Marinucci, Angelo - Tra Ordine e Caos. Metodi e Linguaggi Tra Fisica, Matematica e Filosofia

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a Francesco, Anna,Armando e Teodor

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Indice

Elenco delle figure 8

Prefazione 13

Introduzione 31

1 L’essenza come riconoscibilita in fisica tra fine Seicento e metaOttocento 39

1.1 Ricerca e riconoscibilita dell’essenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

1.1.1 Completezza ed oggettivita . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

1.1.2 Atemporalita e reversibilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

2 La linearita e la scienza moderna 49

2.1 L’uso ed il significato del calcolo nella scienza moderna . . . . . . . 49

2.1.1 Questioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

2.1.2 L’eredita dei Principia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

2.1.2.1 Il significato della geometria dei Principia . . . . . 54

2.1.2.2 Aspetti del metodo scientifico newtoniano . . . . . 59

2.1.3 L’analisi algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

2.1.4 Il problema dei tre corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

2.1.4.1 Caos e rumore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

2.2 Linearita, perturbazioni e rumore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

3 Questioni non-lineari 99

3.1 Ricapitolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

3.2 Problematiche non-lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

3.2.1 Sensibilita alle condizioni iniziali e parametri di controllo . 103

3.2.2 Ordini strani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

3.2.3 Piu matematiche, un solo “mondo” . . . . . . . . . . . . . . 114

3.3 Alcune questioni filosofiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

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8 Indice

4 Chiarimenti filosofici 1214.1 Il concetto di rapporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

4.1.1 Rapporto ed essenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1224.1.2 Rapporto e storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

4.2 Il concetto di relazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

5 Linguaggi, possibilita e concetti 1315.1 Boltzmann e Wittgenstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1325.2 Questioni spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1355.3 Somiglianze e confini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1445.4 Dal Linguaggio ai giochi di linguaggio . . . . . . . . . . . . . . . . 150

6 Concetto e possibilita 1596.1 Regionalita strutturata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1626.2 La possibilita tra rapporto e relazione . . . . . . . . . . . . . . . . 164

6.2.1 Possibile e impossibile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1666.2.2 Coerenze e storie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168

7 Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione 1717.1 La realta tra effettualita e potenzialita . . . . . . . . . . . . . . . . 174

7.1.1 L’effetto di decoerenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1807.2 Dinamicita chiusa della relazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182

Riferimenti bibliografici 185

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Elenco delle figure

3.1 Sezione di Poincare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1103.2 Mappa di Poincare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1103.3 Crescita del mare caotico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1113.4 Attrattore di Lorenz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114

7.1 Il gatto di Schrodinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro con i quali ho avuto la fortuna di confrontare leidee espresse in questo lavoro, soprattutto perche, oltre alle parti e di loro specificacompetenza, hanno spesso avuto la pazienza di leggere il testo nella sua interezza.

Per questi motivi tengo particolarmente a menzionare il dottor Andrea Cintio,il dottor Stefano Salvia, il dottor Stephane Finetti, il professor Niccolo GuicciardiniCorsi Salviati, il professor Luigi Perissinotto, il professor Giuseppe Longo, ilprofessor Silvano Tagliagambe, il professor Luca Crescenzi e, non ultimo, UbaldoDe Robertis.

Non vanno dimenticati tutti i colleghi di dottorato per le accese ed utilidiscussioni che hanno fatto maturare questo lavoro .

Ancora piu da vicino ringrazio la mia Luciana che non ha mai mancato di farmisentire la sua presenza.

Un ringraziamento particolare va al professore ed al maestro Aldo GiorgioGargani con il quale questo lavoro ha preso corpo. Un ultimo ringraziamento va alprofessor Mauro Mariani che si e assunto l’onere di seguire questo lavoro dopo lascomparsa di Gargani.

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Prefazione

Per inquadrare nel modo migliore questo apprezzabile libro di Angelo Marinucci,rielaborazione della sua tesi di dottorato seguita dal compianto Aldo GiorgioGargani, e opportuno fare una breve digressione storica su un concetto che necostituisce il motivo conduttore, quello di �dominante�, approfondito in particolaredal fisiologo russo Aleksej Alekseevic Uchtomskij (1875-1942) in un’opera dal titoloomonimo1.

Allievo ed erede di Nikolaj Evgen’evic Vvedenskij (1852-1922) e continuatoredelle idee di Ivan Michajlovic Secenov (1829-1905) sul determinismo biologico e ilcarattere sistemico dell’attivita del sistema nervoso centrale, Uchtomskij sviluppouna teoria dei fenomeni psichici e del comportamento nel suo complesso che traevaspunto da un’indicazione di Johannes Reinke. Quest’ultimo in Die Welt als Tat (Ilmondo come fatto), del 1899, parlava di forze formatrici indipendenti, che stannoalla base delle azioni umane, e che non derivano da energie ne possono trasformarsiin esse, ma sono tuttavia “nocchieri delle energie”, “demoni”, nel senso che, purnon essendo controllate dalla coscienza, agiscono finalisticamente e presiedono allefunzioni degli organismi. Reinke aveva chiamato �dominanti� queste forze: equesto stesso termine, proprio negli anni in cui Reinke lo usava in un’accezione cosımarcatamente vitalistica, figurava, con tutt’altro significato, negli scritti di RichardAvenarius, in particolare in Kritik der reinen Erfahrung (Critica dell’esperienzapura), la cui prima edizione era sta pubblicata in due volumi tra il 1888 e il 1890.Avenarius l’aveva in particolare utilizzato per spiegare l’affermarsi della costantetendenza alla deproblematizzazione che caratterizza il comportamento teoretico ingenerale, anche nell’ambito di quella particolare forma di esso che e il conoscere, eche si manifesta come bisogno di acquietamento, soddisfazione e liberazione chel’uomo prova quando si trova di fronte al sopraggiungere di qualche fattore nuovoche renda problematica una maniera consueta di vedere o di agire. Ne nasce unosforzo di soppressione dell’inquietudine, attraverso l’eliminazione o comunque ilcontrollo dell’oscillazione e della variazione, che assume una delle seguenti forme:

1. si puo cercare di ricondurre un “ignoto” qualunque a un “noto” analogo;

1Cfr. Aleksej A. Uchtomskij. Dominanta. Moskva-Leningrad: Nauka, 1966.

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14 Prefazione

2. si puo provare a trasformare l’incerto nel certo, l’insolito nel familiare, sfrut-tando l’assuefazione che, col tempo, si determina grazie alla frequenza concui ricorre il valore, originariamente sentito come “diverso” o “divergente”;

3. infine, si puo tentare di attenuare e smorzare il carattere inquietante di unacosa o di un’idea, orientando altrove l’interesse e condannando quindi allamarginalita tutto cio che e fonte di dubbio e di contraddizione.

E appunto questa costante tendenza alla deproblematizzazione che, secondo Ave-narius, spiega lo sviluppo delle “dominanti”, cioe di orientamenti che mirano adassegnare a determinati punti di vista e concetti abituali una funzione duraturae a fare acquistare ad essi, in modo stabile, la caratteristica di capisaldi dellaconoscenza. Esse dunque possono essere considerate la risposta allo smarrimento difronte al quale l’uomo si trova in seguito alla trasformazione di un valore consolidatoin un altro, sentito come “diverso” e “contraddittorio”. Il bisogno di superareil conseguente stato di incertezza spinge alla ricerca di valori, criteri e leggi che,caratterizzandosi di nuovo come “noti”, “sicuri”, “veri”, eliminino l’oscillazione el’inquietudine che la variazione ha determinato.

Uchtomskij si riferisce, in parte, a questa accezione del termine “dominante”, chepero viene da lui collocato all’interno di un quadro teorico assai diverso da quello diAvenarius. Egli si preoccupa soprattutto di trovare la base fisiologica della ricercadella stabilita e dell’equilibrio, di cui parla l’autore della Critica dell’esperienzapura, e della tendenza a trasformare in un sistema chiuso, costruito sulla basedi un preteso riferimento alla totalita dell’esperienza acquisita e della illusione dipoterla “passare in giudicato” in via definitiva, un sistema come la personalitadell’uomo nel suo complesso che, per sua propria natura e essenzialmente aperto,caratterizzato dalla mancanza di confini netti e definiti una volta per tutte. Ilfattore che sta alla base di questa tendenza e che e dunque decisivo ai fini dellatrasformazione del sistema �persona umana� in un sistema chiuso e, appunto, ladominante, da lui concepita e presentata come un focolaio di eccitazione nel sistemanervoso, che determina le reazioni dell’organismo agli stimoli esterni e interni.Il centro nervoso (o il gruppo di centri nervosi) dominante possiede un’elevataeccitabilita, accompagnata da un notevole grado di inerzia, vale a dire dalla capacitadi mantenere questo stato anche quando lo stimolo iniziale cessa il proprio effettoattivante. Sommando in se l’eccitazione relativamente debole degli altri centrinervosi, la dominante se ne serve per rafforzare se stessa e nel contempo per inibiregli altri centri: in questo modo garantisce le coordinazioni degli sforzi dell’organismoin un’unica direzione e annulla gli eventuali elementi di disturbo. Ai livelli piubassi del sistema nervoso la dominante si manifesta come disponibilita di un datoorgano a essere sempre pronto a entrare in azione e come capacita di conservarea lungo questo stato di all’erta. Risalendo invece agli stadi superiori, ci si trovadi fronte alla dominante corticale che costituisce la base fisiologica di tutta unaserie di fenomeni psichici, tra cui, per esempio, l’attenzione, la memoria, l’attivitalogica, l’emotivita. La possibilita di concentrare l’attenzione su determinati oggettie la selettivita dell’apprendimento sono cosı fisiologicamente determinate dalle

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Prefazione 15

caratteristiche della dominante, che e una costellazione che lavora a un determinatoritmo, ottimale per certe condizioni, e che e in grado di rinforzare la sua capacitadi eccitazione con impulsi costanti. Contemporaneamente, in rapporto con questoincremento di eccitazione, essa e in grado di inibire gli altri riflessi presenti nellaterminazione comune della vita nervosa. In questo modo, attraverso l’inibizionedegli altri centri, si determina la selettivita dell’apprendimento: e d’altra parte siha una concentrazione dell’attenzione, favorita dagli stimoli di media intensita.

La dominante viene cosı configurandosi come la struttura fondamentale delcomportamento umano: ma essa e anche qualcosa di piu, in quanto “ciascuno di noipuo rilevare, attraverso l’introspezione, che quando essa e presente, si accentua inmodo rilevante, la capacita di cogliere e osservare determinati aspetti della realta e,nel contempo, cresce l’insensibilita per altre caratteristiche dell’ambiente. In questosenso la dominante puo essere considerata non soltanto il presupposto fisiologicodel comportamento, ma anche il presupposto fisiologico dell’osservazione2”.

“Un poeta rinchiuso in se stesso” - esemplifica Uchtomskij - “uno scienziato o unpensatore che antepongano alla realta il proprio mondo interiore, un soggetto incline aprestare attenzione solo a se stesso e a isolarsi sin dall’inizio dall’ambiente circostante,incapace di stabilire il minimo contatto con esso, saranno individui in qualche modopredeterminati e predestinati nella loro attivita e creativita. Nelle biografie dellepersone con queste caratteristiche ci sono esempi ricorrenti di ripetizione ossessivadi un medesimo modus operandi, di uno stesso copione, a volte molto complesso,che essi recitano sempre allo stesso modo, in maniera tormentosa anche per lorostessi al solo fine di esaltare e di far trionfare la tendenza autistica di fondo cheli caratterizza, nonostante che all’esterno l’ambiente storico in cui sono immersisia inesauribile nella sua sovrabbondanza e nel proporre continue novita. In loroagisce in modo monocorde una dominante stazionaria, che funge da nido, attorno acui si concentrano tutta la restante attivita, il comportamento nel suo complesso ela creativita nella sua interezza. Allo stesso modo uno scienziato dalla mentalitascolastica, che non e capace in alcun modo di liberarsi dalle teorie che gli sono statea suo tempo inculcate, cerchera di applicare ovunque, a proposito e a sproposito, ilsuo punto di vista preferito e di far rientrare a tutti i costi in esso, deformandoli,i fatti vivi nel loro significato concreto. Informazioni inedite e persone nuove nongli dicono mai nulla di nuovo. Egli e stordito e accecato dalla propria teoria. Conquale frequenza, tra i ricercatori di professione, ci si imbatte in caratteri di questogenere: poverta e unilateralita di pensiero, natura statica e fissa di esso!3”.

Cio che qui e in gioco, in realta, non e la poverta di pensiero, bensı qualcosadi piu sottile e profondo, un meccanismo e un processo messi ben in luce daWolfgang Pauli in un saggio, frutto del suo dialogo intellettuale con Jung4, volto a

2Cfr. ibid., Princip dominanty, p. 126.3Cfr. ibid., p. 91.4Cfr. Wolfgang Pauli e Jung Carl G. Naturklarung und psyche. Zurich: Rascher, 1952. Il saggio

di Pauli e intitolato Der Einfluss archetypischer Vorstellungen auf die Bildung naturwissenschaf-tlicher Theorien bei Kepler (L’influsso delle immagini archetipiche sulle teorie scientifiche diKepler) e quello di Jung Synchronizitat als ein Prinzip akausaler Zusammenhange (la sincronicitacome principio di nessi acausali). La traduzione italiana del primo e inserita in Wolfgang Pauli.Psiche e natura. Milano: Adelphi, 2006, pp. 57-121; il saggio di Jung si trova in Carl G. Jung.Opere. Vol. VIII. Torino: Bollati Boringhieri, 1983. Il dialogo e la collaborazione tra Pauli e Jungsono al centro di un libro, da me scritto in collaborazione con Angelo Malinconico, dal titolo Paulie Jung. Un confronto sull’in-visibile in uscita a settembre presso l’editore Raffaello Cortina.

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scandagliare l’incidenza sulla nascita della scienza moderna hanno avuto le metafore,piu o meno ingannatrici, gli archetipi e quello che lo stesso Pauli, in un pensieroripreso e riportato da Jung in una nota delle Riflessioni teoriche sul problema dellapsiche, del 19475”. ha chiamato l’�inconscio dotato di una vasta realta oggettiva�.

Il caso di Keplero puo, da questo punto di vista, essere considerato emblematicoper la frequenza, da lui stesso testimoniata nella Astronomia nova, a cadere insempre nuovi labirinti in seguito alla forza trascinante di quello che egli chiamo poi�un ladro del mio tempo�, e cioe la credenza, appoggiata dall’autorita di moltifilosofi, nei privilegi della circolarita, che lo spinse per molto tempo a condividerela convinzione di Brahe secondo la quale i pianeti si muovono in cerchi perfetti.Questa credenza “funziona tra le cose come un selettore la cui carica di verita efuori discussione. Essa guida Keplero nel labirinto e Galileo nei territori piani eilluminati. Essa sembra destinata a sopravvivere per l’eternita6”. La sua azioneostacola il libero dispiegarsi delle strategie razionali, che vengono imprigionate ecostrette in una sorta di �camicia di forza�, di �letto di Procuste�: e tuttaviaessa funge da selettore che, collocato all’inizio dei calcoli, “e fondamentale affinchequei calcoli possano avere inizio7”.

E proprio questo il punto da cui prende avvio la riflessione di Pauli, che siconcentra proprio su questo problema del rapporto tra osservazione e calcolo, traesperimento e teoria, che egli considera un caso particolare della relazione piugenerale tra interiore (psichico) ed esteriore (fisico):

“Nel caso della situazione della conoscenza si tratta del rapporto tra il conoscibilee il conosciuto. Il punto di vista puramente empirico, che vuol far risalire ogni�spiegazione (Erklarung)� a una �descrizione (Beschreibung)� (anche se generalee concettuale) non prende in considerazione il fatto che ogni enunciazione di unconcetto o di un sistema di concetti (e con cio anche quella di una legge naturale) euna realta psichica d’importanza decisiva. (Nella lingua tedesca cio e espresso nellaparola Erklarung = chiarimento, spiegazione, in quanto a qualcuno �diventa chiaro�

qualcosa; sfumatura questa, che manca nella parola Beschreibung = descrizione). Perquesta ragione, in accordo con la filosofia di Platone, vorrei proporre d’interpretareil processo della comprensione della natura (nonche la soddisfazione che l’uomoprova quando capisce, cioe quando diviene cosciente di una nuova conoscenza) comeuna corrispondenza, cioe come una sovrapposizione d’immagini interiori preesistentinella psiche umana con gli oggetti esterni e il loro comportamento8”.

Questa proposta, a suo giudizio, puo spiegare la questione del �ponte� tra lepercezioni sensoriali e i concetti, lasciata irrisolta dalla convinzione che le leggidella natura siano ricavabili dal solo materiale dell’esperienza:

“Tutti i pensatori ragionevoli hanno concluso che un tale collegamento non puoessere effettuato tramite la pura logica. Sembra di gran lunga piu soddisfacentepostulare a questo punto l’esistenza di un ordine cosmico indipendente dal nostro

5Cfr. Jung. Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche, in ibid., 246 n.6Cfr. Enrico Bellone. Il sogno di Galileo. Bologna: il Mulino, 1980, p. 54.7Cfr. ibid., p. 56.8Cfr. Wolfgang Pauli. “Teoria ed esperimento”. In: Fisica e conoscenza. Torino: Bollati

Boringhieri, 2007, pp. 105-106.

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Prefazione 17

arbitrio e distinto dal mondo dei fenomeni. Che si parli di �partecipazione dellecose di natura alle idee� o di �proprieta delle entita metafisiche - ossia, reali in se�

-, il rapporto fra percezione sensoriale e idea rimane conseguenza del fatto che tantola mente di chi percepisce quanto cio che viene riconosciuto mediante la percezionesono soggetti a un ordine pensato come oggettivo. Ogni riconoscimento parziale diun tale ordine naturale conduce alla formulazione di tesi che da un lato attengono almondo dei fenomeni, dall’altro lo trascendono in quanto utilizzano, �idealizzando�,concetti logici universali. Il processo di comprensione della natura, come purel’intensa felicita che l’essere umano prova nel capire, ossia nel prendere coscienza diuna nuova verita, sembra basarsi su una corrispondenza, sulla concordanza tra leimmagini interne preesistenti nella psiche umana e gli oggetti del mondo esternocon le loro proprieta9”.

L’opera di Keplero, a suo giudizio, si presta in modo ottimale a esemplificarel’incidenza che, all’origine e nello sviluppo della scienza moderna, ebbero immaginisimboliche e religiose che hanno radici in un livello del tutto inconscio e cherimangono inizialmente intrecciate al nascente �spirito scientifico�, in quantoin essa “l’immagine simbolica precede la formulazione cosciente di una legge dinatura10”. A spingerlo alla ricerca delle leggi naturali sono immagini originarie,che la mente percepirebbe grazie a un �istinto� innato” e che “vengono da luichiamate �archetipiche�11”. Si tratta di immagini come quella di Dio in quantosfera infinita, che risale storicamente al medioevale Liber XXIV Philosophorum,del XII secolo, e che ha comunque delle precedenti versioni filosofiche e antichenel mondo greco, come pure mitiche e arcaiche, quella del cerchio, il numerotre, legato alla Trinita, “attorno alle quali storicamente e ‘preistoricamente’, sindall’�infanzia� dell’umanita, e invariantemente rispetto a differenti etnie e civilta,si sono costellate una serie di idee e rappresentazioni che le hanno avute come�nuclei ordinatori�12”.

Pauli evidenzia dunque come, alla fine del XVI secolo e nella prima meta delXVII si abbia un complesso rapporto tra magia e tradizione alchimistica, da unaparte, e spirito scientifico, dall’altra, che e insieme di mescolanza e intreccio e dicontrapposizione e distinzione: in questa temperie intellettuale Keplero si presentacome un pensatore che per un verso reagisce all’universo misterico, con la suaforte carica di immagini qualitative e simboliche, in quanto assertore e portatoredi un modo di pensare allora del tutto nuovo, scientifico e quantitativo, basato suun’inedita alleanza tra indagine empirico-induttiva e pensiero logico-matematico:per l’altro e contemporaneamente mostra di avere, verso quella tradizione, un debitomolto profondo, “il suo punto di vista non e, infatti, puramente empirico, macontiene elementi essenzialmente speculativi, come l’idea che il mondo fisico sia la

9Cfr. idem, “L’influsso delle immagini archetipe sulla formazione delle teorie scientifiche diKeplero”. In: idem, Psiche e natura, p. 60.

10Cfr. ibid., p. 77.11Cfr. ibid., p. 60.12Cfr. Enrico A. Giannetto e Pozzi Federica. “Pauli e Jung: una nuova prospettiva sulla scienza,

sulla storia e sulla filosofia della scienza”. In: Prospettive della logica e della filosofia della scienza.A cura di Vincenzo Fano, Gino Tarozzi e Massimo Stanzione. Atti del convegno triennale dellaSocieta Italiana di Logica e Filosofia della Scienza. Rubettino, 2001, p. 186.

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18 Prefazione

realizzazione di immagini archetipiche preesistenti13”. Si viene cosı a realizzare unaforte integrazione tra le due componenti, nell’ambito della quale il pensiero causaledella scienza naturale prende avvio da “immagini dal forte contenuto emozionale,che non sono pensate, ma piuttosto intuite con immaginazione quasi pittorica. Inquanto �espressione di uno stato di cose vagamente intuito ma ancora sconosciuto�,queste immagini possono anche venire definite simboliche, secondo la definizione disimbolo proposta da Jung. In qualita di principi ordinatori e formativi di immaginiin questo mondo di immagini simboliche, gli archetipi svolgono appunto la funzionedi quel ponte da noi cercato tra percezioni sensoriali e idee e sono dunque unaprecondizione necessaria anche per la formazione di una teoria scientifica dellanatura14”.

La lenta e complessa transizione da quel primo stadio, contrassegnato dall’ege-monia di un contenuto inconscio che non risulta ne definibile, ne razionalmentedescrivibile, a quest’ultimo, e stimolata e resa possibile dalla formazione, comefase intermedia, di idee archetipiche che sono una ben definita rielaborazione diquello stato profondo della psiche, grazie alla quale esso puo cominciare a emergerea livello della coscienza. Queste idee archetipiche, a differenza degli archetipipropriamente detti, sono definibili e razionalmente descrivibili e proprio per questosoggette a correzioni: come infatti mostro di poter fare Keplero, la cui ricerca“inizialmente si muove nella direzione sbagliata e sara in seguito rettificata grazie airisultati effettivi delle misurazioni15”.

A conclusione di questa sua analisi Pauli chiama in causa Jung rilevando comesia “interessante che la parola �archetipo�, che Keplero per esempio adopera per leimmagini preesistenti (platoniche), venga ora usata da C. G. Jung anche per fattoriordinatori non intuitivi, i quali si manifestano sia psichicamente che fisicamente16”.

Anche Marinucci si occupa di labirinti, di �ladri del tempo�, di dominanti, diquadri concettuali che imbrigliano le strategie razionali in una delle loro fisionomiepiu ricorrenti e durature nella storia della scienza, della fisica in particolare:l’idea della linearita, che, come viene da lui sottolineato, “non e solo un concettomatematico, in quanto ha dei risvolti ontologici, epistemologici e filosofici in generaleestremamente importanti”, per cui “puo essere pensata come la traduzione modernadei concetti di ordine e semplicita della natura”. Essa e alla base di quello chepuo essere considerato il protagonista principale della fisica moderna, vale a dire leequazioni differenziali, ritenute in grado di tradurre in linguaggio matematico ilmovimento e i fenomeni naturali in generale.

In questo scenario si sviluppano la pretesa e la fiducia che la matematica siail linguaggio della natura e un paradigma incardinato sulla convinzione che una

13Cfr. idem, “L’influsso delle immagini archetipe sulla formazione delle teorie scientifiche diKeplero”. In: Pauli, op. cit., p. 108.

14Cfr. idem, “L’influsso delle immagini archetipe sulla formazione delle teorie scientifiche diKeplero”. In: ibid., p. 61.

15Cfr. idem, “L’influsso delle immagini archetipe sulla formazione delle teorie scientifiche diKeplero”. In: ibid., p. 78.

16Cfr. idem, “Teoria ed esperimento”, p. 106.

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Prefazione 19

teoria fisica, al contempo esplicativa e predittiva, sia in grado di ricondurre sottoun unico principio diversi tipi di problemi.

Questo paradigma subisce varianti che Marinucci ricostruisce puntualmente. Inparticolare e caratterizzato dal passaggio dall’originaria concezione newtoniana,secondo la quale la geometria e una parte della meccanica, alla prospettiva diLagrange, nell’ambito della quale la meccanica diventa una branca dell’analisi, opiu in generale della matematica, in quanto a essa e ridotta. Cio significa chementre nell’ottica newtoniana era fondamentale trattare o comunque ricondurre unproblema alla geometria, in quanto la costruzione geometrica, e non la simbologiaalgebrica in se, e cio che legittima il passaggio dalla matematica alla natura, ifisici del ‘700, con Lagrange in testa, ritengono di poter ampliare tale generalitadistaccandosi dalla geometria e sostituendo a essa l’analisi. Da questa tendenza,orientata verso un’algebrizzazione dell’analisi, che escludeva ogni interpretazionegeometria del calcolo, scaturisce l’idea, che diventera appunto dominante da quelmomento in poi, secondo la quale, essendo la matematica una “branca” del calcolo,la posizione fisica di un problema coincide con la sua forma matematica. Neconsegue che tra la matematica e la realta non sussiste alcun salto.

L’accecamento, di cui parla Uchtomskij, che questo tipo di dominante producesi manifesta in modo chiaro nell’atteggiamento assunto nei confronti del �problemadei tre corpi� trattato come il problema dei due corpi piu una perturbazione.

Poincare ha il merito di gettare un fascio di luce su questa forma di cecitacominciando a parlare di sistemi non-lineari e di sensibilita alle condizioni e aporsi il problema di cosa significhi studiare l’equilibrio di sistemi di questo tipo.Quello che Marinucci chiama giustamente il �potenziale di tragicita� insito nelsuo approccio sta nella convinzione, esplicitamente dichiarata, che non sia possibilerisolvere il problema dei tre corpi con quello strumento matematico che era statofino a quel momento, ed era ancora, non solo il nucleo concettuale della fisica, mail modello assoluto di scientificita, cui tutte le altre scienze s’ispiravano.

Cio determina la rottura dello schema chiuso all’interno del quale si era costrettala concettualita scientifica e filosofica e l’ampliamento dell’orizzonte degli oggettidi studio, non piu ristretto alla sola classe dei sistemi (deterministici) riducibilia pochi gradi di liberta e non sensibili alle condizioni iniziali, e dunque lineari ecompletamente prevedibili a priori, ma esteso ai sistemi deterministici sensibili allecondizioni iniziali e non-lineari, come il problema dei tre corpi, e ai sistemi, comela dinamica di un gas, che hanno un comportamento stocastico, non potendosiconoscere ne la posizione, ne la proprieta di tutte le particelle.

Marinucci sottolinea con chiarezza e rigore le conseguenze di questa rottura.In primo luogo gli effetti del disordine dovuto alla non-linearita, e cioe la perditaesponenziale d’informazione e l’emergenza di un ordine imprevedibile, dovuta alfatto che la somma degli elementi in gioco non e piu in grado di render contodell’ordine che si viene a costituire. Inoltre l’impossibilita di distinguere elementiessenziali da elementi accidentali e di sapere con certezza su quali aspetti puntareper comprendere l’evoluzione caotica del sistema. La configurazione di un sistemanon-lineare diventa cosı uno stato finale, gravido di un passato che non e possibile

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interpretare univocamente in modo da farne una sola storia, in quanto le stessecondizioni iniziali, pur se fissate con un piccolissimo margine d’errore, daranno luogoa un’evoluzione non completamente e temporalmente prevedibile e controllabile.

Sulla base di questa analisi viene impostata in modo corretto la questione delrapporto tra non-linearita e imprevedibilita, evidenziando come non si tratti affattodi sinonimi: “se da un lato la non-linearita rende piu problematica la previsionerispetto a un modello lineare, dall’altro, pero, non va pensata alla stregua di unmero disturbo, alla stregua del rumore: la non-linearita e una proprieta di unsistema, senza la quale lo si snaturerebbe”. Quello non-lineare e quindi un sistemacon un proprio statuto epistemologico, in grado d’inquadrare fenomeni e proprietaspecifiche, non riducibile ad altro di piu semplice o costitutivo

A corredo e a sostegno di questa precisazione vengono evidenziate le conseguenzenegative alle quali ha condotto l’identificazione, all’interno della fisica moderna,della non-linerita con il rumore.

Da questa ricostruzione Marinucci trae una conclusione filosofica importante,che diventa il tema principale del discorso successivo, e che egli esprime nei terminiseguenti: “la scelta di una via apre delle possibilita, e proprio per questo, chiude lapossibilita di accedere ad altri punti di vista. In altri termini, si tratta di capireperche la non-linearita, non rientrando nello spazio di pensabilita della concettualitadel tempo, non poteva essere riconosciuta come tale, a testimonianza del fatto che,appunto, scegliere e strutturare delle possibilita vuol dire sempre lasciarne dellealtre. Il punto filosoficamente importante sara tener presente metodologicamenteuna pluralita di prospettive possibili, proprio nel momento in cui se ne definisceproduttivamente una. L’ulteriore problema filosofico riguarda il fatto che, a rigordi termini, nel momento in cui ci si trova ad avere a che fare con uno spaziodi pensabilita non solo chiuso, ma assolutamente chiuso, non si pone neanche ilproblema di una riconoscibilita di altri spazi di pensabilita che esulano da quelloesistente”.

Per esemplificare questo aspetto cruciale viene proposta l’analisi di enti geo-metrici, come le curve continue e non derivabili in nessun punto, e di dimensioni,come quelle frattali, che alla luce degli strumenti matematici e della concettualitadominante fino alla fine dell’800 non potevano che essere considerati �mostri� o�deviazioni patologiche� non legittimati ad entrare a far parte dell’insieme deipossibili oggetti della conoscenza.

Queste evidenti lacune dello spazio della pensabilita disponibile rendono ne-cessario il passaggio a una diversa prospettiva teorica che comincia a emergerecon Boltzmann e si sviluppa pienamente nel secondo Wittgenstein che, come hamostrato Gargani nel suo Wittgenstein. Musica, parola e gesto, proprio da Boltz-mann ha tratto spunto per alcuni dei temi portanti del suo pensiero. L’alternativain questione e incardinata sull’idea di �somiglianze di famiglia�, che consente diindividuare analogie e nessi inediti, frutto della costruzione di coerenze diverse tralinguaggi intesi come regionalita strutturate e di far in tal modo fronte ad esigenzesempre nuove che le forme di vita pongono di volta in volta.

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Questo tipo di strumento concettuale, sottolinea Wittgenstein, ci mette incondizione di cogliere “una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e siincrociano a vicenda”. Somiglianze in grande e in piccolo. Non posso caratterizzarequeste somiglianze meglio che con l’espressione �somiglianze di famiglia�; infattile varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongonoe s’incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi,modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. - E diro: i ‘giuochi’ formano unafamiglia.

E allo stesso modo formano una famiglia, ad esempio, i vari tipi di numeri:Perche chiamiamo una certa cosa �numero�? Forse perche ha una - diretta -parentela con qualcosa che finora si e chiamato numero; e in questo modo, possiamodire, acquisisce una parentela indiretta con altre cose che chiamiamo anche cosı. Edestendiamo il nostro concetto di numero cosı come, nel tessere un filo, intrecciamofibra con fibra. E la robustezza del filo non e data dal fatto che una fibra corre pertutta la sua lunghezza, ma dal sovrapporsi di molte fibre l’una all’altra.

Se pero qualcuno dicesse: �Dunque c’e qualcosa di comune a tutte questeformazioni, - vale a dire la disgiunzione di tutte queste comunanze�- io risponderei:qui ti limiti a giocare con una parola. Allo stesso modo si potrebbe dire: unqualcosa percorre tutto il filo, - cioe l’ininterrotto sovrapporsi di queste fibre17”.

Guardando i giochi, dunque, non e quindi dato cogliere qualcosa che sia real-mente comune a tutti e che quindi corrisponda all’essenza del gioco che giustifichidunque l’applicazione del nome comune. Per questo a essi non si puo applicarela nozione di �insieme� che presuppone, com’e a tutti noto, proprio la presenzadi una proprieta che sia comune a tutti. Ogni possibile identificazione di unaproprieta di questo genere, che sarebbe comune a tutti i giochi, viene contrastatada Wittgenstein attraverso contrapposizioni significative. Se dici che e essenzialeal gioco il divertimento, citerei casi in cui parleresti di giochi esitando tuttavia acaratterizzarli come divertenti. E divertente del resto il gioco degli scacchi? O laroulette russa? Se dici che e essenziale al gioco il vincere o il perdere, non e certodifficile citare giochi in cui la competizione non ha nessuna parte, come i solitari.E cosı via.

Cio che invece si puo ammettere e che tra un gioco e l’altro vi sia, co-me detto, un’aria di famiglia che manifesta l’appartenenza comune attraversosomiglianze sfuggenti.

Nel caso di una nozione come quella di gioco, quindi, nella misura in cui ci serveper illustrare una concezione del linguaggio, ci serve proprio il mantenere aperto ilconcetto. Se lo chiudessimo - come potremmo anche fare introducendo restrizioninell’impiego del termine - ci rimetteremmo qualcosa. Percio introduciamo lanozione di gioco mediante esempi e poi diciamo: �queste, e simili cose, si chiamanogiochi18�. Ed ancora: �Si danno esempi e si vuole che vengano compresi inun certo senso19�. Occorre poi mettere in evidenza che non abbiamo nessun

17Cfr. Ludwig Wittgenstein. Ricerche filosofiche. Torino: Einaudi, 1999, p. 47.18Cfr. ibid., § 69.19Cfr. ibid., § 71.

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diritto di indicare questa introduzione esemplificativa come un modo intuitivo, nelsenso di �vago� ed �approssimativo� in cui talora viene usato questo termine,quasi che questa introduzione fosse una sorta di preparazione preliminare a cuidovra seguire necessariamente una determinazione rigorosa.

L’apertura del concetto non deve essere confusa con la sua vaghezza: qualcosae infatti vago relativamente al problema di una determinazione rigorosa. Piuchiaramente: solo nella misura in cui, per scopi particolari, esigiamo determinazionirigorose diciamo che un certo modo di procedere e vago ed approssimativo. Inoltrenulla giustificherebbe l’idea che una nozione che non sia rigorosamente determinatasia per cio stesso inutilizzabile. Infatti noi “possiamo - per uno scopo particolare- tracciare un confine. Ma con cio solo rendiamo il concetto utilizzabile? Nienteaffatto!20”. Cio potrebbe essere sostenuto sulla base di un pregiudizio in cui larichiesta di una esatta determinazione venga avanzata prescindendo dai contesti edagli scopi che vengono perseguiti. “Qui l’esemplificare non e un metodo indirettodi spiegazione - in mancanza di un metodo migliore21”. Non ci sono due livelli,l’uno �intuitivo� in cui diciamo le cose alla buona, scusandoci di continuo conl’ascoltatore, e uno esatto, rigoroso in cui riesponiamo le cose nell’unico modolegittimo. Ma il procedere attraverso esempi non potrebbe forse mettere il nostrointerlocutore in una situazione di incertezza imbarazzante? Cio puo anche accadere.Wittgenstein e molto chiaro ed esplicito su questo punto: nell’accettare un metodo,quale quello da lui proposto nelle Ricerche filosofiche, basato sugli esempi, suimmagini sfocate e non su concetti rigorosi e dai confini ben definiti, dobbiamoaccettare di poter essere fraintesi. Cio fa parte del problema. Se dico �Portamiquesto� e mostro una foglia di quercia, forse 1. il mio interlocutore cerchera distrapparmi di mano la foglia (o se ne stara lı imbarazzato) 2. oppure mi porterauna foglia di quercia; 3. oppure ancora mi portera una foglia qualunque. Lafoglia che mostro assolve funzioni differenti (come strumento del linguaggio). Nelsecondo e terzo caso in modi diversi svolge la parte del �campione�. Nel primovale per se stessa. Del resto non vi e motivo, e forse non e nemmeno possibile,garantirsi da ogni possibile fraintendimento. Vi sono fraintendimenti che potremmonon aver affatto previsto. Ed in ogni caso il fraintendimento avviene, per cosıdire, uno alla volta, e presumibilmente saremo sempre in grado di porre riparo aquel fraintendimento.

Sulla base della prospettiva che viene in tal modo assunta il metodo cessa diessere un insieme di passi codificati da compiere per raggiungere uno scopo peressere concepito, invece. come una via che si costruisce nel momento stesso incui la si percorre. Inoltre coerenze diverse non si collocano necessariamente inuna successione temporale, ma possono essere pensate come contemporaneamentepresenti, per cui di uno stesso contesto problematico possono essere prodottecoerenze diverse, frutto dell’attenzione per aspetti diversi del contesto medesimo.In questo senso possono essere “tenuti insieme” elementi e aspetti considerati

20Cfr. ibid., p. 48.21Cfr. ibid., p. 48.

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profondamente eterogenei in grado di far emergere significati nuovi. Diventa diconseguenza possibile confrontare e far convergere e interagire quadri concettualidiversi senza alcuna pretesa di ricondurli a un unico spazio di pensabilita. All’internodi un confronto cosı concepito i confini e/o le zone di confine delimitano sia spaziall’interno dei quali vigono piu giurisdizioni, sia spazi vuoti. Inoltre essi divengonomobili e possono essere spostati in seguito alle modalita e ai risultati delle interazionitra le differenze in campo.

Ci sono pero modi diversi di far interagire queste differenze. Marinucci in-troduce, a questo proposito i concetti di “rapporto” e “relazione”. Col primos’intende che lo spazio di possibilita, o le configurazioni possibili di un sistema, sonoconoscibili dalla semplice analisi e definizione dei singoli elementi di un sistemapresi separatamente. Col secondo si fa invece riferimento a uno spazio di possibilitache si costituisce a posteriori, a partire dall’interazione degli elementi che, in talcaso, sono definibili solo dopo l’interazione stessa, in quanto vengono considerati“distinti ed inseparabili”. Di qui, a seconda di come si svolge l’interazione si avrannodiversi e molteplici spazi di possibilita. L’introduzione di una simile distinzionepone il problema di pensare una proliferazione non prevedibile di possibilita, senzapoter individuare un’unita sottostante e fondamentale.

La differenza tra i due tipi di approccio, legati ai due diversi concetti menzionati,si manifesta in modo particolarmente evidente nell’analisi di un problema specificodella meccanica quantistica, quello del presunto “salto” tra mondo microscopicoe mondo macroscopico, che proprio per questo viene da Marinucci affrontatoestesamente a partire dall’analisi delle conseguenze che emergono dal �paradossodel gatto� di Schrodinger. Merito di questo “esperimento mentale” e quello diporre in modo chiaro la questione del confine tra la fisica classica e la meccanicaquantistica e i loro rispettivi ambiti di pertinenza, mettendo in luce come lo spaziodi possibilita della prima non sia tale da rispondere alle esigenze della seconda,malgrado il fatto che i concetti della fisica classica costituiscano il linguaggioper mezzo del quale e descritta la preparazione degli esperimenti quantistici e nevengono espressi i risultati.

Per inquadrare correttamente tale questione e necessario introdurre i concettidi possibile, reale e potenziale definendoli correttamente e stabilendone i mutuirapporti, cosa che Marinucci fa valendosi dell’analisi di oggetti macroscopici chemantengono un comportamento quantistico, i superconduttori.

La situazione del gatto del paradosso di Schrodinger e emblematica in quantoesso, per come e costruito e configurato l’esperimento mentale, consiste formalmentedi due sistemi dinamici: uno descrivibile da coordinate collettive (il complessomacroscopico) e l’altro da coordinate microscopiche. Essi sono detti rispettivamente:sistema collettivo e ambiente. Proprio a partire da questa situazione puo essereben esemplificata e approfondita la differenza tra un approccio basato sul concettodi �rapporto� e una prospettiva che fa invece riferimento all’idea di relazione.

Nel primo caso si assume infatti che il comportamento dei singoli “elementi” checostituiscono il complesso sia diverso dal comportamento globale di quest’ultimo, in

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quanto i primi sono soggetti a comportamenti quantistici, mentre il secondo e sog-getto alla fisica classica.

Volendo sintetizzare tutto cio si puo scrivere:

H = Hc +He

dove H indica il sistema globalmente considerato, mentre Hc e He rappresentano,rispettivamente, la parte macroscopica e la parte microscopica. In questa modalitaqueste due componenti vengono meramente giustapposte, senza che si consideri traloro alcun tipo di scambio energetico.

In modo ben diverso si presentano le cose se invece Hc e He vengono consideratiaccoppiati o distinti e inseparabili, caratterizzati, cioe, da quel carattere dellasinteticita o, per meglio dire, della �composizione�, che Jung considerava tipico delsimbolo. �Componere� significa “porre insieme”, “mantenere uniti”. Cio che, nelsimbolo, viene tenuto assieme sono gli opposti che il pensiero razionale e dirimenteconsidera legittimamente separati e, nella mutua esclusione, disgiunge e distanzia.Questo tratto distintivo fa del simbolo il prodotto di un’intuizione che attraversa elacera il tessuto logico dell’ordine normale e razionale del pensiero. In questo sensoesso esprime tensione e antinomicita creatrice, ma anche unione e collegamento.

Assumendo questa impostazione e possibile render conto di un effetto di dissi-pazione termica dovuta proprio al fatto di “tenere insieme”, e non semplicementegiustapporre, tali sistemi. Si puo, di conseguenza, scrivere:

H = Hc +He +Hint

Con �Hint� viene introdotto il riferimento a un concetto, quello di decoerenza,che viene spesso associato (e talvolta indebitamente confuso) con il collasso dellafunzione d’onda, con il quale e in uno stretto rapporto, in quanto ne spiega le evi-denze, anche se non da conto del collasso in quanto tale. Mentre pero quest’ultimoe il risultato del procedimento intenzionale che chiamiamo “misura”, la decorrenzae l’effetto di un processo di conversione delle probabilita quantistiche nelle usualiprobabilita classiche e di trasformazione del possibile nel fattibile che avvieneanche senza il nostro intervento. Essa si verifica quando il fenomeno quantisticointeragisce in un modo termodinamicamente irreversibile con l’ambiente in cui eimmerso, o qualsiasi altro sistema complesso esterno. Ognuno degli stati che lo com-pongono diventa cosı �intricato� (separatamente) con diversi aspetti dell’ambienteo del sistema esterno. Cio che risulta da questa interazione e dall’intricazione vatrattato come un unico sistema. Quindi ciascuna componente del nostro fenomenoquantistico forma stati intricati separati. Le fasi di questi stati saranno alterate:cio distrugge la coerenza delle fasi fra le componenti, che diventano decoerenti.

La decoerenza e dunque la conseguenza dell’impossibilita di isolare in modo com-pleto il fenomeno quantistico da cio che lo circonda, dove “per cio che lo circonda”s’intende tutto cio che interagisce con esso (un apparecchio, delle molecole d’aria,dei fotoni ecc.). Questa interazione provoca una distruzione molto rapida delleinterferenze quantistiche del sistema. Le interferenze sono un fenomeno ondulatorio,

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e caratterizzano un comportamento quantistico. La distruzione delle interferenze,comporta, a sua volta, una soppressione delle sovrapposizioni di stati che carat-terizzano l’oggetto quantistico; quest’ultimo, quindi, disponendo unicamente dialcuni stati semplici, assume immediatamente un comportamento classico. In unoggetto macroscopico (come appunto il gatto del “paradosso di Schrodinger”) , ogniatomo che lo compone interagisce con tutti gli altri atomi dell’ambiente che gli staattorno. Tutte queste interazioni provocano spontaneamente una sorta di “ronzio“di interferenze quantistiche, che spariscono quasi istantaneamente. Ecco perche lafisica quantistica non si applica alla nostra scala: i sistemi non sono mai isolati.La velocita di decoerenza aumenta con la grandezza del sistema. Un gatto peresempio, formato da circa 1027 particelle, “decoerisce” in 10−23 secondi. Cio spiegaperche non si sono mai visti dei gatti in uno stato di sovrapposizione tra la vitae la morte e perche la decoerenza sia cosı difficile da osservare. Per un elettrone,invece, il tempo di decoerenza (che viene detto “coefficiente di fluttuazione”) e dicirca 107 secondi, un tempo, quindi, abbastanza lungo per osservare gli effetti diinterferenza in esperimenti come quello della doppia fenditura di Feynman. Ladecoerenza, quindi, non e un improvviso “salto”, come si e ritenuto per moltotempo, in seguito al fatto che essa avviene a una velocita impressionante (in unintervallo di 10−27 secondi) - per cui da una forte impressione di discontinuita, disalto quantistico “istantaneo”. Recenti esperimenti sono pero riusciti a rallentarneil decorso staccando particelle quantistiche dal loro ambiente. In seguito a questorallentamento le sovrapposizioni di stati diventano evidenti.

I componenti di interferenza eliminati dal processo di decoerenza, tuttavia, nonsvaniscono veramente - semplicemente non li notiamo a livello macroscopico perchesono sfasati. In effetti, vengono semplicemente dissipati nel nostro ambiente piuvasto. Possono essere assimilati alle piccole increspature nel mare, che risultanoinvisibili rispetto alle grandi onde, oggetto della nostra percezione. Potremmodire - proseguendo nell’analogia e forzandola un poco - che le piccole increspaturediventano intricate con altre piccole increspature finche non risulta impossibile direda quale grande onda provenga ciascuna di esse, che diviene cosı non determinabilee non piu percepibile.

Per le sue caratteristiche la decoerenza puo quindi essere considerata un pro-cesso di coagulazione, di “solidificazione”, di continuo “rastremarsi” del possibileverso il reale, del virtuale nel “qui e ora” che conferisce significato al tempo, cherispecchia questo ininterrotto processo di evoluzione che rende “macroscopiche”e percepibili solo alcune variazioni, le “grandi onde” dell’oceano della selezionenaturale, dissipando in quest’ultimo le piccole increspature. Ecco perche essasi presta particolarmente bene a illustrare e analizzare i rapporti tra �realta�,�possibilita� e �potenzialita�.

Nella meccanica quantistica, sottolinea Marinucci valendosi di queste premesse,le possibilita non sono disponibili a priori, ma sono costituite, sia in generale sia nellaspecificita della preparazione di un esperimento. Ecco perche e impossibile assumerleisolatamente: la meccanica quantistica presenta forti e imprescindibili connotatiolistici che rendono impossibile trattare isolatamente la componente macroscopica

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e quella microscopica tra le quali, separandole, sarebbe poi impossibile trovare unaqualsiasi mediazione, dato che obbediscono a leggi contraddittorie.

Il quadro che ne emerge presuppone ed esige, di conseguenza, il riferimentoall’idea di relazione, attraverso la quale e possibile pensare uno spazio di possibilita,per nulla predeterminabile a priori. In questo approccio il significato, pensato comepluralita di possibilita, si da nell’atto stesso del tenere insieme elementi diversi:esso e, pertanto, qualcosa che si da congiuntamente e che si costruisce tramite larelazione come e stata definita e in modo indissolubile rispetto a essa, in quantosolo nella relazione cosı intesa risulta possibile porre e pensare l’indistricabilita dielementi eterogenei e costituire le stesse possibilita, vale a dire lo sfondo dal qualeemergono i significati puntuali.

Diventa cosı chiaro che un concetto e un prodotto per sottrazione, nel senso chequando qualcosa s’individua attraverso di esso si perviene a un esito che dipendestrettamente dai nessi e dalle relazioni che lo producono. In questo modo, il concettopuo essere svincolato da una presupposta, completa e atemporale conformita eidentita col suo oggetto. Esso, in quanto individua qualcosa, non ne esprimel’essenza, quanto piuttosto una differenza.

L’idea di un percorso di questo tipo si trova in Calvino, nella lezione dedicataall’�esattezza� delle sei Charles Eliot Norton Poetry Lectures che avrebbe dovutotenere all’universita di Harvard, nell’anno accademico 1985-1986, per discutere dialcuni valori letterari da conservare nel prossimo millennio, se la morte non fosseintervenuta a coglierlo prematuramente e in modo improvviso:

“Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m’accorgoche quello che m’interessa e un’altra cosa, ossia, non una cosa precisa, ma tuttocio che resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell’argomentodeterminato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti cheil tempo e lo spazio possono contenere. E un’ossessione divorante, di struggitrice,che basta a bloccarmi22”.

Se si assume questo punto di vista, il processo di acquisizione e conquista dellaconoscenza cessa di apparire incardinato sull’obiettivo tradizionale dell’accumu-lazione e dell’arricchimento di dati e informazioni, fino a comporre �dal bassoverso l’alto� un quadro il piu esaustivo possibile del mondo che ci circonda. Essocomincia invece a essere concepito sempre piu come un percorso �top-down�,l’esito di uno sforzo tenace e costante di selezione e di restringimento, dall’ambitooriginario del possibile, con le sue opportunita presso che illimitate, al sistema deivincoli dettati e imposti dall’adesione all’effettualita, vale a dire al reale quale ci sipresenta �qui� e �ora�, cioe nelle circostanze spaziali e temporali nei quali esso epercepito e concettualizzato. Un cammino che assume la forma di una piramiderovesciata, in quanto parte dall’alto, da una base molto ampia, che tende poi arastremarsi verso il basso, fino ad assottigliarsi in una sorta di vertice.

Del resto e proprio questo, �dal complesso al semplice�, e non viceversa, ilpercorso di sviluppo che pare seguire la genesi del linguaggio, i cui costituenti

22Cfr. Italo Calvino. Lezioni americane. Milano: Mondadori, 1993, p. 77.

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base sembrano dover essere individuati nei processi funzionali di carattere olisticoche rendono possibile il fluire della comunicazione gia prima dell’avvento di uncodice espressivo vero e proprio. Come rileva Ferretti, �dal nostro punto di vista il�discorso� (la successione temporalmente e coerentemente ordinata delle espressionicomunicative) precede l’origine delle singole espressioni prese isolatamente: ilprimato logico e temporale del discorso sulle parti costituenti rappresenta uno deinodi concettuali di maggior rilievo della nostra proposta23�.

Marinucci conclude la sua analisi facendo brevemente riferimento all’attivitapoietica propria della metafora che, accostando parti del linguaggio che non eranomai state messe insieme prima, produce giochi diversi e inediti. Il riferimento e qui,in particolare, alla concezione �interattiva� della metafora, proposta da Black24,secondo la quale, quando si usa una metafora, si attivano contemporaneamente duepensieri di cose differenti sostenuti da una sola parola o frase, il cui significato e larisultante della loro interazione, appunto. In questo modo si produce un significatonuovo, diverso da quello letterale: si ha, cioe, un’estensione o una variazione disignificato determinata dal fatto che la parola viene attivata in un contesto nuovo.Abbiamo, quindi, un primo elemento di cui tener conto: la metafora e sempre ilrisultato dell’interazione tra una parola (o un intero enunciato) e il contesto in cuisi inserisce: essa e, dunque, sempre un pezzetto, per quanto piccolo, di testo. Unaparola qualsiasi puo venire usata isolatamente: ma, utilizzata in questo modo, nonpuo mai dar luogo a effetti metaforici. La parola e il contesto costituiscono insieme,in un’unita indissolubile, la metafora. Ma quale tipo di combinazione tra testo econtesto produce gli effetti metaforici?

Per rispondere a questa domanda occorre in primo luogo tener presente cheil significato di una parola consiste, essenzialmente, in una certa aspettativa dideterminazione. Questa attesa e guidata, per cosı dire, e condizionata dalle leggisemantiche e sintattiche che governano l’uso letterale della parola, e la cui violazioneproduce assurdita e contraddizione. In aggiunta a cio va sottolineato che gli usiletterali di una parola normalmente richiedono al parlante l’accettazione di unpacchetto di credenze standard che sono possesso comune di una data comunitadi parlanti. La metafora agisce proprio su questo sistema di idee normalmenteassociato a una parola: essa, in particolare, comporta il trasferimento dei luoghicomuni usualmente implicati dall’uso letterale di un termine e la sua utilizzazioneper costruire un corrispondente sistema di implicazioni da riferirsi a un secondotermine, per il quale, nell’uso letterale, queste implicazioni non valgono.

“Proviamo, ad esempio, a pensare alla metafora come a un filtro. Si consideril’affermazione: ’L’uomo e un lupo’. Qui, possiamo dire, vi sono due soggetti: ilsoggetto principale, l’uomo (o gli uomini) e un soggetto secondario, il lupo (o i lupi).Ora la frase metaforica in questione non sarebbe in grado di trasmettere il suosignificato intenzionale a un lettore piuttosto ignorante in materia di lupi. Cio chesi richiede non e tanto che il lettore conosca il significato standard di ‘lupo’ fornito

23Cfr Francesco Ferretti. Alle origini del linguaggio umano. Il punto di vista evoluzionistico.Roma-Bari: Laterza, 2010, p. 117.

24Cfr. Max Black. Models and metaphros. New York: Ithaca, 1962, pp. 39-41.

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da un dizionario, o che sappia usare la parola in senso letterale, quanto piuttostoche sia a conoscenza di quello che chiamero un sistema di luoghi comuni associati[. . . ] L’effetto, dunque, di chiamare un uomo ‘lupo’ e di evocare il sistema ‘lupo’ diluoghi comuni correlati. Se l’uomo e un lupo, egli e feroce, affamato, impegnato inuna continua lotta, e cosı via. Ciascuna di queste asserzioni implicite deve essereora condotta ad adattarsi al soggetto principale (l’uomo) sia nei sensi normali che inquelli inconsueti [. . . ] Ogni tratto umano di cui si puo senza inopportune distorsioniparlare in ’linguaggio lupesco’ sara messo in rilievo, e ogni tratto che non ha questecaratteristiche sara respinto sullo sfondo. La metafora-lupo sopprime particolari, nesottolinea altri: in breve organizza la nostra visione dell’uomo25”.

Cio ci autorizza ad affermare che “la metafora crea una similarita, piuttostoche esprimere una qualche similarita precedentemente esistente26”. Il soggettoprincipale viene infatti “visto attraverso” l’espressione metaforica o, per meglio dire,proiettato sul campo dei soggetti secondari. Un sistema di implicazioni (o di ’luoghicomuni’) impiegato all’interno di un certo campo viene usato come strumentoper selezionare, evidenziare, costruire relazioni, in una parola per strutturare,organizzare anche percettivamente, un campo differente. Questa operazione, cheha dunque una vera e propria natura percettiva, oltre che conoscitiva, in quantoattraverso il soggetto secondario conduce a mettere in luce e a vedere caratteristichee proprieta fino a quel momento del tutto inedite del soggetto principale, puo riusciresoltanto a due condizioni:

1. che entrambi i termini o soggetti siano presenti contemporaneamente nell’o-perazione medesima e interagiscano tra di loro;

2. che le implicazioni che vengono trasferite da un soggetto all’altro rimangano,almeno in una certa misura, implicite.

Se infatti la metafora �l’uomo e un lupo� venisse sostituita da una parafrasiletterale, che espliciti le relazioni rilevanti tra i due soggetti, essa perderebbegran parte della sua efficacia, cioe del suo valore di “illuminazione”. L’insiemedi proposizioni letterali cosı ottenuto finirebbe inevitabilmente col dire troppo ecol mettere in evidenza cose diverse dalla metafora, con il risultato di vanificareil contenuto conoscitivo di essa. Va infine tenuto presente che, attraverso lasovrapposizione creata, la produzione della relazione metaforica modifica anche ilsistema di implicazioni associato al soggetto secondario, e non solo quello legatoal soggetto principale. Se infatti chiamare ’lupo’ un uomo e metterlo in una luceparticolare, non va dimenticato che la metafora fa sembrare anche il lupo piuumano di quanto non sarebbe altrimenti.

Possiamo allora dire, a questo punto, che la metafora agisce violando l’aspet-tativa di determinazione predisposta nel significato di una parola e genera, diconseguenza, un effetto di sorpresa e una tensione tra il significato originario dellaparola stessa e l’idea ora forzatamente provocata dal contesto in cui essa vieneinserita. Se chiamiamo questo processo ’controdeterminazione’, per sottolineare che

25Cfr. ibid., pp. 39-41.26Cfr. ibid., p. 37.

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Prefazione 29

la determinazione fornita dal contesto procede in direzione contraria all’attesa, violacioe il sistema delle credenze standard associate al termine interessato, possiamodire, con Weinrich27, che la metafora e una parola in un contesto “controdeter-minante”. Questo stesso aspetto puo essere evidenziato parlando di tensione frasignificato (Bedeutung) e intendimento (Meinung), dove il primo termine indicail contenuto abituale di una parola, considerata isolatamente, e il secondo il suoconformarsi al senso globale del discorso, al contesto che, a sua volta, esprimel’intendimento di colui che parla.

Questa concezione della metafora si distingue da quella tradizionale, che traeorigine dalla classica analisi fornita da Aristotele nella Retorica che, pur celebrandola facolta propria della figura retorica in questione di connettere termini fra loroirrelati, nondimeno associa sempre ad essa un significato parafrasabile nel linguaggiodi codice. Al contrario, la metafora di cui parla Black non e ne vera, ne falsa,cioe non costituisce un buon candidato per il calcolo delle funzioni di verita, dalmomento che per definizione rappresenta la rottura con il linguaggio ordinariodi codice. Essa risulta traducibile in quest’ultimo quando ha ormai perso i suoicaratteri di originalita e di novita, ossia quando viene letteralizzata, dando originead un linguaggio ordinario e istituzionale.

Anche in questo caso, pertanto, molto si gioca sulla relazione. In modo signi-ficativamente analogo al concetto definito nel modo che si e visto, e cioe comeil prodotto di un processo di �sottrazione�, l’attivita poietica della metafora fariferimento al fatto che il significato non e dato prima dell’accoppiamento deitermini che la costituiscono, ma si produce in una specifica relazione. A esserecostituita e pertanto la stessa possibilita (o spazio di possibilita), in cui possonoaver luogo uno o piu significati.

Da questa pur breve analisi del lavoro di Marinucci emerge l’aspetto che, amio modo di vedere, ne costituisce il pregio maggiore: il fatto cioe di proporreconclusioni filosofiche che scaturiscono, in modo convincente, da una ricostruzioneprecisa e rigorosa di alcune delle piu significative svolte concettuali dell’itinerariodel pensiero scientifico, dalla nascita della fisica moderna ai piu recenti sviluppidella meccanica quantistica.

Buona lettura, dunque!

Silvano Tagliagambe

27Cfr. Harald Weinrich. Metafora e menzogna: la serenita dell’arte. Bologna: il Mulino, 1976,p. 89.

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Introduzione

1. Uno degli elementi chiave che segna la nascita della scienza moderna e, com’enoto, il nuovo modo di conoscere. In generale, la novita consiste nella convinzione,affermatasi con Galilei e Newton, che conoscere la natura non vuol dire ricercarneprima di tutto le cause per poi darne una descrizione matematica o di altro tipo,ma, al contrario, anteporre la descrizione matematica del comportamento di unfenomeno per poi cercarne le cause.

La matematica diventa, cosı, lo strumento fondamentale per la conoscenza dellanatura, lo strumento in grado di svelarne i segreti. In questo senso, i maggioriscienziati del periodo compreso orientativamente tra la fine del Seicento e la metadell’Ottocento affermano proprio che la matematica e il linguaggio della natura28.

Per essere piu precisi, a partire dal Settecento, il calcolo diventa il linguaggiodella natura. Esso e effettivamente uno strumento potentissimo, in quanto rendepossibile tradurre matematicamente il movimento. Questo e un aspetto fondamen-tale, in quanto, se si eccettua un eventuale e non necessario ricorso ad un dio o aqualcosa in grado di garantire l’armonia di tutto cio che e, cio che si trattava diconoscere veniva ridotto a materia e movimento. Si comprende ora come, sulle alidei sempre maggiori risultati conseguiti, gli scienziati facessero grande affidamentosul calcolo e che gli altri settori della conoscenza prendessero la matematica e lafisica come modelli di scientificita.

Attraverso il calcolo si riteneva di essere in grado di conoscere una volta per tuttela legalita della natura. Da un punto di vista filosofico, conoscere un fenomenonaturale voleva dire scriverne le equazioni differenziali. Proprio quest’ultimerendevano riconoscibile un oggetto come passibile di conoscenza scientifica la quale,pertanto, si ritrovava costretta entro specifici vincoli attraverso e all’interno deiquali esplicava la sua funzione. Se si considera il moto di un pianeta, scrivernele equazioni differenziali voleva dire individuare gli elementi responsabili dellatraiettoria, distinguendoli da quelli responsabili di mere perturbazioni. Per usare illinguaggio di Laplace bisognava essere in grado di distinguere le cause essenzialidalle “cause esterne” di un dato moto. In questo senso, come cerchero di mostrare,nella fisica del Settecento, la matematica coincide con la natura.

28Oltre al famoso passo del Saggiatore di Galilei, quest’affermazione, discussa nel secondocapitolo, si ritrova nelle opere di Lagrange, Fourier, Laplace ecc. . .

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32 Introduzione

In questa prospettiva, un problema puo essere trattato scientificamente se diesso se ne possono scrivere le equazioni differenziali. In tal senso, come si vedra nelseguito, si assiste ad uno slittamento per cui uno strumento di conoscenza diventala razionalita della natura.

Sebbene a grandi linee sia questo l’esito della traduzione settecentesca deiPrincipia di Newton, esso non e affatto scontato, ne tanto meno necessario. Lostesso Newton, infatti, riteneva il calcolo niente piu che un metodo euristico. Adifferenza di quanto si pensa, la fisica del Settecento non puo essere ridotta ad unmero sviluppo dei risultati di Newton, in quanto presenta delle specificita.

Dal punto di vista filosofico, e interessante proprio il fatto per cui qualcosa puoessere oggetto di conoscenza scientifica se puo essere affrontato con il calcolo. Aquest’idea si associa il riduzionismo analitico, per cui un fenomeno puo e dev ’essereridotto, attraverso l’analisi, ai suoi componenti fondamentali, in quanto tutte lesue proprieta sono pensabili a partire da quest’ultimi.

Il problema dell’essenza si ripropone, dunque, in un senso che si potrebbechiamare metodologico29, in quanto la conoscenza consiste nella delimitazione diuno spazio chiuso in grado di separare gli elementi primi di un fenomeno da quelliaccidentali. Il modo per individuarli e costituito dal riduzionismo analitico e dalfatto di non ammettere alcuno scarto tra la descrizione matematica di un fenomenoe la natura30.

Nel Settecento il calcolo ed il riduzionismo analitico diventano, oltre che strumen-ti di ricerca, la razionalita presente in tutto cio che e passibile di essere conosciutoscientificamente, in quanto permettono di delimitare lo spazio di pensabilita di cioche puo essere oggetto di conoscenza scientifica. In questo senso si puo indicare nelladelimitazione di un concetto chiuso di qualcosa, il fine e la fine della conoscenza diun fenomeno, in quanto soddisfa, in tal modo, ogni tipo di esigenza conoscitiva.

Questo tipo di approccio alla conoscenza subisce un durissimo colpo nel momentoin cui Poincare dimostra che non e possibile risolvere il problema dei tre corpiattraverso l’individuazione di una soluzione analitica. All’interno del calcolo,all’interno della razionalita che aveva reso possibile raggiungere enormi successi,Poincare individua un limite invalicabile. Sulle sue orme, nella fisica s’introduconoproprieta come la sensibilita alle condizioni iniziali ed il fatto che non tutte leproprieta di un sistema sono riducibili alla somma dei suoi elementi. Da questopunto di vista, al calcolo si affiancano altri strumenti ed altri tipi di descrizionematematica che, sebbene non consentano di giungere a soluzioni analitiche diequazioni differenziali non-lineari, permettono di affrontare un fenomeno e la suatraduzione matematica in modo da ottenere informazioni altrettanto scientifiche. I

29E bene dire sin d’ora che questo e il senso principale che tratto tutte le volte che discutodell’essenza. Quello secondario fa riferimento al fatto che mi sembrano difficilmente evitabiliricadute ontologiche.

30Naturalmente la questione e piu complicata, nel senso che lo stesso Laplace fa un continuoriferimento al fatto che la conoscenza umana si muove per gran parte nell’ambito della probabilita.Nonostante cio, mi pare di poter affermare quanto detto; le motivazioni di tutto cio sono discussein questo lavoro.

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Introduzione 33

frattali, le mappe di Poincare e gli esponenti di Lyapunov sono proprio un esempioconcreto di tutto cio, in quanto forniscono anche informazioni qualitative di unfenomeno.

Da un punto di vista filosofico, viene meno la coincidenza, tipicamente sette-centesca, tra determinismo e prevedibilita, in quanto, dopo Poincare, si fa stradal’idea dirompente che un sistema deterministico possa dare luogo al caos.

Ora, il punto e che il caos deterministico e qualcosa di assolutamente impensabileper uno scienziato del Settecento, nonostante avesse a disposizione sia la matematicasia i problemi fisici di cio che oggi si chiama non-linearita. Per comprendere talequestione, ho cercato di affrontarla da un punto di vista filosofico.

La discussione della non-linearita, rispetto alla meccanica del Settecento, imponeun’attenta riflessione filosofica sul modo in cui s’intende l’asserzione: “la matematicae il linguaggio della natura”. Non si tratta piu di cercare di leggere in trasparenzala natura attraverso il calcolo, si tratta di prendere coscienza del fatto che lamatematica offre modelli in grado di inquadrare, in un orizzonte teorico di senso,alcuni fenomeni naturali o, in certi casi, aspetti di fenomeni. Di conseguenza,non si tratta piu di differenziare, per dirla con Laplace, “cause esterne” da causeessenziali, ma di distinguere parametri in base ad un criterio di rilevanza, variabilea seconda dei contesti, anche riguardo ad uno stesso fenomeno.

In questo nuovo ambito, il calcolo ed il trattamento esclusivamente quantitativodei problemi fisico-matematici diventano un modo di procedere, accanto al quale sipongono altri e nuovi strumenti qualitativi come le descrizioni geometriche31.

Tutto cio e reso necessario dal fatto che la non-linearita, con le sue proprieta,rompe, come detto, l’equazione, tipicamente settecentesca, di determinismo epredicibilita.

Di qui, leggere la natura e sempre piu difficile e problematico. Gli stessi concettidi “linguaggio”, “matematica”, “natura” ecc. . . necessitano di essere ripensati. Inquesto senso, persino una fondazione rigorosa di un linguaggio come la matematicanon sarebbe in grado di risolvere o aggirare i problemi conoscitivi posti.

