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Mark Up Economia dell'impresa globale e market-driven management - Gennaio/Febbraio 2008 Benzine, global management ed economie di scarsità - Dicembre 2007 Servizi pre vendita, network e patrimonio di marca - Novembre 2007 Post-vendita, outsourcing e patrimonio di marca - Ottobre 2007 Private label e nuovi confini della concorrenza - Ottobre 2007 Luxury mass product ed eccesso di offerta - Settembre 2007 Milano, Milano: La nuova cultura del villaggio globale - Settembre 2007 Competitive intelligence e network globali - Giugno 2007 Licensing e licencing nella concorrenza globale - Maggio 2007 Telecomunicazioni, duopolio televisivo e concorrenza - Aprile 2007 Turismo incoming globale e mercati di prossimità - Marzo 2007 Network e cross-cultural management - Febbraio 2007 Network, distretti e cultura di concorrenza - Gennaio 2007 Prezzi, inflazione percepita, consumi e mercati globali - Dicembre 2006 Le vendite sottocosto trasparenti in Francia, meno in Italia - Dicembre 2006 La private laber ridisegna i confini del largo consumo - Dicembre 2006 Commercio ambulante moderno e sviluppo locale - Novembre 2006 Tour operator e turismo in eccesso di offerta - Ottobre 2006 Pubblicità, sponsorship e marketing delle sigarette - Luglio/Agosto 2006 Sondaggi, market research e marketing research - Giugno 2006

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Mark Up

• Economia dell'impresa globale e market-driven management - Gennaio/Febbraio 2008

• Benzine, global management ed economie di scarsità - Dicembre 2007

• Servizi pre vendita, network e patrimonio di marca - Novembre 2007

• Post-vendita, outsourcing e patrimonio di marca - Ottobre 2007

• Private label e nuovi confini della concorrenza - Ottobre 2007

• Luxury mass product ed eccesso di offerta - Settembre 2007

• Milano, Milano: La nuova cultura del villaggio globale - Settembre 2007

• Competitive intelligence e network globali - Giugno 2007

• Licensing e licencing nella concorrenza globale - Maggio 2007

• Telecomunicazioni, duopolio televisivo e concorrenza - Aprile 2007

• Turismo incoming globale e mercati di prossimità - Marzo 2007

• Network e cross-cultural management - Febbraio 2007

• Network, distretti e cultura di concorrenza - Gennaio 2007

• Prezzi, inflazione percepita, consumi e mercati globali - Dicembre 2006

• Le vendite sottocosto trasparenti in Francia, meno in Italia - Dicembre 2006

• La private laber ridisegna i confini del largo consumo - Dicembre 2006

• Commercio ambulante moderno e sviluppo locale - Novembre 2006

• Tour operator e turismo in eccesso di offerta - Ottobre 2006

• Pubblicità, sponsorship e marketing delle sigarette - Luglio/Agosto 2006

• Sondaggi, market research e marketing research - Giugno 2006

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Primo Piano

DOBBIAMOABITUARCI ACOMPETERE

IN UN MERCATOPIÙ PICCOLO

Bob Nardelli

CEO CHRYSLER

PatriciaRusso

CEO ALCATEL LUCENT

BENETTONCOMPETE OGGI

CON LA SPAGNOLAZARA E LA

SVEDESE H&M

AlessandroBenetton

AD GRUPPO BENETTON

e infine la trasformazio-ne dei mercati nazionaliin sistemi socio-econo-mici complessi, in cui co-municazione e distribu-zione sono globali e in-terconnesse, gli Stati-na-

zione si confrontano conorganismi sovranaziona-li e l’impresa postulanuovi valori di responsa-bilità e di Corporate so-cial responsibility.

Nella produzione, inparticolare, la globalizza-zione modifica l’organiz-zazione aziendale e ilruolo delle alleanze stra-tegiche, imponendo stra-tegie di network collabo-rativo tra gruppi di azien-de e promuovendo molte-plici forme di coopera-zione competitiva. Incontesti ad alta intensitàcompetitiva, le relazionidi concorrenza tendonocosì a intrecciarsi semprepiù con rapporti chiusi dicollaborazione e di coo-perazione per controlla-re, almeno parzialmente,le dinamiche competiti-ve, con dimensioni d’im-presa sempre più grandi euna visione di mercatoglobale.

Per quanto riguarda lepolitiche di vendita, lamarket-space competi-tion enfatizza, inoltre, lacriticità della vision e del-la redditività a brevissi-

mo termine (per esempiocon il brand reenginee-ring e il competitive pri-cing) e soprattutto esaltala priorità della continuainnovazione di offerta enon solo di prodotto, chepremia la gestione orien-tata alla conoscenza delmercato e alla creazionedi un competitive custo-mer value.

In effetti, nei mercatiglobali (e soprattutto neimercati caratterizzati daeccesso di offerta), il suc-cesso delle strategie a-ziendali dipende dalla ca-pacità di apprendere dalmercato nuove e originalifrontiere del valore e dallerelazioni competitive in-staurate dall’impresa. Inparticolare, un sistema dinetworking di collabora-zione fra strutture inter-ne, esterne e di co-maker-ship sottolinea la criticitàdi un sistema informativoaziendale basato sullenuove tecnologie digitali,finalizzato a valorizzare lerelazioni con la clientelafinale e in grado di gene-rare un competitive cu-stomer value. n

Alcune esperienze innovative d’azienda, DeutscheBank tra queste, considerano il cliente soggetto co-

protagonista delle proprie attività, il partner con cui mi-gliorare costantemente la propria offerta, anche median-te un lavoro comune per la co-generazione di nuovi pro-dotti/servizi. In effetti, l’approccio tradizionale di marke-ting considera il cliente l’oggetto destinatario della pro-pria attività e la competizione aziendale si fonda sulla capacità digenerare vantaggi tecnologico-produttivi, di pricing o d’innova-zione di prodotto/servizio. L’approccio di customer competitivevalue attribuisce, invece, al cliente esistente la capacità di genera-re nuovo valore attraverso la relazione con l’azienda e lo trasfor-ma, quindi, da obiettivo di marketing a fattore competitivo di suc-cesso aziendale.

Il cliente come leva competitiva

ROBERTO MADONA

Gennaio/Febbraio 2008 19MARK UP

Head of marketingprivate & business

clients DeutscheBank spa.

Silvio M. Brondoni

Imercati globali ridefi-niscono lo spazio di

concorrenza (market-space competition) e af-fermano un’economia diimpresa globale, i cui ca-ratteri distintivi sono:mercati aperti di approv-vigionamento e di sboc-co, senza confini fisici eamministrativi; prodottisempre più sofisticati eresi rapidamente obsoletida una facile imitabilità acosti decrescenti; interre-lazioni planetarie di con-correnza, che si sviluppa-no tra network transna-zionali che vanno oltre leorganizzazioni multina-zionali (o multidomesti-che), tipicamente euro-pee e legate a una ridottadimensione dei mercati;

Economia dell’impresa globale e market-driven management

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

LA NOSTRA LENTAINTEGRAZIONECULTURALE HAFAVORITO LA

CONCORRENZAGLOBALE

Con le relazioni competitive dell’impresa si gestiscono le capacità

di apprenderenuove frontiere del valore

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Primo Piano

LA CORSA DEL PREZZODEL PETROLIO

SPINGE L’INFLAZIONE

Jean-ClaudeTrichet

PRESIDENTE BCE

AlessandroGarrone

AD GRUPPO ERG

LA SPECULAZIONE SUIFUTURE DEL PETROLIO

È CIRCA 20-25 $ AL BARILE

MicheleMarsiglia

PRESIDENTE FEDERPETROLI ITALIAcome avviene per le eco-nomie di scarsità (che e-quivalgono ai monopoli eai cartelli dei mercatichiusi).

Nelle economie discarsità le imprese con-trollano le vendite neivari mercati fissandonelle diverse aree il prez-zo e le quantità prodottee vendute.

L’industria petroliferaesprime un moderno e-sempio di global mana-gement in condizioni discarsità di offerta, che siconcretizza in un ridottonumero di grandi corpo-rat ion, pochi worldbrand e una clientelamantenuta omogeneanei bisogni e stabile neiconsumi. Nelle benzinela bassa interdipendenzacompetitiva è avvalora-ta, inoltre, dal controlloesercitato dai produttorisui canali distributivi.Questi ultimi configura-no in effetti degli ambitilocali di vendita, inseritiperò in network globalidi produzione, marke-ting e logistica (appuntocome postulato dall’eco-nomia d’impresa globa-

le). In Italia (che presen-ta un’attività di raffina-zione multicountry, unimportante sistema logi-stico e forti consumi in-terni) il retail della ben-zina si concentra, per e-sempio, sulle impresedel settore petroliferocon un’alta concentra-zione delle quote di mer-cato (Agip 30%; Esso18%; Q8 10%; Ip 8%; Ta-moil 8%; Erg 7%; Api8%), mentre sono mini-me le vendite di altri ca-nali, in particolare laGda. In sintesi, un tipicooligopolio distributivolocale, governato tutta-via da una gestione glo-bale dell’offerta. D’altrocanto, il global manage-ment mira proprio a pre-servare la condizione ba-se dell’economia di scar-sità, cioè una ridotta in-tensità di concorrenzanei mercati globali (co-me dimostrano le softentry globali dei colossicinesi Sinopec, Cnooc ePetroChina). Con buonapace per la non presenzadi Esselunga e Coop, eper il tesoretto dell’extra-gettito fiscale italiano. n

L’obiettivo di Auchan Italia è di avere un distributo-re presso tutti i suoi 45 ipermercati. Oggi i 15 di-

stributori, uno a marchio Auchan e gli altri in co-bran-ding, assicurano un risparmio che, anche grazie allecarte Auchan, arriva a 10 centesimi al litro. Il numerodi distributori è raddoppiato negli ultimi due anni, gra-zie ad alleanze con alcune compagnie petrolifere (Eni eTamoil, ma non solo) espressa proprio con il co-branding, che tra-smette al cliente “la qualità è garantita dalla Compagnia, il prezzo daAuchan”. Resta il rammarico per il permanere nelle regioni di un re-gime protezionistico, che impone un’ingiusta tassa a carico di fami-glie e imprese, come hanno dichiarato sia l’Antitrust sia la Commis-sione europea: due voci di massima autorevolezza. Siamo sicuri chesaranno ascoltate.

Benzina e co-branding

GIOVANNI MAZZA

Dicembre 200722 MARK UP

Direttore di Auchan

Carburanti.

Silvio M. Brondoni

L a globalizzazione hacreato nuovi confini

di competizione, privi divincoli amministrativi ebasati sul tempo (time-based competition), chehanno spinto le grandicorporation (su cui go-verni e pubblici poteri lo-cali riescono sempre me-no a intervenire) versoun’impresa globale anetwork, idonea a opera-re in contesti aperti e adalta tensione competitiva

Le benzine inItalia: né

marketing, né Csr.

Distribuzionebloccata e

Governi con “tesoretti”

fiscali

Benzine, global managemented economie di scarsità

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

(market-driven manage-ment). Nell’economia deimercati globali, infatti,l’intensità competitiva vaoltre la numerosità e lequote di vendita dei con-correnti, per misurarepiuttosto direzione ecomplessità delle relazio-ni, ovvero il grado di in-terdipendenza di un’im-presa rispetto ai competi-tor. Un’alta interdipen-denza (cioè la presenzadi forti relazioni con imercati) segnala così u-na bassa competizione,

LA DOMANDAMONDIALE SUPERIOREALL’OFFERTA HA FATTO

CRESCERE I MARGINI DI RAFFINAZIONE

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Primo Piano

FAREMO UN SISTEMADI CONTROLLI PER

GARANTIRE QUALITÀ E SICUREZZA DELMADE IN CHINA

Yi WuVICE PREMIER

REPUBBLICA POPOLARE CINESE

CON IL TRADESMALTIAMO

L’USATO IN REVERSE

LOGISTIC

MassimoD’Angelo

AD ACER ITALIA

CON I BAR CODESUPPORTIAMO NEI MAGAZZINI

LE SCELTE DEI BUYER

PierluigiBernasconiCOUNTRY MANAGER MEDIA

WORLD ITALIA

da questi ultimi e/o da so-cietà finanziarie specia-lizzate (comunque con-trollate o collegate con iproduttori) direttamenteagli acquirenti finali op-pure agli intermediari divendita (retailer, whole-

saler, prescrittori). I pre-sale service si strutturanoin due grandi tipologie:da un lato si individuano iservizi (tipicamente ri-conducibili al marketingdi prodotto) pianificati erealizzati per motivare -prevalentemente su baserazionale - la decisioned’acquisto di una data of-ferta, e dall’altro i servizi(riferiti piuttosto al finan-cial product) diretti a pro-durre specifici vantagginei costi di transazione epertanto destinati a gene-rare particolari motiva-zioni di scelta, esclusiva-mente economico-finan-ziarie. I servizi pre-saledel primo tipo tendono,quindi, a intervenire sullemotivazioni di acquistodel bene e sono finalizza-ti ad avvalorare gli inve-stimenti aziendali devo-luti alla brand policy e aiservizi post-vendita. Intale tipologia rientrano,per esempio, i servizi pre-sale di product consul-ting, che possono essereofferti ai consumatoritramite contatti persona-li oppure essere erogati

online al trade e a poten-ziali clienti.

Quelli a caratterefinanziarioGli interventi dell’altro ti-po, con un prevalente ca-rattere finanziario, indivi-duano, invece, nella logi-stic e nella reverse logistic(contratti pre-vendita perlo smaltimento di prodot-ti esausti, come televisore,frigorifero ecc.) tipici e-sempi di pre-sale servicediretti agli intermediari divendita, mentre gli inter-venti pre-sale rivolti agliacquirenti finali eviden-ziano la crescente impor-tanza del credito al consu-mo. Quest’ultimo è offer-to da strutture specializ-zate, sebbene spesso e-stranee alla politica diprodotto, ed esercita unaforte “azione di appiatti-mento” dei caratteri di-stintivi di prodotto, inde-bolendo il “branding va-lue” e la rilevanza compe-titiva dei servizi post-ven-dita (di fatto asserviti afattori elementari di nego-ziazione della vendita delprodotto). n

L a componentistica automotive presenta caratteri-stici servizi pre-vendita. Il primo è il development

support, che consiste nello svolgere in autonomia pressoil fornitore tutta la fase di sviluppo e validazione del pro-dotto, a livello di simulazione (design verification) e diprove pratiche (product validation); è uno step in più delco-development perché il fornitore si fa carico di tutte leattività, operando però su input condivisi con il cliente. L’altro è ilconsignment stock, di fatto un magazzino del fornitore localizzatonelle vicinanze del cliente, che può gestire la sua produzione e i pa-gamenti in pull system. L’offerta migliore e la conseguente assegna-zione di un business dipendono così, sempre più, dall’integrazionedi fattori cost-oriented con sofisticati servizi pre-vendita.

