Mercoledì 8 Giugno 2016 Al ballottaggio il fronte del “No”lo scontro al primo turno nel 2011...

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della popolazione capitolina si tuffasse a corpo morto tra le braccia di una giovane promessa grillina. Virginia Raggi, di là dalle sue effettive compe- tenze a svolgere il ruolo di sindaco di una grande metropoli, è l’involontario terminale di un’attesa messianica per un elettorato che, tradito dalla politica tradizionale, si rifugia nell’illusione ac- cecante dell’inverarsi... Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 8 Giugno 2016 Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 108 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà di ARTURO DIACONALE Al ballottaggio il fronte del “No” L’aver intrecciato il tema del referendum con le amministrative non è stata una buona scelta per Renzi che rischia ora di ritrovarsi a Roma, Milano, Torino e Bologna con tutte le opposizioni schierate contro i candidati Pd Leadership plurale per il centrodestra antirenziano L a libertà di voto lasciata ai propri elettori da parte degli esponenti del centrodestra, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini ed a Giorgia Meloni, è un’apertura non dichiarata ma di fatto ai candidati al ballottaggio del Movimento Cinque Stelle. E, al tempo stesso, è la pietra tombale sul progetto del “Partito della Nazione” di Matteo Renzi fondato sulla presunzione che gli elettori del centrodestra si sareb- bero presto o tardi convertiti al renzi- smo convinti che il Premier sia l’erede naturale del Cavaliere. Può essere che, in cambio di questa apertura alla Raggi ed alla Appen- dino, chi ha votato per i grillini a Mi- lano, a Bologna e nella altre città dove i Cinque Stelle sono al ballottaggio converga sui candidati di centrodestra che sfidano quelli del Pd. Ma anche se così non fosse è un dato difficilmente contestabile che l’elettorato moderato abbia cancellato in maniera decisiva l’ipotesi di turarsi il naso e votare Pd per fare muro contro l’avanzata gril- lina e dare a Renzi la possibilità di ri- manere al potere nei prossimi dieci anni. La dimostrazione più evidente di questa indisponibilità assoluta del- l’elettorato di centrodestra a diventare il supporto del regime renziano è data dal totale fallimento delle liste pro- mosse da Denis Verdini e da Angelino Alfano. POLITICA BUFFA A PAGINA 2 Referendum, una exit strategy per il Premier ECONOMIA COCO A PAGINA 4 Quale sarà il futuro delle monete digitali? PRIMO PIANO MASSIMANO A PAGINA 3 Futuro e politica: oltre il Polo, parola di Tatarella ESTERI DIONISI A PAGINA 5 Il genocidio armeno: bestia nera di Erdo ğ an PRIMO PIANO PUNZI A PAGINA 3 Comunali 2016: il centrodestra può ripartire solo da Milano Renzi e il problema Milano M atteo Renzi ha un problema che si chiama Milano. Detta così, sembra una battuta postelettorale o un modo spiccio per liquidare una questione locale. No. Intanto la que- stione non è locale perché si chiama Milano e poi perché uno dei problemi per Beppe Sala, ovverosia del candi- dato più lanciato dal centrosinistra, si chiama Renzi. Insomma, di dritto o di rovescio, il povero Matteo c’entra sempre, a Milano. Non foss’altro per- ché - interrompono gli analisti più ti- gnosi - è stato Renzi a scegliere, non diciamo ad imporre, quel candidato; e proprio “aqui esta el busillis”, chiose- rebbe il divino Alessandro Manzoni. Qui, in questo primigenio battesimo risiede se non la ragione certamente una delle ragioni che hanno reso com- di CRISTOFARO SOLA di PAOLO PILLITTERI A proposito dei Cinque Stelle, il par- tito di Beppe Grillo domenica scorsa ha ottenuto almeno due risul- tati straordinari: quello di Roma con Virginia Raggi e quello di Torino con Chiara Appendino. Mentre del primo si era certi, il secondo invece è apparso sorprendente. Ma solo ai non addetti ai lavori. Era noto da tempo che i capi del movimento grillino fossero consa- pevoli di avere chance di successo, al- meno al primo turno, in entrambe le piazze. E così è stato. Le ragioni sono presto dette. Nella capitale i Cinque Stelle hanno camminato sugli scudi grazie ai misfatti di cui la vecchia politica si è resa responsabile. “Mafia capitale” è stata solo la punta dell’iceberg. Era inevitabile che la parte più esasperata Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 Ragionando di Cinque Stelle plicata la storia elettorale di Sala. Ep- pure la “benedizione” renziana aveva dalla sua notevoli ragioni, non ultima quella del successo di un’Expo a sua volta aiutata da Renzi (ma ottenuta da Letizia Moratti) che è servita di certo a dare una spinta all’insù per la città - lodata e amata per decenni anche dalla sua insuperabilmente fascinosa Fiera Campionaria - contribuendo a instillarne un’ottima dose di buonu- more, caratteristica che fa sempre del bene a una metropoli che già, di suo, ha una storica solidità economico-fi- nanziaria (persino nelle banche, al- trove disastrate, dove spicca la luminosa certezza della Fondazione Cariplo guidata con polso fermo e lungimiranza lombarda da una roccia di nome Giuseppe Guzzetti), oltre a un profilo estetico che la sua skyline mar- chia come simbolo modernizzante, forse unico in Italia. Il marchio, ecco. Questo segno la- sciato sulla candidatura di Sala da un Premier un anno fa in pieno surme- nage attivistico non ha giovato molto al candidato sindaco del centrosini- stra, nella misura in cui quella specifi- cità ha spinto la sinistra a costituirsi in movimento “altro” dal centrosinistra, per di più dividendosi. Unita tuttavia dall’antipatia per Renzi questa sinistra non solo non è riuscita a raggiungere i successi di cinque anni fa decisivi...

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della popolazione capitolina si tuffassea corpo morto tra le braccia di unagiovane promessa grillina. VirginiaRaggi, di là dalle sue effettive compe-tenze a svolgere il ruolo di sindaco diuna grande metropoli, è l’involontarioterminale di un’attesa messianica perun elettorato che, tradito dalla politicatradizionale, si rifugia nell’illusione ac-cecante dell’inverarsi...

Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 8 Giugno 2016Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 108 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

di ARTURO DIACONALE

Al ballottaggio il fronte del “No”L’aver intrecciato il tema del referendum con le amministrative non è stata una buona scelta per Renzi che rischia

ora di ritrovarsi a Roma, Milano, Torino e Bologna con tutte le opposizioni schierate contro i candidati Pd

Leadership plurale per il centrodestra

antirenziano

La libertà di voto lasciata ai proprielettori da parte degli esponenti

del centrodestra, da Silvio Berlusconia Matteo Salvini ed a Giorgia Meloni,è un’apertura non dichiarata ma difatto ai candidati al ballottaggio delMovimento Cinque Stelle. E, al tempostesso, è la pietra tombale sul progettodel “Partito della Nazione” di MatteoRenzi fondato sulla presunzione chegli elettori del centrodestra si sareb-bero presto o tardi convertiti al renzi-smo convinti che il Premier sia l’eredenaturale del Cavaliere.

Può essere che, in cambio di questaapertura alla Raggi ed alla Appen-dino, chi ha votato per i grillini a Mi-lano, a Bologna e nella altre città dovei Cinque Stelle sono al ballottaggioconverga sui candidati di centrodestrache sfidano quelli del Pd. Ma anche secosì non fosse è un dato difficilmentecontestabile che l’elettorato moderatoabbia cancellato in maniera decisival’ipotesi di turarsi il naso e votare Pdper fare muro contro l’avanzata gril-lina e dare a Renzi la possibilità di ri-manere al potere nei prossimi diecianni.

La dimostrazione più evidente diquesta indisponibilità assoluta del-l’elettorato di centrodestra a diventareil supporto del regime renziano è datadal totale fallimento delle liste pro-mosse da Denis Verdini e da AngelinoAlfano.

POLITICA

BUFFA A PAGINA 2

Referendum, una exit strategyper il Premier

ECONOMIA

COCO A PAGINA 4

Quale sarà il futuro delle monete digitali?

