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Mario Adda Editore
MELFI, SALA DEL TRONO DEL CASTELLO
10-12 ottobre 2019
Convegno internazionale di studio promosso per il millenario
di fondazione della città fortificata di Melfi (1018-2018)
Comitato nazionale per le celebrazioni del millenario di fondazione della città
fortificata di Melfi
Livio Valvano Sindaco del Comune di Melfi
D.M. MIBACT - UDCM REP. DECRETO 20.12.2017, N. 566
8
Tel. e Fax +39 080 5539502 Web: www. addaeditore. it
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Impaginazione Sabina Coratelli
Livio Valvano 15 Saluto della Città di Melfi
Jean-Marie Martin 21 La Basilicata tra Longobardi e Bizantini
Pietro Dalena 35 La viabilità nell’area del Melfese
Alessandro Di Muro 69 Il territorio di Melfi e la frontiera longobardo-bizantina
Vito Lorè 83 Melfi fra i principi di Salerno e l’Impero bizantino
Francesco Panarelli 103 Gli insediamenti monastici latini e la documentazione
cavense
il Vulture e la tradizione micaelica
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Mauro Agosto 177 Insediamenti monastici bizantini in Basilicata:
tra storia e agiografia
Marina Falla Castelfranchi – Manuela De Giorgi 207 Habitat rupestre ed emergenze cultuali
nel Vulture-Melfese
una lettura archeologica
Nicola Masini – Fabrizio T. Gizzi 321 Torre di Cisterna: Ri-scoperta di un sito fortificato
medievale attraverso il telerilevamento LiDAR
Luigi Serra 347 A proposito di influenze linguistiche arabe e berbere
nell’area del Vulture
Giuseppe Colucci 379 Circolazione monetaria nel Melfese nell’XI secolo
Giancarlo Andenna 395 Discorso di chiusura
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Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e agiografia
La dominazione bizantina1 in Basilicata fu particolarmente ampia e radicata fra IX e XI secolo e vi lasciò tracce indelebi- li2 e tuttora evidenti nel nome stesso della regione, che, molto probabilmente, deriva da un peculiare assetto politico e ammi-
1 Per un quadro generale si rimanda a V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’IX secolo, Bari, Ecumenica 1978. Per gli aspetti più specificamenti culturali: A. Peters-Custot, Les Grecs de l’Ita- lie Méridionale post-byzantine (IXe-XIVe siècle). Une acculturation en douceur, Rome 2009 (Collection de l’École française de Rome, 420).
2 Per esempio nella toponomastica, su cui cfr. A. Rizzi, Monachesimo bi- zantino e chiese rupestri in Basilicata. Aspetti e Problemi, in Δελτον τς Χριστιανικς ρχαιολογικς ταιρεας 5, 1969: 114, n. 7 (111-140). Il lavoro ora citato è ancora fondamentale per la civiltà monastica rupestre in Ba- silicata, aspetto non certo marginale nella storia degli insediamenti monastici, ma che non tratterò in questa relazione sia per il legame troppo tenue con i dati desumibili dai Βοι (mio unico oggetto di discussione), sia per non sovrappor- mi ad altre relazioni del medesimo convegno di studi.
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nistrativo risalente all’epoca bizantina, sebbene i Bizantini non abbiano usato che la denominazione Λουκανα3, mentre il nome Basilicata si affermò solo in età normanna e risale al 1135 la prima attestazione datata di un giustizierato di Basilicata4. Non c’è, però, dubbio sull’origine bizantina del nome. In un testo d’epoca normanna di cronologia incerta leggiamo appunto Ba- silicata vero imperialia dicuntur5. Così, sviluppando un sugge- rimento già proposto da Giacomo Racioppi6, Filippo Burgarel- la7 ha sostenuto (credo convincentemente) l’ipotesi che il nome originariamente indicasse l’area di giurisdizione del basilikòs, denominazione generica con cui, almeno secondo il Racioppi8, il popolo indicava tutte le diverse cariche bizantine (come stratego,
3 Che perciò figura anche nel titolo di un importantissimo lavoro di A. Guillou, La Lucanie byzantine. Étude de géographie historique, in Byzantion 35, 1965: 119-149.
4 C. Brühl (a cura di), Rogerii II regis diplomata latina, Köln-Wien 1987 (Codex diplomaticus regni Siciliae, s. I, t. II, 1): doc. n. 39, 110.10.
5 E. Caspar, Die Chronik von Tres Tabernae, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 10, 1907: 1-56.
6 G. Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, II, Mate- ra 1970: 17 (ris. anast.; ed. or. Roma 1889). Id., Storia della denominazione di Basilicata per Homunculus, Roma 1874. Id., Paralipomeni della storia della denominazione di Basilicata per Homunculus, Roma 1875. Al Racioppi l’idea derivava da P. Giannone, Istoria civile del regno di Napoli, a cura di A. Maron- giu, III, Milano 1970 (ed. or. 1723): 352.
7 F. Burgarella, La religiosità bizantina, in G. De Rosa – A. Cestaro (a cura di), Storia della Basilicata. II. C.D. Fonseca (a cura di), Il Medioevo, Roma 2006: 328 (328-347); Id., Le terre bizantine (Calabria, Basilicata e Puglia), in G. Galasso – R. Romeo (a cura di), Storia del Mezzogiorno, vol. II/2, Il Me- dioevo, Napoli 1989 (rist. 1994), 417, 483 (415-517). Sulle difficoltà connesse con una precisa denominazione delle aree storiche in questione v. F. Panarelli, La vicenda normanna e sveva: istituzioni e organizzazione, in De Rosa – Ce- staro (a cura di), Storia della Basilicata cit.: 87-88 (86-124).
8 Racioppi, Storia dei popoli cit.: 24.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e agiografia 179
catepano, patrizio, protospatario, turmarco e numerose altre), o piuttosto titolo di un funzionario fiscale dell’amministrazione bi- zantina nel X secolo9. Resta, in ogni caso, che, specialmente per la parte orientale della regione, il nome di Basilicata prese forma e si impose in sostituzione di quello antico di Lucania, che con molta probabilità designava allora solo un’esigua parte di terri- torio sul versante tirrenico10. Resta soprattutto che il nuovo nome si imponeva mentre prendeva origine e consistenza il monastero dei Santi Anastasio ed Elia di Carbone. Così il mutamento del nome come la fondazione di questo e di vari altri monasteri11 andavano di pari passo con lo sviluppo della parte orientale della regione medesima: sviluppo favorito dai dominatori bizantini, che, come ha ben scritto Lorenzo Quilici, donarono “per ben due secoli prosperità alla regione”12, specie al Metapontino e alla parte orientale, determinandovi appunto tra X e XI secolo con- dizioni favorevoli alla ripresa economica, allo sviluppo agricolo e alla rivitalizzazione dei centri urbani, come Tursi, Anglona13
9 Nega l’esistenza del basilikòs in entrambe le accezioni T. Pedìo, L’or- dinamento amministrativo del Regno di Sicilia: il giustiziere di Basilicata, in G. Raimondi – G. Galasso et alii (a cura di), Per la storia del Mezzogiorno medievale e moderno: studi in memoria di Jole Mazzoleni, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 48, I, Roma 1998: 66, n. 19 (57-73). Sul basilikòs però v. Burgarella, Le terre bizantine cit.: 504, n. 26.
10 Cfr. Rizzi, Monachesimo bizantino cit.: 119, n. 16. 11 V. J.-M. Martin, Évêchés et monastères «grecs» en Italie méridionale au
Moyen Âge (VIIe-XIIIe siècle), in Revue Mabillon 27, 2016: 5-22. 12 L. Quilici, Siris-Heraclea, Forma Italiae, regio 3, vol. 1, Roma 1967:
233. 13 Cfr. A. Nigro, Memoria topografica istorica sulla città di Tursi e sull’an-
tica Pandosia di Eraclea oggi Anglona, Napoli 1851, pp. 27-28, 37, 40-43 e C.D. Fonseca, Le istituzioni ecclesiastiche dal tardo antico al tardo Medioevo, in De Rosa – Cestaro (a cura di), Storia della Basilicata cit.: 264 (231-306). V. von Falkenhausen, La diocesi di Tursi-Anglona in epoca normanno-sveva. Terra
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e Policoro14, l’antica Eraclea di Lucania. Di quello sviluppo il monachesimo greco fu grande protagonista nella regione, e la varietà dei documenti che riguardano specialmente il monastero dei Santi Anastasio ed Elia di Carbone, che fu, come vedremo il centro predominante, ne offrono cospicue testimonianze.
In Basilicata il monachesimo italogreco15 giungeva tra X e XI secolo, al culmine di un processo di sviluppo e diffusione in tutto il Mezzogiorno e grazie alla duttile varietà delle sue forme ascetiche e organizzative16. Nell’esperienza lucana, infatti, si ri- scontrano quei medesimi stati (καταστσεις), ma non stadi, del- la vita monastica “che erano già stati segnalati da San Giovanni Climaco17 e che si ritrovano già nella legislazione giustinianea: 1) anacoretico o eremitico; 2) esicastico (di due o tre persone in celle separate); 3) lavriotico, cioè cenobitico, con possibilità di
d’incontro tra Greci e Latini, in C.D. Fonseca – V. Pace (a cura di), Santa Maria di Anglona, Atti del Convegno internazionale di Studio, Potenza-Anglona, 13-15 giugno 1991, Galatina-Lavello 1996, p. 27.