ANDREA DELL’ORTO

Novembre 200722 MARK UP

Executive vice president di

Dell’Orto spa

Silvio M. Brondoni

Nei mercati globali iprodotti si differen-

ziano con la gestione delsistema delle risorse im-materiali di prodotto(product intangibile as-set), ovvero branding po-licy, servizi pre-vendita eservizi post-vendita. Neisingoli spazi-tempi diconcorrenza la competi-zione sui mercati globaliimpone, inoltre, di stima-re la rilevanza delle diver-se risorse immateriali diprodotto per quantificaregli sforzi da devolvere ri-spettivamente alla bran-ding policy e ai servizipre e post-vendita.

Le due tipologieI servizi pre-vendita sonoprogettati, in particolare,dai produttori ed erogati

Servizi pre-vendita,network e patrimonio

di marca

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

I servizi pre-vendita nell’automotive

Credito al consumo e logisticaindividuano servizi che motivano la

decisione d’acquisto oltre a produrre vantaggi nei costi di transazione

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Primo Piano

Bob Eckert CEO MATTEL

PaulKrugman

ECONOMISTA PRINCETON UNIVERSITY

GiulianoMosconi

AD POLTRONA FRAU

obiettivi di alta customersatisfaction e di strettocontrollo su tempi e mo-dalità d’intervento dellestrutture dedicate. Neimercati globali i costi delpost-sale (spesso soste-

nuti prima delle vendite)e i vantaggi della custo-mization (comunque dimedio-lungo termine)confliggono con gli obiet-tivi di redditività di pro-dotto, spingendo all’e-sternalizzazione di servi-zi chiave e allo sviluppodi differenti politiche dipost-sale outsourcing,connotate come:

- outsourcing for cost.Minimizza i costi dei ser-vizi (profit first of all),strutturando con “subap-palti a cascata” i centri o-perativi d’intervento espostando i centri virtuali- come i call center - neipaesi con bassi costi dimanodopera o forti in-centivi alla localizzazio-ne. Tipici esempi, Ge, Vo-dafone, Shell, Eni, cioè lecorporation in grado digovernare economie glo-bali di scarsità, con tradee consumatori del tuttopassivi. Rientrano in que-sto ambito anche i “mo-nopoli locali” (Telecom,Alitalia, Enel, Rai, Fs, Me-diaset) dove il post-vendi-ta, in concreto, “tiene lon-tana” la clientela;

- outsourcing for bran-ding che, nel porre all’e-sterno il post-vendita, e-salta la marca e la fedeltàdi riacquisto (client sati-sfaction first of all), comesi rileva nelle big com-pany Heineken, Vw, Phi-lips, Daimler, Philip Mor-ris, Bat, P&G, Unilever epiù in generale nelle eco-nomie globali a concor-renza controllata, condomanda finale e tradeattivi;

- outsourcing for value,che esternalizza il post-sale per massimizzare laredditività di brandingpolicy e dei servizi pre-vendita (soprattutto di lo-gistica per il trade e dicredito al consumo per iclienti), cui si subordinail riacquisto e la fidelizza-zione del post-sale (quin-di in un’ottica businessvalue first of all). Comeavviene, per esempio, inSony, Toyota, Honda,Coca-Cola, ossia nelleimprese che operano ineconomie in eccesso diofferta, con un tradecompetitivo e consuma-tori non fedeli. n

N el settore degli elettrodomestici il servizio post-vendita è strategico. Da sempre Candy ha punta-

to all’eccellenza, con l’obiettivo di differenziarsi daicompetitor e di fidelizzare l’acquirente finale attraversoun rapporto positivo con la marca durante tutta la vitadel prodotto in uso. Dai primi anni ’60 ha garantito l’in-tervento in casa dell’utente entro 48 ore dalla chiamatain tutti i paesi europei e negli anni ’70 ha introdotto la garanziaestesa a 5 anni. Oggi le principali criticità nell’erogazione delservizio sono: 1. I costi di un’organizzazione molto complessa;2. Il rapporto con la grande distribuzione, che tende a sosti-tuirsi alla marca nella fase immediatamente successiva all’ac-quisto con azioni di “money back’” i cui costi sono però in granparte a carico della marca stessa.

BEPPE FUMAGALLI

Ottobre 2007 35 MARK UP

Direttore generalesettore piccoli

elettrodomesticiCandy

Elettrodomestici.

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

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Post-vendita, outsourcing& patrimonio di marca

Silvio M. Brondoni

Nei mercati globali ladifferenziazione dei

beni si realizza con i pro-duct intangible asset,cioè branding policy, ser-vizi pre-vendita, servizipost-vendita.

In particolare i servizipost-vendita (assistenza,product up/down gra-ding, manutenzione, ri-parazione, parti di ricam-bio, learning & training,trade merchandising) as-sicurano, dopo l’acqui-sto, la piena funzionalitàdi utilizzo di prodotti eservizi. I servizi post-sale(che si connotano per l’e-rogazione personalizzatae i flussi informativi dallaclientela all’impresa) ge-nerano ingenti costi, so-prattutto in presenza di

I servizi post-sale generano costi che confliggono con gli obiettivi

di redditività di prodotto. L’esternalizzazione

di servizi chiave determina differenti politiche aziendali

Post-sale, brand e costi Gda

ABBIAMORICHIAMATO ALCUNI

PRODOTTI PER LA SICUREZZA

DEI BAMBINI

CRESCE IL REVERSEOUTSOURCING,

DAI PAESI EMERGENTI A LONDRA E NY:

LENOVO VA IN NORTHCAROLINA

IL BRAND EQUITYVALUE DIPENDE

DA CLIENTI FINALI,VENDITE RETAIL E

ATTIVITÀ DI SERVIZIO

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I consumatori

Ottobre 200750 MARK UP

con quattro realtà moltodifferenziate.

Da una parte si posizio-nano i paesi ad alta pene-trazione delle food privatelabel (come Svizzera, Re-gno Unito e Germania),all’estremo opposto si col-locano, invece, i paesi abassa penetrazione (comeUngheria, Austria, Re-pubblica Ceca, Polonia eItalia).

Le quattro distinte tipo-logie di consumo delleprivate label in Europasono spiegate da diversifattori, tra cui, innanzi-tutto, la difforme consi-stenza delle catene globalidi distribuzione e il diffe-rente peso della pubbli-cità nei singoli paesi, inparticolare per quanto ri-guarda il mezzo televisi-vo. Da non dimenticare,poi, la diversa quota diconsumatori (con pesomaggiore nei paesi euro-pei più ricchi), fedeli a unnumero sempre più ri-stretto di marche globaliad alta caratterizzazione,ma poco interessati ad ac-quistare marche indu-striali generiche, sia na-zionali sia regionali, a cui

L e private label stannoconquistando un nu-

mero sempre maggiore diconsumatori che, conpercentuali di crescitasenza precedenti, in tuttaEuropa sono sempre piùconsapevoli dei caratteridistintivi del marchio deldistributore e ne acqui-stano prodotti con com-portamenti razionali e

preferiscono un sistemadi private label (club, pre-mium, tattiche, primoprezzo).

Qualità e risparmio alla base del successodella private label Il futuro a lungo terminedel marchio del distribu-tore pare, in ogni caso, ingrande crescita. Le ragio-ni di tale previsione risie-dono nella constatazioneche i giovani consumatori,dai 25 ai 35 anni, sono so-stenitori molto convintidei prodotti a marchio deldistributore e una quota,sempre maggiore, di ac-quirenti europei richiedeai retailer di fiducia unavasta gamma di prodotticon marchio proprio. Si èsviluppata, inoltre, la con-vinzione che la qualità ri-copra la stessa importan-za del prezzo come fattorechiave di scelta dei pro-dotti a private label, per lafiducia riposta nella sele-zione del dettagliante. In-fine, le politiche di prezzodelle food private label so-no ancora elementari (so-prattutto nei paesi a bassae media penetrazione), a

La popolarità raggiunta in Europa dalle marche d’insegna è motivata dallapossibilità di acquistare prodotti alimentari, non-food e servizi con una qualitàgarantita dal distributore a prezzi più bassi di Silvio M. Brondoni*

CONQUISTE • PER I MARCHI DEL DISTRIBUTORE TREND DI CRESCITA SOSTENUTI E PIÙ COMPLESSI

vendita all’ingrosso. Nelcomparto alimentare del-la Gda a sede fissa (l’uni-co dove vi sono stime ab-bastanza sicure) i paesieuropei che registrano lepiù alte percentuali dicrescita di acquisti di pro-dotti con marchio del di-stributore sono i PaesiBassi e la Germania,mentre i maggiori incre-menti percentuali di con-sumatori divenuti piùconsapevoli della privatelabel si riscontrano in Re-gno Unito, Spagna eFrancia.

I dati di vendita eviden-ziano la popolarità rag-giunta in Europa dalmarchio del distributoree indicano trend di cre-scita decisamente soste-nuti (e più complessi,perché estesi anche alnon-food e ai servizi).

Dove si radica la private labelLe quote di mercato, e-spresse in volume e sti-mate da ACNielsen per iprincipali paesi europei,mostrano, per la verità,un sistema continentaledecisamente composito,

non legati alla margina-lizzazione sociale.

Le private label com-prendono tutti gli articolivenduti con il marchio diun distributore al detta-glio e possono raffigurarel’insegna del dettagliantestesso, ma anche un no-me di fantasia di pro-prietà di una catena o ap-partenente a gruppi di

Ottobre 200750 MARK UP

Private label e nuovi confini della concorrenza

MARKET SHARE DELLA PRIVATE LABEL COOP

Fonte: Coop Italia

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differenza delle non-foodprivate label dove la ge-stione di bolle di domandaimpone pricing sofisticati.

La private label rappre-senta, in sintesi, l’opportu-nità di acquistare (senzaaspettare offerte speciali evendite promozionali)prodotti alimentari, non-food e servizi con qualitàgarantita dall’insegna del-la catena distributiva a unprezzo minore rispetto a-gli articoli con marca na-zionale o regionale. I pro-dotti con il marchio del di-stributore si affermano,infatti, con una qualità in-trinseca uguale, talvoltaaddirittura migliore, aquelli con marchio indu-striale e il consumatore èrassicurato che siano sod-disfatti gli standard e i re-quisiti di qualità impostidal retailer.

Un’offerta completa Supermercati, ipermerca-ti, drugstore e discountoffrono, attualmente, unampio ventaglio di benicon il marchio del distri-butore.

Le private label copro-no, in effetti, intere gam-me di prodotti alimentarifreschi, inscatolati, surge-lati ed essiccati, merendi-ne, snack, biscotti, ciboper animali domestici,prodotti sanitari e di bel-lezza, medicinali da ban-co, cosmetici, detersivi,prodotti per la pulizia del-la casa, prodotti per il bri-colage e per il giardinag-gio, vernici, ferramenta eaccessori per la manuten-zione delle automobili,schede per la telefoniamobile.

Le dimensioni degli attori Le imprese che produco-no articoli a marchio deldistributore sono ricon-

ducibili a tre principalicategorie. Vi sono, innan-zitutto, le imprese digrandi e grandissime di-mensioni, spesso addirit-tura network globali, cheproducono gli stessi benicon propri marchi e conmarchi dei distributori alfine di ottenere, soprat-tutto, vantaggi competiti-vi di posizione nei con-fronti di competitor dellastessa categoria merceo-logica di offerta.

Si trovano, poi, le picco-le e medie imprese, sia re-gionali sia locali, che sispecializzano nella pro-duzione di beni con ilmarchio dei distributorispesso su specifiche im-poste da singoli retailer.Infine, sono presenti sulmercato dettaglianti egrossisti di grandi dimen-sioni, in genere con cen-trali di acquisto su scalainternazionale, che pos-siedono propri stabili-menti di produzione erealizzano prodotti suspecifiche richieste, sia dicontenuti sia di formati,con i marchi dei diversidistributori.

Le grandi catene di di-stribuzione al dettaglio,con alti e crescenti tassi diredditività per effetto del-la dimensione di acqui-sti/vendite del network,stanno progressivamentefocalizzando la gestionedella politica di marcapropria (own brand), ri-ducendo lo spazio compe-titivo e la redditività dellemarche industriali locali.In tal senso il trade generaun’evoluzione della con-correnza sul prezzo, capi-talizzando su vasta scalail patrimonio di marcadella private label. Di con-seguenza, le grandi cor-poration quali Johnson &Johnson, Nestlé, Unilever,Procter & Gamble devono

oggi competere con i loromaggiori clienti, cioè legrandi catene di distribu-zione, come Carrefour,Cvs, Tesco, Metro, Wal-Mart (e in Italia ancheCoop) e soprattutto devo-no attivare nuove strate-gie di collaborazionecompetitiva.

La marca d’insegnaanche per i beni di altaqualitàLa private label riguardaoggi prodotti e servizi diun ampio spettro di indu-strie a livello globale, che siestende dall’alimentare aicosmetici, dall’abbiglia-mento al web hosting. Neivari settori la marca com-merciale si posiziona, ge-neralmente, su livelli diprezzo più contenuti dellemarche industriali, anchese di recente alcune priva-te label hanno introdottolinee di offerta premiumcon elevati standard diqualità. In effetti, nei paesi

europei a bassa penetra-zione, le private label delcomparto alimentare sonospesso associate a offertedi basso prezzo, mentre al-trove le marche dei di-stributori rappresentanoun’offerta più articolata,connessa anche a beni dialta qualità. Il concetto èstato esteso, di recente, al-le offerte web, con beni co-nosciuti come “Plr” (priva-te label rights), cioè pro-dotti intermediati in gran-di quantità per popolarerapidamente determinatisiti, sfruttando il trafficogenerato dai motori di ri-cerca. In breve tempo laqualità di questi Plr è au-mentata notevolmente(per esempio, nei farmaciacquistabili online), fino adefinire prodotti e servizicon caratteri specifici e le-gati a software che auto-maticamente generano va-rietà personalizzate diquesti beni.

La complessa concor-

renza verticale e orizzon-tale delle offerte con le pri-vate label evidenzia unoscenario di mercato dove ifattori di successo per iprodotti a marchio riguar-dano, da un lato, la loro ca-ratterizzazione (productpersonality) e, dall’altro, icontenuti di servizio,marketing e immagine.Proprio quest’ultimo ele-mento diviene critico nellacreazione di valore: comeavviene nella realtà italia-na del food, “primo prez-zo”, “biologico” e “pre-mium” rischiano, sovente,di cannibalizzare le mar-che d’insegna, proprio perle deboli immagini di mar-ca e, quindi, per la sostan-ziale incapacità del consu-matore di riconoscere i po-sizionamenti qualitativi edi prezzo delle diverse of-ferte con private label.

