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11 MELE IN ITALIA MAURO BERGAMASCHI, GIANLUCA BARUZZI AGRICOLTURA OGGI MELE IN ITALIA L’Italia è uno dei grandi produttori mondiali di mele distinguendosi per qualità, salubrità e bellezza dei territori di coltivazione. In Alto Adige si concentra quasi il 50% della produzione italiana, in Trentino oltre il 20%, seguono Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Campania e Lombardia. Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi

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    AgricolturA oggi

    MElE iN itAliAL’Italia è uno dei grandi produttori mondiali di mele

    distinguendosi per qualità, salubrità e bellezza dei territori di coltivazione. In Alto Adige si concentra quasi il 50% della

    produzione italiana, in Trentino oltre il 20%, seguono Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Campania e Lombardia.

    Mauro Bergamaschi, gianluca Baruzzi

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    Meleti in Val Venosta

    Il melo è stato probabilmente il primo albe-ro da frutto ad essere coltivato dall’uomo e, fra la frutta non di origine tropicale, è la spe-cie più diffusa nel mondo. Coltivato in tutte le zone temperate del pianeta, la produzione mondiale è in crescita costante. Il Paese prin-cipale produttore è la Cina, con quasi il 50% della intera produzione melicola mondiale. L’Italia ha sempre mantenuto un ruolo molto importante, risultando fra i primi produttori al mondo, con rese unitarie fra le più elevate: oltre il doppio della media mondiale. In Eu-ropa, solo la Polonia produce quantitativi di mele superiori a quelli italiani, ma con quali-tà sensibilmente inferiore.

    SVILUPPO DELLA MELICOLTURAIN ITALIAIn Italia fino a tutto il secolo IX la melicol-tura, come tutta la frutticoltura, ha rivestito poca importanza al di fuori di un contesto locale; prevalentemente di carattere collina-re, la produzione risultava molto marginale, basata su criteri e tecniche antiquate, tanto da ridursi spesso più che ad una coltivazione quasi ad una raccolta di frutti spontanei. La diffusione dei meli era comunque molto este-sa, e ne è testimonianza la frequenza con cui si riscontra in Italia il toponimo “Meleto”, o il fatto che non vi sia praticamente zona d’Italia che non possa vantare la presenza di qualche

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  • varietà autoctona. Sono inoltre numerose de-cine le varietà di mele comprese nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradi-zionali (curato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali), coprendo ogni area del Paese.Per una melicoltura più avanzata si è dovu-to attendere l’inizio del XX secolo, quando si è assistito allo sviluppo di una melicoltu-ra “specializzata”, che si è estesa inizialmente nelle zone di pianura dell’Emilia-Romagna e del Veneto, e che in breve ha avuto un rapi-do sviluppo: in pochi anni, dall’immediato dopoguerra fino ai primi anni ‘60, la produ-zione, da poco più di 500.000 t, è infatti più che quadruplicata. Nei primi anni ’60 le pro-duzioni della pianura padano-veneta rappre-sentavano oltre il 60% di quella nazionale. Da quegli anni è però iniziato in queste regioni un costante e continuo ridimensionamento

    che ha portato ad una forte riduzione della produzione di mele “di pianura”. Contempo-raneamente si sono sviluppate nuove zone di coltivazione montane, in particolare il Tren-tino-Alto Adige ha avuto un forte incremen-to conquistando consistenti spazi di mercato.L’evoluzione della melicoltura è stata favori-ta da miglioramenti della tecnica agronomi-ca. L’introduzione di portinnesti nanificanti in grado di ridurre la vigoria della pianta ha rivoluzionato la tecnica colturale, con la con-seguenza che da poche decine di piante ad ettaro di metà del ‘900, oggi si arriva ad una densità di alcune migliaia di alberi. Il melo ha saputo anche integrarsi ed interagire con l’ambiente, incidendo marcatamente nel pae-saggio agrario italiano. La visione della Val di Non (o della Val Venosta, o di altre splendide vallate alpine) nel periodo di fioritura delle mele, resta uno spettacolo indimenticabile.

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    Castel Juval in Val Venosta, residenza estiva di Reinhold Messner, custodisce una collezione di arte tibetana

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    Castel Juval

    Castel Tirolo, sede del museo storico-culturale dell’Alto Adige

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    Meleti in Val di Non

    EVOLUZIONE VARIETALE,VALORIZZAZIONELa mutazione geografica delle zone di pro-duzione ha portato significativi cambiamenti dello standard varietale. Golden Delicious, molto coltivata in montagna dove si avvan-taggia delle più fresche condizioni climati-che, è la varietà dominante mentre lentamen-te, ma inesorabilmente, è iniziato il declino dei due più importanti gruppi di varietà di pianura: Imperatore-Rome Beauty e Red De-licious. Accanto a Golden Delicious, Red Delicious e Imperatore, che hanno per un lungo perio-

    do rappresentato oltre i tre quarti dell’intera produzione nazionale, negli ultimi anni sono emerse nuove varietà che stanno rinnovan-do la moderna melicoltura a livello mondia-le. Attualmente, infatti, quasi un terzo della produzione è ottenuta da varietà (o, meglio, gruppi varietali, in quanto le originali varietà sono state affiancate da nuovi cloni che so-litamente ne conservano le qualità organo-lettiche migliorandone alcune caratteristiche legate spesso all’aspetto) comparse nel pa-norama varietale da meno di 25 anni: Gala, Fuji, Braeburn e, più recentemente, Pink Lady.