14 Quilici, Siris-Heraclea cit.: 164-5. 15 V. l’inquadramento puntuale offerto da H. Houben, Le istituzioni moan-
stiche italo-greche e benedettine, in De Rosa – Cestaro (a cura di), Storia della Basilicata cit.: 355-386.
16 In un passo della Vita (Historia et Laudes SS. Sabae et Macarii juniorum e Sicilia, auctore Oreste, patriarcha Hierosolymitano, ed. Cozza-Luzi, Romae 1893: 14, cap. 7) di san Saba da Collesano (IX secolo) si legge: “Alcuni condu- cono vita assolutamente eremitica e passano tutta la loro vita senza parlare con altri che non sia Dio; altri abitano in numerose laure, ove pratica l’hesychia; altri infine si sottomettono a una regola comunitaria e affrontano la lotta della piena obbedienza”.
17 Il riferimento implicito di Pertusi è a Iohannis Scholastici vulgo Climaci, I 13 (J.P. Migne, Patrologia Graeca, vol. 88, Parisiis 1864: 642): ν τρισ γενικωτταις καταστσεσι καθισμτων πασα μοναχικ πολιτεα περιχεται ν θλητικ ναχωρσει, κα μον μετ νς, πολ δο συχζειν ν κοινοβ πομονητικς καθζεσθαι.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e agiografia 181
appartarsi in regime eremitico”18. Tali stati erano alternabili e non vincolavano il monaco con una scelta esclusiva19. “Quantunque i singoli monaci prediligessero le forme eremitiche o esicastiche, ritenendole più idonee alla perfetta pratica dell’ascesi, le leggi civili e canoniche favorivano tuttavia il cenobitismo, più adatto al controllo di individui inclini per vocazione alla fuga dal consorzio umano ed ecclesiale”20. Il cenobio, infatti, imponeva un modello di organizzazione interna sotto l’autorità spirituale dell’egume- no21, omologo dell’abate latino. Sotto la sua direzione il giovane monaco doveva rimanere non meno di un triennio prima di poter lasciare il cenobio per abbracciare gli altri due stati della vita mo-
18 A. Pertusi, Monaci e monasteri della Calabri bizantina, in E. Follieri (a cura di), Agostino Pertusi. Scritti sulla Calabria greca medievale, Soveria Mannelli 1994: 125 (117-136). Il riferimento alla legislazione è generico, ma può essere utilmente integrato dallo studio specifico offerto da A. de Vogüé, La législation de Justinien au sujet des moines, in Revue Mabillon 2003, 14: 139-151.
19 E. Morini, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, in: P. Dalena (a cura di), Medioevo rupestre. Strutture insediative nella Calabria settentrionale, Bari 2007, pp. 87-112 (Itineraria. Territorio e insediamenti del Mezzogiorno medievale, Studi Storici, 7). Id., Il fuoco dell’esichia. Il mona- chesimo greco in Calabria fra tensione eremitica e massimalismo cenobitico, in P. De Leo (a cura di), San Bruno di Colonia: un eremita tra Oriente e Occi- dente, Atti del II Convegno Internazionale per il nono centenario della morte di s. Bruno di Colonia, Serra San Bruno, 2-5 ottobre 2002, Soveria Mannelli 2004: 13-30.
20 F. Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali in Calabria al tempo di San Bruno di Colonia, in De Leo (a cura di), San Bruno di Colonia cit.: 36 (31-45).
21 A. Peters-Custot, Le monachisme italo-grec, entre Byzance et l’Occident (VIIIe-XIIIe siècles): autorité de l’higoumène, autorité du charisme, autorité de la règle, in J.-F. Cottier, D.-Odon Hurel, B.-M. Tock (a cura di), Les personnes d’autorité en milieu régulier: des origines de la vie régulière au XVIIIe siècle (actes du septième colloque international du CERCOR, Strasbourg, 18-20 juin 2009), Saint-Etienne 2012: 251-26.
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nastica, secondo le disposizioni contenute nel canone 41 del con- cilio Quinisesto (691-692)22. Da questo succinto quadro si evince come nei secoli IX-XI nel mondo orientale “le tendenze eremiti- che avessero perduto le asprezze delle originarie forme siriache, palestinesi e copte, essendo state ormai ricondotte tutte nell’alveo di una disciplina fortemente ancorata a Chiesa e Stato bizantini perché da essi determinata nelle rispettive e complementari sfere di competenza”23. Ciò spiega perché la diffusione del monachesi- mo nell’Italia meridionale abbia accompagnato l’espansione del dominio bizantino in quelle stesse terre e come l’Impero abbia sorretto politicamente, e talvolta anche militarmente, il consoli- darsi della presenza monastica ellenofona24.
I padri fondatori del monachesimo greco in Basilicata sono ben noti grazie alle loro Vitae o Βοι25, che ne evidenziano l’origine sicula. Si collocano nel X secolo san Vitale (*? − † 9
22 Cfr. H. Ohme (ed.), Concilium Constantinopolitanum a. 691/2 in Trullo habitum (Concilium Quinisextum), Acta conciliorum oecumenicorum, Series Secunda, Volumen II, Pars IV, Berlin/Boston 2013: 41-2: Τος ν πλεσιν χωροις ν γκλεστραις βουλομνους ναχωρεν κα αυτος κατ μνας προσχειν πρτερον ν μοναστηρ εσιναι δε κα τν ναχωρητικν παιδοτριβεσθαι διαγωγν κα π τριετ χρνον τ τς μονς ξρχοντι ν φβ θεο ποτττεσθαι κα τν κατ πντα ς προσκεν πακον κπληρον κα οτως μολογοντας περ τς ν τ τοιοτ β προαιρσεως κα ς ξ λης καρδας κουσως τοτον σπζονται π το κατ τν τπον / δοκιμζεσθαι προδρου”. Cfr. E. Morini, Eremo e ce- nobio nel monachesimo greco dell’Italia meridionale nei secoli IX e X, in Rivista di Storia della Chiesa 21, 1-2, 1977: 300-2 (1-39: 354-391).
23 Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali cit.: 37. 24 Cfr. F. Burgarella, L’eparchia di Mercurio: territori e insediamenti, in
Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 39, 2002: 59-92. 25 Per un inquadramento aggiornato sul genere letterario e i problemi con-
nessi al suo impiego come fonte storica, cfr. M. Re, Italo-Greek Hagiography, in Efthymiadis (a cura di), The Ashgate Research Companion to Byzantine Hagiography: Volume I: Periods and Places, Farnham 2014: 227-258.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e agiografia 183
marzo 994ca.) da Castronovo (BHL26 8697), fondatore di mona- steri a San Chirico Raparo27, a Turri presso Guardia Perticara28
26 BHL = Socii Bollandiani, Bibliotheca hagiographica Latina antiquae et mediae aetatis (= Subsidia hagiographica, 6), I-II, Bruxelles 1898-1901, rist. anast. Bruxelles 1992. Ead.: Vita auctore Graeco fere coaevo ex antiquis MSS. Latinis, in Acta Sanctorum Martii, II, Antverpiae 1668, rist. anast. Bruxelles 1968: *26-*34 (gli Acta Sanctorum sono consultabili in rete, previa registra- zione, sul sito Acta Sanctorum Database http://acta.chadwyck.co.uk/moreinfo/ aboutacta2.htm; la Vita di San Vitale si trova alla pagina http://acta.chadwyck. co.uk/all/htxview?template=bhl_hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_8700.htx). Cfr. anche S. Caruso, “Sulla cronologia del Dies Natalis di S. Vitale da Ca- stronovo di Sicilia”, in Bollettino della Badia di Grottaferrata, n.s. 52, 1998: 117-139. Un’interessante fonte tarda sulla vita di san Vitale e di san Luca abate è un Vesperale del 1566, ma copiato da fonte più antica, proveniente dall’Ar- chivio parrocchiale di Armento e conservato nell’Archivio di Stato di Potenza, su cui cfr. N. Masini, Stato della ricerca sui codici liturgico-musicali in Basi- licata: studio propedeutico a un censimento delle fonti musicali, in Rivista In- ternazionale di Musica Sacra 37, 1-2, 2016: 313 (305-376). Per una breve bio- grafia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Vitalis von Castronovo, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon.de/BiographienV/Vitalis_von_ Castronovo.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
27 Se la permanenza del santo sul Rapàro abbia relazione con Sant’Angelo al Monte Rapàro è questione ancora irrisolta. Per un quadro sintetico con rife- rimento alla bibliografia precedente, v. P. Favia, Primi risultati dell’indagine archeologica nell’Abbazia di Sant’Angelo al Monte Rapàro, in C. Carletti – G. Otranto (a cura di), Culto e insediamenti micaelici nell’Italia meridiona- le fra Tarda Antichità e Medioevo, Atti del Convegno Internazionale, Monte Sant’Angelo 18-21 novembre 1992, Bari 1994: 472, n. 61 (453-486). Cfr. an- che G. Lunardi – H. Houben – G. Spinelli, Monasticon Italiae, III. Puglia e Basilicata, Cesena, Centro Storico Benedettino Italiano/Badia di Santa Maria del Monte 1986: 196. Sullo stato della ricerca archeologica sugli insediamenti monastici bizantini in Basilicata riferisce F. Sogliani, L’archeologia medievale in Basilicata: progetti di ricerca e cantieri di scavo, in F. Panarelli (a cura di), Alle fonti della Basilicata medievale: edizioni, progetti e cantieri, Quaderni del Centro di Studi Normanno-Svevi 5, Bari 2017: 296-7 (265-312).
