profonde; un teatro di regia dell'oggi, che si porta un pezzo di quello di ieri,

nel gusto dell'analisi del testo, nel rapporto amorosamente esasperato con gli attori, ma lascia a casa i grandi allestimenti

e una certa polverosa filologia".Licia Lanera

GUARDA COME NEVICA

GABBIANO 2. IL

co-produzione Compagnia Licia Lanera, Teatro Metastasio di Prato, TPE - Teatro Piemonte Europa

La trilogia Guarda come nevica include tre testi e tre spettacoli sulla neve, tre autori russi e tre generi letterari:

1. Cuore di cane di Bulgakov 2. Il gabbiano di Cechov

3. Le poesie di Vladimir Majakovskij.

di Anton Cechovregia e spazio Licia Lanera

con Vittorio Continelli, Mino Decataldo, Alessandra Di Lernia, Jozef Gjura, Marco Grossi, Licia Lanera, Fabio Mascagni, Giulia Mazzarino

luci Vincent Longuemaremusiche originali Qzerty

11/15 DICEMBREMETASTASIO

PRODUZIONE

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«Per ordire una truffa ai danni di un'impresa di costruzioni, due ribaldi rubano in un museo il piede di una statua romana e lo seppelliscono

nel terreno dove l'impresa sta iniziando a costruire. Così, dopo essersi finti archeologi e aver minacciato i 'palazzinari' di bloccare il cantiere, riescono ad estorcere loro un'ingente somma di denaro. Uno dei truffatori realizza

così il sogno vagheggiato da una vita: comprarsi un taxi e lavorare onestamente. Ma il destino gioca un tiro mancino al nostro neo-tassista, che si ritrova ad accompagnare a casa proprio la moglie di uno dei due imprenditori gabbati, di cui finisce per invaghirsi. Quivi rispunta il piede

e con esso il marito truffato, il socio di lui nonché amante di lei, un chirurgo estetico, un poliziotto e chi più ne ha più ne metta.

Prende vita una commedia degli equivoci folle, circense, a volte scollacciata, corrosiva della morale comune, a cui fa da sfondo il mito classico di Apollo

e Dafne (così si chiamano infatti i due protagonisti), che adombra una malinconica storia d'amore».

È un Dario Fo scanzonato, erede del circo e dell'avanspettacolo, ancora lontano dalla politica, quello che emerge da questa commedia scritta ormai quasi sessant'anni or sono, in cui i personaggi sembrano scolpiti dai tempi

comici, più che dalla trama, e dove la 'trovata' governa la struttura, come nella migliore tradizione della Commedia dell'Arte. Più che altrove,

la comicità di Dario Fo assume una peculiare forma di crudeltà. Qui il comico non vuole 'insegnare' niente; sembra piuttosto dirci,

a sessant'anni di distanza: questa è la vita, sta a voi spettatori decidere se riderci o no.

CHI UN RUBA PIEDE FORTUNATO È

AMOREIN

Teatro Metastasio di Pratoproduzione I Sacchi di Sabbia collaborazione ed Armunia

da Dario Focon Massimo Grigò, Alessia Innocenti, Annibale Pavone,

Tommaso Massimo Rotella, Tommaso Taddei scene e costumi dai bozzetti di I Sacchi di Sabbia Dario Fo

realizzazione scene Laboratorio del Teatro Metastasiocapo macchinista costruttore Tobia Grassi

realizzazione piede Noela Lottimusiche originali di Fiorenzo Carpi

arrangiate ed eseguite da Tommaso Noviregia e drammaturgia Giulia Gallo

e Giovanni Guerrieri/I Sacchi di Sabbia

15/19 GENNAIOMETASTASIO

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

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La tempesta è un addio. L'addio di Shakespeare al teatro, l'addio ad un tipo di teatro che spezza la bacchetta magica

e rinuncia alle sue magie, ormai superate dal tempo. Noi ne faremo un atto di addio al Novecento che deve subire l'arrivo

del nuovo millennio. Eros Pagni sarà quindi un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando

un isola che non c'è. Tutto è nella testa del mago, compresi Ariel e Calibano, che divengono

in questa lettura una sorta di Jekyll e Hyde. Il resto appare all'intellettuale novecentesco come pura barbarie millennial

che non comprende, che riesce ancora se non a sconfiggere almeno a contenere ma alla quale sa che dovrà alla fine arrendersi.

Un ragionamento sull'oggi, sul disgusto del nostro tempo che sempre più si diffonde in molti di noi e che credo renderà facile

e struggente l'identificazione degli spettatori con Prospero. Luca De Fusco

LATEMPESTA

6/9 FEBBRAIOMETASTASIO

OSPITALITÀ

Teatro Stabile di Napoli - Teatro Nazionale, produzione Teatro Nazionale di Genova,

Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia

di William Shakespearetraduzione Gianni Garrera

adattamento e regia Luca De Fuscocon Eros Pagni, Gaia Aprea, Alessandro Balletta,

Silvia Biancalana, Paolo Cresta, Gennaro Di Biase, Gianluca Musiu, Alessandra Pacico Grifni,

Alfonso Postiglione, Carlo Sciaccaluga, Francesco Scolaro, Paolo Serra, Enzo Turrin

scene e costumi Marta Crisolini Malatestadisegno luci Gigi Saccomandimusiche originali Ran Bagno

coreograe Noa Wertheiminstallazioni video Alessandro Papa

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WHEN RAIN THE FALLINGSTOPS

Quando la pioggia finirà

20/23 FEBBRAIOMETASTASIO

OSPITALITÀ

Emilia Romagna Teatro Fondazione, produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Due

Ambasciata d'Australia Qantascon il sostegno di e

di Andrew Bovellda un progetto di lacasadargilla

regia Lisa Ferlazzo Natolitraduzione Margherita Mauro

conCaterina Carpio, Marco Cavalcoli, Lorenzo Frediani,

Tania Garribba, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Emiliano Masala,

Camilla Semino Favro, Francesco Villanoscene Carlo Sala

costumi Gianluca Falaschidisegno luci Luigi Biondi

disegno del suono Alessandro Ferronidisegno video Maddalena Parise

"Non avere niente da dire è come avere così tanto da dire che non si ha nemmeno il coraggio di cominciare."

Andrew Bovell

When the Rain Stops Falling è il racconto intimo e distopico delle famiglie Law e York: una fabula oscura che il drammaturgo australiano Andrew Bovell

disegna con un'affascinante struttura drammaturgica dal meccanismo quasi perfetto di una bomba ad orologeria. Senza usare l'espediente del flashback,

ma piuttosto grazie a un'architettura narrativa nitida e complessa che si muove dal 2039 al 1959, le madri e figli, le mogli e i mariti di questa saga familiare slittano da una scena all'altra reiterando gesti, frasi o comportamenti

quasi inconsapevolmente attraverso un'eco di vite e di corrispondenze che accompagna lo spettatore dentro e fuori dal tempo,

all'interno di ogni sua piega.

Dalle note di Regia:«[...] When the Rain Stops Falling è un grande viaggio genealogico sul

linguaggio come lascito e sulla conoscenza, sull'abbandono e sul 'lasciare andare' di cui Bovell gestisce i diversi piani narrativi e le sequenze temporali anche grazie

a motivi ricorrenti - pattern riconoscibili e incantevoli: la pioggia incessante, un cappello perduto che passa di mano in mano, la zuppa di pesce, il passato che

si materializza in forma di valigia, una vestaglia rossa, un pesce che cade dal cielo. Grazie alla sua formidabile architettura drammaturgica When the Rain

Stops Falling investiga la mortalità e la famiglia, la memoria e le eredità che riceviamo, mostrando come i segreti, le verità taciute, le omissioni,

non cancellano ciò di cui non si parla, che invece resta e resiste come un lascito tramandato di generazione in generazione, una forma di segreta e inevitabile predestinazione, un 'guasto' di famiglia o un 'dono' inaspettato. Come il cielo

australe e il rosso fuoco del deserto. E racconta, magicamente, che il tempo inteso come meteorologia influenza le nostre vite e di fatto cambia la Storia,

e suggerisce come la Storia stia già cambiando il presente con un'ombra lunga sull'avvenire. Per spingere lo sguardo fino a un futuro vicino, alla vigilia di una

piccola apocalisse, di cui la pioggia perpetua è la prima conseguenza. Un'apocalisse climatica e quindi storica - vero e proprio tema sotterraneo

del racconto: piove nelle stanze e nei parchi, nelle parole stesse dei personaggi, nevica in anni senza estate, quasi a ricordarci che "il tempo andrà avanti senza

di noi e sarà come se non fossimo mai esistiti". [...]E non sono affatto casuali le 'splendide' annate che Bovell sceglie per incastrare

il proprio racconto nella Storia, punteggiandole con indizi e notazioni solo apparentemente fatte en passant. 1959/1969 - 1988 - 2013 - 2039:

dal 'boom' degli anni '50, oltre il sessantotto, i carrarmati su Praga e lo sbarco sulla Luna, fino al cuore dell'Inghilterra thatcheriana. In un oggi appena passato

e sull'orlo di un futuro prossimo e pure anteriore - in cui i libri già raccontano de "Il declino e la caduta dell'impero americano 1975 - 2015".