A mio modo di vedere, non si tratta, prima di tutto, di definire, di fornireun concetto chiuso di un linguaggio, natura ecc. . . , ma di pensare le relazioni diuna pluralita di linguaggi e/o concetti e/o elementi in grado di definirsi non soloattraverso la via dell’assiomatizzazione, ma anche e soprattutto attraverso le lororeciproche interazioni ed attraverso il fatto di dover rispondere di volta in volta adun problema in un contesto. Tutto cio e possibile se si pensano il linguaggio ed ilconcetto come aperti e caratterizzati da vincoli di riconoscibilita e di costruzionedei loro oggetti, tali per cui possono essere in grado di rendere conto di alcuniaspetti della conoscenza.

31Come mostrero nel seguito, uno degli intenti della traduzione della geometria dei Principiadi Newton nel calcolo, operata nel Settecento, e l’eliminazione di ogni riferimento alle figuregeometriche, in sede dimostrativa. Lo scienziato inglese, al contrario, riservava al calcolo unafunzione euristica.

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34 Introduzione

2. Uno dei piu fortunati ed influenti modi di pensare il concetto di un oggetto puoessere senz’altro espresso come l’insieme di note comuni che lo delimitano. Compiereuna simile operazione necessita preliminarmente di un metodo senza il quale non epossibile render conto di nulla. In questo senso, ogni metodo influenza pesantementeil concetto dell’oggetto cui si giunge. Ora, se si pensa che la conoscenza sia ingrado di giungere all’essenza delle cose, una volta individuato il criterio “giusto” ,il concetto dell’oggetto rappresenta il fine e la fine della conoscenza.

Quello del metodo e, a mio avviso, l’aspetto peculiare del riproporre la questionedell’essenza nel periodo discusso32, che, secondo me, distingue il percorso che con-durra alla Meccanica analitica di Lagrange da Newton e Galilei e dall’essenzialismoprecedente da cui la scienza moderna prende fortemente le distanze. Come sivedra, il ruolo affidato alle equazioni differenziali rappresenta, filosoficamente, laposizione di un vincolo metodologico in base al quale veniva “costruito” l’oggettoin quanto passibile di conoscenza scientifica. Ora, dato che in quest’epoca non epossibile parlare di “costruzione” o di “modelli” e considerando la sovrapposizionedi matematica e natura, una tale “costruzione” non puo che assumere la funzione diqualcosa che permette, in linea di principio, di individuare indirettamente l’essenzadei fenomeni.

Se, al contrario, si pensa che non sia possibile raggiungere l’essenza delle cose,la questione si complica non poco. Da un lato si puo relativizzare il contenutodella conoscenza, dall’altro si puo mettere in discussione il metodo stesso. Cosı, adesempio, e possibile sottoporre ad indagine critica il contenuto di un concetto senzamettere in discussione il fatto che per conoscere si debba delimitare uno spaziochiuso33. Laddove si metta in discussione il metodo e necessario andare oltre l’ideache un concetto sia pensabile esclusivamente come un concetto chiuso.

Se si accetta tutto cio, nel momento in cui si raggiunge un concetto in generale,esso, oltre che dell’oggetto, parlera e sara testimonianza del modo in cui ci si eapprocciati ad esso. Questo, pero, e possibile solo se si pensano i metodi come unapluralita di “accessi” ai fenomeni senza con questo dover presupporre una unitasottostante. Il pericoloso esito, in opposizione a quanto appena detto, che si corretrattando di metodo, consiste nel pensarlo come l’imposizione di una razionalita.

Di qui, come cerchero di sostenere, un metodo costruisce in buona parte isuoi oggetti, nel senso che li rende riconoscibili come passibili di conoscenza e, nelmomento in cui vengono sottoposti alla sua legalita, li rende conosciuti.

32E bene chiarire sin d’ora che mi riferisco al fatto che, per aspetti che discutero, il Settecentoscientifico non puo essere ridotto ad un mero sviluppo metodologico dei Principia di Newton, neiquali si trova una teoria matematica generale anteposta al “sistema del mondo”. Pur mantenendoquesto schema, il Settecento ed una parte dell’Ottocento, nelle figure emblematiche di Lagrange,Laplace e Fourier, costruiscono attraverso il calcolo dei veri e propri criteri di riconoscibilita, inbase ai quali un oggetto e passibile di conoscenza scientifica. In questo modo, come si vedra,s’impongono dei vincoli che non riguardano solo il contenuto della conoscenza, ma anche esoprattutto la sua forma che, nel periodo in discussione, doveva essere analitica. Mancando l’ideadi “modello”, la descrizione matematica, nel periodo dell’analisi algebrica, ha cosı assunto risvoltiepistemologici ed ontologici rilevanti.

33Come si vedra, cerchero di ripensare quest’idea dandole delle nuove coordinate.

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Introduzione 35

Se si accetta di porsi in una prospettiva “plurale”, il concetto di qualcosa, lungidall’esser il fine e la fine della conoscenza, puo essere pensato come qualcosa che siottiene per sottrazione, nel senso che non e in grado di render conto esaustivamentedella cosa.

A partire da quanto detto, nel presente lavoro mi sono proposto d’individuarealcuni strumenti filosofici attraverso i quali poter pensare diversamente la nozionedi “concetto”, ripensando ed arricchendo l’idea della delimitazione di uno spaziochiuso fino a giungere alla costruzione di spazi di possibilita.

L’impianto propositivo e filosofico di questo studio emerge chiaramente nell’ul-timo capitolo, nel momento in cui applico gli strumenti filosofici ottenuti ad unproblema della meccanica quantistica, cercando, sia pur brevemente, di renderemaggiormente perspicui alcuni elementi del concetto di “realta” in fisica.

Nella parte filosofica che precede l’ultimo capitolo cerco d’interpretare glielementi evidenziati nella prima meta del lavoro in chiave filosofica in modo daindividuare degli strumenti metodologici e concettuali che permettano di pensare iproblemi posti. A questo scopo mi sono servito del pensiero di Wittgenstein, di cuimi occupo nel capitolo quinto.

Il capitolo quarto, intitolato Chiarimenti filosofici, rappresenta il tratto diunione tra le due parti di queto lavoro. In esso introduco i concetti di rapporto erelazione che si riferiscono a due atteggiamenti in cui si puo configurare sia l’attivitascientifica in particolare, sia il legame tra conoscenza ed oggetto in generale34.

In breve si puo dire che il rapporto fa riferimento al fatto che per conoscerequalcosa e necessario individuare e definire in via preliminare i suoi componenticostitutivi e secondariamente farli, eventualmente, interagire. Detto sin tropposinteticamente, la relazione fa riferimento al fatto che non in tutti i casi e possibilerender conto dell’oggetto riducendolo ai suoi componenti costitutivi, come sequest’ultimi ne fossero l’essenza. L’oggetto puo anche essere pensato a partire dalleinterazioni tra i suoi elementi che proprio in un tale “stare assieme” vengono achiarirsi, cosı come l’oggetto in generale.

Il concetto dell’oggetto e pertanto pensabile in una pluralita di prospettive,ciascuna delle quali racchiude uno spazio di possibilita diverse in cui esso puoassumere un significato. L’articolazione di quest’idea, esposta nel capitolo sesto, sibasa sui concetti wittgensteiniani di gioco linguistico e di somiglianze di famiglia,per cui il chiarimento del significato di una parola fa comprendere quali somiglianzesi trovano in primo piano e quali restano sullo sfondo, ricostruendo cosı lo spazioall’interno del quale un preciso significato e possibile.

Elaborando ed andando oltre le idee di Wittgenstein, affermo che il concetto diqualcosa puo esser pensato, oltre che come l’insieme di note comuni che delimitanoo definiscono cio che s’intende conoscere, come l’individuazione di spazi di possi-bilita che, lungi dall’individuare l’essenza o il fondamento di qualcosa, giungonoa costituire differenze concrete e contestuali. In questo senso, come si vedra, ad

34Naturalmente, non ritengo un tale approccio l’unico possibile, tuttavia mi pare particolarmenteinteressante in quanto in esso si puo comprendere un nodo filosofico e storico importante.

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36 Introduzione

essere costituite sono le stesse possibilita, le quali a loro volta possono dar luogo asignificati puntuali, comunque compresi in uno o piu spazi “regionali”.

Il concetto, rendendo conto di possibilita e differenze e da intendersi comeottenuto per sottrazione, proprio in contrapposizione con l’idea che essa sia qualcosache giunge all’essenza della cosa, anche e soprattutto con accezione metodologica.

Cogliere delle differenze e, nello specifico, costruire una o piu coerenze, piu omeno intersecate, in cui aspetti diversi possono essere pensati assieme ed in modidiversi in un determinato contesto e per un determinato scopo.

La contraddizione espressa nell’ultima frase risulta essere apparente solo se sipensano i linguaggi con cui si legge la natura come qualcosa di aperto.

Questo tipo di argomentazione mette in luce che tutte quelle proposte checonsiderano i linguaggi in generale, e le teorie scientifiche in particolare, incom-mensurabili, presuppongono da un lato piu o meno espliciti vincoli concettuali e,dall’altro, che ogni linguaggio sia qualcosa di chiuso in se stesso.

Piu linguaggi possono essere considerati confrontabili, o in generale comunica-bili ed intrecciati, se si fa riferimento ad una nozione di linguaggio e di concettocome qualcosa di costitutivamente aperto e regionale35, recuperando l’idea witt-gensteiniana per cui i giochi di linguaggio sono “termini di paragone” che possono“strutturarsi” su somiglianze di famiglia.

Ora, e senz’altro possibile approfondire un linguaggio determinato e cercare dicostruire un sistema in grado di essere applicabile ai fenomeni naturali, e non solo,ma e altrettanto lecito e produttivo riflettere, metodologicamente, sul tipo di oggettoche uno specifico linguaggio intercetta, in modo da concentrare l’attenzione supossibilita e limiti di cio che puo esser detto “spazio di pensabilita”. Inoltre, in ognidisciplina scientifica, e non solo, per quanto possa ravvisarsi un linguaggio chiuso inse, esiste almeno un aspetto trasversale che interessa e mette in comunicazione piulinguaggi di discipline diverse. A cio si aggiunga, come cerchero di mostrare, chei linguaggi, cosı come i loro concetti, sono ottenuti per sottrazione, ed in quantotali sono costitutivamente insufficienti a coprire la pratica scientifica mutevole allaquale sono sovraordinati.

3. Mi pare importante, infine, soffermarmi sulla scelta degli argomenti e sul modoin cui vengono discussi. In questo senso, alcuni dei risultati filosofici ottenuti sisarebbero potuti raggiungere anche discutendo altri passaggi importanti della fisicae non solo. Avrei potuto, infatti, soffermarmi sul passaggio dalla gravita newtonianaa quella einsteiniana, trattare la nascita delle geometrie non euclidee ecc. . . Tenendofermo il fatto che sarebbe interessante affrontare anche questi momenti centralidella storia della scienza, la scelta che caratterizza questo lavoro e dovuta al fattoche, come accennato, problemi come quello dei tre corpi sono stati affrontati perben due secoli all’interno del riduzionismo analitico e dell’analisi algebrica, per poiessere affrontati come problemi non-lineari. Tutto cio permette di far emergerechiaramente che ogni tipo di approccio conoscitivo in generale e tale in quanto

35Questi concetti saranno discussi negli ultimi capitoli.

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Introduzione 37

si basa su presupposti filosofici piu o meno espliciti, riguardanti la fattura dellanatura. Inoltre, al fine di pensare le rivoluzioni fisiche e concettuali del secoloscorso e necessario, a mio giudizio, riflettere proprio su quel periodo storico nelquale si sono istituzionalizzati dei modi di conoscere la natura che spesso tutt’oraindirizzano la ricerca scientifica e filosofica36.

Inoltre, il confronto tra la fisica del Settecento e la non-linearita permette di porrel’accento sul fatto che linguaggi diversi sono in grado d’individuare aspetti diversidi uno stesso oggetto d’indagine, senza che questi debbano essere preliminarmentepensati come reciprocamente esclusivi ne riducibili in un senso o nell’altro.

Da questa prospettiva, ho preferito collocare le mie riflessioni al di fuori dellatradizione leibniziano-hilbertiana che conduce ad una soluzione fondazionale neiriguardi del linguaggio matematico e scientifico. Quello che m’interessa e porrel’accento sul fatto che un linguaggio non e necessariamente qualcosa di chiuso inse stesso, ma e un modello che permette di cogliere delle differenze nel reale. Perquesto motivo, la mia discussione del linguaggio si appoggia quasi esclusivamente sulpensiero di Wittgenstein, per il quale non si tratta tanto di dare una fondazione allinguaggio, ma di pensare le relazioni tra una pluralita di linguaggi. In questo modomi e stato possibile sviluppare delle conseguenze filosofiche le quali, oltre a riferirsialla fisica discussa in questo lavoro, s’inseriscono in un dibattito metodologicopiu generale, come mostra l’ultimo capitolo. Del resto, considerando la copiosabibliografia esistente sulla linea di ricerca hilbertiana, mi pare piu adeguato e piuproduttivo seguire un altro percorso di ricerca.

36Nell’ultimo capitolo discuto, brevemente, un aspetto della meccanica quantistica, l’incon-tro/scontro tra mondo macroscopico e mondo microscopico.

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Capitolo 1

L’essenza come riconoscibilita in fisica tra

fine Seicento e meta Ottocento

Nelle opere dei maggiori scienziati del periodo compreso tra la fine del Seicentoe la meta dellOttocento si puo ritrovare la convinzione, spesso espressa in modopiu che esplicito, che la matematica sia il linguaggio della natura1. Proprio perquesto motivo essa renderebbe possibile conoscere l’essenza della natura, la suaintrinseca legalita. Come si vedra, non si tratta dell’essenza cui si oppone larivoluzione scientifica, ma di una serie di vincoli filosofici e metodologici che, apartire dal Settecento, riempiono e radicalizzano la proposizione: “la matematica eil linguaggio della natura”. Per questo scopo, m’interessa approfondire l’attivitadegli scienziati nel periodo in questione, poiche il loro lavoro aveva una ricadutaculturale e sociale a dir poco enorme. Innanzitutto, c’e da dire che, all’internodella cultura del Settecento, e non solo, la matematica e la fisica, in virtu deinotevoli risultati raggiunti, rappresentavano gli esempi di scientificita cui ogni altradisciplina doveva tendere. La conoscenza della natura che queste scienze fornivanoed i loro metodi hanno, pertanto, assunto un valore epistemologico ed ontologicomolto forte.

L’aspetto ontologico e quello epistemologico vanno sempre tenuti assieme, enon vanno confinati alla sola fisica, in quanto informano e determinano anche altrediscipline, soprattutto se si pensa, appunto, alla loro risonanza interdisciplinare.

Non si dira mai abbastanza quanto le idee e i principi, che la scienza modernaveicolava, siano penetrati a fondo nella cultura del tempo e quanto ne abbianocondizionato lo sviluppo. Prigogine esprime cosı il senso che assunse la scopertadella gravitazione universale: �. . . successo apparentemente completo del progettodi far confessare in un sol colpo la verita alla natura, di scoprire il punto diosservazione da cui, con un solo sguardo dominatore si puo contemplarla mentre sioffre senza veli2�.

1Oltre che al celeberrimo passo de Il saggiatore, affermazioni simili si trovano in Lagrange,Euler, Laplace, Fourier ecc. . . Fornisco una loro discussione nel prossimo capitolo.

2Cfr. Ilya Prigogine e Isabelle Stengers. La nuova alleanza. Torino: Einaudi, 2007, p. 51.

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40 L’essenza come riconoscibilita

Dopo l’opera di Newton, i successi della fisica-matematica, e nello specificoquelli della cosmologia, si imposero, tanto da essere presi ad esempio in altrediscipline3. Basti, per ora, citare un passo di Kant:

“Vogliamo vedere se ci riuscira di trovare un filo conduttore per una tale storia,e vogliamo poi lasciare alla natura di produrre l’uomo che sia in grado di redigerlasecondo tale filo. La natura ha prodotto infatti un Keplero, che in modo inattesoha sottoposto le orbite eccentriche dei pianeti a leggi determinate, e un Newton, chespiego queste leggi con una causa naturale universale4”.

Anche nella Critica della ragion pura Kant prende ad esempio la fisica e lamatematica come modelli di scientificita. Egli afferma che queste discipline, adifferenza della metafisica, si trovano “sulla via sicura della scienza5”.

Gia solo dalle parole di Kant si mostra l’importanza di approfondire proprioquella fisica e quella matematica cui il filosofo di Konigsberg fa riferimento. Mioccupero nel prossimo capitolo di queste due discipline scientifiche, e soprattuttodel loro indissolubile legame, in maniera tecnica e dettagliata. In questo brevissimocapitolo, per questioni di chiarezza espositiva, mi pare necessario anticipare alcunielementi filosofici delle analisi fisiche e matematiche svolte in La linearita e lascienza moderna.

Che la matematica sia il linguaggio della natura vuol dire che essa e in gradodi svelarne l’essenza. Quest’affermazione, tutt’altro che innocente, indirizza laconoscenza di un fenomeno qualsiasi verso la costituzione di un concetto che neracchiuda l’essenza. In altri termini, il concetto e qui pensato come uno spazio chiusoall’interno del quale sono compresi gli elementi essenziali della cosa in questionee, all’esterno del quale si trovano quelli accidentali. In questo senso, al fortevalore ontologico associato al concetto di un fenomeno, conosciuto scientificamente,corrisponde un concetto pensato come l’insieme delle note comuni che definisconoqualcosa, o meglio come l’insieme degli elementi e delle relazioni che ne esprimonola legalita.

In questa prospettiva, raggiungere il concetto di qualcosa vuol dire raggiungereil fine e la fine della sua conoscenza, raggiungere quel punto nel quale la conoscenzadi qualcosa puo dirsi pienamente risolta.

In questo senso, giungere alla formulazione di una legge scientifica o di unprincipio filosofico, vuol dire portare a compimento il cammino conoscitivo6.

3E evidente il valore simbolico assunto dall’opera di Newton, al di la del “fisicalismo” cheesplicitamente vi fa riferimento. Su questi argomenti cfr. Cristoforo Sergio Bertuglia e FrancoVaio. Non linearita, caos, complessita. Torino: Bollati Boringhieri, 2003, pp. 18-22; Crepel, Lanaissance des mathematiques sociales, in Pour la science. Dossier, luglio, Les mathematiquessociales, 8-13. Si considerino anche gli scopi dell’Ecole polythechnique.

4Cfr. Immanuel Kant. “Idea per una storia universale da un punto di vista cosmopolitico”. In:Scritti di storia, politica e diritto. Roma-Bari: Laterza, 1995, p. 30.

5Cfr Immanuel Kant. Critica della ragion pura. Roma-Bari: Laterza, 1997, pp. 14-16.6Tutto cio vale anche nel momento in cui si ammetta la possibilita di un mutamento delle

leggi scientifiche, poiche il cammino conoscitivo, almeno nella fisica che fa riferimento all’analisialgebrica, rimane sempre indirizzato verso un fine ed una fine, siano essi intesi teleologicamente oeffettivamente raggiungibili.

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L’essenza come riconoscibilita 41

Nel periodo storico preso in considerazione, il fatto che il libro della naturafosse scritto in caratteri matematici ed il fatto che se ne potesse svelare l’essenza haun’altra importantissima conseguenza che emerge dall’analisi dell’attivita scientifica.

Da un punto di vista metodologico, infatti, affermare che la natura e scrittain caratteri matematici vuol dire vincolare, surrettiziamente, l’oggetto passibile diconoscenza scientifica a determinati requisiti.

L’idea che la matematica fosse il linguaggio della natura, permise, in modidiversi, l’imporsi di uno spazio del concetto di qualcosa, come un che di chiuso daquei confini ben definiti, necessari ad una descrizione che cercava di essere completa,oggettiva, atemporale, deterministica ed universale della natura, che si ritenevapossibile e necessaria.

Una tale idea s’impose soprattutto dopo l’opera di Newton e, in particolar modo,dopo la sua effettiva ricezione all’interno della riflessione scientifica del Settecento.Per riuscire a realizzare una tale idea era necessario tradurre l’intuitiva geometriadi Newton nella piu rigorosa e generale simbologia del calcolo, secondo le direttiveleibniziane7. Questo e, in estrema sintesi, il lavoro che da Varignon conduce allaMechanique analitique di Lagrange.

Proprio i caratteri che la conoscenza scientifica doveva possedere per essereconsiderata tale, mostrano il tipo di descrizione del mondo che la fisica lagrangeano-laplaceana e, in generale la ricerca filosofica che si basa sul concetto chiuso,pretendevano di fornire.

Se Galilei e soprattutto Newton hanno rivoluzionato la conoscenza della naturaanteponendo la descrizione del comportamento dei fenomeni alla ricerca delle cause,come mostrero, il Settecento non puo essere pensato come un semplice e pacificaprosecuzione di questo progetto. La conoscenza scientifica della natura settecentescapresenta delle specificita proprie, che solo ultimamente stanno emergendo all’internodegli studi di storia della scienza. In questo senso, il riduzionismo analitico, vale adire il modo preponderante di riconoscibilita di un oggetto scientifico, reintroduce,mutatis mutandis, il problema dell’essenza. Se, infatti, al fine di trattare unoggetto scientificamente, e necessario ridurre le sue caratteristiche ad elementiprimi e costitutivi, attraverso una sua analisi, allora si pone la necessita filosoficadi delimitare uno spazio concettuale chiuso nel quale tali elementi primi possanoessere contenuti e distinti da altro8.

E bene tenere presente sin d’ora che, per il fatto che le leggi e i principifilosofico-scientifici erano considerati, almeno nel Settecento, non solo la naturache descrivevano, ma l’intera natura, i caratteri appena nominati non si riferiscono,come detto, soltanto a cio che si va a descrivere, ma anche alla riconoscibilita diprincipi e leggi in generale, in quanto sono tali nella misura in cui rendono possibileuna descrizione in grado di esaurire la conoscenza dell’oggetto. In altri termini,cercare l’essenza di qualcosa, rispondere ad una tale domanda, vuol dire anche esoprattutto determinare, piu o meno esplicitamente e coscientemente, le proprieta

7Cfr. Michel Blay. La naissance de la mecanique analytique. Paris: Presses Universiter deFrance, 1992.

8Approfondisco il riduzionismo analitico nei successivi due seguenti capitoli.

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42 L’essenza come riconoscibilita

che permettono di individuare un principio in quanto tale. Come mostrero, propriouna tale riconoscibilita ripropone in maniera nuova la questione dell’essenza. Nelcontesto cui mi riferisco, essi devono, pertanto, essere completi, oggettivi, atemporali,universali e necessari.

Come si vedra, all’interno di un tale insieme di coordinate, venivano costrettitutti quei problemi che andavano al di la di un simile modo di conoscere. Propriol’approfondimento matematico, fisico e filosofico della scienza che ruota attornoall’analisi algebrica9 e della scienza “non-lineare” permettera di sollevare questionifilosofiche inerenti i linguaggi scientifici, e non solo.

Detto questo, e giunto il momento di approfondire che cosa significa che unadescrizione debba essere completa, oggettiva, atemporale, universale e necessaria.Trattero nello specifico alcuni di questi aspetti, all’inizio, in modo del tutto generale,per poi vederli emergere dal tessuto della scienza del Settecento e per riconsegnarliad esso.

1.1 Ricerca e riconoscibilita dell’essenza

Mi pare necessario, a questo punto, ribadire che il discorso che intendo impostareriguardo la ricerca e la riconoscibilita dell’essenza e prima di tutto e fondamen-talmente di carattere metodologico, ed in tal senso si differenzia nettamente dallaquestione della conoscenza scientifica prima di Galilei e Newton. Come si vedra nelprossimo capitolo, la scienza che ruota attorno all’analisi algebrica e alla Meccanicaanalitica di Lagrange non si rivolge “direttamente” alla conoscenza dell’essenzadella natura in generale, ma fornisce gli strumenti matematici, fisici e concettualitali da discriminare cio che e passibile di conoscenza scientifica da cio che non loe10, costituendo in tal modo uno “spazio dell’essenza”. Ora, se a cio si aggiunge chesarebbe anacronistico applicare il concetto di modello matematico contemporaneoalla fisica moderna, allora e possibile sostenere che le equazioni differenziali rappre-sentavano il modo di conoscere, venendo cosı ad assumere un valore ontologico,oltre che epistemologico.

Alla fisica moderna che intendo trattare appartiene, pertanto, un metodo che sicaratterizza per l’imposizione di una serie di vincoli conoscitivi, alcuni dei qualisono trattati di seguito in forma introduttiva. Per una discussione piu filosofica egenerale rimando al capitolo Chiarimenti filosofici.

9Per “analisi algebrica” s’intende il calcolo nel periodo che va orientativamente da Leibniz aCauchy. A questo proposito si veda il capitolo La linearita e la scienza moderna.

10Mi riferisco ad esempio alle difficolta incontrate nell’applicare il metodo scientifico alladinamica delle popolazioni. “Non accade qui come nel moto dei corpi celesti in cui le forzeperturbatrici sempre regolari persino nelle loro variazioni, non hanno mai altro che un influssoestremamente piccolo rispetto a quello della forza principale. I diversi elementi della popolazionesono, per cosı dire, in agitazione continua. Le leggi, i costumi, la civilizzazione li alterano adogni istante (Proces-verbaux de l’Academie des Sciences vol. V p. 214, seduta del 17 maggio1813, citato in Giorgio Israel. La visione matematica della realta. Roma-Bari: Laterza, 2003,pp. 154-155)”.

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L’essenza come riconoscibilita 43

1.1.1 Completezza ed oggettivita

Dare una descrizione completa della natura e un’idea che accomuna Platone,Lagrange, Laplace ed Einstein. Per quanto riguarda l’argomento specifico di questasezione, anche la sola e semplice possibilita di una conoscenza che intenda riconoscerequalcosa come l’essenza, mostra una ben precisa direzione metodologica, vale a direla ricerca di un principio, possibilmente unico e semplice, in grado di rendere contodi tutto il reale. L’esistenza di un tale principio poggia sul presupposto, propriodella nuova scienza del Settecento, che la natura sia interamente analizzabile congli strumenti matematici del calcolo, gli unici in grado di dire l’ultima, e dunque laprima, parola sulle dinamiche del mondo. Per essere piu precisi, si puo dire chese le leggi fisiche, come la gravita, erano semplici, esse davano luogo a questioniche, come nel caso del problema dei tre corpi, sfuggono a quella perfezione e aquella semplicita. Di qui, nel periodo storico in questione, simili problemi sonostati affrontati riponendo fiducia negli sviluppi del calcolo, tali da ricondurre lacomplessita dei fenomeni alla e nella semplicita delle leggi della natura11.

Proprio di questo modo di guardare al mondo e il concetto chiuso, classica-mente inteso come insieme di note comuni che delimitano qualcosa: descriverecompletamente qualcosa vuol dire delimitare uno spazio all’interno del quale sitrova l’essenza di cio che e in questione. La pretesa e la fiducia che la matematicasia il linguaggio della natura porta con se il fatto che la completezza non sia soloriferibile all’oggetto che le leggi descrivono, vale a dire alla sua comprensione, maanche che si ripresenti in qualita di carattere essenziale di un concetto chiuso chesia in grado di rendere conto di qualcosa12: lo spazio del concetto chiuso dev’essere,dunque, riempito completamente dalle note essenziali di cio che e in questione,senza che altro di diverso sia in esso incluso o semplicemente includibile; quellenote in grado, ad un altro livello di dare una descrizione completa dell’oggetto13.

In questo modo si ammette un livello di conoscenza, anche laddove e postocome teleologicamente raggiungibile, nel quale il concetto (Begriff ) sia in gradodi afferrare (greifen) le cose, delimitando uno spazio chiuso in modo da poterdistinguere nettamente i caratteri essenziali dai caratteri accidentali14. Se epossibile cogliere gli elementi essenziali di qualcosa, ovvero quegli elementi chepermettono di arrivare al reale, allora la descrizione del mondo che se ne ricavae anche oggettiva ed ha un valore universale e necessario. All’interno di questaimpostazione di ricerca, le leggi e i principi della natura, una volta individuati,

11Rimando ai prossimi paragrafi di questo capitolo per una discussione dettagliata ed unconseguente chiarimento di questo punto.

12In altri termini, ci si trova davanti ad un doppio vincolo. Da un lato la completezza, cosıcome le altre caratteristiche che sto discutendo, riguarda l’oggetto descritto, dall’altro la stessaforma concettuale attraverso la quale qualcosa puo entrare nell’ambito di una conoscenza che nonsia meramente accidentale.

13Per un’analisi dettagliata di questo problema, rimando al prossimo capitolo.14La distinzione aristotelica tra essenze ed accidenti potrebbe apparire fuori luogo all’interno

del nuovo paradigma dinamico che si delinea con la fisica moderna. In realta non e cosı, ed usoproprio queste nozioni per sottolinearlo. Piu avanti discutero dello statuto e del significato deltempo nella fisica moderna.

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assumono una vita propria, nel senso che assumono una validita che trascende, perprincipio, il contesto culturale del quale sono stati individuati; se non fosse cosınon sarebbero principi e/o leggi adatte ad essere risposte alla domanda posta.

Ammettere la semplice possibilita di una simile presa forte sul reale vuoldire, metodologicamente, presupporre che cio che e, sia di principio riconducibilea presunti elementi universalmente costitutivi, semplici e fondamentali, queglielementi primi che, in sostanza, costituiscono lo spazio dell’essenza.

Un tale metodo “riduzionista15”, che e al centro della ricerca della delimitazionedi uno spazio concettuale chiuso dell’essenza, analizza un qualsiasi problemariconducendo le sue relazioni a presunti elementi essenziali isolandoli e definendoliprima della loro interazione. Il ventaglio di possibilita che emerge da questo tipodi analisi e completamente dato a priori ; a priori si conoscono, tendenzialmente,tutte le possibili configurazioni del problema in questione, poiche si e delimitato ilsuo campo “fondativo”.

In una prospettiva riduzionista e fondazionale, se ogni relazione viene pensatasempre e solo a partire da una previa definizione dei suoi elementi, cui si assegnauno statuto fondativo, allora il tempo ha poco o nessun valore all’interno dellarelazione stessa, in quanto tutte le sue possibilita sono gia date e/o predeterminabilisin dall’inizio a priori16.

Se il geometra greco, cosı come appare nei dialoghi platonici, cercava di astrarreda questo quadrato per rivolgere la sua attenzione al quadrato in generale, le cuiproprieta essenziali si riferivano a tutti i quadrati particolari, il fisico modernocerca17 di individuare quelle leggi, ad esempio del moto, che valgano per tutte ledinamiche e che siano in grado di descriverle completamente e a priori.

In entrambi i casi l’indagine filosofica si muove cercando di definire il concettochiuso di qualcosa.

La fiducia riposta in una simile impostazione metodologica, pur confermatadai progressi delle scienze, ed in particolar modo proprio dalla cosmologia e dallamatematica, ha impedito alla fisica post-newtoniana di pensare che in un sistema,nonostante fosse regolato da leggi, alcune dinamiche relazionali potessero non esseresempre predeterminabili, anche laddove si siano isolati e definiti tutti gli elementidel sistema. In altri termini, si esclude che esse possano non essere necessariamentetrattabili e/o comprensibili completamente all’interno della detta metodologia diricerca.

15Cfr. Edgar Morin. “Le vie della complessita”. In: La sfida della complessita. A cura di BocchiGianluca e Mauro Ceruti. Milano: Bruno Mondadori, 2007, pp. 25-36.

16Mi pare utile riassumere quanto appena detto con “dinamicita chiusa del possibile”, concettoche trattero dettagliatamente nel prossimo capitolo. Cosa intendo per “dinamicita chiusa delpossibile” gia qui risulta almeno sommariamente comprensibile.

17Mi esprimo in questo modo perche, al di la dei risultati, in questa sede m’interessa tenereconto della direzione generale in cui sono collocati gli obiettivi di una ricerca. In altri termini,m’interessa capire in che modo si cercasse una risposta alla domanda sull’essenza. Nei paragrafidedicati alla fisica-matematica emergera proprio questa domanda come la fondamentale. Sonoproprio loro che, in parte, rendono possibili, come detto, questi paragrafi.

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L’essenza come riconoscibilita 45

La questione del metodo si pone subito in primo piano; da quanto detto emergeche e necessario, ancora di piu, puntare l’attenzione su cio che rende riconoscibileuna legge e/o, piu in generale, un principio in quanto tale, all’interno dell’universodi discorso che sto trattando, il quale, per altro, vede l’imporsi del concetto chiusocome punto verso cui rivolgere il pensiero. Questo vuol dire che potrebbe esserepossibile trovare nuove leggi, oltre che perfezionare quelle esistenti, ma solo esoltanto a condizione di tenere fermo che tutto cio che intende essere spiegazionedel reale doveva rispettare quei requisiti che sto discutendo.

1.1.2 Atemporalita e reversibilita

Da quanto detto fin qui sulle esigenze che sono irrinunciabili quando si cercal’essenza di qualcosa, emerge che il tempo non e un elemento che entra in gioconella formazione dello spazio chiuso dell’essenza. Questo avviene essenzialmentein due direzioni, tra loro relate. La prima e implicita in quanto detto: lo statutofondativo, che viene ad assumere il contenuto essenziale del concetto chiuso e lasua oggettivita escludono che tutto cio che si ritiene in grado di dare conto diqualcosa possa essere sottoposto al tempo, cioe che possa subire mutamenti. Inquesto senso si puo parlare di atemporalita riferita al tempo cronologico che eproprio di cio che muta, di cio che e accidentale, ma non di cio che invece permane,di cio che e essenza di qualcosa. I concetti che fondano cio che e, non appartengonoal tempo cronologico, ma sono pensabili come un passato logico, e non cronologico,che soggiace a tutto cio che e. In altri termini, l’essenza, in quanto fonda, vienelogicamente “prima” di cio di cui rende conto, e non ne subisce gli accidenti.

E bene dire che in questo contesto, “temporalizzare”, sottoporre un concettochiuso ed assolutamente inteso al tempo, vorrebbe dire cambiarne il contenuto,che a questo punto non potrebbe piu, a buon diritto, considerarsi propriamenteessenziale18. Se cosı non fosse, il concetto assolutamente chiuso, come delimitazionedello spazio dell’essenza di qualcosa, non potrebbe svolgere il suo ruolo di puntofinale e punto piu alto della ricerca e della conoscenza.

In base a quanto detto, tutto cio vale se si considera che la questione dell’essenzaviene qui posta come riconoscibilita, nel senso che non viene mai messo in discussioneil fatto che, laddove si voglia parlare di conoscenza scientifica, quest’ultima deverispettare certi criteri ritenuti imprescindibili.

Se, accanto all’atemporalita, consideriamo il riduzionismo metodologico percui, ripetiamolo, comprendere un sistema vuol dire isolarne gli elementi essenzialie definirli prima di ogni interazione, emerge un altro tipo di assenza di tempo,vale a dire la reversibilita. Se, in altri termini, un principio per essere tale deveessere un passato logico, deve cioe collocarsi, usando un linguaggio aristotelico,prima di cio che spiega, secondo la sostanza, allora il tempo cronologico di cio

18E una questione molto complicata, alla quale mi dedichero diffusamente nel prossimo ca-pitolo. Per ora e sufficiente limitarsi a questa brevissima tematizzazione, in quanto prende inconsiderazione i caratteri generali che la delimitazione di uno spazio chiuso dell’essenza implica epresuppone per poter essere tale.

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che e, e abbracciato completamente da un siffatto passato logico. La reversibilitaindica, appunto, il fatto che conoscendo cio che avviene in un determinato istante siconosce anche il passato e il futuro, a condizione che si conosca il principio o la leggeimmobile che spieghi il fenomeno in questione. Un tale concetto, fondamentale permolte leggi scientifiche, presuppone, a mio giudizio, proprio un discorso di questotipo, soprattutto in un contesto come quello moderno nel quale, come mostrero,determinismo e predicibilita sono due concetti che s’implicano reciprocamente19.

All’interno di una dinamica, moderna e non solo, si possono distinguere, ma solopreliminarmente, un inizio, un processo intermedio ed un esito. Questi tre elementisi dispongono su una linea temporale che ha dei caratteri del tutto accidentali,in quanto essa e del tutto confinata nella legalita atemporale che esemplifica eall’interno della quale e totalmente compresa e comprensibile. Per questo motivo,una tale temporalita si inscrive all’interno del concetto chiuso.

Nella descrizione dinamica di un sistema che e contemporaneamente determini-stico e prevedibile a priori il presente contiene il passato e il futuro. Mi pare chePrigogine, nel seguente passo, esprima bene quest’idea:

“In dinamica il futuro e il passato giocano esattamente lo stesso ruolo o, il chee lo stesso, non hanno alcun ruolo. La definizione di uno stato istantaneo in terminidelle posizioni e delle velocita delle particelle che lo costituiscono, contiene gia ilpassato ed il futuro del sistema; ogni stato potrebbe essere uno stato iniziale, comepotrebbe essere benissimo anche lo stato finale di una lunga evoluzione [. . . ]; ilmutamento non e altro che un dispiegarsi di una successione di stati essenzialmenteequivalenti20”.

Dalla prospettiva della reversibilita, differentemente da quanto avviene perl’atemporalita, il tempo viene, cosı, ricondotto alla geometria21; esso e a tuttigli effetti un parametro geometrico, che emerge solo nell’accidentalita di unamisurazione, annullandosi nel complesso della legalita cui e sottoposto.

Il concetto chiuso si adatta perfettamente a pensare tutto cio da cui si puo, inultima analisi, astrarre la componente temporale. Dentro un concetto chiuso sonoinscritte e pensate, piu o meno esplicitamente, tutte le possibilita di qualcosa. Nelprossimo capitolo sara interessante sottolineare che tra possibilita e realta si instaurauna corrispondenza diretta e completa, poiche una volta compreso il reale, unavolta raggiunti i suoi elementi essenziali, si conosce immediatamente il possibile22,

19Due osservazioni. La prima e che oggi si sa benissimo dell’esistenza di sistemi deterministiciche presentano non poche difficolta di predicibilita, come i sistemi caotici. La seconda e laseguente: si potrebbe obiettare che non e detto che la reversibilita sia riferibile al discorso che stosvolgendo. Quest’obiezione e valida, tuttavia non tiene in adeguato conto il fatto che, in generale,la posizione di una domanda vincola a certi parametri non solo la risposta, l’oggetto, ma anche ilmetodo per raggiungerlo. Per una discussione approfondita di questo punto rimando al prossimocapitolo. Si pensi anche al modo in cui Socrate rimproverava i suoi interlocutori nel momento incui alla domanda “che cos’e. . . ”, rispondevano attraverso esempi.

20Cfr. Prigogine e Stengers, op. cit., p. 195, 195.21Per quanto riguarda il tempo cronologico e la sua pensabilita in base ad immagini geometriche

rimando ad Aristotele. “Fisica”. In: Opere 3. Roma-Bari: Laterza, 2001, ∆ 10-1422Il possibile, in questo contesto, e cio che puo essere, cio ancora non e, ed in questo senso e,

rispetto all’impossibile in generale, gia volto verso la sua realizzazione.

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a meno che non si ammetta la presenza di un qualche ente ultramondano in gradodi agire fuori dell’ordine “comunemente osservato23”, ma sempre in conformita adun ordine piu ampio.

Sulla linea temporale si dispone, in una tale prospettiva, solo e soltanto unaparticolarita, ricompresa in una legalita per la quale inizio, processo ed esito sonopredeterminati o comunque predeterminabili oggettivamente.

Filosoficamente si puo dire che, laddove si assuma che qualcosa abbia un’essenzadi tipo atemporale, allora il suo darsi temporale-cronologico si riduce a qualcosa diaccidentale.

In una tale prospettiva, come detto, arrivare a chiudere un concetto, contenentel’essenza di qualcosa, vuol dire giungere al termine del percorso conoscitivo. Ilconcetto chiuso si presenta, dunque, nella prospettiva filosofico-epistemologicadiscussa, come il punto piu alto cui la conoscenza puo giungere, il suo fine e la suafine.

Il mondo che e pensabile a partire da un simile rispetto e sostanzialmentestatico, in quanto tutto cio che di dinamico c’e in esso e accidentale, nel senso chenon ha una dignita filosofica ed epistemologica propria, ma e pensato a partire dauna staticita di fondo, i cui aspetti ho sin qui mostrato, facendo riferimento adalcuni caratteri costitutivi che un principio deve avere per essere considerato tale.

Anticipando brevemente quanto diro riguardo il problema dei tre corpi, sarainteressante proprio osservare i tentativi, da Newton a Poincare24, finalizzati aricomprendere questo problema all’interno di una specifica concettualita che, comemostrero, presenta i caratteri formali fin qui esposti, riempiti del contenuto specificodel tempo.

In un tale mondo, pensato attraverso una rigida legalita, tutto cio che non eancora inscritto al suo interno puo essere pensato o come incomprensibile, vale adire come qualcosa che non entrera mai nello spazio chiuso del concetto, o comequalcosa che attende di entrarci.

Questa prospettiva contiene in se la forma di pensabilita e di conoscibilita ditutto cio che puo essere in generale, e non solo di cio che e oggetto di ricerca,escludendo altri modi di pensabilita esterni ad essa. Sulla dinamicita chiusa delpossibile, che e in tal modo circoscritta o delimitata, mi dilunghero nel momentoin cui andro ad interpretare tutto cio che in questo capitolo si va componendo.

23Cfr. Tommaso. Somma conto i gentili. Bologna: Edizioni Studio Domenicano, 2001, III § 101,389.

24Per essere piu preciso, avrei dovuto fare dei distinguo, soprattutto tra la scienza “geometrica”di Newton e la scienza “analitico-algebrica” di Lagrange. Per ora si prenda per buona questageneralizzazione, in quanto alcuni aspetti del modo in cui e stato trattato il problema dei trecorpi risalgono proprio a Newton; per il resto, una trattazione dettagliata degli elementi appenanominati e proprio cio che sto per fare.

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Capitolo 2

La linearita e la scienza moderna

Al fine di dare sostanza a quanto detto sin qui, in questo capitolo mi occupodirettamente del modo in cui gli scienziati moderni “facevano” scienza. Il tagliodelle argomentazioni sara, pertanto, storico-scientifico, anche se accompagnato dauna linea epistemologica di fondo.

2.1 L’uso ed il significato del calcolo nella scienza moderna

Come mostra il titolo di questo paragrafo, non e mia intenzione seguire passopasso le vicissitudini del calcolo facendone la storia1, m’interessa, invece, mostrarecome il quadro concettuale emerso nel capitolo precedente derivi dallo statutoepistemologico e ontologico assegnato alle equazioni differenziali nel periodo presoin esame. Nonostante la riflessione filosofica si sia soffermata poco su questoaspetto, le equazioni differenziali rivestono un ruolo essenziale, nell’economia delpensiero filosofico moderno e non solo scientifico. Una riflessione sul significato esulla centralita delle equazioni differenziali e forse il miglior esempio dell’approcciosettecentesco ed ottocentesco alla natura, in quanto esse rappresentano il puntopiu alto ed il punto finale cui doveva tendere ogni indagine sulla natura, in quanto,nello specifico, erano ritenute in grado di tradurre in linguaggio matematico ilmovimento ed i fenomeni naturali in genere.

Sara interessante notare, in questa prospettiva, che la traduzione matematicadi problemi fisici, o piu in generale della natura, ponesse problemi che andavanoal di la dei limiti della concettualita del tempo, ma che comunque, almeno fino aPoincare, i “geometri”, dalla fine del Seicento alla seconda meta dell’Ottocento,cercarono di confinare all’interno del loro spazio di pensabilita chiuso. Infatti,nonostante tutte le difficolta note cui davano luogo le equazioni differenziali, l’ideafondamentale che guidava la ricerca era che, essendo la natura semplice, la sua

1Su questo argomento sono molto utili i seguenti testi: Umberto Bottazzini. Il calcolo sublime:storia dell’analisi matematica da Euler a Weierstrass. Torino: Bollati Boringhieri, 1981; Carl B.Boyer. Storia del calcolo. Milano: Bruno Mondadori, 2007.

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traduzione matematica risultava problematica solo e soltanto a causa dell’ignoranzao della limitatezza umana o degli strumenti di ricerca.

Ora, di per se, la questione che m’interessa porre non e tanto che uno spaziodi pensabilita sia chiuso, ma che si pretenda che solo al suo interno si diano sia ilpensabile sia il possibile in generale. Il problema di fondo e dunque l’assolutezzadi un tale riferimento, che faceva sentire il suo peso sia epistemologicamente siaontologicamente. Da questa prospettiva, come si vedra, per molti scienziati delcalibro di Laplace, Fourier e Lagrange, “leggere” la natura era sinonimo di cogliernel’essenza.

Se, dunque, svelare le leggi che regolano la natura e un compito che puo essereaffrontato e portato a termine attraverso l’uso del calcolo, si comprende bene lacentralita delle equazioni differenziali all’interno della fisica moderna, il cui ruolo esignificato e proprio cio che intendo chiarire.

2.1.1 Questioni generali

Le equazioni differenziali risultano essere, nel Settecento e per una buona partedell’Ottocento, la porta di accesso al mondo. Il modo in cui esse svolgevano laloro funzione e dato dalle domande alle quali dovevano rispondere. Attraversoesse si cercavano, in generale, delle leggi delle cui caratteristiche mi sono occupatonei paragrafi precedenti. Finora ho mostrato che tipo di requisiti doveva averequalcosa per essere riconosciuto come una “legge”; ora, nello specifico, intendomostrare come un fenomeno, per poter essere conosciuto esaustivamente, dovevaessere tradotto in linguaggio matematico. Il punto consiste, in breve, nel capirein che modo si struttura la concettualita chiusa che ha dato vita al tipo di leggiscientifiche discusse.

In termini generali, si puo dire che, in particolar modo dalla fine del Seicento finopraticamente a Poincare e a Boltzmann, gli scienziati hanno irrimediabilmente fattoaffidamento sul fatto che, al fine di conoscere la natura, si potessero identificarelegami diretti e proporzionali tra cause ed effetti esprimibili per mezzo di leggimatematiche e principi filosofici, con caratteristiche del tipo di quelle esposte neiparagrafi precedenti, poiche in tal modo e possibile rispondere adeguatamente allequestioni poste e soprattutto al modo in cui erano poste. Piu precisamente faccioriferimento a quell’atteggiamento filosofico e scientifico per cui conoscere qualcosavuol dire delimitarne concettualmente l’essenza. Questo atteggiamento raggiunge,a mio giudizio, la sua forma piu completa nell’opera di Lagrange e di Laplace.

In base a quanto detto, all’interno di un sistema, nella fisica lagrangeano-laplaceana, il problema principale era, pertanto, distinguere cio che e responsabiledella sua dinamica da cio che costituisce una semplice perturbazione, che si pre-suppone del tutto ininfluente ai fini della costruzione di un modello2 esplicativo.La perturbazione, in altri termini, ha un valore conoscitivo nella particolarita dei

2In questa circostanza uso questo termine in un senso del tutto generico e generale, che verrapresto specificato.

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La linearita e la scienza moderna 51

singoli casi presi in esame e, a differenza di cio che concerne l’essenza di unadinamica, viene calcolata di volta in volta.

“Il piu delle volte i fenomeni della natura sono complicati da cause estranee:un numero enorme di cause perturbatrici vi mescolano la loro influenza, tanto chee ben difficile riconoscerli. Per giungervi bisogna moltiplicare le osservazioni o gliesperimenti, affinche, venendosi a distruggere mutualmente gli effetti estranei, irisultati medi mettano in evidenza i fenomeni ed i loro vari elementi3”.

Da questa prospettiva, risulta pensabile solo un modello esplicativo di un datosistema, che sia, al limite, deterministico, in quanto esso deve necessariamentecontenere in se tutte le informazioni che servono per la previsione esatta e completadel futuro, del passato, a partire dal presente, annullando di fatto il ruolo deltempo nella formazione di principi e leggi filosofici e scientifici. In altri termini,conoscere qualcosa vuol dire giungere a coglierne gli elementi costitutivi ed es-senziali. All’errore ed alla probabilita, collegata ad esso o ad una conoscenza ingenerale, sia essa scientifica o di altro genere, non era attribuito alcuno statutoepistemologico proprio, anche se, da un punto di vista pratico, era cio con cui siaveva quotidianamente a che fare4. Per questo motivo, si sono sviluppate moltetecniche matematiche per padroneggiare l’errore in modo da poterne tenere contoefficacemente nelle previsioni. All’atto pratico, dunque, essere in grado di esprimereleggi matematicamente generali, includeva anche un adeguato studio e valutazionedegli errori.

In questa prospettiva e interessante soffermare l’attenzione sulle espressionimatematiche in cui erano tradotti i problemi fisici in generale, e non solo quellirelativi alle perturbazioni. Scendendo maggiormente nei particolari, mostrero cheal di la della distinzione conoscitiva tra essenze ed accidenti, quest’ultimi eranocomunque trattati matematicamente allo stesso modo delle prime. Cio sta, ancorauna volta, a sottolineare l’impostazione e la generalita con cui venivano usate leequazioni differenziali.

Dopo aver tracciato questa sin troppo breve linea guida, e bene chiariremetodicamente e sviluppare adeguatamente ogni affermazione.

Prima di iniziare, mi pare interessante introdurre una chiave esplicativa cheriprende un’immagine che attraversa trasversalmente la storia del pensiero in tuttele sue forme: la matematica come linguaggio della natura. Per poter leggere il

3Cfr. Pierre S. Laplace. “Saggio filosofico sulle probabilita”. In: Opere. Torino: UTET, 1967,pp. 298-299. Il testo francese recita: “Les phenomene de la nature sont les plus souvent enveloppesde tant circostances etrangeres, un si grad nombre de causes perturbatrices y melent leur influence;qu’il est tres-difficile, lorsqu’ils sont fort petits, de les reconnaıtre. . . (cfr. Pierre S. Laplace. Essaiphilosophique sur les probabilites. Paris: Courcier, 1814, pp. 107-108)”. Alla fine di questa partedel mio lavoro mi soffermero dettagliatamente su quanto sto introducendo in termini generali.

4Da questa prospettiva, la probabilita e fondamentale nell’opera di Laplace, che si e occupatodirettamente del suo progresso. Si veda in particolar modo: idem, “Saggio filosofico sulleprobabilita” e Cfr. Pierre S. Laplace. “Teoria analitica delle probabilita”. In: Opere. Torino:UTET, 1967.

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libro della natura5 e necessario conoscerne il linguaggio in modo da poterne carpire,almeno teleologicamente6, i segreti ultimi. Se si pensa la natura come un testo, mipare interessante soffermarmi brevemente su cosa puo significare “leggere”. Questotermine, per quanto riguarda la presente questione, ha almeno due significatiprincipali che e bene chiarire subito. Da un lato puo voler dire avere un accessodiretto alla natura e poterla guardare in trasparenza senza alcun tipo di filtro odiaframma concettuale; dall’altro, puo voler dire, come indica la sua radice latina,“scegliere”, “interpretare”. In questo secondo senso, a differenza del primo, vienemeno ogni tipo di purezza e completezza della conoscenza; ogni volta si guarda conuno sguardo particolare che evidenzia qualcosa, a seconda delle domande con cuis’indaga la natura, senza per questo avere la pretesa di dire l’ultima parola sullanatura, neanche teleologicamente7.

Prima di cercare di capire in che modo e stata pensata la funzione del linguaggionel quale sarebbe scritto il libro della natura, e bene indicare, preliminarmente,quale sia un tale linguaggio, almeno per quanto riguarda la fisica e, in generale, lascienza moderna, ed in particolar modo postnewtoniana. Lo strumento matematicoche e stato ritenuto, per molti versi a ragione, in grado di descrivere il movimentoe la materia e, come accennato, quello delle equazioni differenziali8. Esse sonol’attore principale intorno a cui ruota e si sostiene la fisica e la scienza del Settecentoe di buona parte dell’Ottocento. La loro importanza e tale che, nonostante in moltitesti del Settecento, come in quelli di Laplace, ci sia spesso un’apertura verso lapossibilita di modificare le leggi della natura, laddove se ne identificassero altre ingrado di render conto in modo migliore della natura, cio che non viene mai messoin discussione e il fatto che un problema fisico debba essere tradotto in equazionidifferenziali; e come mostrero, in un tipo particolare di equazioni differenziali.

Nel panorama culturale in cui sono nate, esse erano strettamente legate almovimento9, vale a dire a problemi fisici. In questa prospettiva si comprende

5cfr. Galileo Galilei. “Il Saggiatore”. In: Opere. Vol. 1. Torino: UTET, 2005, p. 631: “La filosofiae scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dicol’universo), ma non si puo intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer icaratteri, ne’ quali e scritto. Egli e scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi,ed altre figure geometriche, senza i quali mezi e impossibile a intenderne umanamente parola;senza questi e un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”.

6Con questo termine faccio riferimento alla possibilita di un principio regolativo, con unospecifico valore ontologico, che sia in grado di orientare la ricerca scientifica con certezza e dipermettere il suo continuo sviluppo. Mostrero come questa sia un’idea specifica e fondamentaledi alcuni tra i maggiori fisici del Settecento, tra i quali Laplace.

7Naturalmente, all’interno di questa forbice concettuale e pensabile una piu o meno fittagradazione, che tuttavia fa riferimento a questi due atteggiamenti filosofici fondamentali che mipare importante mantenere chiaramente distinti.

8Come mostrero, sebbene Newton nei Principia usi un calcolo “geometrico”, faceva un uso,che si potrebbe definire “privato”, del calcolo “analitico”, uso che divento “normale” sin dallaprima generazione di scienziati postnewtoniani, in particolar modo continentali.

9Cfr. Umberto Bottazzini. “I Principia di Newton e la Mecanique di Lagrange: osservazioni sumeccanica e calcolo”. In: Radici, significato, retaggio dell’opera newtoniana. A cura di M. TarozziG.and Van Vloten. Societa Italiana di Fisica, 1989, pp. 303-304: “Le linee dovevano pensarsi comegenerate ‘per moto continuo di punti’ e analogamente le superfici e i volumi. Cose che ‘hanno

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bene come Newton parlasse di “quantita fluenti”. Non potendomi soffermare sutale questione, sara sufficiente dire che “nel Methodus fluxionum, Newton stabilıchiaramente il problema fondamentale del calcolo: essendo assegnato il rapportodelle quantita, stabilire la relazione delle flussioni di queste e viceversa10”. Inquesto modo, Newton stabilı una diretta relazione tra il calcolo differenziale edil calcolo integrale, in particolare pose l’accento sul fatto che sono l’uno l’inversodell’altro. Questo e probabilmente uno dei meriti matematici maggiori che vaattribuito a Newton e a Leibniz: da questo momento in poi non si parla piu dicalcolo differenziale da un lato, e di calcolo integrale dall’altro, ma di calcolo11.L’uguaglianza seguente fa di Newton e Leibniz gli scopritori del calcolo12:∫ b

a

f(x)dx = F (b)− F (a)13

con F (x) primitiva di f(x).L’interpretazione dei problemi fisici in termini matematici, per cui velocita ed

accelerazione diventano, esprimendomi col linguaggio attuale, derivata prima eseconda14, e presente gia nel modo d’interpretare il calcolo dell’area delimitata dauna curva. Boyer rivolge l’attenzione sul fatto che “mentre le quadrature [vale adire il calcolo dell’area] precedenti erano state ottenute per mezzo dell’equivalentedell’integrale definito inteso come limite di una somma, Newton qui determinainnanzi tutto la velocita di cambiamento dell’area e, da qui, trova l’area stessaper mezzo di quello che oggi verrebbe detto integrale indefinito della funzione cherappresenta l’ordinata15”. In particolare, Newton pone l’accento sul fatto che e ilmoto del punto a descrivere la curva che sottende l’area. Nella prospettiva newto-niana, tuttavia, il calcolo mantiene comunque un significato ed un’interpretazioneprofondamente geometrica. Per Newton e fondamentale seguire il moto del puntoche disegna una curva, poiche, come mostrero, nella sua ottica e fondamentalesaper costruire, o ricostruire, le curve-traiettorie16. Nonostante cio, il risultato,cui giunsero Newton e Leibniz insieme, rappresenta il punto d’inizio della stagionefilosofico-scientifica settecentesca, nella quale si cerchera in tutti i modi di mettereda parte la geometria di matrice greca, con la quale Newton si poneva in continuita,

veramente luogo in natura e si osservano ogni giorno nel movimento dei corpi’ ”.10Cfr. Boyer, op. cit., p. 202.11Cfr. Aleksandr D. Alexandrov, Andrej N. Kolmogorov e Michail A. Lavrent’ev. Le matematiche.

2004: Bollati Boringhieri, Torino, pp. 157-164.12A rigore Newton e Leibniz, in base a quanto detto, non sarebbero i veri e propri scopritori

del calcolo, infatti, i loro lavori si inseriscono in un panorama culturale che li ha resi possibili. Suquesto cfr. Boyer, op. cit., pp. 99-194.

13Uso un integrale definito, e non un integrale indefinito, per sottolineare il fatto che si trattastoricamente di una relazione tra due diversi problemi matematici in un contesto, come quellonewtoniano, nel quale non esisteva il concetto di funzione.

14cfr. Boyer, op. cit.; cfr. Richard Courant e Herbert Robbins. Che cos’e la matematica? Torino:Bollati Boringhieri, 2004, pp. 513-517.

15cfr. Boyer, op. cit., 198 e sgg.16Si vedra come sara necessario distinguere in Newton un metodo analitico delle flussioni da

uno sintetico.

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per rivolgersi al calcolo leibniziano che aveva letteralmente conquistato gli scienziatidel tempo, soprattutto sul continente.

Nel Settecento s’impose, dunque, l’uso delle equazioni differenziali, ed in generelo studio dei fenomeni fisici attraverso strumenti analitici17.

Prima di continuare e bene chiarire una serie di questioni filosofico-matematicheche segnano la distanza e la vicinanza tra le innovazioni newtoniane e la nuovameccanica del Settecento. Mi pare necessario impostare il discorso in questamaniera perche e fondamentale chiarire che la fisica del Settecento non e solo unosviluppo del pensiero di Newton, ma presenta proprie ed importanti peculiarita.Nel fare questo mi sembra, inoltre, essenziale dare anche l’idea del fatto che nell’etamoderna non e possibile considerare separatamente filosofia, matematica e fisica,poiche tra di loro non c’e, praticamente mai, soluzione di continuita.

La prima cosa da fare, dopo aver dato delle direttive generalissime ed averintrodotto sommariamente le questioni filosofico-scientifiche fondamentali, e chiarire,per quanto possibile, alcuni aspetti dell’eredita newtoniana.

2.1.2 L’eredita dei Principia

E ben noto che i Principia sono un’opera fondamentale per tutta la scienzasuccessiva; tuttavia non mi pare lecito ridurre la fisica che si istituisce durante ilcorso del Settecento, e che influenza buona parte dell’Ottocento, ad un semplice enon meglio definito sviluppo del pensiero scientifico ed epistemologico newtoniano.Per questo motivo, mi pare necessario soffermarmi brevemente su un paio diluoghi fondamentali dell’opera maggiore di Newton, in modo da evidenziare la suavicinanza e la sua lontananza dalla fisica-matematica del Settecento.

In primo luogo mi occupero del significato della geometria e poi di alcuni aspettidel metodo scientifico newtoniano, con particolare riferimento ai Principia. Di quitrarro delle conclusioni sul pensiero newtoniano, in modo da evidenziare elementid’incontro e di scontro con la fisica-matematica successiva.

2.1.2.1 Il significato della geometria dei Principia

Per avere una prima idea e per toccare subito con mano la distanza tra l’approccioalla fisica di Newton e quello di Lagrange-Laplace18, nei limiti posti, e sufficiente,

17Si deve notare che Newton scrisse Principia, in linguaggio geometrico, in modo da renderepiu intuitivo il passaggio dalla matematica alla natura, ed in modo da evitare di usare il metodoanalitico delle flussioni, in quanto introduceva concetti che, in quel tempo, erano tutt’altro cheben definiti ed esenti da critiche, pur essendo estremamente utili. Per evitare tutti questi problemi,Newton si rifiuto costantemente di esporre, nonostante richieste esplicite, il metodo analiticodelle flussioni all’interno dei Principia, nonostante che questo testo ebbe ben tre edizioni. Inquesta scelta si riverbera anche tutta la polemica contro Cartesio e l’algebrizzazione dei problemi,risolubili anche geometricamente, in opposizione alla quale Newton si pone in continuita con igreci.

18Naturalmente non mi riferisco all’indubbia situazione favorevole, matematica e fisica, cheLagrange o Laplace si trovarono a vivere, ma alle diverse impostazioni filosofiche e metodologichedi fondo che separano Newton dagli altri scienziati nominati, soprattutto in merito alle possibilita

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a mio modo di vedere, confrontare i due seguenti passi:

“La geometria dunque si fonda sulla prassi della meccanica, e non e nient’altroche quella parte della meccanica universale che propone e dimostra l’arte di misurareaccuratissimamente19”.

“Abbiamo gia vari trattati di meccanica, ma il piano di questo e interamentenuovo. Io intendo ridurre la teoria di questa scienza, e l’arte di risolvere i problemirelativi ad essa, a formule generali, il semplice sviluppo delle quali fornisca tuttele equazioni necessarie per la soluzione di ciascun problema. Spero che la manierain cui ho cercato di raggiungere quest’obiettivo non lasci nulla a desiderare. [. . . ].In quest’opera non si trovera nessuna figura [figures]. I metodi che vi espongo nonrichiedono ne costruzioni ne ragionamenti geometrici o meccanici, ma soltanto delleoperazioni algebriche, sottoposte ad un procedimento regolare e uniforme. Coloroche amano l’analisi, vedranno con piacere che la meccanica ne e diventata unabranca [branche], e mi saranno grati di averne cosı esteso il dominio20”.

Nel passo newtoniano la geometria e una parte della meccanica. In Lagrangequest’ultima diventa una branca dell’analisi, o piu in generale della matematica,in quanto ad essa e ridotta. Comune ai due “geometri” rimane, senz’altro, l’ideache il movimento sia traducibile in leggi matematiche; per il momento mi pare chel’abissale distanza tra i due passi parli per se abbastanza chiaramente.

Procedendo con ordine, intendo, come detto, sviluppare alcune idee newtoniane,per poi passare alla fisica del Settecento, e dunque al chiarimento della citazione diLagrange.

Si e visto brevemente come Newton legasse strettamente il calcolo al movimentoe quale eccezionale risultato avesse raggiunto, tuttavia l’attore principale dellateoria newtoniana del moto dei Principia, come mostra bene la citazione, e lageometria. Il cortocircuito e solo apparente, e svanisce subito se si considera cheNewton possedeva un metodo analitico ed uno geometrico per affrontare queiproblemi che cadono sotto il calcolo.

Dalla scelta compiuta nei Principia s’intuisce gia che Newton preferisse ilsecondo al primo. In questa direzione, gia nella prima sezione dei Principia,Newton espone il metodo dimostrativo usato nella maggior parte del testo; lasezione s’intitola, appunto: “Metodo delle prime e delle ultime ragioni, col cuiaiuto si dimostrano le cose che seguono”. Esso e un metodo geometrico di trattarecio che nel contesto dell’analisi classica, e il passaggio al limite21. Naturalmenteessi non vanno confusi, infatti, per Newton si tratta di vedere geometricamente ilpassaggio al limite e non di calcolarlo, come avviene analiticamente.

di conoscere la natura e ai diversi assunti filosofici che sono alla base di tali possibilita.19Cfr. Isaac Newton. Principi matematici della filosofia naturale. Milano: Arnoldo Mondadori,

2008, p. 58. Mi pare importante sottolineare che il testo originale di Newton, a differenza dellatraduzione italiana, sottolinea i termini “geometria” e “meccanica universale”. Esso recita:“Fundatur igitur Geometria in praxi Mechanica, & nihil aliud est quam Mechanicæ universalispars illa quae artem mesurandi accurate proponit ac demonstrat”.

20Cfr. Joseph-Louis Lagrange. Mechanique analitique. Paris: La Veuve Desaint, 1788, p. VI.Traduzione mia. Su questo argomento, Cfr. Bottazzini, op. cit.

21Su questi argomenti cfr. Niccolo Guicciardini. Reading the Principia. Cambridge: CambridgeUniversity Press, 1999 e cfr. Niccolo Guicciardini. Newton: un filosofo della natura e il sistemadel mondo. Le Scienze, 1998.

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A questo proposito, i Lemmi I e VII del primo libro dei Principia, il primo daun punto di vista generale e il secondo da un punto di vista particolare, recitano:

“Le quantita, come anche i rapporti fra quantita, che costantemente tendonoall’eguaglianza in qualsiasi tempo finito, e prima della fine di quel tempo si accostanol’una all’altra meno di qualsiasi differenza data, divengono infine uguali22”.

“. . . dico che l’ultima ragione fra l’arco, la corda e la tangente e, scambievol-mente, una ragione d’uguaglianza23”.

In questo senso, Newton compie una ben precisa scelta preferendo il metodosintetico delle flussioni al metodo analitico delle flussioni, di cui egli stesso erastato, fino al 1665, promotore24.

I motivi di una tale preferenza sono molti; ne accennero alcuni, in riferimento aldiscorso che sto svolgendo. La rivalutazione dei greci, accompagnata alla constata-zione che i metodi dei “moderni”, in quanto manipolazione di simboli, allontananoirrimediabilmente dalla natura, spingono Newton nella direzione geometrica. Lageometria permetteva di costruire e di “vedere” intuitivamente cio che l’analisi per-metteva di raggiungere attraverso l’introduzione di concetti, per lo meno discutibili,quali gli infinitesimi.

“Col metodo degli indivisibili le dimostrazioni sono rese piu brevi. Ma poichel’ipotesi degli indivisibili e ardua e poiche quel metodo e stimato meno geometrico,ho preferito ridurre le dimostrazioni delle cose seguenti alle ultime somme e ragioni diquantita evanescenti e alle prime delle nascenti, ossia ai limiti delle somme e ragioni,e permettere, percio, il piu brevemente possibile, le dimostrazioni di quei limiti.Questo stesso, infatti, viene fatto anche col metodo degli indivisibili; ed essendo statidimostrati i principi, li possiamo ora usare in modo piu sicuro. Percio, se nel seguitomi capitera di considerare le quantita come costituite da particelle determinate, o micapitera di prendere segmenti curvilinei come retti, vorro significare non particelleindivisibili, ma divisibili evanescenti, non somme e ragioni di parti determinate, masempre limiti di somme e ragioni [. . . ]. Si obietta che l’ultimo rapporto di quantitaevanescenti e nullo, in quanto esso, prima che le quantita siano svanite non e l’ultimo,

22Cfr. Newton, op. cit., p. 145.23Cfr. ibid., p. 149. Riguardo il passaggio al limite si veda anche ibid., p. 160.24cfr. Guicciardini, Reading the Principia. La distinzione tra analitico e sintetico mostra proprio

la preferenza newtoniana, nei Principia, per la costruzione geometrica; essa, nello specifico, fariferimento alla distinzione di Pappo, per il quale: “Analisi (resolutio) e una via o un procedimentomediante il quale, muovendo da cio che si cerca, considerato come fosse noto, si perviene attraversoquel che consegue, alla sintesi di quanto e stato concesso. Nell’analisi infatti, supponendo checio che si cerca sia dato, si considera cio che consegue da esso e poi, di nuovo, quali siano i suoiantecedenti fino a che, regredendo in tal modo, non ci si imbatta in alcunche o gia noto o facenteparte del campo dei principi. Tale procedimento, poiche la soluzione si ottiene per regressione,si dice analisi. Nella sintesi invece, ponendo come gia dato cio che e trovato per ultimo nelprocedimento analitico e, secondo natura, ordinando come prime le cose che antecedono e chenell’analisi figuravano come conseguenze e unendole le une alle altre si perviene infine a costruirela cosa cercata: e cio che si dice sintesi”. Questa distinzione tra analitico e sintetico e moltoimportante in quanto permette di chiarire uno slittamento di significato, tra Seicento e Settecento,del termine “analitico”. Nel Settecento esso fa riferimento alle nozioni di “simbolico”, “algebrico”ecc. . . ; nel Seicento “analitico” fa riferimento al metodo della scoperta, come in Pappo. Essonon e necessariamente simbolico o algebrico, e di certo nel Seicento non ci si trova davanti alsignificato recente del termine.