28 S. Borsari, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia meridio- nale prenormanne, Napoli 1963: 52, n. 125.
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e a Rapolla, e san Luca (*918? − † 13 ottobre 98429) da Demen- na30 (BHL 4978)31 già alla sequela di sant’Elia (*864ca. − † 11 settembre 960) lo Speleota (BHG 581)32, fondatore di monasteri a San Pietro a Noa, o Noepoli, di San Giuliano sulle rive del fiu- me Agri e della Vergine e di San Pietro Apostolo33 ad Armento,
29 La data del 993 riportata dal traduttore latino è frutto di un errore di calcolo, come spiega A. Acconcia Longo, Santi monaci italogreci alle origini del monastero di S. Elia di Carbone, in Bollettino della Badia Greca di Grotta- ferrata n.s. 49/50, 1995/96: 137 e n. 42 (131-149), versione riveduta e corretta della relazione presentata con lo stesso titolo per C.D. Fonseca – A. Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone e il suo territorio dal medioevo all’Età moderna, Atti del convegno internazionale di studi Potenza-Carbone 26-27 giugno, Galatina 1996: 47-60.
30 Difficile la precisa identificazione geografica. Cfr. C. Filangeri, Ipotesi sul sito e sul territorio di Demenna, in Archivio Storico Siciliano 4, 1978: 27-40. E. Kislinger, Regionalgeschichte als Quellenproblem: die Chronik von Monembasia und das sizilianische Demenna: eine historisch-topographische Studie, Wien 2001 (propone con buone motivazioni l’identificazione con San Marco d’Alunzio).
31 Ed.: Vita s. Lucae abbatis, in Acta Sanctorum Octobris, VI Tongerloae 1794: 337-341. Versione online: http://acta.chadwyck.co.uk/all/htxview?tem- plate=bhl_hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_5000.htx Per una breve bio- grafia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Lukas von Demenna, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon.de/BiographienL/Lukas_von_ Demenna.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
32 BHG = F. Halkin, Bibliotheca Hagiographica Graeca. IIIe édition (Sub- sidia hagiographica, 8a), I-III, Bruxelles 1957. Ed.: J. Stiltingh, Vita auctore discipulo monacho ex cod. Ms. 42 bibliothecae S. Salvatoris prope Messa- nam pag. 30, in Acta Sanctorum Septembris, III, Antverpiae 1750, rist. anast. Bruxelles 1970: 848-887. Consultabile in rete (https://www.doaks.org/research/ byzantine/resources/hagiography/database/dohp.asp?cmd=SShow&key=58) sul sito del Dumbarton Oaks Hagiography Database. Breve biografia aggior- nata offre J. Schäfer, s.v. Elias Speleota, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon.de/BiographienE/Elias_Speleota.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
33 Vita s. Lucae cit.: 34, § 9.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e agiografia 185
sui monti tra Agri e Sauro. Entrambi proseguivano l’opera di san Leone Luca (*805ca. − † 1 marzo 900ca.) da Corleone (BHL34 4842), vissuto tra IX e X secolo e promotore dell’espansione del monachesimo greco fino ai confini che separano la Calabria dalla Basilicata. Proprio in quest’ultima regione san Vitale innestò l’e- sperienza monastica, godendo dell’appoggio del catepano Basi- lio, benefattore del monastero di Turri, ove da Bari fece pervenire icone e suppellettile liturgica35. Non è dato sapere, però, se vi sia relazione alcuna tra questi doni e quelli che nel 1032 due monaci avrebbero portato da Turri alla chiesa recentemente edificata di Santa Maria Nea nel contado di Bari36.
34 Versione online: http://acta.chadwyck.co.uk/all/htxview?template=bhl_ hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_4900.htx prima traduzione italiana a cura di M. Stelladoro, La vita di San Leone Luca di Corleone, introduzione, testo la- tino, traduzione, commentario e indici, Grottaferrata 1995. Cfr. J. Schäfer, s.v. Leo Lukas, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon. de/BiographienL/Leo_Lukas.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
35 Vita auctore Graeco cit. (BHL 8697): 29E-30B. Cfr. Borsari, Il mo- nachesimo bizantino cit.: 52, n. 126: “il catepano Basilio che invitò Vitale a Bari può essere solo o Basilio Mesardonites (1010-1017) o Basilio Boioannes (1018-1028)”. Il che esclude assolutamente che l’incontro possa essere avve- nuto nel 979 (come ancora di recente leggiamo in R. Tortorelli, Il monachesimo italo-greco e gli insediamenti rupestri (secc. X-XII) nell’area appulo-lucana. L’esperienza monastica greca e i rapporti con il monachesimo benedettino in Puglia e nell’Italia meridionale, in Storiadelmondo, n. 51, 31 dicembre 2007: 7 [http://www.storiadelmondo.com/51/tortorelli.monachesimo.pdf]) e colloca l’ultima parte della vita di san Vitale nella prima metà del sec. XI. Cfr. anche R.-J. Lilie – Cl. Ludwig – B. Zielke – Th. Pratsch, Prosopographie der mittel- byzantinischen Zeit Online, Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissen- schaften. Nach Vorarbeiten F. Winkelmanns erstellt, s.vv. Basileios (#21057 https://www.degruyter.com/view/PMBZ/PMBZ23210), Basileios Mesardoni- tes (#21090) e Basileios Boioannes (#21094).
36 G.B. Nitto de Rossi – F. Nitti di Vito (a cura di), Codice diplomatico barese I. Le pergamene del duomo di Bari (952-1266), Bari 1897, anno 1032, n. 18, 31-32 (Potho, imperialis protospataro et catepano Italiae, lavoravit fo-
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Altro campione della storia monastica lucana fu san Luca di Demenna. Stabilitosi ad Armento, vi fortificò il ricordato mo- nastero della Vergine Maria e di san Pietro Apostolo, che egli stesso, al comando di un drappello di monaci armati, difese vit- toriosamente tra il 972 e il 976 dagli invasori saraceni37. As- sociando alla preghiera il lavoro, edificò o restaurò con le sue mani diverse chiese38, tra cui quella del martire Laverio39. In seguito fu raggiunto dalla sorella Caterina, ormai vedova, con i due figli, Antonio e Teodoro: profughi dalla Sicilia islamica, tutti e tre ricevettero da Luca l’abito monastico. Con Caterina, anzi, giunse anche il ramo femminile40 del monachesimo greco, come ben illustra la sua fondazione di un monastero di vergini
ras ista civitate Vari propinquo ubi dicitur Puteum Greci unam ecclesiam et cameram in onore sancte Dei genitricis et virginis Marie Nee nec non et beati Iohannis Evangeliste seu et sancti Iohannis Baptiste et ego edificavi illam et adlivertavi ei). Sulla figura di Potho cfr. J.-C. Cheynet, J.-F. Vannier, Les Ar- gyroi, in / Recueil des travaux de l’Institut d’etudes byzantines 40, 2003: 76-7 (57-90).
37 Per un inquadramento storico ancora valido delle incursioni saracene nel panorama dell’Italia meridionale altomedievale si rimanda al lavoro di N. Cilento, Italia Meridionale Longobarda, Milano-Napoli 19712: 135-162. Una più recente messa a punto si deve a: S. Caruso, Crucisque signo munitus: Luca da Dèmena e l’epopea antisaracena italo-greca, Byzantion 73, 2 (2003), 319- 338. https://www.jstor.org/stable/44172601?seq=1#page_scan_tab_contents.
38 Sull’attività di costruzione e riedificazione informa E. Morini, Eremo e cenobio nel monachesimo greco dell’Italia meridionale nei secoli IX e X, in Rivista di Storia della Chiesa 21, 1-2, 1977: 367-8 (1-39: 354-391).
39 R. Aubert, Laverius (saint), in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques (DHGE), 30, 2010: 1215-1215.
40 Importante messa a punto in: V. von Falkenhausen, Il monachesimo fem- minile italo-greco, in C.D. Fonseca (a cura di), Il monachesimo femminile tra Puglia e Basilicata, Atti del Convegno di studi promosso dall’Abbazia bene- dettina barese di Santa Scolastica (Bari 3-5 dicembre 2005), Bari 2008: 23-43.
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dedicato alla Theotokos41 e in stretto collegamento col ramo ma- schile istituito dal fratello.
