MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE...

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Francesco e i poveri Dall’Argentina: il Papa vuole che si faccia rumore Azzardopatie Malati di gioco, chi paga il conto delle cure? Mali Soffocato da guerra e povertà, il peggio deve ancora venire? Italia Caritas POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVI - NUMERO 4- WWW.CARITASITALIANA.IT maggio 2013 La crescita squilibrata del mercato immobiliare, in Spagna, ha inasprito gli effetti della crisi. Mostruoso record di senza casa. Mentre i giovani non trovano lavoro Lo sfratto dopo la bolla

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Francesco e i poveri Dall’Argentina: il Papa vuole che si faccia rumoreAzzardopatie Malati di gioco, chi paga il conto delle cure?Mali Soffocato da guerra e povertà, il peggio deve ancora venire?

Italia Caritas

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MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVI - NUMERO 4 - WWW.CARITASITALIANA.IT

maggio 2013

La crescita squilibrata del mercatoimmobiliare, in Spagna, ha inasprito gli effetti della crisi. Mostruoso record di senza casa. Mentre i giovani non trovano lavoro

Losfrattodopo la bolla

Mensile della Caritas Italiana

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Italia CaritasdirettoreFrancesco Soddudirettore responsabileFerruccio Ferrantecoordinatore di redazionePaolo Brivioin redazioneUgo Battaglia, Paolo Beccegato, Salvatore Ferdinandi,Renato Marinaro, Francesco Marsico, SergioPierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolohanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, Roberta Dragonettiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona CorvaiastampaOmnimediapiazza Ferriera, 1 - 00015 Monterotondo Scalo (Rm)tel. 06 83962660 - fax 06 92912363sede legalevia Aurelia, 796 - 00165 Romaredazionetel. 06 [email protected]. 06 66177215-249inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie [email protected] abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di RomaChiuso in redazione il 27/4/2013

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected])per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

PROSSIMITÀ,PER IL BENEDEL PAESE

editoriali

tornano alla comunità, restituendo emoltiplicando conoscenza, condivi-sione, accompagnamento.

Sostanza alla comunioneIn questo momento difficile per il pae-se, in cui la crisi morde sempre più, al-la Caritas, presente in modo capillareaccanto alle persone, spetta una gran-de responsabilità: continuare a daregambe, braccia e idee alle relazioni.Una responsabilità che non va delega-ta, perché ognuno può e deve essereprotagonista del cambiamento versoil bene comune. A una generalizzatapovertà di senso, siamo chiamati a restituire una vita carica e ricca di senso.

A Montesilvano ci siamo confrontati a partire dal nostro ruolo di animazionee azione in una prospettiva educativa. Molti gli elementi di sfondo, a livello ec-clesiale: l’Anno della fede, il decennio sull’educare, gli orientamenti dati da Be-nedetto XVI nel quarantesimo di Caritas Italiana e le prime indicazioni di papaFrancesco, con l’auspicio di una «Chiesa povera e per i poveri».

Tutti abbiamo dato qualcosa di importante, tutti abbiamo contribuito allariuscita del convegno. In un certo qual modo, si è lavorato per dare sostanza econsistenza alla comunione, propedeutica al Canto della carità come è espres-so da san Paolo nel capitolo 12 della prima lettera ai Corinzi. A questo punto,tutto ciò che conseguirà a tale metodo di lavoro non potrà che essere un nuovoinno alla carità. Quello che sapremo ancora e sempre esprimere con la nostraopera credibile, all’interno della Chiesa, quindi nella società.

Il Convegno, insomma, non è finito. Ricomincia ogni giorno, è un viaggioche continua in una Chiesa della carità, che ha bisogno di “testimoni di uma-nità” e di una “fede operosa”. Per un paese più solidale e accogliente.

ccordare il nostro passo alcammino che ci attende, rico-noscendo il valore ecclesialedella nostra rete territoriale, sia

in termini di responsabilità che di ri-sorsa, a servizio dei poveri, della Chie-sa e del paese, che vive tuttora mo-menti di grave incertezza. È questol’orizzonte su cui lavorare, con atten-zione alle fasce più deboli, alle giovanigenerazioni e al loro percorso educa-tivo, incoraggiati dal ricco confrontodel recente convegno nazionale.

«All’uomo infatti è diretto il servi-zio della Chiesa come quello dellostato, nella piena distinzione e auto-nomia, nonché nella reciproca e lealecollaborazione per il bene del paese»:con queste parole la Presidenza dellaCei ha salutato la rielezione del presi-dente Giorgio Napolitano. Tutto que-sto ci impone di intensificare la giàcapillare rete di prossimità che, comesottolineò lo stesso Napolitano nelmessaggio per i 40 anni di Caritas Ita-liana, rappresenta «una risorsa di altovalore etico per la coesione sociale elo sviluppo economico del paese».

Sguardo al pianetaMa in un quadro di crisi globale in cuivengono toccati i valori più profondidella vita umana, non possiamo nonallargare lo sguardo agli squilibri e alletroppe aree di sofferenza del nostropianeta. Incoraggiati dalle parole di pa-pa Francesco, siamo chiamati ad esse-re «Chiesa povera e per i poveri» in tut-te le periferie del mondo, attraversouna presenza che sa essere testimo-nianza credibile, rivolgendosi ai biso-gni emergenti e più scoperti; rafforzan-do la dimensione preventiva e di cono-scenza dei diritti; aiutando le personead aiutarsi e a essere protagoniste.

A Montesilvano, per il loro 36°

convegno nazionale,rappresentanti di

161 Caritas diocesane. In un momento difficile

per il paese, in cui lacrisi morde sempre più,ognuno e ogni azione

dev’essere protagonistadel cambiamento verso

il bene comune

Adi Francesco Soddu di Giuseppe Merisi

NOI, RESPONSABILIDI DARE BRACCIAALLE RELAZIONI

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l 36° Convegno delle Caritas in Italia si è concluso, ma continua ognigiorno, grazie all’impegno di tante persone nei territori. A Monte-silvano (Pescara), dal 15 al 18 aprile, eravamo più di 600, da 161 dio-

cesi, e ognuno ha portato un pezzetto della sua esperienza e del suo la-voro e se n’è andato con un po’ più di conoscenza, di condivisione, disperanza. “Paese che vai, Caritas che trovi” è stato lo slogan scelto per iprogetti diocesani presentati, in cinque ambiti: migranti, famiglie, per-sone in solitudine, giovani, persone che sperimentano dipendenze. Sitratta di progetti che nascono nella comunità, dalle relazioni, dalla con-divisione dei vissuti, dall’esperienza concreta di servizio. E soprattutto

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UN BUON FINENON HA FINE

. facendo conoscere la nostra attività e la nostra rivista. inviando offerte per i nostri progetti . predisponendo testamento in favore di Caritas Italiana (a tal proposito, puoi richiedere informazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma,tel.06.66.17.72.05, fax 06.66.17.76.01, e-mail: [email protected])

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Giuseppe Merisi

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

9 databasedi Walter Nanni

13 dall’altro mondodi Marco De Giorgi

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia TERRA FUTURA

24 poster FRAGILE MALI

30 mercati di guerradi Paolo Beccegato

35 contrappuntodi Giulio Albanese

39 zero povertydi Laura Stopponi

41 panoramamondo RISPARMI ED ETICA

45 a tu per tuEDOARDO WINSPEARE:«L’ANIMA DI DON TONINO» di Danilo Angelelli

47 generatoridi speranzaDON PINO, MARTIRE BEATOdi Francesco Montenegro

nazionale6 IL PAPA VUOLE

CHE SI FACCIARUMOREdi Cristina Calvo

10 I FONDAMENTIDEL NOSTRO SERVIZIOdi Giovanni Nervo

14 MALATI DI GIOCO,CHI PAGAIL CONTO?di Francesco Chiavarini

17 OPG, ALTRA PROROGA.CHI PROGETTAALTERNATIVE?di Cinzia Neglia

internazionale26 SPAGNA:

PAESE DI SFRATTATI,VITTIME DELLA BOLLAdi Walter Nannie Manuel Tori

31 IL MALI NELLA SPIRALE,IL PEGGIODEVE VENIRE?di Moira Monacelli

36 FORUM SOCIALE MONDIALE:RACCOMANDAZIONIPER UN MONDO “MOBILE”di Maria Chiara Cugusie Roberto Guaglianone

anno XLVI numero 4

IN COPERTINADa un appartamento di Madrid,una dimostrante urla slogan per bloccare lo sfratto della famiglia che abita l’alloggio ma non riesce a pagare l’affittoAP Photo / Daniel Ochoa de Olza

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dell’inviato. È l’esperienza del Risorto che si è chiamati acondividere, affinché altri fratelli possano a loro volta di-venire discepoli. Ma il cammino del discepolo è sospintoe sorretto da una parola che dichiara: «Io sono con voi tut-ti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Non è lapromessa di un futuro, ma l’attestazione di un presente edi una presenza che accompagna il tempo dell’andarecon la certezza che l’alleanza nuova, sancita nella carnedell’Emmanuele, il Dio con noi (Mt 1,23), non verrà maimeno, anzi: sarà l’ultima parola di Dio sulla nostra storia.

Viene annunciato, insomma, l’Evangelo che camminafino «ai bordi della realtà», fino ai confini del mondo e deltempo. È l’annuncio di una gioia che può raggiungere ifratelli solo se portata dai piedi e dal cuore di chi osa cre-dere all’impensabile e all’impossibile: l’evento di una vitarisorta, scaturita per grazia dalla morte.

serie di nozioni o precetti. Si trattapiuttosto di donare la grazia del di-scepolato, rendendo partecipi tutti eciascuno di quella comunione con ilRisorto che gli undici hanno vissutoin prima persona.

L’esperienza della sequela del mae-stro si condensa adesso nell’incontrocon il Vivente su uno dei monti dellaGalilea, dove Gesù dice di sé: «A me èstato dato ogni potere in cielo e sullaterra» (28,18). Egli si presenta come ilSignore, il Figlio che ha ricevuto dallamano del Padre «ogni potere»; èun’immagine di comunione e speran-za. Comunione, perché il potere rice-vuto da Gesù è radicalmente diversodal dominio o dal comando: egli stes-so aveva detto che il suo potere eraquello di perdonare (Mt 9,6) e di vin-cere il male (Mt 10,1), cioè il potere dipromuovere – attraverso questi gesti –azioni di giustizia che possano com-piere le attese dei piccoli; ecco perchéè anche un’immagine di speranza.

Questo è il volto di Colui che orainvia i suoi, chiedendo di andare. E seil discepolo sarà come il maestro,questo dovrà essere il volto e il potere

parolaeparoledi Benedetta Rossi

a nostra gente gradisce (…) quando il Vangelo che predi-chiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scendecome l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando

illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele èpiù esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fe-de» (papa Francesco). Nelle parole del papa venuto “quasi dalla finedel mondo”, risuona forte l’invito a vivere il Vangelo in cammino,andando verso i fratelli ancora ai margini, collocati nei limiti talvol-ta scomodi, o difficili da raggiungere.

Con chiarezza si sente l’eco della voce del Maestro, che dalle ultime

L’ANNUNCIO DELLA GIOIAFINO AI CONFINI DEL MONDO

righe del vangelo di Matteo giunge finoa noi: «Andate, e fate discepoli tutti i po-poli» (28,19). È un invito destinato agliundici, a cui si chiede – dopo gli eventisconvolgenti di Pasqua – di tornare inGalilea per un appuntamento fissato eannunciato dalla bocca delle donne(28,9-10), prime testimoni del Risorto,che si fa incontro ai discepoli mentrestanno correndo, lungo una strada.

La Vita Risorta è in movimento einevitabilmente invita ad andare: laprima meta è proprio la Galilea, la terrada dove era cominciata l’avventuradietro a quel Maestro che un giorno,camminando sulla riva del lago, aveva invitato: «Venite die-tro a me» (4,19). Si riparte da qui, ma adesso la meta si al-larga a dismisura: per chi, dopo aver attraversato la desola-zione arida del Gòlgota, ha ancora il coraggio di camminare,non c’è più solo la Galilea. Non si fissano limiti e neppure sistabiliscono in partenza mete preordinate da raggiungere:il Risorto invita semplicemente a camminare, ad andare.

Potere che promuove giustiziaQuesta volta non ci sono i panni del maestro a cui stareaggrappati, non ci sono più le sue orme da seguire sullastrada che conduceva verso Gerusalemme; c’è un oriz-zonte ampio da raggiungere: il volto dei fratelli, «tutti ipopoli», senza esclusione alcuna. All’invito ad andare siaccompagna l’indicazione di una missione: «Fate disce-poli». Non si tratta di ammaestrare, né di trasmettere una

Vivere il vangelo in cammino. È la prima

esortazione di papaFrancesco. E riecheggia

l’invito rivoltodal Risorto agli undici,dopo i fatti di Pasqua.

Non è la promessa di un futuro,

ma l’attestazione di un presente fondatosu un’alleanza nuova

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al cambiamento di cinque presidenti inun mese. La povertà raggiunse il 50%della popolazione. Il default finanziariotolse e tagliò la possibilità di credito e direlazioni con il resto del mondo.

Sebbene Bergoglio, in quel momen-to, non fosse ancora presidente dellaConferenza episcopale argentina, eraperò parte dell’organismo assemblearedei vescovi, che ebbe il delicato compi-to di decidere se la Chiesa dovesse fareparte o meno di quel “Tavolo” tripartito,in un momento di estrema gravità, du-rante il quale la Chiesa poteva restarecontaminata dalla corruzione politica,in quanto la transizione presidenzialeera in carico alla stessa dirigenza cheaveva portato l’Argentina al declino.

Ricordo che tale importante deci-

sione fu presa a partire della paraboladel “buon samaritano”. L’Argentinarappresentava il ferito grave sul cigliodella strada e si poteva scegliere di te-nere l’atteggiamento del sacerdote, dellevita e di coloro che pensano «Chesuccede se lo aiutiamo?». Oppure sipoteva scegliere di tenere l’atteggia-mento del samaritano, che pensa alcontrario: «Che succederà al paese senon ci impegniamo?». E la Chiesa ar-gentina optò per l’atteggiamento delsamaritano: impegnarsi era pericolo-so, ma era più rischioso non farlo.

Coraggio e luciditàL’atteggiamento che oggi vediamo inpapa Francesco rispecchia il grandecoraggio e la grande lucidità che han-no sempre caratterizzato l’attività delcardinale Bergoglio. Già in pochissi-me settimane, papa Francesco, con lasua testimonianza e con le sue parole,ha lanciato alcune proposte program-matiche che preannunciano un nuo-vo modo di essere Chiesa in tutto ilmondo, con la prospettiva che non re-stino solo dichiarazioni di intento: lavolontà di gettare ponti, l’apertura aldialogo, uno stile di sobrietà, l’opzio-ne per i poveri, l’armonia con il creato,l’apertura alla collaborazione, alla fra-ternità, alla costruzione della pace at-traverso la verità. Non sono temi nuo-vi per il papa, dal momento che eranogià temi chiave nell’insegnamento enell’azione del cardinale Bergoglio.

Ricordare alcune sue parole del pas-sato può servire a convalidare il presen-

A volte, addirittura lo infastidiva quandoalcuni laici si occupavano troppo di “sacrestie” e meno dei “problemi

della strada”. Ci ha stimolati a “fare rumore nella società”, per provare a trasformarla

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te. Nell’anniversario di un incendio ne-fasto che interessò una discoteca diBuenos Aires, l’allora arcivescovo disse:«Veniamo a piangere, piangere per piùdi 194 morti. Veniamo a piangere per lanostra città, che non piange ancora. Lanostra città, che non ha lacrime di ma-dre per quei figli che oggi ricordiamo eper tanti altri che essa abbandonò.Questa città vanitosa, sbadata, orgo-gliosa. Questa città che maschera le fe-rite dei suoi figli perché non la faccianosoffrire. Non le cura, le nasconde. Que-sta città, che nasconde i suoi anzianidenutriti, li emargina perché non vuolevedere la sofferenza di quelli che ci die-dero la vita. Una città che abbandona isuoi bambini, che elegantemente chia-ma “bambini di strada”. Ma li evita e litrascina in strada» (omelia del dicem-bre 2009 in occasione dell’anniversariodella tragedia del Cromagnon).

Un nome, una profeziaAnche in altri ambiti le sue parole sonosempre state chiare. Anche se rivolte al-la situazione argentina, sono rivelatricisu scala più ampia, rilette oggi. Riguar-do alla politica ha detto: «Una politicasenza attenzione per gli altri, senza pas-sione per il bene, finisce per essere unrazionalismo della negoziazione o l’avi-dità per il solo desiderio del potere. (…) Qui non c’è etica possibile, semplice-mente perché l’altro non suscita inte-resse» (Te Deum, 25 maggio 2012).

Il nuovo papa, da arcivescovo, nonha trascurato le grandi questioni socia-li. Reclamando pane e lavoro per tutti:«Che spregevole è colui che si arricchi-sce solo per il suo “oggi”, colui che ha uncuore piccolissimo di egoismo e pensasolo ad accaparrare ciò che non potràportare con sé dopo la morte. Perchénessuno porterà con sé nulla. Non ho

Poveri. Periferie.Sobrietà. Temi subitocentrali nelle parole e nei gesti di papaFrancesco. Chi lo conosce “da prima”,non si sorprende di manifestazioni che sono una profeziadi cambiamento:preannunciano un nuovo modo di essere Chiesa

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opinione pubblica mon-diale viene continuamentesorpresa, in questo inizio dipontificato, dai gesti e dagliatteggiamenti di papa

Francesco. Ma non c’è dubbio che peril cardinale Jorge Mario Bergoglio essierano abituali. Da sempre l’ex arcive-scovo di Buenos Aires è solito a questostile. A volte con una grazia tutta parti-colare, impreziosita dall’allegria e dallaconfidenza con tutti, dalla volontà diuna relazione diretta con ogni personae con il mondo intero, che ricambiava– come ora – con simpatia e fiducia.

Personalmente, ho avuto occasionedi condividere con il cardinale Bergo-glio alcuni momenti cruciali per la no-stra terra, l’Argentina. Bergoglio avevamolto rispetto per l’identità e la mis-sione laicale, e l’impegno nella Chiesadei laici. A volte, addirittura lo infasti-diva quando alcuni laici si occupava-no troppo di “sacrestie” e meno dei“problemi della strada”. Egli ci ha sem-

pre stimolati a “fare rumore nella so-cietà”, per provare a trasformarla.

Ricordo le diverse volte in cui mi hainvitata all’Assemblea generale dellaConferenza episcopale argentina (di cuiè stato presidente per due mandati, dal2005 al 2011, ndr) per esporre il miocompito e il mio lavoro in Caritas. Luimi ascoltava attentamente, interessatoe con riconoscenza. Questo, per me, co-me donna e come laica, ha rappresen-tato sempre una grande motivazione.

Optò per il samaritanoQuando ricoprivo il ruolo di Coordina-trice nazionale della Caritas dovettipartecipare al coordinamento della“Tavola per il dialogo argentino”: unospazio condiviso tra Chiesa, stato e Na-zioni Unite, allestito con l’unico fine dicreare e suggerire percorsi d’uscita dal-la profonda crisi che ha interessato esconvolto l’Argentina nel 2001. Fu,quella, la crisi più prolungata e profon-da della storia del paese. Essa condusse

L’

nazionale chiesa

di Cristina Calvoeconomista, coordinatrice di Caritas Argentina (2000-2007)

si facciaIl papa vuole

rumoreche

databasedi Walter Nanni

verticale e orizzontale; è cresciuto ilpart time solo nella componente invo-lontaria (soprattutto nel settore com-mercio e ristorazione e nei servizi allefamiglie); si è acutizzato il sottoutilizzodel capitale umano.

Nel 2011 il ritmo di perdita del lavorofemminile è diminuito di intensità (-45mila occupate nei primi tre trimestri2011) ma si è assistito a un ulteriorepeggioramento per le giovani, che vivo-no una situazione più critica di quelladei loro coetanei maschi. Le ragazze,infatti, sono più precarie (35,2% sonodipendenti a termine o collaboratrici,contro il 27,6% dei maschi), se laureate sono più sottouti-lizzate (il 52% svolge un lavoro per il quale è richiesto un ti-tolo di studio inferiore a quello posseduto, contro il 41,7%dei maschi) e guadagnano meno (892 mila euro di retri-buzione netta mensile, contro i 1.056 euro dei maschi).

Dimissioni imposteNel 2012 quasi 1 donna su 5 al sud era disoccupata, unaquota in crescita del 3,2% rispetto al 2011. Il 19,3% delledonne nel Mezzogiorno, loro malgrado, non lavora. La per-centuale aumenta considerando la fascia d’età 15-24 anni(49,9% al sud, +5,2% sul 2011). Trale donne inattive, nel 2012 rispetto al2011 sono aumentate dell’8,6% quel-le che non ritengono di riuscire a tro-vare lavoro, rassegnate all'inattività.

Se le donne sono straniere, la situa-zione è ancora più critica: nel periodo

(l’8,7% delle donne che lavorano o hanno lavorato) le ma-dri che hanno dichiarato di essere state licenziate o messein condizione di doversi dimettere, a causa di una gravi-danza; hanno poi ripreso l’attività solo 4 madri su 10 (1su 2 al nord e poco più di 1 su 5 nel Mezzogiorno).

Le interruzioni imposte dal datore di lavoro riguardanopiù spesso le generazioni giovani: ha abbandonato il lavoroil 6,8% delle donne nate tra 1944 e 1953, e il 13,1% diquelle nate dopo il 1973. Soprattutto per le giovani, le di-missioni in bianco coincidono quasi con il totale delle in-terruzioni, che dunque non sono una libera scelta.

DONNE AL LAVORO,UN DIRITTO NEGATO

considerato si è registrato un calo del9% di donne straniere occupate ed èaumentato il tasso di disoccupazione(nel 2010 era il 13,3%, contro il 9,3%del 2009). A causa della mancanza direte familiare o per motivi culturali, iltasso di occupazione è più basso inpresenza di figli (42,7%, contro il50,6% di chi non ha figli). Si registra-no forti differenze del tasso di occupa-zione per comunità: è superiore al90% tra le filippine e inferiore al 35%per albanesi e marocchine. Più dellametà delle straniere occupate svolgeun lavoro non qualificato (58%, con-tro il 9% delle italiane) e oltre una stra-niera su due svolge un lavoro per cui èrichiesto un titolo di studio inferiore aquello posseduto (51,1%, contro il19,8% delle italiane). Infine, la con-centrazione in lavori poco qualificaticomporta basse paghe mensili: 788euro, contro 1.131 euro delle italiane.