Ricordandoci che, fuori campo, la Storia agisce, opera, ci chiama e risuona nello spazio privato delle nostre vite [...]».

Lisa Natoli

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MACBETH , COSE LE

NASCOSTE

5/8 MARZOMETASTASIO

LAC Lugano Arte e Culturaproduzione Teatro Metastasio di Prato, in coproduzione con

TPE - Teatro Piemonte Europa, Emilia Romagna Teatro Fondazione

Clinica Luganese Moncuccosponsor di produzione e coproduzione

da William Shakespeareprogetto e regia Carmelo Rici

drammaturgia e Angela Demattè Carmelo Ricidramaturg Simona Gonella

équipe scientica Dottore Psicoanalista Giuseppe Lombardie Dottoressa Psicoanalista Luciana Vigato

con (in ordine alfabetico) Alessandro Bandini, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Leda Kreider, Christian La Rosa,

Maria Pilar Pérez Aspa, Elena Rivoltiniscene Paolo Di Benedetto

costumi Margherita Baldonimusiche Zeno Gabaglio

Gianni Staropoli disegno luci

Dopo Ifigenia, liberata, Carmelo Rifici prosegue la sua indagine sugli archetipi dell'inconscio collettivo.

Ancora una volta il teatro si fa spazio di condivisione profonda.

Come in Ifigenia, liberata, ma in modo ora dirompente, Rifici cerca nella destrutturazione un nuovo spazio di condivisione tra attori e spettatori

per indagare sul rapporto del mondo contemporaneo con la pulsione e il desiderio. Il lavoro guarda negli occhi la dimensione archetipica sottesa

al testo shakespeariano e decide di affrontarla chiedendo l'appoggio e la complicità di una coppia di psicanalisti junghiani. Dal confrontarsi con

loro e dall'esplorazione ben più che teorica del rapporto psicanalista/ paziente/ oggetto scaturisce una rinnovata lettura del testo e del lavoro con

gli attori. Allo stesso modo aleggia l'intuizione che, per questo lavoro, sia necessario costruire una diversa relazione con il pubblico che lo porti

a dialogare realmente con quell'aspetto di pulsione e desiderio che è alla base non solo del Macbeth ma delle ragioni per cui il progetto ha avuto

inizio. «Thrice to thine, and thrice to mine, and thrice again, to make up nine». Il numero tre sembra appartenere alla logica di indagine

sul materiale testuale ed immaginifico: si pensa ad un adattamento del testo per tre personaggi, si ragiona su una tripartizione dell'azione

(rapporto con il pubblico, rapporto fra l'attore e il proprio inconscio, relazione/messinscena del testo shakespeariano), si affronta la ricerca ed il viaggio verso lo spettacolo con un dialogo fra il regista e l'autore,

la drammaturga e il dramaturg

PRODUZIONE

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26/29 MARZOMETASTASIO

Con Tempesta Aterballetto affronta una sfida: mettere alla prova la danza e la sua capacità di raccontare storie e personaggi di una narrazione

teatrale, illuminandoli in modo originale e osservandoli da nuovi punti di vista. Garantendo una chiara leggibilità della storia di Shakespeare,

senza rinunciare ad aprire dimensioni visionarie. E allora si parte proprio da una tempesta, quella che, possiamo immaginare, ha portato Prospero e Miranda a naufragare sull'isola, per poi ripercorrere la linea degli eventi

delineata da Shakespeare, evidenziando alcuni nuclei tematici di forte profondità umana. Per andare al cuore di una delle più straordinarie

invenzioni pensate per la scena dal grande scrittore inglese, grazie alla coreografia del giovane Giuseppe Spota, alla drammaturgia

di Pasquale Plastino, alle musiche originali di Giuliano Sangiorgi e alla consulenza critica di Antonio Audino.

Lo spettatore viene accompagnato dai movimenti dei sedici danzatori in questo viaggio sull'isola di Prospero e Calibano, immerso in un'atmosfera magica, potente tanto quanto il dramma di Shakespeare. Aterballetto irradia

con la sua danza tutta la poeticità del testo. Si vive il desiderio d'amore di Miranda e Ferdinando. Ma anche il rancore

che divide due fratelli sin da bambini, un gioco di potere che si risolve in un messaggio insolito di perdono.

Tempesta segna l'avvicinamento di Aterballetto al mondo del teatro, per una diffusione più capillare della danza e per rivolgersi

a nuovi spettatori.

TEMPESTA

produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballettoin coproduzione con CTB - Centro Teatrale Bresciano,

Teatro Stabile del Venetosostegno alla produzione Fondazione I Teatri Reggio Emilia

in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europasponsor tecnico Pro Music

coreograa Giuseppe Spotamusiche originali Giuliano Sangiorgi

drammaturgia Pasquale Plastinoscene Giacomo Andrico

consulenza critica Antonio Audinocostumi Francesca Messori

luci Carlo Cerriper 16 danzatori

OSPITALITÀ

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15/19 APRILEMETASTASIO

L'Armata Brancaleone non è un film. Forse, non lo è mai stato. L'amata Armata è qualcosa che nel tempo è riuscita in un altrove;

ne è uscita più volte, e ci ha chiamati lì fuori, a raggiungerla, aspettandoci.

Age e Scarpelli e Monicelli hanno inventato un'immaginazione. Hanno convocato parole e le hanno rinominate, ribattezzate,

nella grammatica aulico-burina di bambini adulti impegnatissimi nella serietà di un gioco antico e modernissimo.

Per certe altezze bisognava avere chiara la sensazione della strada, di stracci e polvere, bastoni e rabdomanti.

Per leggere la leggerezza bisogna scrivere con gli occhi. Riscrivere.

L'Armata sembra avere uno spettatore ideale: noi bambini, al riparo dall'età, che inquadriamo ogni inquadratura dal nostro punto di vista.

Quanto il davanti si ricostruisce allora nelle sfumature del presente, del qui e ora, dell'altrove, come il teatro che si finge nel teatro.

Arrivo al pensiero dell'Armata e mi sembra così naturale averne tentazione. Per gli anni passati alla ricerca della parola senza le parole, a scavare

tra il senso e suono, a cercare di toccarle le parole, tra il respiro e la capacità che hanno i grandi testi di tacersi, dopo i recenti Pirandello, Cantico dei

Cantici, Goldoni, la maestria di Testori, arrivo a Brancaleone sperando di esservi ammesso come un bambino tra bambini che giocano in cortile.

Roberto Latini

L'ARMATA BRANCALEONE

Teatro Metastasio di Prato, produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

drammaturgia e regia Roberto Latinimusica e suoni Gianluca Misiti

luci e direzione tecnica Max Mugnaicon Roberto Latini, Claudia Marsicano, Ciro Masella,

Savino Paparella, Francesco Pennacchia, Marco Sgrosso, Marco Vergani, Enzo Vetrano

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

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7/17 NOVEMBREFABBRICONE

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

31USCIERE GIUDIZIARIO. BARBIERE. MEDICO. GIUDICE [I, 21]USCIERE GIUDIZIARIO: Un buon assassinio, un assassinio autentico, un bell'assassinio, che più bello di così non si può. Era un pezzo che non ce ne capitava uno simile.

Quello fu il Caso Woyzeck, il caso di Johann Christian Woyzeck: un barbiere disoccupato, mendicante e senzatetto, decapitato nel 1824 sulla piazza del mercato di Lipsia per aver accoltellato la sua amante Johanna Christiana Woost.

Questo è Il Caso W.

Il processo a J.C. Woyzeck fu un caso, diremmo oggi, mediatico. A pochi giorni dalla data fissata per l'esecuzione, la difesa ottenne un riesame sulla sua salute mentale e venne così istituito un nuovo processo. La Corte chiese al dott. Clarus, autore della prima perizia, di approfondire il caso. La Difesa chiese una controperizia auspicando che divenisse prassi processuale, ma la Corte rifiutò. Il dottor Clarus fu l'unico perito del processo. Dichiarò l'imputato sano di mente e J.C. Woyzeck venne giustiziato.

Büchner lesse le perizie di Clarus e scrisse. Scrisse del delitto ma non ebbe il tempo di scrivere del processo.

All'epoca quel processo sembrò una farsa e fu chiaro l’intento esemplare/repressivo di quest'esecuzione.

E le farse odierne? Il grottesco nei tribunali?

Quello fu il Caso Johann Christian Woyzeck.

