Mass media e potenziamento del corpo nelle scienze motorie · Esclusa da computo zona grigia...

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21/03/2017 1 Mass media e potenziamento del corpo nelle scienze motorie Le relazioni pericolose… 18/03/2017 1 Lara Reale Premessa POTENZIAMENTO UMANO = andare oltre le normali limitazioni del corpo umano o cerebrali, con mezzi sia naturali che artificiali. Dunque, in termini bioetici, potenziamento è ogni applicazione non terapeutica di specifiche tecnologie alla biologia umana. Allora è lecito parlare di potenziamento in tutti i casi in cui si propongono mezzi per superare la “normalità”. 18/03/2017 2 Lara Reale

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Mass media e potenziamento del corpo nelle scienze motorie

Le relazioni pericolose…

18/03/2017 1 Lara Reale

Premessa

POTENZIAMENTO UMANO = andare oltre le normali limitazioni del corpo umano

o cerebrali, con mezzi sia naturali che artificiali.

Dunque, in termini bioetici, potenziamento è ogni applicazione non terapeutica

di specifiche tecnologie alla biologia umana.

Allora è lecito parlare di potenziamento in tutti i casi in cui si propongono mezzi

per superare la “normalità”.

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1 - Principi filosofici Alla base di questo atteggiamento c’è l’idea che è diritto di ogni individuo migliorare il proprio corpo/mente. Ma attenzione, perché questo è anche il concetto fondante del cosiddetto transumanesimo, movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche (chirurgia plastica, ingegneria genetica, nanotecnologie, neurofarmacologia, protesi artificiali, esoscheletri) per aumentare le capacità fisiche e cognitive e per migliorare aspetti della condizione umana non desiderabili.

A questo punto vale la pena ricordare che il transumanesimo ha tra i suoi riferimenti filosofico-culturali il super-omismo di Nietsche in base al quale l’uomo è in sé un’entità che può e deve essere superata, dunque è accettabile ogni mezzo che consenta di andare oltre i suoi limiti fisiologici.

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2 - Principi antropologici

Secondo gli studi dell’antropologia culturale, uno dei tratti distintivi dell’essere umano, sarebbe la tendenza al controllo e alla manipolazione del proprio corpo, dei propri comportamenti e degli stati psico-fisici. In ciò sta l’essenza/l’elemento centrale di numerose e fondamentali realtà antropologiche tra cui “l’esperienza e la pratica medica; l’uso di farmaci e sostanze psicoattive; gran parte delle espressioni rituali e delle tecniche di comunicazione col sacro; le forme di addestramento alla caccia, alla guerra; l’uso del corpo - quindi della sua forma manipolata - come strumento di identificazione e comunicazione sociale” (Corradini Broussard D., 1995).

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3 - Aspetti sociologici

Predominio culto dell’aspetto fisico e della performance a ogni costo: nella vita economica, sociale, affettiva, sessuale. Ricorrere al doping sembrerebbe posizionarsi proprio in questa logica e nella convinzione strisciante che non si può essere performanti senza fare ricorso ai farmaci e ad un aiuto esterno artificiale (Ehremberg 1998, Yonnet 1998, Queval 2004). Gli sportivi dopati possono intendersi paradossalmente come “devianti positivi” rispetto al sistema normativo dello sport, composto da 4 regole-base (J. Coakley 1991 e Hughes 1990): 1) senso del sacrificio: l’atleta deve essere pronto a “immolarsi” per i bisogni della squadra o della competizione; 2) ricerca perenne della vittoria; 3) accettazione dei rischi legati alla pratica sportiva (ferite, distorsioni, sofferenza); 4) spinta costante a superare i limiti delle proprie capacità,

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Legalizzazione doping (es. M. Gazzaniga «Nature» 2008)

PRO: - ripristino parità di condizioni competitive tra atleti; - maggiore controllo su qualità sostanze e loro impiego; - eliminazione mercato nero; - maggiore informazione degli atleti.