Infine, anche tra le donne italianesono frequenti le situazioni di “lavoronegato” in relazione a una gravidanza.Tra le madri, il 30% interrompe il la-voro per motivi familiari, contro il 3%dei padri. Sono circa 800 mila

Istat ha recentemente diffuso dati relativi al lavoro delle don-ne in Italia, ampliando le informazioni già presentate al Cnel,in occasione (era il febbraio 2012) degli Stati generali sul la-

voro delle donne in Italia. Lo studio recente ha evidenziato che la crisiha aggravato i problemi strutturali dell’occupazione femminile: nelbiennio 2008-2010 essa è diminuita di 103milaunità (-1,1%). Inol-tre, inquietano una serie di elementi: è diminuita l’occupazione qua-lificata (-270 mila unità) ed è aumentata quella non qualificata(+218 mila); nell’industria diminuiscono più le donne (-12,7%)che gli uomini (-6,3%); sono aumentati i fenomeni di segregazione

Occupazione in calo.Precarietà in aumento.

Discriminazionirispetto ai colleghimaschi. L’accesso

al lavoro, per le donned’Italia, è stato

reso ancor più difficiledalla crisi. E perchi vive al sud e

le straniere, i problemisono ancora più acuti

L’

Meno occupate, più precarie42.223 l’occupazione tra le donne nel periodo 2008-2010 (-1,1%)35,2% le dipendenti a termine o collaboratrici; i maschi precari sono il 27,6%30% le donne che interrompono il lavoro per gravidanza; i padri sono il 3%

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accumulare potere occasionale, pro-voca disintegrazione. Dal disinteresseche implica sapersi piccoli, ma fidu-ciosi, nasce invece la gioia di costruireinsieme la grandezza della patria» (TeDeum, 25 maggio 2012)

Francesco: il nome del nuovo papa

mai visto un camion in movimentodietro un corteo funebre. Mia nonna cidiceva: “Il sudario non ha tasche”» (Fe-sta di San Cayetano, 7 agosto 2012).

Idee chiare anche sul potere: «Lasuperbia del “si salvi chi può” o del-l’approfittare dello smarrimento per

nazionale chiesa

non è dunque solamente inedito nellastoria della Chiesa, non è solo un an-nuncio. È – se ancora non lo avessimocapito – una profezia di cambiamen-to. E una chiamata ad accompagnarlotramite il nostro impegno politico, so-ciale e di cittadinanza.

l santo d’Assisi e il nuovo papa.Entrambi. Insieme, dentro la stes-sa profezia biblicamente intesa: ilprimo incarnandola esemplar-mente, il secondo per imitazione.

Secondo gli esegeti, gli elementi ca-ratteristici della profezia si possono ri-condurre a cinque: l’iniziativa e la chia-mata divina per una specifica missione;la trasformazione interiore per acco-glierla docilmente e disporsi a viverla; ilrapporto con il Signore, per esserne“presenza” autentica e “voce” autorevo-le; la lettura critica della storia, il discer-nimento nella fede dei segni, l’orienta-mento a Dio; l’abitare così profonda-mente il presente di Dio, da saperneprefigurare e additare il futuro.

Francesco d’Assisi è stato e continuaa essere ritenuto profeta, nella Chiesae per il mondo, a giudizio di molti, perla convergenza di tali caratteristichenella sua vocazione e missione. In pri-mo luogo, la chiamata, nel segno delCrocifisso, ora custodito nella Basilicadi Santa Chiara: «Va’, ripara la mia casache, come vedi, va tutta in rovina!».

Quindi l’interiore trasformazione,quando Francesco «smise di pensare ase stesso» e poco dopo «uscì dal mon-do». Racconta nel Testamento: «Il Si-gnore mi condusse a loro (i lebbrosi,

ndr) e ciò che prima mi sembrava ama-ro, mi fu cambiato in dolcezza d’animae di corpo». Il successivo elemento èconseguente: l’incontro con il Signorenel silenzio e nella preghiera, lontanodal frastuono, e la scoperta del Vangelocome unica, radicale, regola di vita, sen-za interpretazioni addomesticate («sineglossa»), senza commenti e aggiunte.Sarà un predicatore stimato del Vange-lo, facendo traboccare le parole dal cuo-re, da innamorato di Gesù. Infine, piùche spietato giudice della storia, è unoche in modo acuto ne rileva il male, ilpeccato, che separa da Dio, indica lanecessaria fiducia nella Chiesa, dellaquale vuole «essere sempre suddito esoggetto». E in ordine all’eternità, o alle

Gli elementi tipici della profezia sono cinque. Li ha incarnati il grandesanto medievale. E il loro “peso” è ben presente al nuovo pontefice

Nella pelle dei poveri,profezia che rimanda al santo d’Assisi

Idi ✠ Paolo Atzei francescano, arcivescovo di Sassari

UMILTÀ E INNOVAZIONEFrancesco lava i piedi, il GiovedìSanto, ai minori detenuti a Roma

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San Francesco d’Assisi ha amato i poveri in sé e per sé, come sono, dando all’iniziotutti i suoi beni, poi vivendo la loro stessa

condizione di vita, ossia mettendosi dentrola loro pelle e la loro situazione sociale

realtà ultime, escatologiche, eccoloesortare i frati a ricominciare sempre:«Cominciamo, fratelli, perché finoraabbiamo fatto poco o nulla di buono».

Folgorazione che fa benePapa Bergoglio, scegliendo il nome diFrancesco, in modo ispirato e convin-to, ne conosce bene il “peso” profetico.Non Francesco Saverio, né quello diSales, ha detto, ma Francesco d’Assisi:«In relazione ai poveri», «alle guerre»,«alla pace», «al creato», lui il custode,l’amante e il fratello di ogni creatura.Indubitabile l’ispirazione profetica delnome, la profonda interiorità e spiri-tualità evangelica, la dedizione ai po-veri e la chiara preferenzialità, e non daoggi, da parte del nuovo pontefice; so-prattutto la sua pastoralità: l’amore e latenerezza del Pastore che conosce,chiama, conduce al pascolo, difende,tiene unite le pecore, per le quali dà lavita. Un pastore, come ha detto il Gio-vedì santo, «con l’odore delle pecore».

Da francescano, lodo il Signore perla “folgorazione sanfrancescana” di pa-pa Bergoglio. Ne sono orgoglioso an-ch’io, anzi mi fa bene! E colgo l’occasio-ne per ricordare alla Caritas che SanFrancesco d’Assisi ha amato i poveri insé e per sé, così come sono, dando al-l’inizio della sua esperienza tutti i suoibeni, poi vivendo la loro stessa condi-zione di vita, ossia mettendosi dentrola loro pelle e situazione sociale. Per di-re: sono come voi in «Cristo povero ecrocifisso, il solo che conosco».

vizio, ma deve anche denunciare laviolazione di diritti fondamentali (…).

Cittadini, se solidaliOltre al riconoscimento e alla tuteladei diritti inviolabili dell’uomo, l’arti-colo 2 “richiede l’adempimento deidoveri inderogabili di solidarietà poli-tica, economica e sociale”. Qui si fondail compito del servizio sociale, chia-mato a promuovere un’etica pubblicafondata sulla solidarietà sociale. (…)

Solidarietà politica significa, adesempio, partecipare alle elezioni po-litiche e amministrative e poi, con unapartecipazione attiva, verificare comeviene utilizzato il voto. Quando si avvi-cina una tornata elettorale si moltipli-cano i sondaggi. Il numero spesso ele-vato di chi si dice incerto di votare oaddirittura dichiara di astenersi è indi-

Tra fatti e pedagogiaQuale raccomandazione lascerei alla Caritas per i prossimi quarant’anni? Mantenere sempre

fedeltà all’indirizzo dato da Paolo VI: coltivare la “prevalentefunzione pedagogica”, sia in rapporto al mondoecclesiale, come a quello civile

Ne fecero cinque partiRicordo il modo

esemplare con cui unaCaritas parrocchiale di Luccapromosse nella sua comunitàl’Avvento di fraternità. Fece anzitutto una propostamolto forte di condivisione,fondata sulla parola di Dio.Esemplare, poi, la destinazionedelle offerte raccolte. Ne fecerocinque parti: una per i poveri della parrocchia, una per i poveri di una parrocchiapiù povera di periferia, unaper un fondo assistenziale della diocesi, una per una microrealizzazione per il terzo mondo, una per i poveri di una comunitàvaldese presente in città.Ecco un modo esemplarecon cui una Caritas avevaattuato la prevalentefunzione pedagogica.

ce di mancanza di solidarietà politica.Solidarietà economica: è sempre

molto alto il numero di chi non paga letasse ed è molto scarsa la convinzionedi doverle pagare per garantire i serviziper la comunità, cioè il bene comune.In un certo indirizzo politico, addiritturasi considerava un vanto il «non mette-

re le mani nelle tasche dei cittadini». Èuna clamorosa violazione degli indero-gabili doveri di solidarietà economica.

Solidarietà sociale: garantire i livelliessenziali di assistenza. Spesso si tendea dare molto valore morale al volonta-riato. Ed è bene. Ma il volontariato è li-bera scelta, mentre la solidarietà politi-ca, econo-mica e sociale comprendeinderogabili doveri. Si può essere buonicittadini anche senza essere volontari,ma non si è buoni cittadini se non si èsolidali. Il servizio sociale ha un compi-to proprio e specifico di educazione ci-vica, di educazione alla solidarietà, pro-prio perché è servizio ed è sociale.

L’uguaglianza è fondamentaleL’articolo 3 della Costituzione enunciail principio dell’eguaglianza, che è pro-prio anche del servizio sociale: “Tutti icittadini hanno pari dignità sociale(perché è legata al valore della persona,nda) e sono eguali davanti alla legge,senza distinzione di sesso, di razza, dilingua, di religione, di opinioni politi-che, di condizioni personali e sociali”.

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DI PIAZZA E DI FRONTIERANervo in San Pietro con GiovanniPaolo II e monsignor Motolese, allorapresidente Caritas: era il 1982. Sotto,in Turchia dopo il terremoto del 1979

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Istituzione e vitalitàLa Caritas, organo pastorale della Chiesa, si presenta come Chiesa istituzione,

ma la sorgente della sua vitalità ed efficacia è nel misterodella presenza di Cristo e dell’azione dello SpiritoSanto che anima la sua Chiesa.

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Era segnato da una fede appassionata. Ma anche da un alto senso della responsabilità“civica” del servizio agli ultimi. In uno degli ultimi articoli di monsignor GiovanniNervo, primo presidente Caritas, la “summa”del pensiero e dell’opera di una vita

Don Giovanni Nervo, primo presiden-te di Caritas Italiana, morto a Padovalo scorso 21 marzo, nel corso della suavita ha dedicato innumerevoli scrittialla promozione della carità e della so-lidarietà. Riportiamo ampi brani deltesto pubblicato come editoriale nelnumero 6/2012 della rivista Studi Zan-can. Nei piccoli box, invece, citazionitratte dall’intervista pubblica che con-cesse al Convegno nazionale Caritasdel novembre 2011, in occasione del40° anniversario dell’organismo.

A Padova, il 13 maggio, la Fondazio-ne Zancan (con Caritas Italiana e co-mune, diocesi e università patavini) or-ganizza una giornata di studio sul tema“Carità e giustizia: l’impegno e la testi-monianza di don Giovanni Nervo”.

e leggiamo con attenzione iprimi quattro articoli della Co-stituzione, vi troviamo il fonda-mento dei principi del serviziosociale: la centralità della per-

sona, la solidarietà su cui si basa laconvivenza sociale, il principio del-l’eguaglianza, il principio della re-sponsabilità sociale.

Articolo 2: “La Repubblica riconoscee garantisce i diritti inviolabili dell’uo-mo”. “Riconosce”: non “dona” o “conce-de”, perché il fondamento dei diritti è lastessa natura umana e la repubblica hail compito e il dovere di riconoscerli, digarantirli e di impedire che siano viola-ti. Il servizio sociale si trova molto spes-so nel suo lavoro di fronte alla respon-sabilità di far riconoscere e tutelare i di-ritti inviolabili dell’uomo. (…)

A ogni diritto corrisponde un do-

vere. Ad esempio, al diritto della fami-glia corrisponde il dovere di dare allafamiglia un sostegno adeguato per-ché possa mantenere ed educare ipropri figli e assistere i propri anziani.E qui si inserisce la funzione e la re-sponsabilità del servizio sociale, dipromuovere e gestire correttamente iservizi sociali nel territorio. Non è suf-ficiente, infatti, riconoscere i diritti in-violabili dell’uomo: si garantisconoeffettivamente soltanto se si mette inatto un sistema di servizi e una quan-tità di risorse sufficienti per realizzar-li. Diversamente, l’affermazione deidiritti rimane vuota e priva di signifi-cato e diventa demagogica.

Si tratta di diritti inviolabili. La re-pubblica, che con le sue leggi e le sueistituzioni li riconosce e li garantisce,non può mettere in atto leggi e istitu-zioni che li violino. Ad esempio, la leg-ge Maroni sul respingimento degli im-migrati in mare viola il diritto inviola-bile alla vita. Il servizio sociale, che nelcaso degli immigrati è chiamato asvolgere servizi di accoglienza e di as-sistenza (…), non può limitarsi al ser-

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nazionale nervo, un maestro

di Giovanni Nervo

fondamentiIdelnostroservızıo

base etnico-razziale) istruiti nel 2012sono decisamente aumentati, rag-giungendo quota 1.228, ovvero il78,8% delle segnalazioni totali.

Il lavoro è stato l’ambito più fre-quente di discriminazioni (37,2%),seguito dagli ambiti della vita pubbli-ca (15%) e dell’azione dei mass me-dia (14,7%). Le denunce nei confrontidegli enti pubblici, in lieve diminu-zione, sono passati dal 10,9% del2011 al 9,7% del 2012.

Le regioni dove si sono registrati ilmaggior numero di casi sono stateLombardia e Lazio (ciascuna con cir-ca un quinto del totale, con partico-lare concentrazione degli eventi aMilano e Roma), seguite da Veneto,Emilia Romagna e Toscana (ciascunacon circa un decimo dei casi). In cia-scuna delle due aree territoriali delnord e nell’area del centro si sono ve-rificati più di un quarto dei casi,mentre i rimanenti casi riguardano ilmeridione.

Problema di pariopportunitàQuesti dati sulla situazione italianaportano inevitabilmente a interro-garsi sul da farsi. L’Unar si pone comestruttura di relazione tra persone, as-sociazioni e istituzioni, affermando il

nizzarlo”. Restituire umanità a tuttirichiede uno sforzo normativo e an-cor prima culturale: i gesti e il lin-guaggio devono esprimere un modonuovo di guardarsi e riconoscersi,senza pregiudizi. Ciò vale per i mediacome per le istituzioni e l’azione po-litica, per i singoli individui come perle associazioni.

La democrazia nelle sue formepiù alte si configura come l’insiemedelle politiche culturali, ammini-strative, sociali ed economiche chericonoscono centralità alla dignitàdell’uomo, indistintamente a bene-ficio di tutti, per la garanzia di un va-lore universale che è la parità di trat-tamento.

PESSIMA ITALIA, PAESEDELLE TROPPE DISCRIMINAZIONI

dall’altromondodi Marco De Giorgi direttore generale Ufficio nazionale

antidiscriminazioni razziali (Unar)

principio di dignità come elementofondamentale per superare le discri-minazioni e attivando, per le vittimedella discriminazione, percorsi dedi-cati di assistenza legale gratuita, ini-ziative pilota di prevenzione e pro-getti di azioni positive.

Non bisogna, infatti, distingueredignità da dignità, umanità da uma-nità e diritti da diritti, per non caderenel rischio di generare gerarchie e vi-sioni periferiche di temi e diritti, tuttida considerare assolutamente cen-trali. Non esistono discriminazioni diserie A e B. Esiste, invece, un proble-ma generale di pari opportunità, cheimpone di garantire l’accesso dellepersone a beni e servizi indipenden-temente dalle loro differenze, comel’Unar ha evidenziato anche all’inter-no del Dossier statistico immigrazio-ne Caritas-Migrantes e nel quadernoI diritti degli immigrati in un contestointerculturale.

Un modo nuovodi guardarsi e riconoscersiNegare i diritti a un essere umano si-gnifica negarne l’umanità, “de-uma-

N el 2012 (dopo che il sito web www.unar.it aveva raggiunto lapiena operatività nell’anno precedente ed era stata resa piùincisiva la comunicazione dell’organismo) l’Ufficio naziona-

le antidiscriminazioni razziali ha registrato ben 1.559 contatti. Il da-to corrisponde a un incremento di oltre il 50% rispetto ai livelli rag-giunti l’anno precedente (già in forte crescita rispetto al 2010); ne èconseguito anche l’intensificarsi della trattazione dei casi di discri-minazione, tramite l’attivazione di altrettante attività di prevenzio-ne e contrasto del fenomeno. Anche i casi pertinenti (cioè quelli neiquali si configurano effettivamente elementi di discriminazione su

L’Ufficio nazionalecontro le

discriminazioni razzialiregistra una tendenzaall’aumento dei casi.Gli eventi avvengono

soprattutto nell’ambitodel lavoro, in

diminuzione negli entipubblici. Per opporsi,

serve uno sforzonormativo e culturale

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Ambiti di discriminazione:eventi segnalati nel 2012 (valori assoluti e percentuali)

Lavoro 454 37,2Vita pubblica 183 15,0Mass media 180 14,7Erog. servizi da enti pubblici 118 9,7Casa 46 3,8Erog. servizi da pubb. esercizi 33 2,7Scuola e Istruzione 58 4,7Trasporto pubblico 21 1,7Forze dell’ordine 15 1,2Tempo libero 79 6,5Salute 11 0,9Erogazione servizi finanziari 9 0,7Non disponibile 15 1,2Totale 1.222 100

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Non vi diamo nullaRicordo che una volta andai da un vescovo che erastato incaricato dalla sua Conferenza episcopale

di seguire l’avvio delle Caritas diocesane nella sua regione.Andavo per chiedergli suggerimenti. Mi chiese: «Che cosaci date?». «Nulla, eccellenza», gli risposi. «E alloraperché ci siete?». Occorreva evidentemente un profondo cambiamento culturale.

È il principio fondamentale su cuisi basa la vita democratica. Ma sicco-me i costituenti sapevano che di fattospesso non accade così, al secondocomma dell’articolo 3 hanno aggiun-to: “È compito della Repubblica ri-muovere gli ostacoli di ordine econo-mico e sociale che, limitando di fattola libertà e l’eguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo dellapersona umana e l’effettiva partecipa-zione di tutti i lavoratori all’organizza-zione politica, economica e socialedel paese”. È particolarmente in que-sto ambito che il servizio sociale èchiamato a dare il suo contributo, sianell’azione di prevenzione, sia nel-l’azione di cura e riparazione.

Il valore dello spiritoUn principio fondamentale del servi-zio sociale è il superamento dell’as-sistenzialismo e la mobilitazione ditutte le risorse della persona. Di quiil valore fondamentale del lavoro.L’articolo 1 dice: “L’Italia è una Re-pubblica democratica fondata sul la-voro”. Non è una concezione classi-sta: significa che non è una repubbli-ca fondata sui privilegi di pochi. E ildiscorso si estende a ogni sorta di la-voro, sia mate-riale sia intellettuale.

Articolo 4: “La Repubblica riconoscea tutti i cittadini il diritto al lavoro epromuove le condizioni che rendanoeffettivo questo diritto”. (…) Anche qui,di fronte a un diritto, c’è un dovere: laseconda parte dell’articolo dice: “Ognicittadino ha il dovere di svolgere, se-condo le proprie possibilità e la propriascelta, un’attività o una funzione checoncorra al progresso materiale o spi-rituale della società”. È l’unico puntodella Costituzione in cui si incontra iltermine “spirituale”. È un passaggioimportante, perché la Costituzionenon considera soltanto il benessere le-gato al progresso materiale ed econo-

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nazionale nervo, un maestro

Ricambio, dal volontariatoLa Caritas può contribuire al ricambio della classedirigente promuovendo, formando e coltivando

l’esperienza di un volontariato autentico, che sappiatrasmettere i valori di servizio, di gratuità, di promozioneumana, anche alla normale attività professionale,sindacale, politica, amministrativa.

L’opzione che specificaL’opzione

preferenziale dei poveri è l’obiettivo e la qualificaspecifica della Caritas. (…)Ciò vuol dire farsi voce dei poveri all’interno della Chiesa e nella società civile.

SECONDO DIPLOMAPadova, 2003: laurea honoris causain scienze dell’educazione

(…) assume un particolare valore. An-che il servizio sociale, nel completo ri-spetto dell’autonomia e della libertàdi ciascun cittadino (…), è chiamato aconcorrere al progresso materiale espirituale della società.

La deriva tecnologicaPerché, per parlare dei valori del servi-zio sociale, sono ricorso alla Costitu-zione? Perché il servizio sociale ha ilcompito e la responsabilità di formarea un’etica pubblica e la Costituzione nefornisce i fondamenti. Il servizio socia-le sta elaborando e costruendo stru-menti preziosi per il suo lavoro (…).Può correre però un rischio (…): è il pe-ricolo di una deriva tecnologica. Il ri-corso alla Costituzione aiuta a evitarequesto pericolo e a mettere fondamen-ti sicuri al lavoro sociale.

E poi pongo e mi pongo una do-manda: la conosciamo tutti e bene laCostituzione? Mi sembra che non tutticoloro che hanno responsabilità diformare i giovani alla vita e alle re-sponsabilità sociali la conoscano suf-ficientemente e ne tengano sufficien-temente conto (…).

A qualcuno (…) la Costituzione vastretta. Abbiamo sentito molte volte ri-petere: «Con questa Costituzione nonsi può governare, va cambiata. Vacambiato anche il primo articolo, non“L’Italia è una Repubblica democraticafondata sul lavoro, ma fondata sulla li-bertà”». Bisogna vedere che cosa si in-tende per libertà e come la si applica.Per questi motivi ho cercato di vederecome i principi del servizio socialepossano trovare luce dagli articoli fon-damentali della Costituzione. (…)

Il servizio sociale non ha soltantoun compito tecnico e scientifico perprogrammare e organizzare i servizisociali del territorio e per valutarnel’efficacia, ma ha anche un compitoetico-politico nel promuovere il benecomune del paese.

mico, che è legato alla produzione e al-lo scambio, al mercato di beni materia-li, ma anche alla produzione e alla dif-fusione di beni spirituali, come l’arte,la musica, la religiosità.

