GERIAtRIA Marzo - Aprile... · CADUTE E SINDROME DAIMMOBILIZZAZIONE NELL’ANZIANO Filippi A., ......

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BIMESTRALE - VOL. XX n. 2- Marzo/Aprile 2008 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma ISSN: 1122-5807 GERIAtRIA ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIEtà ItALIANA GERIAtRI OSpEDALIERI (S.I.G.Os.)

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ISSN: 1122-5807

GERIAtRIAORGANO UFFICIALE DELLA SOCIEtà ItALIANA GERIAtRI OSpEDALIERI (S.I.G.Os.)

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Progetto di copertina: Gaia Zuccaro

ANTONIO PRIMAVERA

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C.E.S.I.

Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I. nel mese di Novembre 2008.

Claudia Bauco (Cassino)Andrea Corsonello (Cosenza)Filippo Fimognari (Roma)Gianfranco Fonte (Torino)

Stefano Ronzoni (Roma)Bernardo Salani (Firenze)Francesco Vetta (Roma)Cristiana Vitale (Roma)

Maria Anna Cardinale (Roma)Luigi Di Cioccio (Cassino)Giuseppe Galetti (Monza)Walter Gianni (Roma)Walter Lutri (Siracusa)

Massimo Marci (Subiaco)Lorenzo Palleschi (Roma)Vincenzo Pedone (Bologna)Giancarlo Stazi (Roma)

Samuel Bravo Williams (Mexico)Luisa Bartorelli (Roma)Pier Ugo Carbonin (Roma)Tommy Cederholm (Stoccolma - Svezia)Claudio Cervini (Ancona)Domenico Cucinotta (Bologna)Nuzzo Di Stefano (Noto)Piergiorgio Ferretti (Guastalla)Rodney Fisher (Toronto - Canada)Giovanni Gasbarrini (Bologna)Franco Goria (Asti)Mario Impallomeni (Londra)Vincenzo Marigliano (Roma)Baldassarre Messina (Roma)Jean-Pierre Michel (Geneve - Suisse)

Luciano Motta (Catania)Vittorio Nicita-Mauro (Messina)Filippo Nico (Roma)Franco Rengo (Napoli)Jacques Richard (Geneve - Suisse)Felice Romano (Catania)Mario Rubegni (Siena)L.Z. Rubenstein (Sepulveda - USA)Pier Luigi Scapicchio (Roma)Sergio Semeraro (Bologna)Italo Simeone (Geneve - Suisse)Bertil Steen (Göteborg - Svezia)Marco Trabucchi (Roma)Vincenzo Vassallo (Noto)

COMITATO SCIENTIFICO

SEGRETERIA SCIENTIFICA

GERIATRIARIVISTA BIMESTRALE - ANNO XX n. 2 - Marzo/Aprile 2008 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma

ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)

DIRETTORELUIGI GIUSEPPE GREZZANA

DIRETTORE ESECUTIVOPIERLUIGI DAL SANTO

COMITATO DI REDAZIONE

Condizioni di abbonamento per il 2008: E 26,00 (Enti: E 52,00) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero70 dollari • Un fascicolo singolo: E 11,00 - Estero 15 dollari. Arretrato: E 22,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31dicembre si intende rinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989.

ISSN: 1122-5807

EMERGENZE ED URGENZEIN GERIATRIA

l e p o s s i b i l i r i s p o s t e

SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI - S.I.G.Os.

XXI CONGRESSO NAZIONALE

Verona 21-22-23 Maggio 2009Palazzo della Gran Guardia

SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI

Roma 10 Ottobre 2008Claridge Hotel - Viale Liegi, 62

Con il Patrociniodell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri

della Provincia di Roma

C O N G R E S S O I N T E R R E G I O N A L ELazio - Abruzzo/Molise - Marche

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile IX

EDITORIALE: VIA DEL CAROTA, 10 - BAGNO A RIPOLIGrezzana L.G. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

EDITORIALE: PRENDERSI CURA: PROBLEMI ETICI IN GERIATRIAAtzei P. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

ATTUALITÀ DELLA VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE E GERIATRICASalsi A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

CADUTE E SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE NELL’ANZIANOFilippi A., Virdis V., Salvo R., Falconi S., Rotondo A., Nieddu A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

DISTURBI PSICOTICI E COMPORTAMENTALI (BPSD) NELLE DEMENZECasu A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

LA DEPRESSIONE: PATOLOGIA DIMENTICATA O SOTTOVALUTATAManor M., Platania I. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

L’ANZIANO IN PRONTO SOCCORSOVirdis V., Poddighe M., Salvo R., Falconi S., Filippi A., Nieddu A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

LA TERAPIA MEDICA DEL DOLOREMadaio R.A., Conti A., Benincasa E., Platania I. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

IL PROCESSO DI ACCREDITAMENTO IN GERIATRIAFerrari A., Ravelli M., Cerullo L. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

RUBRICHE

BADANTI E/O BUONE COMPAGNIESabatini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

È POSSIBILE PRONOSTICARE LA SOPRAVVIVENZA DI UN PAZIENTE A CUI VIENEDIAGNOSTICATA UNA DEMENZA?Zanatta A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

Calendario Congressi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

Norme per gli Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

SOMMARIO

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Recentemente, la Geriatria è stata segnata da unlutto importante.

Se n’è andato il professor Francesco Maria Antonini,padre indiscusso di questa disciplina.

Mi piace ricordarlo così.

Dante e Beatrice, Sole ed Alba.Sono i nomi dei quattro pastori maremmani del

professor Francesco M. Antonini.Aveva conosciuto questa razza e ne era rimasto

affascinato ed intimorito, già da bambino, dagliOttolenghi, suoi vicini di casa. Erano ricchissimicommercianti di cotone, amici del nonno.Possedevano l’automobile ed il telefono.

Il professor Antonini, spesso, andava a casa loroper telefonare in clinica al babbo, medico legale,per chiedergli quando sarebbe rientrato.

Appena adulto, anche lui volle i pastori marem-mani. Sono sempre stati i suoi cani. Lamentava cheavrebbero dovuto vivere quanto l’uomo, per sotto-lineare il dolore che provava alla loro morte.

Al mattino, quando apriva una delle tre finestredella sua grande camera da letto, vedeva i suoi caniche gli abbaiavano, chiamandolo.

Scendeva a fare quattro passi con loro in mezzoalla sua campagna. Ed era felice.

Gli piaceva accudirli, accarezzarli, educarli.Gli piaceva il loro sguardo morbido ed il loro

muso caldo.Gli piaceva quando gli scodinzolavano intorno

o lo seguivano per i campi o quando si accoccolava-no accanto a lui.

L’intensa relazione con gli animali esperisce unreciproco amore e piacere ed anche una reciprocadipendenza. La loro vita dipende dalla nostra e lanostra è influenzata dalla loro presenza.

È un rapporto che non tradisce. L’animale non cigiudica, ci ama.

Questo è vero, soprattutto nella vecchiaia, per-ché allora la ricerca di conferme e gratificazionidiventa impellente.

Nel 1920, suo nonno materno, Giuseppe, avevaacquistato una vecchia casa con annessa una cam-pagna a Bagno a Ripoli, in via del Carota, 10. Lalocalità dista pochi chilometri dal centro di Firenze.

Nel 1940, alla morte del nonno, sua madre, Lea,gli aveva passato la proprietà.

Nel 1944, si è laureato. Il suo maestro è stato ilprofessor Greppi.

Questa casa e la campagna intorno sono stati,assieme alla Geriatria, i grandi amori del professorAntonini.

Gli è sempre costato molta fatica allontanarsi,anche per poco, dalla sua abitazione. Viaggiare glisembrava uno spreco di tempo.

Non di rado, si recava all’ospedale con le stessescarpe che usava per la passeggiata in campagna.Erano scarpe con la suola di gomma, tipo “carroarmato”.

Le piccole zolle di terra che vi rimanevano inca-strate si depositavano, regolarmente, sotto il tavolodella Direzione.

“Quanta buona terra portata via ai campi”, erasolito dire guardando il terriccio sul pavimento.

Sono convinto che il contatto con i ritmi e itempi scanditi dalla campagna, attraverso le stagio-ni, abbiano inciso molto sul suo pensiero.

Imparava dalla natura e trasferiva nellaGeriatria insegnamenti che riusciva a cogliereosservando la sua campagna.

Diceva, infatti, che l’osservazione delle pianteinsegna quanto, per certi aspetti, la natura sia cru-dele.

I rami più grossi distruggono i rami più piccoli,i rami che crescono più in alto fanno morire tuttiquelli sottostanti.

Per questo la potatura cerca di evitare che, inuna pianta, i rami si impediscano vicendevolmentedi crescere.

Ma la potatura altro non è che un ordine artifi-ciale imposto dall’uomo.

La natura, invece, fa in modo che diventi altosolo il ramo che vince, ma consente anche la tortuo-sità degli alberi e dei rami che noi cerchiamo sem-pre di raddrizzare.

Se come per i rami delle piante, la cura dei vec-chi fosse ad eliminazione, la Geriatria non avrebbesenso.

Ma quanto è bello vedere un albero vecchio!Alcune sequoie, vicino a San Francisco, hanno

oltre 2.000 anni e sono talmente grandi e forti danon essere abbattute da nulla, nemmeno dagliincendi.

Eppure, sono potute diventare così immense solodominando e distruggendo tutte le altre piante.

Per questo, la vecchiaia dei vegetali è una formadi eliminazione del più debole.

Ma l’uomo è diverso. La vittoria del vecchio nonè fisica, ma solo spirituale.

È una vittoria che è data dal valore della suavita, dalla selezione non verso i più deboli, maverso se stesso, verso “i propri rami tagliati” perscegliere di poter crescere più in alto, arrivare in

Indirizzo per la corrispondenza:Ospedale Civile MaggiorePiazzale Stefani, 137126 Borgo Trento VR

EDITORIALEGeriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 1

VIA DEL CAROTA, 10 - BAGNO A RIPOLI

Grezzana L.G.

U.O.C. Geriatria, Ospedale “Maggiore”, Borgo Trento, Verona

cima alla montagna e vedere più lontano.La Medicina e la Geriatria, in particolare, aiuta-

no molto. Ti danno una mano a salire, a diventarvecchio.

Sono un po’ come un ascensore. Ti evitano lafatica di salire le scale. Poi, però, gli ultimi gradinili devi fare da solo. E non è facile, ma sembra che dilassù si vedano cose altrimenti impossibili dacogliere.

Ma invecchiare è anche soffrire di più, è lottareper vivere e per dire qualcosa che si sa e si vorreb-be fosse ascoltato.

Bisogna ridare valore a chi pensava di averloperduto. Gli anziani avvertono di riappropriarsenequando vedono intorno a loro persone che si dannoda fare per curarli.

Il geriatra fa vivere gli anziani, non tanto perchévuol loro bene, ma perché per lui sono importanti.Per noi, mai un vecchio è inutile.

Ci vuole passione ed energia per curare i vecchi.Quindi i geriatri devono essere giovani o, per lo

meno, avere intrapreso da giovani questa disciplina.I vecchi oggi, per fortuna, sono avvantaggiati,

perché per vivere non è indispensabile la forza fisi-ca o la resistenza. Occorre semplicemente la capaci-tà mentale.

L’anziano, però, anche se si ritira dentro la casa,senza cercare l’avventura e senza pretendere di farel’eroe, deve riempire il suo tempo di cose valide.

Si deve sfruttare tutta l’energia psicoaffettivache la vita offre. È una questione di cultura.Bisogna liberarsi del superfluo e scegliere un per-corso “artistico” anche se per una vita si è lavoratocon le mani.

Per l’anziano non è sufficiente avere un buonrapporto con gli altri e col mondo intero. Deveanche averlo con se stesso.

Non è sufficiente voler bene, ma deve anchevolersi bene…e non è difficile. Basta un po’ dibuona volontà ed anche un po’ di esercizio.

È importante apprezzare il proprio aspetto,guardarsi allo specchio e sorridere, essere felici perla giornata che sta iniziando. Soprattutto, è impor-tante vedere nella giusta luce il bilancio della pro-pria vita.

Il bilancio non può mai essere negativo.Esaminando fatti, circostanze, condizionamenti,

impulsi, magari potremmo concludere che avrem-mo potuto fare di più, ma anche peggio ed il bilan-cio non sarà mai negativo.

In definitiva, la vita, a chiunque, ha sempre datoqualcosa.

Oggi l’uomo ha almeno due vite da vivere.Quella che arriva fino ad una certa età e quella chela segue. È un’opportunità che tutti dobbiamosfruttare al meglio.

A nessuno è impedito di crearsi una passioneche sia di ordine superiore, fosse solo saper parlard’amore.

La fantasia deve sempre nutrire i nostri senti-menti ed è grande pure nella vecchiaia.

L’amore può essere anche per la natura meravi-gliosa o per tutto ciò che ci circonda.

L’amore è apertura e partecipazione a quanto ciè esterno.

Lo chiamavo spesso. Sin da giovane, ne sonosempre stato affascinato. L’ho sentito al telefonopochi giorni prima che se ne andasse.

Alla fine della telefonata, mi ringraziava perchél’avevo chiamato ed io mi vergognavo, tanto misentivo piccolo nei suoi confronti.

Si divertiva a lavorare la campagna, guidava iltrattore, potava le vigne, faceva il vino.

L’ho visto con le mani violacee perché, dopo lavendemmia, aveva partecipato all’arte della pigia-tura.

Era orgoglioso del suo Chianti.Nella sua casa e nella sua campagna aveva pro-

fuso tutti i suoi proventi di medico.Da tre anni si era ritirato nel suo mondo malgra-

do fosse molto richiesto per i suoi interventi illumi-nanti e coinvolgenti.

Ha saputo fare della Geriatria un’arte sublime.Ha colto della vecchiaia l’essenza, la spiritualità.Ho imparato a conoscerlo appena laureato,

molti anni fa e, sempre, appena sapevo che tenevauna conferenza o parlava per radio o alla televisio-ne, lo rincorrevo affascinato, come un ragazzinoper un suo mito.

Poi, negli anni successivi, i nostri rapporti sonodiventati molto più vicini e non l’ho più lasciato.

Certe persone non dovrebbero andarsene mai,ma forse mi sbaglio perché, invero, non se ne vannomai tanto è grande la loro presenza nel nostrocuore. Diventano invisibili, ma non assenti.

Sono quelli che riescono a risvegliare, ad evoca-re quei sentimenti, quelle sensazioni che altrimentinon avresti provato e conosciuto.

Poi, avutane contezza, non te le dimentichi più.Ti accompagnano per la vita, trascendono il tempo.

Luigi G. Grezzana

P.S. Ringrazio di cuore la moglie del professore,signora Nena, per l’aiuto che mi ha dato nella ste-sura di questo ricordo.

2 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

PREMESSE

Saluto cordialmente i Partecipanti a questoConvegno.

Sono grato agli Organizzatori per l’invito, chedice la loro sensibilità e cultura antropologia a tuttotondo, riconosciuta e concretamente affermataanche in un Convegno scientifico, qual è questo sula geriatria. Non si fa un ‘vulnus’ alla scienza medi-ca se si parla anche di aspetti etici e religiosi; casomai, lo si farebbe se non se ne parlasse. La scienza,in quanto tale, non preclude apporti propri di tuttii suoi vari aspetti. Quindi, ancor più grazie per l’in-vito, perché dice la vostra apertura mentale, e unacultura antropologica vera, profonda.

Il tempo concessomi, più che sufficiente, micostringe a trattare in modo conciso, per accenni, lavasta problematica sottesa all’universo dell’anzia-nità, con tutti i suoi pianeti.

Mi è stato indicato un tema: “Prendersi cura.Problemi etici in geriatria”. Lo svolgo, partendo daun brano famosissimo del vangelo di Luca, medi-co-scrittore, punto di riferimento continuo non soloo semplicemente per la fase conclusiva della vita,quella della terza età che accelera il passo per con-statare il ‘motus in fine velocior’, e della quarta età,ancor più velocemente tesa al suo termine naturale.

“Prendersi cura” è un passaggio della paraboladel buon samaritano, neppure centrale, ma certa-mente inglobante una serie di atteggiamenti e gestiche dicono di un percorso intrapreso e da comple-tare. Direi che con l’altro verbo “ne ebbe compas-sione”, cuore stesso della parabola, suona come pe-renne monito per credenti e non, anche per i mondidell’assistenza sanitaria in genere, sia nelle struttu-re pubbliche che private, in particolare, appunto,nei confronti degli anziani. Esiste, infatti, il conti-nuo rischio di dissociazione tra ciò che sappiamo didover fare e ciò che in concreto viene attuato. Laparabola provoca sempre nuovi tentativi per elimi-nare questa sfasatura, o prassi schizofrenica, unosdoppiamento tra l’ideale e il reale.

