Mercoledì DEL PIANETA 28 Marzo 2018 Allarme globale per il … · 2018-03-30 · "l’oro blu"...

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Allarme globale per il degrado del suolo Gli scienziati dell’Ipbes: rischiamo la sesta estinzione di massa delle specie PIETRO SACCÒ l primo rapporto mondiale sul degrado del suolo ha prodotto risultati allarmanti. In molte aree del pianeta la situazione dei terreni ha raggiunto livelli «critici», la rapi- da espansione di terre agricole e pa- scoli gestiti in maniera non sosteni- bile sono il problema principale e stanno provocando significative perdite di biodiversità e di “servizi e- cosistemici”, cioè dei benefici che la varietà dell’ecosistema offre agli es- seri umani. «Con un impatto negativo sul be- nessere di almeno 3,2 miliardi di persone, il degrado del suolo sulla superficie terrestre a causa delle at- tività umane sta spingendo il pia- neta verso la sesta estinzione di massa delle specie» ha avvertito il sudafricano Robert Scholes, scien- ziato dell’ecologia dei sistemi che ha coordinato lo studio assieme al- l’italiano Luca Montanarella, inge- gnere agronomo dal 2003 alla guida del centro di ricerca della Commis- sione europea sui dati del suolo. Il report è il primo di questo genere realizzato dall’Ipbes, la “piattafor- ma intergovernativa scientifico-po- litica sulla biodiversità e i servizi e- cosistemici” avviata nel 2012 dall’U- nep, il programma delle nazioni u- nite per l’ambiente. L’Ipbes è stata creata per condurre un lavoro di ri- cerca internazionale, autorevole e indipendente sugli effetti che l’atti- vità umana ha sugli ecosistemi sul I modello di quanto il più famoso Ipcc ha fatto per il clima. Alla rea- lizzazione di questo studio, prodot- to dopo tre anni di lavoro, hanno partecipato più di cento esperti da quarantacinque nazioni, sulla base di oltre tremila ricerche scientifiche pubblicate. Il risultato è stato rivisto da oltre duecento studiosi indipen- denti, inclusi funzionari governati- vi, e quindi approvato, lunedì scor- so, durante la sesta sessione plena- ria dell’Ipbes, a Medellìn, in Co- lombia. Ieri ne è stata pubblicata un’anticipazione, presto arriverà il documento completo. Il degrado del suolo si manifesta in modi diversi: l’abbandono di terre- ni, il declino della popolazione e delle specie selvatiche, la defore- stazione, la perdita e il peggiora- mento della salubrità del terreno, dei pascoli e dell’acqua. Dal 2014 sono stati convertiti in terre agrico- le oltre 1,5 miliardi di ettari di eco- sistemi naturali. Solo il 25% della su- perficie terrestre ha evitato di esse- re significativamente modificato dall’attività umana, quota che en- tro il 2050 si ridurrà al solo 10%. Nel- le proiezioni al 2050, gli studiosi pre- vedono 4 miliardi di persone co- strette a vivere in terre arride tra i 50 e i 700 milioni di esseri umani che non avranno alternativa a migrare. Il calo della resa dei terreni provo- cherà anche tensioni sociali. «So- prattutto nelle terre aride, dove an- ni di piovosità estremamente bassa sono stati associati a un aumento del 45% dei conflitti violenti» nota Scholes. Montanarella aggiunge che le aree più a rischio di un peggiora- mento del degrado del suolo sono l’America centrale e il Sudamerica, l’Agrica sub-Sahariana e e l’Asia. C’è un legame evidente tra le con- clusioni dell’Ipbes e quelle del- l’Ipcc. «Il degrado del suolo, la per- dita di biodiversità e il cambia- mento climatico sono tre facce dif- ferenti della stessa sfida: l’impatto sempre più pericoloso delle nostre scelte sulla salute del nostro am- biente naturale» ha commen- tato Robert Watson, presidente dell’Ipbes. Questo significa che per evitare il peggioramento della situazione occorre cambiare i comportamen- ti. Per esempio, suggerisce l’Ipbes, si può evitare l’ulteriore espansio- ne dei terreni agricoli migliorando la resa delle terre già coltivate, spo- standosi verso diete che prevedo- no più frutta e vegetali e meno pro- teine animali da fonti non sosteni- bili, e poi ridurre lo spreco di cibo. Ci sono poi una serie di azioni che possono dare un contributo: dalla gestione attenta dei sistemi fore- stali e degli allevamenti al con- trollo dell’inquinamento nelle zo- ne umide fino agli interventi urba- ni, come lo sviluppo delle vie flu- viali, l’espansione dei parchi, il ri- piantamento di alberi e piante au- toctone. Tocca ai governi darsi da fare. Ba- dando più ai vantaggi a lungo ter- mine che ai costi immediati, avver- te l’Ipbes: in media, stimano gli scienziati, i benefici del ripristino di un ecosistema sono dieci volte su- periori