PRIMO PIANO

MASSIMANO A PAGINA 3

Futuro e politica: oltre il Polo,

parola di Tatarella

ESTERI

DIONISI A PAGINA 5

Il genocidio armeno:bestia nera di Erdoğan

PRIMO PIANO

PUNZI A PAGINA 3

Comunali 2016:il centrodestra può

ripartire solo da Milano

Renzi e il problema Milano

Matteo Renzi ha un problema chesi chiama Milano. Detta così,

sembra una battuta postelettorale oun modo spiccio per liquidare unaquestione locale. No. Intanto la que-stione non è locale perché si chiamaMilano e poi perché uno dei problemiper Beppe Sala, ovverosia del candi-dato più lanciato dal centrosinistra, sichiama Renzi. Insomma, di dritto o dirovescio, il povero Matteo c’entrasempre, a Milano. Non foss’altro per-ché - interrompono gli analisti più ti-gnosi - è stato Renzi a scegliere, nondiciamo ad imporre, quel candidato; eproprio “aqui esta el busillis”, chiose-rebbe il divino Alessandro Manzoni.Qui, in questo primigenio battesimorisiede se non la ragione certamenteuna delle ragioni che hanno reso com-

di CRISTOFARO SOLAdi PAOLO PILLITTERI

Aproposito dei Cinque Stelle, il par-tito di Beppe Grillo domenica

scorsa ha ottenuto almeno due risul-tati straordinari: quello di Roma conVirginia Raggi e quello di Torino conChiara Appendino. Mentre del primosi era certi, il secondo invece è apparsosorprendente. Ma solo ai non addettiai lavori. Era noto da tempo che i capidel movimento grillino fossero consa-pevoli di avere chance di successo, al-meno al primo turno, in entrambe lepiazze. E così è stato. Le ragioni sonopresto dette.

Nella capitale i Cinque Stellehanno camminato sugli scudi grazie aimisfatti di cui la vecchia politica si èresa responsabile. “Mafia capitale” èstata solo la punta dell’iceberg. Erainevitabile che la parte più esasperataContinua a pagina 2 Continua a pagina 2

Continua a pagina 2

Ragionando di Cinque Stelle

plicata la storia elettorale di Sala. Ep-pure la “benedizione” renziana avevadalla sua notevoli ragioni, non ultimaquella del successo di un’Expo a suavolta aiutata da Renzi (ma ottenuta daLetizia Moratti) che è servita di certoa dare una spinta all’insù per la città -lodata e amata per decenni anchedalla sua insuperabilmente fascinosaFiera Campionaria - contribuendo ainstillarne un’ottima dose di buonu-

more, caratteristica che fa sempre delbene a una metropoli che già, di suo,ha una storica solidità economico-fi-nanziaria (persino nelle banche, al-trove disastrate, dove spicca laluminosa certezza della FondazioneCariplo guidata con polso fermo elungimiranza lombarda da una rocciadi nome Giuseppe Guzzetti), oltre a unprofilo estetico che la sua skyline mar-chia come simbolo modernizzante,forse unico in Italia.

Il marchio, ecco. Questo segno la-sciato sulla candidatura di Sala da unPremier un anno fa in pieno surme-nage attivistico non ha giovato moltoal candidato sindaco del centrosini-stra, nella misura in cui quella specifi-cità ha spinto la sinistra a costituirsi inmovimento “altro” dal centrosinistra,per di più dividendosi. Unita tuttaviadall’antipatia per Renzi questa sinistranon solo non è riuscita a raggiungerei successi di cinque anni fa decisivi...

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roccaforte della “gauche” passata al centrode-stra mentre la zona di Montenapoleone è salda-mente nella mani della sinistra, la dice lunga. Mai problemi di Renzi a Milano saranno ancor piùpungenti e urgenti qualora il “suo” Sala, chepoche ore fa ha tentato di allontanare da sé il pe-ricoloso bacio renziano, perdesse la “bella” conStefano Parisi il cui successo al primo turno ètanto più segnalato quanto più lo era quellomancato di Sala. Perdere Milano, che guaio peril Premier. Ma non bisogna mai correre troppo,giacché sia Parisi, oggi finalmente con un sorrisoliberatorio, che Sala ,con qualche attacco nevro-tico, sono praticamente alla pari e, dunque, lalotta è quanto mai aperta sebbene il clima in-torno a Parisi sia ottimisticamente collegato allaresurrezione di Forza Italia che doppia in cittàla Lega Nord di un Matteo Salvini, allora spe-ranzoso nel doppio uppercut milanese e romano,mentre adesso deve stare attento al suo internodalla moderazione di un sornione Roberto Ma-roni. Ma ne riparleremo.

Ancora la sinistra che perde i colpi a Milano.Non ci piace mai ripeterci, ma notammo subitoche la rinuncia di Pisapia a ripresentarsi non sol-tanto era in un certo senso stupefacente ma, po-liticamente, gravida di serie incognite per ilfuturo della coalizione. Non va dimenticato chelo scontro al primo turno nel 2011 fra Pisapia eMoratti vide la seconda perdere di oltre 40milavoti sul primo: 40 per cento sul 41 per cento,mentre oggi la distanza fra Sala e Parisi non ènemmeno di un punto, ovvero di circa 5milavoti. Pisapia avrà avuto più che una buona ra-gione per starsene alla finestra, e lo capiamo.Molto meno si capisce la sinistra meneghina, acominciare dalla “sua” Francesca Balzani lan-ciata nell’agone primarie poi rientrata lasciandotuttavia un terreno a dir poco minato per Sala.Furono infatti le pesanti perplessità “morali”sulla gestione Expo a caratterizzare negativa-mente le primarie offrendo per di più al centro-destra altre occasioni per attaccare Sala. Unasorta di autorete che si è trasformata, ora, sia inuna riduzione numerico-elettorale delle due si-nistre, sia in un calato entusiasmo nella coali-zione di centrosinistra. Che fare, allora, per unprogetto vincente cinque anni fa in nome delcambiamento e ora in difficoltà proprio perquella stessa motivazione che ha soffiato favo-revole nelle vele di Parisi? Che è, infine, il vero ar-

2 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 8 giugno 2016Politica

segue dalla prima

...Il voto di Roma e quello di Napoli dimostranoche il centro che vira a sinistra va a liquefarsimentre il voto di Milano insegna che quando ilcentro rimane nel centrodestra conserva i propriconsensi. E che il quadro politico presente in Par-lamento, dove i transfughi del centrodestra sonoindispensabili per la tenuta del governo, è total-mente diverso da quello presente nel Paese dovealfaniani e verdiniani risultano essere non soloininfluenti ma addirittura dannosi per il partitodel Premier.

Sulla fine dell’illusione del Partito della Na-zione, alchimia nata nelle stanze del potere nonsolo italiane ma anche straniere, può ripartire lariorganizzazione dell’area del centrodestra. Nonimporta se l’antirenzismo possa portare in unaprimissima fase a favorire la vittoria dei grilliniin alcune città italiane, Roma in primo luogo.L’importante è che sul “no” al regime personaledel Premier si innesti un progetto politico fon-dato su idee chiare sulle due grandi emergenzedi fondo del Paese, quella dell’immigrazione to-talmente incontrollata e quella di una crisi eco-nomica destinata a durare all’infinito se lasciataancora gestire dai “poteri forti” di una Europapangermanica ed antimediterranea.

Per il centrodestra, naturalmente, c’è anche unproblema di leadership. Ma la rottamazione diBerlusconi da parte di Salvini e della Meloni èfallita. E la circostanza rilancia di fatto la lea-dership plurale del fronte moderato antiren-ziano, una leadership plurale in cui il ruolocentrale rimane quello del Cavaliere ed in cui siinseriranno altri e nuovi soggetti oltre ai leaderdella Lega e di Fratelli d’Italia.

ARTURO DIACONALE

...per Giuliano Pisapia, ma ha ulteriormente con-tribuito a disperdere consensi. I consensi, ap-punto. Cominciando dai quartieri periferici, perdire (anche se è tipica di Roma l’anomalia di unasinistra che perde nelle periferie e vince nei quar-tieri alti), e l’esempio a Milano di Niguarda, già

selezione darwiniana delle élite che ha prodotto ilsuperamento dei rappresentanti della prima ora,più dogmatici e poco comunicativi, sono emersealla guida del movimento leadership più compa-tibili con i profili istituzionali tradizionali.

È, dunque, in atto un processo evolutivo cheporterà i “Cinque Stelle” a passare dallo stadio dimovimento di protesta tout-court a quello diforza alternativa di governo. La trasformazionenon è ancora compiuta. Tuttavia, la scelta tatticadi non presentarsi all’odierna consultazione perle amministrative in tutte le realtà chiamate alvoto ma di optare per una presenza mirata sullaquale concentrare gli sforzi denota una capacitàstrategica che sarebbe grave errore sottovalutare.A prescindere dagli esiti dei ballottaggi, i CinqueStelle rappresentano una realtà consolidata dellaquale, in futuro, non sarà facile disfarsi. E questo,tanto per il Pd renziano quanto per il centrode-stra che verrà, se verrà, è un problema. Un grossoproblema.