Per cogliere la densità assiologica o richiamo divalori e loro possibile applicazione a una vastagamma di situazioni, rileggiamo la parabola, a par-tire dal contesto immediato, essenziale per coglierela ragione che determina il racconto.

IL TESTO: Lc 10, 29-37

Una premessa doverosa. Al tempo di Gesù lescuole rabbiniche discutevano quale fosse l’esten-sione del termine “prossimo”: solo i vicini, i conna-

zionali, o anche altri? L’evangelista, quindi, vuoledirci, secondo lo spirito di tutto il suo racconto, chela perfezione e la salvezza non sono patrimonioesclusivo di un popolo, ma per tutti. Se vogliamo,per il nostro caso, potremmo dire: la vera scienzamedica, a livello teoretico e pratico, o è per tutti,sempre, dalla culla (e forse anche in fase prenatale)alla tomba, senza distinzioni e discriminazioni, onon è vera scienza.

Un dottore della legge si alzò per metterlo allaprova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vitaeterna?".

Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge?Che cosa vi leggi?".

Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo contutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tuttala tua forza e con tutta la tua mente e il prossimotuo come te stesso".

E Gesù: "Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai". Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù:

"E chi è il mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Geru-

salemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spo-gliarono, lo percossero e poi se ne andarono,lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdotescendeva per quella medesima strada e quando lovide passò oltre dall'altra parte.

Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide epassò oltre.

Invece un Samaritano, che era in viaggio, pas-sandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.

Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandoviolio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, loportò a una locanda e si prese cura di lui. Il giornoseguente, estrasse due denari e li diede all'alberga-tore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderaiin più, te lo rifonderò al mio ritorno.

Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimodi colui che è incappato nei briganti?".

Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione dilui".

Gesù gli disse: "Va’ e anche tu fa’ lo stesso".

I QUATTRO MOMENTI DELLA PARABOLA (1)

Il primo: l’introduzione scenica. Pensiamo aGerusalemme, su in alto, a 800 metri sul l.m., capi-tale politica e religiosa: mura, palazzo, tempio.Ossia: sicurezza, benessere, bellezza e protezione daparte di Dio. Poco distante, il deserto di Giuda,verso Gerico, a 300 metri sotto il l.m.: una zona disa-bitata, impervia, pericolosa, infestata da briganti.

EDITORIALEGeriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 3

PRENDERSI CURA: PROBLEMI ETICI IN GERIATRIA

Atzei P.

Arcivescovo di Sassari

Quell’ “un uomo scendeva” è allusivo di chiunque,pellegrino, esce dalla sicurezza della città e dell’esi-stenza, per i più svariati motivi, e deve attraversareil rischio. Può essere anche la fase terminale dellavita verso un destino ignoto, non pensato, certa-mente da attraversare. Quei “briganti” veri, reali,sono anche figura di sentimenti e rischi possibili.Sono i doni ricevuti e non investiti bene o di cui si facattivo uso: cuore/affetti, capacità/forza, intelligen-za/progettualità. Briganti sono i doni/talenti usatiper egoismo e non per amore. Ciò sarebbe diabolico(nel senso classico dell’etimo: dividere), perché cidivide dentro, allontanandoci dall’altro/i e dalsuo/loro bisogno/i. Addirittura se possiamo “spo-gliando e tramortendo il proprio simile”. Niente dinuovo sotto il sole, ieri e oggi. E poi ci “allontania-mo” appena raggiunti i nostri bassi interessi,lasciando l’altro “mezzo morto” per aver infieritosu di lui con colpi proibiti.

Secondo momento: il triste spettacolo della du-rezza di cuore. Entrano in scena due personagginoti e uno che appartiene alla stessa famiglia, quel-la di Levi, addetta al culto. Tutta gente che di amoredovrebbe intendersene come fa fede anche la rispo-sta del dottore della Legge, che soprattutto nel tem-pio, casa di Dio, dovrebbe applicare e celebrare. Maanche questi due personaggi sono “briganti”, cioègente che ruba diritti, perché pur sapendo, non pra-tica. Il sacerdote è lì per caso, vede perché non puònon vedere, ma non si ferma: non andrebbe mai acercarsi rogne o risolvere i problemi dei poveracci.Il levita, parimenti, “vede, (ma) passa oltre”. Ha losguardo e il cuore altrove: ha altro da pensare efare, non vuole essere coinvolto in altrui vicende.Entrambi conoscono la Legge, ma non hanno nétesta né cuore, né volontà per metterla in pratica: didura cervice, ciechi calcolatori, testardi nella loroostinata cecità.

Terzo momento: il cuore di tutta la narrazione.Cuore perché c’è l’insegnamento, viene da uno chenon ci si aspetterebbe: un samaritano, nemico dichia-rato di ogni giudeo o galileo che passasse nel suo ter-ritorio, situato tra le due regioni. Gente spuria, fedi-fraga per gli ebrei. Un samaritano in quella strada èuna rarità. Qui, si invertono le parti: è lui che passanella Giudea, empio e pagano per quegli abitanti, quifa la strada inversa: da Gerico a Gerusalemme. I suoipassi e atteggiamenti dicono come ci si deve compor-tare. Ed ecco i verbi-cuore della narrazione: “passan-dogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione”.Quindi non è cieco dentro, non scansa il malcapitato,né va oltre, ma si lascia interpellare da quel poverocristo. Quel “passandogli accanto”, meglio andrebbetradotto con: ”venne presso di lui”, gli si fa incontro,è lui a “farsi vicino”, cioè prossimo. “Nessuno è piùlontano all’altro di chi non vuole farsi incontro a nes-suno”, scrive Tagore. “Ne ebbe compassione”: secon-do gli esegeti è il cuore del racconto, perché il veromiracolo avviene prima, nel cuore di chi non ci aspet-

teremmo. Il miracolo è l’interiore scossa, un misto diemozione-commozione-pietà, che porta a con-divi-dere l’altrui sofferenza, alleviandola fisicamente espiritualmente. È un sentimento che rimanda almodo di essere o di fare di Dio in Cristo: alla tenerez-za, quell’amore viscerale, materno-paterno che provanei confronti dei piccoli, deboli, svantaggiati - Quell’“uomo” è figura di Gesù, detto il “buon samaritanodella storia”.

Quarto momento: la conclusione significata daigesti. Un insieme di azioni che i verbi ben evidenzia-no: “gli si fece vicino” (o si “fece avanti”) in contrastocon chi si è “tirato indietro”. Di più: non è uno chedice solo “I care”, (mi interessa), ma uno che all’inte-resse curioso, teorico, fa seguire l’interessamentoconcreto, pratico: “Gli fasciò le ferite” e “versò olio evino” per lenire il dolore e disinfettare, “lo fece saliresul giumento”, “lo condusse in una locanda”. Quel“si prese cura” di lui rimanda a tutto ciò che fa o faràper completare l’opera, o il suo percorso di prossimi-tà che significa: assumersi sino in fondo ogni respon-sabilità sull’altro e dell’altro. Tant’è vero che, proba-bilmente, è rimasto tutta la notte con lui, perché “ilgiorno appresso” (ecco la continuazione del “pren-dersi cura”) “tira fuori due denari” per pagare ildovuto e “raccomanda” al responsabile della locan-da di “prendersi cura” di lui e di non preoccuparsiper la spesa, perché avrebbe rimborsato tutto.

Ovvia la conclusione: prossimo è colui che,buon samaritano, si è fatto prossimo non di unamico, ma di uno sconosciuto, forse addirittura unnemico in una regione straniera.

L’ATTUALIZZAZIONE

Fuori metafora e applicando, con tutta discre-zione e sapienza, perché una parabola è sempre unartifizio letterario, mai quindi totalmente verosimi-le; di più: richiama un atteggiamento di fondo persconfiggere mentalità ottuse, cecità, comodità, inte-ressi personali o di parte.

Sintetizzo con alcuni richiami i problemi del-l’anzianità, accennando anche ad alcuni nodi pro-blematici, di carattere etico, noti o dibattuti.

“Da Gerusalemme a Gerico”Stare in alto o stare in basso. Facile il richiamo

all’anzianità intesa come un “discendere” da tuttele sicurezze, le efficienze, e vedersi costretti adaffrontare i rischi della fase terminale della vita,morte compresa, nella sua ineludibilità.

Le conquiste della scienza, il progresso sociale, icomportamenti, hanno allungato la durata mediadella vita umana, ma anche creato problemi perchéalla crescita costante del numero degli anziani nel-l’emisfero nord dagli anni Sessanta, fa riscontro ildrammatico calo della natalità. È una sorta di ‘rivo-luzione silenziosa’ che pone, ma anche va ben oltrei problemi di ordine sociale, economico, psicologico,

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etico, spirituale. Di questi, lo sapete, si era interessa-ta l’Assemblea dell’ONU, a Vienna (26 luglio - 6agosto 1982), che aveva condotto alla definizionedei 18 principi per gli anziani raggruppati in cinquevoci: indipendenza, partecipazione, cure, realizza-zione personale, dignità; nonché alla decisione dicelebrare, il primo ottobre di ogni anno, la Giornatamondiale dell’anziano. Su quei principi sostanzial-mente, anche se non nello stesso ordine, concorda laChiesa, a partire dalla dignità della persona anzia-na, rivendicata come diritto ad essere se stessi,garantiti e promossi, come possono, in ogni conte-sto socio-economico, capaci di porsi e di proporsiresponsabilmente e attivamente nei circuiti dellaconvivenza umana, partecipi dei cammini comuni-tari, civili ed ecclesiali. Senso e valore della vecchia-ia oggi sono molto spesso determinati dai vari con-testi socio-economico-politici, cioè dall’esterno, matrovano (e devono trovare) riscontro nell’intimodella persona e nella sua visione dell’esistenza,dove i volti delle diverse età sono configurati e vis-suti entro un progetto, frutto di un disegno che lafede percepisce e crede non essere puramentenostro, ma di un Altro per e con noi. A livello cultu-rale e spirituale qui si gioca il maggior o minoreapprezzamento, o anche la disistima e la fatalitàdella vecchiaia. Essendo la vita sempre e comunqueil valore assoluto dell’uomo, ecco la necessità dellacostruzione di una società multigenerazionale,rispettosa di tutte le fasi esistenziali e con la valoriz-zazione di tutte le ricchezze delle diverse generazio-ni, mettendole nel circuito esperienziale. Così l’an-ziano nella visione cristiana potrà essere e conse-gnarsi come presenza e dono della memoria viva,della gratuità del vissuto sapiente, dell’interdipen-denza, dell’essenziale e di una visione della vitacentrata sull’essere.

Ciò che della parabola colpisce è proprio il cammi-no a rischio dei “briganti” in giro: certe distrazioni eomissioni, interessi, certo sciacallaggio sugli anziani.Ma grazie a Dio tutto si illumina quando quello sco-nosciuto samaritano e ogni imitatore impensatamen-te, sente scoccare dentro la scintilla dell’amore.

“Passò oltre”È l’intervallo penoso tra il gesto criminale e l’ar-

rivo del soccorritore. Un intervallo riempito didisimpegno, menefreghismo, omissione, in ultimaanalisi egoismo, a partire da chi per primo dovreb-be fermarsi, chinarsi, soccorrere. “Passò oltre” perla fretta apparente, che non scusa quei due che cor-rono via. Non hanno tempo, ma soprattutto voglia.Mettiamoci pure, qui dentro, tutta la distrazionementale (ed economica) sul problema dell’anziani-tà. E aggiungiamo che la fretta significa superficia-lità, un correre sulle cose e di fatto non risolverle.Oggi la complessità sociale, economica, politica,esige di risanare antiche e nuove povertà e ingiusti-zie con “un di più di amore” e di dedizione. Nonbastano atti sporadici, ma si esigono attenzione einterventi sistematici, senza mai abbassare la guar-

dia. E il rischio viene – e mi si lasci dire – da coloroche (anche medici) ritengono siano sufficienti gliinterventi tecnico-scientifici-finanziari-strutturalisenza molta implicazione di sé. “Prendersi cura”rimanda invece (nel senso indicato) e implica unpiù profondo coinvolgimento dall’inizio alla fine.

A livello etico-cristiano c’è sempre “un di più”che sfugge ed è oltre la sola pur encomiabile assi-stenza sanitaria tecnico-scientifica. “Passò oltre”:forse per una certa paura che attanaglia quando ci sideve impegnare fino in fondo. E qui, ecco la con-traddizione dell’odierna cultura: esiste un’esaspera-ta rivendicazione della solidarietà, ma a un tempoanche il rifiuto inconscio di un vero esodo da sé edal proprio egoismo, per fragilità. Si tratta di man-canza di quella formazione che deve passare inesperienza. Ci vuole più cuore: umiltà, riflessione,disponibilità ad agire e (perché no?) preghiera.

“Passò oltre”, forse aggrappandosi ad un alibi,ossia cercando come scusa un impegno imprevisto.Rischio è che non si voglia essere autentici, rischio èsempre pensare di delegare ad altri, non accorciare,ma voler accrescere le distanze, ritrarsi spaventatidalle altrui necessità e rifugiarsi nelle nostre chiusure.

“Si prese cura”Penso ai medici, al personale paramedico,

amministrativo, ausiliario, alla medicina e allestrutture sanitarie, statali e private, alle stesse isti-tuzioni e persone del volontariato. E mi chiedo:quale e con quali criteri la cura degli anziani? Quale“peso” ha il malato anziano, specie in fase termina-le, rispetto ad altri? E quale eventuale maggiore ominore attenzione, impegno concreto, delicatezza,personalizzazione e serie di interventi per poterstare meglio? Esiste certo accanimento terapeutico?O peggio ancora - ma parlo per assurdo: quale con-corso diretto o indiretto per l’eventualità di undolce trapasso, o passaggio soporifero guidato?

Tutte domande che implicano un esame dicoscienza personale, di categoria, di amministra-zione, di politiche ospedaliere statali, locali.Sicuramente ne dibatterete.

Mi piace concludere con l’icona di Gesù Cristo,il buon samaritano, Colui che dovremmo imitarenei sentimenti o gesti concreti, perché incarna latenerezza di Dio.

Gli anziani hanno bisogno (come d’altronde ibambini) dello sguardo paterno-materno e dellatenerezza di Dio, riflessa e concretizzata in tantivolti dei suoi figli (gli operatori che li assistono), inquello del Figlio.

“Sì, va’ e anche tu fa’ lo stesso!” O, se volete: siitu, medico, amico dell’anziano come quel samarita-no, discepolo fedele di Gesù, sempre, in ogni situa-zione!

Intervento al Convegno “La Geriatria: un ospedaleamico dell’anziano” – Alghero (SS), 6/10/06.

Atzei P. - Prendersi cura: problemi etici in Geriatria 5

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Parlare o scrivere ancora di valutazione multidi-mensionale (VMD) o di fragilità (un binomioinscindibile in quanto ciascuno dei due terminirichiama l’altro) rischia di apparire stucchevole emagari indurre nei professionisti reazioni di fasti-dio o addirittura rifiuto nonostante essa appaia,anche quando rappresentata sinteticamente (Fig. 1),idea del tutto condivisibile. Un rischio che eviden-temente non corrono studiosi e ricercatori, in quan-to anche di recente una delle riviste gerontologichedi maggiore impatto ha pubblicato sull’argomento irisultati di uno studio olandese (1) e di una revisio-ne sistematica con meta analisi (2). In entrambi icasi, pur con differenze, si è constatato un effettopositivo in termini di mantenimento di un migliorlivello di autonomia funzionale come esito dell’ap-plicazione dei principi dell’approccio multidimen-sionale. Sta di fatto che nell’arco dei 24 mesi chevanno dal 1 gennaio 2005 al 31 dicembre 2006 il ter-mine frailty – strettamente collegato alla nozione diVMD – è comparso ben 14 volte nell’ambito deititoli pubblicati dalla rivista Journal of AmericanGeriatric Society.

Nonostante questa capillare e consolidata pre-senza nella pubblicistica scientifica, l‘implementa-zione della buona pratica clinica della VMD è assaicarente se si prende a riferimento il sistema sanita-rio nel suo complesso. Può essere utile esaminarealcune possibili cause della contraddizione.

Probabilmente una prima causa sta nella diffi-coltà a praticare gli aspetti concretamente operativi– così come vengono proposti dalla ricerca – e adapplicare quanto consegue alla teoria all’internodella relazione di cura con l’anziano in manierageneralizzata. Questa difficoltà rischia di produrreuna situazione di stallo che confina i comportamen-ti specifici dell’approccio multidimensionale a con-

testi avanzati, di ambito limitato e quindi non este-si alla maggioranza delle realtà, o comunque li limi-ta essenzialmente all’ambito della ricerca clinicagerontologica. Il tutto viene aggravato da un certogrado di inerte riluttanza da parte del singolo pro-fessionista ad abbandonare gli schemi della medici-na tradizionale. La combinazione di una pratica icui tratti specifici fanno fatica ad adattarsi ai conte-sti più normali con le difficoltà che incontra il pro-cesso di trasformazione dell’azione medica e infer-mieristica, ha impedito finora alla VMD di diventa-re il golden standard generalizzato, perlomenonella cura dell’anziano, come dovrebbe essere.