ai costi, che comprendono anche la perdita dei posti di lavoro legati ad attività non sostenibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA A sinistra, una miniera di cobalto in Congo. Il cobalto è una delle risorse oggi più ambite MATTEO FRASCHINI KOFFI oi siamo sicuri di una cosa: se vuoi diventare una pedina im- portante nel mercato del co- balto, allora devi lavorare nella Repubblica democratica del Congo». Ilja David Grau- lich, del settore investimenti presso la so- cietà Madini Minerals, non ha dubbi. Il ter- ritorio congolese è l’ultima frontiera per la ricerca della preziosa risorsa naturale, ne- cessaria soprattutto al settore tecnologico. Dalle auto elettriche ai computer, dalle bat- terie per gli smartphone alle macchine fo- tografiche, il cobalto è sempre più richiesto a livello internazionale. Allo stesso tempo, però, sono sempre più gravi i danni provocati al sot- tosuolo congolese dai vari investitori locali e stranieri che scavano senza sosta. «I rischi so- no tutti politici e molto soggettivi», continuava Graulich, spiegando l’anno scorso le ragioni per cui alcune ditte minerarie fuggono per- ché scoraggiate dalla crisi interna. Nono- stante a gennaio siano stati annunciati al- cuni cambiamenti relativi all’aumento del- le tasse per le società estere, il Congo ha da tempo una delle più stabili legislazioni per gli investimenti rispetto a molti altri Stati a- fricani. Tanzania, Zambia e Sudafrica, so- no stati segnalati recentemente come i Pae- si più problematici per gli investitori delle società estrattive. Le loro normative spes- so vengono modificate senza preavviso e le autorità impongono multe sempre più in- N « genti a chi non rispetta le regole. In Congo, invece, regna un sistema minerario più "a- narchico". Per questo materie assai rare co- me il cobalto determinano in maniera di- retta i vari livelli di produzione di gran par- te della tecnologia usata nel mondo. «Dall’inizio del 2017, le quotazioni del co- balto hanno fatto un balzo del 70% – affer- mano gli esperti –. Mentre nel 2016 il suo valore è aumentato di un terzo». Fino al 30 giugno scorso una tonnellata di cobalto ve- niva venduta a 5.980 dollari alla London Stock Exchange. È certo che la richiesta per "l’oro blu" aumenterà anno dopo anno. Al- cune fonti parlano ad- dirittura del 500%. «Nel 2016 sono state prodot- te circa 100mila tonnel- late di tale elemento, con una carenza di al- meno 1,500 tonnellate rispetto alla domanda – sostengono gli analisti – . Per la fine di quest’an- no ne dovrebbero inve- ce mancare circa 4,500 tonnellate a livello in- ternazionale». La produzione non riesce infatti a tenere il passo con la richiesta. In uno smartpho- ne ci sono tra i 5 e 10 grammi di cobalto, per un computer ce ne vogliono 30, men- tre per un’auto elettrica ne servono tra i 5 e 9 chili. In Congo si produce almeno il 60 per cento dell’oro blu a livello mondiale. La società anglo-svizzera Glencore conti- nua da mesi a sfruttare le miniere della Mutanda mining Sarl e della Katanga mi- ning Ltd, entrambe operanti nella pro- vincia sudorientale del Katanga. Gli ac- cordi sono stati firmati a febbraio 2017 per un valore di circa un miliardo di dollari. Un altro attore molto importante nel merca- to del cobalto è la società cinese, Congo dongfang international mining. Quest’ul- tima rivende la preziosa risorsa principal- mente ad altre tre società: Ningbo Shan- shan, Tianjin Bamo e L&F Materials. Infi- ne, il cobalto viene comprato da multina- zionali come Apple, Samsung, Dell, HP, Lenovo , LG, Sony , Microsoft e Vodafone. Durante il suo tragitto commerciale, l’oro blu viene spesso raffinato in Sudafrica e Tanzania prima di essere esportato nuo- recita un rapporto del 2015 redatto dall’or- ganizzazione Amnesty International e in- titolato "Ecco perché si muore" –. Migliaia di bambini scavano nei tunnel rischiando la loro vita quotidianamente». Sebbene le autorità abbiano istituito Zone per lo sfrut- tamento artigianale (Zea), gran parte dei minatori operano in aree giudicate "illega- li" per la ricerca del cobalto. Purtroppo gli alti livelli di disoccupazione e la mancan- za di istruzione spingono intere famiglie a cercare fortuna nel commercio dell’oro blu. © RIPRODUZIONE RISERVATA ll metallo trova diversi impieghi nell’elettronica I colossi minerari riempiono il Paese, con molti vantaggi ma anche molti problemi Lo studio Il panel internazionale di ricerca voluto dall’Onu per studiare l’impatto dell’attività umana sugli ecosistemi naturali prevede un futuro di terre aride e meno biodiversità. Si può agire per evitarlo