Mario Adda Editore
MELFI, SALA DEL TRONO DEL CASTELLO
10-12 ottobre 2019
Convegno internazionale di studio promosso per il millenario
di fondazione della città fortificata di Melfi (1018-2018)
Comitato nazionale per le celebrazioni del millenario di fondazione
della città
fortificata di Melfi
Livio Valvano Sindaco del Comune di Melfi
D.M. MIBACT - UDCM REP. DECRETO 20.12.2017, N. 566
8
Tel. e Fax +39 080 5539502 Web: www. addaeditore. it
e-mail: addaeditore@addaeditore. it Tutti i diritti
riservati.
Impaginazione Sabina Coratelli
Livio Valvano 15 Saluto della Città di Melfi
Jean-Marie Martin 21 La Basilicata tra Longobardi e Bizantini
Pietro Dalena 35 La viabilità nell’area del Melfese
Alessandro Di Muro 69 Il territorio di Melfi e la frontiera
longobardo-bizantina
Vito Lorè 83 Melfi fra i principi di Salerno e l’Impero
bizantino
Francesco Panarelli 103 Gli insediamenti monastici latini e la
documentazione
cavense
il Vulture e la tradizione micaelica
10
Mauro Agosto 177 Insediamenti monastici bizantini in
Basilicata:
tra storia e agiografia
Marina Falla Castelfranchi – Manuela De Giorgi 207 Habitat rupestre
ed emergenze cultuali
nel Vulture-Melfese
una lettura archeologica
Nicola Masini – Fabrizio T. Gizzi 321 Torre di Cisterna:
Ri-scoperta di un sito fortificato
medievale attraverso il telerilevamento LiDAR
Luigi Serra 347 A proposito di influenze linguistiche arabe e
berbere
nell’area del Vulture
Giuseppe Colucci 379 Circolazione monetaria nel Melfese nell’XI
secolo
Giancarlo Andenna 395 Discorso di chiusura
177
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia
La dominazione bizantina1 in Basilicata fu particolarmente ampia e
radicata fra IX e XI secolo e vi lasciò tracce indelebi- li2 e
tuttora evidenti nel nome stesso della regione, che, molto
probabilmente, deriva da un peculiare assetto politico e
ammi-
1 Per un quadro generale si rimanda a V. von Falkenhausen, La
dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’IX secolo,
Bari, Ecumenica 1978. Per gli aspetti più specificamenti culturali:
A. Peters-Custot, Les Grecs de l’Ita- lie Méridionale
post-byzantine (IXe-XIVe siècle). Une acculturation en douceur,
Rome 2009 (Collection de l’École française de Rome, 420).
2 Per esempio nella toponomastica, su cui cfr. A. Rizzi,
Monachesimo bi- zantino e chiese rupestri in Basilicata. Aspetti e
Problemi, in Δελτον τς Χριστιανικς ρχαιολογικς ταιρεας 5, 1969:
114, n. 7 (111-140). Il lavoro ora citato è ancora fondamentale per
la civiltà monastica rupestre in Ba- silicata, aspetto non certo
marginale nella storia degli insediamenti monastici, ma che non
tratterò in questa relazione sia per il legame troppo tenue con i
dati desumibili dai Βοι (mio unico oggetto di discussione), sia per
non sovrappor- mi ad altre relazioni del medesimo convegno di
studi.
178 Mauro agosto
nistrativo risalente all’epoca bizantina, sebbene i Bizantini non
abbiano usato che la denominazione Λουκανα3, mentre il nome
Basilicata si affermò solo in età normanna e risale al 1135 la
prima attestazione datata di un giustizierato di Basilicata4. Non
c’è, però, dubbio sull’origine bizantina del nome. In un testo
d’epoca normanna di cronologia incerta leggiamo appunto Ba-
silicata vero imperialia dicuntur5. Così, sviluppando un sugge-
rimento già proposto da Giacomo Racioppi6, Filippo Burgarel- la7 ha
sostenuto (credo convincentemente) l’ipotesi che il nome
originariamente indicasse l’area di giurisdizione del basilikòs,
denominazione generica con cui, almeno secondo il Racioppi8, il
popolo indicava tutte le diverse cariche bizantine (come
stratego,
3 Che perciò figura anche nel titolo di un importantissimo lavoro
di A. Guillou, La Lucanie byzantine. Étude de géographie
historique, in Byzantion 35, 1965: 119-149.
4 C. Brühl (a cura di), Rogerii II regis diplomata latina,
Köln-Wien 1987 (Codex diplomaticus regni Siciliae, s. I, t. II, 1):
doc. n. 39, 110.10.
5 E. Caspar, Die Chronik von Tres Tabernae, in Quellen und
Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 10, 1907:
1-56.
6 G. Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata,
II, Mate- ra 1970: 17 (ris. anast.; ed. or. Roma 1889). Id., Storia
della denominazione di Basilicata per Homunculus, Roma 1874. Id.,
Paralipomeni della storia della denominazione di Basilicata per
Homunculus, Roma 1875. Al Racioppi l’idea derivava da P. Giannone,
Istoria civile del regno di Napoli, a cura di A. Maron- giu, III,
Milano 1970 (ed. or. 1723): 352.
7 F. Burgarella, La religiosità bizantina, in G. De Rosa – A.
Cestaro (a cura di), Storia della Basilicata. II. C.D. Fonseca (a
cura di), Il Medioevo, Roma 2006: 328 (328-347); Id., Le terre
bizantine (Calabria, Basilicata e Puglia), in G. Galasso – R. Romeo
(a cura di), Storia del Mezzogiorno, vol. II/2, Il Me- dioevo,
Napoli 1989 (rist. 1994), 417, 483 (415-517). Sulle difficoltà
connesse con una precisa denominazione delle aree storiche in
questione v. F. Panarelli, La vicenda normanna e sveva: istituzioni
e organizzazione, in De Rosa – Ce- staro (a cura di), Storia della
Basilicata cit.: 87-88 (86-124).
8 Racioppi, Storia dei popoli cit.: 24.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 179
catepano, patrizio, protospatario, turmarco e numerose altre), o
piuttosto titolo di un funzionario fiscale dell’amministrazione bi-
zantina nel X secolo9. Resta, in ogni caso, che, specialmente per
la parte orientale della regione, il nome di Basilicata prese forma
e si impose in sostituzione di quello antico di Lucania, che con
molta probabilità designava allora solo un’esigua parte di terri-
torio sul versante tirrenico10. Resta soprattutto che il nuovo nome
si imponeva mentre prendeva origine e consistenza il monastero dei
Santi Anastasio ed Elia di Carbone. Così il mutamento del nome come
la fondazione di questo e di vari altri monasteri11 andavano di
pari passo con lo sviluppo della parte orientale della regione
medesima: sviluppo favorito dai dominatori bizantini, che, come ha
ben scritto Lorenzo Quilici, donarono “per ben due secoli
prosperità alla regione”12, specie al Metapontino e alla parte
orientale, determinandovi appunto tra X e XI secolo con- dizioni
favorevoli alla ripresa economica, allo sviluppo agricolo e alla
rivitalizzazione dei centri urbani, come Tursi, Anglona13
9 Nega l’esistenza del basilikòs in entrambe le accezioni T. Pedìo,
L’or- dinamento amministrativo del Regno di Sicilia: il giustiziere
di Basilicata, in G. Raimondi – G. Galasso et alii (a cura di), Per
la storia del Mezzogiorno medievale e moderno: studi in memoria di
Jole Mazzoleni, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 48, I,
Roma 1998: 66, n. 19 (57-73). Sul basilikòs però v. Burgarella, Le
terre bizantine cit.: 504, n. 26.
10 Cfr. Rizzi, Monachesimo bizantino cit.: 119, n. 16. 11 V. J.-M.
Martin, Évêchés et monastères «grecs» en Italie méridionale
au
Moyen Âge (VIIe-XIIIe siècle), in Revue Mabillon 27, 2016: 5-22. 12
L. Quilici, Siris-Heraclea, Forma Italiae, regio 3, vol. 1, Roma
1967:
233. 13 Cfr. A. Nigro, Memoria topografica istorica sulla città di
Tursi e sull’an-
tica Pandosia di Eraclea oggi Anglona, Napoli 1851, pp. 27-28, 37,
40-43 e C.D. Fonseca, Le istituzioni ecclesiastiche dal tardo
antico al tardo Medioevo, in De Rosa – Cestaro (a cura di), Storia
della Basilicata cit.: 264 (231-306). V. von Falkenhausen, La
diocesi di Tursi-Anglona in epoca normanno-sveva. Terra
180 Mauro agosto
e Policoro14, l’antica Eraclea di Lucania. Di quello sviluppo il
monachesimo greco fu grande protagonista nella regione, e la
varietà dei documenti che riguardano specialmente il monastero dei
Santi Anastasio ed Elia di Carbone, che fu, come vedremo il centro
predominante, ne offrono cospicue testimonianze.
In Basilicata il monachesimo italogreco15 giungeva tra X e XI
secolo, al culmine di un processo di sviluppo e diffusione in tutto
il Mezzogiorno e grazie alla duttile varietà delle sue forme
ascetiche e organizzative16. Nell’esperienza lucana, infatti, si
ri- scontrano quei medesimi stati (καταστσεις), ma non stadi, del-
la vita monastica “che erano già stati segnalati da San Giovanni
Climaco17 e che si ritrovano già nella legislazione giustinianea:
1) anacoretico o eremitico; 2) esicastico (di due o tre persone in
celle separate); 3) lavriotico, cioè cenobitico, con possibilità
di
d’incontro tra Greci e Latini, in C.D. Fonseca – V. Pace (a cura
di), Santa Maria di Anglona, Atti del Convegno internazionale di
Studio, Potenza-Anglona, 13-15 giugno 1991, Galatina-Lavello 1996,
p. 27.