CONTRO: - minaccia all’uguaglianza tra individui; - esaltazione desiderio maniacale di modificare la natura; -mancanza conoscenze certe su effetti a lungo - pericolo di riprogrammare generazioni future.

Regolare doping è difficile. I divieti variano: -nel tempo (negli anni se ne aggiungono di nuovi, come sostanze chimiche, gene editing…) - nello spazio (grandi differenze tra Paesi).

I divieti, inoltre, ondeggiano tra tutela salute dell’atleta e garanzia della competizione leale.

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4 - Aspetti economici (e condizionamenti politici)

Sport e tempo libero hanno acquisito sempre maggiore rilevanza economica su scala mondiale. L’afflusso di ingenti somme di denaro ha indotto atleti a ricercare modi sempre migliori per attirare a sé sponsor e denaro. Lo sport è diventato business e dunque terreno fertile per proliferare

del doping.

Inizialmente fenomeno sottovalutato dai governi, che hanno etichettato il doping come “problema sportivo”.

- Convenzione Strasburgo (1989): Stati esortati a cooperare con istituzioni sportive nel contrasto

al doping.

- In Italia: convenzione ratificata nel 1995 (legge 522) e piena attuazione nel 2000 (legge 376,

con prima chiara definizione di doping e introduzione reato di doping).

Ma fino ad allora (cfr. «Lo sport del doping», Sandro Donati) persino Coni e Fidal favorivano diffusione del doping emarginando chi si batteva per eliminarlo.

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Doping in crescita costante: Dati WADA internazionali: - 1 dopato ogni 100 atleti (ufficiali) - 10 dopati su 100 (David Howman, BBC 2015) Sottostima nascerebbe da numero limitato di controlli fuori competizione e da numero quasi nullo di verifiche sulle gare giovanili e amatoriali.

Dati Nas Italia 2014-2016 (rapporto di marzo 2017)): - 1.138 controlli - 14 milioni di euro il valore delle sostanze dopanti sequestrate - 767.148 fiale o compresse sequestrate - 84 le persone arrestate e 540 quelle denunciate.

Nel documento Nas si legge: “L'incremento registrato della vendita online di farmaci ad azione dopante ed anabolizzante, costituisce un serio e preoccupante fenomeno in continua crescita". Il doping, infatti, "sta assumendo anche una pericolosa connotazione sociale e di costume, in quanto interessa ormai, a vario titolo, le attività sportive in genere".

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Giro d’affari: Dati Italia (associazione Libera): - 500 milioni di euro/anno - crescita del 15-20%/anno - traffico prodotti dopanti via Internet è pari al 25% del totale del mercato nero Business coinvolge: case farmaceutiche (es. epo), mafie, produttori tecnologie connesse .

Esclusa da computo zona grigia integratori. In Italia: - 1 milione di euro/anno - 3 sportivi amatoriali su 4 assumono prodotti farmaceutici e salutistici (“Repubblica”, maggio 2016). Negli Usa tra il 2008 e il 2012 +60% di vendite energy drink.

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Prodotti “da banco” e di libera vendita ma spesso dopanti e quindi proibiti in gara. Per immettere su mercato un integratore o un energy drink è sufficiente autocertificazione della composizione inviata al Ministero. Dentro può esserci di tutto: per lo più sostanze stimolanti (che calmano anche fame, aumentano metabolismo…) e/o anabolizzanti (che aumentano la forza e aiutano il recupero).

Numerosi casi riportati su riviste scientifiche internazionali di danni al fegato. Inoltre: - 2007 appello Società italiana farmacologia per maggiore controllo - Francia, Danimarca, Norvegia e Russia: vendita sottoposta a restrizioni o vietata - Ministero difesa Usa: gennaio 2017 invito ai militari a non abusarne.

In Italia? Marina Militare promuove produzione dell’energy drink Forza Blu «concepito per un pubblico eterogeneo, con particolare attenzione a quello dei giovani Dedicato a tutti coloro che nel lavoro, nello sport e nello studio desiderano migliorare efficienza e forza di concentrazione, Forza Blu trasmette positività nel fare qualcosa di buono e utile, condividendo i valori di serietà, passione e professionalità della Marina Militare» (www.marina.difesa.it).