Obiettivo 15 Onu 15.2 Entro il 2020, promuovere l’attuazione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, fermare la deforestazione, promuovere il ripristino delle foreste degradate e aumentare notevolmente la riforestazione a livello globale 15.3 Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati ed il suolo, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e sforzarsi di realizzare un mondo senza degrado del terreno 15.5 Adottare misure urgenti e significative per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità e, entro il 2020, proteggere e prevenire l’estinzione delle specie minacciate 15.9 Entro il 2020, integrare i valori di ecosistema e di biodiversità nella pianificazione nazionale e locale, nei processi di sviluppo, nelle strategie di riduzione della povertà e account nella contabilità SILVIA CAMISASCA orepla sta contri- buendo all’innal- zamento degli o- biettivi Onu 2030», premette Antonello Ciotti, presidente del Consorzio nazionale rici- clo plastiche, le principali in- diziate dell’inquinamento ambientale. Come raggiungere gli obiet- tivi ("Goals") che si sono da- te le Nazioni Unite e che il no- stro Paese ha sottoscritto e fatte proprie in materia di tu- tela ambientale? La sostenibilità può esistere solo se frutto di un lavoro di squadra, a cui tutta la società civile, nel suo complesso, è chiamata. E l’Italia intera, co- C « me sistema Paese, deve pro- muovere questa "operazio- ne", innanzitutto culturale. Concretamente? Dai servizi dei Comuni ai pro- cessi e prodotti dell’industria, la "cultura del riciclo" deve es- sere integrante al pacchetto di norme sull’economia cir- colare del 2030, quando tutti gli imballaggi immessi sul mercato dovranno essere ri- ciclabili e il 55% riciclati. E poiché sta crescendo la rac- colta differenziata, occorre aumentare gli sbocchi di mer- cato del materiale riciclato. Le frontiere più innovative della ricerca non rimangono confinate nell’ambito plasti- ca. A quali altri settori si e- stendono? Evidente e duplice è l’eco sul design: duplice, perché pro- gettare gli imballaggi in mo- do da favorire le attività di re- cupero, è elemento qualifi- cante dell’equilibrio stesso tra prestazione e riciclabilità, e perché le plastiche – per le loro proprietà – invitano a dare sfogo alla creatività. Grande sviluppo si avrà poi nelle tecnologie di de-poli- merizzazione, ovvero del ri- ciclo chimico, che consen- tirà la frammentazione di un polimero in molecole (poi u- sabili) di peso persino infe- riore a quello del monome- ro di partenza. I processi meccanici in uso non sono sempre compatibili con gli imballaggi più performanti, ed ecologicamente più salu- bri, mentre oggi si può arri- vare ad un PET da riciclo per alimenti confrontabile al po- limero vergine. Dunque, niente "Stop alle plastiche"? Fornisce una percezione er- rata di un materiale che ha permesso le più grandi inno- vazioni dell’ultimo secolo: penso all’Information Tech- nology, all’E-commerce, agli strumenti biomedicali, a cui è spesso legata la vita, alle com- ponenti dell’aerospaziale e dei mezzi di trasporti. Per non parlare dell’invenzione del- l’imballaggio: informa il con- sumatore e trasporta, conser- vando in modo igienico e si- curo, merce deperibile, altri- menti sprecata. Certo, la pla- stica va gestita correttamen- te: per questo, è cruciale la raccolta differenziata e che nulla finisca disperso nel- l’ambiente, ma torni a nuova vita. Nel felice ciclo della na- tura. E dell’economia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Antonello Ciotti (Corepla): la sostenibilità può esistere solo se è frutto di un lavoro di squadra L’esperto. «Va potenziata la cultura del riciclo» Il Congo, terra promessa della corsa mondiale al cobalto 5 Mercoledì 28 Marzo 2018 PRIMO PIANO LE SFIDE DEL PIANETA 3,2 miliardi LE PERSONE IL CUI BENESSERE È MINACCIATO DAL DEGRADO DEL SUOLO 1,5 miliardi GLI ETTARI DI ECOSISTEMI NATURALI CONVERTITI IN TERRE AGRICOLE DAL 2014 25% LA QUOTA DI TERRE EMERSE NON IMPATTATA DA ATTIVITÀ UMANE vamente e assemblato in Asia, soprattut- to in Cina e nella Corea del Sud. Certo, come affermano vari rapporti delle organizzazioni per i diritti umani, la ricer- ca del cobalto ha il suo lato oscuro. Nelle mi- niere congolesi è infatti facile imbattersi nella produzione artigianale che spesso coinvolge i minori e stravolge gli equilibri dell’ecosistema locale. Inoltre, il lavoro è privo di condizioni legate alla sicurezza dei minatori. «Le multinazionali in grado di for- nirci i loro prodotti innovativi grazie al co- balto non hanno l’obbligo di tracciabilità –