14 Quilici, Siris-Heraclea cit.: 164-5. 15 V. l’inquadramento
puntuale offerto da H. Houben, Le istituzioni moan-
stiche italo-greche e benedettine, in De Rosa – Cestaro (a cura
di), Storia della Basilicata cit.: 355-386.
16 In un passo della Vita (Historia et Laudes SS. Sabae et Macarii
juniorum e Sicilia, auctore Oreste, patriarcha Hierosolymitano, ed.
Cozza-Luzi, Romae 1893: 14, cap. 7) di san Saba da Collesano (IX
secolo) si legge: “Alcuni condu- cono vita assolutamente eremitica
e passano tutta la loro vita senza parlare con altri che non sia
Dio; altri abitano in numerose laure, ove pratica l’hesychia; altri
infine si sottomettono a una regola comunitaria e affrontano la
lotta della piena obbedienza”.
17 Il riferimento implicito di Pertusi è a Iohannis Scholastici
vulgo Climaci, I 13 (J.P. Migne, Patrologia Graeca, vol. 88,
Parisiis 1864: 642): ν τρισ γενικωτταις καταστσεσι καθισμτων πασα
μοναχικ πολιτεα περιχεται ν θλητικ ναχωρσει, κα μον μετ νς, πολ δο
συχζειν ν κοινοβ πομονητικς καθζεσθαι.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 181
appartarsi in regime eremitico”18. Tali stati erano alternabili e
non vincolavano il monaco con una scelta esclusiva19. “Quantunque i
singoli monaci prediligessero le forme eremitiche o esicastiche,
ritenendole più idonee alla perfetta pratica dell’ascesi, le leggi
civili e canoniche favorivano tuttavia il cenobitismo, più adatto
al controllo di individui inclini per vocazione alla fuga dal
consorzio umano ed ecclesiale”20. Il cenobio, infatti, imponeva un
modello di organizzazione interna sotto l’autorità spirituale
dell’egume- no21, omologo dell’abate latino. Sotto la sua direzione
il giovane monaco doveva rimanere non meno di un triennio prima di
poter lasciare il cenobio per abbracciare gli altri due stati della
vita mo-
18 A. Pertusi, Monaci e monasteri della Calabri bizantina, in E.
Follieri (a cura di), Agostino Pertusi. Scritti sulla Calabria
greca medievale, Soveria Mannelli 1994: 125 (117-136). Il
riferimento alla legislazione è generico, ma può essere utilmente
integrato dallo studio specifico offerto da A. de Vogüé, La
législation de Justinien au sujet des moines, in Revue Mabillon
2003, 14: 139-151.
19 E. Morini, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e
cenobitismo, in: P. Dalena (a cura di), Medioevo rupestre.
Strutture insediative nella Calabria settentrionale, Bari 2007, pp.
87-112 (Itineraria. Territorio e insediamenti del Mezzogiorno
medievale, Studi Storici, 7). Id., Il fuoco dell’esichia. Il mona-
chesimo greco in Calabria fra tensione eremitica e massimalismo
cenobitico, in P. De Leo (a cura di), San Bruno di Colonia: un
eremita tra Oriente e Occi- dente, Atti del II Convegno
Internazionale per il nono centenario della morte di s. Bruno di
Colonia, Serra San Bruno, 2-5 ottobre 2002, Soveria Mannelli 2004:
13-30.
20 F. Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali in Calabria al
tempo di San Bruno di Colonia, in De Leo (a cura di), San Bruno di
Colonia cit.: 36 (31-45).
21 A. Peters-Custot, Le monachisme italo-grec, entre Byzance et
l’Occident (VIIIe-XIIIe siècles): autorité de l’higoumène, autorité
du charisme, autorité de la règle, in J.-F. Cottier, D.-Odon Hurel,
B.-M. Tock (a cura di), Les personnes d’autorité en milieu
régulier: des origines de la vie régulière au XVIIIe siècle (actes
du septième colloque international du CERCOR, Strasbourg, 18-20
juin 2009), Saint-Etienne 2012: 251-26.
182 Mauro agosto
nastica, secondo le disposizioni contenute nel canone 41 del con-
cilio Quinisesto (691-692)22. Da questo succinto quadro si evince
come nei secoli IX-XI nel mondo orientale “le tendenze eremiti- che
avessero perduto le asprezze delle originarie forme siriache,
palestinesi e copte, essendo state ormai ricondotte tutte
nell’alveo di una disciplina fortemente ancorata a Chiesa e Stato
bizantini perché da essi determinata nelle rispettive e
complementari sfere di competenza”23. Ciò spiega perché la
diffusione del monachesi- mo nell’Italia meridionale abbia
accompagnato l’espansione del dominio bizantino in quelle stesse
terre e come l’Impero abbia sorretto politicamente, e talvolta
anche militarmente, il consoli- darsi della presenza monastica
ellenofona24.
I padri fondatori del monachesimo greco in Basilicata sono ben noti
grazie alle loro Vitae o Βοι25, che ne evidenziano l’origine
sicula. Si collocano nel X secolo san Vitale (*? − † 9
22 Cfr. H. Ohme (ed.), Concilium Constantinopolitanum a. 691/2 in
Trullo habitum (Concilium Quinisextum), Acta conciliorum
oecumenicorum, Series Secunda, Volumen II, Pars IV, Berlin/Boston
2013: 41-2: Τος ν πλεσιν χωροις ν γκλεστραις βουλομνους ναχωρεν κα
αυτος κατ μνας προσχειν πρτερον ν μοναστηρ εσιναι δε κα τν
ναχωρητικν παιδοτριβεσθαι διαγωγν κα π τριετ χρνον τ τς μονς
ξρχοντι ν φβ θεο ποτττεσθαι κα τν κατ πντα ς προσκεν πακον κπληρον
κα οτως μολογοντας περ τς ν τ τοιοτ β προαιρσεως κα ς ξ λης καρδας
κουσως τοτον σπζονται π το κατ τν τπον / δοκιμζεσθαι προδρου”. Cfr.
E. Morini, Eremo e ce- nobio nel monachesimo greco dell’Italia
meridionale nei secoli IX e X, in Rivista di Storia della Chiesa
21, 1-2, 1977: 300-2 (1-39: 354-391).
23 Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali cit.: 37. 24 Cfr. F.
Burgarella, L’eparchia di Mercurio: territori e insediamenti,
in
Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 39, 2002: 59-92. 25
Per un inquadramento aggiornato sul genere letterario e i problemi
con-
nessi al suo impiego come fonte storica, cfr. M. Re, Italo-Greek
Hagiography, in Efthymiadis (a cura di), The Ashgate Research
Companion to Byzantine Hagiography: Volume I: Periods and Places,
Farnham 2014: 227-258.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 183
marzo 994ca.) da Castronovo (BHL26 8697), fondatore di mona- steri
a San Chirico Raparo27, a Turri presso Guardia Perticara28
26 BHL = Socii Bollandiani, Bibliotheca hagiographica Latina
antiquae et mediae aetatis (= Subsidia hagiographica, 6), I-II,
Bruxelles 1898-1901, rist. anast. Bruxelles 1992. Ead.: Vita
auctore Graeco fere coaevo ex antiquis MSS. Latinis, in Acta
Sanctorum Martii, II, Antverpiae 1668, rist. anast. Bruxelles 1968:
*26-*34 (gli Acta Sanctorum sono consultabili in rete, previa
registra- zione, sul sito Acta Sanctorum Database
http://acta.chadwyck.co.uk/moreinfo/ aboutacta2.htm; la Vita di San
Vitale si trova alla pagina http://acta.chadwyck.
co.uk/all/htxview?template=bhl_hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_8700.htx).
Cfr. anche S. Caruso, “Sulla cronologia del Dies Natalis di S.
Vitale da Ca- stronovo di Sicilia”, in Bollettino della Badia di
Grottaferrata, n.s. 52, 1998: 117-139. Un’interessante fonte tarda
sulla vita di san Vitale e di san Luca abate è un Vesperale del
1566, ma copiato da fonte più antica, proveniente dall’Ar- chivio
parrocchiale di Armento e conservato nell’Archivio di Stato di
Potenza, su cui cfr. N. Masini, Stato della ricerca sui codici
liturgico-musicali in Basi- licata: studio propedeutico a un
censimento delle fonti musicali, in Rivista In- ternazionale di
Musica Sacra 37, 1-2, 2016: 313 (305-376). Per una breve bio-
grafia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Vitalis von Castronovo, in
Ökumenisches Heiligenlexikon –
https://www.heiligenlexikon.de/BiographienV/Vitalis_von_
Castronovo.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
27 Se la permanenza del santo sul Rapàro abbia relazione con
Sant’Angelo al Monte Rapàro è questione ancora irrisolta. Per un
quadro sintetico con rife- rimento alla bibliografia precedente, v.
P. Favia, Primi risultati dell’indagine archeologica nell’Abbazia
di Sant’Angelo al Monte Rapàro, in C. Carletti – G. Otranto (a cura
di), Culto e insediamenti micaelici nell’Italia meridiona- le fra
Tarda Antichità e Medioevo, Atti del Convegno Internazionale, Monte
Sant’Angelo 18-21 novembre 1992, Bari 1994: 472, n. 61 (453-486).
Cfr. an- che G. Lunardi – H. Houben – G. Spinelli, Monasticon
Italiae, III. Puglia e Basilicata, Cesena, Centro Storico
Benedettino Italiano/Badia di Santa Maria del Monte 1986: 196.