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    Pink Lady

    Golden Delicious

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    La qualità dei frutti risulta fortemente in-fluenzata dall’ambiente di coltivazione, e si è cercato con opportune azioni di promozione di sottolineare i benefici che gli ambienti di coltivazione più vocati apportano alla mela. Oggi si è tutti d’accordo che la collina e la montagna ne esaltano le qualità: le mele pro-dotte in queste zone risultano generalmente più consistenti, più colorate, più conservabili rispetto a quelle di pianura. Oltre che ad avvalersi di condizioni ambientali

    particolarmente favorevoli, la produzione “di montagna” è stata opportunamente valorizzata con l’adozione di un’attenta e aggressiva politi-ca di marchi commerciali (Melinda, Marlene, Melavì, Val Venosta, La Trentina….). Oggi circa l’80% dell’intera produzione nazionale proviene da aree di collina e montagna alpine.L’ambiente non influisce solo sulla qualità, ma è in grado anche di apportare un valore ag-giunto dovuto al legame tradizionale col ter-ritorio.

    Maturazione e arrossamento a terra dell’Annurca nei “melai”

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    mele nel ferrarese

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    L’influenza dell’ambiente di coltivazione sulla qualità dei frutti, ed il legame con una determinata area geografica viene sottoli-neato dal riconoscimento e tutela dell’ori-gine da parte dell’Unione Europea. Viene così tutelata e valorizzata con l’IGP (In-dicazione Geografica Protetta) la “Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel” dal 2005, la “Melannurca campana” dal 2006, la “Mela di Valtellina” dal 2010, e la “Mela Rossa Cuneo” dal 2013. La “Mela Val di Non” ha ricevuto nel 2003, unica in Italia, il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta), che ancor più dell’IGP ne sottolinea gli stretti legami storici con il territorio.

    ZONE DI DIFFUSIONEI luoghi di produzione più importanti sono estesi lungo il versante meridionale di tutta la catena alpina. Quasi il 50% delle mele italiane viene prodotto in Alto Adige, “il più grande meleto d’Europa” (Bassa Tesina, Val Venosta, Valle Isarco). L’insolazione giornaliera, i valo-ri di temperatura, le forti escursioni termiche notte/giorno, la piovosità assicurano condi-zioni ottimali per la coltivazione del melo. Le varietà più coltivate risultano Golden Deli-cious, Gala e Red Delicious. In Trentino si produce oltre il 20% delle mele italiane. La coltivazione è concentrata in Val di Non, Val di Sole, Valsugana, ma anche nel fon-dovalle lungo il corso dell’Adige, in Vallagarina.

    Castel Thun in Val di Non

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    Meleti in Val di Non

    Modì ®

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    Fioritura del melo nel Cuneese e vista del Monviso

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    Golden Delicious anche in queste zone è la varietà più coltivata, ma occorre anche ricor-dare il ruolo di Renetta del Canada, varietà piuttosto antica e coltivata in Val di Non da oltre due secoli, legata strettamente al famoso “strudel”.Altre importanti zone di coltivazione risulta-no essere il Piemonte (6-7% della produzio-ne nazionale), in particolare nel Cuneese, Sa-luzzese, Monregalese, in provincia di Cuneo, e nel Pinerolese in provincia di Torino, dove

    in particolare si coltivano le mele rosse, del gruppo Delicious, seguite dai cloni di Gala e Fuji.La pianura padano-veneta sta cercando di frenare il declino con l’introduzione di nuo-ve varietà adatte a questi ambienti: Fuji, Pink Lady, Gala esprimono infatti una buona qua-lità e un’ottima produttività anche negli am-bienti caldi di pianura. Complessivamente l’Emilia-Romagna ed il Veneto contribuisco-no oggi al 13-14% della produzione nazionale.

  • Nel Nord Italia, si segnalano ancora i mele-ti della Lombardia (Valtellina), ed il Friuli Venezia Giulia, in cui è stato avviato una richiesta di certificazione DOP della Mela friulana.L’unica significativa presenza della melicol-tura al Sud è rappresentata dalla Campania (3%), dove la mela Annurca rappresenta il prodotto di maggior riferimento. Conosciuta ed apprezzata, anche per le sue antiche ori-gini (sembra vantare almeno due millenni di coltivazione nella zona), ma soprattutto per l’elaborata tecnica colturale che prevede la maturazione e l’arrossamento a terra dei frut-ti nei “melai”. Fra i tentativi di diffusione della

    melicoltura in ambienti vocati meridionali, si ricorda infine la Val d’Agri in Basilicata.

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    Gianluca BaruzziConsiglio per la Ricerca e la sperimentazione in AgricolturaUnità di Ricerca per la FrutticolturaForlì (CRA-FRF)

    Mauro Bergamaschi Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in AgricolturaUnità di Ricerca per la FrutticolturaForlì (CRA-FRF)

    la Cina è il principale produttore di mele con quasi il 50% della produzione mondiale

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