Il valore teorico della valutazione multidimen-sionale, riconosciuto dalla quasi totalità degli opi-nion leaders in ambito gerontologico e dimostratodai risultati della ricerca confermativa (3), devenecessariamente essere trasformato in un valoreempirico operativo con generalizzazione alla totali-tà dei setting assistenziali che si prendono cura dipersone di età avanzata. Fino ad ora infatti esso èrimasto appannaggio prevalente di contesti privile-giati nei quali forte era la spinta per la ricerca o,quand’anche non impegnati nella ricerca, coi trattidelle avanguardie professionali.

Questo fenomeno di autolimitazione è forseimputabile al fatto che si sono pensati e proposti,nell’ambito della ricerca e della sperimentazione,modelli operativi non generalizzabili, soprattuttoquando il rapporto tempo-soggetto valutato eratroppo elevato: ADL e MMSE d’altronde, in quantostrumenti di valutazione di semplice e veloce appli-cazione, con la loro radicata accettazione e diffusio-ne dimostrano che quando si rispetta il principiodella semplificazione e del ridotto consumo ditempo (forse opportunistico ma senz’altro realisti-co), vi sono maggiori probabilità che uno strumen-to venga adottato dalla maggioranza dei professio-nisti. Il primo suggerimento è conseguentementequello di proporre un numero limitato, ben selezio-nato ed ultra focalizzato di strumenti di valutazio-ne formalizzati, dato che questi richiedono sempreun tempo aggiuntivo al lavoro dei professionisti,

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ATTUALITÀ DELLA VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE EGERIATRICA

Salsi A.

Direttore UO Geriatria Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna

Riassunto: Vengono richiamati ed analizzati gli elementi critici che hanno caratterizzato la diffusione della valutazio-ne geriatrica multidimensionale e formulati alcuni suggerimenti per aumentarne e migliorarne il grado di applicazio-ne.

Parole chiave: Valutazione multidimensionale, anziano.

Summary: Comprehensive assessment related problems are evaluated as they appear in the routine setting. Suggestions forimproving implementation are focused.

Key words: Comprehensive assessment, elderly.

Indirizzo per la corrispondenza:Afro SalsiDir. UO Geriatria Azienda Ospedaliero-Universitaria di BolognaVia Abertoni, 15 - 40110 BolognaTel.: 0516362251

avendo cura di scegliere solo quelli che sono ingrado di condizionare il lavoro di cura. Non si devedimenticare infatti l’ulteriore scopo della valutazio-ne che è quello di essere finalizzata all’assistenza enon di esaurirsi in se stessa. Forse si può ancheomettere di valutare, se valutare non giova all’an-ziano.

Nel mondo reale di un’assistenza che sollecitaazioni sempre più veloci si rende necessario inven-tarsi delle scorciatoie che magari fanno storcere ilnaso ai puristi dell’ortodossia metodologica mache, a ben vedere, sono comunque in grado di inne-scare le corrette procedure insieme mantenendovive le conoscenze che formano il corpo dottrinaledella VMD. È il caso, a puro titolo di esempio, disemplici quesiti da inserire nella raccolta del-l’anamnesi, che potremmo definire domande-sonda o separatori e che – se sono la reale espressio-ne della cultura e della formazione del professioni-sta – predispongono le condizioni per la formula-zione di piani di cura inevitabilmente multidimen-sionali (Fig. 2). Insomma il format in cui riportare ildato della VMD non sarebbe quello cartaceo concampi più o meno numerosi e più o meno validati,bensì il medico e l’infermiere con funzioni di cura.Naturalmente il prezzo da pagare sarebbe quello dirinunciare ad una parte di dati potenzialmente utilia fini di ricerca e di descrizione dei processi. Vero èche tale scopo può comunque continuare ad essereperseguito in quei contesti nei quali la ricerca rap-presenta uno scopo primario. Se occorre generaliz-zare e quindi consolidare la VMD, non esistonoalternative.

Pensare che lo strumento della valutazione mul-tidimensionale possa essere esteso coinvolgendo latotalità delle pratiche di cura in tutti i contesti spe-cialistici non è solo velleitario, trattandosi di unametodica in realtà assai complessa e di non sempli-ce applicazione, ma finisce, direi inevitabilmente enella migliore delle ipotesi, con il restare confinataalla fase di messa a punto teorica o ad un atto diproceduralizzazione, mediante compilazione discale e schede cartacee i cui effetti sono spesso infe-riori non solo alle potenzialità del sistema maanche alle aspettative dei soggetti in cura. Ne èdimostrazione la mancata generalizzazione deiprincipi della medicina olistica, da sempre nei trat-tati e nei corsi teorici di formazione, quasi mai neicomportamenti individuali. È probabile che siameglio affidare il compito a chi possiede doti daspecialista: la schematicità sapientemente essenzia-le della descrizione delle ADL non implica che tuttiabbiano la competenza necessaria ad utilizzarla inmaniera conveniente. Anche la diagnosi di infartomiocardico – dolore, alterazioni elettrocardiografi-che, alterazioni enzimatiche – è assai schematizza-bile, ma non per questo si ritiene che essa sia allaportata di tutti! A questo proposito non si può pre-scindere da un forte richiamo alla responsabilità dichi forma, affinché all’interno di percorsi chiavecome la formazione del medico e dell’infermiere la

VMD trovi lo spazio e l’enfasi che merita, comeanche recentemente è stato scritto (4).

In alcune situazioni come quella della transizio-ne da un setting ad un altro, vi è il dubbio che ilrischio di discontinuità sia aggravato anziché miti-gato dall’eccesso di burocrazia cartacea che è neces-sario compilare: forse chi compila diligentementel’intera modulistica prevista da una determinataprocedura ritiene, una volta espletata questa prati-ca, di aver efficacemente esaurito il proprio compi-to. Non vi è una procedura che dia migliori garan-zie di continuità di cura di un’altra. Sembra invecedi poter affermare che lo scopo viene meglio rag-giunto quando ad agire sia uno specialista (5).

Recentemente qualcuno ha proposto di metterea riposo la scala di Conley usata per individuare glianziani ricoverati negli ospedali a rischio di caduta(6). Fra le ragioni, che sono più d’una, della propo-sta – condivisibile e solo apparentemente assurda –il fatto che gli studi finora disponibili hanno dimo-strato che nessun intervento fra quelli testati si èrivelato efficace in maniera convincente e quindi lacompilazione sarebbe un inutile aggravio del pro-cesso assistenziale, che oltretutto enfatizza ilmomento valutativo forse a scapito di quello opera-tivo. Meglio forse investire sulle potenzialità di unsetting che affidi alle procedure e alle abilità deiprofessionisti, e non alle indicazioni di una scala dirischio, la scelta dei provvedimenti da adottaresecondo gli usuali criteri di efficacia ed efficienza.

Semplificazione, realismo ed ingaggio dei pro-fessionisti secondo le logiche della disciplina spe-cialistica old-oriented sono gli ingredienti base pertrasformare la valutazione multidimensionale daraffinato strumento teorico in un valore empiricoper le pratiche generali indirizzate agli anziani nel-l’ambito di contesti cosiddetti normali quanto arisorse fruibili e ad investimenti possibili, che sonola stragrande maggioranza.

Comunque sia, non si può prescindere dal ricor-so alla VMD, affinché la messa a punto della dia-gnosi e della prognosi da parte dello specialistapermetta di inquadrare i problemi attuali e preve-dere quelli futuri, come è logico attendersi nellareciproca interazione tra malattia e contesto socio-assistenziale. Il processo di valutazione multidi-mensionale aprirà quindi la strada ad un’azione direale guadagno di salute secondo una visione glo-bale della medesima realmente centrata sul pazien-te anziano ed in grado di allocare correttamente lerisorse disponibili.

Fra i rischi insiti in una non accorta applicazio-ne dei principi operativi della VMD vi è, però,anche quello dell’eccesso di semplificazione e delladespecializzazione e quindi della banalizzazione oaddirittura omissione della fase dell’inquadramen-to clinico, inteso proprio come inquadramento dia-gnostico e puntualizzazione della prognosi com-plessiva indotta dalle comorbidità. Possiamo rite-nere questo comportamento l’anticamera di perico-lose omissioni distorsive di una efficace costruzio-

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ne dei piani individualizzati di cura ed anche fontedi allocazione impropria di risorse (Fig. 3). Ritenereche chiunque – anche se non formato in manieraspecifica e purchè dotato di un minimo di buonsen-so pratico – sia in grado di sostituirsi all’esperto èasserzione contestata e da contestare . Nulla di piùerrato. Vi è il secondo dei quattro passaggi cheschematicamenente descrivono la procedura (Fig.4), quello appunto che, una volta inquadrato il pro-blema emergente, richiede la messa a punto di dia-

gnosi e prognosi tanto puntigliose da renderenecessaria l’opera di specialisti qualificati e cherappresenta il passaggio chiave per meglio orien-tarsi nei due domini dell’inquadramento funziona-le e sociale.

Forse la correzione di alcuni dei difetti applica-tivi riscontrabili nella fase di applicazione e diffu-sione della VMD potrà conferire a quest’ultima ilruolo e l’importanza che le spettano.

BIBLIOGRAFIA

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BackgroundLa caduta rappresenta per l’anziano un evento

clinico di estrema rilevanza in quanto fra le primecause di grave disabilità, istituzionalizzazione emorte (1). Tra le Grandi Sindromi Geriatrichesecondo la regola delle “I” (vedi tabella) le primedue sono rappresentate dall’Instabilità posturale edall’Immobilizzazione, ad indicare l’importanteruolo che rivestono nella valutazione del pazienteanziano, sia dal punto di vista della prevenzionedel rischio che degli interventi atti a ridurre la disa-bilità una volta verificatosi l’evento (2).

Effetti dell’invecchiamento sulla stabilitàposturale

L’invecchiamento comporta diverse alterazionisulla stabilità posturale, in condizioni sia staticheche dinamiche, con un incremento delle oscillazio-ni posturali in senso antero-posteriore da ricondur-re alle modificazioni involutive dei seguenti organied apparati:

a) Organi di senso (sensibilità propriocettiva,vibratoria e cinestesica, funzione vestibolare e sen-sibilità visiva);

b) Centri nervosi di integrazione; c) Sistema effettore muscolo-scheletrico. L’instabilità posturale è una condizione oggetti-

va osservabile, caratterizzata dalla precarietà dimantenimento dell’equilibrio durante la posizioneeretta e/o la marcia conseguente all’alterata funzio-nalità di uno o più meccanismi che cooperano alcontrollo dell’equilibrio nell’ambito di un sistemaaltamente integrato tra: vie nervose afferenti, siste-ma nervoso centrale, vie nervose effettrici. LaComorbilità, tipica del paziente anziano, implicaun insieme di malattie che compromettono la fun-zionalità di più sistemi coinvolti nel mantenimentodell’equilibrio e dell’andatura quali:

a) Ipovedenza ed insufficienza vestibolare;b) Sarcopenia e ridotta flessibiltà articolare;c) Assunzione cronica di benzodiazepine con

alterato stato di vigilanza;d) Neuropatia diabetica;e) Parkinson ed ipotensione ortostatica; ecc.

Instabilità posturale, sensazione di sbandamen-to e vertigine sono entità cliniche di comune riscon-tro in età avanzata. Da uno studio condotto negliUSA la “sensazione di sbandamento” risulta esserela prima causa che induce l’ultrasessantacinquennea recarsi dal medico.

Valutazione clinicaLa competenza Geriatrica è fattore imprescindi-

bile per un corretto inquadramento clinico deldisturbo riferito. L’importanza della valutazionedel rischio di cadute e fratture e dell’attuazione diprogrammi di prevenzione o di riduzione dellecomplicanze correlate all’evento è intuibile, poichétante e diverse sono le cause di cadute, fratture edisabilità, immobilizzazione, istituzionalizzazionee morte.

Epidemiologia L’incidenza annuale delle cadute nell’anziano è

pari a: 1/3 degli ultrasessantacinquenni viventi adomicilio, la metà degli ultraottantenni e più del50% degli istituzionalizzati (3). Il 40-50% di essi vaincontro, nel corso dello stesso anno, ad almeno unnuovo episodio (4).

I motivi per cui l’anziano presenta un così altorischio di cadere sono riconducibili a tre fattori diregola coesistenti:

a) Invecchiamento: perdita di efficienza funzio-nale dei sistemi ed apparati responsabili della stabi-lità posturale, dell’equilibrio e della fluidità deimovimenti quali l’Apparato Visivo, Uditivo,Locomotore ed il Sistema Nervoso.

b) Malattia: Malattie del sistema nervoso (ictus,delirium, M. Parkinson, demenze, crisi epilettiche,ecc.); Malattie del sistema cardiovascolare (sincope,ipotensione ortostatica, aritmie, scompenso cardia-co); Anemia; Ipoglicemia; Disturbi idro-elettrolitici;Incontinenza urinaria; Deformità scheletriche;Malattie psichiatriche; Broncopneumopatia, etc.

c) Ambiente: la maggior parte delle cadute siverifica durante le comuni attività della vita quoti-diana (camminare, scendere le scale) e solo il 5%delle cadute nell’anziano è da attribuire ad attivitàa rischio (arrampicarsi su scala a pioli, salire susedia ecc.). Più del 70% avviene in casa e nel 50% diesse è riconoscibile un fattore ambientale (pavimen-ti scivolosi, tappeti, mancanza di maniglie o corri-mano, scarsa illuminazione, ostacoli, ecc.). Neipazienti ricoverati o residenti in istituzioni le cadu-te avvengono più spesso in prossimità del letto (3).

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CADUTE E SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE NELL’ANZIANO

Filippi A., Virdis V., Salvo R., Falconi S., Rotondo A., Nieddu A.

U.O. Geriatria Policlinico Sassarese - Sassari

Indirizzo per la corrispondenza:Dott.ssa Alessandra FilippiDivisione di geriatria di Sassaric/o Policlinico Sassarese di SassariViale Italia, 11 - 07100 Sassari

I mezzi di contenzione usati indebitamente per pre-venire le cadute negli anziani confusi, agitati,dementi possono essere causa indiretta di caduta!

Conseguenze delle cadute nell’anzianoRappresentano la 5° causa di morte in età mag-

giore ai 65 anni, con una mortalità che si triplicadopo i 65 anni ogni 10 anni nelle classi di età piùavanzate. Il rischio di caduta è 4 volte maggiorenella fase immediatamente successiva ad unamalattia acuta o alla dimissione dall’ospedale acausa di:

a) più frequenti episodi di ipotensione ortostati-ca;

b) maggiore debolezza dei muscoli antigravitaria causa della perdita di efficienza dei sistemi chepresiedono alla postura ed al movimento (indottadall’allettamento).

Conseguenze delle cadute nell’anziano che dob-biamo sempre indagare perché potrebbero averepotenzialmente una rapida e sfavorevole evoluzio-ne se non riconosciute tempestivamente sono: trau-mi cerebrali, ematoma subdurale, ematoma epidu-rale, contusione cerebrale, emorragia intraparen-chimale e le fratture. In merito a queste ultimericordiamo quanto sia più frequente nell’anzianol’incidenza delle fratture, soprattutto di femore e

della colonna vertebrale, a causa del “fattore dirischio” Osteoporosi. L’osteoporosi nei soggetti dietà avanzata è caratterizzata da una propria epide-miologia ed elevati costi sociali, correlati alla stessapatogenesi ed ai fattori di rischio età correlati, enecessita di programmi di prevenzione della pato-logia stessa e/o delle complicanze che ad essa con-seguono, prime fra tutte le fratture di femore, perarrivare fino alla immobilizzazione prolungata consindrome da allettamento, alla istituzionalizzazio-ne, alla morte. Nella valutazione dell’anziano checade si è dimostrato utile l’utilizzo dell’algoritmodiagnostico di seguito illustrato (5).

Uno degli strumenti di valutazione dell’equili-brio e dell’andatura e del rischio di cadute e frattu-re nell’anziano, validato a livello internazionale emaggiormente utilizzato, è rappresentato dallaScala di Tinetti (vedi allegato).

Congresso Regionale S.I.G.Os.Percorsi di cura in Geriatria tra intensità e cronicitàSassari 14 Giugno 2008.

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BIBLIOGRAFIA

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Definizione e classificazioneNel 1996 nell’ambito di un Consensus Meeting

dell’International Psychogeriatric Association (IPA)fu introdotta la definizione di Behavioural andPsychological Symptoms of Dementia (BPSD).

Secondo l’IPA si tratta di alterazioni della perce-zione, del contenuto del pensiero, dell’umore o delcomportamento, che si osservano frequentementein pazienti con demenza.

