Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012...

114

Transcript of Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012...

Page 1: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,
Page 2: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

1

Page 3: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

2

Page 4: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

3

« Lezione seconda »Quaderni del Centro Scolastico Diocesano

– 3 –

I Mercoledì letterari 2011-2012

INCONTRI CON LA LETTERATURA ITALIANADEL NOVECENTO

- III -

(con appendice di Riccardo Mussosulla storia di Albenga in età contemporanea)

a cura di Giannino Balbis

Redemptoris MaterAlbenga

2012

Page 5: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

4

Page 6: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

5

Prefazione

Il Centro Scolastico Diocesano “Redemptoris Mater”, qualificatapresenza da oltre un ventennio nel panorama educativo albenganese,dal settembre 2012 trasferitosi nella nuova sede di Via Leonardo daVinci, si propone di consolidare ed ulteriormente potenziare ilproprio ruolo formativo e di promozione culturale ad ampio raggio,nel segno dell’assoluta fedeltà alla tradizione ma anche di unaoculata apertura all’innovazione e di una costante attenzione allesollecitazioni che provengono dalla società civile, come recita, non acaso, l’epigrafe del suo nuovo sito (www.csdalbenga.it): «Tradizionee innovazione nella qualità formativa», con a motto una frase diAgostino – In civitate vivere – che è perfetta espressionedell’orizzonte sociale e culturale entro cui la nostra scuola intendeoperare.

A tal fine, accanto all’attività didattica istituzionale e curricolare(racchiusa nella formula “Lezione prima”, posta perciò a titolo deidiari scolastici dei nostri allievi), sostenuta da un’offerta educativavolta alla formazione integrale della persona intesa come sintesi divalori umani, culturali, morali e spirituali, il Centro ScolasticoDiocesano promuove, in collaborazione con istituzioni ed entipubblici e privati, una gamma di attività extracurricolari di altoprofilo scientifico e formativo (racchiuse nella formula “Lezioneseconda”, titolo altresì della nostra collana di quaderni di studio edocumentazione), rivolte non solo all’ambito propriamente scolasticoma al tessuto sociale nel suo insieme (urbano, provinciale ed anche,in qualche caso, regionale e nazionale).

Tra queste attività, si segnalano da alcuni anni i “Mercoledìletterari”: cicli di lezioni pubbliche sulla letteratura italiana delNovecento, tenute da docenti delle Università di Genova e Torino,pubblicate in opuscoli che vengono distribuiti gratuitamente aglialunni delle classi finali degli Istituti superiori del nostro distretto.Nell’aprile del 2012, inoltre, hanno preso il via, con un convegno di

Page 7: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

6

portata nazionale e internazionale dedicato a Dante, gli annuali“Incontri ingauni” con i classici della letteratura italiana (il prossimo,nell’autunno del 2013, sarà dedicato a Manzoni), che il CentroScolastico Diocesano ha istituito grazie alla collaborazione di unapposito comitato scientifico, presieduto dal prof. Giorgio BárberiSquarotti, docente emerito dell’Università di Torino, e formato daiproff. Giangiacomo Amoretti, Alberto Beniscelli e Valter Boggione,delle Università di Genova e Torino.

Con queste iniziative – e con altre di pari livello in ambitomusicale, artistico-teatrale e scientifico, già in atto da anni (come gli“Incontri musicali” curati dal prof. Alessandro Collina e glispettacoli teatrali a cura del prof. Giorgio Sciaccaluga) o in via diavanzata progettazione – il Centro Scolastico Diocesano si avvia adivenire un autentico Polo Educativo, capace di promuovere unsolido legame tra il mondo della ricerca (letteraria, artistica,musicale, scientifica) e la scuola, e una proficua azione divulgativa eformativa a favore della società e degli individui tutti che ne sonoparte.

Giorgio Airaldi

PresideCentro Scolastico Diocesano

Page 8: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

7

“Incontri Ingauni”- I classici della letteratura italiana: 1. Dante(Albenga, 13-14 aprile 2012)

I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium San Carlo):da sinistra, Romano Manescalchi, Rinaldo Rinaldi, Giangiacomo Amoretti,

Pierantonio Frare, Guglielmo Barucci

Page 9: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

8

“Incontri Ingauni”- I classici della letteratura italiana: 1. Dante(Albenga, 13-14 aprile 2012)

I relatori della sessione pomeridiana del 14 aprile 2012 (Palazzo Oddo, AuditoriumSan Carlo): da sinistra, Emilio Pasquini, Alberto Beniscelli,

François Livi, Sergio Cristaldi

Page 10: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

9

Mercoledì letterari, anno quarto

Nati da motivazioni e con finalità essenzialmente didattiche(offrire ai nostri allievi importanti opportunità di completamento eapprofondimento del programma di Italiano, con un occhio diriguardo per le classi finali in vista dell’esame di Stato), ma subitoaperti anche al più vasto pubblico extrascolastico (nell’ottica diun’educazione permanente che faccia perno sulla scuola perrivolgersi alla città intera e al suo territorio), i nostri Mercoledìletterari sono giunti di slancio alla quarta edizione, fra consensiunanimi, partecipazione assidua, autorevoli sostegni e patrociniistituzionali. Con giustificata soddisfazione possiamo ormai presen-tarli e promuoverli come appuntamenti consolidati e fra i piùqualificati dei palinsesti culturali dell’albenganese e del savonese.

Merito primario va riconosciuto ai docenti che, in questi anni, lihanno animati. Il semplice elenco dei nomi è indiscutibile attestato diqualità: Giorgio Bárberi Squarotti, Valter Boggione, Marino Boaglio(dall’Università di Torino); Giangiacomo Amoretti, Alberto Beniscel-li, Marco Berisso, Vittorio Coletti, Francesco De Nicola, Elio Gioa-nola, Luigi Surdich, Roberto Trovato, Franco Vazzoler (dall’Uni-versità di Genova). Gli argomenti delle lezioni, poi, sono venutiabbracciando, in maniera via via più ampia e dettagliata, l’interosecolo XX: dopo una prima panoramica sul ’900 e i suoi generiletterari (Bárberi Squarotti, Il Novecento letterario italiano;Amoretti, I grandi della poesia italiana del Novecento; De Nicola,La narrativa italiana del Novecento; Trovato, Il teatro italiano delNovecento), si è spaziato da Sbarbaro, Montale, Caproni a Pavese eFenoglio, dal Neorealismo alla presenza di Dante nella poesianovecentesca (Amoretti, La grande poesia ligure del ’900;Beniscelli, Letture montaliane; Gioanola, La produzione poetica diMontale; Boggione, Il mito in Pavese e Fenoglio; De Nicola, IlNeorealismo nella narrativa italiana del ’900; Surdich, Dante nellapoesia del ’900), da Gozzano a Ungaretti, dagli scrittori liguri disecondo ’800 al romanzo degli ultimi decenni, da Pasolini e Fortini a

Page 11: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

10

Sanguineti (Surdich, La poesia di Gozzano; Amoretti, La poesia diUngaretti; De Nicola, Gli scrittori liguri e l’unità d’Italia; Coletti, Ilromanzo in Italia negli ultimi decenni; Vazzoler, La letteraturasecondo Pasolini, Fortini, Sanguineti), da Pascoli a Pirandello, dallaletteratura fra ’800 e ’900 alla Neoavanguardia (Boaglio, Natura esimbolismo nelle Myricae di Pascoli; Amoretti, La narrativa diPirandello: oltre il Verismo; De Nicola, La letteratura italiana fra’800 e ’900: tradizione e innovazione; Berisso, La Neo-avanguardiain Italia: storia ed esempi).

Se si considera che, a partire dal secondo ciclo, tutte le lezioni-conferenze sono state pubblicate – dapprima in ampio resoconto, poiintegralmente e in forma di veri e propri Atti – nella collana “Lezioneseconda” (che anche e soprattutto a questo fine è stata istituita nel2009), si potrà avere un’ulteriore misura del ruolo dei Mercoledìletterari in quanto spazio organico di divulgazione della ricercascientifica, di sistematico incontro fra il mondo accademico e lascuola secondaria superiore. I nostri volumi di Atti sono a tutti glieffetti antologie critiche del ’900, piccole ma significative: sempremeno piccole e sempre più significative – ci auguriamo – col passaredegli anni, col moltiplicarsi degli appuntamenti e delle edizioni.

Con questa consapevolezza e con questi auspici licenziamo ilpresente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012, numero 3 dellacollana “Lezione seconda”, che presto ospiterà anche i più illustriancora e notevoli Atti del convegno dantesco che si è tenuto adAlbenga nell’aprile scorso ed ha inaugurato gli “Incontri Ingauni”dedicati ai classici della letteratura italiana (il suo comitatoscientifico, presieduto da Giorgio Bárberi Squarotti e composto daGiangiacomo Amoretti, Alberto Beniscelli e Valter Boggione, si èufficialmente insediato – presso il nostro Istituto “RedemptorisMater” – in data 2 aprile 2011).

Giannino Balbis

Page 12: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

11

“Incontri Ingauni”- I classici della letteratura italiana: 1. Dante(Albenga, 13-14 aprile 2012)

Al Teatro Ambra, il preside Airaldi presenta i relatori della sessione mattutinadel 14 aprile 2012 dedicata alle tre cantiche della Commedia: da sinistra,

Emilio Pasquini, Giorgio Bárberi Squarotti, Nicolò Mineo e Francesco Spera

Page 13: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

12

Page 14: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

13

FRANCESCO DE NICOLA

La letteratura italiana fra ’800 e ’900:tradizione e innovazione

La canzone All’Italia di Petrarca e l’omonima canzone di Leopardi sonolontane mezzo millennio l’una dall’altra, ma contemporanee sul piano dellalingua. Ciò per effetto del lungo primato del petrarchismo, che, dalcanzoniere di Boiardo ai sonetti di Michelangelo, da Marino a Chiabrera, daAlfieri a Foscolo e Leopardi, fissa per secoli i canoni della lingua poetica,staccando di fatto la letteratura dal mondo, dalla vita, dalla lingua d’uso.Monumento e repertorio normativo della lingua letteraria è, dalla metà del’500, il Vocabolario della Crusca (1a ediz. 1612), che, ancora nell’800, nonammette fra i propri autori di riferimento scrittori posteriori a Tasso.

Per secoli, dunque, in Italia la produzione scritta ha un pubblico moltoridotto (solo nel secondo ’900 ci saranno le condizioni per una letteratura dimassa). La poesia resta elitaria e aristocratica; il primo ’800 annovera solodue romanzi di rilievo: l’Ortis di Foscolo e i Promessi sposi di Manzoni.Dei 3.300 libri che escono in Italia nel 1836, 650 sono testi religiosi, 400 dipoesia e 182 di narrativa. Ancora nel 1861, d’altronde, il 75% degli italianiè analfabeta, solo 3 milioni sanno leggere, solo 150.000 hanno fatto studisopra le elementari, solo 40.000 sono laureati. Per altro, per buona partedell’800, manca anche una lingua adatta al romanzo, ovvero vicina allarealtà e condivisa (nell’anno dell’unità, ci sono nella penisola solo 800.000italofoni, dei quali solo 200.000 fuori della Toscana).

Un decisivo passo per allontanare la lingua scritta dai modelli letterari eavvicinarla alla lingua d’uso è compiuto dai giornali (si pensi solo al Caffè eal Conciliatore), anche grazie alla moda del romanzo d’appendice.Contributo importante è quello della scuola pubblica post-unitaria.Decisivo, poi, il cambiamento di statuto del letterato: non più un nobileintellettuale, propenso ad osservare la realtà piuttosto che a viverla, ma unoscrittore con esperienze vissute, protagonista e testimone – anche nellalingua – della realtà del proprio tempo. Gli esempi possono essere molti: daCollodi a De Amicis, da Nievo a Verga e De Roberto, da Fogazzaro aBarrili. La letteratura ora viene dopo la vita.

In poesia le novità sono più lente rispetto al romanzo, che, non avendoalle spalle una lunga tradizione, può cambiare più rapidamente. Ilclassicismo di Carducci (si rilegga Congedo, del 1887) domina la scena delsecondo ’800 (limitata è l’influenza in Italia di Baudelaire e dei simbolisti

Page 15: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

14

francesi). Solo con Pascoli ha inizio una nuova poesia che apre la strada al’900. Se ne può avere un esempio confrontando Notte di maggio diCarducci con L’assiuolo di Pascoli, testi accomunati dal tema, ma moltodiversi nella metrica, nel vocabolario, nello stile, nella concezione stessadella funzione della poesia. Un altro esempio si può cogliere in Contrasto(da Myricae), dove Pascoli contrappone la propria poesia (che, in solitudine,umilmente, in maniera anonima, osserva e riosserva la realtà per coglierneun sasso qualunque e trasformarlo in pietra preziosa) alla poesiacarducciana e dannunziana (dove l’artista mette in mostra le proprie dotinon comuni, le proprie infinite potenzialità, esigendo di essere ammirato).

A completamento e approfondimento della sua lezione, il prof. De Nicola ciha lasciato il testo scritto che di seguito pubblichiamo.

* * *

Se confrontiamo le due canzoni All’Italia scritte l’una daFrancesco Petrarca intorno al 1344 e l’altra da Giacomo Leopardi nel1818 stentiamo a credere che esse siano separate tra loro da circamezzo millennio, tanto comune pare la rispettiva componentelinguistica: il vocabolario leopardiano, infatti, è fitto di latinismi –“simulacro”, “parvolo”, “appo”, “favellare”, “colere” nel senso di“venerare” – e di voci letterarie – a cominciare proprio dalpetrarchesco “lauro” – e fa sì dunque che la canzone recanateses’inserisca a pieno titolo il quello che è uno dei più duraturi fenomenidella lirica italiana: il petrarchismo. Assunte come modello di unalingua poetica decorosa ed equilibrata, capace di esprimere conefficacia sia i più frequenti tormenti (e le più rare gioie) d’amore,come pure i più convinti slanci politici, le Rime sparse del Petrarcahanno rappresentato per secoli il serbatoio linguistico obbligato per inostri poeti – dal Boiardo a Michelangelo, dal Marino al Chiabrera,via via fino al Foscolo e al Leopardi – fissando così per secoli icanoni della lingua poetica, grazie anche all’avallo di quel manualedel bello scrivere che fu Le prose della volgar lingua (1525) delBembo e poi del Vocabolario della Crusca, che sin dalla primaedizione (1583-1612) raccomandava perentoriamente di seguire gliesempi degli scrittori toscani trecenteschi, e in particolare delPetrarca per la lirica, sancendo così uno stacco di quasi due secoli trala lingua delle opere letterarie e quella parlata (peraltro da pochi) che

Page 16: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

15

invece risentiva inevitabilmente delle modifiche e degliaggiornamenti portati dalle nuove realtà storiche. È noto infatti che,sin dall’antichità, le espansioni militari (e oggi economiche) hannocome diretta conseguenza la diffusione della civiltà, e quindi anchedella lingua, dei vincitori (si pensi agli americanismi dilagati in Italiacon la seconda guerra mondiale); e se i vincitori del lontano passatoerano i romani e dunque in gran parte del mondo allora conosciutoavevano portato il latino, con conseguenze tuttora attuali riscontrabilinell’ampia diffusione delle lingue romanze, quando tra fine ’700-inizio ’800 i vincitori furono i Francesi inevitabilmente la loro linguasi diffuse ovunque si erano affermate le insegne napoleoniche,compresa dunque l’Italia, dove però non furono pochi i letterati –cosiddetti “puristi” – che si battevano per la conservazione dellalingua tradizionale e contro il dilagare del francese; essi avevanonella riedizione del Vocabolario della Crusca (1806-1809), curatadal padre Antonio Cesari, il proprio punto di riferimento, fondato sulrecupero della lingua dei trecentisti come sola possibilità di sottrarsiall’inquinamento lessicale dei numerosi francesismi portati dallapresenza napoleonica in Italia.

Per secoli, dunque, in Italia la produzione letteraria, affidata adun vocabolario ricercato e affondato nella tradizione più remota, haavuto un pubblico molto ridotto; la poesia, ancora modulata suglischemi del petrarchismo, restava elitaria e aristocratica e l’assenza diuna lingua unitaria di larga conoscenza e diffusione limitava lafortuna del più moderno genere letterario europeo, il romanzo, tantoche la prima metà dell’Ottocento registra solo due romanzi di rilievo:le Ultime lettere di Jacopo Ortis del Foscolo e i Promessi sposi delManzoni. Per portare in Italia la letteratura, sia nella forma piùpopolare del romanzo, sia in quella più complessa della poesia, ad unpubblico più vasto di lettori occorreva dunque risolvere una serie diproblemi, a cominciare dall’individuazione e dalla diffusione di unalingua nazionale, che solo dopo l’Unità sarebbe stato possibilecominciare ad affrontare.

La svolta culturale e quindi anche letteraria, conseguente aquella storica, che avvenne in Italia a partire dal 1861 aveva avuto lesue premesse nell’Europa centro-settentrionale dopo la prima metàdel Settecento, quando si ebbe la vera frattura nella storia moderna inseguito alla prima rivoluzione industriale: ad essa seguì non solo un

Page 17: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

16

deciso mutamento economico, ma anche la prima vigorosa rivoltacontro una tradizione culturale secolare, rivolta della quale il piùautorevole esponente era stato Voltaire, che con convinzionesosteneva il progredire dei popoli e della cultura control’autoritarismo di quella tradizione che, nelle diverse aree europee,risaliva direttamente al Medio Evo e da questo ancor più indietroall’antichità classica della Grecia e di Roma, per essere poi rinnovatadal Cristianesimo. Era questa la grande eredità dalla quale eranosorte le letterature neolatine all’inizio del secondo millennio:dapprima in Francia, nella seconda metà dell’XI secolo con laChanson de Roland e poi con i trovatori, quindi in Spagna con Ilcantar del mi Cid attorno al 1140 e ancora più tardi in Italia, a partiredalla metà del Duecento con la Scuola Siciliana, il Dolce Stil Nuovofino alla Divina Commedia (1307-1321), che segna l’inizio dellalingua e della poesia italiana. Da allora prese forma e forza unatradizione letteraria fondata su un linguaggio ben lontano da quelloparlato e rivolta prevalentemente ad un limitato pubblico di dotti,ecclesiastici e nobili e all’alta borghesia acculturata; ed una delleprove più diffuse di questa tradizione letteraria elitaria furappresentata dal già menzionato petrarchismo.

La tradizione culturale ereditata dalle culture classiche sispezzò, soprattutto in Inghilterra, Francia e Germania, a seguito dellarivoluzione industriale dopo la metà del Settecento, quando laborghesia, cominciando la sua ascesa sociale, reclamò un’arte – equindi anche una letteratura – non più imbalsamata ed aristocratica,ma che sapesse rappresentare con linguaggio attuale i sentimenti e gliideali degli uomini contemporanei e la corrispondente modernarealtà. In quel tempo l’intellettuale e lo scrittore europeo dovevanodunque essere espressione di un presente che di lì a poco in Franciasarebbe stato rivoluzionario nel rovesciare una tradizione politica diprivilegi nobiliari e clericali e conseguentemente nel rifiutarenell’arte gli atteggiamenti e i miti della classicità tradizionale, laquale però in Italia conobbe la più tenace resistenza, sia per lamancanza di un’unità politica e linguistica (cui conseguiva unconfortante rifugio in una presunta superiorità culturale nutrita ditradizioni secolari), sia per la ritardata e più modesta portata dellarivoluzione industriale e delle sue conseguenze sociali.

Page 18: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

17

Nell’Ottocento l’esito più evidente del tramonto della classicitàfu rappresentato anche in Italia dal movimento romantico che,almeno nei suoi scrittori più aperti alle innovazioni, si volse asmorzare i toni e i modi magniloquenti per ridimensionare le regole eil linguaggio classici della poesia e per avviare il suo avvicinamentoalla prosa; per raggiungere, sia pure molto gradualmente, questiobiettivi occorreva intervenire sul linguaggio che un po’ alla voltacomincerà ad avvicinarsi a quello parlato e all’uso di forme se nonproprio popolari almeno non ricercate e letterarie. Tra gli scrittoriitaliani del primo Ottocento che tentarono di evitare il linguaggiopaludato e i toni alti della tradizione figurano proprio i nostrimaggiori: Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, i qualiavviarono il processo di rinnovamento della nostra letteratura innome di una sua maggiore circolazione anche tra quanti non avevanocompiuto studi avanzati, rappresentando comunque ancora essi stessilo scrittore aristocratico (entrambi erano figli di conti) e in sostanzaappartato se non estraneo alla vita del popolo, che pure divennespesso protagonista delle loro pagine. Nella sua poesia, infatti,Leopardi, pur nutrito di solido classicismo come si è visto nellacanzone All’Italia, tendeva talora a rappresentare la quotidianità e lanormalità – si pensi, ad esempio, al Sabato del villaggio –, tanto chese le donne protagoniste della lirica tradizionale erano creatureangeliche o divine – da Beatrice a Laura, dalla Simonetta delPoliziano all’Angelica del Boiardo e dell’Ariosto sino alle più recentieroine dell’Alfieri e del Foscolo – la protagonista dell’idillio delrecanatese era invece la “donzelletta”; così come ai paesaggi solennidel Petrarca o tragici dell’Alfieri egli sostituì quello dimesso del“natio borgo selvaggio”, introducendo così nella poesia italianaquell’inedito “tono domestico” che sarà poi ripreso dal Pascoli,quindi dai crepuscolari e da un cospicuo filone novecentesco che, viavia, da Saba giungerà fino a Caproni. Nel Canzoniere del Petrarca enei suoi vari imitatori che si sono succeduti nei secoli, i giorniraccontati erano spesso “grandi” e d’eccezione, come il venerdìSanto, e ben poco apparteneva alla normalità, come invece accadenei Canti leopardiani, dove le esperienze ispiratrici sono spessorapportabili alla quotidianità più risaputa e anche prosaica: il cantodel passero, il verso della gallina dopo il temporale, i giovani che siradunano prima della festa.

Page 19: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

18

A sua volta Manzoni, nel suo romanzo nato dal proposito dirappresentare il “vero” storico integrandolo con l’invenzione, nonaveva affidato i ruoli principali (con l’eccezione del cardinaleFederigo Borromeo) a personaggi rappresentativi del potere (che anziera messo alla berlina da personaggi meschini e negativi come donRodrigo e il conte zio) e neppure di esemplare nobiltà d’animo, bensìa oppressi e umili, come appunto il contadino Renzo e lo stesso fraCristoforo, che rappresentano la ferma volontà dello scrittore disottrarsi alla retorica celebrazione dei miti e dei valori assoluti, tantoche anche il suo rivale classicheggiante Carducci riconobbe neiPromessi sposi una forte componente di novità, pur accusandoManzoni di aver scritto la “novella provinciale domesticamente edemocraticamente modesta dei due contadini brianzoli e di non averfatto poema” per aver eluso “le grandi leggende e i grandi fatti dirazza e di nazione della tradizione letteraria nazionale”. Proprioqueste pesanti riserve del Carducci indicano quanto fosse difficile inItalia, ancora attorno alla metà dell’Ottocento, superare il peso dellatradizione per il prevalere di un gusto letterario tuttora legato allaclassicità, già difeso, come si è visto, dai puristi.

In realtà però non tutti erano allineati su queste posizioni diretroguardia, almeno non lo erano quanti con i propri scrittiaspiravano a farsi leggere e capire da un numero maggiore di lettori;e se già gli scrittori del giornale illuminista “Il Caffè” (1764-1766) sierano proposti quell’obiettivo, sarà poi il bisettimanale “IlConciliatore” (1818-1819), romantico e anticlassicista, ad impegnarsinella diffusione di un linguaggio moderno e comunicativo,indispensabile per la larga comprensione dei principi politici libertaridei quali esso, nato nell’ambito della carboneria milanese, eraportavoce. E già questa vicenda indica allora l’importanza, chevedremo meglio più avanti, del giornalismo, e dei giornalisti, nelrinnovamento del linguaggio e nella conseguente acquisizione di unmaggior numero di lettori, premessa per una successiva diffusioneanche di quel nuovo genere letterario, il romanzo in prosa, allorasempre più letto nei Paesi dell’Europa del Nord, ma ancora ben pocoseguito in Italia, dove la letteratura continuava a essere identificatasoprattutto nella poesia classicheggiante.

Questa comincerà ad essere messa in discussione intorno allametà dell’Ottocento, quando comincerà a diffondersi anche in Italia

Page 20: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

19

la moderna poesia francese simbolista: dai Fiori del male (1857) diBaudelaire ai Poemi saturnini (1866) di Verlaine, da Una stagioneall’inferno (1873) di Rimbaud al Pomeriggio di un fauno (1876) diMallarmè, il quale ultimo sarà una sorta di testo base della nuovapoesia volta a rappresentare l’indicibile e quanto sfugge ad unadimensione definita e certa. Sotto l’influenza di tali modelli,cominciò ad attenuarsi in Italia dopo il 1860 la poesia ispirata quasiesclusivamente dagli ideali classici e nella quale l’autore assumevaun ruolo di rivelatore di verità e di maestro di nobili virtù egradualmente si cominciò a diffondere invece la poesiaanticonformista, demistificatrice e antiborghese degli scapigliati, unapoesia fondata sulle cose e sui valori minimi – come nei versicolloquiali e dal tono dimesso della raccolta Tavolozza (1862) diEmilio Praga -, che aprirà la strada alla poesia delle piccole cose edel mistero del Pascoli di Myricae (1891) e dei Canti diCastelvecchio (1903): ed è proprio con lui che si aprirà dunque apieno titolo, ma non senza persistenti elementi, anche linguistici,della precedente solida tradizione classica, la stagione nuova dellapoesia italiana e nei suoi versi è lecito allora individuare uno deglispartiacque che meglio segna l’avvio della nuova letteratura italiana.Con il Pascoli la nostra poesia si lasciava alle spalle la tradizioneclassicista e la dimensione assolutamente aristocratica e di ciò si hatraccia da alcune spie lessicali che indicano una progressivamodernizzazione del linguaggio, come nei casi della preposizione“appo” sostituita da “presso” e dei sostantivi e aggettivi arcaici elatineggianti “ruina”, “pelago” e “solingo” rispettivamente sostituitida “rovina”, “mare” e “solitario”; sarebbe comunque un errore –anche perché in genere tutti i rinnovamenti si affermano congradualità e con impercettibili movimenti - considerare ormaiaccantonato con il Pascoli il peso della tradizione e della poesiaclassicheggiante, la quale ancora all’inizio del Novecento rimanevacomunque la più apprezzata in Italia, tanto che il Carduccicontinuava ad essere considerato il poeta più popolare, nominatosenatore, primo italiano vincitore (nel 1906) del premio Nobel per laletteratura e onorato alla sua morte (1907) con il lutto nazionale e ifunerali di stato, seguiti da migliaia di persone, probabilmente nontutti lettori appassionati di poesia.

Page 21: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

20

Per esemplificare il passaggio dalla poesia tradizionale a quellamoderna vorrei prendere in considerazione due testi in versi cheaffrontano un argomento analogo e scritti pressochécontemporaneamente da due diversi autori. La prima poesia s’intitolaNotte di maggio e fu composta dal Carducci nell’aprile del 1885, peressere poi inclusa nella raccolta Rime nuove del 1887: l’argomentoaffrontato è la contemplazione del paesaggio in una notte di lunaprimaverile e il componimento presenta una struttura di sei sestinepetrarchesche che, secondo i canoni della metrica tradizionale, conun attento e quasi virtuosistico gioco di rime richiede che le seiparole finali dei versi della prima strofa – “notte”, “stelle”, “onde”,“verde”, “colli”, “luna” – siano riprese alternativamente come parolefinali delle cinque strofe successive e, come ulteriore ricercatezzaformale, che l’ultima parola dell’ultimo verso di ciascuna strofa siala stessa del primo verso della strofa seguente. Il lessico è fortementeaulico e letterario – “rorida” (v. 4), “erborati” (v. 9), “oblio” (v. 13),“avelli” (v. 18), “fiso” (v. 22), “lai” (v. 34), “appo” (v. 38) – cosìcome la sintassi è spesso latineggiante con il verbo a fine periodo –“… una forma verso me su l’onde, / disegnata nel lume de la luna, /vidi” (vv. 28-30); la cura stilistica vede un insistito uso dell’aggettivo– se ne contano addirittura tre riferiti al solo sostantivo luna sia al v.6 (“antica, errante, solitaria luna”) sia al v. 7 (“candida, vereconda,austera luna”); il repertorio mitologico è recuperato nell’immaginedelle ninfe dei boschi, mentre la presenza del poeta in prima persona,dopo un’ampia parte iniziale descrittiva, si manifesta solo dopoquindici versi (“qual io disamorato”), quando avvia un dialogo mutocon le ombre dei cari morti.