Questo è Il Caso W. Büchner non ebbe il tempo di scrivere la sua farsa grottesca e nessuno mai potrà farlo, noi scriveremo la nostra. Tutto ciò che ci sarà possibile a partire da alcuni personaggi immaginati da Büchner ma anche Pierre Riviere, Schmolling, Parolisi, Pacciani, Grigoletto, Enrico IV, Eduardo, De Sica e i piccoli processi dei tribunali di provincia.

IL . CASO W

Teatro Metastasio di Prato, produzione TPE - Teatro Piemonte Europa, Armunia, Esecutivi per lo spettacolo

regia Claudio Morgantidrammaturgia Rita Frongiacon Isadora Angelini, Gianluca Balducci, Gaetano Colella, Massimiliano Ferrari, Rita Frongia, Claudio Morganti, Francesco Pennacchia, Luca Serrani, Gianluca Stetur, Paola Tintinelliideatore luci/tecnico Fausto Bonviniconsulente per le traduzioni dal tedesco Barbara Weigel

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28 NOVEMBRE/8 DICEMBREFABBRICONE

Il rischio che si corre nel mettere in scena l'Antigone è quello di farsi influenzare da ciò che tutti sappiamo 'per sentito dire': il rischio cioè di prestare più ascolto alle interpretazioni critiche, politicamente e ideologicamente orientate, a cui è stata sottoposta quest'opera nel corso dei secoli, che al testo stesso di Sofocle. Per 'sentito dire', tutti sappiamo che Antigone, dall'inizio alla fine della storia, è nel giusto, che è una sorta di santa laica che combatte per una nobile causa, mentre Creonte è un tiranno autoritario che commette e vuole solo il male. Ma se così fosse, saremmo davanti ad un melodramma, non ad una tragedia greca. La tragedia mette sempre in scena invece una situazione limite, in cui non è più pacifico dove sia il torto e dove la ragione.

La nuova traduzione che è stata approntata del testo mette in luce il fatto che Sofocle accomuna Antigone e Creonte in una identica colpa: quella di avere la presunzione di essere eccezionali, di essere migliori di tutti gli altri, ovvero di essere, per intelligenza e qualità umana, 'fuori dalla norma'. Il loro destino tragico è stabilito dal loro carattere superbo e dalla loro incapacità di dare ascolto alle ragioni degli altri.

E il messaggio sconvolgente e attualissimo che l'Antigone fa risuonare oggi, grazie alla capacità che ha un classico di generare significati sempre contemporanei, è che è proprio il carattere che hanno le persone che svolgono un ruolo pubblico ad essere una questione di tremenda rilevanza politica ed interesse comunitario. Sofocle ci suggerisce che, al di là dell'essere 'di destra o di sinistra', è il carattere superbo dei leader politici che rischia di procurare danni al bene comune. Massimiliano Civica

Teatro Metastasio di Pratoproduzione

ANTIGONEdi Sofocleuno spettacolo di Massimiliano Civicacon Oscar De Summa, Monica Demuru,Monica Piseddu, Francesco Rotelli, Marcello Sambaticostumi di Daniela Salernitanofantoccio realizzato da Paola Tintinellitraduzione e adattamento di Massimiliano Civica

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9/12 GENNAIOFABBRICONE

...non so ben dire chi e per cosa ma prego, prego (e in ciò consiste -unica- la mia conquista) Non, come accomoda dire al mondo, perché Dio esiste: ma, come uso soffrire io, perché Dio esista... Giorgio Caproni

Francesco, un libero professionista che sfodera fascino malgrado sé, fascino per entropia, vagamente originale, in pieno burn-out, si lascia andare. È un tipo strano, che ama ancora maritalmente la sua ex moglie Cecilia, che ama il tennis, i suoi figli, che ha una personale Nostalgia di Dio, e una singolare voglia di credere, in caso si potesse, in tutto e a tutti. Soprattutto quando è da tanto, troppo, che non crede più. A niente e nessuno. Una notte Giovanni, convinto da Simona, l'amica storica, testimone di una vita, ciecamente pia, decide di farsi 7 chiese di Roma in uno di quei pellegrinaggi notturni, tra il mistico e l'alternativo, organizzati da diverse parrocchie della città. Itinerari spirituali al tramonto, in cui Simona trascina sia lui che Cecilia, etnomusicologa sperimentale in cerca dei rumori originari delle cose. Sono attraversamenti un po' teneri, un po' sfigati, miracolosi e maldestri, che hanno quella natura mista tra visionarietà e viaggio della speranza: come se al sorgere del sole potesse, dovesse, succedere chissà che. O assolutamente niente. Lucia Calamaro

Teatro Stabile dell'Umbriaproduzione Teatro Metastasio di Pratoin coproduzione con

NOSTALGIA DIO DI

testo e regia Lucia Calamarocon Cecilia Di Giuli, Simona Senzacqua, Francesco Spaziani, Alfredo Angeliciluci di Gianni Staropoli

PRODUZIONE

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30/31 GENNAIOFABBRICONE

OSPITALITÀ

Civiltà numeriche a confronto. La sconfitta definitiva del significato. Malesseri in doppia cifra che si moltiplicano fino a trasalire: siamo a pochi salti di distanza dalla sottrazione che ci fa sparire. Oscillazioni e tentennamenti in ideogramma mobile. Improvvisamente cessa il legame con il passato: corde, reti e lacci tengono in piedi la situazione. Si gioca alla vita in un ideogramma. Il tratto, tradotto in tre dimensioni, sviluppa volumi triangolari diretti verso l'alto che coesistono con linee orizzontali: ma in verticale si muove solo l'uomo. Qui non si racconta la storiella della buona notte, qui si porge l'altro fianco. Che non è la guancia di chi ha la faccia come il culo sotto. Il fianco non significa se non è trafitto. Con la gola secca e il corpo in avaria si emette un altro suono. Fine delle parole. Inizio della danza macabra.

La storiaIn un paese allo sbando un Uomo è affascinato dallo spazio che diventa numero. La particella catastale dell'ingegno porta l'essere animato a fondersi con la civiltà numerica al declino. Una donna bianca, vestita di rete e di illusione, rimpiange il tempo degli inizi, quando l'amore è solo affanno e poco ancora. Il non senso civico sfugge a chi governa come bestie questo ammasso di carne alla malora. In questo gioco macabro e perverso si affaccia la fiaba allucinata: altro che felici e contenti, qui la nevrosi insegue il capriolo: uno che scappa e l'altro che corre con due gambe che non ne fanno una. Fossimo zoppi faremmo più paura.

7 14 21 28- - -di Flavia Mastrella Antonio Rezzacon Antonio Rezzae con Ivan Bellavista(mai) scritto da Antonio Rezzahabitat di Flavia Mastrellaassistente alla creazione Massimo Camillidisegno luci Mattia Vigo rielaborato da Daria Grispino

RezzaMastrella, produzione TSI La Fabbrica dell'-Attore Teatro Vascello, TPE - Teatro Piemonte Europa

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1/2 FEBBRAIOFABBRICONE

OSPITALITÀ

In uno spazio privo di volume, il muro piatto chiude alla vista la carne rituale che esplode e si ribella. Non c'è dialogo per chi si parla sotto. Un matematico scrive a voce alta, un lettore parla mentre legge e non capisce ciò che legge ma solo ciò che dice. Con la saggezza senile l'adolescente, completamente in contrasto col buon senso, sguazza nel recinto circondato dalle cospirazioni. Spia, senza essere visto, personaggi che in piena vita si lasciano trasportare dagli eventi, perdizione e delirio lungo il muro. Il silenzio della morte contro l'oratoria patologica, un contrasto tra rumori, graffi e parole risonanti. Il suono stravolge il rimasuglio di un concetto e lo depaupera. Spazio alla logorrea, dissenteria della bocca in avaria, scarico intestinale dalla parte meno congeniale. Ci si piega troppo spesso con l'assurdo dietro, e si fanno i conti dei traumi passati. Così l'essere inferiore cerca conforto nell'impegno civile. E con la morte altrui ritorna l'amor proprio.