CRISTOFARO SOLA

tefice di questo primo successo di un centrode-stra non poco sbrindellato, in nome e per contodella continuità di un riformismo ambrosiano(portato avanti da un nativo di Roma...) che cipiacerebbe vincente al ballottaggio, come unpassaggio musicale intonato al moderato canta-bile. Ma, attenzione, non sarà una passeggiata. Enemmeno una cantata.

PAOLO PILLITTERI

...di un evento miracoloso salvifico. Laico e nonreligioso. Se la logica da ultima spiaggia dovesseconfermarsi al ballottaggio, per il “kamikaze”piddino Roberto Giachetti non vi sarà possibilitàdi successo.

A Torino le cose sono andate in modo diffe-rente. La città non si presentava sconquassatacome la Capitale. Più ordine, più pulizia per lestrade, in complesso migliore qualità della vita.Tuttavia, sotto la cenere della normalità è covatoil fuoco della rabbia sociale per una ripresa eco-nomica che non è arrivata, nonostante le pro-messe di Matteo Renzi. Ne è prova il fatto che nelcapoluogo piemontese la disoccupazione giova-nile abbia raggiunto livelli record. Poi, il Premiersi è mostrato appiattito sulle posizioni di SergioMarchionne, il quale non gode di molti fans nellaTorino operaia e della piccola borghesia produt-tiva. Questa inappropriata liaison ha indubbia-mente favorito la migrazione di una parte delconsenso, in origine appannaggio al Partito De-mocratico, verso un’offerta politica alternativama collaudata. L’opzione Appendino non è af-fatto un salto nel vuoto. La candidata pentastel-lata low profile si è fatta le ossa facendoopposizione in Consiglio comunale e il suo lavoroè stato molto apprezzato. Questo aspetto rimandaa una considerazione più complessiva sulla mo-difica dell’approccio che politici, analisti e mediadovrebbero avere rispetto al fenomeno CinqueStelle. Finora si è parlato del movimento grillinodescrivendolo come espressione dell’antipolitica.È stato vero in passato, ai tempi dei “Vaffa Day”e delle intemerate, farcite di improperi, del suocapo carismatico. Oggi non è così. La pattugliadei giovani parlamentari pentastellati sta co-struendo un percorso di alternativa di sistema tut-t’altro che approssimativo. Dopo la fase di

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

Leadership plurale per il centrodestra antirenziano

Ragionando di Cinque Stelle

Renzi e il problema Milano

Matteo Renzi, se è veramentecosì “smart” (furbo) come tutti

si ostinano a credere, deve farsi unaragione di quel che sta succedendo inItalia: i suoi concittadini non hannomai votato negli ultimi 25 anni per ilproprio interesse. Ma solo in odio oin amore a questo o a quello. E lui,con la polarizzazione esasperata econ la personalizzazione, ha finitoper tramutare rapidamenteun sentimento nell’altro.Quindi oggi come oggi al re-ferendum che pare si possa te-nere il 2 ottobre rischia tutto.E questo sarebbe anche undanno relativo. Il problema èche noi rischiamo di rischiare(bel gioco di parole) con lui.Perché se la mano di pokersulle riforme la dovessero vin-cere i 5 Stelle e il fronte com-posito di chi si oppone aprescindere in odio e in anti-patia alla figura politica eumana del Renzi stesso, tuttoil Paese rischia di trovarsinella situazione attuale diRoma: con un entusiasta DiMaio che va in televisione aproclamare che loro cambie-ranno tutto e con gli italianicon le mani nei capelli perchési renderanno conto di averevotato dei presuntuosi e arro-ganti incompetenti. Né l’at-teggiamento della destrasalviniana e meloniana vienein aiuto: quelli ormai sonoper il tanto peggio tanto me-glio, esattamente come i Fas-sina e la sinistra Pd dall’altraparte. Tanto il lavoro che nonc’è è un problema nostro, nonloro.

Come può fare allora Renzi a ti-rarsi fuori da questo cul-de-sac?L’unica via d’uscita è la propostaavanzata dalla galassia radicale dispacchettamento referendario: sosti-tuire un solo quesito prendere o la-sciare con quattro o cinque tematici.

Dopodiché il vincerne due o tre diquesti renderebbe inutili le dimis-sioni automatiche del governo e nonpolarizzerebbe il quesito su Renzistesso. E il vantaggio per i cittadinisarebbe quello di tenersi le riformemigliori bocciando se del caso le

altre e senza il terrore che caschi ilgoverno per doverlo sostituire congli uomini e le donne scelti dagli as-sociati della Casaleggio.

Renzi non deve illudersi che gliitaliani votino per il proprio inte-resse: se così fosse nel 1994 non

avrebbero affossato il primo governoBerlusconi, con la complicità di Bossie di Scalfaro e dei soliti pm di Mi-lano. E si sarebbero tenuti ad esem-pio una riforma delle pensioni moltopiù equilibrata della Fornero che poihanno dovuto subire meno di 20

anni dopo senza colpo fia-tare. Gli italiani del dopo ca-duta del Muro di Berlino edel dopo Tangentopoli sonodiventati un popolo di emo-tivi, un po’ impazziti, senzapunti di riferimento. Capacidi votare per gente come DeMagistris e la Raggi, infi-schiandosene delle conse-guenze a breve e mediotermine.

Renzi adesso comincia adessere antipatico a troppepersone, e la colpa è quasisolo sua. Quindi deve con-vincersi a trovare presto unantidoto a tutto questo ve-leno. Un antidoto politico eistituzionale come quellodello spacchettamento delquesito referendario di otto-bre. A bluffare sempre apoker si possono vincere pa-recchie mani, ma poi si ri-schia di perdere tutto ilpiatto. E anche se uno ha ungrosso punto in mano nonpuò escludere che l’avversa-rio nel tempo si sia costruitoun poker o una scala reale.Noi italiani però non siamoobbligati a partecipare aquesta partita di poker gio-cata sulla pelle nostra.

di DIMITRI BUFFA Referendum, una via d’uscita per Renzi

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3L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 8 giugno 2016 Primo Piano

Quando Matteo Renzi, per sostenerele riformette che andranno a refe-

rendum nel prossimo mese di ottobre, usaquello che crede essere un grande cavallodi battaglia e cioè il risparmio che si rea-lizza con la liquidazione del Senato, vienespontaneo porsi la domanda se veramentepensa che quella favoletta possa essere in-goiata facilmente dagli italiani. Se cosìfosse sarebbe veramente un ingenuo. Manoi non lo crediamo per nulla, cono-scendo ormai il soggetto, perché sarebbeassurdo aver spaccato il Paese per far pas-sare le riformette renziane a suon di voti difiducia per risparmiare una inezia a frontedegli oltre 800 miliardi di bilancio statale.

Non sarebbe comunque credibile perben tre altri motivi. Il primo per le manceelargite (classico voto di scambio) a mi-lioni di italiani per oltre 6 miliardi di euro(altro che i 200 milioni che si risparmie-rebbero per i senatori!) e la promessa di

farlo ancora con altre categorie e con glistudenti. Il secondo motivo è la mancataspending review che ha causato gli ab-bandoni di Carlo Cottarelli prima e delbocconiano Roberto Perotti dopo, chenon se l’è sentita di sottoscrivere le scelte,di sostanziale rinvio sine die, dei tagli ne-cessari alla spesa pubblica che vengonosintetizzati nei due grandi filoni delle par-tecipate (delle quali in oltre 3mila casinon si conoscono neanche i bilanci) edegli stipendi dei dirigenti di ogni ordinedella Pubblica amministrazione che sor-passano abbondantemente gli stipendidei loro colleghi europei.

Il terzo motivo, del quale il signorRenzi non parla mai, sono le assunzionidi una pletora di suoi amici e di amici del“cerchio magico fiorentino”, collocatipresso Palazzo Chigi, presso la Rai e

presso ogni altro buco che si fosse reso, osi potrebbe rendere libero. Addiritturacreando di sana pianta nuove compe-tenze come quelle che si ipotizzavano perCarrai e, comunque, con stipendi annualiabbastanza consistenti. Come si vedel’imbroglio è evidente: la semiliquida-zione del Senato non avviene per un ipo-tetico risparmio. Il problema è inventatodi sana pianta e viene vergognosamenteutilizzato per stimolare gli istinti più be-ceri e le pance più disponibili dei nostricittadini, seminando ulteriore qualunqui-smo ed odio verso la politica, quell’odiogià abbondantemente alimentato da altriMovimenti. E se lo fa anche lo “statista”Renzi lo fa per celare i veri motivi del-l’operazione.