L’altra poesia sulla quale ci soffermiamo s’intitola L’assiuoloe fu composta da Giovanni Pascoli nel 1896, quindi una decina dianni dopo quella del Carducci. Anche qui il poeta descrive una notteprimaverile con una struttura metrica costituita da tre strofe di settenovenari in rima alternata, ciascuna chiusa da uno stesso bisillaboonomatopeico che esprime il verso – chiù – dell’uccello che dà iltitolo al testo. Il componimento è piuttosto agile, avviato daun’interrogativa – “Dov’era la luna?” – che conferisce ai versi untono colloquiale e prosaico con possibile richiamo all’avvio delleopardiano Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (“Che faitu, luna, in ciel? dimmi che fai / silenziosa luna?”); il lessico presenta

Page 22: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

21

un paio di voci ricercate – il verbo già dantesco “lucere” (v. 9) e ilsostantivo “sistro” (v. 20) –, ma essenzialmente propone vocabolicomuni adoperati per offrire un’immediata connotazione visivo-auditiva al paesaggio descritto – “il mandorlo e il melo”, “lampi”,“voce”, “nubi”, “stelle”, “nebbia”, “vento”, “cavallette”, “pianto” -;anche qui il poeta è presente in prima persona (“sentivo il cullare delmare / sentivo un fru fru tra le fratte; / sentivo nel cuore un sussulto”,vv. 11-13) e anche qui la notte suggerisce pensieri di morte, marispetto al precedente questo componimento è segnato da unasuggestione più diretta e immediata.

Questo raffronto tra Carducci e Pascoli, intesi come portavocedi una poesia che sta per esaurirsi e di una che sta per avviarsi, puòessere riproposto da altri due rispettivi testi in versi che potremmoconsiderare programmatici, tali cioè da esprimere il loro concetto dipoesia e del ruolo di poeta. Vediamo allora il Congedo, composto inun ampio arco di tempo compreso tra il 1873 e il 1887, con il qualeCarducci chiuse la raccolta delle Rime nuove; in questa ode in dodicistrofe di sei versi – quattro ottonari e due quaternari – con un sistemadi rime che rinvia al Chiabrera, il poeta viene dapprima definito perquello che non deve essere – un vagabondo parassita lontano dallarealtà e neppure un vacuo letterato disposto con le sue parole acompiacere chiunque lo mantenga – e quindi per la sua richiestavocazione di “grande artiere”, cioè artista energico e abile, fiduciosonel suo compito e per questo dedito ad un impegno faticososostenuto dall’ispirazione e da una rara sintesi di sentimenti erazionalità che gli permette di celebrare la tradizione e la famiglia(“… e le memorie / E le glorie / De’ suoi padri e di sua gente. / Ilpassato e l’avvenire” vv. 43-46) e quindi i valori civili (“lalibertade”, la “fortezza” e “la gloria”, vv. 56-59) e quelli patriottici ereligiosi (“i penati”, i “tripodi ed altari”, vv. 62 e 64), senza tuttaviainseguire per sé alcuna gloria (“Guarda e gode, e più non vuole”).

A questa classica immagine carducciana di poeta civile,modello di alti valori e guida della società cui appartiene, il Pascolioppone una visione assai diversa e, a sua volta, diversa anche daquella nel frattempo proposta e interpretata da un altro protagonistadella poesia italiana di fine Ottocento: Gabriele D’Annunzio.Vediamo allora la poesia Contrasto, composta dal poeta romagnolointorno al 1893, e assai incisiva nella sua brevità - è formata da due

Page 23: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

22

sestine di endecasillabi - . Nella prima il poeta è ancora, come perCarducci, una sorta di “artiere”, un vetraio che si procura alcuniingredienti ricercati – “un po’ di silice e di quarzo” (v. 1) – li trattacon particolare abilità – “fondo, aspiro; e soffio poi con lena” (v. 2) –ed ecco che ne ricava tutto ciò che crede e che, di volta in volta, glioccorre: “Un cielo, io faccio con un po’ di rena / e un po’ di fiato”(vv. 5-6) e per questa particolare abilità richiede, diversamente dalpiù umile poeta carducciano, la fama e l’elogio: “Ammira. Io sonl’artista” (v. 6). A fronte di questo ambizioso poeta, capace discrivere su tutto a seconda dell’opportunità e della moda (conevidente richiamo polemico a D’Annunzio), Pascoli propone un altromodello nel quale, naturalmente, rappresenta il proprio ideale dipoeta, estraneo ad ogni potere, raccolto nella solitudine, dedito alraccoglimento e quindi nemico della mondanità: “Io vo per viaguardando e riguardando, / solo, soletto, muto, a capo chino” (vv. 7-8); né gli occorrono ingredienti ricercati, bensì un comunissimomotivo d’ispirazione (“prendo un sasso, tra mille”, v. 9) al quale sidedica con impegno scrivendo e riscrivendo (“lo netto, arroto, taglio,lustro, affino”, v. 10) fino a che raggiunge quella che diventa unapietra preziosa anche se inizialmente nascosta e racchiusa in unapietra comune, senza però che per tale operazione il poeta debbamenare vanto particolare: “chi mi sia, non importa” (v. 11). PerPascoli dunque il poeta non necessitava di particolari abilità tecniche,né di argomenti insoliti da affrontare per stupire il lettore: il suocompito consisteva invece nello scoprire significati nascosti nellarealtà quotidiana e proprio questo suo impegno di svelamento dellaquotidianità anticipava di fatto una delle qualità più costanti dellapoesia italiana del Novecento, o almeno del primo Novecento, apartire, come vedremo, dai crepuscolari e da Saba.

Si è prima accennato all’importante ruolo svolto dai giornalinell’ammodernare il linguaggio della scrittura, ma anche in questoambito il percorso sarà lungo e complesso e prenderà le mosse dalontano e cioè da quando comincia ad apparire sulla scena letterariail romanzo, nato nel Settecento nell’Europa centro-settentrionale erivolto in particolare alle lettrici della borghesia. Questa destinazionespiega perché spesso il romanzo ruotasse attorno alle figure diprotagoniste femminili identificate dagli stessi titoli, come MallFlanders (1722) e Lady Roxana (1724) di Daniel Defoe, Pamela

Page 24: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

23

(1740-42) e Clarissa (1748) di Samuel Richardson e la NouvelleHéloise (1761) di Jean-Jacques Rousseau, così come una donnainutilmente amata era l’origine narrativa dei Dolori del giovaneWerther (1774) di Wolfgang Goethe; e proprio prendendo spunto daquesto testo, Ugo Foscolo scrisse il primo romanzo moderno dellaletteratura italiana, Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1798-1817), lacui fredda accoglienza però lo sconsigliò dal ripeterequell’esperienza. E lo stesso accadde anche all’altro scrittore chenella prima metà dell’Ottocento volle impegnarsi nel romanzo;redatti in più stesure e a diverse riprese I promessi sposi (1821-1840), Manzoni non ripeté più la stessa esperienza letteraria dopoche fu venduta meno della metà delle diecimila copie stampate delromanzo in 108 dispense.

Sebbene anche altri scrittori italiani avessero tentato la stradadel romanzo storico, proponendo ai lettori episodi o gesta di antichiprotagonisti che nutrivano gli stessi ideali patriottici sostenuti dalRisorgimento – come nel caso della Battaglia di Benevento (1827) edell’ Assedio di Firenze (1836) di Domenico Guerrazzi, di EttoreFieramosca (1833) di Massimo D’Azeglio e di Marco Visconti(1834) di Tomaso Grossi –, prima della metà dell’Ottocento ilromanzo continuava a godere negli stati italiani di scarsaconsiderazione, tanto che nel 1836 su una produzione totale di 3314libri ben 651 erano religiosi, 550 di occasione (almanacchi, strenne,annuari), 492 di argomento storico-geografico e 464 scientifici,mentre in ambito letterario prevalevano i libri di poesia (435),nettamente più numerosi dei volumi di novelle e dei romanzi cheerano 182, cioè il 5,5 % della produzione totale; né questa situazionetendeva a mutare perché dieci anni più tardi (nel 1846), in unasituazione di attività editoriale dimezzata con soli 1646 libri stampatinegli stati italiani, i più numerosi erano ancora quelli religiosi (195) edi occasione (130) e solo 71 – con la percentuale scesa al 4,3 % - ivolumi di novelle e i romanzi, che dunque si rivelavano un generepiuttosto lontano dal gusto letterario predominante, essenzialmentearistocratico ed espresso per lo più in versi della tradizioneclassicheggiante e con un linguaggio colto e pertanto rivolto ad unpubblico piuttosto ristretto.

Page 25: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

24

Per comprendere le ragioni di questo fenomeno sarà utileriflettere su quanto scrisse nel 1855 Ruggero Bonghi nelle sue letterea Celestino Bianchi pubblicate l’anno seguente nel pamphlet daltitolo provocatorio Perché la letteratura italiana non sia popolare inItalia; dopo aver preliminarmente osservato che “i libri italiani hannoin Italia un molto minor numero di lettori che i francesi in Francia, itedeschi in Germania e gl’inglesi in Inghilterra”, di questo fenomenodenunciava le cause:

Quella solitudine dell’ordine de’ letterati abbandonati a semedesimi dal pubblico, è stata una cagione principale dimolti de’ loro difetti e della nessuna popolarità effettiva delleloro opere. Così chiusi, si sono ordinati da sé come a modo dicasta: e non attingendo a quella ch’io direi mente comuneletteraria d’un popolo, non avendo coscienza dei nuovibisogni delle menti moderne, scostando sempre più il lorostile dalla naturalezza e la loro lingua da quella che sentivanoparlare e che parlavano essi stessi, si sono in grandissimaparte o persi in soggetti per lo più inutili sotto ogni aspetto, ogli hanno trattati senza saper dar loro nessun interesse, edhanno scritto, quasi sempre, in una maniera insopportabile.Dell’inutilità de’ soggetti puoi fartene un’idea dal numero discritti puramente accademici dei quali è colma la nostraletteratura. Questi soggetti non comportano se non un meritopuramente di parole e di frasi, e quando faccian la principaleoccupazione dei letterati, gli rendono inetti a pensare.

Nonostante la persistente prevalenza di una letteratura lontanadai problemi, dai sentimenti e dal linguaggio del popolo comeindicato dal Bonghi, si cominciava tuttavia a diffondere laconvinzione della necessità di dar vita a una nuova produzione alpasso con i tempi e interprete delle contemporanee vicende sociali epolitiche italiane; e questa nuova letteratura doveva essererappresentata proprio dal romanzo, il genere che in tal senso era certoil più appropriato e completo come aveva osservato lo scrittoremilanese Giuseppe Rovani (1818-1874) nel Preludio al suo romanzociclico Cento anni, pubblicato in numerosissime puntate dapprima –dal 1857 al 1864 - sulla “Gazzetta di Milano” e poi in volume dal1868 al 1869:

Page 26: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

25

Di tutte le forme della letteratura e della poesia il romanzo èla più disprezzata, e per alcune classi di persone la piùaborrita. […] E’ giusto codesto dispregio in cui è tenuto ilromanzo, sia storico, sia contemporaneo ? […] Noi crediamofermamente di no, e fermamente crediamo che il dispregioprovocato dai guastamestieri ingiustamente siasi rivoltocontro al genere. […] Tutte le verità e della religione e dellafilosofia e della storia, se hanno voluto uscire dall’angustaoligarchia de’ savi per travasarsi al popolo, hanno dovutoattraversare la forma del romanzo che tutto assume: […] ei siinnalza, in un bisogno, nelle più alte regioni dell’idea,s’abbassa tra le realtà del mondo pratico […] al paridell’iride, ha tutti i colori ed è per questo che si diffonde nelpopolo.

Quest’appassionata apologia del romanzo, come le pressochécontemporanee osservazioni del Bonghi, ne sosteneva dunque ladestinazione popolare e la fruizione più ampia, ma questaconvinzione si scontrava con la complessa realtà culturale italiana dimetà Ottocento: dal censimento del 1861 risultava che il 75% deicirca trenta milioni di italiani era costituito da analfabeti – senzamettere nel conto i semianalfabeti e l’analfabetismo di ritorno di chiqualcosa aveva imparato per dimenticarlo però ben presto -;l’istruzione scolastica era abbastanza efficiente solo nel Lombardo-Veneto e in Piemonte, merito di Napoleone e poi degli Asburgo, doveinfatti la percentuale degli analfabeti scendeva al 54%, mentre al sude nelle isole, per demerito più recente dei Borboni, sfioravaaddirittura il 98%. In sostanza il potenziale pubblico dei lettori nonandava allora al di là del 10% degli Italiani, cioè poco più di tremilioni di persone, dei quali solo una ridotta porzione poteva vantareuna cultura media, essendo circa 150.000 (dei quali 100.000 al nord)quelli che avevano compiuto studi successivi alle elementari e solo40.000 i laureati.

Quanto alla lingua nazionale, nobiltà e borghesia eranoaccomunati dall’uso scritto dell’italiano solo per gli argomentiscientifici, giuridici, filosofici e letterari, mentre l’uso orale eralimitato alle aule dei tribunali, alle assemblee politiche e alle lezioninelle scuole superiori e nell’università; in famiglia però i nobili comei borghesi, i colti come gli analfabeti continuavano ad esprimersi nei

Page 27: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

26

molteplici dialetti locali, risultando al tempo dell’unità nazionale gliitalofoni poco più di 600.000, dei quali 400.000 toscani e 70.000romani. Questi dati, conseguenti all’assenza fino al 1861 diun’aggregazione culturale e linguistica legata ad una parallelaaggregazione politica, dipendevano peraltro anche dalla scarsaadattabilità alla vita quotidiana dell’italiano di allora, linguaessenzialmente libresca e arcaica e quindi priva di vocaboli che, conchiarezza e precisione, indicavano il lavoro, le tradizioni, gli oggettidelle diverse componenti locali del popolo italiano, realtà benconcrete ed esprimibili con efficacia solo con il ricorso al dialetto.

La questione della lingua, che fu certo una delle principalicause del ritardo della diffusione in Italia di una letteratura popolaree dunque del romanzo, consisteva nel rendere l’italiano una linguaviva, adatta sia ad esprimere in modo completo e chiaro le nuoverealtà della vita comune, sia ad essere parlata, scritta e compresadalle diverse componenti della neonata collettività nazionale, inmodo da svolgere anche quella funzione sociale e politica diunificazione per raggiungere la quale si rivelò subito indispensabileun massiccio processo di scolarizzazione del Paese, già avviato condecisione dal primo ministro dell’istruzione del regno d’Italia, ilcritico letterario Francesco De Sanctis. In quest’ottica si poneva laproposta del Manzoni, fatta propria dal ministro Broglio nel 1868, diestendere a tutto il territorio nazionale la lingua parlata dai fiorentinicolti utilizzando naturalmente come veicolo per quest’operazione iPromessi sposi, insieme con altri testi adatti ai diversi livellidell’istruzione scolastica e scritti per lo più da autori toscani.Naturalmente l’impegno ad affrontare e a risolvere il problema dellalingua partendo dai gradini più bassi dell’istruzione pubblica, dopoche intanto nel 1877 la legge Coppino aveva reso obbligatoria lafrequenza del primo biennio delle scuole elementari, determinò unnotevole incremento della produzione di libri per bambini, passati dai190 titoli del 1878 addirittura ai 633 del 1886 (anno nel quale uscìCuore di De Amicis) e ai 903 del 1889. Il progetto del Manzoni fuperò contestato sia dai sostenitori del classicismo e della tradizione,naturalmente capeggiati dal Carducci, sia da coloro che, all’eccessoopposto, non sapevano o non volevano abbandonare il dialetto.Prevalse così quello che Tullio De Mauro ha definito il “liberalismolinguistico”, che prevedeva il rifiuto di modelli fissi e la funzionalità

Page 28: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

27

di un linguaggio limpido e semplice senza essere lezioso e banale,con una sintassi agile – e dunque definitivamente depurata daicomplessi costrutti latineggianti – e fondata su un lessico di basetoscana, ma arricchito, in caso di necessità di maggiorecomprensione, sia da dialettismi, sia da voci settoriali, sia dabarbarismi; e proprio questo tipo di lingua dell’uso, non codificato daalcun modello prestabilito, divenne lo strumento espressivo degliscrittori che, dalle pagine dei giornali come da quelli dei romanzi,volevano rivolgersi ad un pubblico di lettori non più circoscritto aicolti dell’aristocrazia, dell’alta borghesia e del clero, ma esteso ancheai più numerosi rappresentanti della media e piccola borghesia e,quando possibile, del popolo.

Favorito dunque dall’avviamento a soluzione del problemadella lingua, nella seconda metà dell’Ottocento, quando tuttavia inItalia si continuavano a tradurre abbondantemente gli scrittoristranieri – soprattutto i francesi Sue, Dumas, Hugo, Ponson duTerrail e Zola e l’inglese Dickens - , il romanzo italiano ebbe unconsiderevole sviluppo quantitativo: se infatti nell’anno dell’Unitànazionale erano stati 88 i libri di narrativa pubblicati, nel 1871 lacifra era salita a 280 per raggiungere nel 1886 i 348, quando tuttaviaerano ancora di poco più numerosi quelli di poesia (355); dopo i 348titoli del 1886 la situazione andò assestandosi negli anni seguenti conlievi oscillazioni: 286 nel 1889, 330 nel 1891, 351 nel 1894 e 308 nel1898 e comunque il romanzo era ormai entrato, stabilmente e consuccesso, a far parte della produzione letteraria italiana e di questofenomeno, che certo aveva contribuito a modernizzare la nostracultura post-unitaria, grande merito fu della stampa che, a sua volta,aveva avuto una notevole diffusione intorno alla metà del secolo,quando sempre più numerosi erano gli italiani desiderosi diconoscere le vicende politiche e militari che, più o menodirettamente, tutti li riguardavano. Questa esigenza di conoscere e disapere non di rado era ostacolata fieramente dalle forze reazionarie econservatrici, come ad esempio dai gesuiti, sulla cui rivista “Civiltàcattolica” – fondata nel 1850 – si leggevano queste considerazioni:

Il giornalismo è una piaga perniciosa da sanare, poiché neifogli periodici si incentrano come in altrettanti nuclei i varipartiti politici, che ne fanno strumento di perpetua agitazionetra i popoli.

Page 29: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

28

Sebbene non mancasse l’ostruzionismo, la stampa ebbe inItalia nella seconda metà dell’Ottocento un considerevole sviluppoanche se, diversamente da quanto temeva la “Civiltà cattolica”, nonera certo nel popolo – già di per sé penalizzato dall’alto grado dianalfabetismo – che si dovevano ricercare i più numerosi lettori deigiornali, i cui prezzi non erano alla portata dei proletari; un esempio:un numero del quotidiano genovese di ispirazione garibaldina “IlMovimento” nel 1866 costava 5 centesimi quando in media le classipopolari guadagnavano ogni giorno tra i 15 e i 25 centesimi. Fudunque soprattutto la borghesia a determinare l’incremento neiconsumi di giornali e di altri periodici; un altro esempio: tra il 1861 eil 1870 nella sola Genova erano stampati ben 109 periodici e nel1873 la media nazionale era di uno ogni 24.000 abitanti, con untotale di circa 500.000 copie di periodici stampati ogni giorno; e saràinteressante rilevare che nel 1872 in questa massa di periodici circa40 erano esclusivamente letterari, 4 dei quali avevano una tiraturasuperiore alle 10.000 copie e 10 dei quali con una tiratura superiorealle 5.000 copie.

Saranno proprio i quotidiani e i periodici a spianare la strada alromanzo in Italia, come del resto era già accaduto in Francia dove,sin dalla seconda metà degli anni Trenta aveva incontrato grandefortuna il feuilleton, l’appendice narrativa che, spesso nella parteinferiore della prima pagina dei giornali, riportava le successivepuntate di romanzi. Questi, per risultare graditi alla massa dei lettoridei quotidiani, ripetevano alcuni schemi costanti: eranoprevalentemente ispirati ai principi democratici e alla denuncia delleingiustizie sociali, all’interno delle quali, dalle inevitabili contese trabuoni e cattivi emergeva la figura del protagonista, personificazionedella giustizia per sue virtù e ideali morali e sociali innati o anche,più efficacemente sul piano didascalico, divenuto virtuoso dopoavere incarnato valori negativi, come nel popolare caso diRocambole, protagonista di numerosi romanzi scritti da Ponson duTerrail tra il 1859 e il 1866.

L’appendice letteraria giovava non poco alla fortuna deiquotidiani che l’ospitavano, come dimostra il caso esemplare dell’Ebreo errante di Eugene Sue – uno dei “maestri” del genere – chedal 1844 al 1845 fece salire le vendite del giornale sul quale erapubblicato, il “Constitutionel”, da 3.000 a 40.000 copie; ma

Page 30: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

29

soprattutto il feuilleton giovava alla sempre maggiore diffusione delromanzo e questo fenomeno europeo non tardò ad affermarsi anchein Italia, sia pure in misura rilevante solo dopo l’Unità nazionale. Igiornali, ormai numericamente cresciuti, fecero dunque da traino airomanzi d’appendice, i quali peraltro erano scritti in modo darisultare, per temi e per stile, quasi come una prosecuzione deglistessi quotidiani dai quali riprendevano, con la prosa essenziale ediretta degli articoli evitandone però la frettolosità, gli stessiargomenti della cronaca nera – omicidi, rapine, imbrogli, sommosse– e della cronaca rosa – amori, rivalità, tradimenti -, il tutto sullosfondo temporale dei recenti avvenimenti storici e spesso sullosfondo ambientale di ben individuabili realtà locali, donde uno deipiù fortunati sottogeneri del romanzo di appendice, quello dei“misteri”.

Era stato ancora Eugene Sue ad aprire la strada, pubblicandocon enorme successo nel 1842 sul “Journal des Débats” i Misteri diParigi , tradotti nel 1848 in Italia dal Guerrazzi con altrettantafortuna, tanto che anche nella Penisola il genere ebbe i suoi interpretiche, per i lettori dei giornali delle nostre maggiori città, scrisseroappunto i rispettivi “misteri”; così già nel 1849 erano usciti glianonimi Misteri di Torino, seguiti nel 1851-53 dai Misteri di Romacontemporanea; spesso tali romanzi erano opera di scrittori modestie perfino anonimi, ma all’interno di questa serie è anche possibiletrovare nomi di autori di qualità come Carlo Lorenzini che, nonfirmandosi ancora Carlo Collodi, nel 1857 pubblicò i Misteri diFirenze, Anton Giulio Barrili che, tra il 1866 e il 1870, pubblicò apuntate sul “Movimento” i Misteri di Genova e Francesco Mastriani,autore tra il 1869 e il 1870 dei Misteri di Napoli.

La rilevante proliferazione in Italia dei “misteri”, interpretabilecome trasposizione sotto forma di romanzo di avvenimenti dellacronaca cittadina, fu forse il fenomeno più appariscente che nei primidue decenni del secondo Ottocento legò i giornali alla letteratura perla comune scelta tematica, ma anche, e soprattutto, per il linguaggioe per una diffusa consuetudine a stabilire con il lettore un saldorapporto di complicità sia nel rivolgersi a lui direttamente, sia nelcitare proverbi e detti che risalivano alla più diffusa cultura popolare,sia nel proporre facili riferimenti culturali (a personaggi storici, masoprattutto a opere liriche e letterarie famosissime) che consentivano

Page 31: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

30

al lettore di sentirsi gratificato per il suo sapere. E se allora vogliamotracciare il ritratto dello scrittore italiano di successo nella secondametà dell’800 dobbiamo porre come condizione indispensabileproprio la sua precedente o parallela attività giornalistica, cui però siaggiungerà anche una diretta partecipazione alle recenti vicenderisorgimentali, per dare così alle sue pagine il peso e il colore dellarealtà e del suo rapporto con le esperienze partecipate dai lettori. Esarà proprio questa somma di esperienze a costituire per i nostriscrittori il viatico indispensabile per riuscire a colloquiareefficacemente attraverso le proprie pagine con i lettori, che vedevanocosì finalmente abbattute le barriere denunciate dal Bonghi: laletteratura era ormai sempre più vicina alla vita e il peso dellatradizione aveva cessato di relegare il piacere della lettura solo tra ipochi dotti.

Francesco De Nicola

Page 32: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

31

GIANGIACOMO AMORETTI

La narrativa di Pirandello: oltre il Verismo

La lezione del prof. Amoretti, articolata in due incontri, si è appuntata inparticolare su due romanzi fra i più rappresentativi della narrativapirandelliana: Il fu Mattia Pascal e I vecchi e i giovani.

*

Il fu Mattia Pascal inaugura in Italia la narrativa del ’900 ed è tra i primiin Europa a segnare il passaggio dal romanzo ottocentesco a quellonovecentesco, sancito poi definitivamente – per quanto riguarda Pirandello– da Suo marito, Si gira (Quaderni di Serafino Gubbio operatore) esoprattutto Uno, nessuno e centomila (mentre i primi due romanzi,L’esclusa e Il turno, sono ancora di taglio veristico e I vecchi e i giovani è ditaglio storico-veristico).

Nella stagione del Realismo-Naturalismo-Verismo (secondo ’800) ilromanzo era attento principalmente al milieu, all’ambiente, come fattorecondizionante e determinante l’individuo; nel ’900, invece, si punta sullesingole psicologie, sull’unicità e sull’imprevedibilità dei comportamentiindividuali rispetto al contesto (si vedano, per esempio, la Recherche diProust, la Coscienza di Zeno di Svevo, L’uomo senza qualità di Musil, iromanzi di Kafka).

In quali parti e in quali caratteri si coglie la distanza del Pascal dalVerismo? Nell’incipit, innanzitutto, diametralmente opposto a quello deL’esclusa: nel primo romanzo è subito in evidenza un narratore onniscientein terza persona (tipico del romanzo realistico e veristico), mentre nelPascal il narratore parla in prima persona ed esordisce dicendo di nonsapere quasi nulla tranne il proprio nome (dello stesso tenore sarà laconclusione del romanzo).

Il personaggio Pascal, inoltre, a differenza dei personaggi di Zola e diVerga, è privo di identità sociale, non appartiene ad alcun luogo reale: non èsiciliano (a differenza dei protagonisti dei primi due romanzi), ma di uninesistente paese del ponente ligure (Miragno); vive in luoghi-non luoghi(dalla biblioteca al cimitero); non è espressione di un milieu sociale (comeParigi per Zola o la Sicilia per Verga), ma dell’umanità in generale, depuratada ogni condizione concreta.

Pascal, poi, non è padrone della propria vita, ma si lascia vivere: si puòdire che sia vissuto dal caso (il casinò, il cadavere ritrovato ecc.). È il caso,secondo Pirandello, a determinare i momenti principali dell’esistenza.

Page 33: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

32

Emblematico al riguardo (nel cap. 6) il passo dedicato al casinò, luogo incui si venera il dio-caso, con la pallina adorata come una vera divinità; matutta la trama del Pascal è nel segno del caso. Ciò contrasta profondamentecon l’idea ottocentesca che la realtà sia razionale o almeno razionalizzabile.

Significativa è anche l’assenza di legame tra la prima e la seconda partedel romanzo: nulla accomuna la trama dell’una a quella dell’altra, tranne lapresenza del protagonista (peraltro con diversa identità). E altrettantosignificativa è l’improvvisa interruzione delle vicende romane di Meis-Pascal, che la svolta finale del romanzo (il finto suicidio di Meis, lapartenza da Roma e il tentativo di rientrare nell’identità primitiva) lascia insospeso, senza soluzione alcuna.

Il saggio L’umorismo, non a caso, è dedicato alla buonanima del fuMattia Pascal: il romanzo, infatti, anticipa ed esemplifica la poetica dellacomicità (“avvertimento del contrario”) e dell’umorismo (“sentimento delcontrario”) teorizzata nel celebre saggio. Se è vero che la componentefilosofica è fondamentale in Pirandello e i suoi romanzi possono esseredefiniti opere a tesi, la tesi su cui ruota il Pascal è che ogni individuo èobbligato a darsi delle maschere, ovvero delle forme di identità personale esociale, attraverso le quali soltanto può vivere e rapportarsi agli altri. Solo ilprotagonista di Uno, nessuno e centomila, Vitangelo Moscarda, sarà capacedi farne a meno, arrivando a privarsi del proprio stesso nome e a vivere nelflusso della vita universale, come albero, nuvola, vento.

*

I vecchi e i giovani si presenta come un romanzo storico, obbediente aicanoni del Verismo: riecheggiando Il marchese di Roccaverdina di Capuanae soprattutto I Viceré di De Roberto, infatti, rappresenta uno scorcio di vitasociale siciliana di fine ’800, attraverso le vicende di una famiglia (iLaurentano), sullo sfondo di avvenimenti storici di portata regionale enazionale – le elezioni del 1893, lo scandalo della Banca Romana e lasollevazione dei Fasci siciliani – nei quali sono drammaticamente implicatidiversi personaggi del romanzo.

All’impianto veristico, tuttavia, fanno da contrappeso temi, caratteri edesiti innovativi, non lontani nella sostanza da quelli del Pascal, rispetto alquale I vecchi e i giovani è di pochi anni posteriore (esce in rivista nel 1909e in volume nel 1913). Ambientato fra Girgenti e Roma nel 1892-93,sembra catalogabile in quel filone del romanzo storico ottocentesco che,trattando di vicende contemporanee, sfocia nel romanzo veristico. Lanarrazione è in terza persona, appannaggio di un narratore esterno (mentrenel Pascal il narratore è lo stesso protagonista), che tuttavia tende adeclissarsi ovvero ad assumere via via i diversi punti di vista dei personaggi,

Page 34: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

33

i pensieri e i giudizi dei quali – grazie all’uso dell’indiretti libero – sonoimmessi direttamente nella narrazione.

È grosso modo quello che fa Verga nei Malavoglia. Ma l’esito è moltodiverso: la molteplicità delle voci nei Malavoglia dà vita ad unarappresentazione comunque unitaria, corale e compatta; in Pirandello invecela realtà è come sbriciolata, frantumata dai diversi punti di vista, chegenerano una forma di relativismo prospettico non molto lontano, in fondo,da quello che sarà sancito da Uno, nessuno e centomila.