*Professore ordinariodi Marketing Università

degli Studi di Milano-Bicocca

Ottobre 2007 51MARK UP

EUROPA - FOOD PRIVATE LABEL(in %)

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Nielsen

49

33 32

Svizzera Belgio

Spagna Francia

Regno Unito Germania

20 19 18 16 14

Ungheria Austria Repubb. Ceca Italia Polonia

43 42 41

PAESI AD ALTA PENETRAZIONE

PAESI A MEDIA PENETRAZIONE

PAESI A BASSA PENETRAZIONE

PAESI A PENETRAZIONE CONTROLLATA

28 26 25 24 21

Svezia Finlandia Portogallo Paesi Bassi e Danimarca

Norvegia eSlovacchia

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I consumatori

Ottobre 200752 MARK UP

L a dinamica positivadelle private label ita-

liane stimola nuove rifles-sioni su un particolareambito della loro gestio-ne: il valore della marcad’insegna.

Sotto questo profilo èsempre più necessario o-perare sull’amministra-zione della brand equitydell’offerta a marchio,proprio attraverso l’im-piego di tutti i diversistrumenti del communi-cation mix di cui ormaianche il distributore di-

spone. Si tratta di prende-re coscienza che ancheper la private label, analo-gamente ai grandi brandindustriali, la personalitàdella marca, i suoi attri-buti e i valori che esprimene condizionano in mododeterminante il successo.

In questo senso occupa-re in modo positivo lamente e il cuore del con-sumatore rappresenta unimperativo dal quale nonsi può prescindere in unamoderna gestione dellaprivate label nel nostro

paese.Tra i diversi vantag-gi che una forte brand e-quity comporta, apparedegna d’interesse la mag-gior capacità di difesadalle competizioni suiprezzi che sempre più ca-ratterizzano lo scenariodel largo consumo mo-derno.

Una marca d’insegnapuò essere un grande brand Coop monitora costante-mente la relazione fidu-ciaria che la propria mar-ca è in grado di mantene-re, in maniera assoluta erelativa, con il consuma-tore rispetto ai principalicompetitor e ai maggioribrand industriali. Sia nel-la relazione oggettiva (lo-go, prodotto, posiziona-mento) sia in quella emo-tiva, rappresentata in pri-mis da fiducia ed empatiacon il consumatore, il va-lore accumulato consentedi inscrivere il prodottoCoop nel novero dei gran-di brand apprezzati dagliitaliani.

In particolare le carat-teristiche di unicità e fi-ducia che connotano il

brand Coop sono il fruttodi un lungo percorso discelte sviluppate nel corsodel tempo. Sotto il profilodella sicurezza dei pro-dotti giova ricordare, in-fatti, le scelte “storiche”per l’esclusione dalle ta-vole degli italiani di colo-ranti, conservanti, ormo-ni, pesticidi e, più recen-temente, di Ogm, di grassiidrogenati, di produzionibiologiche.

Per quanto riguarda latutela dell’ambiente, nonsi possono dimenticare lecampagne per l’elimina-zione dei fosfati nei deter-sivi o del Cfc. Sul pianodella convenienza va ri-cordata, oltre al quotidia-no posizionamento del-l’offerta, la proposta di ar-ticoli premium a prezziragionevoli, così come,negli ultimi tempi, lacampagna sul mercatodel latte in polvere perbambini o dei prodottiper celiaci.

Bisogna evidenziare, i-noltre, l’impegno per il ri-spetto dei diritti dei lavo-ratori attraverso la sotto-scrizione del codice eticoper tutte le forniture degli

articoli Coop e il grandesviluppo dei prodotti delcommercio equo-solidale.A tutto ciò va aggiuntaun’attenzione, mai venutameno, sul fronte dellaqualità, quella intrinsecama anche quella percepi-ta, proprio per chiuderequel cerchio ideale rap-presentato dalla soddisfa-zione del consumatoreche ogni marca vuole rag-giungere.

Una comunicazione a 360°Di certo il sostegno di unaforte brand equity passanecessariamente per l’im-piego di mezzi di comuni-cazione che vanno oltre ilprodotto e le caratteristi-che che lo contraddistin-guono: si vuole in questosenso esprimere la cre-scente importanza rico-perta dal packaging, dallacomunicazione in store eattraverso i media tradi-zionali, ma anche dallapartecipazione a eventiche, pur esterni al puntodi vendita, sono coerenticon i valori espressi dallamarca.*Presidente Coop Italia

Per una solida brand equity dei prodotti a marchio sono fondamentali il packa-ging e la comunicazione, ma anche le manifestazioni e gli eventi coerenti coni valori espressi dal brand di Vincenzo Tassinari*

PERSONALITÀ DI MARCA • UNICITÀ ED EMPATIA PER UNA DURATURA RELAZIONE CON IL CONSUMATORE

Responsabilità e fiducia, anima della private label Coop

LA BRAND EQUITY DELLA PRIVATE LABEL COOP

Fonte: Coop Italia

ICONOGRAFIANotorietà 89 11 -Chiarezza 67 11 +2Unicità 36 13 +4Attrattività 67 7 +1CREDITOEmpatia 50 18 +1Fiducia 49 24 +2Rilevanza 36 20 +2

VALORE VALORE DIFFERENZA ATTRIBUITO SUPERIORE TRA

2006 ALLA MEDIA 2004-2006NAZIONALE (%)(% 2006)

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Primo Piano

NEGLI ULTIMI ANNI IL SETTORE

LUSSO HASEGNATO UN

TREND NEGATIVO

MassimoFerretti

PRESIDENTE GRUPPO AEFFE

IL MARKETING DEL LUSSO ESALTA

LA SORPRESA,L’AUTENTICITÀ,

LA RARITÀ

Toni Belloni

DIRETTORE GENERALE LVMH

BernardArnaultPRESIDENTE LVMH

dio-alta) dovrebbero assi-curare margini più consi-stenti e un sistema com-petitivo di riferimentomeno affollato.

In realtà, anche nei“luxury products” l’ecces-so di offerta è divenuto unfattore strutturale di svi-luppo che impone alle im-prese di confrontarsi con:

consumi i rregolar i espesso non fedeli; do-mande instabili; e soprat-tutto potenziali di consu-mo mutevoli.

Insomma, cambiano leregole e l’instabilità nelcomportamento d’acqui-sto prende il sopravventosulla capacità di spesa co-me hanno sperimentatotaluni distretti orafi italia-ni (esposti alla concorren-za di prezzo e ai mutevoliandamenti dei rapporti dicambio delle monete for-ti) che subiscono i nuoviscenari competitivi prividi sofisticate capacità ma-nageriali di marketing edesclusi dai circuiti della fi-nanza globale.

La competizionesulla base di nuovefilosofie di gestionePer contro, i mercati glo-bali e in eccesso di offer-ta stimolano le grandiluxury corporation acompetere sulla base dinuove filosofie di gestio-ne, orientate al mercatopiuttosto che alla doman-da (market-driven mana-gement) e quindi caratte-

rizzate da confronto con-tinuo con i concorrenti,confini di competizioneglobali e instabili, alta so-stitutività tra i prodotti e,infine, performance con-dizionate dalla rotazioneoltre che dal margine.

Lo sviluppo dipende dal livello di sofisticazione dellerisorse immaterialiIn tali condizioni lo svi-luppo di lungo periododell’impresa dipende pri-mariamente dal livello disofisticazione delle risor-se immateriali d’impresa(corporate intangible as-set), finalizzate a conse-guire una redditività dimarca non inferiore al2%, crescenti volumi difatturato sui mercati glo-bali, vendite differenziatenelle grandi aree geogra-fiche e, infine, produzio-ni affidate a terzisti di al-ta qualità che sostituisco-no l’artigianalità dei ca-ratteri distintivi di pro-dotto (facilmente imita-bili e con un’elevata vola-t i l i t à d e l l e s p e s e d imarketing).

R ispetto al mercato dei luxury mass products, l’indu-stria dell’automobile esprime alcune peculiarità: lo-

calizzazione delle unità produttive condizionata da vincolidi natura normativa e logistica; mercati di sbocco profon-damente differenziati tra loro in termini di potere d’acquistoe di bisogni; cicli di vita e d’innovazione dei prodotti lunghi.Ne deriva un comparto macroregionale anziché globale.Crea valore, così, solo l’azienda in grado di costruire un’immagine coe-rente riconosciuta universalmente. In particolare, è dalla capacità di su-scitare in ogni parte del mondo le stesse emozioni e i medesimi sentimen-ti, seppure utilizzando lingue e stilemi diversi, che un prodotto e, soprat-tutto, un brand trae l’energia per accrescere e consolidare il suo valore. Fiat500 ne è un esempio: parla in modo universale di Italia, stile, qualità, tec-nologia ma anche e soprattutto di simpatia, innovazione e ottimismo.

LUCA DE MEO

Settembre 2007 21MARK UP

Amministratoredelegato

di Fiat Automobiles

spa

Silvio M. Brondoni

Imercati globali e in ec-cesso di offerta deter-

minano una crescente so-vracapacità produttiva edesuberi di offerta mai spe-rimentati rispetto ai po-tenziali di domanda. Inol-tre, le tecnologie digitalidel settore Ict imprimonoalla concorrenza ritmi in-calzanti (time-based com-petition), con fenomenidi: accelerazione dei pro-cessi d’innovazione; rapi-da imitazione; diffusioneglobale delle innovazioni;prezzi di vendita cedenti.

Questa nuova realtà dimercato spinge le impresea cercare un posiziona-mento di prodotti e servi-zi nella fascia alta dei con-sumi, configurando unanuova classe di “beni dilusso di massa” che (nelleaspettative dei produttori,soprattutto del made in I-taly di fascia media/me-

Le imprese cercano un posizionamentonella fascia alta del mercato.

Imbattendosi con potenziali di consumomutevoli, instabili e spesso non fedeli

Luxury mass products ed eccesso di offerta

www.unimib.it/symphonya L A R E P L I C A I N 8 0 0 B AT T U T E

CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

COMPENSIAMO I CAMBI NEGATIVI

CON AUMENTI DI PREZZO

E COPERTUREVALUTARIE

Mercato dell’auto e mass luxury products

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Settembre 200740 MARK UP

Silvio M. Brondoni

La città di Milano è sempre sta-ta caratterizzata da una “cul-

tura del villaggio” molto aperta,generosa e al tempo stesso laborio-sa e rigorosa. Forse un po’ ipocrita,talvolta, ma molto tradizionale esensibile alle novità.

I valori della “cultura del villag-gio”, che hanno fatto di Milano lapiù grande metropoli italiana, incompetizione con le maggiori cittàeuropee, non si sono certo dissoltinegli anni recenti per effetto dei fe-nomeni sconvolgenti della globa-lizzazione e delle tecnologie digita-li della comunicazione, che tutta-via hanno prodotto autentici terre-moti sulle culture locali e naziona-li, con migrazioni di massa di mol-ti popoli, esplosione di una massi-ficazione dei consumi senza prece-denti e rapido livellamento - versofattori comuni, cioè verso il basso- di usanze e costumi delle popola-zioni. Sono fenomeni appunto di-rompenti che si manifestano e mu-tano con velocità mai sperimenta-ta in precedenza, a fronte dei qualigli Stati-nazione e le città oppon-gono modalità e tempi di reazionemolto tradizionali e lenti. Lenti di-ventano anche i tempi di progetta-zione, i dibattiti si allungano sutempi infiniti: sfociando in poverechiacchiere e sogni che non si rea-lizzano, restano sulla carta e pro-ducono rabbia e insoddisfazione.

In realtà, anche per le municipa-lità, i mercati globali determinanonuovi confini d’intervento socialeed economico, con una profondamodificazione dei rapporti tempo-rali e spaziali di relazione e intera-zione che evidenziano, da un lato,il tempo come fattore competitivo(time-based competition) e dall’al-

tro l’abbandono di domini chiusi,coincidenti con particolari conte-sti fisici o amministrativi (un pae-se, una regione, un’area geografi-ca: market-space competition).Appare, di conseguenza, fallace ri-cercare l’efficacia e l’efficienza dirisoluzione dei problemi di unagrande città come Milano nellaconquista di spazi fisici semplice-mente più vasti (aree metropolita-ne), ma piuttosto si manifesta lanecessità di definire nuovi contestidi consenso basati su conoscenza ecapacità progettuale. Una conce-zione statica e delimitata dellospazio di sviluppo socio-economi-co risulta, infatti, superata nellaglobalizzazione, dove specificicontesti geografici sono demanda-ti a esprimere vantaggi parziali, dacoordinare in un più vasto sistemadi operatività (market-space ma-nagement). In altri termini, un im-pegno serio e costante da parte de-gli organi di governo delle città,che va ben oltre lo slogan di un ine-sistente marketing del territorio,inventato da consulenti intruppatiin comuni desiderosi di una “bril-lantina” ad altissimo costo.

La globalizzazione impone allemunicipalità una pluralità di spa-zi/oggetti di confronto e al contem-po presuppone un sistema infor-mativo coerente con orizzonti de-cisionali di brevissimo periodo,basato su flussi informativi tele-matici e con processi aperti di co-municazione, invece dei tradizio-nali schemi monodirezionali, dal-l’emittente al ricevente passivo. Imercati globali, in particolare, e-sprimono anche una nuova visio-ne dei sistemi di relazione con lecomunità e con le organizzazioniciviche locali, coerentemente con ifabbisogni strategici e operativi di

organizzazioni con strutture com-plesse, in genere costituite danetwork, che operano con molte-plici punti decisionali (caratteriz-zati da delega e responsabilità ele-vate) e con tempi di azione-reazio-ne molto ridotti.

Il cittadino globaleIl benessere economico degli ulti-mi trent’anni, l’innalzamento del li-vello di scolarizzazione e una diffu-sa cultura consumerista hannocontribuito a rendere gli abitanti diMilano (quelli che vivono la città,perché in questa città lavorano,studiano, hanno insomma relazio-ni con luoghi e persone della me-tropoli) esperti e professionali neiloro comportamenti di vita. Untempo docili, facilmente manipola-bili e limitati ai soli residenti (conuna “cultura del villaggio” moltogenerosa, anche se elementare e unpo’ isolazionista), essi rappresenta-no ormai una forza organizzata estrutturata che modifica la naturastessa delle relazioni fra i territori(i nuovi siti socio-economici, al po-sto dei quartieri; la città, con i suoisimboli locali e globali; i siti virtua-li, ormai fondamentali nel posizio-namento di Milano), le istituzioni ei nuovi cittadini globali. In partico-lare, il comportamento del nuovocittadino globale è caratterizzatoda: crescente supremazia della co-municazione dei cittadini verso leistituzioni, nuove aspettative socia-li, certezza circa le professionalitàdi progettazione nel rispetto delle i-dentità locali e dei valori della città.