Renzi ha dichiarato, nell’intervistafatta da Porro nell’ultima puntata di

Virus, che gli italiani sono molto intelli-genti. Anche questo è un volgare tenta-tivo di “captatio benevolentiae”, perchése veramente ne fosse convinto avrebbeevitato di continuare a imbrogliare lagente perché, a parte le pance deboli, lasua campagna rischia di andare a sbat-tere contro il muro. Se il problema fossestato veramente “il risparmio” esso si po-teva ottenere anche con la riduzione di100 senatori e di 200 deputati senza li-quidare uno dei contrappesi che i padridella Costituzione idearono per evitareun nuovo “uomo solo al comando” e i ri-schi per la democrazia e le libertà che,normalmente, questo comporta. I regimiautoritari, che siano di destra o di sinistra,poco importa, non ci sono mai piaciuti enon ci piacciono neanche ora, indipen-dentemente se il regime lo dovesse gestire

l’affabulatore Renzi o lo sguaiato BeppeGrillo o, aggiungiamo noi, neppure se do-vesse ricapitare ad un uomo democraticoe liberale come si è rivelato lo stesso Ber-lusconi.

I contrappesi vanno garantiti per evi-tare sorprese. Le sorprese, sì! Che sonoun salto nel buio e, quindi, #nonstiamo-sereni neanche un po’. Per questo ci ado-periamo a far aprire gli occhi sul falsorisparmio di quel che Renzi considera il“cavallo di battaglia” con il quale tentadi imbrogliare la gente per impadronirsidel potere. Scriveremo, come fanno tanti,ragioneremo, parteciperemo a confronti edibattiti, ci impegneremo a creare Comi-tati per il “No” dovunque e con chiun-que, anche col diavolo. La riformettaliberticida non deve passare. L’Italia nonlo merita.

L’imbroglio del risparmio con l’abolizione del Senatodi GIOVANNI ALVARO

Il Movimento Cinque Stelle vincerà ilballottaggio a Roma e così la gente

sarà accontentata nel suo tentativo sem-pliciotto di dare un calcio alla casta pre-miando, senza criterio, un branco diperfetti sconosciuti per pura ripicca.

Ma i grillini, si sa, sono come il mor-billo: tocca che il Paese si faccia venirequeste benedette bolle per scoprire chesarà anche vero che con la febbre non vaia scuola ma, se stai male, non è poi cosìpiacevole restare a casa. Il centrosinistrainvece ha sostanzialmente limitato idanni in tutta Italia, tranne qualche sin-golo episodio locale (Napoli, Bologna eTorino su tutte) nel quale si avverte inmaniera lampante la lacerazione internaad un partito che non esiste più e chetiene abbastanza solo in qualche quar-tiere bene di Roma, a dimostrazione delfatto che il termine radical chic non èun’invenzione giornalistica.

Il centrodestra dal canto suo sembraun tipico panorama post bomba atomicae, cosa ancor più grave, mostra di nonaver imparato la lezione. I dati parlanomolto chiaro: il centrodestra unito vasempre al ballottaggio (Milano, Varese,Trieste) mentre il centrodestra dilaniatodalla lotta per la successione a Silvio Ber-lusconi perde clamorosamente. Più nellospecifico, su 24 comuni capoluogo di pro-vincia, il centrodestra va 16 volte al bal-lottaggio e vince una volta al primo turno.Il centrosinistra conquista 18 ballottaggi eha vinto al primo turno in tre comuni.

Il Movimento Cinque Stelle sfonda inSicilia e va al ballottaggio in tre grandicittà. Nei 24 comuni capoluogo di pro-vincia, i grillini lambiscono il 10 percento in 4 comuni, sfiorano il 20 percento in 11 comuni e solo in 3 comunisuperano il 20 per cento mentre neglialtri 6 non si sono presentati. Azzar-dando una media nazionale, i pentastel-lati sono al 15,5 per cento perdendoaddirittura un buon 8 per cento rispettoalle elezioni europee, risultato che è tut-tavia mascherato dalla buona perfor-mance di Roma.

Se si considerano anche i capoluoghidi Regione, la sfida tra centrodestra e cen-trosinistra (quella classica) ci sarà per ben17 volte. Di questi, nei comuni ove è re-almente unito ed i candidati sono di spes-sore, il centrodestra rischia di vincerementre i tentativi velleitari sul modellodella Lega a Bologna sono puri scherzistatistici di poco conto. Questo vuol direche, dove c’è uno straccio di ragiona-mento politico, i partiti tengono ed ilM5S arranca (come a Milano dove rag-giunge un deludente 10 per cento). Ra-gion per cui i partiti tradizionali non sonomorti anche se versano in grandissimedifficoltà. Il voto restituisce un quadro incui, se è vero che Forza Italia cola a picco,è altrettanto vero che resta il primo par-tito del centrodestra mentre gli altri com-

ponenti della coalizione mostrano di nonavere la forza necessaria per candidarsiad essere maggioritari nel Paese o percompiere Opa di alcun genere.

Lega e Fratelli d’Italia costituisconoun ottimo argine all’emorragia di voti nelcentrodestra, un fronte in grado di so-vrapporsi alla tesi su cui si basa la prote-sta grillina ma pur sempre unacompagine candidata a stare eterna-mente all’opposizione. Arrivare terzi egioire dicendo di aver quasi vinto è unpo’ pochino, perché un blocco che hacome massima aspirazione quello di ar-rivare secondo non può pretendere dirappresentare la maggioranza degli ita-liani che non si riconosce nella sinistra eche ha ben altre ambizioni di governo delPaese e non briga per fare battaglie di mi-noranza. Questa è l’emulazione del mo-dello Le Pen o dell’austriaco NorbertHofer, i quali arrivano sempre ad unpasso dalla vittoria senza avere mai laforza per raggiungerla. A meno che i pro-tagonisti non si rendano conto che lageografia politica si è profondamentemodificata ed il bipolarismo, così comeeravamo abituati a conoscerlo, non esistepiù avendo ceduto il posto al binomiopolitica – antipolitica in luogo delloschema destra-sinistra. Il tutto causatodall’abbandono del campo da parte deipartiti tradizionali con annessa occupa-

zione dello spazio ad opera del civismopecoreccio.

Ragion per cui, spenti i riflettori diquesta campagna elettorale ed esaurite lefrasi di circostanza secondo le quali cia-scuno ha vinto ma la colpa della disfattaè delle scelte altrui, la strada per rompereil nuovo paradigma è quella dell’unitàsotto le insegne di un unico soggetto po-litico conservatore che non escluda nes-suno e che odori realmente di nuovo. IlPdl era stata una grande intuizione spre-cata dalle diatribe interne per cui, un up-grade del precedente schema potrebbetornare utile a patto che si impari daglierrori del passato. I contenitori sono in-volucri inutili se non regalano un sognoin termini programmatici, se non uni-scono diverse sensibilità, se non consen-tono la partecipazione e se non scelgonole classi dirigenti con meccanismi condi-visi e con leadership in grado di sintetiz-zare tutte le diverse posizioni (capitoSalvini e Meloni? Non si fanno colpi dimano e giochini sui candidati alle ammi-nistrative per imporre la leadership).