Sullo stato della ricerca archeologica sugli insediamenti monastici
bizantini in Basilicata riferisce F. Sogliani, L’archeologia
medievale in Basilicata: progetti di ricerca e cantieri di scavo,
in F. Panarelli (a cura di), Alle fonti della Basilicata medievale:
edizioni, progetti e cantieri, Quaderni del Centro di Studi
Normanno-Svevi 5, Bari 2017: 296-7 (265-312).
28 S. Borsari, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia
meridio- nale prenormanne, Napoli 1963: 52, n. 125.
184 Mauro agosto
e a Rapolla, e san Luca (*918? − † 13 ottobre 98429) da Demen- na30
(BHL 4978)31 già alla sequela di sant’Elia (*864ca. − † 11
settembre 960) lo Speleota (BHG 581)32, fondatore di monasteri a
San Pietro a Noa, o Noepoli, di San Giuliano sulle rive del fiu- me
Agri e della Vergine e di San Pietro Apostolo33 ad Armento,
29 La data del 993 riportata dal traduttore latino è frutto di un
errore di calcolo, come spiega A. Acconcia Longo, Santi monaci
italogreci alle origini del monastero di S. Elia di Carbone, in
Bollettino della Badia Greca di Grotta- ferrata n.s. 49/50,
1995/96: 137 e n. 42 (131-149), versione riveduta e corretta della
relazione presentata con lo stesso titolo per C.D. Fonseca – A.
Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone e il suo
territorio dal medioevo all’Età moderna, Atti del convegno
internazionale di studi Potenza-Carbone 26-27 giugno, Galatina
1996: 47-60.
30 Difficile la precisa identificazione geografica. Cfr. C.
Filangeri, Ipotesi sul sito e sul territorio di Demenna, in
Archivio Storico Siciliano 4, 1978: 27-40. E. Kislinger,
Regionalgeschichte als Quellenproblem: die Chronik von Monembasia
und das sizilianische Demenna: eine historisch-topographische
Studie, Wien 2001 (propone con buone motivazioni l’identificazione
con San Marco d’Alunzio).
31 Ed.: Vita s. Lucae abbatis, in Acta Sanctorum Octobris, VI
Tongerloae 1794: 337-341. Versione online:
http://acta.chadwyck.co.uk/all/htxview?tem-
plate=bhl_hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_5000.htx Per una
breve bio- grafia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Lukas von
Demenna, in Ökumenisches Heiligenlexikon –
https://www.heiligenlexikon.de/BiographienL/Lukas_von_ Demenna.html
(ultimo accesso: 4.11.2019).
32 BHG = F. Halkin, Bibliotheca Hagiographica Graeca. IIIe édition
(Sub- sidia hagiographica, 8a), I-III, Bruxelles 1957. Ed.: J.
Stiltingh, Vita auctore discipulo monacho ex cod. Ms. 42
bibliothecae S. Salvatoris prope Messa- nam pag. 30, in Acta
Sanctorum Septembris, III, Antverpiae 1750, rist. anast. Bruxelles
1970: 848-887. Consultabile in rete
(https://www.doaks.org/research/
byzantine/resources/hagiography/database/dohp.asp?cmd=SShow&key=58)
sul sito del Dumbarton Oaks Hagiography Database. Breve biografia
aggior- nata offre J. Schäfer, s.v. Elias Speleota, in Ökumenisches
Heiligenlexikon –
https://www.heiligenlexikon.de/BiographienE/Elias_Speleota.html
(ultimo accesso: 4.11.2019).
33 Vita s. Lucae cit.: 34, § 9.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 185
sui monti tra Agri e Sauro. Entrambi proseguivano l’opera di san
Leone Luca (*805ca. − † 1 marzo 900ca.) da Corleone (BHL34 4842),
vissuto tra IX e X secolo e promotore dell’espansione del
monachesimo greco fino ai confini che separano la Calabria dalla
Basilicata. Proprio in quest’ultima regione san Vitale innestò l’e-
sperienza monastica, godendo dell’appoggio del catepano Basi- lio,
benefattore del monastero di Turri, ove da Bari fece pervenire
icone e suppellettile liturgica35. Non è dato sapere, però, se vi
sia relazione alcuna tra questi doni e quelli che nel 1032 due
monaci avrebbero portato da Turri alla chiesa recentemente
edificata di Santa Maria Nea nel contado di Bari36.
34 Versione online:
http://acta.chadwyck.co.uk/all/htxview?template=bhl_
hdft.htx&content=../bhl_acta/bhl_4900.htx prima traduzione
italiana a cura di M. Stelladoro, La vita di San Leone Luca di
Corleone, introduzione, testo la- tino, traduzione, commentario e
indici, Grottaferrata 1995. Cfr. J. Schäfer, s.v. Leo Lukas, in
Ökumenisches Heiligenlexikon – https://www.heiligenlexikon.
de/BiographienL/Leo_Lukas.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
35 Vita auctore Graeco cit. (BHL 8697): 29E-30B. Cfr. Borsari, Il
mo- nachesimo bizantino cit.: 52, n. 126: “il catepano Basilio che
invitò Vitale a Bari può essere solo o Basilio Mesardonites
(1010-1017) o Basilio Boioannes (1018-1028)”. Il che esclude
assolutamente che l’incontro possa essere avve- nuto nel 979 (come
ancora di recente leggiamo in R. Tortorelli, Il monachesimo
italo-greco e gli insediamenti rupestri (secc. X-XII) nell’area
appulo-lucana. L’esperienza monastica greca e i rapporti con il
monachesimo benedettino in Puglia e nell’Italia meridionale, in
Storiadelmondo, n. 51, 31 dicembre 2007: 7
[http://www.storiadelmondo.com/51/tortorelli.monachesimo.pdf]) e
colloca l’ultima parte della vita di san Vitale nella prima metà
del sec. XI. Cfr. anche R.-J. Lilie – Cl. Ludwig – B. Zielke – Th.
Pratsch, Prosopographie der mittel- byzantinischen Zeit Online,
Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissen- schaften. Nach
Vorarbeiten F. Winkelmanns erstellt, s.vv. Basileios (#21057
https://www.degruyter.com/view/PMBZ/PMBZ23210), Basileios
Mesardoni- tes (#21090) e Basileios Boioannes (#21094).
36 G.B. Nitto de Rossi – F. Nitti di Vito (a cura di), Codice
diplomatico barese I. Le pergamene del duomo di Bari (952-1266),
Bari 1897, anno 1032, n. 18, 31-32 (Potho, imperialis protospataro
et catepano Italiae, lavoravit fo-
186 Mauro agosto
Altro campione della storia monastica lucana fu san Luca di
Demenna. Stabilitosi ad Armento, vi fortificò il ricordato mo-
nastero della Vergine Maria e di san Pietro Apostolo, che egli
stesso, al comando di un drappello di monaci armati, difese vit-
toriosamente tra il 972 e il 976 dagli invasori saraceni37. As-
sociando alla preghiera il lavoro, edificò o restaurò con le sue
mani diverse chiese38, tra cui quella del martire Laverio39. In
seguito fu raggiunto dalla sorella Caterina, ormai vedova, con i
due figli, Antonio e Teodoro: profughi dalla Sicilia islamica,
tutti e tre ricevettero da Luca l’abito monastico. Con Caterina,
anzi, giunse anche il ramo femminile40 del monachesimo greco, come
ben illustra la sua fondazione di un monastero di vergini
ras ista civitate Vari propinquo ubi dicitur Puteum Greci unam
ecclesiam et cameram in onore sancte Dei genitricis et virginis
Marie Nee nec non et beati Iohannis Evangeliste seu et sancti
Iohannis Baptiste et ego edificavi illam et adlivertavi ei). Sulla
figura di Potho cfr. J.-C. Cheynet, J.-F. Vannier, Les Ar- gyroi,
in / Recueil des travaux de l’Institut d’etudes byzantines 40,
2003: 76-7 (57-90).
37 Per un inquadramento storico ancora valido delle incursioni
saracene nel panorama dell’Italia meridionale altomedievale si
rimanda al lavoro di N. Cilento, Italia Meridionale Longobarda,
Milano-Napoli 19712: 135-162. Una più recente messa a punto si deve
a: S. Caruso, Crucisque signo munitus: Luca da Dèmena e l’epopea
antisaracena italo-greca, Byzantion 73, 2 (2003), 319- 338.
https://www.jstor.org/stable/44172601?seq=1#page_scan_tab_contents.
38 Sull’attività di costruzione e riedificazione informa E. Morini,
Eremo e cenobio nel monachesimo greco dell’Italia meridionale nei
secoli IX e X, in Rivista di Storia della Chiesa 21, 1-2, 1977:
367-8 (1-39: 354-391).
39 R. Aubert, Laverius (saint), in Dictionnaire d’histoire et de
géographie ecclésiastiques (DHGE), 30, 2010: 1215-1215.
40 Importante messa a punto in: V. von Falkenhausen, Il monachesimo
fem- minile italo-greco, in C.D. Fonseca (a cura di), Il
monachesimo femminile tra Puglia e Basilicata, Atti del Convegno di
studi promosso dall’Abbazia bene- dettina barese di Santa
Scolastica (Bari 3-5 dicembre 2005), Bari 2008: 23-43.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 187
dedicato alla Theotokos41 e in stretto collegamento col ramo ma-
schile istituito dal fratello.