La nostra è una Costituzione laica,ma non ignora e non trascura i valorispirituali. In un momento in cui siparla di riforme costituzionali e di for-mazione dell’Europa, con riferimentoquasi esclusivamente alla finanza e aimercati, quel “progresso spirituale”

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Paradossalmente, tuttavia, anchenel caso in cui le buone intenzionidel ministro Balduzzi dovessero esse-re raggelate dalla dura ragione di bi-lancio, le ludopatie potrebbero esse-re introdotte lo stesso tra le malattierisarcibili dallo stato. I tecnici del mi-nistero della sanità, nella relazionetecnica che esamina l’attuazione deldecreto Balduzzi, ribadiscono infatti«il principio che le persone con ludo-patia hanno diritto ad accedere aiservizi territoriali per le dipendenzegià attivi nell’ambito del Sistema sa-nitario nazionale, per ricevere le pre-stazioni di cui hanno bisogno, al paridei soggetti con altre forme di dipen-denze patologiche». Ma specificanoanche: «senza che questo comportiulteriori oneri, dal momento che leregioni non saranno tenute a istituireservizi ad hoc». Secondo i tecnici,«l’aumento dei soggetti che potreb-

zione dei servizi per le dipendenze, ivecchi Sert), a febbraio ha posto laquestione in un incontro al senatocon i candidati alle elezioni politiche.

Dall’inizio dell’anno, per effettodel decreto Balduzzi, nelle sale dagioco sono comparsi i cartelli con inumeri di telefono dei servizi a cui igiocatori possono rivolgersi quandosi accorgono di non riuscire più a te-nere a bada la frenesia da azzardo. Fe-derSerd ha condotto un’indagine sul-le conseguenze che questa misura haavuto, in gennaio, su un piccolo cam-pione di servizi. «In un solo mese – ri-vela Fea –, nei 52 servizi monitorati,abbiamo registrato 150 nuovi utenti.Se proiettiamo questo dato sugli oltre500 Sert presenti in Italia e lo esten-diamo all’intero anno, possiamo sti-mare un aumento complessivo di 15mila nuovi pazienti, che corrispondea un incremento del 10% circa degliutenti dei Sert. Molto concretamen-te, significa che se dovremo occupar-ci anche dei giocatori patologici,senza poter assumere né un mediconé uno psicoterapeuta in più, dovre-mo lasciare nella sale di attesa perso-

Da inizio anno nelle sale da gioco sonocomparsi i cartelli con i numeri di telefonodei servizi a cui i giocatori si possono

rivolgere quando si accorgono di nontenere più a bada la frenesia da azzardo

bero rivolgersi ai Sert (i servizi per letossicodipendenza, ndr) non com-porterebbe un aumento dell’offertadei servizi, e di conseguenza, un in-cremento di spesa».

Riassumendo, dunque, i cosiddet-ti “ludopatici” (come li chiama il mi-nistero, contro la definizione delmondo accademico e scientifico, cheparla di “giocatori d’azzardo patolo-gici”) potranno essere curati dai me-dici già in servizio nei Sert: c’è unanuova malattia, ma esistono già iprofessionisti che la dovranno tratta-re, e a bilancio non si dovrà metterenemmeno un euro.

Utenti al Sert? «Più 10%»Peccato che nella realtà le cose stianodiversamente. Medici e terapisti han-no già lanciato l’allarme. MaurizioFea, psichiatra e membro del consi-glio direttivo di FeDerSerd (la federa-

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Lo stato riconosce che di azzardo ci si ammala.Dichiara che si farà carico delle vittime. Ma non mette un euro in bilancio per curare le ludopatie. In Svizzera, invece, dove i costisono stati stimati, pagano le aziende del gioco.Da noi è impensabile?

l gioco d’azzardo può diventareuna malattia. Dunque, chi ne èvittima deve ricevere le cure delcaso. Il principio – difeso damedici, operatori, volontari im-

pegnati a sanare gli effetti collateralidella passione italiana per la dea ben-data – è stato alla fine riconosciutoanche dallo stato, grazie al ministrodella salute nell’esecutivo Monti, Re-nato Balduzzi, che con il decreto cheporta il suo nome ha introdotto, allafine di settembre, le ludopatie nei Lea(Livelli essenziali di assistenza). Rico-

noscendo dunque la dipendenza dagioco tra le patologie delle quali devefarsi carico il Sistema sanitario nazio-nale, cioè la collettività. Il decreto èstato presto convertito in legge e pub-blicato sulla Gazzetta Ufficiale il 10novembre 2012: da allora, chi soffre digioco compulsivo ha gli stessi diritti aessere curato e assistito, ad esempio,di un tossicodipendente.

Tra i 10 e i 15 milioniL’introduzione delle ludopatie tra i Leaè una decisione forte (benché il prov-

vedimento sui giochisia stato assai ridi-mensionato, rispettoa come era entrato inconsiglio dei ministri,nella scorsa estate, acausa delle pressionidelle lobby del gioco,alle quali evidente-mente anche qualcheministro del governoMonti doveva esseresensibile). Tuttavia, ri-schia di rimanere unasemplice dichiarazio-

ne di principio. Infatti il provvedimen-to Balduzzi, per diventare operativo,deve ancora ricevere il via libera delministero dell’economia, della Confe-renza stato-regioni e delle commissio-ni parlamentari sanità di camera e se-nato. La strada è tutt’altro che in disce-sa. E non solo perché di mezzo ci sonostate le elezioni.

Una relazione tecnica del Diparti-mento della programmazione e del-l’ordinamento del servizio sanitarionazionale stima infatti tra i 10 e i 15milioni di euro l’impatto economicodell’introduzione delle nuove malat-tie. Una cifra cospicua, per la qualeoccorre trovare la copertura finanzia-ria: cosa non facile, soprattutto intempi di crisi. Non a caso il presiden-te della Conferenza stato-regioni, ilgovernatore dell’Emilia Romagna, Va-sco Errani, ha già messo le maniavanti. «Ogni ulteriore iniziativa dipolitica sanitaria – ha recentementedichiarato – deve poggiare su un qua-dro economico di risorse certo». E,ancora più esplicitamente: «Vannoevitate iniziative unilaterali e annuncioggettivamente irrealizzabili».

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nazionale azzardopatie

di Francesco Chiavarini foto di Marco Dal Maso

Malati di giocoChipagaılconto?

MIND THE GAPLe foto di queste paginesono tratte da una mostrarealizzata dal fotografovicentino Marco Dal Masosul gioco d’azzardo patologico

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Opgaltra

proroga

rgastoli bianchi. È finita dav-vero? Se lo chiedeva ItaliaCaritas sulla copertina disettembre dello scorso an-no. Ora lo sappiamo: la ri-

sposta è quella che non avremmo vo-luto sentire: un dilatorio “No”.

Tutto era cominciato con la legge 9del 17 febbraio 2012, che stabiliva chea decorrere dal 31 marzo 2013 nessu-no poteva più essere inviato in Opg(Ospedale psichiatrico giudiziario),decretandone così la chiusura, anchese lasciava aperto il dibattito su comerestituire vita dignitosa alle personeinternate. Ma quel termine è passatoe, mentre IC va in tipografia, il Parla-mento è al lavoro, con procedura diurgenza, per trasformare in legge il de-creto 24 del 25 marzo, in cui si leggeche “dal 1 aprile 2014 gli Ospedali psi-chiatrici giudiziari sono chiusi”. Spo-stata di un anno, quindi, la “scadenza”per la storica chiusura delle sei strut-ture ancora aperte in Italia, che ospi-tano circa mille persone: inutile conti-nuare a domandarsi se sarà rispettata.

Proviamo invece a capire cosa èsuccesso, in questi ultimi mesi. Oquantomeno a intuire alcuni dei mo-tivi che hanno reso impossibile il ri-spetto della data indicata. Fin dal va-ro della legge, molti erano scettici sul-la sua applicabilità: era chiaro che lecondizioni non erano presenti. Nontutte le regioni, infatti, avevano rea-lizzato, o anche solo fatte proprie leindicazioni del Decreto del presiden-te del consiglio dei ministri del 1°aprile 2008 (la regione Sicilia non loha ancora recepito oggi…), il qualedisciplinava “le modalità, i criteri e leprocedure per il trasferimento al Ser-vizio sanitario nazionale delle funzio-ni sanitarie, delle risorse finanziarie,dei rapporti di lavoro, delle attrezza-ture, arredi e beni strumentali relativialla sanità penitenziaria”, indicandocosì la strada da seguire: non più car-cere, ma salute. Lo stesso decreto in-dicava in modo dettagliato le azionida compiere per raggiungere l’obiet-tivo, ricordando che “l’ambito territo-riale costituisce (…) la sede privilegia-

di Cinzia Negliafoto di Franco Guardascione

nazionale psichiatria e giustizia

CHIUSURA “IMMINENTE”Ospite di un Opg.

A sinistra, la copertina che ICa settembre dedicò agli

ospedali psichiatrico-giudiziari

Chi progetta alternative?

EDovevano chiudere a fine marzo. Ora un decreto d’urgenzastabilisce che i seiOspedali psichiatricigiudiziari cessino di esistere dal 1° apriledel prossimo anno. Ma istituzioni e soggetti socialistanno organizzandola complessa presa in carico nei territori?

ne che hanno forme di dipendenzapiù tradizionali. Senza contare chesolo la metà dei Sert annovera giàprofessionisti che si sono preparati adaffrontare la nuova patologia. Conuna battuta, potremmo dire che il mi-nistero vuole fare le nozze con i fichisecchi. Normalmente, in casi simili, irisultati lasciano molto a desiderare».

Principio svizzeroSi può obiettare che Fea ragioni pro do-mo sua e che la sua posizione sia infondo una difesa corporativa. Afferma-re però che i giocatori patologici sonoammalati di cui si deve fare carico il Si-stema sanitario nazionale e non met-tere a bilancio un euro appare quanto-meno contradditorio. In altri paesi, icosti sanitari delle ludopatie sono staticalcolati, eccome. E si è anche trovatoil modo per coprirli. È il caso della Sviz-zera, paese tradizionalmente liberalenei confronti del gioco d’azzardo.

L’istituto di ricerche economichedell’Università di Neuchatel, in colla-

borazione con il Centro studi sul gio-co eccessivo di Losanna, ha calcolatoche solo i costi medici diretti dei34.900 giocatori patologici accertatinel paese dei cantoni ammontano a8,5 milioni di franchi (6,8 milioni dieuro). In tali costi sono compresi: ac-quisto dei farmaci, ricorso alle curepsichiatriche, ricoveri nei centri spe-cializzati. Per ripagare queste spese,il governo elvetico ha battuto cassapresso chi ha prodotto i costi. Datempo, in Svizzera, lo 0,5% delle en-trare del gioco d’azzardo sono desti-nate alle attività di cura, prevenzionee ricerca sul gioco d’azzardo.

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nazionale azzardopatie

«È un principio sacrosanto – com-menta Maurizio Fiasco, sociologo econsulente della Consulta antiusura,cui partecipano molti soggetti eccle-siali –. Si caricano sulle imprese leesternalità negative che producono.Vale per le aziende inquinanti, che ri-pagano i danni ambientali. Deve va-lere anche per le imprese del gioco,che devono essere tenute a risarcire lacollettività dei danni sanitari, effettocollaterale delle loro attività. Taleprincipio, a maggior ragione, dovreb-be valere in Italia, dove le imprese delsettore operano in funzione di unaconcessione rilasciata dallo stato. In-vece, proprio da noi, dove lo stato èinterventista, vige una deregulationmaggiore di quella che paesi ben piùliberisti hanno concesso».

Proprio riprendendo la ricerca sviz-zera e proiettandola sul territorio ita-liano, Matteo Iori, presidente del Co-nagga (Coordinamento nazionale deigruppi per giocatori d’azzardo), haprovato a stimare l’impatto sanitario esociale delle cosiddette ludopatie. «Laconclusione alla quale siamo arrivati –spiega – è che in Italia sarebbe suffi-ciente destinare l’1% degli introiti delgioco per finanziare almeno le cure».

L’idea di vincolare il fatturato an-nuo del gioco al finanziamento diazioni di prevenzione, assistenza ecura era stata presentata nella fase didiscussione del decreto Balduzzi. Inuna delle prime bozze vi si faceva pu-re riferimento. Poi, nelle versioni suc-cessive del testo, il punto è sparito.Durante la campagna elettorale, unadelle richieste fatte ai candidati dallerealtà non profit che aderiscono allacampagna “Mettiamoci in gioco” ri-guardava proprio la tassazione a finidi cura degli introiti dovuti all’azzar-do di stato. Staremo a vedere cosa fa-rà il nuovo governo.

La crisi frena la passione degli italiani per il gioco d’azzardo? A fine 2012il Dipartimento del Tesoro ha calcolato che, nello stesso anno, lo statoavrebbe incassato dalle scommesse autorizzate 800 milioni di euro in meno rispetto al 2011. Segno che gli italiani, con sempre meno soldiin tasca, stanno cominciando a voltare le spalle anche alla dea bendata?

«Niente affatto – risponde Maurizio Fiasco, della Consulta nazionaleantiusura –. È solo diminuito il margine di guadagno per lo stato, per effetto della defiscalizzazione concessa ai concessionari. In realtà, se si guardano i dati della cosiddetta “raccolta”, che rappresenta quantoeffettivamente gli italiani consumano per il gioco, la cifra 2012 è statain crescita».

I dati ufficiali certificati dall’Amministrazione autonoma dei monopo-li di stato (Aams) si riferiscono ai primi otto mesi del 2012: in quel pe-riodo, la cosiddetta “raccolta”, appunto il consumo per il gioco, ha rag-giunto 56 miliardi di euro, 8 in più rispetto allo stesso periodo 2011.«Quando avremo finalmente i dati definitivi dell’anno, probabilmentetoccheremo i 90 miliardi, 10 in più rispetto al 2011».

Eppure c’è chi intravede nelle minori entrate per lo stato l’inizio dellacrisi anche di questo settore… «Questo sistema si regge solo se i gioca-tori continuano ad aumentare e se i giocatori normali diventano com-pulsivi. A un certo punto si raggiungerà una soglia limite», prevede Fia-sco. E a quel punto cominceranno a calare anche i consumi da gioco.Ma il danno sarà fatto: la bolla del gioco esploderà e ci ritroveremo con una popolazione di malati da azzardo che dovremo curare.

Meno entrate, giochi in frenata?«In realtà il consumo aumenta…»

DIPENDENZACONDIVISA

Un gruppodi auto mutuo

aiuto pergiocatori

compulsivi.Le forme

di sostegnosi moltiplicano

LA PACE IN TERRA,DESTINO DELL’UOMO

contrappuntodi Domenico Rosati

colare abitudine di trovare giustifica-zioni, anche religiose, della “guerragiusta”. E una spinta formidabile allaricerca delle soluzioni dei conflittiper via negoziale, con l’intermedia-zione delle agenzie internazionali, ilcui ruolo va potenziato e ampliato.

Un ulteriore capitolo denso diinedite implicazioni riguarda la sot-tolineatura, per i credenti, della di-stinzione tra l’errore (sempre dacondannare) e l’errante (sempre unapersona da rispettare, con cui impe-gnarsi nella ricerca delle cose buoneo riducibili al bene). Sbagliato circo-scrivere la portata di tale pensieroagli scontri ideologici della guerrafredda. L’enciclica stessa nota che imovimenti storici che si richiamanoalle ideologie ostinate sono portatidall’evoluzione storica a modificarsi,fino al punto da rendere possibili in-tese prima inimmaginabili: criterioche ha avuto certamente valore neiconfronti del marxismo ma che siestende, altrettanto sicuramente, adaltri soggetti, tendenze, culture.

Rotta diversaQuesti spunti hanno il solo scopo di invitare a leggere orileggere la Pacem in terris. Non come monumento di ar-cheologia dottrinale, ma come testo di straordinaria at-tualità. Che si fa assillante, se si considera lo scarto traquel che esso prospetta e i comportamenti divergenti, re-gistratisi nei cinque decenni successivi.

Se ci si lascia interpellare, ci si imbatte in momenti incui l’insegnamento giovanneo ha trovato un riscontropositivo: l’intesa est-ovest del 1975 attorno ai principi sucui realizzare la sicurezza, la cooperazione e la promo-zione dei diritti umani e, sul piano interreligioso, l’incon-tro di Assisi del 1986. Ma purtroppo, con maggiore facili-tà, si rintracciano le circostanze in cui si è seguita una rot-ta diversa. Così quel testo interpella tutti qui e ora, perchéné la pace nel mondo si è realizzata, né l’ombra dellaguerra si è dissolta o ridotta. Esso reclama una rispostada tutti gli uomini di buona volontà. Tra i quali, se lo me-ritano, ci sono anche i cristiani.

L iberata dall’involucro delle polemiche contingenti, l’enciclicaPacem in terris di Giovanni XXIII si presenta ancora, a 50 annidalla promulgazione (11 aprile 1963), come la più solida co-

struzione profetica della chiesa cattolica sul tema della pace. Il suocontesto genetico è la fine del 1962, quando Stati Uniti e Unione So-vietica si confrontarono sul baratro del rischio atomico. Il mondotrattenne il fiato di fronte alla probabilità di un olocausto generale.E il “Papa buono” si compromise, reclamando la tregua e rivolgen-dosi – senza distinguere chi avesse torto e chi ragione – a entrambele parti in contesa e ai rispettivi leader, Kennedy e Krusciov. Testimoniattendibili riferiscono che il pontefi-ce, già provato dalla malattia, si ralle-grò del fatto che sia da Washingtonche da Mosca erano venuti segni diattenzione; ciò lo spinse a predispor-re un disegno organico per la costru-zione della pace, credibile non soloper i credenti, ma per tutti gli uominidi buona volontà.

Il documento, redatto in pochimesi, per un verso compendia e ri-propone il pensiero consolidato del-la Chiesa sul tema, ma lo innova allaluce dei segni dei tempi, dei timori edelle speranze circolanti tra persone,gruppi sociali, popoli. Una prima novità è che la pacenon viene più definita in negativo (assenza di guerra o,peggio, intervallo tra due guerre), ma in positivo (costru-zione basata sulla verità della condizione umana, sullagiustizia espressa nei diritti umani, sulla solidarietà e sul-la libertà). Sorprendente parve subito a molti lo sforzodi mettere in sintonia il pensiero sociale cristiano con glienunciati dei diritti elaborati dall’Onu e da altre agenzieinternazionali; condivisione che preludeva a una ricercada sviluppare insieme.

Pazzesco perseguire la guerraLa guerra, qualsiasi guerra, si oppone a questo disegno edunque – altro passaggio innovativo dell’enciclica – vaesclusa dal novero delle opzioni della politica. Soprattut-to da quando è in campo la risorsa nucleare, è pazzesco(alienum a ratione) immaginare di perseguire con laguerra un fine di giustizia. È un colpo di spugna sulla se-

La Pacem in terris,enciclica di papa

Giovanni, fu promulgata50 anni fa. Nata nei

mesi di un probabileolocausto nucleare,contiene molti tratti

di innovazione. Smontòla teoria della “guerra

giusta”. Ma è statacontraddetta,

più spesso che inverata

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ta per affrontare i problemi della sa-lute, della cura, della riabilitazionedelle persone con disturbi mentali”.

Carceri inadeguateIl da farsi, insomma, era tutto scritto.Da almeno quattro anni. Ma chi hapensato di non attivarsi, l’ha potutofare indisturbato. Si è così arrivati allalegge di febbraio dello scorso anno,che lasciava alcune questioni in so-speso, ad esempio i criteri per la de-finizione delle strutture alternative,bloccando l’iniziativa di molti sog-getti istituzionali e sociali. È stato in-fatti necessario attendere il 1° ottobre2012 per conoscere il decreto sui Re-quisiti strutturali, tecnologici e orga-nizzativi delle strutture residenzialidestinate ad accogliere le persone cuisono applicate le misure di sicurezzadel ricovero in ospedale psichiatricogiudiziario e dell’assegnazione a casadi cura e custodia.

Benché le indicazioni abbiano tar-dato ad apparire, va ricordato chenon tutti gli internati presenti negliOpg erano e sono destinati a essereinseriti in quelle strutture: gli Opgnon si superano costruendo struttureregionali sostitutive, in cui molto altoè il rischio di negare a persone mala-te, nuovamente, la propria identità,l’appartenenza territoriale, un conte-sto in cui vivere. Sta di fatto che nonsi sono predisposte le strategie di pre-sa in carico territoriale. E nemmenosono stati previsti per tempo gli inter-venti di adeguamento delle carceri,perché vi fossero spazi e servizi capa-ci di accogliere chi, uscendo dall’Opg,deve o dovrà rientrare in prigione.

Le carceri italiane, si sa, sono incondizioni disumane e sovraffollate:difficile prevedere che riescano a far-si carico efficacemente e umana-mente di nuovi soggetti, la cui assi-stenza presenta un profilo assai deli-cato. E d’altro canto i Dipartimenti disalute mentale delle aziende sanita-rie sono sempre più depauperati: la

principale risorsa (gli operatori) trop-po spesso non sono rimpiazzati al lo-ro pensionamento.

Costruire benessereAlla luce di questo scenario, e al di làdel ritardo dei decreti (quello del ri-parto del finanziamento per il supera-mento degli Opg è del 28 dicembre2012, apparso in Gazzetta Ufficiale il 7febbraio 2013), non si può restare fer-mi. È doveroso denunciare ritardi einadempienze, così come controllareche le risorse finanziarie siano spesein modo corretto e a favore delle per-sone. Ma l’impegno maggiore deveessere indirizzato a restituire una quo-tidianità normale e vivibile a quanticontinuano a vivere in Opg per effettodel meccanismo delle proroghe (purnon avendo, come accade in molti ca-si, commesso nemmeno reati gravi), achi godrebbe di una miglior salute, fi-sica e psichica, se solo riuscisse a usci-re dall’Opg, a quanti, internati, nonsono nemmeno malati di mente.