I vecchi e i giovani, insomma, ha un impianto storico ed usa tecnicheveristiche, ma per scardinare dall’interno il romanzo storico e la stessa ideaottocentesca di storia: come pensa Cosimo Laurentano (il personaggio delromanzo che meglio esprime, forse, la posizione dell’autore), la storia è soloun inganno, una grande maschera, la suprema “forma” che gli uomini sidanno per sostenere l’illusorio teatro della vita.

A completamento e approfondimento delle sue lezioni, il prof. Amoretti ciha lasciato il testo scritto che di seguito pubblichiamo.

* * *

Benché Il fu Mattia Pascal, pubblicato a puntate sulla “NuovaAntologia” già nel 1904 e poi in volume nel 1910, preceda di poco lastesura dei Vecchi e i giovani, cui Pirandello lavora presumibilmentefra il 1907 e il 1908 e che usciranno a puntate sulla "Rassegnacontemporanea" nel 1909 e in volume soltanto nel 1913, si può bendire che i due romanzi appaiano, tutto sommato, nello stesso volgeredi anni, riassumendo emblematicamente, in questa loro prossimità, lecontraddizioni della narrativa pirandelliana, ancora chiusa, per unverso, in una visione tardo-veristica, ma già, per un altro, aperta asviluppi inediti e nuovissimi1.

I vecchi e i giovani in particolare rivelano l’ambizione delloscrittore di inserire la propria opera in un genere narrativo addiritturaprimo-ottocentesco, quello del romanzo storico, che si era sviluppatodal capostipite manzoniano e, dopo aver conosciuto grande fortunapresso una letteratura romantica che cercava nel passato i coloridell'avventura, si era poi trasformato, ad esempio già con Le

1 Faccio riferimento d’ora in poi all’edizione dei romanzi pirandelliani pubblicata in duevolumi presso Mondadori nella collana dei Meridiani: Luigi Pirandello, Tutti i romanzi, acura di Giovanni Macchia, Milano, Mondadori, 1973.

Page 35: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

34

confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, in uno strumento anchedi indagine della realtà sociale e politica del presente. Per questa vianon poteva non incontrarsi con le nuove poetiche realistiche disecondo '800, che proprio in Sicilia avrebbero reinterpretato ilgenere, dandogli una impostazione rigorosamente veristica: colVerga certo, ma anche col Capuana del Marchese di Roccaverdina(1901) e soprattutto col De Roberto dei Viceré (1894), un romanzoche, con la sua precisa e accurata ricostruzione storica legata allevicende della nobile famiglia siciliana degli Uzeda, sembra essere, senon il modello, certo il precedente immediato dei Vecchi e i giovani.

Un primo, evidente elemento veristico – ma potremmodefinirlo anche genericamente "realistico", in quanto già riscontrabilenei Promessi sposi di Manzoni (ma assente significativamente neidue romanzi più sperimentali di Pirandello: Il fu Mattia Pascal eUno, nessuno e centomila) è l’uso della tecnica del narratoreonnisciente “esterno” all'azione, così che la narrazione vienecondotta sempre in terza persona.

Inoltre la vicenda presuppone un mondo reale degli spaziprecisi, una situazione sociale, dei rapporti di classe, degli eventiconcreti – che sta al di fuori dei personaggi, che precede ipersonaggi. Ciò appare già evidente sul piano della scansionenarrativa: ogni capitolo infatti è impostato di preferenza su una sortadi unità di azione che quasi sempre è rafforzata pure da unacomplementare unità di luogo, quasi a significare la realtà e laprecedenza – del mondo oggettivo rispetto a quello soggettivo deipersonaggi.

Tipico del romanzo storico ottocentesco è poi l'intento diabbracciare nella rappresentazione tutta una società in undeterminato momento storico, e non soltanto una porzione di essa.Come nel romanzo di Manzoni, infatti, la vicenda ha come sfondodei precisi eventi storici, con i quali interferisce direttamente: leelezioni politiche del 1893, lo scandalo della Banca Romana, i Fascisiciliani.

Anche i singoli personaggi valgono – o, meglio, dovrebberovalere, in base all’impostazione tardo-veristica del romanzo – nontanto per i loro caratteri individuali quanto per i loro caratteri tipici,cioè caratteristici di una classe sociale, di una tendenza politico-

Page 36: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

35

ideologica, in rapporto a quel preciso e determinato momento storico(l’unica eccezione, su cui ritorneremo, è forse quella di CosmoLaurentano). Si va dalla destra più radicalmente reazionaria, quellarappresentata da Ippolito Laurentano, che ancora è legato allamonarchia borbonica, alla sinistra estrema, quella del socialismorivoluzionario dei Fasci, cui aderiscono Luca Lizio e Nocio Pigna. Inuna posizione di centro-destra si colloca invece il partito clericale,che vincerà le elezioni a Girgenti ed è rappresentato nel romanzo daIgnazio Capolino, dietro il quale si nasconde il potere economico diIgnazio Salvo. Poi, spostandoci verso sinistra, troviamo irisorgimentali puri, rimasti fedeli comunque alla rivoluzione del '60:da una parte Caterina Auriti Laurentano e dall'altra Mauro Mortara,una sorta di tragicomica macchietta di devoto, se non fanatico,garibaldino. In una posizione che potrebbe essere definita di centro-sinistra ci sono i risorgimentali “infedeli”, che non hanno avuto laforza di rimanere all'altezza dei valori del '60, anche se ad essiguardano ancora con rimpianto: Roberto Auriti, Corrado Selmi e altripolitici coinvolti direttamente o indirettamente negli scandali. Più asinistra ancora, infine, spicca un personaggio come LandoLaurentano, che comprende le ragioni dei rivoluzionari, purproponendo soluzioni di tipo riformista.

Ognuno di questi personaggi guarda al mondo secondo ilproprio punto di vista, secondo una precisa prospettiva ideologica,esprimendosi mediante un linguaggio personalissimo, per rendere ilquale Pirandello ricorre con straordinaria abilità alla tecnica deldiscorso indiretto libero, già largamente usata dai veristi e inparticolare da Verga. Attraverso questa tecnica l’autore riesce adimmettere e a sciogliere in modo apparentemente naturale, nel flussodella narrazione, i pensieri, gli stati d’animo e le parole dei diversipersonaggi. Ma mentre in Verga il discorso indiretto libero serviva adare un’immagine corale e quindi unitaria di una realtà socialedeterminata (si pensi ad esempio al microcosmo di Acitrezza neiMalavoglia, espresso con grande efficacia attraverso le voci, diversema convergenti, dei numerosi personaggi), qui la proliferazione deipunti di vista e delle interpretazioni ideologiche, con la mancanza inparallelo di un punto di vista superiore, ben lungi dal restituire allettore un'apparenza di verità oggettiva, finisce col disgregare e colvanificare l'idea stessa di una realtà stabile ed univoca.

Page 37: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

36

In effetti è impossibile stabilire quale sia, fra le tante, la“voce” dell'autore. Il relativismo è assoluto. In molti commenti sisottolinea come la "posizione" scettica e super partes di CosmoLaurentano possa essere identificata con quella di Pirandello; ma èanche vero che pure la lucidità di Lando Laurentano circa la tensionefra le forme e il flusso della vita, che lo porta a scelte politiche benlontane dal pacato conservatorismo del padre Ippolito e dello zioCosmo, è tipicamente "pirandelliana". E come non sentire la simpatiache l'autore prova per la "pazzia" del vecchio garibaldino MauroMortara, che pure si colloca politicamente in una posizione oppostarispetto a quella di Lando?

Il fatto è che i diversi personaggi, e quindi i diversi punti divista da cui è "guardata" la vicenda, non sono soltanto mere "cifre"politiche, exempla o emblemi allegorici di una astratta ideologia, masono presentati come esseri umani impigliati ognuno in difficiliproblematiche esistenziali, che cercano disperatamente di risolvereanche attraverso le scelte politiche.

La problematica esistenziale o personale, infatti, precedesempre l'apparenza sociale, il ruolo svolto, le posizioni ideologicheadottate. È la versione "tragica" della tipica formula pirandelliana: lavita precede ed "eccede" le forme. Una formula che talvolta loscrittore declina in senso vitalistico (l'abbandono irrazionale e felicealla vita, al bergsoniano élan vital), ma più spesso, come qui, in unsenso pessimistico e fondamentalmente tragico.

Detto in altro modo: ben prima di doversi confrontare con unarealtà oggettiva da interpretare in modi diversi – come accade neiromanzi veristi e ad esempio nei Malavoglia verghiani – qui ipersonaggi si trovano già a priori immersi nel caos della vita, equindi impigliati in una inquietante e a volte angosciosa situazioneesistenziale.

Si tenga presente, come chiave interpretativa anche deipersonaggi di questo romanzo, la famosa immagine di cui Pirandellosi serve nel saggio L'umorismo (1908) per spiegare la differenza fracomico e umoristico (basati – osserva lo scrittore – l'unosull'avvertimento del contrario, l'altro sul sentimento del contrario):quella della "vecchia signora" imbellettata che sembra dapprimacomica in quanto "è il contrario di ciò che una vecchia rispettabilesignora dovrebbe essere", ma che in realtà, dopo una attenta

Page 38: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

37

riflessione, appare degna di commiserazione, in quanto "non provaforse nessun piacere a pararsi così", ma "soffre e lo fa soltanto perchépietosamente s'inganna", nello sforzo vano di trattenere l'amore delmarito più giovane2.

Si noti come in questo famosissimo esempio si passi da unaconsiderazione "oggettiva" ed estrinseca, legata al punto di vistadella società e dei suoi valori (la "rispettabilità", ciò che una vecchiasignora "dovrebbe essere") ad una considerazione psicologica, doveentrano in gioco affetti e sentimenti personalissimi: piaceri,sofferenze, illusioni. Al fondo di tutto, in antitesi ai valori sociali, c'èuna condizione psicologica ed esistenziale negativa; uno statoprimario di angoscia e di paura, di oscurità e di solitudine, dal qualel'io si sforza disperatamente di venir fuori, anche a costo,ineluttabilmente, di autoingannarsi e di autoilludersi.

È in questa chiave esistenziale, "umoristica" soltanto nel sensoche al termine dà il Pirandello saggista, ma in realtà – come abbiamodetto – intimamente tragica, che vanno letti i personaggi delromanzo. Ognuno effettua le proprie scelte e organizza la propria vitasotto la pressione di una confusa inquietudine esistenziale, in talunicasi – come il Salvo – muovendosi come alla cieca e in modoirrazionale, in altri casi agendo con più lucidità, talvolta addirittura –è il caso di Lando Laurentano, ma soprattutto di suo zio CosmoLaurentano – alla luce di una vera e propria "filosofia".

Lo stesso principe Ippolito Laurentano, la cui decisione disposarsi dà il via allo sviluppo narrativo principale della prima partedel romanzo, è spinto a tale scelta dallo sgomento di fronte ad unavecchiaia solitaria e dalla paura della morte3. Ma anche FlaminioSalvo non agisce soltanto, come il verghiano mastro don Gesualdo,allo scopo di arricchirsi, in quanto le sue scelte derivano – secondo ilparere del suo segretario Aurelio Costa – da un oscuro fondo, triste einconsolabile, della sua anima4. Quanto a Nocio Pigna, dettoPropaganda, il suo intenso impegno politico allo scopo di costituire i

2 Luigi Pirandello, Saggi, a cura di Manlio Lo Vecchio Musti, Milano, Mondadori, 1952, pp.139-140.

3 Luigi Pirandello, Tutti i romanzi cit., volume secondo, pp.117-118.4 Op. cit., pp.258-260.

Page 39: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

38

Fasci anche a Girgenti nasce da un desiderio di rivalsa nei confrontidi una società che lo ha sempre disprezzato e messo da parte5.

Per Lando Laurentano invece si può parlare di una confusainquietudine. Egli riconosce che noi siamo delle forme precarie emutevoli trascinate e plasmate dal fluire caotico della vita e vorrebbequindi affidarsi a questo movimento, assecondandolo e sciogliendoin esso ogni rigidezza6.

Soltanto Cosmo Laurentano sembra aver raggiunto unalucidità superiore: è l'unico nel romanzo, infatti, ad aver capito chetutto è illusione, in un mondo, simile al velo di Maya delle religioniorientali, dove le forme cambiano e sfumano continuamente l’unanell’altra7.

Ma questa “filosofia” – che è di Cosmo e anche, comeabbiamo detto, dello stesso Pirandello – esprime di fatto unaconcezione profondamente tragica. Il "fondo" della vita – sembradirci lo scrittore – è costituito infatti da un flusso confuso eirrazionale, caratterizzato da oscurità e caos. Distaccarsi da questofondo, sognare un mondo migliore, aprirsi agli altri, darsi una“forma”, significa soltanto cadere preda delle illusioni. L'unicaalternativa – sembrerebbe – è quella di contemplare dall'alto, come faCosmo, "l'infinita vanità del tutto", astenendosi da ogni azione e daogni scelta.

Ogni progetto umano, sia esso politico o privato, è destinatoinevitabilmente al fallimento. Non c'è in effetti, alla fine delromanzo, una strategia politica che vinca in modo chiaro ed esplicito:vince la violenza, la repressione; falliscono sia i socialisti radicali, siai socialisti moderati, sia i nostalgici garibaldini; e se da una partefinisce nel sangue la ribellione dei Fasci, dall’altra parte, sul pianoindividuale, le azioni dei personaggi portano al suicidio (CorradoSelmi), alla violenza omicida (la fine di Aurelio Costa e NicolettaCapolino), alla morte reale (Caterina Auriti Laurentano, MauroMortara) o alla morte simbolica: alla "morte" della mente, alla follia(Dianella Salvo).

5 Op. cit., pp.171-172.6 Op. cit., p.311.7 Op. cit., p.509.

Page 40: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

39

Non c’è un solo personaggio che possa dire, alla fine delromanzo, di aver soddisfatto i propri desideri e di aver ottenutoqualcosa di concreto. Anche gli amori sono vani: sembra, in questomondo di illusioni, che si ami sempre qualcuno che già sta amandoqualche altro: così il dolce e malinconico Ninì De Vincentis amaDianella Salvo, la quale ama Aurelio Costa che a sua volta amaNicoletta Capolino, moglie del deputato Ignazio Capolino, che in uncerto senso non ama nessuno – e forse solo per un oscuro capricciocede nel finale alle profferte del Costa.

Anche il matrimonio fra Ippolito e Adelaide Salvo si rivelaalla fine una farsa e nulla più, tanto che Adelaide in ultimo fuggirà daColimbetra insieme al deputato Ignazio Capolino. E l'unica vicendache, sia pure con qualche distinguo, potrebbe forse essere legata adun amore passionale, cioè la fuga di Nicoletta Capolino e di AurelioCosta, si conclude esemplarmente in modo tragico, con la morte dientrambi.

In tal modo la narrazione realistica sembra trasformarsi in unagrandiosa scenografia simbolica, in una cupa allegoria del caos in cuisi muove l’umanità. L’armonia del modello narrativo classicoottocentesco viene piegata e deformata dall’irruzione di una visioneoscura e pessimistica della vita. Si veda già – ed è un caso davveroesemplare di compresenza di elementi "classici" e insiemetipicamente pirandelliani – proprio l'incipit del romanzo8, che per unverso si rifà – anche nell'uso di certe espressioni ("tutto a volte erisvolte", che ricalca il manzoniano "tutto a seni e a golfi"), masoprattutto nell'ampia descrizione paesaggistica che alla fine viene apoco a poco focalizzandosi (come "zoomando") su un sentiero dovesta muovendosi un personaggio – all'inizio "classico" dei Promessisposi; ma per altro verso non si riferisce, come nel modello, adun'immagine chiara, solare e ben nitida della realtà, ma ad unaconfusa oscurità notturna, da cui solo a fatica vengono emergendo iparticolari di una natura sconvolta e della remota, fatiscente città diGirgenti.

C'è buio, la strada è immersa nel fango: lo stesso scrittoreparla di "vuoto", di "miseria senza riparo", facendoci capire che quelbuio e quel fango hanno un significato simbolico, rimandano a quel

8 Op. cit., p.5 e sgg.

Page 41: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

40

fondo oscuro, a quel caos da cui si origina l'esistenza umanaindividuale e la storia.

L'immagine del fango è in ogni caso affatto emblematica nelromanzo, tanto che la ritroviamo in tre momenti fondamentali dellanarrazione: oltre che all’inizio, anche al centro e alla fine.Nell’episodio iniziale è il fango a rendere faticoso il viaggio diSciaralla da Colimbetra a Valsania (ed è in mezzo alla fanghiglia chegli appariranno, come un simbolico, oscuro presagio dellarivoluzione, cioè del male minaccioso che già incombe sul mondosiciliano, i due personaggi che rappresentano emblematicamente ilsocialismo rivoluzionario, cioè Luca Lizio e Nocio Pigna). Al centrodel romanzo riappare l’immagine del fango, ma questa voltadeclinata in chiave simbolica, quando il cavalier Cao lamenta, in unasorta di angosciato monologo interiore, la degradazione morale e lacorruzione della politica romana, descrivendole come una pioggia difango abbattutasi sulla capitale italiana9. Ritroviamo infinel’immagine del fango nella pagina conclusiva del romanzo, quando,in esatta simmetria con l'inizio (piove di nuovo, è notte, c’è buio),Mauro Mortara fa il cammino inverso rispetto a quello di Sciaralla esi allontana da Valsania, muovendosi a fatica nel fango e andandoincontro alla morte10.

Davvero è come se fossimo invitati a leggere il romanzo sottola cifra del fango; a guardare ai fatti e alle vicende e alla realtà ingenere come se uno strato di fango e di oscurità coprisse tutto. Ciòsignifica che la conoscenza della realtà non è ovvia e pacifica, comenella narrativa "classica" manzoniana e in quella veristica. Nonabbiamo più a disposizione un "cosmo" già predefinito e dai contorninitidi e precisi. Invece del cosmo c'è il fango, c'è il caos; e conoscerevuol dire estrarre faticosamente da questo caos e da questo buio solodegli elementi sparsi e confusi di una realtà che resterà in séinevitabilmente ambigua e misteriosa.

È precisamente questa lucida consapevolezza di una realtà inultima analisi caotica e frammentaria, non più dominabile con learmi della ragione o della scienza, ad accomunare due opere per il

9 Op. cit., p.273.10 Op. cit., pp.511-515.

Page 42: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

41

resto così diverse come I vecchi e i giovani e Il fu Mattia Pascal:quella che in buona sostanza si presenta come la conclusione delprimo romanzo è di fatto il punto di partenza e il fondamento delsecondo. E se I vecchi e i giovani ancora pretendono – comeabbiamo visto – di rifarsi al modello del romanzo storico e delverismo, benché abbiano poi come esito di metterne in crisi la fiduciain un mondo reale e oggettivamente descrivibile, Il fu Mattia Pascalfin da subito, fin dalle prime parole – possiamo ben dire – dellanarrazione, se ne colloca del tutto fuori.

È sufficiente, per rendersene conto, confrontare l’inizio delprimo romanzo di Pirandello, L’esclusa, pubblicato nel 1901 eancora strettamente legato al Verismo, con l’inizio del Fu MattiaPascal. Là – “Antonio Pentàgora s’era già seduto a tavolatranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto nulla”11 –uno sguardo dall’alto da parte di un narratore onnisciente, a tal puntoonnisciente da “sapere” che il personaggio era seduto a tavola“tranquillamente” (un incipit che non può non ricordare il famoso“La marchesa uscì alle cinque”, presentato da Paul Valéry comeun’assurdità inaccettabile); qui invece – “Una delle poche cose, anziforse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavoMattia Pascal”12 – la voce di un narratore che è dentro la vicenda equindi non è affatto onnisciente, anzi conosce così poco da sapere“forse” soltanto il proprio nome (e la conclusione del romanzo –come vedremo – ribadirà circolarmente questo non sapere altro che ilproprio nome).

Il passaggio dalla terza alla prima persona rende in modoemblematico il passaggio da una narrazione della verità certa eoggettiva ad una narrazione del dubbio e dell’ambiguità soggettiva. Illettore capisce già dall’incipit, insomma, che il romanzo parlerà nondella realtà e del mondo “di fuori”, ma dei pensieri e dellasoggettività del personaggio.

Ciò significa che le vicende non sono presentate come ovvie enaturali, come chiuse nel loro oggettivo susseguirsi, ma sottoposte inogni momento allo sguardo e al giudizio del narratore. La narrazioneè aperta in modo innaturale, come per “uno strappo nel cielo di carta

11 Luigi Pirandello, Tutti i romanzi cit., volume primo, p.5.12 Op. cit., p.319.

Page 43: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

42

del teatrino”13, per usare la metafora di Anselmo Paleari che descrivenel cap. XII la differenza fra il teatro antico e il teatro moderno; lostesso protagonista si sdoppia, fra il personaggio che è narrato e ilpersonaggio narratore, che lo osserva per così dire “da fuori”,guardandolo a distanza e giudicandolo, così sottraendo qualunqueovvietà o naturalezza alle sue azioni.

Ma tanti altri, in aggiunta o in conseguenza di questo, che èfondamentale, sono gli elementi anti-veristici o non-veristici delterzo romanzo pirandelliano.

Se si pensa in particolare ai capolavori di Verga e ad operecome Il Marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana e I Viceré diFederico De Roberto, di cui abbiamo già visto gli stretti legami con Ivecchi e i giovani e le cui vicende sono tutte ambientate in Sicilia, sipuò capire come per un siciliano come Pirandello il verismo fossestrettamente legato al mondo dell’isola natia: e come controprova c’èil fatto che sia i primi due romanzi (L’esclusa, del 1901, e Il turno,del 1902), sia soprattutto I vecchi e i giovani, che resta in ogni casol’opera narrativa di maggior impegno dello scrittore, siano tuttiambientati in Sicilia.

Già dunque con la sua scelta di ambientare il terzo romanzofuori dalla Sicilia l’autore mostra di voler uscire dalle “regole” delverismo, di voler trasgredire all’orizzonte d’attesa dei lettori. Ma piùin profondo Pirandello rifiuta in tal modo uno dei principi narrativiveristi, quello cioè secondo il quale ogni personaggio deve avere lafunzione di “esprimere” un ceto sociale, una parte della società, dacui sia motivato e sostanzialmente determinato nelle sue scelte enelle sue azioni: ogni personaggio, insomma – e lo abbiamo visto neiVecchi e i giovani –, deve essere radicato in un milieu sociale, deveessere emblematico di una realtà storica e di un mondo ideologico.Questo poteva portare ad una critica di costume (come nell’Esclusa,dove i personaggi sono esemplari espressioni della mentalità retriva e“maschilista” della Sicilia contemporanea) o ad un tentativo dirappresentazione globale e al limite “scientifica” della realtà sociale(come appunto nei Vecchi e i giovani).

Qui invece il personaggio non soltanto è fuori dal mondosiciliano, ma neanche rappresenta un altro milieu sociale italiano: il

13 Op. cit., p.467.

Page 44: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

43

Ponente ligure dove nasce il protagonista, infatti, appare soltantocome uno sfondo privo di consistenza e lo stesso può dirsi di Roma edelle altre città abitate da Mattia Pascal.

È anzi significativo che all’inizio del romanzo il “luogo” in cuisi trova o attorno a cui si muove il narratore sia una biblioteca,mentre alla fine sia un cimitero: due non-luoghi, entrambi antiteticialla vita “vera”, soprattutto se si pensa che la biblioteca in cui lavoraMattia Pascal è presentata come un ambiente morto e deserto, unasorta di cimitero della cultura e dello spirito.

Mattia insomma è “fuori” in modo assoluto: fuori da ogniluogo e da ogni città, fuori come può esserlo chi è defunto rispetto almondo dei viventi. Non esprime altra realtà che se stesso: non unluogo, non una classe sociale, non un’ideologia politica. E quindi,esprimendo null’altro che se stesso, si può dire che esprima lacondizione umana in quanto tale – nuda e non determinata da nulla.Mattia Pascal è in certo modo allegoria della condizione umana ingenerale.

Privo di radici e quindi di motivazioni “dietro le spalle” che neindirizzino le scelte e le azioni, il personaggio non può che muoversia caso. Casuale è la sua vincita al gioco, casuale la scoperta delcadavere attribuito a lui, casuale la scelta di risiedere a Roma inveceche in una qualunque altra città – così come, sembra volerci direPirandello, la vita dell’uomo è retta soltanto dal caso e danessun’altra determinazione.

Da questo punto di vista l’episodio di Montecarlo (il cap. VI,Tac tac tac…14) appare di centrale importanza, in quanto costituisceil perno della struttura narrativa del romanzo e insieme ne svela unodei princìpi che ne reggono l’insieme. Il Casino è presentato come ilregno del caso e della fortuna, una sorta di microcosmo che, similead uno specchio deformante, rifletta il macrocosmo della societàumana e le sue leggi. La pallina della roulette in particolare èl’emblema del caso e come tale è raffigurata come una divinità a cuitutti i giocatori si sottomettono: “gli occhi supplici pareva dicessero:«Dove a te piaccia, dove a te piaccia di cadere, graziosa pallottolad’avorio, nostra dea crudele!»”15.

14 Op. cit., p.371 e sgg.15 Op. cit., p.371.

Page 45: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

44

In quanto retta dal caso e non da un disegno razionale, l’azionedel personaggio, e quindi insieme ad essa anche e soprattutto latrama del romanzo, non può non procedere in modo imprevedibile ecapriccioso, al limite assurdo e irrazionale. Ciò spiegal’inverosimiglianza e il carattere paradossale della vicenda, chesignificativamente vennero rimproverati assai presto a Pirandello dalettori e critici evidentemente ancora legati ai principi diverosimiglianza ottocenteschi (lo scrittore risponderà, in unaAvvertenza sugli scrupoli della fantasia, apparsa in appendiceall’edizione del 1921 del romanzo, che la stessa realtà è spessoinverosimile e comunque non si cura affatto della verosimiglianza).

Sta di fatto che la trama del romanzo, proprio perché mirante adimostrare il potere del caso, non segue un’unica, coerente lineanarrativa: la prima parte, ambientata a Miragno in Liguria, è quasi unromanzo a sé, così come lo è la seconda parte ambientata a Roma; ea parte il protagonista non vi è alcuna connessione narrativa fra ilmondo e i personaggi della prima parte e quelli della seconda. Nonsolo, ma a confermare la non razionalità narrativa della vicenda, lasua casualità ai limiti dell’assurdo, la seconda parte si interrompebruscamente sul più bello dell’azione, senza che i nodi siano sciolti eil disegno narrativo pienamente sviluppato (anche questo è unostrappo rispetto alla tradizione realistica dell’Ottocento, al “patto”che il narratore era tenuto a stipulare con il lettore, che obbligavainvece a sviluppare interamente fino alle estreme conclusioni ogniramificazione della vicenda).

Questa contraddizione fra una rappresentazione casuale edisordinata, ai limiti dell’assurdo, da una parte e le nostre attesebasate su una normalità “razionale” dall’altra è tipicamenteumoristica, nel senso pirandelliano del termine che già abbiamovisto. La percezione umoristica, infatti, è resa possibiledall’intervento di una lucida analisi intellettuale che si sovrapponealla descrizione realistica, frantumandola e giudicandola (cioèmisurando la distanza dell’oggetto o del personaggio rispetto allanormalità e quindi all’attesa). Di fatto la descrizione realistica, inPirandello, non è altra cosa dall’analisi dell’intelletto: la comprendein sé, non si dà che in essa e con essa.

Si è visto che questo atteggiamento di distacco ironico-intellettuale è facilitato nel romanzo dall’uso della prima persona:

Page 46: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

45

possiamo aggiungere dall’uso della prima persona, in particolare, daparte di un personaggio come Mattia Pascal, che di fatto si rivela findall’inizio un inetto e tende per sua natura a trovarsi sfasato rispettoalle necessità del mondo e della società. In effetti capita spesso aMattia Pascal di prendere le distanze dalle vicende, di guardarle constupefatta lucidità e, per ciò stesso, di svelarne l’aspetto ridicolo oaddirittura comico. Si veda il violento litigio nel cap. V fra la ziaScolastica e la vedova Pescatore, suocera di Mattia, cui ilprotagonista assiste ridendo di gusto: “Mi vidi, in quell’istante, attored’una tragedia che più buffa non si sarebbe potuta immaginare”16.

Inutile dire che questa definizione di “tragedia buffa” sembraadatta a descrivere, in termini pirandelliani, l’intero romanzo:“tragedia” perché – come si è visto – il “sentimento” del contrariopermette di cogliere la drammatica realtà umana che si nascondedietro le apparenze della comicità; “buffa” perché, come spiega – giàlo abbiamo ricordato – Anselmo Paleari all’inizio del cap. XII, nel“cielo di carta del teatrino”17 dove si rappresenta l’azione tragica si èaperto uno strappo irricucibile, che obbliga l’attenzione deglispettatori a fissarsi sullo strappo e non sull’azione tragica, la quale sirivela così assurda, artificiosa e innaturale (lo strappo, questoelemento esterno all’azione tragica, allude allo sguardo del narratore,non meno “esterno” dei lettori rispetto alla vita che egli stessoracconta).

La sovrapposizione di una continua analisi intellettuale allarappresentazione realistica si manifesta anche, come anche in quasitutte le opere pirandelliane, in una forte presenza nella narrazionedella componente filosofica. Non pochi critici di Pirandello hannodel resto sostenuto che questo romanzo (di nuovo come altri testidell’autore) sarebbe a servizio di una precisa tesi filosofica: lavicenda dovrebbe dimostrare una teoria.