Le due Vitae testé menzionate sono tràdite solo nella ver- sione
latina, eseguita forse negli stessi ambienti e anni indicati nella
traduzione del Βος di san Vitale, eseguito nel luglio 1194 per
volere di Roberto, vescovo (1176-1194) di Tricarico42. L’ori-
ginale greco, invece, con sorte identica a quella del complemen-
tare Βος di san Leone Luca di Corleone, ugualmente recato in
latino, scomparve verosimilmente perché soppiantato dalla
traduzione, documento sia del persistere della memoria e del culto
dei due santi ancora in epoca normanna, sia del prevalere
dell’elemento latino tra gli stessi monaci delle superstiti istitu-
zioni di tradizione greca.
Possediamo, invece, l’originale greco del Βος di san Saba (*910ca.
− † 5/6 febbraio 995?) da Collesano (BHG 1611)43 e di quello, più
breve, che riunisce insieme suo padre Cristoforo (*? − †?) e suo
fratello Macario (*? − † 16 dicembre 1005; BHG 312)44. Le ragioni
della preservazione sono da ritrovarsi forse nel fatto di non aver
avuto una traduzione latina, certamente nell’esser stati conservati
nella biblioteca del monastero di Carbone, che, fon-
41 Vita s. Lucae abbatis cit.: 341 D-E, § 15. 42 Cfr. Borsari, Il
monachesimo bizantino cit.: 125-6. Su Roberto, cfr. G.
Russo, Vicende della diocesi e dei vescovi di Tricarico dalle
origini alla prima metà del XV secolo, con un’appendice di
documenti regi, pontifici, cardinalizi e vescovili inediti
(1411-1444), in Archivio Storico per la Calabria e la Luca- nia,
82, 2016: 17 (5-75).
43 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 5-70. Consultabile in rete
sul sito del Dumbarton Oaks Hagiography Database
(https://www.doaks.org/resear-
ch/byzantine/resources/hagiography/database/texts/75.html). Cfr. J.
Schäfer, s.v. Sabas der Jüngere, in Ökumenisches Heiligenlexikon –
https://www.
heiligenlexikon.de/BiographienS/Sabas_der_Juengere.html (ultimo
accesso: 4.11.2019).
44 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 71-96; 143-44.
188 Mauro agosto
dato da un discepolo di Saba, Luca Carvuni45, più a lungo e più
tenacemente salvò la tradizione greca46. Entrambe le Vite sono
opera di un insigne agiografo: Oreste, futuro patriarca melchita di
Gerusalemme dal 984 fino al 1005, anno della sua morte. Grande
protagonista della grande storia in quegli anni di fine millennio,
fratello di Arsenio, che fu Patriarca di Alessandria dal 17 giugno
del 1000, Oreste, oltre che monaco e patriarca, fu un finissimo di-
plomatico per conto della corte fatimide del Cairo, del cui califfo
Al-‘Azz47 fu cognato e diplomatico fiduciario. Per conto di questi
si recò come ambasciatore a Costantinopoli, dove forse morì48. In
rapporti personali con Saba e Macario, ancora monaco visitò il
Mezzogiorno d’Italia e, tra Calabria e Basilicata, conobbe Saba e i
suoi monaci49. Ebbe così anche modo di conoscere i luoghi
45 Per una breve biografia aggiornata cfr. J. Schäfer, s.v. Lukas
von Carbo- ne, in Ökumenisches Heiligenlexikon –
https://www.heiligenlexikon.de/Bio-
graphienL/Lukas_von_Carbone.html (ultimo accesso: 4.11.2019).
46 Un aggiornato inquadramento generale della storia del monastero
si tro- va nei contributi raccolti in C.D. Fonseca – A. Lerra (a
cura di), Il monastero di S. Elia di Carbone e il suo territorio
dal Medioevo all’Età Moderna. Nel millenario della morte di san
Luca abate. Atti del Convegno internazionale di studio promosso
dall’Università degli Studi di Basilicata in occasione del de-
cennale della sua istituzione (Potenza-Carbone, 26-27 giugno 1992),
Galatina 1996.
47 Su Oreste v. M. Gil, A History of Palestine, 634-1099, Cambridge
1997: 463-4.
48 La cronologia precisa relativa a Oreste, alle sue missioni
diplomatiche e al luogo della sua morte, non sono del tutto chiare.
Per una discussione puntua- le v. B. Krönung, Al-kim und die
Zerstörung der Grabeskirche, in T. Pratsch (a cura di), Konflikt
und Bewältigung: Die Zerstörung der Grabeskirche zu Jerusalem im
Jahre 1009, Millennium-Studien/Millennium Studies, vol. 32,
Berlin/Boston 2011: 143, n. 14.
49 Cfr. F. Burgarella, Chiese d’Oriente e d’Occidente alla vigilia
dell’anno Mille, in G. Arnaldi – G. Cavallo (a cura di), Europa
medievale e mondo bi- zantino. Contatti effettivi e possibilità di
studi comparati, Roma 1997: 201-7.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 189
della loro singolare esperienza monastica e di condensarla nelle
loro biografie che illustrano la coesione spirituale della famiglia
formata dai genitori Cristoforo e Calì, dai figli Saba e Macario:
tutti alla sequela del capofamiglia, fattosi monaco a San Filippo
d’Agìra, dedito poi all’eremitismo esicastico e imitato ben presto
da moglie e figli. Profughi dalla Sicilia islamica, essi fondarono
vari monasteri tra Calabria e Basilicata – dal fiume Lao al Sinni e
all’Agri, ossia nelle eparchie di Mercurio50, di Lagonegro51 e di
Latiniano52 – oltre che, probabilmente, a Vietri53, vicino a
Salerno.
Componendo sistematicamente le testimonianze sparsamente contenute
nei diversi monumenti agiografici si ricava l’immagine,
50 Cfr. A. Guillou, La Lucanie byzantine. Étude de géographie
historique, in Byzantion, 35, 1965: 137 (119-149); Burgarella,
L’eparchia di Mercurio cit.: 60-61. Tutte le principali ipotesi
precedenti sono sottoposte a critica da G. Roma, Rilettura di un
abusato tópos: il Mercurion, in R. Fiorillo – C. Lambert (a cura
di), Medioevo letto, scavato, rivalutato. Studi in onore di Paolo
Peduto, Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale-Università
degli Studi di Salerno, Firenze 2012: 125-136 (l’autore nega che
l’eparchia sia da identificarsi con un insediamento preciso,
dovendosi invece intendere come tutta la fascia fortificata che
attraversa la penisola dal Tirreno allo Io- nio passando per i
monasteri fortificati di Presinace, Murgie di S. Caterina, Sassone,
Sasso dei Greci, Casalini, Castellaccio).
51 G. Da Costa-Louillet, Saints de Sicile et d’Italie Méridionale
aux VIIIe, IXe et Xe siècles, in Byzantion 29-30, 1959-1960: 141
(89-173).
52 Ai confini tra Campania e Basilicata, nell’area appenninica
dell’alta val- le del fiume Sinni, l’eparchia monastica del
Latinianon abbracciava la valle del Tanagro (San Pietro, Polla,
Sant’Arsenio, San Rufo, Sant’Angelo a Fasanella, Ottati,
Castelcivita) e la valle dell’Agri (Brienza, Marsico, Tito,
Laurenzana, Viggiano, Corleto Perticara, Cersosimo, San Chirico
Raparo, Castelsaraceno, Episcopia, Calvello). La precisa
identificazione geografica di tale eparchia è stata, tuttavia,
oggetto di intenso dibattito storiografico. Utile sintesi e
interes- santi novità offre: A.R. Amarotta, Ipotesi sul gastaldato
Latiniano, in Atti della Accademia Pontaniana, n.s., 32, 1983:
201-226.
53 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 73. Ne discuterò
più ampia- mente infra.
190 Mauro agosto
chiara alla coscienza dei redattori, dell’ingente debito del primi-
tivo monachesimo italogreco di Basilicata nei confronti di quello
siculo. Dalla Sicilia, infatti, dal già menzionato monastero di San
Filippo d’Agìra provenivano i primi monaci, accomunati, oltre che
dal luogo d’origine, anche da pratiche ascetiche dalla spiccata co-
loritura locale, sebbene non in contrasto con la generale
spiritualità monastica bizantina54. Ci riferiamo, nello specifico,
alla pratica del- la nudità integrale, che appresa da san Fantino
il Giovane insieme, probabilmente, alla devozione per San Filippo
d’Agìra, fu da lui raccomandata ai suoi discepoli. San Fantino,
infatti, nella prima metà del X secolo, impressionato
dall’indicibile visione delle real- tà future, ai suoi confratelli
dell’eparchia di Mercurio consigliò di rinunciare a ogni possesso e
di partire da quei luoghi privi di qua- lunque veste55. Né questo
invito rimase inascoltato, non solo tra gli asceti greci del
Mezzogiorno d’Italia, ma anche sul Monte Athos, nonostante
l’iniziale sconcerto che nella comunità athonita suscitò Niceforo
l’Ignudo, il primo che, trasferitosi dalla Calabria alla San- ta
Montagna, vi portò la pratica appresa, probabilmente nell’en-
troterra di Scalea, dal suo maestro, san Fantino il Giovane56. Un
simile esercizio ascetico, peraltro, non rispondeva solo
all’esigenza di professare una povertà assoluta, come avverrà, per
esempio, con San Francesco d’Assisi, di cui narra Tommaso da
Celano: Cumque perductus esset coram episcopo, nec moras patitur
nec cunctatur de aliquo; immo nec verba exspectat nec facit, sed
continuo de- positis et proiectis omnibus vestimentis restituit ea
patri. Insuper et [nec] femoralia retinens totus coram omnibus
denudatur. […] /
54 Cfr. Burgarella, Tradizioni eremitiche orientali cit.: 43. 55 E.
Follieri, La Vita di san Fantino il Giovane. Introduzione, testo
greco,
traduzione, commentario e indici, Subsidia Hagiographica 77,
Bruxelles 1993: cap. 27, 430-1.