ANELANTEdi Flavia Mastrella Antonio Rezzacon Antonio Rezzae con Ivan Bellavista, Manolo Muoio,Chiara A. Perrini, Enzo Di Norscia(mai) scritto da Antonio Rezzahabitat di Flavia Mastrellaassistente alla creazione Massimo Camillidisegno luci Mattia Vigorielaborato da Daria Grispino

RezzaMastrella, produzione TSI La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello,TPE - Teatro Piemonte Europa

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13/16 FEBBRAIOFABBRICONE

OSPITALITÀ

Nel 1666 Molière debutta con il suo Misantropo: una commedia amara e filosofica, anomala e profetica, secondo molti il suo capolavoro - «un classico del Novecento», scrive Cesare Garboli, «scritto tre secoli fa». Oggi Il misantropo è un testo totalmente 'al presente', una commedia tragica e perturbante, venata di una forma di umorismo instabile e pericolante, che conserva le vive ferite e il prezzo altissimo costato al suo autore: in essa emergono le nevrosi, i tradimenti, i dolori di un personaggio capace di trasformare tutto il proprio disagio e la propria rabbia in una formidabile macchina filosofica, esistenziale e politica, che interroga e distrugge qualunque cosa incontri nel suo percorso. Ma questo capolavoro è anche l'allucinata tragedia di un essere ridicolo inadeguato alla realtà, che si scontra con un femminile complesso e modernissimo. Una commedia di confine, forse la più autobiografica, perché scritta nel momento in cui Molière si fa buffone e 'servo' di Luigi XIV organizzando a Saint-Germain i divertimenti reali. Molière, come scrive Fausta Garavini, «abbandona la propria intima spoglia al suo personaggio». «Alceste non può vivere nel mondo e fugge nel deserto; Molière deve sopravvivere e si costituisce prigioniero, si dichiara sconfitto». Ma allo stesso tempo dichiara, nel suo fallimento, la forza insuperabile ed eversiva della sua ribellione. Valter Malosti, dopo il grande successo della sua rilettura de La scuola delle mogli, torna ad affrontare Molière e lo fa proponendo al pubblico un Misantropo del tutto inedito. L'Alceste di Malosti è un filosofo, un nero buffone, un folle estremista del pensiero, che assume in sé anche le risonanze più intime e strazianti del dramma molieriano, senza rinunciare alla sottile linea comica, al fuoco farsesco che innerva il protagonista. Accanto a lui, nella parte di Célimène, la talentuosa e bravissima Anna Della Rosa, ammirata anche al cinema nel film premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino, e un cast di altissimo livello che fa risaltare la grande coralità del testo e i chiaroscuri della scrittura molieriana. Nel costruire insieme al regista la lingua di questo nuovo Misantropo, il giovane autore Fabrizio Sinisi si confronta con alcuni grandi autori del Novecento, soprattutto Thomas Bernhard. Il testo classico viene qui messo a reazione con un altro grande capolavoro molieriano: quel Don Giovanni di cui il Misantropo diventa la tavola rovesciata e complementare, l'immaginario prologo della dissoluzione: Alceste e Don Giovanni diventano i due volti di una lotta totale e disperata contro l'ipocrisia e il compromesso su cui è costruita la civiltà. Lo spettacolo viene a proporsi quindi come un lucido saggio sul desiderio e l'impossibilità di esaudirlo, sul conflitto tra uomo e donna, uomo e società, uomo e cosmo. Il rapporto di Alceste e Célimène diventa quindi un violentissimo agone, una resa dei conti la cui posta in gioco è - per citare proprio Lacan - la Verità come «ciò che sempre resiste all'intelligenza».

MOLIÈRE/MISANTROPO IL

(ovvero Il nevrotico in amore)versione italiana e adattamento e Fabrizio Sinisi Valter Malostiuno spettacolo di Valter Malosticon Valter Malosti, Anna della Rosa, Sara Bertelà, Edoardo Ribatto, Paolo Giangrasso, Roberta Lanave, Matteo Baiardi, Marcello Spinettacostumi Grazia Materia scene Gregorio Zurla luci Francesco Dell'Elbacura del movimento Alessio Maria Romano assistente alla regia Elena Serracanzone di Bruno De Franceschi al contrabbasso Furio Di Castri

TPE - Teatro Piemonte Europa, produzione Teatro Carcano Centro d'Arte Contemporanea, LuganoInScena

Intesa Sanpaoloin collaborazione con

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25 FEBBRAIO/1 MARZOFABBRICONE

Oscar De Summa, dopo il mito di Edipo al centro dello spettacolo La cerimonia, torna ad indagare la mitologia ed il suo ruolo illuminante rispetto alla contemporaneità con #Prometeo. Prometeo, che dona agli uomini il fuoco, fonte di conoscenza e progresso, in questo ultimo lavoro di De Summa incarna una figura chiave per decifrare il grande cambiamento del nuovo secolo ovvero la rivoluzione dell'informazione e il passaggio al digitale capace di entrare nelle vite di ognuno e modificarle nel profondo. Rivoluzione per certi versi auspicabile e sicuramente inevitabile, che apre una riflessione etica sulla digitalizzazione e automatizzazione di ogni processo che, se da un alto potrebbe essere in grado di liberare l'uomo dal giogo del lavoro manuale, dall'altro ci rivela la paura più grande che scorre come un fiume sotterraneo in ogni esistenza: il rischio di cadere nell'oblio del sentirsi inutili. Una prospettiva di futuro inquietante che, proprio come l'aquila di Prometeo, agisce giorno dopo giorno sul fegato aizzando la nostra rabbia dapprima verso il diverso, e producendo poi l'effetto più devastante: la stanchezza. Una stanchezza non sana, non inclusiva o condivisa, ma una stanchezza esistenziale, che ci sottrae dal mondo, interrompe tutte le comunicazioni da e per l'esterno, ci disconnette per eccesso di stimolo e si rivela nelle malattie contemporanee per antonomasia: la depressione, la sindrome di bounrout, o da deficit di attenzione. Questo scorcio sul futuro ci porta a interiorizzare l'aquila come personaggio che costantemente controlla il nostro operare rendendoci perennemente sottoposti ad ansia e pressione da prestazione. Prendiamo quindi a prestito una giovane vita che, riconoscendo in sé il fuoco, fuoco della passione, dell'inclusione, del cambiamento, si ritrova a fare i conti con forze nuove che lo attraversano e lo dirigono, lo rendono performativo prima e lo annichiliscono poi. Il percorso della comprensione di queste forze, della consapevolezza degli strumenti nuovi che la digitalizzazione pone sul tavolo dell'esistenza è l'oggetto di #Prometeo.

#PROMETEOdi e con Oscar De Summae con Marina Occhionero, Rebecca Rossetti, Luca Carbone

Teatro Metastasio di Prato,produzione Arca Azzurra Produzioni, La Corte Ospitale

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12/15 MARZOFABBRICONE

PRODUZIONE

Cesare Pavese conduce nel suo libro Dialoghi con Leucò un sorprendente affondo nella mitologia. La regista e attrice Silvia Costa adatta quest'opera per la scena, in una variazione poetica e visuale dove l'immagine si fa motore di riflessione e sogno nella mente dello spettatore.

Scritto tra il 1945 e il 1947, Dialoghi con Leucò era agli occhi di Cesare Pavese uno dei suoi libri più importanti sebbene sconcertò buona parte della critica dell'epoca: in pieno realismo tale opera faceva un apparente deviazione e ritorno verso la materia classica, un ricorso anacronistico ai miti greci ed un utilizzo del linguaggio poetico. Nel paese dell'inverno esplora il rigoglioso vivaio di questioni e di simboli che fioriscono in cinque di questi dialoghi: La Madre, La Belva, L'Uomo-Lupo, Il Diluvio, Gli Dei. Il venire alla luce, la colpa, il castigo, l'animalità dell'uomo, la minaccia di estinzione del diluvio o lo sguardo creatore degli Dei: l'artista trasforma questi temi in visioni, dando voce a un dialogo tra corpi, oggetti, suoni, in una costante tensione e battaglia tra i gelidi mostri del deserto del reale e la calda e fragile trama del tappeto fiabesco del mito. Questo lavoro vuole rivolgersi al singolo che vorrà ancora inoltrarsi nel buio della selva, e che spera nella possibilità di incontri incredibili; a colui che crede ancora, sebbene tutti dicono che gli dei hanno disertato e non restano che uomini e i loro sentimenti. Si rivolge a chi ha ancora questa necessità di credo, e ha fiducia in una parola che crea mondi.