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e allorche sono svanite non c’e affatto. Ma con lo stesso ragionamento si potrebbeugualmente sostenere che di un corpo che giunga in un certo luogo, dove il motofinisce, non esiste la velocita ultima. Questa, infatti, prima che un corpo giunga nelluogo non e l’ultima, e quando vi giunge non c’e. La risposta e facile: per velocitaultima s’intenda quella con la quale il corpo si muove, non prima di giungere alluogo ultimo nel quale il moto cessa, ne dopo, ma proprio nel momento in cui vigiunge: ossia, quella stessa velocita con la quale il corpo giunge al luogo ultimo econ la quale il moto cessa. Similmente, per ultime ragioni delle quantita evanescentisi deve intendere il rapporto delle quantita non prima di diventare nulle e non dopo,ma quello col quale si annullano25”.

Questo passo, sebbene lungo, mi pare che sia un ottimo esempio del modo diragionare geometrico di Newton ed in particolare del modo di trattare le figuregeometriche e il loro rapporti. Emerge, infatti, l’idea che le figure geometrichesono concepite cinematicamente, proprio come si e visto brevemente riguardo allamaniera newtoniana di concepire il problema del calcolo dell’area sottesa ad unacurva. E proprio cinematicamente che Newton, nella prima sezione dei Principiafa vedere costruttivamente le ragioni di uguaglianza tra, ad esempio, una curva eduna retta.

Si tenga inoltre ben presente che, al tempo di Newton, si aveva a che fare concurve e non con funzioni, poiche il concetto di funzione, semplicemente, e posteriore.Si puo, in tal modo, comprendere meglio che le curve studiate, per cosı dire, eranogia sempre interpretate come qualcosa di geometrico, e la nuova analisi con la suasimbologia poteva esser vista come un modo per complicare le cose. Di questoavviso e Newton che, considera la via simbolica utile euristicamente, ma del tuttoinadeguata da un punto di vista dimostrativo. Di diverso avviso e, per esempio,Cartesio:

“. . . infatti in essi [gli autori antichi] leggevo certamente molte cose sui numeri,che, fatti i calcoli, sperimentavo essere vere; riguardo poi alle figure essi mettevanomolte cose in qualche modo proprio davanti agli occhi, e da esse traevano conclusioni;ma non mi pareva che essi dimostrassero adeguatamente all’intelletto per qualemotivo le cose stessero cosı, e in che modo venissero trovate26”.

Newton compie la sua scelta fondamentale e si propone, sin dalla prima paginadei Principia, in continuita con i greci ed in contrapposizione con l’indirizzoalgebrico cartesiano. In questo modo egli delinea, implicitamente, il suo modo diapprocciarsi alla natura, sul quale mi soffermero alla fine del prossimo paragrafo.

Nella sua ottica, la geometria antica era, dunque, esemplare in quanto gli appa-riva “semplice, elegante, concisa, adatta ai problemi posti, sempre interpretabilein termini di oggetti esistenti. In particolare, secondo Newton, le dimostrazionigeometriche avevano un contenuto referenziale certo27”.

25Cfr. Newton, op. cit., pp. 156-157.26Cfr. Rene Descartes. Regole per la guida dell’intelligenza. Milano: Bompiani, 2000, p. 171. Al

di la della disputa matematica, mi pare ancor piu interessante evidenziare che le Regole non sonoun testo matematico, ma di portata metodologica, il che rende ancora piu profonda l’opposizionetra i due filosofi. Inoltre, questo passo si trova nella quarta regola, intitolata “E necessario unmetodo per investigare la verita delle cose”.

27cfr. Guicciardini, op. cit., p. 29.

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Se, inoltre, “la geometria [. . . ] si fonda sulla prassi della meccanica”, l’ideabasilare e che, poiche le forze generano traiettorie, allora e possibile conoscerne unaquando si e in grado di ri-generarla28. Newton pone la sua attenzione sulle pratichecostruttive del conoscere, in questo caso matematico, umano. La doppia centralitadell’intuizione geometrica e del riferimento oggettivo ed immediato proprio dellageometria e confermata dal fatto che i Principia sono scritti, appunto, in linguaggiogeometrico, e non penso si debba aggiungere altro per mostrarne l’importanza.

Questo, naturalmente, non vuol dire che Newton non facesse uso del calcolosimbolico. Come accennavo in una nota, Newton faceva di esso un uso “privato”29,preferendo tradurne i risultati in linguaggio geometrico, in quanto si trattavaessenzialmente di problemi geometrici. Egli lo considerava, pertanto, niente piuche uno strumento, a volte determinante, in grado di risolvere problemi spinosi,senza, per questo, caricarlo di altri e piu fondamentali significati.

Nell’ottica newtoniana era fondamentale trattare o, comunque, ricondurre unproblema alla geometria in quanto la costruzione geometrica, e non la simbologiaalgebrica in se, e cio che legittima il passaggio dalla matematica alla natura. In altritermini, attraverso la geometria e possibile, secondo Newton, ri-costruire qualcosadi esistente, col vantaggio di non dover fare i conti con la problematica simbologiadell’algebra30.

In aperta polemica con la Geometria “algebrica” di Cartesio, Newton preferiscela costruttivita e l’intuitivita della geometria di stampo greco, alla senz’altro mag-giore generalita31 che l’algebra cartesiana rende possibile, in quanto quest’ultimanon permetterebbe un’immediata interpretazione in termini di fenomeni naturali.Prova ne e la sezione V del I libro, veicolo della polemica anticartesiana, nella qualeNewton risolve un problema, gia di Pappo, geometricamente, senza far riferimentoalla mancanza di generalita che la sua soluzione comporta, rispetto al metodo

28Questo aspetto emerge, come visto, gia implicitamente sul modo newtoniano di affrontare ilproblema del calcolo dell’area sottesa ad una curva. Nell’ottica di Newton, il movimento di unpunto disegna la curva. A questo proposito, ancora una volta, e importante sottolineare il fattoche Newton intenda le figure geometriche dinamicamente.

29Wilson (cfr. Curtis Wilson. “The precession of the equinoxes from Newton to d’Alembertand Euler”. In: The General History of Astronomy 2 [1995], pp. 47–54) riscontra un tale uso neiPrincipia riguardo ai problemi spinosi creati dal moto lunare, cfr. Newton, op. cit., Libro III,Prop. 25-35.

30E bene tenere presente che questi aspetti vanno riferiti, nella loro generalita, alla matematicadel Settecento, in quanto anche Cartesio, Leibniz ed i matematici del Seicento riconosconol’importanza della geometria nel momento della “solutio”, della costruzione geometrica deirisultati. Cio che, anche rispetto ai suoi contemporanei, Newton non condivide e l’eccessivafiducia nelle procedure simboliche che, in base a quanto detto, non possono essere ancora chiamateanalitiche in senso proprio. Di parere opposto a quello di Newton e Cartesio.

31Quello della generalita, almeno nel Seicento, non era sempre ritenuto un requisito necessarioche la soluzione di un problema dovesse irrimediabilmente esibire. Ad esso poteva essere preferitala specificita di una soluzione, in quanto poteva essere ritenuta in grado di svelare meglio l’essenzadi un problema rispetto alla generalita. Resta il fatto che e proprio quest’ultima il requisito sucui punta da fisica del Settecento e non solo.

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cartesiano32. I matematici continentali, al di la dell’indubbio influsso di Cartesio,sono stati pesantemente influenzati dal calcolo e dalle scoperte matematiche diLeibniz, il quale, in maniera diametralmente opposta a Newton, era un convintopromotore della nuova analisi, preferendo lavorare e mettendo al centro dei suoiinteresse una simbologia, newtonianamente, irrimediabilmente ambigua33.

A mio giudizio, queste sono, sommariamente, le questioni ed i problemi chele scelte matematiche newtoniane pongono in primo piano, anche e non solo allascienza del Settecento.

Prima di soffermarmi brevemente sulle conseguenze filosofiche della costruzionegeometrica newtoniana, come termine di paragone e di partenza per discutere dellascienza del Settecento, e necessario introdurre alcuni aspetti del metodo scientificodei Principia.

Per ora ci si puo accontentare di un primo risultato. Dopo questa brevecaratterizzazione della geometria, e soprattutto del suo significato epistemologicoin Newton, rileggendo la citazione lagrangeana, emerge ancor piu chiaramente ladistanza matematica e strategica del pensiero di Newton da quello del Settecento,che recupera la sensibilita cartesiana alla generalita. Sviluppero in seguito questopunto, per ora mi pare sufficientemente chiara la citazione di Lagrange per avereun’idea, sia pur generica, della sua distanza matematica dai Principia.

2.1.2.2 Aspetti del metodo scientifico newtoniano

Se i Principia non svolgono una funzione paradigmatica per quanto riguardal’aspetto fin qui esaminato, dal punto di vista metodologico del fare scienza segnanouna profonda rottura col passato e, nello stesso tempo, l’istituzionalizzazionescientifica di un nuovo modo di fare scienza34. La novita di un tale atteggiamentosi riflette e si manifesta gia nello stile espositivo, vale a dire nel modo in cui sonodisposte le argomentazioni, dei Principia.

Se si osserva la struttura dell’opera, si nota subito una novita: la discussionematematica precede, ed in questo caso permette, la filosofia naturale e la ricercadelle cause fisiche del moto, esposte, appunto, nell’ultima parte dell’opera35. Questo

32A cio si aggiunge che, tra l’altro, nell’economia dell’opera, tale sezione V risulta essere disecondaria importanza. Cartesio, nella sua Geometria, aveva risolto analiticamente lo stessoproblema affermando che, sostanzialmente, non era mai stato risolto in maniera completa.

33Per lo sviluppo della matematica del Settecento ha senz’altro un ruolo fondamentale Leibnizsul quale, tuttavia, non posso soffermarmi, in quanto non e mia intenzione fare una storiadel calcolo. Il mio scopo principale, in questa parte del lavoro, e di far emergere un tipo diconcettualita che, nello specifico, tiene insieme matematica, fisica e filosofia, senza soluzione dicontinuita. La necessita di giungere al cuore del discorso, vale a dire il rapporto tra l’analisialgebrica di Lagrange e la natura, mi impone forti limiti.

34Faccio riferimento a cio che Cohen, nel suo La rivoluzione newtoniana, chiama “stile newto-niano”. Un esempio concreto di cio si vedra nel modo in cui, da Newton a Poincare, quasi senzaeccezioni, e stato affrontato il problema dei tre corpi.

35Il terzo libro dei Principia inizia cosı: “Nei libri precedenti ho trattato dei Principi dellaFilosofia, non filosofici tuttavia, ma soltanto matematici, a partire dai quali, pero, si puo discuteredi cose [res] filosofiche” (cfr. Newton, op. cit., p. 607).

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aspetto e il riflesso di un nuovo modo di porre in relazione la matematica e la natura.Una volta individuati i principi matematici del moto in maniera del tutto astratta,e possibile, secondo Newton, porsi domande sulle cause di quanto descritto nelmodello e proporne in generale un significato filosofico36, oltre che un’applicazionequantitativa al reale, tale da poter costituire, almeno nelle intenzioni, un “sistemadel mondo”, cosı s’intitola il terzo libro dei Principia37.

Al fine di evitare ogni ingenua confusione tra discussione matematica e fisica,Newton torna spesso su questa distinzione:

“Nello stesso senso generale assumo la parola impulso, in quanto in questotrattato esamino, come ho spiegato nelle definizioni, non le specie delle forze e lequalita fisiche, ma le quantita e le proporzioni matematiche. In matematica vannoinvestigate quelle quantita e quei rapporti delle forze che discendono dalle qualsiasicondizioni poste; ma quando si passa alla fisica, questi rapporti si devono confrontarecon i fenomeni, affinche si sappia quali condizioni delle forze convengano ai diversigeneri dei corpi attrattivi. Allora soltanto sara lecito discutere piu sicuramenteintorno alle specie, alle cause e alle ragioni fisiche delle forze38”.

Newton ha cosı introdotto un nuovo modo d’impostare la ricerca scientifica.Di certo, si puo dire che egli era consapevole che nei primi due libri della suaopera maggiore aveva dato vita ad una costruzione al limite matematicamenteperfetta, che pero, nel momento in cui veniva applicata alla realta, non coincidevaaltrettanto perfettamente con essa, rendendo, pertanto, necessaria una vera epropria interazione tra modello matematico e natura. Nel III libro, ad esempio,afferma che se i pianeti non si attraessero tra loro reciprocamente, ma a coppie,le orbite sarebbero ellittiche39; cosı, pero, non e, e Newton se ne rendeva contoperfettamente, per questo motivo si trattava essenzialmente di affinare il modellomatematico40 in modo da renderlo il piu vicino possibile alla realta. Nei primi duelibri, Newton conduce una discussione matematica, in cui introduce scolii filosofici,

36La prassi era di solito opposta a quella newtoniana, prova ne e la reazione degli scienziatieuropei, ed in particolare cartesiani, alla prima apparizione dei Principia. A questo proposito,si pensi a Kepler, che anteponeva, appunto, le cause alla matematica. La sua opera del 1609s’intitola: “Astronomia nova aitiologetos, seu physica coelestis tradita commentariis de motibusstellae Martis, ex observationibus G.V. Tychonis Brahe”.

37Proprio qui, nello schema dell’opera, si ripropone la distinzione tra analitico e sintetico caraa Newton. Nello specifico, i primi due libri sono analitici, il terzo sintetico. Dai fenomeni giungoalle forze, stabilite le forze giungo ai fenomeni.

38Cfr. Newton, op. cit., p. 345.39Cfr. ibid., p. 643: “Poiche le gravita dei pianeti verso il Sole sono inversamente proporzionali

ai quadrati delle distanze dal centro del Sole, se il Sole fosse in quiete e i pianeti rimanenti nonagissero uno sull’altro, le loro orbite sarebbero ellittiche, avendo il Sole come fuoco comune, e ladescrizione delle aree sarebbe proporzionale ai tempi”. Newton afferma che nella maggior partedei casi le perturbazioni sono trascurabili, tranne, ad esempio, l’influsso di Giove su Saturno. Diqui, egli procede ad una determinazione della perturbazione.

40Rispetto a Galilei e interessante notare che la novita newtoniana consiste, a mio giudizio, nelfatto che la teoria newtoniana e prima di tutto matematica, mentre quella galileiana e prima ditutto osservativa. Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Galilei, piu volte ed invario modo, afferma la necessita di “difalcare gli impedimenti della materia” (cfr. Galileo Galilei.“Diaologo sopra i due massimi sistemi del mondo”. In: Opere. Vol. 2. Torino: UTET, 2005, p. 260).Questo tipo di atteggiamento implica un’azione dell’esperimento e sull’oggetto, mentre nell’ottica

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in modo da non farla sembrare vuota e in modo da indirizzarla al confronto, nelterzo libro con i dati astronomici41. In particolare, Newton, sulla linea d’indagineche prevedeva la complicazione di modelli matematici semplici42, sviluppo, inriferimento ai problemi dovuti alla reciproca attrazione dei pianeti, tecniche percontrollare le perturbazioni, che ebbero molta fortuna, basti ricordare il modoin cui, prima di Poincare, veniva affrontato il problema dei tre corpi su cui midilunghero in seguito43.

Procedendo con ordine si puo dire che Newton, prima dell’appena accennatainterazione tra modello e natura, non sviluppa direttamente soluzioni di singoliproblemi fisici posti, com’era uso comune; al contrario, propone prima una teoriagenerale e matematica del moto, sviluppandola dal caso piu semplice a quellopiu complesso. Quest’elemento va tenuto ben presente in quanto costituisce unodei Leitmotiv della scienza moderna, e non solo dell’opera maggiore di Newton.All’interno di questo capitolo emergera, tra l’altro, proprio questo presupposto,nelle sue varie forme, assieme all’idea su cui si fonda. Per quanto riguarda Newton,si possono citare i Principia: �La natura, infatti, e semplice e non sovrabbonda incause superflue delle cose44�.

Una volta esposta una teoria generale e rigorosamente matematica del moto,Newton espone quei “Fenomeni”45, di cui ha senz’altro tenuto matematicamente equalitativamente conto nella formulazione della stessa teoria46, e che rappresentano

di Newton l’azione avviene sul modello matematico generale. Mi pare, a questo proposito, dipoter far riferimento alla distinzione, proposta da Smith in “The methodology of the Principia”,tra il “se. . . allora” newtoniano e il “quando. . . allora” galileiano.

41Cfr. Newton, op. cit., p. 607: “Nei libri precedenti ho trattato i Principi della Filosofia, nonfilosofici tuttavia, ma soltanto matematici, a partire dai quali, pero, si puo discutere di cosefilosofiche. [. . . ]. Tuttavia, affinche non sembrassero vuoti, ho illustrato le medesime con alcuniscolii filosofici, trattando quelle cose che sono generali, e sulle quali, massimamente, la filosofiasembra essere fondata”.

42Se nella sezione XI del primo libro Newton si occupa del moto dei pianeti intesi come puntiinestesi, nelle sezioni successive considera, per complicazione, i pianeti come corpi estesi.

43Da un punto di vista strettamente scientifico, ci sono naturalmente differenze tra l’approcciodi Newton e quello delle successive generazioni di scienziati, tuttavia, l’impostazione concettualedel problema, dal piu semplice al piu complicato, resta costante. In particolare, mi riferisco all’ideache tutte le proprieta di un complesso siano riducibili ai suoi elementi semplici e costitutivi.

44Cfr. Newton, op. cit., p. 609.45La collocazione editoriale dei “Fenomeni”, indica la sua funzione di raccordo tra lo studio

matematico generale e gli effettivi problemi che si tratta di risolvere.46In questo modo si spiega l’attenzione matematica dedicata da Newton, nel primo libro

all’inverso del quadrato della distanza. Avere presente una tale linea guida non vuol dire, pero,mescolare natura e matematica all’interno della teoria generale e matematica del moto. Un buonesempio di quanto detto e, nello stesso tempo, del fatto che Newton procede dal semplice alcomplicato mi pare l’incipit della sezione XI del primo libro; a pagina 310 si legge: “Fin quiho esposto il moto dei corpi verso un centro immobile, quale, tuttavia, difficilmente esiste innatura. Infatti, le attrazioni, sogliono effettuarsi verso i corpi, e le azioni dei corpi attraentie attratti sono, per la terza legge, sempre tutte uguali; percio non puo giacere in quiete ne ilcorpo attraente ne quello attratto, se i corpi sono due, ma entrambi, [. . . ], come per effetto diun’attrazione scambievole, ruotano intorno ad un comune centro di gravita; e se i corpi sononumerosi, quelli o sono attratti da uno solo e lo attraggono, oppure si attraggono tutti fra loro; edevono essere mossi fra loro in tal modo che il comune centro di gravita o giace in quiete o si

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il medio tra la matematica e la natura. Ho accennato in una nota che la teoriadi Newton e quantitativa, e non propriamente osservativa. In questo senso i“fenomeni”, pur basandosi sulle osservazioni, vanno al di la di esse, in quantoquest’ultime sono discrete e locali, mentre i primi cercano di comporre un quadroiniziale che rappresenta, nel caso della meccanica celeste, l’insieme delle regole delmovimento dei pianeti. Per questa prima razionalizzazione dell’osservazione, e nonsolo, Newton si serve di “Regole” filosofiche che sono, appunto, poste subito primadei “Fenomeni”.

Di qui, la teoria generale del moto da un lato e i “Fenomeni” dall’altro, per-mettono a Newton di poter dar conto della realta. Della teoria generale del motoassumono rilievo maggiore quelle parti in grado di spiegare i “Fenomeni”.

Come mostra il precedente passo citato del III libro dei Principia, i problemifisici non sono perfettamente sovrapponibili alla loro caratterizzazione matematica,di conseguenza si stabilisce un rapporto virtuosamente circolare tra matematica enatura, il cui fine e di migliorare il piu possibile il modello matematico.

Nel momento in cui si doveva risolvere un problema particolare, data la teoriagenerale del moto ed i “Fenomeni”, l’interazione tra matematica e natura consistevanel tradurre un problema fisico in un problema matematico. La strada che bisognavapercorrere per rispondere alle questioni poste prevedeva una semplificazione edun’astrazione del problema fisico. Da cio venivano dedotte conseguenze matematichesu cio che era oggetto di studio, cercandone una descrizione quantitativa che fossela migliore possibile. In secondo luogo, proprio in base al fatto che la traduzionematematica costituiva un duplicato47 semplificato ed astratto della natura fisica,era lecito un confronto volto ad indicare quanto i risultati del modello matematicofossero distanti dalle osservazioni astronomiche, in modo tale da poterlo correggere,ripetendo quindi il percorso sin qui esposto48.

Un tale procedimento di correzione del modello, caratterizzato da una direzioneben definita, che va dal semplice e piu astratto al complicato e piu vicino allanatura, poteva concludersi nel momento in cui il modello matematico sembravarender conto in maniera sufficientemente accettabile del fenomeno in questione, omeglio delle osservazioni. Di qui, l’accuratezza dei risultati raggiunti dipendeva, perla mediazione dei “fenomeni”, dall’accuratezza e dalla precisione delle osservazioni,

muove uniformemente in linea retta. Per cui mi accingo ora ad esporre il moto dei corpi che siattraggono scambievolmente considerando le forze centripete come attrazioni, sebbene forse, se siparlasse fisicamente, dovrebbero essere dette piu correttamente impulsi. Ma ora, ci occupiamo diproposizioni matematiche, e per questo, abbandonate le discussioni di carattere fisico, ci serviamodi un discorso familiare, col quale possiamo essere piu facilmente capiti dai lettori matematici”.Da queste stesse righe, e in tutta la sezione in questione, e comunque ravvisabile, a mio giudizio,abbastanza chiaramente che nel pensiero newtoniano, almeno qui, sia presente una componentefisica, seppur matematicamente astratta. Con questo, tuttavia, non intendo sostenere che Newtonmescoli alla trattazione matematica proprieta o argomentazioni fisiche, ma semplicemente chesono i problemi fisici ad essere trattati matematicamente; prova ne e lo scolio alla sezione XI.

47Si e visto come la geometria, e piu in generale il metodo sintetico newtoniano, dei Principiamantenessero, secondo Newton, un riferimento ontologico certo, e comunque superiore rispettoalla “nuova analisi”.

48Su questo punto e utile consultare Cohen, La rivoluzione newtoniana.

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ammesso che il modello matematico rendesse disponibili risultati minimamenteaccettabili49. In questo complesso lavoro, il cui fine era quello di avvicinare ilpiu possibile matematica e natura, giocavano un ruolo fondamentale il fatto dipoter linearizzare50, o di approssimare al secondo ordine51, attraverso il metododelle prime ed ultime ragioni, le curve. Questo modo d’impostare i problemi avragrande fortuna in tutta la fisica successiva, in quanto si dimostrera uno strumentoestremamente utile e produttivo52.

Ricapitolando, i Principia di Newton risultano paradigmatici in quanto, nelcomplesso, rappresentano ad un tempo il nuovo modo e l’esempio fondamentale dellamaniera di trattare i fenomeni fisici53. Normalmente, come accennato, la ricercascientifica partiva dalle cause per giungere alle leggi matematiche; il capovolgimentodi questo schema ebbe proprio nei Principia il suo esempio piu importante. Oltre acio, a quest’opera va riconosciuto, come detto, il merito d’aver posto un’interazioneparticolare tra matematica e realta e di averla presentata come qualcosa in grado diprodurre risultati generali. Inoltre, Newton propone una teoria, che e al contempoesplicativa e predittiva, in grado di ricondurre sotto un unico principio diversi tipidi problemi.

Il modo di procedere che la scienza newtoniana propone e, metodologicamenteparlando, molto interessante in quanto, allo studio fisico premette la formulazionedi un modello matematico, di una teoria matematica generale del movimento,astratta da qualsiasi problematica fisica, tale da potersi, infine, confrontare con larealta fisica stessa.

E difficile, a questo punto, stabilire con nettezza lo statuto epistemologicoed ontologico del modello matematico newtoniano. Resta il fatto che da questaprospettiva lo stesso Newton non e mai stato chiaro.

Come tutte le grandi opere, i Principia, oltre agli indubbi ed epocali passiavanti, hanno creato e lasciato irrisolte tutta una serie di questioni con le quali sisono potuti e dovuti confrontare molti dei maggiori scienziati del Settecento e nonsolo. Uno di questi e la gravita. Se si legge lo Scolio generale, si ha l’impressione chea Newton non interessasse il problema filosofico della gravita. A quest’idea eranogiunti i primi lettori dei Principia, e non solo. In effetti, egli afferma esplicitamentedi non riuscire a spiegare la gravita, per lui,

“. . . e sufficiente che la gravita esista di fatto, agisca secondo le leggi da noi

49Da questa prospettiva, come si vedra, sin da Newton, il problema dei tre corpi ha creatoenormi grattacapi agli scienziati successivi.

50Si vedano a questo proposito: Newton, op. cit., Libro I, Lemmi VII, VIII e IX.51Cfr. ibid., Libro I, Lemmi X, XI.52Tutto cio e vero se si ha presente il fatto che il Settecento fara uso della nuova analisi e non

del calcolo geometrico di Newton. Nel contesto newtoniano, le approssimazioni hanno la funzionedi ricondurre un problema a qualcosa con cui si sa lavorare in modo da poterlo risolvere. Comemostrero, nel Settecento le approssimazioni assumono un ruolo fondamentale nella conoscenzadella natura, non solo da un punto di vista fisico-matematico. Di qui, diventera centrale ilconcetto, non piu solo matematico, di linearita

53E bene ricordare che il metodo newtoniano e stato applicato ad altri campi del sapere.

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esposte, e spieghi tutti i movimenti dei corpi celesti e del nostro mare54” A complicarela situazione, a pagina 612 si legge: “. . . non affermo affatto che la gravita siaessenziale ai corpi. Con forza insita intendo la sola forza di inerzia. Questa eimmutabile. La gravita allontanandosi dalla terra, diminuisce”.

In verita, dai manoscritti e dalle lettere emerge una realta molto diversa, unarealta piu privata nella quale Newton “finge” molte ipotesi, proprio perche ritienefondamentale la questione filosofica della gravita.

L’interesse per la questione filosofica “gravita” e testimoniato dal fatto cheNewton, anche dopo aver pubblicato i Principia, cambio piu volte orientamento.Se, ad esempio, nel 1702 affermava che nello spazio non c’e alcun mezzo, nel1693 e nel 1717-18 riteneva che, in realta un mezzo dovesse esistere. Mi pareche l’atteggiamento newtoniano sia ben compendiato dal seguente passo di unalettere indirizzata a Leibniz: �Ma se, nel frattempo, qualcuno spieghera la gravita,assieme a tutte le sue leggi, con l’azione di una qualche materia sottile. . . , io saroben lontano dal fare obiezioni55�.

In questo si sarebbe infatti risolta la questione della gravita una volta per tutte.Al di la dell’atteggiamento fortemente pragmatico del Newton ufficiale dei

Principia, sottolineato dal fatto che egli ammette esplicitamente di non riuscirea dare una spiegazione della gravita, cosa al quanto incresciosa per i tempi, enonostante cio decide di pubblicare i Principia, accanto all’interesse filosofico perla questione e presente un profondo interesse teologico. Nell’ottica di Newton, nonera possibile ridurre tutto a movimento e materia, come avveniva nella filosofiameccanicista cartesiana; gli studi alchemici e teologici di Newton, tenuti sempresegreti, erano volti proprio all’individuazione di un principio attivo nella natura. Loscolio generale e lo scambio epistolare con Bentley sulla questione delle stelle fissesono proprio la testimonianza dell’urgenza dell’aspetto teologico accanto quellofilosofico56. Se Newton ha potuto cambiare idea filosofica sulla gravita, fino adaffermare quanto scritto nella lettera a Leibniz citata, dal punto di vista teologicoNewton e stato sempre fermo nelle sue convinzioni riguardo i problemi esposti.

Riprendendo la metafora della lettura, mi pare che, per quanto riguarda Newtonnon ci si trovi rigidamente collocati in nessuna delle due alternative, in quanto per luileggere il libro della natura voleva dire ricostruirne geometricamente le dinamiche,in modo da mantenere un riferimento, e non una coincidenza, ontologico diretto57,al di la dei problemi di generalita dei risultati che tali costruzioni geometricheimplicavano.

Al di la della vaghezza e del disinteresse filosofico newtoniano, per cui sostanzial-mente il suo sistema era valido solo in quanto funzionava, come del resto mostranole ultime due citazioni, la centralita della geometria, e tutto il discorso intorno ad

54Cfr. Newton, op. cit., p. 802.55Il passo e citato in Bernard Cohen. La rivoluzione newtoniana. Milano: Feltrinelli, 1982,

p. 121. Faccio riferimento a queste pagine per l’impostazione generale di Newton riguardo alproblema che sto trattando.

56Su questi argomenti cfr. Guicciardini, Newton: un filosofo della natura e il sistema del mondo.57cfr. idem, Reading the Principia, p. 35.

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essa, rappresentano un indizio importante che porta a pensare che Newton, piu omeno esplicitamente, sostenesse un’ineliminabile analogia58 tra una matematicain vesti geometriche e la natura, che non implicava, almeno in Newton, una lorototale coincidenza, che emergera pienamente solo con Lagrange, Laplace e Fourier.Se si prende in considerazione il Timeo di Platone, si vede bene la distanza tra unageometria carica di significati ontologici, ed una geometria, quella dei Principia,che cerca di ri-costruire il mondo in un’analogia compositiva con l’atto e col di-segno di Dio, che comunque rimane sostanzialmente distante, in quanto, secondoNewton, non e possibile ridurre, neanche i soli moti planetari, a materia e moto59.�Tutti questi moti regolari non hanno origine da cause meccaniche [. . . ]. Questaelegantissima compagine del Sole, dei pianeti e delle comete non pote nascere senzail disegno [consilio] e la potenza di un ente intelligente e potente60�.

Mi pare interessante soffermarmi, infine, sul termine “consilium”. Essendoriferito a Dio, deve assumere un’accezione forte, nel qual senso si riferisce ad unadecisione, ad una scelta operativa, attuativa e progettuale. Se a cio si aggiunge cheNewton ritiene che la geometria sia il linguaggio della natura, e quest’ultima eun’espressione divina, si comprende bene che il compito dei “geometri” sia quellodi ricostruire geometricamente il piano e l’ordinamento del cosmo, la scelta divina,senza con questo arrivare a Dio stesso. In questo caso, leggere la natura vuol dire,pertanto, approfondire l’analogia tra creato e ricostruzione geometrica. In base aquanto detto in questi due paragrafi, mi pare di poter escludere una coincidenzatra matematica e natura, come emergera nel Settecento, in quanto, per Newton,ripeto, non si puo ridurre il cosmo a moto e materia, ma bisogna introdurre, comemostra la citazione, una componente esterna alla scienza.

2.1.3 L’analisi algebrica

Gia prima di Cartesio era noto che le espressioni algebriche, rispetto alle costruzionigeometriche, lasciavano meno spazio all’intuizione e, appunto, alla costruzione, mafornivano una generalita di risultati indubbiamente maggiore e piu solida.

Il Settecento continentale, per questo motivo, e poiche era imbevuto di matema-tica leibniziana, sviluppa il calcolo e, se cosı si puo dire, sostituisce gradualmenteal linguaggio geometrico dei Principia il linguaggio analitico del calcolo. Se, in-fatti, Newton propone innanzitutto una teoria generale e matematica, i fisici delSettecento ritengono di poter ampliare tale generalita sostituendo alla geometrial’analisi61. Come punto d’arrivo di questo percorso puo esser, a mio giudizio, presa

58Cfr. Newton, op. cit., p. 611: “Certamente, contro il progresso continuo degli esperimenti nondevono essere inventati sconsideratamente dei sogni, ne ci si deve allontanare dall’analogia dellanatura, dato che essa suole essere semplice e sempre conforme a se”.

59Si considerino, a questo proposito, l’enorme mole di studi newtoniani che esulano dallamatematica e dalla meccanica, e che riguardano la Bibbia e l’alchimia.

60Cfr. Newton, op. cit., p. 798.61Bisogna avere presente che l’analisi settecentesca non e ne l’analisi di Newton ne quella di

Leibniz, in quanto, sempre al fine di risolvere problemi fisici, vengono introdotti strumenti emetodi completamente nuovi. La traduzione dei risultati dei Principia e del suo metodo nel

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la Mechanique analitique62 di Lagrange, nella quale si coglie con mano il definitivodistacco dalla geometria tanto cara a Newton. Data l’importanza strategica, mipare utile riproporre, a questo punto il passo lagrangeano:

“Abbiamo gia vari trattati di meccanica, ma il piano di questo e interamentenuovo. Io intendo ridurre la teoria di questa scienza, e l’arte di risolvere i problemirelativi ad essa, a formule generali, il semplice sviluppo delle quali fornisca tuttele equazioni necessarie per la soluzione di ciascun problema. Spero che la manierain cui ho cercato di raggiungere quest’obiettivo non lasci nulla a desiderare. [. . . ].In quest’opera non si trovera nessuna figura [figures]. I metodi che vi espongo nonrichiedono ne costruzioni ne ragionamenti geometrici o meccanici, ma soltanto delleoperazioni algebriche, sottoposte ad un procedimento regolare e uniforme. Coloroche amano l’analisi, vedranno con piacere che la meccanica ne e diventata unabranca [branche], e mi saranno grati di averne cosı esteso il dominio63”.

Dal punto di vista filosofico, il passaggio dalla geometria al calcolo non e affattoprivo di conseguenze. Degno di nota e che se Newton considerava la matematicaparte della meccanica, Lagrange, in maniera diametralmente opposta, considerala meccanica una parte della matematica. Com’e facile notare, l’attore principaledella fisica e della matematica diventa l’equazione differenziale, vale a dire quell’e-spressione in grado di tradurre il movimento in un linguaggio matematico analitico,la cui generalita permetteva, almeno di principio di comprendere esaustivamente,almeno cosı si pensava nel Settecento, ogni tipo di problema fisico.

Mi pare, a questo punto, necessaria una precisazione. Dalle parole di Lagrangesi evince che non si tratta di una semplice traduzione di questioni fisiche in problemimatematici. Molto piu radicalmente, si puo sostenere che, essendo la meccanicauna “branca” della calcolo, la posizione fisica di un problema coincide64 con lasua forma matematica. Da cio ne consegue che tra matematica e realta non c’ealcun salto. Non solo nelle parole di Lagrange, ma anche in quelle di Laplace eFourier, tra gli scienziati piu influenti dell’epoca65, emerge che il compito di unvero scienziato era sostanzialmente quello di scrivere le equazioni differenziali del

linguaggio del calcolo e stata tutt’altro che semplice ed immediata. A questi sforzi, come mostrero,si accompagna una concezione del rapporto tra matematica e natura che, a mio modo di vedere,e estremamente distante dalle posizioni newtoniane.

62Faccio riferimento a questo testo e non a quelli piu strettamente matematici perche, come sivedra, il tentativo di risolvere problemi matematici e strettamente dipendente, almeno nel periodoin questione, da problemi fisici. E dunque nella Meccanica analitica, cosı come in opere si simileimpostazione, che, a mio giudizio, si da il quadro generale dell’epistemologia del tempo, in quantoin essa si tengono assieme filosofia, fisica e matematica. Da questo punto di vista, sono esemplarile opere di Laplace.

63Cfr. Lagrange, loc. cit. Traduzione mia. Su questo argomento, Cfr. Bottazzini, op. cit.64Fourier, a questa proposito, e ancora piu esplicito. In Jean B. J. Fourier. “Theorie analitique

de la chaleur”. In: Œuvres de Fourier. Vol. 1. Paris: Gauthier-Villars, 1888, p. XXIII si legge:“L’Analisi matematica e estesa tanto quanto la Natura”.

65E bene chiarire che mi riferisco a questi autori, sconfinando per altro nell’Ottocento, inquanto rappresentano il punto d’arrivo di un processo, lungo un secolo, di affermazione del calcoloe del suo conseguente svuotamento di significato geometrico. Da questa prospettiva, sebbeneEuler rappresenti un passo fondamentale verso i risultati di Lagrange, il suo calcolo ha ancoraun’interpretazione ed un riferimento geometrico che proprio Lagrange cerca in tutti modi diabbandonare definitivamente. Non mi dilungo su questi aspetti in quanto lo scopo che mi prefiggo

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fenomeno che si trova a studiare. Per alcuni aspetti, si ripropone, si badi bene negliintendimenti, quanto affermava, in una circostanza analoga, Tolomeo: �L’obiettivocui dovrebbe aspirare l’astronomo e questo: mostrare che i fenomeni celesti sonoprodotti da moti circolari uniformi�.

Filosoficamente parlando, in queste prospettive si tratta di pensare il realeall’interno di una concettualita chiusa e predeterminata che si pretende essere ingrado di risolvere ogni problema. Se da un lato si parla di moti circolari e dall’altrodi calcolo, mi pare possibile individuare, nella forma di concettualita appenaespressa, una forma di continuita, che va al di la del problema del cogliere l’essenzadi qualcosa, poiche configura quest’attivita attraverso il rispetto di procedure bendelimitate, all’interno dei limiti da esse stesse universalmente e necessariamentetracciati. Come emergera, il punto non e tanto il fatto che si faccia riferimento o siponga una concettualita chiusa, quanto il fatto che la si consideri l’unica possibile66,metodologicamente oltre che ontologicamente.

In piena sintonia col passo citato di Lagrange, Fourier afferma:

“Le equazioni differenziali della propagazione del calore esprimono le condizionipiu generali, e riducono le questioni fisiche e problemi di analisi pura e questa el’oggetto vero e proprio della teoria67”. [. . . ].

“Dopo aver stabilito queste equazioni differenziali, bisognava ottenerne gliintegrali: il che consiste nel passare da un’espressione generale a una soluzionespecifica soggetta a tutte le condizioni date. Questa ricerca difficile esigeva un’analisispeciale, fondata su teoremi nuovi, dei quali in questa sede potremo rendere manifestol’oggetto. Il metodo che ne deriva non lascia niente di vago e di indeterminato nellesoluzioni e porta fino alle ultime applicazioni numeriche, condizione necessaria diogni ricerca e scienza la quale non si arriverebbe che a delle inutili trasformazioni68”.[. . . ].

“Il suo attributo principale e la chiarezza; essa non possiede segni per esprimerele nozioni confuse. Essa avvicina i fenomeni piu diversi e scopre le analogie segreteche li uniscono. Se la materia ci sfugge, come quella dell’aria e della luce, per la suaestrema rarefazione; se gli oggetti sono lontani da noi nell’immensita dello spazio; sel’uomo vuole conoscere lo spettacolo dei cieli in epoche successive separate un grannumero di secoli; se le azioni della gravita e del calore si esercitano all’interno di unglobo solido, a profondita che saranno per sempre inaccessibili, l’analisi matematicapuo ancora afferrare le leggi di questi fenomeni. Essa ce li rende presenti e misurabili,e sembra essere una facolta della ragione destinata a supplire alla brevita dellavita e all’imperfezione dei sensi; e, il che e ancor piu degno di nota, segue lo stessometodo nello studio di tutti i fenomeni; li interpreta col medesimo linguaggio, comeper testimoniare l’unita e la semplicita del piano dell’universo, e rendere ancor piumanifesto l’ordine immutabile che presiede a tutte le cause naturali69”.

“Gli effetti del calore sono soggetti a leggi costanti che non possono esserescoperte senza l’aiuto dell’analisi matematica. La teoria che noi stiamo per esporre

e essenzialmente di soffermarmi sull’uso delle equazioni differenziali nel momento in cui divengono,appunto, il principale punto di riferimento degli scienziati, e non ricostruirne la genesi. Su questotema si puo consultare: Blay, op. cit.

66Filosoficamente parlando, tracciare dei confini di una forma di pensabilita vuol dire certamenteaprire uno spazio di pensabilita e possibilita, ma anche, nello stesso tempo, escluderne a priorialtri.

67Cfr. Fourier, op. cit., p. XXI. Traduzione mia.68Cfr. ibid., p. XXII. Traduzione mia.69Cfr. ibid., p. XXIII. Traduzione mia.

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68 La linearita e la scienza moderna

ha per oggetto di dimostrare queste leggi; essa riduce tutte le ricerche fisiche sullapropagazione del calore a delle questioni di calcolo integrale al quale gli elementisono dati dall’esperienza70”.

Le parole di Fourier sono molto esplicite, “leggere” la natura vuol dire, qui,coglierne pienamente l’essenza, poter distinguere chiaramente essenze ed accidenti,poter delimitare ogni volta uno spazio concettuale all’interno del quale l’oggettoindagato e completamente, oggettivamente ed atemporalmente conosciuto.

Con la svolta analitico-algebrica, alla realta fisica vengono affidati compiti benprecisi:

“Lo studio profondo della natura e la fonte piu fertile delle scoperte matematiche.Questo studio non ha solo il vantaggio, presentando un oggetto ben determinatod’indagine, di escludere questioni vaghe e calcoli senza scopo; esso e inoltre unmetodo sicuro per costituire l’analisi stessa e per scoprire elementi che c’interessaconoscere e che le scienze naturali devono sempre preservare: questi sono gli elementifondamentali che si ripresentano in tutti i fenomeni naturali71”

Dalle citazioni precedenti, che a mio avviso presuppongono e vanno lette allaluce della gia discussa impostazione scientifico-metodologica lagrangeana, si vedebene come la realta fisica svolga un ruolo di sorgente dei problemi e di verifica deirisultati, il che e in perfetta sintonia con la concettualita del tempo.

C’e, tuttavia, un altro elemento fondamentale, un’ulteriore funzione della naturamolto interessante per la presente discussione; vale a dire, le proprieta fisiche, ossiale proprieta di una disciplina che e parte del calcolo, entrano legittimamente ingioco anche nei momenti piu strettamente matematici del lavoro dello scienziato,in quanto evitano d’incappare in “questioni vaghe e calcoli senza scopo”, in cuisi rischia di cadere attraverso una matematica “pura”. Si comprende bene come,in una simile situazione, la commistione tra natura e matematica, oltre ad essere“ovvia” in questo quadro culturale, era necessaria ed auspicata, in modo da potersuperare ogni tipo di problema, anche e soprattutto matematico, data la condizioneprecaria della fondazione del calcolo.

L’applicazione del calcolo e delle equazioni differenziali ai problemi fisici nonprocedeva, infatti, allo stesso ritmo della loro fondazione logico-matematica72,

70Cfr. ibid., p. 1. Traduzione mia.71Cfr. ibid., pp. XXII-XXIII. Traduzione mia.72Newton stesso affermava che il suo metodo per il calcolo “e brevemente esposto piuttosto

che accuratamente dimostrato”. Per una trattazione logicamente e matematicamente adeguatadel calcolo bisognera attendere Cauchy e Weierstrass. Su queste problematiche Bottazzini, Ilcalcolo sublime: storia dell’analisi matematica da Euler a Weierstrass; Boyer, op. cit.; Nikolaj S.Piskunov. Calcolo differenziale e integrale. 2 volumi. Roma: Editori Riuniti, 1975. Per quantoriguarda gli autori in questione, la condizione generale del calcolo era la seguente. Il curatore delleŒvres de Fourier, nell’edizione del 1888, sottolinea le riserve sul rigore gia espresse da Lagrangee Laplace all’opera di Fourier: il “metodo [di Fourier] consiste nell’esprimere con un integraledefinito la somma dei primi termini della serie, e poi di cercare il limite di questo integrale (Cfr.Fourier, op. cit., p. 158)”. Cfr. anche Morris Kline. La matematica nella cultura occidentale.Milano: Feltrinelli, 1976 e Morris Kline. La perdita della certezza. Milano: Arnoldo Mondadori,1985.

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La linearita e la scienza moderna 69

anzi quest’ultima, almeno fino all’inizio dell’Ottocento era spesso relegata insecondo piano, proprio a causa del susseguirsi dei pregevoli risultati73 della fisicamatematica74.

Questo aspetto va sottolineato perche, nonostante il calcolo fosse lontano daun’adeguazione fondazione matematica, le equazioni differenziali rappresentavano,anche a livello esemplare per le altre discipline, la via obbligata di ogni proposizionematematica, fisica o filosofica che pretendesse di affermare qualcosa sul mondo, chefosse in grado di rispondere adeguatamente alle questioni poste, e soprattutto almodo in cui esse erano poste. Nel tessuto delle opere dei maggiori esponenti dellascienza postnewtoniana e palese lo sforzo e la considerazione in base alla quale,attraverso le equazioni differenziali, era possibile trattare esaustivamente ogni tipodi dinamica fisica che s’intendeva studiare.

La tanto desiderata generalita spingeva sempre piu nella direzione di unaformalizzazione, o meglio di una algebrizzazione dell’analisi, tesa ad escludere ogniriferimento o interpretazione geometrica del calcolo75. L’idea fondamentale erasostanzialmente che, presupposta la sovrapponibilita di realta e matematica, cifosse bisogno di riuscire ad esprimere e a trattare oggetti di studio con la massimaformalita possibile.

Per una maggiore chiarezza mi pare utile far riferimento allo schema secondoil quale Fraser76 periodizza i tre momenti fondamentali della storia del calcolo.Egli distingue tra un primo periodo “geometrico”, nel quale sono predominanticoncezioni e problemi geometrici; un secondo periodo “algebrico”, le cui tappefondamentali sono rappresentate dai lavori di Euler e Lagrange, che e il periodo

73L’utilita pubblica dei lavori e spesso sottolineata nelle opere degli autori che sto considerando,e non va mai, a mio modo di vedere, sottovalutata. Sia nel Discorso preliminare (XVII) sianel corpo della Theorie analitique de la chaleur, Fourier sottolinea proprio la funzione socialedel suo lavoro. A pagina 1 si dice: “Nessun argomento ha rapporti piu estesi con il progressodell’industria”. Traduzione mia.

74A spiegare il modo di fare ricerca in questa direzione era anche e soprattutto la particolaresituazione politico-sociale del tempo; si e tra Settecento e Ottocento, periodo al quanto caotico. LaRivoluzione francese, infatti, non ha avuto solo risvolti politici e sociali, ma anche culturali. Primadella Rivoluzione, i matematici non avevano l’obbligo dell’insegnamento e potevano svolgere leloro ricerche nelle accademie nelle quali confluivano risorse da parte di principi e sovrani. A cavallotra Settecento e Ottocento nascono numerose scuole, tra le quali ricordo l’Ecole polythecniquee l’Ecole normale superieure; uno dei loro scopi principali era essenzialmente quello di formareuna classe d’ingegneri, di persone in grado di applicare le conoscenze scientifiche a problemimilitari e sociali. Ad insegnare vennero chiamati i matematici piu illustri del tempo. Di qui,al di la dell’indirizzo tecnico, presente ad esempio in Fourier e Lagrange, dato alle scuole, nellequali comunque s’insegnava sia matematica pura che applicata, proprio l’obbligo della docenzaponeva nuovi problemi agli insegnati, che si trovarono a dover produrre manuali, la cui necessariachiarezza espositiva fu un ingrediente importante per l’emergenza del problema della mancanzadi rigore del calcolo (Kline, op. cit., Bottazzini, op. cit., pp. 214-240). Al di la di cio, ancorauna volta, il problema coscientemente posto era quello di sottoporre la fisica ed i nuovi e vecchiproblemi che essa poneva al calcolo, con la doppia finalita culturale e pragmatica.

75Cfr. Craig G. Fraser. “The calculus as algebraic analysis: some observations on mathematicalanalysis in the 18th century”. In: Archive for History of exact Sciences 39.4 (1989), pp. 317–335.

76Cfr. ibid., pp. 317-318.

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70 La linearita e la scienza moderna

discusso in queste pagine; ed infine un terzo periodo “dell’analisi classica”, daCauchy in poi77.

Senz’altro Lagrange “e il punto d’arrivo della formulazione del calcolo attraversol’approccio algebrico78”, tuttavia, a mio giudizio, una caratterizzazione esclusiva-mente matematica della questione e insufficiente al fine di coglierne la concettualitasottostante. Per questo motivo, e necessario avere sempre a mente quanto detto finqui, in particolar modo sul rapporto tra matematica e realta.

Scrivere un’equazione differenziale vuol dire, in generale, trattare matematica-mente un problema fisico, nei modi suddetti. Ora, si tratta di capire cosa imponesse,matematicamente e filosoficamente, la coincidenza di matematica e natura a La-grange, a colui che ha portato l’analisi algebrica alla sua piu alta formulazione. Untale modo di procedere mi pare necessario anche perche lo sviluppo del calcolosettecentesco ha preso la via della formalizzazione, la via “algebrica”, piuttosto chequella piu strettamente e rigorosamente fondazionale.

La detta coincidenza tra natura e matematica fa, innanzitutto, sı che quest’ul-tima possa ereditare ed utilizzare al suo interno ogni tipo di proprieta fisica delproblema in questione. In altri termini, come e emerso dalle parole di Fouriere di Lagrange, argomentazioni fisiche potevano dirigere legittimamente l’analisimatematica di un problema in una direzione piuttosto che in un’altra.

Se matematica e realta coincidono, e se il fatto di trattare problemi fisicipermette di evitare calcoli insensati, allora l’algebrizzazione dell’analisi assumeun significato ben preciso. Date, dunque, queste premesse, dal punto di vistamatematico, al fine di ottenere i risultati cercati, e sufficiente e necessaria la solaformalizzazione, quanto piu accurata possibile; la correttezza dei procedimentimatematici, accompagnata dalla certezza fisica dei risultati matematici, era, inquesto quadro concettuale, sinonimo di verita79. In altri termini, procedere inmaniera formalmente corretta era una garanzia sufficiente a decretare la veritadi un teorema. Il fatto che si trattasse di una formalizzazione di un fenomenofisico80, in tal modo reso trattabile, aveva come conseguenza il fatto che le soluzioni

77Naturalmente, una tale periodizzazione e soltanto orientativa, in quanto, ad esempio, in Eulerrimangono elementi “geometrici”, mentre l’impostazione lagrangeana avra un’enorme risonanzaper tutto l’ottocento, nonostante i lavori di Cauchy. In generale, inoltre, almeno fino a Boltzmannle equazioni differenziali restano il protagonista indiscusso di tutta la fisica.

78Cfr. Craig G. Fraser. “Joseph Louis Lagrange’s algebraical vision of the calculus”. In: HistoriaMathematica 14.1 (1987), pp. 38–53.

79Mi pare importante sottolineare la distanza tra la certezza di un riferimento ontologico cheNewton assicurava alle sue opere attraverso l’uso della geometria, basata sulla costruzione, ela certezza fisica del calcolo di Lagrange. Nel primo caso si puo parlare di analogia, come lostesso Newton fa, tra la costruzione che il mondo e e la ri-costruzione scientifica del geometra.Nel secondo caso ci si trova di fronte alla coincidenza di matematica e natura, per cui verrebbeaggirato il problema newtoniano del diretto riferimento ontologico.

80E bene tenere sempre presente che, in questo periodo, quando si parla di equazioni, o piuingenerale di espressioni matematiche, si sta parlando sempre di qualcosa di fisico. Di qui, tutti glistudi piu strettamente matematici erano tesi a creare strumenti per trovare soluzioni a problemifisici. A questo punto, a scanso di equivoci, e necessario ribadire che, da un punto di vistagnoseologico, la fisica viene prima della matematica, mentre, da un punto di vista ontologico, la

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La linearita e la scienza moderna 71

singolari o tutti quei casi in cui il teorema falliva erano ritenute “paradossali”, esemplicemente ignorati.

“L’analisi che abbiamo appena fornito e necessaria per non lasciare niente adesiderare sulla natura delle funzioni derivate; ma, come esse non riguardano che ilvalore di queste funzioni nei casi particolari, esse non influiscono affatto sulla teoriagenerale delle funzioni, finche si considera la sola forma e la sola derivazione dellefunzioni, la quale e conseguentemente indipendente dalle eccezioni che noi abbiamotrovato81”.

A questi paradossi era necessario rispondere all’interno dell’analisi algebrica.Il punto e che, trattando di equazioni differenziali, scritte a partire da fenomeninaturali che s’intende conoscere, e che in quanto tali esistono, e ammessa la liceitadi trasferire, e quindi usare, proprieta fisiche nelle trattazioni matematiche, venivaammessa, in sede matematica, l’esistenza delle soluzioni delle equazioni differenzia-li82. E solo con Cauchy che si iniziano a porre e a cercare di risolvere problemi diesistenza all’interno della matematica; la sua impostazione “classica” del calcoloera pertanto profondamente diversa dall’analisi algebrica di Euler e Lagrange. Percostoro, infatti, oltre agli aspetti fin qui evidenziati, ed in base ad essi, la nozione dirigore era, in generale, sinonimo di formalizzazione, mentre per la tradizione classicadel calcolo, inaugurata da Cauchy, rigore e sinonimo di fondazione del calcoloall’interno della sola matematica, con strumenti esclusivamente matematici83.

Una tale distinzione di approccio e sottolineata dal fatto che Lagrange, eprima di lui Euler, assumevano che ogni funzione fosse espandibile in serie dipotenze, salvaguardandone o, per meglio dire, presupponendone ed imponendonela derivabilita. In questo modo si otteneva un doppio risultato; da un lato, sipotevano manipolare le funzioni senza far ricorso agli infinitesimi o alla geometria,e dall’altro, era possibile risolvere esaustivamente ogni problema fisico, appuntoattraverso il solo formalismo. In altri termini, in questo modo erano possibili, aloro modo di vedere, la generalita e la correttezza auspicate.

A questo proposito, D’Alembert, anche laddove ha a che fare con un problema,fisicamente e matematicamente limitato nel tempo e nello spazio, afferma: �E

matematica viene prima della fisica. Rimane, infatti, valida l’affermazione galileiana, secondola quale la natura e scritta in caratteri matematici, se si eccettua il fatto che alla geometria sisostituisce il calcolo.

81Cfr. Joseph-Louis Lagrange. “Lecons sur le calcul des fonctions”. In: Œuvres de Lagrange.Tomo X. Paris: Gauthier-Villars, 1884, pp. 83-84. Traduzione mia. Questi aspetti sono trattatinegli articoli di Fraser considerati. Bisogna aggiungere che le parole di Lagrange vanno al di ladel suo atteggiamento verso questi problemi, offrendoci un tratto generale del suo periodo storico.Come afferma Israel (Giorgio Israel. “Il determinismo e la teoria delle equazioni differenzialiordinarie”. In: Physis XXVIII.2 [1991], pp. 340-341), Poisson, trent’anni dopo il passo di Lagrange,dopo aver avuto a che fare con difficolta simili, semplicemente le ignora nel suo trattato di dinamicadel 1833.

82Israel, in ibid. e in idem, La visione matematica della realta, afferma, in questa direzione, cheLaplace si comportava come se esistesse il teorema di esistenza ed unicita delle soluzioni delleequazioni differenziali ordinarie. Tale questioni sara introdotta da Cauchy solo nel 1827. Israel,nei detti testi, sottolinea l’assunzione, che definisce “metafisica”, di Laplace.

83Naturalmente non e Cauchy che porta l’analisi classica al suo piu ampio sviluppo, tuttavia,senza dilungarmi, mi pare di poter affermare che il suo contributo sia stato essenziale.

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72 La linearita e la scienza moderna

dunque evidente che attraverso la sola applicazione della Geometria e del calcolo, sipuo, senza l’aiuto di altri principi, trovare le proprieta generali del Movimento84�.

Di qui, si puo dire che la matematica e, in una prospettiva piu ampia, ilformalismo, in quanto tale, aveva lo scopo principale, all’interno di un’analisi, chesi andava definendo, “algebrica”, di poter sempre considerare ogni questione da unpunto di vista globale, o, nella terminologia che sto usando, generale.

L’attenzione verso la formalizzazione piu che verso la fondazione e bene espressada D’Alembert nel “Discorso preliminare” del suo Traite de dynamique, in cui silegge: �La certezza delle matematiche e un vantaggio che queste scienze devonoprincipalmente alla semplicita del loro oggetto85”. “Piu e esteso, e considerato inmodo generale ed astratto, l’oggetto che esse [= algebra, geometria e meccanica]abbracciano, piu i loro principi sono esenti da nubi e facili da afferrare.86�.

Da queste parole si evince che se l’oggetto di una disciplina e di ampia portataed astratto, allora i suoi principi sono piu evidenti e facilmente coglibili. Inoltre,piu e astratto un oggetto e piu e semplice, e quindi fondamentale. Dalla suasemplicita consegue anche che il tipo di certezza cui si fa riferimento nella conoscenzain generale nel caso delle matematiche, e quello piu alto. Di qui, il problemamatematico che, in generale, si pone, come notato, non e tanto fondazionale,quanto piu di correttezza formale.

Si puo dire, in generale, che nel Settecento, poiche la realta aveva un caratteredeterminato dalle precise configurazioni che assumeva, allora anche le equazionidifferenziali, in quanto essenza della realta, avevano lo stesso determinato carattere.Come si e visto, da un punto di vista strettamente matematico, non esistevanoteoremi che andassero in questa direzione.

In generale, pero, come detto, sono dell’opinione che un punto di vista esclusi-vamente matematico sia molto limitativo, laddove venga assolutizzato, ma tuttavianecessario, in quanto approfondisce una parte importantissima delle problematichefilosofico-scientifiche del periodo preso in esame, e non solo. Dato il rapportoparticolare tra matematica e natura, mi pare altrettanto importante puntare l’at-tenzione non solo sugli aspetti piu fisici e/o filosofici, quanto sulla loro interazione,necessaria per cercare di rendere conto dei presupposti e degli assunti ontologicied epistemologici sulla fattura del mondo e sul ruolo della matematica che sonopresenti in ogni tipo di conoscenza, e che sono ad un tempo cio che la permette ecio che la limita. In base ad i presupposti ontologici ed epistemologici emersi finqui, si vede bene come il lavoro concettuale degli autori presi sin qui in esame simuova nella direzione di una sempre maggiore e chiara identificazione dei confiniall’interno dei quali si compone la conoscenza della natura.

84Cfr. Jean B. D’Alembert. Traite de dynamique. Paris: David, 1758, pp. VIII-IX. Traduzionemia. Faccio notare che questo testo e del 1743, vale a dire un periodo in cui l’analisi algebricanon era ancora giunta alla formalizzazione lagrangeana. Cfr. Fraser, “The calculus as algebraicanalysis: some observations on mathematical analysis in the 18th century”.

85Cfr. D’Alembert, op. cit., p. I. Traduzione mia.86Cfr. ibid., p. II. Traduzione mia.

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La linearita e la scienza moderna 73

Da un punto di vista filosofico, emerge, in altri termini, che poter cogliere l’es-senza di qualcosa, poter delimitare uno spazio all’interno del quale siano contenutigli elementi costitutivi di qualcosa e all’esterno del quale si trovino quelli accidentali,vuol dire pensare ed assumere che sia sempre possibile, laddove si voglia risolvereun problema o conoscere qualcosa, arrivare ad elementi semplici e costitutivi, ingrado di rendere conto di ogni configurazione dell’oggetto in questione. E questo unmodo di procedere analitico, per scomposizione di cio che e complicato, in modo daridurlo al semplice, ai suoi elementi primi, anche e soprattutto in senso ontologico.

L’idea che per spiegare qualcosa sia sufficiente procedere dal semplice al com-plicato, porta con se che la complicazione non apporti alcuna modifica sostanzialealle proprieta degli elementi che la compongono. Questo accade perche gli elementisemplici sono anche caratterizzati ontologicamente, e perche si presuppone, in que-sto quadro concettuale chiuso, che non si diano proprieta tipiche di un complessodi elementi che non siano riconducibili essenzialmente ai suoi componenti.

In base a quanto detto, nel mondo della fisica che sto discutendo, e possibileriscontrare un simile tipo di concettualita che, per l’importanza ed i pensanti influssistorici che ha avuto in molte altre discipline, non ultima la filosofia, rappresenta, amio giudizio, un ottimo terreno di confronto per testare possibilita e limiti di unasiffatta concettualita, da un punto di vista filosofico.

Finora ho fatto riferimento ad un tipo di concettualita chiusa, cercando di farneemergere i caratteri salienti. Mi pare arrivato il momento di proporre un esempioconcreto che, da un lato mostri come effettivamente possa prender voce un similemodo di affrontare i problemi e d’impostare la ricerca e, dall’altro, di far emergerealtre questioni che finora sono rimaste sullo sfondo. In questo modo sara possibileporre al centro dell’attenzione uno degli scienziati piu importanti della storia, siada un punto di vista scientifico sia filosofico, vale a dire Laplace. Dai suoi scritti,infatti, oltre allo scienziato, viene fuori in maniera molto piu forte che, ad esempio,in quelli di Lagrange, la figura del filosofo. Questi due aspetti renderanno possibilechiarire ed esplicitare alcuni aspetti generali legati al rapporto tra le equazionidifferenziali e il mondo.

Procedendo con ordine, penso che una breve discussione filosofica dell’approccioal problema dei tre corpi possa illustrare quanto fin qui detto.

2.1.4 Il problema dei tre corpi

Il problema dei tre corpi mi pare particolarmente adatto ad esemplificare quantosta emergendo nel mio lavoro, perche esso mostra il modo in cui assunti sulla naturadel mondo possano contemporaneamente aprire degli utilissimi e produttivi spazi dipensabilita e, nello stesso tempo, vincolare la ricerca in una ed una sola direzione.In questo senso, il problema dei tre corpi e, a mio giudizio, emblematico perche, datiuna serie di fenomeni fisici e di strumenti matematici sufficienti per individuarlo

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74 La linearita e la scienza moderna

come una questione a se stante, almeno fino a Poincare, e stato trattato come ilproblema dei due corpi piu una perturbazione87.

Una discussione filosofica di un tale problema cerca, dunque, di cogliere, nuo-vamente e piu nello specifico, la riproposizione di uguali schemi di ricerca e diuna costante posizione delle questioni, nel gia proposto intreccio indissolubile dimatematica, fisica e filosofia. Essendo disponibili numerosi studi storici, sia fisicisia matematici, preferisco affrontare la questione con un approccio piu filosofico.

Nella storia del problema dei tre corpi si possono individuare degli aspettifisico-filosofici costanti. E proprio su quest’ultimi che mi voglio soffermare, senzapero dimenticare, nei limiti di questa impostazione, di far riferimento a innovazionimatematiche di particolare rilievo88.

La discontinuita dovuta alle innovazioni matematiche si accompagna ad unmodo pressoche identico di affrontare metodologicamente il problema; questo almenoda Newton a Poincare escluso. Questo fatto non e del tutto incomprensibile se sipensa che, nella modernita, la soluzione di molti problemi fisici era affidata allascoperta di nuovi metodi matematici, il cui scopo principale, almeno nell’analisialgebrica, era proprio quello di fornire mezzi sempre piu potenti alla fisica.

Nel delimitare il mio percorso, fin troppo stringato, mi soffermero sui punti chemi sono sembrati di maggiore interesse; il primo di essi non puo che essere l’operamaggiore di Newton.

Si e visto che Newton nel terzo libro dei Principia afferma, da un punto di vistagenerale, che se i corpi si attraessero esclusivamente a coppie, e se quello dotato dimassa maggiore, nelle rispettive coppie, fosse fermo, le orbite descritte sarebberoperfettamente kepleriane. Entrando nello specifico, afferma:

“Poiche i pianeti piu vicini al Sole (come Mercurio, Venere, Terra e Marte), acausa della piccolezza dei corpi agiscono l’uno sull’altro ben poco, gli afelii e i nodidi questi sono in quiete, salvo che siano perturbati dalle forze di Giove, di Saturnoe dei corpi superiori. Quindi, per la teoria della gravita, se ne puo ricavare che

87Da un punto di vista matematico, le serie erano considerate, nell’analisi algebrica, sem-plicemente come degli strumenti per risolvere problemi matematici, non gia come qualcosa diper se problematizzabile. Fraser, (Fraser, op. cit.; idem, “Joseph Louis Lagrange’s algebraicalvision of the calculus”), sottolinea come l’espansione in serie fosse proprio qualcosa di ovvio edaproblematico. Darboux, curatore dell’opera omnia di Fourier, sottolinea che per Fourier trattarerigorosamente le serie vuol dire “esprimere attraverso un integrale definito la somma degli mprimi termini della serie, e poi cercare il limite di questo integrale” (Cfr. Fourier, loc. cit.). Comevisto, questo aspetto puo esser ricondotto ad assunti inerenti la natura del mondo. Nel casospecifico, le serie erano implicitamente assunte come convergenti. Come si vedra, alla fine diquesto paragrafo, proprio sulla convergenza si rivolgono gli studi di Poincare, il quale, nonostantedimostri la divergenza, in merito al problema dei tre corpi, tuttavia non si spinse fino alle piuprofonde e catastrofiche conseguenze filosofiche e fisiche, o in generale, culturali cui il suo risultatofa implicito riferimento.

88Se si pensa alla sola matematica, infatti, Lagrange aveva un numero di strumenti moltomaggiori e molto piu potenti rispetto a Newton. Sono proprio le innovazioni matematiche chepermettono a Clairaut di confermare “definitivamente”, almeno cosı pensava anche Euler, chel’attrazione gravitazionale seguisse 1

r2.

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La linearita e la scienza moderna 75

gli afelii di questi si muovono alquanto in avanti, rispetto alle stelle fisse, e cio inragione della potenza 3

2delle distanze di questi pianeti dal Sole89”.

Tra i vari problemi dovuti alla reciproca attrazione, laddove le perturbazioni nonsiano trascurabili, a Newton non sfuggono, naturalmente, le irregolarita del motolunare, di cui, rispetto al valore ottenuto attraverso le osservazioni astronomiche,riesce a calcolare solo la meta dei risultati ottenuti attraverso l’osservazione. NellaProposizione XLV del primo libro, nella quale si ricerca “il moto degli absidi lungoorbite che si approssimano moltissimo ai cerchi90”, Newton, dopo aver ricavato isuoi risultati, afferma senza inserire ulteriori elementi che �l’abside della luna epiu veloce di circa il doppio91�.