Il primato della comunicazione

dei cittadiniI cittadini vivono in una realtà (so-cio-politica e virtuale) in cui l’of-

ferta di comunicazione è continuae sovrabbondante, la concorrenzacomunicazionale molto forte. Unamolteplicità di fonti d’informazio-ne è organizzata per raggiungere icittadini, per acquisirne i pareri eper favorire il dialogo critico, dalmomento che i nuovi cittadini glo-bali vogliono essere sentiti, ascol-tati, capiti, considerati e attribui-ranno a sindaco e assessori ognicausa d’insoddisfazione. Per con-tro, l’organizzazione delle istitu-zioni cittadine e delle numeroseorganizzazioni non governative(Ong) è ancora scoordinata, par-ziale e soprattutto carente nelletecnologie digitali di relazione e diinterconnessione con l’utenza. Unchiaro esempio è costituito dalticket (tassa d’ingresso in Milano).A fronte delle molte polemiche, ilsindaco non è ancora riuscito aspiegare - nonostante la presenzain consiglio comunale di sapientie bravi comunicatori - come lanuova tassa sia collegata a un mo-derno uso della città (favorendol’ingresso operoso e il reintegrodei costi ambientali) e a un van-taggio dei residenti (dal momentoche i cittadini potranno continua-re a evitare il pagamento dell’addi-zionale comunale Irpef).

Le nuove aspettative sociali

Il cittadino di Milano ricerca livel-li di soddisfazione sociale piùcomplessi dei bisogni primari, esi-ge da enti e organizzazioni dellamunicipalità soluzioni adatte a bi-sogni specifici e palesa in formesempre più organizzate nuovi va-lori, quali sicurezza, qualità dellavita, silenzio, tutela degli ampispazi verdi. In proposito, alcuni e-sempi clamorosi si rilevano nell’o-

Milano, Milano:la nuova cultura del villaggio globale

DossierRIQUALIFICAZIONI URBANE - MILANO

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blio e nella superficialità degli“spazi senza progetto” come l’out-let transnazionale di Sarpi-Bra-mante, l’area semidesertica Bicoc-ca-Arcimboldi, San Siro e le nuoveperiferie (private di una speranzadi sviluppo progettuale di altoprofilo dalla rinuncia, anni addie-tro, dell’assessore Del Debbio). Al-tri esempi, altrettanto clamorosi,riguardano invece il fallimentoprogettuale delle “isole pedonali”,come Brera, corso Garibaldi, cor-so Como, lo scempio abominevoledelle Colonne di S. Lorenzo, i Na-vigli, tutti spazi dove le continue ecrescenti proteste degli abitanti,sempre più coesi e organizzati, de-nunciano un serio impegno con-tro degrado e rumore, ma soprat-tutto contro la mancanza di unreale progetto di sviluppo socio-ambientale.

Valori locali e identità

I cittadini sono sempre più avve-duti, informati e capaci di fare del-le scelte a prescindere dalle sugge-stioni ideologiche. I rapporti tracittadini e istituzioni tendono cosìa modificarsi a vantaggio di unsenso nuovo di responsabilità e afronte dell’evolversi della com-plessità delle popolazioni e del lo-ro benessere. La globalizzazionenon determina, infatti, l’unifor-mazione dei comportamenti e de-gli stili di vita, ma riconosce sem-plicemente che esistono gruppi diabitanti che da una parte presen-tano identici bisogni, ma dall’altraesigono che un’economia di mer-cato di massa si combini conun’attenzione rinnovata alle attesedei singoli gruppi (etnici, religiosiecc.), nel rispetto di identità di co-munità che in concreto segnalanol’esigenza, oggi nel mondo più for-te che mai, di preservare le diffe-renze di civilizzazione (di nazioni,religioni, razze e lingue), per man-tenere e affermare le proprie diffe-renze culturali.

*Professore ordinario di Marketing - Università

degli Studi di Milano-Bicocca

Settembre 2007 41MARK UP

XXX XXXXXXXDossier

RIQUALIFICAZIONI URBANE - MILANO

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Primo Piano

LA COMPETITIVEINTELLIGENCE

È NATA NEGLI ANNI ’70

IN USA

Michael E.PorterPROFESSORE

DI MANAGEMENT HARVARDBUSINESS SCHOOL

Alfred M.GrayGENERALE

USMC

VALUTA I CONCORRENTI CON GLI OCCHI

DEI TUOI CLIENTI

Sam WaltonCHAIRMAN WAL-MART

Michael DellCHAIRMAN

DELL COMPUTERS

con focus specifico suiconcorrenti. La competi-tive intelligence, in parti-colare, svolge un’azionedi monitoraggio su con-testi e relazioni la cui co-noscenza non è disponi-bile dalle informazioniinterne d ’azienda, nédalle ricerche di mercatoe di marketing.

La market research, ineffetti, è iniziata agli al-bori dell’industrializza-zione - circa 50 anni pri-m a d e l l a r i c e r c a d imarketing - e finalizza leindagini sul macroam-biente d’impresa (conte-sto politico, normativo,demografico, socio-cul-turale, economico e tec-nologico) e sull’ambienteoperativo di prodotto(domanda finale e consu-mo; domande interme-die; concorrenza; canalidistributivi; fornitori).

La ricerca di mercato,pertanto, da un lato con-cerne fenomeni ambien-tal i non control labil i(come trend demografi-ci e sociali) e, dall’altro,riguarda fenomeni am-bientali influenzabili(come andamenti deiconsumi di prodotto, in-tensità della concorren-za, canali e sistemi di-stributivi ecc.).

La marketing researchacquisisce, invece, infor-mazioni rilevanti riferiteai parametri d’azione dimarketing: prodotto(Product concept te -

sting; Customer use te-sts; Market tests; Seg-menta t ion ana lys i s ; Product positioning &mapping; Brand equity;Brand awareness & ima-ge); prezzo (Cost/Qua-lity analysis; Value a-nalysis; Price bidding);distribuzione (Channelsresearch; Sales & salesmanagement analysis);comunicazione (Con-tent, Media & effective-ness research).

Marketing research emarket research presen-tano, quindi, confiniteorici e operativi bendistinti, che i mercatiglobali e in eccesso diofferta hanno ulterior-mente special izzato,con fini conoscitivi ri-spettivamente riferiti adomanda e ambiente.Fini che comunque sonosubordinati agli obietti-vi della competitive in-te l l igence, che operacon tempi di azione-rea-zione molto ridotti e condelega/responsabilità e-levate, in una visione dimarket-driven manage-ment.

L a competitive intelligence in Ibm gioca un ruoloimportante nelle attività di marketing e opera, per

struttura di mercato e d’azienda, all’interno di unnetwork globale. Ma in un’organizzazione globale le ri-cerche a livello mondo si intersecano con le analisisvolte dalla competitive intelligence locale creando un sistema diinformazioni a due vie. Il ruolo del marketing locale diventa perciòfondamentale per veicolare e selezionare il meglio: non è logico svol-gere tutte le analisi localmente, ma delegare solo a un team mondia-le le ricerche sui competitor può essere pericoloso. Come chiedere aun indiano che tempo farà domani in Italia: per quanto le sue ricer-che siano accurate, è meglio guardare il cielo sopra Milano stasera...

STEFANO BALDI

Giugno 200724 MARK UP

Market intelligence

manager,Ibm Italia spa.

Silvio M. Brondoni

Imercati globali svi-luppano nuovi confini

di competizione (con u-na profonda modifica-zione di tempo e spaziodi concorrenza) e im-pongono un sistemainformativo sofisticatoe coerente con orizzontidecisionali di brevissi-mo periodo. La globaliz-zazione, in particolare,esalta la priorità dellacompetitive intelligenceed enfatizza anche unanuova gerarchia delle ri-cerche di marketing sul-le ricerche di mercato,coerentemente con ifabbisogni conoscitividi network globali conorganizzazioni e busi-ness complessi.

La competitive intelli-gence si riferisce allaraccolta sistematica diinformazioni (pubbli-che, ma spesso ignorate)

La globalizzazione esalta la priorità dellaraccolta di informazioni. Coerentemente

con i fabbisogni conoscitivi di organizzazioni e business complessi

Competitive intelligence& network globali

www.unimib.it/symphonya L A R E P L I C A I N 8 0 0 B AT T U T E

CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

Competitive intelligence& network organization

COMMUNICATIONSWITHOUT INTELLIGENCE

IS NOISE. INTELLIGENCE WITHOUT

COMMUNICATIONS IS IRRELEVANT

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Primo Piano

I LUXURY BRAND

DEL GRUPPOSONO UNA FORZA

DEL MADE IN FRANCE

BernardArnault,

PRESIDENTE GRUPPO LVMH

BernardFornas

PRESIDENTE RICHEMONT CH

YangYuanqing

PRESIDENTE LENOVO GROUP

(cioè la cessione dei dirit-ti d’uso di un marchio)concerne la concessioneda parte di un’impresa (li-censor) a terze economie(licensee) dei diritti ditemporaneo sfruttamen-

to commerciale di unmarchio (trade mark) adalta notorietà, spesso die-tro pagamento di un com-penso fisso (fee) o varia-bile (royalty) (“MarketingLexicon”, cap. 9).

In realtà, negli ultimi15-20 anni, la produzionedi beni su cessione di li-cenza si è molto ridotta,in quanto il progressivosviluppo del mercato glo-bale ha marginalizzato leproblematiche di entratasui mercati internaziona-li (e quindi anche le pro-duzioni e le vendite su li-cenza, che spesso sonostate eliminate per com-battere le contraffazioni ele limitazioni, soprattuttodei paesi in via di svilup-po) e ha valorizzato, inve-ce, le politiche di crescitaaziendale basate sugli in-tangible (e tipicamentesul patrimonio di marca),per opporsi alla volatilitàdella domanda e fideliz-zare la clientela.

La globalizzazione deimercati ha modificato,quindi, le condizioni dicompetizione, imponen-do alle imprese nuove re-

gole per il conseguimentodi stabili performance, ein tale ambito sono pro-gressivamente cresciutele potenzialità di sfrutta-mento dei diritti del mar-chio (licensing), comestrumento di comunica-zione integrata, idoneo avalorizzare un determi-nato patrimonio di marcaanche a pubblici e a setto-ri di mercato nuovi, op-pure altrimenti difficil-mente raggiungibili.

Nei mercati globali e ineccesso di offerta la cre-scente criticità competi-tiva delle risorse immate-riali (e tra queste, le atte-se e le responsabilità at-tribuite dai consumatorialla marca) enfatizzanoi l ruolo del l icensing(non tanto per le royalty,come da anni insegnaThe Coca-Cola Co., cheai ricavi ha preferito unapiù alta politica di bran-ding), ma piuttosto per lacapacità di rafforzare labrand equity con opera-zioni modulari, varia-mente programmabiliper intensità, target emercato.

I l brand licensing, ovvero la concessione dei diritti diutilizzo di un marchio a fronte di una royalty o di u-

na commissione fissa (fee), non rappresenta più un me-ro generatore di cassa (cash generator). Né un accelera-tore del processo di diversificazione della propria offer-ta produttiva (brand enlarging), bensì un eccezionalequanto strategico accrescitore del valore di una marca(brand equity). L’ideazione, lo sviluppo, la produzione e la di-stribuzione di oggetti di comunicazione “marchiati” - esclusivi,distintivi e qualificati - al di là e al di fuori della propria attivitàprincipale (core business) conferiscono un valore aggiunto alprodotto/servizio caratteristico. Contribuendo a fare del brandun asset patrimoniale tout court. Oltreché l’emblema di unmind style empatico e durevole.

MASSIMO FRANZOSI

Maggio 200730 MARK UP

Communicationlicensing

& co-marketingmanager

Fiat Group Automobiles spa.

L A R E P L I C A I N 8 0 0 B AT T U T E

CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

www.unimib.it/symphonya

Licensing & licencingnella concorrenza globale

Silvio M. Brondoni

L icensing e licencing,sebbene si pronun-

cino allo stesso modo,individuano due politi-che aziendali molto dif-ferenti nelle condotte disviluppo d’impresa. Il li-cencing (ovvero la ces-sione di licenza) riguar-da, infatti, una strategiadi entrata indiretta neimercati internazionali,con cui si cedono aun’organizzazione este-ra definiti diritti di pro-prietà industriale, in re-lazione a un accordo chestabilisce i limiti di pro-duzione, le zone geogra-fiche di vendita e il paga-mento delle royalty(“Marketing Lexicon”,cap. 16, ed. Clueb 2000).Per contro, il licensing

La globalizzazione dei mercati modifica la competizione tra

le imprese imponendo nuove regole.In questo quadro il licensing

valorizza il patrimonio di marca

Licensing e patrimonio di marca

CARTIER: UNMARCHIO CON

GLAMOURABBAGLIANTE

CHE ADATTIAMOCON CURA

NEL MONDO

IL BRAND IBM HA STABILIZZATO

IL NOSTROBUSINESS,

MA ORAPUNTIAMO SULBRAND LENOVO

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Primo Piano

PierluigiBersani

MINISTRO DELLE ATTIVITÀPRODUTTIVE

CorradoPassera

AD INTESA-S. PAOLO

FedeleConfalonieri

PRESIDENTE MEDIASET

più operatori) hannocercato di contenere glieffetti negativi del “duo-polio molle” della pub-blicità televisiva, ormaivisibilmente nefasto perla crescita del paese.Com’è noto l’Italia è, in-

fatti, l’unico paese dovedue aziende controllanoil 60% delle risorse delmercato pubblicitario (edove, guarda caso, il tra-de è il meno moderno deipaesi avanzati, e per dipiù è dominato da grandicatene straniere di distri-buzione al dettaglio e al-l’ingrosso, molto apertealla comunicazione digi-tale). Inoltre, le difficoltàdella Rai a competerecon Mediaset nel merca-to pubblicitario si sonoaggravate negli ultimicinque anni, condizio-nando anche lo sviluppodelle nuove tecnologie el’innovazione dei formatdi programma. La pub-blicità televisiva offre, alcontempo, spot di qua-lità sempre più costosi(costantemente acquista-ti da aziende di settori adalta protezione come te-lefonia mobile, auto e fi-nanza) e spot in fasce abassa aud ience , conprezzi accessibili ancheai brand minori (comemaglieria intima, confet-ti ecc.). Nei mercati in ec-cesso di offerta, tuttavia,

una politica di prezzimultipli di duopolio ri-duce drasticamente l’ef-ficacia dell’advertisingcome strumento compe-titivo. Con gli spazi pub-blicitari televisivi a prez-zi multipli, le marche de-boli (in termini di noto-rietà acquisita e di coper-tura distributiva) riesco-no, infatti, a conviverenella pubblicità con lemarche forti (cioè con u-na solida identità di mar-ca), che però non cam-biano i pesi relativi di di-stribuzione, mentre ge-nerano enormi spazi dimercato per le private la-bel e i prodotti unbran-ded extra Ue. Ecco per-ché il basso costo medioè spesso criticato dai ceodi grandi corporation,che vedono una continuaperdita di efficacia dellapubblicità televisiva perle fasce di consumo (nonsolo giovanili) più espo-ste alla “comunicazionedi convergenza digitale”,dove la mass advertisingsi integra con i nuovi me-dia ad alta profilazionedella clientela.