Rappresentano l’80-90% dei casi in cui il geriatraaffronta problematiche di deterioramento cognitivoindipendentemente dall’eziologia (4).

I disturbi comportamentali possono esseredistinti in sintomi affettivi e dell’umore (depressio-ne, ansia, irritabilità), sintomi psicotici (deliri e allu-cinazioni), disturbi della personalità (indifferenza,apatia, disinibizione), sintomi neurovegetativi(disturbi del sonno, del comportamento alimentare,dell’attività sessuale), comportamenti specifici(vagabondaggio, aggressività, agitazione) (1,3,5).

I disturbi psichici e comportamentali delledemenze rappresentano la causa più frequente diistituzionalizzazione, di prescrizione farmacologicae di intervento medico, determinano un notevoleaumento della disabilità, sono causa di stress gravedei caregiver con conseguente riduzione della loroqualità di vita e di quella del paziente e, non menoimportante, determinano un aumento dei costi eco-nomici della malattia.

I BPDS hanno un’alta prevalenza in tutte leforme di demenza con alcune differenze nei tempidi comparsa. Infatti mentre si presentano precoce-mente nelle demenze frontotemporali ed in quella acorpi di Lewy, nelle demenze vascolari e nella M. diAlzheimer (AD: la forma più frequente di demenza,60% dei casi) compaiono più tardi, sono difficil-mente standardizzabili, con decorso fluttuante,ricorrenti in diverse fasi della malattia, con inciden-za diversa ed estremamente influenzabili da varia-bili somatiche, ambientali, fisiche e sociali (10).

I disturbi comportamentali si presentano piùspesso con agitazione ed irrequietezza (64%), quin-

di aggressività verbale e fisica (50%), comporta-mento motorio aberrante, movimenti ripetitivi(43%), a seguire alterazioni del ciclo sonno-veglia(39%), vagabondaggio (24%), comportamenti inap-propriati (21%). Possiamo individuare sostanzial-mente tre clusters attraverso i quali raggruppare iBPSD: un cluster psicotico, uno depressivo ed unocomportamentale.

Il cluster psicotico è caratterizzato soprattuttoda deliri ed allucinazioni. A differenza dei classicidisturbi psicotici, l’ideazione delirante del pazientecon AD risulta poco strutturata, variabile a decorsofluttuante, e solitamente è scatenata da uno stimoloesterno. I deliri più frequenti sono quelli a contenu-to paranoideo (gelosia, nocumento, latrocinio,abbandono, etc.), ma anche misidentificazione deli-rante. Spesso correlate ai deliri sono le allucinazio-ni, percezioni involontarie e ricorrenti di immaginiin assenza di un corrispondente stimolo esterno (7).Le immagini, di solito persone o animali e, menofrequentemente, oggetti, possono essere attraentima il più delle volte sono così spiacevoli e distur-banti da richiedere un trattamento farmacologico.Nella AD le allucinazioni sono prevalentemente ditipo visivo, con un contenuto riguardante soprat-tutto persone note (figli, persone defunte, spesso igenitori), ma anche animali (cani, gatti, ma ancheinsetti, topi, uccelli). Le immagini sono ben descrit-te, chiare, molto precise e presenti soprattutto nelleore serali. Vengono vissute con estrema partecipa-zione affettiva dai pazienti, i quali possono mostra-re rabbia, il più delle volte dovuta al fatto che ven-gono contraddetti dai familiari. Altri pazientimostrano indifferenza, da mettere in relazioneall’impoverimento emozionale che spesso accom-pagna le fasi avanzate della malattia. Nella malattiaa corpi di Lewy (LBD), patologia dementigena pro-gressiva caratterizzata da fluttuazione dello statocognitivo e parkinsonismo, le allucinazioni hannocontenuti complessi e ben strutturati e comportanospesso reazioni emotive molto forti (12).

Il cluster depressivo è caratterizzato da altera-zione del tono dell’umore (depressione, euforia,labilità emotiva, comportamento negativo); in par-ticolare la depressione ha una prevalenza molto altanella AD e non soltanto quando il paziente è anco-ra nosognosico, cioè con insight sufficiente a verba-lizzare ciò che sta vivendo in rapporto a ciò che erain passato, ma anche nelle fasi avanzate di malattia,

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 13

DISTURBI PSICOTICI E COMPORTAMENTALI (BPSD) NELLEDEMENZE

Casu A.

Direttore Medico RSA e Centro diurno demenze - Fondazione San Giovanni Battista - Ploaghe (SS)

Indirizzo per la corrispondenza:Antonello CasuVia Principessa Jolanda, 8 - 07100 SassariTel.: 0793764034 cell.:3462209808

quando tale capacità si riduce o si annulla (11).Il cluster comportamentale è caratterizzato inol-

tre dalla presenza dei cosiddetti disturbi neurove-getativi (del sonno e del sundowning, dell’alimen-tazione e dell’attività sessuale). I disturbi del sonnosono stati descritti fin nel 70% dei soggetti con ADosservati, in genere sia con insonnie lacunari checon inversione del ritmo sonno-veglia, che sembraessere tra i fattori maggiormente incidenti sul “car-giver burden” (11).

Patogenesi e trattamento dei BPSDLa patogenesi dei BPSD può essere considerata

di natura bio-psico-sociale. Sono da considerarepertanto fattori biologici (processo demenziale,comorbilità, fattori genetici), fattori psichici (perso-nalità premorbosa, predisposizione), fattori inter-personali (stress del caregiver, scarse relazionisociali) ed infine fattori ambientali (istituzionaliz-zazione, ospedalizzazione, trasferimenti, etc.);quindi il trattamento dei disturbi comportamentalirichiede una attenta valutazione di questi ma anchedi altri importanti fattori.

Infatti, non infrequentemente la loro comparsapuò esprimere uno stato di malessere organico(dolore, costipazione, ritenzione urinaria, fame, sete,stato febbrile), o anche una condizione di polifarma-coterapia, abbastanza comune nella pratica clinica,in anziani con demenza, che può dar luogo alla com-parsa di disturbi psicotici (cause iatrogene).

Ancora una volta, si evidenzia la necessità di unapproccio multidimensionale per affrontare unproblema di notevole impatto nella gestione di unarealtà assistenziale così delicata quale quella dal-l’anziano affetto da demenza, individuando gliindicatori del problema e adottando delle lineeguida che ci consentano di valutare la gravità deldisturbo comportamentale e conseguentemente dimettere in atto una revisione potenziale delle causedel comportamento stesso.

Per quanto riguarda il trattamento farmacologi-co dei disturbi psicotici, questo si basa sull’utilizzodei farmaci neurolettici. Nel 2001 l’AmericanAcademy of Neurology ha indicato il ruolo dei far-maci antipsicotici atipici, nel trattamento deidisturbi comportamentali nel decadimento cogniti-vo, di qualsiasi etiologia.

Gli antipsicotici atipici si sono dimostrati infattiefficaci nei BPSD dei pazienti con AD. Prima del-l’avvento degli antipsicotici atipici i farmaci piùutilizzati in questo ambito sono stati i classici neu-rolettici o tipici, e nonostante gli studi statisticiabbiano evidenziato la loro efficacia nella riduzionedei BPSD nei pazienti con demenza, attualmente illoro uso è stato molto limitato per la frequenteinsorgenza di effetti collaterali, soprattutto di tipoextrapiramidale. Gli atipici, pertanto, sono almomento più utilizzati in quanto risultano megliotollerati e più sicuri rispetto ai tipici.

Di fatto gli antipsicotici atipici presentano a lorovolta alcuni effetti collaterali tra i quali i più impor-

tanti sono sicuramente gli effetti avversi di tipo cere-brovascolare (stroke ischemico) e cardiovascolare.

Gli studi (6,3,14) infatti sembrano concordi nel-l’attestare che, in particolare se presenti fattori dirischio, sia gli antipsicotici tradizionali che quelliatipici possono determinare l’insorgenza di eventiavversi cerebrovascolari, mentre il rischio globaledi mortalità risulta maggiore per l’uso degli antip-sicotici tipici.

Alla luce di ciò, sarebbe preferibile l’utilizzodegli antipsicotici atipici per il trattamento deiBPSD, limitatamente alle forme più severe ecomunque sempre per periodi di tempo limitato econ frequenti controlli sul paziente.

Trattamenti alternativi includono gli anticonvul-sivanti, quali divalproato e carbamazepina, e le ben-zodiazepine ad emivita breve, quali lorazepam e oxa-zepam (8). Possono inoltre rivelarsi utili altre classi difarmaci quali gli antidepressivi: gli SSRI ed i triciclicisono infatti efficaci nella depressione dei pazienti conAD ma gli SSRI sono meglio tollerati (2).

L’utilizzo di questi farmaci, indubbiamenteindispensabile in alcuni casi, può essere gravato dalrischio di un utilizzo improprio ed eccessivo che sitraduce in una vera e propria forma di contenzione,tanto che negli Stati Uniti sono state delineateanche delle linee guida che ne regolano l’utilizzonelle nursing home (9).

Oltre ai trattamenti con farmaci, nella gestionedelle demenze negli ultimi anni è diventato parti-colarmente diffuso l’uso di terapie non farmacolo-giche. I vari trattamenti non farmacologici si fonda-no su basi teoriche diverse:

a) l’esercizio è in grado di ritardare il declinofunzionale;

b) l’adattamento dell’ambiente alle capacitàresidue del paziente demente riduce i disturbi com-portamentali;

c) i meccanismi di plasticità di riorganizzazionee adattamento funzionale del sistema nervoso cen-trale permettono un recupero delle funzioni persein conseguenza della patologia degenerativa ovascolare.

La valutazione di efficacia di questi interventipresenta però maggiori difficoltà rispetto agli inter-venti farmacologici in quanto è più difficile defini-re, standardizzare, mettere in atto e confrontaretrattamento attivo e placebo.

Tra gli interventi si ricordano il Memory training,la ROT (Reality Orientation Therapy) e laMusicoterapia, di cui esistono studi controllati e ran-domizzati che ne dimostrano l’efficacia. Altri inter-venti sono la Validation Therapy, la Terapia di remi-niscenza, di cui esistono pochi studi mal comparabi-li o disponibili, mentre esistono tre studi randomiz-zati e controllati su interventi non farmacologicicombinati che hanno riportato risultati positivi (2).

Congresso Regionale S.I.G.Os.Percorsi di cura in Geriatria tra intensità e cronicitàSassari 14 Giugno 2008.

14 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Casu A. - Disturbi psicotici e comportamentali (BPSD) nelle demenze 15

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Nell’ambito della comunità psichiatrica interna-zionale si svolge, da anni, un intenso dibattito sul-l’importanza della patologia depressiva, sulla suadefinizione, prevalenza nelle varie età e contesti bio-psico-sociali, criteri diagnostici, prognosi, impattosulla qualità della vita quotidiana, possibilità tera-peutiche. Di recente 2 studiosi australiani hannoscritto su quest’argomento delle opinioni contra-stanti, soprattutto per quanto riguarda la depressio-ne in età adulta; mentre uno sosteneva che vi è unatendenza alla sovradiagnosi della depressione,medicalizzando variabili, ancorché normali, e statid’animo e trattandoli farmacologicamente, senzaevidenti benefici, l’altro poneva in risalto la acquisi-ta capacità diagnostica della classe medica, nonché ibenefici del trattamento antidepressivo (1).

Tale dibattito non sussiste per ciò che riguarda ladepressione geriatrica, anche se negli ultimi anni si èassistito ad un aumento di prevalenza nell’uso diantidepressivi nella popolazione anziana; tale datonon trova per ora una spiegazione esauriente corre-lata ad un effettivo aumento del riconoscimento disindromi depressive e loro trattamento (2); per dipiù, mentre è stato calcolato che il trattamento delladepressione geriatrica incide di poco sui costi mediannuali, questi ultimi sono di 1/3 maggiori neipazienti ambulatoriali depressi rispetto ai nondepressi (3); ci sono quindi innumerevoli studi cherilevano come la depressione nella tarda età sia malriconosciuta, sottoindagata e diagnosticata ed ancormeno trattata correttamente. Tali difficoltà hanno leloro radici nelle caratteristiche stesse della depres-sione negli anziani, caratteristiche che, anche se nonriconosciute dalla nosografia ufficiale come contri-buenti alla costruzione di entità psicogeriatricheindipendenti, identificano nella depressione in tardaetà uno dei maggiori fattori di rischio per lo svilup-po della sindrome geriatrica più grave, che è lo statodi fragilità. Oltre ad alcune importanti peculiaritàsintomatologiche, la depressione geriatrica tendefacilmente a ricorrere od a cronicizzarsi, anche peruna bassa prevalenza dei soggetti trattati (meno del40%), che comunque presenteranno, molto probabil-mente, una cospicua sintomatologia residua ad ognisingolo episodio. Essa è associata quasi sempre acomorbidità mediche, con un maggior uso dei servi-

zi medici, a cui, nonostante ciò, corrisponde unaumento della mortalità da malattie organiche. Isoggetti anziani depressi tendono maggiormente aldeclino cognitivo con un’alta prevalenza di disturbidemenziali, ad una peggiore funzionalità fisica esociale, e per ciò che riguarda i maschi, ad un mag-gior rischio suicidario (4,5).

I dati di prevalenza della depressione in etàgeriatrica, ancorché rilevanti numericamente, pre-sentano notevoli discrepanze tra i vari studi; talidifferenze trovano le loro spiegazioni tra le coortistudiate dal punto di vista della tipologia e dellagravità sindromica (pazienti con depressione mag-giore vs pazienti con altri tipi di sindromi affettive),del tipo di collocazione abitativa (pazienti in comu-nità, ospedalizzati od istituzionalizzati) e della pre-senza di comorbidità fisiche (6).

Andando a diagnosticare la depressione geria-trica, bisogna tener conto sia dei fattori di rischioper l’insorgenza dell’episodio depressivo indice(sesso femminile, storia di pregressa psicopatolo-gia, severità delle comorbidità mediche, presenzadi dolore e grado di disailità funzionale) che diquelli facilitanti le frequenti ricadute (numero diepisodi lifetime, fattori psicosociali individuali,insonnia cronica, deterioramento cognitivo, rischiocerebrovascolare, trattamento non adeguato). Tra lepeculiarità sintomatologiche va rilevata la maggiorpresenza di sintomi somatici e cognitivi di fronteagli scarsi sintomi affettivi classici; quindi, presen-za di anedonia, mancanza di emotività e perdita diinteressi, senza importante depressione, tanto da

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 17

LA DEPRESSIONE:PATOLOGIA DIMENTICATA O SOTTOVALUTATA

Manor M.1, Platania I.2

1Ospedale Israelitico, Roma, 2Università di Catania

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Mordechai ManorDivisione di Geriatria dell’Ospedale IsraeliticoVia Fulda, 14 - 00148 Roma

Caratteristiche della depressione geriatrica

➢ Decorso cronico o ricorrente, peculiarità sinto-matologiche

➢ Non trattata in più del 60% dei casi➢ Alta probabilità di sintomatologia residua➢ Associata a:

- maggior utilizzo dei servizi medici- maggiore comorbidità e/o mortalità da

malattie organiche- basse prestazioni a tests cognitivi ed alta

prevalenza di disturbi demenziali- peggiore funzionalità fisica e sociale- maggiore rischio suicidario (> in maschi)- aumento volumetrico dei ventricoli laterali

cerebrali e frequenti iperintensità dellasostanza bianca a RMN

far coniare il termine di “Depressione senza tristez-za” (7). Importante dal punto di vista della gestionedel caso specifico la frequente presenza della triadedepressione–dolori–insonnia, fonte di circolaritàpeggiorante il quadro clinico e le possibilità terapeu-tiche. Inoltre c’è da ricordare come i pazienti interni-stici e depressi presentano una compliance 3 voltepeggiore rispetto ai non depressi, per ciò che riguar-da le prescrizioni farmacoterapiche ed i consigli nonfarmacologici, la dieta, l’esercizio fisico e finanche lacapacità di puntualità ai controlli di follow-up (8).

Impedimenti ad un immediato riconoscimentodella patologia depressiva ed al conseguente tratta-mento si possono individuare a tre livelli: al livello delpaziente, al livello del medico di famiglia ed a quellospecialistico. I pazienti, soprattutto i maschi, tendonoa non riferire sintomi depressivi, visti come stigmati-ci e attribuiti all’invecchiamento, alle malattie medi-che od alla povertà; si preoccupano dell’impressionenegativa della diagnosi sui familiari e si aggrappanoa falsi miti come la dipendenza da antidepressivi o laloro nociva interazione con altre terapie. Il medico difamiglia ha poco tempo durante una visita che si con-centra sulle comorbidità internistiche, nella qualeemergono eventualmente, sintomi comuni a depres-sione e malattie mediche o demenza; egli potrebbedar molto peso a fattori reali di vita (sfratto, lutto, etc.)che provocano un diminuito tono dell’umore. Infine,a livello specialistico, vi possono essere impedimentia livello della disponibilità, in termini di distanza e ditempi d’attesa, dei servizi oppure problemi di rimbor-so economico (es. farmaci non rimborsabili).