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Allarme globale per il degrado del suoloGli scienziati dell’Ipbes: rischiamo la sesta estinzione di massa delle speciePIETRO SACCÒ

l primo rapporto mondiale suldegrado del suolo ha prodottorisultati allarmanti. In molte aree

del pianeta la situazione dei terreniha raggiunto livelli «critici», la rapi-da espansione di terre agricole e pa-scoli gestiti in maniera non sosteni-bile sono il problema principale estanno provocando significativeperdite di biodiversità e di “servizi e-cosistemici”, cioè dei benefici che lavarietà dell’ecosistema offre agli es-seri umani.«Con un impatto negativo sul be-nessere di almeno 3,2 miliardi dipersone, il degrado del suolo sullasuperficie terrestre a causa delle at-tività umane sta spingendo il pia-neta verso la sesta estinzione dimassa delle specie» ha avvertito ilsudafricano Robert Scholes, scien-ziato dell’ecologia dei sistemi cheha coordinato lo studio assieme al-l’italiano Luca Montanarella, inge-gnere agronomo dal 2003 alla guidadel centro di ricerca della Commis-sione europea sui dati del suolo. Ilreport è il primo di questo genererealizzato dall’Ipbes, la “piattafor-ma intergovernativa scientifico-po-litica sulla biodiversità e i servizi e-cosistemici” avviata nel 2012 dall’U-nep, il programma delle nazioni u-nite per l’ambiente. L’Ipbes è statacreata per condurre un lavoro di ri-cerca internazionale, autorevole eindipendente sugli effetti che l’atti-vità umana ha sugli ecosistemi sul