La comprensione di una simile affermazione non progredisce quando, nelleProposizioni III e IV92 del terzo libro, compare un fattore “2” senza un’adeguataspiegazione all’interno del modello matematico del moto del primo libro ne in altriluoghi dei Principia, nonostante Newton imposti chiaramente la necessita di unostudio delle perturbazioni. Sono proprio quest’ultime che si vengono a configurarecome cio su cui concentrare l’attenzione per la soluzione del problema luna-terra-sole. L’attenzione newtoniana sulle perturbazioni, con tutti i suoi problemi interniai Principia, e un indice importante del modo in cui egli tratta il problema dei trecorpi.

Soffermarsi su questo punto e importante perche un tale modo d’impostare laricerca, in questo caso specifico, restera invariato per circa 200 anni, nonostanteindubbi progressi tecnici e matematici.

In generale, si puo dire che una perturbazione e tale rispetto a qualcosa di rego-lare che, in quanto tale, subisce una modificazione. Regolari, nel testo di Newton,sono, come visto, le orbite kepleriane, vale a dire quelle ottenute considerando soloe soltanto l’attrazione tra due pianeti. Newton, dunque, giunge al problema deitre corpi, per complicazione, poggiando sulla solubilita del problema dei due corpi,rispetto al quale l’oggetto di questo paragrafo ne e appunto una complicazione, inquanto si aggiunge alle orbite stabilite grazie a Kepler una perturbazione.

Per Newton e per i due secoli successivi affrontare il problema dei tre corpi eequivalente ad affrontare il problema dei due corpi piu una perturbazione93.

Nell’ultimo paragrafo di questo capitolo analizzo cosa presuppone e cosa com-porta un simile approccio, tuttavia, qui mi pare interessante sottolineare come siadel tutto comprensibile la detta equivalenza, in quanto tutti gli elementi in possessodegli scienziati potevano essere effettivamente interpretati nella detta direzione.A ben vedere, essendo il problema dei due corpi risolto, si trattava di aggiungere“solo” sue modificazioni; tuttavia, risolvere una tale questione, che appariva come

89Cfr. Newton, op. cit., p. 645.90Cfr. ibid., p. 281.91Cfr. ibid., p. 288.92Cfr. ibid., pp. 623-629.93Su questa linea il problema degli n corpi tra loro interagenti va affrontato aggiungendo nuove

perturbazioni.

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76 La linearita e la scienza moderna

un completamento di qualcosa che gia esiste, piu che un problema a se stante,risulto piu difficile del previsto94.

Da questa prospettiva, l’impostazione e le assunzioni newtoniane sono bencomprensibili, anzi del tutto condivisibili. Nello specifico, per quanto riguarda ilproblema della luna, Newton parte dall’“affermazione”, e non dalla “proposizione”,terza per la quale: �La forza per effetto della quale la Luna e trattenuta nellapropria orbita, tende verso la Terra, ed e inversamente proporzionale al quadratodella distanza dei luoghi dal centro della stessa.95�.

Di qui Newton assume, oltre alla circolarita dell’orbita lunare, che la terrasia ferma96. Si vede bene come egli ricrei le condizioni del moto dei due corpi,introducendo una perturbazione che va ad incidere solo sul moto lunare. Al di la diogni altro possibile approfondimento, quanto detto mi pare sufficiente per mostrarecome Newton imposti la questione in esame.

Se si considera la storia di questo problema emerge che, fino a Poincare escluso,l’impostazione newtoniana e rimasta sostanzialmente la medesima97.

E interessante a questo punto soffermarsi sul dibattito settecentesco intorno alproblema dei tre corpi, poiche possono emergere e chiarirsi elementi importanti, inparticolar modo filosofici, che veicolano alcune opzioni di fondo, non necessariamentecontraddittorie, sul modo di “leggere” la natura, proprie di questo modo specificodi impostare la soluzione del problema dei tre corpi.

Wilson98 afferma che il fondamentale passo avanti teorico della fisica del Sette-cento e stato quello di tradurre i problemi e le intuizioni newtoniane in equazionidifferenziali e relegare il loro aspetto geometrico alle particolarita che di volta involta si vanno ad indagare. Nonostante cio, come mostrato sin qui, il passaggiodalla geometria al calcolo e tutt’altro che privo di conseguenze epistemologiche edontologiche; tanto e vero che da questo punto di vista ho rilevato delle discontinuitatra Newton e tutti coloro che, nel Settecento come nell’Ottocento, si sono adoperatiper sviluppare la fisica all’interno dell’approccio algebrico all’analisi.

Verso la meta del Settecento il dibattito scientifico intorno al problema dei trecorpi diviene particolarmente acceso grazie agli interventi di Euler, D’Alembert eClairaut, fino a diventare rovente soprattutto a causa della polemica scoppiata traquest’ultimo e Buffon99.

94Com’e noto, in realta il problema dei tre corpi, nella sua globalita, risulta insolubile.95Cfr. Newton, op. cit., p. 623.96Cfr. ibid., Libro III, Prop. XXVI.97L’impostazione del problema generale in questi termini e ribadita da Euler. Si deve aggiungere

che nel Settecento e nell’Ottocento vengono sviluppate situazioni particolari in cui il problemadei tre corpi puo facilmente trovare una soluzione. Questi casi, si veda soprattutto Lagrange, nonriguardano la soluzione generale del problema.

98Cfr. Curtis Wilson. “The problem of perturbation analytically treated: Euler, Clairaut,d’Alembert”. In: The General History of Astronomy 2 (1995), pp. 89–107.

99I testi principali ed iniziali di questo dibattito sono i seguenti. D’Alembert, Idee generale d’unmethode par laquelle on peut determiner le mouvements de toutes les planets, en ayant egarda leur action mutuelle, 1746; Leonard Euler. “Recherches sur le mouvement des corps clestesen general”. In: Opera omnia. Vol. 25. Serie 2. Lipsia, 1960, 1747, pubblicato nel 1749; Euler,Recherches sur la question des inegalites du mouvement de Saturn et de Jupiter, 1748, pubblicato

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La linearita e la scienza moderna 77

In due memorie, Recherches sur le mouvement des corps clestes en general eRecherches sur la question des inegalites du mouvement de Saturn et de Jupiter,Euler fissa alcune vie possibili, battendo le quali potrebbe individuarsi la solu-zione del problema dei tre corpi. Va subito detto che egli imposta la sua ricercaprocedendo dal piu semplice al piu complesso e piu vicino alla natura, nel modonewtoniano, utilizzando, naturalmente strumenti matematici piu potenti. Infat-ti, per quel che m’interessa, parafrasando e riassumendo un passo della secondamemoria100, Euler inizialmente suppone che le orbite di Giove e Saturno sianoprive di eccentricita e che si trovino sullo stesso piano, di qui trae delle irregolarita.Secondariamente, mantenendo l’orbita di Giove circolare, considera l’eccentricitadi Saturno, traendone di nuovo i valori delle irregolarita, diverse dalle precedenti epiu vicine alla natura. Seguendo questo schema i successivi passi consistono nelconsiderare l’eccentricita di Giove e l’inclinazione delle orbite dei due pianeti.

Nonostante le successive complicazioni, Euler non giunge a risultati tali dapoter considerare risolto il problema dei tre corpi. Per questo motivo, formulauna serie di opzioni di ricerca, che possono essere schematicamente riassunte comesegue:

1. La distribuzione della materia e la forma di uno o piu pianeti non e omoge-nea101;

2. La forza di attrazione non segue perfettamente 1r2 , il che implica la riformu-

lazione del risultato di Newton;

3. Accanto alla forza di attrazione 1r2 ne esiste un’altra di diverso genere che

perturba la relazione newtoniana.

Euler propende per la seconda opzione, adducendo nelle sue analisi prove, asuo modo di vedere, “invincibili102”. Nello specifico, Euler nota che 1

r2 funzionanel momento in cui si ha a che fare con orbite ellittiche e con corpi sferici dotati dimassa omogeneamente distribuita. I pianeti, tuttavia, non posseggono nessuna diqueste caratteristiche, di conseguenza, secondo Euler, bisogna rivedere 1

r2 . Il modoin cui portare a termine questo compito era, purtroppo, tutt’altro che a portata dimano. I testi di Euler sono particolarmente significativi, in quanto sintetizzano, ingenerale, le opzioni intorno alle quali si svolge il dibattito scientifico ed il modo

nel 1749; Clairaut, Du systeme du Monde dans les principes de la gravitation universelle, 1745,Clairaut Reponse aux Reflections de M. de Buffon, sur la Loi de l’Attraction et sur le mouvementdes Apsides, 1745, pubblicato nel 1749; Buffon, Reflections sur la Loi de l’Attraction, 1745,pubblicato nel 1749. Naturalmente non sono di secondario interesse gli epistolari tra gli scienziatimenzionati.100Cfr. Leonard Euler. “Recherches sur la question des inegalites du mouvement de Saturn et de

Jupiter”. In: Opera omnia. Serie 2. Lipsia: 25, 1960, pp. 47-49.101Questo implica che la forza di attrazione non e diretta verso il centro di un pianeta; cio

potrebbe spiegare le irregolarita.102Cfr. Euler, “Recherches sur le mouvement des corps clestes en general”, p. 13.

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78 La linearita e la scienza moderna

in cui esso si pone103. Questo e vero da due punti di vista. Metodologicamente,nel senso che viene istituzionalizzata l’equivalenza newtoniana tra affrontare ilproblema dei tre corpi e affrontare il problema dei due corpi piu una perturbazione,anche all’interno anche all’interno della fisica del Settecento e di buona partedell’Ottocento104. Matematicamente, nel senso che dopo aver tradotto il problemain equazioni differenziali, da Euler in poi non si tenta piu l’integrazione diretta, ma sicerca di determinare le soluzioni attraverso serie, per approssimazioni successive105.

Le tre opzioni risolutive sono state individuate e condivise da altri scienziati,che pero non condividono necessariamente la direzione euleriana. D’Alembert,che comunque segue la stessa impostazione di ricerca dal semplice al complessoritiene valida 1

r2 , ma ad essa andrebbe affiancata un’altra forza magnetica, ingrado di spiegare le discrepanze tra i risultati matematici e quelli delle osservazioniastronomiche. A differenza di Euler e, come si vedra, di Clairaut, nel ritenere valida1r2 , D’Alembert ritiene che il problema dei tre corpi sia locale o comunque specificodi alcuni casi particolari, senza che per questo sia necessario mettere in discussionela relazione newtoniana globalmente, del resto in grado di rendere conto di moltifenomeni celesti. D’Alembert ricorda come fu Newton stesso ad affermare che laforza di attrazione e molto prossima106 ad 1

r2107, ed in questa direzione bisogna

103A scanso di equivoci, va fatto notare che le proposte di Euler, cosı come la proposta di Clairautdi aggiungere un altro termine ad 1

r2, non erano percepite da questi autori come qualcosa di

“eretico”, rispetto all’ortodossia newtoniana, come apparivano a Buffon. Sul solco dell’impostazionedi Newton, si trattava di migliorarne comunque la teoria. Come si vedra, Clairaut fa leva proprioladdove Newton sembra alludere, in maniera piu o meno esplicita, al fatto che l’attrazione possanon seguire perfettamente 1

r2.

104Ricordo che il passaggio dalla “geometria” newtoniana all’analisi algebrica settecentesca etutt’altro che una semplice traduzione; come mostrato, infatti, la fisica del Settecento a dellepeculiarita per cui non la si puo pensare come una mera appendice della scienza del Seicento ingenerale.105Ne Il problema dei tre corpi, Poincare afferma: “Le difficolta iniziano non appena il numeron dei corpi e uguale a tre: il problema dei tre corpi ha finora eluso tutti gli sforzi degli analisti.Poiche l’integrazione completa e rigorosa si rivela impossibile, gli astronomi sono stati costretti aprocedere per approssimazioni successive: l’uso di questo metodo era reso piu agevole dal fattoche le masse dei pianeti sono assai piu piccole in confronto a quella solare. Si giunse cosı all’idea disviluppare le coordinate dei corpi celesti secondo le potenze crescenti delle masse” (cfr. Jules-HenriPoincare. “Il problema dei tre corpi”. In: Geometria e caos. A cura di Claudio Bartocci. Torino:Bollati Boringhieri, 2006, p. 40). A pagina 41 continua: “Nonostante cio, il metodo che abbiamodescritto si e rilevato sino ad oggi piu che adeguato per le applicazioni pratiche: le masse sonoinfatti talmente piccole che il piu delle volte e possibile trascurare i loro quadrati e limitarsipertanto all’approssimazione del primo ordine”.106Probabilmente D’Alembert fa riferimento alle Proposizioni III e IV del terzo libro dei

Principia. Al di la dello specifico riferimento, l’idea di fondo mi pare chiara: se non si consideranole perturbazioni la relazione 1

r2risulta inattaccabile, mentre se le si prendono in considerazione,

allora, bisogna discostarsi da 1r2

.107Va ricordato che grazie ad uno studio di D’Alembert viene messa da parte, almeno per il

moto lunare, la prima delle opzioni che, per semplicita, ho riferito trattando Euler. In una letteraa quest’ultimo, D’Almbert scrive che se si considerasse la massa della luna concentrata in dueglobi uniti da un’asta, al fine di far coincidere risultati matematici ed osservazioni, quest’ultimaavrebbe dovuto esser lunga circa il doppio del diametro terrestre (cfr. Craig B. Waff. “Clairautand the motion of the lunar apse: the inverse-square law undergoes a test”. In: The general history

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La linearita e la scienza moderna 79

muoversi.

Clairaut, come accennato, e in sintonia con la visione del problema data da Euler:pur sottolineando l’indubbio valore della formulazione newtoniana, ne sottolinea ilimiti affermando che non si tratta di un problema locale, quanto piu di un indicedella necessita di rivedere 1

r2108.

Clairaut, cosı come Euler, fa leva sulle oscurita e sulle ambiguita dei Principia,in modo da potersi rendere conto su cosa sarebbe stato piu saggio e produttivoagire. La situazione appariva estremamente complessa in quanto su un piatto dellabilancia c’era l’enorme portata esplicativa e predittiva della legge di Newton109,sull’altro le non trascurabili discrepanze tra risultati matematici ed osservazioniastronomiche110.

Clairaut, che nelle sue intenzioni voleva migliorare il risultato newtoniano,interpreta il passo in cui Newton afferma che il moto dell’apogeo lunare e doppiorispetto ai suoi risultati in questa maniera: Newton avrebbe trattato il problemadei tre corpi proponendo una trattazione troppo limitata delle perturbazioni. Nelterzo libro ne considera solo una, ed inoltre considera solo orbite che possono essereapprossimate ad un cerchio. Questo non implica che non si possa approfondirel’impostazione newtoniana attraverso una maggiore accuratezza nell’individuazionedelle perturbazioni. In questa direzione si muoveva, come visto, anche Euler.

L’idea di Clairaut e, pertanto, di integrare, e non di rivoluzionare il lavoronewtoniano111. Quest’attivita consiste proprio nell’inserimento di un altro termineaccanto ad 1

r2 , i cui effetti siano sensibili sulle “brevi” distanze e trascurabili per legrandi distanze, nelle quali funziona benissimo 1

r2112. Nello specifico, da un punto

di vista ipotetico, Clairaut pensava che si sarebbe potuto affiancare 1r4 ad 1

r2 .

Lo scopo di questa mossa era duplice: da un lato si poteva risolvere il problemadella luna senza con questo intaccare il valore dei risultati ottenuti con il solo 1

r2 ,

of astronomy 2 [1995], pp. 35–46).108Clairaut s’inserisce nel dibattito con il seguente lavoro, “Du systeme du Monde dans les

principes de la gravitation universelle”, del 1745.109E bene ricordare che da questa prospettiva i Principia rappresentavano un livello mai

raggiunto in passato. Se poi si considerano le teorie rivali dei Principia, il confronto e davveroimproponibile, in quanto sono stati proposti contributi che non univano mai un pari ed alto livellodi esplicativita e di predicibilita. Si prendano rispettivamente, ad esempio, da un lato i vortici diCartesio e dall’altro le ellissi di Kepler.110Cfr. Alexis C. Clairaut. “Du systeme du monde dans les principes de la gravitation universelle”.

In: Histoire de l’academie royale des sciences (1745), pp. 329–364, p. 337: “Rivolgendo l’attenzionealla quantita di fenomeni con i quali [la relazione newtoniana] ha concordato, mi e parso difficilerigettarla cosı come ammetterla. Una supposizione che conduce solo a qualche vago risultato,puo coincidere con la Natura in qualche fenomeno, senza essere ancora solidamente stabilita; maquando essa fornisce, per questi fenomeni, risultati che concordano con quelli che le osservazioniannunciano, la probabilita acquista parecchia forza”.111Clairaut era comunque fermamente convinto della generalita cui conduceva il particolare

problema dei tre corpi e dunque della necessita di rivedere 1r2

.112Cfr. Clairaut, loc. cit.: Per Clairaut cio che e necessario era una legge di attrazione “che

differira molto dalla legge del quadrato a distanze opportunamente piccole, e che divergera cosıpoco da essa alle grandi distanze, che non sarebbe possibile percepire la differenza attraverso leosservazioni”.

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dall’altro cercava di ridurre ad un’unica legge “multitermine113” tutti i fenomeni,non solo celesti, che potevano essere ricondotti ad una forza di attrazione per cuinon sembrava sufficiente 1

r2 , ma necessario 1r4

114.

Nelle intenzioni di Clairaut si legge la volonta d’individuare una sola legge,sia pure multitermine, in grado di spiegare i moti planetari unitamente ad altrifenomeni terrestri come la capillarita115; egli cerca, in altre parole, di spiegareil piu possibile con un’unica legge, riducendo le stesse perturbazioni a qualcosadi predicibile, o comunque di comprensibile all’interno del quadro complessivodel rapporto settecentesco tra fisica, matematica e natura, per cui la meccanicaceleste rappresentava il modello di scientificita116, non solo per gli altri settori dellascienza.

Contro la proposta di Clairaut aprı letteralmente le ostilita Buffon117. Que-st’ultimo oppone a Clairaut soprattutto argomentazioni che Clairaut definisce“metafisiche”, ma che permettono di evidenziare alcuni elementi in base ai qualiuna legge e/o un principio potevano essere riconosciuti tali, e questo relativamentead entrambi i contendenti. Clairaut, come visto, faceva riferimento alla maggioreunita della conoscenza cui avrebbe portato la sua idea; egli riteneva importantiinnanzitutto il grado di completezza predittiva e descrittiva di una legge, anche semultitermine. Buffon, al contrario, riteneva essere di primaria importanza l’assuntoper il quale, essendo la natura semplice, lo devono essere anche le sue leggi118.

Per Buffon una legge dev’essere espressa da un singolo termine, in quantouna forza non puo essere espressa da piu termini, altrimenti verrebbe meno sia lasemplicita sia l’unita, requisiti ineliminabili affinche una legge della natura possaessere considerata tale119. Per Buffon 1

r2 non e modificabile ed in base a cio riduceil problema dei tre corpi ad un problema locale, accusando apertamente Clairaut

113Waff sottolinea giustamente a piu riprese come per Clairaut fosse fondamentale considerarela sua proposta di una legge multitermine come qualcosa di unitario.114Per Clairaut 1

r4non era affatto vincolante, egli era disposto a discutere altre proposte, laddove

non derivassero da scelte completamente arbitrarie.115Su questo cfr. Craig B. Waff. “Universal gravitation and the motion of the moon’s apogee:

the establishment and reception of Newton’s inverse-square law, 1687-1749”. Tesi di dottorato.The Johns Hopkins University, 1976.116Secondo me, e fondamentale avere sempre presente questo aspetto per evitare forzature in

qualsiasi direzione. Wilson apre un suo articolo, The problem of perturbation analytically treated:Euler, Clairaut, d’Alembert, con una citazione di Whewell che, nel 1840, afferma che l’astronomiae la scienza perfetta. Wilson commenta, a mio avviso in modo molto opportuno, la citazionedicendo che dopo Einstein e Poincare questo elogio appare eccessivo, tuttavia esso mostra unaverita storica, o, senza sbilanciarsi troppo, delle aspettative molto forti, tanto e vero che conLaplace, 1796, la meccanica celeste era davvero la regina delle scienze, considerando l’accuratezzadelle previsioni del moto lunare che si era in grado di ottenere.117Il riferimento principale e a Buffon, Reflexion sur la loi de l’Attraction. Per un ottimo e

puntuale resoconto della polemica in questione rimando a Waff, op. cit.118Rispetto agli elementi concettuali emersi nei primi paragrafi di questo capitolo, per entrambi

i contendenti valgono anche reversibilita, oggettivita e atemporalita di una legge.119A cio va aggiunta un’idea di Buffon criticata dallo stesso Clairaut, vale a dire l’assunzione

che ad ogni termine di un’espressione matematica debba corrispondere una forza. In quest’otticae assurdo che alla sola forza d’attrazione possano corrispondere sia 1

r2sia 1

r4.

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La linearita e la scienza moderna 81

di voler fare di una difficolta un principio. Per gli scopi di questo lavoro non enecessario approfondire ulteriormente lo scontro.

La polemica si conclude, comunque, a favore dell’espressione newtoniana 1r2 ,

grazie a nuovi calcoli effettuati da Clairaut stesso tra il 1748 e il 1749120.Al di la degli spiacevoli toni della polemica, il risultato di Clairaut era straordi-

nario. Euler, nella lettera del 29/6/1751, ribadisce che ora 1r2 e saldamente stabilito.

E questa una conferma importante poiche da essa, afferma Euler, “dipende l’interateoria astronomica”.

Da un punto di vista generale, con i risultati di Clairaut ed Euler, si stabilisconodefinitivamente, almeno per il tempo, il modo di affrontare il problema, le equazionidifferenziali. Euler, inoltre, inizia a cercare di individuare sia soluzioni specialisia eventuali periodicita, ponendo il problema della ricerca di equilibri, laddovepossibile121. Proprio su questi lavori si basano i risultati di Lagrange.

Nel suo Essai sur le probleme des trois corps, egli individua in particolare unpaio di configurazioni del problema che rendono possibile arrivare a soluzioni piuche accettabili. Esse, note come “equilibri di Lagrange”, tuttavia, sebbene deltutto valide, non illuminano la via per il raggiungimento della soluzione generaledel problema, che a questo punto si mostra legato a profondi problemi matematici.

L’opera di Lagrange rende del tutto esplicito che risolvere il problema dei trecorpi dipende dall’integrazione di un sistema differenziale di sesto ordine: e questoil compito che si cerchera di portare a termine nella seconda parte dell’Ottocento,facendo affidamento sull’analisi e sulla fisica, come si era fatto con profitto fino aquel momento. Al di la dell’utilita indubbia dei risultati122 di Lagrange e nonostantequanto egli stesso affermi all’inizio del saggio in questione123, da un punto di vistateorico, il suo approccio al problema dei tre copri non e propriamente innovativo, inquanto egli non lo affronta in generale, ma cerca degli equilibri, delle configurazioniin grado di agevolare la risoluzione del complicato sistema di equazioni differenziali.

La soluzione del problema viene individuata da Poincare, il quale dimostrache il problema dei tre corpi non ha soluzioni generali, in quanto le serie sonodivergenti. Questo e un duro colpo a tutta la meccanica precedente, in quantotale divergenza pone problemi serissimi alla questione generale della stabilita delsistema solare. In base a quanto detto sin qui questo risultato imporrebbe di

120In quest’occasione Clairaut tiene particolarmente a precisare che le osservazioni di Buffonnon sono state di alcun aiuto, e che aveva tenuto testa a Buffon perche riteneva, e ritiene ancoranel 1749, le sue argomentazione completamente sbagliate.121Va, inoltre, ricordata l’attenzione di Euler per il problema ristretto dei tre corpi.122I punti lagrangeani di equilibrio rappresentano una soluzione speciale del problema dei tre

corpi. Essi vengono utilizzati per mantenere in orbita attorno ad un pianeta sonde spazialisenza dispendio di energia. Cio e reso possibile dal fatto che la geometria dei punti di Lagrangerappresenta una configurazione del problema dei tre corpi tale per cui il sistema e stabile. Unabrevissima esposizione alla portata di tutti degli equilibri di Lagrange e offerta nel testo divulgativo:cfr. Alessandra Celletti e Ettore Perozzi. Ordine e caos nel sistema solare. Torino: UTET, 2007,pp. 36-40. Una discussione piu tecnica di queste problematiche e offerta in Florin Diacu e PhilipHolmes. Celestial encounters. Princeton: Princeton University Press, 1996.123Cfr. Joseph-Louis Lagrange. “Essai sur le probleme des trois corps”. In: Œuvres de Lagrange.

Tomo VI. Paris: Gauthier-Villars, 1884, pp. 230-1.

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rivedere l’uso e il significato delle equazioni differenziali, in quanto viene stabilitoun limite invalicabile a quello che era il protagonista principale della fisica e dellamatematica moderna. In base ai risultati di Poincare, i moti descritti dalla legge diNewton sono tali in quanto e possibile, in certi casi, trascurare alcune perturbazioni,che tuttavia, da Poincare in poi, avrebbero potuto iniziare a presentarsi comequalcosa di diverso e che va al di la della concettualita del tempo. Poincare notainfatti che una piccola perturbazione produce effetti macroscopici, tuttavia per circasessant’anni non si approfondiscono le conseguenze di questi risultati. Neanche lostesso Poincare esplicita la possibile dirompenza delle implicazioni epistemologichedella sensibilita alle condizioni iniziali.

Da un punto di vista filosofico, la figura di Poincare e fortemente problematicain quanto, nonostante le sue scoperte, resta saldamente ancorato a quella concezioneper cui la fisica e la matematica si sorreggono a vicenda124.

In quest’ottica, la soluzione di Poincare del problema dei tre corpi, poiche rimanequalcosa di negativo, puo esser pensata, storicamente, come una non-soluzione, inquanto non raggiunge la fine ed il fine dell’indagine sul problema, e in secondoluogo non sviluppa quanto di rivoluzionario contiene, vale a dire la non necessitadi una coincidenza tra determinismo e prevedibilita125. Naturalmente, nelle operedi Poincare non mancano riflessioni in questa direzione, tuttavia quest’ultime sonoinserite in quadro concettuale ed epistemologico incapace di andare fino in fondoalle piu profonde implicazioni filosofiche dei suoi risultati. Egli e, insomma, reticentea generalizzare su altri piani i suoi risultati “tecnici”.

Prima di Poincare, in particolare con la prima posizione dell’analisi classicasi inizia gia a mettere in discussione la coincidenza tra matematica e natura inuna forma non ancora esplicita. L’analisi classica di Cauchy e Weierstrass puntavainnanzitutto a sviluppare e fondare un calcolo che fosse autosufficiente, bandendoogni intromissione di elementi o metodi che non fossero matematici.

Si vede bene come questo non significhi immediatamente una messa in discus-sione completa della coincidenza tra matematica e natura, in quanto la coincidenzaderiva primariamente da assunti filosofici sulla natura e sulla matematica. Di certo,nell’indirizzo dell’analisi classica, pur ammettendo la coincidenza tra matematica efenomeni naturali, non era lecito, per questo, utilizzare elementi che esulassero dallamatematica, a differenza di quanto avveniva nell’approccio algebrico all’analisi.

Almeno inizialmente rimane intatta la fiducia che uno sviluppo della matematicafosse in grado di risolvere problemi irrisolti e migliorare la precisione dei modelliapplicati alla fisica. Proprio questa fiducia e gli effettivi sviluppi della matematicahanno permesso di raggiungere i risultati di Lagrange e di Laplace.

124Cfr. Marcello Cini. Un paradiso perduto. Milano: Feltrinelli, 1999, pp. 51-52.125Cfr. Poincare, op. cit., p. 42: “Gli sviluppi in serie che essi ottengono potrebbero essere

perfino considerati come una soluzione definitiva del problema dei tre corpi, se si stabilisse la loroconvergenza. Disgraziatamente non e cosı. In mancanza di questa convergenza, essi possono darciun’approssimazione indefinita: anche se forniranno piu decimali esatti rispetto ai procedimentidi una volta, non ne potranno fornire un numero arbitrariamente grande. [. . . ]. Il moto di trecorpi celesti dipende dalle loro posizioni e dalle loro velocita iniziali. Una volta assegnate questecondizioni iniziali, si sara definita una soluzione particolare del problema”.

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La linearita e la scienza moderna 83

Di qui si comprende il potenziale di tragicita insito nel non-risultato di Poincare.Egli afferma che non e possibile risolvere il problema dei tre corpi con quellostrumento matematico che era stato, ed era ancora in parte126, il nucleo di quelladisciplina, modello assoluto di scientificita, cui tutte le altre scienze, e non solo,s’ispiravano127.

Solo sessant’anni dopo Poincare s’inizia a parlare di sistemi non lineari e disensibilita alle condizioni iniziali128. Proprio attraverso l’approfondimento di cosasignifica studiare l’equilibrio di un sistema non-lineare e possibile gettare unaluce filosofica sulla concettualita nella quale erano inscritti i fenomeni fisici quiesemplificati dal problema dei tre corpi.

2.1.4.1 Caos e rumore

Attraverso quanto detto nei paragrafi precedenti e quanto esemplificato attraverso ilproblema dei tre corpi, ho mostrato come la linearita sia un elemento fondamentaleper comprendere il compito e la forma delle leggi della fisica, in particolar modo nelperiodo d’interesse. Nello specifico, e importante avere sempre presente il valore diriferimento che gli studi di fisica matematica avevano proprio nel periodo preso inconsiderazione. Mi pare tuttavia necessario, al fine di far emergere ancora megliogli assunti filosofici di fondo all’interno, e non solo all’interno, dei quali e pensata lanatura, considerare il disordine deterministico, in quanto in questo modo e possibilegettare una luce sul modo chiuso di pensare la concettualita scientifica e filosofica ingenerale. Da un punto di vista filosofico, gli assunti o i presupposti sulla natura delmondo si compongono, a mio parere, in un ben determinato tipo di concettualitache ripropone, essenzialmente, il tracciamento di confini all’interno dei quali vienedefinito cio che si cerca comprendere.

La seguente discussione, tuttavia, non deve portare, a mio giudizio, a pensareil rapporto tra linearita129 e non linearita come un confronto tra un modello

126Da questa prospettiva Boltzmann osteggiava fortemente l’eccessiva importanza data allostrumento, pur utile, delle equazioni differenziali.127Non so se si possa parlare di un’effettiva e totale fiducia, ma certamente Poincare nutre la

speranza che si possa risolvere il problema dei tre corpi attraverso lo sviluppo della matematica,cfr. Poincare, op. cit., p. 48: “Tutto cio che possiamo affermare e che il problema dei tre corpinon puo essere risolto con gli strumenti di cui disponiamo oggi: quelli che occorrera ideare edimpiegare per arrivare alla soluzione dovranno essere di certo assai differenti e di natura ben piucomplessa”.128Gia nel 1907, Poincare affermava: “Ma quand’anche le leggi naturali non avessero per noi

piu segreti, potremo conoscere lo stato iniziale soltanto approssimativamente. Se cio ci permettedi conoscere lo stato successivo con la stessa approssimazione, non abbiamo bisogno di altro, ediremo che il fenomeno e stato previsto, che esistono leggi che lo governano. Ma non e sempre cosı:puo succedere che piccole differenze nelle condizioni iniziali generino differenze grandissime neifenomeni finali; un piccolo errore a proposito delle prime genererebbe allora un errore enorme aproposito di quest’ultimi. La previsione diventa impossibile” (cfr. Jules-Henri Poincare. “Il caso”.In: Geometria e caos. A cura di Claudio Bartocci. Torino: Bollati Boringhieri, 2006, p. 108).129Si vede bene come faccia uso di un significato allargato del termine “linearita”; un significato

che va al di la dello specifico senso matematico. Nel prossimo paragrafo la linearita emergeracome una delle caratteristiche principali del modo moderno di pensare la natura.

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sbagliato o falso ed uno giusto o vero, altrimenti, nonostante gli indubbi passiavanti compiuti, ci si troverebbe a riaffermare quanto s’intendeva mettere indiscussione. In altri termini, dal punto di vista filosofico e del tutto infruttuososostituire una concettualita chiusa con un’altra; su questo aspetto mi dilungheronel prossimo capitolo. Per ora e bene approfondire quanto e appena emerso dalproblema dei tre corpi.

In generale, un sistema puo essere o non essere ridotto a pochi gradi di li-berta130. Nel primo caso si ha un sistema deterministico, che a sua volta puoessere o non essere sensibile alle condizioni iniziali; nel secondo caso, il sistemaha un comportamento stocastico131. Un esempio di sistema deterministico nonsensibile alle condizioni iniziali e la traiettoria, lineare e quindi completamenteprevedibile a priori, che compie una palla di cannone. L’esempio si chiarisce cosı: ses’intende colpire un bersaglio si impostano tutti i parametri del cannone necessari araggiungere l’obiettivo. Naturalmente, il lancio della palla non puo non contemplareun minimo di errore. Esso si trova in una relazione con i parametri di lancio taleper cui sara tanto piu piccolo quanto piu precisamente sono impostati i parametri.Per meglio dire, tra la conoscenza dei detti parametri e la precisione del lanciodella palla esiste una relazione lineare, una relazione nella quale non si presentanoproblemi legati al caos. In altri termini, miglioramenti delle condizioni iniziali dilancio determinano, proporzionalmente, una maggiore precisione.

Un esempio di sistema deterministico non-lineare e, invece, il gia visto problemadei tre corpi, infine un esempio di sistema stocastico e rappresentato dalla dinamicadi un gas, del quale non si possono conoscere ne la posizione ne le altre proprieta ditutte le particelle. A differenza della prima tipologia di sistema, le ultime due dannoluogo a due tipi di disordine che e bene distinguere in modo da poter comprendereil mancato sviluppo della non-linearita nel mondo moderno. E necessario, dunque,distinguere disordine deterministico e disordine stocastico.

A questo proposito, e bene riprendere e specificare meglio quanto detto sullaperdita d’informazione in un sistema caotico. Ho mostrato come si siano trovatesoluzioni particolari al sistema dei tre corpi, ma che, nello stesso tempo, nonsi poteva abbandonare completamente la ricerca di una soluzione generale delproblema; infatti, una soluzione particolare non e in grado di gettare alcunaluce su eventuali altre, ne sull’andamento generale della dinamica in questione.Date le difficolta, spesso insormontabili, di trattare quantitativamente le equazionidifferenziali, il matematico Lyapunov ha mostrato che e possibile studiare lastabilita di un sistema qualitativamente. Gia Poincare, reimpostando l’approccio alproblema dei tre corpi aveva mostrato la sua insolubilita. Come detto, dai suoistudi in poi il problema dei tre corpi non e piu trattato come il problema dei due

130Con l’espressione “gradi di liberta” si intende il numero di coordinate necessarie a descrivereunivocamente un sistema.131Al fine di chiarire meglio la distinzione contemporanea tra il disordine caotico e quello

stocastico, preferisco tenere distinti questi due aspetti, che possono, beninteso, comparire assieme.Sara cosı piu semplice comprendere la loro identificazione nella fisica moderna.

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La linearita e la scienza moderna 85

corpi piu una perturbazione, ma diventa qualcosa a se stante132, grazie soprattuttoall’identificazione della proprieta della sensibilita alle condizioni iniziali, pensatacome una proprieta caratterizzante un tipo di sistema. Ho detto, a questo proposito,che un sistema “sensibile alle condizioni iniziali” e tale che una piccola variazione,o un piccolo errore, delle suddette avra effetti macroscopici, rendendo la dinamicainstabile. Nel caso contrario, com’e noto, la dinamica e stabile.

Piu precisamente, se si considera il seguente sistema di equazioni differenziali:{dxdt = f1(t, x, y)dydt = f2(t, x, y)

studiare la natura delle posizioni di equilibrio, vuol dire assumere la sua esistenza,imponendo le derivate uguali a zero. Per poter trattare matematicamente ilproblema, e necessario linearizzare imponendo:{

|x(t)− x(t)| < ε|y(t)− y(t)| < ε

con x = x(t) e y = y(t) soluzioni del suddetto sistema, vale a dire come posizionidi equilibrio da studiare.

La linearizzazione porta al seguente sistema di equazioni differenziali lineari,detto sistema di prima approssimazione per un sistema non lineare:{

dxdt = cx+ gydydt = ax+ by

con a, b, c, g costanti. Individuare le soluzioni del sistema vuol dire trovarne glizeri. Se si vuole studiare la dinamica in generale, e necessario chiedersi a qualicondizioni il sistema e soddisfatto, vale a dire a quali condizioni la dinamica estabile, in base alle condizioni poste. Prima di Poincare e Lyapunov, come sivedra nello specifico, si riteneva, o meglio presupponeva, che lo studio del dettosistema lineare determinasse completamente la dinamica del sistema non lineare dipartenza, vale a dire del caso in cui non si mantiene alcuna linearita, per t→∞,tra la x e la y. Nello specifico si presupponeva che le soluzioni trovate e il rigoreformale fossero sufficienti ad esaurire il problema133. Poincare dimostro la falsita diuna tale assunzione, su cui, da quanto detto, si basava il trattamento matematicoe filosofico di questioni fisiche, come il gia visto problema dei tre corpi.

132Questo, naturalmente, non vuol dire che tutto cio che e stato fatto sino a Poincare sia falso.La linearizzazione e uno strumento fondamentale della fisica contemporanea. Cio che e cambiatoe l’approccio al problema. In particolare, oggi si sa che linearizzando e possibile risolvere unproblema specifico, la cui soluzione ha un valore solo in quel caso e non da informazioni globali.133Ricordo che Israel, (Israel, “Il determinismo e la teoria delle equazioni differenziali ordinarie”),

mostra come Poisson ritenesse le soluzioni singolari dei semplici paradossi, tanto da non meritareneanche una menzione nel trattato del 1833. Israel, a mio modo di vedere a ragione, chiosa dicendoche “se le equazioni differenziali sono lo specchio dei fatti fisici e questi sono deterministici, allorale equazioni differenziali non possono dar luogo a forme di indeterminismo; e quindi l’esistenzadelle soluzioni singolari e solo un ‘paradosso’ da spiegare”.

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86 La linearita e la scienza moderna

Tornando al precedente sistema linearizzato si ottiene134 la seguente equazione:

d2x

dt2− (b+ c)

dx

dt− (ag − bc)x = 0135

la cui equazione caratteristica e:

λ2 − (b+ c)λ− (ag − bc) = 0

Attraverso lo studio delle radici λ1 e λ2 e possibile conoscere l’andamento delladinamica della primitiva dell’equazione differenziale linearizzata:

x = C1eλ1t + C2e

λ2t

che e soluzione del sistema linearizzato; di qui, si puo studiare la stabilitarispetto alle precedenti condizioni poste:{

|x(t)− x(t)| < ε|y(t)− y(t)| < ε

L’esponente λ e, pertanto, cio che permette di caratterizzare qualitativamenteuna dinamica caotica, ed in particolare ci permette di sapere per che tipo di valoriessa risulta essere stabile o instabile. Nel caso specifico, si ha instabilita per λ > 0136.In altri termini, λ > 0 e la traduzione137 matematica che permette di avere unastima dell’emergenza degli effetti della sensibilita alle condizioni iniziali. Piu ingenerale si puo dire che l’evoluzione esponenziale della perdita d’informazione puoessere trattata scientificamente attraverso gli esponenti di Lyapunov. In particolare,si fa riferimento al tempo di Lyapunov, il tempo che caratterizza la rapiditadell’allontanamento delle traiettorie, in un sistema non-lineare. Esso puo esserepensato come la misura in base alla quale saranno macroscopicamente evidentigli effetti della non-linearita; attraverso esso si possono, in altri termini, indicare,convenzionalmente, dei limiti alla possibilita di compiere previsioni attendibili inun dato sistema138. E bene avere sempre presente che ci si trova davanti ad uno

134Per una trattazione matematicamente dettagliata di quanto qui esposto rimando a Piskunov,Calcolo differenziale e integrale II, 126 e sgg. e a Alexandrov, Kolmogorov e Lavrent’ev, op. cit.,pp. 391-449135In particolare, derivando la prima equazione del sistema precedente si ottiene d2x

dt2= d

dt(cx+

gy) = ddt

(cx) + ddt

(gy) = c dxdt

+ g dydt

. Ottenuto d2xdt2

= c dxdt

+ g dydt

e ricavando dydt

dalla seconda

equazione del sistema, si ottiene d2xdt2

= c dxdt

+ g(ax+ by). Ricavando y dalla prima equazione si

ha d2xdt2

= c dxdt

+ g(ax+ bg

( dxdt− cx)). Da cui, d

2xdt2− (b+ c) dx

dt− (ag − bc)x = 0.

136E possibile reperire uno studio dettagliato dei valori di λ nel testo di Piskunov indicato.137In base alle sole condizioni matematiche poste, emerge gia chiaramente che, in questo contesto,

“tradurre” non vuol dire assolutamente “vedere in trasparenza l’essenza di qualcosa”.138In questo caso non si puo parlare di un vero e proprio valore di soglia, ma di tempo

caratteristico, in quanto e del tutto convenzionale, stabilito in buona parte qualitativamente apartire da τ = 1

λ, dove τ e il tempo di Lyapunov e λ e l’esponente di Lyapunov. E bene ribadire

che gli esponenti di Lyapunov danno una stima qualitativa della perdita d’informazione, che puo

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La linearita e la scienza moderna 87

studio qualitativo, il che vuol dire che non e immediatamente, e spesso neanchemediatamente, possibile stabilire la dinamica effettiva delle traiettorie. E possibile,pero, riflettere su quello che tutto cio comporta.

Dal punto di vista degli effetti di una dinamica caotica in generale, diventaimportante, concettualmente parlando, piu che la non-linearita in se, il confronto tragli effetti della linearita, o di quanto sia linearizzabile, da un lato, e gli effetti dellanon-linearita dall’altro, in quanto prima di un determinato tempo caratteristico,piu o meno grande, un’evoluzione non-lineare puo approssimarsi con profitto ad unalineare. Se, ad esempio, si considera il problema del moto dei tre corpi si comprendeche, essendo il tempo di Lyapunov molto grande, gli effetti della non-linearitasi avranno con un tempo talmente grande da poter prevedere, con una buonaapprossimazione, la posizione di un pianeta, senza tener conto della non-linearita,per un periodo orientativamente minore del tempo di Lyapunov, che comunque,in questo caso, e dell’ordine di migliaia di anni139. In questo contesto, la non-linearita non scompare alla stregua di un disturbo; il sistema non diventa lineare,snaturandosi. Esso resta sensibile alle condizioni iniziali, ma puo essere trattato, inbase a quanto detto e nei limiti di quanto detto, come se fosse lineare.

Attraverso la manipolazione dei parametri di controllo, variando cosı lo statoiniziale si puo prevedere, compiendo previsioni d’ensemble140, anche se non inmaniera completa ed oggettiva, in che momento la non-linearita emergera macro-scopicamente mostrando i suoi effetti sulla dinamica in questione, rendendo in talmodo possibili previsioni proprio sull’evoluzione non-lineare, comunque incapaci diprevedere come si organizzera il sistema; non si puo, in altri termini, prevederne laconfigurazione.

Calcolando orientativamente i margini all’interno dei quali non si presentano glieffetti della non-linearita, pur comunque agente, e possibile compiere delle previsioniattendibili sull’evoluzione del sistema. Al di la del detto tempo caratteristico diLyapunov, ripeto, e possibile affermare solo che il sistema mutera profondamenteconfigurazione, ma non si puo prevedere quale configurazione assumera, vale a direnon si puo sapere a priori che ordine emergera dal sistema, o meglio non si puoprevedere la forma dell’attrattore cui il sistema dara luogo nella regione finita dellospazio delle fasi percorsa dalle traiettorie del medesimo. Di qui si ha che se siprendono due traiettorie vicine, all’interno di un attrattore, esse si allontanerannodi nuovo esponenzialmente, ripetendo quanto detto sin qui.

non necessariamente corrispondere all’effettiva realizzazione di previsioni. Per quanto riguarda lameteorologia, infatti, si possono considerare attendibili previsioni compiute per un massimo diuna settimana. Nonostante cio esso continua ad esser valido proprio in quanto da esso si richiedeuna stima qualitativa.139Se si considera, ad esempio, la meteorologia, si comprende, anche in maniera del tutto

immediata, come il tempo di Lyapunov sia, in questo caso, breve, rispetto ai tempi astronomici.140Attraverso le previsioni d’ensemble si cerca di ridurre l’impatto dell’incertezza delle condizioni

iniziali sui risultati finali, in modo da rendere il piu attendibili possibili le previsioni. Questometodo, molto usato in meteorologia, consiste nell’iterare in uno stesso modello condizioni inizialileggermente diverse, in modo da avere un’idea dell’andamento della non-linearita.

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88 La linearita e la scienza moderna

A questo punto, mi pare interessante riassumere e sottolineare due aspettidel disordine dovuto alla non-linearita. Il primo, gia chiarito, riguarda la perditaesponenziale d’informazione. Il secondo, che riguarda piu il sistema in se, rivelauna proprieta della non-linearita, vale a dire l’emergenza. La non-linearita non esolo perdita d’informazione, ma e anche responsabile dell’emergenza di un ordineimprevedibile, del fatto che, come detto, il sistema si riorganizza141. Un tale ordinesi dice emergente proprio in virtu del fatto che non puo essere, guardando al futuro,previsto a priori, ne, guardando al passato, ricostruito a partire dai suoi elementicostitutivi, per nulla individuabili con certezza, data la sensibilita alle condizioniiniziali di un sistema non-lineare. Quello che si puo dire e che, in questo caso, lasomma degli elementi in gioco non e in grado di render conto dell’ordine che si vienea costituire142. Naturalmente, esso puo essere trattato scientificamente, studiato inse, ed usato come condizione iniziale per nuove previsioni, sottoposte comunque allanon-linearita e dunque, di nuovo, alla perdita d’informazione. Stando cosı le cose,lo stato di un sistema non-lineare e il risultato di un evoluzione che non e possibilericostruire143 in maniera completa ed oggettiva, che anzi e spesso inconoscibile144.

Questo aspetto merita, a mio giudizio, una notevole attenzione, in quanto, oltrea non essere piu possibile distinguere elementi essenziali da elementi accidentali, inuna dinamica non-lineare, non si puo neanche sapere con certezza su quali elementipuntare l’attenzione per comprendere l’evoluzione caotica del sistema; per questomotivo risulta essere un elemento utile la previsione d’ensemble. Il fatto e che,dunque, le stesse condizioni iniziali, in un sistema non-lineare, pur se fissate con unpiccolissimo margine di errore, daranno luogo ad un’evoluzione non completamenteed atemporalmente prevedibile e controllabile. La configurazione di un sistemae, percio, uno stato finale, gravido di un passato, che non e possibile interpretareunivocamente in modo da farne una sola storia. Dal punto di vista dell’evoluzione,cio che si considera come lo stato presente di un sistema, puo essere consideratocome una condizione di transizione nella quale s’inserisce la misurazione scientifica,al fine di ottenere dei dati su cui compiere previsioni, del tutto inadeguata, se sipensa al tipo di domanda e al tipo di risposta propri della scienza moderna.

Alternando perdita d’informazione ed isole di ordine si comprende come la

141Se da un punto di vista conoscitivo si perde informazione, cio non vuol dire necessariamenteche il sistema non si riconfiguri in qualche determinato modo. Se si considera, per esempio, lameteorologia, si puo dire che, sebbene sia impossibile stabilire che tempo fara tra un mese suuna determinata montagna, cio non vuol dire che tra un mese, su quella montagna, non si avrauna determinata configurazione del tempo meteorologico. In altri termini, tra un mese piovera osplendera il sole o sara nuvoloso ecc. . .142La complessita e proprieta della non-linearita, che fa riferimento a tutti quei fenomeni per

cui non si possono distinguere elementi primi ed essenziali. Per meglio dire la complessita ed ilmetodo analitico riduzionista sono due modi in cui puo essere trattato uno stesso fenomeno, ingrado di cogliere in esso aspetti diversi.143In questo caso, laddove siano ricostruibili piu spiegazioni possibili, mi pare importante

sottolineare, nessuna puo arrogarsi un valore epistemologico o ontologico superiore alle altre.144Come mostrero, il demone di Laplace non puo nulla contro la non-linearita, infatti, come

ben si vede, dal punto di vista della comprensione completa del sistema, e del tutto infruttuosoepurare il sistema dal rumore. Tutto cio cui si puo giungere sono soluzioni speciali.

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La linearita e la scienza moderna 89

non-linearita non sia sinonimo di assoluta imprevedibilita; se da un lato rende piuproblematica la previsione rispetto ad un modello lineare, dall’altro, pero, non vapensata alla stregua di un mero disturbo, alla stregua del rumore: la non-linearitae una proprieta di un sistema. In base a quanto detto, appare chiaro che essa siada considerare una proprieta di un sistema, senza la quale lo si snaturerebbe. Lanon-linearita ha, pertanto, un proprio statuto epistemologico. I metodi che si usanosolitamente nello studio dei sistemi lineari risultano, come visto, essere inefficaci145,in quanto cercano sostanzialmente di aggirare la non-linearita, perdendone effettifondamentali quali l’emergenza. Il fatto che essa sia stata identificata, all’internodella fisica moderna146, col rumore ha generato una serie di conseguenze su cui misoffermero non appena chiarito come pensare il disordine stocastico.

Se si prende in considerazione un sistema che non puo essere ridotto a pochigradi di liberta, ad esempio la dinamica di un gas, si nota subito che non ci si trovadavanti ad un sistema deterministico, ma ad un sistema stocastico. Le condizioniiniziali non sono, appunto, riducibili a pochi gradi di liberta, come nel moto dei trecorpi o di una palla di cannone; nel caso di un gas, infatti, non si possono conoscerela posizione e l’interazione di tutte le particelle, e percio si deve introdurre unavariabile stocastica.

A differenza del disordine deterministico, quello stocastico e dovuto al fatto chenon si e in grado di tener conto delle relazioni tra le particelle147, mentre nel caosdeterministico ci troviamo davanti a problematiche diverse, legate, come visto, allasensibilita alle condizioni iniziali.

Da quanto detto, si potrebbe sostenere che il disordine stocastico sia semplice-mente e solamente un problema di misurazione, da cui deriverebbe la centralitadella probabilita cui sarebbe legata la conoscenza umana, almeno da Laplace in poi.Questo sarebbe vero se si considerasse un sistema lineare stocastico, in cui ogniproblema sarebbe effettivamente riconducibile ad una questione di eliminazione delrumore. In quest’ottica basterebbe riuscire a purificare e a migliorare le misurazioni,in modo da mettere da parte la probabilita e far posto alla certezza. Questo e,in sostanza, quanto si evince dai testi di Laplace sulla probabilita e, come visto,anche in D’Alembert e negli altri autori trattati.

Tutto cio e vero se si ammettono e concedono degli assunti filosofici per nullascontati ed immediatamente accettabili. In altri termini, per giungere a similiconclusioni, bisogna presupporre che il mondo e le sue leggi siano, almeno nelleintenzioni, del tipo di quelle moderne, descritte precedentemente. Nel caso specifico,e necessario che dietro la probabilita ci sia una verita oggettiva raggiungibile, almeno

145Il metodo delle “approssimazioni successive” ne e un classico esempio. Usarlo vuol direescludere l’emergenza dal sistema. Se, tuttavia, si limitano le pretese di controllo sul sistemanon-lineare, esso risulta essere un valido strumento.146A mio giudizio, e possibile impostare un simile confronto al fine di far emergere chiaramente i

presupposti filosofici della fisica settecentesca, e non solo, in quanto sono proprio quest’ultimiche hanno orientato gli scienziati verso un certo tipo d’interpretazione dei fenomeni non lineari edelle equazioni differenziali.147E bene sapere che, normalmente, quando si considera un gas, si assume che le particelle non

interagiscano tra loro.

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90 La linearita e la scienza moderna

in una prospettiva teleologica, e che, dunque, le descrizioni della natura non sianointrinsecamente probabilistiche, ma contingentemente probabilistiche, a causa dellestrumentazioni e dell’intelligenza umana limitate, come e nell’ottica di Laplace.Per lui, infatti, la certezza matematica coincide con la conoscenza esatta dellanatura. E tuttavia ammissibile, da un punto di vista strettamente modellistico,eliminando cosı ogni riferimento immediato e diretto alla natura, che esista unsistema stocastico lineare, le cui misurazioni possano essere perfezionate eliminandoil rumore.

Va fatta, pero, una precisazione riguardo un “modello” stocastico e lineare moltoparticolare: la meccanica quantistica. Quest’ultima, intrinsecamente stocastica148,c’insegna, sviluppando produttivamente idee di Boltzmann, che bisogna andareoltre il presupposto della conoscenza oggettiva, e che l’osservatore influisce inmaniera determinante su cio che osserva149. La meccanica quantistica e pertantoestranea alla subordinazione della probabilita ad una verita di fondo, idea che haresistito fino a quando Boltzmann non ha concesso alla probabilita uno statutoepistemologico proprio. E bene precisare che non sto discutendo del fatto che dietrola meccanica quantistica ci sia o meno una verita oggettiva, ma del fatto che untale presupposto non e per nulla scontato, ne, a quanto pare, necessario.

La stocasticita puo essere, dunque, una questione che va al di la della misurazionee che si radica in concetti e modi d’intendere la natura, dai quali puo assumere,del resto, significato.

Ricapitolando e semplificando, si puo dire che se, per assurdo, fosse possibiletogliere la non-linearita da un sistema, si otterrebbe un sistema diverso da quellodi partenza; se, invece, fosse possibile ridurre il rumore di un sistema, fino adeliminarlo del tutto, si avrebbe lo stesso sistema di partenza, caratterizzato damisurazioni al limite perfette, ma solo da un punto di vista modellistico, a menoche non si presupponga, com’e avvenuto, una coincidenza tra modello matematicoe realta.

La domanda che a questo punto si pone e la seguente: in che modo erano pensatigli effetti, all’interno della concettualita settecentesca ed ottocentesca, di cio cheoggi e la non-linearita? Sebbene in tale periodo non si possa parlare di non-linearitane di sensibilita alle condizioni iniziali, tuttavia i loro effetti rappresentavano deiveri grattacapi per gli scienziati dell’epoca, e non solo. Per questo motivo, sullabase degli effetti della non-linearita e possibile discutere come venissero pensatiall’interno della concettualita sin qui delineata.

2.2 Linearita, perturbazioni e rumore

A questo punto, dovendomi occupare degli effetti della non-linearita nel Settecentoe nell’Ottocento, e necessario compiere dei passi indietro rispetto a quelli fatti nel

148Questa caratteristica emerge chiaramente se si confronta il concetto moderno di traiettoriacon quello quantistico di funzione d’onda.149Si considerino le coppie di Heisenberg.

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La linearita e la scienza moderna 91

paragrafo precedente. Bisogna, infatti, ammettere che l’osservatore non interferiscacon l’osservato durante un esperimento o una misurazione e che ci sia una strutturaontologica forte della natura, conoscibile attraverso le equazioni differenziali. Ora,sulla scorta della distinzione di disordine stocastico e deterministico, e possibilecapire senza troppe difficolta il ruolo degli effetti della non-linearita nella fisicamoderna.

Naturalmente, con cio non intendo esprimere alcun giudizio di merito, m’inte-ressa solo mostrare come la presenza di una concettualita chiusa, e soprattuttoassolutizzata, porti ad interpretare unilateralmente la natura e la conoscenza, e aconfinarle necessariamente in uno spazio precostituito. Questo tipo di confronto mipare lecito e possibile in quanto, nel periodo storico preso in esame, c’erano tuttigli elementi matematici e fisici per cio che chiamiamo “non-linearita”150, tuttavia,a mio modo di vedere, proprio il suddetto tipo di concettualita assolutizzata, nellaforma specifica che ha assunto, non ha permesso lo sviluppo della non-linearita151.Questo vale sia da un punto di vista metodologico, cioe di cio che impone unasimile concettualita, sia da un punto di vista contenutistico, cioe del modo in cuiessa e stata riempita nel periodo storico considerato. Prima di proporre un’analisifilosofica del primo aspetto, mi pare importante rivolgere l’attenzione al secondo.

Va detto innanzitutto che, da un punto di vista fisico, questo modo di procedereha permesso di ottenere numerosi ed importanti risultati, cito solo gli equilibri diLagrange, ed in generale tutte quelle scoperte per cui la fisica e la matematica eranoritenute gli esempi verso cui indirizzare ogni disciplina che voleva dirsi scientifica ein grado di raggiungere la verita.

Questo modo di procedere e, per me, strategicamente importante, in quanto e unesempio del fatto che la scelta di una via apre delle possibilita, e, proprio per questo,chiude la possibilita di accedere ad altri punti di vista. In altri termini, si trattadi capire perche la non-linearita, non rientrando nello spazio di pensabilita dellaconcettualita del tempo, non poteva essere riconosciuta come tale, a testimonianzadel fatto che, appunto, scegliere e strutturare delle possibilita vuol dire semprelasciarne delle altre.

Il punto filosoficamente importante sara tenere presente metodologicamenteuna pluralita di prospettive possibili, proprio nel momento in cui se ne definisceproduttivamente una. L’ulteriore problema filosofico riguarda il fatto che, a rigordi termini, nel momento in cui ci si trova ad avere a che fare con uno spazio dipensabilita, non solo chiuso, ma assolutamente chiuso, non si pone neanche ilproblema di una riconoscibilita di altri spazi di pensabilita che esulano da quelloesistente.

Ora, e innanzitutto importante capire perche, fisicamente e filosoficamente,il problema dei tre corpi sia stato trattato, fino a Poincare, in un solo modo,

150Come si vedra, il fulcro del discorso e proprio capire come venivano trattate le equazioni nonlineari.151Come e emerso, matematica, fisica e filosofia, tutte insieme compongono un quadro unico

senza che sia possibile stabilire delle priorita. E possibile, tuttavia, cogliere delle corrispondenzeper cercare di capire le diverse voci attraverso le quali si esprimono simili esigenze.

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considerato l’unico.Da un punto di vista strettamente storico, risulta essere del tutto comprensibile

il fatto che il problema dei tre corpi sia stato pensato come il problema dei duecorpi piu una perturbazione, in quanto, in primo luogo, era noto come affrontarematematicamente problemi di questo tipo: le equazioni differenziali erano, episte-mologicamente, la via attraverso la quale si poteva raggiungere legittimamentela natura e, nello stesso tempo, esse erano, ontologicamente, la stessa natura. Insecondo luogo, era nota la causa fisica che lo produceva, e cioe la gravita152, edinfine, si sapeva risolvere il problema dei due corpi; di conseguenza non servivaaltro per poterlo affrontare, in quanto, effettivamente, sembrava di essere ad unpasso, anzi ad un corpo, dalla meta. Esso era, inoltre, perfettamente interpretabilenei confini della concettualita posta, sia dal punto di vista degli strumenti scientificiconosciuti sia dal punto di vista filosofico, in quanto si riproponeva la distinzionetra essenze ed accidenti e il procedimento conoscitivo che dal semplice giunge alcomplicato.

Ora, il punto e cercare di capire che cosa nasconde una tale comprensibilita, valea dire, in base a cosa questo modo di affrontare il problema risultava “ovvio”. Questovuol dire comprendere in che direzione era orientato lo studio delle perturbazioni edegli errori nel periodo storico in questione.

Stabilita e ricostruita la legittimita per cui il problema dei tre corpi era essenzial-mente pensato come il problema dei due corpi piu una perturbazione, e necessarioconcentrare l’attenzione proprio su quest’ultima, ed in genere su tutto cio checostituisce una deviazione, un disturbo, da quelli che sono considerati i valoriepistemologici ed ontologici di riferimento generale che guidavano la conoscenza diuna dinamica in generale.

Nelle opere di Laplace si trova sia una trattazione scientifica sia una trattazionefilosofica delle perturbazioni. Nel Saggio filosofico sulle probabilita afferma:

“Ogni osservazione ha per espressione analitica una funzione degli elementiche si vogliono determinare; e, se essi sono press’a poco noti, la funzione diventauna funzione lineare delle loro correzioni. Uguagliandola all’osservazione stessa, siforma un’equazione di condizione. Se si hanno molte equazioni del genere, le sicombina in modo da ottenere tante equazioni finali quanti sono gli elementi, di cuisi determinano poi le correzioni, risolvendo equazioni153”.

“Generalmente gli errori dei risultati dedotti da un gran numero di osservazionisono delle funzioni lineari degli errori parziali di ogni osservazione154”.

“Il piu delle volte i fenomeni della natura sono complicati da cause estranee:un numero enorme di cause perturbatrici vi mescolano la loro influenza, tanto chee ben difficile riconoscerli. Per giungervi bisogna moltiplicare le osservazioni o gliesperimenti, affinche, venendosi a distruggere mutualmente gli effetti estranei, irisultati medi mettano in evidenza i fenomeni ed i loro vari elementi155”.

152Faccio notare che gia la generazione di Lagrange e Laplace non problematizza piu la gravitacome facevano coloro che accusavano Newton di aver introdotto essenze occulte. Essa erasemplicemente assunta.153Cfr. Laplace, “Saggio filosofico sulle probabilita”, p. 300. Il primo corsivo e mio, il secondo di

Laplace.154Cfr. ibid., pp. 305-306. Il corsivo e mio.155Cfr. ibid., pp. 298-299.

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La linearita e la scienza moderna 93

A mio modo di vedere, da queste citazioni emergono due modi di affrontaree considerare le cause perturbatrici e, di conseguenza, i loro effetti. Il primo,espresso dall’ultimo passo, fa riferimento al fatto che, non trattandosi di cause cherientrano nello spazio dell’essenza del problema in questione, esse sono destinatead esaurirsi. Il secondo modo di affrontare le perturbazioni fa riferimento a quellecause perturbatrici che hanno, per cosı dire, un peso maggiore in problemi comequello esposto dei tre corpi. In questo caso, come detto, la causa di perturbazionee la stessa gravita, senza alcun dubbio uno degli elementi che compongono il nucleocentrale dello spazio concettuale delimitato dalla modernita156, e non certo una“causa estranea”.

A mio giudizio, per quanto riguarda questo secondo caso, e importantissimosottolineare il termine lineare, in quanto e il concetto chiave che permette diricostruire il modo in cui, nella cultura scientifica moderna, erano caricate disignificato le perturbazioni e le equazioni differenziali.

Queste citazioni rivelano, a mio avviso, che, in linguaggio matematico, gliscienziati facessero riferimento ad un mondo sostanzialmente esprimibile per mezzodi equazioni differenziali lineari, o comunque ad esse riconducibile. Esse eranoritenute in grado di rendere conto anche del tipo di perturbazioni che sto discutendo.Piu precisamente, Laplace fa riferimento a quelle perturbazioni che influiscono inmaniera determinante su una dinamica, quale puo essere quella del moto dei trecorpi.

Ora, la cosa interessante e che le citazioni mostrano chiaramente che, laddove leperturbazioni sono del tipo di quello dei tre corpi157, e necessario farle rientrare nellaconcettualita chiusa, vale a dire trattarle con le equazioni differenziali. Le citazioni,tuttavia, come accennato, dicono qualcosa in piu, parlano, infatti, di linearita. Dacio deriva che il calcolo degli effetti di una perturbazione doveva essere risolvibilee dominabile, sempre attraverso le equazioni differenziali, la cui risoluzione eragarantita, come visto, dall’esistenza fisica della dinamica in questione.

Nei precedenti paragrafi ho fatto riferimento al fatto che gli scienziati presi inesame assumevano l’esistenza delle soluzioni delle equazioni differenziali. Questoindica che la realta fisica garantiva la linearita delle equazioni differenziali con lequali si indagava, e alle quali s’intendeva ridurre, la natura.

Quello della linearita non e, dunque, solo un concetto matematico, in quanto hadei risvolti ontologici, epistemologici e filosofici in generale estremamente importanti.Essa, a mio giudizio, puo esser pensata come la traduzione moderna dei concetti

156Tutto cio, come ricordato, non vale solo per la fisica, ma riguarda anche altre discipline. Oltreal gia citato passo kantiano, che auspicava un principio per la storia che valesse come la gravitaper la fisica, si puo riconoscere nel self-interest smithiano, il principio di gravita della societacivile.157Mi pare importante, a scanso di equivoci, ribadire che questo tipo di perturbazione era dovuto

a quella stessa causa che spiegava i moti planetari, vale a dire l’attrazione reciproca di tutti glielementi del sistema solare. Si tratta, in altri termini, di una perturbazione che, evidentemente,non ha una “causa estranea”, per dirla con Laplace.

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di ordine158 e semplicita della natura. Essa e, infatti, alla base del protagonistaprincipale della fisica moderna, vale a dire le equazioni differenziali. Nella scienzamoderna, quando si parla di equazioni differenziali, si parla sostanzialmente diequazioni differenziali lineari, di cui si presupponeva la risolvibilita in base adargomentazioni che non erano solo matematiche, ma, come visto, anche fisichee filosofiche. Essa e pensabile come un altro elemento essenziale di uno spazioconcettuale chiuso che, racchiudendo in se le equazioni differenziali e con esse lanatura, impone, ed ha effettivamente imposto, a quest’ultime un significato ed unuso, tale per cui non fu neanche possibile porre, come nel caso del problema deitre corpi, la questione della sua non risolubilita159, perche questo avrebbe volutodire uscire da uno spazio di pensabilita che non ammetteva nulla di essenzialefuori se stesso, che valesse la pena di essere considerato tale, o piu in generale, cheavesse una valenza epistemologica propria. Da un punto di vista metodologico, lanon-linearita non poteva essere costituita come qualcosa di epistemologicamenterilevante e valido, in quanto non rispondeva ad alcuni requisiti esposti nella primaparte di questo capitolo160.

In un siffatto quadro filosofico-scientifico, un’equazione differenziale non lineareera pensata come un’equazione lineare piu una o piu perturbazioni, in quanto lanon linearita matematica, di per se, non poteva avere cittadinanza nella spaziochiuso di pensabilita sin qui descritto: essa doveva essere ricondotta e pensata apartire dalla linearita.

Nello specifico, poter risolvere problemi fisici voleva dire, nell’ambito dellafisica moderna, avere a che fare con problemi matematici lineari, o comunquepoter ridurre tutto ad essi, in quanto erano ritenuti problemi non solo risolvibilimatematicamente, ma la loro solubilita era garantita dalla natura stessa. Lalinearita di un’equazione differenziale, cosı come la possibile linearizzazione perapprossimazione di equazioni non lineari, e la cifra matematica che permettedi poter conoscere globalmente il passato ed il futuro, in quanto l’evoluzionematematica della dinamica puo essere seguita e prevista senza avere a che fare conqualcosa come la sensibilita alle condizioni iniziali. La linearita e il fulcro attornoal quale si raccoglie la possibilita di rispondere alla domanda considerata nellaprima parte del lavoro e di questo capitolo, che ho mostrato riproporsi, vale a direla domanda che richiede l’essenza di qualcosa. Da questa prospettiva, “linearizzare”non voleva dire solo rendere trattabile un’equazione non lineare, ma voleva dire, piusottilmente, scoprire il termine lineare, il responsabile dell’andamento complessivodi una dinamica161.