NEL PAESE DELL'INVERNOliberamente tratto da di Dialoghi con Leucò Cesare Paveseregia, adattamento e scenografia Silvia Costacon Silvia Costa, Laura Dondoli, My Primcreazione sonora Nicola Ratticreazione luci Marco Giusticostumi Laura Dondolicollaborazione alla scenografia Maroussia Vaessculture di scena Paola Villani osservazione vocale NicoNote

MC93 - Maison de la Culture di Seine-Saint-Denisproduzione Festival d'Automne à Pariscon il sostegno del

Le Quai - CND Angers Pays de la Loire, coproduzioneFOG Triennale Milano Performing Arts Festival, Festival delle Colline Torinesi/TPE - Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato, LuganoInScena LAC (Lugano Arte e Cultura), Teatro Stabile del Veneto

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2/5 APRILEFABBRICONE

Otello si presenta come un luogo per dare alle parole il potere di essere e diventare OtellO. La necessità di porre un testo sotto un segno chiaro da esplorare, una parola che contenga simultaneamente Corpo e Suono per raccontare sé stessa e ciò a cui allude. La vicenda della gelosia assassina del guerriero Otello, educato a una sola etica e verità, si incontra e sovrappone con le parole di Iago, che del linguaggio fa un uso soggettivo e non ideologico. Una tragedia nutrita di racconti, supposizioni e immaginazioni; un dispositivo verbale che colloca i propri elementi al posto giusto, per far sì che ogni cosa precipiti. Scegliere Otello come opera attraversata da tutti i linguaggi espressivi è occasione di riflessione sulla forma del narrare che sviluppa tutte le ambiguità del linguaggio. La fascinazione nel tentare di ricostruire questo processo di opposizione tra parola/immagine e parola/pensiero come scontro diretto di mondi sotto varie forme e lingue, è una metafora continua del procedere nel racconto drammatico moderno che tenta di evocare la condizione umana. Dedicarsi alla rappresentazione di un evento che nel suo svolgersi applica opposizioni tra condizioni: filosofia/poesia, antico/moderno, relativo/assoluto, raziocinio/sentimento, il tutto contenuto nello sviluppo della parola e, per noi, direttamente nella ricerca di un linguaggio che pretende di essere straniero come è Otello. Scegliere Otello significa dunque occuparsi del potere del linguaggio, opporlo a sé stesso nelle sue varianti filosofiche e poetiche, creare mondi e goderne le conseguenze, qualunque esse siano. Una riscrittura di questa opera è provare la tensione che esiste tra le parole e le epoche che le pronunciano come verità, vuol dire mettere in tensione il linguaggio, con le sue forme fisiche e verbali, per riuscire a far dire che niente muore, che il tempo ha più direzioni e che alla fine di questa storia (dell'arte?) ci saranno ancora occasioni per esercitare la volontà di mettere in discussione il potere della parola e la sua rappresentazione della realtà. Otello pone il linguaggio e i suoi poteri al centro della riflessione tragica. Da questo assunto si cerca di stabilire le occasioni di una analisi sulla capacità dell'arte di essere ancora espressione dei tempi, esaltandone la specificità e la potenza poetica in un ambiente rappresentativo come quello contemporaneo, nel suo massimo momento di disordine, libertà e accesso. Nel suo momento di passaggio più conclamato e ambiguo che abbiamo la (s)fortuna di vivere. Nelle sue chiusure, rifugio nella tradizione e nelle inevitabili fughe verso un futuro presente. Nelle sue contraddizioni tra il globale e locale. Nella opposizione a una difesa delle identità e la volontà di spogliarsene per pura vita. Nell'esaltazione del soggetto e nella necessità di trovare paradigmi di decifrazione collettiva condivisa. Nel suo essere e poter essere ancora più vibrante. Nella sua volontà di erigere muri o non avere stati. Tutto questo e altro ancora prima che l'umano cessi di essere solo umano.

O OTELLliberamente tratto da The Tragedy of Othello, the Moor of Venicedi William Shakespeare progetto e realizzazione Kinkaleri - Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina MonacoCast in via di definizione

Klm/Kinkaleri, Teatro Metastasio di Pratoproduzione

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21/26 GENNAIOFABBRICHINO

Oh! Infanzia, purezza mia! Dormivo in questa stanza, di qui guardavo il giardino, e tutte le mattine la felicità si svegliava con me! Ed è rimasto com'era, uguale, intatto! Bianco! Tutto bianco! (Anton Čechov, Il giardino dei ciliegi, atto I, 1904)

Lo spettacolo nasce dall'incontro tra i componenti di Kepler-452 (Nicola Borghesi, Paola Aiello ed Enrico Baraldi) con due personaggi 'immaginari' realmente esistenti, Giuliano e Annalisa Bianchi, ossia Ljuba e Gaev. Nel dramma Anton Čechov immagina che in un anno non definito di fine Ottocento il giardino dei ciliegi di Ljuba e Gaev, proprietari terrieri nella Russia prerivoluzionaria, vada all'asta per debiti insieme alla loro casa. Ad acquistarlo è Lopachin, ex-servo della gleba arricchitosi dopo la fine della schiavitù, rampante rappresentante della borghesia in ascesa. Il centro del dramma è la scomparsa di un luogo magico, profondamente impregnato delle vite di chi lo abita, che in questa rilettura dell'opera di Čechov diventa il luogo della coppia. Nicola, Paola ed Enrico hanno cominciato così, come sono soliti fare, a sbirciare nelle pieghe della loro città, Bologna, alla ricerca del loro Giardino dei ciliegi. «Tra i moltissimi incontri che abbiamo fatto nel corso della nostra indagine - racconta la compagnia - ce ne è stato uno che ha cambiato definitivamente il corso delle prove e, inaspettatamente, delle nostre vite: quello con Giuliano e Annalisa Bianchi, che per trent'anni hanno vissuto in una casa colonica concessa in comodato d'uso gratuito dal Comune nella periferia di Bologna. Giuliano e Annalisa Bianchi per trent'anni si sono occupati di due attività principali: il controllo della popolazione dei piccioni e l'accoglienza di animali esotici o pericolosi. Si attiva così un ménage strano, marginale, meraviglioso: convivono in casa Bianchi babbuini, carcerati ex 41-bis in borsa lavoro, una famiglia rom ospite, boa constrictor. Trent'anni, come ci dicono Giuliano e Annalisa, di pura felicità». Finché nel 2015 si avvicina il momento dell'apertura, proprio di fronte al loro giardino dei ciliegi, di un grande parco a tema agroalimentare. In coincidenza con l'avvicinarsi dell'apertura del parco i Bianchi ricevono un avviso di sfratto. La magia di questo contemporaneo Giardino dei ciliegi - gli animali, le relazioni, gli affetti - cessa improvvisamente di esistere in una mattinata di settembre. Una storia così lontana nel tempo e nello spazio da quella di Gaev e Ljuba eppure così simile nella sua essenza. Nicola, Paola ed Enrico hanno trascorso molto tempo con i Bianchi, cercando di capire che cosa fosse successo e quale sia la loro posizione rispetto alla vicenda che li ha travolti, provando a innamorarsi senza perdere la lucidità. Dopo un lungo corteggiamento sono riusciti a convincerli ad andare in scena, a vestire i panni di Ljuba e Gaev e a raccontare, insieme agli attori, la storia dello sgombero e del loro incontro. Il giardino dei ciliegi. Trent'anni di felicità in comodato d'uso vuole essere un'indagine su dove oggi si sia posata la dialettica tra illuminismo e magia, tra legge e natura, e su dove ci troviamo noi. Forse, più semplicemente, è la storia di un incontro.

IL DEI GIARDINO CILIEGITrent'anni di felicità in comodato d'usoideazione e drammaturgia Kepler-452 (Aiello, Baraldi, Borghesi)regia Nicola Borghesicon Annalisa e Giuliano Bianchi, Nicola Borghesi, Lodovico Guenzie un'attrice in via di denizioneregista assistente Enrico Baraldiassistente alla regia Michela Buscemaluci Vincent Longuemaresuoni Alberto "Bebo" Guidettiscene e costumi Letizia Calori

Emilia Romagna Teatro Fondazioneproduzione ATER Circuito Multidisciplinare dell'Emilia Romagna, si ringraziano per l'ospitalità e la disponibilità

Teatro Comunale Laura Betti Teatro dell'Arginee

OSPITALITÀ

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17/ 22 MARZOFABBRICHINO

Il discorso di una donna a suo padre, un tempo motore di un movimento studentesco orientato a un mondo di pace e uguaglianza, che giganteggia nella sua assenza come emblema della perdita e del desiderio. È con un'accusa violenta che la figlia si rivolge al padre, ricostruendo come in un rompicapo la sua esperienza politica oggi così inattuale. E mentre il naufragio del titolo denuncia gli esiti violenti di una passione vissuta fino alle estreme conseguenze e il senso di inadeguatezza allude all'inesorabile fallimento di ogni generazione, la ricerca di verità a cui la figlia dà espressione, evoca un paradossale mondo possibile. Il testo, scritto nel 2015 nell'ambito del progetto europeo di teatro testimoniale WISE, attraverso la testimonianza di un intellettuale contemporaneo che ha raccontato la sua biografia come frammento di un più ampio 'discorso politico', viene ora affrontato in un nuovo allestimento aprendosi a due artiste italiane di fama internazionale, Silvia Gallerano e Daria Lippi, che coinvolgendo l'autrice, propongono una polifonia in cui la molteplicità delle voci e dei corpi in scena forzi il testo, aprendone il senso e l'accesso anche alla luce delle derive degli ultimi anni.