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5 - Mass media

Media parlano di doping sempre sopra le righe (urlano allo scandalo, alla sorpresa, alla rovina, alla tragedia, al complotto) e per lo più in occasione di grandi eventi o a proposito di grandi campioni, mettendo lo scoop e lo spettacolo davanti all’informazione.

Ricerca tra il 1992 e il 2013 (caso Lance Armstrong):, «Corriere» : da “bravo ragazzo” a “campione troppo forte per essere vero” ,“grande accusatore/vittima” «Repubblica»: da “giovane talento”, a “eroe invincibile”, “padrino dopato”. Spettacolarizzazione indispensabile per avere notizia di apertura e attirare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto. Modello di riferimento è comunicazione pubblicitaria: obiettivo è vendere il prodotto (solo così si attirano lettori e inserzionisti). Il messaggio viene semplificato, perché obiettivo non è far riflettere sull’utilità del prodotto, ma suscitare emozioni, influenzare, invogliare al suo acquisto.

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Mass media producono così i gli “eroi della strada”, interessanti per qualsiasi sponsor e anche per gli stessi media, perché gli atleti di successo sono capaci di aumentare il numero delle vendite e queste aumentano a loro volta lo spazio dato agli atleti dai media, creando un circolo virtuoso, ma anche una simbiosi pericolosa.

Ecco perché in questi anni mezzi di informazione hanno trattato superficialmente e controvoglia il doping nello sport. Le relazioni “obbligate” tra giornalismo sportivo e oggetto del suo lavoro comportano grandi limitazioni, perché giornalista può vedersi negare accesso a determinate informazioni, per es. in caso di articolo/servizio critico verso atleta /squadra.

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ALESSANDRO DONATI («Lo sport del doping» (2012) e interviste successive:

Parla di comportamento omissivo sia nelle testate specializzate che in quelle generaliste, sia in Italia che all’estero. Non solo perché parlano poco e superficialmente di doping, ma anche perché incapaci di rendere interessante normalità.

Tre categorie di giornalisti: - “supporter”: molto vicini alle varie federazioni sportive, dalle quali accettano viaggi, ingaggi per gli uffici stampa… Parlano dei problemi degli atleti solo se le cose precipitano - “conformisti”: ritengono (come gli editori) che ai lettori/spettatori interessi descrizione edulcorata e celebrativa dello sport, che in fondo è evasione, sogno - “controcorrente”: piccola minoranza che cerca di fare il possibile per dire come stanno davvero le cose e rivelare i retroscena.

Si è approdati a conformismo di fondo per cui magari si fa una inchiesta ogni tanto, ma poi non c’è una denuncia sistematica che porta a cambiamento.

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Situazione ulteriormente peggiorata da crisi generale dell’editoria: calo di lettori/spettatori implica ridotta capacità economica e sempre maggiore tirannia degli inserzionisti rimasti.

Adesso protagoniste sono testate tematiche tipo Sky, che acquistano i diritti delle manifestazioni sportive di livello. Secondo Donati «hanno una forza crescente e quindi una capacità enorme di inquinare e corrompere il linguaggio e la descrizione dello sport». Non a caso queste testate affiancano spesso al telecronista i commentatori tecnici che sono ex atleti coinvolti anche in casi di doping, in un «mix insuperabile di autocensura e falsità».

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ANTOINE VAYER, ex allenatore del team ciclistico Festina all’epoca dello scandalo omonimo e considerato tra i principali oppositori al doping non solo in Francia (ha messo a punto un metodo di misurazione scientifico per stabilire se la performance di un ciclista è «normale», «sospetta», «miracolosa» o addirittura «da mutante»), autore di «Tutti dopati? La prova per 21».

Parla dei media come «prostituti del sistema» e non solo all’epoca del caso Armstrong. In linea generale secondo Vayer la colpa non è nemmeno dei singoli giornalisti ma di direttori ed editori, che obbediscono anzitutto agli azionisti e agli inserzionisti pubblicitari (anziché a lettori/spettatori) ed evitano qualunque rischio di grana legale.