Imodello di quanto il più famosoIpcc ha fatto per il clima. Alla rea-lizzazione di questo studio, prodot-to dopo tre anni di lavoro, hannopartecipato più di cento esperti daquarantacinque nazioni, sulla basedi oltre tremila ricerche scientifichepubblicate. Il risultato è stato rivistoda oltre duecento studiosi indipen-denti, inclusi funzionari governati-vi, e quindi approvato, lunedì scor-so, durante la sesta sessione plena-ria dell’Ipbes, a Medellìn, in Co-lombia. Ieri ne è stata pubblicataun’anticipazione, presto arriverà ildocumento completo.Il degrado del suolo si manifesta inmodi diversi: l’abbandono di terre-ni, il declino della popolazione edelle specie selvatiche, la defore-stazione, la perdita e il peggiora-mento della salubrità del terreno,dei pascoli e dell’acqua. Dal 2014sono stati convertiti in terre agrico-

le oltre 1,5 miliardi di ettari di eco-sistemi naturali. Solo il 25% della su-perficie terrestre ha evitato di esse-re significativamente modificatodall’attività umana, quota che en-tro il 2050 si ridurrà al solo 10%. Nel-le proiezioni al 2050, gli studiosi pre-vedono 4 miliardi di persone co-strette a vivere in terre arride tra i 50e i 700 milioni di esseri umani chenon avranno alternativa a migrare.Il calo della resa dei terreni provo-cherà anche tensioni sociali. «So-prattutto nelle terre aride, dove an-ni di piovosità estremamente bassasono stati associati a un aumentodel 45% dei conflitti violenti» nota

Scholes. Montanarella aggiunge chele aree più a rischio di un peggiora-mento del degrado del suolo sonol’America centrale e il Sudamerica,l’Agrica sub-Sahariana e e l’Asia.C’è un legame evidente tra le con-clusioni dell’Ipbes e quelle del-l’Ipcc. «Il degrado del suolo, la per-dita di biodiversità e il cambia-mento climatico sono tre facce dif-ferenti della stessa sfida: l’impattosempre più pericoloso delle nostrescelte sulla salute del nostro am-biente naturale» ha commen-tato Robert

Watson, presidente dell’Ipbes.Questo significa che per evitare ilpeggioramento della situazioneoccorre cambiare i comportamen-ti. Per esempio, suggerisce l’Ipbes,si può evitare l’ulteriore espansio-ne dei terreni agricoli migliorandola resa delle terre già coltivate, spo-standosi verso diete che prevedo-no più frutta e vegetali e meno pro-teine animali da fonti non sosteni-bili, e poi ridurre lo spreco di cibo.Ci sono poi una serie di azioni chepossono dare un contributo: dallagestione attenta dei sistemi fore-

stali e degli allevamenti al con-

trollo dell’inquinamento nelle zo-ne umide fino agli interventi urba-ni, come lo sviluppo delle vie flu-viali, l’espansione dei parchi, il ri-piantamento di alberi e piante au-toctone.Tocca ai governi darsi da fare. Ba-dando più ai vantaggi a lungo ter-mine che ai costi immediati, avver-te l’Ipbes: in media, stimano gliscienziati, i benefici del ripristino diun ecosistema sono dieci volte su-periori ai costi, che comprendonoanche la perdita dei posti di lavorolegati ad attività non sostenibili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A sinistra, unaminiera di cobalto

in Congo. Il cobalto èuna delle risorse oggi

più ambite

MATTEO FRASCHINI KOFFI

oi siamo sicuri di una cosa: sevuoi diventare una pedina im-portante nel mercato del co-

balto, allora devi lavorare nella Repubblicademocratica del Congo». Ilja David Grau-lich, del settore investimenti presso la so-cietà Madini Minerals, non ha dubbi. Il ter-ritorio congolese è l’ultima frontiera per laricerca della preziosa risorsa naturale, ne-cessaria soprattutto al settore tecnologico.Dalle auto elettriche ai computer, dalle bat-terie per gli smartphone alle macchine fo-tografiche, il cobalto èsempre più richiesto alivello internazionale.Allo stesso tempo, però,sono sempre più gravi idanni provocati al sot-tosuolo congolese daivari investitori locali estranieri che scavanosenza sosta. «I rischi so-no tutti politici e moltosoggettivi», continuavaGraulich, spiegandol’anno scorso le ragioniper cui alcune ditte minerarie fuggono per-ché scoraggiate dalla crisi interna. Nono-stante a gennaio siano stati annunciati al-cuni cambiamenti relativi all’aumento del-le tasse per le società estere, il Congo ha datempo una delle più stabili legislazioni pergli investimenti rispetto a molti altri Stati a-fricani. Tanzania, Zambia e Sudafrica, so-no stati segnalati recentemente come i Pae-si più problematici per gli investitori dellesocietà estrattive. Le loro normative spes-so vengono modificate senza preavviso e leautorità impongono multe sempre più in-