In effetti è facile riconoscere nello schema del romanzo unodei cardini della filosofia pirandelliana, cioè la teoria della mascherao della forma. Ognuno di noi indossa una maschera, si chiude in unaforma, in una identità sociale; e sarebbe vano il tentativo diliberarcene, perché in tal modo non si accederebbe alla libertà

16 Op. cit., p.360.17 Op. cit., p.467.

Page 47: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

46

sperata, ma ci si chiuderebbe in un’altra maschera e in un’altra forma– come accade appunto al protagonista.

Se è indubbio che sia questo il “messaggio” teorico delromanzo, è comunque da sottolineare che nella narrazione le piùesplicite dichiarazioni filosofiche sono messe in bocca non tanto enon solo a Mattia, quanto soprattutto ad un personaggio marginale e“comico” come Anselmo Paleari, che non è certo un intellettuale, maanzi è presentato come un credulone un po’ ingenuo e un po’ matto.A dimostrazione che anche la filosofia, come l’azione stessa delromanzo, ha perso ormai ogni solennità e si è come abbassata e quasiridotta ad una forma di pensiero umoristico.

È il Paleari, in effetti, che svolge il ragionamento filosoficopiù importante del romanzo, quello del “lanternino” (nel cap. XIII,intitolato appunto Il lanternino). La sua “lanterninosofia”18 traduce lateoria della maschera-forma in termini di conoscenza: sostiene infattiche ognuno di noi terrebbe acceso un lanternino che proietterebbe unpiccolo cerchio di luce, “di là dal quale è l’ombra nera, l’ombrapaurosa”. Se è la nostra maschera-forma a creare la nostra peculiareidentità sociale, rendendoci riconoscibili dagli altri e ognuno diversoda ogni altro, è invece il nostro “lanternino” a permetterci di“vedere” nel buio, di conoscere qualcosa: ma noi non conosciamoche la nostra luce, il nostro bisogno di vivere e di credere alla vita (il“tristo privilegio” – argomenta Paleari – “di sentirci vivere, con labella illusione che ne risulta”19). La conseguenza sembra essere cheogni conoscenza non può che essere parziale, individuale e relativa;ma soprattutto che ogni conoscenza non può che rivelarsi di fattoillusoria.

Ma per il Paleari questa teoria implica, tutto al contrario, che“l’ombra nera”, cioè l’oscurità misteriosa che ci circonda, è tale soloin quanto noi siamo chiusi nel minimo lume illusorio del“lanternino”: al di là di questo, invece, si nasconde forse la verità,l’assoluto; ed è allo scopo di giungervi che il Paleari organizzaregolarmente delle sedute spiritiche.

Da questo punto di vista, cioè prendendo per buone leconclusioni del Paleari, il cambio di nome e di identità del

18 Op. cit., p.484.19 Op. cit., p.484.

Page 48: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

47

protagonista potrebbe significare, più profondamente, il tentativo dispogliarsi del proprio “lanternino”, cioè della propria illusioneparziale, forse anche nel desiderio inconscio di poter coglierel’assoluto. C’è in effetti nell’avventura di Mattia Pascal il segno diun’inconfessata ansia religiosa, benché poi essa venga smentita eridicolizzata brutalmente dai fatti. E il suo viaggio a Roma potrebbeessere letto senza troppa difficoltà come allegoria di una sorta diviaggio iniziatico, ma un viaggio iniziatico degradato edesplicitamente “comico”.

Privato del nome-forma e quindi del suo “lanternino”, Mattiasi trova vuoto e come privo di realtà, simile ad un’ombra priva dicorpo. “Chi era più ombra di noi due? io o lei? – si chiede alla finedel cap. XV, parlando della propria ombra che quasi si stupisce diproiettare per terra; e così conclude: “L’ombra d’un morto: ecco lamia vita…”20.

Di fatto, accettando di sottoporsi all’operazione che dovràraddrizzargli l’occhio, Mattia entra nel buio e vi rimane quarantagiorni (si veda l’incipit del cap. XIII: “Quaranta giorni al bujo …”21):quasi una nékuia, una discesa all’inferno, come richiesto – si può bendire – da qualunque viaggio iniziatico (compresa la Commediadantesca). E nel buio, nel capitolo successivo (XIV, Le prodezze diMax22) si svolgerà la seduta spiritica, il “rituale” conclusivo di questasorta di paradossale viaggio iniziatico.

Ma tutto scade nel grottesco; l’allegoria religiosa si sgretolanel realismo più basso e comico: e in ultimo la seduta spiritica non fache svelare gli inganni e gli intrighi del Papiano. Questadegradazione si manifesta anche sul piano linguistico: una parolacentrale nel vocabolario religioso come “rincarnazione” viene usatacome titolo del XVII e penultimo capitolo del romanzo, ad indicareironicamente il ritorno del protagonista in Liguria; mentre il nomedella dea della sapienza, Minerva, viene attribuito dal narratore allacagnetta di un personaggio femminile (che durante la seduta spiritica,grattando la sedia di Mattia, fa credere per un attimo a tutti i presentiad un reale intervento soprannaturale).

20 Op. cit., p.523.21 Op. cit., p.482.22 Op. cit., p.496 e sgg.

Page 49: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

48

Insomma: dal suo “viaggio iniziatico” il protagonista nonottiene una vera rinascita spirituale, ma soltanto un mero e squallidoripristino della sua situazione precedente; e invece di una conoscenzapiù alta e più profonda (simboleggiata dalla figura della deaMinerva) nulla di più che il riconoscimento del proprio nomeprecedente. Ed è con l’amara proclamazione di questa conoscenzaminima, che è di fatto una non-conoscenza, che si conclude ilromanzo, in esatta simmetria – come si ricorderà – rispetto all’inizio:“Ma voi, insomma, si può sapere chi siete? Mi stringo nelle spalle,socchiudo gli occhi e gli rispondo: – Eh, caro mio… Io sono il fuMattia Pascal”23.

Giangiacomo Amoretti

23 Op. cit., p.578.

Page 50: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

49

ELIO GIOANOLA

La poesia di Montale: La bufera e altro

Il prof. Gioanola non è potuto essere presente ai nostri Mercoledìletterari, ma ci ha inviato il testo della sua lezione, che di seguitopubblichiamo. Anticipa alcuni passaggi del capitolo dedicato alla Bufera nelsuo più recente volume Montale. L’arte è la forma di vita di chipropriamente non vive, Jaca Book, 2011.

* * *

A pochi giorni dall’ultima, definitiva partenza di Irma daFirenze, Montale le invia queste parole: «Dovevi uccidere in me ilpoeta, UCCIDILO e salva l’anima dell’uomo che ti sta pregando.L’anima è la parte migliore di me e la mia poesia è ancora in vita enon ha bisogno di eterne addizioni! Se sono un poeta di terzo livellonessuno può fare di me un genio. Io devo respirare e scoprire in te ilrespiro di Dio, l’opera della Divinità». Siamo nei mesi dell’estremaillusione di poter unire la propria vita a quella della donna edell’intima, disperata coscienza dell’improbabilità che la cosa sirealizzi. Le parole riportate mettono a nudo in termini ultimativil’inconciliabilità di vita e poesia. Affiatarsi davvero con l’esistenza,realizzandone il fondamento e la sostanza che è l’amore, significarinunciare alla poesia. Ciò che Montale chiede a Irma, nell’ ora diuna decisione finale, è di essere esattamente l’opposto diun’ispiratrice: soltanto lei, «in flesh and bones», può compiere ilmiracolo di eliminare il poeta e porre rimedio a tutte leinadeguatezze a vivere di chi continua a proclamarsi una larvad’uomo, esposto ai venti dell’autodistruzione. Quanto alla poesia,possono bastare le cose già realizzate, per chi si sente un poeta diterzo livello non c’è bisogno di aggiunte ulteriori, non sarà unromanzo d’amore disperato a farne un genio. Ma è semplicementel’impossibile ciò che si chiede alla donna: non c’è salvezza perl’anima di un uomo che non ha mai imparato a vivere e ha fatto dellapoesia il sostituto integrale di un’impossibilità. […]

Page 51: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

50

Nel dire della sua necessità di respirare, cioè di vivere,Montale aggiunge che ha bisogno di sentire in lei il respiro di Dio,«l’opera della Divinità». Con ciò immediatamente smentisce ilproposito di non voler più essere poeta, perché innalzare una donna arappresentante del divino significa trasporla in un mondo alternativorispetto a quello del qui e ora, compiendo l’operazione sublimantetipica della poesia lirica, che fa della donna un oggetto assoluto einappropriabile nella sua essenza. La lirica affidata al femminino èdesiderio del lontano, dell’assenza, di ciò che non appartiene aldominio del reale per l’impossibile costituirsi dell’altro in quantoaltro. Non a caso la parte più cospicua e poeticamente più alta delleOccasioni, dai mottetti del ’38 alla grandi liriche immediatamentesuccessive, nasce nella previsione e poi nella certezza della perditairrimediabile di Irma: è proprio quando le dichiara di essere «unuomo finito» che la poesia rinasce. Nella speranza di poter fare dellaragazza americana la propria compagna di vita, già nel ’34 Montaletentava di separare quel progetto di vita comune, sentito come unicapossibilità di riscatto dai deficit esistenziali, dalle tentazioni dellapoesia: «Devo essere tanto onesto da non gingillarmi nel mondodella luna e di non considerare una donna unica come te qualesemplice pretesto per scriverei sopra un’elegia o un cuttle-fish-bone»(come era successo per le donne fino a quel momento entrate nelnovero delle ispiratrici). Ma sarà proprio l’unicità di Irma, il suoruolo di figura non immaginaria di salvezza, a farne l’ispiratrice piùalta: l’eccezionalità dell’incontro predispone di per sé all’immediataelevazione della donna al ruolo di annunciatrice di un altro ordine.Dice Jorge Luis Borges che il poeta «rappresenta il caso di un uomoil quale si propone un fine che non è vietato agli altri, ma a luisoltanto». Il fine che il poeta, come tutti gli uomini, si propone èsemplicemente quello di vivere e di amare, ma proprio ciò che aglialtri è comunemente concesso, a lui solo è vietato. Il ritrovarsi poeta,insomma, è sempre a prezzo dell’impossibile adattarsi alle richiestedel contesto esistenziale di appartenenza, per un sovrappiù diesigenze interiori che lo fanno orfano e nostalgico della Cosa che staoltre tutte le cose. […]

Nella poesia di Montale a partire dal ’40 compareinevitabilmente il tema della guerra, ma vissuto come un momentocritico dell’inevitabile male di vivere e strettamente intrecciato alla

Page 52: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

51

memoria di Clizia, che quella tragedia cosmica ha prefigurato con ilsuo dileguarsi e poi ne è diventata figura sacrificale e, insieme, dipossibile opposizione e riscatto. Il testo inaugurale di Finisterre,diventata la prima delle sette sezioni in cui si articola il terzo libromontaliano, uscito in edizione definitiva nel ’57 da Mondadori, è lalirica eponima La bufera. Quando la poesia esce per la prima voltasul settimanale milanese «Tempo», nel febbraio del ’41, reca comeepigrafe questa dedica chiaramente rivolta a Irma: «Porque sabes quesiempre te he querido ...». Nel commento al testo rilasciato a SilvioGuarnieri nel ’65 Montale dice: «La Bufera (la poesia iniziale) è laguerra, in ispecie quella guerra dopo quella dittatura (vedi epigrafe);ma è anche guerra cosmica, di sempre e di tutti» (a commento diPersonae separatae dirà anche: «Da non prendersi troppoletteralmente, qui e altrove, lo sfondo di guerra. La guerra vistasoprattutto come alterità metafisica, stato quasi permanente delleforze oscure che congiurano contro di noi. Stato di fatto quasiontologico, volgarmente le forze del male»). Ma poi il centro dellapoesia è la donna, da cui la guerra ha separato per sempre, facendosilenzio intorno a lei («il tu è per Clizia»). C’è stata una tempesta,quasi un commento meteorologico alla tempesta bellica, la grandinerende suoni di cristallo che sorprendono lei nel suo nido, dove unultimo barbaglio di luce si spegne sui mobili e lascia come ungranello di zucchero a bruciare nel guscio delle sue palpebre. Unlampo «candisce / alberi e muri» per un’«eternità d’istante – marmomanna / e distruzione – ch’entro te scolpita / porti per tua condanna eche ti lega / più che l’amore a me, strana sorella». «Marmo manna edistruzione sono le componenti di un carattere: se tu le spieghiammazzi la poesia», commenta l’autore, eludendo la richiesta piùinteressata dell’intervistatore, ma si tratta, insomma, nelcollegamento con il candore del lampo, di dare rilevo alla luce biancadi cui la donna è portatrice, nella pura durezza del marmo e nellatenerezza dolce della manna, con quel segno di imperio affidato altermine «distruzione», da intendersi come condanna per il poetaabbandonato ma anche come capacità di opporsi, per un potere che latrascende, alla rovina del mondo. L’eternità d’istante di cui è inter-prete è ciò che la rileva al di là dello spazio-tempo degli umani, suacondanna per il destino sacrificale cui è chiamata e sigillo che la lega«più che l’amore» al poeta abbandonato. E non per nulla la poesia si

Page 53: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

52

chiude, dopo il riferimento alla grandine della guerra («il fremere Idei tamburelli sulla fossa fuia, / lo scalpicciare del fandango»), con ilricordo dell’addio definitivo: «Come quando / ti rivolgesti e con lamano, sgombra / la fronte dalla nube dei capelli, / mi salutasti – perentrar nel buio».

Il valico segnato dalla guerra, considerato come determinanteper la perdita definitiva di Irma, trasforma gradualmente una storiad’amore in storia sapienziale e soterica e Clizia va assumendo carat-teri opposti, angelo visitatore, creatura di luce, donna della salute maanche rappresentante di una durezza senza cedimenti («il forteimperio / che ti rapisce»), di vocazione sacrificale, persino di trattiinferi e ctoni (ma se la sua vocazione è quella di Cristofora, il sacrifi-cio arriva fino a morte e resurrezione, fino alla discesa al regno infer-nale). […]

La prima notizia dell’intenzione di pubblicare un terzo libropoetico è data da Montale nel ’49 a Contini, al quale scrive chel’intenzione potrà essere esaudita quando avrà a disposizione 40 o 42testi, come per i primi Ossi («non so perché do importanza alnumero»). Il titolo della raccolta in un primo tempo avrebbe dovutoessere Romanzo, come si ribadisce anche nel progetto a Macchia. Il’49 è un anno cruciale nella vicenda esistenziale e poetica di Montaleperché segna la data dell’incontro con Maria Luisa Spaziani, laVolpe, e un titolo come quello immaginato, adatto al racconto distorie d’amore, poteva alludere alla messa in scena del contrasto trale due maggiori ispiratrici, in ruoli contrapposti. Poi evidentemente,venuta meno l’intenzione di creare un’opposizione tanto marcata, èprevalso il criterio delle dissolvenze e delle sovrapposizioni, non piùl’angelo contro la creatura terrestre dall’animo volpino ma duediversi angeli, uno annunciatore di scenari salvifici oltremondani euniversali, l’altro di più umane e personali consolazioni (addiritturala sezione Silvae avrebbe dovuto, forse con la presenza di altri testi,alludere esplicitamente alla contrapposizione assumendo come titoloL’:angelo e la volpe). […]

I quindici testi che formano la sezione di ‘Flashes’ e dedicheripropongono il modello degli Ossi brevi e dei Mottetti, concomposizioni brevi e brevissime ma, a differenza di quelli, nonpresentano un nucleo ispirativo omogeneo e offrono notevolidifferenze metriche. Sono in certo senso poesie estemporanee,

Page 54: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

53

rapportate a incontri per lo più occasionati da viaggi, e fanno tutteriferimento a una figura femminile, come se il poeta non fosse ingrado di muovere un passo fuori dal cono di luce proiettato dalfemminino. Nel ’48 Montale ha occasione di fare due viaggi inInghilterra, il primo su invito del Britìsh Council in compagnia diMoravia e della Morante, il secondo in estate come una specie dicorrispondente in vacanza se, da quel paese invia ariosi e divertitiarticoli al giornale da cui è stato appena assunto, pieni di simpatiaper quella «roccaforte del vero liberalismo» (andranno a far parte diFuori di casa). […] ‘Flashes’ e dediche, «che appartengono agli anni1948-54», e quindi sono del periodo successivo a quello delle Silvae(eccetto Il gallo cedrone), non prevedono la presenza di Clizia, chefa la sua ultima apparizione nella Bufera nel testo del ’47 L’ombradella magnolia ... , un vero e proprio addio alla donna che hadominato l’immaginario del poeta fino a quel momento. […]

L’epicentro della Bufera è costituito dalle Silvae, la sezioneunanimemente considerata dalla critica il vertice di tutta la poesiamontaliana. I testi sono in gran parte degli anni ’46-’47 e centrati conpoche eccezioni sulla figura di Clizia. Solo Iride è del ’44 ed è lapoesia che ha più impegnato la critica, per le difficoltà interpretativee per l’altezza lirica a cui le difficoltà danno il loro contributo.Malgrado il tributo pagato alla condizione onirica, che rende difficil-mente decifrabili alcuni particolari, il senso fondamentale è tutt’altroche oscuro e, anzi, appare del tutto dichiarato nell’affidamento alpersonaggio di Iride-Clizia di una funzione esplicitamente cristolo-gica, per la quale la donna assume su di sé il ruolo della vittimasacrificale, che si fa continuatrice dell’opera salvifica di Cristo nelmondo sconvolto dalla guerra. Il sole che incendia l’estate di SanMartino, là nella terra dove Iris-Irma è per sempre ritornata, propizial’evocazione di lei attraverso il ricordo del fuoco di un falò in cuiscoppiano pigne verdi (un rito comune più di una voltarammemorato) o lo stato di trance indotto da una pozione sonnifera,anche se il sudario che reca la traccia insanguinata del sacrificio diCristo, come il fazzoletto della Veronica, è motivo di divisionerispetto alla donna. Infatti l’io lirico si dichiara «povero Nestorianosmarrito», incapace di scegliere tra divino e umano e quindi traanima e corpo (la «rissa cristiana»), tra fede e incredulità, tra realtàmondana e oltremondo, intollerante di ogni monismo idealistico o

Page 55: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

54

materialistico, condannato a un dualismo senza scampo che esige unametafisica senza colmarla di un contenuto positivo. Il «sudario»,immagine ricorrente nella poesia montaliana, è spesso evocato comeimpedimento a vedere oltre e insieme stimolo ad eliminarel’ostacolo: a Clizia è delegata la missione cristologica a cui il poetasente di non poter partecipare.

Elio Gioanola

Page 56: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

55

MARCO BERISSO

La Neoavanguardia in Italia:storia ed esempi

Nella prima parte della lezione il prof. Berisso ricostruisce le fasi dellanascita della Neoavanguardia italiana, dall’esperienza del “Verri” diLuciano Anceschi (la rivista è fondata a Bologna nel 1956) all’antologiapoetica I Novissimi (Einaudi, 1961, a cura di Alfredo Giuliani, con testidello stesso Giuliani e di Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini, AntonioPorta, Elio Pagliarani), fino al convegno di Palermo (3-8 ottobre 1963) dacui prende vita il “Gruppo 63”. Di questo viene quindi illustratal’eterogenea composizione (fra gli originari 53 aderenti si annoveranoneorealisti in senso lato, come Del Buono, La Capria e Lucentini; reducidall’esperienza di “Officina”, come Leonetti; critici d’arte, come Tadini;pittori, come Falzoni; giornalisti, come Furio Colombo; i cinque poetidell’antologia I Novissimi; altri cinque giovani poeti, ecc.), l’assenza di unmanifesto programmatico e di un esclusivo orientamento ideologico (sifronteggiano, in particolare, le posizioni di Guglielmi e Sanguineti: per ilprimo l’avanguardia deve essere a-ideologica e a-storica, per il secondo èespressione attraverso il linguaggio un’ideologia). Generale è invecel’insoddisfazione nei riguardi del rapporto in atto fra letteratura e realtà, nelcontesto dell’Italia degli anni ’50-’60, teatro di cambiamenti radicali:urbanizzazione, industrializzazione, alfabetizzazione di massa, progressivaaffermazione di una lingua comune (grazie alla televisione), nuovi fermentipolitici (tra guerra fredda, guerra di Corea, guerra del Vietnam), nuovaindustria editoriale. Agli scrittori neorealisti, che sacrificano al contenuto laricerca formale (abbassando il linguaggio verso il livello del parlato), laNeoavanguardia oppone un’idea di letteratura che si occupi della realtà ma,al contempo, sia attenta agli elementi formali, abolendo ogni differenza tracontenuto e forma (ciò che si dice è come lo si dice), facendo interagiredialetticamente la lingua d’uso con quella della tradizione letteraria,riconoscendo dignità letteraria ad ogni codice linguistico dellacontemporaneità, ponendo in discussione il problema dell’io lirico.L’avventura della Neoavanguardia termine di fatto nel 1968, quando larivista “Quindici”, voce del “Gruppo 63”, decide di non dare più spazio aitesti letterari per occuparsi esclusivamente di politica militante (diviene lavoce del movimento studentesco).

Page 57: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

56

Nella seconda parte della lezione vengono letti e commentati tre testiesemplari della Neoavanguardia italiana: uno stralcio del poemetto Laragazza Carla di Pagliarni, la parte iniziale di Laborintus di Sanguineti eDe Magnalibus Urbis M. di Balestrini.

A completamento e approfondimento della sua lezione, il prof. Berisso ci halasciato il testo scritto che di seguito pubblichiamo.

* * *

Quella che viene definita la “neo-avanguardia” (il prefisso“neo-” serve a distinguerla dalle avanguardie storiche degli anni ’10-’20 del Novecento) in Italia ha una data di nascita abbastanzaprecisa. Nella settimana 3-8 ottobre 1963, infatti, un gruppo discrittori italiani si incontrò a Palermo a margine alla IV Settimanadella Nuova Musica per iniziare un confronto che fosse insiemeteorico e, per così dire, pratico, cioè di discussione sui testi (poetici,in prosa, teatrali). Ai lavori partecipano 34 scrittori di variaprovenienza culturale e di varia appartenenza generazionale: alcunicome Oreste Del Buono (1923, traduttore tra l’altro di narratori comeNathalie Sarraute e Michel Butor riconducibili in qualche modo alnouveau roman), Raffaele La Capria (1923) e Franco Lucentini(1920) avevano attraversato seppure con modalità piuttostoparticolari la stagione del neorealismo. La Capria era stato adesempio sceneggiatore cinematografico e collaborerà proprio il quelperiodo con Francesco Rosi per il film Le mani sulla città (uscito nel1963), ricevendo il premio Strega nel 1961 per Ferito a morte,mentre il romanzo di Franco Lucentini I compagni sconosciuti avevainaugurato nel 1951 la collana “I gettoni” diretta da Vittorini.Francesco Leonetti (1924) aveva invece fondato e redatto con PierPaolo Pasolini, Angelo Romanò, Roberto Roversi e Gianni Scalia larivista «Officina» (la prima serie data dal 1955 al 1958, la seconda,quando si aggiunge Franco Fortini alla redazione, conterà due solinumeri editi nel 1959) su cui si dovremo tornare brevemente. Altriautori presenti al convegno di Palermo provenivano da ambienticulturali solo parzialmente tangenti con la produzione letteraria: erail caso di Giordano Falzoni (1925) e Gianni Novak (1933), cheappartenevano al mondo delle arti visuali, di Alberto Gozzi (1943),

Page 58: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

57

impegnato soprattutto nel teatro, di Furio Colombo (1931) e GiulianoGramigna (1920), legati al giornalismo. Il nucleo ‘forte’ eracostituito dai cinque autori apparsi qualche anno prima (1961)nell’antologia I novissimi. Poesie per gli anni ’60: oltre al curatoredel volume Alfredo Giuliani (1923) si trattava in ordine strettamentealfabetico di Nanni Balestrini (1935), Elio Pagliarani (1927),Antonio Porta (1935) e Edoardo Sanguineti (1930). Nel complessol’età media dei convenuti non era particolarmente bassa: si va dai 43anni degli ‘anziani’ (Gramigna, Lucentini) ai giovanissimi AdrianoSpatola (ventidue anni) e Gozzi (venti anni), ma nella media essa sisitua tra i 38 e i 31 anni.

Con queste notazioni, per quanto sparse, voglio dire chel’immagine vulgata e diffusa, spesso anche nei manuali di storiadella letteratura, di un gruppo di giovani sovversivi privi di punti dicontatto con le generazioni precedenti è vera solo in parte.

I testi presentati a Palermo, come dicevo, toccavano un po’tutti i generi: la maggioranza (ed è un altro luogo comune da sfatare),diciotto, erano in realtà testi in prosa, dieci quelli in poesia e seiquelli teatrali (in coincidenza con l’incontro venne anche messo inscena uno spettacolo intitolato “Teatro Gruppo 63” composto daundici atti unici).

Il tratto più caratteristico, come accennavo, fu il carattere di unvero e proprio seminario che prese l’incontro, un seminario in cui siaffrontarono posizioni teoriche anche contrastanti e che vide lapartecipazioni di studiosi e critici nuovamente di varia provenienzaideologica, generazionale e culturale. I lavori furono inaugurati dauna comunicazione-saluto di Luciano Anceschi (1911), studioso diestetica proveniente dalla cultura tardosimbolista e poi ermetica (suala cura dell’antologia Lirici nuovi, uscita nel 1942, chesistematizzava il quadro della lirica ermetica, da Ungaretti aMontale, da Luzi a Gatto ecc.) e che qualche anno prima (1956)aveva fondato la rivista «il verri», di cui molti autori presenti aPalermo erano collaboratori più o meno costanti.

Quel dibattito, date queste premesse, fu tutt’altro che pacifico.Alla relazione introduttiva ai lavori di Angelo Guglielmi, che vedevail proprio punto nodale in un’affermazione del tipo «È caratteristicapropria dell’avanguardia rifiutarsi a esprimere una qualsiasi idea sulmondo, resistere a ogni tentazione definitoria [...]. La linea

Page 59: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

58

“viscerale” della cultura contemporanea in cui è da riconoscerel’unica avanguardia oggi possibile è a-ideologica, disimpegnata,astorica, in una parola “atemporale”» replicò immediatamente in toniaspramente polemici Sanguineti affermando che «L’avanguardiaesprime [...] la coscienza del rapporto fra l’intellettuale e la societàborghese, portata al suo grado ultimo, ed esprimecontemporaneamente, in generale, la coscienza del rapporto traideologia e linguaggio, e cioè la consapevolezza del fatto che ciò cheè proprio dell’operazione letteraria in quanto tale è l’espressione diun’ideologia nella forma del linguaggio», che è esattamente laposizione diametralmente opposta a quella espressa da Guglielmi24.

Circa un anno dopo, nel maggio 1964, i testi e buona partedegli interventi presentati a Palermo, più altri materiali, venneropubblicati da Feltrinelli, l’editore che aveva già pubblicato o era inprocinto di pubblicare molti degli autori del Gruppo.

Dopo questi pochissimi elementi introduttivi possiamo fare unprimo punto e ripartire andando un poco all’indietro. Come spero sisia capito da quel che ho detto sin qui, il Gruppo 63 e la neo-avanguardia, che con esso nella sostanza si identifica, nasconofondamentalmente come luogo di discussione centrato sul dibattitoteorico e sul confronto sui testi. Di fatto, il punto di snodo crucialerispetto alle avanguardie storiche è la diversa dinamica di definizionedelle tesi neoavanguardistiche e di riconoscimento da parte deisingoli autori in esse. Là dove le avanguardie storiche, infatti,nascevano da un manifesto che proponeva delle norme dicomportamento letterario molto dettagliate (così che, ad esempio, èesistito addirittura un Manifesto tecnico della letteratura futurista,1913) e una precisa ideologia alla quale i singoli autori erano poirichiesti di aderire esplicitamente con conseguente e intensamilitanza letteraria, la neoavanguardia non propone un manifesto,non propone nemmeno una comune posizione ben definita (nessunodei vari intervenuti si accorda se non parzialmente con le posizioniespresse da altri), manifesta semmai una volontà di frattura neiconfronti di alcune recenti esperienze letterarie italiane del secondo

24 Entrambe le citazioni da Gruppo 63. La nuova letteratura. 34 scrittori. Palermo ottobre1963, a c. di NANNI BALESTRINI e A. GIULIANI, Milano, Feltrinelli, 1964, rispettivamente pp.378 e 382.

Page 60: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

59

dopoguerra variamente poi articolata. Lo ripeto: non propone norme,semmai propone materiali di discussione.

Capire il perché di questo richiede due fulminei percorsipreliminari che ci diano il contesto in cui ci si muoveva in queglianni dal punto di vista storico-sociale e letterario.