Le due Vitae testé menzionate sono tràdite solo nella ver- sione latina, eseguita forse negli stessi ambienti e anni indicati nella traduzione del Βος di san Vitale, eseguito nel luglio 1194 per volere di Roberto, vescovo (1176-1194) di Tricarico42. L’ori- ginale greco, invece, con sorte identica a quella del complemen- tare Βος di san Leone Luca di Corleone, ugualmente recato in latino, scomparve verosimilmente perché soppiantato dalla traduzione, documento sia del persistere della memoria e del culto dei due santi ancora in epoca normanna, sia del prevalere dell’elemento latino tra gli stessi monaci delle superstiti istitu- zioni di tradizione greca.
Possediamo, invece, l’originale greco del Βος di san Saba (*910ca. − † 5/6 febbraio 995?) da Collesano (BHG 1611)43 e di quello, più breve, che riunisce insieme suo padre Cristoforo (*? − †?) e suo fratello Macario (*? − † 16 dicembre 1005; BHG 312)44. Le ragioni della preservazione sono da ritrovarsi forse nel fatto di non aver avuto una traduzione latina, certamente nell’esser stati conservati nella biblioteca del monastero di Carbone, che, fon-
41 Vita s. Lucae abbatis cit.: 341 D-E, § 15. 42 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 125-6. Su Roberto, cfr. G.
Russo, Vicende della diocesi e dei vescovi di Tricarico dalle origini alla prima metà del XV secolo, con un’appendice di documenti regi, pontifici, cardinalizi e vescovili inediti (1411-1444), in Archivio Storico per la Calabria e la Luca- nia, 82, 2016: 17 (5-75).
43 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 5-70. Consultabile in rete sul sito del Dumbarton Oaks Hagiography Database (https://www.doaks.org/resear- ch/byzantine/resources/hagiography/database/texts/75.html). Cfr. J. Schäfer, s.v. Sabas der Jüngere, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www. heiligenlexikon.de/BiographienS/Sabas_der_Juengere.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
44 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 71-96; 143-44.
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dato da un discepolo di Saba, Luca Carvuni45, più a lungo e più tenacemente salvò la tradizione greca46. Entrambe le Vite sono opera di un insigne agiografo: Oreste, futuro patriarca melchita di Gerusalemme dal 984 fino al 1005, anno della sua morte. Grande protagonista della grande storia in quegli anni di fine millennio, fratello di Arsenio, che fu Patriarca di Alessandria dal 17 giugno del 1000, Oreste, oltre che monaco e patriarca, fu un finissimo di- plomatico per conto della corte fatimide del Cairo, del cui califfo Al-‘Azz47 fu cognato e diplomatico fiduciario. Per conto di questi si recò come ambasciatore a Costantinopoli, dove forse morì48. In rapporti personali con Saba e Macario, ancora monaco visitò il Mezzogiorno d’Italia e, tra Calabria e Basilicata, conobbe Saba e i suoi monaci49. Ebbe così anche modo di conoscere i luoghi
45 Per una breve biografia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Lukas von Carbo- ne, in Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon.de/Bio- graphienL/Lukas_von_Carbone.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
46 Un aggiornato inquadramento generale della storia del monastero si tro- va nei contributi raccolti in C.D. Fonseca – A. Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone e il suo territorio dal Medioevo all’Età Moderna. Nel millenario della morte di san Luca abate. Atti del Convegno internazionale di studio promosso dall’Università degli Studi di Basilicata in occasione del de- cennale della sua istituzione (Potenza-Carbone, 26-27 giugno 1992), Galatina 1996.
47 Su Oreste v. M. Gil, A History of Palestine, 634-1099, Cambridge 1997: 463-4.
48 La cronologia precisa relativa a Oreste, alle sue missioni diplomatiche e al luogo della sua morte, non sono del tutto chiare. Per una discussione puntua- le v. B. Krönung, Al-kim und die Zerstörung der Grabeskirche, in T. Pratsch (a cura di), Konflikt und Bewältigung: Die Zerstörung der Grabeskirche zu Jerusalem im Jahre 1009, Millennium-Studien/Millennium Studies, vol. 32, Berlin/Boston 2011: 143, n. 14.
49 Cfr. F. Burgarella, Chiese d’Oriente e d’Occidente alla vigilia dell’anno Mille, in G. Arnaldi – G. Cavallo (a cura di), Europa medievale e mondo bi- zantino. Contatti effettivi e possibilità di studi comparati, Roma 1997: 201-7.
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della loro singolare esperienza monastica e di condensarla nelle loro biografie che illustrano la coesione spirituale della famiglia formata dai genitori Cristoforo e Calì, dai figli Saba e Macario: tutti alla sequela del capofamiglia, fattosi monaco a San Filippo d’Agìra, dedito poi all’eremitismo esicastico e imitato ben presto da moglie e figli. Profughi dalla Sicilia islamica, essi fondarono vari monasteri tra Calabria e Basilicata – dal fiume Lao al Sinni e all’Agri, ossia nelle eparchie di Mercurio50, di Lagonegro51 e di Latiniano52 – oltre che, probabilmente, a Vietri53, vicino a Salerno.
Componendo sistematicamente le testimonianze sparsamente contenute nei diversi monumenti agiografici si ricava l’immagine,
50 Cfr. A. Guillou, La Lucanie byzantine. Étude de géographie historique, in Byzantion, 35, 1965: 137 (119-149); Burgarella, L’eparchia di Mercurio cit.: 60-61. Tutte le principali ipotesi precedenti sono sottoposte a critica da G. Roma, Rilettura di un abusato tópos: il Mercurion, in R. Fiorillo – C. Lambert (a cura di), Medioevo letto, scavato, rivalutato. Studi in onore di Paolo Peduto, Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale-Università degli Studi di Salerno, Firenze 2012: 125-136 (l’autore nega che l’eparchia sia da identificarsi con un insediamento preciso, dovendosi invece intendere come tutta la fascia fortificata che attraversa la penisola dal Tirreno allo Io- nio passando per i monasteri fortificati di Presinace, Murgie di S. Caterina, Sassone, Sasso dei Greci, Casalini, Castellaccio).
51 G. Da Costa-Louillet, Saints de Sicile et d’Italie Méridionale aux VIIIe, IXe et Xe siècles, in Byzantion 29-30, 1959-1960: 141 (89-173).
52 Ai confini tra Campania e Basilicata, nell’area appenninica dell’alta val- le del fiume Sinni, l’eparchia monastica del Latinianon abbracciava la valle del Tanagro (San Pietro, Polla, Sant’Arsenio, San Rufo, Sant’Angelo a Fasanella, Ottati, Castelcivita) e la valle dell’Agri (Brienza, Marsico, Tito, Laurenzana, Viggiano, Corleto Perticara, Cersosimo, San Chirico Raparo, Castelsaraceno, Episcopia, Calvello). La precisa identificazione geografica di tale eparchia è stata, tuttavia, oggetto di intenso dibattito storiografico. Utile sintesi e interes- santi novità offre: A.R. Amarotta, Ipotesi sul gastaldato Latiniano, in Atti della Accademia Pontaniana, n.s., 32, 1983: 201-226.
53 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 73. Ne discuterò più ampia- mente infra.
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chiara alla coscienza dei redattori, dell’ingente debito del primi- tivo monachesimo italogreco di Basilicata nei confronti di quello siculo. Dalla Sicilia, infatti, dal già menzionato monastero di San Filippo d’Agìra provenivano i primi monaci, accomunati, oltre che dal luogo d’origine, anche da pratiche ascetiche dalla spiccata co- loritura locale, sebbene non in contrasto con la generale spiritualità monastica bizantina54. Ci riferiamo, nello specifico, alla pratica del- la nudità integrale, che appresa da san Fantino il Giovane insieme, probabilmente, alla devozione per San Filippo d’Agìra, fu da lui raccomandata ai suoi discepoli. San Fantino, infatti, nella prima metà del X secolo, impressionato dall’indicibile visione delle real- tà future, ai suoi confratelli dell’eparchia di Mercurio consigliò di rinunciare a ogni possesso e di partire da quei luoghi privi di qua- lunque veste55. Né questo invito rimase inascoltato, non solo tra gli asceti greci del Mezzogiorno d’Italia, ma anche sul Monte Athos, nonostante l’iniziale sconcerto che nella comunità athonita suscitò Niceforo l’Ignudo, il primo che, trasferitosi dalla Calabria alla San- ta Montagna, vi portò la pratica appresa, probabilmente nell’en- troterra di Scalea, dal suo maestro, san Fantino il Giovane56. Un simile esercizio ascetico, peraltro, non rispondeva solo all’esigenza di professare una povertà assoluta, come avverrà, per esempio, con San Francesco d’Assisi, di cui narra Tommaso da Celano: Cumque perductus esset coram episcopo, nec moras patitur nec cunctatur de aliquo; immo nec verba exspectat nec facit, sed continuo de- positis et proiectis omnibus vestimentis restituit ea patri. Insuper et [nec] femoralia retinens totus coram omnibus denudatur. […] /
54 Cfr. Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali cit.: 43. 55 E. Follieri, La Vita di san Fantino il Giovane. Introduzione, testo greco,
traduzione, commentario e indici, Subsidia Hagiographica 77, Bruxelles 1993: cap. 27, 430-1.