L a tradizionale divisione fra below e above the line,frutto di una visione che separava in maniera sprez-

zante l’advertising (insaziabile divoratore di budget) dal-le altre leve di comunicazione - ovviamente collocate “sot-to”, in un mucchio informe e plebeo -, ormai sopravvivenei sogni di vecchi creativi e dei docenti d’antan. Ma ba-sta cambiare prospettiva, uscendo dai confini dei singolipaesi, per capire che la comunicazione è già nella fase del cambia-mento continuo e della convergenza. Paradossalmente la pubblicitàsi marginalizza proprio quando i media digitali si moltiplicano e di-ventano fruibili sempre e dovunque. Ma il media non è più il messag-gio e il target non sta più fermo, ma vuole stare sulla scena di comu-nità virtuali. Che attirano anche i magnati della vecchia televisione.

LUIGI CARICATO

Aprile 200722 MARK UP

Responsabile Comunicazione

di Gruppo Legrand

Silvio M. Brondoni

In Italia più di 8 miliar-di di euro annui di

pubblicità di cui oltre 4miliardi di tv (dati Istei-Bicocca, gennaio ’07)non sembrano più suffi-cienti a garantire unacompetizione positivatra le imprese e a favori-re lo sviluppo economicodel paese. Proprio peraccrescere una maggiorecompetitività, prima lalegge Gasparri (con l’in-troduzione del “tetto”del Sic - Sistema Integra-to di Comunicazione,che però nessuno - nean-che il ministro - fu mai ingrado di quantificare) epiù di recente il ddl Gen-tiloni (diretto ad accele-rare il passaggio alla co-municazione digitale e apermettere l’entrata di

La politica di prezzi multipli di duopolio inambito televisivo riduce l’efficacia

dell’advertising come strumento competitivo tra le imprese.

Non favorendo una comunicazione di convergenza digitale

Tlc, duopolio televisivo, trade e concorrenza

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

LE BANCHE DEVONO

FAVORIRE LAMODERNIZZAZIONE

DEL PAESE

TLC: RISORSA

STRATEGICA DEL PAESE

TLC E TVCOMMERCIALE

MARCIANO VERSO LACONVERGENZA

DELLE TECNOLOGIE

Media digitali e advertising

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Primo Piano

UN SISTEMA PAESE SI DEVE COMPATTARE

PER OTTENERE QUOTE DI TURISMO INCOMING

Francesco RutelliVICE PREMIER CON DELEGA

ALLE POLITICHE PER IL TURISMO

LO SVILUPPO DEL TURISMO

È FRENATO DALLE INFRASTRUTTURE

Maria VittoriaBrambilla

PRESIDENTE GIOVANI CONFCOMMERCIO

BernabòBocca

PRESIDENTE FEDERALBERGHI

costi ambientali folli);strutture ricettive e alber-ghi non moderni e pocosofisticati; flussi turisticidi prossimità e alta rota-zione della clientela(“mordi e fuggi”).

La debolezza della pro-grammazione regionaleitaliana è divenuta evi-dente negli ultimi cinqueanni, dove il turismo “in-coming” (nelle strutturericettive ufficiali) mostrauna crescita zero (in ve-rità, al pari dei turisti“domestic”, rimasti an-ch’essi stabili nello stessoperiodo). La strategia disviluppo del turismo ita-liano sui mercati esteriha puntato, infatti, suinoti fattori localistici: e-nogastronomia (italianlifestyle), citta d’arte, re-lax balneare/montano.Cioè su fattori competiti-vi vecchi, non segmen-tanti, non destagionaliz-zanti, diretti a promuo-vere un turismo di pros-simità e a basso valoreaggiunto. Fattori compe-titivi che soprattutto so-no del tutto inutili perposizionare il turismo in-

coming italiano ai livellialti dei nuovi protagoni-sti economici mondiali(India, Sud Corea, Brasi-le, Russia, Cina, Sud A-frica, Singapore, Male-sia ecc.); cioè dei paesicon una domanda turi-stica crescente e ad altovalore aggiunto, ma con-notata da bisogni moltospecifici.

Il sistema Italia, inve-ce, prevede ancora unposizionamento di por-tafoglio incoming moltoelementare e profilatoper paese. In altri termi-ni, non si è ancora com-preso che la globalizza-zione muove enormiflussi di turismo, inter-no e dall’estero, ma mol-to differenziati e basatisul primato della specifi-cità di domanda, dove le“bellezze naturali” (an-che “costruite”, come icampi da golf) sono ilbasic value della catenadel valore, da armoniz-zare con mass customi-zation e customer sati-sfaction, in una concor-renza globale high va-lue.

R iposizionare la nostra offerta turistica sul mercatomondiale presume superare un fraintendimento.

Arte, cultura e paesaggio non sono “prodotti turistici” diper sé ma ingredienti base per un buon prodotto turisti-co, se correttamente dosati nella formula vincente perconquistare cuore e spesa del cliente cui ci si rivolge. Lostesso per strutture e infrastrutture quali alberghi, aeroporti, traspor-ti. Cruciale è pertanto l’attenzione dell’Amministrazione pubblica alruolo dei tour operator italiani, che ogni giorno sondano i mercati e-steri individuando segmenti di domanda e differenziando di conse-guenza il prodotto proposto. Il successo di mete prive di risorse turi-stiche tradizionali ma molto orientate al marketing - come Dubai -può essere d’ispirazione nel rinnovamento dell’offerta italiana.

Tour operating e innovazione del turismo

GIUSEPPE BOSCOSCURO

Marzo 200720 MARK UP

Presidente diAstoi (Ass.neTour Operator

Italiani)

Silvio M. Brondoni

Imercati globali e ineccesso di offerta mo-

dificano i prodotti, lestrutture e le organizza-zioni che competononella catena del valoredell’economia del turi-smo. Di conseguenzamutano anche i fattoriche determinano il posi-zionamento competitivodel sistema paese (e in-fatti l’Italia - con politi-che di sviluppo turistico“conservative” e “arti-gianali”- rimane allinea-

Il sistema Italiagode di una

programmazioneregionale debole.

Improntata su fattori

competitivivecchi. Occorre

specificità

Turismo incoming globalee mercati di prossimità

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

ta ai paesi a bassa cultu-ra di concorrenza, maperde quota rispetto aipaesi più moderni, comeSpagna e Croazia). In I-talia, d’altra parte, le re-gioni “spingono” il loca-lismo e - prive di uncoordinamento centrale“forte”- sono l’anello de-bole della catena del tu-rismo globale. In effetti,oggi è superata la lea-dership competitiva del-le bellezze naturali, ba-sata su: paesaggismodelle località (svilite daprezzi fuori controllo e

PER L’INCOMING: RILANCIARE LAPROMOZIONE, RIDURRE I DIVARI

FISCALI CON I COMPETITOR,INVESTIRE IN INFRASTRUTTURE. E UN MINISTERO FORTE A ROMA

E BRUXELLES

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Primo Piano

N etworking per un’azienda globale vuol dire scam-bio di informazioni/esperienze in tempo reale fra

tutti i mercati del mondo. Vuole dire anche dare in out-sourcing competenze che non sono legate al core busi-ness. Per un’azienda come P&G che vuole innovare ri-spondendo per prima alle esigenze del consumatore,networking significa avere un processo di Ricerca & Svi-luppo aperto e connesso con il mondo esterno su base globale. In unconcetto: da Research & Develop a Connect & Develop. Una trasfor-mazione assimilabile a un “cremlino” inaccessibile che diventa un’ “a-cropoli” aperta a tutti, università, piccole aziende, ricercatori autono-mi, istituzioni, per accelerare il processo innovativo arrivando più ve-locemente sul mercato con prodotti che creano valore per i consuma-tori e la distribuzione.

Networking e R&D globale

VITO VARVARO

Febbraio 200722 MARK UP

Ad di Procter & Gamble

Italia.

Silvio M. Brondoni

L e imprese si con-frontano oggi in

mercati globali, ad altaintensità competitiva esoggetti a instabilità poli-tica, sociale e tecnologi-ca. Nessuna impresa puòpertanto confidare, comein passato, solo sulle pro-prie risorse, conoscenzee competenze. Lo svilup-po aziendale abbandonacosì il predominio dellaproduzione realizzatanella grande fabbrica ca-pitalistica degli anni ’50 e

’60, dove si garantiva pa-rità di trattamento a la-voratori efficienti e inef-ficienti, secondo il rendi-mento medio delle cate-gorie professionali. Unmeccanismo semplice ecoerente con un modelloproduttivo che si basavasu 30-40 anni di lavoronella medesima azienda,che si facesse bene o ma-le. Dagli anni ’80, tutta-via, l’economia globaleha modificato profonda-mente imprese, produ-zioni e prodotti e i lavora-tori (in un crescente di-

namismo produttivo ecommerciale) si misura-no con svariate forme dicollaborazione, prive digaranzie di stabilità(contratti a termine, con-tratti di formazione, la-voro interinale, collabo-razioni autonome conti-nuative ecc.).

L’economia d’impresaglobale impone organiz-zazioni articolate, diffu-se e fortemente intercon-nesse (network). Questestrutture complesse pri-vilegiano le capacità ge-stionali e le outsourcingrelation con co-maker epartner esterni (competi-tive alliance). La culturad’impresa evolve pertan-to in un cross culturalmanagement, orientato asuperare gli ambiti fisicidi concorrenza (marketspace management) eun’appartenenza azien-dale localistica.

Nei mercati globali lacultura d’impresa dinetwork consente, infat-ti, di omologare le orga-nizzazioni con una u-niformità stimolata econtrollata dalle reti dicomunicazione (inter-

net, intranet, extranet) epresuppone valutazionimultilivello di perfor-mance, con la stima dellasintonia strategica (coe-renza dei risultati e deiprocessi delle organizza-zioni, relazioni di com-plementarità, chairmanleadership) e la stimadella sintonia operativa(relazioni di interdipen-denza delle strutture, re-sponsabilità condivise,management leader-ship).

Nei mercati aperti sievidenzia pertanto lacentralità dell’orienta-mento competitivo almercato (market drivenm a n a g e m e n t ) e d e l‘“cross cultural manage-ment”, cioè il primato diuna gestione aziendaleprofit-focused su baselocale e globale, che nonsi ripiega sull’organizza-zione (come postulano imercati chiusi e a bassacompetizione), ma percontro valorizza le op-portunità dei mercati a-perti, cioè la variabilitàdella domanda e l’insta-bilità generata dalla con-correnza.

La culturad’impresa si orienta

a superare gli ambiti fisici

di concorrenza.Per sfruttare

le opportunitàdei mercati

aperti

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A TALENTEDWORLDWIDE

MANAGEMENT TEAMCOORDINATES OURENTREPRENEURIAL

NETWORK

E. NevilleIsdell

CEO THE COCA-COLA CO.

CREIAMO SISTEMI DI IMPRESE

PER PASSARNE LA RESPONSABILITÀ

AI NOSTRI FIGLI

ThierryMulliez

CEO AFM-AUCHAN

L’UMBRIA APRE ALLE RETI

DI IMPRESE E CHIUDE

AI DISTRETTI LOCALI ASSISTITI

Maria RitaLorenzetti

GOVERNATORE REGIONE UMBRIA

Network e cross culturalmanagement

CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

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Primo Piano

UNA CULTURAAZIENDALE

COMPETITIVA CREANUOVI PRODOTTI

CON R&D

Carlo Pesenti AD ITALCEMENTI

LA UE FRENA GLI AIUTI

VINCOLATI A DISTRETTI

E PMI

Paolo Giaretta SOTTOSEGRETARIO

SVILUPPO ECONOMICO

I DISTRETTI SONO

IL RETAGGIO DI UN’ITALIA

PASSATA

Andrea ParodiVICEPRESIDENTE

UNINDUSTRIA TREVISO

conservazione delle pro-duzioni e caratterizzatida una scarsa diffusionedi moderne conoscenzedi marketing, finanza ecomunicazione.

Nei sistemi-territoriola cultura d’impresa ten-de, così, a premiare le

tradizioni, i know how divocazioni produttive e lerisorse di specifiche areegeografiche. In realtà, ledifficoltà di sviluppo deidistretti (a cui è comun-que attribuibile circa il45% dell’export e il 27%del valore aggiunto delpaese) mostrano la debo-lezza di una logica spon-taneista di filiera basatasul legame logistico-ter-ritoriale, che oggi puòaddirittura costituire unostacolo.

Tra il 1991 e il 2001 idistretti si sono ridotti,infatti, da 199 a 156 e diquesti 140, cioè il 94,8%,sono distretti del madein Italy tradizionale (tes-s i l e - a b b i g l i a m e n t o ,meccanica, beni per lacasa, pelletteria e calza-ture, alimentare, orefi-ceria), dove “prodotto inItalia” è un “concepito inItalia”.

In realtà, i mercatiglobali impongono rap-porti di filiera virtuali,in cui lo scambio e le si-nergie delle conoscenzesi integrano con le espe-

rienze, valorizzando u-na cultura aziendale fi-nalizzata al confrontocompetitivo e, quindi,diretta a sviluppare lacomunicazione e i flussiinformativi, il decentra-mento produttivo, l’au-tonomia decisionale e laresponsabilizzazione o-perativa.

In condizioni di marketspace competition (dovesi affermano politiche a-ziendali time-based, ilsuperamento degli ambi-ti fisici di operatività, lavisione sistemica delle ri-sorse immateriali corpo-rate e di prodotto), le im-prese operano con strut-ture a rete (network) arti-colate, diffuse e forte-mente interconnesse.