Partiamo dal primo. Gli anni Cinquanta e poi Sessanta delNovecento sono gli anni dello sviluppo, a partire dalla ricostruzionedell’immediato dopoguerra, di un’economia apparentemente moltoflorida (quello che venne definito il boom). Questo comporta unaserie di conseguenze nel panorama socio-politico dell’Italia di queglianni. In primo luogo si assiste ad un progressivo sviluppo dellegrandi aree urbane (Roma e soprattutto il cosiddetto triangoloindustriale, Milano, Torino e Genova) che comporta una espansionedel tessuto urbanistico delle città ed un parallelo e progressivoridimensionamento di quello rurale e contadino. L’Italia insomma, inquegli anni e per la prima volta, si avvia a diventare una nazioneindustriale. Questa trasformazione comporta però anche unaconseguente mutazione del tessuto sociale, con una espansioneprogressiva della componente operaia, e una conseguente dinamicadi rivendicazioni nel campo del lavoro e della scuola (anche incoincidenza di un quadro internazionale che, nel contesto dellacosiddetta guerra fredda tra USA e URSS e delle guerre di Coreaprima e del Vietnam poi, vedeva sorgere movimenti politici semprepiù ampi e seguiti): tutto questo sfocerà alla fine del decennio con larivolta studentesca del 1968 e con il cosiddetto “autunno caldo”,ossia con le lotte operaie, del 1969.

Parallelamente a questi elementi, gli anni Cinquanta-Sessantasi caratterizzano anche per alcuni forti elementi di tipo piùspecificamente culturale. Sono questi gli anni, infatti, in cui si assistead uno sviluppo accelerato dell’alfabetizzazione di massa, grazieanche alla progressiva espansione dell’obbligo scolastico. E semprein questi anni si sviluppano anche i mass media (nel 1954 nasce latelevisione). Questo (insieme ad altri elementi che adesso nonpossiamo nemmeno toccare di sfuggita) porta ad una progressivaunificazione linguistica dell’Italia che, piano piano, determina ilconseguente abbandono dei dialetti a vantaggio di una lingua

Page 61: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

60

condivisa. Non è un caso che proprio in questi anni Pasolini parli,seppure un po’ polemicamente di “nuova questione della lingua”.

Il dopoguerra è anche il periodo in cui si sviluppa un’editoriabasata su progetti culturalmente “forti”: questo vale per Einaudi e poiper Feltrinelli, che viene fondata proprio negli anni Cinquanta, maanche seppure in modo diverso per Bompiani, Rizzoli, Mondadori. Esempre in questo torno di tempo si assiste a un visibile sviluppo delletecnologie con un conseguente interesse (anche di massa) neiconfronti delle scienze (questo atteggiamento viene da noi in Italiaintelligentemente filtrato da Italo Calvino).

Se passiamo agli elementi più propriamente letterari, vasottolineato subito che la produzione dei due decenni Cinquanta-Sessanta è caratterizzata da una sorta di reazione alle forti limitazioniimposte a partire dagli anni Venti dal fascismo. Si sviluppa così neitardi anni Quaranta e si perfeziona negli anni Cinquanta una nuovanarrativa, legata soprattutto (ma non solo) alle recenti vicende dellaguerra e della Resistenza. Si tratta insomma di quel fenomenogenericamente definito “neorealismo”, che fu inizialmentecinematografico ma che poi si espanse anche nelle altre arti,soprattutto letteratura e pittura. Per restare all’ambito letterario, lanarrativa neorealista era di fatto una narrativa fortementeideologizzata (ma anche qui con spinte centrifughe: ho nominatoprima Calvino, si potrà aggiungere almeno anche Beppe Fenoglio).La letteratura veniva vista come strumento di mediazione di unapresa di posizione ideologica: vi era un rifiuto di ogni tipo di ricercaformale e stilistica, o al limite si assisteva a volontari abbassamentidella lingua verso il parlato se non addirittura verso il dialetto.Questo, naturalmente, facendo un discorso molto a grosse linee e nondimenticando la presenza di figure eccentriche (un nome su tuttipotrebbe essere quello di Carlo Emilio Gadda.

Per quel che riguarda la poesia, il discorso è invece diverso (varicordato che è esistita in effetti una poesia neorealistica, ma che inItalia essa non ha avuto una particolare rilevanza): domina qui laproduzione dei già citati lirici “nuovi”, cresciuti letterariamente tra ledue guerre e fortemente debitori della cultura simbolista francese(prima di tutto) e tedesca. Si tratta di poeti caratterizzati daun’estrema ricercatezza linguistica, dal rifiuto di ogni dimensione‘oggettiva’ e/o narrativa (è una poesia profondamente lirica) e

Page 62: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

61

caratterizzata stilisticamente da una preponderanza di elementimetaforici o analogici. Più in generale, comunque, andrà ricordatoche il rifiuto presente nella cultura e nella produzione letterarie tantoin poesia quanto in prosa di forme più o meno estreme disperimentalismo formale affonda le proprie radici anchenell’identificazione, inevitabile in Italia, tra l’avanguardie storicanostrana, ossia il futurismo, e il regime fascista, identificazione di cuisi era reso artefice e complice tutt’altro che involontario in primoluogo proprio il fondatore del movimento, Filippo TommasoMarinetti.

A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, ilprogressivo mutamento socio-culturale dell’Italia e dell’Europa haportato comunque necessariamente gli intellettuali e gli scrittorianche italiani a interrogarrsi sull’opportunità e adeguatezza deglistrumenti sin lì elaborati nei confronti della nuova realtà che siponeva di fronte a loro. In questa direzione andrà ricordata almeno lagià citata rivista «Officina» e in particolare, all’interno di essa,quanto teorizzato soprattutto da Pier Paolo Pasolini e in parte daFrancesco Leonetti. La proposta avanzata dalla rivista era quella diuno sperimentalismo che lasciasse da parte neorealismo e ermetismoscavalcandoli, per così dire, all’indietro, in direzione di un recuperodella tradizione poetico-letteraria ottocentesca e al limite primissimonovecentesca (non per nulla il primo numero della rivista si aprivacon uno scritto di Pasolini su Pascoli). Questo sperimentalismoavrebbe pertanto dovuto fondere le tematiche contemporanee ad unasorta di ‘oggettività’ letteraria. Si trattava in buona sostanza di untentativo a tratti confuso e velleitario, non immune da contraddizioni(sulle pagine della rivista venivano di fatto spesso ospitati autoricome Mario Luzi che di certo non collimavano col ritratto propostodalla redazione ma che godevano di buoni rapporti con Pasolini),fondamentalmente provinciale (come noterà subito Franco Fortini sindai primi momenti della sua collaborazione). Ma nonostante quest laproposta neosperimentalista finirà con il cooptare autori comeAlberto Arbasino, Sanguineti, Pagliarani o Massimo Ferretti che poiin varia misura intersecheranno la neo-avanguardia.

Se vogliamo trovare un punto di distacco fortissimo, semmai,sta proprio nel fatto che i giovani scrittori di quegli anni che poiavranno rapporti con il Gruppo 63 si sentivano fondamentalmente

Page 63: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

62

scrittori europei: di fatto essi recupereranno, quasi sempre tramiteletture di prima mano (molti degli autori della neoavanguardia, daEnrico Filippini a Angelo Maria Ripellino e allo stesso Giulianiebbero anche un’intensa attività di traduttori), e faranno circolare neldibattito di quegli anni quell’ampia fetta di cultura europea (francesee inglese principalmente) che negli anni del fascismo era rimasta perbuon parte interdetta. Queste nuove letture si indirizzarono anche esoprattutto verso nuovi temi di discussione che non necessariamenterinviavano alla cultura letteraria: dall’antropologia allostrutturalismo, dalla semiotica alle nuove discipline filosofiche. Nona caso è risultata centrale la mediazione di Anceschi, studioso dicaratura e frequentazioni europee e che non a caso decise di dareun’impronta decisamente internazionale al «Verri».

Il vero punto di svolta è in questo senso la già citata antologiaI Novissimi, uscita nel 1961 (la citerò però dalla riedizione Torino,Einaudi, 1977). Si tratta di un libro abbastanza anomalo per glistandard del genere ‘antologia militante’, nel senso che si presentapiù con le caratteristiche di un testo ‘di studio’ che di un sempliceinsieme di poesie. Dopo un’introduzione di Alfredo Giuliani (cui siaggiungeranno, nelle edizioni successive, delle Premesse datate almomento della nuova pubblicazione), seguono infatti cinque sezioniantologiche in ordine neutramente alfabetico, che presentano oltre auna scelta del già edito anche testi (non molti però) inediti. Ognitesto è dotato di note esplicative, sempre di Giuliani (ma che, comeormai si sa, sono state scritte con la collaborazione dei singoliautori), che mirano a fornire un’interpretazione generale del singolotesto o sequenza di testi, gli eventuali riferimenti intertestuali ecc.All’antologia segue poi una sezione intitolata Dietro la poesia checontiene sei scritti di poetica (uno per ogni autore, ma di Sanguinetice ne sono due), datati tra il 1959 al 1961. Insomma, come si capisce,un apparato di commenti e spiegazioni non da poco, che dovevaservire da un lato a rendere relativamente più fruibile una poesia chesenza dubbio si presentava tutt’altro che semplice, soprattutto per ilettori di quegli anni, dall’altro doveva giustificare le radici culturali,letterari, ideologiche ecc. che stavano dietro alla produzione testualelì antologizzata. Il titolo (pare indicato da Sanguineti) aveva unvoluto doppio significato: da un lato indicava infatti la qualità,

Page 64: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

63

appunto, di ‘novità’ estrema dei testi lì presentati, anche inconnessione e consecuzione con quei Lirici nuovi che primaricordavo. Dall’altro lato, però, il titolo alludeva anche ad una sortadi punto definitivo d’arrivo, ad una convinzione che la poesia comeera stata concepita sino ad allora non era più possibile (i novissimi,infatti, nel linguaggio sacro, sono i segni che preluderanno alGiudizio Finale).

L’introduzione di Giuliani è importante per capire alcuni puntiche torneranno nella discussione del Gruppo 63 soprattutto, ma nonsolo, in relazione alla poesia. In questo senso possiamo trarre alcunischematici spunti di partenza che poi cercheremo di verificarevelocemente in tre testi tratti proprio dall’antologia:

1) Secondo Giuliani e i Novissimi, nell’opera contemporanea ècentrale l’equivalenza (detta rozzamente) tra aspetto formale easpetto contenutistico. Ciò che una poesia dice è, in buona sostanza,il “come” lo dice25. Da qui l’attenzione all’aspetto metrico-compositivo, agli elementi di struttura ecc.

2) La lingua poetica vive in continuo contrasto, che però èanche compresenza dialettica, da un lato con il linguaggio comune,dall’altro con quello della tradizione letteraria26. qui si tocca appuntoil problema della lingua nella contemporaneità e del rapporto tra lalingua della poesia e altri codici linguistici. Una società complessafinisce col presentare un numero maggiore di codici linguistici (averepiù cose, per dirla in uno slogan, significa avere più parole, che è unproblema in realtà già ben presente alle avanguardie storiche epersino in qualche forma a Pascoli e addirittura a D’Annunzio).

3) Fare letteratura di avanguardia significherà allora assumerein toto gli strumenti linguistici e tecnici della contemporaneità: da

25 «Se conveniamo che, in quanto “contemporanea”, la poesia agisce direttamente sulla vitalitàdel lettore, allora ciò che conta in primo luogo è la sua efficacia linguistica. Ciò che la poesiafa è propriamente il suo contenuto» (I Novissimi, cit., p. 17).

26 «La passione di parlare in versi urta, da un lato, contro l’odierno avvolgente consumo esfruttamento commerciale cui la lingua è sottoposta; dall’altro, contro il suo codiceletterario» (ivi, p. 18). E più oltre: «è in questo modo che va posto, e si pone effettivamente,il problema della tradizione: il nostro compito è di trattare la lingua comune con la stessaintensità che se fosse la lingua poetica della tradizione, e di portare quest’ultima a misurarsicon la vita contemporanea» (ivi, p. 22).

Page 65: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

64

qui l’asintassismo, legato alle tecniche visive dei massmedia, la finedella narrazione lineare, la compresenza di diversi registri ecc.27

4) Una letteratura di questo tipo assume l’«io» lirico comeproblema da risolvere, non come risorsa data. Ma non è qui inquestione la ricerca di una poesia che prescinda dall’io per farsipoesia ‘storica’ (l’obiettivo polemico principale è qui proprioPasolini e «Officina»28) ma di assumere l’io come luogo diconfluenza di tensioni (io ‘scisso’, al limite)29.

Leggiamo per concludere tre poesie (o frammenti di poesie)tratte dall’antologia e cerchiamo appunto di vedere come questipresupposti teorici si fossero poi realizzati nell’effettiva praticatestuale.

Il primo è un estratto da La ragazza Carla di Elio Pagliarani(si tratta della sesta sezione della seconda parte):

Per esempio, bisogna sentire come bestemmiache parole volgari come un uomo solamente– a Carla nausea e niente voglia di domande –oggi non mite Aldo

27 «Pochi anni e tutto è cambiato: il vocabolario, la sintassi, il verso, la struttura dellacomposizione. È cambiato il tono, è oggi altra da ieri la prospettiva implicita nell’atto stessodel fare poesia» (ivi, p. 18) e «Le tecniche della cultura di massa comportano unascomposizione mentale di cui occorre tener conto quando si vuole produrre unaricomposizione dei significati dell’esperienza [...]. Sicché, la visione “schizomorfa” con cuila poesia contemporanea prende possesso di sé e della vita presente (e che ha quali tipicicaratteri la discontinuità del processo immaginativo, l’asintattismo, la violenza operata suisegni) non ha bisogno di giustificarsi come “avanguardia”, nel senso programmatico emarginale che si suole dare a questa nozione. Saremo, se mai, al “centro” [...] di unaprecarietà che né ci esalta irrazionalmente né ci fa vergognare di essere quali siamo» (ivi, pp.19-20).

28 «Ciò che molta poesia di questi anni ha finito col proporci non è altro che una forma di neo-crepuscolarismo, una ricaduta nella realtà matrigna cui si tenta di sfuggire mediante schemidi razionalismo parenetico e velleitario, con la sociologia, magari col carduccianesimo [...].Dei poeti qui raccolti mi sembra che il solo Pagliarani si sia fatto un problema di “realismo”letterario ma [...] mai credendo un contenuto di per sé sufficiente a rinnovare la poesia» (ivi,p. 16).

29 «Due aspetti delle nostre poesie vorrei far notare particolarmente: una reale “riduzionedell’io”, quale produttore di significati, e una corrispondente versificazione priva diedonismo, libera da quella ambizione pseudo-rituale che è propria della ormai degradataversificazione sillabica e dei suoi moderni camuffamenti» (ivi, p. 21).

Page 66: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

65

quando la gatta è via i topi ballano

La signora Camilla per calmarlonon liscia il pelo giusto – con la schienache tiene su le spalle, sulla macchinaCarla china la faccia rifugiandosinei testi più veloci

«Ci sono cose che superi soltantoa letto, incastrato in una donna, e maledettoil frutto del suo grembo» – Aldo tremanon sa come sfogarsi

A third world war

FONDAMENTO DEL DIRITTO DELLE GENTI, L’ISTITUTO

DELLA GUERRA È ANTICO QUANTO GLI UOMINI: A DIRIMERE

LE CONTROVERSIE FRA GLI STATI, SIA PURE COME ESTREMA RATIO

NULLA DI PIÙ RISOLUTIVO ED EFFICACE DEL RICORSO

A CODESTO, CHE LA DOTTRINA CONFIGURA E LA PRASSI TUTELA

COME SANZIONE DECISIVA CUI SI AFFIDA

IL RIPRISTINO DELLA VIOLATA LEGALITÀ INTERNAZIONALE

– NON C’È DA FARSI ILLUSIONE, NON È TALE LEGGE SENZA SANZIONE –E LA SCIENZA SPECIFICA, I TRATTATI, DAL GROTIUS AI GIORNI NOSTRI

NE ILLUSTRANO LE RAGIONI E LA FUNZIONE (DELLA GUERRA-SANZIONE).

INOLTRE, LA DOTTRINA PIÙ RECENTE, SULLA SCORTA DEGLI ACCADIMENTI

E DELL’ESPRESSA VOLONTÀ DEI SOGGETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE,HA ELABORATO UNA NUOVA FIGURA DEFINITA GUERRA-RIVOLUZIONE

MASSIMA PRODUTTRICE, EX-NOVO, DI DIRITTO: LADDOVE LA PRIMA

RIPRISTINA, LA SECONDA CREA, MIRABILMENTE INTEGRANDOSI

IL SORGERE DELLA LEGGE E IL SUO PROSEGUIMENTO

A third world war

is nécessary, né-ces-sa-ry, go on translate my friendsporgendo il petto in fuori come un rullo e fronte durae io certo ho tradotto, che faccio il traduttore,che ce ne vuole un’altra, un’altra guerra

Ci sono anche quelli che a serasi tolgono un occhio mettendolo accantoalla scrittura di Churchill, sul comodino,

Page 67: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

66

intanto che fumano la sigaretta:è un opcchio fasullo, di vetro, ma è veral’orbita cava nel volto.

Ma farlo di giorno, in piena luce di soleper sgomentare l’amoremi vuoi bene così?

ma farlo di giorno smerciandolocome salvacondotto al tedesconon sono un uomo intero pertantopuoi fare a meno di uccidereme

che la terza guerra mondiale è necessariacon le mie parole a mel’ha fatto dire — in un angolo in silenzioPraték con gli occhi a dire sì e il beotaridanciano di Biella «Andiamo piano, signori,non scherziamo».

Lui dice pane al paneil turco è assai potentefare il furbo non gli serve a niente.

Poi, chissà perché, mai fatto prima,Aldo la segue all’uscita le offre un CampariCarla adesso rifiuta — ci ha già pensato scendendo —e invece dice di sì, a Cappellarisi prende il suo aperitivo, se lo mescolacon un po’ di vergognae in tram le gira la testa

fortuna che i tramfortuna che nei tram di mezzogiornola gente ti preme ti urta ti toccamagari ti blocca col gomitoma non ti lascia cadere.30

30 Ivi, pp. 56-58.

Page 68: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

67

La ragazza Carla è un poemetto scritto tra il 1954 e il 1957,pubblicato in un primo momento parzialmente nel 1960 sul«Menabò» e poi integralmente in volume nel 1962. L’impianto èlatamente narrativo. Diviso in tre parti, il poemetto narra le vicendedi «Carla Dondi fu Ambrogio di anni / diciassette primo impiegostenodattilo / all’ombra del Duomo» (II 1), dei membri della suafamiglia (la madre, la sorella, il cognato) e dei personaggi incontratiappunto in ufficio, dal proprietario signor Praték, che in seguito (III1) le farà un’avance convincendola ad abbandonare il posto di lavoro(salvo essere costretta a tornare su pressione della madre), ad Aldo,che abbiamo incontrato in questo passo, un giovane che si èinnamorato di lei e con cui la ragazza ha una specie di storia galante.

Lo sfondo della Ragazza Carla è quello della nuova cittàindustriale, dei ceti popolari che progressivamente prendono spazionel panorama economico degli anni Cinquanta-Sessanta senza peròriuscire ad emanciparsi dalla propria condizione subordinata,culturalmente prima e più ancora che economicamente. Nel poemettovengono narrate le dinamiche familiari di Carla, i suoi primi amori ela prima scoperta dell’erotismo e nello stesso tempo viene raccontatala città in evoluzione, il suo espandersi e mutare, il suo cambiarefisionomia economica, mentre sullo sfondo di muovono i primi segnidei grandi sommovimenti politici che sfoceranno negli anni Sessanta.

In questo senso, Carla è, in buona sostanza, una vittima e,tecnicamente, un’alienata. Non è un caso che la dedica di Pagliaranireciti così:

Un amico psichiatra mi riferisce di una giovane impiegatatanto poco allenata alle domeniche cittadine che, spesso, ilsabato, si prende un sonnifero, opportunamente dosato, chela faccia dormire fino al lunedì. Ha un senso dedicare aquella ragazza questa «Ragazza Carla»?

Ci troviamo di fronte a una materia, come si vede, che hasicuramente molti caratteri di tipo ‘neorealistico’. La differenzasostanziale che però introduce Pagliarani sta proprio nel trattamentolinguistico con cui egli aggredisce questa materia. Il suo poemettoinfatti mescola livelli stilistici, registri linguistici e materiali di varia

Page 69: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

68

provenienza, entro una struttura metrica movimentata che abbandonadecisamente le misure tradizionali. Il testo è fondamentalmente unacostruzione, dove gli elementi vengono affiancati e dove le misure diun determinato tassello dettano e condizionano anche quelle deltassello che gli sta accanto.

Prendiamo ad esempio il passo che abbiamo letto. Quipossiamo individuare le seguenti ‘voci’ che sono anche caratterizzateda una diversa connotazione stilistica e metrica:- la voce dei personaggi, Carla (sono sue le parole che aprono la

sezione e che si riferiscono al comportamento di Pratèk) e quisoprattutto Aldo;

- la voce del «turco», ossia del superdirigente della società di import-export nella cui sede italiana lavora Carla. Questa voce è mediata,letteralmente, da Aldo, che fa da traduttore e che la riferisce a Carlae alle altre impiegate (come la «signora Camilla»);

- un estratto, sottolineato dal maiuscoletto, in cui si parafrasanoalcuni elementi di valutazione giuridica sulla guerra;

- un ‘a parte’, sottolineato dal corsivo, in cui si parla nuovamentedella guerra ma, questa volta, in forma di riflessione lirica;

- un estratto narrativo, quello su cui si conclude il passo, e chefunziona da raccordo con la sezione successiva.

Pagliarani vuole qui appunto affrontare quella complessitàdella contemporaneità di cui parlava Giuliani facendo parlare lacomplessità stessa. Questi versi fortemente anti-bellici (ricordiamociche la seconda guerra mondiale era ancora ricordo freschissimo eche, di più, il poemetto è in realtà ambientato nel 1948) non sono taliperché esplicitamente condannano la guerra ma perché mostranoquasi neutramente vari tipi di manifestazione linguistica che sullaguerra vertono e li giustappone davanti agli occhi del lettore.

Dal testo tutto calato nella storia contemporanea di Pagliaranipassiamo adesso ad un testo completamente opposto, proiettato inuna dimensione di tipo simbolico-onirico. La seconda poesia che vileggo è quella con cui si apriva Laborintus di Edoardo Sanguineti:

composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinisriposa tenue Ellie e tu mio corpo tu infatti tenue Ellie eri il mio corpo

Page 70: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

69

immaginoso quasi conclusione di una estatica dialettica spiritualenoi che riceviamo la qualità dai tempi

tu e tu mio spazioso corpodi flogisto che ti alzi e ti materializzi nell’idea del nuotosistematica costruzione in ferro filamentoso lamentosolacuna lievitata in compagnia di una tenace tematicacomposta terra delle distensioni dialogiche insistenze intemperantile condizioni esterne è evidente esistono realmente queste condizioniesistevano prima di noi ed esisteranno dopo di noi qui è il dibattimentoliberazioni frequenza e forza e agitazione potenziata e altroaliquot lineae desiderantur

dove dormi cuore ritagliatoe incollato e illustrato con documentazioni viscerali dove soprattuttovedete igienicamente nell’acqua antifermentativa ma fissati adessoquelli i nani extratemporali i nani insomma o Ellienell’aria inquinata

in un costante cratere anatomico ellitticoperché ulteriormente diremo che non possono cresceretu sei sempre la mia natura e rasserenata tu canzone metodologicaperiferica introspezione dell’introversione forza centrifuga delimitataEllie tenue corpo di peccaminose escrescenze

che possiamo rotearee rivolgere e odorare e adorare nel tempo

desiderantur (essi)analizzatori e analizzatrici desiderantur (essi) personaggi ancheed erotici e sofisticati

desiderantur desiderantur31

Laborintus (scritto tra il 1951 e il 1954 e pubblicato la primavolta nel 1956) è anch’esso un poemetto, ma dai carattericompletamente diversi rispetto a quello di Pagliarani. Diviso inventisette sezioni, in esso si ripercorre (ma solo tramite allusioniabbastanza criptiche) l’amore per una figura femminile chiamataEllie (e poi, da un certo punto in poi, Lambda) che assume peròcaratteri di tipo quasi allegorico, nel momento in cui diventa anchepersonificazione dell’Inconscio e motore di un processo di tipoalchemico (è la Madre archetipica verso cui discende l’io perritrovare le proprie origini). Ma non solo: Ellie è un personaggio

31 Ivi, pp. 95-97.

Page 71: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

70

reale (secondo le parole dell’autore: «una ragazza che ho amato, eche ho perduto di vista qualche anno più tardi»), è l’incarnazionedell’eterno femminino (alla fine della sezione 22 Sanguineti scriveràche Ellie è «ELLE», cioè ‘lei’) ed è trasposizione di Eliogabalo,l’imperatore androgino che è stato anche al centro di un romanzo diArtaud molto amato da Sanguineti.

Insomma, siamo di fronte ad un nesso molto ampio di elementiculturali che però trovano la loro realizzazione nella storia, e nellastoria contemporanea. Perché tutto questo avviene attraverso ladiscesa in una Palus Putredinis (la definizione proviene dalcommento di Benvenuto da Imola alla Commedia di Dante) cheanche la palude della storia: e non per caso che qui troviamo duecitazioni («noi che riceviamo la qualità dai tempi» da Foscolo e «lecondizioni esterne è evidente esistono realmente queste condizioni /esistevano prima di noi ed esisteranno dopo di noi», da Stalin) cherinviano direttamente alla dimensione storica dei poeti e del farepoesia. Mette conto a questo proposito ricordare quanto affermaSanguineti nel saggio Poesia informale? contenuto appunto neiNovissimi. Il poeta in quell’occasione ricordava una battuta diAndrea Zanzotto il qual «giudicava degno di punizione il mioLaborintus, qualora non fosse “sincera trascrizione di un esaurimentonervoso”». A questa battuta Sanguineti ribatte, appunto: «Possorispondere che effettivamente il Laborintus si salvava nell’angoloindicato, ma con una non piccola correzione: e cioè che il cosiddetto“esaurimento nervoso” che io tentavo di trascrivere sinceramente erapoi un oggettivo “esaurimento” storico»32. In altre parole, siamoinsomma di fronte a un «io» che cerca la propria oggettività sia neltempo storico che nella astoricità delle figure archetipiche. Per farloricorre ad una lingua che si propone come assolutamente sganciatada ogni ‘poeticità’ tradizionale ma semmai ricorre ad un linguaggioipertecnico, in cui il lessico dell’alchimia si fonde con quello dellafilologia, l’italiano col latino, l’esclamazione emotiva con ilragionamento. E questa enciclopedica volontà di includere tutto ildicibile si articola in una accentuata assenza o povertà di nessisintattici (quello che è stato definito l’onirismo di Laborintus) e in un

32 Entrambe le citazioni ivi, p. 202.

Page 72: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

71

verso lungo che si muove fuori da ogni possibile richiamotradizionale.

In questa chiave possiamo leggere il terzo e ultimo esempiocon cui vorrei anche concludere questa chiacchierata. Il poeta inquestione è Nanni Balestrini:

De Magnalibus Urbis M.

Dionisa Cisqua La Pavana La Chessae 120000 uomini che stannosotterrando le acque gli archi distruggendo(li circonvolge puzzo d’eresia) belandoper un bacio tra i vasi vincerà negli affarisulla coscia di coccio sterla per natura

la didattica formica dialetticamente la moscainsieme per caso nella nebbia delle cosecon compassione spietata riconoscenza ricattacome 120000 pecore automatichecoloro che amanti erano della vitacosì da rendere insufficiente l’opera di spazzatura

nell’aria nebbiosa di un mattino sgozzatedopo 6 ore di agonia non ti guardano in facciao forse sarà un legno o frasca o altra ombriadietro i tergicristalli in agguato: non sanno nemmenochi sei (ecco quella del duca Melzi guardasigilli del) le pupille a un ideale lontano

semaforo e comprandoci ingurgitandoli tutti:però taglia alla femna la carne vergozevreche scese fitta e insistente per tuttala giornata dietro pallida i vetri succhiandoche per essi non sorge sui grattacielilividissima tellus: l’architettura è morta

le ondulazioni di frequenza si propagano da un capoall’altro e solo dopo le 23 la colonnaeretta accennò a diminuire: la biancanel 1630 visitatrice e

Page 73: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

72

col bottone sostuì un buongoverno al vecchiosulle spalle che abbandoniamo voltate all’arco

della pace fuggitivi (un bovarismo del ns.)e all’arruginito sistema spagnolo e attraversoil valico di Chiasso una città sfuggiamoavversa al mondo o verso mezzanotte sebbenepiù rada e avversi a lui gli eventi e postele sue forze al servizio continuava a scendere:

lautamente indebitato disperatamente innamoratoeliminano le notti tristi le tossinema io ho perduto la mia libertà: exigesic faciens mercedem o peggio morevirili (con lui comincia la letteratura milanese)pochissimi broughams continuarono il servizio:33

La poesia di Balestrini tratta anch’essa di Milano, come giàaccadeva con Pagliarani. Il titolo infatti rinvia al De magnalibusurbis Mediolani, un trattato encomiastico su quella città scritto nelXIII secolo da Bonvesin da la Riva. All’opera di Bonvesin rinvianoperaltro anche altri punti della poesia, come segnalava lo stessoGiuliani nelle note al testo contenute nei Novissimi (dall’allusione aisospetti di eresia sugli Umiliati del v. 4 all’evocazione del Contrastotra la formica e la mosca scritto da Bonvesin al v. 7 alle citazioni daaltre opere bonvesiniane come al v. 20 ecc.). In realtà è però l’interotesto ad essere costellato di citazioni, sino a sfiorare il collage. Cosainteressante, però, è che (come già avevamo visto con Pagliarani)non necessariamente le citazioni sono citazioni ‘alte’ e letterarie.Accanto a Bonvesin troviamo infatti la descrizione di una nevicataprelevata dall’edizione del «Corriere della Sera» pubblicata il 14gennaio 1895.