Bisogna essere consapevoli che sirestituisce la vita alle persone, anchese malate gravi e abbrutite da anni diinternamento, solo attraverso unapresa in carico globale, in cui sia inse-rita anche la cura dei soggetti familiarie territoriali e delle reti in cui la perso-

Superare gli Opg è operazione complessa,perché complessa è la sofferenza. Masappiamo che è possibile, poiché molte

sono le esperienze di internati riaccoltida famiglie che hanno capito e perdonato

DETENZIONI INUMANEInternati negli Opg: condannati

all’“ergastolo bianco”

na ritorna. E allora quanti si stannoimpegnando davvero, per riportare “acasa” i propri pazienti? Quanti sonoimpegnati nel sensibilizzare, nell’in-formare, nel preparare le comunitàterritoriali e le famiglie, per facilitare ilritorno e l’accoglienza di chi ha subitoil furto di anni di vita? Come coinvol-gere ogni energia presente nei territo-ri, sapendo che il fallimento o l’assen-za della prevenzione e della presa incarico porta i malati a vivere male e acommettere reati?

Superare gli Opg è senza dubbiooperazione complessa, perché com-plessa è la sofferenza. Ma sappiamoche è possibile, poiché molte sono leesperienze di internati riaccolti dallefamiglie, che hanno capito e, dove ne-cessario, perdonato. Così come tantesono le testimonianze di operatori (deiDipartimenti di salute mentale, dellasalute in genere, del sociale, o più ge-nericamente del territorio) che affer-mano che è possibile restituire dignità,casa, lavoro, affetti e relazioni, cioè glielementi che costruiscono benessere.Benessere che nelle comunità e neiquartieri è sempre meno percepibileper tutti. Ma se tutti si impegnano nel-la costruzione di esperienze di coesio-ne sociale, lavorando alla costruzionedi città ospitali, dove i diritti di cittadi-nanza sono ben più che i diritti “nega-tivi” (non essere escluso, non essereoggetto di violenza, non essere abban-donato…) e diventano diritti “positivi”(essere ascoltato, accolto, riconosciutonei propri bisogni…), forse non sarànecessario domandarsi ancora unavolta, tra dodici mesi, se gli Opg avran-no chiuso. Perché nessuno li percepiràpiù come necessari.

nazionale psichiatria e giustizia

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Gli accadimenti che hanno interessato negli ultimi anni l’area del Mediterraneo, e che ancora stanno sollecitando alcuni paesi mediorientali, in primis la Siria, sa-ranno oggetto di lavoro nel corso del prossimo “MigraMed meeting”, il periodico incontro delle Caritas europee e del bacino del mediterraneo, che si svolgerà a Otranto dal 22 al 24 maggio. Grazie al contributo di relatori provenienti da organi-smi internazionali e da università italiane, nonché da associazioni umanitarie, si af-fronterà il tema della protezione internazionale in un contesto geografico che staregistrando un rapido mutamento in termini di assetti sociali, politici ed economici.

Questo scenario sta determinando una significativa evoluzione dei fenomeni mi-gratori, per quanto riguarda sia le rotte sud-nord che quelle est-ovest. Gli attualistrumenti di tutela, però, non appaiono più adeguati: la protezione internazionale,così come la conosciamo, non è in grado di fare fronte alle differenti situazioni chesi stanno presentando.

Sessione sull’AlbaniaGià in occasione della cosiddetta “emergenza Nord Africa” del 2011, in Italia ab-biamo potuto sperimentare le difficoltà legate al riconoscimento di uno status cer-to alle persone accolte e, dunque, i problemi determinati dall’incapacità di garanti-re una tutela adeguata, come previsto dalle convenzioni internazionali.

Il “MigraMed meeting” di Otranto consentirà di condurre un approfondito confrontocon operatori Caritas, e di altri soggetti, provenienti da paesi di partenza, di transito e di arrivo dei migranti e dei richiedenti asilo. Come nelle scorse edizioni di MigraMed(Lampedusa, Trapani, Cagliari) saranno presenti all’evento operatori delle Caritas nordafricane, mediorientali ed europee. Una sessione dei lavori sarà interamente dedi-cata alla vicenda albanese, a poco più di vent’anni dagli eventi che hanno interessatoil territorio pugliese e in particolare proprio la diocesi che ospiterà MigraMed 2013.

All’evento parteciperà anche il Migration and Asylum Working Group, ovvero il gruppo di lavoro promosso da Caritas Europa, che riunisce circa dieci Caritas nazionali (dall’Armenia alla Svizzera) in rappresen-tanza delle 44 Caritas europee. Inoltre, più di 60diocesi italiane saranno presenti a Otranto con ol-tre 100 operatori. A poche settimane dal World So-cial Forum di Tunisi, dunque, il Mediterraneo saràancora una volta al centro dell’attenzione di opera-tori e studiosi dell’immigrazione.

migramed

Come cambia la protezione,meeting mediterraneo a Otranto

hanno incontrato 600 alunni di 26 classi in diverse località.Attraverso gioco e riflessione, i ragazzi hanno approfondito il tema dei diritti dei bambini, in particolare l’accesso al cibo.Dopo la informazione e la sensi-

bilizzazione, la corsa “per qual-cun altro” (i bambini del Burki-na Faso): ogni ragazzo ha rac-colto una quota per ogni giro dicampo effettato, grazie all’offer-ta di un sostenitore (genitore,nonno, amico, se stesso).

5a cura di Oliviero Forti

TRIESTEAperto l’Emporiodella solidarietà,gestito daquattro disoccupati

Generi di prima necessità,per aiutare chi, italiano

o straniero, si trova in reali diffi-coltà economiche: il nuovo Em-porio della solidarietà ha apertoi battenti a Trieste in aprile. Dopo la verifica della situazioneche le contraddistingue, perso-ne e famiglie in difficoltà potran-no approvvigionarsi gratuita-mente di generi di primanecessità, per un periodo mas-simo di sei mesi. L’Emporio è sorto grazie a un progetto pro-mosso dalla Caritas diocesanain collaborazione con la Fonda-zione CrTrieste: si estende suuna superficie di 350 metri qua-drati e resta aperto per quattrogiorni alla settimana, per un totale di 12 ore. Nella gestionedel supermercato sono coinvol-ti, con tirocinii formativi, quattrodisoccupati over 55; il marketoffre a persone segnalate dallaCaritas diocesana generi reperi-ti attraverso raccolte nei super-mercati, oppure ceduti da azien-de. Per sostenere l’Emporio inaprile si è svolta la “Corsa deimiracoli”, corsa non agonisticaorganizzata da Young CaritasTrieste, in collaborazione con gli enti locali, che ha coinvoltocentinaia di ragazzi delle scuole.

LIGURIARagazzi di corsaper difenderei dirittidi altri minori

Si è svolta in aprile la ma-nifestazione “La pace di

corsa...”. Giunta alla terza edi-zione, è stata promossa dalleCaritas della Liguria, con l’obiet-tivo di coinvolgere duemila stu-denti della regione. Nella dioce-si di Ventimiglia-Sanremo, peresempio, operatori e volontari

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dello staff sarà al nido e unavolta al mese si terrà un corsoper gli operatori volontari. Con-temporaneamente sarà portatoun aiuto alle famiglie più biso-gnose, tra le quali sono semprepiù numerose quelle di italiani.

BERGAMOVestiti riusatie riciclati:in un documentarioi vantaggi sociali

Un docufilm, per docu-mentare il contenuto

di solidarietà che si può otte-nere da un abito usato. Io Abi-to… di casa in casa raccontacome i vestiti usati possanoavere e dare una seconda op-portunità. Il “viaggio” incomin-cia dal cassonetto giallo dellaCaritas diocesana bergamascache raccoglie abiti dismessi,per avviarli al riciclo e al riuso.Il documentario narra la “filieraetica” dei vestiti usati, attraver-so le storie dei lavoratori, per-

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sone rinate grazie al progetto.Il docufilm sottolinea l’impor-tanza di fare impresa in modosostenibile per l’ambiente eper la comunità: partendo dauno dei 350 cassonetti Caritassparsi nella diocesi di Berga-mo, conduce lo spettatore in giro per il territorio, dove trecooperative sociali (che impie-ga persone con situazioni disvantaggio sociale alle spalle)e un’azienda privata riciclanoquotidianamente gli abiti usati.Io Abito… di casa in casa portaanche alla scoperta dei negozidi seconda mano in Polonia,

dove è molto sviluppa-ta la cultura del riuso.Ma si conclude di nuo-vo a Bergamo, dove la filiera corta ed eticadel vestito usato

ha una ricaduta positiva per le persone in difficoltà: i ricavidell’attività, infatti, servono a finanziare servizi per le fascedeboli della popolazione. www.equodibergamo.it

NOVARARiaprirà a breveil dormitorio.Novità in mensa:pasti anche serali

Accoglienza e salute per i più piccoli, grazie a un

accordo siglato tra l’ospedale“Maggiore” di Novara e la Cari-tas diocesana. I sanitari dellastruttura complessa di pediatriadell’ospedale forniranno suppor-to al micronido “Primi passi”,gestito dalla cooperativa “Geri-co” per conto della Caritas, cheaccoglie figli di famiglie fragili,quelle in cui i genitori devono lasciare i bambini per potersi re-care a lavorare ma non hanno lapossibilità economica di rivolger-si ai nidi privati: saranno attuateattività di formazione per i volon-tari del nido e per le famiglie deibambini. Grazie all’accordo conl’ospedale, sarà svolta un’azio-ne preventiva di informazione e, dove necessario, di cure: unavolta alla settimana, un medico

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Alimentare il dibattito su un modello diverso di sviluppo. E avanzare proposte concrete per nuovi modi di vivere,consumare, coltivare, abitare, produrre, viaggiare, comuni-care, governare… È l’obiettivo che Terra Futura, la mostraconvegno internazionale delle buone pratiche di sostenibi-lità ambientale, economica e sociale, torna a proporsi anche in occasione della decima edizione, in programmadal 17 al 19 maggio alla Fortezza da Basso di Firenze.Promossa da Fondazione culturale Responsabilità eticaper il sistema Banca Etica, regione Toscana e Adescoop –Agenzia dell’economia sociale, insieme ai partner Acli, Ar-

ci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle UtopieConcrete e Legambiente, la manifestazio-ne avrà come cardini la rassegna espositi-va, organizzata secondo diverse sezioni tematiche (abitare naturale, azioni globali& welfare, mangiare e produrre sostenibi-le, comunicare la sostenibilità, mobilitàsostenibile, “Equo Commercio”, itinerari

educativi per la sostenibilità, “NuovEnergie”, governare responsabile, salute+benessere, turismo ecoresponsabi-le, “TutelAmbiente”), e il programma culturale, ispirato dal documento di posizione, che si concentra sul tema“Dieci anni dopo: oltre la crisi, per una nuova Europa”.

Alla manifestazione (nel 2012 80 mila visitatori, 550aree espositive, oltre 4 mila enti rappresentati, 250 appuntamenti culturali, mille relatori e 230 laboratori, animazione e mostre) saranno presenti enti e istituzioni, realtà del terzo settore, imprese eticamente orientate. Caritas Italiana impernierà stand e programma culturalesul tema “Orizzonti di cittadinanza”, presentando espe-rienze dal livello locale a quello della cooperazione inter-nazionale; previsti seminari ed eventi su spreco alimenta-re e stili di vita, sul rapporto di studio Mercati di guerra,sulla campagna per la cittadinanza “L’Europa sono anch’io”, su immigrazione e sviluppo, sull’impatto dellacrisi in ambito europeo, sull’educazione alla mondialità.www.terrafutura.it e www.caritasitaliana.it

MOSTRA CONVEGNOOltre la crisi, un’Europa nuova:a Firenze decima Terra Futura,Caritas ragiona di cittadinanza

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getto “Margherita” sono costituiti da vari ser-vizi: informazioni, servizi domiciliari, volontaria-to, socializzazione, prestazioni specialisti-che, lavoro di cura in famiglia, formazio-ne e sensibilizzazione, collegamento adaltri servizi. Il progetto coinvolge novequartieri (Città studi, Sarpi, Ghisolfa, Portello, Villa-pizzone, QT8 e Musocco-Maggiore, Affori e Bruzza-no), in cui vivono quasi 170 mila persone. L’iniziati-va, finanziata da Fondazione Cariplo, è realizzata, con il coordinamento di Caritas Ambrosiana, dalle onlus Be-thlem e Fondazione Aquilone, attive da anni in alcuni deiquartieri. Fulcro del progetto, i “punti di prossimità”: si-mili a negozi, ben visibili sulla strada, sono luoghi di so-cializzazione per gli anziani, ma anche sportelli dove ri-chiedere prestazioni domiciliari specialistiche, offerte dalpubblico e dal privato sociale. Anziani e familiari possonotrovare in questi punti molte delle risposte che cercano.

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panoramaitalia

co d’azzardo: l’aumento è statodel 177% rispetto all’anno pre-cedente. Nel 2012, in generale,nei centri d’ascolto diocesanisono pervenute quasi 5 mila richieste d’aiuto, a cui hanno fatto fronte 3.738 interventi.

REGGIO CALABRIAProgettoanti-azzardo,la vita non èun colpo di fortuna

La Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova

Marina, grazie a fondi otto permille, ha studiato un progettoper arginare il fenomeno delladipendenza da gioco d’azzardo,che sarà gestito dal Centro reg-gino di solidarietà. Il progetto siintitola “Ma la vita non è un col-po di fortuna” e prevede azionidi sostegno, accompagnamentoe prevenzione del gioco d’azzar-do patologico. Consapevoli chel’Italia è tra i primi paesi al mon-do per consumi di gioco d’azzar-do, i promotori intendono attiva-re luoghi e servizi finalizzatiall’ascolto informativo e di con-sulenza ai giocatori patologici e ai loro familiari, nonché unospazio di socializzazione nelquale sia impedito che i tempi

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Una margherita con otto petali, per venire incontroalle necessità degli anziani, facendoli invecchiare

serenamente, nel proprio contesto abitativo. A Milano èpartito un progetto sperimentale che costruisce, intornoalla persona anziana, una rete di supporto in grado di ri-spondere a una vasta gamma di bisogni. I petali del pro-

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MILANO“Margherita”, petali-servizi epunti di prossimità come negoziper gli anziani di nove quartieri

plia la rete delle comunità delterritorio, che si occupano di chiusufruisce di pene alternativealla detenzione: ci sono anchele struttura di Galati (adulti),Giampilieri (donne con bambini)e Mili (giovani adulti), per un totale di circa 50 posti letto.

AGRIGENTODai giocattolialle lenzuola:ventimila europer l’accoglienza

La fondazione AGireinsie-me ha donato ventimila

euro alla Caritas di Agrigento,per allestire locali di prima acco-glienza, ampliare la dotazionedella ludoteca multietnica e ac-quistare indumenti per le emer-genze. Diecimila euro sarannodestinati all’acquisto di lenzuo-la, coperte, asciugamani, bian-cheria intima, e per il sostegnoin emergenza a carcerati, mi-granti e poveri; duemila euroall’acquisto di giochi per la ludo-teca multietnica “Alveare”; infine, ottomila saranno usati a sostegno della ristrutturazionee dell’adeguamento di locali destinati all’accoglienza housingfirst di persone senza dimora, in via Orfane ad Agrigento.

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“vuoti” diventino “tentazione”verso la ricaduta nel gioco. Inol-tre, sarà promosso un servizioparallelo di supporto al redditoattraverso la distribuzione di buoni sociali prepagati checonsentono l’acquisto di prodot-ti di prima necessità (alimentarie non), nonché la copertura di parte dei costi di utenze tele-foniche, luce e gas. Il progettopermetterà inoltre di monitorareil fenomeno e di avviare unacampagna di sensibilizzazioneper informare e sensibilizzarestudenti, insegnanti, genitori,operatori dei servizi territoriali.

MESSINAPene alternative:nuovi spazinella Casadi Graniti

È nata una nuova struttu-ra per coloro che possono

usufruire di pene alternative alladetenzione. La sede del servizio– offerta dalle suore cappuccinedel Sacro Cuore – è stata bene-detta a metà aprile. La casa di accoglienza “Madre porte e a ospitare fino a dieci persone;la Caritas diocesana ha datoconcreto sostegno all’iniziativa.La casa di Graniti integra e am-

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PERUGIAPunto di ristoro,porte apertenon soloper mangiare

Non solo mensa: il puntodi ristoro sociale “San Lo-

renzo” di Perugia, che compiràcinque anni in autunno, amplia i servizi proposti. Sorto grazie lla collaborazione tra comunee Caritas di Perugia, da aprileospita attività socio-aggregativee scolastiche (lezioni di linguaitaliana) rivolte non solo ai frui-tori abituali della mensa (unacinquantina di persone al gior-no), ma a tutti gli interessati, cittadini italiani e stranieri. Sono i giovani volontari Caritasad animare i pomeriggi del pun-to di ristoro. L’opera si occupadi persone in difficoltà oppuresole, sia giovani che anziane. Le attività di volontariato rappre-sentano anche un modo percontribuire alla vitalità del quar-tiere del centro storico dove il punto di ristoro è ubicato, nonsolamente all’ora di pranzo.

TEMPIO-AMPURIASIn Galluraaumentanopovertàe dipendenze

La crisi economica sta deturpando il volto della

Gallura, facendo esplodere si-tuazioni di disagio. I nove centridi ascolto della Caritas diocesa-na rilevano un preoccupante au-mento di richieste. Il quadro del-le povertà tracciato per il 2012dalla Caritas di Tempio Pausania– Ampurias è devastante: i nuovidisoccupati non hanno più i sol-di per pagare l’affitto, le situazio-ni di indigenza si aggravano, i problemi familiari (divorzi, sepa-razioni, conflittualità interne) se-gnalati ai centri d’ascolto sonoaumentati del 50% rispetto al 2011. In crescita anche i casidi dipendenze, soprattutto il gio-

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ORVIETO-TODIScelte di sobrietàper sostenereil Fondoper le famiglie

Nella diocesi di Orvieto-Todi è stato costituito

un “Fondo per il sostegno dellafamiglia”, attivato con la Caritasdiocesana. Il Fondo è concepitocome un appello alla responsa-

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bilità di tutti i fedeli del territorio,per il sostegno a famiglie in diffi-coltà. Vi confluiranno le donazio-ni provenienti soprattutto dallecomunità parrocchiali. Sarà com-pito dei sacerdoti e dei laici del-le singole comunità decidere co-me parteciparvi, rinviando spesenon urgenti o secondarie, desti-nando una percentuale del bilan-cio parrocchiale, intraprendendocoraggiose scelte di sobrietà.

ottopermille / Cagliari

Oltre cento famiglie coinvolte, una ventina di operatori, interventi di medio e lungo ter-mine per ricostruire un territorio devastato dal fango. Il progetto “Ridare un sorriso”,realizzato dalla Caritas diocesana di Cagliari grazie ai fondi otto per mille Cei e con il sostegno di Caritas Italiana, ha interessato i comuni del sud della Sardegna, conepicentro Capoterra e Segariu, colpiti dalle due alluvioni di ottobre e novembre 2008.Cinque morti e migliaia di sfollati, danni gravissimi (oltre 120 milioni di euro) ad abita-zioni, infrastrutture e attività produttive: il ricordo di quella devastazione si intrecciatuttora ai segni tangibili della ricostruzione.

Alla fase della prima emergenza, hanno fatto seguito i progetti attivati anche grazieal contributo finanziario di Caritas Italiana, che ha permesso di distribuire un centina-io di voucher (valore medio, 700 euro) per sostenere le famiglie colpite nelle loro ne-cessità quotidiane. Servizio mensa, assistenza sanitaria, manutenzione delle case,ma anche accompagnamento dei bimbi a scuola: le singole priorità sono state con-cordate da operatori, parroci e volontari, dopo aver somministrato alle famiglie deiquestionari, una sorta di “screening conoscitivo”. «Il punto di forza del progetto –spiegano gli operatori – è stato l’andare di casa in casa, per capire le reali necessitàe dare un sostegno diretto, senza mediazione di altri soggetti. Gli interventi sono statipersonalizzati, grazie alla flessibilità dei voucher e a percorsi individuali».

Interventi strutturatiL’obiettivo generale, in ogni caso, è stato comunque «restituire la speranza, là dove la furia della natura e l’incuria umana hanno seminato segni di morte», sottolineavadon Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari, all’indomani del primo, immediatosopralluogo. E lo ribadisce oggi.

Infatti gli interventi d’urgenza sono stati il tassello iniziale di un progetto ampio,che ha coinvolto l’intero territorio: parrocchie, diocesi e cittadini, grazie a circa 195mila euro raccolti, hanno potuto condurre negli anni seguenti interventi più strutturati,come l’attività nei centri d’ascolto e il supporto al reinserimento abitativo e lavorativo.

Senza dimenticare le “opere segno” sorte nei mesi e anni successivi all’alluvione,grazie di nuovo ai fondi nazionali otto per mille: il cen-tro di aggregazione sociale polivalente gestito dallaparrocchia Beata Vergine Maria Madre della Chiesa,in località Frutti d’oro (la più colpita, con oltre 200 famiglie sfollate) e l’oratorio della parrocchia di San Giorgio a Segariu, in fase di completamento.

Il sorriso dopo i giorni del fango,un cammino oltre l’emergenza

7di Maria Chiara Cugusi

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CARITAS / SIMONE STEFANELLI

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Il 21,8% degli spagnoli si trova sotto la lineadi povertà relativa: poco meno di 10 milionidi persone. Rispetto al 2009, la Spagna

è il paese dell’Unione europea dove la povertà ha conosciuto il maggiore incremento

economica, erano stati i giovani a rima-nere disoccupati. Oppure si era perso ilsecondo lavoro. Stavolta è venuta amancare la fonte principale di redditodella famiglia».

Il tutto è peggiorato ulteriormentecon l’introduzione delle misure di au-sterità stabilite a livello europeo. SpiegaFernandez: «Anche in questo caso assi-stiamo a evidenti iniquità. Le più colpi-te dai tagli al sistema di welfare sonostate proprio le famiglie che hanno per-so il lavoro, quelle con redditi bassi, o lefamiglie con componenti deboli, comebambini o disabili, che hanno visto di-minuire i servizi a loro favore».

Le conseguenze di questo panora-ma di squilibri sono evidenti. Il 21,8%degli spagnoli si trova oggi sotto la lineadi povertà relativa: poco meno di 10milioni di persone. Rispetto al 2009, laSpagna è il paese dell’Unione europeadove la povertà ha conosciuto il mag-giore incremento.

Vendo oro, dormo in autoPasseggiando per le grandi città delpaese, il cambiamento si manifesta im-mediato. A Madrid, i compratori di orosi posizionano all’uscita della metropo-litana, distribuendo volantini e cercan-do di agganciare clienti. Interi stabili delcentro storico, un tempo sedi di uffici odi catene commerciali, sono stati sosti-tuiti da grandi società di “acquisto oro”e da monti dei pegni. I negozi desola-tamente chiusi e le attività commercialiinterrotte non si contano.