158Ricordo che nella prima parte di questo lavoro e emersa una relazione, non solo filologica, tracosmos e ordine. Ci si trova, in tal modo, davanti a due esigenze simili.159Va ricordato che Lambert aveva posto la questione della non risolvibilita del problema dei tre

corpi, tuttavia, le sue idee, oltre a non essere state accompagnate da argomentazioni matematicheadeguate, non furono prese seriamente in considerazione.160Essa, ad esempio, non permette di sovrapporre i concetti di determinismo e di completa

prevedibilita di un sistema.161Si notera che in questa frase sono passato da una considerazione matematica ad una fisica,

tuttavia, in base al discorso fatto fin qui, credo che una tale commistione di piani sia chiaramente

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La linearita e la scienza moderna 95

Avere a che fare con la linearita, o comunque ricondurre ogni problema adessa, voleva dire, sostanzialmente, avere a che fare con una legge matematica, cherispondeva ai canoni espressi nei primi paragrafi di questo capitolo. Questo e verose si presuppone che esistano le soluzioni di equazioni o di sistemi di equazionisiffatti. Essendo, come visto, il teorema di unicita ed esistenza delle soluzionidelle equazioni differenziali ordinarie del 1827, orientativamente prima di questadata, quanto detto sin qui si basava essenzialmente su assunti filosofiche circa lanatura del mondo162. In questo contesto, e possibile, a mio giudizio, affiancare ilconcetto matematico di linearita con quello filosofico di semplicita della natura,nella formulazione laplaceana.

Detto questo, si comprende bene come tutto cio che non rientrasse, direttamenteo indirettamente, nei confini dello spazio chiuso e assoluto, ad un tempo scientifico efilosofico, della linearita, venisse pensato come un semplice ed inessenziale disturbo.

A ben vedere, c’e da prendere in considerazione, a questo punto, una questioneimportante che mostra la direzione nella quale si e mossa la scienza del Settecentoe non solo, e che ho lasciato in sospeso all’inizio di questo paragrafo. Riprendendoquanto detto in precedenza sul caos, si puo dire che, dal punto di vista degli effetti,non-linearita e rumore sono in parte confondibili163.

Mi spiego. Se consideriamo un sistema non-lineare al di qua del tempo diLyapunov, vale a dire al di qua di quel valore nel quale la non-linearita inizia aprodurre effetti macroscopici, essi possono essere, ed effettivamente erano, associatial rumore, ad un disturbo che impediva una corretta misurazione e, dunque, unaperfetta conoscenza dell’evoluzione di un sistema164.

Si e visto affacciarsi il problema del rumore nelle prime due citazioni laplaceane,pertanto e bene riconsiderarle assieme al primo modo di affrontare le perturbazioni,vale a dire quello riferito alle “cause estranee”, che ho lasciato in sospeso.

In questo caso ci si trova davanti a semplici disturbi dovuti a cause del tuttoinessenziali, vale a dire esterne ai confini che delimitano lo spazio dell’essenza di cioche s’intende conoscere165. Laplace, nei passi presi in considerazione, afferma cheil loro effetto e destinato ad estinguersi, senza che possa avere alcuna conseguenzanell’economia della dinamica in generale. A quest’ultima Laplace applica il calcolodelle probabilita. Essendo, tuttavia, come giustamente mostra lo stesso Laplace,impossibile evitare errori sperimentali, la probabilita e lo strumento necessario per

comprensibile.162Si tenga presente che il teorema di Cauchy non risolve tutti i problemi, in quanto ha un

valore locale e non globale. Su tali questioni cfr. Israel, La visione matematica della realta.163Per evitare ogni equivoco, ricordo che per compiere delle previsioni, in sistemi non-lineari,

vengono tutt’ora compiute linearizzazioni, a testimonianza del fatto che si tratta di uno strumentovalidissimo che, sin dalla fine del Seicento, ha permesso di ottenere pregevoli risultati. A questoproposito, io non discuto tale validita e tale utilita, ma il fatto che uno strumento, pure importante,inserito in una concettualita chiusa e assoluta, non possa non essere caricato di significati ontologicigenerali, al di la di qualsiasi contesto disciplinare o problematico in generale.164Si tenga presente che e tutt’ora possibile compiere previsioni attendibili, per un periodo di

tempo relativamente breve, senza, praticamente, tener conto della non-linearita.165Come visto, nel caso del problema dei due corpi piu una perturbazione, la causa di quest’ultima

era una causa ben nota ed essenziale: la gravita.

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96 La linearita e la scienza moderna

calcolare gli stessi margini d’errore, all’interno dei quali determinare il grado dicorrettezza dei risultati ottenuti.

All’interno del modo in cui s’intendeva rispondere alla domanda che richiedel’essenza, si puo intuire come la probabilita non potesse assumere alcuno statutoepistemologico proprio166, anzi era pensata come la distanza che separava l’uomodal Vero.

Mi sembra interessante, a tal proposito, analizzare un celebre passo del Saggiofilosofico sulla probabilita di Laplace:

“Tutti gli avvenimenti, anche quelli che per la loro piccolezza sembrano nonubbidire alle grandi leggi della natura, ne sono una conseguenza necessaria come losono le rivoluzioni del sole. [. . . ].Gli avvenimenti attuali hanno coi precedenti un legame fondato sul principio evidenteche nulla puo incominciare ad essere senza una causa che lo produca. Questo assioma,noto sotto il nome di principio della ragion sufficiente, si estende anche alle azioniche giudichiamo indifferenti167”.

“Possiamo pensare l’attuale stato dell’universo come una conseguenza del suopassato e causa del suo futuro. Un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscessetutte le forze di cui e animata la natura e la posizione di tutti gli oggetti che esistono,e se tale intelletto fosse anche in grado di elaborare una quantita cosı grande di dati,abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei piu grandi corpi dell’universo edell’atomo piu leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato,sarebbe presente ai suoi occhi168”.

In base a quanto afferma questa citazione, il demone di Laplace ha, essenzial-mente, le seguenti super capacita: 1. Conoscerebbe le leggi che regolano l’universo,le leggi di Newton; 2. Sarebbe in grado di conoscere perfettamente le condizioniiniziali di un qualsiasi sistema; 3. Avrebbe una capacita computazionale infinita.Di fronte ad una simile situazione, in cui e presupposta, come esistente e al limiteconoscibile, una vera natura delle cose, la probabilita indica solo e soltanto ladistanza dal vero, perche il demone, in base ai suoi tre super poteri, e in sostanzain grado di eliminare il rumore, il disturbo, o meglio di mettere da parte ognielemento accidentale da ogni conoscenza e concentrarsi solo sugli elementi essenzialidel sistema mondo.

Che qui sia presente una identificazione tra gli effetti della non-linearita e quellidel rumore emerge ancor di piu se si confronta il secondo super potere del demonedi Laplace con quanto detto sulle condizioni iniziali, in un sistema non-lineare. Ildemone puo avere un’istantanea perfetta di un sistema qualsiasi, ed in base a ciosarebbe in grado di conoscere passato e futuro. Questo e possibile solo se il sistemaconsiderato ha un andamento essenzialmente lineare e disturbato da rumore e nonin un sistema in cui determinismo e predicibilita non sono concetti sovrapponibili.Sarebbe inoltre necessario sapere quali cause hanno determinato la configurazionepresente fotografata dal demone. Egli non potrebbe nulla contro la non-linearita,

166Si puo parlare, in questo contesto, di probabilita preboltzmanniana, soprattutto se si pensaallo statuto epistemologico che essa assume nella meccanica quantistica.167Cfr. Laplace, op. cit., p. 242.168Cfr. ibid., p. 243.

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in quanto non puo, risalire il passato per distinguere tra essenza ed accidente enon puo sapere quale accidente e stato rilevante per il raggiungimento dello statoattuale del sistema caotico preso in considerazione. Egli potrebbe solo compiereprevisioni ensemble molto accurate, e mai perfette per il futuro, ma non potrebberisalire il passato perche non si mantiene alcun tipo di linearita tra lo stato attualedi un sistema, preso come condizione iniziale, e cio che lo ha prodotto. Se, dunque,Laplace, ed in generale la fisica moderna, afferma che cio e possibile, allora, oltre amanifeste assunzioni sulla fattura del mondo, e necessario presupporre anche lasovrapposizione di non-linearita e rumore, e quella tra determinismo e predicibilita.

In base a quanto detto qui, all’esposizione dei caratteri dei principi e delmondo lagrangeano-laplaceano e al metodo analitico riduzionista, la non-linearitanon poteva non essere fatta rientrare all’interno dell’accidentalita, o comunquericondotta, nella sua essenza, a linearita.

Mi pare importante sottolineare come le parole di Laplace facciano riferimento,di nuovo, al riduzionismo analitico, al presupposto di un mondo che e possibiledescrivere in maniera completa, oggettiva, deterministica e atemporale. Questo vuoldire che non si pone ne il problema ne lo spazio filosofico per pensare il complessodel fenomeno da spiegare, ma quest’ultimo, per sua natura169 riconducibile a leggilineari, puo essere complicato da elementi accidentali. Viene cosı estromessa lapossibilita che si diano configurazioni di un sistema che, per una propria logicainterna, non siano essenzialmente predeterminabili a priori.

La fisica ed il pensiero moderno riducono pertanto la complessita a complicazione,in quanto era presupposto che quest’ultima potesse essere riducibile ad elementisemplici, disturbati dal rumore. In questo quadro, come detto, il demone di Laplacesarebbe effettivamente in grado di eliminare il rumore, in quanto per questo scopomi pare pensato. A ben vedere, pero, la citazione precedente dice di piu. Laplacenon ci dice solo che eliminando il rumore ci troveremmo davanti ad un sistemadeterministico, egli esclude ogni possibilita che qualcosa di diverso dalla linearita,con tutto cio che essa comporta, possa avere uno statuto epistemologico proprio170.

Come visto, la fiducia negli assunti filosofici di fondo era tale che, almeno finoa Poincare, il problema (non-lineare) dei tre corpi era trattato come il problemadei due corpi, per altro risolto gia da Newton, con l’aggiunta di una perturbazione.Questo aspetto si vede ancor meglio se si considera che il problema dei tre corpi nonfu risolto da Poincare; egli riuscı a compiere un primo “salto concettuale” affermando

169Mi esprimo in questo modo in virtu del fatto che, nell’impostazione data da Laplace allafisica, si assume che l’indagine scientifica, una volta raggiunti leggi e principi, sia in grado didire l’ultima parola, e dunque la prima, sui suoi oggetti di ricerca ed in generale sul mondo. Siassume, astrattamente in senso hegeliano, che tutto sia riconducibile a quegli schemi concettualiche hanno fatto la fortuna della fisica moderna.170Nonostante i suoi super poteri, il demone di Laplace non potrebbe controllare completamente

la non-linearita, e non potrebbe neanche eliminarla, altrimenti creerebbe un altro sistema, diversodal precedente, in quanto l’autorganizzazione e possibile solo attraverso non-linearita, poiche,come detto, sono possibili sistemi stocastici lineari.

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che esistono fenomeni caratterizzati da cio che oggi e noto come “sensibilita allecondizioni iniziali”171.

Se si e seguito quanto detto sin qui, si comprende la portata traumatica delrisultato di Poincare. Egli, sostanzialmente, ha dimostrato che quel problema nonera risolvibile all’interno dell’intreccio di matematica, filosofia e fisica di cui misono occupato.

Poincare mostra che alcuni dei risultati e dei problemi matematici e speri-mentali che ruotavano intorno alle equazioni differenziali erano imbrigliati in unaconcettualita troppo stretta, la quale, se da un lato permise numerose scoperte,dall’altro ostacolo numerosi sviluppi successivi, in quanto rappresentava uno spaziodi pensabilita chiuso in senso assoluto, le cui irregolarita erano pensate comeaccidentalita, come intralcio e non come risorsa.

Anche ad un livello filosofico si ripresenta la distinzione tra essenza ed accidente,che e possibile dirimere attraverso una discussione di cio che sin qui ho chiamato“spazio chiuso di pensabilita”. Tutto cio e possibile, a mio giudizio, se si mette indiscussione il fatto di dover stabilire una verita fondamentale su qualcosa, e se sicerca di capire in base a cosa sono state poste certe domande e che risposta hannoavuto.

Grazie ad un confronto col passato, come quello che ho cercato di proporre, epossibile, a mio giudizio, porre domande diverse ed aprire nuovi spazi di pensabilita.

Di conseguenza, dopo il percorso effettuato in questo capitolo, mi pare giuntoil momento di affrontare le problematiche emerse da un punto di vista filosofico.In altri termini mi sembra arrivato il momento di chiarire direttamente, e cercaredi andare oltre, l’idea di una concettualita chiusa e l’idea che conoscere debbasignificare tracciare un confine all’interno del quale, e solo all’interno del quale, sitrovi l’essenza atemporale di qualcosa.

Questo mi pare, filosoficamente, uno dei problemi principali che pone l’analisi,fin qui proposta, di quella disciplina, la fisica-matematica, che e stata considerata,non solo nella modernita, il punto di riferimento e l’esempio di scientificita di tuttele altre discipline. Prima, pero, e necessario soffermarsi su alcuni aspetti dellanon-linearita nella fisica contemporanea.

171cfr. Poincare, op. cit.; cfr. idem, “Il problema dei tre corpi”.

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Capitolo 3

Questioni non-lineari

Fin qui mi sono occupato del rapporto tra ordine e caos nella fisica moderna.In questo capitolo intendo soffermarmi sul modo in cui, dopo Poincare, vengonostudiati i sistemi dinamici. In questo modo sara possibile far emergere quellequestioni scientifiche e filosofiche di fondo che impongono di ripensare alcunecategorie concettuali moderne e di introdurre nuovi strumenti filosofici, al finedi uscire da una concettualita sin troppo stretta. E proprio il confronto tradue modi diversi di fare scienza che permettera di evideziare concetti specifici,materia dell’ultima parte di questo lavoro. In tal senso, mi pare utile una brevericapitolazione di quanto detto sin qui.

3.1 Ricapitolazione

All’interno dell’approccio algebrico al calcolo si intersecano e sostengono a vicendafilosofia, fisica e matematica in modo tale da formare una solida struttura in gradodi valere come il referente privilegiato di ogni tipo di conoscenza che veramentetale voleva dirsi, in grado, in altri termini, di svelare i segreti della natura.

Il protagonista principale, in grado di render conto della natura, era l’equazionedifferenziale, sostenuta dai progressi enormi che la fisica ha compiuto dal Settecentoalla seconda meta dell’Ottocento.

L’equazione differenziale e emersa essere il nodo attraverso il quale si tenevaferma l’idea che natura e matematica coincidessero; come si e visto, un problemamatematico era, in senso forte, un problema fisico, la natura. Attraverso il calcolosi pensava che fosse possibile leggere la natura in trasparenza, conoscerne le legalita.Naturalmente, scrivere un’equazione o un sistema di equazioni differenziali non vole-va dire immediatamente conoscerne le soluzioni, tuttavia, l’introduzione di elementiesterni al ragionamento e alle procedure matematiche rendeva possibile rafforzarela centralita del calcolo nella conoscenza scientifica, cosı come, indirettamente,nella conoscenza in generale che alla scientificita della fisica matematica guardavacome modello. Il valore epistemologico ed ontologico del calcolo in generale era taleche la soluzione di problemi fisici particolarmente ostici era affidata allo sviluppo

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100 Questioni non-lineari

del calcolo stesso1, in quanto si pensava che avesse le potenzialita per inglobare lalegalita di ogni fenomeno naturale, senza che si ponesse la questione delle possibilitae dei limiti di un siffatto strumento d’analisi2.

Da un punto di vista filosofico, l’equazione differenziale rappresentava un centrodi riferimento attorno al quale si organizzava la scienza; essa aveva, pertanto, unostatuto epistemologico di primo piano.

Se ci si fermasse qui, il calcolo rappresenterebbe uno strumento formidabile,capace di far compiere passi da gigante alla scienza e non solo. Oltre a questo datodi fatto, che pare difficile mettere in discussione, nel periodo preso in considerazione,ad esso vengono assegnati altri caratteri che ne fanno lo strumento della conoscenza,in grado di raggiungere la vera natura delle cose. E inutile insistere ancora sul fattoche gli scienziati piu importanti e piu influenti del tempo pensassero che l’analisifosse estesa tanto quanto la natura, poiche dovrebbe essere emerso con chiarezza.La cosa interessante e che quest’idea porta con se l’enorme valore ontologico che leequazioni differenziali hanno assunto, nella forma piu esplicita, tra Settecento eOttocento. Si e visto, a questo proposito, come il compito di un vero scienziatofosse, sostanzialmente, quello di scrivere le equazioni differenziali del fenomeno chestava studiando.

Questo tipo di razionalita, tuttavia, non poggiava su un’adeguata discussionedelle possibilita e dei limiti epistemologici ed ontologici del calcolo, da un qualsiasipunto di vista. Questo modo di procedere, che cela importanti assunti filosofici, pre-senta i suoi risultati come qualcosa in grado di risolvere ed esaurire completamentela conoscenza di un qualsiasi problema scientifico. Questo, a sua volta, vuol direassolutizzare un determinato metodo, in quanto lo si ritiene in grado di coglierel’essenza di qualcosa. Il passaggio ad una concezione modellistica consapevole im-pone non solo un ripensamento del rapporto tra matematica e natura, ma anche diripensare le categorie filosofiche che rendono possibile pensare una sovrapponibilitaperfetta, o al limite teleologicamente perfetta, tra natura e matematica.

La distinzione tra elementi essenziali ed elementi accidentali di una dinamica eben presente nel modo in cui venivano trattate le equazioni differenziali non lineari.La dinamica che si otteneva attraverso una linearizzazione era cio che rendevaconto della dinamica complessiva, mentre tutto il resto era un disturbo di per sedestinato ad esaurirsi3. Si e visto, inoltre, che, al limite, anche le perturbazionipotevano trovare una trattazione scientifica, ma solo se di esse, ancora una volta,si potevano scrivere le equazioni differenziali. Questi due aspetti, al di la deglieffettivi risultati scientifici ottenuti, testimoniano che ci si trova davanti ad unaconcettualita ben definita, chiusa ed autoreferente, i cui caratteri filosofici discutero

1Un’esplicita fiducia nei progressi del calcolo e presente sia nei testi di Euler sia di Lagrange.2Nella scienza del Settecento, soprattutto francese, era forte la propensione a pensare la natura

esclusivamente in termini di materia e moto. Proprio quest’ultimo si pensava di aver catturatoattraverso il calcolo.

3In questo contesto e, a mio giudizio, solo a partire da queste considerazioni, si puo porrel’accento sull’importanza della probabilita in Laplace che pur essendo grande non assume maiminimamente uno statuto epistemologico proprio (cfr. Paola Dessı. “Laplace e la probabilita”. In:Rivista di filosofia 24 [Ottobre 1982], pp. 313–332).

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Questioni non-lineari 101

nel prossimo capitolo. Per ora mi pare necessario soffermarmi ancora su questionifilosofiche strettamente legate alla fisica e alla matematica.

Lo statuto epistemologico ed ontologico che le equazioni differenziali hannoassunto, ha fortemente vincolato il loro uso, prova ne e la centralita del concetto dilinearita. Quest’ultimo, nel contesto filosofico-scientifico preso in esame, va intesoin due sensi strettamente relati tra loro. Il primo, piu matematico, fa riferimento alfatto le equazioni non lineari erano matematicamente pensate come equazioni linearicon l’aggiunta di qualcos’altro, del tutto inessenziale nell’economia dell’equazione.In secondo luogo, il concetto di linearita, da un punto di vista piu filosofico, fariferimento al presupposto della semplicita della natura, su cui non mi dilungo.

Le equazioni differenziali in generale risultavano, pertanto, chiuse all’interno diuna concettualita che ne aumentava fortemente le potenzialita. E proprio a causadi una tale concettualita che la non-linearita e le sue proprieta irriducibili non sonomai potute essere pensate come elementi con una propria dignita epistemologica,ne come qualcosa in grado di individuare aspetti diversi del mondo. Di certo,rendere possibile considerazioni di questo tipo vuol dire, innanzitutto, mettere indiscussione la concettualita, o se si vuole la razionalita, con la quale si leggevala natura e si usavano gli strumenti di ricerca. Tutto cio porta con se ancheil conseguente abbandono dell’assolutezza della quale erano investiti i risultatiscientifici. Un esempio e dato proprio dalla reciproca implicazione di determinismoe prevedibilita che emerge molto chiaramente dalle pagine di Laplace. L’idea eche il comportamento di un sistema, di cui si conoscono gli elementi costitutivi,sia completamente prevedibile a priori, vale a dire prima che il sistema, per cosıdire, entri in funzione4. Da un punto di vista storico, si sono analizzati anche gliargomenti che legittimavano un tale approccio ai problemi fisici5.

La mutua implicazione di determinismo e predicibilita deriva da una metodologiadi ricerca per cui ogni proprieta di qualsiasi sistema puo e deve6 essere ridotta,tramite analisi, ai suoi elementi costitutivi ed essenziali. Reclamare la parzialita diuna simile impostazione vuol dire metterne in discussione gli assunti filosofici difondo, poggiando saldamente i piedi su problematiche scientifiche di difficilissima odi impossibile soluzione in una simile concettualita.

Se nel capitolo precedente mi sono soffermato soprattutto su cio che succede aldi qua del tempo di Lyapunov, ovviamente per λ > 0, vale a dire nel momento incui gli effetti della non-linearita possono essere trascurati, e arrivato il momento diesporre che cosa succede al di la del tempo di Lyapunov, quando la non-linearitamostra macroscopicamente i suoi effetti, quando, in altri termini, il rapporto tra le

4Cfr. David Ruelle. “Determinismo e predicibilita”. In: Il caos. Le leggi del disordine. A curadi Giulio Casati. Le Scienze, 1991, pp. 14-15

5A cio si aggiunga che, al di qua del tempo di Lyapunov e realmente possibile ed utileprocedere per linearizzazioni, quindi, come ho cercato di mostrare, sarebbe intellettualmentescorretto additare criticamente questi strumenti scientifici, piuttosto che il quadro culturale in cuierano pensati ed in cui assumevano significato.

6Nelle pagine seguenti, e soprattutto nei prossimi capitoli emergera che proprio questo passaggio,dalla possibilita alla necessita, e la cifra per cui una razionalita diventa la razionalita del mondo.

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cause e gli effetti di una dinamica cessa di essere interpretabile o riducibile ad unaproporzionalita lineare7.

Se il tempo di Lyapunov e un tempo caratteristico, allora tutto cio che si puodire, ogni caratterizzazione di un sistema non-lineare8 sara in gran parte qualitativa.

3.2 Problematiche non-lineari

Un sistema non-lineare9 si distingue proprio dal fatto che per alcuni suoi parametripuo dar luogo al caos deterministico. Questo vuol dire che, innanzitutto, il rapportotra determinismo e prevedibilita non e cosı stretto come si pensava. L’esponente diLyapunov, laddove si ha λ > 0, indica un limite alla prevedibilita o, se si vuole,misura la rapidita con cui si perde informazione. Un sistema non-lineare, pertanto,non e piu completamente riducibile ad un sistema lineare, ottenuto attraverso unalinearizzazione; esso e un sistema con un proprio statuto epistemologico, in gradod’inquadrare fenomeni e proprieta specifiche non riducibili ad altro di piu sempliceo costitutivo10. Cio avviene perche al di la del tempo di Lyapunov emergonoconfigurazioni che possono essere trattate scientificamente, anche se non si puotornare alle condizioni iniziali.

In particolare, un sistema non-lineare presenta delle proprieta che smentisconol’assolutezza di quei metodi che ruotano attorno al concetto di linearita, cosı comee stato caratterizzato nel capitolo precedente, e soprattutto all’uso effettivo che nee stato fatto. Se da un lato non si tratta solo di evidenziare come, all’interno diuna concettualita, non sia possibile pensare determinate proprieta e/o determinatisistemi, dall’altro, non si tratta di opporre due tipi di concettualita chiuse ma, dalmio punto di vista, si tratta di affiancare tipi di concettualita diverse, e di pensarle

7Cfr. James P. Crutchfield et al. “Il caos”. In: Il caos. Le leggi del disordine. A cura di GiulioCasati. Le Scienze, 1987, p. 22: “Semplici sistemi deterministici, anche costituiti da pochi elementi,possono manifestare un comportamento aleatorio. Questa aleatorieta e di natura essenziale e nonscompare se si raccolgono ulteriori informazioni. A questo genere di aleatorieta si e dato il nomedi caos”.

8Nel resto del capitolo ogni volta che s’incontra il termine “sistema” si deve intendere “sistemanon-lineare”. Ogni caratterizzazione diversa sara specificata.

9E bene avvertire sin d’ora che in questo paragrafo, cosı come in tutto il lavoro, la discussionedella non-linearita, cosı come di alcune sue proprieta, fara riferimento solo alla fisica, in continuitacol capitolo precedente ed in generale con la linea di questo lavoro. Sono consapevole del fattoche il discorso puo essere ulteriormente allargato ad altre discipline scientifiche e non, ma, a miomodo di vedere, in questo modo il discorso rischierebbe di diventare inevitabilmente generico, inquanto invece di discutere di problematiche filosofiche, finirebbe per essere, come troppo spessoaccade, una mera ed inconcludente carrellata di usi della non-linearita e delle sue proprieta.

10Gli ovvi riferimenti sono soprattutto al riduzionismo analitico, al fatto che il fine dellaricerca sia individuare elementi primi ed essenziali e a quelle caratteristiche, esposte all’inizio delcapitolo precedente, per cui qualcosa e riconoscibile come un principio. Questi elementi sarannosottoposti ad una serrata critica la quale cerchera, innanzitutto, di conquistare uno spazio diversodi pensabilita, nel quale, per usare un’immagine di Wittgenstein, avranno un ruolo sociale moltodiverso.

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Questioni non-lineari 103

come qualcosa in grado di cogliere aspetti diversi di un fenomeno e di individuarnealcuni propri ed esclusivi11.

In linea di massima, la scienza, in questo caso la fisica, fornisce un gran numerocontenuti ad argomentazioni di questo tipo, che altrimenti resterebbero prive diriferimenti; e, invece, compito della filosofia riflettere sullo statuto epistemologicodi questi contenuti. In questo lavoro, la scelta della non-linearita serve proprio amostrare, attraverso un esempio concreto, che un nuovo approccio di ricerca nonviene fuori dal nulla, ma si riferisce spesso a problemi gia posti, ma affrontati in unadeterminata maniera, in grado di individuare una risposta altrettanto determinata,diversa da quella che puo offrire un nuovo approccio. La storia, brevementedelineata, del problema dei tre corpi, mi pare sia un esempio molto calzante ditutto cio.

Uno dei problemi di fondo mi pare, dunque, essere la concettualita filosofica,che discutero nel prossimo capitolo. Ovviamente la questione si complica laddoveun metodo in uso viene considerato come il metodo da seguire per ottenere unaconoscenza completa ed atemporalmente vera. In questo modo, infatti, un metododiventa, piu o meno surrettiziamente, un modo per imporre una razionalita. Di qui,allora, non si tratta tanto di smentire un metodo scientifico che, come quello discusso,ha permesso di ottenere numerosi e tutt’ora validi risultati, ma di depotenziarne laportata ontologica ed epistemologica, in una parola, ridimensionare la sua presuntaassolutezza. Queste, a mio modo di vedere sono problematiche propriamentefilosofiche che trattero, nel loro contesto specifico, nel prossimo capitolo.

Nelle pagine seguenti di questo capitolo discutero alcuni concetti importantiche ruotano attorno alla non-linearita e che possono essere pensati se si mettonoin discussione alcuni assunti filosofici importanti della concettualita scientifica cheruota attorno all’analisi algebrica e alla fisica matematica tra la fine del Seicento ela seconda meta dell’Ottocento.

L’analisi di alcune problematiche centrali della non-linearita mi pare fonda-mentale al fine di dare maggiore solidita alla discussione filosofica dei prossimicapitoli.

3.2.1 Sensibilita alle condizioni iniziali e parametri di controllo

Che un sistema sia sensibile alle condizioni iniziali vuol dire che una loro piccolavariazione puo dar luogo a traiettorie la cui distanza diverge esponenzialmente.

11Come mostrero, non e possibile rigettare neanche una concettualita chiusa in quanto tale,poiche, come quella sin qui esposta permette di illuminare aspetti del reale. Si tratta di opporsiad ogni pretesa di assolutezza sia epistemologica sia ontologica. Come mostra l’esempio dellanon-linearita un tipo di approccio alla conoscenza non e mai in grado di esaurire l’oggettod’indagine. Naturalmente, e possibile produrre e discutere altri esempi come il cambiamento diprospettiva filosofica, oltre che scientifica, che c’e dietro la relativita einsteiniana e la concezionedello spazio-tempo rispetto alla geometria dello spazio newtoniano. Nonostante cio, preferiscorimanere sulla non-linearita, in quanto ha il vantaggio di poter porre la questione non comeuna contrapposizione netta, quanto piu di una serie di problematiche che, come visto, sebbeneaffrontate almeno sin da Newton, tuttavia, non hanno trovato una propria dignita scientifica chesolo dopo piu di due secoli, a causa di un cambiamento che e prima di tutto filosofico e culturale.

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104 Questioni non-lineari

Mi esprimo in questo modo perche, come si e visto, l’esponente di Lyapunov sicalcola rispetto ad uno stato di equilibrio di cui s’intende verificare la stabilita.Di conseguenza, un sistema non-lineare ha piu esponenti di Lyapunov, che nonsono necessariamente tutti positivi, negativi o uguali a zero, ma possono essere, adesempio, alcuni positivi, altri negativi. Se si considera λn il numero degli esponentidi Lyapunov di un sistema, in maniera molto schematica si puo dire che per tuttii λn < 0 si ha stabilita asintotica, le traiettorie convergono verso un attrattorepuntiforme. Se alcuni λ sono uguali a zero ed altri sono negativi, si ha un attrattoreordinario diverso da un punto fisso; se esiste almeno un λ > 0, la distanza tra letraiettorie diverge esponenzialmente producendo un attrattore strano12. Tutto ciose si prende in considerazione un sistema dissipativo.

Piu in generale, attraverso l’esponente di Lyapunov e possibile, dunque, capirese, per certi valori, un determinato equilibrio rimane tale o no, ma non si puoprevedere la dinamica per λ > 0; in altri termini, uno studio di questo tipo, neicasi in cui si ha instabilita, ha un valore qualitativo e puo essere pensato come lamisura convenzionale della velocita con cui su perde informazione.

Per λ > 0 si puo stabilire un tempo caratteristico oltre il quale non e possibilecompiere previsioni, ne e possibile dar conto della dinamica che produce unaconfigurazione caotica di un dato sistema. Da questa prospettiva l’esponente diLyapunov puo essere usato per misurare l’aumento di disordine di un sistema. Inparticolare, la formula di Pesin afferma che l’entropia13 e la somma degli esponentidi Lyapunov positivi. Stabilire una misura del tasso di crescita dell’entropia diun sistema, vale a dire la rapidita con cui si perde informazione, vuol dire porredei limiti alla comprensione analitica di un sistema sia verso il futuro sia verso ilpassato, giungendo cosı all’idea di irreversibilita caotica.

E importante ed interessante sottolineare, inoltre, come questo tipo di discorsosia diametralmente opposto al progetto settecentesco esposto di eliminare dallafisica e dalla matematica ogni ragionamento di tipo geometrico o qualitativo.Poincare e il personaggio principale intorno al quale ruota questo cambiamento.Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, inoltre, iniziavano a sorgere i primi problemidi una visione esclusivamente quantitativa ed analitica della matematica e dellafisica, celebrata nella Meccanica analitica di Lagrange. Weierstrass fornisce ilprimo esempio di curva continua e non derivabile, Poincare scopre che non esisteuna soluzione analitica per il problema dei tre corpi. A questo proposito, e beneribadire, proprio il lavoro di Poincare ha un duplice valore. Esso e negativo inquanto limita le possibilita di uno studio della natura con strumenti puramente

12In generale si puo dire che un attrattore strano e un “oggetto matematico che descriveevoluzioni temporali con dipendenza sensibile alle condizioni iniziali” (cfr. Ruelle, op. cit., p. 19),mentre un attrattore e ordinario quando descrive evoluzioni temporali senza dipendenza sensibilealle condizioni iniziali. I concetti di attrattore ed in particolare di attrattore strano sono espostipiu avanti in questo capitolo. Laddove si ha λn = 0 la distanza tra le traiettorie resta costante; ilsistema sara quindi stabile. Per una discussione dettagliata degli esponenti di Lyapunov rimandoal gia citato Piskunov, op. cit., pp. II, 129-142. Si veda anche Bertuglia e Vaio, op. cit., pp. 185-200.

13Il senso di entropia emergera nel prossimo paragrafo in riferimento ai sistemi conservativi e aquelli dissipativi.

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Questioni non-lineari 105

analitici. Esso e positivo in quanto, proprio chiarendo le possibilita ed i limiti deldetto approccio alla ricerca, riporta la geometria e gli studi qualitativi nel vivodella ricerca scientifica14. Questo risultato vale sia in generale sia nello specificodei sistemi non-lineari, siano essi dissipativi15 o conservativi16.

Proprio la necessita di studiare questi fenomeni diversamente e cio che accomuna,in generale, i sistemi non-lineari.

Tutti questi concetti, sinteticamente esposti, mostrano che sebbene possanodarsi sistemi non studiabili attraverso un metodo analitico-riduzionista, assumendoun approccio “complesso” e possibile giungere ad utili conclusioni. In altri termini,l’impossibilita di conoscere lo sviluppo della dinamica di un sistema non-lineare,non implica l’impossibilita di studiare cio che dalla sua caoticita emerge, comequalcosa che in se contiene proprieta irriducibili a qualcosa di piu semplice e perquesto costitutivo.

Gia qui si vede come determinismo e prevedibilita non si implicano necessaria-mente e, nonostante cio, il caos deterministico non e sinonimo di pura imprevedibi-lita, ma si tratta di un modo diverso di affrontare un problema. Un modo moltopiu intuitivo per seguire meglio quanto sto dicendo e fornito dalla meteorologia.

Intuitivamente i fenomeni atmosferici, nonostante siano qualcosa di non to-talmente controllabile e determinabile, non sono neanche qualcosa di puramenteingestibile ed impensabile17.

Gia ad uno sguardo preliminare salta subito all’occhio che tutto quanto hodetto sin qui sul concetto chiuso e sul modo “lineare” di guardare il mondo edifficilmente applicabile a fenomeni di questo tipo. Il problema, che fu primadi tutti di Lorenz18, e il seguente: nella meccanica lagrangeano-laplaceana, se siconoscono approssimativamente le condizioni iniziali di un sistema e la legge che loregola, e possibile conoscere con la stessa approssimazione il suo comportamento;perche tutto cio non e possibile “con i venti e con le nuvole19?” Lorenz giunse, daun punto di vista qualitativo, allo stesso risultato di Poincare, ma, a differenza diquest’ultimo ebbe un seguito.

14La via aperta da Poincare, anche se non immediatamente percorsa, ha portato notevolirisultati e si e arricchita di altri strumenti conoscitivi importanti. In questa sede non mi possodilungare su questi argomenti, anche se nel prossimo paragrafo accennero alla mappa di Poincaree ai frattali.

15Un sistema si dice dissipativo quando evolvendo nel tempo non conserva il suo volume nellospazio delle fasi.

16Un sistema si dice conservativo quando, pur evolvendo nel tempo, mantiene costante il volumenello spazio delle fasi.

17Cfr. Ilya Prigogine. “La fine delle certezze”. In: La teoria della complessita. A cura di RedaBenkirane. Torino: Bollati Boringhieri, 2007, p. 34: “Una natura certa e deterministica era unanatura controllabile. Una natura instabile, in grado di passare da uno stato ad un altro, sfugge incerta misura al nostro controllo. Ma noi non abbiamo scelta, dobbiamo cercare di controllare ilclima, la meteorologia, benche si tratti di sistemi instabili”.

18Come detto questo tipo di comportamenti furono individuati prima di tutti da Poincare, male sue idee non vennero sviluppate. In genere, con l’effetto farfalla di Lorenz tali fenomeni inizianoad essere seriamente studiati.

19Una buona e semplice introduzione di questo problema si trova in James Gleick. Caos. Lanascita di una nuova scienza. Milano: Rizzoli, 2005, pp. 15-37.

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106 Questioni non-lineari

Poincare, facendo esempi simili a quelli qui proposti, afferma:

“Una causa minima, che ci sfugge, determina un effetto considerevole, del qualenon possiamo non accorgerci. . . Se conoscessimo con esattezza le leggi della natura elo stato dell’universo all’istante iniziale, potremmo prevedere quale sara lo stato diquesto stesso universo ad un istante successivo. Ma quand’anche le leggi naturalinon avessero per noi piu segreti, potremmo conoscere lo stato iniziale soltantoapprossimativamente. Se cio ci permette di conoscere lo stato successivo con la stessaapprossimazione, non abbiamo bisogno di altro, e diremo che il fenomeno e statoprevisto, che esistono leggi che lo governano. Ma non e sempre cosı: puo succedereche piccole differenze nelle condizioni iniziali generino differenze grandissime neifenomeni finali; un piccolo errore a proposito delle prime genererebbe allora unerrore enorme a proposito di quest’ultimi. La previsione diventa impossibile. . . 20”.

Che le previsioni del tempo siano qualcosa di impreciso e un fatto noto, dovutoproprio alla non-linearita. Nonostante cio, sebbene non sia possibile prevedere chetempo fara tra un mese, tuttavia, il sistema si configurera in un modo specifico;ci sara il sole, piovera ecc. . . Una tale configurazione sara l’effetto di molteplicielementi, la cui interazione non lineare non permette una distinzione tra elementioggettivamente essenziali che dirigono la dinamica e mere perturbazioni, destinatea spegnersi nell’economia della dinamica stessa.

Alle difficolta dovute alla sensibilita alle condizioni iniziali, di natura piupropriamente matematica, si aggiungono, pertanto, quelle fisiche, relative allaselezione degli elementi da considerare per produrre una previsione, in quantoviene meno ogni criterio oggettivo di scelta, ed ancor meno, come pensava Laplace,si puo sostenere che le “cause estranee” verranno mutualmente ad annullarsi21.

Usando un altro tipo di linguaggio, in maniera piu rigorosa si puo dire che,dato un fenomeno, al fine di spiegarlo bisogna selezionare uno o piu parametridi controllo22 ed una o piu variabili di stato23. Una tale scelta non si compie inbase ad una distinzione tra essenza ed accidente, ma in base alla rilevanza che

20Cfr. Poincare, “Il caso”, pp. 107-108. Il passo citato continua cosı: “siamo di fronte alfenomeno fortuito”. Non ho inserito questa frase, in quanto il fatto di far riferimento a qualcosa diignoto ed inconoscibile sara trattato piu giu. Per quanto riguarda gli elementi che sto sollevandomi pare che la citazione sia molto chiara e che il non aver inserito la frase qui riportata non nesnaturi il senso.

21Cfr. Laplace, op. cit., pp. 298-299. Nell’ottica della scienza a cavallo tra Settecento e Ottocento,si dovrebbe sostenere che questo tipo di fenomeni risultano poco comprensibili per l’ignoranzalegata all’intelligenza umana o per mancanza di strumenti tecnici sufficientemente precisi, e che,tuttavia, un’Intelligenza superiore potrebbe colmare le lacune umane. Per questo tipo di approcciosi tratterebbe, in altri termini, semplicemente di fenomeni estremamente complicati, ma noncomplessi. Se, per esempio, si considerano i numeri irrazionali, anche l’Intelligenza di Laplace, nelmomento in cui andrebbe ad eseguire i calcoli, introdurrebbe necessariamente un’approssimazione,in quanto e costretta a considerare una serie finita di cifre decimali. Una simile approssimazione,se considerata assieme all’effetto farfalla, potrebbe produrre effetti di rilievo, anziche scomparire.

22I parametri di controllo sono quelle “grandezze che agiscono sulle variabili di stato” e checaratterizzano un sistema (cfr. Bertuglia e Vaio, op. cit., p. 29).

23Le gia definite variabili di stato sono quelle grandezze che “portano con se la conoscenza chesi ha di un sistema, durante l’evoluzione del modello nel tempo” (cfr. ibid., p. 29).

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Questioni non-lineari 107

un parametro ha, non in generale, ma rispetto al singolo problema24 che s’intendeaffrontare. Questa precisazione e molto importante in quanto un parametro euna variabile di stato possono essere rilevanti o non rilevanti, ma mai essenziali inun senso universale e necessario. Ogni volta che si compie una scelta, la si fa inuna determinata direzione, ritagliando un aspetto particolare del fenomeno. Larilevanza e dunque cio che fa di un parametro un parametro di controllo.

Ora, naturalmente, piu parametri di controllo si prendono in considerazione, piuprecisa sara la conoscenza, tuttavia, in un sistema non-lineare esiste, oltre ad unlimite di prevedibilita, un’impossibilita fisica di considerare ogni minimo elementodi un sistema. Questo e dovuto certamente al fatto che, di volta in volta, si ritagliaun aspetto di un oggetto, senza che con questo si possa assumere che sia possibileavere davanti agli occhi tutto lo spettro delle possibilita, ma e dovuto anche alfatto che uno stesso oggetto, in condizioni diverse si comporta in modi talmentediversi che dei parametri di controllo rilevanti possono diventare irrilevanti. A ciosi aggiunga che in condizioni diverse possono “scongelarsi” nuovi gradi di liberta:entrano cosı in gioco nuovi parametri di controllo e nuove variabili di stato25. Diconseguenza, ogni volta che ci si trova davanti ad un oggetto d’indagine non si puonon definire un contesto e delle condizioni nei quali lo si indaga, senza avere lapretesa che un risultato particolare debba valere necessariamente per l’oggetto ingenerale ed in se26. In altri termini, nel momento in cui si compie una scelta, daun punto di vista filosofico, non si fa altro che costruire o ri-costruire l’oggetto dauna specifica prospettiva; a cio saranno vincolate le risposte sperimentali che sipossono ottenere.

Affermare questo vuol dire che un modello, un sistema di equazioni, non possonorisolvere un oggetto, vuol dire sostenere che matematica e natura non sono dueconcetti che combaciano in tutto e per tutto. Filosoficamente, si puo dire chela delimitazione di uno spazio chiuso di pensabilita e sempre qualcosa che non

24Tengo a ribadire un concetto. Uso questo termine in senso generico perche non si tratta solodi oggetti diversi, ma anche di aspetti diversi dello stesso oggetto. Quest’idea va tenuta semprepresente, perche molto spesso non esistono confini netti e necessari tra un problema fisico ed unaltro, ovviamente in questioni prossime. Le distinzioni nette vengono introdotte proprio attraversoidealizzazioni matematiche, fisiche o filosofiche che, se da un lato permettono di ottenere dellerisposte, all’altro non possono che aumentare irrimediabilmente la distanza con l’universo dipossibilita insito, al limite, in ogni singolo fenomeno. Naturalmente, per certi aspetti, questadescrizione e un’iperbole, ma mi pare utile per chiarire il discorso.

25Si pensi, a questo proposito alla transizione tra il moto laminare ed il moto turbolento di unfluido Cfr. Douglas R. Hofstadter. “Attrattori strani: enti fra ordine e caos”. In: Il caos. Le leggidel disordine. A cura di Giulio Casati. Le Scienze, 1987, pp. 75-77; cfr. Benoıt B. Mandelbrot. Glioggetti frattali. Torino: Einaudi, 2000, pp. 126-136; cfr. Julio M Ottimo. “Il mescolamento deifluidi”. In: Il caos. Le leggi del disordine. A cura di Giulio Casati. Le Scienze, 1991, pp. 152-160;cfr. Christian Vidal e Jean-Claude Roux. “Come nasce la turbolenza”. In: Il caos. Le leggi deldisordine. A cura di Giulio Casati. Le Scienze, 1991, pp. 141-151; cfr. Manuel G. Velarde eChristiane Normand. “La convezione”. In: Il caos. Le leggi del disordine. A cura di Giulio Casati.Le Scienze, 1991, pp. 128-140.

26Si e visto come nel Settecento non era insolito estendere la solubilita analitica e locale di unproblema alla globalita del problema. Un esempio di cio e rappresentato dal modo in cui Fouriertratta le serie nella Teoria analitica del calore.

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108 Questioni non-lineari

risolve ogni possibilita di conoscenza di un oggetto, ma e qualcosa che apre unaprospettiva su di esso, in quanto una sua conoscenza porta con se una selezionedi elementi, all’interno di uno spazio di pensabilita. Di qui il concetto chiuso nonpuo esser visto come qualcosa che coglie l’essenza, non puo esser considerato comeil fine e la fine della ricerca, ma come qualcosa in cui si concretizzano le limitatepossibilita conoscitive, aperte all’interno di uno spazio di pensabilita. Nei prossimidue capitoli mi dilunghero su questi aspetti piu filosofici, per ora mi pare sufficientefar riferimento alla distanza27 che c’e tra il “lineare” ed il “non-lineare”, che eprofondamente filosofica, oltre che scientifica.

Tornando alle questioni non-lineari e considerando cosa succede al di la del tempodi Lyapunov, si puo dire, qualitativamente, che si ha a che fare con configurazioni eproprieta del sistema che emergono dal complesso del sistema28, sia che si trattidi un sistema conservativo sia che si tratti di uno dissipativo, mantenendo ledistinzioni fatte in precedenza.

Di qui, per caos non s’intende il puro inconoscibile, esso e semplicemente unconcetto che fa riferimento al fatto che tra il determinismo assoluto e la puracasualita esistono una serie di fenomeni che non si lasciano pensare all’interno diuna simile e troppo forte dicotomia. Giungere fino a parlare di tali questioni implicala presa d’atto dello statuto epistemologico della non-linearita, i cui fenomeni sonostati sempre o inclusi in una visione deterministica o considerati non scientifici.

Per fare cio, e necessario essere in grado di riconoscere qualcosa come sensato,anche a costo di modificare lo spazio di pensabilita proprio di una determinatadisciplina scientifica, oltre che inserendo nuovi strumenti. Per chiarire meglio ildiscorso mi pare utile partire da un passo di Poincare.

�Si rimarra impressionati dalla complessita di questa figura, che nemmenotento di disegnare. Nulla e piu adeguato a darci un’idea di quanto sia complicatoil problema dei tre corpi e in generale tutti i problemi di dinamica nei quali nonesistano integrali uniformi29�.

Poincare si rifiuta di disegnare una figura troppo complessa perche non sarebbecomprensibile in alcun modo, se non come qualcosa di insensato.

Di qui, si pone il problema di rendere comprensibile cio cui da seguito la non-li-nearita in modo da superare la dicotomia tra caos e determinismo, visto che possonoessere considerate nozioni non necessariamente contraddittorie. Come accennato,un significativo passo avanti puo essere fatto attraverso una discussione ed untentativo di superamento degli assunti filosofici del determinismo, o meglio di unaconcettualita i cui caratteri sono gia stati esposti, anche se non ancora elaborati in

27Non si tratta di un’opposizione assoluta, in quanto, ripeto, non si tratta di decretare la falsitadi qualcosa e la verita di qualcos’altro, quanto piu si tratta capire cosa puo esser pensato apartire da un determinato approccio e perche, cercando di evitare ogni forma di imposizione diun qualsiasi metodo ad ogni oggetto di conoscenza.

28Un aspetto interessante, sul quale non mi soffermo, e quello del rapporto tra sistema ed am-biente. Questa scelta e dovuta al fatto che un sistema non-lineare puo dar luogo a comportamenticaotici per una propria logica interna.

29Cfr. Claudio Bartocci. “Equazioni e orbite celesti: gli albroti della dinamica topologica”. In:Poincare, Jules-Henri. Geometria e caos. Torino: Bollati Boringhieri, 2006, p. XXXIX.

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Questioni non-lineari 109

modo pieno. Finora e emersa, a questo proposito, una serie di questioni che indicanola necessita di una via diversa che, soprattutto, non si connoti, epistemologicamenteed ontologicamente come una riproposizione, sotto sembianze diverse, di uno spaziodi pensabilita che, ancora una volta, si arroghi un valore assoluto.

Un ulteriore e significativo aspetto che permette di mettere in evidenza unatale necessita di rinnovamento filosofico e rappresentato dalla possibilita di trattarequalitativamente, ma pur sempre scientificamente, le diverse configurazioni che unsistema non-lineare puo produrre. In questo caso non ci si rivolgera tanto a tuttiquei passaggi che costituiscono, dinamicamente, uno stato di un sistema, quantopiu alla sua struttura irriducibile e geometrica. Questo perche, come visto, none possibile ricostruire uno stato di un sistema con certezza assoluta, ne verso ilpresente ne verso il passato. A cio si aggiunga che oltre una certa soglia non epossibile alcuna previsione.

3.2.2 Ordini strani

Il fatto che al di la del tempo di Lyapunov non sia possibile studiare analiticamenteun sistema non-lineare, non vuol dire che esso non possa assumere “configurazioniordinate” trattabili scientificamente. Un sistema, infatti, puo presentare ordini cheemergono dal complesso delle interazioni caotiche che lo caratterizzano. Cio, inmodi diversi, avviene sia per i sistemi dissipativi, che tendono ad un attrattore,sia per i sistemi conservativi. Quest’ultimi, e bene ripetere, a differenza dei primi,non tendono ad alcun equilibrio di tipo termodinamico, ma, a seconda del valoredato di un parametro di perturbazione, potranno assumere una configurazione piuo meno ordinata o caotica.

Il punto e che, in tal modo, e possibile concentrare l’attenzione sugli ordinistrani, al di la del tipo di sistema non-lineare da cui si originano. In ogni caso, intali sistemi, non e possibile seguire analiticamente in modo globale la formazionedi alcuna struttura ordinata emergente in generale.

A questo punto e arrivato il momento di far vedere, in senso fisico-matematico,in che modo caos e ordine siano due concetti i cui confini non sono cosı netti comepuo inizialmente apparire, o come appariva, ad esempio, nel Settecento. Ognivolta, infatti, e possibile spostare e/o ritracciare la linea di confine tra loro. Questosara proprio uno degli elementi che discutero filosoficamente, ma per ora e beneprocedere senza salti concettuali e senza anticipare troppo.

Poincare, dopo aver assodato che, in generale, di un sistema non-lineare con-servativo non e possibile individuare sempre soluzioni analitiche nel senso delprogramma settecentesco, inizia ad affrontare, come accennato, i sistemi non-linearida un punto di vista geometrico e qualitativo.

Com’e facile intuire, in un lavoro di questo tipo, non mi posso dilungareeccessivamente su questi temi, pertanto, sara sufficiente un accenno alla “vicinanza”tra caos e ordine in un sistema non-lineare conservativo.

L’idea di Poincare e sostanzialmente la seguente: assodato che non e possibileconoscere la dinamica di una traiettoria di un sistema non-lineare, e possibile

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110 Questioni non-lineari

considerare la mappa che si forma attraverso le intersezioni tra l’orbita ed un piano,detto sezione di Poincare, trasversale al flusso del sistema (figura 1).

Figura 3.1: Sezione di Poincare. La traiettoria interseca la sezione di Poincare Σ nei punti

xi−1, xi e xi+1.

Dopo un tempo lungo, l’evoluzione del sistema disegnera una mappa, detta diPoincare, di cui la figura seguente ne e un esempio.

Figura 3.2: Esempio di mappa di Poincare.

Questa mappa permette di distinguere zone di ordine dal cosiddetto marecaotico. Le zone che e possibile riconoscere come ordinate sono caratterizzate dauna stabilita delle orbite visibile dalla presenza di forme piu o meno circolari oellittiche concentriche, nonche piu o meno regolari. Le zone di disordine, comemostra la figura, sono le restanti.

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Questioni non-lineari 111

Da un punto di vista matematico, la mappa di Poincare si ottiene, di nuovo,considerando un sistema non-lineare composto da una parte integrabile, vale a diredi cui si conoscono le soluzioni, piu una piccola perturbazione non integrabile30.

Rispetto a quanto detto nel capitolo precedente, da Poincare in poi, questastessa idea, che, come visto, si puo far risalire a Newton, e trattata in modo diverso.Nello specifico si riporta l’attenzione su aspetti qualitativi e geometrici, facendoparticolare attenzione a cosa succede all’interno della mappa di Poincare al variaredel parametro di perturbazione. A questo punto si puo scrivere la seguente funzione:

H = H0 + εH1

dove H0 e la parte integrabile, H1 e la parte non integrabile ed ε e il parametrodi perturbazione31.

Da quanto detto, l’approccio analitico settecentesco non e in grado di risolvereun tale problema. Nonostante cio, geometricamente e qualitativamente, e possibilerilevare che, laddove la perturbazione e nulla, si ha solo ordine, mentre laddoveessa e diversa da zero si avranno situazioni simili a quella della figura 2 e cioe zoned’ordine e zone di caos. Quest’ultime aumenteranno col crescere della perturbazione.Da cio segue che le forme circolari divengono sempre piu distorte fino a rompersi(figura 3). Dalla stabilita si passa all’instabilita fino a giungere al mare caotico difigura 2.

Figura 3.3: Crescita del mare caotico al crescere di ε.

Se da questo punto di vista si puo spiegare la transizione dall’ordine al caos,c’e da rilevare che all’interno del mare caotico e possibile riscontrare ancora una

30Cfr. Michel Tabor. Chaos and Integrability in Nonlinear Dynamics. New York: John Wiley esons, 1989, pp. 89-90.

31Su questi argomenti cfr. ibid., pp. 89-186 e cfr. Diacu e Holmes, op. cit.

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112 Questioni non-lineari

compresenza di ordine e disordine. Ingrandendo una zona caotica, infatti, e possibileindividuare zone d’ordine che ripetono la struttura di figura 2 in maniera piu omeno rigorosa32. Ci si trova, in altri termini, davanti ad una struttura frattale. Dinuovo si ha a che fare con una forma di comprensibilita geometrica.

Prima di chiarire di che tipo di comprensibilita si tratta, e necessario soffermarsi,sia pur brevemente, sui sistemi non-lineari dissipativi, ed in particolare sulla nozionedi “attrattore” che, spesso, nei sistemi dinamici, e anch’esso un frattale. Per ora,infatti, si puo dire solo che e possibile descrivere qualitativamente cio che emergedal complesso del sistema, senza ridurlo semplicemente ed esclusivamente allasomma delle sue parti. Come si e visto nelle citazioni di Poincare, ed in generalecome emerge dai suoi studi, benche non esistano soluzioni analitiche per i sisteminon-lineari, laddove si ha a che fare con integrali non uniformi, tuttavia e possibilecompiere studi qualitativi. Ancora una volta si tratta, in altri termini, di pensarequalcosa come sensato.

Come detto, procedendo con ordine, mi pare necessario introdurre, brevemente,il concetto di attrattore.

Se si prende un pendolo33 legato con un filo al soffitto, considerando gli attriti,da qualsiasi punto lo si lasci oscillare, tendera sempre a raggiungere un equilibriostabile, vale a dire il punto in cui smette di oscillare. Il punto nel quale il pendolosi ferma e un esempio di attrattore34.

In generale, si puo dire che un attrattore e una particolare regione dello spaziodelle fasi35 che un sistema tende a raggiungere nel corso della propria evoluzione.Nel caso del pendolo si ha il caso piu semplice, vale a dire un punto fisso.

Ora, l’insieme dei punti dai quali viene lasciato oscillare il pendolo delimita ilcosiddetto bacino di attrazione. Esso, in generale, e una regione dello spazio dellefasi caratterizzata dal fatto che, a partire da un suo punto, il sistema evolve sempreverso l’attrattore.

Un attrattore come quello appena esemplificato e chiamato attrattore ordina-rio36, e permette di descrivere lo stato finale del sistema. Avere a disposizioneun attrattore di questo tipo rappresenta la possibilita di descrivere un fenomenodandone una spiegazione unica. E certamente sempre auspicabile una situazionedel genere, tuttavia bisogna fare attenzione a non commettere l’errore categorialeper cui si considera una possibilita come una regolarita universale e necessaria.In altri termini, se si considera un sistema dissipativo, sebbene si possa dire che

32Cfr. Tabor, op. cit., 139 e sgg.33Questo e solo un possibile esempio. Per uno studio dettagliato ed accessibile sul pendolo si

veda Bertuglia e Vaio, op. cit., passim.34Questo e, inoltre, un chiaro esempio di un sistema dissipativo, in quanto l’energia iniziale del

pendolo, col passare del tempo scema, finche il pendolo si ferma definitivamente.35Lo spazio delle fasi e uno spazio costituito dall’insieme di tutti i possibili valori delle n

variabili di stato che descrivono il sistema. Le variabili di stato sono quelle grandezze i cui valori,funzioni del tempo, definiscono completamente e senza ambiguita tutto cio che sappiamo delsistema, o meglio l’insieme dei possibili valori delle coordinate spaziali e delle quantita di moto.

36Non tutti gli attrattori ordinari sono punti fissi, ne esistono anche di altri tipi, tuttavia, pergli scopi di questo lavoro e sufficiente quanto detto sin qui.

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Questioni non-lineari 113

esso tenda verso un attrattore, non sempre si possono conoscerne le caratteristicheanaliticamente.

Se, pero, si considera un sistema sensibile alle condizioni iniziali, come l’atmo-sfera, o un qualsiasi sistema caotico dissipativo, le cose non sono cosı semplici.

In figura 4 si puo visualizzare la configurazione di un sistema caotico, inparticolare ho riportato l’attrattore di Lorenz37.

Attrattori di questo tipo sono detti attrattori strani o caotici38. Questi oggettisono topologicamente diversi dagli attrattori ordinari, il che vuol dire che nonsono tra loro riducibili; mentre i primi hanno dimensione intera, i secondi possonoavere dimensione frazionaria, questa caratteristica e dovuta al fatto che mentrenella formazione degli attrattori ordinari le traiettorie vicine restano tali, rendendopossibile un forte controllo del sistema, negli attrattori strani le traiettorie divergonoesponenzialmente, dando luogo al caos39.

Da quanto detto emerge che gli attrattori in generale sono indici di una certastabilita di un sistema; gli stessi attrattori strani, sebbene non consentano uncontrollo al modo degli attrattori ordinari, non di meno permettono di gettare unaluce sul sistema considerato olisticamente.

Il punto e adesso chiarire di che tipo di “luce” si tratta.

A questo punto, pero, la questione si complica, perche tutto cio che finora, peruna migliore chiarezza, ho esposto separatamente, va brevemente riconsideratoinsieme.

Si e visto che un sistema ha piu esponenti di Lyapunov, in quanto e possibilestudiare, di volta in volta, la stabilita di un determinato equilibrio in un intornostabilito, il che vuol dire che sono possibili piu ordini; e il caso dei sistemi dissipativilontani dall’equilibrio, nei quali, come accennato i caos puo produrre ordine40.

Il sistema si riorganizza facendo emergere dalla propria dinamica non-lineare,dall’interazione tra i suoi elementi, delle configurazioni che non sono riconducibilialla somma degli elementi stessi, ma alla loro interazione, mai completamenteprevedibile.

37Si puo comprendere la genesi di una simile figura attraverso il classico esempio della mappadel fornaio. Mentre un fornaio lavora l’impasto del pane, quest’ultimo viene continuamentedeformato, facendo sı che punti inizialmente tra loro prossimi traccino traiettorie divergenti. Intal modo, si produce un’orbita curva, aperta, infinita e confinata in una regione di spazio chiusa,caratterizzata, inoltre, dal fatto che essa non passa mai due volte sullo stesso punto. Naturalmente,in questo caso si considera il tempo come un elemento imprescindibile della dinamica. Per idettagli matematici cfr. Bertuglia e Vaio, op. cit. e Gian Italo Bischi et al. Sulle orme del caos.Milano: Bruno Mondadori, 2004.

38C’e da fare una precisazione. Sebbene nella maggior parte dei casi “strano” e “caotico”siano sinonimi, e quindi sostituibili, tuttavia sono due concetti diversi. Il primo fa riferimentoalla geometria (frattale) e alle proprieta (frattali) dell’oggetto attrattore, mentre il secondo fariferimento alla dinamica (caotica) che genera l’attrattore. Esistono, pertanto, attrattori strani(frattali) non caotici e attrattori caotici non strani (frattali). Per quanto riguarda gli argomentispecifici che sto trattando, ogni attrattore strano e caotico e viceversa, di conseguenza le duenozioni, come e usuale, possono essere interscambiate. cfr. Bertuglia e Vaio, op. cit., 160 sgg.

39Cfr. Crutchfield et al., op. cit., p. 27.40Cfr. Prigogine e Stengers, op. cit.

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114 Questioni non-lineari

Figura 3.4: Attrattore di Lorenz.

Da un punto di vista filosofico e matematico, gli attrattori strani mostranodelle configurazioni che appaiono “ordinate” nel momento in cui diventa possibilepensarle come tali, nel momento in cui si apre uno spazio di pensabilita matematica,fisica e/o filosofica, nel quale possano avere uno “stato civile41” chiaro.

3.2.3 Piu matematiche, un solo “mondo”

Che cosa vuol dire che l’attrattore di Lorenz ha dimensione frazionaria e, nellospecifico, per certi valori, essa e pari a 2,6? La comprensione di oggetti di questotipo e l’esito della crisi dell’analiticita della seconda meta dell’Ottocento, dovuta allascoperta di curve continue e non derivabili in alcun punto, di curve incompatibilicon ogni descrizione analitica, di curve prive in ogni punto di tangente42. I frattali,dunque, sono uno strumento che rende comprensibile qualcosa di nuovo, in quantoriesce ad intercettare aspetti dei fenomeni che erano e restavano irrimediabilmenteoscuri. In particolare, la dimensione frattale puo essere pensata come la misura delgrado di complessita di un attrattore strano43.

�A prescindere dalla loro origine e dal metodo di costruzione, tutti i frattalipresentano una caratteristica importante: se ne puo misurare la scabrosita, la

41Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 125. Nei prossimi due capitoli cerchero di individuare unadirezione per la quale e dare maggiore corpo alle affermazioni di questo capoverso.

42Per comprendere a pieno la dirompenza di una simile scoperta, si pensi al fatto che nelSettecento e nell’Ottocento la presenza di punti singolari non era tenuta in alcuna considerazione.

43Cfr. Crutchfield et al., op. cit., p. 33.

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Questioni non-lineari 115

complessita o l’accartocciamento mediante un numero caratteristico, la dimensionefrattale44�.

Ci sarebbe molto da dire sulla geometria frattale, da un punto di vista matema-tico e fisico, tuttavia, siccome questo lavoro ha un taglio filosofico, mi limito adesporre, brevemente, cosa s’intende per dimensione frattale, rimandando ad altritesti per ulteriori approfondimenti45. Un modo estremamente intuitivo per avereun’idea dei frattali si trova nel testo Spazi, iperspazi, frattali46. Essendo moltochiaro e stringato, mi limito a riproporlo, al fine di procedere piu speditamenteverso alcune considerazioni filosofiche, in modo tale da non frammentare troppo ildiscorso.

La dimensione di uno spazio puo essere definita mediante una semplice formula algebrica, equesto ci permette di generalizzare il concetto di spazio e di introdurre gli ‘spazi frattali’. [. . . ].A questo scopo osserviamo che se dividiamo un segmento (linea di dimensione d = 1), in No = kparti uguali esso sara formato da N = k segmenti piu piccoli. In modo analogo, se dividiamo ilati di un quadrato (di dimensione d = 2) in No = k parti uguali, esso sara formato da N = k2

quadratini. In generale, [. . . ], si ha:

No = k;N = kn

Ne segue che la dimensione d di tali figure puo essere definita con la formula:

d = logNlogNo = log kn

log k= n log k

log k= n

Ora, all’atto pratico, se si prende un segmento e lo si divide in tre, si asporta laparte centrale e si ripete questa procedura ricorsivamente, si ottiene la cosiddettapolvere di Cantor, la cui dimensione sara:

d = log 2log 3 = 0.6309

La polvere di Cantor pertanto avra una dimensione compresa tra un punto eduna linea. Ad ogni livello di iterazione delle operazioni descritte si ripresentera lostesso livello di complessita47. Esempi piu complessi sono in grado di descrivere

44Cfr. Hartmut Jurgens, Heinz O. Peitigen e Dietmar Saupe. “Il linguaggio dei frattali”. In: Ilcaos. Le leggi del disordine. A cura di Giulio Casati. Le Scienze, 1987, p. 49

45Cfr. Mandelbrot, op. cit.; cfr. Benoıt B. Mandelbrot. The fractal geometry of nature. New York:Freeman e Company, 1983; cfr. Giuseppe Arcidiacono. Spazio Iperspazi frattali. Roma: Di Renzo,2004; cfr. Herbert Zeitler e Dusan Pagon. Fraktale geometrie. Eine Einfuhrung. Braunschweig:Vieweg, 2000; cfr. Heinz O. Peitgen e Peter H. Richter. La bellezza dei frattali. Torino: BollatiBoringhieri, 1987.

46Cfr. Arcidiacono, op. cit., 118 e sgg.47Cfr. Paolo Sommaruga. “Modelli frattali di oggetti naturali”. In: Le Scienze 282 (1992), p. 44:

“Qualunque sia l’ingrandimento che otteniamo con il gioco del caos, esse [le immagini frattali]

presentano lo stesso grado di complessita; i contorni frastagliati non li vedremo mai lisci. Equesto un fatto caratteristico degli oggetti frattali che rivela come essi non siano caratterizzabiliin termini di metrica euclidea (in quanto non e possibile assegnare loro una dimensione intera), nein termini di analisi matematica (che si occupa di funzioni differenziabili i cui grafici, una voltasufficientemente ingranditi, si comportano localmente come segmenti di linee rette)”. Mi paredoveroso avvertire che esistono dei frattali, detti aleatori, in cui la dimensione varia al variaredella scala. I frattali che qui si prendono in considerazione sono “regolari”, in quanto si mantienela stessa regolarita (omotetia interna) ad ogni variazione di scala, come e per la polvere di Cantor.

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116 Questioni non-lineari

oggetti come attrattori strani, ma anche la forma delle nuvole, di una foglia di felce,di un gomitolo di lana, la distribuzione delle galassie ecc. . . .

�Tutti gli oggetti naturali citati sono dei ‘sistemi’, nel senso che sono formatida molte parti distinte, articolate tra loro, e la dimensione frattale descrive unaspetto di questa regola di articolazione48�.