Rispetto ai due esempi che abbiamo visto prima, questo testodi Balestrini si pone per cos’ dire a metà strada. Da un lato infatti èevidente il tentativo di affrontare una realtà esterna con strumentiche, per dir così, la parlino pur senza descriverla, come abbiamovisto faceva Pagliarani. Dall’altro, però, come già in Sanguineti,

33 Ivi, pp. 161-162.

Page 74: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

73

anche qui il discorso si articola non in sequenze logicamente enarrativamente concatenate ma in un asintattismo di fatto chemescola i piani e interseca le citazioni, ponendo al lettore la necessitàdi ricostruire i frammenti, come in questo caso evidente dei vv. 26-28 (segnalo rispettivamente in corsivo e in grassetto le due frasiricostruibili): «[...] e solo dopo le 23 la colonna / eretta accennò adiminuire: la bianca / nel 1630 visitatrice [...]». Di questa sorta diorizzontalità discorsiva è traccia anche nella struttura metrica deltesto, formato apparentemente da sei strofe regolari di sei versi mache, all’interno di ciascuna di essa, vede la totale assenza di misure oritmi ricorrenti e/o riconoscibili (la strofa è semplicemente unascatola, semioticamente delimitata dal solo rigo bianco che la dividedalla successiva e/o precedente).

Marco Berisso

Page 75: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

74

MARINO BOAGLIO

Natura e simbolismo nelle Myricae di Pascoli

Dopo aver richiamato i momenti più significativi della biografia diPascoli, la sua poetica (con lettura e commento di passi de Il fanciullino), icaratteri salienti, le novità tematiche e formali della sua poesia, le lezione siè appuntata sull’analisi approfondita di due liriche fra le più note erivelatrici di Myricae: Lavandare e Novembre.

A completamento e approfondimento della sua lezione, il prof. Boaglio ciha lasciato il testo scritto che di seguito pubblichiamo.

* * *

La più alta e significativa poesia pascoliana è poesia delmistero delle cose, dell’incertezza esistenziale, dell’inquietudine.Nasce come rifiuto consapevole della concezione positivista, intesaalla celebrazione delle scienze e certa di un destino di progresso,perché sceglie una forma ‘altra’ di approccio al mondo e allaconoscenza. Pascoli non si ferma alla superficie delle cose, né credeche la realtà vera sia quella che si vede, ma va dritto in profondità,servendosi di strumenti poetici di origine simbolista quali l’analogia,l’evocazione, la suggestione, per cui il percorso del poeta sarà di tipometalogico e metazionale, come insegnavano Baudelaire, Mallarmé egli altri maestri francesi.

Certo, qua e là possiamo anche trovare – in molte sue raccolte– esempi di un ‘pascolismo’ infantile e consolante, ma si tratta dimomenti minori, in cui il poeta sacrifica ai miti della bontà e dellaconsolazione assai diffusi a fine Ottocento. Il “fanciullino”pascoliano, invece, non ha nulla di patetico e di infantile: “Egli èl’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scoprenelle cose le somiglianze e le relazione più ingegnose”, dice Pascolinel suo testo di poetica più significativo (Il fanciullino, appunto,risalente al 1897). Egli cioè rappresenta il poeta: colui che vede lecose come realmente sono, nelle loro profonde e ignote analogie, e

Page 76: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

75

che, come il primo uomo sulla terra, inventa la lingua per esprimerle,per dare loro vita e significato.

In questa direzione, insieme con il rifiuto delle concezionipositiviste e scientiste, Pascoli giunge apertamente ad esprimere ungiudizio di netta condanna anche sulla storia, cioè sulla società esull’uomo. Al mondo di ‘fuori’, alla realtà esterna umana e sociale incui dominano l’insensatezza e la violenza (a partire dal sacrificio delpadre, ucciso sulla via del ritorno mentre portava “due bambole indono” alle sue bambine), l’autore contrappone i valori istintuali del“nido” familiare, con il corollario simbolico della siepe, della nebbia,del cane da guardia. Ma il suo è un mito regressivo, rivoltoall’indietro, verso l’infanzia e, più in là ancora, verso il grembomaterno, perché il “nido” pascoliano non rappresenta il legamed’amore che si realizza nel mondo degli adulti, bensì è la famigliad’origine, in cui si è nati, con il suo oscuro e anche conturbanteviluppo di legami di sangue, di emozioni infantili, di ricordi; un nido,per di più, i cui due più sacri custodi – il padre assassinato e la madremorta di dolore – non abitano la casa di San Mauro, ma la terrabagnata del cimitero (come dice Il giorno dei morti, che non percaso apre Myricae).

L’autunno sembra rimandare a un ricorrente ‘giorno deimorti’, fra i segni concreti della natura che perde vitalità e vigore e ilsogno funebre, ossessivo. Dietro le forme e le presenze più usualidella natura autunnale, Pascoli vede trasparire un universo incerto,ambiguo, intrecciato con i giorni dei viventi e con il tempo ciclicodella Natura (non con quello lineare della storia!), ma anche popolatodi ombre e di presentimenti. Specialmente nella sua raccolta piùsignificativa, Myricae, in cui la sua sensibilità poetica si avvicina allavita dei campi per cogliervi i segni eterni e inquietanti dellasolitudine, del mistero, della dissoluzione del reale.

Myricae, dedicata alla memoria del padre, presenta una storiacompositiva di circa vent’anni, dalle 22 liriche iniziali comparse conquel titolo nel 1891 (ma composte anche molto tempo prima) allaedizione definitiva, del 1900, con la presenza di 156 liriche,suddivise in sezioni dalla rigorosa scansione strutturale. Il titolo,come noto, allude alle umili tamerici, cioè a quei piccoli arbusti chepopolano in gran numero le nostre campagne (il riferimento è quindi

Page 77: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

76

alle piccole cose della quotidianità, che devono avere diritto dicittadinanza poetica al pari dei mirti e dei lauri della tradizione alta),ma è un titolo latino, che si serve di una citazione colta (l’epigrafe ètratta dalla quarta egloga di Virgilio: “Arbusta iuvant humilesquemyricae”) per sottolineare che la poesia è un esercizio nobile e altrorispetto al comune linguaggio referenziale, quasi che Pascoli volesseaffiancare un “sublime d’en bas” al celebrato “sublime d’en haut” diCarducci e di d’Annunzio.

Nelle liriche di Myricae la vita dei campi appare come la veraprotagonista, ma non viene né storicizzata (Pascoli non ebbe mai unvero interesse per le problematiche agrarie del suo tempo) némitizzata (al contrario di quanto accade nelle Georghiche virgiliane,in cui l’otium della campagna è contrapposto al negotium eall’immoralità di Roma), e neppure viene colta nella quotidianitàdella fatica, del lavoro e dei sacrifici contadini. Assistiamo invece auna simbolizzazione estrema della Natura, che sotto le apparenzecicliche e stagionali si fa ‘voce’ di un universo ambiguo, enigmatico,frammentario, senza consolazioni né significato. La campagna (inspecie quella autunnale) rimanda alla nostra solitudine, prima ancorache a se stessa, ai suoi valori e alla sua concretezza. Per questoproprio in Myricae troviamo dei motivi inquietanti, ambigui disignificato, e un discorso mai unitario e ‘poematico’, bensì franto,volutamente dispersivo e ‘avventuroso’, con sguardi sul reale che dicontinuo si moltiplicano e si contraddicono, nell’incertezza persinodegli eventi e dei dati di fatto (degli stessi oggetti, la cui consistenzaviene corrosa e messa in dubbio).

La lingua poetica pascoliana è allusiva e analogica, al limitedel semantico (si pensi al largo uso di onomatopee, alla tessiturafonosimbolica, alla paratassi insistita). È un narrare rotto, maicompatto e logico, che procede per ‘apparizioni’ (come sotto la lucestraniata di un lampo) e per visioni ambigue, moltiplicandoall’eccesso i particolari a discapito di una salda visione d’insieme. Ilfatto decisivo è che per Pascoli il mondo è caos, non cosmos, el’esistenza umana e universale un enigma profondo. Ne dàun’esemplificazione emblematica il madrigale Lavandare, in cui iltempo autunnale si fa simbolo ed allusione di qualcosa di molto piùintimo e profondo:

Page 78: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

77

Nel campo mezzo grigio e mezzo neroresta un aratro senza buoi, che paredimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora vienelo sciabordare delle lavandarecon tonfi spessi e lunghe cantilene:

il vento soffia e nevica la frasca,e tu non torni ancora al tuo paese!quando partisti, come son rimasta!come l’aratro in mezzo alla maggese.

Il comune schema metrico (che ritorna identico in 15 delle 16liriche della sezione L’ultima passeggiata) e il tessuto armonicosommesso conducono ad una soluzione fonica piana, lineare, nonrilevata, a tutto vantaggio quindi delle immagini e degli oggetti (eovviamente della loro valenza simbolica). Siamo di fronte ad unpaesaggio autunnale, forse novembrino, dall’apparenza idillica – uncampo al tempo dell’aratura, le lavandaie al lavoro lungo un canale,nell’aria le note di una canzone popolare –, ma il quadro non èdefinito con nitidezza, né viene delineato nelle sue strutture portanti:anzi, di esse non c’è proprio traccia, per cui gli oggetti finiscono perallinearsi sulla pagina l’uno accanto all’altro, in un proprio spazioristretto, senza alcuna gerarchia di valori. Abbiamo in effettiun’istantaneità ‘assoluta’ e irrelata, scandita dalla paratassi erinforzata dai verbi, che nella prima strofa indicano una condizionedi fissità, non un’azione (“resta”, “pare dimenticato”), e nellaseconda scandiscono la ripetizione dei “tonfi spessi” e delle“cantilene”, ovvero il ritorno fonico su di sé, non un divenire di vocio di rumori.

Le due terzine rimangono separate tra loro anche a motivodelle differenti notazioni sensoriali che le connotano: l’una visiva, siapure sotto una lente impressionista, l’altra auditiva, in lontananza. Inquesto modo, Lavandare ripropone in sé, nella sua stessa strutturapoetica, la medesima frammentarietà e separatezza del reale che siprova a descrivere. La prima strofa presenta un paesaggio georgico‘alla rovescia’ (il campo è stato arato solo per metà e l’aratro èrimasto “dimenticato” nel campo ad arrugginire, contro ogni

Page 79: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

78

sensatezza e logica economica). La seconda sposta l’attenzione su unaltro elemento cardine del mondo contadino, sulla “gora”, il canale incui le lavandaie andavano a lavare i panni. Tra i due momenti nonesiste un nesso, né un trapasso di immagini o di dichiarazioni, se nonla comune esperienza della fatica umana. Sarà poi il passaggio allaquartina finale a disvelare un percorso di senso. I due punti alla finedel sesto verso introducono infatti nella lirica una voce diversa: leparole desolate di una donna abbandonata, protagonista di unacanzone popolare; ed è un inserimento imprevisto, attuato senza altramediazione letteraria che la semplice trascrizione di due stornellimarchigiani, Retorna, Amore mie (“Tira lu viente, e nevega lifrunna”, le fronde) e Quando ch’io mi partii (“Quando ch’io mi partiidal mio paese, / povera bella mia, come rimase! / Come l’aratro inmezzo alla maggese”).

Qui l’inserimento di voci popolari – costante nella liricapascoliana – raggiunge gli esiti più intensi e significativi: non è soloornamento o decorazione, né una semplice occasione ai versi, maassolve a una funzione strutturale, decisiva per la comprensionedell’intera lirica. La vicenda adombrata in essa, infatti, è quella di unabbandono, quindi di una solitudine sofferente e per di piùinspiegabile. Ormai “il vento soffia e nevica la frasca”, cioè le fogliecadono dai rami come fossero fiocchi di neve (ma si noti la delicatamelodia del verso pascoliano, impreziosita dal chiasmo e dallastruggente analogia del secondo sintagma), e quindi è giunto ilfreddo dell’autunno avanzato. La lunga stagione del lavoro èterminata, ma senza il ritorno dell’uomo amato; e da quando lui èpartito, in un giorno ormai lontano (Pascoli usa il passato remoto“partisti” sia per indicare il tanto tempo trascorso, sia per alludere altaglio secco della separazione), la donna è rimasta sola “comel’aratro in mezzo alla maggese”. Non ci è dato sapere di più; ilmistero dell’allontanamento dell’uomo non viene chiarito, népotrebbe esserlo in un mondo che in effetti è incertezza esradicamento. Non sappiamo se l’amato si sia allontanato per lavoroo per altro, se la sua lontananza sia vicina a finire o sia inveceirrimediabile, come la morte; sappiamo soltanto che quel gesto(l’abbandono) ha ferito in profondità la donna, l’ha lasciata sola einfeconda come un aratro che non serve più a nulla, perchédimenticato in mezzo alla “maggese”, ovvero a un terreno messo a

Page 80: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

79

riposo, e quindi incolto e improduttivo. L’aratura è stata interrotta ametà, senza alcun motivo, e per di più viene separata dallaseminagione, relegando il campo (e il grembo della donna) al di quadella fecondità e del mistero della continuazione della vita.

Fra la donna abbandonata, l’aratro dimenticato e la maggesesono dunque individuabili sottili rimandi di significato, ma sfumati,sottaciuti, mai espliciti, perché nella poesia pascoliana l’assunzionedi motivi collegabili in qualche modo al sesso avviene sempre inmaniera allusiva e indiretta, fra attrazione e timore, per un ritegno adire che è al tempo stesso pudore, turbamento infantile ecompiacimento dei sensi, come dimostra la bellissima lirica Ilgelsomino notturno dei Canti di Castelvecchio. Le tre strofe diLavandare rappresentano dunque i tre momenti di un’unica desolatacondizione: la solitudine, la definitiva esclusione dalla vita,risolvendosi in un trittico della separatezza e dell’incomunicabilità. Iltutto sotto un’evidente lente impressionista, tutta intessuta dirisonanze e di vibrazioni interiori, attraverso la quale Pascoli hasaputo cogliere – dietro un comune paesaggio autunnale - ladivisione delle cose e la frammentarietà dell’esistenza.

Una soluzione simile, anche se raggiunta per vie moltodiverse, è riscontrabile anche in un’altra bella myrica, Novembre,presente già nella prima edizione del 1891. Si tratta di tre strofesaffiche, formate ciascuna da tre endecasillabi e un quinario dichiusura, che in primo momento Pascoli aveva intitolato SanMartino, quale dialogo a distanza con il maestro Carducci. È un testocomplesso, stratificato, dietro una parvenza di semplicità, assaiinnovativo anche dal punto di vista metrico (si veda il verso 9:“Silenzio, intorno: solo, alle ventate”: è un endecasillabo, maspezzato, senza armonia, quasi irriconoscibile, perché diviso da trecesure in quattro porzioni metriche nettamente isolate l’unadall’altra). Possiamo intenderlo come un esempio di pastoralemoderna, con la narrazione – sempre franta e per improvviseallusioni, come nel Pascoli più grande – di un incontro-scontro con lanatura. Ma mentre nella pastorale tradizionale (si pensi almeno aTeocrito), l’incontro con la natura produceva di solito un effettoconsolatorio e ristoratore, Novembre disvela invece un universo deltutto opposto, segnato dalla disillusione e dalla morte:

Page 81: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

80

Gèmmea l’aria, il sole così chiaroche tu ricerchi gli albicocchi in fiore,e del prunalbo l’odorino amarosenti nel cuore …

Ma secco è il pruno, e le stecchite piantedi nere trame segnano il sereno,e vuoto il cielo, e cavo al piè sonantesembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,odi lontano, da giardini ed orti,di foglie un cader fragile. È l’estate,fredda, dei morti.

La lirica nacque dalla fine, come testimonia l’edizione criticadi Myricae curata da Giuseppe Nava, cioè dall’abbozzo della strofaconclusiva, che è presente fin da subito nelle minute, a sottolineareche il suo nucleo formativo risiede proprio nel simbolo dell’estate diSan Martino (quei pochi giorni di improvviso calore a metànovembre), che può illudere per un breve istante su una possibilenuova primavera, ma che poi conclude inesorabilmente nei freddidell’inverno e nella vicinanza della morte. La vita, ci dice Pascoli, èsempre e soltanto illusione e immaginazione e sogno di felicità,mentre l’unica verità, quella definitiva, è la morte, il nulla.

Anche in Novembre, come in Lavandare, la rappresentazionedella natura autunnale si svolge in tre momenti successivi, attraversofigurazioni staccate tra loro e allusive, sempre un poco enigmatiche.La prima strofa apre su un attacco dattilico (“Gèmmea l’aria”,mentre in un primo momento Pascoli aveva pensato a “gemmante”)che dà alla saffica un tono di slancio e di esultanza. “Gèmmea” è unaggettivo di lunga tradizione letteraria, rimesso in circolazione daCarducci e molto caro a d’Annunzio, a riprova che sul finire delsecolo ci fu uno scambio poetico continuo tra gli autori italiani piùsignificativi. In particolare, tra d’Annunzio e Pascoli assistiamo a unuso e riuso reciproco di immagini, di spunti poetici e soprattutto diidee e di concetti (si pensi al comune mito di Garibaldi, o al“fanciullo” divino di Alcyone che ‘colloquia’ con il fanciullino

Page 82: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

81

pascoliano); e questo dato, tra l’altro, ci dice chiaramente che lapoesia pascoliana non è poi così ‘umile’ come molti critici (e l’autorestesso, a tratti) hanno voluto indicare.

La strofa d’apertura allude quindi alla luminosità della gemma,all’intensità della luce, alla bianchezza. La parola-chiave è senzadubbio “-albo”, che ritorna più volte (“gèmmea”, “chiaro”,“prunalbo”, ovvero biancospino). Inoltre, l’albus di “prunalbo”,etimologicamente corretto, ci invita a interpretare anche l’“albi-“ di“albicocchi” come un indice di biancore e di luminosità. Certo,albicocco è vocabolo di derivazione araba (al barqūq significa “ilprecoce”, con allusione alla precocità stagionale del frutto) e nonc’entra nulla con il latino albus, ma la funzione poetica della linguaha la facoltà essa stessa di ‘creare’ dei veri e propri significati, ePascoli è un maestro riconosciuto dell’invenzione poetica – propriocome il suo “fanciullino”, che scopre nelle parole e nelle cose “lesomiglianze e le relazioni più ingegnose”.

Dopo l’esultanza iniziale, però, la seconda strofa rovesciatutto: introdotta da un esplicito “Ma” avversativo, netto e icastico,essa rivolta la luminosa attesa dei versi precedenti in una lenta,angosciosa agonia dell’assenza (con l’insistita ripetizione sillabica ela presenza, ora, dei verbi copulativi, soppressi invece nelladichiarazione di vitalità naturale della prima strofa). Dal dominio delcolore bianco si passa alla pervasività del colore nero: i rami hannoperso le foglie e i fiori e rabescano il cielo di “nere trame”, il cielostesso è privo di vita (di uccelli, ma forse anche di Dio), il terrenooscuro risuona cupo (“cavo”) al passo dell’uomo.Emblematicamente, il “prunalbo” della prima strofa è diventato“pruno”, ha cioè perso l’albus, il biancore, la luce, la promessa difelicità. E se per “terreno” vogliamo intendere non soltanto il suolo,ma anche le ‘cose terrene’, umane, per simmetria il “sereno” (ilcielo) sarà “vuoto” non solo di uccelli, ma anche di un Dio salvificoe datore di senso alla nostra esistenza. Per cui il rimpianto diventeràteologico, da ‘ornitologico’ quale era in un primo momento (e alloracielo, come annota Anthoni Oldcorn, significherà “heaven e nonsemplicemente sky”).

Per tale via, allusiva e simbolica, Pascoli coglie la vanità deltutto, delle cose della terra come di quelle del cielo, lungo unaprospettiva di inarrestabile e definitiva disillusione. La terza e ultima

Page 83: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

82

quartina si apre infatti su di un sostantivo isolato, “Silenzio”, cheanche per tale ‘assolutezza’ si accampa sulla pagina come totale,infinito. L’unico lontano rumore, ma quasi impercettibile (“un caderfragile”), è quello delle foglie autunnali che si staccano dai rami,lasciandoli nudi e spogli. Siamo qui, con tutta evidenza, a uno deitopoi più fortunati della letteratura occidentale, dall’Omerodell’Iliade (“Come le generazioni delle foglie, così sono quelle degliuomini”) al Dante dell’Inferno (con la celebre similitudine del cantoIII: “Come d’autunno si levan le foglie / l’una appresso de l’altra, finche ’l ramo / vede a la terra tutte le sue spoglie, / similemente il malseme d’Adamo …”), fino a Pascoli e oltre, quando, in pienoNovecento, sul fronte carsico Ungaretti riprenderà quella figura diconsunzione e di morte per individuarvi il destino degli uomini inguerra (“Si sta / come d’autunno / sugli alberi / le foglie”, Soldati).

La parola-chiave è ora “lontano”, un aggettivo molto caro alpoeta, perché indica in primis una lontananza misteriosa, simbolicapiù ancora che fisica e geografica. La ‘voce’ delle foglie che cadonoviene dall’altrove, forse dal regno dei morti, come sembra indicare lachiusa della lirica, che con raffinatezza retorica (un doppio ossimoroin enjambement) e straordinaria potenza sintetica rappresenta uno deivertici della poesia pascoliana: “È l’estate, / fredda, dei morti”.

Al riguardo, Oldcorn propone una lettura interessante: con lastrofa finale di Novembre non saremmo più qui, nella campagnaautunnale, nel mondo terreno, bensì di là, nel regno ctonio dei morti,e questa dunque sarebbe proprio la loro estate: “Essere con i mortidunque vuol dire far parte della natura, far parte integrante del suoprocesso che non conosce fine, parte del suo elementare caossotterraneo, essere perciò paradossalmente in qualche modo fissi,duraturi, non più vulnerabili e perituri”. Oldcorn parla pertanto didue “tu”, presenti e contrapposti nella lirica; e se per il “tu” iniziale,ingannato dal ricordo della primavera, la finta ‘estate novembrina’ èun’illusione che va presto in frantumi, per il “tu” finale, che si èabituato al freddo ed ha scelto di condividere il destino dei morti,quella di San Martino è invece la vera estate (cioè, appunto, l’estateantifrastica dei morti)

Quella di Oldcorn è una lettura affascinante, ma ‘ottimista’ ein fondo consolante, in quanto reinserisce, sia pure per via litotica, lavita nella morte, e le dà nuova consistenza: gli uomini hanno le loro

Page 84: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

83

brevi stagioni, fugaci e ingannevoli, mentre i morti stanno sicuri,perché non hanno più da cambiare. Quindi la vera vita, perparadosso, sarebbe proprio quella dell’altrove, della buia morte. Ame pare invece che in Novembre vada sottolineato innanzituttol’aspetto desolato e inquietante della Weltanschauung pascoliana:dalle sue tre strofe, se lette in sinossi e in rispondenza tra loro,emerge infatti che l’estate di San Martino è il simbolo di una breve einconsistente illusione di vita, di biancore, di luminosità, perchéappunto è soltanto un momento effimero, sfuggente, che deve prestolasciare il posto all’“arido vero”, il quale non consisterà nel ritornosperato della primavera, bensì invece nella discesa al buio, al freddo,al ‘nero’ dell’inverno. In più, la contiguità temporale tra l’estate diSan Martino (l’11 novembre) e il giorno dei morti (il 2 novembre)permette al poeta di inserire nella chiusa della lirica la tematicafunebre e mortuaria a lui tanto cara. Il giorno dei morti, si badi bene,non va confuso con il giorno dei Santi, che il calendario liturgicocattolico celebra il 1° novembre e che è un giorno di festa e di gioia(infatti il sacerdote vi veste i paramenti bianchi della resurrezione). Ilgiorno dei morti è invece un giorno funebre, di lutto, e per Pascoli èsoprattutto il giorno dei suoi morti familiari lasciati soli a gemere trala pioggia e le intemperie del cimitero, inconsolati, stravolti,disumani.

Novembre è dunque una myrica costruita su un inganno deisensi, su un’effimera illusione di primavera che si rovescia subito einesorabilmente nelle “nere trame” dell’inverno e della morte. Comel’aratro dimenticato, la donna abbandonata e la maggese diLavandare, anche questa campagna novembrina si fa simbolo dellasolitudine, del mistero, della dissoluzione delle speranze, ovvero delsilenzio inquietante dell’esistenza.

Per questa lezione ho tenuto in considerazione i saggi Lettura di “Novembre” diAnthoni Oldcorn e Il fanciullino e la poetica pascoliana di GiorgioBarberi Squarotti(raccolti in Giovanni Pascoli, poesia e poetica, Atti del convegno di studi pascolianidi San Mauro, Rimini, Maggioli, 1984) e il mio intervento L’aratro abbandonato.Motivi autunnali nelle “Myricae” di Pascoli (su “Rivista pascoliana”, a curadell’Accademia Pascoliana, Bologna, Patron, n.10, 1998). [NdA]

Page 85: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

84

Marino Boaglio

Page 86: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

85

Appendice

RICCARDO MUSSO

Una breve storia di Albenga nell’età contemporanea

Accogliamo con piacere, in appendice ai Mercoledì letterari 2011-2012, unintervento sulla storia di Albenga in età contemporanea del dott. RiccardoMusso – noto studioso e ricercatore, archivista del Comune di Albenga,autore di numerosi saggi sulla storia ligure del medioevo e dell’età moderna– che, dopo essere stato intervistato sull’argomento dai nostri alunni, ci halasciato la sintesi scritta che qui pubblichiamo.

* * *

L’Ottocento

All’alba del 1900, in un secolo che si preannunciava foriero dieccezionali trasformazioni in ogni campo, Albenga poteva apparireancora profondamente immersa nella sua storia plurisecolare: unasonnacchiosa cittadina di provincia in cui a fatica si cominciavano ascorgere i segni del Progresso. Il viaggiatore che fosse giunto in cittàalla stazione, dopo aver percorso il lungo viale e attraversato lapiazza alberata, ingombra di carri e carretti, si sarebbe infatti trovatoimmerso in pieno medioevo, tra vicoli stretti e maleodoranti, inmaggioranza neppure pavimentati, illuminati da flebili lumi a gas;“carrugi” umidi e bui sui quali si affacciavano, spesso frammischiati,laboratori di artigiani, stalle, botteghe, caffè.

Dal 1818 la città era capoluogo di un’ampia circoscrizioneamministrativa che si estendeva su cinquantatre comuni, ripartiti frasette mandamenti (Albenga, Alassio, Andora, Calizzano, Finalborgo,Loano e Pietra): il che le aveva meritato il soprannome di “provinciadelle sette città”. Si trattava, in verità, di una provincia – tale era iltitolo riconosciutole alla sua istituzione – di modesto lignaggio,addirittura inizialmente classificata “di terza classe”, che con laLomellina e il Levante (l’odierna provincia della Spezia) aveva lasingolare caratteristica di non essere neppure sede del tribunale civile

Page 87: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

86

e penale, stabilito invece a Finalborgo, dove sarebbe rimasto sino al1927. Il privilegio di essere capoluogo provinciale aveva portatoall’insediamento in città di tutta una serie di uffici statali, con unconsiderevole (per il tempo) afflusso di ufficiali, funzionari eimpiegati da altre province del regno, spesso con le loro famiglie alseguito, i quali avevano contribuito a smuovere un po’ il climacittadino. Questo a cominciare dalle due supreme autoritàprovinciali: il Comandante, responsabile dell’ordine pubblico e dellequestioni militari e l’Intendente (o meglio Vice-intendente):rispettivamente un vecchio ufficiale piemontese o savoiardo e unfunzionario appartenente sovente a qualche famiglia della piccolanobiltà subalpina, dedita da generazioni al servizio della dinastiasabauda.

Fino al 1842 la provincia di Albenga aveva fatto parte dellaDivisione di Genova, ma in quell’anno – nel quadro di una riformavolta a ridurre i costi dell’amministrazione - essa era stata trasferitaalla neo-istituita Divisione di Savona (con relativa promozione aintendenza di II classe). Questo fino al 1859, quando la cosiddettalegge Rattizzi modificò radicalmente la situazione, destinata arimanere sostanzialmente invariata sino al Fascismo. Divisioni eIntendenze infatti scomparvero, per essere sostituite da province ecircondari, così che Albenga – divenuta circondario – si trovò ora adipendere dalla provincia di Genova, senza però che questocomportasse una riduzione delle competenze attribuiteall’Intendente, salvo un cambio di denominazione: dapprima Vice-intendente e, dal 1863, finalmente Sottoprefetto.

Il fatto di essere divenuto capoluogo di provincia fu a lungo, aben vedere, la sola novità e il solo fatto particolarmente rilevantedella storia cittadina dell’Ottocento. Nonostante l’apertura nel 1821della strada litoranea già progettata durante il dominio francese,Albenga aveva infatti continuato a vivere secondo ritmi secolari, inuna sostanziale chiusura in se stessa, proseguendo sulla via di unlento e progressivo declino, testimoniato dalla costante diminuzionedemografica e da un impoverimento generale. La popolazione delcomune, che in epoca napoleonica superava ampiamente le 5.000unità (2.100 delle quali residenti entro la cinta muraria) sessanta annidopo, nel 1863, contava appena 4.100 abitanti, con un decremento diquasi il 20% rispetto al modesto progresso che si era avuto nei primi

Page 88: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

87

trent’anni del secolo quando, con il ritorno della pace dopo la buferanapoleonica, si erano poste le basi per un miglioramento generaledella situazione. A contribuire al calo, oltre a ben tre successiveepidemie di colera (1835, 1837, 1854) che avevano mietutonumerose vittime, era stata un’eccezionale serie di annate di magriraccolti, in particolare per quanto riguarda la produzione dell’olio,all’epoca la voce senz’altro importante dell’economia ingauna; a ciòsi era poi aggiunto negli anni ’60 il flagello della filossera, unparassita che aveva praticamente distrutto i vigneti, facendoscomparire vitigni secolari e azzerando la produzione vinicola perdecenni. Per sfuggire alla povertà, decine e decine erano stati icontadini della piana che avevano lasciato le loro case per cercarefortuna altrove: dapprima nella Francia meridionale poi, dalla metàdel secolo, verso il Sud America, soprattutto in Argentina e Uruguay.