Impedimenti al riconoscimento e trattamento delladepressione geriatrica

* MMG – Medico di Medicina GeneraleUn’altra caratteristica predominante della depres-

sione geriatrica è la costante presenza di comorbi-dità mediche, influenzanti negativamente sia ildecorso che la prognosi e gli esiti clinici. Mi soffer-mo stavolta solo su poche delle molte variabilicomorbide possibili.

La depressione in corso di scompenso cardiacopresenta una prevalenza che varia attraverso glistudi, raggiungendo punte del 60%; anche l’inci-denza raggiunge il 70% laddove essa viene correla-ta con la presenza di più fattori di rischio, tra i qualivanno annoverate: la vita solitaria, l’abuso d’alcool,la severità dello stato di salute e la frustrazionerispetto alle cure ricevute. Ne conseguono peggio-ramenti della sintomatologia cardiaca (maggioreseverità di affaticamento dispnea e precordialgia),dell’autonomia funzionale e della qualità di vitadei pazienti, con un maggiorato tasso di ospedaliz-zazione e, quindi, con un aumento dei costi assi-stenziali, culminando poi con un maggior rischio dimortalità (9).

In campo ortopedico è risaputa la correlazionetra stati depressivi e occorrenza di fratture. Unrecente studio fornisce una seppur parziale spiega-zione nella correlazione positiva tra severità di sin-tomi depressivi e tassi di perdita di massa ossea indonne anziane (10).

È risaputa anche la correlazione tra diabete mel-lito e depressione; di recente, è stato dimostratocome questa correlazione risulta maggiore neipazienti con diabete mal controllato; l’emoglobinaglicata assurge a fattore di rischio indipendente perl’incidenza di stati depressivi (11).

Peculiare della depressione geriatrica è la pre-senza di sintomi residui nella maggior parte (oltrel’80%) dei pazienti depressi considerati in remissio-ne. Predicono la severità dei sintomi residui, la pre-senza di comorbidità con il loro stress cronico ed ilgrado di supporto sociale che l’anziano percepisce(12). In effetti, molti dei sintomi somato-vegetativi,pur migliorando rispetto all’inizio del trattamento,mantengono anche dopo 9 mesi una prevalenzanon indifferente; tali sintomi si riscontrano soprat-tutto nei pazienti con comorbidità algiche; infatti, isintomi correlati al dolore sono quelli più difficil-mente remissibili (13).

Comunque, è stato dimostrato come interventi

programmati mirati multidisciplinari sui pazientidepressi con comorbidità mediche abbiano un impat-to positivo sugli esiti della depressione, a prescinderedal carico quantitativo delle comorbidità (14).

Gli esiti degli episodi depressivi sono chiara-

18 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Livello paziente Livello MMG* Livello specialista

Attribuzione sinto-mi depressivi adinvecchiamento omalattia medica

Disattenzione e man-cata preparazione

Disponibilità deiservizi (vicinanza,tempi d’attesa)

Età avanzata e vitain povertà

Focus su comorbidi-tà internistiche

Problemi di rim-borso

Maschi tendono anon riferire sintomidepressivi

Sintomi comuni indepressione edemenza

La depressionevista come stigma

Presenza di motiva-zione reale (es. lutto,sfratto) per esseredepresso

Disaccordo con ladiagnosi di depres-sione

Durante una visita,più tempo vienededicato a disturbimedici

Preoccupazione sul-l’impressione suifamiliari

Antidepressivi crea-no dipendenza odinterferiscono conaltri farmaci

mente correlati alla correttezza della gestione tera-peutica, soprattutto in termini di lunghezza deltrattamento, che dopo la fase acuta necessita dicontinuazione per prevenire le ricadute e di mante-nimento per prevenire le ricorrenze (15). Tale proto-collo, mutuato dalla terapia antidepressiva degliadulti, necessita di adeguamenti e correzioni perso-nali, soprattutto per gli ostacoli che impedisconouna efficace terapia a lungo termine: la non com-pliance, gli effetti collaterali, la mancanza di sup-porto familiare, le automedicazioni, nonché, anco-ra, la presenza di comorbidità. Per combattere effi-cacemente questi ostacoli molto importante è lacosiddetta psicoeducazione, sia dei pazienti che deiloro familiari; ed a proposito di questi ultimi biso-gna ricordare un gruppo di anziani particolarmen-te a rischio per patologia depressiva: sono i par-tners-badanti di anziani affetti da demenza. Ineffetti, oltre il 50% dei caregivers è a rischio di

depressione maggiore, dipendendo essa sia da fat-tori correlati al paziente, sia da condizioni clinico-esistenziali del caregiver nonché dal tipo di relazio-ne tra loro. La gestione di questa situazione devemettere in atto strategie centrate sui pazienti accan-to a quelle centrate sui caregivers, per risponderealle loro diverse necessità: informazioni sullamalattia demenziale, consigli su comportamentidifficili, necessità di parlare ed essere ascoltati, aiuticoncreti quotidiani in aggiunta a necessità di ripo-so, supporto finanziario, etc.

La depressione geriatrica, nella maggioranzadei casi complicata dalla presenza di comorbidità,implica lo sviluppo di disabilità, di dipendenza einfine di un aumento del tasso di mortalità; pertan-to la depressione, in età avanzata, va sempresospettata, va indagata attivamente, riconosciutatempestivamente e trattata coerentemente.

Manor M., Platania I. - La depressione: patologia dimenticata o sottovalutata 19

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20 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Gli anziani rappresentano una popolazioneestremamente suscettibile a malattie legate a fattoriambientali, decadimento cognitivo o comorbidità.Pertanto, rispetto alle persone più giovani, si rivol-gono più spesso al Pronto Soccorso per trovarerisposte ai loro bisogni assistenziali (frequentusers). Studi epidemiologici riportano che dall’11%al 23% di tutti gli accessi al dipartimento di emer-genza riguardano soggetti anziani; queste stimesono destinate a crescere fino a raggiungere il 25%degli accessi nel 2020 (1,2). Un recente studio hadimostrato che i medici che operano neiDipartimenti d’Emergenza tendono a sovrastimarela percentuale di pazienti anziani abitualmente trat-tati; nella loro gestione riscontrano inoltre maggio-ri difficoltà e pertanto desiderano acquisire compe-tenze geriatriche (3). Rispetto alle persone più gio-vani, gli anziani giungono più spesso al ProntoSoccorso tramite trasporto in ambulanza per pato-logia grave o perché non trasportabili con altrimezzi (4), stazionano all’interno degli ambulatoripiù a lungo e richiedono l’utilizzo di più personalee più risorse (esami ematochimici, radiografie, etc)durante l’iter diagnostico (5), anche se ciò non sirisolve sempre in una migliore accuratezza diagno-stica ma, al contrario, diagnosi mancate o scorrettesono frequenti (6). Questo potrebbe essere attribui-to alla presentazione spesso atipica delle malattie,alla comorbidità ed alla politerapia che complicanoil quadro clinico nel soggetto anziano. Il 25% deglianziani che accede al Pronto Soccorso ha sindromigeriatriche (delirium, cadute, incontinenza, failureto thrive) o problemi di caregiver. Uno studio pub-blicato recentemente (7) ha indagato le caratteristi-che dei pazienti anziani (età media 83.5 anni, range75-97 anni) dimessi dal Dipartimento diEmergenza: il 44% dei pazienti con più di settanta-

cinque anni non veniva ricoverato, il 52% dei nonricoverati presentava sintomi aspecifici, il 14% eraprivo di supporto familiare o sociale, la polifarma-coterapia (4.5 farmaci/die) e la comorbidità (il 54%presentava più di tre patologie croniche) erano laregola ed infine il 44% era affetto da compromissio-ne cognitiva (39% nuova diagnosi) ed il 53% dadepressione (33% nuova diagnosi).

In caso di dimissione dal Dipartimento diEmergenza il 10-20% degli anziani ritorna in ProntoSoccorso a 1 mese (44% a 6 mesi), il 15-20% svilup-pa disabilità a 6 mesi e il 10% muore a 6 mesi (8).Uno studio recente (9) riporta che circa il 30% deipazienti geriatrici dimessi dal Pronto Soccorso èsoggetto ad ospedalizzazione, nuova visita o deces-so entro 3 mesi e che dopo una visita in ProntoSoccorso per qualsiasi causa i soggetti anziani sonoa maggior rischio di complicanze mediche, declinofunzionale e ridotta qualità di vita. Il decadimentofunzionale al basale rappresenta il maggiore fattoredi rischio di insorgenza di eventi avversi dopo ladimissione dal Dipartimento di Emergenza. Etàavanzata, recente ospedalizzazione o visita inPronto Soccorso, solitudine o perdita di supportosociale rappresentano altri importanti fattori dirischio (10). Il Pronto Soccorso costituisce il puntomigliore della rete dei servizi sanitari per intercetta-re i pazienti fragili, che presentano un quadro clini-co complesso e spesso ad esito infausto, incapaci diaffrontare condizioni ambientali avverse (come adesempio l’ondata di calore del 2003), assistiti preva-lentemente dalla famiglia che tuttavia riesce sem-pre meno a far fronte ai loro molteplici bisogni cli-nico–assistenziali e che vanno incontro pertanto aospedalizzazioni frequenti e ripetute.L’identificazione dei soggetti a rischio per i qualipuò essere utile il coinvolgimento del Medico diMedicina Generale e dei Servizi Sociali rappresentaun intervento appropriato per migliorare gli outco-me. Per raggiungere questi risultati un recente stu-dio ha prospettato che la Valutazione Geriatricavenga applicata già nel Dipartimento diEmergenza-Accettazione (9). La geriatria ospedalie-

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 21

L’ANZIANO IN PRONTO SOCCORSO

Virdis V.1, Poddighe M.2, Salvo R.2, Falconi S.1, Filippi A.3, Nieddu A.2

1 Università degli studi di Sassari, 2 Policlinico sassarese, 3 Cliniche Universitarie di Sassari

Summary: Compared with younger persons, older adults make larger use of emergency services, their examinations have a grea-ter level of urgency, they have longer stays in the emergency department, they are more likely to be admitted or to have severalexaminations and they experience higher rates of adverse health outcomes after discharge. Triage, clinical assessment and dischar-ge are identified as critical moments during an emergency care process and useful instruments are proposed as possible solutions.

Key words: Elder, Emergency Department, Hospitalization, Geriatric Assessment, Quality of care.

Indirizzo per la corrispondenza:Valentina Virdis Via Torres, 23 - 07100 SassariTel.: 0792856124 Cell. 3391328459E-Mail: [email protected]

ra dovrebbe oggi posizionarsi in stretta relazionenon soltanto con la post-acuzie e il domicilio pergarantire una dimissione protetta, ma anche con ilDipartimento di Emergenza per assicurare una“ammissione” protetta.

Rispetto ai soggetti più giovani, gli anziani pre-sentano percentuali di ospedalizzazione tra 2,5 e4,6 volte più alte (11). In totale circa il 20% delle per-sone che accedono al Pronto Soccorso viene ricove-rato e tra questi il 45% ha più di 65 anni. Nella mag-gior parte dei casi gli anziani si recano al ProntoSoccorso per problematiche di natura internisticapiuttosto che chirurgica o psichiatrica (4,12). È sem-pre più frequente infatti il ricorso al ProntoSoccorso per la riacutizzazione di una patologiacronica, a volte complicata da problematiche assi-stenziali o sociali che innescano spesso episodi diricovero potenzialmente inappropriati o di duratainappropriata. Il geriatra che opera all’interno delPronto Soccorso dovrebbe individuare la prestazio-ne inappropriata, erogabile con altra tempistica oad un altro livello assistenziale (lungodegenza,ambulatorio, domicilio, residenza protetta, ecc.);dovrebbe inoltre cogliere i fattori psicologici, rela-zionali, socio-economici e ambientali che influenza-no la salute dell’anziano, far emergere problemati-che come depressione e dolore, cogliere le peculia-rità ed atipie del paziente anziano sia per le malat-tie acute e croniche che per le grandi sindromigeriatriche (incontinenza, delirio, demenza, immo-bilizzazione), valutandone le problematiche legatealla politerapia ed alle interazioni farmacologiche,ed infine programmare la continuità delle cureall’interno di una rete assistenziale (ospedale, ADI,RSA). Nell’esperienza inglese riportata in un recen-te studio (13), in cui si combina il precoce trasferi-mento di pazienti anziani selezionati in una unitàdi geriatria e il case-management da partedell’Unità di valutazione geriatrica nei reparti dimedicina interna, il risultato sulla degenza mediasia della geriatria che della medicina (-4 gg) è statoevidente, con eliminazione degli outliers medicidurante il periodo invernale: questo si è ottenutocon un miglioramento del management sia clinicoche organizzativo di un particolare profilo dipazienti fragili in un setting specificamente studia-to, mentre l’ammissione di pazienti anziani nonselezionati nel reparto di geriatria non ha mostratobenefici. La nuova organizzazione inoltre è ingrado di prevenire e ridurre il verificarsi di eventiavversi da ospedalizzazione quali declino funzio-nale o cognitivo, morte o istituzionalizzazione.Tuttavia nell’anziano, in particolare se affetto dademenza, i rischi da ospedalizzazione (disabilità,maggiore gravità di patologie concomitanti, deli-rium, slatentizzazione di disturbi psicotici e com-portamentali, aumentata mortalità intraospedalie-ra) non riguardano solo i reparti di degenza, mal’intero percorso di ricovero, a partire dal ProntoSoccorso. I criteri di triage utilizzati solitamentenon sono adeguati ai pazienti anziani (triage e dia-

gnosi rapide, comorbilità e politerapia spesso nonconsiderate) e le problematiche peculiari di questacategoria di pazienti non sono rilevate e prese inconsiderazione (deficit funzionali e cognitivi nonrilevati, mancato uso di strumenti standardizzati).Spesso è il paziente anziano stesso che non sa rife-rire alcune informazioni cruciali, ad esempio laterapia assunta a domicilio. Uno studio ha dimo-strato che solo il 15% dei pazienti geriatrici sapevacorrettamente riferire il nome, la posologia e la fre-quenza di assunzione dei farmaci con cui era interapia al domicilio (14). L’assistenza fornita nontiene conto delle criticità nella gestione del pazien-te nelle strutture di emergenza-urgenza.L’ambiente non è adeguato ad ospitare gli anziani(affollamento, rumorosità, ambienti senza finestre,luce artificiale, tende divisorie, collocazione subarelle, pazienti soli) e eventi avversi legatiall’ospedalizzazione come delirium e cadute posso-no verificarsi già in Pronto Soccorso.

Due studi hanno testato l’uso in ProntoSoccorso di brevi strumenti di valutazione utili perindagare lo stato funzionale basale e predire il suc-cessivo declino funzionale in anziani dimessi dalPronto Soccorso: il Triage Risk Screening Tool(TRST) (15) (Tab. 1) e l’Identification of Seniors AtRisk (ISAR) (16) (Tab. 2).

Tab. 1 - Triage Risk Screening Tool (TRST)

Il Triage Risk Screening Tool (TRST) è compostoda dieci item su problematiche e rischi del pazien-te anziano sottoposto a triage e delinea un altorischio se sono presenti deterioramento cognitivo oalmeno due degli altri criteri, permettendo l’asse-gnazione di un codice di urgenza: presenza di dete-rioramento cognitivo (es. disorientamento, incapa-cità di eseguire comandi semplici, diagnosi prece-dente di demenza o delirium), l’anziano vive solo onon si riesce a reperire un caregiver, difficoltà nelladeambulazione o storia recente di cadute, ospeda-lizzazione o accesso in Pronto Soccorso negli ultimitrenta giorni, assunzione di cinque o più farmaci,valutazione da parte dell’infermiere per sospetto diabuso o negligenza, non compliance farmacologica,sospetto abuso di sostanze, problemi nelle ADL oIADL o altro.

22 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Virdis V., Poddighe M., Salvo R. et al. - L’anziano in pronto soccorso 23

Gli infermieri addetti al Triage affermano che,quando giunge un anziano, la possibilità di rileva-re i parametri vitali consente di ridurre la frequen-za di sottostima della situazione clinica ma spesso,quando esiste, il disturbo cognitivo non viene anco-ra riconosciuto. È tuttavia indubbio il frequentericorso all’intervento di pronto soccorso in occasio-ne di manifestazioni acute, espressione sintomato-logica della demenza stessa

In uno studio il 26% dei pazienti anziani cheaccedevano al Dipartimento di Emergenza-Accettazione presentavano una compromissionedello stato cognitivo rilevata con test standardizza-ti: Confusion Assessment Method (CAM) per lavalutazione del delirium e Orientation MemoryConcentration (OMC) per il declino cognitivo. Diquesti pazienti anziani il 10% soddisfaceva i criteridiagnostici per il delirium, mentre un addizionale16% presentava i criteri per il declino cognitivosenza delirium. L’81% dei pazienti con declinocognitivo non presenta una precedente storia didemenza o declino cognitivo al momento della dia-gnosi formulata nel Dipartimento di Emergenza(17).