Ma l’effetto più visibile e drammati-co della crisi e della bolla immobiliaresono stati gli sfratti e i pignoramenti. Daluglio 2008 a luglio 2012, sono stati por-

nale. Secondo i dati del ministero spa-gnolo dei lavori pubblici, nel 2005 era-no 2.649.615 le persone che svolgevanouna professione legata al settore edili-zio; dopo soli tre anni, nel 2008, tale nu-mero era sceso di 600 mila unità. Inquel triennio, il numero di imprese dicostruzione si era ridotto del 22%.

Da quel momento, molte case co-struite in fretta e furia, nel pieno delfurore edilizio, sono rimaste invendu-te: le famiglie spagnole non potevanopermettersi mutui con i tassi diventatipiù alti, e le banche hanno smesso diconcedere prestiti con la facilità delpassato. Il risultato è stato che, nono-stante il calo dei prezzi del 20% rispet-to al 2008, secondo le stime della Ban-ca di Spagna il numero delle transa-zioni immobiliari, nel 2011, è scesodel 29,3% rispetto al 2010.

Su questo scenario nazionale, si è in-nestata la deflagrazione della crisi mon-diale, che ha spinto la crisi oltre il puntodi non ritorno: i titoli spazzatura degliStati Uniti hanno contagiato anchel’economia spagnola che, organizzatain un sistema bancario formato da ungran numero di piccole casse di rispar-mio, è stata progressivamente soffocata.Per poter finanziare il sistema edilizio oacquistare in prima persona grandiproprietà immobiliari (rimaste poi in-vendute), anche le banche spagnoleavevano chiesto denaro in prestito, ederano impegnate nel pagamento ad al-tre banche, creditrici di un volume

enorme di interessi, stimato fra i 60 e gli80 milioni di euro al giorno. Molte pic-cole casse di risparmio non hanno resi-stito al trauma e hanno dovuto sceglieretra due alternative: chiudere definitiva-mente o fondersi con altre banche, dimaggiori dimensioni e stabilità.

Evidenti iniquitàMa quali sono stati gli effetti di questasituazione sulle condizioni di vita dellepersone e delle famiglie spagnole? «Perla prima volta nella storia della Spagna,hanno perso il lavoro i capifamiglia –racconta Guillén Fernandez, responsa-bile del settore diritti e lavoro di CaritasSpagna –. In altri momenti di difficoltà

247.188gli sfratti esecutivi (170 al giorno)condotti da luglio 2008 a luglio 2012

150 milale case invendute, requisite e in possessodelle banche (per fallimento dell’aziendaedile o mancato pagamento di mutui)

1milionegli occupati nel settore dell’edilizia;erano 2,5 milioni nel 2006

11,2%il ribasso del valore degli “immobili di nuova costruzione” dal 2011 al 2012 (-21,9% dal 2009)

La bolla immobiliare

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oltre1mln le persone aiutate nel 2011

+233,3%gli utenti a partire dal 2007

33 milionigli euro erogati per aiuti economici(bollette, libri scolastici, spese sanitarie)

13 milale persone inserite nel mercato del lavoro

65 milai volontari attivi nelle 68 Caritasdiocesane (aumentati dopo la crisi)

L’azione Caritas

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sfrattatiPaese

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vittime della bollaanni Novanta, un gran numero di spa-gnoli avevano investito gran parte deiloro risparmi nella costruzione o nel-l’acquisto di prime e seconde case. Lafebbre del mattone era stata agevolatadal basso costo del denaro, ai minimistorici, e da alcune misure (deduzionie agevolazioni fiscali, licenze edilizie,anche in eroga ai vincoli paesaggistici)assunte dal governo spagnolo guidatodal primo ministro José María Aznar.

Rimaste invenduteMa a metà del primo decennio del mil-lennio il castello di carte ha cominciatoa crollare. A cominciare dal 2005, si so-no innescati effetti inattesi: il rallenta-mento del numero di transazioni, ladifficoltà a trovare nuovi investitori di-sposti ad acquistare a prezzi nel frat-tempo cresciuti, un eccesso di venditeal ribasso del valore iniziale, soprattut-to il cedimento del fronte occupazio-

grandi mutamenti sociali sonomeno drammatici quando av-vengono con lentezza. Quandotutto avviene troppo velocemen-te, tutto diventa più difficile da

comprendere, da gestire e controllare.La crisi sociale ed economica, in

Spagna, ha colpito repentinamente,senza preavviso. E nessun esperto delsettore è stato in grado di prevederne lareale portata. Nel giro di pochi anni, unpaese che poteva vantare una “quasipiena occupazione”, è divenuto uno deipaesi fragili d’Europa: nel 2006, il tassodi disoccupazione generale era pariall’8,1%; solamente sei anni dopo, nelquarto trimestre 2012, era disoccupatoil 26% delle persone in età attiva.

Come si è innescato questo tracollo?Come si è giunti a questa situazione?Tutto ha avuto inizio nel 2007, con loscoppio della burbuja immobiliar, labolla immobiliare spagnola. Per tutti gli

I

internazionale spagna

di Walter Nanni

La crisi globale,inSpagna, si è innestatasu un fenomeno tuttonazionale: la crescitasquilibrata del mercatoimmobiliare. Negli ultimi cinqueanni, balzo delladisoccupazione. Ma soprattutto,mostruoso recorddegli sfratti. Al qualel’Europa dice basta

DA MADRID A SIVIGLIAJuana (in vestaglia) coi vicini, dopola sospensione dello sfratto. A destra,protesta di una famiglia e funzionariache deve notificare uno sfratto

I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3 29

Rinchiusi nella Esperanza“No a case senza persone, no a perso-ne senza casa” è lo slogan che cam-peggia su molti terrazzi delle città spa-gnole. Sintetizza il paradosso della cri-si: un milione di immobili disabitati, ecirca 500 sfratti eseguiti ogni giorno.La costituzione spagnola del 1978 al-l’articolo 47 dichiara che “Tutti gli spa-gnoli hanno il diritto di godere di unaabitazione degna e adeguata”. Una ga-ranzia costituzionale, di fatto soggettaall’economia reale.

Così c’è un momento che Sara Mar-tínez, 34 anni, vorrebbe che non arri-vasse mai. Sarà quando le autorità,scortate forse dalla polizia, busseran-no alla sua casa, nei pressi del proble-matico quartiere sivigliano dei Pajari-tos, per sgomberarla. Sara è separata,madre di tre bambini, disoccupata daquasi due anni. Incamera 426 euromensili di sussidio, che non le basta-no per vivere, tanto meno per pagareil mutuo. «Non riesco a sfamare i bim-bi, spesso devo ricorrere a Croce Ros-sa o Caritas – lamenta –. Il peggio? Èimpossibile nascondere il dolore ai fi-gli. Marta, la piú grande, potrebbe rac-contarti tutto per filo e per segno…».

Gli sfratti non avvengono solo nellezone problematiche, ma anche nelle

benestanti. La perdita in massa deiposti di lavoro ha creato nuovi profilidi povertà. Dove c’era classe media,c’è povertà. E dove c’era povertà, c’èpovertà estrema.

La Utopía, La Libertad, La Ilusión eLa Alegría sono palazzine appena co-struite in diverse zone di Siviglia, occu-pate da famiglie neosfrattate. Vengonochiamate corralas, ci vivono 15-16 per-sone. Sono chiuse a chiave: chi le occu-pa abbassa le persiane, per non esserevisto, dato che l’occupazione è illegale.Il citofono è disattivato. «Non sappia-mo dove andare, per ora siamo qui, fin-ché ci cacciano. Allora occuparemoun’altra casa», pronostica Joaquín P., di-soccupato, 55 anni, della corrala “LaEsperanza”. Chi occupa cerca di inse-

diarsi in edifici di proprietà di banche(La Esperanza è di un noto istituto dicredito spagnolo), ma in alcuni casivengono occupati immobili di privati.

Proteste o intimidazioni?A Madrid e in altre città si moltiplicanole escraches: azioni di protesta verso unpolitico organizzate sotto casa sua,senza risparmiare insulti e offese, finoad arrivare all’intimidazione. L’obietti-vo, in molti casi, è sollecitare una leggeche permetta la restituzione o assegna-zionbe di una casa, quando ci sono lecondizioni per sostenere un mutuo,come avviene negli Stati Uniti.

Ma fino a che punto ci si puó spin-gere, manifestando? Per quanto ri-guarda gli escraches organizzati dallapiattaforma “Stop Sfratti”, con lo slo-gan “Si puó fare, ma non vogliono”, ilpresidente del Congresso spagnolo, Je-sús Posada, è stato chiaro: «Manifesta-re è un diritto. Ma la natura di questicomportamenti è anticostituzionale».

Contraddizioni e conflitti di un pae-se in cui molti temono che i loro figli vi-vranno peggio di loro. E altrettanti nonce la fanno a conservare la casa. Alcuninon sanno dove si guadagneranno lavita, altri non sanno dove la vivranno.Ci sono stati tempi migliori.

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25,8% tasso di disoccupazione generale(Italia 8,4%), tra i giovani è al 52,9%

5,9 milionipersone disoccupate

21,8%spagnoli sotto la linea di povertàrelativa (2011)

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Tasso di disoccupazione generale nel paese

GRAFICO IMPLACABILECittadini scoraggiati in un

centro per l’impiego di Siviglia

I giovani cercano il lavoro per il qualehanno studiato, senza trovarlo. Poi cercanoqualsiasi lavoro, ma difficilmente

hanno succeso. Allora continuano a studiare, ma non tutti possono permetterselo

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tati a termine in Spagna 247.188 sfrattiesecutivi (170 al giorno). Solamente nelsecondo trimestre 2012, i giudici hannodisposto 23.421 esecuzioni ipotecarie(+14,2% rispetto al secondo semestre2011). E dal 2009 al 2012 le banche han-no disposto 375 mila pignoramenticontro coloro che non riescono più apagare il mutuo.

«La legge spagnola sull’esecuzionedegli sfratti è iniqua – commenta Fer-nandez –. Non tutela adeguatamente lefamiglie, difende solamente gli interessidella banche. Una banca può avviare ilprocedimento di sfratto anche dopo ilmancato pagamento di una sola rata dimutuo. Abbiamo assistito in questi an-ni a situazioni drammatiche: intere fa-miglie cacciate di casa, a seguito di in-terventi violenti delle forze dell’ordine,anche in presenza dei figli, dei nonni.Secondo i nostri dati, quasi tre milioni

di famiglie e persone, in Spagna, vivonoin strada, dormono in auto o in abita-zioni insalubri e inadeguate».

Su questo fronte, Caritas Spagna èprotagonista, insieme ad altri enti, diun ampio movimento di opinione, conlo scopo di modificare la legge suglisfratti, e ridurne le conseguenze sullefamiglie. In proposito, un segnale disperanza è giunto di recente dall’Unio-ne europea: in seguito al ricorso pre-sentato da un cartello di giudici e asso-ciazioni, il Tribunale di giustizia del-l’Unione europea, il 14 marzo, hastabilito che la legislazione spagnolache regola l’esecuzione ipotecaria, eche consente alle banche di appro-priarsi dell’immobile e sfrattare gli in-quilini inadempienti, non è compatibi-le con il diritto europeo, perché non ga-rantisce adeguatamente i diritti deiconsumatori. La sentenza consente ai

giudici spagnoli di interrompere il pro-cedimento di sfratto, ma solo per iltempo necessario per individuareeventuali clausole vessatorie nel con-tratto di mutuo. Passato tale termine, ilprocedimento può essere riavviato.

In ogni caso, le autorità spagnole sisono sentite interpellate dalla sentenzaeuropea: «Non possiamo ignorare lasostanza del procedimento – ha argo-mentato il primo ministro, MarianoRajoy –. Approfitteremo della sentenzaper rivedere la nostra vecchia legge su-gli sfratti, anche alla luce della crisi eco-nomica che colpisce le famiglie». È unaprima importante vittoria per chi credeancora, in Spagna, nella protezione deisoggetti deboli. Ma potrà essere defini-tiva solo quando il paese sarà in gradodi trovare un migliore bilanciamentotra solidarietà sociale, equità e redistri-buzione della ricchezza.

internazionale spagna

rivati del futuro. E impotenti.Così si sentono, oggi, i giovanispagnoli, al cospetto di unacrisi economica di cui nonvedono la fine. «Un paese che

non ha speranza non va da nessunaparte», attacca María Moreno, 23 anni,neolaureata in giornalismo. Studia inun corso di dizione radiofonica all’Uni-versità di Siviglia: «Continuo la mia for-mazione per non perdere l’abitudineallo studio – sostiene –, non ho moltealtre possibilità. Oggi i giovani comeme hanno due alternative: proseguiregli studi per arricchire il profilo profes-sionale, oppure uscire dal paese».

Con una disoccupazione giovanileal 55% (in Andalusia al 62%) e una re-

cessione durissima in corso, è difficilecostruire il futuro sociale di un paese.I giovani non possono realizzare pro-getti, anche perché mancano fondi adhoc, nelle istituzioni, a causa delle po-litiche di austerità. Ma non ci sonosoldi neanche a casa, dato che, con seimilioni di disoccupati, in molti casimanca il lavoro anche ai genitori.

Così molti scelgono di lasciare lapropria città. Si dirigono a Madrid oBarcellona, ma anche lí c’è crisi. E allorabisogna attraversare la frontiera. Inge-nieri, chimici, fisici, giornalisti, farma-cisti e altri laureati, sono sempre di piùi giovani pronti a spostarsi. Tra le desti-nazioni privilegiate, il Regno Unito.

«Il problema, andando fuori, sta nel

Chi ha una laurea vola all’estero. O si iscrive a un altro corso di studi. Masenza speranza. Intanto, si moltiplicano le occupazioni di alloggi sfitti

I ragazzi pensano a emigrare,i senza casa provano a occupare

Pdi Manuel Tori

fatto che non si riesce a esercitare lapropria professione. Si impara la lin-gua, ma si finisce per fare una cosa di-versa, commessi in un negozio di frut-ta o di vestiti», dichiara Miguel Muñoz,26 anni, laureato in informatica.

La crisi economica mondiale haportato la Spagna a sperimentare unacrisi propria, quella del settore immo-biliare. Che ha trascinato con sè tutti gliambiti economici che da esso dipen-devano. Otto anni fa un giovane lau-reato aveva molte scelte a disposizione,oggi trova la concorrenza anche di exaddetti del settore delle costruzioni.

Così, i giovani cercano il lavoro peril quale hanno studiato, senza trovar-lo. Poi cercano qualsiasi lavoro, madifficilmente hanno succeso, ancheattraverso le agenzie pubbliche. Alloracontinuano a studiare, ma non tuttipossono permetterselo. Si è destinatia essere precari sia nell’ambito forma-tivo, sia in quello lavorativo.

Il peggio deve venire?

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internazionale conflitti d’africa

i inquieta il mioavvenire; al mo-mento tutto sem-bra perduto enon vedo come le

cose possano cambiare rapidamentein Mali. E come noi possiamo tornarepresto alle nostre case». Ali Ag Alassa-ne è un giovane tuareg provenientedalla regione di Mopti, che vive da cir-ca un anno nel campo di rifugiati diMentao, a nord del Burkina Faso. Fre-quentava l’ultimo anno della scuolasuperiore a Sevaré, e desiderava pro-seguire gli studi. Il conflitto ha inter-rotto le sue speranze. Gli fa eco Mata-ta Wallete, una giovane donna, anchelei da circa un anno in fuga dal norddel Mali: «Siamo venuti qui perché cisentivamo minacciati, abbiamo la-sciato tutto. Ci preoccupa il futuro deinostri figli: abbiamo problemi ad as-sicurare loro vestiti e istruzione».

In Mali vige uno stato di instabilitàe violenza diffuso, in particolare nelnord, nonostante il paese sia uscito

di Moira Monacellifoto di Simone Stefanelliper Caritas Internationalis «MIl cattivo sviluppogenera tensioni, la guerra generapovertà. Il paeseafricano è apparsoper poche settimanenelle agende deimedia mondiali. Ma è una crisicomplessa. E si teme,mentre il conflitto non si arresta, che il futuro possa essere più fosco

dalle agende dei media di tutto il mon-do dopo la parentesi di attenzioneapertasi a metà gennaio, in occasionedell’intervento dei francesi e della for-za interafricana a sostegno del gover-no maliano per arginare l’avanzata deiribelli islamisti e di gruppi terroristiverso la capitale Bamako. La crisi, pe-raltro, ha radici lontane, che affonda-no nella storia ma varcano le frontiere,coinvolgendo gli stati confinanti, Ni-ger, Burkina Faso, Mauritania, Algeria,Senegal. Una crisi complessa, in cui siintrecciano diversi fattori.

Il conflitto ha reso ancor più fragileun paese povero e smarrito. Secondol’Indice di sviluppo umano stilatodall’Onu, il Mali nel 2012 era al 182°posto su 187 paesi censiti: il 47,3% deimaliani vive sotto la soglia di povertà(un dollaro e mezzo al giorno) e ora sitemono le conseguenze di una crisiprofonda e prolungata. Gli indicatorisono chiari: numero crescente di sfol-lati interni e rifugiati nei paesi limi-trofi; fallimento di piccole, medie e

L’ACQUA DI MOHAMEDNel campo profughi di Ayorou,in Niger, un bimbo originario di Gaoporta rifornimenti alla sua tenda

MaliIl

nella spırale

BACINI COMUNI E CONTESI,RADICE DEI CONFLITTI ‘‘LIQUIDI’’

R epubblica Centrafricana, Siria, Mali, India, Cina, Pakistan,Etiopia, Kenya, Sud Sudan, Sudan, Egitto. E molti altri paesi.Tutti stanno vivendo gravi situazioni, che hanno qualcosa in

comune. E che generano instabilità. Tra le cause poco evidenti dimolte, moltissime tensioni, che spesso degenerano in guerre, ve n’èuna molto semplice e poco nobile. Non si tratta di combattere pervalori o ideali, per dei o idoli, per difendere le proprie etnie o tribùsu basi identitarie, e neppure per il potere. Si tratta di un altro potere:del potere che dà la vita, a ogni latitudine e longitudine. L’acqua.

Anche l’acqua è una risorsa fortemente influenzata dai cambia-

Un caso paradigmatico è rappre-sentato dalla gestione del bacino delMekong, nel sud est asiatico, da par-te dei paesi della regione (Cina, Bir-mania, Tailandia, Laos, Cambogia eVietnam). I piani prevedono la co-struzione di oltre cento impiantiidroelettrici lungo il fiume. Un taleprogramma è destinato a causareuna perdita del patrimonio ittico,base dell’alimentazione per milionidi persone, per un valore pari a tremiliardi di dollari annui. All’incircala stessa cifra che si prevede di rica-vare dalla vendita dell’energia elet-trica prodotta con i cento impianti.In sostanza, un’operazione a sommazero, che però sposta importanti ri-sorse dalle famiglie di pescatori eagricoltori verso le imprese produt-trici di energia. Non è difficile preve-dere tensioni sociali, che potrannospingersi fino alle estreme conse-guenze.

Progetti come quello per il Me-kong, inoltre, comportano rilevantispostamenti forzati di popolazione,al ritmo medio, nell’ultimo venten-nio, di 15 milioni di persone l’anno.

La maggior parte di questi sfollamenti producono migra-zioni dalle campagne verso le città. Ma la crisi economicaha ridotto la possibilità di trovare, in ambiente metropo-litano, le risorse per assicurare la sopravvivenza di tantefamiglie. Da questo derivano nuove ondate d’instabilitàsociale, che colpiscono anche grandi paesi come India eCina. Per concludere, non bisogna dimenticare che la cri-si del Medio Oriente, in particolare il confronto tra Israe-le, Palestina e alcuni paesi arabi, rimane a tutt’oggil’esempio più significativo e intricato della relazione cheesiste tra acqua e conflitti violenti.

Il fatto che siano spesso legate alla gestione di una ri-sorsa necessaria a soddisfare un bisogno umano di base,costituisce un motivo in più per non banalizzare le ten-sioni interne o tra nazioni. Occorre non idealizzare e nonisolare tali tensioni, ma analizzarle nella loro complessità,collegandone cause e conseguenze, al fine di perseguirela pace con lucidità e tenacia. E con mezzi pacifici.

menti climatici. Un elemento pecu-liare della questione, è che nel mon-do 145 nazioni devono condividere leproprie risorse idriche con altri paesi,ovvero utilizzano bacini idrici inter-nazionali. Senza parlare di quelli in-terni, su basi regionali.

Nel mondo ci sono 263 bacini idri-ci internazionali. Negli ultimi cin-quant’anni, essi hanno prodotto al-meno 37 conflitti violenti. Un numerodi per sé limitato, che ci fa compren-dere come la gestione delle acque, sepoliticamente ben guidata, possa in-clinare verso la cooperazione, più cheverso il conflitto. Ma oggi la domanda di acqua sta rag-giungendo i limiti della disponibilità, anche a causa – co-me detto – dei cambiamenti climatici, che hanno fattoinaridire molti corsi d’acqua, ridurre i ghiacciai e di con-seguenza la portata di molti fiumi. Così aumenta il rischiodi confronti armati tra paesi che condividono riserve idri-che. Oltre cinquanta di loro, nei prossimi anni, potrebberoentrare in dispute violente sulla gestione di laghi, fiumi,dighe e acque sotterranee.

Mekong, dighe e sfollamentiLa scarsità d’acqua e la domanda energetica spingonosempre più verso la realizzazione di grandi interventistrutturali sui fiumi, attraverso la costruzione di dighee invasi. Anche se negoziati a livello internazionale, que-sti interventi rischiano di produrre importanti sposta-menti di risorse sul piano interno e di alimentare la con-flittualità civile.

Nel mondo 145 nazionicondividono le proprierisorse idriche con altri

paesi. La gestionedell’acqua inclinerebbe“naturalmente” versola cooperazione. Ma

la minor disponibilità,a causa dei

cambiamenti climatici,è alla radice di decine

di conflitti violenti

30 I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3

mercatidiguerradi Paolo Beccegato

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Oxfam Mali evidenzia che in partico-lare nel Nord «la popolazione localesoffre anche per l’assenza di istituzio-ni finanziarie, quindi di denaro con-tante: a breve in molti rischiano dinon avere più soldi per fare fronte aibisogni essenziali».