56 Cfr. E. Follieri, Niceforo ‘il nudo’ e una nota del codice
niliano Crypt. B.b.I, in Bollettino della Badia Greca di
Grottaferrata n.s. 39, 1985: 5-12.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 191
Ecce iam nudus cum nudo luctatur, et depositis omnibus quae sunt
mundi, solius divinae iustitiae memoratur. Studet iam sic propriam
contemnere vitam, omnem pro illa sollicitudinem deponendo, ut sibi
pauperi pax esset in obsessa via, et solus carnis paries ipsum a
divina visione interim separaret57. Per il monaco bizantino la
nudi- tà è piuttosto un tentativo di ritornare alla primigenia
condizione di Adamo, nudo prima del peccato originale e, al
contempo, imita la nudità del nuovo Adamo sulla croce, simbolo
insieme della propria vulnerabilità e della resistenza nella lotta
contro di essa58.
Campione di codesta pratica in Basilicata fu san Vitale da Ca-
stronovo, che l’associò alla dieta a base di erbe e acqua59 appresa
durante la permanenza sull’Etna, ove, da eremita, viveva in ade-
renza ai precetti osservati nel monastero di San Filippo d’Agìra.
Le sue giornate, secondo il biografo, trascorrevano tra monti e
boschi, in un vagare accompagnato dall’orazione continua e reso
aspro dalla nudità e dal digiuno. Il suo digiuno era talvolta
inter- rotto solo da un angelo che, secondo l’agiografo, gli recava
le spe-
57 Thomae de Celano, Vita prima sancti Francisci 15.1-2, 6-7, in E.
Mene- stò – S. Brufani – G. Cremascoli – E. Paoli – L. Pellegrini –
S. da Campagnola, Fontes Franciscani, Medioevo francescano. Testi,
2, Assisi 1995: I 289-90 (273-424).
58 S. Constantinou, Holy Actors and Actresses Fools and
Cross-Dressers as the Protagonists of Saints’ Lives, S. Efthymiadis
(a cura di), The Ashgate Research Companion to Byzantine
Hagiography: Volume II: Genres and Con- texts, Farnham 2014: 352
(344-362).
59 Vita auctore graeco cit.: *27-*28, § 8. Cfr. anche: A. Acconcia
Longo, Santi monaci italogreci alle origini del monastero di S.
Elia di Carbone, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata
n.s. 49/50, 1995/96: 145 (131- 149), versione riveduta e corretta
della relazione presentata con lo stesso titolo per C.D. Fonseca –
A. Lerra (a cura di), Il monastero di S. Elia di Car- bone e il suo
territorio dal medioevo all’Età moderna, Atti del convegno in-
ternazionale di studi Potenza-Carbone 26-27 giugno, Galatina 1996:
47-60.
192 Mauro agosto
cie eucaristiche per comunicarsi60. Le sue notti, invece, sfidavano
le acque gelide di un fiume nei pressi di Rapolla o di un lago poco
distante da San Chirico Raparo, in cui il santo s’immergeva fino al
mento. Pare, a questo proposito, che un laghetto (lago di San
Vitale) abbia da lui preso il nome a ricordo di tali
immersioni61.
Questi pochi spunti, tratti dalle Vitae, bastano già a traccia- re
identità e vocazione del monaco italogreco, cui i princìpi e le
consuetudini della spiritualità orientale additavano al contempo la
via dell’esperienza interiore, concentrata nella contemplazione e
nell’ascesi, e il rapporto assiduo con la realtà circostante, nel
lavoro e nella vita attiva, perfino difendendo con le armi (come
nel caso di Luca, fattosi guerriero) o con la diplomazia (come
Saba, pruden- te ambasciatore presso la corte romana degli Ottoni)
la vita delle persone gravitanti attorno al monastero62. Il lavoro
manuale, anzi, era d’obbligo: come vi era chi copiava
manoscritti63, così vi era chi con le sue mani costruiva o
restaurava chiese, coltivava campi64,
60 Vita auctore Graeco, cit,: *30EF. 61 Cfr. G. Musolino, Santi
eremiti italogreci: grotte e chiese rupestri in
Calabria, Soveria Mannelli 2002: 78. 62 Sulla realtà sociale
gravitante intorno ai monasteri v. F. Sogliani, con la
collaborazione di I. Marchetta, Il mondi rurale della Basilicata
nel Medioevo. La lettura archeologica della compagine insediativa,
delle modalità di con- trollo e sfruttamento territoriale e dei
sistemi socio-economici delle campagne tra X e XIII secolo, in
Archeologia Medievale, 37, 2010: 171-195.
63 Il principale centro scrittorio greco in Basilicata fu il
monastero di Car- bone, su cui cfr. M. Petta, Codici del Monastero
di S. Elia di Carbone conser- vati nella biblioteca dell’abbazia di
Grottaferrata, in Vetera Christianorum 9, 1972: 151-171. Id., I
manoscritti greci di S. Elia di Carbone, in Fonseca – Lerra (a cura
di), Il monastero di S. Elia di Carbone cit.: 97-110. Masini, Stato
della ricerca sui codici liturgico-musicali in Basilicata cit.:
312.
64 Cfr. N. Cilento, Insediamento demico e organizzazione monastica,
in Potere, società e popolo nell’età dei due Guglielmi, Atti delle
quarte Giorna- te normanno-sveve, Bari-Gioia del Colle, 8-10
ottobre 1977, Bari 1981: 179, (174-199): “il monaco Giona circa il
983 ha disboscato un vasto appezzamento
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 193
bonificava terre incolte o boschive65. Il rapporto col bosco, in
parti- colare, era costante, poiché da esso il monaco ricavava
cibo, legna da ardere, materiali da costruzione66 destinati sia a
opere ordinarie sia straordinarie, com’è il caso dello sbarramento
ligneo appronta- to da san Saba da Collesano per difendere le aree
circostanti dallo straripamento del fiume Sinni, come narra
l’agiografo67.
Tuttavia la rete delle presenze monastiche era più ampia di quella
nota grazie a questi testi agiografici, tanto più che i
rispet-
di terre e chiede a Kosma, igumeno del vicino monastero della
Théotokos del Rifugio, di metterle a coltura e questi provvede a
chiamarvi gli λεθεροι, dei contadini liberi, per lavorarle,
costituendo così nel 998 un comune fiscale, che il catapano
d’Italia iscrive nei registri riconoscendone la proprietà al mona-
stero”. Cfr. anche la discussione in cfr. anche R. Morris, Monks
and Laymen in Byzantium, 843-1118, Cambridge 2002: 118, 202. Il
catepano era Gregorio Tarchaneiotes (Morris cit.: 118) e la sua
decisione fu confermata, a distanza di vent’anni, dal successore,
Basilio Bioiannes al nuovo egumeno Nicola, con una carta greca
dell’aprile 1023, contro le pretese di tal Costantino Bentrosa e
suo nipote Floro. L’originale, un tempo custodito nell’archivio
diocesano di Tricari- co, è perduto, ma ne rimane una copia nel
cod. Vat. lat.7401, ff. 247r-249r. (Sulla vicenda e per la
riproduzione del documento v. A. Guillou – W.H. Holtzmann, Zwei
Katepansurkunden aus Tricarico, in Quellen und Forschungen aus
italie- nischen Archiven und Bibliotheken, 41, 1961: doc. 2, 20-28
[1-28]). Su Maria del Rifugio si rimanda a Lunardi – Houben –
Spinelli, Monasticon Italiae cit.: 199, n. 85.
65 Su ciò cfr.: S. Del Lungo, Topografia del monachesimo bizantino
nella media ed alta val d’Agri tra X ed XI secolo, in S. Del Lungo
– M. Lazzari – C. Sabia (a cura di), Nicola Villone. Armento.
Origine, etimologia, istoria, ar- cheologia, numismatica,
costituzione topografica e corografica, Villa d’Agri 2014: 263-265
(243-352).
66 Alla cultura materiale del soggetto storico di nostro interesse
è dedicato il sito internet “Cultura materiale del monachesimo
italo-greco medievale – Master TECAM”
(http://www.monachesimoitalogreco.it).
67 Cozza-Luzi, Historia et Laudes cit.: 23-24, § 13. Cfr. A. Luzzi,
Bosco, coltivazione e allevamento nelle Vite dei santi monaci
italogreci (secc. IX-XII), in Burgarella e Ieraci Bio (a cura di),
La cultura scientifica e tecnica nell’Italia meridionale bizantina
cit., p. 150 (137-154).
194 Mauro agosto
tivi protagonisti contavano discepoli ed emuli, fondatori a loro
volta di istituzioni più o meno minute. Tale era, pare di capire,
il caso di quel Beniamino, monaco e fondatore del monastero di San
Basilio detto appunto di Beniamino, situato presso Teana. Postosi
alla sequela di san Saba, costui gli lasciò il monastero, aggregato
perciò a quello di San Lorenzo già appartenente al santo. San
Basilio di Beniamino fu assegnato, quindi, a Cosma, identificabile
con un altro discepolo del medesimo santo, se non col compagno che
lo aveva seguito fino a Vietri. E nel 1006-1007 Cosma lo lasciò, a
sua volta, a due monaci forse del monastero di San Filippo68.