D’altronde questo era il sogno di Ta-tarella che di meccanismi elettorali ci ca-piva ed aveva intuito che solo andando“oltre il Polo” si poteva avverare il sognodi un grande partito che portasse stabil-mente il centrodestra ad essere forza digoverno. Il centrodestra invece è tornato

indietro come i gamberi e pretende ditrasformare la frammentazione in puntodi forza inseguendo nicchie ideologichein un’epoca che è fortemente post-ideo-logica. La gente ha chiesto per anniunità, un graduale ricambio (senzastrappi) ed una nuova prospettiva poli-tica, ricevendo di per contro lacerazioni,una totale assenza di programmi e le so-lite facce che pretendono di resuscitaresimboli che appartengono ormai allapreistoria. Per quanto tempo bisogneràcostringerla a votare parvenu come laRaggi per avere la sensazione che qual-cosa stia cambiando? A.A.A. contenitorein grado di rappresentare tutti i conser-vatori cercasi. Astenersi perditempo, pre-potenti, furbi, opportunisti, nani,ballerine, cortigiani, unti dal Signore epresuntuosi. Facendo due conti, ciò si-gnifica rottamare quasi tutto l’esistente.

di VITO MASSIMANO Oltre il Polo, parola di Tatarella

Tutte le forze politiche ricevono daqueste elezioni amministrative indi-

cazioni e ammonimentiCentrodestra – È piuttosto evidente

che il centrodestra torna ad essere com-petitivo quando 1) è unito, 2) è alterna-tivo a Renzi e alla sinistra, 3) si presentacon il volto di uno come Parisi e non conquello del duo Salvini-Meloni…

L’analisi dell'“esperimento” romanoper il centrodestra è piuttosto facile e statutta in un tweet di Francesco Storace(che sosteneva Marchini): “Siamo andaticosì male che almeno non abbiamo sullacoscienza il mancato ballottaggio diGiorgia Meloni”. Già, perché se si trattadella mozione degli affetti e del “celodu-rismo” di destra, può anche commuo-vere il 20 per cento della Meloni “dasola”, ma la realtà è che la prova di forzaper la leadership nel centrodestra è persamalamente. Malamente perché la Me-loni arriva terza staccata da Giachetti esenza nemmeno poter recriminare sulboicottaggio da parte di Berlusconi: ètroppo distante da Giachetti (4 puntipercentuali, 24,8 a 20,7) e troppo pochi(anzi forse nulli) i voti spostati da Berlu-sconi su Marchini, che ha preso più omeno quanto prese nel 2013 da solo. Isuoi voti non sarebbero andati comun-que alla Meloni, nemmeno se Berlusconinon lo avesse sostenuto. Diverso il di-scorso se Marchini avesse preso il 14-16%, o se il distacco della Meloni daGiachetti fosse stato intorno all’uno per

cento, allora sì Giorgia avrebbe potutoprendersela con Berlusconi.

La verità è che Salvini e Melonihanno fatto carte false per giocare suRoma la propria prova di forza, per di-mostrare la loro leadership nel centrode-stra, e hanno preso la legnata. Questonon vuol dire che Berlusconi e Forza Ita-lia se la passino bene, ma la controproval’abbiamo a Milano. La lezione per ilcentrodestra è che con il profilo Salvini-Meloni fai il duro ma arrivi terzo. Perprovare a vincere il profilo giusto èquello di Parisi. Il problema per Salvini èche in città che hanno ovviamente pro-blemi anche grandi, come Milano, matutto sommato funzionicchiano, funzio-nano candidati moderati (più dell’80 percento degli elettori milanesi appoggia leproposte di Sala e Parisi), mentre in cittàallo sbando, dove c’è il caos, come aRoma, lo spazio della protesta lo occupaagevolmente il M5S. Per riassumerla conun tweet, scegliamo quello di Marco Ta-radash: “Un centrodestra di governo puòrinascere solo dal centro(destra). Da Mi-lano insomma, non da Roma”. Uniti, inalternativa a Renzi e alla sinistra, ma conil volto di Parisi, non di Salvini-Meloni.

Roma e Milano – Ma la differenzatra Roma e Milano non è solo il profilodei candidati… È anche, e soprattutto,drammaticamente il profilo degli elet-tori… A Roma manca la borghesia,

manca un ceto produttivo. La maggiorparte delle famiglie dipende da uno sti-pendio pubblico, che sia statale o comu-nale, di un’amministrazione o di unapartecipata. E anche le imprese, ediliziee non, dipendono dalla spesa pubblicaimproduttiva, centrale o comunale.Tanto che tutti i candidati hanno cocco-lato i 60mila dipendenti tra comunali emunicipalizzate (180mila voti con i ri-spettivi famigliari?). Ciò ovviamente nonimpedisce ai romani di lamentarsi dellecose che non vanno, ma la maggior partedi loro è parte del problema.

E i romani vogliono un Marino alcubo. Le motivazioni per cui elesseroMarino nel 2013 sono le stesse per cuioggi votano Virginia Raggi. Attribui-scono al voto per una figura lontana daipartiti tradizionali e autoproclamatasionesta, incorruttibile (che però non siaun ricco signore borghese e belloccio), unvalore palingenetico. Credibilità? Com-petenze? Curriculum? Proposte? Se nefregano… Nessuno forse se lo ricorda,ma già votando Marino i romani ave-vano votato contro l’establishment delPd. Marino si candidò in polemica conil Pd, promettendo indipendenza dai ver-tici, ostentando la sua lontananza dalpartito e la sua provenienza dalla “so-cietà civile”, la sua “moralità”. L’alloraleadership del Pd, bersaniana, aveva ap-poggiato David Sassoli e i renziani Paolo

Gentiloni. Gli elettori di sinistra scelseroMarino alle primarie e i romani lo inco-ronarono col 60 per cento. Solo dopopochi mesi questo 60 per cento erascomparso. Non riuscivi più a trovarneuno che avesse votato per Marino… Daquesto punto di vista, cioè le motivazionidi voto dei romani, la Raggi è un Marinoal cubo e sì, può far peggio dei partiti.Ma statene certi, del 60 per cento con cuiverrà eletta sindaco dopo pochi mesi nonsi troverà nessuno.

Il M5S – Il successo a Roma del M5Sè indiscutibile, così come del ballottaggioa Torino. Eppure, anche per il Movi-mento dal voto arriva alcuni warning.Innanzitutto, continua a non far presasull’astensionismo. L’astensione in cre-scita, quasi la metà nelle grandi città, in-dica che la maggior parte degli elettorischifati dai partiti tradizionali preferiscerestare a casa piuttosto che votare M5S.E con bassa affluenza, le percentuali, ov-viamente, crescono. Inoltre, il M5S rie-sce a inserirsi alla grande nel vuoto delleforze politiche tradizionali e nelle situa-zioni allo sbando come Roma, intercet-tando il voto di protesta, ma non èancora in grado di giocarsi la partita insituazioni “normali”, tra proposte di go-verno credibili.

Renzi – Non che sia andata bene alPd renziano, ma le analisi che sen-tiamo/leggiamo e sentiremo/leggeremo

nei prossimi giorni sono esageratamentenegative. Il voto delle amministrative èsempre più “local” e sempre meno testnazionale. Dipende sempre più dalle re-altà locali e dai candidati sindaci. Ed ègiusto che sia così. E non esistono più daun pezzo le roccaforti. Ormai, se hai go-vernato male una città, o semplicementela gente si è stancata, puoi perdere.Anche a Torino e Bologna. Detto questo,il Pd è in vantaggio a Torino e Bologna,se la gioca a Milano ed incredibilmente èal ballottaggio a Roma dove la situa-zione era davvero disperata (dove vareso merito a Giachetti). Aspetterei, in-somma, prima di parlare di avviso disfratto a Renzi. Prima, dovranno farsiavanti alternative credibili a livello na-zionale: con Salvini da una parte e DiBattista dall’altra può ancora dormiresonni tranquilli.

I “Radicali” – Sono arrivati 1 a Romae Milano. Decidano loro se grazie all’ef-fetto morte di Pannella, a cui hanno fattoampiamente ricorso sia Magi e Bonino aRoma che Cappato a Milano, o nono-stante quell’onda emotiva. Se l’effettoPannella ha contato, a questo si deve ilsuperamento della “soglia psicologica”dell’uno per cento, altrimenti sarebberorimasti sotto. Se viceversa non ha con-tato, allora evidentemente gli elettorihanno saputo ben distinguere tra Pan-nella e i suoi epigoni…

di FEDERICO PUNZI Il centrodestra può ripartire solo da Milano

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4 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 8 giugno 2016Economia

Le monete digitali o criptovalutepermettono di effettuare paga-

menti on-line direttamente da un sog-getto ad un altro, in modo anonimo,senza passare attraverso il sistemabancario e sono gestite collettiva-mente dal network degli utilizzatori (inodi della Rete). Sono il risultato diuna formidabile tecnologia, la block-chain, un database progettato per faretransazioni e assimilabile ad unestratto conto pubblico che confermae convalida tutte le transazioni. L’in-tero network conosce il saldo di ogniportafoglio digitale esistente e invalidaqualsiasi tentativo di manipolazione.Sono frazionabili all’infinito e quindiutilizzabili per ogni tipo di paga-mento. La quantità delle criptovalute,predeterminata da un algoritmo chene riproduce la scarsità, non può es-sere inflazionata. Ciò che resta da ca-pire è se impulsi magnetici, ossia “noncose” possano costituire il fonda-mento di un sistema monetario diun’economia complessa.