Lettera tuaregLa maggior parte di sfollati e rifugiati(l’87%, secondo una statistica dell’Or-ganizzazione internazionale per lemigrazioni) vorrebbe tornare nel pae-se o nella comunità d’origine, ma èfrenata dal perdurare dell’insicurezza.La radice del conflitto non è religiosa,benché il mondo abbia preso a inte-ressarsi al Mali a causa dell’avanzatadegli islamisti jihadisti. Non sono dasottovalutare nemmeno le rappresa-glie contro membri delle comunitàarabe e tuareg nel nord, «inclusi at-tacchi mirati e ritorsioni su base etni-ca», ha affermato il vicesegretario Fel-tman in un intervento al Consiglio di

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Su questo terreno di povertà ende-mica, si è innestata la crisi politico-militare caratterizzata dalla progres-siva occupazione delle regioni delnord da parte di formazioni indipen-dentiste e aggravata dal colpo di statoavvenuto nel marzo 2012. «La crisi èconseguenza di minacce presenti nelpaese già da tempo: nel nord la ribel-lione tuareg non è comincia ieri…Ora servono interventi d’emergenzaa favore di poveri, sfollati e rifugiati,ma anche interventi nel medio-lun-go termine, che mirino alla pace e al-la riconciliazione nazionale, così co-me alla lotta alla povertà e alla mal-nutrizione»: le parole del segretariogenerale di Caritas Mali, ThéodoreTogo, colgono l’essenza della crisi eindicano risposte possibili.

Quanto all’emergenza, «dal puntodi vista umanitario – ha dichiarato il vi-cesegretario Onu per gli Affari politici,Jeffrey Feltman – la situazione rimanepreoccupante. L’accesso ad alcune zo-ne del nord del Mali è ancora proble-matico a causa di combattimenti». Se-condo l’Onu, circa 750 mila personenecessitano di assistenza alimentareurgente e circa 660 mila bambini sonoa rischio di malnutrizione; il conflitto

La soffocante spirale guerra-povertànon cessa di avvitarsi. L’economia,secondo alcuni analisti, si trova

“a un punto morto”. Latitano cure mediche,servizi igienico-sanitari, istruzione.

ha causato più di 200 mila sfollati in-terni e più di 175 mila rifugiati nei vici-ni Niger, Burkina Faso e Mauritania.

La soffocante spirale guerra-pover-tà non cessa di avvitarsi. L’organizza-zione non governativa Oxfam ha evi-denziato che la carenza di cereali neimercati e l’isolamento delle estese edesertiche regioni settentrionali, fat-tori causati dagli scontri, hanno fattolievitare i prezzi dei generi alimentari.Il risultato è una situazione di graveinsicurezza alimentare: in alcune zo-ne del nord, tra le più povere del pae-se, l’80% degli adulti si priva del ciboper assicurare ai figli almeno un pastoal giorno. Da ottobre, i prezzi del risoe dei beni di prima necessità sono au-mentati del 50%, quello del carburan-te del 20%; gas e carbone sono diffi-cilmente accessibili, perché troppocostosi. L’economia, secondo alcunianalisti, si trova “a un punto morto”.Latitano cure mediche, servizi igieni-co-sanitari, istruzione. E il direttore di

PER BRUCIARE MENO LEGNOOuminata Jdressa, madre 16enne, nel campodi Goudebou usa un fornobiodegradabile costruitocon l’aiuto della rete Caritas

grandi imprese; aumento del tasso didisoccupazione; diminuzione delladomanda di beni e servizi; ridimen-sionamento delle attività di alcuneorganizzazioni non governative in as-senza di condizioni di sicurezza di ba-se. Si aggiunga la fragilità del territo-rio, minato da ricorrenti siccità, allu-vioni, inondazioni. Tra fine 2011 einizio 2012 la siccità aveva provocatouna crisi alimentare capace di minac-ciare 4 milioni di persone in Mali e 18nell’intera regione saheliana.

In poveri strutturaliMalcontento e fragilità sociale fannoda cornice al conflitto, in una societàmulti-identitaria, in cui l’opulenza diuna minoranza si scontra con la po-vertà endemica della maggioranza.La maggior parte della popolazionerurale, infatti, vive dei guadagni dellaterra e degli allevamenti, portatiavanti con mezzi rudimentali, men-tre il livello di sviluppo industriale delpaese è debole. Fattori naturali con-giunturali, squilibri socio-economicie un’amministrazione pubblica pocoefficiente e spesso corrotta trasfor-mano ogni giorno numerosi malianiin poveri strutturali.

internazionale conflitti d’africa

32 I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3

La crisi in Mali ha radici antiche. Tuttavia la nascita del movimento ribel-le che ha occupato il nord nel gennaio 2012 è datata novembre 2010,quando i principali rappresentanti della Federazione tuareg del Saharadiedero vita al Movimento nazionale dell’Azawad (Mna), con l’obiettivodi creare uno stato tuareg nel nord del Mali.

Il movimento era inizialmente politico e rifiutava ogni forma di violen-za e terrorismo. Ma di fronte alle chiusure del governo di Bamako, preseil sopravvento il movimento guerrigliero Mnla (Movimento nazionale perla liberazione dell’Azawad), indirizzatosi verso la soluzione militare. Pro-clamato nell’aprile 2012 un “Azawad indipendente”, il Mnla non ha peròottenuto l’egemonia della rivolta tuareg. Sono comparsi e giocano oggiun ruolo da protagonisti almeno altri tre gruppi – Ançar Dine, Al-Qaidanel Maghreb islamico (Aqmi) e Movimento per l’unicità e la Jihad in Afri-ca occidentale (Mujao) – dalle rivendicazioni divergenti e dalle inclinazio-ni jihadiste e terroriste. Inizialmente alleate, queste fazioni hanno con-quistato il potere nel nord del Mali, approfittando anche della forte in-stabilità politica e istituzionale determinata dal colpo di stato del 22marzo 2012, guidato dal capitano Sanogo.

La situazione è precipitata tra fine 2012 e gennaio 2013, con l’of-fensiva militare dei ribelli jihadisti verso le città del sud. Il 10 gennaio il presidente del Mali, Dioncounda Traoré‚ ha chiesto e ottenuto un in-tervento aereo della Francia, in accordo con l’Ecowas, la Comunità eco-nomica dei paesi dell'Africa occidentale. Le Nazioni Unite, con la risolu-zione 2085 del Consiglio di sicurezza (15 gennaio 2013) hanno autoriz-zato il dispiegamento di una forza internazionale di supporto al Mali.Nell’operazione militare denominata Serval, la Francia, a fianco del-l’esercito maliano, ha riconquistato in gennaio le principali città delnord del paese; ora prosegue l’intervento, affiancata dalla missione di stabilizzazione Misma, in cui sono impegnati otto paesi africani.

La popolazione del Mali ha salutato come “liberatore” l’interventodella Francia, e anche l’Unione africana ne ha affermato l’importanza e l’utilità. Ma i rischi di un conflitto “incagliato” nel deserto, contro movi-menti terroristi che utilizzano tecniche di guerriglia, restano notevoli.Molti esperti parlano di rischio “Africanistan” o “Sahelistan”, riferendosia un’instabilità prolungata non solo in Mali, ma nell’intera regione delSahel. Nella quale, peraltro, sono in gioco interessi economici e strategi-ci ingenti e delicatissimi: il Mali, così come il vicino Niger, è fornito di mi-nerali di qualità e idrocarburi ed è il terzo produttore africano di oro.

Ad attrarre grande attenzione è inoltre la presenza di uranio nel nord e sud-ovest del paese, cosìcome della bauxite, da cuisi ricava l’alluminio e di cuiil Mali, nei prossimi anni,diventerà primo esportato-re africano, oltre a giaci-menti di gas dalle poten-zialità impressionanti. Da non sottovalutare infi-ne, gli interessi del narco-traffico, che trova nelle zo-ne desertiche del nord delpaese terreno assai fertile.

Il rischio del “Sahelistan”tra integralismo e interessi

GIORNI DA PROFUGHISopra, immagini dal campo

di Goudebou, Burkina Faso. Sottoa sinistra, distribuzione di carbone

nel campo di Tillbery, in Niger

I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3 35

IL POLMONE SPIRITUALENON RESTERÀ REMISSIVO

contrappuntodi Giulio Albanese

Essa parte dal presupposto che ilcontinente ha davvero i numeri perfarcela. Se è vero che le carestie con-tinuano a mietere vittime, secondo ilFondo monetario internazionale(Fmi) il Ghana nel 2012 è cresciutodel 13,5%, il Niger del 12,5%, l’Angoladel 10,5%. Mediamente, la crescitadel Pil, a livello continentale, è stataintorno al 6%, anche se poi, e questoè un dato non irrilevante, l’attualecrisi dei mercati ha esaltato la ten-denza alla concentrazione di elevateproporzioni della ricchezza nelle ma-ni di una piccola minoranza.

Di fronte a questo scenario effer-vescente, l’augurio è che la Chiesa inAfrica – ha scritto Benedetto XVInell’esortazione apostolica AfricaeMunus – possa essere davvero «unodei polmoni spirituali dell’umanità».E la riflessione teologica africana staoffrendo interessanti input, soprat-tutto per quanto concerne l’incultu-razione. Un’istanza di cui si fece giàportavoce il cardinal Joseph-AlbertMalula, padre conciliare e arcivesco-vo di Kinshasa.

In effetti, mentre oggi in Europa iltentativo dei teologi è ridare, in tempi di crisi, un sensocomprensibile alla nozione di cristianesimo come religiovera, puntando ugualmente sull’ortoprassia e sull’orto-dossia, in Africa l’istanza viene espressa in termini menoteoretici, ma comunque pregnanti. Come rileva padreFrancesco Pierli, ex superiore generale dei missionaricomboniani, «se la chiesa vuole essere un credibile agentedi cambiamento nella società contemporanea, deve saperoffrire una migliore comprensione del rapporto che esistetra il mistero di Dio, il male e la responsabilità umana».

Il rischio di un sincretismo religioso tra elementi bibli-ci e aspetti delle religioni tradizionali, in Africa, è semprein agguato. Se da una parte non c’è motivo di scandaliz-zarsi, dall’altra la sfida esige un rinnovato impegno. Inmolti circoli teologici si avverte il bisogno di coniugaremaggiormente “Spirito e vita”, resistendo al tremendo mi-stero del male, con la grazia di Dio e un impegno fattivo,accettando le proprie responsabilità.

L’ elezione di Jorge Mario Bergoglio, come 266° successore diPietro, è un avvenimento ecclesiale che va letto innanzitut-to in chiave missionaria. Il fatto stesso che egli provenga dal

“nuovo mondo” è un dato significativo dell’universalità e dunque“cattolicità” della Chiesa. In questa prospettiva, sarà mai possibileun giorno avere un papa africano?

Nessuno dispone di una sfera di cristallo, ma indubbiamente, trai cardinali africani, vi sono già oggi figure di grande spessore intel-lettuale e pastorale. Tra l’altro è bene rammentare che, nei primisecoli della storia ecclesiastica, il governo pastorale della Chiesa di Roma fu affidato a tre papi africani:Vittore I, Milziade (noto anche comeMelchiade) e Gelasio I, «luminosiesempi – scrisse Giovanni Paolo IInell’esortazione apostolica Ecclesiain Africa – che appartengono al patri-monio comune della Chiesa».

Sta di fatto che oggi l’Africa è no-tevolmente cambiata; il continenteha una popolazione stimata di pocopiù di un miliardo di persone, mentrenel 1960 contava circa 284 milioni diabitanti. I cattolici africani sono piùdi 185 milioni e rappresentano, se-condo l’ultimo Annuario statisticodella Chiesa elaborati dall’Agenzia Fides, il 18,28% degliabitanti del continente. E sebbene il numero di abitantiper sacerdote sia 27.062 unità, e quello dei cattolici persacerdote 4.946, ancora dunque inferiore alla vecchia Eu-ropa (3.752 abitanti per sacerdote e 1.498 cattolici per sa-cerdote), l’Africa ha avuto negli ultimi anni una sporula-zione significativa di vocazioni.

I numeri per farcelaColpisce, in primo luogo, il fatto che l’impulso alla cre-scita, in Africa, sia accompagnato da una forte percezioneche occorre voltare pagina, mettendo in discussione unamentalità remissiva di fronte alle grandi questioni impo-ste dalla globalizzazione. A pensarla così non sono esper-ti stranieri di Africa, ma gli stessi africani. E il messaggiofinale del secondo Sinodo africano (5-25 ottobre 2009),rifuggendo da sterili pietismi, afferma proprio questaconsapevolezza.

Avremo un giornoun papa africano?

Il numero dei cattoliciaumenta, le vocazioni

pure. Ma la Chiesa deveproporsi, superando

i rischi di sincretismo,come agente

di cambiamento. Peraiutare il continente

a rispondere alle sfidedella globalizzazione

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internazionale conflitti d’africa

sicurezza Onu. Alcune organizzazionidi difesa dei diritti umani hanno de-nunciato diversi casi di esecuzionisommarie e violazioni gravi ai dannidi comunità tuareg e arabe malianecommesse dall’esercito di Bamako, esono stati segnalati casi di saccheggie atti intimidatori, nella capitale, aidanni di diverse abitazioni di cittadinimaliani di origini tuareg, sospettati diavere collegamenti con i gruppi ribellidel nord. Il governo provvisorio ha di-chiarato che sarà aperta un’inchiesta.Ma l’avvocato e costituzionalista Ma-madou Konaté si mostra pessimista:«Temo che il peggio debba ancora ve-nire. Le autorità maliane devono as-sumersi le loro responsabilità per evi-tare derive incontrollate».

Secondo tutti gli analisti, in effetti,la crisi in Mali non può trovare solu-zione definitiva se non sulla base diuna profonda analisi storica, che af-fronti con onestà e coraggio la que-stione della comunità tuareg (circa il10% della popolazione del paese).L’ultima ribellione tuareg è figlia di unpassato di ricorrenti rivolte per il con-trollo del nord, cominciate sin dal-l’epoca pre-coloniale, e alternatesi aperiodi di tranquilla convivenza o adaccordi di pace. Di fronte alla recenteavanzata di diversi gruppi islamisti nelnord del paese, con il suo corollario di

violazioni di diritti umani ai dannidella popolazione civile, la stessa co-munità tuareg, ancor prima dell’inter-vento militare francese, ha sottolinea-to il distacco dalle frange violente edai movimenti indipendentisti e isla-misti: «Noi tuareg maliani – è scritto inuna lettera aperta pubblicata sul gior-nale locale Journal du Mali, indirizza-ta da membri dell’etnia tuareg alle or-ganizzazioni regionali, continentali enazionali – ci esprimiamo in modopacifico e democratico per distinguer-ci dal Movimento nazionale di libera-zione dell’Azawad (Mnla), che agiscee avanza ingiustamente rivendicazio-

ni senza alcun mandato a nome ditutti i tuareg del Mali; respingiamotutti i metodi violenti, anti-democra-tici e illegali ai quali l’Mnla ha fatto ri-corso, in contrasto con i valori moralie ancestrali della società tuareg; de-nunciamo i crimini e gli atti di vanda-lismo odiosi commessi, così come lerelazioni ambigue strette con am-bienti estremisti e terroristi».

Puntare sulla resilienzaI tuareg sottolineano ancora che la lorounica aspirazione è «la pace e la coe-sione nazionale» e ribadiscono il pro-prio attaccamento allo stato maliano,di cui si sentono «parte integrante»,chiedendo alle forze politiche e al go-verno di Bamako di agire «per costruireun Mali plurale, unito e solidale».

Il tema della pace e della riconcilia-zione nazionale appare dunque prio-ritario, soprattutto in vista delle ele-zioni presidenziali (che il governo vor-rebbe convocare entro luglio 2013) edel dispiegamento di una missione dimantenimento della pace delle Na-zioni Unite, in seguito al progressivoritiro delle truppe francesi. E necessariappaiono non solo gli interventi uma-nitari immediati, ma anche e soprat-tutto interventi politici capaci di pun-tare (in Mali, come in tutta la regione)su attività di resilienza, che rafforzinole capacità di famiglie e comunità, ac-compagnino le fasce sociali più vul-nerabili, combattano la malnutrizio-ne. La pace, unica via per lo sviluppo:i maliani vi aspirano, per combattereil nemico comune. Non gli uomini dialtre etnie e religioni, ma la povertà, lamiseria, il deficit cerealicolo, la corru-zione, l’impunità.

L’impegno Caritas

La rete Caritas si è mobilitata da mesi per l’emergenza in Mali. Dopo la risposta tempestiva alla crisi alimentare agli inizi del 2012, le Caritas di Mali, Burkina Faso e Niger, sostenute da Caritas Internatio-nalis, a inizio 2013 hanno lanciato un Appello di emergenza regionale,per un’azione più strutturata in favore degli sfollati interni e dei rifugiatinei paesi limitrofi. L’appello (circa 3 milioni di euro, ha aderito anche Caritas Italiana) prevede azioni di assistenza alimentare e igienico-sanitaria. È prevista la distribuzione di materiali essenziali alla vita quoti-diana: kit sanitari, per l’igiene e la cucina, per la scuola primaria. Desti-natarie (per un totale di 80 mila persone) sono famiglie sfollate nella capitale Bamako e nelle zone di Mopti (in Mali), o rifugiate nei campi di Niger e Burkina Faso. Il progetto prevede anche un’assistenza ai ritor-ni volontari nelle terre d’origine, alla riabilitazione di alcuni terreni colti-vabili nelle zone accessibili del nord del Mali e (in Niger e Burkina Faso)un supporto alle comunità di accoglienza dei rifugiati, al fine di mante-nere un clima di pacificazione e coesione sociale.

Appello per sfollati e rifugiati

IN FILA PER CUCINARECaritas distribuisce carbone

ai rifugiati del campo di Tillbery

famiglie da parte di tutti gli stati checostituiscono paesi di immigrazione,oltre che a garantire un’attenzioneparticolare ai minori durante l’interopercorso migratorio. Occorre rafforza-re le politiche familiari per prevenirele migrazioni dei minori, e fare pres-sione sulla Ue per creare una legge co-mune in materia di accoglienza deiminori stranieri non accompagnati.Per quanto riguarda il tema del lavoroe della mobilità, si auspica l’accessoda parte dei migranti – sia nel paese diorigine che in quello di destinazione– a un lavoro dignitoso, con riferimen-to alla formazione, attraverso il rico-noscimento dei titoli di studio e lacooperazione tra le università. Inoltre,l’eventuale “temporaneità” delle mi-grazioni non deve compromettere«percorsi di integrazione in cui il mi-grante venga considerato non unsemplice lavoratore, ma un soggettodi diritto», ha aggiunto Forti.

Rilevante anche il tema dei rimpa-tri, con la necessità di distinguere i ri-torni volontari da quelli forzati, chevanno, in tutti i casi, sostenuti e assi-stiti: «Si tratta di garantire e accompa-gnare il reinserimento – ha spiegatoForti – nella famiglia e nella comuni-tà, chiamate a riaccettare personeche, nell’immaginario collettivo, han-no “fallito” nel proprio progetto mi-gratorio e perciò necessitano di unsostegno non solo di tipo economico,ma molto più complesso». Si devepuntare anche a percorsi di rientroche tengano conto delle competenzeacquisite, alla creazione di associa-zioni di migranti rimpatriati, a pro-grammi di “re-scolarizzazione”.

New York sarà un’ulteriore tappadel Forum globale su migrazioni e svi-

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luppo, che si è svolto a Mauritius:«Speriamo che queste istanze venga-no assunte e trasformate in segni con-creti – ha proseguito Forti –, grazie allaratifica delle convenzioni internazio-nali e alla costituzione di procedure egruppi di lavoro funzionali a migrazio-ni consapevoli e responsabili».

Informare e fare reteLa Tunisia, sede dell’edizione 2013del Wsf, è un paese che vive una pro-fonda transizione politica, sociale edeconomica, rappresentativo di un in-tero continente, centrale nel proble-ma delle migrazioni. Un luogo em-blematico per articolare la riflessionesul tema della mobilità umana. Moltiprogetti descritti durante il seminariol’hanno confermato: è il caso di Mujeren familia migrante, condotto dalServizio gesuita migranti Messico,che prevede gruppi di auto-aiuto co-munitario (costituiti da 15-20 donneappartenenti alla comunità locale), edei percorsi di rientro delle donne la-voratrici migranti, condotti da CaritasLibano grazie anche al coinvolgimen-to dei paesi e delle comunità d’origi-ne (Bangladesh, ma anche Nepal, Fi-lippine, Sri Lanka, Etiopia).

La necessità di implementare iprocessi informativi si intreccia in ef-fetti all’importanza della creazione direti. E così il progetto Euromediterra-nea, relativo alla tratta di esseri uma-ni, unisce undici Caritas europee, perrafforzare la cooperazione contro iltraffico, attraverso il coinvolgimentodelle potenziali vittime nelle attivitàdi advocacy: una voce da ascoltare,come deve avvenire per tutti i prota-gonisti, spesso vittime, dei processimigratori.

mmigrazione zero”: sem-bra essere divenuto il pa-radigma del nuovo millen-nio per le politiche dellemigrazioni in Europa, do-

ve invece dal dicembre 2009 il trattatodi Lisbona avrebbe dovuto favorire

percorsi inclusivi per le popolazionistraniere. Ma quando dalla carta sipassa alle politiche sul campo, il qua-dro appare desolante: innalzamentodi barriere all’ingresso, precarizzazio-ne della vita delle persone regolar-mente residenti, incremento delle po-

L’“immigrazione zero” sembra diventata il paradigma delle politicheeuropee. Una prospettiva irrealistica. E contraria ai diritti umani

Un grido dalle due sponde:«Non si governa con le barriere»

‘‘Idi Roberto Guaglianone

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SFILATA D’APERTURAStriscione di manifestantiper la pace e (sotto) di CaritasInternationalis all’evento inauguraledel World social forum di Tunisi

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o spostamento dell’analisidalle conseguenze alle causeche determinano le migra-zioni, l’attenzione verso lecategorie più vulnerabili,

l’accesso a un lavoro dignitoso, unadistinzione chiara tra ritorno volonta-rio e forzato. Sono alcune delle racco-mandazioni elaborate a margine delseminario “Migrazione e sviluppo”,momento culminante della presenzadella rete internazionale Caritas al Fo-rum sociale mondiale, svoltosi a Tuni-si nell’ultima settimana di marzo.