In queste aziende com-plesse, la cultura d’im-presa assume un ruolocentrale nel governo del-le relazioni interne, e-sterne e di co-maker-ship, esaltando la cultu-ra di concorrenza del-l’organizzazione e le re-lazioni profit-focused lo-cali e globali.

Nelle imprese familiari, protagoniste dell’economia di-strettuale, i giovani imprenditori sono portatori di u-

na cultura della concorrenza più ampia di quella dei loropadri. Occorre favorire la crescita di questa loro cultura,dell’apertura all’innovazione a 360 gradi, della capacità dimettersi in discussione in un’ottica globale, promuovendo lo svi-luppo di corsi di formazione manageriali presso i centri aggrega-tivi che molti di loro frequentano: le associazioni imprenditoria-li. Sono più disponibili a condividere queste esperienze formati-ve degli imprenditori senior, grazie all’esperienza scolastica piùprossima. E la collaborazione con gli altri attori formativi, le u-niversità più marketing oriented, si rivelerà preziosa, se i docenticoinvolti sapranno aprirsi a un’esperienza sinergica.

SANDRO ROSOTTI

Gennaio 200720 MARK UP

VicedirettoreAssindustria

Monza e Brianza.

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

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Network, distretti e cultura di concorrenza

Silvio M. Brondoni

Nei mercati globali lamarket space com-

petition spinge a valoriz-zare un profilo di culturad’impresa con forti carat-teri competitivi, moltodifferenti da quelli dei di-stretti, cioè i sistemi-ter-ritorio a bassa intensitàdi concorrenza e difendi-bili con i confini fisici oamministrativi.

I distretti produttivi lo-cali sono, infatti, perime-trati da confini naturali oda condizioni di limita-zione della concorrenza(per esempio, reti di tra-sporto obsolete, R&D ri-dotta e autoreferenziata,brand policy e sistemiinformativi elementari,forti ostacoli all’entratadi manager dall’esterno,soprattutto di etnie diver-se da quelle locali), sonodominati da una spinta

Reti d’impresa e sistemi-territorio fanno levasu profili organizzativi differenti.

La cultura assume un ruolo centrale esaltando le relazioni locali e globali

Giovani imprenditori e nuova cultura di concorrenza

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Primo Piano

PER STIMARE IL COSTO DELLAVITA OCCORRE

INDIVIDUARE 30-40INDICI CHIAVE

EnricoGiovannini

DIRECTOR DEPT. OF STATISTICS, OCSE

IL PREZZO DI BIG MAC È UN

PROXI DEL COSTO DELLA VITA IN 118 PAESI

Jim Skinner

CEO, MCDONALD’S CORP.

IN MOLTI PAESI CI SONO

INDICATORIINDIRETTI DEL

TENORE DI VITA

VincenzoVisco

VICEMINISTRO ECONOMIA-SISTEMA MODA ITALIA

l’indice dei prezzi al con-sumo, coprendo par-zialmente mezzogiorno(84%) e isole (70%), èsb i l anc ia to su nord(100%) e grandi capo-luoghi, dove però l’altapenetrazione della Gda ei consumi di massa in ec-cesso di offerta determi-nano una forte sostitu-zione tra classi di pro-dotto - e quindi variabi-lità dei pesi di consumo -che non è assolutamentericonducibile alle perce-zioni, ma alle variazionitemporanee dei prezzi(per vendite promozio-nali e sottocosto).

In realtà, nel nostropaese l’indice dei prezzial consumo raffigura uncontesto di distribuzione,produzione e consumosostanzialmente statico eincentrato su beni un-branded.

L’indice espressivo del-la variazione del costodella vita si basa su 12 ca-pitoli di spesa, che ripor-tano a 38 categorie diprodotto, riferite a 106gruppi di prodotto, che aloro volta riguardano 205

voci di prodotto; questeultime (che individuanola soglia di pubblicazionedegli indici) sono costrui-te su oltre 500 posizionirappresentative di pro-dotti e servizi che a lorovolta conseguono dallarilevazione sul territoriodi oltre 1.000 prodotti. Inparticolare, le posizionirappresentative indivi-duano il livello minimodi dettaglio dei pesi diconsumo.

Il calcolo dell’indiceprevede, inoltre, 86 capo-luoghi di provincia (molticapoluoghi non fornisco-no i dati, ma a ben vederequesta carenza informa-tiva non è oggi il proble-ma principale) e 40.000punti di vendita.

Si tratta di una dissipa-zione conoscitiva che e-salta il micro localismo(tipico degli Stati-nazio-ne dell’800, quando fu co-struito l’indice dei prez-zi), ma offusca la signifi-catività economica dellevariazioni dei prezzi, so-prattutto tra mercati con-tigui (nazionali e di con-sumo).

C on le nuove tecnologie digitali gli attuali approccicampionari per stimare l’inflazione potranno essere

superati e, nel caso della grande distribuzione, basarsi sudati di tutta la rete di vendita. Un primo esempio in questadirezione è l’indice Indicod-Ecr - ancora poco noto - chemisura la variazione dei prezzi della grande distribuzione (-0,5% nel2005). Inoltre, a inizio 2004 Coop ha attivato un Nuovo OsservatorioPrezzi, con esperti nazionali di economia e distribuzione, che ha mante-nuto la metodologia Istat di misurazione dell’inflazione (indice alimen-tari e bevande) e ha sviluppato un “Indice Coop” più sensibile (-1,2% nel2005) di variazione dei prezzi, raddoppiando la numerica dei prodotti inpaniere (in media 1400 ogni mese) rispetto a quelli utilizzati da Istat.

Gli osservatori Coop e Indicod-Ecrper prezzi e consumi

VINCENZO TASSINARI

Dicembre 200624 MARK UP

presidente Coop Italia

vicepresidente Indicod-Ecr

Silvio M. Brondoni

D i recente, per giusti-ficare la crescente

parzialità degli indicatoristorici del costo della vi-ta, si è introdotto il con-cetto di “inflazione per-cepita”, favorendo così u-na visione psico-sociolo-gica, anziché elaborarepochi indicatori chiari,condivisi, disponibili intempo reale ed espressividei consumi local i dimercati globali. In effetti,in Italia l’indice dei prez-zi al consumo si basa su

In Italia l’indicedei prezzi

al consumo è statico e

incentrato suprodotti

unbranded.Esaltazione

del microlocalismo

Prezzi, inflazione percepita,consumi e mercati globali

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

un’organizzazione poli-centr ica provinciale(molto lontana dai mo-derni network), prevedetroppe posizioni rappre-sentative di beni, prescin-de dalla “time-base com-petition” (ipotizzandocosì consumi statici e untrade passivo) e, infine,esclude il peso delle im-prese globali di produ-zione e di distribuzionenella variabilità dei con-sumi.

Anche il metodo di cal-colo presenta elementidi perplessità, poiché

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Le vendite sottocostotrasparenti in Francia, meno in ItaliaDubbi crescenti in Italia dopo la soddisfazione iniziale. Si rischia l’indebolimentodegli operatori efficienti e un rallentamento dei consumi di Silvio M. Brondoni*

PAESI A CONFRONTO • LA LEGGE GALLAND DEL 1996 SEMBRA ESSERE PIÙ IN LINEA CON LE COMPLESSITÀ ODIERNE

Dicembre 2006120 MARK UP

Qualche tempo ad-dietro, in Italia, la

regolamentazione dellevendite sottocosto erastata salutata da trade eindustria con soddisfa-zione, dicendo: “Benve-nuta la prima normaliz-zazione in Italia, benve-nuta la lotta contro la di-scriminazione nelle con-dizioni di cessione deifornitori, benvenuto ilmodello negoziale indu-stria-distribuzione mira-to allo sviluppo”. A di-stanza di pochi mesi,però, ci si chiede: la leg-ge sul sottocosto esisteancora in Italia? LeAuthority vigilano e han-no comminato qualchesanzione? Oppure la leg-ge è devastante, indebo-lisce gli operatori effi-cienti e il calcolo del“sottocosto all’italiana”(già criticato) introduceelementi di discrimina-zione dei prezzi (e quin-di potenti differenzialicompetitivi di tradingglobale) come nel caso Italia-Francia?

La situazionetrasparente…In effetti, in Francia, lalegge Galland del 1996definisce con chiarezza ilmetodo di calcolo del li-

vello di sottocosto (Spr-Seuil de Prix de Revente)e indica le sanzioni in ca-so di infrazione. In parti-colare, il livello di sotto-costo (Spr) è fissato as-sumendo come prezzo diriferimento quello espo-sto nella fattura di acqui-sto di un dato prodotto,comprensivo del costo ditrasporto, delle tasse edei ristorni incondizio-nati acquisiti al momen-to della vendita (cioè icosiddetti “marges a-vant”, ossia i “marginiportati avanti” nella de-terminazione del prezzofornitore/distributore).Ai fini del calcolo dellasoglia del sottocosto, inparticolare, il prezzo in-dicato in fattura non puòcomprendere il valoredei ristorni condizionatidifferiti e i premi di coo-perazione commerciale(tipicamente, i costi direferenziamento e i costidi specifici servizi di so-stegno alla vendita): lalegge Galland prevede,infatti, che questi ristor-ni e premi siano enuclea-ti e fatturati separata-mente dall’insegna di di-stribuzione (e i corri-spondenti importi sonodefiniti “marges arrière”,cioè margini indietro, da

Obiettivo Europa

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Dicembre 2006 121MARK UP

retrocedere e quindi danon imputare nella de-terminazione del livellodel prezzo di sottocosto).

La legge Galland haprodotto importanti con-seguenze in termini ditrasparenza dei prezzi edella riduzione dellaconcorrenza del tradesul prezzo al dettaglio.

In particolare, il livellodi sottocosto (Srp) tendea costituire un elementonoto e, pertanto, il prez-zo di vendita al dettaglioconfigura un fattore acrescente somiglianza(flat competition) pertutti i distributori e per idiversi formati. La tra-sparenza del sottocostolimita gli effetti di desta-bilizzazione e l’interessedel trade a sviluppareprocessi competitivi coni produttori, per i qualidiminuisce inoltre laconvenienza a compete-re sul prezzo intermedio,accentuandosi invece ivantaggi a stipulare inte-se a largo raggio.

La legge Galland limi-ta, infatti, la concorrenzadei distributori sul prez-zo al consumo, definen-do una sorta di “prezzominimo” per il prezzo aldettaglio delle marcheindustriali; la concorren-za verticale tra i distribu-tori si sposta così sul-l’ammontare dei “margesarrière” (per i quali, ov-viamente, i leader paga-no importi meno elevatidei follower) e la concor-renza orizzontale si so-stanzia nell’economicitàe nella differenziazionedell’offerta.

…e quella troppoelementarePer contro, in Italia lalegge si limita a definirecome “sottocosto” lavendita al pubblico di

prodotti a un prezzo (ef-fettivamente pagato allecasse) inferiore a quellorisultante dalle fattured’acquisto, maggioratodell’Iva e diminuito deglieventuali sconti docu-mentati e riconducibilial prodotto. E questometodo di calcolo intro-duce, in realtà, rilevanticomponenti di discrimi-nazione dei prezzi, per-ché (a differenza diquanto accade in Fran-cia) non regolamenta ilvalore dei ristorni condi-zionati differiti e dei pre-mi di cooperazione com-merciale introducendo,di conseguenza, potentidifferenziali competitividi trading globale. Per lalegge italiana, inoltre, levendite sottocosto sonopossibili tre volte all’an-no, per 10 giorni al mas-simo, con un intervallodi almeno 20 giorni e pernon più di 50 prodotti.Sono esclusi, peraltro,dalla regolamentazionedelle vendite sottocosto iprodotti freschi deperi-bili, i prodotti da ricor-renza (come il panetto-ne, trascorso il Natale) eanche i prodotti tecnolo-gicamente obsoleti. Eccoperché il nostro paese èaggredito da prodotti(pc, telefonini, tv colorecc.) di cui si strillanoprezzi bassi mentre sisussurrano i caratteritecnici (e talvolta addi-rittura si celano, comeper i condizionatori conCfc di cui è vietata laproduzione, ma non lavendita). E infine, natu-ralmente, la legge italia-na esclude anche il com-mercio ambulante che,privo di regole e normeper le vendite sottocosto,di fatto costituisce quin-di una sorta di mercatoparallelo. In sintesi, la

legge che regolamenta levendite sottocosto staprovocando in Italia ef-fetti complessi, che spe-cificamente riguardano:1) la crescita dei prezzi al

consumo di molti pro-dotti di marca, l’au-mento della quota dimercato delle privatelabel e dei primi prezzi;

2) l’espansione vertigino-sa delle vendite di di-scount, spacci, outlet ecommercio ambulante,con una corrisponden-te accelerazione dellachiusura dei negozi tra-dizionali più deboli;

3) un rallentamento deiconsumi (in apparen-

za paradossale, visti iprezzi cedenti) e unacrescente infedeltà del-la domanda finale (e-sposta a continui sti-moli mirabolanti, co-me: vendite sottoco-sto, risparmio affari diprimavera, tutto al co-sto ecc.). In effetti, la legge ita-

liana sul sottocosto si ri-ferisce a uno schema diconcorrenza “elementa-re” che in concreto non e-siste più da molto tempo.Infatti non considera larete di trading nei merca-ti globali né la presenzadi global player della di-stribuzione né, soprattut-

to, gli effetti devastantidell’eccesso di offerta. Inqueste condizioni di mer-cato la concorrenza è unfenomeno complesso,dove il prezzo finale divendita è una leva com-petitiva interrelata con iprezzi delle domande in-termedie che, come inse-gna Wal-Mart, esaltanola criticità degli “intangi-bile asset” di prodotto ecorporate e non sonocomprimibili dalle leggidi singoli paesi.

Silvio M. Brondoni,*professore ordinario

di MarketingUniversità degli Studi di

Milano-Bicocca

Legge Galland esemplare per chiarezza

FRANCIA3 È definito con chiarezza per legge il metodo di calcolo del livello di sot-

tocosto. 3 Ai fini del calcolo il prezzo indicato in fattura non può comprendere il va-

lore dei ristorni condizionati differiti e i premi di cooperazione commer-ciale.

3 La concorrenza verticale tra i distributori si sposta sull’ammontare dei“marges arrière”.

3 La concorrenza orizzontale si sostanzia in economicità e differenziazio-ne dell’offerta.

3 Le sanzioni in caso d’infrazione sono indicate.

ITALIA3 Il metodo di calcolo del livello di sottocosto non regolamenta il valore

dei ristorni condizionati differiti e dei premi di cooperazione commer-ciale: esso fa riferimento a schemi elementari che non trovano più ri-scontro nel mercato.