Note di regiaMoltiplicare la voce narrante ci serve a portare con noi le tante storie nella stessa storia, e contraddizioni, le differenze, le varie facce della generazione venuta dopo: dopo il '68, dopo la liberazione sessuale, dopo la vita comunitaria... insomma dopo la politica. I protagonisti dovrebbero essere loro: quegli anni, quelle immagini iconografiche e fin troppo citate, le figure che li hanno fatti, figure perlopiù maschili, padri. Invece abbiamo scelto di dare spazio alle generazioni venute dopo, alla loro lotta per ritrovare un ruolo, una ragione di crederci, una voce comune. Le donne che abitano la scena si chiamano attore, regista, autore, ruoli declinati volutamente al maschile con riferimento diretto al mondo del teatro, notoriamente poco aperto a un'autorialità femminile. L'attore è il solista; il regista e l'autore la accompagnano in una polifonia a volte musicale, a volte coreografica, in un montaggio per contrappunto che squaderna il testo portando dentro azioni, gesti, canti, parole, frutto di un lavoro di creazione collettivo. Daria Lippi

NAUFRAGIUMdi Sonia Antinoriregia Daria Lippicon Silvia Galleranoe con Sonia Antinori, Daria Lippi

Malte (Musica Arte Letteratura Teatro Etc.), Teatro Metastasio di Prato, produzione OTSE (Ofcine Theatrikès Salento Ellada) FAA (Fabrique autonome des acteurs)e

PRODUZIONE

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9/17 MAGGIOFABBRICHINO

Giulio vuole interrogarsi su cosa sia la guerra oggi, su quale sia il confine tra guerra e terrorismo. Tra informazione e propaganda. Tra potere e diritto. Tra ragione di stato e diritti inviolabili.

Giulio Regeni non è solo un fatto di cronaca. Giulio Regeni ci interroga su cosa significhi Stato. Cosa significhi giustizia. Cosa significhi potere. Cosa significhi polizia. Cosa significhi processo. Cosa significhi legalità. Cosa significhi carcere. Cosa significhi opinione pubblica. Cosa significhino giornalismo e libertà d'informazione. Giulio Regeni ci interroga sulle questioni fondanti di un vivere sociale e di un vivere civile. Ci interroga sul concetto di responsabilità, di umanità, di forza. Concetti e questioni che attraversano le nostre vite, la letteratura e tutto il teatro dai greci a Shakespeare fino a noi. Giulio Regeni è un punto di partenza per riflettere su tutto questo. Giulio Regeni ci mette davanti a una morte violenta. Ci mette davanti l'immagine, la gigantografia, di un corpo tumefatto per farne l'emblema delle crepe del sistema Stato. Del sistema che regola le relazioni tra Stati. Per interrogarci su quali siano le priorità e quali i valori che lo Stato pone a suo fondamento. Quali gli obiettivi che persegue e i diritti che tutela. Viviamo in uno Stato di diritto, in uno Stato le cui istituzioni sono atte a far valere tale diritto. Crediamo nei diritti e nelle istituzioni. Crediamo che errare sia possibile. Crediamo nella giustizia. Crediamo che a volte la legge e tutto il suo apparato perdano il contatto con la realtà, con le persone, con la giustizia, con il dolore. Crediamo che a volte la legge e il suo apparato guardino ai fatti come a qualcosa di astratto. Utilizzando delle categorie che permettono di ordinare tutto secondo una logica che risponde solo alle necessità processuali. Crediamo che a volte sia troppo semplice ridurre tutto a una questione tecnica. Crediamo che Giulio Regeni ci interroghi sulla nostra debolezza. Sulla debolezza di uno Stato che non sa dare delle risposte trasparenti. Su delle istituzioni che si contraddicono e si insultano. Su delle istituzioni che latitano.

Vogliamo fare uno spettacolo per raccontare tutto questo. Per raccontare come il nostro essere cittadini liberi in uno Stato libero incontri e si scontri con delle dinamiche da vittima e carnefice. Con delle dinamiche che ledono, offendono e giocano con la dignità delle persone. Crediamo che questo non sia mai ammissibile e che valga sempre la pena di ribadirlo con forza e determinazione.

di e Valeria Raimondi Enrico Castellani / Babilonia Teatricast in via di denizione

Teatro Metastasio di Prato Babilonia Teatri produzione con

GIULIO

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

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Amleto si trova in una stanza e vive in completa solitudine la sua storia. I fatti, i personaggi sono caduti davanti ai suoi occhi e, malgrado il suo volere e i suoi desideri, deve confrontarsi con questi e prendere delle decisioni. La tragedia sta nel fatto che deve comunque risolvere la sua storia da solo, deve stare lì a parlare con figure assenti. Polonio, Re Claudio, Ofelia, Laerte, la madre Gertrude, l'attore della compagnia girovaga non ci sono o forse non sono arrivati. Solo le sedie gli fanno compagnia. L'unica presenza reale è il fantasma del padre che in quanto tale lo metterà al corrente di ciò che veramente è successo. La storia è quella che tutti noi conosciamo e il testo scespiriano è smontato e reintrodotto sulla scena attraverso un soliloquio che vuole rendere in modo chiaro lo svolgersi della storia sino alla morte. Le sedie vuote saranno le uniche testimoni della sua esperienza. Una tragedia che sfugge all'analisi o che le accetta tutte mentre racconta di un uomo che rifiuta tutto. Rimane il mistero di un essere umano chiuso nella stanza dei ricordi e delle immagini che più l'assillano e da cui non vede l'ora di liberarsi. L'intensità favolosa delle sue utopie che non riesce a sostenere.

Una performance per un attore solo, una sorta di esame post-mortem con racconto a ritroso, in cui un vecchio Edipo si spoglia di ogni maschera, ripensa alle sue disgrazie e si interroga sui tanti enigmi del suo mito mettendosi letteralmente a nudo fino a scoprire il corpo tragico di un'incosciente, di un capro espiatorio da mostrare ad una platea che si è fatta coro ferino. Quando Edipo, re di Tebe, chiede all'oracolo come sconfiggere la pestilenza che devasta la sua città, questi rivela che la causa della sciagura è l'uccisione impunita del precedente re di Tebe, Laio, di cui Edipo ha preso il posto e sposato la vedova. Saputo che questi erano rispettivamente suo padre e sua madre, Edipo si acceca. La sua punizione è fisica perché egli è colpevole della più estrema delle trasgressioni. È sul corpo, dunque, che agisce la legge di Edipo, la base su cui disegnare gli effetti di quella azione emotivamente incontenibile, diventa scena con cui si racconta il dramma. Per questo il fulcro dello spettacolo è il corpo. Le parole, gli intrecci, il coro e gli altri saranno arti, odori, posizioni e sguardi radicati e mappati sul fisico dell'attore.

EDIPO IL CORPO TRAGICOdi e con Michele Sinisiscenografo in scena Federico Biancalanicollaborazione alla scrittura scenica Francesco M. Asselta

progetto Farsaproduzione ELSINOR / Festival Colline Torinesi - TPEsostegno alla produzione MAT, laboratorio urbano, Terlizzi (BA)

Il testo di Shakespeare si apre con un monologo di Riccardo che vale la bellezza dell'intera opera e condensa tutta la vicenda. La narrazione che ne segue apre all'aspetto più profondo, all'animo del personaggio e di chi gli sta intorno. Riccardo annuncia cosa farà e perché, e alimenta in segreto il desiderio di conoscerlo. Il posticcio e la finzione in lui trovano un'occasione emblematica e la magia del teatro diviene una grande bugia. Riccardo diventa cattivo perché la vita gli ha tolto tanto. La sua cattiveria è generata dalla vita vissuta, con le aspettative tradite, i sogni non realizzati. Le sottrazioni dell'animo si somatizzano e le ferite mostrano una diversa evoluzione della bellezza. Niente è più doloroso della coscienza di ciò che non sarà più. Lo spettacolo non racconta una storia ma la fa vedere e il testo ha un ruolo musicale, da sentire più volte per comprenderlo sulla scena più di quanto il foglio non possa fare. Le parole di Shakespeare sono in lingua originale, solo il prologo è adoperato come partitura sonora. È infatti attraverso i suoni registrati, gli odori, l'uso degli oggetti e l'azione fisica portata all'estremo che la vicenda riemerge. I fatti sono evocati attraverso la multidisciplinarietà linguistica della messa in scena.