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Spezza lancia a favore della categoria e ricorda che i sospetti non sono prove. Per tramutare il sospetto in prova occorre anzitutto attendere l’esito dei controlli antidoping. Chi non rispetta questa regola di base rischia di incorrere nelle ire degli atleti e anche degli editori, che devono sostenere le spese legali per eventuali querele e cause di diffamazione.

GIANNI MURA, scrittore e giornalista per anni inviato «Gazzetta dello sport» a Giro d’Italia

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In Italia (come in altri Paesi), quando si tratta di doping, articoli e servizi si concentrano su evento o personaggio, mentre trascurano dimensione socio-politica ed economica dell’intero sistema. Approccio generale è diretto a condannare esclusivamente i singoli, salvando il sistema nel suo complesso (atteggiamento deficitario).

Fenomeno doping è minaccia verso ciò che giornalisti sportivi descrivono ogni giorno, ovvero sport “pulito” fatto di veri e propri idoli, diventati tali grazie alle loro formidabili performance. Raccontare e parlare di doping a livello di sistema equivarrebbe a negare tutto ciò che i media stessi hanno raccontato in precedenza.

D’altronde chi sarebbe disposto a tagliare il ramo su cui è seduto?

E, visto che mestiere del giornalista (non solo sportivo) è raccontare verità sostanziale dei fatti, significherebbe ammettere di avere fallito. Ciò spiega perché le vicende di doping vengono attribuite a singole persone: grazie all’individuazione di un capro espiatorio, la simbiosi tra mass media e sport non viene messa in pericolo.

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Successo del calcio, d’altronde, deriva anche dalla sua presunta fama di sport “pulito”. Raramente si è venuti a conoscenza di casi di doping nel mondo del pallone, proprio perché certi controlli o certi legami vengono semplicemente omessi (non solo in Italia). Peraltro predominio del calcio nel racconto sportivo dei media italiani è ulteriore spiegazione dello scarso spazio dato complessivamente al doping e anche del perché prevalga l’errata convinzione che doping sia soprattutto problema del ciclismo, mentre statisticamente interessa molto di più atletica, baseball, sollevamento pesi e arriva a toccare discipline insospettabili come il tiro con la carabina e… il bridge!

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Scarsa competenza culturale dei giornalisti "specializzati " (in ambito sportivo, ma non solo), favorita dalla crisi dell’editoria. Ma per fare accurata cronaca o inchiesta su casi di doping occorrono ampie conoscenze in ambito medico e legale. Anche per non accettare risposte insensate tipo: - «Io dopato? Impossibile. Quelle cellule devono essere di un mio fratello gemello morto prima della nascita» (Tyler Hamilton, ex ciclista Usa positivo a emotrasfusione nel 2004) - «Colpa delle caramelle balsamiche che mi aveva offerto mia zia, appena tornata dal Perù» (Gilberto Simoni, ex ciclista positivo a cocaina nel 2002) - «È vero, in casa avevo dei medicinali proibiti, ma erano per il mio cane malato di asma» (Frank Vandenbroucke, ex ciclista belga squalificato nel 2002 per epo) - «L’avevo detto io che quelle tisane alle erbe preparate da mia suocera potevano darmi problemi» (Christian Henn, ex ciclista tedesco squalificato nel 1999 per elevato tasso testosterone)