Il World social forum è stato, comesempre, occasione ricchissima di in-contro tra soggetti e culture (60 milapartecipanti, 4.500 organizzazioni re-gistrate, oltre 1.600 seminari realizzati)che si interrogano su come governare,secondo strategie e con formule alter-native, i processi sociali, economici eambientali che contraddistinguono ilmondo contemporaneo. Le racco-mandazioni elaborate nell’ambito del-

l’iniziativa di Caritas Internationalisverranno ora presentate al “Dialogo dialto livello su migrazione e sviluppo”,che le Nazioni Unite promuoverannoil prossimo ottobre a New York.

Durante l’incontro, sono emersi al-cuni punti chiave: per quanto riguardai percorsi migratori, vi è la necessità difocalizzare l’attenzione sulle cause chedeterminano le migrazioni, «aspettosu cui occorre lavorare – ha spiegatoOliviero Forti, responsabile dell’Ufficioimmigrazione di Caritas Italiana – conuna corretta informazione a beneficiodei potenziali migranti».

Volontari o forzati?I legami tra i paesi di origine e quellidi destinazione sono fondamentaliper garantire il rispetto della dignitàumana. Con riferimento alle categoriepiù vulnerabili, le raccomandazioniCaritas mirano alla ratifica della Con-venzione Onu sulla protezione dei di-ritti dei lavoratori migranti e delle loro

Raccomandazionidi Maria Chiara Cugusi

LLa rete internazionaleCaritas ha proposto, al Forum socialemondiale di Tunisi,approfonditeriflessioni su comeaffrontare le migrazioninell’epoca globale. Gli spostamenti umani inscindibilidalla questione dello sviluppo:documento all’Onu

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per un mondo mobile

zeropovertydi Laura Stopponi

CITTADINO DA LONTANO,L’EUROPA SONO ANCH’IO

tutti i migranti; il recepimento dellaConvenzione Onu sui diritti dei lavo-ratori migranti; la promozione e valo-rizzazione della loro partecipazionepolitica; una maggiore uniformità eapertura fra gli stati membri quantoalla concessione della cittadinanza aicittadini di paesi terzi: sono questi al-cuni dei diritti, che costituiscono ele-menti imprescindibili di una cittadi-nanza europea, che la campagna in-tende promuovere, superando i limitie le lacune che a tutt’oggi caratteriz-zano le legislazioni degli stati europeiin materia di soggiorno, lavoro e ac-cesso allo stato sociale.

I migranti dei paesi terzi guardanoall’Europa come a un’unica entità,ma devono fare i conti con 27 sistemistatali differenti, che creano ostacolie difficoltà quando si tratta di stabi-lirsi e di circolare all’interno del-l’Unione. Secondo la Commissioneeuropea occorre, da un lato, rafforza-re le regole di cooperazione tra Ue epaesi terzi, dall’altro spiegare meglioalle istituzioni nazionali degli statimembri in che modo le regole attualipossono già garantire molti diritti in-

dividuali. Una campagna europea può svolgere un ruoloimportante nel modificare gli orientamenti culturali, sul-la base dei quali si definiscono le politiche europee inmateria di immigrazione e asilo.

La campagna, insomma, vuole affermare il diritto a es-sere cittadini europei e ribadire un concetto di cittadi-nanza intesa «non come esito dell’integrazione, ma comeesercizio di un diritto indipendente da essa e anteceden-te a essa», spiega Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficioimmigrazione di Caritas Italiana.

Nel 2014 si voterà per il rinnovo del Parlamento euro-peo: occorrerà impegnarsi – e anche a questo può servirela campagna “L’Europa sono anch’io” – affinché venga ri-conosciuto il diritto di voto a “cittadini di fatto europei”,condizione importante per rendere l'Europa uno spaziopolitico e sociale in cui ogni residente e ogni comunità siimpegna a costruire un avvenire comune, a partire da ori-gini e appartenenze differenti.

È stata lanciata a marzo, in occasione del Forum sociale mondialesvoltosi a Tunisi, la campagna “L’Europa sono anch’io”, chepunta a far riconoscere ai cittadini stranieri residenti nei paesi

dell’Unione da numerosi anni il diritto a essere cittadini europei.Se molti lavoratori europei trascorrono parte della loro vita fuori

dal proprio paese d’origine, incoraggiati anche da norme europeeche facilitano la mobilità, a protezione dei diritti individuali, i cit-tadini di paesi extra-Ue regolarmente presenti nel territorio del-l'Unione, che sono più di 40 milioni e rappresentano il 4% della for-za lavoro degli stati membri, hanno ancora molte difficoltà a farvalere i propri diritti quando migra-no in Europa. Se considerati in rela-zione al loro accesso ai diritti sociali,civili e politici, rappresentano unasorta di “ultimo stato”, trasversale atutta l’Ue.

Le organizzazioni che hanno pro-mosso la campagna – tra cui CaritasItaliana – vengono dalla precedente,incisiva esperienza di “L’Italia sonoanch’io”, inerente i diritti dei minoriextracomunitari in Italia, e stannocercando di consolidare alleanzecon organizzazioni di altri paesi eu-ropei, lavorando anzitutto all’inter-no delle proprie reti continentali. La proposta si inseri-sce peraltro nella cornice dell’Anno europeo 2013 deicittadini.

La scelta di Tunisi come luogo di lancio dell’iniziativanon è stata causale: «Nel Mediterraneo si stanno co-struendo relazioni sempre più fitte tra sponda sud esponda nord – ha dichiarato Filippo Miraglia, responsa-bile immigrazione dell’Arci –; noi interveniamo in questocontesto, con una proposta per spostare la discussionesulle migrazioni dal terreno dell’emergenza, del controlloe della repressione, al tema dei diritti».

Premessa dell’integrazioneIl diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di pae-si terzi che vivono nell'Ue; i diritti di sicurezza sociale perle persone straniere quando migrano in Europa; il dirittoalla salute, il suo godimento effettivo e l’esigibilità di unadeguato standard di salute come diritto legale da parte di

Lanciata al Fsmdi Tunisi, nel quadro

del 2013 Anno europeodei cittadini, una

campagna sui dirittidei migranti. Sulla sciadi un’analoga, incisiva

iniziativa italiana,si propone di rendere

effettiva ai residenti datempo la cittadinanza

continentale

I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3 39 38 I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 3

litiche di espulsione e scarsa propostadi percorsi di integrazione stanno di-ventando il tema delle politiche del-l’immigrazione in area Ue.

Si pone un accento sempre più for-te sulle politiche di contenimento deiflussi migratori, attraverso finanzia-menti crescenti all’Agenzia Frontex,ma anche a governi e ong, attraversofondi europei, compresi quelli socialiFei e Fer. L’Unione europea, inoltre,dichiaratamente utilizza i flussi mi-gratori come “merce di scambio” nel-le relazioni con i paesi della spondasud del mare Mediterraneo, candidatia entrare nell’area commerciale (epolitica) dei 27 paesi.

Le conseguenze umane di tale at-teggiamento politico sono tragiche: ilMediterraneo si è trasformato nel ci-mitero di migliaia di persone, ancoraoggi costrette ad affidarsi ai “barconidella speranza” su cui specula la cri-minalità, e il cui mercato è tanto piùflorido quanto più elevate sono lebarriere all’accesso regolare.

Nemmeno raggiuntiAnche di questi temi si è discusso alForum sociale mondiale di Tunisi,nell’ambito degli eventi promossidalla rete Caritas. Con una sottoli-neatura ulteriore: la tendenza, or-mai, è fare in modo che i territoridell’Unione non vengano nemmenoraggiunti dai potenziali immigrati erifugiati.

Ciò avviene in due modi. Per i mi-granti, si gestiscono in modo seletti-vo le procedure consolari di attribu-zione di visti dai paesi a più fortepressione migratoria: molto disinvol-tamente per l’Est europeo, o per ta-luni paesi di America Latina e Asia,mentre si ostacolano, quanto a tempie modalità di accesso alla procedura,i candidati all’arrivo da paesi nongraditi. Per i profughi, si praticanoviolazioni rilevantissime delle con-venzioni internazionali attraverso lamilitarizzazione sia dei luoghi di ap-

prodo o transito (Lampedusa in Ita-lia, Ceuta e Melilla nei territori spa-gnoli, le isole mediterranee in Grecia,Calais in Francia), sia soprattutto at-traverso il respingimento in maredelle imbarcazioni che hanno a bor-do potenziali richiedenti la protezio-ne internazionale.

In entrambi i casi, tutto questo av-viene con la complicità dei paesi diprovenienza o dei principali paesi ditransito, che negli ultimi anni hannoutilizzato strumentalmente la pre-senza sui propri territori di potenzialimigranti verso l’Europa, sia per que-stioni di politica interna (aizzandol’intolleranza verso gli stranieri perottenere un consenso politico emo-tivo e facile) sia per questioni di poli-tica estera (scambiando il conteni-mento delle emigrazioni con benefitdi natura economica, spesso in favo-re esclusivo delle élite al potere, comesi è visto con il dittatore Ben Ali pro-prio in Tunisia).

Saldatura tra nord e sudLa dimensione mediterranea è statoil tratto più caratterizzante del Forumsociale mondiale di Tunisi, all’indo-mani della “primavera araba”, che vi-de (e vede tuttora) protagonisti que-gli stessi giovani che negli anni pre-cedenti, sotto il regime, prendevanoil mare, correndo rischi enormi, per

internazionale forum sociale

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PRIMAVERA DOVE SEI?Manifestante per la libertàe la democrazia in Tunisia,

alla sfilata inaugurale del Forum

La dimensione mediterranea è statoil tratto caratterizzante del Forum socialemondiale, all’indomani della “primavera

araba”, protagonisti gli stessi giovani che, sotto il regime, prendevano il mare

cercare altrove un futuro migliore. La “saldatura” tra movimenti e

campagne condotte dalle organizza-zioni attive nei paesi della spondanord del Mare Nostrum, con quelledella società civile della sponda sudhanno trovato eco, in particolare, inalcune iniziative proposte al Wsf2013. “Tutte le organizzazioni inter-venute hanno espresso la loro pro-fonda preoccupazione per le politi-che comunitarie in materia di ritor-ni, esternalizzazione e controlli dellefrontiere, criminalizzazione dei mi-granti, nonché per il rispetto dei lorodiritti fondamentali e del loro benes-sere”: così recitava, l’anno scorso, lostatement conclusivo del MigraMedForum organizzato a Cagliari da Ca-ritas Europa e Caritas Italiana, che –tra l’altro – invitava l’Unione euro-pea, nell’ambito del quadro finan-ziario pluriennale 2014-2020, ad “as-sicurare che i fondi non si concentri-no solo sui ritorni e sul controllodelle frontiere”.

In questa prospettiva agisce ora lacampagna “FrontExit”, rilanciata aTunisi dalla rete transnazionale Mi-greurope: l’iniziativa sollecita traspa-renza e assunzione di responsabilitàrispetto alle azioni condotte da Fron-tex, l’Agenzia europea per la gestionedella cooperazione internazionaledelle frontiere esterne dell’Unione,allo scopo di costringere l’Europa arispettare i diritti dei migranti. E an-che la campagna “L’Europa sono an-ch’io” (vedi pagina 39) riprende alcu-ni di questi temi. Si apre insommauna “nuova frontiera”, per una voltasenza barriere di accesso, per l’affer-mazione dei diritti dei migranti nel-l’area mediterranea: non può che es-sere tracciata dalla società civile deipaesi delle due sponde.

RISPARMIIL DENARO PUÒRISPETTARE L’ETICA

Negli ultimi decenni l’impiego del denaro ha seguito criteri di massimizzazione dei profitti, per soggetti che non si ponevano il tema della sostenibilità. E talora seguivano interessi criminali. Ma le alternative, pur senza essere sistema, sono sempre di più

I l Dizionario della solidarietà definisce la finanza etica come “quelpensiero economico contemporaneo che ha come fine l’uso deldenaro come mezzo e non come scopo, avendo come riferimento

la persona umana”. Il compendio della dottrina sociale della Chiesacattolica rafforza questo concetto, indicando che “le ricchezze realiz-zano la loro funzione di servizio all’uomo quando sono destinate aprodurre benefici per gli altri e la società”.

Due richiami, una sola visione, centrata sul rapporto tra uso del de-naro e bene comune. L’agire economico, per essere etico e socialmen-te responsabile, deve porre valori e relazioni come obiettivo, svinco-landosi dall’egoismo personale, centrato su profitti convenienti efacili arricchimenti. Ogni individuo, ente e istituzione è responsabiledella gestione del denaro e del risparmio, ma anche dell’impatto so-ciale e ambientale che ne consegue per la collettività. La libertà di mo-vimento dei capitali ha favorito, negli ultimi decenni, l’attività finan-ziaria globale, ma anche operatori senza scrupoli e riciclaggio didenaro sporco, spesso a beneficio delle mafie.

Cosa viene finanziato, e chi ci guadagna dai nostri risparmi? Il nonporsi simili interrogativi ci rende indirettamente responsabili: il grado

di consapevolezza deve essere elevato, in materia di scel-te di risparmio. Anche perché le alternative oggi nonmancano. Il numero di soggetti che considerano il rispar-mio come strumento per lo sviluppo sociale, e sviluppa-no prassi in proposito, è in costante aumento: bancheetiche, bilanci di giustizia, microcredito sociale, mutuedi autogestione, commercio equo e solidale… Questebuone prassi sono ancora lontane dall’essere sistema,ma rappresentano un concreto segno di impegno peruna cittadinanza globale fondata sull’equità e la sosteni-bilità, fondata speranza per le generazioni future.

di Francesco Maria Carloni

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Banca del Tempo,lo scambio comereciproca convenienza

Si dice che il tempo è denaro:da una parte chi ha tempo libe-ro e non sa come riempirlo, dal-l’altra chi vorrebbe una giornatadi 48 ore. Perché non investireil tempo in modo nuovo?

La Banca del Tempo (BdT) è un’associazione di personeche si auto-organizzano perscambiarsi tempo disponibileper aiutarsi, soprattutto nellepiccole necessità quotidiane;si scambiano beni, servizi e sa-peri d’ogni tipo (usando il tem-po come unità di misura del valore). La regola è lo scambiocome reciproca convenienza.

Nella BdT gli scambi non han-no valore di mercato, ma ren-dono meno faticosa e più grati-ficante la vita quotidiana.FO

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stante contatto con la rete Cari-tas nel paese, uno tra i più po-veri e arretrati del mondo: il tas-so di analfabetismo è del 52%,il 60% della popolazione vivecon 1,25 dollari al giorno e conuna speranza di vita di 48 anni,la mortalità infantile arrivaall’82‰. Già a febbraio i vesco-vi centroafricani avevano denun-ciato gli abusi dei gruppi ribellie affermato «il diritto del popolodella Repubblica Centroafricanadi vivere in pace nel propriopaese». L’arcivescovo di Ban-

archivium di Francesco Maria Carloni

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panoramamondo

Nell’agosto 1992 la Caritas Italiana raccoglieva in un volumetto (Quaderno 43) di 142 pagine gli atti di un convegno celebrato in occasioni dei sui primi vent’anni(cioè l’anno precedente). Il quaderno contiene contributi di rilievo, dei cardinali Camillo Ruini e Alexandru Todea, degli operatori Caritas monsignor Giuseppe Pasinie Sandro Calvani, di personaggi come Oreste Benzi, Lino Armellin, Nuccio Fava,Franco Bentivoglio, Giovanni Sarpellon.

A monsignor Giovanni Nervo – scomparso all’età di 95 anni il 21 marzo scorso–, primo presidente dell’organismo, fu chiesto un intervento dal titolo La Caritas Italiana: una presenza ecclesiale di solidarietà con i poveri. Ne è rimasta fedele trac-cia in 25 pagine che raccontano, con la schiettezza che contraddistingueva Nervo, i primi passi di Caritas nella chiesa italiana, nel tentativo di fare spazio a una caritàcristiana pronta a cogliere i “segni dei tempi” evocati dal Concilio Vaticano II.

Otto erano i nodi che, secondo Nervo, Caritas avrebbe dovuto sciogliere: supera-mento della cultura elemosiniera e assistenzialistica, coinvolgimento di tutta la comunità cristiana nell’esercizio e nella testimonianza della carità, collaborazioneattiva e convinta dei sacerdoti, promozione e coordinamento (senza lasciarsi coinvol-gere in impegni diretti di gestione di opere e servizi), fedeltà concreta alla funzionepedagogica, promozione di un costante rinnovamento pastorale delle opere assi-stenziali della chiesa in conformità agli indirizzi del Concilio, sviluppo della presenzadi laici nei luoghi direttivi delle Caritas diocesane, capacità di inci-dere sulle politiche sociali perché ci sia sempre giustizia.

Quel quaderno merita di essere riletto: ha contenuti di grande attualità, anche 40 anni dopo la nascita di Caritas Italiana. Cosìscriveva monsignor Attilio Nicora, allora presidente, nella presenta-zione: “Fare memoria delle origini è sempre stimolante (...): richia-ma le ragioni fondanti, aiuta a verificare il percorso, invita a qualcheesame di coscienza salutare, sollecita a una fedeltà non esteriore”.

Caritas a metà del suo cammino:nel Quaderno le otto sfide di Nervo

CENTRAFRICAColpo di stato:si aggravala crisi umanitaria,appello alla pace

Si aggrava l’emergenza umani-taria nella Repubblica Centrafri-cana, dove la crisi politica, ini-ziata da diversi mesi, è sfociatain un colpo di stato, attuato a marzo dal gruppo ribelle Sele-ka: il presidente Francois Bozi-zé, al potere dal 2003 dopocontestatissime elezioni, ha abbandonato il paese e il lea-der dei ribelli Micheò Djotodiasi è autoproclamato presidente.Immediata la condanna delleNazioni Unite e dell’Unione afri-cana. Caritas Italiana è in co-

GUERRACONTROI POVERIMilizianie cittadiniin Centrafrica:l’ennesimoconflitto in cui a soffrireè soprattutto la popolazionecivile

gui, monsignor Dieudonné Nza-palainga, ha asserito che la cri-si è politica e non religiosa e occorre evitare che il conflittosi connoti in questo senso. Perquesto, è importante proseguireil dialogo interreligioso avviatoda tempo. Per favorire gli inter-venti che la Caritas della Re-pubblica Centrafricana, suppor-tata dalla rete internazionaleCaritas, da dicembre sta dispie-gando nel paese, Caritas Italia-na ha stanziato un primo contri-buto: finanzierà – a beneficio dicirca 70 mila persone, soprat-tutto sfollati – la distribuzione dibeni alimentari e non alimenta-ri, attività di sostegno psicoso-ciale e di riabilitazione di strut-ture mediche, scolastiche esocio-economiche.

ARGENTINAViolente alluvionia Buenos Airese La Plata: aiutialle famiglie sfollate

«Portare con carità e spirito di solidarietà cristiana gli aiutinecessari». È l’invito che papaFrancesco ha rivolto alle istitu-zioni civili ed ecclesiali, inviandoun messaggio di vicinanza allapopolazione colpita, a fine mar-zo e inizio aprile, da violentepiogge cadute nelle regioni argentine di Buenos Aires e La Plata, che hanno causatoquasi 60 vittime e lasciato senza casa decine di migliaia di persone. La Caritas naziona-le si è subito attivata per fornireaiuti; sono stati allestiti centridi raccolta e di distribuzione di materassi, lenzuola, cuscini,vestiti, scarpe, pannolini, artico-li per l’igiene personale e ali-menti. Caritas Italiana, che da anni collabora con CaritasArgentina, nell’ambito di proget-ti educativi e sociali rivolti ai minori nei barrios urbani, haespresso solidarietà e si è mo-bilitata per sostenerne gli sforzidi aiuto nell’emergenza.

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panoramamondo

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utilizzo comunitario,per far inserire altre

famiglie indios.Da gennaio siamo

autonomi e operativi

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MICROPROGETTO

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AGISCI ORA! SOSTIENI UN PROGETTO INFO: [email protected]

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ILPROGETTO

TAILANDIAMigranti, piccoli proprietari, minoranze:fondi rotativi per gruppi di auto aiuto

Un programma di microfinanza. Sostenuto da Caritas Ita-liana e Caritas Tailandia. Che punta a migliorare l’accesso

al credito di 1.500 famiglie, organizzate in 25 gruppi di mutuoaiuto e residenti nelle regioni di Bangkok, Ratchaburi e Chanta-buri. I gruppi (messi in rete tra loro, per rafforzare la sostenibili-tà delle loro azioni) ricevono un fondo rotativo ciascuno di 500euro e vengono accompagnati nell’utilizzo della somma, al finedi migliorare le loro attività produttive e garantire gradualmenteuna maggiore capacità economica alle famiglie. I membri deigruppi appartengono a fasce svantaggiate della popolazione:immigrati dai paesi vicini (Myanmar e Laos), per contrastare il rischio che cadano nella rete della criminalità e del traffico di esseri umani; piccolissimi proprietari terrieri, che dipendonodal prestito di denaro a usura, per poter portare a termine la stagione agricola; membri di minoranze etniche, che vivono in condizioni di esclusione sociale ed economica. I gruppi ricevono formazione e aggiornamento costanti: man mano che maturano una adeguata capacità di gestire il credito ricevu-to, vengono avviati a una collaborazione di lungo periodo con organizzazioni di microfinanza attive nel territorio. Il programmaè in espansione in nuove aree della Tailandia.

> Costo 12.500 euro> Causale AO/2010/077 - Tailandia

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GUINEALaboratorio con i detenuti

La Caritas nazionale della Guinea Cona-kry lavora da anni nelle prigioni guineane.

La prigione centrale di N’Zérékoré ospita 207detenuti: il microprogetto ha come obiettivo la creazione di un laboratorio per preparare sa-poni, destinati alla vendita esterna. Si prevedel’acquisto di piccole attrezzature e materie prime e il finanziamento di corsi di formazioneprofessionale, a cui parteciperanno 50 detenu-ti. Ciò contribuirà a migliorare le condizioni di vita dei reclusi, e in prospettiva al loro rein-serimento sociale.

> Costo 5 mila euro > Causale MP 12/13 Guinea

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MICROPROGETTO

INDIAMutuo aiuto, più formato

A Jhansi (stato dell’Uttar Pradesh, norddell’India) verranno finanziati corsi di for-

mazione professionale per consentire a 45gruppi di auto-mutuo-aiuto, che intendono mi-gliorare le condizioni socio-economiche degliabitanti di otto villaggi, di avviare microattivitàproduttive. Due gruppi potenzieranno produzio-ne e commercializzazione di articoli artigianaliin bambù; altri due intraprenderanno un alleva-mento di capre; nove gruppi intensificherannola coltivazione di orti casalinghi, un altro daràvita a un piccola bottega di generi vari.