3 Il testo del legislatore italiano non vale per tutti. Non hanno obblighi gliambulanti, mentre non sono regolamentate le categorie dei freschi de-peribili, le referenze da ricorrenza e la tecnologia obsoleta.

3 Ciò comporta l’espansione di determinate tipologie distributive (ambu-lanti, spacci, outlet, discount).

3 Il consumatore è aggredito da tecnologia “regalata” e non definita ade-guatamente nei suoi parametri tecnici.

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La private labelridisegna i confini del largo consumoNei mercati globali e in eccesso di offerta afferma il nuovo ed esteso poteredelle grandi insegne d’intermediazione commerciale di Silvio M. Brondoni*

INDUSTRIA&TRADE • LA MARCA DEL DISTRIBUTORE HA MODIFICATO IN PROFONDITÀ I RAPPORTI DI CONCORRENZA

Nelle economie mo-derne le imprese si

confrontano in mercatiglobali e con un eccessostrutturale di offerta. Inquesto contesto le produ-zioni migliorano continua-mente, sono realizzate acosti decrescenti e i volumicrescenti superano le capa-cità di assorbimento delladomanda. In condizioni dicompetitività e di satura-zione dei consumi, i carat-teri fisici dei prodotti risul-tano standardizzati e nonconsentono di differenzia-re efficacemente l’offerta, ifattori immateriali sopra-vanzano gli elementi tangi-bili, il tempo diviene unafunzione critica di concor-renza e, infine, la mobilità(di persone, beni e soprat-tutto di conoscenze e idee)afferma nuovi sistemi direlazioni. Inoltre, la digita-lizzazione della comunica-zione e la diffusione dimassa della telematica, u-nitamente alla rapida cre-scita e concentrazione del-le insegne, hanno prodot-to, in complesso, una spin-ta eccezionale verso la glo-balizzazione dei mercati euna correlata valorizzazio-ne delle identità locali de-terminando nuovi confiniper le marche del largoconsumo e, ovviamente,

modificando irapporti tra in-dustria e di-stribuzione.

I cambiamentiIn realtà, lapolitica attivadi marca deidis tr ibutor iha modificatoin profonditài rapporti diconcorrenzafra industria e trade, svi-luppando strategie di pri-vate label attuate sia daimprese industriali siacommerciali al fine diperseguire: • il contemperamento de-

gli ingenti mezzi finan-ziari necessari per pre-servare una relazionepositiva con una doman-da finale instabile e mu-tevole;

• lo sviluppo di condotte

competitive che supera-no i vincoli fisici di pros-simità e, per contro, fa-voriscono l’armonizza-zione del potere di mer-cato d’insegna con lapresenza di forti marche(del trade e dell’indu-stria) internazionali enazionali (dove le priva-te label possono soddi-sfare specifici bisogni lo-cali, anche in differentipaesi);

• un confronto diretto suiprezzi di vendita, per sti-molare le potenzialità dibolle di mercato e la lororeattività in termini dicustomer competitivevalue.

Nei mercati globali, in ef-fetti, i rapporti industria/trade si basano su relazionidi market space competi-tion dove i confini di azionenon sono delimitabili entrospazi fisici o amministrati-

vi, ma hanno un carattereche si modifica per effettodelle azioni/reazioni postein essere dalle imprese. Inparticolare, in uno spaziocompetitivo allargato, lamarca abbandona la fun-zione di mero segno distin-tivo e diviene il punto di ri-ferimento di trade, produt-tori e consumatori conno-tandosi come un autenticopatrimonio (brand e-quity). La brand equity, lavisione di marca intesacome sistema di responsa-bilità (brand policy) e la ri-cerca di spazi competitiviallargati hanno vistosa-mente contrassegnato, ne-gli ultimi tempi, le politi-che di concorrenza e i pro-cessi di internazionalizza-zione delle maggiori im-prese della grande distribu-zione. Come conseguenzadi tali sviluppi, in Europa enegli Stati Uniti, i grandimercati del consumo dimassa hanno registrato u-na crescita formidabile delpotere e della forza di attra-zione delle private label, siaper effetto delle iniziativedell’industria sia per l’inte-resse dei distributori moti-vati a promuovere strategied’insegna basate sull’inte-grazione di marche propriee di marche industriali.Nelle economie globali e

Obiettivo Europa

Dicembre 2006128 MARK UP

Mercati globali. Le private label

possono soddisfarebisogni locali

anche in paesidifferenti.

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Dicembre 2006 129MARK UP

o

con consumi saturi, la pri-vate label consente alle a-ziende di distribuzione disviluppare una politicad’insegna in sintonia con lecondotte di crescita dellamarca propria, con ciò as-sumendo un sistema di re-sponsabilità di marca deltutto simile a quello deiproduttori. Questi ultimi,

d’altro canto, con le privatelabel possono svolgerenuove funzioni di assorti-mento e di profondità di of-ferta stimolando il con-fronto diretto sui prezzi divendita di bolle di mercatoper offerte promozionali (esottocosto). Nei mercatiglobali e in eccesso di offer-ta la private label afferma

un nuovo ed esteso poteredelle grandi insegne d’in-termediazione commercia-le, accentuando la dimen-sione competitiva oltrel’ambito locale e la produ-zione nazionale. E ciò ri-spetto a un numero cre-scente di merceologie dibasic product (tra cui latte,vino, carni, formaggi, pa-

ne), ingegnerizzati da a-ziende transnazionali (concorporate brand e productbrand ad altissima noto-rietà) e realizzati con pro-cessi produttivi a fasi mul-tiple e localizzate in paesidiversi. Per cui, per esem-pio, un latte prodotto installe francesi, intermedia-to da una multinazionale

svizzera, confezionato in I-talia e venduto infine daun’insegna tedesca del tra-de operante in Italia si puòconsiderare un prodottonazionale?

Silvio M. Brondoni, *professore ordinario

di MarketingUniversità degli Studi

di Milano-Bicocca

ANCHE LA MARCA D’INSEGNA ITALIANA RAGGIUNGE PRESTAZIONI DI CARATTERE EUROPEO

Il mercato delle private label in Italia è storia recente. In-fatti, solo negli ultimi anni si è assistito, come già è av-

venuto da tempo in Europa, a dinamiche innovative suquesta importantissima leva a disposizione del distribu-tore. Da qualche decennio i diversi retailer italiani hannoavviato lo sviluppo di marchi propri, ma fino a tutti gli an-ni ’90 la business community si concentrava su logichedimensionali; il confronto verteva sulla numerica che i di-versi marchi privati avevano raggiunto presso i distributo-ri di casa nostra. Erano scarse le valutazioni circa i risulta-ti che le private label erano in grado di generare, ma anco-ra più scarso era il confronto sul ruolo che la marca priva-ta avrebbe potuto e dovuto svolgere nell’assortimento diun distributore.

L’evoluzione. Oggi la situazione è cambiata. Nel giro dipochi anni abbiamo assistito a un crescente interesse de-gli operatori sulla marca privata. Il fermento ha coinvoltosia l’industria, che ha aumentato il proprio orientamentoverso il fenomeno private label, sia la distribuzione conl’avvio di piani di sviluppo dimensionale delle gamme e dievoluzione più complessiva della gestione del marchioproprio che ne ha evidenziato il ruolo nella strategia com-merciale delle insegne. Sia gli operatori nazionali siaquelli posti sotto l’egida di gruppi stranieri presentano,ormai, sui propri scaffali gamme di marche proprie moltoampie, con diverse collocazioni nella scala prezzi e conposizionamenti concettuali estremamente differenziati,tesi a soddisfare altrettanti segmenti di domanda. In altritermini anche in Italia si sta assistendo a quel fenomenoevolutivo che posiziona il ruolo della marca privata comecentrale nella politica del distributore.

Le dimensioni. Attualmente il mercato delle private la-bel in Europa vale circa 300 miliardi di euro con una proie-zione al 2010 pari a 430 miliardi, superando quindi quota25% del mercato grocery del vecchio continente. Nelmercato italiano la quota è intorno a 11 punti, ancora bendistante dai 45 punti della Svizzera, 30 della Germania o i28 del Regno Unito. Naturalmente, il grado di concentra-zione della moderna distribuzione appare come il fattoremaggiormente correlato con la quota della marca privata

nei diversi paesi, ma va considerato che il tasso di cresci-ta della marca privata è funzione di fattori macroeconomi-ci, di competizione orizzontale e di rilevanza del value formoney per il consumatore, che sono propri, ormai, di tut-to il continente. In questo senso si assiste a un posiziona-mento “europeo” che convenzionalmente si articola su 3diverse collocazioni nella scala prezzi (good better best)negli assortimenti, rappresentando la capacità dei marchipropri di “parlare” con successo ai diversi consumatori,e al contempo di soddisfare i “bisogni” dei distributorinell’articolare la propria offerta. Nel nostro paese la storiadel prodotto Coop ha avuto una genesi, un carattere e unpercorso estremamente originali, realizzando un succes-so imprenditoriale (il prodotto Coop oggi rappresenta ol-tre il 30% delle vendite di private label nel nostro paese,ben oltre, quindi, il peso dell’insegna) e distinguendosi at-traverso temi come la qualità e la convenienza per la salu-te e il potere d’acquisto del consumatore.

Il nuovo ruolo. Con oltre 1.000 prodotti confezionati a-limentari, più di 500 prodotti non alimentari e un largopresidio dei freschissimi, i prodotti a marchio Coop sonopresenti nei carrelli della totalità delle famiglie che fre-quentano i punti di vendita dell’insegna. Nel grocery laquota interna del prodotto Coop ha raggiunto il 19% del-le vendite, un valore “europeo” se si considera la man-canza di presidio dell’importantissimo settore degli alco-lici. Differenti linee di prodotto compongono l’assorti-mento a marchio (Bio-logici, Eco-logici, Crescendo, Fiorfiore, Essere, Soluzioni, Solidal) con una logica di gestio-ne intersettoriale che fa della domanda servita, e quindidel positioning espresso, il driver di gestione della gam-ma. Alcune azioni di Coop hanno visto come protagonistail prodotto a marchio (il latte in polvere per l’infanzia a so-li 9 euro, la prima polo equosolidale in Italia, una linea diprodotti senza glutine per celiaci con risparmio per il con-sumatore oltre il 40% sui prezzi normalmente praticati, oil successo dell’innovativa linea di creme solari) delinean-do, anche per il nostro paese, una realtà dove anche i re-tailer diventano protagonisti dell’innovazione e del cam-biamento dei fondamentali dei mercati.

Vincenzo Tassinari, presidente Coop Italia

Negli ultimitempi si assisteanche in Italia a dinamicheinnovative su questa leva a disposizionedel distributore.Questi ultimidiventanoprotagonistidell’innovazionee delcambiamentodeifondamentalidei mercati

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Primo Piano

AMBULANTI,ARTIGIANI E NEGOZI:

UN’IMPRESA SU 4 È STRANIERA

CarloSangalli

PRESIDENTE CAMERA DI COMMERCIO MILANO

LOTTA ALL’EVASIONE

PER FINANZIARE LO SVILUPPO

MatteoColaninnoPRESIDENTE GIOVANI

CONFINDUSTRIA

Paolo De Castro

MINISTRO AGRICOLTURA

rati) con percentuali dicrescita superiori alla Gda e allineate al pro-gressivo cedimento deinegozi di vicinato che,nei trascorsi 10 anni,hanno denunciato assen-ze sempre maggiori (c’è

il panettiere, ma mancail fruttivendolo; c’è il bar,ma manca il calzolaioecc.) dovute anche allacolpevole mancanza dipianificazione e coordi-namento delle varie as-sociazioni e degli organi-smi pubblici regionali elocali (Notti bianche eShopping sotto le stelle,per esempio, sono inizia-tive lodevoli, ma troppoepisodiche).

In realtà gli ambulanti,cioè gli operatori com-merciali su aree pubbli-che, non rappresentanopiù un’attività economi-ca debole e polverizzata.Il moderno commercioambulante ha perso, in-fatti, la specifica caratte-ristica della vendita iti-nerante che si manifesta-va recandosi dai cittadinie offrendo un servizio in-dispensabile a chi perlontananza, anzianità omancanza di mezzi nonpoteva spostarsi per ac-quistare le merci.

Gli odierni mercatihanno acquisito una con-dizione di stabilità - sep-pure periodica - e quindi,in concreto, sono come

grandi centri commercia-li all’aperto che, con op-portuni programmi disviluppo, possono costi-tuire un potente ponte dicooperazione con la Gdae le strutture commercia-li di prossimità.

Il commercio ambu-lante moderno è, dunque,molto vitale e sviluppacontinui e nuovi profilid’azione. Un caso emble-matico è il mercato diForte dei Marmi (Lu)che, tra molte polemiche,ha introdotto la politicadi marca nell’ambulanta-to con maggiori respon-sabilità nei confronti deiconsumatori e dell’era-rio. Un altro esempio sirileva nella rapida cre-scita di venditori dellenuove etnie, in partico-lar modo nel non-food,comparto ormai condi-zionato dalle centraliimport dei paesi dell’E-stremo Oriente. Infine,fenomeno più recente, ilprocesso di concentra-zione dell’offerta inizia-to nel biennio 2004/2005con -3% delle sedi delcommercio ambulante aposteggio fisso.

L’ambulantato è commercio moderno? Avrà un fu-turo? L’esperienza personale mi dice che al mer-

cato sotto casa si può fare l’ordine di frutta e verduravia fax o con un colpo di cellulare, avendo la merceconsegnata a domicilio. Nei mercatini itineranti neipaesi si passano momenti piacevoli, tra bancarelle ca-ratteristiche, attraenti, con prodotti tessili e artigiana-li di originalità e qualità. Queste sono forme qualificate di com-mercio, che hanno una propria capacità di attrazione e servizio,in grado di vivere in simbiosi anche con i grandi centri commer-ciali, con reciproco vantaggio. Se questo è il futuro dell’ambu-lantato, non c’è dubbio che prospererà. Se, invece, prevarrannoabusivismo, prodotti contraffatti e merci di basso prezzo la pro-spettiva non potrà essere che di breve periodo.

PAOLO BARBERINI

Novembre 200626 MARK UP

Presidente di Federdistribuzione

Silvio M. Brondoni

I l commercio ambulan-te in Italia sta regi-

strando negli ultimi anniun grande successo. Ineffetti si stima che circa23 milioni di italiani ef-fettuino almeno un ac-quisto alla settimana inun mercato. Nei capoluo-ghi si svolgono ogni gior-no circa 1.000 mercati,quelli periodici sono me-diamente 8.000, mentregli addetti del settore so-no circa 140.000.