In questo quadro di desolazione il Risorgimento aveva avutoin Albenga ben scarso eco, nonostante la città fosse sede diimportanti istituzioni culturali come il Collegio Oddo e il Seminario,dove tra il corpo insegnante si annoveravano docenti di notevolicapacità e che erano frequentati da alunni provenienti da tuttal’ampia diocesi ingauna. Sebbene manchino su questo periodo studispecifici, l’esame della documentazione d’archivio sembradimostrare come il moto risorgimentale sia stato vissuto di riflesso e,in certa misura, “subito”. Anzi, avvenimenti come la concessionedello Statuto nel marzo 1848 e il successivo inizio della guerracontro l’Austria furono occasione per disordini che nulla avevano ache fare con la lotta per l’indipendenza; tumulti che erano culminatiin una invasione ben poco pacifica del centro cittadino da parte deicontadini della piana, furibondi per l’aumento della gabella del vino,disposta per far fronte alle crescenti richieste finanziarie da parte delgoverno.

Albenga, dove esisteva un consistente ceto di proprietari,nobili e borghesi di buon livello culturale, non produsse – per quelche si sa – un solo mazziniano o un solo garibaldino. Lapartecipazione alle guerre d’Indipendenza fu esclusivamenteall’interno dell’esercito regolare e della marina regia, in cui ebbero adistinguersi il capitano Carlo Arduini, caduto a Novara nel 1849, e ilcapitano di vascello Alessandro D’Aste che meritò una medagliad’oro alla presa di Ancona (1860). Anche le manifestazioni

Page 89: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

88

patriottiche che si tennero in città furono tutte, più o meno, frutto nongià di spontanee iniziative, ma organizzate o, quanto meno,coordinate dalle autorità municipali o provinciali. In questo senso, sirivelò importante la Guardia Nazionale, riformata nel 1848 a tuteladell’ordine pubblico ed espressione del ceto dirigente cittadino, le cuiattività militari e sociali (esercitazioni, nomine di ufficiali, parate,concerti della banda) servirono talora da spunto per la composizionedi canti e inni poetici inneggianti all’Unità d’Italia, sempre però nelquadro di un’assoluta devozione al re ed alla dinastia sabauda.

Le ragioni di questo atteggiamento di sostanziale freddezza neiconfronti degli ideali risorgimentali devono essere ricercate nellaparticolare struttura sociale di Albenga, non soltanto ancoranettamente divisa tra città e campagna, intese come due entitàseparate e difficilmente comunicanti tra loro, ma soprattuttodominata da un ceto dirigente che in larghissima misura era lo stessoche si perpetuava da secoli al governo della cosa pubblica e di tutti inumerosi enti assistenziali, in un contesto di quasi assolutaimmobilità, tanto da vedere ancora riconosciuti (nella gestione delleopere pie, se non proprio del municipio) i diritti dei due antichi“ordini” dei nobili e mercanti e degli artefici, in cui – in anticoregime – era divisa la rappresentanza civica: “ordini” chiusi, neiquali si accedeva ormai solo ereditariamente. Si trattava di un vero eproprio patriziato che nel 1836 contava ventitre famiglie, tra primo esecondo ordine (rispettivamente dodici e undici).

Quanto pesasse questa ristretta cerchia di persone si puòverificare scorrendo l’elenco dei sindaci che si alternarono alla guidadel municipio per tutto il XIX secolo in cui ritroviamo quasi sempregli stessi cognomi: Cazulini, Ricci, Borea, Rolandi, D’Aste. Era,occorre dire, una cosa per certi versi naturale, considerato che in uncentro di poche migliaia di abitanti come l’Albenga ottocentesca,queste persone erano anche le sole in possesso di un livello diistruzione adeguato ai requisiti necessari per amministraredegnamente la cosa pubblica. Colpisce però l’assoluta continuità conil passato e la quasi completa assenza di nomi nuovi, tranne alcunisporadici casi di famiglie benestanti della piana venute a stabilirsi incittà, grazie in genere all’esercizio di qualche arte liberale, masempre con un piede ben piantato nella loro “villa” d’origine.

Page 90: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

89

Con l’Ottocento, dopo l’annessione della Liguria al Regno diSardegna, il ceto dirigente albenganese, tradizionalmente abituato avivere delle rendite ricavate dalle loro vaste proprietà terriere oderivanti da titoli di stato, aveva cominciato a intraprendere anche leprofessioni liberali e la carriera nell’amministrazione statale o nelleforze armate, ambienti fino allora poco o nulla frequentati,integrandosi rapidamente tra le file della burocrazia sabauda. In tuttii casi i patrimoni familiari della nobiltà e della borghesia ingaunenon erano comunque tali da consentire lussi particolari e neppureerano bastevoli ad affrontare radicali interventi nelle colture agricoleper renderle più redditizie. La gestione delle proprietà terriere avevacontinuato così a seguire metodi ed usi secolari, concentrandosi suproduzioni ormai in crisi come la canapa (che, messa a macerare, inpassato ammorbava l’aria di Albenga), o soggette ad unapreoccupante serie di annate negative come accadde per l’olio e ilvino a metà del secolo.

L’apertura della ferrovia, nel 1872, fu – per l’economiaingauna – un momento di svolta, non soltanto perché avvicino la cittàai maggiori centri vicini, ma soprattutto per le eccezionaliopportunità di sviluppo che essa poté offrire nel giro di pochi anni.L’amministrazione comunale ed alcuni proprietari più lungimirantiintuirono per primi che la possibilità di accedere rapidamentemediante la rete ferroviaria ai grandi mercati delle città del NordItalia, rendeva possibile una rapida commercializzazione dellaproduzione ortofrutticola della piana, già allora apprezzata per la suaqualità ma limitata per quantità e soprattutto smerciata solo in ambitolocale. A partire dalla fine degli anni ’70, gli uliveti cominciaronocosì ad essere sostituiti da frutteti e orti, e si diede mano alla bonificadei terreni verso la foce del Centa, dove, in una zona ancoraacquitrinosa, erano concentrati i campi di canapa.

Per compiere questa prima, grande conversione dellaproduzione agricola ingauna la manodopera locale si rivelò benpresto troppo scarsa, tanto che si dovette ricorrere, all’immigrazione,richiamando famiglie intere di agricoltori del Genovesato che,sfrattati dalla crescente industrializzazione e dall’espansioneurbanistica della Grande Genova, si trasferirono nella piana, siacome fittavoli sia come proprietari, investendo a condizionivantaggiose, i proventi della vendita delle loro terre d’origine. Si

Page 91: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

90

trattava di una manodopera altamente qualificata, abituata per secolia fornire ai mercati genovesi frutta e verdura di qualità, cheimpiegando i sistemi di coltivazione utilizzati negli orti della ValPolcevera, di Pegli o di Arenzano, in poco tempo bonificò etrasformò la fertile piana d’Albenga in un redditizio giardino.

Alla crescita della produzione agricola ingauna, che cominciòad essere commercializzata con buoni guadagni nei maggiori mercatiortofrutticoli del Nord, non corrispose invece uno sviluppoindustriale; anzi, alcune attività tradizionali come quella cantieristica,peraltro già da tempo in decadenza, scomparve del tutto: un esitocondizionato anche dal fatto che la costruzione della ferrovia – unasorta di sbarramento verso il litorale – rese marginali tutte quelleattività legate in qualche modo al mare. Le uniche, modeste, impreseindustriali o artigianali che si svilupparono nella seconda metàdell’Ottocento furono tutte legate alla produzione agricola: dailaboratori farmaceutici sorti in origine per la preparazione di anti-parassitari alle fabbriche di conserva di pomodoro, ai laboratori dicestai.

La ripresa economica della città, segnalata in primo luogodall’aumento della popolazione, passata in un trentennio dai 4.697abitanti del 1871 ai quasi 7.000 del 1901, comportò anche unconsiderevole sviluppo urbanistico. La città, fino allora rimastarinchiusa entro le sue mura romane e medievali, cominciò infatti adespandersi al di fuori di esse, soprattutto in direzione della stazioneferroviaria e del mare, con l’apertura di Via dei Mille e di Viale delRe (oggi Viale Martiri), una lunga passeggiata alberata, orgogliodella cittadinanza, lungo la quale sorse una serie di eleganti villette instile neo-gotico o eclettico, fatte erigere da quei membri dellaborghesia che cominciavano a sentire troppo scomode ed anguste leavite magioni all’interno del centro storico. A fare da cerniera tra ilviale e la città storica sorse la piazza XX Settembre (oggi delPopolo), anch’essa alberata e tenuta a giardino, che divenne in breveil cuore della città, circondata da caffè e altri luoghi di ritrovo.

Le rapide trasformazioni che Albenga conobbe nei decennidell’Ottocento ebbero tuttavia un forte impatto sugli equilibri socialicittadini. Con gli ortolani “genovesi” erano infatti arrivati anchepiemontesi, lombardi, toscani e, quel che è più importante, nonsoltanto contadini. ma pure negozianti, artigiani, imprenditori che

Page 92: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

91

avevano portato all’apertura di nuove attività economiche, in buonaparte legate all’agricoltura (le già ricordate industrie conserviere) oall’espansione edilizia, come le fornaci per la produzione di cementoe laterizi. Per una città da secoli chiusa in se stessa era stato unautentico colpo di frusta, che ben presto aveva comportato fortiripercussioni nella vita politica ed amministrativa del comune,mettendo in discussione il primato fino ad allora incontrastato delvecchio ceto dirigente cittadino.

Questo gruppo ristretto di proprietari terrieri e diprofessionisti, se conosceva al suo interno le inevitabili divisioni tracattolici, liberali e progressisti, si era sempre trovato alla finesostanzialmente concorde nelle scelte riguardanti la politica generaledel municipio, mirando certo a mettere al passo la città con i tempi,così da dotarla di tutte le prodigiose novità che la Scienza metteva adisposizione con crescente velocità, ma tuttavia con un costanteocchio di riguardo per il bilancio, anche a costo di dolorose rinunce.Per di più i maggiorenti che sedevano in consiglio mostravano dasempre una maggiore attenzione per le esigenze della città rispetto aquelle della campagna, in linea con la tradizionale contrapposizionetra la città e le sue ville.

A partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento il contrasto tra ilconservatorismo dei “cittadini” e le istanze di rinnovamento generalereclamato dai nuovi venuti e da quei proprietari di estrazionecontadina che erano riusciti a mettere insieme discreti capitali,esplose violentemente all’interno dell’amministrazione comunale,paralizzando di fatto la sua attività.

In linea con una tendenza presente un po’ in tutti i comuniitaliani, salvo forse nei centri maggiori, la partecipazione dei cittadiniai riti della vita politica era sempre stata assai scarsa. La cosapubblica era infatti vista, per inveterata tradizione, come un affare dipochi maggiorenti e questo non soltanto per il sistema censitario cheregolava le elezioni (ad Albenga gli elettori rappresentavano pocopiù del 10% della popolazione), quanto per la disaffezione per il votoche colpiva anche gli aventi diritto, così che l’affluenza alle varietornate elettorali era quasi sempre poco sopra il 50% e si svolgeva,per di più, tra continui sospetti di brogli e di irregolarità, giacché eraprassi normale che ad ogni elezione amministrativa si facesseropassare per elettori persone che non avevano diritto né per censo né

Page 93: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

92

per capacità intellettuali, i quali venivano “arruolati” sul campo daigaloppini dei capi-partito. Questa “massa di manovra”, capace di farpendere dalla propria parte l’esito delle votazioni era assaiconsiderevole, tanto che ad Albenga, nel 1904, si stimava “illamentato inquinamento del trenta o quaranta per cento su di unalista di circa 1400 elettori”.

Le più accese battaglie politiche albenganesi di inizioNovecento furono combattute proprio in relazione ai brogli elettoralicosì che tra ricorsi e contro-ricorsi alle superiori istanzeamministrative l’attività del comune subì continue interruzioni, conscioglimenti anticipati del consiglio, dimissioni di sindaci e reggenzeprovvisorie di commissari governativi durante le quali, per la verità,non di rado vedevano realizzarsi radicali interventi nella gestionedella cosa pubblica, liberi com’erano dai condizionamenti dellecamarille locali. Ciò almeno fino al 1912 quando, la nuova leggeelettorale introdotta da Giolitti, estese il diritto di voto a tutti icittadini (maschi) di almeno trent’anni di età, anche se analfabeti, e aquelli tra i 21 e i 30 in possesso di determinati titoli di istruzione o dicenso.

Le contese tra “cittadini” e “contadini” non erano però limitatea contrasti di tipo elettorale, ma investivano anche e soprattutto lescelte di politica generale del comune. I problemi che Albengadoveva affrontare agli inizi del Novecento erano enormi, soprattuttoalla luce del progresso che aveva investito tutta la società italiana. Lacittà era ancora, per molti versi, fortemente arretrata, priva difognature e di un acquedotto pubblico, nonostante già negli ultimianni dell’Ottocento si fosse provveduto a chiudere gli antichi pozziesistenti all’interno della cinta muraria, spesso inquinati dallenumerose stalle presenti in buona parte delle piazzette e dei vicolipiù appartati, sostituendoli con i cosiddetti pozzi “all’americana”.Ugualmente carente era l’illuminazione pubblica, ancora a gas, comepure il sistema viario, con vicoli e piazzette nella maggior parte deicasi privi di pavimentazione. Vi era poi, sempre incombente, ilpericolo di inondazioni (particolarmente devastante quella del 1886):un problema secolare a cui non si era mai riuscito venire a capo siaper errate scelte d’intervento sia per i costi altissimi che le operenecessarie per mettere in sicurezza il Centa avrebbero comportato.

Page 94: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

93

Su questi temi, per tutti i primi due decenni del secolo siscontrarono le due fazioni, ma scontri per così dire “trasversali” aidue partiti si ebbero anche in merito al progettato collegamentoferroviario diretto con il Piemonte, tra una fazione favorevole allalinea Albenga-Pieve di Teco e un’altra, forse più lungimirante, cheproponeva di unire la città a Garessio e Ceva, attraverso un traforo dapraticarsi sotto il colle di San Bernardo, con una spesa complessivadi ben 23 milioni di lire dell’epoca.

A rendere un’idea delle difficoltà vissute all’epocadall’amministrazione comunale basta osservare il rapidoavvicendarsi di sindaci e commissari prefettizi. La giunta presiedutadal sindaco Giacomo Durante, capofila del partito, per così dire,cittadino e conservatore, che reggeva il comune fin dal 1893, caddeagli inizi del 1902. Dalle nuove elezioni uscì eletto sindaco ilmarchese Nicolò del Carretto di Balestrino poi dimissionario esostituito, dopo un nuovo ricorso al voto popolare, dal generaleVincenzo Bellentani, capo dei "progressisti". La sua giunta duròpoco meno di un anno, travolta da denunce e sospetti legati allagestione del dazio comunale e a brogli nelle liste elettorali, sicché nelgennaio 1904 il consiglio fu nuovamente sciolto e venne nominatoun nuovo regio commissario nella persona del dottor GerolamoBajardi.

Nei pochi mesi di permanenza ad Albenga il commissario ebbemodo di compiere alcuni importanti interventi, di cui lasciò memoriain una dettagliata relazione data alle stampe, secondo un usoall’epoca assai diffuso. Le nuove elezioni che si tennero nel luglio diquell’anno portarono alla rielezione a sindaco di Giacomo Durante,cui successe nel 1907 Giovanni Vignola e, nel 1908, l’avv. AmbrogioNavone, liberale come il Durante, ma suo acerrimo nemico. Ilcontrasto tra Durante e Navone, spesso assai acceso, dominò la vitapolitica albenganese per oltre un decennio, alternandosi al governodel comune tra il 1904 e il 1914, con il breve intermezzo del sindacoGiovanni Vignola tra il febbraio 1907 e il giugno 1908.

Dalle prime elezioni a suffragio universale che si tennero il 7giugno 1914 risultò eletto un consiglio che non si discostava moltodal passato. Tra i 14 consiglieri rappresentanti della città, vi eranoinfatti tre medici, tre avvocati, un banchiere, un notaio, unindustriale, un veterinario, due commercianti e il rimanente

Page 95: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

94

proprietari. Il 21 giugno il consiglio elesse sindaco per la terza voltal’avv. Navone, che risultava essere solo il secondo degli eletti con740 voti (su 1767) contro i 1089 del gen. Antonio Montano, medico.La sua elezione, frutto di un compromesso tra i due partiti opposti,doveva mirare ad una conciliazione generale e già nel suo discorsod’apertura, il nuovo sindaco, appellandosi a principi “di moderazionee d’ordine” , aveva auspicato una tregua nello scontro politico,augurandosi che sugli scranni del consiglio potessero fare ritorno“quella cortesia di modi e di parole, quella urbanità e quella serenitàd’animo” che, a suo giudizio, doveva informare l’operato deiconsiglieri, ma le sue parole caddero nel vuoto.

La lotta politica cittadina, dopo una breve parentesi, ripresenuovamente vigore, tra ricorsi per ineleggibilità e denunce di brogli,tanto che il 18 febbraio 1915 il consiglio fu nuovamente scioltod’autorità e, venne inviato ad Albenga quale Regio Commissariostraordinario il conte Fecia di Cossato. Sotto la sua amministrazione,fu approvato la progettazione e il finanziamento (attraverso un mutuodi 180.000 lire) per la costruzione del primo acquedotto cittadinononché il primo regolamento edilizio. La sua permanenza ad Albengafu però estremamente breve perché già nell’estate egli diede ledimissioni per ragioni di salute, venendo sostituito dal dott. Carena,già consigliere presso la sottoprefettura di Albenga. Nominato nelsettembre, il nuovo commissario straordinario non poté checonstatare l’impossibilità di procedere a nuove elezioni, tanto più checon l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria il 24maggio precedente, le questioni di politica amministrativa localepassarono ben presto in secondo piano. Con tutta una serie di decretil’elezione del consiglio venne infatti rinviata a data da destinarsi e ilmunicipio continuò ad essere retto in via straordinaria da commissarifino al giugno 1920.

Il “commissariamento” dell'amministrazione municipale nonfu una caratteristica solo di Albenga, ma riguardò, in quegli anni, lamaggior parte dei comuni del regno, secondo una precisa lineapolitica del governo, il quale riteneva assai più pratico ed efficace, inun periodo di emergenza come quello che si ebbe in Italia fra il 1915e il 1919, mantenere il pieno controllo delle amministrazioni localiattraverso i prefetti e i loro delegati. Gli anni di guerra furono infattidurissimi; con la progressiva conversione dell'economia nazionale in

Page 96: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

95

economia di guerra, interamente indirizzata ai fabbisogni delle forzearmate, molti generi merceologici si fecero rari, fu introdotto ilrazionamento alimentare e soprattutto si fece drammatica la carenzadi carbone che, prima del conflitto, era quasi interamente importatodalla Germania e dal Belgio. Ciò comportò ad Albenga, tra le altrecose, la cessazione dell'attività del "gazometro" cittadino, il qualeproduceva il gas utilizzato per l'illuminazione attraverso unprocedimento industriale che prevedeva in primo luogo l'utilizzo delcarbone fossile. Anche l'agricoltura fu duramente colpita, soprattuttoper l'assenza di braccia da lavoro, essendo i contadini quasi tuttipartiti per la guerra. A queste privazioni, naturalmente, si aggiungevapoi l'angoscia per la sorte degli uomini andati alle armi, 59 dei qualipersero la vita sui vari fronti.

Il ritorno della pace, dopo l'armistizio del 4 novembre 1918,non significò anche un ritorno alla normalità. Un'inflazionegaloppante aveva portato ad un aumento generalizzato del costo dellavita al quale non era corrisposto un adeguamento dei salari, e anche iceti medi erano stati duramente colpiti a seguito della perdita divalore dei titoli di stato: un fenomeno che aveva mandato in rovina inumerosi enti di beneficenza esistenti sul territorio, con una gravericaduta anche sui più poveri. Vi era, poi, l'enorme problema legatoalla disoccupazione, con la riduzione dei posti di lavoro a seguitodella fine dell'economia di guerra e la necessità di trovareun'occupazione ai milioni di reduci: borghesi ed operai, masoprattutto contadini ai quali, per indurli a sopportare le tremendeprove alle quali erano stati sottoposti, si era largheggiato nellepromesse di terra e lavoro assicurato. La situazione che inveceavevano ritrovato al rientro a casa non era molto diversa da quellaprecedente la guerra, anzi se possibile era ancora peggiorata; da quiuna diffusa conflittualità sociale e, tra scioperi ed occupazionisimboliche di terre e fabbriche, la comparsa dei primi scontri trasocialisti e i gruppi di destra, nazionalisti e fascisti.

Ad Albenga dove, come detto, l'agricoltura aveva dovutosubire una dura crisi, le prime elezioni amministrative che si tennerodopo la guerra, nell'ottobre 1920, videro l'affermazione, per la primavolta, della parte “contadina” rappresentata da una lista civicamoderata capeggiata da Giovanni Toni, eletto sindaco a largamaggioranza. Primo forestiero a giungere alla guida del municipio

Page 97: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

96

(era infatti nativo di Voghera ed era il responsabile della fornace“Perseghini” di Lusignano), fu lui a dover gestire la difficilesituazione economica e politica del primo dopoguerra.

Il Fascismo

Le particolari condizioni socio-economiche di Albenga, dovemancava quasi del tutto l’elemento operaio e dove di conseguenza ilmovimento socialista (e poi comunista) contava pochi seguaci,praticamente limitati al Circolo dei Ferrovieri, fecero sì che la lottapolitica che caratterizzò gli anni 1919-22 assunse qui un caratterecomplessivamente moderato, anche se non mancarono singoli fatti diviolenza, fortunatamente di modesta entità. Rispetto ad altri centridella Riviera di Ponente, a cominciare da Savona, il Fascio diCombattimento di Albenga si formò abbastanza in ritardo, nel corsodel 1921, ad opera soprattutto dell’ on. Giovanni Celesia diVegliasco, figura di spicco della politica locale d’anteguerra (dal1903 era stato ininterrottamente deputato del collegio di Albenga,rivestendo la carica di sottosegretario ai Lavori pubblici edell’Interno), massone e nazionalista, che l’anno precedente avevaaderito al nuovo movimento divenendo uno dei personaggi diriferimento del Fascismo ligure. Fu soprattutto per merito suo chetransitarono nelle fila del partito fascista alcuni esponenti delle forzeliberali locali, primo fra tutti l’avv. Navone, più volte sindaco.

Già ad un anno dalla sua costituzione il Fascio di Albengacontava 427 associati in tutto il circondario, con una sezionefemminile in città e quattro “squadre” attive sul territorio, masoprattutto esso andava crescendo in maniera costante, trovandoproseliti un po’ in tutte le classi sociali (destò scalpore il passaggio inblocco nelle file fasciste di quattordici operai albenganesi delleferrovie, usciti dal sindacato), tanto che già nel maggio del 1921un’informativa del sottoprefetto notava come nel circondario buonaparte della popolazione apparisse ormai favorevole al movimentofascista pur non approvandone gli eccessi, con conseguentedisorganizzazione degli altri partiti, in particolare di quello socialista.

Con tutto questo, la minoranza di sinistra in consiglio continuòa farsi sentire e a difendere tenacemente le proprie posizioni,presentando più volte in consiglio ordini del giorno che accanto a

Page 98: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

97

istanze locali, proponevano anche - in parte provocatoriamente -iniziative eminentemente politiche, come fecero due consiglierisocialisti, che nel 1922 proposero ai loro colleghi una dichiarazioneche invitasse il governo a riconoscere le “repubbliche dei Soviet diRussia” e ad introdurre il commissariamento degli alloggi e una tassaprogressiva sui capitali mobili e immobili.

La presa di potere da parte di Mussolini, il 22 ottobre 1922,ebbe immediate ripercussioni anche ad Albenga. Come effetto delmutamento di governo, infatti, il 30 ottobre il consiglio municipalerassegnò le dimissioni in blocco, cosicché due giorni dopo il prefettodi Genova provvide a nominare commissario prefettizio il sindacouscente cav. Giovanni Toni, il cui primo atto fu quello di inviare aRoma, al nuovo presidente del consiglio, un telegramma nel quale,annunciando l’assunzione del governo cittadino, inviava il salutodella cittadinanza festante “inneggiante alti destini patria”,confidando “nella concordia e nell’appoggio di tutti per il bene e laprosperità della nostra Albenga”.

Le nuove elezioni amministrative, tenutesi nel gennaio 1923,videro una netta affermazione della lista fascista, che designò comesindaco il cav. Enrico Cartagenova, il quale però morìimprovvisamente dopo pochi mesi, venendo sostituito dal prof.UgoBuy, assessore anziano. Questi cambiamenti si produssero in unquadro generale di profonda crisi economica e finanziaria, chevedeva il comune sprofondare sempre più nei debiti per soddisfare lecrescenti esigenze di una società ormai in mutamento. Nel giugno1922 la società elettrica “Zambellini” aveva finalmente portatol’elettricità in città e i continui allagamenti del Centa avevano resonecessario intraprendere imponenti e costosi lavori per l’arginamentodel fiume. Il municipio, già pesantemente indebitatosi nei decenniprecedenti, dovette accendere nuovi mutui, ma la situazione siaggravò quando la Cassa Depositi e Prestiti bloccò la concessione dimutui ai comuni. L’amministrazione dovette ricorrere dapprima allebanche e poi ai privati, “tagliando” il più possibile le spese ritenutein qualche odo superflue tra cui, duole dirlo, il Regio Ginnasio.

Questi espedienti non bastarono a risanare le finanzecomunali, tanto che nel 1926, proprio per ragioni legate alla cattivaamministrazione, il consiglio comunale fu nuovamente sciolto dalprefetto di Genova, “a causa dell’irregolare, disordinata e

Page 99: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

98

manchevole azione dell’attuale rappresentanza del Comune diAlbenga”, nominando un commissario prefettizio.

Il Fascismo, intanto, andava consolidandosi sempre più alpotere e, nel quadro delle leggi che dovevano trasformare lo statoliberale in un autentico regime, furono varate tra il 1926 e il 1927alcune importanti leggi per la riorganizzazione amministrativa delregno. La più rilevante fu quella introdotta con la legge 4 febbraio1926 che, dapprima nei comuni inferiori ai 5.000 abitanti esuccessivamente in tutti gli altri, sostituì ai tradizionali organicomunali elettivi (sindaco, giunta, consiglio) un unico funzionario, ilpodestà, nominato dal re su indicazione del prefetto, nel segno di unagestione monocratica anche dell’amministrazione locale. Solo neicomuni con più di 10.000 abitanti (e ove avesse ritenuto opportuno ilprefetto) era previsto che il podestà fosse affiancato da una Consultamunicipale di almeno sei membri, designati per un terzo dal prefettoe per il rimanente “dagli Enti economici, dai sindacati e dalleassociazioni locali”, con compiti consultivi su tutte le materie che ilpodestà avesse ritenuto di sottoporgli e, obbligatoriamente, perquestioni legate al bilancio ed all’amministrazione del patrimoniocomunale.

Ad essa si accompagnò anche una profonda trasformazione alivello provinciale perché il regime, desideroso di ottenere semprepiù larghi consensi, procedette all’istituzione di numerose nuoveprovince venendo incontro ad antiche aspirazioni e fra queste vi fuanche Savona, creata con regio decreto 2 gennaio 1927,scorporandola dalla provincia di Genova. La sua creazione comportò,quale conseguenza, la soppressione dell’ormai storico circondario diAlbenga: una decisione - se vogliamo - innaturale, considerati gliscarsi legami che storicamente univano la città a Savona - ma che,seppur con rammarico, fu accolta con l’intima soddisfazione di avervisto svanire il paventato progetto di trasferire la sotto-prefetturanella rivale Alassio…

La scelta nella nomina dei podestà cadde più che supersonaggi del fascismo albenganese, complessivamente di modestalevatura intellettuale e sociale, su esponenti del tradizionale cetodirigente cittadino, secondo una precisa linea politica che il regimefascista fu attento a seguire un po’ in tutta Italia e che non di rado, sulpiano amministrativo, dette buoni risultati. Scelte simili

Page 100: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

99

comportavano tuttavia frizioni anche considerevoli con le gerarchielocali del partito fascista, non facilmente disposte ad accettareun’eccessiva autonomia decisionale da parte dei podestà, speciequando – come nel caso di Albenga – non provenivano dalle sue fila,così che non era infrequente il caso che questi si vedessero costretti arassegnare le dimissioni assai prima della scadenza del loro mandatoquinquennale, venendo sostituiti fino a nuova nomina da commissariprefettizi.