56 Cfr. E. Follieri, Niceforo ‘il nudo’ e una nota del codice niliano Crypt. B.b.I, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata n.s. 39, 1985: 5-12.
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Ecce iam nudus cum nudo luctatur, et depositis omnibus quae sunt mundi, solius divinae iustitiae memoratur. Studet iam sic propriam contemnere vitam, omnem pro illa sollicitudinem deponendo, ut sibi pauperi pax esset in obsessa via, et solus carnis paries ipsum a divina visione interim separaret57. Per il monaco bizantino la nudi- tà è piuttosto un tentativo di ritornare alla primigenia condizione di Adamo, nudo prima del peccato originale e, al contempo, imita la nudità del nuovo Adamo sulla croce, simbolo insieme della propria vulnerabilità e della resistenza nella lotta contro di essa58.
Campione di codesta pratica in Basilicata fu san Vitale da Ca- stronovo, che l’associò alla dieta a base di erbe e acqua59 appresa durante la permanenza sull’Etna, ove, da eremita, viveva in ade- renza ai precetti osservati nel monastero di San Filippo d’Agìra. Le sue giornate, secondo il biografo, trascorrevano tra monti e boschi, in un vagare accompagnato dall’orazione continua e reso aspro dalla nudità e dal digiuno. Il suo digiuno era talvolta inter- rotto solo da un angelo che, secondo l’agiografo, gli recava le spe-
57 Thomae de Celano, Vita prima sancti Francisci 15.1-2, 6-7, in E. Mene- stò – S. Brufani – G. Cremascoli – E. Paoli – L. Pellegrini – S. da Campagnola, Fontes Franciscani, Medioevo francescano. Testi, 2, Assisi 1995: I 289-90 (273-424).
58 S. Constantinou, Holy Actors and Actresses Fools and Cross-Dressers as the Protagonists of Saints’ Lives, S. Efthymiadis (a cura di), The Ashgate Research Companion to Byzantine Hagiography: Volume II: Genres and Con- texts, Farnham 2014: 352 (344-362).
59 Vita auctore graeco cit.: *27-*28, § 8. Cfr. anche: A. Acconcia Longo, Santi monaci italogreci alle origini del monastero di S. Elia di Carbone, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata n.s. 49/50, 1995/96: 145 (131- 149), versione riveduta e corretta della relazione presentata con lo stesso titolo per C.D. Fonseca – A. Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Car- bone e il suo territorio dal medioevo all’Età moderna, Atti del convegno in- ternazionale di studi Potenza-Carbone 26-27 giugno, Galatina 1996: 47-60.
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cie eucaristiche per comunicarsi60. Le sue notti, invece, sfidavano le acque gelide di un fiume nei pressi di Rapolla o di un lago poco distante da San Chirico Raparo, in cui il santo s’immergeva fino al mento. Pare, a questo proposito, che un laghetto (lago di San Vitale) abbia da lui preso il nome a ricordo di tali immersioni61.
Questi pochi spunti, tratti dalle Vitae, bastano già a traccia- re identità e vocazione del monaco italogreco, cui i princìpi e le consuetudini della spiritualità orientale additavano al contempo la via dell’esperienza interiore, concentrata nella contemplazione e nell’ascesi, e il rapporto assiduo con la realtà circostante, nel lavoro e nella vita attiva, perfino difendendo con le armi (come nel caso di Luca, fattosi guerriero) o con la diplomazia (come Saba, pruden- te ambasciatore presso la corte romana degli Ottoni) la vita delle persone gravitanti attorno al monastero62. Il lavoro manuale, anzi, era d’obbligo: come vi era chi copiava manoscritti63, così vi era chi con le sue mani costruiva o restaurava chiese, coltivava campi64,
60 Vita auctore Graeco, cit,: *30EF. 61 Cfr. G. Musolino, Santi eremiti italogreci: grotte e chiese rupestri in
Calabria, Soveria Mannelli 2002: 78. 62 Sulla realtà sociale gravitante intorno ai monasteri v. F. Sogliani, con la
collaborazione di I. Marchetta, Il mondi rurale della Basilicata nel Medioevo. La lettura archeologica della compagine insediativa, delle modalità di con- trollo e sfruttamento territoriale e dei sistemi socio-economici delle campagne tra X e XIII secolo, in Archeologia Medievale, 37, 2010: 171-195.
63 Il principale centro scrittorio greco in Basilicata fu il monastero di Car- bone, su cui cfr. M. Petta, Codici del Monastero di S. Elia di Carbone conser- vati nella biblioteca dell’abbazia di Grottaferrata, in Vetera Christianorum 9, 1972: 151-171. Id., I manoscritti greci di S. Elia di Carbone, in Fonseca – Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone cit.: 97-110. Masini, Stato della ricerca sui codici liturgico-musicali in Basilicata cit.: 312.
64 Cfr. N. Cilento, Insediamento demico e organizzazione monastica, in Potere, società e popolo nell’età dei due Guglielmi, Atti delle quarte Giorna- te normanno-sveve, Bari-Gioia del Colle, 8-10 ottobre 1977, Bari 1981: 179, (174-199): “il monaco Giona circa il 983 ha disboscato un vasto appezzamento
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bonificava terre incolte o boschive65. Il rapporto col bosco, in parti- colare, era costante, poiché da esso il monaco ricavava cibo, legna da ardere, materiali da costruzione66 destinati sia a opere ordinarie sia straordinarie, com’è il caso dello sbarramento ligneo appronta- to da san Saba da Collesano per difendere le aree circostanti dallo straripamento del fiume Sinni, come narra l’agiografo67.
Tuttavia la rete delle presenze monastiche era più ampia di quella nota grazie a questi testi agiografici, tanto più che i rispet-
di terre e chiede a Kosma, igumeno del vicino monastero della Théotokos del Rifugio, di metterle a coltura e questi provvede a chiamarvi gli λεθεροι, dei contadini liberi, per lavorarle, costituendo così nel 998 un comune fiscale, che il catapano d’Italia iscrive nei registri riconoscendone la proprietà al mona- stero”. Cfr. anche la discussione in cfr. anche R. Morris, Monks and Laymen in Byzantium, 843-1118, Cambridge 2002: 118, 202. Il catepano era Gregorio Tarchaneiotes (Morris cit.: 118) e la sua decisione fu confermata, a distanza di vent’anni, dal successore, Basilio Bioiannes al nuovo egumeno Nicola, con una carta greca dell’aprile 1023, contro le pretese di tal Costantino Bentrosa e suo nipote Floro. L’originale, un tempo custodito nell’archivio diocesano di Tricari- co, è perduto, ma ne rimane una copia nel cod. Vat. lat.7401, ff. 247r-249r. (Sulla vicenda e per la riproduzione del documento v. A. Guillou – W.H. Holtzmann, Zwei Katepansurkunden aus Tricarico, in Quellen und Forschungen aus italie- nischen Archiven und Bibliotheken, 41, 1961: doc. 2, 20-28 [1-28]). Su Maria del Rifugio si rimanda a Lunardi – Houben – Spinelli, Monasticon Italiae cit.: 199, n. 85.
65 Su ciò cfr.: S. Del Lungo, Topografia del monachesimo bizantino nella media ed alta val d’Agri tra X ed XI secolo, in S. Del Lungo – M. Lazzari – C. Sabia (a cura di), Nicola Villone. Armento. Origine, etimologia, istoria, ar- cheologia, numismatica, costituzione topografica e corografica, Villa d’Agri 2014: 263-265 (243-352).
66 Alla cultura materiale del soggetto storico di nostro interesse è dedicato il sito internet “Cultura materiale del monachesimo italo-greco medievale – Master TECAM” (http://www.monachesimoitalogreco.it).
67 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 23-24, § 13. Cfr. A. Luzzi, Bosco, coltivazione e allevamento nelle Vite dei santi monaci italogreci (secc. IX-XII), in Burgarella e Ieraci Bio (a cura di), La cultura scientifica e tecnica nell’Italia meridionale bizantina cit., p. 150 (137-154).
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tivi protagonisti contavano discepoli ed emuli, fondatori a loro volta di istituzioni più o meno minute. Tale era, pare di capire, il caso di quel Beniamino, monaco e fondatore del monastero di San Basilio detto appunto di Beniamino, situato presso Teana. Postosi alla sequela di san Saba, costui gli lasciò il monastero, aggregato perciò a quello di San Lorenzo già appartenente al santo. San Basilio di Beniamino fu assegnato, quindi, a Cosma, identificabile con un altro discepolo del medesimo santo, se non col compagno che lo aveva seguito fino a Vietri. E nel 1006-1007 Cosma lo lasciò, a sua volta, a due monaci forse del monastero di San Filippo68.