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Atleti accusati e condannati per doping vengono presto riabilitati e riammessi: «Rio e doping, Filippo Magnini eliminato accusa: “Noi fuori, i russi avanti”» («Leggo», 9/8/16). Testo: «Tanto polverone, poi eccoli in acqua a cambiare classifiche, carriere – sottolinea lo sprinter azzurro – C’è amarezza per la gestione della situazione». «Scandalo doping, stampa occidentale si accanisce contro Russia e difende sport Usa» («Sport News», 14/9/16). Sottotitolo: «Dopo la rivelazione dell’uso di sostanze dopanti da parte degli atleti americani con il benestare della Wada, i media occidentali hanno fatto quadrato attorno alle sorelle Williams e alla ginnasta Simone Biles, protagoniste dello scandalo, e hanno attaccato la Russia accusandola di gettare fango contro personaggi leader del mondo dello sport». «Tennis. Kerber e Halep come Murray: “Wild card alla Sharapova? Bah…”» (www.gazzetta.it, 9 /3/17). Commento di Murray: «Ritengo che uno debba lavorare davvero per tornare in alto, tuttavia gli organizzatori devono pensare a cosa sia meglio per i loro tornei e, se sono convinti che i grossi nomi facciano vendere più biglietti, allora lo faranno». «Alex Schwazer è diventato papà» (www.corriere.it, 9/3/17). Nel testo si legge che il marciatore è a pochi giorni dal suo ritorno alle gare, dopo essere stato squalificato per doping a Londra nel 2012 e a Rio nel 2016.

Morale: imbrogliare conviene o, comunque, non ha conseguenze permanenti. 18/03/2017 21 Lara Reale

6 - Social media

Avvento dei social media purtroppo amplifica i problemi. Ricerche recenti hanno infatti dimostrato che informarsi sui social espone ancora di più a rischio di parzialità, omissioni, incompletezza, interessi di parte. Walter Quattrociocchi (Scuola Alti Studi IMT-Istituzioni Mercati Tecnologie di Lucca,) ha coordinato ricerca su consumo di notizie su Facebook pubblicata il 7/3/17 su «Pnas - Proceedings of the National Academy of Sciences». L’indagine è stata condotta su: - 376 milioni di utenti Facebook - 900 notizie pubblicate on line tra 2010 e 2015.

Lo studio ha dimostrato che si creano ambienti segregati e non comunicanti basati su diversi pregiudizi e conformismi: in queste “echo-chamber” le notizie che contraddicono le opinioni dominanti vengono respinte o ignorate. Le false notizie che aderiscono all’opinione comune nella echo-chamber vengono accolte (teoria della “selective exposure”). 18/03/2017 22 Lara Reale

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7 - Soluzioni

Non si può pretendere che mass media tradizionali incidano significativamente su eradicazione del doping dallo sport. Si può legittimamente auspicare che aumentino la qualità delle proprie informazioni (anche per ostacolare la totale incontrollabilità dei social) e che diano maggior spazio a esempi di atleti “puliti” e “normali”, non solo ai fuoriclasse. Però quelli che contano di più sono, e saranno sempre, i testimoni quotidiani e cioè genitori, educatori, medici e allenatori. Ciascuno deve fare la sua parte…

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«Tra i bambini che vengono al Bambin Gesù per conseguire l’idoneità agonistica ci capita ogni tanto, per fortuna raramente, il genitore che chiede se è possibile dare un aiutino al figlio per migliorare le prestazioni sportive».

Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello sport all’ospedale pediatrico di Roma («La Repubblica», 16 maggio 2016)

«Le strutture e gli impianti sportivi scolastici sono sempre più obsoleti e fatiscenti, quando non assenti, ma lo Stato invece che finanziare l’educazione fisica nelle scuole ha preferito dare fondi alle varie federazioni sportive. Ma le federazioni non sanno educare allo sport. Infatti sono nate negli anni Cinquanta per lo sport adulto, tutt’al più rivolto ai giovani in età post-adolescenziale. Gioco forza gli istruttori non erano interessati a sviluppare qualità morali né ritenevano di dover essere educatori. Il loro scopo era l’ottenimento di risultati. Quella cultura è stata poi applicata anche ai bambini, che quindi non vengono educati ai valori dello sport ma solo all’ottenimento del risultato a qualsiasi costo. È questo il segno di una società che non sa educare, che non si cura dello sviluppo, che tara tutto sugli adulti. Una società invecchiata, che ha perso di vista i bambini, è una società che ha problemi che vanno molto oltre lo sport».

Sandro Donati (intervista su «Narcomafie» marzo 2013)

Due ultimi spunti di riflessione:

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