Alcuni degli oggetti citati, a seconda della risoluzione con cui li si considera,possono assumere regolarita frattali diverse. In questo caso si parla di multifrattali49.Da questa prospettiva, anche le dimensioni di un oggetto possono essere viste comequalcosa che varia a seconda delle domande che si pongono allo stesso, al modoin cui lo si considera, al modo in cui lo si “costruisce”. Nel testo appena citato,Mandelbrot presenta un esempio molto intuitivo, reso ancora piu semplice dall’usodelle tre classiche dimensioni euclidee, che vale la pena riportare.

“Un gomitolo di 10 cm di diametro fatto di filo di 1 mm di diametro, possiede,in modo per cosı dire latente, diverse dimensioni effettive distinte. Con un gradodi risoluzione di 10 m, si ha un punto, quindi una figura zero-dimensionale; conun grado di risoluzione di 10 cm, si ha una palla tridimensionale; con un grado dirisoluzione di 10 mm, si ha un insieme di fili, dunque una figura unidimensionale;con un grado di risoluzione di 0,1 mm, ogni filo diventa una specie di colonna, e iltutto torna tridimensionale; con un grado di risoluzione di 0,01 mm ogni colonna sirisolve in fibre filiformi e il tutto ridiventa unidimensionale; ad un livello di analisipiu avanzato, il gomitolo si ripresenta sotto forma di un numero finito di atomipuntuali, e il tutto si fa di nuovo zero-dimensionale. E via di seguito: il valore delladimensione non smette di saltellare50”.

Per quanto concerne questo lavoro, quanto detto vuol dire, innanzitutto, con-quistare uno spazio di pensabilita per cui diventa possibile pensare qualcosa al difuori delle classiche tre dimensioni intere e al di fuori dell’approccio analitico. Perquanto riguarda quest’ultimo, in base a quanto detto nel capitolo precedente, nonsi fa fatica a capire la sua totale impotenza di fronte a curve non derivabili.

Riguardo, invece, le dimensioni, Aristotele affermava: �Delle grandezze, quellache ha una dimensione e linea, quella che ne ha due e superficie, quella che ne hatre e corpo, e al di fuori di queste non si danno altre grandezze51�.

Quanto si dice in questo passo, schiude un insieme enorme di possibilita co-noscitive che hanno permesso numerose conquiste scientifiche e non solo. Cosı eanche per il calcolo. Questo passo, pero, ancor piu perche detto da un filosofo,rappresenta una chiusura52 dell’orizzonte di possibilita, determinando un orizzontedi possibilita conoscitive. Proprio in quanto si tratta di un orizzonte, e possibilefar riferimento ad un altro sguardo sul mondo. Mandelbrot afferma:

48Cfr. Mandelbrot, Gli oggetti frattali , p. 17.49Per quanto riguarda l’applicazione dei multifrattali alla distribuzione delle galassie si veda

ibid., pp. 74-102 e Yurij V. Baryshev e Pekka Teerikorpi. La scoperta dei frattali cosmici. 2006:Bollati Boringhieri, Torino, pp. 278-298.

50Cfr Mandelbrot, op. cit., p. 15.51Cfr. Aristotele. “Del cielo”. In: Opere 3. Roma-Bari: Laterza, 2001, p. 241. Corsivo mio.52I modi fondamentali in cui e possibile concepire una tale chiusura saranno discussi nel capitolo

successivo. Una possibile via per procedere oltre i limiti concettuali in esso esposti sara delineatanel quinto capitolo.

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Questioni non-lineari 117

“Le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le linee di una costanon sono cerchi e la corteccia non e piana, e neppure la luce di propaga in linearetta. Piu in generale, rivendico il fatto che le forme della natura sono cosı irregolarie frammentate che, comparate con Euclide - un termine usato in quest’opera perdenotare ogni geometria standard - la natura non esibisce semplicemente un piualto grado, ma un livello completamente diverso complessita. [. . . ]. L’esistenzadi queste forme ci sfida a studiare quelle forme che Euclide lasciava in disparte inquanto ‘senza forma’ [formless], ad investigare la morfologia di cio che e ‘amorfo’[amorphous]53”.

E normale, oltre che corretto, affermare che tra le due citazioni c’e un mododiverso d’intendere il concetto di dimensione, ma constatazioni di questo tipodevono essere accompagnate sempre, secondo me, da una discussione delle questionifilosofiche di fondo. Il passo di Mandelbrot si sofferma proprio sul fatto che epossibile guardare le stesse cose con altri occhi, scoprire nuovi modi di mettereordine nelle cose. Qualcosa puo, infatti, risultare “amorfo”, irregolare o patologicosolo e soltanto rispetto ad una normalita. Di qui, a mio giudizio, il filosofo ha ilcompito di riflettere sulle possibilita ed i limiti dei nuovi modi di vedere, in modoche una normalita non diventi, surrettiziamente, una normativita assoluta.

Da questa prospettiva, accettare un nuovo spazio di pensabilita non e maiqualcosa di innocuo, in quanto ha forti ripercussioni, sebbene non sempre esplicite,sul modo di vedere la natura, in senso filosofico, matematico e fisico. Attraversodi esso si mettono in luce i vincoli scientifici e filosofici che, nei casi presi inesame non rendevano possibile pensare un ordine come tale. I frattali, come visto,permettono di gettare una luce su curve continue e non derivabili in nessun punto,su quegli enti geometrici, definiti “mostri”, o curve “patologiche54” in quanto nonerano comprensibili con gli strumenti matematici e la concettualita dominata finoalla fine dell’Ottocento. Se poi si confronta tutto cio con gli assunti della fisicamatematica che ruota attorno all’analisi algebrica, emerge ancora meglio l’idea chel’approfondimento di specifiche questioni ha permesso la nascita di nuovi problemi,che a loro volta hanno posto la questione di una concettualita diversa; basti pensare,in generale, al rapporto delineato tra matematica e natura55.

Dal mio punto di vista, e fondamentale porre l’accento sugli spazi di pensabilitaperche, come mostrero, non si tratta di affermare la verita o la falsita di qualcosacome un teorema, un concetto o altro, ma si tratta di capire che tipo di possibilitadiverse possono essere di volta in volta aperte, a che domande si puo dare risposta.

E importante ribadire che non si tratta solo e soltanto di cambiare oggetto diricerca, quanto piu di vedere uno stesso problema attraverso una concettualitadiversa, non solo nel contenuto, ma anche e soprattutto nella forma, nel senso

53Cfr. Mandelbrot, The fractal geometry of nature, p. 1. Traduzione mia.54Cfr. ibid.; cfr. Arcidiacono, op. cit., pp. 116-126.55Se si ripensa a quanto emerso nel capitolo precedente, in particolare al fatto che nonostante

Lagrange e Poisson ritenessero i punti singolari qualcosa non degno di attenzione, si comprendequanto sia grande il salto concettuale, piu che scientifico che separa l’analisi algebrica ai frattali e,nello stesso tempo, quanto siano profonde le rinunce e i cambiamenti che si devono operare sullavisione della natura e della matematica del Settecento.

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118 Questioni non-lineari

che si rinuncia ad assegnare un valore atemporale ed universale ad una qualsiasirazionalita, sia essa scientifica o filosofica. Per questo motivo, in questo lavoro, hopreferito discutere soprattutto problemi fisico-matematici che hanno impegnatogli scienziati almeno dal Seicento in poi, per mostrare come spesso e tra le pieghedei problemi stessi, dai crampi mentali che sorgono da un determinato modo diaffrontarli, che si trova lo spunto per un approfondimento del problema stesso eper un eventuale cambiamento di prospettiva.

3.3 Alcune questioni filosofiche

Per affrontare filosoficamente le questioni emerse e possibile seguire molte strade.Quella che intendo seguire e una via per la quale, di fronte all’opposizione tra caos edeterminismo, non si tratta di delimitare una sorta di “terra di mezzo”, quanto piud’iniziare a mettere in discussione i due membri della suddetta dicotomia, ed ancorpiu profondamente la logica per la quale risultano tali. In altri termini, intendorivolgere la mia attenzione al “terreno” filosofico nel quale le dette nozioni possonoassumere un particolare significato piuttosto che un altro.

Non si tratta tanto di prendere atto ne che il determinismo sia meno rigidodi quanto si pensasse nel Settecento, ne tanto meno di osservare che e possibile,mi si passi l’espressione, sottrarre terreno al puro caos indifferenziato, in quanto,cosı facendo, si misconoscerebbero tutte le importanti problematiche filosofiche difondo. Esse, invece, pongono, a mio giudizio, il problema di conquistare una diversaconcettualita filosofica in grado di aprire possibilita diverse attraverso le quali potergettare una luce diversa sulle questioni trattate. Questo e cio che emerge da questepagine.

Da quanto detto sin qui, si puo dire che il determinismo non e risultato tale daimplicare necessariamente una totale prevedibilita, mentre il caos, a sua volta, non esinonimo di totale imprevedibilita. Se da un lato il moto di tre corpi, reciprocamenteattraentesi, sia deterministico, dall’altro e caotico.

Il caos deterministico, in altri termini, non e una mera accozzaglia di termini.Il fatto che, comunque, al di la del tempo di Lyapunov, si perda informazione inmaniera tale da non consentire previsioni attendibili, non vuol dire che il sistema,considerato nella sua generalita, debba necessariamente degenerare in qualcosacompletamente fuori da ogni possibilita conoscitiva. Dei margini gnoseologici inquesto senso si aprono se, invece di considerare il sistema esclusivamente da un puntodi vista analitico riduzionista, lo si considera puntando l’attenzione alle relazionitra gli elementi piuttosto che immediatamente sugli elementi stessi. In questo modo,e possibile rendere visibili aspetti di un sistema caotico che altrimenti andrebberosemplicemente persi. Sebbene, infatti, ci siano forti limiti alla conoscenza ed alladescrizione di una dinamica caotica, e possibile trattare scientificamente gli ordiniche da essa complessivamente emergono, a patto che si affronti il problema dellepossibilita e dei limiti di una concettualita quanto meno problematica.

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Questioni non-lineari 119

A mio parere non si puo adempiere a questo compito restando esclusivamentesul piano della fisica e/o della matematica, perche non e possibile produrre qualcosain grado di smentire o di verificare definitivamente il determinismo. Esso, infatti,poggia su assunti filosofici sulla natura, sul mondo e sulla conoscenza, ed ancorpiu sui modi e sulle vie attraverso cui essi vengono relati. E proprio su questo chee necessario puntare l’attenzione.

Se si esclude il punto di vista filosofico, la validita della ricerca dell’essenza dellanatura non puo essere, dunque, in alcun modo smentita, in quanto puo essere sempresostenuto che i problemi che rendono per lo meno ostico rispondere alla domandasull’essenza, di per se legittima, siano esclusivamente legati alla strumentazionescientifica irrimediabilmente limitata, e che di necessita esiste una ed una solalegalita della natura, matematica o di altro genere. Quest’ultima pretesa, pero,a sua volta, non puo nemmeno essere confermata definitivamente restando sulversante esclusivamente scientifico della questione56, in quanto vengono comunquetirate in ballo e/o assunte posizioni filosofiche, piu o meno esplicitamente.

Di certo, l’evoluzione scientifica puo chiarire sempre meglio e distinguere i suoiconcetti, come si e visto per quanto riguarda “determinismo” e “prevedibilita”,ma di qui non puo procedere molto oltre; essa, da sola, non puo dire che senso eche cosa implica concettualmente una tale distinzione, per restare al singolo masignificativo esempio proposto in queste righe. Andando oltre, l’esposizione degli“ordini strani” pone numerosi interrogativi filosofici sugli spazi di pensabilita e suiconcetti chiusi57.

E necessario, pertanto, conquistare una nuova prospettiva filosofica, poichenon si tratta tanto d’individuare nuovi oggetti d’indagine, quanto piu di rifletteresul metodo d’indagine. In questo modo e possibile accedere ad una pluralita diprospettive in grado, innanzitutto, di rendere possibile l’individuazione e l’emersionedi nuovi oggetti e nuovi aspetti degli stessi e di svincolare la ricerca dai confinidell’essenza, sia essa espressa da un determinismo forte o da altro.

Essendo il mio discorso filosoficamente impostato, esso non si rivolge solo alcampo dell’essenza, ma, come accennato, a tutto cio per cui pensare significaimporre una razionalita.

In un altro contesto, ma con simili finalita, Nietzsche affermava: �Il nichi-lismo appare ora non perche il dolore dell’esistenza sia maggiore di prima, maperche si trova diffidenza a vedere un �senso� nel male e nella stessa esistenza.Un’interpretazione e tramontata; ma poiche vigeva come l ’interpretazione, sembrache l’esistenza non abbia piu nessun senso, che tutto sia invano58�.

Ora, il punto e contribuire a formare una concettualita che non si presenti comela razionalita del mondo, anche se con contenuti innovativi.

56Come si vedra, dalla mia prospettiva, il punto non e risolvere questo dilemma, ma, per usareun termine di Wittgenstein, “dissolverlo”.

57Naturalmente, esistono almeno altrettante problematiche fisiche e matematiche, che pero nonposso discutere in questa sede.

58Cfr. Friedrich Nietzsche. “Frammenti postumi 1885-1887”. In: Opere di Friedrich Nietzsche.Vol. VIII. Tomo 1. Milano: Adelphi, 1990, p. 201.

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Buona parte del dibattito filosofico sulle proprieta della non-linearita, tra le qualil’emergenza, presenta proprio l’approccio “complesso” alla conoscenza in generalecome un paradigma totalizzante, dimenticando, a mio giudizio, proprio cio che ilpercorso storico-scientifico svolto sin qui afferma. In molti casi, in breve, a dispettodelle intenzioni, non si fa altro che riproporre una razionalita contenutisticamentediversa, ma strutturalmente assoluta, proprio come quella che cerca di superare.Per questo motivo, lo scopo principale del prossimo capitolo consistera nel trovareil modo di concentrare l’attenzione sulla forma in cui si presenta uno spazio dipensabilita59. Proprio per questo motivo mi e sembrato necessario far emergere lequestioni trattate dalla storia della scienza e della fisica.

59E per questi motivi che in questo e nel capitolo precedente ho preferito rivolgere la miaattenzione direttamente a questioni di fisica e di storia della fisica.

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Capitolo 4

Chiarimenti filosofici

In questo breve capitolo cerchero di individuare alcuni dei principali nodi filosoficiche sono emersi sin qui, piu o meno esplicitamente, e che comunque sono stativolutamente lasciati sullo sfondo per far posto alla necessaria problematizzazione diquestioni fisiche e matematiche. E arrivato, dunque, il momento di precisare nozionicome quella di concetto chiuso, spazio di pensabilita ecc. . . Tali chiarimenti sononecessari al fine di individuare una via possibile per realizzare quanto affermatoalla fine del capitolo precedente.

I concetti qui esposti saranno ripresi nel capitolo intitolato Concetto e possibilita,al quale ne ho preposto un altro, Linguaggi, possibilita e concetti, nel quale,attraverso una lettura di alcuni elementi del cosiddetto secondo Wittgenstein, sarapossibile acquisire importanti e necessari strumenti filosofici.

4.1 Il concetto di rapporto

Uno degli elementi su cui e fondamentale concentrare l’attenzione, in modo da poterprocedere oltre l’approccio metodologico-filosofico emerso nel capitolo precedente,e il riduzionismo analitico.

In questo senso e necessario distinguere bene “riduzionismo” da “riduzione”.Quest’ultima e una pratica scientifica fondamentale che ha permesso di raggiungerenumerosi risultati, come testimonia, per esempio, la scienza settecentesca. Essaconsiste nello scomporre un problema, in modo da poter cercare degli elementisemplici attraverso i quali poterlo descrivere. La riduzione ha, pertanto, un valoreeuristico ineliminabile.

Il riduzionismo, al contrario, non e un’attivita, ma e un concetto filosofico checonsiste nel pensare che risolvere un problema in generale voglia dire scomporlo1

per giungere ai suoi elementi costitutivi, i quali, una volta isolati, sono in grado dioffrire un quadro completo di cio che s’intende conoscere2.

1Per questo motivo si parla di riduzionismo analitico.2Cfr. Giulio Peruzzi, cur. Scienza e realta. Bruno Mondadori, 2000.

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122 Chiarimenti filosofici

A differenza della riduzione, il riduzionismo ha un valore epistemologico, cui sipuo associare, com’e stato fatto, un significato ontologico, tale per cui attraverso ilriduzionismo diventerebbe possibile svelare i segreti della natura.

Ora, la pratica scientifica di ridurre un fenomeno ai suoi elementi costitutivinon implica immediatamente asserzioni filosofiche sulla conoscenza in generale: se-lezionare degli elementi non vuol dire, infatti, necessariamente individuare l’essenzadi qualcosa, ma puo voler dire scegliere elementi rilevanti per una descrizione diun fenomeno3.

Nonostante cio, all’interno dello specifico e delineato intreccio settecentesco tramatematica, fisica e filosofia, riduzione e riduzionismo risultano avere un camposemantico non molto distante. La pratica scientifica era pensata all’interno di unsostanziale riduzionismo, impostosi grazie ai successi della fisica e strutturatosiattorno ad assunti ontologici ed epistemologici per cui conoscere era sinonimo dicogliere l’essenza.

All’interno di una metodologia riduzionista, conoscere vuol dire isolare e definiredegli elementi costitutivi di un sistema o, piu semplicemente, di un problema, aiquali sara possibile ridurre tutte le proprieta e, piu in generale, tutto cio cheriguarda l’interazione degli stessi elementi primi.

In questo modo non si fa altro che delimitare uno spazio di pensabilita all’internodel quale si conosce preliminarmente la sfera del possibile. Stando cosı le cose ilfine e la fine della soluzione di un problema coincide con la delimitazione dellospazio di possibilita, i cui elementi sono in grado di risolvere completamente ilproblema stesso. In questa direzione, di volta in volta, nella realta si presenterauna configurazione di un fenomeno, che non e altro se non una concretizzazione diuna delle possibilita determinabili a priori.

In questa prospettiva, in generale per concetto chiuso s’intende la delimitazionedell’insieme delle note comuni che definiscono qualcosa.

Sintetizzando, chiamo “rapporto”4 l’idea filosofica per cui conoscere qualcosavuol dire isolarne e definirne gli elementi semplici, tali da delimitare uno spaziochiuso in cui la possibilita sia completamente predeterminata. Nel rapporto, L’inte-razione tra elementi di un sistema ed il sistema stesso e, pertanto, pensata solo esoltanto a partire dai suoi elementi costitutivi5. Introduco il concetto di rapportoal fine di svincolarlo da impliciti significati ontologici ed essenzialisti che il concettodi riduzione, inevitabilmente, si porta dietro.

4.1.1 Rapporto ed essenza

Se si carica il rapporto di valori epistemologici ed ontologici forti, si passa, al limite,da un metodo all’imposizione di una razionalita. In altri termini, uno strumento

3Faccio qui riferimento a quanto detto a proposito dei parametri di controllo.4Da qui in poi tutte le volte che usero i termini “relazione” e “rapporto” nei sensi che sto per

definire, saranno in corsivo, in caso contrario saranno usati nel senso usuale.5In opposizione, ma non in contraddizione, a quest’idea nell’ultimo paragrafo di questo capitolo

introdurro il concetto di relazione.

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Chiarimenti filosofici 123

conoscitivo diventa il modo per individuare la sostanza ultima dell’oggetto cono-sciuto6. In questo senso, delimitare uno spazio chiuso non vuol dire solo cercaredi risolvere un problema, ma avere un metro per riconoscere l’oggetto che si hadi fronte come passibile di una trattazione scientifica. Le perturbazioni, laddovenon erano un mero disturbo, potevano essere trattate scientificamente solo se se nescrivevano le equazioni differenziali, in un contesto, e bene ricordare, in cui l’analisialgebrica risultava essere la concettualita dominante.

Soffermarsi su un tale valore ontologico ed epistemologico vuol dire cogliernevincoli filosofici, tanto profondi quanto spesso inapparenti. Se si presuppone chela natura, o piu in generale un oggetto di conoscenza, abbia un determinatotipo di razionalita, lo si vincola ad una sola conoscenza fondamentale in gradod’individuarne l’essenza. In questo modo non e piu possibile pensare la possibilitadi altri metodi7, poiche, anche quest’ultima si trova vincolata all’interno di unarazionalita meccanica e procedurale, per cui conoscere significa seguire rigorosamentedei passi ben determinati in modo da giungere alla meta prefissata, vale a direl’individuazione di elementi in grado di permettere una determinazione completa,oggettiva ed atemporale dell’oggetto. Nel caso piu generale ed ipotetico che stodiscutendo, vuol dire dover cercare di definire degli elementi primi in modo dapoter riconoscere l’oggetto di conoscenza in quanto tale, prima ancora di conoscerloeffettivamente.

La presenza di forti assunti epistemologici e, soprattutto, ontologici sullafattura della natura e della conoscenza impone, dunque, essenzialmente due vincoli,uno formale ed uno contenutistico. Il primo si riferisce alla riconoscibilita e allacostituzione dell’oggetto d’indagine, il secondo riguarda il fatto che una volta chesi individuano e delimitano gli elementi essenziali di qualcosa, questi non mutano,proprio perche assumono un valore universale e necessario.

Di qui, conoscere qualcosa vuol dire delimitarne lo spazio dell’essenza, in baseal quale vengono distinti elementi essenziali ed accidentali di un fenomeno.

Esempi si trovano soprattutto nel capitolo sulla scienza moderna; mi limito arichiamare il fatto che il compito dello scienziato era quello di scrivere le equazionidifferenziali del fenomeno che stava studiando, e a rimandare al problema dei trecorpi.

Di conseguenza, solo cio di cui si puo delimitare uno spazio dell’essenza puoessere oggetto di una conoscenza vera, in quanto il concetto chiuso, all’interno diuna logica fondazionalista, diventa il fine e la fine della ricerca filosofico-scientifica.

In uno spazio di pensabilita strutturato sul concetto chiuso, inteso come cioche bisogna raggiungere per conoscere veramente, tutto cio che esula da una talegriglia epistemologica rientra nell’errore8, in quanto cio che e errato lo e in quanto

6Si riconsideri, a questo proposito, il rapporto tra matematica e natura tra Settecento eOttocento.

7In questo contesto, la possibilita di altri metodi non puo che essere qualcosa di qualitativamenteinferiore rispetto al metodo che ne coglie l’essenza. Per fare un esempio, una descrizione esteticadel cosmo avra senz’altro minor valore rispetto ad una matematica e/o fisica.

8Cfr. Gilles Deleuze. Differenza e ripetizione. Milano: Cortina, 2001, pp. 193-196.

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in esso non e ravvisabile la struttura chiusa del concetto, ne l’essenzialita dei suoielementi.

I suddetti vincoli, pensati al limite, impongono che tutto cio che puo essereconosciuto, debba essere delimitabile nel modo suddetto. Tutto cio cui non eapplicabile una simile razionalita o e qualcosa di accidentale o e qualcosa di cuinon e stato ancora possibile delimitare lo spazio dell’essenza. Si tocca, a questopunto, con mano l’esclusivita di una razionalita assoluta, ed i conseguenti limitiin cui e costretta la possibilita. Come detto, laddove si delimita uno spaziodi pensabilita, esso risulta essere saturo, essendo uno spazio dell’essenza. Esso,allora, non potra contenere altro se non gli elementi essenziali in grado di rendereconto completamente, atemporalmente ed oggettivamente del fenomeno che si vuoleconoscere. In tal modo, tutte le possibilita di un oggetto cosı definito si trovanonegli elementi essenziali che lo compongono.

Riassumendo, se attraverso il rapporto e possibile pensare un oggetto riducendoloai suoi elementi piu semplici, allora e possibile conoscere completamente a prioritutte le possibilita di un tale oggetto, nei limiti degli elementi individuati9. In talmodo, per chiarire meglio, si puo dire che “oggetto di conoscenza” ed “oggettoreale” non coincidono, o che l’“oggetto di conoscenza” coglie un particolare aspettodell’“oggetto reale”. Come si e visto nei due capitoli precedenti, riguardo uno stessoproblema, quello dei tre corpi, diversi modi di affrontarlo producono conoscenze edoggetti diversi, almeno in un senso matematico.

Se al concetto dell’oggetto cosı definito si associa anche un valore ontologico,per cui gli elementi individuati ne costituiscono l’essenza, allora un tale concettodiventa il punto nel quale termina la ricerca su un tale oggetto.

Se, invece, al rapporto si associa un valore epistemologico per cui esso diventa larazionalita della natura, allora, come detto, conoscere vuol dire applicare il metodosuddetto in maniera da costituire l’oggetto stesso.

In questo modo, le proprieta fondamentali dell’oggetto saranno quelle ricondu-cibili agli elementi essenziali. Di conseguenza, la possibilita risulta completamentepredeterminata ed immutabile.

A questo proposito, nei capitoli precedenti e emersa la nozione di “dinamicitachiusa del concetto”, che proprio una “possibilita” cosı configurata sintetizza.Essa fa riferimento, in particolar modo, al fatto che la possibilita sia semprequalcosa di predeterminato sia all’interno dello spazio di pensabilita del rapportosia all’interno dello spazio di pensabilita dell’essenza10. Quest’ultimo, rispetto alrapporto, mantiene un ulteriore vincolo, per cui nient’altro, al di fuori degli elementiessenziali, puo render conto di un oggetto, e quindi modificarne le possibilita. Inquesto senso, la “dinamicita chiusa del concetto” fa riferimento al fatto che viene

9Questa precisazione in corsivo e la cifra che permette di chiarire meglio la distinzione tra“rapporto” e “riduzionismo”. Essa permette di pensare la delimitazione di uno spazio chiuso nonnecessariamente come uno spazio dell’essenza.

10La dinamicita chiusa, in questo senso, puo delimitare uno spazio dell’essenza ed uno spaziodel rapporto, vale a dire chiuso e desostanzializzato.

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Chiarimenti filosofici 125

costituito lo stesso campo dell’oggettualita, vale a dire quello spazio per cui epossibile trovare l’essenza dell’oggetto.

E bene ribadire che, all’interno di un contesto essenzialista, sono ben predefinitele possibili caratterizzazioni che un elemento essenziale deve possedere per poteressere tale. Tutto cio, naturalmente, prima che si proceda alla conoscenza effettivadi qualcosa11.

Per quanto riguarda quest’ultima, si puo dire che se l’oggetto da conoscere sipresenta in un groviglio di elementi essenziali ed accidentali, giungere a delimitarelo spazio dell’essenza vuol dire separare quest’ultimo attraverso dei confini nettidallo spazio di cio che e accidentale. In questo modo lo spazio dell’essenza sipresenta come qualcosa in cui vige una sola giurisdizione, in cui tutti gli aspettidell’oggetto possono essere sciolti dal groviglio iniziale ed essere completamentedeterminabili a priori.

In questo senso, recuperando quanto detto nel primo capitolo, il campo del-l’oggettualita sara tale da ammettere solo concetti chiusi, tali da ammettere alloro interno solo e soltanto elementi tali da permettere una conoscenza completa,oggettiva, atemporale e universale. In questo contesto metodologico, ogni singoloconcetto non potra non essere identico a se stesso, in quanto esso rappresentauna dinamicita chiusa dell’essenza, in quanto esso esaurisce a priori le possibilitadell’oggetto compreso.

Inoltre, tutti i concetti, pur possedendo contenuti diversi, risulteranno pensabiliall’interno di un’identita, per cosı dire, “formale”, in quanto si costituiscono allostesso modo, poiche appartengono allo stesso spazio di pensabilita dell’essenza.

In altri termini, riprendendo la distinzione funzionale tra “oggetto di conoscenza”ed “oggetto reale”, si puo dire che i caratteri di completezza, oggettivita, atemporalitaed universalita, che costituiscono il concetto dell’oggetto di conoscenza (scientifica),determinano se si puo avere o meno conoscenza scientifica di un oggetto reale.

4.1.2 Rapporto e storia

In contrapposizione a quanto emerso sin qui, la storia della filosofia, la storia dellascienza, cosı come la storia di qualsiasi altra disciplina o arte, insegnano che almutare delle conoscenze, delle esigenze sociali e degli strumenti conoscitivi possonorafforzarsi o sgretolarsi certezze ritenute assolute.

Se, ad esempio, si pensa alle parole con cui Euler accoglie i risultati di Clairautche confermano la relazione gravitazionale newtoniana e poi si pensa alla novitadella gravita einsteiniana, si comprende che i principi e le leggi, cosı come ilconcetto chiuso in generale, non hanno necessariamente un valore epistemologico

11In questo senso, Stengers pone la questione della “pertinenza” dell’applicazione di un metodoad un oggetto (cfr. Isabelle Stengers. “Perche non puo esserci un paradigma della complessita”. In:La sfida della complessita. A cura di Bocchi Gianluca e Mauro Ceruti. Milano: Bruno Mondadori,2007). Nei termini del mio discorso si puo dire che una dinamicita chiusa non e necessariamenteuno spazio dell’essenza.

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ed ontologico assoluto, anzi proprio una tale pretesa assolutezza dovrebbe essereridimensionata.

Si vede bene come, dal punto di vista del contenuto, se si vuol tener conto diquanto appena esemplificato, bisogna almeno depotenziarne la portata conoscitivadel concetto chiuso, e cioe considerarlo come uno spazio chiuso, ma non come unospazio dell’essenza. Questo vuol dire, in altri termini, non considerare il vincolocontenutistico.

Bisogna, in tal modo, introdurre il tempo nella conoscenza, in modo da metterein discussione l’esclusivita e la staticita che offre la descrizione della natura delleleggi scientifiche moderne. Piu in generale, si tratta di mettere in discussione ilfatto, per nulla ovvio, che conoscere voglia dire conoscere l’essenza.

In tal senso ed in questo rispetto specifico, si fa spazio la storia in un sensoben determinato: fare la storia della conoscenza di qualcosa vuol dire individuare imodi in cui, di volta in volta, sono cambiati i confini e gli elementi che ne hannocostituito il significato, temporalmente determinato.

Poiche in questa prima via ipotetica12, attraverso l’inserimento del tempo simettono in discussione solo lo statuto epistemologico e ontologico del contenutodel concetto chiuso, ma non la sua forma, la storia appare e puo apparire solo esoltanto come una successione di concetti chiusi, proprio dello stesso tipo di quelloche s’intende mettere in discussione. Ammettere, dunque, che la conoscenza sidifferenzi all’interno di momenti o contesti diversi, non vuol dire necessariamentepensare diversamente.

Si comprende che, se s’intende una tale “successione” come un progresso versoqualcosa come la verita, anche solo teleologicamente raggiungibile, si vede bene chesi ripresenta perfettamente proprio quanto s’intendeva superare. Ci si muove, inaltri termini, all’interno di una dinamicita chiusa la quale, vincolando la possibilita,si muove in uno spazio dell’essenza che ha un valore metodologico, poiche ammettepiu contenuti. Nei capitoli precedenti, si e visto come la scienza offra contenutidiversi che, pero, possono essere pensati in maniera diversa laddove intervenga unariflessione filosofica.

Se, al contrario, una tale successione non assume particolari connotazioni, sicomprende la necessita di una messa in discussione della stessa costituzione o formadi un tale tipo di concetto. Proprio questa e l’indagine che, a mio modo di vedere,bisogna premettere ad un tipo di discorso che si muova sulla linea di quello appenasvolto.

Da questa prospettiva, gia il concetto di rapporto, inteso come un possibilemetodo, e gli argomenti del capitolo precedente offrono un terreno concreto perproporre e discutere qualcosa di ulteriore.

12L’aggettivo si riferisce al fatto che in questi brevi capoversi assumo, appunto ipoteticamente,che il tempo sia quello cronologico, senza considerarne altre possibili interpretazioni. E senz’altroun argomento che meriterebbe un adeguato approfondimento, ma in questa sede ho deciso disoffermarmi su un’altra problematica, piu legata alla “forma” del concetto e ad alcuni modi in cuipuo esser pensato. Alcune considerazioni sul tempo, laddove emergeranno saranno strettamentedipendenti proprio dalla prospettiva assunta nel presente lavoro.

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Chiarimenti filosofici 127

4.2 Il concetto di relazione

Rifiutare che il concetto chiuso, la delimitazione di uno spazio chiuso, voglia direindividuare l’essenza di qualcosa vuol dire rinunciare a poter conoscere solo esoltanto se ci si muove all’interno del paradigma fondazionalista, per il quale, comedetto, esiste un solo tipo di conoscenza vera ed un solo modo per giungervi.

Si e visto che, all’interno della visione lagrangeano-laplaceana, ad un determini-smo stretto di fondo si oppone il caos, inteso come “mole informe e confusa, nonpiu che materia inerte, una congerie di germi differenti di cose mal combinate traloro13”. Ora, esponendo alcuni aspetti della non-linearita, ho posto il problemadi conquistare uno spazio di pensabilita per qualcosa come il caos deterministico.Filosoficamente, questo vuol dire uscire da una concettualita nella quale l’unicocaos pensabile e quello appena descritto con le parole di Ovidio.

In questa prospettiva, ho affermato che pensare il concetto chiuso, la dinami-cita chiusa ed il rapporto non implicano ne presuppongono necessariamente unaconcettualita fondazionalista o che si ricerchi un’essenza necessaria, universale edatemporale.

Naturalmente, non ho la presunzione di risolvere quello che e uno problemimaggiori del secolo scorso e non solo, tuttavia, i temi approfonditi nei capitoliprecedenti hanno permesso di chiarire una serie di questioni e, con cio, d’individuarealcuni nodi filosofici specifici su cui si puo far leva in questa direzione.

In aggiunta ai chiarimenti gia forniti all’inizio di questo capitolo, e necessariointrodurre ulteriori delucidazioni filosofiche che permettano di uscire dagli schemiappena esposti, in modo da preparare il terreno per le argomentazioni del capitoloseguente. Non e sufficiente, infatti, mostrare che un concetto chiuso o un metodopossono non essere pensati all’interno dell’essenza, bisogna almeno cercare una viapossibile.

Per questo motivo, in opposizione, ma non in contraddizione col concetto dirapporto, introduco una caratterizzazione del concetto di relazione o complesso14.Se nel rapporto �la conoscenza di un insieme di elementi o di un tutto viene ridottaalla conoscenza delle singole parti, senza capire che il tutto possiede qualita che nonsi trovano nelle singole parti. Al contrario, il principio di complessita consiste nelmantenere intatto l’intreccio degli oggetti: distinguendoli ma tenendoli insieme15�.

Morin, in questi termini, sintetizza, proprio quanto mostrato nel capitoloprecedente: l’interazione tra gli elementi di un sistema produce delle proprieta chenon sono riducibili agli elementi stessi. Per quel che riguarda fenomeni diversi, cosıcome un singolo fenomeno, sono possibili piu modi d’interrogarlo e, come visto,nei diversi casi possono valere diversi criteri. Di qui, ogni volta, a seconda delle

13Cfr. Ovidio. Metamorfosi. Milano: Garzanti, 2005, pp. I, vv. 7-9.14Nel seguito del lavoro usero sempre il termine “relazione” perche, pur facendo riferimento a

questioni trattate da alcuni “filosofi della complessita”, non intendo seguire la loro via nelle mieargomentazioni filosofiche, forte del riferimento diretto soprattutto alla fisica e alla sua storia deidue capitoli precedenti.

15Cfr. Edgar Morin. “Il complesso, cio che e tessuto insieme”. In: La teoria della complessita.A cura di Reda Benkirane. Torino: Bollati Boringhieri, 2007, p. 23.

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domande che si pongono, si trattera di individuare cio che piu e “pertinente16” allarisoluzione del problema.

Non si tratta piu d’imporre meccanicamente una razionalita, ne si tratta di“sostituire un’evidenza oggettiva con un’altra”, ma di pensare uno spazio in cuisi mantenga, in qualche modo, costante un riferimento ad una molteplicita diprospettive.

Di conseguenza, nella relazione non e possibile delimitare uno spazio chiuso dipensabilita nel quale la stessa possibilita e la riconoscibilita del concetto siano date(e vincolate) a priori. In questo caso, sono gli stessi elementi che assumono unaconfigurazione ed un significato specifici emergenti, tali per cui ogni volta si puocostruire un concetto chiuso, si puo avere una conoscenza sempre locale, in quantosi riferisce a posteriori ad una possibile interazione. In questo senso, �si tratta diadottare una strategia adatta al singolo caso, non un metodo universale17�.

Il punto e che il concetto di qualcosa implica una qualche unita e totalita.Queste possono essere prodotte contestualmente alla costruzione di un concetto, opossono preesistergli. In quest’ultimo caso si ripropone un discorso essenzialistico,nell’altro l’unita e la coerenza del concetto si possono ricostruire a posteriori, cosıcome e emerso riguardo la difficolta di posizionare il confine tra caos e ordine.

In una prospettiva antifondazionalista, recuperando il concetto di rapportoed affiancandolo a quello di relazione, si comprende che, dato un fenomeno, sene possono dare almeno due descrizioni qualitative. Nella prima lo si riduce adelementi piu semplici, nella seconda lo si descrive come complesso. Gia a questopunto, il problema filosofico posto concerne come pensare una molteplicita diprospettive, evitando da un lato, un relativismo rapsodico e, dall’altro di ricaderenell’essenzialismo, in quanto la relazione ed il rapporto fanno riferimento ad unapluralita di possibilita.

In altri termini, bisogna, pertanto, fare molta attenzione a non considerare unatale pluralita come un tutto costituito di parti reciprocamente chiuse, esclusive edincomunicabili. Oppure, all’opposto, sarebbe possibile pensare una tale molteplicitacome un’unita nella quale si compongono organicamente le sue parti. In questomodo, pero, non si farebbe altro che riproporre quanto s’intende mettere in discus-sione, vale a dire la dinamicita chiusa dell’essenza. Il punto e porre la questione didifferenti spazi di pensabilita senza presupporre un’identita di fondo, ne un’unitache li comprenda. Agire in senso contrario vorrebbe dire vincolare la possibilitaall’interno di una dinamicita chiusa ed autoreferente. Del resto, una trattazionepositiva di tutto cio e possibile in quanto una molteplicita senza un’unita di fondonon e necessariamente una rapsodia incomprensibile, a patto di rivedere le preteseontologiche ed epistemologiche della conoscenza.

Rifiutare un punto di vista essenzialista, a sua volta, non vuol dire poter scegliereindistintamente tra una serie di possibilita ugualmente rilevanti o, se si preferisce,indifferenti. Questa posizione, pensata radicalmente, cela un assunto di fondo che si

16Cfr. Stengers, op. cit., p. 48.17Cfr. Morin, op. cit., p. 25.

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rivela essere un’ingenuita filosofica. Essa, infatti, presuppone che il soggetto possaastrarsi dal suo contesto ed avere davanti a se tutto lo spettro delle possibilita tracui scegliere. Nella mia prospettiva, in cui la possibilita si riferisce ad uno spazio dipensabilita, ci si muove in una direzione diversa che discutero nel prossimo capitolo.

Al fine di districare quest’ingarbugliata matassa, penso che proprio nell’appro-fondimento delle conseguenze filosofiche della relazione (e del rapporto) si possanoindividuare elementi interessanti.

Nel seguente contributo, Morin si esprime proprio in questa direzione:

“Ecco la settima via verso la complessita, la via della crisi dei concetti chiusi echiari (dove chiusura e chiarezza sono complementari), cioe della crisi della chiarezzae della separazione nella spiegazione. Qui abbiamo davvero una rottura con lagrande idea cartesiana per cui la chiarezza e la distinzione delle idee sono indicedella loro verita, e non possiamo quindi avere una verita che non si possa esprimerein maniera chiara e distinta18”.

Deleuze, filosofo sensibile a queste tematiche, afferma la stessa esigenza diMorin, indirizzando il suo discorso in una diversa direzione.

“L’errore di Cartesio, riscontrabile in diversi testi, e quello di aver creduto chela distinzione reale tra le parti implicasse la loro separabilita. [. . . ]. Secondo Leibniz,invece, due parti di materia realmente distinte possono risultare inseparabili. [. . . ].Un corpo flessibile o elastico possiede ancora parti coerenti che formano una piega,parti che non si separano in parti di parti, ma si dividono all’infinito in pieghesempre piu piccole, che mantengono sempre un certo grado di coesione19”.

Nella relazione, gli elementi da cui emerge una struttura possono essere pensaticome distinti ed inseparabili, proprio in opposizione a quanto avviene nel rapporto.

Rispetto a Morin, Deleuze pone maggiormente l’accento sullo spazio di pensa-bilita all’interno del quale si concretizzano le interazioni tra elementi “distinti edinseparabili”20, proprio per evitare di cadere in quanto ho appena detto.

Questo aspetto e molto importante perche le possibilita proprie di una struttura,non predeterminabile a priori, assumono anch’esse un determinato spazio, a secondadel modo in cui si configura effettivamente la relazione.

Le pieghe che in tal modo si formano, si riferiscono certamente all’aspetto, alladifferenza che in una relazione emerge riguardo una determinazione dell’oggetto,ma anche e soprattutto allo stesso spazio di pensabilita all’interno del quale avvienela conoscenza.

Lo spazio di pensabilita, seguendo la metafora di Deleuze, risulta piegato, senzache sia possibile “spiegarlo21”, se con questo s’intende l’assunzione surrettizia di

18Cfr. idem, “Le vie della complessita”, p. 29.19Cfr. Gilles Deleuze. La piega. Leibniz e il barocco. Torino: Einaudi, 2004, pp. 9-10. Sia per

quanto riguarda questa citazione sia per la precedente, faccio notare che non e in discussionela loro correttezza storico-filosofica, ma il problema filosofico di fondo veicolato dai riferimentispecifici.

20Cfr. ibid., passim.21Cfr. ibid., p. 10: “La spiegatura non e dunque il contrario della piega, ma segue la piega fino

al formarsi di un’altra piega”.

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un’unita di fondo precostituita in grado di inglobare ogni differenziazione, ogniemergenza. L’impossibilita di accedere a qualcosa di ulteriore o di piu semplicerispetto ad uno spazio di pensabilita, per cosı dire, “piegato” e ribadita da Deleuzequando afferma che “dato che piegare non si contrappone a spiegare, piegaresignifica piuttosto tendere-distendere, contrarre-dilatare, comprimere-esplodere(ma non condensare-rarificare, dicotomia che implicherebbe il vuoto)22”.

In altri termini, non si tratta solo di affiancare piu metodi, presupponendouno spazio di pensabilita omogeneo, unico, aperto ed indifferenziato tra i qualiscegliere, ma di riflettere sul fatto che e questo stesso spazio di pensabilita che eoggetto di costruzione e che e sempre passibile di modifiche, nel momento in cui sicostruisce un concetto chiuso di qualcosa. Tutto cio, naturalmente, se si intendeevitare di porre un orizzonte unitario di senso ulteriore ed assoluto rispetto a cioche e oggetto di conoscenza23. Il fine e proprio quello di mantenere una pluralitadi prospettive compresenti e di evitare di vincolare surrettiziamente la possibilitaad una qualsiasi razionalita chiusa ed autoreferente.

Di qui, si tratta ora d’individuare una via possibile per pensare uno spazio dipensabilita che si configuri diversamente da una dinamicita chiusa ed autoreferente,nella quale la possibilita sia completamente predeterminata.

In breve, il punto che cerchero di sviluppare nel prossimo capitolo e sintetizzatonel seguente passo di Wittgenstein.

�Questa molteplicita non e qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte; manuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici, come potremmo dire, sorgono ealtri invecchiano e vengono dimenticati24�.

Di qui, non ci si puo esimere dal compito di pensare filosoficamente le prospettiveemerse sin qui perche altrimenti si finirebbe per produrre un elenco, piu o menodettagliato, di proprieta emergenti e/o di discipline nelle quali si possono riscontrare.Proprio questo e cio che intendo evitare; proprio per questo, dopo aver delineato ingenerale il problema, intendo soffermarmi ancora sul concetto chiuso e sugli spazidi pensabilita.

22Cfr. ibid., p. 12.23Questo discorso vale anche nel caso in cui si ponga una mancanza, altrettanto assoluta, di

senso. In questo caso, verrebbe meno un qualsiasi riferimento concreto da cui un pensiero nonpiu assoluto rimane legato. In questa prospettiva, approfondire il determinismo laplaceano in unadeterminata prospettiva, come ho fatto, vuol dire individuare dei concetti filosofici e scientificinel loro chiarirsi progressivo e nel loro mutare, senza per questo abbandonarsi ad un astratto,indeterminato ed assoluto nulla. Non penso, infatti, che un pensiero in generale che cerchi diandare oltre l’essenzialismo possa pensare paradossalmente il nulla come un principio costitutivoe/o regolativo della conoscenza.

24Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 23.

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Capitolo 5

Linguaggi, possibilita e concetti

Come si puo ben capire, uscire dallo schema metodologico emerso sin qui vuoldire mettere in discussione tutti quegli elementi filosofici che lo rendono possibile.Questo compito puo essere svolto da molti punti di vista e non e per nulla semplicedelineare un quadro generale. Per quanto riguarda il presente lavoro, com’e ovvio,seguiro la linea che ho scelto puntando su quegli elementi e su quei concettipiu decisivi per gli scopi che mi sono posto. Naturalmente, al di la di cio cheintendo sostenere sono possibili molti altri approfondimenti e molte altre direzionid’indagine, cosı come e possibile ricostruire la storia della scienza, della filosofia, odi qualche momento particolare, come ho fatto nel capitolo precedente, in moltimodi per renderle fruibili o per sottolineare determinare aspetti, tuttavia, comeemergera, e importante avere coscienza di tutto cio, in modo da non riaffermarenascostamente proprio cio da cui s’intende prendere le distanze. Nello specifico,sarebbe inutile mettere in discussione l’assolutezza della concettualita chiusa emersaper poi sostituirla con un’altra, altrettanto assoluta, ma di diverso contenuto.

Non resta ora che individuare e discutere una possibile diversa direzione at-traverso la quale poter valutare positivamente il concetto chiuso, in quanto, comeemerso nel precedente capitolo, esso si e dimostrato essere un utilissimo strumentodi ricerca, oltre che il fine e la fine della ricerca. La discussione storica e filosoficadegli elementi emersi nel precedente capitolo permette proprio di avere sempredavanti agli occhi elementi concettuali specifici, in modo da non cadere, almeno cosıe nei miei intenti, in sterili discorsi generali, senza delineare una risposta positivaalla questione del superamento del concetto chiuso. Proporre una risposta positivasignifica indicare elementi concettuali ed un approccio filosofico alternativi che nonassumano cio che e emerso fin qui, in modo da evitare ogni tipo di discussione chepoggi esclusivamente ed in maniera oppositiva ai presupposti del concetto chiuso.Questa precisazione mi pare fondamentale laddove si voglia realmente prendere ledistanze da qualcosa.

Ecco, dunque, che riguardo al concetto chiuso mi pare possibile mettere in di-scussione la sua assolutezza1 seguendo, in generale, due vie. La prima fa riferimento

1Si tenga presente che con questo termine, molto probabilmente in maniera impropria, intendo

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132 Linguaggi, possibilita e concetti

al contenuto del concetto chiuso, lasciando invariata la sua forma concettuale; laseconda fa riferimento proprio alla sua forma, vale a dire ai vincoli in base ai qualiun oggetto e costruito e reso riconoscibile. Nel primo caso, dunque, si ammette lapossibilita che il contenuto di un concetto possa variare nel tempo, ma che cio chepermette di riconoscerlo come tale resti inalterato. In questo modo non si farebbealtro che relativizzare, o meglio temporalizzare il suo contenuto. In mancanza diuna messa in discussione del lato formale, anche lo statuto epistemologico ed onto-logico di un concetto vengono relativizzati. Su questa linea, da un punto di vistafilosofico, a mio giudizio non si va molto avanti, in quanto si resta vincolati proprioalla concettualita che s’intende mettere in discussione. Prima, pero, di occuparmidella seconda direzione mi pare importante soffermarmi, seppur brevemente, sullaprima.

5.1 Boltzmann e Wittgenstein

Nel suo Wittgenstein. Musica, parola, gesto, Gargani ha mostrato il debito diWittgenstein nei confronti di Boltzmann2: proprio dal fisico Wittgenstein ha trattospunto per alcuni dei temi piu importanti del suo pensiero, dei quali sto peroccuparmi. In questo senso, Gargani confronta passi specifici dei due autori persostenere la sua tesi, secondo la quale Boltzmann prefigura temi che saranno ripresie sviluppati da Wittgenstein3.

Fare brevemente riferimento a Boltzmann e fondamentale perche quest’ultimoesprimeva il suo disappunto contro alcuni punti centrali dell’epistemologia distampo lagrangeano-laplaceana. Per questo motivo, e necessario sottolinearecome Wittgenstein sviluppi un pensiero antiessenzialista, ereditando alcuni nodiepistemologici innovativi rispetto al pensiero scientifico, ed ai suoi assunti filosofici,che si e sviluppato tra Settecento e Ottocento.

Di qui, lungi dal voler proporre un’interpretazione del pensiero di Boltzmann,mi limito ad evidenziare la vicinanza di Wittgenstein a Boltzmann4, in parteintegrando le osservazioni di Gargani. Una delle questioni che salta subito agliocchi e quella dello statuto epistemologico della probabilita.

Sulla probabilita Laplace afferma:

“. . . si adopera il calcolo delle probabilita per determinare i risultati medi piuvantaggiosi, quelli cioe che offrono meno presa all’errore. Ma questo non e ancorasufficiente: occorre calcolare la probabilita che gli errori dei risultati siano presientro limiti stabiliti; altrimenti non si ha che una conoscenza imperfetta del gradodi precisione ottenuto5”.

riassumere tutto quanto emerso nel capitolo precedente.2Cfr. Aldo G. Gargani. Wittgenstein. Musica, parola, gesto. Milano: Cortina, 2008, pp. 57-763Per un confronto puntuale, rimando proprio al testo di Gargani.4Non mi occupero di alcuni aspetti importanti del pensiero di Boltzmann.5Cfr. Laplace, op. cit., p. 299.

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Linguaggi, possibilita e concetti 133

Se a questa citazione si aggiunge che in Laplace l’utilissima probabilita e pensatacome distanza dal Vero, si comprende, come detto, che essa non ha alcuno statutoepistemologico proprio.

Boltzmann, al contrario, inizia a porre la questione, seppure almeno all’inizioimplicitamente, per cui “piu probabile” non vuol necessariamente dire “piu vero ereale”.

Boltzmann fu il primo a sollevare la questione dello statuto esplicativo dellaprobabilita, ribaltando completamente le idee di Laplace ed il mondo cui essefacevano riferimento, ponendo, piu o meno esplicitamente, la questione, e di sicurol’esigenza, di una nuova concettualita.

In Boltzmann la probabilita ha un proprio e positivo statuto esplicativo, inquanto concerne direttamente fenomeni di cui si puo avere una descrizione probabi-listica, senza che quest’ultima rappresenti necessariamente un grado di lontananzadal vero.

In base alla reversibilita, un uovo caduto a terra dovrebbe potersi ricomporreproprio come avviene in un film visionato al contrario, ma nessuno ha mai vistoaccadere una cosa simile. A partire dall’irreversibilita, introdotta dal secondoprincipio della termodinamica6, si deduce che l’uovo non si ricompone perche ealtamente improbabile che cio accada, ma non perche e impossibile7.

“Dobbiamo fare la seguente osservazione: non si puo fornire una dimostrazioneche, dopo un certo tempo t1, le sfere debbono necessariamente essere mescolate inmaniera uniforme, qualunque sia la distribuzione iniziale di stati. Questo risultato einfatti una conseguenza della teoria della probabilita, in quanto ogni distribuzionedisuniforme di stati, per quanto improbabile, non e assolutamente impossibile8”.

Le osservazioni di Boltzmann si dirigono verso alcuni dei centri nevralgici dellafisica lagrangeano-laplaceana, in quanto ne mettono in discussione alcuni assuntifondamentali. Si prospetta, pertanto, la possibilita di qualcosa di diverso e diulteriore rispetto agli assunti settecenteschi che disponevano ed orientavano laricerca verso la delimitazione di un mondo scritto essenzialmente in equazionidifferenziali. Proprio contro il ruolo, ad un tempo ontologico ed epistemologico,che a quest’ultime era stato assegnato, si muovono le critiche di Boltzmann.

6Boltzmann definisce cosı il secondo principio: “Se un sistema qualsiasi di corpi viene lasciatoa se stesso e non viene influenzato da altri corpi, gli possiamo sempre indicare il senso in cui sisvolge ogni sua variazione di stato. Di fatto, si puo indicare una determinata funzione di statodi tutti i corpi, l’entropia, definita in modo tale che ogni variazione di stato puo avere solo nelsenso crescente di questa funzione, cosicche questa puo solo aumentare col passare del tempo”(cfr. Ludwig Boltzmann. “Sulla meccanica statistica”. In: Modelli matematici. Fisica e filosofia.A cura di Carlo Cercignani. Torino: Bollati Boringhieri, 2004, p. 208).

7Su tale questione cfr. Brian Greene. La trama del cosmo. Torino: Einaudi, 2004; Prigogine eStengers, op. cit.; Ilya Prigogine e Gregoire Nicolis. La complessita. Torino: Einaudi, 1991.

8Citato in Carlo Cercignani. Boltzmann e la meccanica statistica. Pavia: La Goliardica Pavese,1997, p. 96. In questo stesso testo (cfr. ibid., p. 2) l’autore afferma: “Nella fisica del tempo diBoltzmann il fatto che non si osservassero certi fenomeni era ascritto alla loro impossibilita,sancita dal famoso Secondo Principio della termodinamica. Al giorno d’oggi, seguendo Boltzmann,riteniamo che questo principio affermi solo l’improbabilita estrema di questi eventi”.

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134 Linguaggi, possibilita e concetti

Nello specifico, Boltzmann, rivendicando “l’indispensabilita dell’atomismo nellascienza”, afferma:

“Le equazioni differenziali della fenomenologia fisico-matematica non sonoevidentemente nient’altro che regole per la costruzione e la connessione di numerie concetti geometrici, ma questi, di nuovo, non sono nient’altro che immaginimentali da cui si possono predire i fenomeni. Esattamente lo stesso vale per leidee dell’atomismo, cosicche io non riesco a riconoscere la minima differenza sottoquesto aspetto. Del resto di un insieme di fenomeni non mi sembra mai possibileuna descrizione diretta, ma sempre e soltanto un’immagine mentale. Quindi nonbisogna dire con Ostwald: ‘non dovresti crearti alcuna immagine’; ma soltanto: ‘inessa dovresti includere il minor numero possibile di elementi arbitrari’9”.

Coerentemente con cio, Boltzmann pone la questione filosofica dello statutodelle ipotesi e dei modelli che, come emerge dal passo appena citato, si riferiscealla scienza in generale. In questo senso afferma:

“Le nostre idee delle cose non sono mai identiche alla loro essenza. Sono soloimmagini o anzi simboli, che rappresentano l’oggetto in modo necessariamenteunilaterale, ma non possono fare altro che imitarne certi tipi di connessione, nonintaccandone minimamente l’essenza10”.

“E mia opinione che sia impossibile enunciare una sola proposizione che siarealmente solo un puro dato d’esperienza11”.

Eliminando di fatto l’idea della semplicita degli elementi costitutivi e dell’am-missibilita di un livello ultimo di conoscenza della natura di Laplace, Boltzmannabbandona di fatto l’idea che si possa dare una conoscenza completa e oggettivadel mondo.

“La scienza perde in questo modo la sua impronta unitaria. In passato sirimaneva fedeli al fatto che potesse esistere solo una verita: gli errori erano molti,ma la verita una sola. Bisogna opporsi a questa opinione dal nostro punto di vistaattuale; anche se la differenza tra la nuova opinione e la vecchia e di natura piuche altro formale. Non fu mai messo in dubbio il fatto che l’uomo non potesse mairiconoscere l’intera essenza di tutta la verita: questa conoscenza e solo un ideale12”.

9Cfr. Ludwig Boltzmann. “Sull’indispensabilita dell’atomismo nella scienza”. In: Modellimatematici. Fisica e filosofia. A cura di Carlo Cercignani. Torino: Bollati Boringhieri, 2004,p. 61. Sulla posizione di Boltzmann nei confronti delle equazioni differenziali si veda Israel, “Ildeterminismo e la teoria delle equazioni differenziali ordinarie”, 137 e sgg.

10Cfr. Ludwig Boltzmann. “Sui principi della meccanica”. In: Modelli matematici. Fisica efilosofia. A cura di Carlo Cercignani. Torino: Bollati Boringhieri, 2004, p. 175.

11Cfr. Ludwig Boltzmann. “Sui principi e le equazioni fondamentali della meccanica”. In:Modelli matematici. Fisica e filosofia. A cura di Carlo Cercignani. Torino: Bollati Boringhieri,2004, p. 158.

12Cfr. ibid., pp. 134-135. Nel testo, Sullo sviluppo dei metodi della fisica teorica, si legge:“. . . non puo essere nostro compito trovare una teoria assolutamente corretta, mentre lo e quellodi trovare un’immagine il piu possibile semplice che rappresenti i fenomeni nel modo migliorepossibile” (Cfr. Ludwig Boltzmann. “Sullo sviluppo dei metodi della fisica teorica”. In: Modellimatematici. Fisica e filosofia. A cura di Carlo Cercignani. Torino: Bollati Boringhieri, 2004,p. 117).

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Linguaggi, possibilita e concetti 135

Ricercare non e, dunque, costringere13 la natura o il pensiero in generale inuno schema conoscitivo prefissato, come e stato ed e ancora per quanto riguarda ladelimitazione di uno spazio chiuso dell’essenza, ma aprire nuovi spazi di pensabilita.Per quanto riguarda cio che m’interessa, e importante comunque sottolineare comeil discorso di Boltzmann sia sicuramente orientato epistemologicamente contro ildettato di Laplace, anche se e piu difficile fare nette affermazioni sul lato ontologico.Nelle ultime pagine di Sulla meccanica statistica, Boltzmann ricorda come il secondoprincipio e i risultati della fisica in generale devono mostrare che e possibile ordinaree vedere le cose in modo diverso, essi devono dunque essere di stimolo alla ricerca,e non essere assolutizzati o ontologizzati.

Nello specifico afferma:

“Non dobbiamo volere dedurre la natura dai nostri concetti, ma dobbiamoadattare i concetti alla natura. Non dobbiamo credere che si possa ordinare tuttosecondo le nostre categorie e che esista un ordinamento del tutto perfetto. Questosara sempre vacillante e adatto solo ai bisogni del momento. E anche la divisionedella fisica in teorica e sperimentale e solo una conseguenza della divisione in duedei metodi che vengono usati per il momento e non durera in eterno. La mia attualeteoria e totalmente diversa da quella per cui certe questioni cadono fuori dai limitidella conoscenza umana. Infatti, secondo quest’ultima teoria, c’e una mancanza,un’incompletezza dell’intelletto umano, mentre io considero l’esistenza di questequestioni, di questi problemi un’illusione14”.

Di qui, Wittgenstein cerchera proprio di superare tali illusioni ed abitudini cheportano a pensare in una sola direzione. Il significato ed il compito filosofico, oltreche scientifico, delle idee di Boltzmann e della filosofia del cosiddetto “secondo”Wittgenstein, puo essere riassunta con le parole del fisico: �La teoria qui sviluppatava certamente al di la dell’esperienza in modo audace, ma ha proprio la caratteristicache dovrebbe avere ogni teoria di questo genere, dato che ci mostra i dati empiriciin una luce del tutto nuova e ci stimola a riflettere e a ricercare ulteriormente15�.

5.2 Questioni spaziali

Il modo in cui e emerso il problema del concetto chiuso all’interno del problemadell’essenza ha mostrato che esso non e affatto qualcosa di innocente, ne privo dipresupposti indiscussi. Questi ultimi, infatti, come avviene in ogni tipo di ricerca,vincolano la riconoscibilita del cercato, e dunque il cercato stesso, in maniera spessodeterminante.

�L’ideale, nel nostro pensiero, sta saldo e inamovibile. Non puoi uscirne. Devisempre tornare indietro. Non c’e alcun fuori; fuori manca l’aria per respirare. -

13Cfr. idem, “Sui principi della meccanica”, p. 177: “. . . la natura ci apparirebbe comprensibilis-sima. Ma non possiamo costringerla a cio. La possibilita che non si tratti di questo, che abbiamobisogno ancora di altre immagini e di altre variazioni per rappresentare la natura, deve rimanereaperta, ed e comprensibile che la considerazione di questa possibilita sia stata consigliata dallosviluppo piu recente della fisica”.

14Cfr. idem, “Sulla meccanica statistica”, pp. 203-204.15Cfr. ibid., p. 210.

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136 Linguaggi, possibilita e concetti

Di dove proviene cio? L’idea e come un paio di occhiali posati sul naso, e cio chevediamo lo vediamo attraverso essi. Non ci viene mai in mente di toglierli16�.

Il concetto chiuso, laddove viene caricato di un forte valore epistemologico edontologico deve, infatti, possedere dei caratteri irrinunciabili.

Proprio contro una simile idea si pone il pensiero di Wittgenstein. Egli ha ilmerito di proporre strumenti filosofici in grado di pensare in maniera originale.Proprio su questi aspetti e necessario soffermarsi per poi riprendere il discorso delcapitolo precedente.

Uno dei modi attraverso cui Wittgenstein affronta tali questioni e il commentoalla domanda platonica “Che cos’e qualcosa?”17. Quando Socrate, ad esempio,chiede a Teeteto “Che cos’e scienza?”18, egli cerca una risposta attraverso cuil’essenza della “scienza” sia chiarita una volta per tutte, in modo che abbia cosıuna validita universale e necessaria; prova ne e il fatto che Socrate respinge laprima risposta di Teeteto, in quanto quest’ultimo, invece di dare a Socrate unadefinizione19, fornisce solo esempi20.

Gli esempi hanno un carattere contingente, e dunque fanno riferimento aduno spazio aperto di infinite risposte, legate ad altrettanto infiniti contesti. Unadefinizione, a detta di Socrate, ha il vantaggio di racchiudere dentro di se tutti icasi particolari, e si pone al di sopra di quest’ultimi, in quanto ne svela l’essenzanascosta21.

Nei suoi testi Wittgenstein si chiede spesso quanto e fino a che punto sialecito un simile atteggiamento filosofico, in base al quale, ogni volta che si vogliacomprendere qualcosa, si deve cercare sempre un’essenza. Nel Libro blu si legge:

“La domanda di Socrate: �Che cos’e la conoscenza?�. Qui le cose stannoancora piu chiaramente, poiche la discussione comincia con l’esibizione, da parte

16Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 10317Avverto subito che tutte le considerazioni che di qui in avanti saranno fatte su Platone

non sono da intendere come una discussione del pensiero di quest’ultimo, ma sono funzionali alpensiero di Wittgenstein che, in questo caso, attraverso la domanda platonica, piu che al filosofogreco, si rivolge ad un certo atteggiamento metodologico verso la problematica della conoscenza.

18Cfr. Platone. Teeteto. Milano: Mursia, 1994, 146c sgg.19Wittgenstein si oppone all’abitudine filosofica per cui per spiegare e sempre dare definizioni.

Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 217: “Ricorda che a volte richiediamo definizioni, non per il lorocontenuto, ma per la forma della definizione. La nostra e una richiesta architettonica; la definizionee come un finto cornicione che non sorregge nulla”.

20Cfr. Ludwig Wittgenstein. The big typescript. Torino: Einaudi, 2002, pp. 407-408: “Detto dipassaggio, nella/secondo la/ vecchia concezione, per esempio quella dei grandi filosofi occidentali,esistono due generi di problemi in senso scientifico: problemi essenziali, grandi, universali, eproblemi inessenziali, quasi accidentali. E, all’opposto, secondo la nostra concezione non esistonograndi problemi, essenziali, nel senso della scienza”. Cfr. Ludwig Wittgenstein. Libro blu e libromarrone. Torino: Einaudi, 1999, p. 163: “Gli esempi non erano descrizioni d’un esterno intese afarci intuire un interno che, per qualche ragione, non ci potesse essere immediatamente mostratonella sua nudita. Ci viene da pensare che i nostri esempi siano mezzi indiretti per produrreuna certa immagine o idea nella mente d’una persona, - che essi accennino a qualcosa che nonpossiamo mostrare. [. . . ]. Il nostro metodo e puramente descrittivo; le descrizioni che noi diamonon sono accenni di spiegazioni”.

21L’Eutifrone di Platone, cui rimando, e un ottimo esempio di quanto detto (Platone. Eutifrone.Milano: Rusconi, 1998).

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Linguaggi, possibilita e concetti 137

dell’alunno, d’un esempio di una definizione esatta, analoga alla prima, della parola�conoscenza�. Posto cosı il problema, sembra esservi qualcosa di errato nell’usocomune della parola �conoscenza�. Sembra che noi ignoriamo che cosa essasignifichi, e che, quindi, forse non abbiamo il diritto di usarla. Noi risponderemmo:�Non v’e un unico uso esatto della parola ‘conoscenza’; ma noi possiamo istituirepiu usi, che concorderanno piu o meno con i modi dei quali la parola ‘conoscenza’ eeffettivamente usata�22”.

Attraverso una definizione non si fa altro che delimitare uno spazio chiusoall’interno del quale sarebbe ravvisabile l’essenza di qualcosa. A quanto detto sinqui soggiace un’indiscussa immagine filosofica alla quale Wittgenstein si opponedirettamente. Tale immagine e proprio quella che prevede il tracciamento di “confinifissi”, allorche si voglia comprendere e/o spiegare qualcosa.

“L’idea, che, per comprendere il significato d’un termine generale, si debbatrovare l’elemento comune a tutte le sue applicazioni, ha paralizzato la ricercafilosofica: non solo non ha portato alcun risultato, ma ha anche indotto il filosofo arespingere, come irrilevanti, i casi concreti, l’unica cosa che avrebbe potuto aiutarloa comprendere l’uso del termine generale23”.

Nei termini del capitolo precedente, Wittgenstein si oppone sia al vincolocontenutistico sia a quello formale. Egli e contrario ad attribuire una razionalita adun universo di discorso senza stabilirne la liceita e senza inserirla in una pluralita diprospettive. In particolare, come risulta da alcuni dei principali testi del cosiddettosecondo periodo, egli si accorge che non di tutto si puo chiedere “che cos’e?”, e chequesta domanda, tutt’altro che ingenua e neutrale, come del resto tutte le domande,predetermina la risposta, impone dei presupposti che dirigono l’intendere. Ladetta domanda, per esempio, implica che il suo ‘oggetto’ sia qualcosa di definibileprecisamente, qualcosa di cui si possano stabilire perfettamente i contorni, ma nona tutto e non in tutte le circostanze, e lecito un simile approccio.

�Molto spesso la discussione di tale aporia si svolge cosı. Prima si pone ladomanda: �Che cos’e il tempo?�. Questa domanda fa credere che quel che noicerchiamo sia una definizione. Erroneamente noi pensiamo che una definizione siacio che eliminera la difficolta24�.