RICCARDO III/NOW!da William Shakespearedi e con Michele Sinisi scritto con Francesco M. Asselta

produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale

AMLETOdi e con Michele Sinisicostume Luigi Spezzacatenesuoni Claudio Kougla

Elsinor Centro di Produzione Teatrale/produzione Progetto Farsa/Festival Castel dei Mondi

Pontedera Teatro - FestTeatro sostegno alla produzione- Armunia FestivalPiccolo Osservatorio Universale Garzia

29/30 OTTOBRE - Piacevoli conversazioni con Michele Sinisi

31 OTTOBRE/1 NOVEMBRE - AMLETORICCARDO III/NOW!2 NOVEMBRE -

3 NOVEMBRE - EDIPO

MAGNOLFIMICHELESINISI

OSPITALITÀ

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MAGNOLFI

Quattro bottegai 'superstiti' si trovano ad affrontare la moderna evoluzione del commercio, fra la gemmazione continua di grandi supermercati e centri commerciali e la subdola concorrenza dell'e-commerce. In un immaginario paesino toscano, il macellaio Nanni, pressato dalla crisi ma soprattutto dal mega centro commerciale aperto nelle vicinanze, mette in vendita la sua bottega per girare l'Italia in bici. Graziano, saputa la notizia, si incatena alla sua libreria e finge una grave malattia per far cambiare idea a Nanni. La macelleria è infatti il secondo negozio che chiude nel giro di due mesi e il libraio teme per la sua sorte. «Nel testo sono presenti due temi: da una parte la crisi economica, che ha messo in ginocchio molti piccoli esercizi, dall'altra la paura di rimanere soli. E se fossero la conseguenza l'uno dell'altro? La desertificazione delle piazze lascia un vuoto dentro che talvolta non riusciamo a identificare o nominare, con essa arriva la paura di perdere il proprio passato e l'incapacità di comunicare questo dolore». Fiammetta Perugi

regia Fiammetta Perugitesto e Marco Bartolini Fiammetta Perugiscene e costumi Sara Arrigotticon Sebastiano Bronzato, Gabriele Giaffreda, Ermanno Rovella, Irene Vannelli, Ilaria Zanotti

Teatro Metastasio di Prato produzione

Davanti al pubblico 2019 Teatro Metastasio di Prato progettoFondazione Toscana Spettacolo Onlus / Centro di residenza della Toscana con

(Armunia-Festival Inequilibrio/ CapoTrave-Kilowatt Festival)

LA PIAZZA ovvero l'arte del rimediare

17/22 DICEMBRE

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

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MAGNOLFI

Lo spazio scenico è un surrogato di circo. È il dramma di K, o forse la commedia di K, che si sveglia e trova poliziotti vestiti di tutto punto nella sua camera. Alle persone che ogni giorno si alzano per andare a lavorare, cose del genere possono anche succedere e possono succedere anche ai ladri di polli ma ai delinquenti blasonati no, lì è più difficile perché loro comandano.

Dunque, una mattina K si sveglia e trova due poliziotti vicino al suo letto. "Beh spiegatemi il motivo della vostra invasione in camera mia!" "Niente. Proprio niente, non possiamo dirle niente".

Kafka immaginò questa situazione negli anni venti e oggi potremmo anche riderne pensandoci, ma se ci pensiamo un po' meglio oggi è come allora e oggi non c'è proprio niente da ridere. Puoi bussare alla porta del tuo giudice insistentemente, bussare all'aula di giustizia nascosta in una soffitta, ti può capitare che la giustizia ti riceva ma non ti informi di nulla. Nulla, e tu aspetti in silenzio. E tutto diventa un circo di marionette, di trapezisti e animali impagliati. E nel circo accoltellano K, che per l'occasione si è messo i guanti bianchi. Nel circo degli animali impagliati la giustizia si diverte.

da di Il processo Franz Kafkacon Roberto Abbiatie la partecipazione di Johannes Schlosserregia di Claudio Morgantimusiche a cura di e Claudio Morganti Johannes Schlosser

Teatro Metastasio di Prato, TPE - Teatro Piemonte Europaproduzione

CIRCO KAFKA

11/23 FEBBRAIO

PRIMA ASSOLUTAPRODUZIONE

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20/21 APRILE - Piacevoli conversazioni con Babilonia Teatri

22 APRILE - MADE IN ITALYPEDIGREE23 APRILE -

24 APRILE - PADRE NOSTRO

MAGNOLFI

OSPITALITÀ

made in italy non racconta una storia. Affronta in modo ironico, caustico e dissacrante le contraddizioni del nostro tempo. Lo spettacolo procede per accumulo. Fotografa, condensa e fagocita quello che ci circonda: i continui messaggi che ci arrivano, il bisogno di catalogare, sistemare, ordinare tutto. procede per accostamenti, intersezioni, spostamenti di senso. Le scene non iniziano e non finiscono. vengono continuamente interrotte. Morsicate. Le immagini e le parole nascono e muoiono di continuo. Gli attori non recitano. La musica è sempre presente e detta la logica con cui le cose accadono. Come in un video-clip. Con questo spettacolo consacrato dal Premio Scenario nel 2007 e con una nomination all'Ubu nello stesso anno, Babilonia Teatri, il duo veneto formato da Enrico Castellani e Valeria Raimondi, ritrae il nord est italiano come una fabbrica di luoghi comuni, volgarità e ipocrisie, sciorinati come litanie grottesche che mixano giochi di parole a bestemmie e annunci pubblicitari. Da questo dirompente montaggio di strutture verbali semplici ma efficacissime ne scaturisce un umorismo feroce in cui si «infrangono con sagacia e leggerezza tabù e divieti, per rilanciare anche il teatro oltre gli schemi e i conformismi».

made in italydi e con e Valeria Raimondi Enrico Castellaniscene Babilonia Teatri/Gianni Volpecostumi Franca Piccoliluci, audio e movimenti di scena Luca Scotton

produzione Babilonia Teatri, Operaestate Festival Venetocon il sostegno di Viva Opera Circus/Teatro dell'Angelo

BABILONIATEATRI

Pedigree è la storia di un giovane uomo, della sua famiglia con due madri, del padre donatore e dei suoi cinque fratelli di sperma sparsi per il mondo. Pedigree racconta le difficoltà di una nuova generazione alle prese con genitori biologici e genitori di fatto, con nuove problematiche di identità e di coscienza. Pedigree riflette sulle prospettive di determinate scelte, dei diritti, dei desideri, delle aspettative di una generazione in provetta alla ricerca di nuove radici e alle prese con nuove paure. Un lavoro che è allo stesso tempo un pugno allo stomaco e una carezza, dotato di una scrittura che scivola leggera ma si attorciglia alle budella, carico di umanità. Pedigree sono due uomini che abitano il palco, senza nessuna apparente relazione tra loro. A legarli le note di Elvis. Vivono un ambiente sospeso a metà strada tra una galleria d'arte e un locale di street food, paradigma di un mondo in cui è pretestuoso tracciare confini e linee di demarcazione. Pedigree racconta di come le nostre dita corrano veloci su schermi e tastiere ma le nostre menti e i nostri costumi siano impregnati di quell'odore di naftalina che abbiamo ancora nel naso.

PEDIGREEcon e con Enrico Castellani Luca Scottonparole Enrico Castellanicura Valeria Raimondi direzione di scena Luca Scotton

produzione Babilonia Teatri, La Piccionaia centro di produzione teatrale

Festival delle Colline Torinesicoproduzione Babilonia Teatri un progetto di

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MAGNOLFI

OSPITALITÀ

BABILONIATEATRI

Sulla parola padre oggi si sta combattendo una battaglia. Il suo corpo è sporco di sangue. Lo vediamo boccheggiare. Attorno a lui tutti si affollano per redigere la prognosi e somministrare la cura. Tutti ci spiegano come dovrebbe essere. L'importanza del padre. L'evaporazione del padre. La legge del padre. Come si è evoluto/involuto. Quali saranno le conseguenze del cambiamento. Cosa è successo, cosa succederà. Cosa resta del padre. Il segreto del figlio. Genitore 1. Genitore2. Genitore 3. Autoritario o autorevole. Vicino o lontano. Che relazione c'è tra funzione del padre e identità di genere. Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. La fine del padre, l'eclissi del padre, la scomparsa del padre, la distruzione del padre, la morte del padre. La festa del papà. Il fu pater familias. Padre in affitto. Padre baluardo. Apologia del padre. Padre nostro non è una preghiera rivolta a dio. Padre nostro qui sta per nostro padre. La P è minuscola. L'aggettivo precede il sostantivo. Padre nostro è un padre coi suoi due figli. È ciò che li unisce e ciò che li allontana. È una resa dei conti che non ammette fine. Ci chiediamo quale sia la distanza tra il padre ideale e quello reale. Quale eredità oggi il padre possa trasmettere, indipendentemente dal fatto che sia un padre di sangue o meno.