Qui ci soccorre un ben noto documento cavense, una charta
traditionis del gennaio 986, dalla quale apprendiamo che la chie-
sa di San Giovanni secus mare di Vietri con tutte le sue perti-
nenze veniva data in concessione a due monaci greci: l’egumeno Saba
e il prete Cosma, i quali ne prendevano possesso portando con sé
alcuni codici liturgici, “totum (sic!) scriptos manibus ex genere
Graecorum”69. Non ci sono serie ragioni per dubitare che l’uno
fosse il santo originario di Collesano e l’altro un suo disce-
polo, ugualmente ricordato dall’agiografo Oreste, o piuttosto il
futuro egumeno del monastero lucano di San Lorenzo di Benia- mino.
Né c’è motivo di metterlo in dubbio, vista la contempora- neità tra
l’arrivo dei monaci da Lagonegro e il documento caven- se,
considerando inoltre e soprattutto la complementarità tra le poche
informazioni da esso offerte con quelle esigue trasmesse
dall’agiografo. Nella seconda metà del X secolo, l’ascendente
68 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 68-9. 69 M.
Morcaldi – M. Schiano – S. De Stefano (a cura di), Codex
Diplo-
maticus Cavensis, II, Mediolani – Pisis – Neapoli 1875-93: 233-4.
Con- sultabile in rete
http://www.alim.dfll.univr.it/Notarili/alimnot.nsf/(TestiPI-
D)/56F5C425F454298BC1257332002FCA20!opendocument (ultimo accesso:
30.10.2019).
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 195
di san Saba era al massimo e si estendeva dal campo spirituale a
quello politico. In quegli anni segnati dal tentativo di annessio-
ne del Mezzogiorno bizantino da parte di Ottone II (973-983) e
della consorte, l’imperatrice Teofanò, greca di nascita e cultura,
l’asceta siculogreco fu chiamato a svolgere delicatissime mis-
sioni diplomatiche. Fu dalle autorità bizantine, dallo στρατηγς
Romano, inviato, nel 981-982, presso Ottone II perché lo dissua-
desse dalla spedizione meridionale (cap. 22 della Vita) e proba-
bilmente svolse opera di mediatore anche presso Ottone III (983-
1002), giacché due personaggi, figli rispettivamente del principe
di Salerno (cap. 46) e del patrizio di Amalfi (capp. 47-9), ostaggi
di Ottone II, per i quali il santo chiese la liberazione, è noto
che furono rilasciati da Teofanò solo dopo la morte del consorte70.
In seguito a tali vicende, san Saba, a quanto sembra, predilesse
Amalfi e Salerno, spostandovisi con alcuni monaci. Prima risie-
dette ad Atrani, non lontano da Amalfi, poi a Vietri, nei pressi di
Salerno, ove prese dimora con alcuni monaci e donde si mosse alla
volta di Roma per compiervi altre missioni diplomatiche71. In ogni
caso, questi spostamenti rientrano chiaramente nella ge- opolitica
dell’epoca, dato che “les autorités byzantines tentaient en effet,
depuis la fin du IXe siècle, d’affirmer l’autorité de Con-
stantinople sur la Campanie et ont soutenu, dans les années
980,
70 Cfr. G. Vitolo, Les monastères grecs de l’Italie méridionale, in
J.-L. Le- maître – M.V. Dmitriev – P. Gonneau (a cura di), Moines
et monastères dans les sociétés de rite grec et latin, École
Pratique des Hautes Études, Sciences Historiques et Philologiques 5
/ 76, Genève 1996: 104 (99-113); E. Follieri, I santi dell’Italia
greca, in A. Jacob – J.-M. Martin – G. Noyé (a cura di), His- toire
et culture dans l’Italie byzantine: acquis et nouvelles recherches,
Rome 2006 (Collection de l’École Française de Rome, 363): 110-1
(95-126).
71 Sui rapporti tra monachesimo italogreco e potere politico, cfr.
E. Tounta “Saints, rulers and communities in Southern Italy: the
Vitae of the Italo-Greek saints (tenth to eleventh centuries) and
their audiences”, in Journal of Medie- val History, 42:4, 2016:
429-455.
196 Mauro agosto
la principauté de Salerne et le duc d’Amalfi dans leur résistance à
Otton II”72.
Quella di Saba e dei suoi discepoli era, in ogni caso, una pre-
senza monacale greca non certo unica in ambito salernitano, ma
particolarmente significativa perché all’illustre taumaturgo face-
va capo una rete di monasteri disseminati dalla Calabria alla Ba-
silicata fino alle porte di Salerno. E loro superiore punto di
riferi- mento diventava ora, in virtù della presenza del santo
fondatore, il monastero che con buone ragioni possiamo considerare
gravi- tante attorno alla chiesa di San Giovanni secus mare di
Vietri.
Tale esperienza illustra, oltretutto, molto chiaramente i carat-
teri salienti di una precisa esperienza monastica, quella lucana,
distinta da fortissima coesione familiare e con trasmissione pri-
vatistica dei beni e perfino dell’egumenato ai discendenti diretti
o agli eredi. Questa realistica duttilità dei suoi moduli
organizzativi lo rendeva compatibile con le esigenze di contadini e
piccoli pro- prietari desiderosi di abbracciare lo stato monacale
senza perdere i diritti di patronato o di possesso su chiese,
monasteri e beni. Quasi in deroga alle norme civili ed
ecclesiastiche, era consentito ai monaci il possesso di beni: si
trattava, in fondo, di un accorgi- mento rivelatosi atto a dare
stabilità e persistenza alle istituzioni, a prevenirne il
dissolvimento che spesso si verificava una volta venuto meno il
carisma del fondatore. Altrettanto avveniva in Ca- labria,
specialmente nella complementare area lungo il confine lucano. Né
una simile formula era ignota in altre parti del mondo bizantino,
come risulta in particolare per il Monte Athos73.
72 R. Benoit-Meggenis, L’empereur et le moine: Les relations du
pouvoir impérial avec les monastères à Byzance (IXe-XIIIe siècle),
Lyon 2017: 114.
73 V. il ricco contributo di A. Failler, Le monachisme byzantin aux
XIe-XIIe siècles. Aspects sociaux et économiques, in Actes des
congrès de la Société des historiens médiévistes de l’enseignement
supérieur public, 5e congrès, Saint- Etienne, 1974. Aspects de la
vie conventuelle aux XIe-XIIe siècles: 171-188.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 197
Un esempio molto significativo al riguardo risale al 16 genna- io
del 105074. Il defunto egumeno di Santa Maria di Cersosimo,
Teodoro, lasciò per testamento l’egumenato, il monastero e i re-
lativi beni a Teofilatto, che era anche prete; ma questi poté inse-
diarsi solo dopo la rinuncia ufficiale alla successione da parte
del fratello dello scomparso, Luca. Questi, nella chiesa
“archimandri- tale” di San Nicola e al cospetto del clero e dei
notabili ivi con- venuti, dichiarava, giusto alla vigilia dello
Scisma d’Oriente e a conquista normanna già avviata, una
professione di fede ortodos- sa e di lealtà al patriarca
costantinopolitano Michele Cerulario, al βασιλες, Costantino IX
Monomaco (1042-1055), e al vescovo di Tursi, Michele. Spiegava poi
la propria inabilità di anziano a succedere al fratello e ne
riconosceva erede il nuovo egumeno, che era tenuto a sostentarlo
secondo le clausole testamentarie75.
Carbone. - In una rete di istituzioni monastiche rurali e fami-
liari non dissimile da quella sopra descritta si inseriva il
notissi- mo monastero di Carbone76, il cui fondatore ed eponimo,
Luca Carvuni (*? – dopo il 1005), che nulla autorizza a
identificare con Luca d’Armento77, fu – come abbiamo accennato –
discepo- lo spirituale di san Saba e da lui ricevette l’abito
monastico. La maggior fonte d’informazione è offerta dalle
pergamene del mo- nastero stesso, conservate nell’archivio privato
Doria-Pamphili,
Cfr. anche R. Morris, Monks and Laymen in Byzantium, 843-1118,
Cambridge 2002: 200-239 (cap. VIII “Territorial expansion and
spiritual compromise”).
74 F. Trinchera, Syllabus graecarum membranarum, Neapoli 1865 XXX-
VIII, 45-47 (disponibile in rete:
https://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/
object/display/bsb10052559_00081.html?zoom=0.5&numScans=2).
75 Cfr. Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 66. 76 V. von
Falkenhausen, Il monastero dei SS. Anastasio ed Elia in epoca
bizantina e normanna, in Fonseca – Lerra (a cura di), Il monastero
di S. Elia di Carbone cit.: 61-87.
77 Cfr. Acconcia Longo, santi italogreci cit.: 138.
198 Mauro agosto
dove furono trasferite da Giovan Battista Pamphili (futuro papa
Innocenzo X), dal 1630 abate commendatario del monastero e
protettore dell’ordine basiliano78.