Wittgenstein muove questa stessa critica contro l’abuso della spiegazione causale;cio mostra bene come egli si rivolga ad ogni orientamento epistemologico che vogliapresentarsi come il fondamentale, che pretenda di dire comunque l’ultima parolanella conoscenza di qualcosa, e che, in questo senso, intenda, in ultima analisi,imporre una razionalita in grado di esaurire e risolvere completamente in se ognitipo di conoscenza, invece di presentarsi come uno strumento tra gli altri.

22Cfr. Wittgenstein, op. cit., p. 39. Cfr. ibid., p. 5: “Le domande: �Che cos’e la lunghezza?�,�Che cos’e il significato?�, �Che cos’e il numero uno?�etc., producono in noi un crampo mentale.Noi sentiamo che non possiamo indicare qualcosa in risposta ad esse, eppure dobbiamo indicarequalcosa. (Ci troviamo di fronte ad una delle grandi fonti di disorientamento filosofico: noicerchiamo una sostanza [�substance�] in corrispondenza ad un sostantivo [�substantive�]; unsostantivo ci induce a trovare qualcosa corrispondente ad esso.)”

23Cfr. ibid., p. 30.24Cfr. ibid., p. 39.

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138 Linguaggi, possibilita e concetti

�La seduzione che esercita la prospettiva causale sta nel fatto che essa porta adire: ‘E ovvio - cosı doveva succedere’. Mentre si dovrebbe pensare: puo essereandata cosı, oppure in molti altri modi25�.

Nelle Osservazioni sui colori, Wittgenstein, contrapponendosi ad ogni tipo di cri-stallizzazione delle possibilita del vedere, afferma a piu riprese che �la fenomenologianon c’e. Pero ci sono problemi fenomenologici26�.

Per sgomberare la ricerca filosofica dalla problematica dell’essenza, al fine dipoter pensare una pluralita di prospettive, Wittgenstein sostiene che il ruolo chela filosofia deve svolgere e terapeutico. Il punto e che �Una delle cause principalidella malattia filosofica - una dieta unilaterale: nutriamo il nostro pensiero con unsolo tipo di esempi27�.

Wittgenstein cerca di superare l’atteggiamento filosofico proprio del concettochiuso, o piu in generale l’atteggiamento filosofico per cui un metodo e inteso comel’imposizione di una razionalita, assegnando, dunque, alla filosofia una funzioneterapeutica. Compito della filosofia e chiarire il linguaggio; esso, infatti, mancadi perspicuita in quanto, appunto, “nutriamo la nostra mente con un solo tipo diesempi”.

�Non c’e un metodo della filosofia, ma ci sono metodi; per cosı dire, differentiterapie28�.

La “presentazione perspicua29” e il fine cui deve tendere il lavoro del filosofo,vale a dire esso deve raggiungere una presentazione dell’uso del linguaggio tale daripulirlo dalla mitologia in esso presente. Un esempio puo esser fornito dall’idea ditogliere dall’interpretazione del linguaggio categorie di tipo causalistico30, laddovesiano indebitamente traslate dal campo dei processi fisici e meccanici, alla sfera delsimbolismo linguistico, e piu in generale filosofico.

E importante sottolineare, a mio giudizio, come la polemica di Wittgensteinnon sia rivolta contro il concetto chiuso in senso stretto o contro il fatto chesi possano delimitare degli spazi chiusi di pensabilita, ma contro la pretesa cheesso sia l’unico modo di giungere alla verita, ammesso e non concesso che ve nesia una. Per esprimermi nei termini usati nei paragrafi precedenti, ribadisco cheWittgenstein si rivolge contro ogni metodo pensato come l’imposizione di unarazionalita, come una serie di passi predeterminati da seguire meccanicamente perraggiungere un obiettivo, come se fosse disponibile, o raggiungibile, un metodo o unlinguaggio aproblematici. A questo proposito, Wittgenstein usa immagini davveroilluminanti: �Il linguaggio ha pronte per tutti le stesse trappole: la straordinariarete di strade sbagliate ben tenute //praticabili//. Cosı vediamo una persona dopo

25Cfr. Ludwig Wittgenstein. Pensieri diversi. Adelphi: Milano, 2001, p. 77.26Cfr. Ludwig Wittgenstein. Osservazioni sui colori. Torino: Einaudi, 1981, I, § 53.27Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 593.28Cfr. ibid., § 133.29Traduco in questo modo “ubersichtliche Darstellung”, mentre con “Vorstellung” intendo

“rappresentazione”.30Cfr. Wittgenstein, Libro blu e libro marrone, p. 203: tramite il processo di astrazione dalla

cosa proprio del “che cosa”, “abbiamo la sensazione di poter dare ad un’esperienza un nome senzacontemporaneamente impegnarci sul suo uso, e anzi senza alcuna intenzione d’usarlo”.

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Linguaggi, possibilita e concetti 139

l’altra percorrere le stesse strade e gia sappiamo dove uno girera, dove proseguiradritto senza notare la deviazione, ecc.,ecc..31�.

Applicando questa citazione al tema del presente lavoro, si comprende la perico-losita filosofica, oltre che etica, di pensare un metodo, o intenderlo surrettiziamente,come un modo di imporre una razionalita, e come sia necessario rivolgersi ad unapluralita di prospettive.

In precedenza ho mostrato, a questo proposito, il modo in cui e stato trattatoil problema non-lineare dei tre corpi fino a Poincare, proprio a causa di assuntimetodologici ed ontologici sulla natura e sulla sua conoscibilita, che conducono,anch’essi, alla necessita di una ‘ubersichtliche Darstellung. La non-linearita non puoimporsi all’attenzione degli scienziati, neanche subito dopo Poincare, a causa di undeterminato rapporto tra matematica e natura. Per Wittgenstein ci troveremmodi fronte ad una situazione la cui analisi farebbe emergere confusioni grammaticali.

Il chiarimento di tali confusioni, pero, non implica che la filosofia modifichila scienza o la natura. Questo e un punto molto controverso del pensiero diWittgenstein, pertanto, prima di approfondire ulteriormente a cosa da luogo lafilosofia come terapia e al fine di evitare fraintendimenti, e necessario chiarire ilrapporto tra filosofia e scienza. In questo senso, l’esempio proposto ed il rimando aitemi scientifici sviluppati nei capitoli precedenti, non possono far altro che agevolareil lavoro.

E utile iniziare con un paio di passi delle Ricerche filosofiche:

“La filosofia non puo in nessun modo intaccare l’uso effettivo del linguaggio;puo, in definitiva, soltanto descriverlo.

Non puo nemmeno fondarlo.

Lascia tutto com’e.

Lascia anche la matematica com’e, e nessuna scoperta matematica puo farlaprogredire32”.

“Non e affare della filosofia risolvere la contraddizione per mezzo di una scopertamatematica o logico-matematica; essa deve invece rendere perspicuo lo stato dellamatematica che c’inquieta, lo stato della matematica prima della soluzione dellacontraddizione. (E con cio non si esclude la difficolta.) Il fatto fondamentale, qui, eche noi fissiamo certe regole, una tecnica per un giuoco, e poi, quando seguiamoregole, le cose non vanno come avevamo supposto. Che dunque c’impigliamo, percosı dire, nelle nostre stesse regole.

Questo impigliarsi nelle nostre regole e appunto cio che vogliamo comprendere,cioe, cio di cui vogliamo ottenere una visione chiara. [. . . ]. Lo stato civile dellacontraddizione, o il suo stato nel mondo civile: questo e il problema filosofico33”.

Da questi passi si evince che la filosofia non puo nulla sulla scienza. Essa,infatti, “lascia tutto com’e”. Questo, pero, non deve far pensare che il “com’e” sia

31Cfr. idem, The big typescript , p. 422.32Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 124. Considerazioni di questo tipo si trovano in molte altre

opere del filosofo austriaco, cfr. Ludwig Wittgenstein. Lezioni sui fondamenti della matematica.Torino: Bollati Boringhieri, 2002.

33Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 125.

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140 Linguaggi, possibilita e concetti

qualcosa di dato in modo chiaro e distinto34. Al contrario la perspicuita di ognisingolo linguaggio e la cosa meno data di tutte. Qui s’inserisce proprio il tema dellafilosofia come terapia. Seguendo ed approfondendo l’esempio fisico appena propostoe possibile dissolvere ogni dubbio. Il filosofo non e colui che puo dimostrare unteorema per cui ogni tipo di equazione differenziale risulti solubile, ma, dati unaserie di crampi mentali e problemi in cui e incappata l’analisi algebrica, il filosofopuo giungere in generale ad una presentazione perspicua dei problemi matematicinel linguaggio in cui sorgono, in modo tale che uno scienziato possa avere chiaredavanti a se35 delle direzioni in cui agire, proprio in base ad una chiarificazione deilimiti del linguaggio in cui egli si muove. Per quanto riguarda l’uso delle equazionidifferenziali nell’analisi algebrica, un filosofo puo, per esempio, mettere in evidenzache, nonostante si ritenga che matematica e natura coincidano, i conti non tornano,e quindi egli puo mettere in discussione la detta coincidenza. Egli puo chiarire l’usoe la sovrapposizione di matematica e natura individuando possibilita e limiti ditali nozioni, chiarendo se si tratti di un uso o di un abuso. Il filosofo, cosı facendo,propone un nuovo gioco per chiarire i limiti e le possibilita di quello precedente.

In base a cio lo scienziato prova a dimostrare se il problema e risolvibilenello spazio di pensabilita dell’analisi algebrica. Prendendo in considerazione ilnuovo gioco, compito dello scienziato sara dimostrare la solubilita delle equazionidifferenziali esclusivamente attraverso strumenti matematici36. Il caso storico dellamancata dimostrazione di tutto cio mostra la necessita di aprire un nuovo spaziodi pensabilita, in quanto bisogna poter pensare la non coincidenza di matematicae natura o, per non volare troppo in alto, la non coincidenza di determinismoe prevedibilita. Di qui, in questo caso specifico, il problema posto al filosofo echiarire il corto circuito tra “determinismo” e “prevedibilita”. A questo proposito,Wittgenstein e illuminante quando, all’inizio delle sue Lezioni sui fondamenti dellamatematica, afferma: �Mi limitero a produrre altro fumo per mandar via quellovecchio37�.

Nelle Ricerche filosofiche, Wittgenstein dedica un paragrafo al chiarimento deirisultati della filosofia. �I risultati della filosofia sono la scoperta di un qualcheschietto non-senso e di bernoccoli che l’intelletto si e fatto cozzando contro ilimiti del linguaggio. Essi, i bernoccoli, ci fanno comprendere il valore di quellascoperta38�.

34Se cio che e dato e la forma di vita (cfr. ibid., p. 295), non per questo si e di fronte adun’ontologia fissa da cui partire per fondare teorie di qualsiasi tipo. In questo senso, cio chee dato e certamente la forma di vita, ma nel senso di pratiche da chiarire. Su questo punto sivedano le critiche di Wittgenstein a Russel.

35Cfr. ibid., § 126: “La filosofia si limita, appunto, a metterci tutto davanti, e non spiega e nondeduce nulla. - Poiche tutto e lı in mostra, non neanche nulla da spiegare”.

36L’analisi classica nasce, in parte, anche dall’esigenza di fare ordine e chiarezza nel calcolo,evitando le indebite intromissioni fisiche tipiche dell’approccio algebrico al calcolo. In questadirezione, a mio parere, possono essere pensati l’urgenza e l’insorgere di teoremi di esistenza edunicita di soluzioni. Questi teoremi s’inscrivono nel gioco dell’analisi classica e lo strutturano.Essa fa comunque riferimento a questioni filosofiche nuove rispetto alle precedenti.

37Cfr. Wittgenstein, Lezioni sui fondamenti della matematica, p. 16.38Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 119.

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Linguaggi, possibilita e concetti 141

La differenza principale tra l’attivita del filosofo e quella dello scienziato, rispettoad un problema scientifico e la seguente. Se, dunque, il filosofo “scopre”, rendemanifesto, lo scienziato “inventa”. �Si parla a volte di scoperte matematiche.Tornero piu volte su questo tema e cerchero di far vedere che sarebbe molto meglioparlare d’invenzioni matematiche39�.

Tutto cio vale nel momento in cui bisogna risolvere un problema come quelloproposto. La filosofia, infatti, in questo contesto, sta “prima” della matematica.La filosofia, pero, per raggiungere la presentazione perspicua di un gioco, per“scoprire” bernoccoli, produce altri giochi40. La “produzione” filosofica si comprendericordando che per Wittgenstein i giochi linguistici sono termini di paragone e nonqualcosa di fisso in cui si deve costringere la realta.

“I nostri chiari e semplici giochi linguistici non sono studi preparatori per unafutura regolamentazione del linguaggio, - non sono, per cosı dire, prime appros-simazioni nelle quali non si tiene conto dell’attrito e della resistenza dell’aria. Igiochi linguistici sono piuttosto termini di paragone, intesi a gettar luce, attraversosomiglianze e dissimiglianze, sullo stato del nostro linguaggio41”. “Soltanto cosı,infatti, possiamo evitare l’illegittimita o la vacuita delle nostre asserzioni: prendendoil modello per cio che e: termine di paragone, - si potrebbe dire per un regolo - nonidea preconcetta, cui la realta debba corrispondere. (Il dogmatismo in cui si cadecosı facilmente facendo filosofia)42”.

A partire da problemi effettivi difficilmente risolvibili, la filosofia puo variarele somiglianze di famiglia in modo da modificare uno spazio di pensabilita cherisulta troppo angusto. Per comprendere l’enorme portata di una tale produzionee necessario comprendere in che modo dev’essere inteso il gioco linguistico. Prima,pero, e necessario approfondire meglio la terapia filosofica, sulla scorta di quantodetto.

L’esempio fisico proposto pone, in questo senso, un problema davvero interes-sante. La questione generale e la seguente: in che modo si puo giungere a qualcosacome la “non-linearita” se non ne esiste la grammatica? Ammesso che il linguaggioed il suo uso siano qualcosa che precede l’uomo ed in cui e addestrato, sembrerebbeimpossibile trovare una via di fuga.

La risposta di Wittgenstein si basa, a mio modo di vedere, proprio sulla suadissoluzione del concetto classico di linguaggio, inteso come un tutto monolitico edaproblematico.

Nei prossimi paragrafi mi soffermero su questo stimolante aspetto, per ora enecessario introdurre preliminarmente altri strumenti del pensiero di Wittgenstein,che vanno comunque in questa direzione. Una via d’uscita puo essere indicatapuntando l’attenzione sull’importanza della funzione terapeutica della filosofia.

“/Gli uomini sono profondamente irretiti nelle confusioni filosofiche, cioe gram-maticali. E liberarli presuppone che li si strappi alla straordinaria molteplicita

39Cfr. idem, Lezioni sui fondamenti della matematica, p. 24.40Per comprendere un gioco bisogna produrre altri e/o confrontarlo con altri giochi prodotti o

gia disponibili.41Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 130.42Cfr. ibid., § 131.

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142 Linguaggi, possibilita e concetti

di vincoli nei quali sono incappati. Si deve, per cosı dire, riordinare l’intero lorolinguaggio. - Ma questo linguaggio si e formato //e divenuto// cosı perche gli uominiavevano - e hanno - la tendenza a pensare cosı. Per questo motivo, lo sradicamentofunziona solo con coloro che vivono in una istintiva rivolta contro //insoddisfazionenei confronti del// il linguaggio43”.

Un’adeguata terapia filosofica non deve far altro che chiarire l’uso effettivo delleparole, mostrandone nello stesso tempo l’adeguatezza per un determinato scopo,tenendo fermo che ogni metodo, ogni modo di porre domande puo essere valido enon deve essere aprioristicamente messo al bando. E necessario insistere ancora suquesto punto. La filosofia, in qualita di terapia, ha il compito di svincolare l’uomoda immagini che costringono a pensare in un modo, anche e soprattutto laddovequeste non siano radicate in una forma di vita.

“Il nostro linguaggio descrive anzitutto un’immagine. Cio che si deve faredell’immagine, come applicarla, resta oscuro. Ma e chiaro che e questo che si deveindagare, se si vuole comprendere il senso delle nostre asserzioni. Ma l’immaginesembra dispensarci da questo lavoro; essa indica gia un’applicazione (completamente)determinata. In questo modo l’immagine s’impadronisce di noi44”.

Il fatto di esser prigionieri di un’immagine che “impedisce di comprenderel’effettivo uso e funzionamento del linguaggio45” ha due risvolti.

Da un lato si e portati a pensare che la cosa sia “vera” nel senso da cui si daattraverso l’immagine ed in essa; dall’altro, la stessa immagine, nella sua fissita, nelsuo essere atemporalmente staccata da una pratica che in realta si evolve, si offrecome strumento sostanziale e generale per guardare il mondo. Ecco, dunque, cheattraverso l’approfondimento del linguaggio o meglio delle relazioni e dei rapportiche lo costituiscono e possibile giungere ad una presentazione perspicua.

L’approfondimento del linguaggio conduce ad una messa in discussione deivincoli per i quali esistono relazioni semantiche ossificate ormai astratte dal tessutovivente. Questo vuol dire varie cose. Svincolarsi da un modo di vedere e/o pensarevuol dire, innanzitutto, riconoscerne la parzialita e la coerenza che lo legittima ecostituisce, in quanto basato su una pratica di vita, in quanto fa parte di un mododi abitare il mondo.

La presentazione perspicua permette, nei termini del capitolo precedente, divedere i limiti dello spazio di pensabilita che si radicano nell’uso di una parolao di un concetto. Cosı si chiariscono anche le possibilita aperte nella dinamicitachiusa che un concetto, di cui sono stati tracciati i confini, puo fornire. In questosenso, affrontando un problema in un determinato contesto, e possibile porre nuoverelazioni e nuovi rapporti, far comunicare parti del linguaggio o giochi che non eranomai state accostate. cio vuol dire che il linguaggio non e qualcosa che sta primao al di fuori del mondo che cerca di descrivere. Questi aspetti conducono ad una

43Cfr. idem, The big typescript , p. 422.44Cfr. Ludwig Wittgenstein. Ultimi scritti. La filosofia della psicologia. Roma-Bari: Laterza,

2004, § 392.45Cfr. il commento di Gargani a questo passo nell’introduzione all’edizione italiana di Cfr. ibid.,

p. xx.

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Linguaggi, possibilita e concetti 143

possibilita di aprire spazi di pensabilita diversi, proprio in quanto possono emergereproblemi difficilmente pensabili dall’interno dell’effettiva dinamicita chiusa che unlinguaggio, o meglio un gioco linguistico, puo irrimediabilmente offrire.

Il dissodamento46 del linguaggio deve tendere ad eliminare ogni tipo di coazione,ed indicare una direzione verso una molteplicita di prospettive, non astratte, maradicate in esigenze ed in problemi reali ai quali si fa fatica a rispondere nei confinidi pensabilita gia date e che, per tale ragione, pongono spesso il problema di pensarenuove relazioni e nuovi rapporti, che sempre ed in parte veicolano47 implicitamente.

In questa direzione, oltrepassando il vincolo formale, Wittgenstein afferma che�molte parole non hanno un significato rigoroso. Ma questo non e un difetto.Pensare che cio sia un difetto sarebbe come dire che la luce della mia lampada nonsia una luce vera e propria poiche non ha un confine netto48�.

Come mostra la citazione, non si tratta di rigettare completamente un mododi pensare, quanto piu di non assolutizzarlo; la luce della lampada resta una lucevera e propria, nonostante non siano tracciabili confini netti in cui delimitarla.Quello della luce della lampada e un buon esempio per mostrare la necessita di unmetodo diverso da quello definitorio, in quanto quest’ultimo si mostra carente incerti ambiti.

Quello che propone Wittgenstein e un radicale cambio di prospettiva, senzaper questo dover rigettare alcuno strumento conoscitivo. Quest’ultimo puntoe particolarmente importante, a mio giudizio, perche, come sottolinea lo stessoWittgenstein, non si tratta tanto di una questione dell’intelletto quanto piu divolonta49, di atteggiamento filosofico, del modo di guardare le cose.

A questo punto si aprirebbero molte questioni importanti del pensiero diWittgenstein, e non solo, tuttavia, per gli scopi del presente lavoro mi pare piuinteressante approfondire e caratterizzare meglio la pluralita che Wittgensteinoppone alla prospettiva essenzialistica e/o fondazionalistica. E il caso di riproporreil passo delle Ricerche filosofiche citato alla fine del capitolo precedente: �Questamolteplicita non e qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte; ma nuovi tipi dilinguaggio, nuovi giochi linguistici, come potremmo dire, sorgono e altri invecchianoe vengono dimenticati50�.

A questo passo si puo affiancare il seguente: �Tutto cio che la filosofia puofare e distruggere idoli. E questo significa non crearne di nuovi - ad esempio,nell’�assenza di un idolo�51�.

Quanto detto rappresenta, dunque, il primo passo per poter guardare il mondoe il linguaggio sapendo che questa attivita avviene sempre da una particolareprospettiva. Da tale prospettiva, si iniziano a scorgere quegli elementi per cui il

46Cfr. idem, The big typescript , p. 429.47Di nuovo, il problema dei tre corpi, cosı come tutta la discussione fatta intorno ad esso, vanno

proprio in questa direzione. Si veda il passo gia citato: idem, Pensieri diversi , p. 77.48Cfr. idem, Libro blu e libro marrone, p. 40.49Cfr. idem, The big typescript , pp. 407-408.50Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 23.51Cfr. idem, The big typescript , p. 413.

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144 Linguaggi, possibilita e concetti

concetto chiuso puo svincolarsi dall’essere pensato come il fine e la fine della ricercafilosofico-scientifica, come cio che e in grado di risolvere in se la conoscenza.

Una tale molteplicita puo tuttavia apparire come un qualcosa di totalmenteastratto, come qualcosa che sta dietro e che fonda ogni determinato concetto chiuso.L’ultima citazione ammonisce proprio dal sostituire l’assolutizzazione positiva di unfondamento (Grund) con l’assolutizzazione negativa di una mancanza di fondamento(Ab-Grund). Finora, infatti, si e rivendicata una necessita filosofica, e soprattuttometodologica, che, pero, e necessario articolare. Per portare a termine questocompito, non solo attraverso il pensiero di Wittgenstein, e necessario soffermarsisulle “somiglianze di famiglie” e su quei punti in cui il filosofo austriaco si soffermasul tema del tracciare confini concettuali. In questo modo e possibile aprire unastrada per concretizzare molteplicita cui sono giunto.

5.3 Somiglianze e confini

Nei paragrafi precedenti ho posto in luce come la messa in discussione del concettocome spazio chiuso dell’essenza sia un’esigenza profonda di Wittgenstein; il passosuccessivo e chiarire in che direzione vanno le idee innovative del pensatore austriaco,riguardo il tema in questione.

All’immagine del “concetto”, pensato come uno spazio chiuso da confini rigidi,Wittgenstein sostituisce l’immagine delle “somiglianze di famiglia52”. Il suo intentoe di andare oltre i limiti della classica immagine spaziale del concetto in generale53.

Per fare questo, Wittgenstein deve scontrarsi, prima di tutto, con un atteg-giamento filosofico, per il quale definire il concetto di qualcosa vuol dire cercaree trovare uno o piu tratti comuni che costituiscono l’essenza del cercato54, oche comunque tali da delimitare un insieme che possa valere universalmente eatemporalmente.

“Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo �giochi�. Intendo giochida scacchiera, giochi di carte, giochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Checosa e comune a tutti questi giochi? - Non dire: �Deve esserci qualcosa di comunea tutti, altrimenti non si chiamerebbero ‘giochi’� - ma guarda se ci sia qualcosadi comune a tutti. - Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa chesia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta unaserie. Come ho detto: non pensare, ma osserva! - Osserva, ad esempio, i giochi da

52Gia in ibid., 67 sgg e in Ludwig Wittgenstein. Osservazioni filosofiche. Torino: Einaudi,1999, 65 sgg, Wittgenstein inizia a porre la questione se i concetti siano qualcosa di “sfumato”.Ovviamente ancora non siamo giunti al paragrafo 71 delle Ricerche filosofiche, tuttavia, questiaccenni sembrano muovere in questa direzione.

53Si tenga ben presente che andare oltre qualcosa vuol dire, nell’economia del nostro discorso,cercare nuove possibilita, nuovi punti prospettici da affiancare a quelli esistenti, senza, dunque,rinnegarli.

54Decontestualizzando un passo del Big typescript, senza per questo stravolgerne il senso, si puoapplicare la seguente citazione a quanto stiamo sostenendo: Cfr. Wittgenstein, The big typescript ,p. 407: “Come ho detto sovente, la filosofia non mi porta a nessuna rinuncia, perche non mi vietodi dire qualcosa, bensı abbandono una certa combinazione di parole come priva di senso. Ma in unaltro senso la filosofia esige una rinuncia , pero una rinuncia del sentimento, non dell’intelletto”.

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scacchiera, con le loro molteplici affinita. Ora passa ai giochi di carte: qui trovimolte corrispondenze con quelli della prima classe, ma molti tratti comuni sonoscomparsi, altri ne sono subentrati. Se ora passiamo ai giochi di palla, qualcosadi comune si e conservato, ma molto e andato perduto. Sono tutti ‘divertenti ’?Confronta il giuoco degli scacchi con quello della tria. Oppure c’e dappertutto unperdere e un vincere, o una competizione fra i giocatori? Pensa allora ai solitari. Neigiochi con la palla c’e vincere e perdere; ma quando un bambino getta la palla controun muro e la riacchiappa, questa caratteristica e sparita. Considera quale parteabbiano abilita e fortuna. E quanto sia differente l’abilita negli scacchi da quella neltennis. Pensa ora ai girotondi: qui c’e l’elemento del divertimento, ma quanti deglialtri tratti caratteristici sono scomparsi cosı possiamo passare in rassegna molti altrigruppi di giochi. Veder somiglianze emergere e sparire.

E il risultato di questo esame suona: Vediamo una rete complicata di somiglianzeche si sovrappongono a si incrociano a vicenda. Somiglianze in grande e in piccolo55”.

Wittgenstein intende affermare che �una gran quantita di sentieri a noi familiarisi dipartono da questa parola e conducono in tutte le direzioni56�.

A seconda dell’uso e del contesto particolare nel quale vengono usate una opiu parole, esse presentano diverse sfumature di significato che possono condurreall’impossibilita di definire in modo univoco la parola in questione.

Proprio qui sta il punto: attraverso la critica del detto atteggiamento filosoficoWittgenstein riesce, in parte, ad aprire un nuovo spazio all’interno del quale pensarenuovamente la possibilita e la nozione di “concetto”.

Nella contrapposizione tra “concetti chiusi” a “concetti aperti”, tuttavia, siperde il lato costruttivo, operativo, che l’edificazione di un concetto ha, ad esempio,in Wittgenstein, e che, come sta emergendo, non va verso una loro netta opposizione.Infatti, la sua critica non si rivolge al fatto che possano essere rigidamente delimitatidei concetti, ma contro il fatto che si debba agire comunque e sempre in questomodo57. Per questo motivo mi pare fondamentale insistere sul fatto che la criticadi Wittgenstein del concetto chiuso abbia come ultimo obiettivo la rivalutazione ela rilettura della possibilita.

Nella sua prospettiva, non si tratta di riconoscere linee di confine preesistentiche delimitano un concetto, ma di costruire, di tracciare linee, e cosı lasciareaperte delle zone, al limite, impossibili da circoscrivere58, zone alle quali non si puoimporre astrattamente una razionalita tale da predeterminare completamente edatemporalmente lo spettro dei possibili usi di un concetto.

Le cose non stanno necessariamente cosı. E vero che posso imporre rigidi confinial concetto di ‘numero’, posso cioe usare la parola �numero� per designare unconcetto rigidamente delimitato; ma posso anche usarla in modo che l’estensione

55Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 66.56Cfr. ibid., § 525.57Cfr. Ludwig Wittgenstein. Causa ed effetto, seguito da Lezioni sulla liberta del volere. Torino:

Einaudi, 2006, p. 12: “(Non sarebbe del tutto insensato dire che la filosofia e la grammatica delleparole ‘dovere’ e ‘potere’, poiche cosı essa mostra che cos’e a priori e cosa a posteriori)”.

58Naturalmente questi sono esempi limite, al loro interno c’e una molteplicita di casi edapplicazioni intermedie.

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146 Linguaggi, possibilita e concetti

del concetto non sia racchiusa da alcun confine. E proprio cosı usiamo la parola�giuoco�59”.

Wittgenstein stesso insiste spesso sul fatto che quanto da lui affermato si muovenella direzione della possibilita.

Nelle Ricerche filosofiche Wittgenstein si esprime cosı: �Innumerevoli tipidifferenti d’impiego di tutto cio che chiamiamo �segni�, �parole�, �proposizioni�.E questa molteplicita non e qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte60�.

Le somiglianze di famiglia sono elementi attraverso i quali le parole si mostranocollegate in una pluralita di reti semantiche, le quali strutturano una molteplicita digiochi linguistici. Ogni gioco, pur essendo un gioco, non identifica un unico61 trattocomune fondamentale, ma mette in primo piano una o piu somiglianze lasciandonesullo sfondo o non considerandone altre che, comunque, non costituiscono in manieraqualitativamente62 differente il concetto di qualcosa.

�Pensa agli strumenti che si trovano in una cassetta di utensili: c’e un martello,una tenaglia, una sega, un cacciavite, un metro un pentolino per la colla, la colla,chiodi e viti. - Quanto differenti sono le funzioni di questi oggetti, tanto differentisono le funzioni delle parole63�.

Il punto centrale del discorso e che non e una necessita logica, o di altro genere,a permetterci di tracciare una linea in un luogo piuttosto che in un altro, perche,rifiutando ogni illusione dovuta alla pretesa della possibilita di un approccio “puro”o di una conoscenza “pura” di un qualsiasi significato, ci si trova situati in uncontesto, dal quale, e solo dal quale e possibile porre domande64, o cogliere nuoverelazioni tra gli oggetti65.

In questa direzione, i concetti non sono pensati solo come il punto di partenzao il punto di arrivo della conoscenza, poiche legare delle somiglianze di famigliavuol dire, prima di tutto, aprire un nuovo spazio di possibilita e riconoscerlo cometale, senza per questo identificarne necessariamente tutti i suoi aspetti. Ognuno diessi va, infatti, costruito in quanto prossimo ad un modo di abitare il mondo. Ciomostra il fatto che un insieme di determinate possibilita sono tali a partire da unaforma di vita, ma non per questo sono in grado di risolverla. In questo senso, laforma di vita e qualcosa che legittima e, nello stesso tempo, eccede il tracciamentodi un confine concettuale. Non e, infatti, detto che all’interno di un confine, cheindividua un’identita, siano pensabili tutti i giochi possibili. Un esempio di quantosto dicendo e dato dal gia citato paragrafo 66 delle Ricerche filosofiche. Il “concetto”

59Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 68.60Cfr. ibid., § 23.61Ovviamente lo stesso vale nel caso di una serie unica di tratti.62Con questo avverbio mi riferisco al fatto che privilegiare delle somiglianze rispetto ad altre

non implica che si possa giungere nelle conoscenze a distinzioni come quella tra conoscenza deielementi essenziali ed accidentali.

63Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 11.64Le forme di vita sono il nostro stesso poter domandare.65Il “perche” ed il “come”, che determinano delle scelte, fanno emergere lo sfondo etico proprio

del tracciare linee di confine. Nonostante cio, in questo lavoro, per ovvie ragioni terro da parte lequestioni etiche per rimanere sul terreno dello spazio del concetto.

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Linguaggi, possibilita e concetti 147

di gioco si trova implicato in situazioni cosı diverse, che non e possibile chiudere ilsuo spazio attraverso l’individuazione di un solo tratto comune a “tutti” i giochipresi in questione, e che sia qualitativamente differente dagli altri possibili.

“. . . ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie. Come hodetto: non pensare, ma osserva! - Osserva, ad esempio, i giochi da scacchiera, con leloro molteplici affinita. Ora passa ai giochi di carte: qui trovi molte corrispondenzecon quelli della prima classe, ma molti tratti comuni sono scomparsi, altri ne sonosubentrati66”.

Il concetto e sempre contestuale all’individuazione di somiglianze, per questoesso non si erge mai oltre e/o al di sopra del reale con la presunzione di fondarlo,ma rimane collegato strettamente al contesto d’uso che lo caratterizza, e si evolvecon esso67.

Il concetto di qualcosa e pertanto uno strumento che, di volta in volta, permettedi cogliere delle differenze. Il tratto comune con cui lo si dovrebbe identificare vienecontestualizzato rompendo il vincolo contenutistico, e messo in discussione in quantotale, rompendo il vincolo formale, unica via per ripensare la possibilita. A partiredalle stesse condizioni iniziali, infatti, non bisogna presupporre indebitamente diottenere gli stessi esiti, presupponendo un nesso di qualsiasi tipo che vincoli lapossibilita ad un determinato spettro. �Ma qui dobbiamo guardarci dal credereche, corrispondentemente alla natura del caso, esista una totalita di tutte lecondizioni (per esempio, del camminare) cosı che quando tutte queste condizionisiano soddisfatte egli, per cosı dire, non possa far altro che camminare68�.

Che la forma di vita ecceda il tracciamento di un confine, non significa solo chesono disponibili altre possibilita, ma anche che, rispetto a qualcosa di specifico,confini diversi sono contemporaneamente presenti, proprio perche, nello stessotempo, davanti ad una stessa situazione, non c’e alcun tipo di necessita assolutache costringa a costruire un concetto in un modo piuttosto che in un altro.

Se si focalizza l’attenzione sui confini di un gioco o di una parola, oltre azone aperte, notiamo che oltre che pensare i confini come linee, potremmo (e non“dovremmo”) pensare a “zone di confine” nelle quali non c’e una chiara distinzionetra il dentro e il fuori, nelle quali vige piu di una giurisdizione69.

Molte zone di confine di un gioco si sovrappongono a quelle di un altro gioco,ma escludono somiglianze che il primo gioco puo avere con un terzo preso inconsiderazione, e cosı via.

�Confronta il giuoco degli scacchi con quello della tria. Oppure c’e dappertuttoun perdere e un vincere, o una competizione fra i giocatori? Pensa allora ai solitari.Nei giochi con la palla c’e vincere e perdere; ma quando un bambino getta la pallacontro un muro e la riacchiappa, questa caratteristica e sparita70�.

66Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 66.67Da questa prospettiva, la Darstellung di Wittgenstein si oppone al significato che “Vorstellung”

ha assunto nella filosofia moderna, soprattutto a partire da Kant.68Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 183.69Un buon esempio e proprio la gia proposta immagine wittgensteiniana della lampada.70Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 66.

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148 Linguaggi, possibilita e concetti

Quelle che ho chiamato “zone di confine” sono un esempio di come Wittgensteincerchi di salvaguardare uno spazio logico alla possibilita; al loro interno, infatti, sipossono compiere azioni che deformano lo spazio di pensabilita dandogli una nuovadirezione ed una nuova configurazione, in base proprio alla messa in relazione disomiglianze diverse.

Questo discorso vale anche nel momento in cui si pone attenzione a quelle zonedi confine nelle quali non vige alcuna giurisdizione, nelle quali l’intersezione tradue o piu giochi produce un insieme vuoto. Innanzitutto, avere a disposizione unasimile caratterizzazione vuol dire poterlo pensare come un problema. In secondoluogo, si tratta di conquistare nuove prospettive che consistono nel far emergere onel costruire o nell’avvicinare diverse e/o nuove relazioni o rapporti, ad esempioattraverso il cambio della risoluzione con la quale e affrontato un problema71.

In questo caso si tratta di far interagire giochi o elementi di giochi che non sonomai stati posti in relazione. In tal senso, rimane valida, a mio modo di vedere, lapossibilita di modificare i confini o di introdurne di nuovi, laddove se ne riscontri lanecessita effettiva, e cioe radicata in problemi concreti, per i quali una tale ineditainterazione puo essere una soluzione.

In questa prospettiva, non e neanche detto che i confini debbano avere unadimensione intera, in quanto essa puo essere benissimo frazionaria o, ancora,variare a seconda del modo in cui si considera un problema. Fuor di metafora,l’approfondimento e la chiarificazione, anche attraverso il confronto, di possibilita elimiti di un concetto possono rivelare elementi (somiglianze) inattesi, tali da ridurresempre piu l’intersezione vuota tra due giochi.

In generale, in ogni contesto, data una dinamicita chiusa e riscontrata una fortelimitazione riguardo la soluzione di un problema, e sempre possibile modificare lospazio di pensabilita nella direzione che il problema stesso indica. In questo senso,non si tratta solo di privilegiare certe somiglianze, ma anche il modo di metterleinsieme72. Per far cio e spesso necessario mettere in relazione, o in rapporto,elementi che non sono mai stati accostati; inoltre, in base a quanto detto sullarelazione non e necessario doverne controllare gli esiti, fino al punto di giungere allanecessita di rivedere gli stessi termini in cui il problema e stato posto inizialmente.Si tratta, in altri termini, di comprendere che non sempre la coerenza in base allaquale sono stati tracciati dei confini concettuali e in grado di risolvere al suo internoogni tipo di problema. Come mostrero alla fine di questo lavoro, e proprio lacostruzione di una coerenza che permette di risolvere un problema nuovo, in mododa poter gettare una nuova luce, da ordinare in maniera diversa le conoscenze73.

71Il riferimento e ai passi di Mandelbrot riportati nel terzo capitolo. La questione e che se sononon solo possibili, ma anche contemporaneamente presenti due modi di vedere una stessa cosa,attraverso gli strumenti che il pensiero di Wittgenstein offre, risulta abbastanza agevole pensaremodi in cui posizioni diverse possano essere produttivamente confrontate.

72In questo modo e possibile non rimanere confinati nei due vincoli.73Io ritengo che pensare, in generale, qualcosa di nuovo non voglia dire far riferimento a

qualcosa di assolutamente staccato da ogni riferimento ad un contesto e ad un problema. Pensarediversamente mi sembra un modo astratto e tendenzialmente sterile di affrontare i problemi, nonsolo filosofici. Come detto su tali questioni mi dilunghero alla fine del presente lavoro.

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Linguaggi, possibilita e concetti 149

Da quanto detto traspare come le diverse tipologie di giochi siano individuabilia partire da altrettanto diverse tipologie di intersezioni tra i giochi, dovute a puntidi vista diversi attraverso i quali possono essere considerati. Ogni punto di vistanon rappresenta, ma e una possibilita diversa che corrisponde all’atto di tracciareconfini per uno scopo, senza che questo significhi chiudere definitivamente lo spaziodella possibilita.

�Non conosciamo i confini perche non sono tracciati. Come s’e detto, possiamo- per uno scopo particolare - tracciare un confine. Ma con cio solo rendiamo ilconcetto utilizzabile? Niente affatto! Tranne che per questo scopo particolare74�.

Le citazioni e la discussione riguardo il “tracciare un confine” e la discussionesulle somiglianze di famiglia, sono degli elementi importanti per pensare diver-samente il concetto chiuso. Esso non si presenta piu come il fine e la fine dellaricerca scientifica o filosofica, non e piu caricato del significato epistemologico edontologico emerso nel capitolo precedente. Ancora, non esiste piu un metodo ingrado di cogliere l’essenza di qualcosa, proprio perche qualcosa come l’essenza edissolta a favore della possibilita e dell’apertura di spazi di pensabilita diversi,all’interno dei quali si puo porre la questione dell’essenza. Wittgenstein affermache �l’essenza e espressa nella grammatica75�. �Che tipo di oggetto una cosa sia:questo dice la grammatica. (Teologia come grammatica)76�.

L’essenza ha un ruolo completamente differente da quello che aveva in precedenza.Essa e relativa al linguaggio nel quale si colloca. Dopo il percorso fatto sin qui sipuo comprendere bene come queste citazioni condensino in loro il superamento delvincolo contenutistico e di quello formale.

Assieme all’essenza, anche il concetto chiuso subisce un forte decentramento:da luogo dell’identita diventa luogo delle differenze, anche e non solo contempora-neamente presenti.

Esso mantiene un importante funzione conoscitiva, ma in un contesto filosoficocompletamente diverso. Attraverso il concetto chiuso non si delimita piu uno spaziodell’essenza da uno spazio degli accidenti, in modo da esaurire ogni aspetto dicio che e in tal modo conosciuto. Tracciare una linea di confine vuol dire, invece,mettere in risalto un aspetto particolare, mantenendo costantemente “elementiresiduali”, che possono essere a loro volta chiusi in confini concettuali, tali daprivilegiare una determinata somiglianza piuttosto che un’altra, tali, in altri termini,da ordinare lo spazio concettuale in una determinata maniera77.

In questo senso, si possono pensare i legami interni tra determinati giochi comerelazione e/o rapporto. All’interno di un gioco e possibile predeterminare a prioriuna dinamicita chiusa, senza con cio, aver a che fare con il problema dell’essenza.Nello stesso contesto possono darsi relazioni, in base alle quali possono emergereelementi inediti, tali da poter guardare qualcosa al di la di una dinamicita chiusa.

74Cfr. Wittgenstein, PU, § 69.75Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 371.76Cfr. ibid., § 371.77Cfr. ibid., p. 287: “Molte cose possono dirsi intorno a una sottile distinzione estetica - questo

e importante”.

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150 Linguaggi, possibilita e concetti

Un esempio tratto dagli scacchi, un gioco di cui si serve lo stesso Wittgenstein, eutile per chiarire questo punto. In una partita di scacchi sono possibili indefiniti enon predeterminabili sviluppi, tuttavia in molti casi, a seconda delle circostanze,possono aver luogo “combinazioni forzate”, vale a dire qualcosa di completamenteprevedibile a priori.

Non essendo piu il fine e la fine della conoscenza di qualcosa, il concetto chiusopuo solo illuminare un aspetto di qualcosa, una determinata direzione, lasciandoirrimediabilmente inespressi modi di relazione e possibilita, ma comunque pensabili,dato il suo depotenziamento epistemologico ed ontologico.

Attraverso il concetto chiuso non si fa altro che sottrarre alcuni aspetti per ren-dere qualcosa utilizzabile. Esso, dunque, non ha piu alcuna pretesa di completezza,ne di atemporalita e ne di oggettivita, se non in uno spazio di pensabilita in cuiquesti concetti giochino un qualche ruolo.

Esso non fa riferimento ad una totalita, ma ad una generalita di aspetti nonpiu atemporalmente essenziali, ad un ordinamento specifico nel quale trova senso.

Per chiarire meglio questo aspetto, e necessario restare ancora sul pensiero diWittgenstein. Ci sono, infatti, ancora un paio di questioni da chiarire. Entramberiguardano la dissoluzione del linguaggio inteso come un qualcosa di monolitico edaproblematico. La prima si riferisce all’idea che non esiste un linguaggio puro edoriginario, avulso da una forma di vita, cui dovrebbe giungere la terapia filosofica;la seconda si riferisce al fatto che, attraverso il chiarimento dell’uso del linguaggionon si arriva a costruire un linguaggio “perfetto”, il cui concetto possegga deiconfini immodificabili. In sostanza si tratta di mostrare, in negativo, che ne siparte o riscopre ne si giunge a costruire un linguaggio che sia una totalita assolutaed autoreferente, ed in positivo, che si puo giungere ad una generalita di aspettiche costituiscono un ordine possibile.

Dopo aver approfondito il passaggio dal Linguaggio ai giochi di linguaggio, sarapossibile recuperare, conclusivamente, le nozioni di relazione e rapporto.

5.4 Dal Linguaggio ai giochi di linguaggio

In questo paragrafo cerchero di chiarire come s’intrecciano i giochi linguistici ele forme di vita, interpretando piu da vicino alcuni passi di Wittgenstein. Il fineconsistera nell’approfondimento di alcuni strumenti concettuali tali da poter essereapplicati ai concetti di relazione e rapporto.

Da quanto detto sin qui le prime domande che si pongono sono le seguenti: inbase a che cosa si tracciano le linee? Ha senso chiedersi se esiste qualcosa come unalinea “prima” o originaria, o se si puo parlare di un “primo” spazio di pensabilitaoriginario? Il problema e, in altri termini, il seguente. Dato che la filosofia haun compito terapeutico, nei due sensi individuati, e lecito pensare che, una voltachiarito il linguaggio, si possa giungere a vederlo in trasparenza in modo tale cheesso non presenti piu alcun tipo di problema?

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Linguaggi, possibilita e concetti 151

Attraverso la discussione delle somiglianze di famiglia e dei giochi di linguaggioe emersa un’intrinseca regionalita del linguaggio il quale, lungi dall’essere un tuttoaproblematico, si trova dissolto in una molteplicita di giochi, strutturati ciascunoda diverse somiglianze. Detto cio, ancora, esiste una struttura fondamentale e/onascosta del linguaggio che tiene insieme i giochi?

In base a quanto detto nel capitolo precedente, si puo gia dire che parlaredi una pluralita di regioni del linguaggio, o di una pluralita all’interno di unastessa regione, non vuol dire abbandonare il pensiero ad un astratto relativismoindifferenziato.

“Il dire: �Questa combinazione di parole non ha senso�, esclude la combinazionedal dominio del linguaggio, e con cio delimita la regione del linguaggio. Ma quandosi traccia un confine si possono avere diverse e svariate ragioni. Se delimito un’areacon una siepe, con una linea, o in qualche altro modo, cio puo avere lo scopo di nonfar entrare o di non far uscire qualcuno; ma puo far parte anche di un giuoco nelquale i giocatori debbano, per esempio, saltar oltre il confine; oppure puo indicaredove termina la proprieta di una persona e ha inizio quella di un’altra, ecc. Percio,tracciando un confine, non si dice ancora perche lo si traccia78”.

“�Cosı, dunque, tu dici che e la concordanza fra gli uomini a decidere che cosae vero e che cosa e falso!� - Vero e falso e cio che gli uomini dicono; e nel linguaggiogli uomini concordano. E questa non e una concordanza delle opinioni, ma dellaforma di vita79”.

Per quanto riguarda, invece, il problema dell’individuazione di un elementoprimo, in senso essenziale, esso si dissolve80 nel momento stesso in cui si pone, inbase alle seguenti argomentazioni.

Wittgenstein afferma che �cio che si deve accettare, il dato, sono - potremmodire - forme di vita81�.

Si tratta ora di capire come pensare questo “dato”. Va subito detto che nellacitazione il termine “dato” fa riferimento al fatto che, in generale, la conoscenzanon si configura nella forma di un soggetto che si rappresenta il mondo che glista di fronte e da cui e astratto, come se si potesse, per cosı dire, tirarsi fuori dalmondo. Il soggetto conoscente, dunque, non si trova “prima” del mondo che intendeconoscere. Esso esiste solo e soltanto in un mondo, in un linguaggio particolare,strutturato a partire da una serie di pratiche, abitudini ed usi che ne costituisconola “forma di vita”. Questa situazione, per la quale ciascuno s’inserisce in un mondogia esistente, e “dato”, e “forma di vita”. In base a quanto detto nel paragrafoprecedente, sono proprio gli usi, le abitudini di una forma di vita che hanno bisognodi una chiarificazione filosofica, in quanto, essendo qualcosa che precede ed in cuiprende forma la conoscenza di qualcosa, necessitano a loro volta di essere presentatiperspicuamente per i motivi detti.

78Cfr. ibid., § 499.79Cfr. ibid., § 241.80Uso questo termine nel senso di Wittgenstein, Cfr. idem, The big typescript , §§ 86-93.81Cfr. idem, Ricerche filosofiche, p. 295. Il tedesco e: “Das Hinzunehmende, Gegebene - konnte

man sagen - seien Lebensformen”.

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152 Linguaggi, possibilita e concetti

Dovendo fornire una Darstellung, e non una Vorstellung, si tratta di soffermarsisu “come e” una forma di vita, piuttosto che cercare necessariamente di definirla,di riproporre la domanda “che cos’e?”82.

Il problema filosofico sta nel fatto che si cerca necessariamente di spiegare,di inscrivere un “fenomeno originario83” all’interno di una serie di nessi causali,quando invece sarebbe opportuno “guardare” cio che si da. Si tratta di presentaree fare i conti, innanzitutto, con il fatto che si e gia sempre all’interno di unaforma di vita, alla quale e attraverso la quale, sin dalla nascita, si e, per cosı dire,“addestrati”.

Piu precisamente, non si entra in una forma di vita, ma si e (in) una formadi vita in quanto ci si trova ad interagire con gli altri e col mondo, nel mondo.Nell’avere comunicazione con gli altri, nell’uso delle parole che caratterizza ogniforma di vita, e gia espresso il dato del gioco (della cultura) che si sta giocando.

E, dunque, un fatto che si usano in una certa maniera le parole, ma non perquesto esso e chiaro, o meglio “perspicuo”. La filosofia, secondo Wittgenstein,non puo trarre conseguenze, non puo astrarsi dalla vita per dare un significatoconcettuale e assoluto alle parole, ma puo solo mostrarne l’uso, puo arrivare finoad un punto nel quale deve arrestarsi e dire: “agisco cosı84”. Ogni forma di vitapresenta confini gia sempre tracciati. Ogni linea che viene tracciata lo e in basealle esigenze della cangiante matrice antropologica, specchio del modo in cui unacomunita abita il mondo85.

La forma di vita, in questo senso, colora gia sempre di una particolare tonalitacio che vediamo, propone gia delle relazioni interne tra gli oggetti, senza che sianeanche postulabile un oltre “puro” o originario, che sia logicamente prima dell’usodel linguaggio, e che possa definire quest’ultimo in modo assoluto.

La forma di vita, il fatto che una parola, un concetto ecc. . . abbiano sempre unparticolare uso, sono, dunque, indici di un’arbitrarieta senz’altro presente, anchese eticamente situata e non astratta. Ogni forma di vita, essendo una pratica, inquanto tale ha, o meglio e, una tonalita etica. Nonostante l’etica in Wittgenstein siauna questione molto dibattuta ed estremamente interessante, non e direttamentesu di essa che intendo concentrare la mia attenzione.

Sulle forme di vita si struttura uno spazio di pensabilita nel quale prendonoforma relazioni e rapporti che a loro volta informano un campo di possibilita. Illinguaggio con cui si ha cosı a che fare poggia, in definitiva su un agire, per cui,

82In questo caso, si pone di nuovo una questione di pertinenza senza con cio mettereastrattamente al bando un metodo in quanto tale.

83Cfr. Wittgenstein, op. cit., §§ 654-655: “Il nostro errore consiste nel cercare una spiegazionedove invece dovremmo vedere questo fatto come un ‘fenomeno originario’. Cioe, dove invecedovremmo dire: si gioca questo gioco linguistico”. “Non si tratta di spiegare un gioco linguisticoper mezzo delle nostre esperienze, ma di prendere atto di un gioco linguistico”.

84Cfr. idem, Pensieri diversi , p. 67: “L’origine e la forma primitiva del gioco linguistico e unareazione: solo sulla base di questa possono crescere le forme piu complicate. Il linguaggio - direi -e un affinamento, �in principio era l’azione�”. Cfr. ibid., p. 93: “Le parole sono azioni”.

85Affermare la possibilita di un soggetto avulso da un contesto ed in grado di tracciare lineevorrebbe dire cadere nel cosiddetto “linguaggio privato”, nonche creare idoli.

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Linguaggi, possibilita e concetti 153

quando si vuole chiarire l’uso del linguaggio, non si resta vincolati ad un livellolinguistico, ma si passa ad un livello prassiologico di analisi. �Ma la fondazione, lagiustificazione delle prove, arrivano ad un termine. - Il termine, pero, non consistenel fatto che certe proposizioni ci saltano immediatamente agli occhi come vere,e dunque in una specie di vedere da parte nostra, ma e il nostro agire che sta afondamento del gioco linguistico86�.

Un simile stato di cose si comprende se si ammette che l’agire ecceda il linguaggioin cui si colloca87; quest’ultimo, in altri termini, non e in grado di risolverecompletamente una forma di vita.

Come visto, proprio l’approfondimento di un tale spazio, composto anche direlazioni non predeterminabili nella loro globalita, puo portare ad una presentazioneperspicua ed individuare qualcosa di ulteriore rispetto al dato spazio di pensabilita88.All’interno di questa problematica si comprende:

“�Puoi pensare ora a questo ora a quello; puoi considerarlo una volta comequesta cosa un’altra come quest’altra, e allora lo vedrai ora in questo modo ora inquest’altro�. - In che modo, allora? Non esiste nessuna ulteriore determinazione.Ma come e possibile che si veda una cosa conformemente a un’interpretazione? -La domanda presenta la faccenda come un fatto strano; come se qui fosse statocostretto in una forma che, propriamente, non gli si adatta. Ma qui nessuno haspinto, o forzato nulla89”.

“Molte cose possono dirsi intorno a una sottile distinzione estetica - questo eimportante90”.

L’individuazione di sottili distinzioni estetiche, in grado di indicare qualcosa diulteriore rispetto al gioco che si sta giocando, poggia proprio su quest’ultimo, sulfatto che si presuppongono alcune pratiche che, pur delimitando una dinamicitachiusa, non ne predeterminano necessariamente a priori gli esiti delle relazioni. Nonsi tratta solo di possibilita reciprocamente esclusive, poiche in una dinamicita chiusa,a sua volta interna ad una forma di vita, sono contemporaneamente presenti edattuate piu possibilita. Se, dunque, la forma di vita permette di vedere in una certatonalita, sono comunque contemporaneamente presenti ed attuate molteplici sottilisfumature di colore. Una relazione puo produrre esiti diversi, non necessariamentericonducibili ad un nesso proporzionale e diretto tra causa ed effetto. Su questiargomenti tornero nel prossimo capitolo, per ora bisogna seguire una strada parallelaal fine di evitare fraintendimenti.

Tornando alla forma di vita ed al contesto linguistico regionale, e necessarioinsistere ancora su alcuni aspetti che permettono di comprendere meglio la formadi vita, intesa come modo di abitare il mondo.

86Cfr. Ludwig Wittgenstein. Della certezza. Torino: Einaudi, 2002, § 204.87Questo e uno dei punti fondamentali di questo lavoro, su cui ritornero alla fine.88Come si vedra, sebbene la forma di vita sia il termine della catena delle spiegazioni, il contesto

dal quale si pone la necessita di una spiegazione e linguistico. Solo da un siffatto contesto epossibile tornare ad una prassi.

89Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 264.90Cfr. ibid., § 287.

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154 Linguaggi, possibilita e concetti

“Con le parole �Supponiamo che io creda?� tu presupponi gia tutta quantala grammatica della parola �credere�, l’uso ordinario che ben conosci.[. . . ]. Sel’impiego di �credere� non ti fosse gia familiare non sapresti affatto che cosa assumiqui (cioe, per esempio, che cosa segua da un’assunzione del genere)91; “lo svolgimentodel nostro gioco linguistico riposa sempre su una tacita presupposizione92”.

Si presenta qui un rapporto fondamentale nella forma di vita tra familiaritaed estraneita: per poter porre una qualsiasi questione, devo gia sapermi muoverein un ambito familiare, nelle istituzioni93, nella grammatica del mio linguaggio.L’ambito familiare e formato da quelle relazioni interne fra le parole che coloranoun dato modo di vedere: non si percepiscono semplicemente forme e/o colori madirettamente un aspetto, secondo il mondo in cui ci si trova, poiche non e il vedereche appare colorato, ma direttamente gli oggetti.

Ora, concependo le relazioni interne del linguaggio in cui ci si trova, ci si puorapportare a delle possibilita inscritte in un dominio d’uso di certi concetti, che siinscrivono una dinamicita chiusa. L’approfondimento o il chiarimento di un talespazio chiuso e linguistico dato permette, come visto, di modificarne i confini, vistoche non e lo spazio chiuso di pensabilita che legittima le pratiche di vita, ma ilcontrario94.

Questa caratterizzazione delle forme di vita mostra di nuovo il fatto che leregole della grammatica del linguaggio non hanno uno statuto fondativo, esse silimitano a raccogliere e ad esprimere95 le applicazioni, la forma di vita in quantoespressa in un uso che e una prassi96 effettiva, senza la quale non avrebbero senso.

Nell’argomento contro il linguaggio privato e espresso in maniera forte il fattoche il linguaggio e una prassi ed una forma di vita condivise: �Al trapasso privatoda cio che vedo alla parola non potrei applicare nessuna regola. Qui le regole sonodavvero sospese nel vuoto; perche manca l’istituzione della loro applicazione97�.

Chi volesse creare un linguaggio privato non riuscirebbe a caratterizzarne isignificati se non in maniera irrimediabilmente dipendente da quello proprio dellaforma di vita in cui si trova98, altrimenti neanche si potrebbe parlare di linguaggio,ma ci si troverebbe davanti a scorrettezze grammaticali.

91Cfr. ibid., p. 253.92Cfr. ibid., p. 238.93Wittgenstein pone spesso l’accento sul termine “istituzione”, esso infatti offre la possibilita

di evidenziare lo stretto legame con la tematica che lega insieme da una parte familiarita edestraneita, e dall’altra i giochi linguistici: “Seguire una regola, fare una comunicazione, dare unordine, giocare una partita a scacchi sono abitudini (usi, istituzioni)” (Cfr. ibid., § 199).

94Cfr. ibid., § 457.: “L’intendere e come dirigersi verso qualcuno”.95“Darstellen” ha somiglianze anche con “esporre”.96Una prassi agita che e anche un agire.97Cfr. Wittgenstein, op. cit., § 380.98Cfr. ibid., § 257: certamente, che la sensazione sia privata e una proposizione grammaticale,

ma, “quando si dice �Ho dato un nome ad una sensazione�, si dimentica che molte cose devonogia essere pronte nel linguaggio, perche il puro nominare abbia un senso. E quando diciamo cheuna persona da un nome ad un dolore, la grammatica della parola �dolore� e gia precostituita;ci indica il posto in cui si colloca la nuova parola”.

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Linguaggi, possibilita e concetti 155

La forma di vita e la cultura, che su essa poggia, sono qualcosa che non va al dila delle pratiche effettive. Cio, pero, non vuol dire che si dia o che si possa giungereall’ordine di tutte le cose, ma che, attraverso il chiarimento della loro grammaticadiventa possibile determinare i confini di un gioco.

Il linguaggio o meglio una o piu somiglianze di un gioco linguistico, in taleprospettiva, non sono qualcosa di esterno che fonda in maniera incontrovertibilela conoscenza. Il linguaggio, al contrario, e problematico ed e legittimato dallepratiche che emergono a confermarlo o a smentirlo, nel momento in cui si giungead una presentazione perspicua.

Essendo immersi nel mondo che un gioco cerca di descrivere, pratica e linguaggioagiscono l’uno sull’altro, rendendo possibile parlare di giochi di linguaggio e non diun linguaggio unico. Questo vuol dire che il linguaggio, presentandosi come insiemedi relazioni, si riferisce ed e immerso sempre e comunque in una sfera regionale, inquanto rende visibili la coerenza e le possibilita insite in una generalita di aspettidel mondo e non la totalita degli aspetti del mondo.

Trattandosi di relazioni e non solo di rapporti, nel senso del capitolo precedente,non e detto che tutte le possibilita debbano essere predeterminate ed essere vincolatead esplicarsi necessariamente all’interno di una data regionalita, a meno di nonessere disposti a modificarne i contorni. Come e detto nelle Osservazioni sui colori :

“E un dato di fatto che noi siamo nella condizione di comunicarci i colori dellecose mediante sei nomi di colore. E anche che non impieghiamo le parole: �verdeche da sul rosso�, �blu che da sul giallo�, e cosı via99”.

“In filosofia non e soltanto necessario imparare caso per caso che cosa si debbadire su un certo oggetto; e anche necessario imparare come se ne debba parlare. Sideve imparare, sempre di nuovo, il metodo per affrontarlo100”. “Si deve sempreessere pronti a imparare qualcosa di completamente nuovo101”.

Questo “nuovo”, questo porre nuove relazioni interne tra le parole poggia ancorasu una forma di vita. Tutto cio, riguardo a quanto detto poco sopra, vuol dire chenon e stato predefinito nessun cammino causale, ma che, ad esempio, i “concettidi colore” vengono trattati “in modo simile ai concetti delle percezioni sensibili[Sinnesempfindung ]102”, perche “non esiste il concetto puro di colore103”, infatti,

“i differenti concetti di colore sono certo strettamente affini l’uno all’altro, ledifferenti ‘parole di colore’ hanno un uso affine; ma c’e ogni sorta di differenze104”.

99Cfr. idem, Osservazioni sui colori , III § 52. Cfr. idem, Ricerche filosofiche, p. 274.: “Gli aspettidi un tipo si potrebbero chiamare �aspetti di organizzazione�. Se l’aspetto cambia, le partidell’immagine, che prima non andavano insieme, ora vanno insieme”. L’immagine dell’ordinare odell’organizzare e molto presente in Wittgenstein, si veda anche idem, Libro blu e libro marrone,pp. 61-62.100Cfr. idem, Osservazioni sui colori , III § 43.101Cfr. ibid., III § 45. Cfr. idem, Ricerche filosofiche, p. 238.: “Lo svolgimento del nostro gioco

linguistico riposa sempre su una tacita presupposizione”; anche Cfr. idem, Osservazioni sui colori ,III § 101: “noi abbiamo pregiudizi che riguardano l’impiego delle parole”.102Cfr. ibid., III § 71.103Cfr. ibid., III § 73.104Cfr. ibid., III § 75.

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156 Linguaggi, possibilita e concetti

“L’indeterminatezza del concetto di colore risiede, prima di tutto, nell’indetermina-tezza del concetto di eguaglianza tra i colori, e dunque nell’indeterminatezza delmetodo del confronto tra colori105”.

Questo non vuol dire porre l’esigenza, qui astratta, di dover giustificare l’in-determinatezza sussumendola ad una pretesa determinatezza originaria106: nonessere �in grado dire esattamente che cos’e un gioco [. . . ], non e ignoranza. Nonconosciamo i confini perche non sono tracciati. Come s’e detto107, possiamo - peruno scopo particolare - tracciare un confine. Ma con cio solo rendiamo il concettoutilizzabile? Niente affatto! Tranne che per questo scopo particolare108�.

Le stesse regole, in quanto sono proprie di una forma di vita, sono arbitrarie,cio, di nuovo, vuol dire considerare la vita in quanto possibilita; e dunque unaprassi che di volta in volta permette di porre un ordine possibile.

�Se per i colori esistesse una teoria dell’armonia questa dovrebbe incominciarecon una ripartizione dei colori in gruppi, e dovrebbe vietare certe mescolanze ocerti accostamenti di colori e permetterne altri. E come la teoria dell’armonia nondarebbe una fondazione [begrunden] alle proprie regole109�.

Quello che qui e importante cogliere e la valenza del gesto ordinatore nel suorestare legato ad una prassi, nella quale ha senso, e nel suo indicare una stradapiuttosto che un’altra, senza rimandi a presunti enti di ordine superiore110. Eimportante come viene sentito un colore, una parola, l’eco che porta con se, poicheogni particolare modo di sentire un colore manifesta una particolare sfumaturadella forma di vita in cui ci si trova, ed il modo in cui s’interagisce con essa. Glistessi elementi di un contesto familiare condiviso possono essere fatti interagire inmodo diverso, senza che con questo debbano produrre esiti simili.

“In realta, vorrei dire che neanche qui sono importanti le parole che enunciamoo quello che, enunciandole, si pensa; importante e pero la differenza che esse fanno inluoghi differenti della vita111”. “Immaginiamo che certi uomini non contrapponganoimmagini colorate ad immagini bianche e nere, ma contrappongano immagini coloratea immagini blu e bianche. Cioe: non potrebbe darsi che anche il blu non venissesentito [empfinden] (vale a dire, usato) come un colore vero e proprio?112”.“Secondoin mio sentire [Gefuhl ], il blu spegne il giallo113”. “Per me, il verde e una particolare

105Cfr. ibid., III § 78.106Questo vorrebbe dire tornare all’interno di quel metodo classico per cui il movimento ha

senso solo se ricondotto ad un fondamento stabile.107Il riferimento e a Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 68.108Cfr. ibid., § 69.109Cfr. idem, Osservazioni sui colori , I § 74.110Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 97: “C’illudiamo che cio che e peculiare, profondo, per noi

essenziale, nella nostra indagine, risieda nel fatto che essa tenta di afferrare l’essenza incomparabiledel linguaggio. Cioe a dire, l’ordine che sussiste tra i concetti di proposizione, parola, deduzione,verita, esperienza ecc. Quest’ordine e un super-ordine tra – potremmo dire – super-concetti.Mentre in realta, se le parole �linguaggio�, �esperienza�, �mondo�, hanno un impiego, essodev’esser terra terra, come quello delle parole �tavolo�, �lampada�, �porta�”.111Cfr. idem, Osservazioni sui colori , III § 317.112Cfr. ibid., III § 38.113Cfr. ibid., III § 39.

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Linguaggi, possibilita e concetti 157

stazione sulla strada colorata che va dal blu al giallo, e il rosso e un’altra114”. “Chiparla di un carattere di un colore pensa con cio, sempre e soltanto, a un determinatomodo del suo impiego115”.

Nel discorso di Wittgenstein diventano centrali, grammaticalmente e filosofi-camente, quelle differenze estetiche116, oltre che etiche117, che caratterizzano lestesse relazioni interne tra le parole. Wittgenstein, proprio in quanto si oppone alla‘logica del doppio’118, ad un qualcosa di significante posto “dietro” la proposizione,ci propone di guardare119 la grammatica, di chiarirla eliminando fraintendimenti erelative mitologie120.

Stando cosı le cose, il mondo potrebbe apparire qualcosa di ordinato, seppure inun modo particolare, alle cui regole, piu o meno esplicite, bisognerebbe sottostare.Al contrario, proprio in base a quanto ho esposto, esistono molti modi di giocareuno stesso gioco.

Non essendoci momenti assolutamente finali o iniziali nell’aver a che farecol linguaggio, quest’ultimo si trova ad essere un sito estremamente frastagliato,muovendosi sul quale e facile inciampare e cadere e dal quale non si puo prescindereper nessuna ragione, a meno di non voler creare idoli.

Riassumendo, si puo dire che se il linguaggio si dice in molti sensi, in nessunosi dice che e; ed ogni volta che lo si prova a caratterizzare ci si interagisce atti-vamente, modificandolo, sia positivamente, sviluppando nuovi e/o simili giochi,sia, negativamente, chiarendone un aspetto, in quanto ogni delimitazione di unaregione d’uso del linguaggio postula qualcosa di ulteriore, che puo emergere in basead un problema effettivo, legittimato da una prassi.