Qui ci soccorre un ben noto documento cavense, una charta traditionis del gennaio 986, dalla quale apprendiamo che la chie- sa di San Giovanni secus mare di Vietri con tutte le sue perti- nenze veniva data in concessione a due monaci greci: l’egumeno Saba e il prete Cosma, i quali ne prendevano possesso portando con sé alcuni codici liturgici, “totum (sic!) scriptos manibus ex genere Graecorum”69. Non ci sono serie ragioni per dubitare che l’uno fosse il santo originario di Collesano e l’altro un suo disce- polo, ugualmente ricordato dall’agiografo Oreste, o piuttosto il futuro egumeno del monastero lucano di San Lorenzo di Benia- mino. Né c’è motivo di metterlo in dubbio, vista la contempora- neità tra l’arrivo dei monaci da Lagonegro e il documento caven- se, considerando inoltre e soprattutto la complementarità tra le poche informazioni da esso offerte con quelle esigue trasmesse dall’agiografo. Nella seconda metà del X secolo, l’ascendente
68 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 68-9. 69 M. Morcaldi – M. Schiano – S. De Stefano (a cura di), Codex Diplo-
maticus Cavensis, II, Mediolani – Pisis – Neapoli 1875-93: 233-4. Con- sultabile in rete http://www.alim.dfll.univr.it/Notarili/alimnot.nsf/(TestiPI- D)/56F5C425F454298BC1257332002FCA20!opendocument (ultimo accesso: 30.10.2019).
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di san Saba era al massimo e si estendeva dal campo spirituale a quello politico. In quegli anni segnati dal tentativo di annessio- ne del Mezzogiorno bizantino da parte di Ottone II (973-983) e della consorte, l’imperatrice Teofanò, greca di nascita e cultura, l’asceta siculogreco fu chiamato a svolgere delicatissime mis- sioni diplomatiche. Fu dalle autorità bizantine, dallo στρατηγς Romano, inviato, nel 981-982, presso Ottone II perché lo dissua- desse dalla spedizione meridionale (cap. 22 della Vita) e proba- bilmente svolse opera di mediatore anche presso Ottone III (983- 1002), giacché due personaggi, figli rispettivamente del principe di Salerno (cap. 46) e del patrizio di Amalfi (capp. 47-9), ostaggi di Ottone II, per i quali il santo chiese la liberazione, è noto che furono rilasciati da Teofanò solo dopo la morte del consorte70. In seguito a tali vicende, san Saba, a quanto sembra, predilesse Amalfi e Salerno, spostandovisi con alcuni monaci. Prima risie- dette ad Atrani, non lontano da Amalfi, poi a Vietri, nei pressi di Salerno, ove prese dimora con alcuni monaci e donde si mosse alla volta di Roma per compiervi altre missioni diplomatiche71. In ogni caso, questi spostamenti rientrano chiaramente nella ge- opolitica dell’epoca, dato che “les autorités byzantines tentaient en effet, depuis la fin du IXe siècle, d’affirmer l’autorité de Con- stantinople sur la Campanie et ont soutenu, dans les années 980,
70 Cfr. G. Vitolo, Les monastères grecs de l’Italie méridionale, in J.-L. Le- maître – M.V. Dmitriev – P. Gonneau (a cura di), Moines et monastères dans les sociétés de rite grec et latin, École Pratique des Hautes Études, Sciences Historiques et Philologiques 5 / 76, Genève 1996: 104 (99-113); E. Follieri, I santi dell’Italia greca, in A. Jacob – J.-M. Martin – G. Noyé (a cura di), His- toire et culture dans l’Italie byzantine: acquis et nouvelles recherches, Rome 2006 (Collection de l’École Française de Rome, 363): 110-1 (95-126).
71 Sui rapporti tra monachesimo italogreco e potere politico, cfr. E. Tounta “Saints, rulers and communities in Southern Italy: the Vitae of the Italo-Greek saints (tenth to eleventh centuries) and their audiences”, in Journal of Medie- val History, 42:4, 2016: 429-455.
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la principauté de Salerne et le duc d’Amalfi dans leur résistance à Otton II”72.
Quella di Saba e dei suoi discepoli era, in ogni caso, una pre- senza monacale greca non certo unica in ambito salernitano, ma particolarmente significativa perché all’illustre taumaturgo face- va capo una rete di monasteri disseminati dalla Calabria alla Ba- silicata fino alle porte di Salerno. E loro superiore punto di riferi- mento diventava ora, in virtù della presenza del santo fondatore, il monastero che con buone ragioni possiamo considerare gravi- tante attorno alla chiesa di San Giovanni secus mare di Vietri.
Tale esperienza illustra, oltretutto, molto chiaramente i carat- teri salienti di una precisa esperienza monastica, quella lucana, distinta da fortissima coesione familiare e con trasmissione pri- vatistica dei beni e perfino dell’egumenato ai discendenti diretti o agli eredi. Questa realistica duttilità dei suoi moduli organizzativi lo rendeva compatibile con le esigenze di contadini e piccoli pro- prietari desiderosi di abbracciare lo stato monacale senza perdere i diritti di patronato o di possesso su chiese, monasteri e beni. Quasi in deroga alle norme civili ed ecclesiastiche, era consentito ai monaci il possesso di beni: si trattava, in fondo, di un accorgi- mento rivelatosi atto a dare stabilità e persistenza alle istituzioni, a prevenirne il dissolvimento che spesso si verificava una volta venuto meno il carisma del fondatore. Altrettanto avveniva in Ca- labria, specialmente nella complementare area lungo il confine lucano. Né una simile formula era ignota in altre parti del mondo bizantino, come risulta in particolare per il Monte Athos73.
72 R. Benoit-Meggenis, L’empereur et le moine: Les relations du pouvoir impérial avec les monastères à Byzance (IXe-XIIIe siècle), Lyon 2017: 114.
73 V. il ricco contributo di A. Failler, Le monachisme byzantin aux XIe-XIIe siècles. Aspects sociaux et économiques, in Actes des congrès de la Société des historiens médiévistes de l’enseignement supérieur public, 5e congrès, Saint- Etienne, 1974. Aspects de la vie conventuelle aux XIe-XIIe siècles: 171-188.
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Un esempio molto significativo al riguardo risale al 16 genna- io del 105074. Il defunto egumeno di Santa Maria di Cersosimo, Teodoro, lasciò per testamento l’egumenato, il monastero e i re- lativi beni a Teofilatto, che era anche prete; ma questi poté inse- diarsi solo dopo la rinuncia ufficiale alla successione da parte del fratello dello scomparso, Luca. Questi, nella chiesa “archimandri- tale” di San Nicola e al cospetto del clero e dei notabili ivi con- venuti, dichiarava, giusto alla vigilia dello Scisma d’Oriente e a conquista normanna già avviata, una professione di fede ortodos- sa e di lealtà al patriarca costantinopolitano Michele Cerulario, al βασιλες, Costantino IX Monomaco (1042-1055), e al vescovo di Tursi, Michele. Spiegava poi la propria inabilità di anziano a succedere al fratello e ne riconosceva erede il nuovo egumeno, che era tenuto a sostentarlo secondo le clausole testamentarie75.
Carbone. - In una rete di istituzioni monastiche rurali e fami- liari non dissimile da quella sopra descritta si inseriva il notissi- mo monastero di Carbone76, il cui fondatore ed eponimo, Luca Carvuni (*? – dopo il 1005), che nulla autorizza a identificare con Luca d’Armento77, fu – come abbiamo accennato – discepo- lo spirituale di san Saba e da lui ricevette l’abito monastico. La maggior fonte d’informazione è offerta dalle pergamene del mo- nastero stesso, conservate nell’archivio privato Doria-Pamphili,
Cfr. anche R. Morris, Monks and Laymen in Byzantium, 843-1118, Cambridge 2002: 200-239 (cap. VIII “Territorial expansion and spiritual compromise”).
74 F. Trinchera, Syllabus graecarum membranarum, Neapoli 1865 XXX- VIII, 45-47 (disponibile in rete: https://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/ object/display/bsb10052559_00081.html?zoom=0.5&numScans=2).
75 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 66. 76 V. von Falkenhausen, Il monastero dei SS. Anastasio ed Elia in epoca
bizantina e normanna, in Fonseca – Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone cit.: 61-87.
77 Cfr. Acconcia Longo, santi italogreci cit.: 138.
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dove furono trasferite da Giovan Battista Pamphili (futuro papa Innocenzo X), dal 1630 abate commendatario del monastero e protettore dell’ordine basiliano78.