Il monastero lucano denominato originariamente di Sant’Ana- stasio,
destinato a diventare di Sant’Elia Profeta, appare per la pri- ma
volta solo in un documento di donazione risalente al 105679, ma la
sua fondazione è probabilmente della seconda metà del X secolo,
ossia concomitante col periodo di massimo fulgore spirituale e
poli- tico della figura di san Saba. In lui, dunque, e poi nel suo
successore Macario, stabilitisi in ambiente salernitano, il
monastero di Car- bone dovette avere il primitivo punto di
riferimento gerarchico. I principali lineamenti storici sono
riassunti da Luca II, egumeno del monastero, che nel 1059, prima di
partire per l’Oriente, “dispone dell’amministrazione del monastero
durante la sua assenza e fa una breve storia, purtroppo molto
sommaria […]. Il monastero, racconta Luca II, fu fondato dal santo
e glorioso Luca, soprannominato Car- vuni, Carbone, il quale aveva
ricevuto l’abito monastico dal grande Saba80. Suoi successori
furono l’abate presbitero Biagio, Menas, fatto prigioniero dai
Saraceni, in un anno imprecisato, Teofanio, in religione Teodulo,
fratello di Menas, e appunto lo stesso croni- sta, Luca II, quinto
abate, pellegrino a Gerusalemme nel 105981,
78 L’edizione delle pergamene di Carbone si deve a G. Robinson,
History and Cartulary of the Greek Monastery of S. Anastasius and
S. Elias of Car- bone, Rome, I, History, 1928 (Orientalia
Christiana, XI/44: 271-352); II (in 2 voll., Cartulary, 1929 e 1930
(Orientalia Christiana, XV/53: 121-276 e XIX/62: 5-200).
79 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 1 (=
Orientalia Chris- tiana, XV): 163-5.
80 Cfr. Acconcia Longo, Santi italogreci cit.: 138. 81 Cfr. A.
Giullou, L’Italia bizantina dalla caduta di Ravenna
all’arrivo
dei Normanni, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, III,
Torino 1983: 56. F. Vanni, Itinerari, motivazioni e status dei
pellegrini pregiubilari: riflessioni e ipotesi alla luce di fonti e
testimonianze intorno al Meridione d’Italia, in M.
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 199
cui successe Biagio II82. Stando a quanto è possibile dedurre dai
documenti, Luca II e i suoi successori furono gli artefici della
cre- scita spirituale e materiale83 del monastero, sebbene la
transizio- ne dai Bizantini ai Normanni e il rapido processo di
latinizzazio- ne fossero intervenuti a limitarne gli ambiti
territoriali e sociali in cui il monastero operava84. Di fatto, le
notizie pervenuteci su varie chiese e monasteri greci della
Calabria e della Basilicata compon- gono un quadro di pressoché
generale rovina e incuria negli anni a cavallo fra la dissoluzione
del diretto dominio politico di Bisanzio e il consolidamento della
conquista normanna. La transizione fu rovinosa al punto che qualche
monastero, precisamente quello di Sant’Andrea di Calvera, per il
suo stato di desolazione dai legittimi proprietari fu donato alla
Badia di Cava nel 1052-5385. II monastero di S. Maria di Cersosimo,
altro esempio, fu offerto da Ugo di Chia-
Oldoni (a cura di), Tra Roma e Gerusalemme nel Medioevo, Paesaggi
uma- ni ed ambientali del pellegrinaggio medievale, t. I, Salerno,
Laveglia editore 2005: 109 (71-156). P. Oldfield, Sanctity and
Pilgrimage in Medieval Southern Italy, 1000-1200, Cambridge 2014:
270.
82 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 1 (=
Orientalia Chris- tiana, XV): 163-5 e 166-70.
83 Cospicuo l’elenco dei beni acquistati dall’ormai prestigioso
monastero sotto Luca II, come apprendiamo da cfr. Robinson, History
and Cartulary cit.: II vol. 1 (= Orientalia Christiana, XV): 167-8,
ll. 24-28.
84 S. Caruso, Politica gregoriana, latinizzazione della religiosità
bizantina in Italia meridionale, isole di resistenza greca nel
mezzogiorno d’Italia tra XI e XII secolo, in Settimane di studio
della fondazione C.I.S.A.M. Cristianità d’Occidente e cristianità
d’Oriente (secoli VI-XI) (24-30 aprile 2003) tomo I, Spoleto 2004,
pp. 463-547.
85 Trinchera, Syllabus cit.: XL, 49-51. È molto probabile che a
questo mo- nastero si riferisca un documento che attesta nel 1071
la concessione del diritto di continuare a praticare il rito greco
(cfr. H. Houben, Basilicata in Monasticon Italiae III Puglia e
Basilicata, a cura di G. Lunardi – H. Houben – G. Spinelli, Cesena
1986: 179 n. 11).
(https://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/
display/bsb10052559_00085.html).
200 Mauro agosto
romonte all’abbazia cavense il 21 novembre 108886 e rapidamen- te
si latinizzò, almeno a giudicare dal nome del suo abate Ursone de
lu Cilentu (1123)87. Anche il monastero di Carbone soggiacque per
un periodo allo stato di abbandono, ma ne uscì vittoriosamen- te
grazie all’attività di ricostruzione intrapresa dall’egumeno Luca
prima del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Egli, infatti,
reintegrò le file esauste dei monaci con nuovi elementi e fece
costruire un monastero e una chiesa dedicata a San Michele
Arcangelo grazie al contributo degli abitanti di Battifarano, o
Castronuovo, tutti quanti solidali dai notabili al clero al popolo
minuto88. Ne proseguì l’opera il fratello e successore, Biagio,
dalla tradizione posteriore presen- tato come il vero fondatore del
monastero; e ciò perché gli riuscì di collegarlo con i nuovi
signori feudali, specialmente con i Clermont/ Chiaromonte, e di
consolidarlo con la loro munifica protezione89.
86 Archivio dell’Abbazia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, XIV
99. 87 Cfr. B. Visentin, Fondazioni Cavensi nell’Italia meridionale
(secoli XI-
XV), Salerno 2012: 285 (su S. Maria di Cersosimo: 263-276). Cfr.
anche L. Mattei-Cerasoli, La badia di Cava e i monasteri greci
della Calabria supe- riore, in Archivio storico per la Calabria e
la Lucania 8, 1938: 265-285 e 9, 1939: 279-314.
88 Borsari, Il monachesimo bizantino cit.: 67-8. 89 Cfr. A. Di
Lorenzo – J.-M. Martin – A. Peters-Custot, Le monastère
de S. Elia di Carbone, ses archives et l’histoire de la Basilicate
médié- vale, in Mélanges de l’École française de Rome – Moyen Âge,
128-2: 13 (in rete:
https://journals.openedition.org/mefrm/3318#text): “Sous l’abba-
tiat de Blaise, frère de l’higoumène Luc, qui prit la direction du
monastère en 1058/59, les Normands avaient déjà soumis presque
toute la Basilicate. Après la conquête, dans le cadre de la
politique de restauration des fonda- tions et d’augmentation des
ressources des grands centres monastiques sui- vie par les
souverains, d’après un acte édité par Holtzmann, l’abbé grec du
monastère de Carbone cherche la protection des nouveaux seigneurs
en la personne d’un représentant des familles puissantes de la
région, Hugues de Chiaromonte”. Il riferimento è a W. Holtzmann, “
Papst-, Kaiser- und Nor- mannenurkunden aus Unteritalien. V. S.
Elia di Carbone”, in Quellen und
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 201
La rinascita proseguì con Nilo, proveniente dal Patìr di Rossano,
egumeno nella prima metà del XII secolo, grazie alle donazioni
ricevute relative al ponte sull’Agri detto di Policoro con
l’annessa chiesa di Santa Maria e la chiesa di Santa Maria di
Scanzano, sita alla foce del fiume Cavone90. Come riassume
ottimamente il Batif- fol, Nilo
a pour successeurs les abbés Hilarion, Euthymius, Luc, Cy- rille,
Barthélémy, Hilarion II: c’est la belle époque de l’abbaye, comme
en fait foi son cartulaire. J’y relève la charte (1145) par
laquelle l’abbé obtient justice contre le «catapan de la vallée du
Sinni»; la charte (1159) par laquelle l’abbé obtient gain de cause
contre l’évêque de Marsico par-devant l’archevêque de Palerme et
l’abbé de La Cava; la charte (1167) par laquelle l’abbé est chargé
par le roi Guillaume II «de la réforme des monastères de Calabre,
de Pouille, de Sicile, et de la province de Salerne jusqu’au Lao»;
la charte (1172) par laquelle l’ab- bé obtient gain de cause
par-devant le roi Guillaume II, contre l’évêque d’Anglona; la
charte (1173) par laquelle l’archevêque de Bari reconnaît à
l’abbaye la propriété de l’église de Saint-Si- méon sise à Bari et
donnée par Robert / Guiscard. Les faveurs de la cour normande, non
plus que celles de la cour souabe, ne manqueront pas à l’abbaye:
tous les princes normands figurent dans son cartulaire ou dans ses
diptyques à titre de bienfaiteurs insignes: Robert Guiscard,
Boëmond, le roi Roger, les deux Guillaume, Tancrède, ajoutons
Constance et Frédéric II. Car- bone paraît avoir incorporé à sa
mense toutes les propriétés ba- siliennes de Basilicate et au delà:
les monastères de Sainte-Ma-
Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 36, 1956,
n° 1 (34-85).
90 Cfr. Visentin, Fondazioni Cavensi cit.: 267, n. 63.
202 Mauro agosto
rie à Scanzano, de Saint-Nicolas à Pertoso, de Saint-Nicolas à
Senise, de Saint- André à Rotondo, de SS. Philippe et Jacques à
San-Chirico, de Saint-Michel à Castronuovo, de Santi-Quaranta et de
Sainte-Marie de Schiavoni à Cerchiara, de Saint-Barthé- lemy à
Tarente, de Saint-Michel à Raparo, de Saint-Philippe à Teana, etc.,
les églises de SS. Philippe et Jacques à Sarcori, de Saint-Philippe
de Palatiis à Senise, de Saint-Philippe de Benia- mino à Teana, de
Saint-Siméon à Bari, de Saint-Pierre Guarino à Policoro, etc. La
prospérité de notre riche abbaye se maintient jusque vers le milieu
du XIIIe siècle91.