N«genti a chi non rispetta le regole. In Congo,invece, regna un sistema minerario più "a-narchico". Per questo materie assai rare co-me il cobalto determinano in maniera di-retta i vari livelli di produzione di gran par-te della tecnologia usata nel mondo.«Dall’inizio del 2017, le quotazioni del co-balto hanno fatto un balzo del 70% – affer-mano gli esperti –. Mentre nel 2016 il suovalore è aumentato di un terzo». Fino al 30giugno scorso una tonnellata di cobalto ve-niva venduta a 5.980 dollari alla LondonStock Exchange. È certo che la richiesta per"l’oro blu" aumenterà anno dopo anno. Al-

cune fonti parlano ad-dirittura del 500%. «Nel2016 sono state prodot-te circa 100mila tonnel-late di tale elemento,con una carenza di al-meno 1,500 tonnellaterispetto alla domanda –sostengono gli analisti –. Per la fine di quest’an-no ne dovrebbero inve-ce mancare circa 4,500tonnellate a livello in-ternazionale».

La produzione non riesce infatti a tenereil passo con la richiesta. In uno smartpho-ne ci sono tra i 5 e 10 grammi di cobalto,per un computer ce ne vogliono 30, men-tre per un’auto elettrica ne servono tra i 5e 9 chili. In Congo si produce almeno il 60per cento dell’oro blu a livello mondiale.La società anglo-svizzera Glencore conti-nua da mesi a sfruttare le miniere dellaMutanda mining Sarl e della Katanga mi-ning Ltd, entrambe operanti nella pro-vincia sudorientale del Katanga. Gli ac-cordi sono stati firmati a febbraio 2017 per

un valore di circa un miliardo di dollari. Unaltro attore molto importante nel merca-to del cobalto è la società cinese, Congodongfang international mining. Quest’ul-tima rivende la preziosa risorsa principal-mente ad altre tre società: Ningbo Shan-shan, Tianjin Bamo e L&F Materials. Infi-ne, il cobalto viene comprato da multina-zionali come Apple, Samsung, Dell, HP,Lenovo , LG, Sony , Microsoft e Vodafone.Durante il suo tragitto commerciale, l’oroblu viene spesso raffinato in Sudafrica eTanzania prima di essere esportato nuo-

recita un rapporto del 2015 redatto dall’or-ganizzazione Amnesty International e in-titolato "Ecco perché si muore" –. Migliaiadi bambini scavano nei tunnel rischiandola loro vita quotidianamente». Sebbene leautorità abbiano istituito Zone per lo sfrut-tamento artigianale (Zea), gran parte deiminatori operano in aree giudicate "illega-li" per la ricerca del cobalto. Purtroppo glialti livelli di disoccupazione e la mancan-za di istruzione spingono intere famiglie acercare fortuna nel commercio dell’oro blu.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ll metallo trova diversiimpieghi nell’elettronica

I colossi mineraririempiono il Paese,

con molti vantaggi maanche molti problemi

Lo studioIl panel internazionale di ricerca voluto dall’Onu perstudiare l’impatto dell’attivitàumana sugli ecosisteminaturali prevede un futuro di terre aride e menobiodiversità. Si può agireper evitarlo

Obiettivo15Onu

15.2 Entro il 2020,promuovere l’attuazione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, fermare la deforestazione, promuovere il ripristino delle foreste degradate e aumentare notevolmente la riforestazione a livello globale

15.3Entro il 2030,combattere ladesertificazione,ripristinare i terrenidegradati ed ilsuolo, compresi iterreni colpiti dadesertificazione,siccità einondazioni, esforzarsi direalizzare unmondo senzadegrado del terreno

15.5 Adottare misureurgenti esignificative perridurre il degradodegli habitatnaturali, arrestare laperdita dibiodiversità e, entroil 2020, proteggeree prevenirel’estinzione dellespecie minacciate

15.9Entro il 2020,integrare i valori diecosistema e dibiodiversità nellapianificazionenazionale e locale,nei processi disviluppo, nellestrategie diriduzione dellapovertà e accountnella contabilità