Circa due secoli fa, l’uomo d’affaried economista David Ricardo (1772-1823) fece questo ragionamento. Sup-poniamo, scrisse, che in un mercatochiuso circoli un milione di moneted’oro e che ciascuna moneta contengacento grani d’oro fino. Data una certavelocità di circolazione e una certaquantità di merci si avrà un certo li-vello di prezzi. Supponiamo, ora, che ilgoverno tolga da ogni moneta 10grani. Allora ogni moneta non con-terrà che 90 grani ma, malgrado ciò, illivello dei prezzi (cioè il valore dellamoneta) non sarà alterato se lo stessonumero di monete resta in circola-zione. Il governo può continuare a to-gliere oro dalle monete, 20, 30 grani ecosì via, finché tutto l’oro è tolto e lemonete diventano semplici gettonisenza “valore intrinseco”: se la quan-tità non è aumentata, la capacità di ac-quisto della moneta-gettone sarà la

stessa di quella della moneta aurea. Siconclude quindi che anche se la mo-neta è formata da una sostanza privadi qualsiasi utilità diretta, essa con-serva valore (cioè capacità di acquistorispetto alle merci), purché sia emessain quantità limitata. Quindi, in base aquesto ragionamento, anche “gettonimagnetici” come le criptovalute pro-dotte dai computer sarebbero denaro.

Molti, tra cui i creatori delle mo-nete digitali, hanno preso alla letteraquesto celebre esempio, trascurandoche nel sistema ricardiano l’oro nonscompare affatto perché il valore deisostituti monetari (i gettoni), affinchénon si inflazioni, deve essere sempreequivalente a quello della quantitàd’oro che essi sostituiscono nella cir-colazione. L’esempio fu solo un tenta-tivo pedagogico di spiegare il nocciolodella teoria quantitativa (per mante-nere il valore di una moneta bisognalimitarne la quantità) e convinceredella convenienza a usare sostituti mo-netari al posto dell’oro, troppo co-stoso a prodursi per la circolazioneinterna. È l’essenza del Gold ExchangeStandard, ideato proprio da Ricardo edurato fino al 1971. In questo sistemal’oro è il mezzo di pagamento interna-zionale (e l’argento moneta sussidia-ria), serve a saldare i deficitcommerciali e presuppone necessaria-mente un rapporto di conversione coni sostituti monetari di cui impedisceemissioni arbitrarie.

Se si fossero ricordati di tutto que-sto, i creatori delle monete digitaliavrebbero evitato clamorosi errori, ilprimo dei quali è di averne fissato uni-lateralmente ed a priori la quantitàcon un algoritmo. Nella realtà il de-naro non può essere una quantitàfissa. Ricardo, infatti, parla di quan-tità limitata, non fissa e fa riferimento

ad un livello di prezzi e ad una velo-cità. Se chiamiamo P il livello deiprezzi, M la quantità di moneta, V lasua velocità e Q la quantità di merciprodotte, l’equazione P=MV/Q, cheesprime la teoria quantitativa nellasua forma più semplificata, può essererisolta solo dal mercato e non da unalgoritmo. Altrimenti si cade nell’er-rore dei pianificatori che, “regolamen-tando”, ottengono risultati opposti aquelli desiderati.

Se l’offerta monetaria resta fissa, ilvalore dipende ovviamente dalla do-manda e se c’è un’aspettativa di rialzo,si arriva al paradosso di far apprez-zare le valute digitali come quadrid’autore o come francobolli rari, comeinfatti è accaduto dal 2010 al 2013quando i bitcoin si sono rivalutati20mila volte. Chi li ha acquistati hafatto un investimento speculativo.Bene. Ma allora non si tratta di de-naro che è numerario e unità di contola cui caratteristica è la stabilità, nonla volatilità.

Accortisi dell’errore, gli analisti

hanno cercato di modificare l’algo-ritmo in modo da far coincidere do-manda e offerta. Altro ma stessoerrore. La domanda aggregata consi-ste delle domande di milioni e milionidi individui che vengono riadattate co-stantemente in risposta alle continuemutazioni dell’economia, degli stili divita e della tecnologia. Pensare di cal-colarla matematicamente è una folliacollettivista.

Quanto al problema del credito,non è stato neppure sfiorato. Le valutedigitali possono andar bene per micropagamenti, ma non per un’economiacreditizia dove le transazioni non sonoregolate a pronti. I periodi di produ-zione non coincidono con quelli dellevendite, l’attività economica è caratte-rizzata da fluttuazioni, irregolarità esfasature temporali tra spese e redditiche solo il credito, che non è unaquantità fissa, può colmare e stabiliz-zare.

Il denaro non può essere una “noncosa” o un’entità matematica. Il valoredell’oro può essere calcolato in ter-

mini di petrolio e viceversa, in quantoentrambe sono merci che hanno unvalore indipendente. Per misurare va-lori bisogna possedere valore. Come ilmetro è l’unità di lunghezza che mi-sura ogni altra lunghezza e il chilo-grammo è l’unità di misura del peso,la ricchezza deve essere misurata daun’unità di ricchezza. Ora qual è il va-lore che hanno le criptovalute? È il de-rivato di dollari, euro, yen, sterline concui si acquistano ma che non hannovalore indipendente in quanto rappre-sentano debiti di terzi. Che valoreavrebbero, infatti, le monete digitali sele valute da cui derivano perdesserovalore? La risposta è ovvia: quello del-l’oro (o dell’argento), monete reali, leuniche a sopravvivere ad un olocaustomonetario grazie al loro valore indi-pendente.

E allora il futuro possibile e deside-rabile delle monete digitali non puòche essere quello di ancorarle all’oro eall’argento e farle circolare come lorosostituti. La convertibilità conferi-rebbe loro il valore di cui oggi sonoprive, stabilizzandole immediatamentee trasformandole da “non cose” in“certificati informatici” rappresenta-tivi dei preziosi. Hackers e perfino im-pulsi elettromagnetici di un’esplosioneatomica potrebbero annullare la me-moria dei computer, ma non l’oro el’argento custoditi nei depositi. Il cre-dito poggerebbe su una base indipen-dente di ricchezza e non sui debiti. Sitornerebbe al sistema ricardiano, mareso più efficiente dalla tecnologia esi-stente e con la quale si potrebbe final-mente realizzare un sistema dipagamenti alternativo, decentrato,senza frizioni, solvibile e globale. Glianni delle banche centrali e del sistemabancario tradizionale potrebbero es-sere davvero contati.

Quale sarà il futuro delle monete digitali?di GERARDO COCO

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5L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 8 giugno 2016 Esteri

Non è andata proprio giù al pre-sidente turco Recep Tayyip

Erdoğan la risoluzione approvatapochi giorni fa al Bundestag tedescoche riconosce il genocidio della po-polazione armena nell'Impero Otto-mano.

La mozione, passata quasi conl’unanimità dei voti, intitolata “Me-moria e commemorazione del geno-cidio degli armeni e di altreminoranze cristiane 101 anni fa”,era stata presentata da tutti i partitirappresentati al Bundestag. La Can-celliera Angela Merkel, pur appro-vandola, si è astenuta dal voto nonpresentandosi in aula.

Il Bundestag "deplora gli atti com-messi dal governo turco dell'epoca,che hanno portato allo sterminioquasi totale degli armeni" e con-danna "il deprecabile ruolo del Reichtedesco che, in quanto principale al-leato militare dell'Impero Ottomanoe malgrado le esplicite informazioniprovenienti da diplomatici e missio-nari tedeschi riguardo le deportazionie lo sterminio organizzato degli ar-meni, non ha fatto nulla per fermarequesto crimine contro l'umanità", silegge nel testo approvato.

Il voto di Berlino ha suscitato viveproteste in Turchia; centinaia di na-zionalisti hanno manifestato davantialle rappresentanze diplomatiche te-desche ad Ankara e Istanbul, concartelli e striscioni di condanna dellarisoluzione del Bundestag. Ancorapiù violenti i toni usati dal ministroturco della Giustizia, Bekir Bozdağ,che ha evocato il passato nazistadella Germania. Il governo turco harichiamato, per protesta, il proprioambasciatore da Berlino.

Anche il presidente turco Erdoğanha manifestato pubblicamente il pro-prio dissenso e la contrarietà al votodel parlamento tedesco; il genocidioarmeno è usato ormai come “ricattoa tempo” contro la Turchia, ha dettoErdoğan, che ha anche minacciato dilasciare l'Europa al suo destino nellaquestione dei migranti. Erdoğan haaggiunto che la posizione turca sullaquestione armena è stata semprechiara, fin dall'inizio, e che i Turchi

continueranno a respingere le accusedi genocidio nei confronti degli Ar-meni. La Turchia ha infatti semprenegato che i massacri degli armeninel 1915 furono il risultato di unpiano sistematico, cioè di un genoci-dio, e ha anche rifiutato le stime ar-mene secondo cui i morti furono unmilione e mezzo. Per Ankara gli Ar-meni morti furono tra i 300 e i500mila; vittime, secondo la rico-struzione turca, della guerra civile edella carestia che colpì anche la po-polazione turca.