Questa fu praticamente la sorte di tutti i podestà di Albenga. Ilprimo, il conte Prospero Cepollini (entrato in carica il 21 aprile 1927,“Natale di Roma”) durò in carica poco più di due anni, e pochi mesiresistette il suo successore, l’avv. Ambrogio Navone, che il Giornaledi Genova aveva definito “uomo di vecchia e provata fede fascista,amministratore energico e sagace che fu già per lunghi anni sindaco,legando il suo nome a importanti opere pubbliche”. Le cosesembrarono cambiare nell’ottobre 1931, quando fu nominatopodestà l’avv. Luigi Costa, di estrazione liberale e neppure iscritto alpartito fascista. Egli resse il comune di Albenga per quasi sei anni,lasciando una forte impronta nella città. Il suo periodo di governo fuinfatti caratterizzato da un’intensa attività che investì un po’ tutti isettori della vita cittadina.

Sotto la sua direzione furono intrapresi importanti lavori dicanalizzazione delle acque nere, fu potenziato il servizio di nettezzaurbana e vennero portati a compimento alcune notevoli operepubbliche, a cominciare dallo stadio “del Littorio” (dedicato dopo laII guerra mondiale al partigiano Annibale Riva), affidato in gestionealla società calcistica “Albingaunia”. Nel 1936, presso il Santuario diN.S. di Pontelungo fu inaugurata la “Casa del Balilla” (oggi sede delLiceo “Giordano Bruno”), un notevole complesso architettonico instile “Novecento”, con annesse la “torre littoria” e la prima palestracoperta della città. Sempre negli stessi anni vennero costruiti i nuoviedifici scolastici di Bastia e Campochiesa (in quest’ultimo casosopraelevando di un piano la precedente casa comunale), mentre aspese del governo, poi, venne edificata, tra il 1930 e il 1932l’imponente “Caserma Piave” di Vadino (destinata ad accogliere il29° reggimento di artiglieria da campagna), cui seguirono nel 1933 idue fabbricati dell’INCIS in via Trieste (destinati ad alloggio per gliufficiali del presidio ed altri impiegati statali), l’infermeria

Page 101: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

100

presidiaria a Campochiesa (per accogliere i militari ammalati dell’ex-circondario di Albenga e della provincia di Imperia) e la nuovaStazione ferroviaria, opera dell’arch. Roberto Narducci (progettista,tra l’altro, delle stazioni di Loano e di Roma Ostiense), inauguratanell’aprile 1937.

Le cure maggiori del podestà Costa furono però rivoltesoprattutto alla cultura e in particolare alla storia ed ai monumenticittadini, che ben poca attenzione avevano meritato in precedenza daparte degli amministratori comunali. Nel 1932 fu costituita la“Società Storico-Archeologica Ingauna” con il sostegno del comunee sotto la presidenza dello stesso avv. Costa; l’anno seguente venneistituito il “Civico Museo Ingauno”, raccogliendo nell’antico palazzocomunale la ricca collezione di antichità romane e medioevaligiacenti in precedenza nel Battistero ed in altri locali attigui. Nel1935, poi, fu creato l’Archivio Storico Ingauno che, insieme allabiblioteca e al museo, venne posto sotto la direzione dell’alloragiovane prof. Nino Lamboglia, che Costa nominò direttore dell’”Ufficio di Storia, Archeologia ed Arte” del comune. Nello stessotempo erano promosse nuove campagne di scavo, che portavano, inoccasione del “Bimillenario Augusteo” del 1937, alla realizzazionedella “passeggiata archeologica” tra Albenga ed Alassio lungol’antico percorso della Via Iulia Augusta, nonché all’inizio dei lavoridi restauro e ristrutturazione dei più importanti monumenti cittadini(antico palazzo civico, torre del comune, battistero, cattedrale).

Contrasti con la segreteria politica del PNF albenganeseportarono nel 1937 alle dimissioni dell’avv. Costa che fu sostituito,dapprima come commissario prefettizio e quindi come podestà (14agosto 1938), dal dott. Paolo Amero, giovane funzionario dellafederazione agraria. Sotto la sua amministrazione, che coincise con icosiddetti “anni del consenso”, furono portati a termine alcuni tra iprogetti già delineati dal precedente podestà, come il grande edificiodelle scuole “Tommaso Paccini” (all’epoca intitolate alla principessaMaria Gabriella di Savoia) realizzato grazie a un munifico lascitoprivato e inaugurato nel 1940, l’allargamento e la sistemazione di viaD’Aste, il completamento dell’acquedotto di Bastia e della retefognaria. Al tempo stesso fu però commesso un grave scempioedilizio con la demolizione a scopi speculativi del teatro civico e diquanto restava dell’antico castello di porta Marina, costruendo al loro

Page 102: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

101

posto il grande caseggiato all’angolo tra via Genova e largoTommaso Doria. Amero fu, di fatto, l’ultimo podestà di Albengaperché dopo le sue dimissioni, nell’estate 1940, il comune fuininterrottamente retto, nei tre anni di guerra, da commissariprefettizi, tutti funzionari della prefettura di Savona.

La guerra

Nel corso del ventennio fascista Albenga aveva accentuato lesue caratteristiche di importante centro logistico-militare, soprattuttoin vista di un possibile conflitto con la Francia, così come era statonegli anni ’80 dell’Ottocento quando, negli anni della Triplice, sierano fortificati i valichi alpini ed appenninici che cent’anni primaavevano visto le prime gesta di Napoleone, realizzando nell’areaingauna i forti del Colle di Nava e lo sbarramento di Zuccarello. Dal1896 la città aveva così ospitato, nell’ex-convento di S. Bernardino(ribattezzato col nome di «Caserma Garibaldi»), un’unità militare:destinata al servizio nei forti: dapprima un battaglione del 5°Reggimento Genio minatori e successivamente un gruppo del 6°Reggimento di Artiglieria pesante. La presenza dei militari, comeaveva insegnato un’esperienza ormai pluri-decennale, aveva finitocol rappresentare un’importante fonte di guadagno per l’interaeconomia cittadina, grazie all’indotto che ne derivava: dalla fornituraquotidiana di generi alimentari per la mensa, ai servizi dimanutenzione, ai luoghi di ritrovo per gli ufficiali, le loro famiglie ela truppa (bar, alberghi, ristoranti ecc.). Per questa ragionel’amministrazione comunale molto aveva operato per otteneredall’allora Ministero della Guerra un aumento della forza militarepresente in città. Nel 1932 fu così inaugurata la “Caserma Piave” inregione Vadino, destinata ad accogliere il 29° Reggimento diartiglieria da campagna (poi 29° Reggimento di artiglieriadivisionale «Cosseria»), cui si aggiunse nel 1941, a guerra iniziata, ilvasto complesso di “caserme funzionali” dedicato nel 1943 allamemoria del sottotenente degli alpini Aldo Turinetto, albenganese,medaglia d’oro della guerra nei Balcani. Il carattere militaresco dellacittà fu ulteriormente accentuato nei mesi immediatamenteprecedenti lo scoppio della guerra, perché vi venne destinato uno deitreni armati della Regia Marina a protezione della costa, mentre fu

Page 103: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

102

potenziata la forza aerea di stanza nel “Regio Aeroporto Panero” diVillanova, dove si insediarono alcune squadriglie di caccia FiatCR42 provenienti dai gruppi di Torino e Piacenza.

Con la dichiarazione di guerra alla Francia e alla GranBretagna (10 giugno 1940) Albenga venne immediatamente atrovarsi quasi in prima linea. Le truppe che vi erano acquartierate(dal 1939 aggregate alla Divisione Modena) vennero infatti avviateal confine di Ventimiglia e nei bombardamenti contro lefortificazioni francesi oltre confine fu severamente impegnato iltreno armato di Albenga, che subì gravi perdite. Ugualmente attivifurono anche i caccia dell’aeroporto di Villanova, i quali compirononumerose incursioni sulla Provenza. A sua volta, però, la città fuoggetto delle attenzioni del nemico e se venne risparmiata dalbombardamento navale compiuto dalla flotta francese contro leinstallazioni portuali e industriali di Vado e Savona (13 giugno), trail 17 e il 18 giugno fu attaccata da alcuni idrovolanti francesi, le cuibombe danneggiarono diversi edifici della zona a mare e la caserma“Piave”, senza però causare vittime.

La rapida conclusione del conflitto contro la Francia, ormaiinvasa dagli eserciti di Hitler, allontanò per il momento pericoli piùimmediati, ma la guerra che nelle intenzioni di Mussolini dovevaessere breve e soprattutto vittoriosa, cominciò a rivelarsi più difficiledel previsto, specie quando cominciarono a giungere dai vari frontisolo notizie di sconfitte: sul fronte greco, in Libia, in Africa Orientale(interamente perduta dopo appena cinque anni dalla suaconquista…). Ancora peggio, poi, quando a queste notizie siaccompagnavano quelle relative alla sorte dei propri cari inviati acombattere in mezza Europa: 60 furono i caduti albenganesi e moltidi più i feriti e i prigionieri nel solo periodo 1940-43. Con iltrascorrere dei mesi peggiorarono anche le condizioni generali di vitae se Albenga non dovette soffrire la fame, le restrizioni riguardantivari generi di prima necessità cominciarono comunque a farsi sentire.

Nelle caserme, intanto, si erano succedute nel corso degli annidi guerra varie unità, rimanendo stabili solo i depositi del 29°Reggimento d’Artiglieria divisionale Modena e del 2° Reggimentod’Artiglieria d’Armata, al quale si era aggiunto, nella caserma“Turinetto” il Centro d’addestramento della IV Armata, in cuisottufficiali e soldati si impratichivano con il materiale bellico

Page 104: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

103

catturato al nemico e reimpiegato dal Regio Esercito. Nellaprimavera del 1943, poi, dopo la conquista alleata della Libia e dellaTunisia e nell’imminenza di un’invasione della penisola, lungo lacosta ligure di ponente, tra Ventimiglia e Loano, venne inviata la201ª Divisione Costiera e la Divisione Rovigo, che ad Albengadistaccò il 117° Reggimento di Fanteria e il 227° Reggimentod’Artiglieria divisionale, successivamente trasferiti nello Spezzino..

Furono questi i reparti che, l’8 Settembre 1943, si trovaronoad essere coinvolti nella nostra città nei drammatici avvenimentilegati all’armistizio stipulato dal maresciallo Badoglio con gli Alleatipochi giorni prima e fino allora tenuto segreto. Nel vuoto assoluto diistruzioni da parte degli Alti comandi, le unità presenti ad Albenga simisero in marcia, in una lunghissima colonna, alla volta di Mondovì,dove avrebbe dovuto riunirsi l’intera IV Armata, dispersa tra ilPiemonte, la Liguria e la Francia orientale. Giunta però al Colle diSan Bernardo i soldati italiani furono bloccati dall’avanguardia diuna divisione scelta tedesca che, dopo un breve combattimento, lifecero prigionieri e li avviarono verso i treni che dovevano condurlinei campi di prigionia in Germania. Chi riuscì a sfuggire alla catturacercò di raggiungere la propria casa ma molti, specie quelli che nonavevano modo di rientrare, si nascosero sulle montagne, dando vitaalle prime bande partigiane che si sarebbero costituite già nellesettimane seguenti all’armistizio.

Albenga fu occupata dai Tedeschi la sera del 12 settembre,dopo che per alcuni giorni, nella più totale assenza di un’autoritàcostituita, le caserme erano state sistematicamente svuotate dallapopolazione, alla ricerca di coperte, abiti, vettovaglie, ma anche diarmi che avrebbero equipaggiato i primi gruppi partigiani. Infatti,mentre sotto il ferreo controllo tedesco, il Fascismo si andavaricostituendo e Mussolini, liberato dalla breve prigionia cui era statocostretto dopo il colpo di stato del 25 luglio, poneva le basiistituzionali per la nuova Repubblica Sociale Italiana, anche le forzeanti-fasciste si organizzavano intorno ad alcuni vecchi esponenticomunisti, socialisti e di quei partiti democratici che il regime avevamesso fuorilegge per lunghi anni e che erano stati costretti alsilenzio.

La prima azione in qualche modo attribuibile ai partigiani siebbe ad Albenga già la notte tra il 28 e il 29 settembre, quando uno

Page 105: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

104

sconosciuto lanciò una bomba a mano contro un soldato tedesco diguardia al ponte sul Centa. Fu un maldestro tentativo che non ebbe(occorre dire, fortunatamente) conseguenze ma che spinse ilcomando germanico ad ordinare un immediato rastrellamento nelcentro storico, da cui furono prelevati e rinchiusi nella scuola “MariaGabriella di Savoia” circa 250 cittadini, minacciati di internamentoin Germania. L’intervento del vescovo mons. Cambiaso e delcommissario prefettizio Amari riuscì a ottenerne il rilascio, maquest’ultimo, da poco nominato e sospettato dai Tedeschi di scarsospirito collaborativo, fu in seguito arrestato ad Alassio con l’accusadi essere un “boicottatore” dell’esercito germanico e costretto arassegnare le proprie dimissioni.

L’attentato del ponte sul Centa rimase per il momento un fattoisolato, ma con l’approssimarsi dell’inverno cominciarono a farsi piùfrequenti i primi, isolati colpi di mano partigiani, ad opera sia delleSAP (Squadre d’Azione Partigiane) operanti nella piana, sia dellebande che si erano nel frattempo organizzate nell’alta val Pennavairee che nel gennaio 1944 avrebbero dato vita alla IV Brigata d’Assalto“Garibaldi”, operante agli ordini del CLN (Comitato di LiberazioneNazionale) di Imperia, alla quale l’area ingauna fu unita per tutto ilperiodo della guerra civile. Con l’intensificazione delle azioni diquesti “banditi” (come erano definiti dai comandi nazi-fascisti),autori di imprese anche eclatanti come l’attentato compiuto in pienocentro il 15 gennaio 1944, si fece sempre più violenta e spietatal’azione di repressione da parte dei Tedeschi e soprattutto dei repartifascisti che si erano insediati nelle caserme cittadine: dapprima unbattaglione della XXIV Legione della Guardia NazionaleRepubblicana e successivamente anche un distaccamento dellaBrigata Nera "F. Briatore", espressione del fascismo savonese. Apartire dalla primavera del '44 la reazione delle forze repubblicane etedesche all'attività partigiana si tradusse in rastrellamenti,detenzione di ostaggi e un sempre più frequente ricorso a fucilazioni.

Ai lutti portati dalla guerra civile si aggiunse, nell'estate, unaripresa degli attacchi dal cielo, dopo che per mesi - se più volte avevasuonato la sirena dell'allarme installata sulla torre civica - l'unicaattività aerea era consistita nei solitari passaggi di "Pippo", nome cheveniva dato ai cacciabombardieri notturni inglesi che, in voloradente, battevano il territorio del Nord Italia per azioni di disturbo.

Page 106: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

105

A partire dalla fine di giugno e per tutta l'estate, in concomitanza coni preparativi per lo sbarco alleato in Provenza, poi avvenuto il 15agosto, cacciabombardieri americani Douglas A20 colpirono piùvolte le linee ferroviarie e stradali del Ponente e ad Albengadistrussero parzialmente il ponte della ferrovia, danneggiando lastazione e il vicino Cinema Astor, oltre a varie abitazioni civili, ma -come già nel 1940 - senza creare vittime, nonostante la pochezza deirifugi anti-aerei, ricavati nelle cantine o sotto gli archi della ferrovia.

Con gli Alleati in Provenza e sotto la minaccia di una loroavanzata in direzione della Liguria, il Comando Supremo tedescodirottò nella Riviera di Ponente la 34ª Infanterie-Division,proveniente dal fronte russo, il cui comandante, generale Lieb, poseil proprio quartier generale ad Alassio. All'insediamento di questagrande unità corrispose una recrudescenza nella lotta contro ipartigiani e a partire dalla fine d'agosto si stabilirono ad Albenga unbattaglione del 239° Grenadier-Regiment e una compagnia dell'80°Grenadier-Regiment della stessa divisione che procedettero ad unaserie di vasti rastrellamenti. Al primo piano di una delle palazzineINCIS di Via Trieste si insediò il comando e un'unità dellaFeldgendarmerie, la polizia militare tedesca, e qui vennero condottidecine e decine di partigiani o presunti tali che, dopo essere statisottoposti a sevizie e torture, erano in seguito tradotti davanti ad unacorte marziale improvvisata (Standgericht) che si riuniva nelle stanzedell'Asilo "Ester Siccardi" in Viale del Re (ai tempi ribattezzato Vialedei Martiri fascisti), dove era ospitata anche la Brigata Nera. Idibattimenti, che duravano pochi minuti, si concludevano in generecon una condanna a morte. I condannati erano quindi portati alla focedel Centa ed uccisi con un colpo alla nuca. A guerra finita, da alcunefosse comuni furono riesumate 59 salme, ma si ritiene che igiustiziati dovettero essere molti di più.

Dopo i grandi rastrellamenti dell'autunno del '44 che duri colpiavevano inferto alle forze anti-fasciste, il movimento partigiano fuobbligato a ridurre progressivamente la propria attività, anche perchédebolmente supportato dagli Alleati. Con gli inizi di aprile del 1945,però, in concomitanza con il grande attacco anglo-americano inRomagna e a seguito dello sfondamento delle linee tedesche della“Linea gotica”, i partigiani, che si erano notevolmente rinforzati conil continuo afflusso di disertori dalle file dell'esercito repubblicano,

Page 107: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

106

poterono passare alla controffensiva, disturbando e spesso bloccandola ritirata delle truppe nazi-fasciste verso la Lombardia e i passialpini. Con la partenza dei tedeschi, il 25 aprile 1945, i partigianientrarono ad Albenga e insediarono una nuova amministrazionemunicipale, presieduta come sindaco da Libero Emidio Viveri delpartito comunista e composta da esponenti delle forze politiche checomponevano il CLN. A parti invertite, sui torturatori di ieri e isemplici fascisti o presunti tali si scatenò la vendetta dei vincitori,protraendo ancora per settimane e mesi gli orrori della guerra civile.

Dal dopoguerra ad oggi

Dal conflitto l’Italia usciva prostata materialmente emoralmente. Il tributo di sangue pagato da Albenga era stato pesante,con 60 militari caduti nel periodo 1940-43, 32 partigiani morti incombattimento durante la Resistenza, altri 47 fucilati perrappresaglia dai tedeschi (ma nel conto sono anche residenti in altricomuni), più un numero imprecisato di persone uccise dopo il 25aprile dai “tribunali del popolo” organizzati dal CLN all’indomanidella Liberazione o frutto di vendette private. I danni bellici accertatidal Genio Civile assommavano, nel territorio comunale, ad oltre 200milioni di lire di allora.

In un paesaggio di rovine e di miseria occorreva riprendereuna vita normale e, tra le tante cose, era necessario ritrovare il gustoper la democrazia e riabituarsi ad essa dopo più di due decenni didittatura e di guerra civile. Le prime elezioni amministrative che sitennero in città, il 31 marzo 1946, videro l’affermazione dei partiti disinistra: un orientamento che fu confermato dalle successiveconsultazioni popolari per l’elezione dei deputati all’Assembleacostituente e dal referendum costituzionale per il quale i cittadinialbenganesi si pronunciarono nettamente a favore della formarepubblicana, con 4.785 voti contro 2.640.

Furono anni duri, difficili e di questo periodo può essere unpo’ preso a simbolo il tragico naufragio della motobarca“Annamaria”, avvenuto davanti alla foce del rio Burrone il 16 luglio1947, quando un barcone a motore stracolmo di bambini tra i cinquee i tredici anni di una colonia milanese di Loano in gita all’isolaGallinara, dopo aver urtato un relitto a pelo dell’acqua, affondò a

Page 108: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

107

pochi metri dalla riva. Nonostante gli sforzi dei numerosisoccorritori, morirono 44 bambini e 4 accompagnatrici. La tragediaebbe vasta eco in tutta Italia e all’estero e ai solenni funerali incattedrale partecipò non solo la cittadinanza tutta ma migliaia emigliaia di persone giunte dalle zone vicine.

Fu solo agli inizi degli anni ’50 che cominciarono a cogliersi iprimi segni di rinascita e come già era stato nel secolo precedente, ful’agricoltura a risollevare le sorti della città. Il ripristino delle vie dicomunicazione e soprattutto l’apertura al traffico civiledell’aeroporto di Villanova rese infatti nuovamente possibile unarapida commercializzazione dei prodotti orto-frutticoli della piana e,grazie all’iniziativa di alcuni lungimiranti agricoltori, cominciarono adiffondersi le prime serre, comparse timidamente già negli anniVenti. In questo modo le primizie di Albenga (pomodori, zucchine elattughe ) e gli ortaggi di qualità come i carciofi e gli asparagiconquistarono i mercati delle grandi città e iniziarono ad essereconosciuti anche all’estero, permettendo notevoli guadagni per glialti prezzi che si riusciva a spuntare.

La necessità di manodopera da impiegare in un settore in pienaespansione come l’agricoltura in serra portò ad una nuova, grandeondata migratoria proveniente dall’Italia meridionale che, dopoquella dei “genovesi” di fine Ottocento, era destinata a mutare inprofondità la società albenganese. Il fenomeno, che ad Albenga fu inanticipo rispetto al Nord Italia, iniziò con l’arrivo dei primibraccianti in cerca di un lavoro nelle aziende agricole ma siincrementò con il successivo boom edilizio che interessò non solo lacittà ma tutta la Riviera, legato alla massiccia urbanizzazione deicentri costieri in cui cominciava a svilupparsi il turismo balneare.Dal 1951 fino circa alla metà degli anni ’70 il comune ingauno fuinteressato da un’intensa immigrazione, proveniente soprattutto daalcune zone della Sicilia e della Calabria, di dove si spostaronofamiglie intere di determinati paesi come Villalba (in provincia diCaltanisetta, non a caso oggi gemellato con Albenga), di doveproveniva il maggior numero di immigranti, seguita da Mussomeli,San Cataldo, Santa Caterina Villermosa, solo per citarne alcuni.

Il loro inserimento nel tessuto sociale ingauno e la lorointegrazione non furono né facili né rapidi e conobbero anzi momentidi grave tensione con la popolazione locale, specialmente in alcune

Page 109: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

108

frazioni, in cui la presenza degli immigrati fu più massiccia. Tuttavia,a distanza di anni e se rapportata all’ondata migratoria in atto ormaida un decennio a questa parte (e così drammaticamente attualeproprio nei giorni in cui si scrivono queste righe), quella degli anni’50-’60 appare assai meno problematica e destabilizzante, tanto daaver reso possibile un felice connubio tra usi e tradizioni diverse,come testimoniato dalla sicilianissima festa di Santa Lucia, ormaiadottata a pieno titolo dalla città.

Per effetto dell’afflusso dal Sud la popolazione crebberapidamente dai 12.269 abitanti del censimento del 1951 ai 19.814 inquello di vent’anni dopo, raggiungendo i 22.690 nel 2001. Ciò hacomportato una straordinaria espansione della città che, alla finedella guerra, appariva ancora limitata al centro murato e ai modesticaseggiati costruiti lungo i viali in direzione della ferrovia e dellazona a mare. Lo sviluppo edilizio è stato, come in tutti i centririvieraschi, assolutamente disordinato, nonostante già nel 1929 fossestato previsto un piano d’ampliamento secondo il modello delle città-giardino, caro all’urbanistica di età fascista, rimasto però sulla carta.Il primo piano regolatore vero e proprio fu varato nel 1949 ma dopomolte polemiche fu di fatto abbandonato per le diatribe tra i partiti, eanche quello successivo – approvato nel 1972 – soltanto nel 1979poté entrare in vigore. In questo lasso di tempo, la speculazione hapotuto farla da padrona, ma gli scempi di cui si rese protagonista inalcune zone, come nel quartiere a mare, a Vadino e nella zona diPontelungo, sono stati nel complesso limitati, se si guarda quantoaccaduto in altri centri vicini (si pensi ad Alassio, Andora, Borghettoo Loano): un risultato dovuto non tanto a lungimiranza da parte dicostruttori ed amministratori, quanto piuttosto al fatto che Albenga,dove tra l’altro non c’è carenza di spazio, è rimasta in larga misuraimmune dal fenomeno delle “seconde case” ad uso dei villeggianti,causa principale delle devastazioni urbanistiche che hanno subito leRiviere liguri.

Città legata tradizionalmente all’agricoltura ed al terziario,Albenga non ha infatti mai avuto una spiccata vocazione turistica,nonostante le ricchezze storiche ed artistiche del suo centro storico edel suo territorio che solo recentemente, e con fatica, si cominciano avalorizzare. L’assenza di spiagge e di un porticciolo turistico haavuto certo un peso decisivo in questo, ma le amministrazioni che si

Page 110: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

109

sono succedute nel corso dei decenni non hanno mai avutoparticolarmente a cuore il problema, tanto che appare ancora benlontano il trasferimento a monte della ferrovia, che renderebbe dicolpo usufruibile tutto l’ampio litorale. Anche le infrastrutture,nonostante i miglioramenti che si sono registrati in questi ultimidecenni (si pensi al nuovo ospedale, alle vie di scorrimento veloceverso l’entroterra, al “ponte rosso” sul Centa e, più indietro neltempo, all’autostrada), restano ancora deficitarie in molti campi, inparticolare nei collegamenti con le frazioni, soprattutto in relazioneal forte aumento del traffico pesante, determinato dall’ultima, grandetrasformazione dell’agricoltura della piana.

A partire dagli anni ’80, infatti, a seguito della forteconcorrenza di altre zone di produzione, italiane ma anche straniere,alcuni imprenditori più attenti hanno cominciato ad affiancare allatradizionale coltura degli ortaggi quella dei fiori in vaso, ottenendoun notevole successo di vendite soprattutto in Germania e negli altripaesi del Nord Europa. Margherite, ciclamini, cinerarie, gerani,ortensie e stelle di Natale (ma anche aneto e piante aromatiche)hanno così cominciato gradualmente a soppiantare porri e lattughedai primi posti della produzione agricola ingauna e ad essereesportati in tutta Europa per mezzo dei giganteschi TIR cheingombrano le strette strade di Leca o di Campochiesa. Insieme allaconversione di buona parte della produzione è andato di pari passo ilcontinuo ammodernamento delle serre, ma si è potuto anche assisteread un ritorno alle due colture più tradizionali, per secolipredominanti, cioè l’olivo e la vite, in un ottica attenta più allaqualità che alla quantità. Con meticolosa cura si è cercato così divalorizzare antiche produzioni come l’olio della piana (prodottodall’oliva Pignola, una pregiata varietà dell’oliva Taggiasca, dalgusto di pinolo) e i vini che hanno ottenuto la qualifica DOC(Denominazione d’origine controllata): Pigato, Rossese, Vermentino,Ormeasco.

Queste trasformazioni dell’agricoltura albenganese, a causaanche della scarsezza di manodopera locale, non più disposta adaccollarsi lavori di fatica e poco remunerativi, hanno attirato unanuova immigrazione, questa volta proveniente dai paesi extra-comunitari. I primi isolati braccianti nord-africani comparsi nellapiana negli anni ’80, sono stati seguiti da un crescente afflusso di

Page 111: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

110

giovani e meno giovani – quasi tutti provenienti dal Marocco, macon consistenti apporti da altre nazioni (Albania, Romania, India,Bangladesh, Algeria). Per effetto dei ricongiungimenti familiariconcessi agli immigrati con regolare permesso di soggiorno, lacomunità straniera è cresciuta notevolmente, passando dal 2,9% del2002 al 7,6% del 2008, senza tenere conto degli immigraticlandestini.

La diversità di costumi e tradizioni, soprattutto le differenzereligiose e culturali, hanno reso l’integrazione di questi nuovi“albenganesi” un problema estremamente serio, con pesanticonseguenze anche sulla sicurezza pubblica, giacché gli elementi piùgiovani, in uno strato quasi permanente di precariato e diemarginazione, sono stati e sono purtroppo protagonisti di atticriminosi, legati in particolare allo spaccio di droga. La comunitàislamica è attualmente la più numerosa del Ponente ligure e Albenga,dove è stata aperto un locale ad uso di moschea, è divenuta un puntodi riferimento per tutti i musulmani delle zone vicine, con locali enegozi destinati esclusivamente alla clientela nord-africana e ingenerale islamica.

L’inserimento di questi nuovi cittadini nel tessuto sociale (eculturale) della città rappresenta oggi, alle soglie del secondodecennio del XXI secolo, una delle sfide forse più grandi cheAlbenga, nella sua storia bimillenaria, abbia mai dovuto affrontare.

Page 112: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

111

Indice

Giorgio Airaldi, Prefazione………………………... p. 5

Giannino Balbis, Mercoledì letterari, anno quarto …. p. 9

Francesco De Nicola, La letteratura italianafra ’800 e ’900: tradizione e innovazione ………. p. 13

Giangiacomo Amoretti, La narrativa di Pirandello:oltre il Verismo ……………………………..……. p. 31

Elio Gioanola, La poesia di Montale:La bufera e altro …………………………………. p. 49

Marco Berisso, La Neoavanguardia in Italia:storia ed esempi………………………...................p. 55

Marino Boaglio, Natura e simbolismonelle Myricae di Pascoli……..………................... p. 74

Appendice

Riccardo Musso, Una breve storia di Albenganell’età contemporanea……..………................... p. 85

Page 113: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,

112

Page 114: Mercoledì letterari 2011-2012=¬-letterari2011... · I relatori della sessione del 13 aprile 2012 (Palazzo Oddo, Auditorium ... presente volume dei Mercoledì letterari 2011-2012,