Il monastero lucano denominato originariamente di Sant’Ana- stasio, destinato a diventare di Sant’Elia Profeta, appare per la pri- ma volta solo in un documento di donazione risalente al 105679, ma la sua fondazione è probabilmente della seconda metà del X secolo, ossia concomitante col periodo di massimo fulgore spirituale e poli- tico della figura di san Saba. In lui, dunque, e poi nel suo successore Macario, stabilitisi in ambiente salernitano, il monastero di Car- bone dovette avere il primitivo punto di riferimento gerarchico. I principali lineamenti storici sono riassunti da Luca II, egumeno del monastero, che nel 1059, prima di partire per l’Oriente, “dispone dell’amministrazione del monastero durante la sua assenza e fa una breve storia, purtroppo molto sommaria […]. Il monastero, racconta Luca II, fu fondato dal santo e glorioso Luca, soprannominato Car- vuni, Carbone, il quale aveva ricevuto l’abito monastico dal grande Saba80. Suoi successori furono l’abate presbitero Biagio, Menas, fatto prigioniero dai Saraceni, in un anno imprecisato, Teofanio, in religione Teodulo, fratello di Menas, e appunto lo stesso croni- sta, Luca II, quinto abate, pellegrino a Gerusalemme nel 105981,
78 L’edizione delle pergamene di Carbone si deve a G. Robinson, History and Cartulary of the Greek Monastery of S. Anastasius and S. Elias of Car- bone, Rome, I, History, 1928 (Orientalia Christiana, XI/44: 271-352); II (in 2 voll., Cartulary, 1929 e 1930 (Orientalia Christiana, XV/53: 121-276 e XIX/62: 5-200).
79 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 1 (= Orientalia Chris- tiana, XV): 163-5.
80 Cfr. Acconcia Longo, Santi italogreci cit.: 138. 81 Cfr. A. Giullou, L’Italia bizantina dalla caduta di Ravenna all’arrivo
dei Normanni, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, III, Torino 1983: 56. F. Vanni, Itinerari, motivazioni e status dei pellegrini pregiubilari: riflessioni e ipotesi alla luce di fonti e testimonianze intorno al Meridione d’Italia, in M.
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cui successe Biagio II82. Stando a quanto è possibile dedurre dai documenti, Luca II e i suoi successori furono gli artefici della cre- scita spirituale e materiale83 del monastero, sebbene la transizio- ne dai Bizantini ai Normanni e il rapido processo di latinizzazio- ne fossero intervenuti a limitarne gli ambiti territoriali e sociali in cui il monastero operava84. Di fatto, le notizie pervenuteci su varie chiese e monasteri greci della Calabria e della Basilicata compon- gono un quadro di pressoché generale rovina e incuria negli anni a cavallo fra la dissoluzione del diretto dominio politico di Bisanzio e il consolidamento della conquista normanna. La transizione fu rovinosa al punto che qualche monastero, precisamente quello di Sant’Andrea di Calvera, per il suo stato di desolazione dai legittimi proprietari fu donato alla Badia di Cava nel 1052-5385. II monastero di S. Maria di Cersosimo, altro esempio, fu offerto da Ugo di Chia-
Oldoni (a cura di), Tra Roma e Gerusalemme nel Medioevo, Paesaggi uma- ni ed ambientali del pellegrinaggio medievale, t. I, Salerno, Laveglia editore 2005: 109 (71-156). P. Oldfield, Sanctity and Pilgrimage in Medieval Southern Italy, 1000-1200, Cambridge 2014: 270.
82 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 1 (= Orientalia Chris- tiana, XV): 163-5 e 166-70.
83 Cospicuo l’elenco dei beni acquistati dall’ormai prestigioso monastero sotto Luca II, come apprendiamo da cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 1 (= Orientalia Christiana, XV): 167-8, ll. 24-28.
84 S. Caruso, Politica gregoriana, latinizzazione della religiosità bizantina in Italia meridionale, isole di resistenza greca nel mezzogiorno d’Italia tra XI e XII secolo, in Settimane di studio della fondazione C.I.S.A.M. Cristianità d’Occidente e cristianità d’Oriente (secoli VI-XI) (24-30 aprile 2003) tomo I, Spoleto 2004, pp. 463-547.
85 Trinchera, Syllabus cit.: XL, 49-51. È molto probabile che a questo mo- nastero si riferisca un documento che attesta nel 1071 la concessione del diritto di continuare a praticare il rito greco (cfr. H. Houben, Basilicata in Monasticon Italiae III Puglia e Basilicata, a cura di G. Lunardi – H. Houben – G. Spinelli, Cesena 1986: 179 n. 11). (https://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/ display/bsb10052559_00085.html).
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romonte all’abbazia cavense il 21 novembre 108886 e rapidamen- te si latinizzò, almeno a giudicare dal nome del suo abate Ursone de lu Cilentu (1123)87. Anche il monastero di Carbone soggiacque per un periodo allo stato di abbandono, ma ne uscì vittoriosamen- te grazie all’attività di ricostruzione intrapresa dall’egumeno Luca prima del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Egli, infatti, reintegrò le file esauste dei monaci con nuovi elementi e fece costruire un monastero e una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo grazie al contributo degli abitanti di Battifarano, o Castronuovo, tutti quanti solidali dai notabili al clero al popolo minuto88. Ne proseguì l’opera il fratello e successore, Biagio, dalla tradizione posteriore presen- tato come il vero fondatore del monastero; e ciò perché gli riuscì di collegarlo con i nuovi signori feudali, specialmente con i Clermont/ Chiaromonte, e di consolidarlo con la loro munifica protezione89.
86 Archivio dell’Abbazia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, XIV 99. 87 Cfr. B. Visentin, Fondazioni Cavensi nell’Italia meridionale (secoli XI-
XV), Salerno 2012: 285 (su S. Maria di Cersosimo: 263-276). Cfr. anche L. Mattei-Cerasoli, La badia di Cava e i monasteri greci della Calabria supe- riore, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania 8, 1938: 265-285 e 9, 1939: 279-314.
88 Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 67-8. 89 Cfr. A. Di Lorenzo – J.-M. Martin – A. Peters-Custot, Le monastère
de S. Elia di Carbone, ses archives et l’histoire de la Basilicate médié- vale, in Mélanges de l’École française de Rome – Moyen Âge, 128-2: 13 (in rete: https://journals.openedition.org/mefrm/3318#text): “Sous l’abba- tiat de Blaise, frère de l’higoumène Luc, qui prit la direction du monastère en 1058/59, les Normands avaient déjà soumis presque toute la Basilicate. Après la conquête, dans le cadre de la politique de restauration des fonda- tions et d’augmentation des ressources des grands centres monastiques sui- vie par les souverains, d’après un acte édité par Holtzmann, l’abbé grec du monastère de Carbone cherche la protection des nouveaux seigneurs en la personne d’un représentant des familles puissantes de la région, Hugues de Chiaromonte”. Il riferimento è a W. Holtzmann, “ Papst-, Kaiser- und Nor- mannenurkunden aus Unteritalien. V. S. Elia di Carbone”, in Quellen und
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La rinascita proseguì con Nilo, proveniente dal Patìr di Rossano, egumeno nella prima metà del XII secolo, grazie alle donazioni ricevute relative al ponte sull’Agri detto di Policoro con l’annessa chiesa di Santa Maria e la chiesa di Santa Maria di Scanzano, sita alla foce del fiume Cavone90. Come riassume ottimamente il Batif- fol, Nilo
a pour successeurs les abbés Hilarion, Euthymius, Luc, Cy- rille, Barthélémy, Hilarion II: c’est la belle époque de l’abbaye, comme en fait foi son cartulaire. J’y relève la charte (1145) par laquelle l’abbé obtient justice contre le «catapan de la vallée du Sinni»; la charte (1159) par laquelle l’abbé obtient gain de cause contre l’évêque de Marsico par-devant l’archevêque de Palerme et l’abbé de La Cava; la charte (1167) par laquelle l’abbé est chargé par le roi Guillaume II «de la réforme des monastères de Calabre, de Pouille, de Sicile, et de la province de Salerne jusqu’au Lao»; la charte (1172) par laquelle l’ab- bé obtient gain de cause par-devant le roi Guillaume II, contre l’évêque d’Anglona; la charte (1173) par laquelle l’archevêque de Bari reconnaît à l’abbaye la propriété de l’église de Saint-Si- méon sise à Bari et donnée par Robert / Guiscard. Les faveurs de la cour normande, non plus que celles de la cour souabe, ne manqueront pas à l’abbaye: tous les princes normands figurent dans son cartulaire ou dans ses diptyques à titre de bienfaiteurs insignes: Robert Guiscard, Boëmond, le roi Roger, les deux Guillaume, Tancrède, ajoutons Constance et Frédéric II. Car- bone paraît avoir incorporé à sa mense toutes les propriétés ba- siliennes de Basilicate et au delà: les monastères de Sainte-Ma-
Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 36, 1956, n° 1 (34-85).
90 Cfr. Visentin, Fondazioni Cavensi cit.: 267, n. 63.
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rie à Scanzano, de Saint-Nicolas à Pertoso, de Saint-Nicolas à Senise, de Saint- André à Rotondo, de SS. Philippe et Jacques à San-Chirico, de Saint-Michel à Castronuovo, de Santi-Quaranta et de Sainte-Marie de Schiavoni à Cerchiara, de Saint-Barthé- lemy à Tarente, de Saint-Michel à Raparo, de Saint-Philippe à Teana, etc., les églises de SS. Philippe et Jacques à Sarcori, de Saint-Philippe de Palatiis à Senise, de Saint-Philippe de Benia- mino à Teana, de Saint-Siméon à Bari, de Saint-Pierre Guarino à Policoro, etc. La prospérité de notre riche abbaye se maintient jusque vers le milieu du XIIIe siècle91.