I fatti storici però provano il con-trario. Quando nel 1908 arrivò al po-tere, il Movimento rivoluzionario deiGiovani Turchi volle affermare la su-premazia turca sugli altri popoli del-l’Impero Ottomano, imponendo l'usodella lingua e la religione islamica. GliArmeni che erano di religione cri-stiana e che rappresentavano la riccae operosa borghesia urbana furono

visti come il nemico interno dacombattere ed annientare. Trail dicembre del 1914 ed il feb-braio del 1915, con l'aiuto deiconsiglieri tedeschi, alleatidella Turchia nella Primaguerra mondiale, fu pianifi-cata dunque l'eliminazione si-stematica degli Armeni. Lepopolazioni armene delle cittàfurono deportate nel deserto,in posti lontanissimi; duranteil lungo cammino, centinaia dimigliaia di persone morironodi stenti, a causa della man-canza di cibo ed acqua, moltifurono abbandonati nel de-serto, altri ancora bruciati vivio rinchiusi in caverne. Il geno-cidio armeno è stato ricono-sciuto ufficialmente da moltiPaesi, compresa la Russia. Inalcuni Paesi europei, in Fran-cia e Svizzera, in particolare,

dove è molto forte e attiva la dia-spora armena, la negazione del ge-nocidio armeno è un reato penale.Papa Francesco ha celebrato nel-l’aprile dello scorso anno con unamessa solenne in San Pietro il cente-nario della tragedia armena, par-lando espressamente di “genocidiodegli Armeni” e tra poche settimanesi recherà in missione apostolica aYerevan dove visiterà anche il Museodel Genocidio.

Dal massacro di un milione emezzo di Armeni sono passati ormaioltre cento anni. Tutti i Paesi delmondo che hanno vissuto nella lorostoria dittature o momenti di tiran-nia e folle violenza hanno accettatoil passato terribile, chiesto perdonoper i crimini commessi da uominimorti epoche fa e si sono riconciliaticon il mondo. Forse è arrivato il mo-mento che anche la Turchia possafare questo passo e riconoscere lafollia di eventi storici che appaionodavvero lontani nel tempo; l’onore ela fierezza turche saranno salve, nesiamo certi, così come siamo sicuriche tutto il mondo plaudirà quelpasso e la strada che da Ankaraporta in Europa sarà più breve.

di PAOLO DIONISI

Il genocidio armeno: bestia nera di Erdoğan

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7L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 8 giugno 2016 Web

L’Unione europea (Ue) ha presen-tato, insieme a Facebook, Twit-

ter, YouTube e Microsoft, un“Codice di condotta” per combatterela diffusione “dell’illecito incita-mento all’odio” on-line in Europa. Ipromotori di questa iniziativa so-stengono che a seguito dei recenti at-tacchi terroristici di Parigi eBruxelles fosse necessario un giro divite sui “discorsi di incitamento al-l’odio” per contrastare la propa-ganda jihadista on-line. Glioppositori ribattono che l’iniziativaequivale ad un attacco alla libertà diespressione in Europa. Essi diconoche la definizione di “discorsi di in-citamento all’odio” e “incitamentoalla violenza” è talmente vaga dapoter includere di fatto qualsiasicosa ritenuta politicamente scorrettadalle autorità europee, comprese lecritiche alla migrazione di massa, neiconfronti dell’Islam o anche dellastessa Unione europea. Alcuni mem-bri del Parlamento europeo hannodefinito “orwelliano” il codice dicondotta on-line che prevede che ilmateriale “offensivo” sia rimosso daInternet entro 24 ore e rimpiazzatoda “narrazioni alternative”.

Questo “Codice di condotta” (iltesto integrale è disponibile solo ininglese, N.d.T.) è stato annunciato il31 maggio in un comunicato dellaCommissione europea, il braccio ese-cutivo politicamente indipendentedell’Ue. Ecco una sintesi dell’inizia-tiva: “Con la firma del Codice dicondotta le aziende informatiche siimpegnano a proseguire nei lorosforzi volti a contrastare qualsiasi il-lecito incitamento all’odio on-line.L’adesione comporta l’elaborazionepermanente di procedure interne el’offerta di formazione al personalein modo che sia possibile esaminareentro 24 ore la maggior parte dellerichieste giustificate di rimozione dicontenuti che incitano all’odio, e sedel caso di cancellare tali contenutio di renderli inaccessibili. Le aziendeinformatiche si impegneranno inol-tre per rafforzare l’attuale partena-riato con le organizzazioni dellasocietà civile, che contribuiranno asegnalare i contenuti istiganti allaviolenza e a comportamenti impron-tati all’odio. Le aziende informatichee la Commissione europea si prefig-gono inoltre di proseguire l’opera dielaborazione e promozione di narra-zioni alternative indipendenti, dinuove idee e iniziative e di sostegnodi programmi educativi che incorag-gino il pensiero critico”.

Qui di seguito alcuni estratti delcodice di condotta: “Le aziende in-formatiche condividono l’impegnodella Commissione europea e degliStati membri dell’Ue volto a contra-stare i discorsi illegali di incitamentoall’odio on-line. I discorsi di incita-mento all’odio, come definiti dallaDecisione quadro 2008/913/Gai del28 novembre 2008 sulla lotta controtalune forme ed espressioni di razzi-smo e xenofobia mediante il dirittopenale e le leggi nazionali che la re-cepiscono, implicano qualsiasi com-portamento che istighi alla violenzao all’odio nei confronti di un gruppodi persone, o di un suo membro, de-finito in riferimento alla razza, al co-lore, alla religione, all’ascendenza oall’origine nazionale o etnica... Leaziende informatiche affiancano laCommissione europea e degli Statimembri dell’Ue nell’affrontare lasfida di garantire che le piattaformeon-line non offrano opportunità didiffusione virale di forme illegali diincitamento all’odio on-line. La dif-fusione dell’illecito incitamento al-l’odio on-line si ripercuotenegativamente non solo sui gruppi osui singoli che vengono presi di mira,ma anche su coloro che nelle nostresocietà aperte si esprimono a favoredella libertà, della tolleranza e dellanon discriminazione, e ha un effettoinibitore sul discorso democratico

sulle piattaforme on-line. Se da unlato l’applicazione effettiva delle di-sposizioni che prevedono il reato diincitamento all’odio dipende dal-l’esistenza di un solido sistema di ap-plicazione delle sanzioni penalicontro i singoli autori dei discorsi diincitamento all’odio, dall’altro que-sta azione deve essere integrata dainiziative atte a garantire che appenaricevono una valida segnalazione gliintermediari on-line e le piattaformedei media sociali le esaminano pron-tamente, in tempi idonei, per contra-stare le forme illegali di incitamentoall’odio on-line. Per essere conside-rata valida, la segnalazione dovrebbeessere sufficientemente precisa e ade-guatamente fondata. Le aziende in-formatiche, prendendo la guida nellalotta contro la diffusione delle formeillegali di incitamento all’odio on-line, hanno convenuto con la Com-missione europea un Codice dicondotta che stabilisce gli impegnipubblici che si riportano di seguito:le aziende informatiche predispon-gono procedure chiare ed efficaci peresaminare le segnalazioni riguardantiforme illegali di incitamento all’odionei servizi da loro offerti, in modo dapoter rimuovere tali contenuti o di-sabilitarne l’accesso. Le aziende in-formatiche predispongono regole odorientamenti per la comunità degliutenti volte a precisare che sono vie-tate la promozione dell’istigazionealla violenza ed a comportamenti im-prontati all’odio. Le aziende infor-matiche esaminano in meno di 24ore la maggior parte delle segnala-zioni valide miranti alla rimozione diforme illegali di incitamento all’odioe, se necessario, rimuovono tali con-tenuti o ne disabilitano l’accesso. Leaziende informatiche e la Commis-sione europea, riconoscendo il valoredi voci indipendenti che contrastinola retorica dell’odio e i pregiudizi, siprefiggono di proseguire l’opera dielaborazione e promozione di narra-zioni alternative indipendenti, dinuove idee e iniziative e di sostegnodi programmi educativi che incorag-gino il pensiero critico. L’accordoprevede anche che le imprese ope-ranti su Internet creino una rete di“relatori di fiducia” in tutti e 28 Statimembri per segnalare on-line conte-nuti che “promuovono l’istigazionealla violenza e ai comportamenti im-prontati all’odio”.