In conclusione, l’anziano al Pronto Soccorso nonriceve adeguato triage, l’ambiente stesso non è ido-neo, la demenza ed il frequente delirium associatisono raramente diagnosticati. È necessario ripensa-

re a tutto il percorso dell’anziano fragile, in partico-lare se affetto da demenza, dal momento dell’acces-so in Pronto Soccorso con l’uso di strumenti divalutazione oggettiva del rischio, al trasferimentopresso la Unità Operativa per acuti, alla dimissioneed all’assistenza post-dimissione.

Tab. 2 - Identification of Seniors At Risk (ISAR)

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24 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

PremesseIl dolore, secondo la definizione OMS, è

“un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevo-le, associata a un reale o potenziale danno tessutaleo descritto come tale”.

Tra le varie problematiche inerenti le neoplasie,il dolore è il sintomo con maggior peso per i suoirisvolti medici, socio-relazionali, etici ed economici.

A tale proposito sempre l’OMS afferma (1) che“la liberazione dal dolore è da considerarsi un dirit-to di ogni paziente affetto da cancro e l’accesso allarelativa terapia un mezzo per rispettare tale dirit-to”. Considerate queste premesse è evidente quan-to sia importante trattare il dolore; il dolore impedi-sce infatti lo svolgimento delle normali attività quo-tidiane e influenza l’umore, l’appetito, l’autostima ei rapporti con gli altri. Il dolore non o mal trattatoevoca un potente desiderio di morte. La cura deldolore migliora la qualità di vita.

Il controllo di tale sintomo nel malato oncologi-co in trattamento chemioterapico ha anche lo scopodi permettere la somministrazione della terapia neimodi e nei tempi adeguati mentre, nei pazienti infase avanzata o terminale, controllare il doloresignifica permettere una buona qualità di vita e unamorte relativamente priva di sofferenza.

Eziologia del doloreDei circa 17 milioni di nuovi casi di neoplasia

diagnosticati ogni anno (2) (con 5 milioni di mortiper cancro), l’85% presenta dolore correlato al can-cro (3). Le cause sono: infiltrazione diretta da partedel tumore nei vari distretti dell’organismo (in par-ticolar modo a livello osseo e viscerale), complican-za della terapia antineoplastica, complicanza avolte della stessa terapia antalgica, alterazioni bio-chimiche e fisiologiche indotte dalla neoplasia e,infine, patologie dolorose non cancro-correlate(Tab. 1).

Terapia medicaL’Organizzazione Mondiale della Sanità pubbli-

cò, nel 1986, le linee guida per la terapia del doloreoncologico (4) e da allora, grazie alla semplicità diutilizzo anche per i non specialisti, il programma è

divenuto parte integrante della gestione del pazien-te oncologico. Con tali linee guida l’OMS ha attira-to l’attenzione non solo sull’importanza di gestire ildolore ma anche sulla rilevanza fondamentale dialcune categorie di farmaci nel suo trattamento.L’utilizzo degli oppiacei in particolare, viene consi-derato da molti proporzionale al grado di educazio-ne della popolazione medica nei confronti delpaziente oncologico. In Italia il reale adeguamentoalle linee guida OMS si è realizzato pienamente nel2001 e, tuttora, è il paese con il più basso consumodi analgesici oppiacei (5).

Il metodo OMS si basa su tre gradini da percor-rere in maniera sequenziale: il primo step è costitui-to dai farmaci non oppioidi, i FANS in particolare,associati o meno ad adiuvanti. In caso di mancatocontrollo del dolore si passa ai gradini successivicostituiti, rispettivamente, da oppioidi deboli edoppioidi forti.

Il concetto di scala analgesica presuppone il cri-terio di gradualità nell’approccio ai farmaci, ma taleeccessivo schematismo, molto criticato dagli specia-listi, deve essere considerato solo un elemento dellastrategia complessiva da adottare di fronte ad unpaziente con dolore oncologico.

La revisione successiva delle linee guida (6), nel1996, ha confermato quanto già detto dieci anniprima ribadendo alcuni punti chiave:• Preferenza della via di somministrazione orale

(by mouth);• Somministrazione del farmaco ad orari prefissati

(by the clock);• Intervento graduale (by the ladder);• Trattamento individualizzato.

Seguendo questi criteri il dolore può essere con-trollato nel 90% dei casi.

Sul finire degli anni Novanta, a seguito di nuovescoperte relative soprattutto all’ottimizzazione del-l’uso degli oppioidi, nonché alla disponibilità dinuovi farmaci e di nuove formulazioni, l’OMS haproposto un’ulteriore modifica strutturale dellascala analgesica a tre gradini nella “piramide anal-gesica a cinque gradini”, dove il quarto rappresen-ta la fase dello “switch” degli oppioidi. In praticaquando, a seguito dell’uso prolungato di un oppioi-de forte, subentrano eventi avversi non controllabi-li o un calo importante sull’effetto analgesico dovu-to al fenomeno della tolleranza, si esegue un cam-bio di molecola oppioide, talora in associazioneanche a un cambio di via di somministrazione. Ilquinto gradino, invece, si riferisce a quella strettaminoranza di situazioni cliniche, valutate intorno al

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 25

LA TERAPIA MEDICA DEL DOLORE

Madaio R.A.1, Conti A.1, Benincasa E.1, Platania I.2

1Ospedale Israelitico, Roma, 2Università di Catania

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Raffaele Angelo MadaioDivisione di Geriatria dell’Ospedale IsraeliticoVia Fulda, 14 - 00148 Roma

5% dei casi complessivi, in cui i trattamenti farma-cologici non risultano efficaci nel controllare ildolore. In tali casi è utile ricorrere ad altre tipologiedi trattamento come la neurolisi o la radioterapiapalliativa (7,8).

Sempre nel 1996, la European Association forPalliative Care (EAPC) (9) ha pubblicato altre lineeguida, con una revisione nel 2001, circa l’utilizzo deglioppiacei forti nel trattamento del dolore oncologico.

Fans e paracetamoloI Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei

(FANS) sono un gruppo eterogeneo di composticon un comune meccanismo d’azione dovuto allainibizione della sintesi delle prostaglandine tramiteblocco delle cicloossigenasi (COX1 e COX2), allaiperpolarizzazione della membrana dei neuroni,alla inibizione dell’attività lisosomiale intracellula-re e alla diminuzione dei livelli di sostanze ossidan-ti rilasciate normalmente dalle prostaglandine.Tutti questi composti presentano una analoga far-macocinetica: vengono ben assorbiti a livellogastrointestinale con un limitato volume di distribu-zione, per l’alto legame con le proteine plasmatiche,e una metabolizzazione prevalentemente epatica.

Il loro utilizzo nella terapia del dolore sfrutta leloro proprietà antipiretiche, analgesiche e antiflogi-stiche. L’azione antipiretica viene svolta tramite ilblocco della sintesi di prostaglandine a livello delcentro termoregolatore ipotalamico mentre l’azioneanalgesica è svolta prevalentemente a livello perife-rico tramite blocco dei nocicettori.

Sebbene appartenenti al primo scalino dellascala OMS, i FANS sono estremamente utili nelcontrollo del dolore oncologico, specialmente quel-lo dovuto a compressione del tessuto osseo, deimuscoli e dei tendini. La liberazione di prostaglan-dine è infatti massiva nelle metastasi osteolitiche oin tutti i casi di coinvolgimento diretto del periostioe delle guaine tendinee.

Gli effetti collaterali di questi composti sono:gastriti, disturbi della coagulazione, insufficienzarenale, neutropenia. Inoltre essi presentano un“effetto tetto” per cui, raggiunta una certa doselimite, ogni ulteriore aumento di dose non aumen-ta l’effetto antidolorifico.

Il paracetamolo agisce inibendo la COX3 pre-sente in grande quantità a livello del SNC.Probabilmente la via serotoninergica inibitrice èquindi un analgesico centrale non oppiaceo.Quando somministrato in associazione con i FANS,ne potenzia l’effetto analgesico e ne consente unutilizzo a dosi più basse. ll dosaggio massimo con-sigliato non dovrebbe superare i 6 grammi per 6 –7giorni, per lunghi periodi il dosaggio massimogiornaliero dovrebbe essere di 4 grammi. In lettera-tura vi è evidenza scientifica (GRADO A) che ilparacetamolo deve essere considerato l’analgesiconon oppioide di primo impiego a dosaggio di 3grammi/die.

Oppioidi (10)Gli oppioidi sono farmaci con un utilizzo e una

storia secolari ed una provata efficacia clinica,quasi sempre tappa obbligata nella terapia deldolore oncologico. Questi farmaci interagisconocon numerosi recettori altamente specifici a livellodel sistema nervoso centrale, in particolar modo alivello del midollo spinale e del grigio periacque-duttale, strutturalmente analoghi ad alcuni neuro-peptidi endogeni quali le encefaliti, le endorfine ele dinorfine.

Esistono tre categorie principali di recettori: µ(mu), δ (delta) e κ (kappa); ognuno di essi ha due otre sottotipi. In base all’affinità recettoriale glioppioidi si distinguono in:- agonisti puri- agonisti-antagonisti (agonisti sui recettori κ e

antagonisti deboli sui µ)- antagonisti puri.

26 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Tab. 1 - Cause fisiche del dolore oncologico

Dovute al tessuto Legate alla neoplasia Legate alla terapia Non tumore-correlateneoplasticoInfiltrazione ossea Contratture muscolari Dolore post-chirurgia Artrosi e artriti

Compressione e/o Decubiti Infiammazione Cefaleainfiltrazione tessuti nervosi post-radioterapia

Infiltrazione viscerale Stitichezza Mielopatia post-radioterapia Dolore miofasciale

Ulcerazione e/o infezione Candidosi Neuropatia post-radioterapia Cause cardiovascolari

Ipertensione endocranica Linfedema Necrosi asettica dell’osso Nevriti

Nevralgia post-erpetica

TVP

Embolia polmonare

Madaio R.A., Conti A., Benincasa E. et al. - La terapia medica del dolore 27

Gli agonisti puri hanno la capacità di stimolareal massimo il recettore e sono privi di effetto tetto;l’aumento di dose in questo caso sarà limitato solodalla comparsa di effetti collaterali o di analgesia.

Gli oppioidi forti legano principalmente i recet-tori µ del sistema nervoso centrale e dell’apparatogastroenterico ed è questo tipo di legame a deter-minarne l’effetto antalgico. L’affinità per gli altridue sottotipi recettoriali è responsabile dell’effettoanalgesico per particolari tipi di dolore (quelloviscerale in particolare) e di altri fenomeni qualicambiamenti del tono dell’umore, depressionerespiratoria, nausea e miosi.

L’azione diretta sui recettori gastrointestinali èpoi alla base dell’effetto collaterale cui va incontrola stragrande maggioranza dei pazienti: la stipsi.Tale sintomo è spesso aggravato da alteri fattoriquali:- allettamento;- riduzione dell’introito di liquidi;- dolore da defecazione;- aggravamento di una preesistente stipsi.

È opportuno iniziare una terapia profilattica perla stipsi, ogni volta che si inizia la somministrazio-ne di oppioidi, tramite sostanze formanti massa(crusca, cereali ecc), introito regolare di liquidi,assunzione di lassativi (senna, bisacolide, lattulo-sio, macrogol) e clisteri o supposte di glicerina.

Altra caratteristica degli oppioidi è la comparsadi dipendenza fisica e tolleranza, che compaiono ingenere dopo settimane o mesi di trattamento masono eventi che non devono condizionare le scelteterapeutiche e non alterano il successo della terapia.

Gli oppioidi possono essere somministrati attra-verso una via invasiva (intramuscolare, endoveno-sa, sottocutanea, perdurale e subaracnoidea) e unavia non invasiva (orale, transcutanea, transmucosae sublinguale) (11).

La via orale, come già affermato dall’OMS, deveessere la prima scelta quando possibile.

Tra gli oppioidi minori, secondo scalinodell’OMS, si distingue il tramadolo con azione cen-trale ed attività agonista sui recettori oppioidi esulla trasmissione noradrenergica e serotoninergi-ca. Presenta una notevole maneggevolezza e unaminore incidenza di depressione respiratoriarispetto alla morfina e un ridotto potenziale didipendenza. La sua durata d’azione è di circa seiore e l’onset time dell’analgesia è attorno ai 15-20minuti. Le vie di somministrazione, oltre quellaorale, sono l’endovenosa, la sottocutanea, l’intra-muscolare e la rettale.

Altro oppioide minore largamente usato è lacodeina; è un alcaloide dell’oppio altamente effica-ce per via orale e con una bassissima incidenza didipendenza fisica. Attualmente è in commercio inassociazione al paracetamolo in caso i FANS da solinon siano più sufficienti nel controllo del dolore.L’azione dei due composti è sinergica poiché agi-scono su due siti recettoriali diversi ma comple-mentari.

La buprenorfina ha effetti collaterali simili allamorfina con una minore incidenza di euforia e disedazione. L’interruzione repentina del farmacoprovoca una sindrome d’astinenza come accadecon la morfina ma con minore intensità.

La morfina (12,13) è il prototipo degli oppioidimaggiori o oppioidi forti. La sua biodisponibilitàorale varia tra il 30 e il 70%, la sua emivita è di circa2-3 ore e l’effetto analgesico lievemente minore, percui l’accumulo è molto improbabile. L’eliminazioneè per via urinaria ma solo il 10% del compostoviene eliminato come tale, il resto è trasformato inaltri composti mediante glucuronazione epatica inM3G e M6G (14). La M3G (15) è inattiva sul recet-tore ed è presente in grande quantità dopo assun-zione di morfina, la M6G è invece responsabiledegli effetti di tipo eccitatorio e da un contributosostanziale nell’effetto analgesico specie nelle som-ministrazioni prolungate.

L’azione della morfina, nelle somministrazionicroniche, è quindi l’effetto di più composti da essaderivati con azioni differenti dipendenti anchedalle capacità del singolo individuo di metaboliz-zare e glucoronizzare il principio attivo.

Poiché i prodotti di eliminazione sono altamen-te idrofili e vengono eliminati per via renale, unaridotta clearance renale aumenta gli effetti dellamorfina poiché determina un accumulo non tantodella molecola progenitrice quanto piuttosto deisuoi metaboliti.

Una ridotta funzionalità epatica invece non inci-de di molto sulla farmacocinetica del farmaco.

La morfina è lo standard di riferimento per tuttigli analgesici stupefacenti (Tab. 2 Legge 685).

Il metadone (16,17) è stato rivalutato per la suacapacità di ripristinare la responsività agli oppioidiquando gli effetti collaterali della morfina superanoi benefici antalgici. Tale procedura, definita rotazio-ne degli oppioidi (18,19), risente un po’ della diffi-coltà di trovare il giusto rapporto di conversione. Ilmetadone è efficace comunque a dosi equivalenti al10% di quelle della morfina (20).

L’ossicodone (21) è un oppioide semisinteticodella tebaina agonista sui recettori µ, δ e κ. Avendoun minore effetto di primo passaggio epatico l’ossi-codone ha una maggiore biodisponibilità rispettoalla morfina; l’insufficienza epatica e renale nonaltera significativamente la concentrazione ematicadel farmaco (22).

L’idromorfone è un derivato semisintetico dellamorfina che è più potente, più solubile, ed ha unprofilo di effetti avversi paragonabile. Finora l’uti-lizzo di tale farmaco era stato limitato dalla breveemivita che ne inficiava l’utilità nell’ambito dellaterapia del dolore. Recentemente lo sviluppo dellatecnologia Oros ne ha permesso l’immissione incommercio di idromorfone sotto forma di compres-se a somministrazione monogiornaliera.

Nelle pompe Oros il farmaco è eventualmentemiscelato con un eccipiente (un polimero solubilein acqua, un sale inerte) solubile in acqua che rap-

presenta la parte interna del sistema. La parete dirivestimento è costituita da una membrana polime-rica insolubile in acqua e semipermeabile rispettoad essa, nella quale è praticato (con un laser) unpiccolissimo foro. Le molecole di acqua diffondonoall’interno del sistema attraverso la membranasemipermeabile formandovi una soluzione concen-trata. In questo modo, si genera una differenza diconcentrazione tale da drenare il farmaco fuori dalforo. La grandezza del foro determina la velocità dirilascio che, per l’idromorfone, è costante nell’arcodelle 24 ore. L’alcool e il cibo non interferiscono conl’assorbimento del farmaco (23,24). Per pazienti giàin terapia con oppioidi forti il rapporto di conver-sione a idromorfone è il seguente:

Nei pazienti con insufficienza epatica e renale digrado moderato la somministrazione di idromorfo-ne dovrebbe essere iniziata a livelli ridotti ed occor-re un attento monitoraggio nella fase iniziale dititolazione del farmaco; nei casi di insufficienza digrado severo è indicato o un più stretto monitorag-gio o un maggiore intervallo tra le dosi.