Fu così che, rivelatosi idoneo a raccogliere l’eredità di Saba, il
monastero di Carbone si sostituì come centro gerarchico alle
fondazioni salernitane (e forse di Vietri), in rapido declino dopo
la scomparsa di Macario.
Non è noto se Oreste avesse avuto modo di visitare o alme- no
conoscere il monastero lucano di Carbone. Certo da quel mo- nastero
proviene il codice Vaticano greco 207292 contenente le biografie di
Saba (ff. 1r-56r), Cristoforo e Macario (ff. 56v-67v), scritte dal
futuro patriarca, oltre alle ufficiature liturgiche per le loro
commemorazioni (ff. 68r-87v). Pare, comunque, sicuro che i monaci
del monastero non ne avessero dimenticato la figura, dato che
proprio da quel codice apprendiamo che Oreste fu patriarca di
Gerusalemme. Quel che è certo è che proprio grazie a tale codice
“si può ragionevolmente pensare che i monaci di Carbone si sen-
tissero legati soprattutto alla figura di Saba, e che soltanto la
fretta di studiosi successivi, desiderosi di dare comunque dei
connotati
91 P. Batiffol, L’abbaye de Rossano. Contribution à l’histoire de
la Vati- cane, Paris 1891: 11-2.
92 Minuziosa descrizione del codice in S. Lucà – A. Vena, Resti di
un co- dice grammaticale greco ad Acerenza, in Basilicata, in Να
μη. Rivista di ricerche bizantinistiche, 11, 2014: 140, n. 57
(121-144).
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 203
storici al personaggio fondatore, abbiano portato a dimenticare, o
almeno a trascurare, questa discendenza spirituale da Saba di
Collesano”93.
Al culmine della rinascita, negli anni 1120-1, il monastero finora
di Sant’Anastasio aggiunge il titolo di Sant’Elia, desti- nato a
prevalere, e l’egumeno Nilo “non manca di sfruttare in chiave
politica la ricostruzione, confermando la nuova intitola- zione del
cenobio, sostituendo ai rapporti fino ad allora coltivati dai suoi
predecessori con la famiglia dei baroni locali, contatti diretti
con Boemondo, signore feudale dei Chiaromonte, e av- viando il
monastero ad una florida espansione”94. A conferma di questa
floridezza, fu istituito, forse da Ruggero II, un archi- mandritato
sul modello di quello del San Salvatore in lingua phari di
Messina95, dal quale dipendevano numerosi monasteri greci in
Sicilia e in Calabria. Luca nel 115496 fu il primo egume- no a
fregiarsi del nuovo titolo di archimandrita97, connesso con
93 Acconcia Longo, Santi monaci italogreci cit.: 142-3. 94 Cfr.
Visentin, Fondazioni Cavensi cit.: 267. 95 Cfr. M.B. Foti, Il
monastero del S.mo Salvatore in Lingua Phari, Messi-
na, s.n. 1989; V. von Falkenhausen, L’Archimandritato del S.
Salvatore in lin- gua phari di Messina e il monachesimo italo-greco
nel regno normanno-svevo (secoli XI-XIII), in G. Fallico – A –
Sparti – U. Balistreri, Messina. Il ritorno della memoria. Mostra
sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana On.
Oscar Luigi Scalfaro e di S.M. il Re di Spagna Don Juan Carlos I.
Messina, Palazzo Zanca - 1 marzo / 28 aprile 1994, Palermo 1994:
65-79.
96 Ed.: P.E. Santoro, Historia monasterii carbonensis, Romae, apud
Gul- lielmum Faciottum 1601: 67-8. Cfr. anche: K.A. Kehr, Die
Urkunden der nor- mannisch-sicilischen Könige. Eine diplomatische
Untersuchung, Innsbruck 1902: 166, n. 4; G. Breccia, Archivum
Basilianum. Pietro Menniti e il destino degli archivi monastici
italo-greci, in Quellen und Forschungen aus italieni- schen
Archiven und Bibliotheken, 71, 1991: 33, n. 60 (14-105).
97 Per un inquadramento del termine nella storia del diritto
canonico orien- tale, cfr. G. Agosti, Alcune brevi note sulla
figura ed il ruolo dell’archimandri- ta, in Iura Orientalia 8,
2012: 1-11.
204 Mauro agosto
il controllo di diversi altri monasteri. Un privilegio bilingue,
perché emanato anche in latino nel gennaio 1168 da Guglielmo II, re
di Sicilia, per Bartolomeo, neoarchimandrita di Carbone, confermò
il titolo98, ampliandone la preminenza su tutti super- stiti
monasteri greci della regione. Ciò si iscriveva nella politi- ca
normanna volta a rivitalizzare le sparse presenze monastiche greche
– ancora maggioritarie tra Sicilia e Calabria, minorita- rie invece
in Basilicata – sotto l’egida dei principali monasteri, fra i
quali, oltre ai due di rango archimandritale, San Giovanni Θεριστς
di Stilo e Santa Maria la Nuova Odigitria di Rossano. All’origine
di tale riforma vi era l’intento di instaurare un più diretto
controllo regio sulle varie comunità di monaci greci, vin- colate a
una dipendenza giurisdizionale e non soltanto spirituale o
patrimoniale al monastero o all’archimandritato di riferimen- to.
Tuttavia il privilegio bilingue del gennaio 1168 rivela anche
intenti di integrale ripristino della tradizione monacale basiliana
e di restaurazione della vita spirituale di monaci girovaghi e in-
dolenti, in generale poco versati nella lingua e nel rito greco. Di
fatto, appena un secolo dopo la fine della dominazione bizanti- na,
parte dei monaci era di lingua latina, pur professando una regola
ispirata ai precetti di San Basilio e alla tradizione mona- stica
italogreca. Forse anche ciò fu uno dei fattori per cui, nel luglio
del 1181, il vescovo di Anglona, erede del presule greco di Tursi,
rinunciando ai propri diritti sottomise Carbone all’ar- civescovo
abate di Monreale, titolare di una sede eminentemen- te regia99.
Potremmo immaginare che vi fosse anche l’intento
98 Cfr. Robinson, History and Cartulary cit.: II vol. 2 (=
Orientalia Chris- tiana, XIX): 68-73 (doc. n. XLVI); Holtzmann,
Papst-, Kaiser- und Norman- nenurkunden cit.: 67-9 (doc. n.
8).
99 Diploma di Roboan, vescovo di Anglona, Palermo 1181, luglio, XIV
ind., tràdito in Vat. lat. 3880 (41v-42r) disponibile in rete:
https://digi.vatlib.it/ view/MSS_Vat.lat.3880 (= Tabulario della
Chiesa di S. Maria Nuova di Mon-
Insediamenti monastici bizantini in Basilicata: tra storia e
agiografia 205
di un ideale ritorno alle origini, segnate dalla preminenza cari-
smatica del santo fondatore e dei suoi immediati successori su una
pluralità di asceteri e monasteri. Certamente ne conseguiva,
specialmente per Carbone, l’omologazione del superstite mona-
chesimo greco a una congregazione intesa alla maniera latina, cui
si aggiungeva una pressoché completa uniformità cenobitica delle
dipendenze dell’archimandritato a dispetto dell’originaria varietà
delle forme spirituali e organizzative. L’importanza del monastero
di Carbone, tuttavia, riuscì a rallentarne il declino ri- spetto ad
altre realtà minori. All’incirca, infatti, nello stesso pe- riodo
(1194) in cui, come abbiamo già documentato, il vescovo di
Tricarico Roberto commissionava la traduzione latina delle Vitae di
san Vitale da Castronuovo, di san Luca da Demenna o di Armento e di
san Leone Luca da Corleone, a uso non esclusivo di vescovi e fedeli
di rito latino, ma anche degli stessi monaci dei monasteri che di
quei santi perpetuavano culto e memoria, a Carbone si producevano
importanti codici, come l’eucologio Vat. gr. 2005100, testimoni del
perpetuarsi di tradizione e lingua greca grazie ad apporti esterni,
calabresi prima, poi salentini. Rallentamento, però, non significa
assenza di declino101. Anzi, molti indizi suggeriscono non troppo
oscuramente che già nella seconda metà del XII secolo vi erano
condizioni anticipatrici di quelle descritte, tre secoli dopo, dal
cardinal Bessarione102.
reale: 103). Per un inquadramento storico v. G. Loud, The Latin
Church in Norman Italy, Cambridge 2007: 335.
100 Lucà – Vena, Resti di un codice grammaticale cit.: 140, n. 57.
101 Ancora nel XIV secolo il monastero era potente, almeno
economica-
mente, come dimostra A. Pters-Custot, Le monastère de Carbone au
début du XIVe siècle, in Mélanges de l’École française de Rome -
Moyen Âge (MEFRM) 114-2, 2002: 1045-1066.
102 A. Peters-Custot, Bessarion et le monachisme italo-grec:
l’Orient en Italie du Sud?, in Cahiers d’études italiennes 25,
2017: 1-21.
206 Mauro agosto
Egli dispose per il 1457-8 la visita di tutti i monasteri greci del
Mezzogiorno peninsulare commissionata ad Atanasio Chalce-
opulos103, già monaco athonita di origine costantinopolitana e
all’epoca archimandrita del Patìr di Rossano. Al visitatore, ac-
compagnato da Macario, archimandrita di San Bartolomeo di Trigona,
nel corso dell’ispezione condotta a Carbone, nel marzo del 1458,
non restò che prendere atto del degrado morale dei po- chi monaci
presenti e inventariare libri e oggetti liturgici, ormai mute
reliquie di un illustre passato.