Vĕra Jourová, commissaria per laGiustizia, i Consumatori e la Parità

di genere, ha difeso l’iniziativa: “I re-centi attacchi terroristici hanno riba-dito l’urgente necessità di combatterel’illecito incitamento all’odio on-line.Purtroppo i social network sono unodegli strumenti usati da gruppi ter-roristici per radicalizzare giovaniadepti e dai razzisti per diffonderel’odio e la violenza. L’accordo costi-tuisce un importante passo avantiper garantire che la Rete rimanga unluogo aperto all’espressione libera edemocratica, nel rispetto dei valori edelle normative europee. Mi com-piaccio dell’impegno preso dalleaziende informatiche di tutto ilmondo di esaminare entro 24 ore lamaggior parte delle richieste giustifi-cate di rimozione di contenuti che in-citano all’odio, e se del caso dicancellare tali contenuti o di renderliinaccessibili”.

Altri non sono d’accordo. NelRegno Unito, la National Secular So-ciety (Nss) ha avvertito che i pianidell’Ue “si basano su una definizionevaga di ‘discorsi d’incitamento al-l’odio’ e rischiano di minacciare on-line i dibattiti che criticano lareligione”. E ha aggiunto: “L’accordogiunge nel bel mezzo di ripetute ac-cuse lanciate da ex musulmani che silamentano di essere censurati on-linedai social media. Il Consiglio degli exmusulmani della Gran Bretagna haora cominciato a raccogliere i casi dipersone che si sono viste censuraresu Facebook ‘commenti atei, laicistie le opinioni espresse come ex mu-sulmani’ dopo false ‘segnalazioni dimassa’ da parte di ‘cyber-jihadisti’. IlConsiglio ha chiesto ai propri soste-nitori di fornire informazioni detta-gliate ed elementi di eventuali casi dipagine e gruppi che sono stati ‘ban-diti’ (o) sospesi da Facebook per avercriticato l’Islam e l’islamismo”.

Benjamin Jones, responsabiledella comunicazione dell’Nss, hadetto: “Lungi dall’affrontare il pro-blema del ‘cyber jihad’, l’accordo ri-schia di sortire l’effetto esattamenteopposto e di intrappolare ogni di-scussione critica sulla religione sottovaghe disposizioni che disciplinano i‘discorsi di incitamento all’odio’.Non essendo stato adeguatamenteformato, il personale di Facebook eTwitter, magari con i loro pregiudiziideologici, potrebbe facilmente rav-visare accese critiche dell’Islam epensare che si tratta di ‘discorsi di in-citamento all’odio’, in particolare sele pagine o gli utenti sono presi di

mira e segnalati in massa da islami-sti”.

In un’intervista a Breitbart Lon-don, il Ceo di Index on Censorship,Jodie Ginsburg, ha detto: “La nor-mativa sull’incitamento all’odio è giàtroppo ampia e ambigua in granparte dell’Europa. Questo accordonon riesce a definire correttamentecosa sia ‘l’illecito incitamento al-l’odio’ e non fornisce garanzie suffi-cienti per la libertà di espressione.Ancora un volta, ad aziende nonelette viene delegato il potere di sta-bilire ciò che va considerato come unincitamento all’odio e di vigilare suesso – una mossa che garantisce lasoppressione della libertà di espres-sione nella convinzione errata chequesto ci renderà tutti più sicuri.Non è così. Questa decisione serviràsolo a far sì che le idee e le opinioniinaccettabili vengano diffuse ‘clande-stinamente’, e pertanto sarà più dif-ficile controllarle o contestarle. Cisono stati casi precedenti di rimo-zione dei contenuti a causa di puntidi vista invisi o offensivi e questo ac-cordo rischia di amplificare il feno-meno di cancellare contenuticontroversi – anche se legali – tra-mite un abuso o un uso improprio diprocedure di notifica”.

Una coalizione di organizzazionia difesa della libertà di espressione,formata da European Digital Rightse Access Now, ha annunciato la de-cisione di non partecipare alle futurediscussioni con la Commissione eu-ropea, asserendo che “non abbiamofiducia nello sconsiderato ‘Codice dicondotta’ che è stato approvato”. Uncomunicato stampa fa presente che:“In breve, il ‘Codice di condotta’sminuisce la portata della normativa,conferendo un ‘ruolo guida’ alleaziende private alle quali è chiesto diapplicare in modo arbitrario le con-dizioni di servizio. Questa proce-dura, stabilita al di fuori di unquadro democratico responsabile,utilizza regole ambigue in materia diresponsabilità per le aziende che ope-rano on-line. Crea anche gravi rischiper la libertà di espressione, poichécontenuti legali – ma controversi –possono essere cancellati a causa diquesto meccanismo di disattivazionevolontario e irresponsabile. Ciò si-gnifica che questo ‘accordo’ tra unnumero esiguo di aziende e la Com-missione europea rischia di violare laCarta dei diritti fondamentali del-l’Unione europea (in base alla quale

le restrizioni ai diritti fondamentalidovrebbero essere stabilite dallalegge) e in termini pratici ribalterà lagiurisprudenza della Corte europeadei diritti dell’uomo sulla difesa dellalibertà di opinione”.

Janice Atkinson, parlamentare in-dipendente della regione del SouthEast England, lo ha sintetizzato così:“È orwelliano. Chiunque abbia letto‘1984’ vede la finzione diventare re-altà”.

Già prima di siglare il codice dicondotta dell’Ue, i grandi socialmedia hanno preso severi provvedi-menti contro la libertà di espres-sione, spesso per volere dei governistranieri. Nel settembre del 2015, daun microfono aperto si era sentito laCancelliera tedesca Angela Merkelchiedere in diretta all’amministratoredelegato di Facebook Mark Zucker-berg che cosa lui stesse facendo perimpedire le critiche mosse alla suapolitica delle “porte aperte” agli im-migrati. Nel gennaio del 2016, Face-book ha lanciato una “iniziativa delcoraggio civile on-line” rivolta aisuoi utenti tedeschi e finalizzata alla“lotta contro l’incitamento all’odio el’estremismo su Internet”.

In un articolo scritto per il Gate-stone Institute, l’opinionista britan-nico Douglas Murray ha rilevato chel’attacco lanciato da Facebook aicontenuti ‘razzisti’ sembra “includerequalsiasi tipo di critica mossa alla ca-tastrofica politica dell’Unione euro-pea in materia di immigrazione”.Egli ha scritto: “Avendo stabilito cheanche i commenti ‘xenofobi’ espressiin reazione alla crisi migratoria sono‘razzisti’, Facebook ha trasformatol’opinione della maggioranza deglieuropei (che, va sottolineato, sonocontrari alle politiche della cancel-liera Merkel) in un’opinione ‘razzi-sta’, e così facendo condanna lamaggioranza degli europei taccian-dola di ‘razzismo’. Questa è una po-litica che contribuirà a spingerel’Europa verso un futuro disa-stroso”.

Facebook ha anche preso di miragli autori del Gatestone Institute. Nelgennaio del 2013, Facebook ha so-speso l’account di Khaled Abu Toa-meh dopo che si era occupato dellacorruzione in seno all’Autorità pale-stinese. L’account è stato riaperto 24ore dopo, ma con due post cancellatie nessuna spiegazione del perché.Abu Toameh ha scritto: “È ancorauna questione di censura. Decidonociò che è accettabile. Ora dobbiamostare attenti a ciò che postiamo econdividiamo. Questo significa chenon possiamo più criticare i governiarabi?”.

A giugno di quest’anno, Face-book ha sospeso l’account di IngridCarlqvist, esperta svedese del Gate-stone, dopo che lei ha postato unvideo di Gatestone intitolato “Mi-granti: un’epidemia di stupri in Sve-zia”. In un editoriale, Gatestone hascritto: “L’enorme pressione eserci-tata dai lettori del Gatestone ha atti-rato l’attenzione dei media svedesiche hanno iniziato a parlare della ri-gida censura esercitata da Facebook.Si è verificato un effetto boomerange Fb è diventato più conciliante.L’account di Ingrid è stato riattivato,senza alcuna spiegazione né scuse.Paradossalmente, la censura delvideo di Ingrid ha catturato l’atten-zione del pubblico. Per il momento,Facebook e l’Ue hanno fatto marciaindietro. Ma sono fermamente in-tenzionati a impedire la diffusione diidee a loro non gradite. Tornerannoa colpire”.

(*) Gatestone Institute

di SOEREN KERN (*) L’Unione europea dichiara guerra alla libertà di espressione su Internet

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