Farmaci adiuvantiSono definiti farmaci adiuvanti (25) quei com-

posti che non hanno di per sé effetto analgesico mail cui impiego, in associazione ad antidolorifici,permette di migliorare l’analgesia o di ridurre glieffetti collaterali dovuti agli analgesici. Se utilizzatiin maniera corretta questi farmaci permettono diottimizzare l’effetto antalgico e di limitare al con-tempo gli effetti avversi del trattamento. Poiché perquesti composti non si conosce la dose antalgica èopportuno sempre iniziare dal dosaggio più bassoper poi aumentare gradualmente. È opportuno sot-tolineare poi come spesso occorrano giorni o setti-mane perché questi composti raggiungano ildosaggio ematico efficace, per cui è opportunoeducare il paziente affinché prosegua la terapia purnon vedendo inizialmente il beneficio.

BenzodiazepineQuesti farmaci, detti anche tranquillanti minori,

hanno quattro effetti:- miorilassante;

- anticonvulsivante;- sedativo;- ansiolitico.

L’ultimo effetto in particolare è quello che vienesfruttato nella terapia del dolore oncologico; ridur-re l’ansia permette un maggior rilassamento e quin-di un aumento delle ore di riposo notturno. Lapaura della morte durante il sonno, la difficoltàrespiratoria e il dolore stesso producono spesso neimalati una grave insonnia che, assieme all’ansia,acuisce la percezione del dolore. L’associazione diquesti composti con oppioidi va attentamente con-trollata, poiché anche le benzodiazepine induconouna depressione respiratoria e una sedazione.

AntidepressiviGli antidepressivi triciclici sono utilizzati nel

dolore da deafferentazione o in altri tipi di dolorecronico. La loro efficacia analgesica, indipendentedall’azione antidepressiva, è dovuta alla capacità diaumentare la concentrazione di serotonina e nora-drenalina tramite il blocco del reuptake a livellointersinaptico. Le altre classi di antidepressivi agi-scono in maniera analoga ma con una selettività dicomposto per quanto riguarda il blocco della ricap-tazione; non hanno dimostrato però una superiori-tà in termini di efficacia rispetto ai triciclici.

Nel dolore neuropatico solo l’amitriptilina èstata sottoposta a verifica clinica con un migliora-mento dell’analgesia. Purtroppo la tossicità in asso-ciazione con gli oppioidi ne limita molto l’utilizzo.

AnticonvulsivantiMolti farmaci antiepilettici vengono usati nel

trattamento del dolore neuropatico o da deafferen-tazione. La riduzione dell’ipereccitabilità nervosae, quindi, dell’attività dei trasmettitori eccitatoriavviene tramite la riduzione del flusso transmem-brana di ioni Na+ e Ca++ e per un’azione diretta eindiretta sul GABA.

Il Gabapentin è uno dei farmaci più utilizzati diquesta classe di composti. Sebbene possieda unastruttura analoga al GABA non possiede un’azioneGABAergica ma agisce sui canali del Ca++ impe-dendone l’ingresso all’interno della cellula e con laconseguente prevenzione del rilascio di neurotra-smettitori eccitatori.

Il pregabalin, recentemente messo in commer-cio, è un analogo più potente con una titolazionepiù rapida e con un maggior controllo su fenomeniquali l’iperalgesia e l’allodinia. Poiché non blocca icanali del calcio poi, è privo di effetti collaterali alivello cardiologico e non agendo a livello dei recet-tori di altri analgesici non interferisce neppure sul-l’attività di composti somministrati al paziente perla terapia del dolore.

CorticosteroidiSono i farmaci più utilizzati tra gli adiuvanti per

i loro numerosi vantaggi: aumento dell’appetito,riduzione della nausea, azione antiedemigena e

28 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

Dose Orale- Emivita equianalgesica parenterale (ore)

Morfina 10 3:1 3Idromorfone 2 3

Codeina 60 3Ossicodone 7 3Metadone 1-2 12-24

TTS Fentanyl 0.01 -TTS Buprenorfina 0.7 -

Oppioidi Oppioidi precedenti Oppioidi precedenti precedenti per via orale (fattore) per via parenterale

(fattore)Morfina 0,2 0,6

Idromorfone 1 4

Madaio R.A., Conti A., Benincasa E. et al. - La terapia medica del dolore 29

antinfiammatoria con conseguente riduzione deldolore. Sono inoltre frequentemente utilizzati nellaterapia dell’ipertensione endocranica, nelle meta-stasi ossee e nel dolore da compressione o invasio-ne dei nervi.

Il dolore negli anzianiPer quanto riguarda il dolore negli anziani, va

sottolineato che la prevalenza di questo sintomo èmolto rilevante e che, nelle persone anziane ancorpiù che nei giovani, peggiora in maniera significa-tiva la qualità di vita. Uno studio italiano multicen-trico, retrospettivo in pazienti anziani istituziona-lizzati, condotto da Bernabei e collaboratori, pub-blicato sul Journal of American MedicalAssociation, ha messo in luce la presenza di dolorequotidiano nel 25-40% dei pazienti oncologici.Nonostante ciò, il 26% non era sottoposto a tratta-mento specifico, e solo una percentuale analoga, su4.000 pazienti totali, assumeva morfina o equiva-lenti; in particolare, solo il 13% dei pazienti sopragli 85 anni era trattato, rispetto al 38% di pazienti dietà compresa tra 65 e 74 anni.

L’opinione diffusa spesso anche fra gli speciali-sti è che l’invecchiamento determini una sogliamaggiore del dolore: la percezione della intensitàdel dolore non sembra ridursi con l’avanzare del-l’età. Anzi, studi clinici dimostrano che gli anzianipossono percepire la sintomatologia dolorosaanche più dei giovani, ma la riferiscono meno fre-quentemente, perché convinti che sia un fenomenofisiologico legato all’invecchiamento. Inoltre è statodimostrato come gli anziani siano meno consape-voli delle strategie terapeutiche esistenti per alle-viare il dolore e, comunque, abbiano timore diaggiungere analgesici alle terapie già in atto. Lavalutazione del dolore oncologico è il passo fonda-mentale per un suo controllo soddisfacente. Leinformazioni che il paziente è in grado di dare pos-sono aiutare a capire la sede, la durata e l’intensitàdel dolore e l’eventuale presenza di cause di soffe-renza preesistenti al tumore. Un accurato esameobiettivo dovrebbe poi permettere al curante dicapire se il dolore è dovuto al tumore stesso, comeil più delle volte accade, o se è legato indirettamen-te al tumore per l’insorgenza di contratture musco-lari, linfedema, stipsi, decubiti, o per esiti di terapiechirurgiche, mucositi da chemioterapia o da radio-terapia o se, infine, è determinato da cause concor-renti. Nell’anziano, in presenza di compromissionecognitiva, un attento esame obiettivo è fondamen-tale perchè permette di rilevare le manifestazioni didolore da espressioni facciali che evidenziano una

mimica sofferente, dal cambiamento di umore, avolte confusione mentale, un peggioramento fun-zionale con rigidità muscolare, rifiuto del movi-mento, permanenza a letto, inappetenza e turbeneurovegetative.

Il fondamento del controllo del dolore oncologi-co resta comunque la terapia farmacologica, chenell’anziano può essere complicata da difficoltà divalutazione e da modificazioni fisiologiche età-cor-relate, che accrescono i rischi legati alla terapia.Nella prescrizione di analgesici nei pazienti anzia-ni è meglio utilizzare, se possibile, farmaci cheabbiano un’emivita breve, prescrivere un farmacoalla volta, cominciare con dosi basse, essere consa-pevoli della possibilità di effetti additivi e perseve-rare nei tentativi farmacologici per un adeguatoperiodo di tempo. La via orale deve essere conside-rata di assoluta prima scelta, a meno di gravi diffi-coltà nella deglutizione o vomito incoercibile.Inoltre, sono sempre da privilegiare vie di sommi-nistrazione non invasive; a questo proposito, le for-mulazioni transdermiche degli analgesici oppioidihanno mostrato una praticità e semplicità di utiliz-zo molto apprezzata nel paziente oncologico anzia-no. Per gli oppioidi non esistono dosaggi standard,la quantità giusta è quella efficacemente analgesicaper quel particolare paziente.

Va sottolineato poi che una buona strategia tera-peutica deve sempre essere accompagnata daun’efficace prevenzione: il dolore infatti può e deveessere prevenuto. Quando la “malattia dolore” si èinstaurata, è possibile prevenire l’insorgenza di unacrisi parossistica con un’oculata somministrazionedegli analgesici a tempo e non al bisogno, tenendoconto della farmacocinetica del prodotto utilizzatoper evitare che, negli intervalli di tempo in cui ilivelli del farmaco non sono sufficienti, si riacutizziil dolore e, nel caso del dolore incidentale che insor-ge in concomitanza di un movimento, con la som-ministrazione aggiuntiva di analgesico.

In particolare nel paziente anziano è importanterilevare quotidianamente oltre ai parametri qualipressione, frequenza cardiaca e temperatura, anchel’andamento del dolore, poiché le molte patologieassociate, l’aumentata prevalenza del deficit cogni-tivo e sensoriale e la presenza di depressione sonofattori che possono indurre a sottostimare la sinto-matologia dolorosa. Infatti, mai come nell’anziano,il celebre aforisma di Seneca “I dolori leggeri con-cedono di parlare, i grandi dolori rendono muti” èda considerarsi frequente nella pratica clinica.

30 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

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L’accreditamento è stato promosso, agli inizi delsecolo scorso, da alcune società scientifiche ed asso-ciazioni di professionisti del Nord-America, comestrumento finalizzato a promuovere la qualità delleprestazioni.

Il successo dei programmi attivati ne ha deter-minato un’ampia diffusione, sia nei paesi di origine(USA e Canada) che in molti altri paesi.

Oggi sono presenti programmi di accreditamen-to in molte nazioni.

Solo in alcuni paesi, tuttavia, l’accreditamento èdivenuto una procedura obbligatoria (Italia,Spagna, Francia, Paesi Bassi).

In particolare, mentre in Italia ed in Spagna l’ac-creditamento è condizione per avere accesso ai con-tratti con il SSN, in Francia e nei Paesi Bassi è con-siderato solo uno strumento per la promozione delmiglioramento della qualità.

Indipendentemente dai contesti, l’attivazionedei programmi di accreditamento può essere ripor-tata a tre motivazioni fondamentali:

Volontà delle strutture sanitarie e dei professio-nisti di avere una valutazione oggettiva dei proprilivelli qualitativi.

Interesse delle associazioni professionali e dellesocietà scientifiche ad attivare processi di migliora-mento che, coinvolgendo i professionisti comeparte attiva, favoriscano la crescita culturale e pro-fessionale degli operatori per garantire i miglioririsultati sui pazienti.

Richiesta alle strutture che erogano prestazionidi corrispondere a determinati livelli qualitativi perottenere l’ammissione a rapporti contrattuali.

Le prime due motivazioni sono alla base deiprogrammi di accreditamento volontario. La terzarappresenta il fattore determinante della diffusionedei programmi di accreditamento obbligatorio edistituzionale (1).

Alcuni strumenti legislativi sia di ambito nazio-nale che regionale (Emilia Romagna) hanno favori-to lo sviluppo dei programmi di accreditamento. Letabelle sottostanti elencano le principali normativenazionali e regionali (Regione Emilia Romagna).

In questo contesto normativo l’accreditamentocostituisce una strategia per il cambiamento, unostrumento di trasparenza verso gli utenti. È unmodello che induce a riflettere su quello che si fa, apianificare, a fare e a verificare i risultati ottenuti. Èun sistema di gestione che sistematizza e metteinsieme tutte le forze per ottenere risultati comunifavorendo multiprofessionalità e multidisciplinari-tà. Il Dispositivo legislativo complessivo garantisce:con l’autorizzazione legalità e sicurezza, con l’ac-creditamento buona organizzazione e governodella qualità delle prestazioni (continuità, tempesti-vità, appropriatezza, conformità).

Per quanto concerne l’accreditamento l’adesioneai requisiti generali garantisce, o quantomenodovrebbe garantire, la gestione del sistema organiz-zativo. L’adesione ai requisiti specifici (aggiuntivi,peculiari per ogni disciplina) garantisce, o quanto-meno dovrebbe garantire, la competenza professio-nale (4).

Nella Regione Emilia Romagna l’accreditamen-to istituzionale è l’atto che conferisce alle strutturesanitarie ed ai professionisti pubblici e privati lacondizione di soggetto idoneo ad erogare prestazio-ni e servizi per conto del Servizio SanitarioNazionale.

L’accreditamento viene riconosciuto dallaRegione Emilia Romagna a tutte le organizzazionisanitarie pubbliche e private, autorizzate, che sod-disfano particolari requisiti di qualità. Questo isti-tuto rientra in un sistema di garanzie di qualità per

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 31

IL PROCESSO DI ACCREDITAMENTO IN GERIATRIA

Ferrari A.1, Ravelli M.2, Cerullo L.2

1Dipartimento Neuro-Motorio - Unità Operativa Complessa di Geriatria2Ufficio Sistemi Qualità Arcispedale S.Maria Nuova – Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Alberto FerrariArcispedale S. Maria NuovaAzienda Ospedaliera di [email protected]

Tabella n° 1 –> normativa NazionaleDL502/92 modificato dal DL. 517/93.

DPCM 19/5/95: Schema generale di riferimento della “Cartadei Servizi pubblici sanitari”.

il DPR 14/1/97 Requisiti minimi per autorizzazione e accredi-tamento realizza quanto previsto dal D.Lgs 502/92.

D.Lgs. 229/99 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”.

Piano Sanitario Nazionale 2003-2005.

Tabella n° 2 –> normativa Regione Emilia RomagnaLR 34/98.

D.G.R. 125/99.

D. G.R. 594/2000 Procedure e requisiti per autorizzazione eaccreditamento in Emilia Romagna.

Piano Sanitario Regionale 1999/2001.

Del. G.R. di Autorizzazione e Accreditamento n. 327/04.

il SSR e per i cittadini. L’insieme dei provvedimen-ti in cui si inserisce (Fig. 1) ha lo scopo di:• fornire risposte pertinenti ai bisogni della collettivi-

tà (autorizzazione a realizzare strutture sanitarie).• garantire condizioni base di sicurezza (autorizza-

zione al funzionamento).• garantire qualità delle prestazioni e dei servizi

(accreditamento).• assicurare un buon uso delle risorse ed un moni-

toraggio continuo della quantità e qualità delleprestazioni erogate (accordi contrattuali) (2).

L’accreditamento nella regione Emilia Romagnaprevede, oltre alla definizione di requisiti generalivalidi per tutte le discipline, una ulteriore defini-zione di requisiti aggiuntivi specifici per le singolespecialità.

I requisiti generali forniscono alle strutture unmodello per governare il sistema organizzativo dierogazione delle cure. Le aree di riferimento sono leseguenti:• POLITICA –> Missione, Visione, Obiettivi.• PIANIFICAZIONE –> Obiettivi di breve periodo,

responsabilità, risorse.• COMUNICAZIONE –> Trasparenza coinvolgi-

mento.• STRUTTURA ED ATTREZZATURE Sicurezza• FORMAZIONE –> Formazione ed aggiornamen-

to continuo inserimento neo assunti.• SISTEMA INFORMATIVO –> Gestione docu-

mentazione e Gestione dati.• PROCEDURE GENERALI –> Documentazione

dei processi di lavoro.• VERIFICA DEI RISULTATI –> Attività, Audit

Clinico, indagini di soddisfazione.• MIGLIORAMENTO –> progetti di miglioramen-

to sulle criticità emerse dalla verifica dei risultati.I requisiti specifici per l’accreditamento, oltre

che dettare ulteriori requisiti di tipo strutturale, tec-nologico e organizzativo, prevedono l’adeguatezzadelle competenze professionali necessarie, i serviziche possono essere acquisiti e l’attivazione delmonitoraggio di percorsi critici individuati per cia-scuna disciplina. Sono organizzati in documenti diriferimento per branca specialistica, per tipologiadi struttura e per programmi. Sono definiti da ungruppo di lavoro di professionisti della disciplinaed il coordinamento è curato dall’Agenzia sanitariaregionale (3).

In sintesi l’applicazione dei requisiti generali equelli specifici garantisce all’utente finale risultaticlinici soddisfacenti aderenti alla pratica clinicabasata sulle prove di efficacia in un’organizzazioneche verifica costantemente i suoi processi e ne pro-muove la gestione in un ambiente sicuro (4,5).