PADRENOSTROdi e Enrico Castellani Valeria Raimondicon Maurizio Bercini, Olga Bercini, Zeno Bercinidirezione di scena Luca Scotton

produzione Babilonia Teatri, La Corte Ospitale Operaestate Festival Venetocoproduzione

Babilonia Teatri produzione 2019 scene

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4 MAGGIO - Piacevoli conversazioni con Teatro delle Ariette

5/6 MAGGIO - TEATRO DA MANGIARE?ATTORNO A UN TAVOLO7/8 MAGGIO -

MAGNOLFI

OSPITALITÀ

Concepito nel 2000 nella cucina della casa delle Ariette durante un pasto condiviso con Armando Punzo e Cinzia de Felice, Teatro da mangiare? si è comportato in questi vent'anni come un vero e proprio organismo vivente crescendo, maturando e arricchendosi dell'esperienza di oltre 1000 repliche in giro per l'Italia e l'Europa. Produzione storica della Compagnia, lo spettacolo è soprattutto un'esperienza e una pratica quotidiana, dove arte, vita e lavoro coincidono e convivono, invitando il pubblico a mangiare davvero le cose che il Teatro delle Ariette coltiva nella sua azienda agricola al Castello di Serravalle, nel territorio della Valsamoggia (Bologna). Così, seduti attorno a un tavolo, spettatori e attori trascorrono insieme il tempo di un pranzo o di una cena impastato con i racconti della singolare esperienza delle Ariette: contadini-attori che trascorrono la loro vita in campagna facendo teatro fuori dai teatri. Ed è così che attorno a un grande tavolo si compie un rito profondamente umano da catapultare lo spettatore nel cuore del nostro presente, nell'attimo assoluto del 'qui e ora', senza mediazione, nell'evidente e disarmante verità delle nostre vite.

Ci siamo persi e ritrovati. Oggi, attorno a un tavolo, il mondo ci è venuto incontro. E ci ha portati in un posto senza tempo né luogo. Adesso bisogna ricominciare da zero. Con la promessa di non celebrare, di non mentire. Con la voglia, lo spirito di vita dei bambini. In 30 anni si imparano tante cose. Si fa esperienza, ci si confronta con la forma del linguaggio che si utilizza. Più il tempo passa, più ti accorgi che quello che ti interessa veramente è qualcosa di profondo, di semplice, di vero. Ricominciare da zero significa pulire il proprio pensiero e la propria azione dalle incrostazioni del tempo e ritrovare la purezza, la necessità e la forza del vero motivo per cui facciamo teatro, che è la voglia di condividere domande. Così ci siamo confrontati con la stessa forma che abbiamo scoperto e praticato in Teatro da mangiare?. Da allora a oggi è cambiata la società, il mondo, noi, gli spettatori. Così oggi, parlare di piccoli fallimenti significa riflettere sulle occasioni in cui ci siamo scontrati con le leggi che governano il mondo e abbiamo perso. Per il mondo i nostri fallimenti sono irrilevanti. Bene, lo sono anche per noi, perché continuiamo comunque a vivere, a lottare, a piangere, a ridere, a fare teatro, a coltivare la terra e a chiamare le persone che vanno a teatro spettatori e non pubblico. Teatro delle Ariette

TEATRO DA MANGIARE?

ATTORNO TAVOLOA UN

PICCOLI FALLIMENTISENZA IMPORTANZA

di e Paola Berselli Stefano Pasquinicon e Paola Berselli, Maurizio Ferraresi Stefano Pasquiniregia Stefano Pasquini

di e Paola Berselli Stefano Pasquinicon ePaola Berselli, Maurizio Ferraresi Stefano Pasquiniscenografia e costumi Teatro delle Ariette regia Stefano Pasquini

produzione Teatro delle Ariette 2000

produzione Teatro delle Ariette 2018

TEATRO DELLE ARIETTE

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FORMULE E PREZZICAMPAGNA ABBONAMENTI

ABBONAMENTI A POSTO FISSOMetastasio 8 spettacoli Abbonamento con 4 turni a posto fisso per 8 spettacoli in programma al Metastasio (Madre Courage e i suoi figli, Guarda come nevica 2. Il gabbiano, Chi ruba un piede è fortunato in amore, La tempesta, When the Rain Stops Falling, Macbeth, le cose nascoste, Tempesta, L'armata Brancaleone)poltrona € 172,00palco centrale € 160,00posto palco laterale e IV ordine centrale € 120,00

Fabbricone 7 spettacoliAbbonamento con 4 turni a posto fisso per 7 spettacoli in programma al Fabbricone (Il caso W., Antigone, Nostalgia di Dio, Molière/Il misantropo, #Prometeo, Nel paese dell'inverno, OtellO)posto unico numerato € 94,50

ABBONAMENTI A SCELTAAbbonamento sostenitore > € 200,00Consente di scegliere 6 spettacoli fra quelli in programma al Metastasio e 4 fra tutti quelli in programma al Fabbricone, Fabbrichino e Magnolfi

Magnolfi 5 spettacoli > € 55,00Consente di abbonarsi a 5 spettacoli, fra cui La piazza, Circo Kafka e 3 a scelta fra tutti gli spettacoli del progetto Piacevoli Conversazioni (Amleto, Riccardo III/Now!, Edipo, made in italy, Pedigree, Padre nostro, Teatro da mangiare?, Attorno a un tavolo)

Abbonamento 4 spettacoli > € 90,00Consente di scegliere liberamente 4 spettacoli fra tutti quelli in cartellone

Abbonamento 7 spettacoli > € 155,00Consente di scegliere liberamente 7 spettacoli fra tutti quelli in cartellone

QUARTETTO SCUOLARiservato agli studenti delle scuole superiori di I e II grado, consente di scegliere 4 spettacoli fra tutti quelli in cartellone./ posti nelle ultime 5 file di platea al Metastasio e nel primo settore al Fabbricone > € 50,00/ posti nei palchi laterali al Metastasio e nel secondo settore al Fabbricone > € 35,00

FORMULA JUNIOR Riservata agli studenti delle scuole medie di I e II grado > € 35,004 spettacoli a scelta di cui 2 fra tutti gli spettacoli della stagione 2019/20 e 2 fra tutti gli spettacoli della stagione 2019/20 Met Ragazzi

RIDUZIONI PREZZI ABBONAMENTI20% per socio Coop / convenzioni / over 6535% per under 25 e gruppi organizzati ulteriore 5% per acquisti on-line

STAGIONE 2019-20

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PREZZIBOX E BIGLIETTI

BOX

LA VALLE DELL'EDEN € 30,00> consente di assistere alle 2 parti dello spettacolo (15 euro a biglietto) scegliendo fra tutte le repliche disponibili.TEMPESTA € 30,00> consente di assistere ai 2 spettacoli (15 euro a biglietto) dedicati al testo di Shakespeare in programmazione al Metastasio (La tempesta con la regia di De Fusco e Tempesta con le coreografie di Giuseppe Spota).REZZA MASTRELLA € 20,00> consente di assistere ai 2 spettacoli (10 euro a biglietto) della compagnia Rezza Mastrella in scena al Fabbricone (7-14-21-28 e Anelante).

BIGLIETTII biglietti di tutti gli spettacoli del cartellone di prosa sono in vendita a partire dal 19 ottobre 2019

PREZZI BIGLIETTI METASTASIOpoltrona > � 28,00 palco centrale > � 26,00 posto palco laterale e IV ordine centrale > � 20,00 posto palco IV ordine laterale e loggione > � 12,00

PREZZI BIGLIETTI FABBRICONEposto unico numerato � 18,00

PREZZI BIGLIETTI FABBRICHINO E MAGNOLFIposto unico non numerato � 15,00

RIDUZIONI20% per socio Coop / convenzioni / over 6535% under 25 e gruppi organizzati - sconto del 35%ulteriore 5% per acquisti on-linelast minute, per i posti rimasti liberi acquistando 5 minuti prima dell'inizio dello spettacolo � 15,00 � 12,00 � 10,00Metastasio, Fabbricone, Fabbrichino e Magnol

BIGLIETTI RIDOTTI PER ABBONATIGli abbonamenti a posto fisso e sostenitore danno diritto all'acquisto di un biglietto al prezzo speciale di euro 15,00 al Metastasio e euro 10,00 al Fabbricone, Fabbrichino e Magnolfi, con assegnazione del posto (sulla base della disponibilità al momento della richiesta) per ciascuno degli spettacoli della stagione 2019/20 non compreso nell'abbonamento.

ACCESSO DISABILIPer chi è diversamente abile il Comune di Prato ha sottoscritto un accordo per l'accesso gratuito alle attività culturali. Presso tutti i nostri i teatri, per le attività programmate dal Met, il disabile ed un eventuale accompagnatore hanno a disposizione alcuni posti gratuiti riservati, salvo disponibilità. Per usufruire dell'agevolazione lo spettatore dovrà rivolgersi, almeno due giorni prima rispetto all'evento prescelto e comunque entro il venerdì per gli spettacoli del fine settimana, alla biglietteria del teatro Metastasio, via Cairoli 59 Prato: [email protected] - tel. 0574/608501 - 338/5213739 (dal martedì al venerdì in orario 10.00/13.00 e 17.00/19.00)

STAGIONE 2019-20