SILVIA CAMISASCA

orepla sta contri-buendo all’innal-zamento degli o-

biettivi Onu 2030», premetteAntonello Ciotti, presidentedel Consorzio nazionale rici-clo plastiche, le principali in-diziate dell’inquinamentoambientale.Come raggiungere gli obiet-tivi ("Goals") che si sono da-te le Nazioni Unite e che il no-stro Paese ha sottoscritto efatte proprie in materia di tu-tela ambientale?La sostenibilità può esisteresolo se frutto di un lavoro disquadra, a cui tutta la societàcivile, nel suo complesso, èchiamata. E l’Italia intera, co-

C«me sistema Paese, deve pro-muovere questa "operazio-ne", innanzitutto culturale.Concretamente?Dai servizi dei Comuni ai pro-cessi e prodotti dell’industria,la "cultura del riciclo" deve es-sere integrante al pacchettodi norme sull’economia cir-colare del 2030, quando tuttigli imballaggi immessi sulmercato dovranno essere ri-ciclabili e il 55% riciclati. Epoiché sta crescendo la rac-colta differenziata, occorreaumentare gli sbocchi di mer-cato del materiale riciclato.Le frontiere più innovativedella ricerca non rimangonoconfinate nell’ambito plasti-ca. A quali altri settori si e-stendono?

Evidente e duplice è l’eco suldesign: duplice, perché pro-gettare gli imballaggi in mo-do da favorire le attività di re-cupero, è elemento qualifi-cante dell’equilibrio stessotra prestazione e riciclabilità,e perché le plastiche – per leloro proprietà – invitano a

dare sfogo alla creatività.Grande sviluppo si avrà poinelle tecnologie di de-poli-merizzazione, ovvero del ri-ciclo chimico, che consen-tirà la frammentazione di unpolimero in molecole (poi u-sabili) di peso persino infe-riore a quello del monome-ro di partenza. I processimeccanici in uso non sonosempre compatibili con gliimballaggi più performanti,ed ecologicamente più salu-bri, mentre oggi si può arri-vare ad un PET da riciclo peralimenti confrontabile al po-limero vergine.Dunque, niente "Stop alleplastiche"? Fornisce una percezione er-rata di un materiale che ha

permesso le più grandi inno-vazioni dell’ultimo secolo:penso all’Information Tech-nology, all’E-commerce, aglistrumenti biomedicali, a cui èspesso legata la vita, alle com-ponenti dell’aerospaziale edei mezzi di trasporti. Per nonparlare dell’invenzione del-l’imballaggio: informa il con-sumatore e trasporta, conser-vando in modo igienico e si-curo, merce deperibile, altri-menti sprecata. Certo, la pla-stica va gestita correttamen-te: per questo, è cruciale laraccolta differenziata e chenulla finisca disperso nel-l’ambiente, ma torni a nuovavita. Nel felice ciclo della na-tura. E dell’economia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonello Ciotti(Corepla):

la sostenibilità puòesistere solo

se è frutto di un lavorodi squadra

L’esperto. «Va potenziata la cultura del riciclo»

Il Congo, terra promessadella corsa mondiale al cobalto

5Mercoledì28 Marzo 2018 P R I M O P I A N O

LE SFIDEDEL PIANETA

3,2 miliardiLE PERSONE

IL CUI BENESSEREÈ MINACCIATODAL DEGRADO

DEL SUOLO

1,5 miliardiGLI ETTARI

DI ECOSISTEMINATURALI

CONVERTITI IN TERREAGRICOLE DAL 2014

25%LA QUOTA DI TERRE

EMERSE NON IMPATTATA

DA ATTIVITÀ UMANE

vamente e assemblato in Asia, soprattut-to in Cina e nella Corea del Sud.Certo, come affermano vari rapporti delleorganizzazioni per i diritti umani, la ricer-ca del cobalto ha il suo lato oscuro. Nelle mi-niere congolesi è infatti facile imbattersinella produzione artigianale che spessocoinvolge i minori e stravolge gli equilibridell’ecosistema locale. Inoltre, il lavoro èprivo di condizioni legate alla sicurezza deiminatori. «Le multinazionali in grado di for-nirci i loro prodotti innovativi grazie al co-balto non hanno l’obbligo di tracciabilità –