Il comparto food, doveprimeggiano ortofrutta,pesce, salumi e formaggi,e il non-food, con il pri-mato di abbigliamento etessile nonché molti set-tori emergenti, segnala-no vertiginosi aumenti difatturato (con valori adue cifre, ma solo sussur-

Il moderno ambulante, non più figura debole e polverizzata, rivendica

un cambio d’identità anche globale. Già iniziato

Commercio ambulantemoderno e sviluppo locale

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

L’ambulantato nel commercio moderno

IN ITALIA LA GDAFRANCESE E

TEDESCA TRAINANOPRODOTTI AGRICOLI

STRANIERI

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Primo Piano

IL TURISMO E IL COMMERCIO

DEVONOMODERNIZZARSI

Pierluigi BersaniMINISTRO SVILUPPO

ECONOMICO

AL TURISMO ITALIANOSERVE UN PORTALENAZIONALE E UNACABINA DI REGIA PER LE POLITICHE

GLOBALI

Bernabò BoccaPRESIDENTE

FEDERALBERGHI CONFTURISMO

IL TURISMO È UN’INDUSTRIA

CON I RISCHI E LE OPPORTUNITÀ

DEI MERCATI GLOBALI

Giuseppe BoscoscuroPRESIDENTE ASTOI -

ASS. TOUR OPERATOR ITALIANI

decelera rispetto ad altripaesi, a cominciare dallaSpagna. D’altra parte, in I-talia le regioni spingonosul localismo: prive di uncoordinamento centraleforte, rappresentano l’a-nello debole della catenadel turismo globale. Appa-re, in effetti, superata latradizionale leadershipcompetitiva delle bellezzenaturali, basata su attrat-tive paesaggistiche, strut-ture ricettive e alberghipoco sofisticati, flussi turi-stici di prossimità, alta ro-tazione della clientela. Laglobalizzazione esalta in-vece ruolo e funzioni deitour operator, capaci dimotivare e muovere enor-mi flussi di domanda, in-terna e dall’estero, e so-prattutto in grado di gesti-re, tramite comunicazio-ne, marketing e finanza,relazioni competitivecomplesse tra vettori ecompagnie di trasporto,strutture di entertainmente leisure, molto differentie organizzate “a pacchet-to” (terme, benessere e re-lax, musei e percorsi cul-turali, corsi universitari e

post experience, sport a-matoriali e professionaliecc.), e strutture ricettivedifferenziate. In altri ter-mini, un’economia del tu-rismo basata sul primatocompetitivo dei flussi didomanda, dove le bellezzenaturali si devono armo-nizzare con la “customersatisfaction” e soprattuttodevono affermarsi nelconfronto competitivoglobale.

Sui mercati globali e ineccesso di offerta infatti ipiccoli tour operator, conridotte capacità di marke-ting e finanziarie (e quindicon margini di redditivitàmodesti) sono sempre piùesposti alla supremaziaconcorrenziale delle gran-di organizzazioni globaliche, spesso anche in virtùdi politiche pubbliche divalorizzazione, sono ingrado di attirare capitali aelevata remunerazione e,inserendo le compagnie diassicurazione nella catenadel valore turistico, di ri-durre i rischi naturali enon con elevati livelli disoddisfazione della do-manda.

“D al turismo prodotto centrico tipico degli anniche vanno dai ’70 ai ’90, in espansione e poco

concorrenziale, siamo passati a una competizione sem-pre più accesa e globale, accompagnata da crescita con-tenuta e frammentata ed eccesso di offerta. Gli operato-ri reagiscono monitorando ogni evoluzione con il Crm,anticipando le esigenze del cliente, dimostrando flessibi-lità operativa. Aziende molto strutturate, anche sotto il profilo finan-ziario, offrono prodotti turistici complessi, lavorando su tutte le levedel marketing e ogni fase del processo (gestione diretta e partnershipforti). In tale ottica i tour operator di grandi dimensioni e con visioneglobale costituiscono i soggetti della filiera turistica destinati a perce-pire il mercato e a realizzare prodotti adatti per le nuove esigenze avantaggio del sistema economico nel quale operano.

DANIEL JOHN WINTELER

Ottobre 200626 MARK UP

Presidente eamministratore

delegato Alpitour World.

Silvio M. Brondoni

L’ Italia, al quinto po-sto dopo Francia,

Spagna, Usa e Cina nellagraduatoria dei paesi piùimportanti per flussi di vi-sitatori, conferma il valorestrategico del settore turi-

Anche dal punto di vista del marketing le regioni guardanoal localismo e rappresentano così

l’anello debole nella catena del turismo globale

Tour operator e turismoin eccesso di offerta

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

stico come risorsa per l’e-conomia nazionale, conun’incidenza sul Pil pari al12% e oltre due milioni dipersone occupate.

I mercati globali, carat-terizzati da eccesso di of-ferta, hanno tuttavia mo-dificato in profondità ilruolo competitivo dellestrutture e delle organiz-zazioni che compongonola catena del valore dell’e-conomia del turismo, mu-tando di conseguenza an-che il posizionamentocompetitivo del sistemapaese: ecco perché l’Italia

Il turismo punterà sul servizio

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Primo Piano

PER SMETTERE DIFUMARE? OCCORRE

VIVEREUN’ESPERIENZA

DIRETTA DEI DANNI

Fabio Fazio

PRESENTATORE TV

IN ITALIA IL 20% DEI RAGAZZI

INIZIA A FUMAREPRIMA DEI

15 ANNI

Gianni RavasiPRESIDENTE LEGA

LOTTA AI TUMORI

ISTITUZIONI, SERVIZIOSANITARIO E FAMIGLIE:

POTENZIARE LA PREVENZIONECONTRO IL FUMO

Silvio GarattiniDIRETTORE

ISTITUTO MARIONEGRI

ti-nazione (e di centralisovranazionali Usa e Ue),per sostenere vaste e red-ditizie vendite di marca

Nel mondo si fumanooggi più di 15.000 miliar-di di sigarette e il consu-mo totale continua ad au-mentare, anche se con an-damenti molto diversi. LaCina registra il maggior

consumo a livello mon-diale, volumi di vendita ingrande crescita (2005/04,+11,4%) e un’alta spesapubblicitaria, come intutti i paesi a basso svi-luppo socio-economico.Nei paesi più evoluti, in-vece, i volumi diminui-scono, la pubblicità è so-stituita (con minori costi,come di recente anche inGermania e Spagna) dal-la global sponsorship ecosì i profitti rimangonoottimi. Nei “paesi ricchi”,infatti, la corporate profi-tability non deriva dai vo-lumi (cedenti per seletti-vità), ma da altri fattori:1. il brand portfolio reen-gineering (Bat per esem-pio ha acquisito il branditaliano Ms); 2. il control-lo competitivo di prezzodi vendita e prelievo fisca-le (così oggi in Usa unpacchetto di sigarette haun prelievo del 20% sulprezzo, mentre in Italia ilprezzo medio è di 3,40 eu-ro con tassazione del75,5%). In tal senso, unapolitica di armonizzazio-ne delle imposte tra i pae-si Ue forse potrebbe eli-

minare il contrabbandointerno, ma aumentereb-be i traffici illeciti da pae-si non Ue; 3. la finalizza-zione di comunicazioneglobale (sport sponsor-ship) e locale (trade mer-chandising e pubblicità“indiretta”) a obiettivi diprofitto corporate.

Nei paesi poveri e ric-chi, comunque, il marke-ting delle sigarette si con-fronta con un comune,terribile fenomeno socia-le: il continuo abbassa-mento dell’età in cui gli a-dolescenti iniziano a fu-mare. Una crescita globa-le di baby-fumatori cheda un lato intercetta imodelli di successo indi-viduale associati a spon-sorizzazione sportiva epubblicità indiretta, edall’altro premia l’acces-so dei minori al primoconsumo (facilitato daltrade merchandising eprivo di controlli nel freedisposable), mentre è ne-gletta la pubblicità (pro-prio nei paesi evoluti),controllabile negli effet-ti sociali ma molto piùcostosa.

N el 1981 strinsi un’alleanza con un grande edito-re (la Rizzoli) per ottenere, con modalità provo-

catorie e pubbliche, la rimozione del divieto di pubbli-cità diretta dei prodotti da fumo in vigore fin dal 1962,introdotto per tutelare il Monopolio nazionale. Per due mesi, in aperta polemica con i sostenitori del-lo Stato etico, uscimmo con pubblicità di marca suigiornali, pagando le relative sanzioni. Quella campagna fu interrot-ta per iniziativa dei miei clienti, i produttori internazionali di siga-rette, quando alcune interrogazioni parlamentari e una dichiarazio-ne dell’allora ministro della Sanità lasciavano intravvedere un ri-pensamento purché i produttori accettassero di eliminare la pubbli-cità indiretta. I miei clienti avevano già allora ben compreso comela pubblicità indiretta può essere più efficace di quella diretta.

Pubblicità diretta e indiretta

TONI MUZI FALCONI

Luglio/Agosto 2006 23MARK UP

Presidente Methodos

Silvio M. Brondoni

L’ industria delle siga-rette è dominata da

grandi corporation, conbrand portfolio comples-si, dotati di altissima visi-bilità e di straordinariaredditività. Il marketingdelle sigarette si ricollegainfatti a un oligopolio sta-tico (poche grandi impre-se con ridotta innovazio-ne di prodotto), contrad-distinto da un globallobbying che si confrontacon le politiche degli Sta-

15.000 miliardi le sigarette accesenel mondo. Ma dove i consumi

stagnano, la sponsorship sostituisce la pubblicità

Pubblicità, sponsorship emarketing delle sigarette

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

World advertising(euro 000,00 val. lordi tot.)

PAESE/ANNO 2003 2004 2005CINA 25.846 66.027 77.268INDIA 71.628 63.271 35.738INDONESIA 70.792 108.897 123.743FILIPPINE 36.348 35.609 40.720GERMANIA 54.042 55.712 45.858SPAGNA 82.341 76.827 65.578UK 7.932 2.413 3.865USA 215.010 178.691 100.484Fonte: Adex International

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Primo Piano

AndreaGuerraAD LUXOTTICA

I PARTITI CREDONO AISONDAGGI

QUANDO DANNOLORO RAGIONE

AlessandroCoesis

PRESIDENTE COESIS

I GIORNALIITALIANI SONOLONTANISSIMI

DAL PAESE

LuciaAnnunziata

PAST PRESIDENT RAI

molti riceventi passivi). Imercati globali e in ecces-so di offerta, inoltre, mo-strano un’elevata instabi-lità della domanda (volati-lità delle scelte di acquisto;infedeltà e non fedeltà diriacquisto) e dell’offerta(accelerazione dell’obsole-scenza; creazione di bolledi domanda). In eccesso diofferta, infatti, i confrontidi acquisto non avvengonotra beni simili, ma tra al-ternative di consumo com-plesse (come, per esempio,in una scelta di acquistotra jeans e occhiali da so-le). L’esubero di offerta en-fatizza, infine, la cono-scenza del luogo e del tem-po di scelta, per soddisfare(con offerte temporanee)le attese di comunità diconsumatori instabili (bol-le di domanda), individua-te con processi aggregativi(ben differenti quindi daiprocessi disaggregativi di

segmentazione). La diso-mogeneità dei mercati e lagestione dell’instabilitàdella domanda determina-no una gerarchia tramarketing research emarket research (che peròpare ancora ignota neisondaggi politici). Lamarket research evidenziaintatti la rilevanza dellacompetitive intelligenceper acquisire “segnali ditendenza” sui fenomeniambientali influenzabili.L’instabilità competitivadetermina in effetti do-mande disomogenee e mu-tevoli, di volta in volta ag-gregabili con offerte tem-poranee. Le caratteristichedemo e socio-psicologichenon sono quindi significa-tive per definire la doman-da complessiva. Per con-tro, il primato della marke-ting research discendeproprio dall’evanescenza edalla mutabilità delle bolledi domanda, cioè dalla ca-pacità delle imprese dicomprendere e valorizzarel’instabilità di relazione trai consumatori e prodotti aelevata caratterizzazione evolatilità.

I recenti episodi politici, ma non era necessario at-tendere quelli, hanno posto l’accento su come il

processo di ricerca sia diventato estremamente piùcomplesso di prima. I consumatori si muovono, iprodotti si muovono, i media si muovono: in un sif-fatto scenario la speranza di poter “succhiare” le sem-pre più sfuggenti declinazioni dei “bisogni del consu-matore” attraverso modalità tradizionali di ricerca viene progres-sivamente meno. La segmentazione è un concetto da marketing delgiurassico, ma se applicato alle ricerche e articolato nell’infinitacomposizione di tecniche, tecnologie, target, sistemi, benchmarkinternazionali ecc. trova una dimensione assolutamente attuale eirrinunciabile per poter davvero “sentire” quello che i consumato-ri ci raccontano in corsa mentre parlano d’altro.

PAOLO DURANTI

Giugno 200622 MARK UP

Amministratore delegato

Nielsen Media Research

South Europe.

Silvio M. Brondoni

N elle elezioni po-litiche appenatrascorse i ma-

ghi dei sondaggi hannosbagliato tutte le previsio-ni. E i quotidiani anche. Legrandi corporation, inve-ce, da tempo utilizzanotecniche e metodiche spe-cifiche per le mutevoli pre-visioni delle domande astruttura variabile, con ot-timi risultati. In effetti, lamarket research delle im-prese globali si basa sunuove relazioni di concor-

Il primato dellamarketing

research derivadalla

evanescenzadelle bolle di

domanda e daprodotti

altamentevolatili

Sondaggi, market researche marketing research

www.unimib.it/symphonya

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CONCORRENZA & MERCATI GLOBALI

renza nella dimensionetemporale (time-basedcompetition) e spaziale(market-space competi-tion), abbandonando iconcetti di staticità e dicontesti competitivi chiu-si, difendibili da barrierefisiche o amministrative.Peraltro, spazi di competi-zione dinamici e apertipresuppongono un siste-ma informativo sofistica-to, strutturato per decisio-ni di brevissimo periodo econ processi di comunica-zione circolari (anziché li-neari, da un emittente a

Dalla market research alla marketing research

SISTEMA ITALIADEVE SVILUPPARE

AGGREGAZIONI DI IMPRESE PER

TECNOLOGIA E CONOSCENZE

DEI MERCATI

BISOGNI E SENSAZIONI

PSICOLOGICHEDETERMINANO

CLUSTER E FASCEDI CONSUMATORI

GaetanoMele

DIRETTORE GENERALE LAVAZZA