Fu così che, rivelatosi idoneo a raccogliere l’eredità di Saba, il monastero di Carbone si sostituì come centro gerarchico alle fondazioni salernitane (e forse di Vietri), in rapido declino dopo la scomparsa di Macario.
Non è noto se Oreste avesse avuto modo di visitare o alme- no conoscere il monastero lucano di Carbone. Certo da quel mo- nastero proviene il codice Vaticano greco 207292 contenente le biografie di Saba (ff. 1r-56r), Cristoforo e Macario (ff. 56v-67v), scritte dal futuro patriarca, oltre alle ufficiature liturgiche per le loro commemorazioni (ff. 68r-87v). Pare, comunque, sicuro che i monaci del monastero non ne avessero dimenticato la figura, dato che proprio da quel codice apprendiamo che Oreste fu patriarca di Gerusalemme. Quel che è certo è che proprio grazie a tale codice “si può ragionevolmente pensare che i monaci di Carbone si sen- tissero legati soprattutto alla figura di Saba, e che soltanto la fretta di studiosi successivi, desiderosi di dare comunque dei connotati
91 P. Batiffol, L’abbaye de Rossano. Contribution à l’histoire de la Vati- cane, Paris 1891: 11-2.
92 Minuziosa descrizione del codice in S. Lucà – A. Vena, Resti di un co- dice grammaticale greco ad Acerenza, in Basilicata, in Να μη. Rivista di ricerche bizantinistiche, 11, 2014: 140, n. 57 (121-144).
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storici al personaggio fondatore, abbiano portato a dimenticare, o almeno a trascurare, questa discendenza spirituale da Saba di Collesano”93.
Al culmine della rinascita, negli anni 1120-1, il monastero finora di Sant’Anastasio aggiunge il titolo di Sant’Elia, desti- nato a prevalere, e l’egumeno Nilo “non manca di sfruttare in chiave politica la ricostruzione, confermando la nuova intitola- zione del cenobio, sostituendo ai rapporti fino ad allora coltivati dai suoi predecessori con la famiglia dei baroni locali, contatti diretti con Boemondo, signore feudale dei Chiaromonte, e av- viando il monastero ad una florida espansione”94. A conferma di questa floridezza, fu istituito, forse da Ruggero II, un archi- mandritato sul modello di quello del San Salvatore in lingua phari di Messina95, dal quale dipendevano numerosi monasteri greci in Sicilia e in Calabria. Luca nel 115496 fu il primo egume- no a fregiarsi del nuovo titolo di archimandrita97, connesso con
93 Acconcia Longo, Santi monaci italogreci cit.: 142-3. 94 Cfr. Visentin, Fondazioni Cavensi cit.: 267. 95 Cfr. M.B. Foti, Il monastero del S.mo Salvatore in Lingua Phari, Messi-
na, s.n. 1989; V. von Falkenhausen, L’Archimandritato del S. Salvatore in lin- gua phari di Messina e il monachesimo italo-greco nel regno normanno-svevo (secoli XI-XIII), in G. Fallico – A – Sparti – U. Balistreri, Messina. Il ritorno della memoria. Mostra sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana On. Oscar Luigi Scalfaro e di S.M. il Re di Spagna Don Juan Carlos I. Messina, Palazzo Zanca - 1 marzo / 28 aprile 1994, Palermo 1994: 65-79.
96 Ed.: P.E. Santoro, Historia monasterii carbonensis, Romae, apud Gul- lielmum Faciottum 1601: 67-8. Cfr. anche: K.A. Kehr, Die Urkunden der nor- mannisch-sicilischen Könige. Eine diplomatische Untersuchung, Innsbruck 1902: 166, n. 4; G. Breccia, Archivum Basilianum. Pietro Menniti e il destino degli archivi monastici italo-greci, in Quellen und Forschungen aus italieni- schen Archiven und Bibliotheken, 71, 1991: 33, n. 60 (14-105).
97 Per un inquadramento del termine nella storia del diritto canonico orien- tale, cfr. G. Agosti, Alcune brevi note sulla figura ed il ruolo dell’archimandri- ta, in Iura Orientalia 8, 2012: 1-11.
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il controllo di diversi altri monasteri. Un privilegio bilingue, perché emanato anche in latino nel gennaio 1168 da Guglielmo II, re di Sicilia, per Bartolomeo, neoarchimandrita di Carbone, confermò il titolo98, ampliandone la preminenza su tutti super- stiti monasteri greci della regione. Ciò si iscriveva nella politi- ca normanna volta a rivitalizzare le sparse presenze monastiche greche – ancora maggioritarie tra Sicilia e Calabria, minorita- rie invece in Basilicata – sotto l’egida dei principali monasteri, fra i quali, oltre ai due di rango archimandritale, San Giovanni Θεριστς di Stilo e Santa Maria la Nuova Odigitria di Rossano. All’origine di tale riforma vi era l’intento di instaurare un più diretto controllo regio sulle varie comunità di monaci greci, vin- colate a una dipendenza giurisdizionale e non soltanto spirituale o patrimoniale al monastero o all’archimandritato di riferimen- to. Tuttavia il privilegio bilingue del gennaio 1168 rivela anche intenti di integrale ripristino della tradizione monacale basiliana e di restaurazione della vita spirituale di monaci girovaghi e in- dolenti, in generale poco versati nella lingua e nel rito greco. Di fatto, appena un secolo dopo la fine della dominazione bizanti- na, parte dei monaci era di lingua latina, pur professando una regola ispirata ai precetti di San Basilio e alla tradizione mona- stica italogreca. Forse anche ciò fu uno dei fattori per cui, nel luglio del 1181, il vescovo di Anglona, erede del presule greco di Tursi, rinunciando ai propri diritti sottomise Carbone all’ar- civescovo abate di Monreale, titolare di una sede eminentemen- te regia99. Potremmo immaginare che vi fosse anche l’intento
98 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 2 (= Orientalia Chris- tiana, XIX): 68-73 (doc. n. XLVI); Holtzmann, Papst-, Kaiser- und Norman- nenurkunden cit.: 67-9 (doc. n. 8).
99 Diploma di Roboan, vescovo di Anglona, Palermo 1181, luglio, XIV ind., tràdito in Vat. lat. 3880 (41v-42r) disponibile in rete: https://digi.vatlib.it/ view/MSS_Vat.lat.3880 (= Tabulario della Chiesa di S. Maria Nuova di Mon-
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di un ideale ritorno alle origini, segnate dalla preminenza cari- smatica del santo fondatore e dei suoi immediati successori su una pluralità di asceteri e monasteri. Certamente ne conseguiva, specialmente per Carbone, l’omologazione del superstite mona- chesimo greco a una congregazione intesa alla maniera latina, cui si aggiungeva una pressoché completa uniformità cenobitica delle dipendenze dell’archimandritato a dispetto dell’originaria varietà delle forme spirituali e organizzative. L’importanza del monastero di Carbone, tuttavia, riuscì a rallentarne il declino ri- spetto ad altre realtà minori. All’incirca, infatti, nello stesso pe- riodo (1194) in cui, come abbiamo già documentato, il vescovo di Tricarico Roberto commissionava la traduzione latina delle Vitae di san Vitale da Castronuovo, di san Luca da Demenna o di Armento e di san Leone Luca da Corleone, a uso non esclusivo di vescovi e fedeli di rito latino, ma anche degli stessi monaci dei monasteri che di quei santi perpetuavano culto e memoria, a Carbone si producevano importanti codici, come l’eucologio Vat. gr. 2005100, testimoni del perpetuarsi di tradizione e lingua greca grazie ad apporti esterni, calabresi prima, poi salentini. Rallentamento, però, non significa assenza di declino101. Anzi, molti indizi suggeriscono non troppo oscuramente che già nella seconda metà del XII secolo vi erano condizioni anticipatrici di quelle descritte, tre secoli dopo, dal cardinal Bessarione102.
reale: 103). Per un inquadramento storico v. G. Loud, The Latin Church in Norman Italy, Cambridge 2007: 335.
100 Lucà – Vena, Resti di un codice grammaticale cit.: 140, n. 57. 101 Ancora nel XIV secolo il monastero era potente, almeno economica-
mente, come dimostra A. Pters-Custot, Le monastère de Carbone au début du XIVe siècle, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge (MEFRM) 114-2, 2002: 1045-1066.
102 A. Peters-Custot, Bessarion et le monachisme italo-grec: l’Orient en Italie du Sud?, in Cahiers d’études italiennes 25, 2017: 1-21.
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Egli dispose per il 1457-8 la visita di tutti i monasteri greci del Mezzogiorno peninsulare commissionata ad Atanasio Chalce- opulos103, già monaco athonita di origine costantinopolitana e all’epoca archimandrita del Patìr di Rossano. Al visitatore, ac- compagnato da Macario, archimandrita di San Bartolomeo di Trigona, nel corso dell’ispezione condotta a Carbone, nel marzo del 1458, non restò che prendere atto del degrado morale dei po- chi monaci presenti e inventariare libri e oggetti liturgici, ormai mute reliquie di un illustre passato.