La predisposizione dei requisiti specifici per lageriatria rappresenta una occasione unica perché leconsente di definire “ufficialmente” le caratteristi-che distintive di disciplina specialistica e di sanciredefinitivamente la propria identità mettendo incampo , quale elemento distintivo, quanto realizza-to in decenni di ricerca e di esperienza professiona-le esclusivamente dedicate alla persona anziana.

Come è noto già nel 1988 la Conferenza diConsenso sull’Assessment del Paziente Anzianoidentificava tre elementi caratterizzanti il lavoro inGeriatria: la valutazione multidimensionale, il tar-geting del paziente e la necessità di lavorare in retecon i servizi territoriali (6,7).

Questi elementi cardine, applicati nella praticaclinica, nei setting ospedalieri per acuti (UGA), indiversi trials effettuati nei confronti di “UsualCare”, hanno prodotto evidenze: di riduzione dimortalità, prevenzione delle disabilità e diminuzio-ne della istituzionalizzazione senza aggravio dicosti (8-15).

Del tutto recentemente, uno studio osservazio-nale prospettico di coorte, pubblicato nel Gennaio2008 su QJM, che ha coinvolto otto ospedali di seinazioni Europee (Regno Unito, Spagna, Italia,Finlandia, Grecia e Polonia) e che ha incluso 1667pazienti con oltre 65 anni (età media 78) ammessiconsecutivamente in ospedale per patologia acuta,ha dimostrato come, oltre la diagnosi, altri fattoriquali: il grado di autonomia, lo stato cognitivo, ilnumero di farmaci assunti, il vivere da solo ecc.siano importanti predittori di outcome e debbanopertanto essere inclusi nella valutazione delpaziente anziano (16). Questo ennesimo studio (16)non fa altro che confermare (qualora ve ne fosseancora la necessità) quanto già scoperto, sperimen-tato e tradotto nella pratica clinica quotidiana daigeriatri: l’approccio al paziente anziano necessita,fra l’altro, di un metodo di lavoro particolare, spe-cifico, la Valutazione Multidimensionale.

Tuttavia, nonostante queste documentate cer-tezze, la Geriatria è ancora in cerca di una identitàprecisa, di un proprio ruolo ben definito.

L’Accreditamento Istituzionale (obbligatorio,recepito e definito ufficialmente con atto deliberati-vo) con la predisposizione dei requisiti specifici perla Geriatria in Emilia Romagna, rappresenta unagrande occasione per sancire l’identità precisa dellaGeriatria attraverso l’applicazione di un modelloben definito e riconosciuto formalmente a livelloRegionale. L’Agenzia Sanitaria Regionale, sullabase di criteri di rappresentanza territoriale e pro-fessionale, ha individuato e nominato un gruppotecnico che ha già iniziato il proprio lavoro effet-tuando i primi due incontri. Sarà necessario avere

32 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

(2)

Ferrari A. - Il processo di accreditamento in Geriatria 33

coraggio. Dovrà essere messo in campo quanto dimeglio i geriatri hanno prodotto in termini di ricer-ca e quanto di meglio hanno sperimentato nellapratica clinica. Necessariamente i criteri aggiuntividovranno essere: ambiziosi, qualificanti, selettivi.

A lavoro terminato, l’auspicio è che il modellodi Geriatria che scaturirà dall’applicazione deirequisiti aggiuntivi in Emilia Romagna possa esse-

re preso a riferimento anche in campo Nazionalefavorendo: La maggiore uniformità di applicazionedel Metodo Geriatrico, il lavoro per obiettivi fina-lizzato al mantenimento dell’autonomia, i progettidi presa in carico globale del paziente e del suocontesto socio-famigliare con particolare attenzionealla continuità di cura.

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34 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

BADANTI E/O BUONE COMPAGNIE

Mia madre non voleva assolutamente la badan-te. Non ne aveva nessun bisogno. Sapeva fare tuttoda sola. L’aveva sempre fatto.

Per alzarsi dalla sedia o dal letto bastava trova-re l’appoggio giusto, come per chiedere una racco-mandazione qualunque. In bagno, sul water conce-deva qualche difficoltà in più, ma anche lì sapevabene dove raccomandarsi.

Invece per la doccia era d’accordo; per la docciaaveva quasi bisogno di un aiutino; due volte la set-timana. E però, per due volte la settimana bisogna-va assoldare una badante? Non bastava la figlia ol’amica del cuore più giovane di ben due anni, checosì ci passava tutta la mattina insieme, pulita eprofumata?

Quando si ruppe il femore erano le due di notte.Rimase per terra tutte le ore della notte, ma noncambiò idea.

Accettò la fisioterapista, che non ti farà miracolima si vede che è tanto buona e che ha bisogno diguadagnare. La fisioterapista anche tutti i giorni,anche le feste, se non vengono a mangiare i nipoti.

Ma che bisogno c’era di una badante che ti con-trolla anche nel sonno?

Per le iniezioni o per preparare qualche cibocomplicato andava bene un’ infermiera ogni tanto.Oppure la vicina, che faceva il volontariato agli sco-nosciuti, e che l’aveva sempre invitata a mangiareinsieme, e sapeva fare pure le iniezioni.

Ma che alla fine ognuno a casa sua.Quando arrivò la necrosi del femore sull’altra

gamba, mia madre non riuscì più ad alzarsi da sola.Anche per arrivare con le ascelle ai sostegni delgirello aveva bisogno di aiuto.

Di malavoglia cedette. Ma pretese di scegliere ladama di compagnia secondo i suoi criteri.

Feci osservare che, per quanto brutto fosse“badante” che fa pensare più a una guardiana che aduna assistente, “dama di compagnia” significa pro-prio altre cose, rispetto al passato, anche volgari.

Ribatté che l’unica cosa volgare era imporrel’obbligo della compagnia.

Tuttavia mi ringraziò della delicatezza cheavevo sempre dimostrato, astenendomi da qualun-que idea di ricovero in un posto sicuro e con tanticonfort, che sembra quasi di stare a casa propria.

E ricambiò la mia bontà non facendo cenno allasua personalissima idea di “bastone della vecchia-ia”, probabilmente desiderato con aspetto più fami-liare, quasi fosse un figlio.

La dama di compagnia doveva possederepochissime qualità: aspetto modesto, di linguacomprensibile, in grado di ascoltare e di tacere.

Ne ispezionò sei. Erano tutte con troppo di qual-cosa che non andava.

Finalmente arrivò la dama giusta, quella conl’unico requisito vero, desiderato e mai detto: capa-ce di aiutarla nelle cose intime senza farla vergo-gnare di sé e della sua vecchiaia.

VITA AGLI ANNI

a cura di:Sabatini D.

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 35

È POSSIBILE PRONOSTICARE LA SOPRAVVI-VENZA DI UN PAZIENTE A CUI VIENE DIA-GNOSTICATA UNA DEMENZA?

Introduzione:Nella demenza di nuova diagnosi è possibile predi-re il rischio di mortalità?

Metodi:Studio prospettico di coorte praticato per 14 anni su438 pazienti inglesi, con età superiore ai 65 aa(mediana 84 aa), a cui è stata riscontrata demenzasulla base di algoritmo del Geriatric Mental State.Sono stati esclusi i casi di demenza precedentemen-te diagnosticati.

Fattori prognostici:Età all'insorgenza di demenza, sesso ,stato civile,tipo di residenza (domicilio o struttura protetta),livello culturale, classe sociale, stato funzionale,livello cognitivo in base a punteggio al test MMSE,stato di salute percepito, area di deprivazione altest di Towsend.

Risultati:In 14 anni di osservazione sono deceduti l'81% deipazienti (356).L'analisi multivariata ha mostrato che non solo l'etàma anche il sesso maschile e lo stato funzionalesono predittori di mortalità.

Sorprendentemente, lo stato cognitivo, il ceto socioculturale e il tipo di residenza non sono fattori pre-dittivi.Un demente di nuova diagnosi, con età dai 65 ai 69aa, ha una sopravvivenza mediana di 11 aa, dai 90anni in poi di 3,8 aa.

Commento:Il test MMSE è influenzato da fattori culturali e daideficit sensoriali. L'ADl esprime la funzione e lanecessità assistenziale, anche se è comunque corre-lato alla cognitività.È da valutare meglio l'influenza delle comorbidità,chi vive solo comunque muore prima.Inoltre non sono stati suddivisi i pazienti secondo ivari tipi di demenza.La valutazione della funzione diventa sempre piùuno strumento interdisciplinare, quantifica il biso-gno assistenziale e predice la sopravvivenza.È certo che questi pazienti vivono più a lungo chein passato. Infatti non sono più trattati per il deficitcognitivo e comportamentale, bensì per tutte le pro-blematiche concomitanti. Questo studio ci potrà aiutare a vedere in una lucediversa queste persone.Xie J, Brayne C, Matthews Fe.Survival times in people with dementia: analysisfrom population based cohort study with 14 yearfollow-up.BMJ. 2008;336:258-62

GERIATRIA NEL MONDO

a cura di:Zanatta A.

36 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

XX Congresso Nazionale S.I.G.OsLa Geriatria in una società che cambiaBologna 22-23-24- Maggio 2008Royal Hotel CarltonPer informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

Congresso Regionale S.I.G.Os Sez. SardegnaPercorsi di cura in geriatria.......Sassari 14 Giugno 2008Hotel Il VialettoPer informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

3° Congresso NazionaleInvecchiamento tra successo e fragilità:problemi genetici, ambientali, predittivi eorganizzativiRoma 23-25 Giugno 2008Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

5th Congress of the EUGMS - Geriatric Medicine in a time of generational shiftCopenhagen Denmark 3-6 Settembre 2008Per informazioni:Susanne van der MarkTel. +45 29445898web site: www.eugms2008.org

Congresso InterregionaleLazio-Abruzzo/Molise-MarcheRoma 10-11 Ottobre 2008Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

XI Convegno Nazionale Geriatrico “DottoreAngelico”La Geriatria governo della comorbidità e...Aquino 16 Ottobre 2008Chiesa Madonna della LiberaCassino 17-18 Ottobre 2008Palagio Badiale CortePer informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

XXI Congresso Nazionale S.I.G.OsLa Geriatria in una società che cambiaVerona 21-23 Maggio 2009Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

World Congress GerontologyParigi 5-11 Luglio2009Per informazioni:www.iag-er.org

CALENDARIO CONGRESSI

Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile 37

La rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblica-zione articoli contenenti argomenti di geriatria. I contri-buti possono essere redatti come editoriali, articoli origi-nali, review, casi clinici, lettere al direttore.I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosa-mente le norme per gli Autori pubblicate di seguito, chesono conformi agli Uniform Requirements for ManuscriptsSubmitted to Biomedical Editors editi a cura dell’Interna-tional Committee of Medical Journal Editors (Ann InternMed 1997; 126: 36-47).Non saranno presi in considerazione gli articoli che nonsi uniformano agli standards internazionali.I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in tri-plice copia (comprendente pagina di titolo, riassunto ininglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle,didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a:In caso di invio on-line si prega di salvare il testo in richtext format (rtf).

L’invio del dattiloscritto sottintende che il lavoro non siagià stato pubblicato e che, se accettato, non verrà pubblica-to altrove né integralmente né in parte.Tutto il materiale iconografico deve essere originale.L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve esserecorredata da permesso dell’Editore.La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazionedi Helsinki e ribadisce che tutte le ricerche che coinvolga-no esseri umani siano condotte in conformità ad essi.La rivista recepisce altresì gli International GuidingPrinciples for Biomedical Research Involving Animalsraccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerchesu animali siano condotte in conformità ad essi.Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguentedichiarazione firmata da tutti gli Autori: “I sottoscrittiAutori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore allarivista Geriatria, nella eventualità che il loro lavoro siapubblicato sulla stessa rivista.Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è statoinviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è statogià pubblicato.Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, chehanno progettato e condotto e di aver partecipato allastesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cuiapprovano i contenuti.Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavo-ro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione diHelsinki e dei Principi Internazionali che regolano laricerca sugli animali”.

Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro vengasottoposto all’esame del Comitato di Lettura. In caso dirichiesta di modifiche, la nuova versione corretta deveessere inviata alla redazione o per posta o per via e-mailsottolineando ed evidenziando le parti modificate. La cor-rezione delle bozze di stampa dovrà essere limitata allasemplice revisione tipografica; eventuali modificazionidel testo saranno addebitate agli Autori. Le bozze correttedovranno essere rispedite entro 10 giorni a Geriatria -C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale, ViaCremona, 19 - 00161 Roma. In caso di ritardo, la Re-dazione della rivista potrà correggere d’ufficio le bozze inbase all’originale pervenuto.I moduli per la richiesta di estratti vengono inviati insie-me alle bozze.

Gli articoli scientificipossono essere redatti nelle seguenti forme:

Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare unargomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime lasua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine ditesto dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche.

Articolo originale. Deve portare un contributo originaleall’argomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testodattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’articolo deveessere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali emetodi, risultati, discussione, conclusioni.Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopodello studio. Nella sezione materiali e metodi descriverein sequenza logica come è stato impostato e portatoavanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (qualeipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come èstata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutatie scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteri-stiche essenziali del trattamento, sui materiali utilizzati,sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature non comu-ni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultatidare le risposte alle domande poste nell’introduzione. Irisultati devono essere presentati in modo completo,chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, graficie tabelle.Nella sezione discussione riassumere i risultati principa-li, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confronta-re i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura,discutere le implicazioni dei risultati.

Review. Deve trattare un argomento di attualità ed inte-resse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomen-to, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato,essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura.Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscritto e 100citazioni bibliografiche.

Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolare inte-resse, Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazioni biblio-

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NORME PER GLI AUTORI

38 Geriatria 2008 Vol. XX; n. 2 Marzo/Aprile

grafiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni:introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni,

Preparazione dei lavoriI lavori inviati devono essere dattiloscritti con spazio

due, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina) e conmargini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devono inviare3 copie complete del lavoro (un originale e due fotoco-pie) e conservare una copia dal momento che i dattilo-scritti non verranno restituiti. Le pagine vanno numerateprogressivamente: la pagina 1 deve contenere il titolo dellavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzione ove illavoro è stato eseguito; nome, indirizzo completo diC.A.P. e telefono dell’Autore al quale dovrà essere invia-ta ogni corrispondenza.

Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un rias-sunto e le parole chiave in inglese; il riassunto deve esse-re al massimo di 150 parole.

Nelle pagine successive il testo del manoscritto dovràessere così suddiviso:

Introduzione, breve ma esauriente nel giustificare loscopo del lavoro.

Materiali e metodi di studio: qualora questi ultimi risul-tino nuovi o poco noti vanno descritti detta-gliatamente.

Risultati.Discussione.Conclusioni.Bibliografia: le voci bibliografiche vanno elencate e

numerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compi-late nel seguente modo: cognome e iniziali dei nomi degliAutori in maiuscolo, titolo completo del lavoro in linguaoriginale, nome abbreviato della Rivista come riportatonell’Index Medicus, anno, numero del volume, paginainiziale e finale. Dei libri citati si deve indicare cognomee iniziali del nome dell’Autore (o degli Autori), titolo peresteso, nome e città dell’editore, anno, volume, paginainiziale e finale.

Tabelle: vanno dattiloscritte su fogli separati e devo-no essere contraddistinte da un numero arabo (con riferi-mento dello stesso nel testo), un titolo breve ed una chia-ra e concisa didascalia.

Didascalie delle illustrazioni: devono essere prepa-rate su fogli separati e numerate con numeri arabi corri-spondenti alle figure cui si riferiscono; devono contenereanche la spiegazione di eventuali simboli, frecce, numerio lettere che identificano parti delle illustrazioni stesse.

Illustrazioni: tutte le illustrazioni devono recar scrit-to sul retro, il numero arabo con cui vengono menziona-te nel testo, il cognome del primo Autore ed una frecciaindicante la parte alta della figura.

I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nero sufondo bianco o stampati su carta lucida ed avere una baseminima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm.

Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate.Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione saran-

no rifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute sarannoa carico dell’Autore.

I lavori accettati per la pubblicazione diventano diproprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista e nonpotranno essere pubblicati altrove senza il permesso scrit-to dell’Editore.

I lavori vengono accettati alla condizione che nonsiano stati precedentemente pubblicati.

Gli Autori dovranno indicare sull’apposita scheda,che sarà loro inviata insieme alle bozze da correggere, ilnumero degli estratti che intendono ricevere e ciò avràvalore di contratto vincolante agli effetti di legge.

Gli articoli pubblicati su GERIATRIA sono redattisotto la responsabilità degli Autori.

N.B.: I lavori possono essere inviati e/o trascrittianche su dischetto compilati con programmicompatibili: in Macintosh (Word) o MS Dos(Wordstar 2000, Word).