> Costo 2.900 euro > Causale MP 36/13 India

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MICROPROGETTO

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PARAGUAY«Costruiti i carrettiper raccogliere rifiuti,ci siamo sottrattiallo sfruttamento»

Mi chiamo AntonioBariga e a nome

di altre otto famiglie di indios voglioringraziare la Caritas Italiana e quanti,attraverso essa, ci hanno permessodi intraprendere in autonomia l’unicolavoro che ci viene permesso qui in città, a Ciudad dell’Este: un’attivitàdi raccolta e riciclaggio del materialedi scarto, svolta tra le case e le numerose discariche della periferia.L’attività di raccolta dei rifiuti (carta,ferro, legno e altro) fino a sei mesi fa veniva svolta grazie a carrelli trai-nati a mano, presi in affitto dai com-mercianti che poi riacquistavano i materiali raccolti a prezzi molto sot-to i livelli di mercato. Una situazionemolto svantaggiosa, che ci vedeva co-stretti a versare la quota di noleggiodei carretti e a vendere il materialeraccolto anche se il prezzo era sfavo-revole. Abbiamo così deciso di rivol-gerci alla parrocchia per esporre il problema. Con una modesta cifraavremmo potuto auto-costruirci deicarretti, così da poterne essere pro-prietari e svolgere il lavoro in modoautonomo, liberandoci dalla spirale di sfruttamento in cui eravamo finiti.Aiutati dal parroco, ci siamo rivolti aCaritas Italiana, che ha accolto la ri-chiesta. Grazie al finanziamento otte-nuto (3.200 euro), abbiamo costruito cestelli e li abbiamo assemblati conassali e ruote adeguati al peso da so-stenere. Abbiamo stabilito le regole di utilizzo comunitario, per agevolarel’inserimento di altre famiglie indios.Da gennaio siamo finalmente autonomie pienamente operativi: per la nostrapiccola comunità, un importante mo-mento di sviluppo e progresso sociale!

> Microprogetto 309/12 ParaguayAcquisto di carretti per il lavoro di un gruppo indio a Ciudad del Este Video su www.caritasitaliana.it

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GEORGIACorsi oltre la disoccupazione

Nella capitale Tblisi, segnata da un note-vole tasso di disoccupazione e da debiti

finanziari, un’associazione locale ha varato unprogetto per la realizzazione di sette corsi di for-mazione professionale a beneficio di 21 giovanidisoccupati. I corsi avranno una durata di 3-4mesi e prepareranno ragazze e ragazzi a diven-tare decoratori floreali, parrucchieri, sarti, calzo-lai, baby sitter, ecc. Al termine della formazionei giovani saranno accompagnati nell’inserimentolavorativo. Il microprogetto si propone di acqui-stare attrezzature e materiali utili per i corsi.

> Costo 4.500 euro > Causale MP 48/13 Georgia

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villaggioglobale

di Danilo Angelelliatupertu / Edoardo Winspeare

Il cognome non tradisce le origini salentine. I suoi filmsì. Pizzicata, Sangue vivo, Il miracolo e Galantuomini uti-lizzano tutti, o quasi, colori, luci, umori e suoni del lembodi terra più a est della nostra penisola. Edoardo Win-speare disegna uno sfondo salentino anche per il me-diometraggio L’anima attesa, nel quale fa muovere Carlo,disincantato uomo d’affari, colto nel momento in cui de-cide di prendere una pausa dal lavoro e raggiungere lasorella ad Alessano (Lecce), dove sperimenterà un cam-biamento radicale.

Alessano è il paese dove è nato (ed è sepolto) ungrande costruttore della Chiesa ispirata ai valori dell’ac-coglienza evangelica, e un simbolo di tutta la Puglia: donTonino Bello. In occasione dei vent’anni dalla morte delvescovo di Molfetta, Pax Christi, l’associazione pacifistadi cui è stato presidente, e Mosaico di Pace, rivistadell’associazione, promuovono il film, disponibile in dvd:non un lavoro biografico, ma un’occasione per rievocar-ne il messaggio.

Winspeare, perché questa scelta narrativa?Con la biografia di certi uomini si rischia sempre di faredei santini. Oltre a non voler correre un simile rischio, hopensato che fosse più bello raccontare gli effetti che ungrande uomo ha avuto e ha sulle persone. Don Toninonon solo ha ispirato questo film di 40 minuti, ma è pre-sente in maniera diretta: utilizzo molte sue frasi che hofatto pronunciare ad alcuni personaggi, alla fine c’è pro-prio lui che parla. Inoltre ho inserito un personaggio ispi-rato a don Tonino, un bambino che segue il protagonistacon la fisarmonica. Magari l’anima ha proprio le fattezzedi don Tonino bambino.

Quali sono i momenti del film in cui è più forte il richiamo ai valori del sacerdote pugliese?

Quando il protagonista scopre la bontà quotidiana, quando vede qualcuno che gli sorride, gli extracomunitariche sono gentili con lui, il giardiniere che gli regala la pianta e gli dice di prendersene cura. Ecco, “prendersicura”. Un’espressione che ritorna nel film e nella vita del sacerdote.

L’anima attesa è stato realizzato anche grazie al crowd funding: chiunque poteva contribuire, anchecon pochi euro, aderendo alla campagna “Adotta unfotogramma per don Tonino” e divenendo “coprodut-tore”. Lui avrebbe apprezzato questa modalità…

Una partecipazione dal basso è nello stile del pastore sa-lentino, capace di organizzare la gente con modalità sem-plice ma efficace, perché autentica. Era importante perdon Tonino Bello creare una rete fatta di relazioni umane.La campagna è partita i primi di ottobre 2012 e oggi sono220 gli adottanti, tra singoli, associazioni, cooperative…

Lei ha conosciuto don Tonino Bello. Cosa vive oggi in Edoardo Winspeare di quell’incontro?

In tutte le cose che faccio penso a lui, al suo senso di re-sponsabilità, al coraggio, alla gentilezza. Era un uomo tal-mente forte che non aveva bisogno di essere duro. Dicevacose incredibili con serenità. È un punto di riferimento.

Nel film emerge anche l’autorità morale di quest’uo-mo. E il suo impegno nella vita di ogni giorno…

Voglio che in chi vede L’anima attesa scatti una scintilla,non perché intendo dare il mio contributo al processo di beatificazione, ma affinché il pubblico si identifichi pro-prio con il suo essere uomo tra gli uomini, nella quotidiani-tà. E poi, sì, ho cercato di rendere evidente nel film la suaautorità morale, una cosa che manca ai giorni nostri.

«Don Tonino Bello,che ha cambiatola vita di tanti»

Con la biografia dicerti uomini si rischiasempre di fare

dei santini. Allora mi sonorifatto al “prendersi cura”.Un’espressione che tornanella vita del vescovosalentino. E nel film

PASTORE E FOTOGRAMMAEdoardo Winspeare, registasalentino, e la locandina del suoultimo mediometraggio, L’animaattesa, girato nei luoghi dovenacque ed è sepolto don ToninoBello (foto sopra a destra). PaxChristi e la rivista Mosaico di pacehanno promosso una campagnadi crowd funding per finanziare la produzione del film, in occasionedel ventennale della morte di colui che fu vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia.

Per richiedere il dvdwww.mosaicodipace.it

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amore per i poveri, e coltivandonel contempo il gusto del bello e dell’arte, la passione per losport e per la montagna, l’atten-zione ai problemi della società,oltre che un’appassionata federeligiosa. Mille colpi di cannone,realizzato in collaborazione conl’associazione Pier Giorgio Fras-sati, Azione Cattolica e Ufficio Ceidi pastorale giovanile per Multi-media San Paolo editore, comenei nove casi precedenti è un au-diolibro che fonde arti diverse:letteratura, recitazione e musica.Tra i narratori, importanti perso-naggi del mondo dello spettacoloe dello sport: Luciana Littizzetto,Francesco Martino, SimonettaSolder, Laura Giombini, Nicola Legrottaglie; le musiche originalisono del maestro Mite Balduzzi.L’audiolibro sarà presentato allastampa il 28 maggio a Roma, sala Marconi di Radio Vaticana.

zoom

AUDIOLIBRI“Mille colpidi cannone”,lettere e pensieridi Frassati

Alcune tra le lette-re più belle delbeato Pier GiorgioFrassati. Costitui-scono la spinadorsale di Millecolpi di cannone,

decimo audiolibro della collanaPhonoStorie, realizzata da Rerum- Rete europea risorse umane e Caritas Italiana, e dedicata ai più luminosi testimoni di cari-tà, solidarietà, giustizia e legalitàdel nostro tempo. Frassati, ram-pollo di una famiglia altoborghe-se di Torino, visse i 24 anni dellasua esistenza, nel primo quartodel ventesimo secolo, manife-stando un totale ed evangelico

con i rispettivi territori, o in ambi-to internazionale, hanno rappre-sentato in modo emblematico il maturare della sensibilità e del metodo di lavoro di Caritas.Il dvd fa parlare i nove testimoni:dà la parola a Maria Teresa Ta-vassi, operatrice e poi volontariadi Caritas Italiana con il ruolo di responsabile del settoreservizi sociali e promozione umana; Roberto Rambaldi, pri-ma volontario, poi obiettore in servizio civile e ancora vice-direttore di Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana; SilvioTessari, da un ventennio responsabile di progetti di svilup-po in Africa, oggi dell’ufficio Medio Oriente – Nord Africa di Caritas Italiana; don Ruggero Di Piazza, parroco a Gori-zia, per 17 anni direttore della locale Caritas diocesana;Alfonso Canale, da 28 anni “colonna” della Caritas dioce-sana di Reggio Calabria; infine Silvana Piccinini, attiva nella Caritas di Genova dal 1973 con molteplici ruoli.

Nove testimonianze di fedeltà al servizio e creatività nel servizio: per capire come è evoluta Caritas, in un mon-do e in una Chiesa che continuano ad aver bisogno di testi-moni “quotidiani” di carità. www.caritasitaliana.it

Tre direttori nel primo trentennio: monsignor Giovanni Ner-vo, scomparso a fine marzo, monsignor Giuseppe Pasini e don Elvio Damoli. E poi una lunga schiera di operatori e volontari, rappresentati da sei figure simbolo: protagoni-sti di molteplici forme di attenzione ai fenomeni di soffe-renza, emarginazione e povertà, di intervento nelle emer-genze umanitarie, di accoglienza, di promozione di unacultura della pace e della solidarietà. Nove volti, nove cam-mini, nove esperienze, nove racconti: scheletro e contenutidel dvd Memoria e profezia. Per testimoniare la carità,sussidio ideato e presentato da Caritas Italiana (edito daEdb) in occasione del 36° Convegno nazionale delle Cari-tas diocesane, svoltosi in aprile a Montesilvano (Pescara).

Il dvd fa anzitutto memoria della testimonianza e del-l’opera dei tre primi direttori Caritas, evidenziandone siala passione per il radicamento ecclesiale dell’organismoCaritas, sia il coraggio della profezia manifestato nel cor-so del loro servizio, additando problemi nuovi e intrapren-dendo percorsi di risposta inesplorati per la società italia-na, capaci di fare animazione, creare cultura, sollecitarele istituzioni e le altre componenti sociali.

Il sussidio presenta poi l’esperienza di sei personeche, a vario titolo, con ruoli diversi e operando a contatto

EDITORIALa “Civiltà” , un’app:la rivista dei Gesuitiesplora le frontieredel mondo digitale

La Civiltà Cattolica, storica rivi-sta della Compagnia di Gesù, sirinnova. Lanciandosi sulle frontie-re delle nuove tecnologie infor-matiche. E stringendo un accordocon Google, che sta avviando il processo di digitalizzazionedell’intero archivio del quindicina-le. A partire dal primo fascicolo,uscito il 6 aprile 1850. «In que-sto modo sarà possibile metterea disposizione di tutti, e gratuita-mente, un patrimonio straordina-rio», ha dichiarato padre AntonioSpadaro, direttore della rivista.Le novità non riguardano solo lamemoria, cioè l’archivio, che saràvalorizzato anche tramite la pub-blicazione di instant book digitali.

Nove percorsi di vita targati “Caritas”,dvd di testimoni tra memoria e profezia

LA TESTATAE IL DIRETTORELa “nuova”copertina diCiviltà Cattolica;sotto, padreAntonio Spadaro

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DON PINO, MARTIRE BEATOINSEGNÒ AD ALZARE LA TESTA

generatoridisperanzadi Francesco Montenegro arcivescovo di Agrigento,

incaricato regionale per il servizio della carità e la salute

nche questa è Sicilia! Permettetemi, parlando di padre Pino Puglisi, che sarà beatificato a Pa-lermo il 25 maggio, un sussulto d’orgoglio. La Sicilia è terra di santi, di grandi uomini, di grandicuori e grandi menti.

Molto è stato il sangue versato dai figli di questa terra. Uomini coraggiosi (magistrati, funzionari dellostato, forze dell’ordine, politici, sindacalisti, imprenditori e giornalisti…) hanno lottato in vario modo controla prepotenza dei vili “forti” (?), pagando con la vita. Dinanzi a loro ci inchiniamo rispettosi e ammirati.

L’assassinio di don Puglisi è però “diverso”: lui ha esercitato il suo ministero senza mai essere “contro”,ma sempre “in favore” di altri. Questo gli fa meritare il titolo di “martire”. Il cardinale Salvatore Pappalardo,arcivescovo di Palermo all’epoca del suo omicidio, disse che la mafia aveva compiuto «un’azione violenta

che voleva essere non solo soppressiva della sua persona, ma anche del mes-saggio di speranza cristiana e di liberazione sociale».

Don Pino è stato impegnato a educare bambini e ragazzi per toglierli dal-l’estremo degrado. Gli stessi mafiosi hanno affermato che fu ammazzato per-ché «voleva prendere dei bambini e levarli da mezzo la strada (…) farli cre-scere in un ambiente “sistemato”» (Pietro Romeo); si è instancabilmente datoda fare a favore dei giovani, in specie dei drogati, delle donne violentate e of-fese, delle famiglie povere. E ha sempre agito, armato della mitezza che locontraddistingueva: questo dimostra quanto sia falsa la dicotomia tra la mis-sione spirituale e l’impegno per il sociale.

Don Pino ha saputo saldare fede e storia. In più ha mostrato, senza la pre-tesa di voler fare da maestro, un modo altro di essere Chiesa, di cui è stato fi-glio attento e obbediente: nessuna neutralità di fronte al male, nessuna col-lusione con i prepotenti, i prevaricatori e gli “operatori di satana” (così Pap-palardo aveva definito gli assassini).

Il coraggio di don Puglisi ha le sue radici nel costante riferimento a Cristo, tanto da saperLo riconoscere e servirenei poveri: il servizio a loro è stata la nota precipua dell’esercizio del suo ministero.

Il procuratore Giancarlo Caselli, a proposito del legame di don Pino con il terri-torio, ha scritto che “don Puglisi fu colpito sulla porta di casa. Quella porta che ognigiorno egli oltrepassava per portare il Vangelo oltre le sole celebrazioni o liturgie,per “abitare” il territorio. […].E la radicalità di questo “abitare” (predicato e vissuto)non poteva essere accettata da chi invece il territorio lo vuole conquistare, occupare,controllare e sfruttare”.

Pino Puglisi, uomo, cristiano adulto nella fede, presbitero coraggioso, senza maiavere avuto la pretesa dell’esemplarità pastorale, è un santo martire delle chiese diSicilia: un’avanguardia coraggiosa. Di lui ha detto ai funerali il cardinal Pappalardo:«Era una sentinella di Dio in una trincea avanzata».

La “trincea avanzata” è questa nostra Sicilia: cuore del Mare nostrum, ci sentiamochiamati, dalla martyria di don Pino, e confortati anche dall’antica affermazione diTertulliano secondo cui «il sangue dei martiri è la semente dei cristiani», a esseregermogli di un rinnovato cristianesimo.

Ha scritto Francesco Michele Stabile, storico della Chiesa: «Una Chiesa assistenzialenon fa paura, ma una Chiesa che aiuta la nascita di una comunità democratica, che fa al-zare la testa, che ridà il gusto della parola e della libertà, è una Chiesa che fa paura».

Il 25 maggio saràbeatificato il sacerdote

palermitano uccisodalla mafia nel 1993.

Il parroco di Brancacciolavorò soprattutto per laliberazione dei giovani

dal degrado e dallaviolenza: testimoniando

una Chiesa “che ridàil gusto della parola

e della libertà”

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Il primo pontefice americanotra ricostruzioni, polemichee la missione indicata nel nome

paginealtrepagine di Francesco Dragonetti

Una data già entrata nella storia: mercoledì 13 marzo 2013, ore 19.06 la fumatabianca, a significare che i 115 cardinali avevano scelto il successore di Benedet-to XVI, e a seguire, alle 20.12, l’annuncio del cardinale Jean-Louis Tauran al mon-do intero: la Chiesa cattolica ha il primo papa sudamericano della sua storia.

In attesa dell’uscita di volumi intenti a tracciare il profilo del nuovo pontefice,nella rete internet e nell’opinione pubblica, si è fatto un gran parlare del libro-intervista El Jesuita (Il Gesuita) di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin (EditoreVergara), che narra la biografia di Jorge Mario Bergoglio, le sue passioni, il suocammino vocazionale fino al 2010, anno di pubblicazione del libro.

Dopo le prime esultanze per la semplicità e l’umiltà di papa Francesco, da alcuniambienti si sono volute stendere ombre sul passato del nuovo pontefice, e molto siè discusso sul suo ruolo nel periodo oscuro degli anni della dittatura militare argenti-na. Anche il cardinale Joseph Ratzinger, non appena insediato, fu oggetto di critiche,innescate dalla pubblicazione di notizie e fotografie relative al suo passato da adole-scente ai tempi del nazismo, ingigantendo la sua partecipazione alla Gioventù hitle-riana, come peraltro accaduto alla totalità dei ragazzini tedeschi dell’epoca.

Ora, le prove delle colpe di Bergoglio sarebbero contenute nel libro L’isola del si-lenzio di Horacio Verbitsky (Fandango, pagine 177), giornalista argentino vicino all’at-tuale potere politico del paese latinoamericano, che racconta del ruolo che Bergoglioavrebbe avuto nella sparizione di due religiosi, al tempo del regime dei generali. Mol-te altre ricostruzioni storiche e giornalistiche sono state in seguito prodotteper contrastare quanto scritto da Verbitsky; senza contare che, secondo moltistorici, non avere sfidato i dittatori era semplicemente un atto di pragmati-smo, in un momento in cui la dittatura manifestava il suo volto più spietato.

È certo, invece, che nel suo ministero da vescovo e presidente della Confe-renza episcopale argentina Bergoglio più volte ha fermamente preso posizio-ne contro un sistema socio-economico e politico, accusato di aumentare il divario fra ricchi e poveri. Non a caso, come considera Massimo Cacciari in Doppio ritratto. San Francesco in Dante e Giotto (Adelphi, pagine 86), il nome scelto dal nuovo papa indica la volontà di seguire un santo che predi-cava il vangelo nelle strade e seguiva un ideale di povertà e di preghiera,esprimendo la sua contrarietà verso “avidità, cupidigia e orgoglio”.

villaggioglobale

La Civiltà Cattolica sarà infatti di-sponibile anche come “applica-zione” per i tablet di ogni piatta-forma. E la pagina facebook e il profilo twitter sono destinati adassumere un’importanza sempremaggiore. L’operazione coincidecon una riforma grafica, dopo ol-tre quarant’anni dalla preceden-te: ammodernerà il profilo della ri-vista, rafforzando però il richiamoalla tradizione. Anche i contenutisono stati rimodulati, «per rende-re la rivista più adatta alle esigen-ze attuali e favorire ancora di piùil confronto con il mondo laico»:approfondimenti (a cominciaredall’analisi dell’economia e deifenomeni sociali) più ampi, unarubrica fissa sulla “Vita dellaChiesa”, spazi ampi a intervistee al “Profilo” di figure rilevanti.

LIBRI“La buona novella”,tredici ritrattidi preti di frontieraattivi in Campania

La chiesa come ar-gine allo strapoteredei clan. E i “pretidi frontiera”, protettidalle loro coscienzee da una comunità

di fedeli che si aggrappa a lorocome ultima possibilità di vita. Inalcuni territori, come le zone dellaCampania dove dominano i boss,sono queste figure a portare lasperanza di un diverso destino.Roberto Saviano ha scritto la pre-fazione del libro in cui Ilaria Urba-ni costruisce il profilo di “trediciuomini coraggiosi che mostranoquotidianamente cosa voglia direla parola missione”. La buonanovella. Storie di preti di frontie-ra è stato lanciato in libreria dallacasa editrice napoletana Guida il19 marzo, anniversario dell’ucci-sione di don Peppe Diana, unadelle figure cui è dedicato il volu-me. La buona novella è un roadbook per scoprire il disagio trami-te la testimonianza di chi presidiail territorio campano ogni giorno.

Enzo Pace Il cari-sma, la fede, lachiesa (Carocci,pagine 280). Co-me mai dal mes-

saggio di Gesù sononate chiese diverse,sette pacifiche e violen-te, movimenti di riformae utopie rivoluzionarie?Approccio sociologicoattento alla storia, ri-sposta ispirata all’iniziodel vangelo di Giovanni.

LIBRIALTRILIBRI

Jean-Christian Pe-titfils Gesù (Edizio-ni San Paolo, pagi-ne 648). Con curaper la documenta-

zione e scorrevolezza di stile, si ricostruiscononel modo più esatto pos-sibile la vita e il tempera-mento del Gesù dellastoria, ricollocato nel-l’ambiente religioso, cul-turale e politico della Pa-lestina del suo tempo.

Edgar Morin Lamia sinistra. Ri-generare la spe-ranza (Erickson,pagine 252). Il fi-

losofo e sociologo ponela necessità di una politi-ca della trasformazionedopo il crollo del sociali-smo reale e la crisi am-bientale e finanziaria chesta mettendo in discus-sione l’egemonia del-l’economia di mercato.

agire

abitare

governare

coltivare

produrre

• appuntamenti culturali • aree espositive• laboratori • animazioni e spettacoli

mostra-convegno internazionale

terrafuturabuone pratiche di vita, di governo e d’impresa

Firenze - Fortezza da Basso17/19 maggio 2013

X edizione | ingresso libero

Regione Toscana

www.terrafutura.itRelazioni istituzionali e programmazione culturale

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Dieci anni dopo: oltre la crisi,per una nuova Europa20

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