114Cfr. ibid., III § 40.115Cfr. ibid., I § 73; Cfr. ibid., III § 71. Qui come in altri punti, si comprende come il termine

“etico”, e simili, da me usati stia ad indicare il cambio di prospettiva insito nel pensiero diWittgenstein, egli dirige il suo discorso verso una problematizzazione, in senso nuovo, dellapossibilita e della molteplicita (Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 23).116Cfr. idem, Osservazioni sui colori , III § 156: “La differenza tra il nero e, per esempio, un viola

scuro, e simile a quella che c’e tra il suono della grancassa e il suono di un timpano. Del primosi dice che e un rumore e non una nota. E opaco e completamente nero”. Cfr. idem, Ricerchefilosofiche, p. 287: “Molte cose possono dirsi intorno a una sottile distinzione estetica - questo eimportante”.117In questo contesto s’inscrivono anche le differenze culturali, all’interno di una forma di vita, per

cui due persone sono in grado di cogliere sfumature e/o somiglianze diverse contemporaneamentee, nello stesso tempo, confrontarle.118Cfr. Wittgenstein, Libro blu e libro marrone, passim, in particolare il Libro marrone.119Cfr. idem, Ricerche filosofiche, III § 66: “Non pensare, ma osserva”.120Cfr. idem, The big typescript , p. 431.

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Capitolo 6

Concetto e possibilita

Nel paragrafo precedente e emerso che la questione di un elemento originario e stabileal quale ricondurre la molteplicita del linguaggio si dissolve in pratiche mutevoli; lostesso concetto di linguaggio come qualcosa di monolitico ed aproblematico, conun forte statuto fondativo, si dissolve nella pluralita dei giochi linguistici e nellesomiglianze che li strutturano.

Il linguaggio, pertanto, risulta, in una tale prospettiva, pensabile come qualcosadi regionale: proprio questa nozione si tratta, ora, di approfondire. Per questoscopo, la discussione, oltre che delle Ricerche filosofiche, delle Osservazioni suicolori offre un ottimo spunto in questo senso. La molteplicita delle relazioni tra icolori che Wittgenstein esemplifica non vanno, come detto, ricondotte ad un’unitache le racchiuda tutte, ma sta a significare che esistono molti modi di mettereordine tra i colori e, piu in generale, tra le cose, i concetti ecc. . .

Nelle opere del cosiddetto secondo periodo, Wittgenstein si sofferma spessoproprio sulla problematica specifica del “mettere ordine”. A partire dal chiarimentodi quest’ultima sara possibile caratterizzare meglio la “regionalita” del linguaggio.

Si e visto che i confini e le zone di confine dei concetti si presentano molto piucomplessi di quanto e stato finora pensato; lo stesso vale per il modo in cui glielementi di un concetto o di un gioco linguistico occupano lo spazio interno di unconcetto o di un gioco, determinandoli.

Come per quanto riguarda l’immagine del “tracciare la linea”, cosı anche perquanto riguarda il “mettere ordine”, Wittgenstein sottolinea il fatto che una taleattivita e vincolata, all’interno di una forma di vita, allo scopo per il quale vienecompiuta. Nelle Ricerche filosofiche, a questo proposito si legge: �Vogliamo mettereordine nella nostra conoscenza dell’uso del linguaggio: un ordine per uno scopodeterminato; uno dei molti ordini possibili; non l ’ordine. A tale scopo metteremocontinuamente in rilievo quelle distinzioni che le nostre comuni forme linguisticheci fanno facilmente trascurare1�.

Mettere ordine tra le cose vuol dire semplicemente dare un ordine possibile, apartire da quello che e un modo di abitare il mondo. Questa precisazione mi pare

1Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 132.

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160 Concetto e possibilita

doverosa, in quanto la scelta e/o la costruzione di un ordine piuttosto che un altronon e astrattamente arbitraria, ma e sempre inquadrata in un particolare contesto,in cui sono aperte determinate possibilita. Da questo punto di vista, l’apertura diuna possibilita diversa non va pensata astrattamente, ma sempre a partire da unmondo, da un linguaggio, nonche a partire da un reale crampo mentale.

La questione che si pone a questo punto e come pensare il senso di molteplicitache e emerso in queste pagine. Ho mostrato che non si tratta di individuare qualcosache sta a fondamento del linguaggio, ne di qualcosa che puo definire completamenteil linguaggio stesso. Wittgenstein, intelligentemente, attraverso le somiglianze difamiglia dissolve lo stesso concetto di linguaggio, inteso come una totalita in senecessariamente coerente. Non e neanche pensabile come la somma di moltepliciaspetti che in esso possono essere raccolti, se non, come potrebbe dire lo stessoWittgenstein, per uno scopo preciso.

Trattandosi di somiglianze di famiglia, la molteplicita delle possibilita dellinguaggio e qualcosa di relativo alle effettive interazioni che si producono nellaforma di vita.

Essendo davanti a relazioni e a rapporti desostanzializzati, la possibilita si trovaall’interno di una dinamicita chiusa, in quanto e essa stessa qualcosa di prodotto dainterazioni “viventi” tra i concetti. Di conseguenza, poiche non ci si sta muovendoall’interno di un paradigma analitico-riduzionista, una piccola variazione dellesomiglianze non solo puo produrre uno spazio di pensabilita molto o poco diverso,ma non permette in ogni caso di prevederlo a priori, pur trovandosi tutto su unmedesimo piano. Come per l’esempio scacchistico fatto in precedenza, nonostantesiano date le regole del gioco e le condizioni iniziali, non c’e nessun meccanismocausale in grado di predeterminare la sequenza delle mosse.

La metafora del “mettere ordine”, anche al di la del pensiero di Wittgenstein,mi pare molto importante poiche, essendo centrata su una pluralita di ordinipossibili, permette di puntare l’attenzione su aspetti e relazioni che una consuetudineconsolidata non permette di cogliere. �Ma alcuni dei massimi risultati della filosofiasi potrebbero paragonare solo al raccogliere libri che sembrano formare un insiemeunitario ed al disporli su differenti scaffali; delle loro collocazioni, e definitivo soloil fatto che essi non sono piu mescolati tra loro2�.

Riprendendo quanto detto nel paragrafo precedente, il tracciare la linea, cosıcome il mettere ordine, sono esiti cui puo condurre la filosofia come terapia.

Come detto, il chiarimento dell’uso, ad esempio, di un concetto puo esseresufficiente a risolvere il problema che lo ha suscitato, proprio all’interno dellospazio in cui e sorto. Nonostante cio, proprio la presentazione perspicua permettenello stesso tempo di render manifesti i confini di un concetto e, di conseguenza,ne evidenzia, oltre che le possibilita, i limiti. Quest’ultimi permettono, da unlato, di chiarire lo spettro di possibile applicazione delle possibilita, dall’altro dimostrare la specificita di un determinato modo di affrontare un problema, ponendo,implicitamente, la questione di altri modi di vedere.

2Cfr. idem, Libro blu e libro marrone, p. 62.

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Concetto e possibilita 161

Da un lato si ha un linguaggio che ha sempre bisogno di essere chiarito; dall’altromanca completamente la possibilita di giungere ad un fondamento, si potrebbedire metafisico, del linguaggio stesso. Inoltre, i giochi linguistici, del cui intrecciosi compone l’uso del linguaggio, non hanno dei confini netti determinabili comequalcosa di atemporale. Di conseguenza, mi pare di poter dire che ci si trovadavanti ad una serie di relazioni mobili dell’uso dei giochi linguistici. Il riferimentoalle stesse somiglianze di famiglia sottolinea proprio la mancanza di un fondonecessitante e stabile dietro gli usi del linguaggio, in grado di dire e di coglierel’essenza del linguaggio al di la della grammatica, e di qui al di la delle pratiche.

�Non devi dimenticare che il gioco linguistico e, per cosı dire, qualcosa d’im-prevedibile. Voglio dire: Non e fondato, non e ragionevole (o irragionevole). Sta lı -come la nostra vita.3�.

Il linguaggio non si presenta come qualcosa che ha una struttura logica primae fondamentale, come qualcosa che non ha un inizio cui ricondurre e ridurretutte le analisi sulla sua struttura e che ne costituisce l’essenza. In questo sensoWittgenstein non parla di forme logiche fondamentali, ma di forme di vita. �Mala fondazione, la giustificazione delle prove, arrivano ad un termine. - Il termine,pero, non consiste nel fatto che certe proposizioni ci saltano immediatamente agliocchi come vere, e dunque in una specie di vedere da parte nostra, ma e il nostroagire che sta a fondamento del gioco linguistico4�.

Wittgenstein giunge alla constatazione che, una volta raggiunta la roccia, lavanga5 si piega e non si puo che mostrare la forma di vita in qualita di ultima ratio,che pero, lungi da essere una ratio esplicativa, non fa altro che mostrare pratichein base a cui si orienta ed ordina l’assegnazione di un valore di verita, cosı come laconoscenza in generale6.

Di qui, il discorso filosofico puo fare a meno di una concettualita che ricercail suo centro in qualcosa che assume il ruolo di fondamento e che debba esserericonosciuta come tale. Lo spazio di pensabilita in quanto tale non ha a priori uncentro, ma, quest’ultimo puo essere pensato solo a posteriori, in quanto risultaprodotto dall’interazione di elementi in una forma di vita.

Un concetto e, dunque, un prodotto, come si diceva, per sottrazione. Di conse-guenza, quando qualcosa s’individua attraverso un concetto, si produce qualcosa infunzione delle relazioni o dei rapporti che la producono. In questo modo, il concettopuo essere svincolato da una presupposta, completa ed atemporale conformita edidentita col suo oggetto. Un concetto, in quanto individua qualcosa, non ne esprimel’essenza, quanto piu una differenza.

3Cfr. idem, Della certezza, § 559. Il testo originale recita: “Du mußt bedenken, daß dasSprachspiel sozusagen etwas Unvorhersehbares ist. Ich meine: Es ist nicht begrundet. Nichtvernunftig (oder unvernunftig). Es steht da - wie unser Leben”.

4Cfr. ibid., § 204.5Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 217: “Quando ho esaurito le giustificazioni arrivo allo strato

di roccia, e la mia vanga si piega. Allora posso dire: ‘Ecco, agisco proprio cosı’ ”.6Il lato antropologico assume nel pensiero di Wittgenstein un rilievo di primario valore, che

pero non intendo approfondire in questa sede.

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162 Concetto e possibilita

Del resto, gli innumerevoli esempi che Wittgenstein offre riguardo il tentativodi determinazione del concetto di “gioco”, mostrano che non e possibile individuareuno o piu elementi che restano identici in tutti i giochi, tali da costituirne ilconcetto, non tanto perche non ve ne siano, ma perche ce ne sono troppi, e ciascunopuo rappresentare un modo di dare un ordine, di dare una forma al concetto di“gioco”, che, come detto, non si erge sopra le pratiche, ma e legittimato dalla pratica,dalla forma di vita.

Ora, sviluppando l’esempio della libreria e possibile cogliere elementi in gradodi far progredire produttivamente il discorso. Una libreria puo essere ordinataper autore, per casa editrice, per altezza dei volumi. Inoltre, i libri possonoessere sistemati uno di fianco all’altro o possono essere sovrapposti. Come affermaWittgenstein, “e definitivo solo il fatto che non sono piu mescolati tra di loro”.

Un determinato ordine e qualcosa di funzionale rispetto ad uno scopo, nel sensoche apre uno spazio in cui e agevole trovare un posto a dei testi, mentre e piudifficile trovare posto a degli altri, come nel caso in cui si dispongano i libri perargomento. Ora, se i testi difficili da collocare sono di piu di quelli per i qualie semplice individuare la collocazione, allora, forse, al fine di rendere agevolel’individuazione di un testo, puo essere opportuno cambiare criterio di ordine osemplicemente modificarlo.

Questo esempio oltre a ribadire quanto detto in questo capitolo, mostra che apartire da uno spazio di pensabilita nel quale sono inscritte determinate possibilitase ne possono modificare i confini laddove quest’ultimi siano troppo stretti. Analiz-zando la situazione di partenza (i libri che ho e l’ordine che ho scelto), possonogiungere a mettere in discussione la validita e la pertinenza dell’ordine prescelto.

Un ordine non e altro che la configurazione di un gioco e ne delimita la regionalita.Come avverte piu volte Wittgenstein, giungere ad un ordine, o a rappresentarsiqualcosa in un concetto chiuso, non significa individuare l’essenza di qualcosa, mamettere in primo piano delle somiglianze di famiglia e lasciarne sullo sfondo altre,raggiungendo cosı una coerenza, come per i libri della libreria.

Ora, individuando un criterio diverso, o modificando il precedente la filosofianon aggiunge libri alla libreria, ne modifica direttamente gli scaffali, ma getta unaluce diversa sulla libreria e sul suo ordine. In questo modo e possibile chiariree ribadire che la filosofia lascia tutto com’e e che si occupa, in generale, dellepossibilita effettive dell’uso del linguaggio.

Si puo, a questo punto, procedere oltre.

6.1 Regionalita strutturata

L’esempio dell’ordine in cui sono disposti i libri in una libreria mostra che lareale disposizione dei libri e inscritta in una dinamicita chiusa di possibilita diordinamento, nella quale si puo scegliere. Una tale scelta e, pertanto, vincolata alcontesto e all’oggetto con cui si ha a che fare. Se, ad esempio, e possibile disporrei libri per autore, non e possibile disporli per temperatura. Questo, a sua volta,

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Concetto e possibilita 163

permette di avere un’idea della regione del linguaggio che sto considerando. Inoltre,il fatto che i libri siano disposti per autore mostra anche come una tale regione siaordinata o strutturata7.

In una tale struttura sara, pertanto, semplice fare una stima degli autorimaggiormente presenti nella libreria, mentre sara altamente scomodo contarequanti libri appartengano ad una stessa casa editrice, o quanti libri siano statipubblicati nel 1978. In quest’ultimo caso, l’ordine adottato risulta del tutto inutile,ma non e come se i libri fossero sparsi disordinatamente sul pavimento, in quantoquesta possibilita non rientra nella delimitata dinamicita chiusa.

Questo esempio e utile per mostrare e ribadire che nel momento in cui sorge unproblema, si ha sempre a che fare con una regione del linguaggio strutturata in unacerta maniera8 all’interno di una dinamicita chiusa, nella quale si danno degli ordinipossibili e, di volta in volta, uno reale9. L’ordine effettivo deriva ed e legittimatoda esigenze pratiche, che possono mutare. Anche un mutamento possibile non equalcosa di totalmente astratto, ma si colloca sempre nella sua regionalita. In questosenso, sarebbe astratto cercare di disporre i libri per temperatura crescente. A taleproposito, si vedano tutti quei passi in cui Wittgenstein afferma che, se non c’e unarisposta, allora non si poteva neanche porre la domanda. �La domanda stessa tienela mente schiacciata contro un muro cieco, impedendole cosı di trovare l’uscita.Per mostrare ad uno come uscire, prima di tutto tu devi liberarlo dall’influenzafuorviante della domanda10�.

Diviene ora necessario procedere oltre al fine di poter dar conto di tutti glielementi concettuali emersi nelle pagine precedenti. A questo scopo e necessariocomplicare l’esempio proposto.

Una volta acquistati dei libri in formato digitale, ad esempio dei CD, si apreuna nuova possibilita, che consiste nel disporre i libri per formato, prima quellodigitale, poi quello cartaceo o viceversa. Ora, come detto, la filosofia, che lasciatutto com’e, non e in grado di acquistare dei testi, ma puo solo individuare ordinipossibili. In questo caso, si vede bene come sia possibile distruggere un ordine(edificio) in modo da far fronte (spazio) a nuove esigenze (possibilita).

“Da che cosa acquista importanza la nostra indagine, dal momento che sembrasoltanto distruggere tutto cio che e interessante, cioe grande ed importante? (Sem-bra distruggere, per cosı dire, tutti gli edifici, lasciandosi dietro soltanto rottamie calcinacci.) Ma quelli che distruggiamo sono soltanto edifici di cartapesta, edistruggendoli sgombriamo il terreno del linguaggio sul quale essi sorgevano11”.

La distruzione della filosofia non e fine a se stessa, ma serve per liberare ilterreno. Se il chiarimento di un concetto dal quale inizia a sorgere un crampo

7Dopo tutto il percorso fatto sin qui, mi pare superfluo ribadire che una tale “struttura” none qualcosa di vincolante.

8Questo vale anche nel caso in cui non c’e una struttura.9L’ulteriore opzione per la quale piu ordini reali siano contemporaneamente presenti e discussa

piu avanti nel testo e non qui per ragioni di chiarezza espositiva.10Cfr. Wittgenstein, Libro blu e libro marrone, p. 216.11Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 118.

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164 Concetto e possibilita

mentale mostra che quel concetto non e piu legittimato da una pratica effettiva,allora e solo allora esso puo essere modificato, in quanto puo rappresentare unintralcio.

In tutti questi casi, ci si trova davanti ad uno spettro di possibilita pensabiliall’interno di uno stesso spazio di pensabilita, tuttavia quest’ultima citazione fariferimento a qualcosa di ulteriore. Procedendo con ordine, e bene occuparsi primadei primi esempi proposti in questo paragrafo. In secondo luogo, discutero deicasi in cui si rende necessario distruggere al fine di sgombrare il campo per nuovecostruzioni.

6.2 La possibilita tra rapporto e relazione

Raggiunto questo punto del discorso, la prima cosa da fare e far interagire alcunistrumenti concettuali discussi nei paragrafi precedenti con i concetti di rapportoe relazione, al fine di chiarirli ulteriormente e di mostrare la loro utilita filosofica.Essendo il mondo ed il linguaggio qualcosa che precede l’uomo, se da un lato epossibile ritornare a pratiche d’uso effettive attraverso la presentazione perspicua,dall’altro e vero che ci si muove in una regionalita strutturata, in un contesto giasempre “linguisticizzato”12. Questo vuol dire che non esiste un contesto “puro”,ma sin dall’inizio, per usare un’immagine dello stesso Wittgenstein, vedo un’anatrao una lepre. In questo senso, se la condivisa forma di vita e la cultura personale“colorano” gia sempre il vedere, non e quest’ultimo che appare colorato, ma sono glioggetti ad apparire colorati13.

�Si predica della cosa cio che e insito nel modo di rappresentarla. Scambiamola possibilita del confronto, che ci ha colpiti, per la percezione di uno stato di coseestremamente generale14�.

Ora, se il linguaggio e del tutto irresponsabile15 nei confronti della realta, edunque non fonda nulla, ma e esso stesso legittimato da pratiche, allora il linguaggionon e in grado di coprire l’estensione delle pratiche, tanto piu che esse sono mutevoli,e che lo eccedono. Come appena detto, pero, il contesto di partenza e linguistico.

Di qui, laddove un problema appare risolvibile all’interno del contesto di par-tenza, il linguaggio mostra la sua legittimita; in caso contrario si hanno dueopzioni.

Prima di discuterle, e necessario ribadire che, dato un problema, si ha a che farecon la dinamicita chiusa nella quale si pone. Se le possibilita in essa contemplatee predeterminate, in quanto rapporto, forniscono strumenti sufficienti, e possibilerisolvere il problema al suo interno, senza dover rimuovere il vincolo formale che,sia pur desostanzializzato, fornisce una determinata riconoscibilita agli oggetti.

12Come chiarisce il passo citato nel paragrafo precedente (cfr. idem, Della certezza, § 204), illinguaggio si chiarisce, in ultima analisi, non attraverso un vedere, bensı attraverso un agire.

13Di qui, laddove il colore, o la differenza che si coglie attraverso esso, tende a fissarsi, si vaverso la costituzione di mitologie.

14Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 104.15Cfr. Gargani, op. cit.

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Concetto e possibilita 165

L’esempio dei testi in formato digitale mostra come sia possibile modificare ladinamicita chiusa senza metterne in discussione il vincolo formale; in questo caso,infatti, s’introduce qualcosa di diverso, ma in essa pensabile.

Come dicevo, le cose cambiano quando tutto cio non e possibile. In questocaso la prima e piu semplice situazione che si pone e quella in cui una domandane trova risposta nella dinamicita chiusa in cui sorge, ne risulta legittimata dallepur mutevoli pratiche. In questo caso si tratta di abuso linguistico, di scorrettezzagrammaticale.

La situazione si complica, invece, nel caso in cui un problema pur non trovandosoluzione nella dinamicita chiusa in cui sorge, risulta legittimato nella forma divita. In altri termini, in questo caso la cosa da pensare e una pratica inedita.

Dato che il linguaggio e colorato, ma cio che appare tale sono gli oggetti dicui si occupa, restando nel rapporto e nella dinamicita chiusa, l’idea presuppostae la riconoscibilita a priori dell’oggetto, vale a dire il vincolo formale. Proprioquest’ultimo e cio che va messo in discussione, in quanto le pratiche eccedonoil linguaggio, poiche quest’ultimo ed il suo concetto risultano essere, come visto,prodotti per sottrazione e, in quanto tali, si collocano di fianco e non sopra alreale16, potendone cosı cogliere aspetti o differenze.

Per affrontare questo caso e utile affiancare un paio di passi di Wittgenstein:

“Dati i due concetti ‘grasso’ e ‘magro’, saresti disposto a dire che mercoledı egrasso e martedı e magro, o saresti meglio disposto a dire il contrario? (Io sonopropenso a scegliere la prima alternativa.) Ebbene, qui ‘grasso’ e ‘magro’ hannoun significato diverso dal loro significato ordinario? Hanno un impiego diverso. -Dunque, per parlar propriamente, avrei dovuto usare altre parole? Certamente no.- Qui io voglio usare queste parole (con i significati che mi sono familiari). - Nondico nulla delle cause del fenomeno. Potrebbero essere associazioni che hanno la loroorigine nella mia infanzia. Ma questa e un’ipotesi. Qualunque sia la spiegazione, -quell’inclinazione sussiste17”.

“Devi dire cose nuove, e pero tante cose vecchie.Devi dire in effetti solo cose vecchie che pero siano anche nuove!Le diverse ‘concezioni’ devono corrispondere a diverse applicazioni.Anche il poeta deve sempre chiedersi: ‘E proprio vero cio che scrivo?’. Il che

non deve necessariamente voler dire: ‘Succede cosı nella realta?’.Devi comunque portarti dietro qualcosa di vecchio.Ma per una costruzione. -18”.

Un tale “abuso legittimo” e, pertanto, qualcosa che non si rassegna ad esserepensato nella regionalita strutturata in cui sorge19. Di qui, proprio la presentazioneperspicua, fornendo una descrizione delle possibilita e dei limiti della dinamicitachiusa, palesa proprio questa situazione irrisolvibile. Attraverso il riconoscimento

16In questo senso si puo pensare il fatto che Wittgenstein, nelle Ricerche filosofiche, parla deigiochi linguistici come termini di paragone.

17Cfr. Wittgenstein, op. cit., p. 283.18Cfr. idem, Pensieri diversi , p. 82.19Mi pare che il tema delle perturbazioni sviluppato nel secondo capitolo possa offrire un

effettivo terreno di confronto e di riscontro per quanto sto dicendo.

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166 Concetto e possibilita

del vincolo formale, emerge che e il vedere ad essere colorato e non gli oggetti. Inaltri termini, il contesto linguisticizzato appare come tale e la dinamicita chiusaappare, appunto, chiusa.

Va ricordato, per inciso, che, da quanto detto nei paragrafi precedenti, tutto cionon vuol dire che si giunga a qualcosa di “puro”, di “originario” o all’oggetto inse, poiche la domanda posta, il problema da risolvere, a sua volta, gia in qualchemodo, prefigura la direzione, o meglio le direzioni, in cui puo trovare soluzione.

La relazione permette di pensare il fatto che degli elementi combinati in modidiversi a partire da un contesto problematico, possano produrre qualcosa che eccedala dinamicita chiusa in cui si collocano, possano far riferimento a diverse somiglianzeche non solo aumentano le possibilita, come nel caso del rapporto, ma giungono amettere in discussione il vincolo formale.

Il fatto che la relazione riesca a pensare insieme il contesto di partenza, larottura del vincolo formale e l’uscita da una dinamicita chiusa e molto importanteperche evita di far scadere il discorso filosofico nella tematizzazione di una nozioneastratta e sterile di possibilita, in quanto la relazione riesce a tenere legati questiaspetti ad un contesto problematico e ad un crampo mentale da risolvere cheprefigura, e non predetermina, direzioni diverse e concrete per la sua soluzione, adesempio, introducendo o collegando diversamente nuovi e/o vecchi elementi di unoo piu giochi.

6.2.1 Possibile e impossibile

In base a quanto detto, la relazione non puo indicare, in un senso troppo generico,il fatto che il tutto e maggiore della somma delle parti, in quanto quest’ultimoapproccio, una volta costruito, si muove all’interno di una dinamicita chiusa,all’interno di una possibilita codificata20. Di conseguenza, rispetto a quanto dettonel capitolo precedente e necessario precisare meglio il concetto di relazione. Cioe possibile solo ora in virtu degli strumenti di pensiero emersi interpretando lafilosofia di Wittgenstein.

La relazione fa riferimento alla rottura di una dinamicita chiusa, e quindi fariferimento a possibilita non determinate (in quanto dinamicita chiusa), in quantola forma di vita eccede il linguaggio. La relazione, rispetto ad uno spettro dipossibilita codificate, si apre all’impossibile, non assoluto21, ma relativo ad unospazio di pensabilita22.

Essa fa riferimento al fatto che il metodo non e solo un insieme di passi codificatida compiere per raggiungere uno scopo, ma puo anche essere pensato come unavia che si costruisce nel momento stesso in cui la si percorre.

20Questo punto emergera pienamente nel prossimo capitolo. Sinteticamente si puo dire che se ela pratica a legittimare il linguaggio e a rendere possibile l’istituzionalizzazione di una pratica, larelazione cerca di pensare l’atto di tenere insieme elementi diversi, al di la di una loro codificazione.

21Nella prospettiva che sto discutendo, parafrasando un passo di Wittgenstein, si puo dire checio che e assoluto lo dice la grammatica.

22Si pensi a cio cui da luogo la meccanica quantistica rispetto alla meccanica classica.

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Concetto e possibilita 167

Si tratta, in sostanza, di ribadire e pensare il fatto che, avendo a che farecon linguaggi intesi come regionalita strutturate, e necessario e sempre possibilecostruire coerenze diverse in grado di far fronte ad esigenze sempre nuove chel’eccedente forma di vita pone di volta in volta. Come visto, costruire una coerenzavuol dire individuare inedite somiglianze di famiglia, in modo da creare unanuova coerenza, al fine di produrre qualcosa d’impossibile all’interno di una dataregionalita strutturata.

Come si comprende, una tale impossibilita, non e qualcosa di totalmente astratto,non e qualcosa di cui non si puo parlare, ma e un modo di pensare la possibilita diqualcosa di diverso senza che quest’ultima debba essere necessariamente codificata.Se fosse altrimenti, il “diverso” sarebbe riconducibile all’interno di un’identitaregionale.

Un paio di esempi possono senz’altro aiutare a comprendere quanto appenadetto.

Se si riprende la fisica discussa in questo lavoro, si vede bene come la meccanicanon-lineare fosse impossibile all’interno dell’uso del linguaggio della meccanicadel Settecento, nonostante fossero disponibili sia la matematica sia i problemipropri della non-linearita. Data la coincidenza di matematica e natura, dato undeterminato vincolo formale, problemi come quello dei tre corpi erano costrettiall’interno di un linguaggio nel quale esso coincideva col problema dei due corpipiu una perturbazione. Una volta al di fuori di questo spazio di pensabilita, lanon-linearita si presenta come una coerenza diversa, nella quale, ad esempio, leproprieta emergenti risultano essere qualcosa proprio della non-linearita, nel sensoche non sono riducibili ad altro. In questo modo, la non-linearita assume un propriostatuto epistemologico.

A sua volta, dopo essere stata codificata, la non-linearita e una dinamicitachiusa che dispone di possibilita diverse ed ulteriori rispetto alla meccanica delSettecento, senza con questo essere necessariamente in contraddizione con essa.Una tale diversita non fa riferimento semplicemente ad un’aggiunta, ma anchead un modo diverso di pensare la scientificita di un risultato. Inoltre, comeaccennato nell’introduzione, questo esempio porta con se anche un altro aspettomolto interessante, il fatto che le due dinamicita chiuse non si presentano nettamenteseparate tra loro, ma, a loro volta, a seconda di cio che si considera, e possibilecostruire un concetto chiuso che contenga degli elementi comuni tra l’una e l’altra.

Se e vero che al di qua del tempo di Lyapunov si puo considerare produttivamenteuna dinamica non-lineare come se fosse lineare, e anche vero che oggi cio avvienecon un atteggiamento filosofico diverso da quello del Settecento. Per quest’ultimo,infatti, oltre un certo limite non era possibile trattare in alcun modo le traiettorie.

All’interno della non-linearita e impossibile trattare analiticamente23 le tra-iettorie al di la del tempo di Lyapunov. Nonostante cio e possibile, come detto,compiere studi di altro genere ed egualmente scientifici.

23E bene specificare che con questo termine mi riferisco all’analisi algebrica.

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168 Concetto e possibilita

Questo esempio, oltre a chiarire quanto detto sin qui, permette di metteremeglio a fuoco un’altra questione. Come e possibile pensare la possibilita comequalcosa d’interno e di eccedente rispetto ad una dinamicita chiusa, cosı e possibilepensare un’impossibilita interna ad una dinamicita chiusa (abuso illegittimo) edun’impossibilita che eccede, e non esterna24, ad una dinamicita chiusa.

6.2.2 Coerenze e storie

La possibilita di produrre piu coerenze, come detto, e data dalla rottura del vincoloformale. Proprio per questo motivo non si puo sostenere che una coerenza abbiaun valore qualitativamente diverso rispetto ad un’altra, ma si possono senz’altrosostenere la pertinenza e la rilevanza di una coerenza rispetto ad un’altra, in basealle questioni poste.

Nel capitolo terzo, si e visto che, mantenere il vincolo formale porta a pensarela pluralita all’interno di un singolo modo in cui deve e puo prodursi. Di qui, ognidifferenza e pensata o riconducibile ad un’unita soggiacente. In altri termini, inquesto caso ci si trova irrimediabilmente dentro ad una dinamicita chiusa.

Dalla prospettiva che e emersa in questi ultimi paragrafi, la rottura del vincoloformale porta con se la possibilita di produrre coerenze diverse in grado di rendereconto in maniera diversa dello stesso mondo. In questo senso, costruire piu coerenzevuol dire costruire piu storie, non solo tracciare diversi confini, ma tipi diversi diconfine25.

Dalla configurazione del linguaggio, cosı come e emersa nel capitolo precedente,si comprende facilmente che coerenze diverse non sono necessariamente completa-mente diverse tra loro, tali che non sia possibile confrontarle. Anche qui si trattadi individuare o ridefinire un problema ed un contesto, a partire dai quali anchequesto tipo di questione puo evitare di essere astrattamente e sterilmente discussa.

In questo senso, piu storie, intese come modi di ordinamento del reale diversi,possono intrecciarsi in vario modo26. Nonostante le differenze profonde tra lafisica newtoniana e quella einsteiniana, ci si muove sempre all’interno della fisicaclassica27.

24Se fosse semplicemente esterna sarebbe qualcosa di astratto e del tutto indeterminato, al difuori di ogni contesto problematico.

25Estrapolando un passo dalle Ricerche filosofiche ed introducendolo in questo contesto, si puodire: “Ma quando si traccia un confine si possono avere diverse e svariate ragioni. Se delimitoun’area con una siepe, con una linea, o in qualche altro modo, cio puo avere lo scopo di non farentrare o di non far uscire qualcuno; ma puo far parte anche di un giuoco nel quale i giocatoridebbano, per esempio, saltar oltre il confine; oppure puo indicare dove termina la proprieta diuna persona e ha inizio quella di un’altra, ecc. Percio, tracciando un confine, non si dice ancoraperche lo si traccia” (Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 499).

26Wittgenstein e esplicito a questo proposito quando afferma: “La spiegazione storica, laspiegazione come ipotesi di sviluppo e solo un modo di raccontare i dati - della loro sinossi. Eugualmente possibile vedere i dati nella loro relazione reciproca e riassumerli in una immaginegenerale che non abbia la forma di un’ipotesi sullo sviluppo cronologico” (cfr. Ludwig Wittgenstein.Note sul “Ramo d’oro” di Frazer. Milano: Adelphi, 2006, p. 28).

27Si puo pensare, ad esempio, al fatto che le proprieta di un oggetto esistono oggettivamente,al di la del processo di misurazione.

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Concetto e possibilita 169

Un esempio ancora piu illuminante e proprio dato dalla fisica approfonditain questo lavoro. Se, infatti, si pensano la linearita e la non-linearita come duecoerenze, due storie, si puo senz’altro sostenere che, almeno da un punto di vistapratico, esse coincidano fino all’ormai noto 1

λ . Per dirla con Wittgenstein, si e difronte a due giochi che hanno molti tratti comuni, pur essendo nettamente distintida altri punti di vista.

Oltre a cio c’e ancora una cosa da sottolineare, vale a dire che diverse coerenzenon si collocano necessariamente in una successione temporale. Esse, infatti,possono benissimo essere pensate come contemporaneamente presenti.

Questo vuol dire che possono essere prodotte piu coerenze da uno stesso contestoproblematico, in quanto e possibile produrre concetti diversi di qualcosa che siconcentrano su differenti aspetti.

La molteplicita, in generale, puo darsi come rapporto, compresa all’interno diuna dinamicita chiusa, e come relazione, al di la di un vincolo formale28.

Questo vale non solo nel momento in cui, dato un contesto, sorge un problema,ma anche e soprattutto nel momento in cui nello stesso contesto si confrontanodue coerenze diverse, due concettualita diverse. Di due persone, per esempio, puobenissimo darsi che, contemporaneamente e sotto il medesimo rispetto, l’una siacieca all’anatra, l’altra sia cieca alla lepre. Coerenze diverse sono, normalmente,contemporaneamente presenti rispetto ad uno stesso determinato contesto e/o aglistessi problemi. �Ma qui dobbiamo guardarci dal credere che, corrispondentementealla natura del caso, esista una totalita di tutte le condizioni (per esempio, delcamminare) cosı che quando tutte queste condizioni siano soddisfatte egli, per cosıdire, non possa far altro che camminare29�.

Questo passo s’inscrive molto bene in quanto detto in quest’ultimi paragrafi.Anche e non solo al di la di esso, si puo dire che ciascuno, anche se condividela stessa regionalita strutturata con altri, non per questo, in situazioni identiche,debba formarsi idee identiche a quelle degli altri.

�Ci sono, per esempio, stili pittorici che non mi comunicano nulla in questomodo immediato, ma che tuttavia comunicano qualcosa ad altri uomini. Io credoche qui l’abitudine e l’educazione abbiano da dire la loro30�.

Sono proprio le “sottili differenze” culturali che fanno la differenza, in quantorendono possibili idee divergenti o identita concettuali diverse.

Tali identita concettuali diverse spesso rappresentano, nella scienza e nonsolo, dei modi diversi ed ugualmente e contemporaneamente legittimi di costruirecoerentemente approcci diversi ad un problema31.

In base a quanto detto, e possibile confrontare quadri concettuali diversi, senzacon questo dover restare legati al suolo dal quale sono nati, senza dover li risolverein un’unica direzione ed in un unico spazio concettuale.

28E sottintesa, naturalmente, la possibilita che si abbiano piu tipi di rapporto e di relazione.29Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 183.30ibid., § 265.31Nel prossimo capitolo, facendo un cenno alla meccanica quantistica, proporro proprio un

esempio in questa direzione.

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170 Concetto e possibilita

All’interno di un confronto, i confini, e/o le zone di confine, delimitano siaspazi all’interno dei quali vigono piu giurisdizioni sia spazi vuoti. A mio modo divedere, proprio approfondendo le somiglianze usuali e possibile eludere il vincoloformale e dare nuova forma a confini sempre piu condivisi, in quanto, proprio il loroapprofondimento puo dar luogo a somiglianze differenti ed innovative, sempre peruno scopo e a partire da un crampo mentale reale e da un contesto determinato.Gia se si considera uno stesso problema a partire da diverse prospettive e da scopidiversi i suoi confini cambiano radicalmente; e proprio in una tale situazione che ledifferenze possono interagire.

I due passi citati, ed in particolar modo il primo, nella prospettiva che e emersain queste pagine, mostrano che, individuare le condizioni di possibilita di qualcosanon vuol dire necessariamente risolvere un evento, se non dall’interno di unaregionalita strutturata. E, infatti, attraverso un metodo che si giunge a riconoscerequalcosa come condizione di possibilita di qualcos’altro, in questo senso e possibilegiungere a cogliere non piu che differenze. Di qui, giungere a vedere anche lalepre, dopo aver visto di primo acchito l’anatra, non permette di parlare dellatotalita degli aspetti, poiche in questo modo, surrettiziamente, si escludono altripossibili o, se si vuole, impossibili sensi. Nella prospettiva nella quale il concetto sicostruisce per sottrazione, bisognerebbe parlare, a rigor di termini, di una generalitadi aspetti.

Il punto e che sta tutto lı, contemporaneamente presente, in vista; basta sologuardare, ma per vedere bisogna irrimediabilmente presupporre qualcosa, senzache pero si possa assumere qualcosa di puro od originario. Proprio la comprensionedi questi limiti permette concretamente di pensare differenze.

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Capitolo 7

Dinamicita chiusa del rapporto e della re-

lazione

Da quanto e emerso sin qui si puo affermare che le teorie scientifiche non fondanola conoscenza del reale, ma sono l’istituzionalizzazione e la formalizzazione di unmodo di vedere o di approcciarsi ai fenomeni naturali, che risulta particolarmenteutile. Cio vuol dire che non ci si trova di fronte ad una prassi che appartiene aduna teoria e che in essa si risolve completamente. Si tratta, infatti, di una prassiche e costituzione di un significato che puo essere successivamente istituzionalizzato.Questo processo mostra che il concetto di qualcosa si ottiene per sottrazioneconcentrando, nello specifico, l’attenzione su determinati aspetti della cosa. Ciovale sia laddove ci si riferisca ad un fenomeno specifico sia laddove sono in questionei criteri di riconoscibilita e/o di scientificita di un oggetto. A partire da cio, sicomprende che, nella prospettiva discussa, diventa un errore categoriale pensareil concetto per sottrazione come qualcosa che penetra in una presunta “essenza”della cosa. Wittgenstein e particolarmente illuminante quando afferma:

“Se e un calcolo, lo adottiamo come tale, facciamo di esso una regola. Facciamodella sua descrizione la descrizione di una norma. [. . . ]. Esso ci fornisce un modoper descrivere esperimenti, dicendo in che misura si discostano da esso. [. . . ]. Unavolta che abbiamo conferito ad esso il nome di �calcolo�, esso diventa un quadrocompleto, che ci serve da campione e ci fornisce la terminologia per descriveregli esperimenti. Potremmo aver adottato 2 + 2 = 4 per il fatto che due pallineinsieme con altre due palline bilanciano quattro palline. Ma, una volta adottata,quell’espressione assume una posizione di superiore distacco rispetto all’esperienza,viene, per cosı dire, pietrificata1”.

“Tractatus logico-philosophicus, 4.5: �La forma generale della proposizionee: E cosı e cosı�. - Questo e il tipo di proposizione che uno ripete a se stessoinnumerevoli volte. Si crede di star continuamente seguendo la natura, ma in realtanon si seguono che i contorni della forma attraverso cui la guardiamo2”.

1Cfr. idem, Lezioni sui fondamenti della matematica, p. 103. E bene ribadire nuovamente cheil punto della questione non e cercare di rigettare le pietrificazioni, ma di pensarle all’interno dispazi di possibilita e non nell’eterno dualismo concetto-oggetto.

2Cfr. idem, Ricerche filosofiche, § 114. Mi pare estremamente interessante riproporre qui unpasso gia citato: “Si predica della cosa cio che e insito nel modo di rappresentarla. Scambiamo la

171

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172 Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione

In questo senso e possibile guardare le cose in tante maniere diverse non implicadistinzioni di rango3, a meno che non ci si muova all’interno di una dinamicitachiusa strutturata, vale a dire in uno spazio in cui le possibilita risultano esseregia costituite. Come e emerso discutendo del concetto di rapporto, questo tipo diatteggiamento non e necessariamente la riproposizione di uno spazio dell’essenza; epossibile, infatti, pensare ad una dinamicita chiusa del rapporto, alla costituzionedi uno spazio di possibilita predeterminabili, ma non per questo essenziali.

Da questa prospettiva, se si considera la serie

“12, 14, 13. . . [si tratta] di una tecnica estremamente poco pratica, ma nonsbagliata. Supponiamo che nella mia matematica io ometta sistematicamente il13. Si potrebbe obiettare che a) essa e inservibile, b) che e priva d’interesse. Ein circostanze normali sarebbe proprio cosı. Ma se ci fosse gente terrorizzata dalnumero 13, questa matematica potrebbe essere di grande importanza4”.

Di qui, sia il significato sia la sua istituzionalizzazione possono emergere, comedetto, dal fatto che elementi si trovano collegati per qualche uso, all’internodi una prassi. Come ho sottolineato piu volte, ci sono molti modi di un tale“stare assieme”, i quali, a loro volta, costituiscono uno o piu spazi di possibilita.Di conseguenza, per quanto riguarda il significato, non si tratta tanto di porrel’attenzione sull’univocita di una definizione o di un’identita ricorrente, quantopiu si tratta di porre l’attenzione sugli spazi di possibilita costituiti dell’oggettoche s’intende conoscere. Cio sta a ribadire che, dalla mia prospettiva, non solobisogna riferire il significato ad una pratica, in questo caso matematico-scientifica,ma lo stesso significato va pensato come possibilita, come costituzione di spazi dipossibilita. Il modo di una tale istituzione dipende dal modo in cui sono “tenutiinsieme” gli elementi di una regionalita strutturata, o come rapporto o comerelazione. E bene sottolineare anche il fatto che, per quanto riguarda il rapporto sitratta di spazi costituiti per sottrazione, poiche si corre il rischio di considerareuna generalita di aspetti come se fosse una totalita.

Vale la pena sottolineare ancora una volta questo punto e, per farlo, ricor-rero nuovamente alle Osservazioni sui colori. A questo proposito, mi pare utileconsiderare insieme i seguenti passi:

“Se per i colori esistesse una teoria dell’armonia questa dovrebbe incominciarecon una ripartizione dei colori in gruppi, e dovrebbe vietare certe mescolanze o certiaccostamenti e permetterne altri. E come la teoria dell’armonia, non darebbe unafondazione [begrunden] alle proprie regole5”.

“Non vogliamo trovare nessuna teoria dei colori (ne una teoria fisiologica ne unateoria psicologica) ma la logica dei concetti di colore. E questa riesce a fare quelloche, spesso a torto, ci si e aspettati da una teoria6”.

possibilita del confronto, che ci ha colpiti, per la percezione di uno stato di cose estremamentegenerale (ibid., § 104)”.

3In questa prospettiva va interpretata, a mio modo di vedere, la polemica contro la necessita diconoscere attraverso l’individuazione di nessi causali. Generalizzando, si puo dire che la causalitacostituisce un modo di tenere insieme elementi per una descrizione, per una conoscenza.

4Cfr. Wittgenstein, Lezioni sui fondamenti della matematica, p. 87.5Cfr. idem, Osservazioni sui colori , I § 74.6Cfr. ibid., III § 188.

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Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione 173

“Le difficolta in cui c’imbattiamo riflettendo sull’essenza dei colori [. . . ] risiedonocertamente in questo: che non abbiamo soltanto un concetto di eguaglianza fra icolori, ma ne abbiamo parecchi tra loro affini7”.

“Non esiste il concetto puro di colore8”.

Il fatto che non ci sia il concetto di colore, vale a dire qualcosa di fisso o di fissatouna volta per tutte, dal quale far discendere univocamente tutte le caratteristichedei colori (tutte le possibilita), non e necessariamente un problema. Un tale statodi cose, al contrario, risulta essere una risorsa, in quanto permette di mostrare che,anche laddove si volesse costruire una teoria, questa si limiterebbe a prescriverecerte relazioni tra i colori piuttosto che altre, ma in se sarebbe infondanta. Questoperche si tratterebbe di una istituzionalizzazione di una particolare “logica” deicolori.

A mio modo di vedere, e possibile interpretare una tale “logica” come lo stareassieme di relazioni tra i colori. Naturalmente, come mostrano i passi, sono possibilipiu logiche dei colori, di conseguenza sono possibili piu modi di tenere assieme icolori. Una tale plurivocita non ha un senso negativo in quanto non e presuppostoalcun concetto puro ed univoco di colore che in tal modo viene reso vago. Essarappresenta una risorsa in quanto permette la proliferazione di piu significati diversi,in piu regionalita strutturate.

Ciascuno di essi, pertanto, indichera una logica diversa, una coerenza diversa,che tiene insieme i colori.

Piu in generale, ciascun modo di tenere assieme i colori non farebbe altro checostruire l’oggetto con cui si ha a che fare ed il suo significato, vale a dire essomostra un modo specifico di avere a che fare con l’oggetto in questione, in altritermini lo pensa in spazi di possibilita determinati, in dinamicita chiuse.

Se mi fermassi qui si potrebbe avere l’impressione che la molteplicita di pro-spettive sia pensabile solo attraverso il concetto per sottrazione e la dinamicitachiusa del rapporto.

Dal confronto tra la meccanica moderna e quella posteriore a Poincare e emersasia una messa in discussione dei vincoli contenutistici sia di quelli formali. In questosenso, la meccanica non-lineare non sostituisce un nuovo contenuto ad uno vecchio,ma introduce elementi e criteri di scientificita diversi; basti far riferimento allanetta opposizione tra la valutazione di Lagrange e quella di Poincare in merito allapertinenza di studi e strumenti geometrici e qualitativi.

Da questa prospettiva, rispetto all’approccio di Lagrange e Laplace, quello diPoincare certamente rende piu vaga la distinzione tra ordine e caos, tuttavia talevaghezza e risultata essere una risorsa, se si considerano i risultati conseguiti attra-verso lo sviluppo della via intrapresa da Poincare stesso. L’approccio non-lineare,rispetto al precedente, rappresenta una coerenza diversa, ma non necessariamentecontraddittoria; essa, in altri termini, tiene assieme gli elementi di una dinamica inmaniera diversa. Essa e un diverso modo di considerare un sistema non-lineare,

7Cfr. ibid., III § 251.8Cfr. ibid., I § 73.

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174 Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione

rispetto al quale l’approccio precedente non risulta necessariamente sbagliato,proprio come per la serie “12, 14, 13” citata.

Rendere conto di una tale diversita e mantenerne aperta la possibilita e possibile,a mio giudizio, se si pensa la costituzione del concetto di qualcosa per sottrazionee se si considera il legame tra l’oggetto ed il suo concetto dal punto di vista dellapossibilita, per cui anche una tale opposizione s’incrina.

La scelta di discutere due diversi approcci alle dinamiche non-lineari e, secondome, particolarmente felice proprio in quanto mostra che due concettualita diversenon sono di necessita mutualmente esclusive. Tra di esse si possono individuarenumerose somiglianze ed altrettante differenze. Il che vuol dire che, per certiaspetti, si sottolineano differenze nel modo di affrontare i fenomeni non-lineari.

Insomma, mutatis mutandis, �in certe circostanze potrebbe essere di grande uti-lita contare diversamente; ad esempio, nel caso in cui le cose sparissero regolarmentein certe maniere9�.

In questo senso, la meccanica non-lineare non solo tiene insieme diversamentegli elementi della meccanica di stampo lagrangeano-laplaceana, ma tiene insiemeelementi diversi, differenziandosi cosı non poco.

Ormai sara chiaro che il confronto appena riproposto non va confuso, per dirlacon Wittgenstein, con uno “stato di cose estremamente generale”.

Se i risultati del calcolo non sono la natura “purificata” e colta nella sua essenza,ma rappresentano una semplificazione, allora non e sempre possibile costituire unospazio di possibilita i cui elementi debbano essere prima di tutto distinti e separatiper poi poter essere pensati.

In altri termini, al di la del rapporto, si tratta ora di chiarire la dinamicitachiusa della relazione.

Da quanto detto nella seconda parte del presente lavoro, si comprende gia acosa mi riferisco. Prima di ribadirlo mi sembra opportuno proporre un esempio ingrado sia di chiarire ulteriormente la questione sia di testare gli strumenti filosoficidiscussi in questo lavoro, in quanto non sono solo applicabili al contesto fisicoprincipale di riferimento.

7.1 La realta tra effettualita e potenzialita

In riferimento alla fisica discussa, ho mostrato come il vincolo formale ed il vincolocontenutistico costruiscano un certo tipo di oggetto e di realta e come, attraverso lapresentazione perspicua, si possa rendere palese lo specifico spazio di possibilita cuidanno luogo. Per quanto riguarda la fisica che ruota attorno all’analisi algebrica,essa, per essere tale, deve descrivere e comprendere il suo oggetto nei modi espostinel primo capitolo, attraverso una determinata configurazione del vincolo formalee del vincolo contenutistico.

Si e visto, in opposizione a cio, che il concetto di qualcosa, ottenuto persottrazione, rappresenta un modo di guardare e di costituire un oggetto. In questo

9Cfr. idem, Lezioni sui fondamenti della matematica, p. 87.

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senso possono essere “tenuti insieme” elementi considerati profondamente eterogeneiin grado di far emergere un significato nuovo che, come per i colori, puo essereistituzionalizzato in modi diversi a seconda dell’utilita e del contesto. In secondoluogo, possono anche darsi modi diversi di “tenere insieme” gli stessi elementi diun sistema.

Da cio si comprende che gli spazi di possibilita possono essere pensati comedinamicita chiusa del rapporto o della relazione. Nel primo caso si tratta diconsiderare gli elementi come distinti e separati, nel secondo come distinti edinseparabili. In quest’ultimo caso il significato, pensato come possibilita, si da soloa partire dall’interazione, dall’atto di tenerli assieme e dal considerarli come untutto che risulta incomprensibile se lo si legge esclusivamente a partire dall’analisidelle sue parti.

Quest’ultimo aspetto puo essere ulteriormente mostrato applicando i risultatifilosofici ottenuti ad un problema specifico della meccanica quantistica, il problemadel presunto “salto” tra mondo microscopico e mondo macroscopico.

Compiere un’operazione di questo genere e particolarmente interessante perchequesto problema, nonostante sia lontano da una soluzione definitiva, permettedi cogliere in fieri il confronto-scontro tra “logiche” fisiche ed interpretazionidei quanti diverse, nessuna delle quali si e ancora imposta definitivamente sullealtre. E interessante, infatti, notare che alcune interpretazioni “emergentiste10” delproblema trovano una via d’uscita proprio considerando le contraddittorie legalitadella fisica classica e di quella quantistica a partire dalla loro relazione. In altritermini, proprio il fatto di considerarle come distinte ed inseparabili permetterebbe11

di superare il problema del salto dal microscopico al macroscopico.In particolare e interessante confrontare, sia pur brevemente, come si cerca di

risolvere il problema della realta nel mondo classico ed in quello quantistico. Nel farequesto non intendo minimamente essere esaustivo, semplicemente intendo mostrare,prendendo spunto da un’argomentazione di Heisenberg, un’applicazione possibiledei risultati filosofici ottenuti ad un problema di grande interesse ed attualita, inmodo da chiarire meglio alcuni concetti esposti in questi ultimi capitoli.

La distinzione tra il concetto di realta classico e quello quantistico e lucidamenteindividuata e chiaramente espressa da Heinseberg12:

“noi �oggettiviamo� un’affermazione se pretendiamo che il suo contenuto nondipenda dalla condizione sotto la quale essa puo essere verificata. Il realismo praticosostiene che ci sono delle affermazioni che possono essere oggettivate e che in effettila massima parte della nostra esperienza della vita d’ogni giorno consiste di tali

10Muto questo termine da Niccolo Guicciardini e Gianluca Introzzi. Fisica quantistica. Unaintroduzione. Roma: Carocci, 2007, p. 261.

11Il condizionale, ora piu che mai, e d’obbligo in quanto esistono posizioni diverse sull’argomento.12Sul problema della realta tra fisica quantistica e fisica classica rimando a Silvano Tagliagambe.

L’epistemologia contemporanea. Roma: Editori Riuniti, 1991. Inoltre, e molto interessante ilrecupero e l’approfondimento della distinzione kantiana tra “realta” come categoria della “qualita”e come “categoria” della modalita, allo scopo di recuperare un senso di realta diverso dall’effettua-lita. Cosı: “le modalita dell’essere non dicono che cos’e l’oggetto, cio che sta di fronte al soggetto,ma come sta in rapporto col soggetto medesimo (cfr. ibid., p. 212)”.

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affermazioni. Il realismo dogmatico pretende che non ci siano asserzioni riguardantiil mondo materiale che non possano essere oggettivate. [. . . ]; in realta la posizionedella fisica classica e quella del realismo dogmatico. [. . . ]. Specialmente in fisica[classica], il fatto che noi possiamo spiegare la natura per mezzo di semplici leggimatematiche ci dice che abbiamo a che fare con caratteri genuini di realta, e non conqualche cosa che abbiamo – in qualsiasi significato del termine – inventato noi stessi.[. . . ]. Ma proprio la teoria dei quanta e un esempio della possibilita di spiegare lanatura per mezzo di semplici leggi matematiche senza dover poggiare su quella base.[. . . ]. La scienza naturale e in effetti possibile senza la base del realismo dogmaticola base13”.

In altri termini, Heisenberg individua nel “realismo dogmatico” un vincoloformale, in quanto esso e qualcosa che riguarda il legame tra matematica e naturaed il modo in cui dovrebbe essere una teoria per essere considerata scientifica.Individuando nel concetto di realta della fisica classica una possibilita ed un limitedella fisica classica, egli afferma che all’interno di uno spazio di possibilita siffattonon sia possibile spiegare in toto i comportamenti quantistici. Infatti, �il realismopratico e sempre stato e sara sempre parte essenziale della scienza della scienzadella natura. Il realismo dogmatico, invece, non e [. . . ] una condizione necessariaper la scienza naturale14�.

Una legge fisica classica ed un corrispondente principio filosofico pensano ilreale come effettuale e su di esso ricalcano il possibile. Se si considera una leggefisica che descrive la traiettoria di un corpo, si puo dire che essa permette di sapere,con un determinato margine di precisione, dove si trova ad un tempo t. Essa rendeconto di tutte le possibili posizioni che effettualmente il corpo puo avere. Tuttequeste possibilita sono passibili di diventare effettuali, proprio perche questo tipo direalta e cio di cui la legge deve dar conto. All’interno della fisica classica, una leggedeve render conto della realta qui ed ora, secondo le modalita che si accordano adun mondo cosı come si presenta alla percezione dell’esperienza comune.

In altri termini, all’interno di una concezione che costruisce un oggetto facendoriferimento ad una effettualita, la possibilita viene pensata come l’insieme delleeffettualita possibili, pensate nella generalita di una legge che contempla, appunto,la totalita, intesa come somma, del fenomeno effettuale. In caso contrario, diun oggetto non si avrebbe un’adeguata conoscenza scientifica, all’interno dellestrutture della regionalita in questione. In tal senso, si vede bene come la fisicaclassica costruisca il proprio oggetto e la propria realta. Come ripetuto piu volte,e come sottolinea Heisenberg, e possibile pensare una fisica che non contempli ildetto vincolo formale.

Rispetto a quanto detto, se la non-linearita introduce strumenti di tipo quali-tativo e geometrico all’interno della fisica classica, la meccanica quantistica dicequalcosa di diverso in un altro senso; essa ammette possibilita che non rientranonell’effettualita o che la arricchiscono, a seconda dell’interpretazione che se ne da.

13Cfr. Werner Heisenberg. Fisica e filosofia. Milano: Il Saggiatore, 2003, pp. 100-101. Heisenberg,in queste stesse pagine distingue anche un “realismo metafisico”, sostenendo che esso “compieancora un passo al di la del realismo dogmatico affermando che �le cose esistono realmente�”.

14Cfr. ibid., p. 100.

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Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione 177

Di certo essa costruisce qualcosa di diverso rispetto all’effettualita cosı come e statapresentata, ed in particolare configura in maniera diversa il modo di concepire ilconcetto di realta.

Una chiara e fruibile esemplificazione di tutto cio e data dal celebre esperimentodel gatto di Schrodinger (figura 5).

“Un gatto e posto all’interno di una camera d’acciaio assieme al seguentediabolico marchingegno: in un contatore Geiger c’e una piccola quantita di disostanza radioattiva, in modo tale che forse nell’intervallo di un’ora uno degli atomidecadra, ma anche, con uguale probabilita nessuno subira questo processo; [. . . ]se questo accade il contatore genera una scarica e attraverso un relais libera unmartello che frantuma un piccolo recipiente di vetro che contiene dell’acido prussico.Se l’intero sistema e rimasto isolato per un’ora, si puo dire che il gatto e ancoravivo se nel frattempo nessun atomo ha subito un processo di decadimento. Ilprimo decadimento l’avrebbe avvelenato. La funzione d’onda del sistema completoesprimera questo fatto per mezzo della combinazione lineare di due termini che siriferiscono al gatto vivo e al gatto morto, due situazioni mescolate o sfumate inparti uguali15”.

Figura 7.1: Il gatto di Schrodinger

Anche e soprattutto chi non si occupa di meccanica quantistica non puo nonnotare qualcosa di strano: la fisica dei quanti ammette la possibilita o, meglio, larealta che il gatto sia vivo e morto. Ora, come tutti gli esperimenti mentali e gliesempi al limite, quello del gatto, oltre che a presentarsi in se e per se come problema,serve innanzitutto a mettere a fuoco un problema che, nel caso specifico si puoesprimere come segue. Il punto e capire se e, eventualmente, come possono essere“tenuti assieme” i, pur contraddittori, macroscopico e microscopico. In altri termini,se il gatto non puo essere effettualmente in uno stato di sovrapposizione, seguendoHeisenberg bisogna capire cosa descrive la meccanica quantistica e, ammessa lasua correttezza, come si possa giungere al gatto vivo o (= aut) al gatto mortoattraverso la misurazione, visto che, una volta aperta la camera d’acciaio, il gattosara o meno ancora tra noi, e tertium non datur.

15Cfr. Gian Carlo Ghirardi. Un’occhiata alle carte di Dio. Milano: Il Saggiatore, 2009, p. 331che a sua volta cita le parole di Schrodinger.

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Il fatto che la meccanica quantistica descriva la possibilita che il gatto siavivo e morto deriva dal fatto che l’equazione di Schrodinger e lineare e, pertanto,gli stati del gatto sono “sovrapposti”16. Inoltre, se nella fisica classica cio che sicalcola e cio che si misura ed e cio che appartiene oggettivamente all’effettualita diun oggetto, nella fisica dei quanti cio che si calcola (equazione di Schrodinger acoefficienti complessi in spazi di Hilbert) non e cio che si misura (valori che sononumeri reali)17. In altri termini, �la teoria [dei quanti] e formulata in modo taleche essa non parla in generale delle proprieta possedute dai sistemi ma solo delleprobabilita di trovare certi esiti se si eseguono misure mirate ad identificare i valoridelle proprieta cui siamo interessati18�.

La linearita dell’equazione di Schrodinger e la probabilita quantistica impongonodi ripensare il concetto di realta, senza per questo dover necessariamente rinnegareil precedente. In particolare, i problemi si concentrano attorno alla sovrapposizione,dato che che nessuno ha mai visto il gatto di Schrodinger “passeggiare” per unacitta. In questo senso, si puo iniziare a comprendere che anche la meccanicaquantistica, in parallelo con la fisica classica, costruisce un proprio oggetto eduna propria realta. I problemi, come detto, nascono dalla difficolta di spiegare ilcomportamento classico dei macro-oggetti a partire da un substrato quantistico.

Quello che si cerca e, secondo alcuni fisici, un confine o una zona di confine chedivida i territori del macroscopico e del microscopico, nei quali far vigere le duegiurisdizioni, possibilmente senza sconfinamenti.

“Quando si parla di confine preciso, nessuno pretende che esista un criteriodi demarcazione perfettamente definito che consenta di asserire: fin qui vale lameccanica quantistica, oltre questa linea vale la riduzione del pacchetto. Per confinepreciso si intende che la teoria dovrebbe contenere almeno un parametro che definiscauna scala che consenta di valutare quando sia legittimo usare le equazioni lineari,quando usarle risulti approssimato e quando risulti decisamente errato19”.

Probabilmente il confine va individuato cercando di produrre una presentazioneperspicua delle possibilita della dinamicita chiusa della fisica classica ed in quellaquantistica. Un tale compito puo essere affrontato da molti punti di vista. Heisen-berg, come visto, cerca di tracciare nuovamente il confine del concetto di realta.Questo perche i risultati raggiunti dalla meccanica quantistica pongono una seriedi questioni essenziali alle quali la fisica classica non puo rispondere e che pertantoimpongono di affrontare l’oggetto e la realta fisica in un modo diverso.

In altri termini, lo spazio di possibilita della fisica classica non e tale darispondere alle esigenze quantistiche, nonostante che “i concetti della fisica classica

16Senza entrare troppo nei dettagli, e possibile spiegare questa frase cosı: “L’equazione [diSchrodinger] e [. . . ] �lineare�. Che cosa significa? Il fatto che l’equazione [Ψ] sia lineare implicache, se ψ1 e ψ2 sono due soluzioni, allora possiamo ottenere un’altra soluzione ψ combinandolelinearmente: ψ = c1ψ1 + c2ψ2, dove c1 e c2 sono due costanti. Si dice che ψ rappresenta uno�stato di sovrapposizione� ψ1 e ψ2” (Cfr. Guicciardini e Introzzi, op. cit., p. 149).

17Cfr. Giuseppe Longo. “Incompletezza”. In: Per la Matematica. Vol. 4. Torino: Einaudi, 2010.18Cfr. Ghirardi, op. cit., pp. 326-327.19Cfr. ibid., pp. 327-328.

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formino il linguaggio per mezzo del quale descriviamo la preparazione dei nostriesperimenti e ne esprimano i risultati20”.

Ora, una volta compresa la tonalita che colora il vedere, non si tratta diprocedere verso un illusorio vedere “puro”, ma di provare a guardare in unadifferente prospettiva, non necessariamente chiusa in se stessa, producendo econfrontando giochi linguistici, vale a dire “termini di paragone”. I passi seguentiprecisano la concreta direzione di Heisenberg:

“Il mutamento del concetto di realta che si manifesta nella teoria dei quantanon e una semplice continuazione del passato; esso appare come una vera rotturanella struttura della scienza moderna21”.

“Se si considera la parola �stato� come esprimente un potenzialita piuttostoche una realta – si puo anche semplicemente sostituire il termine �stato� coltermine �potenzialita� – allora il concetto di �potenzialita coesistenti� e del tuttoplausibile, giacche una potenzialita puo implicare altre potenzialita o sovrapporsi adesse. [. . . ]. Negli esperimenti sugli eventi atomici noi abbiamo a che fare con cose efatti, con fenomeni che sono esattamente altrettanto reali quanto i fenomeni dellavita quotidiana. Ma gli atomi e le stesse particelle elementari non sono altrettantoreali; formano un mondo di possibilita e di potenzialita piuttosto che un mondo dicose e di fatti22”.

“I simboli matematici con cui descriviamo queste situazioni osservative rappre-sentano, piu che fatti, possibilita. Si potrebbe dire che rappresentano uno stadiointermedio tra il possibile ed il fattuale23”.

Rispetto all’uso classico del concetto di realta, intesa come effettualita, quellodi Heisenberg puo esser pensato come un abuso legittimo che, quindi, impone unarilettura del concetto di realta in quanto lo spazio di possibilita della fisica classica,in cui assume significato, non e in grado di rendere conto della realta intesa comepotenzialita. In generale, si pone il problema di pensare il fatto che la matematicadella teoria dei quanti renda conto di qualcosa che non e oggettivabile, nel sensoche si pone fuori sia del vincolo del realismo dogmatico sia di quello metafisico.

A cio si aggiunge la difficolta di tenere assieme la legalita classica e quellaquantistica. In altri termini, i problemi posti ruotano in primo luogo attorno acome pensare la sovrapposizione di stati del gatto e, in secondo luogo, attorno acome si possa passare, per cosı dire, dal gatto potenziale al gatto effettuale.

Proprio qui entra in gioco la decoerenza. Essa, infatti, e un tentativo di spiegaree tenere assieme potenzialita ed effettualita24.

In maniera schematica si puo dire che la decoerenza permette di passare dallapotenzialita quantistica alla possibilita classica attraverso un processo che mi

20Cfr. Heisenberg, op. cit., p. 58.21Cfr. ibid., p. 41.22Cfr. ibid., p. 217.23Cfr. Werner Heisenberg. Fisica e oltre. Torino: Bollati Boringhieri, 2008, p. 144.24Come e accaduto nel Settecento riguardo la questione della validita del discusso 1

r2newtoniano,

anche per quanto riguarda questi problemi quantistici, e non solo, esiste un acceso dibattito,tutt’altro che concluso. Accanto alla decoerenza si pongono altri alternativi modi di affrontarequesto problema. Nei termini del capitolo precedente, si vede bene come esistano coerenze diversecontemporaneamente presenti. Cfr. Guicciardini e Introzzi, op. cit., pp. 258-264 e cfr. Ghirardi,op. cit., pp. 339-372.

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accingo a trattare per cui, appunto, si perde la coerenza quantistica. Di qui,attraverso la misurazione avviene il collasso della funzione d’onda25 per cui ilgatto appare effettivamente vivo o (aut) morto. Prima di entrare, brevemente,nel dettaglio dell’effetto di decoerenza, che permettera di descrivere il sistema checostituisce il gatto di Schrodinger, e necessaria un’importante precisazione.

Nel discorso svolto in questo paragrafo ho introdotto i concetti di possibile,reale e potenziale. Da un punto di vista fisico si potrebbe pensare, anche in basead alcuni passi di Heisenberg, che il potenziale sia, per cosı dire, una specie di“meta-possibile”. Una simile caratterizzazione non sembra molto precisa, in quantoesistono oggetti macroscopici che mantengono un comportamento quantistico. Inquesto senso, la descrizione quantistica puo assumere un senso di realta fisica bendefinita. Mi riferisco ai super conduttori cui sto per fare cenno. In tal senso, mipare utile far riferimento ad uno sviluppo possibile di questo tema nelle stesseparole di Heisenberg: �Il realismo pratico sostiene che ci sono delle affermazioni chepossono essere oggettivate e che in effetti la massima parte della nostra esperienzadella vita d’ogni giorno consiste di tali affermazioni. Il realismo dogmatico pretendeche non ci siano asserzioni riguardanti il mondo materiale che non possano essereoggettivate26�.

Dopo una simile puntualizzazione, che meriterebbe ulteriori approfondimentifisico-filosofici, e giunto il momento di trattare piu da vicino l’effetto di decoerenza.

7.1.1 L’effetto di decoerenza

L’oggetto in generale (il gatto) consiste formalmente di due sistemi dinamici: unodescrivibile da coordinate collettive (il complesso macroscopico) e l’altro da coordi-nate microscopiche. Essi sono detti rispettivamente: sistema collettivo e ambiente.Quest’ultimo puo essere inteso sia come esterno sia come interno all’oggetto, inquest’ultimo caso fa riferimento alla sua materia.

Se si considera quest’ultimo caso, si vede bene come il comportamento deisingoli “elementi” che costituiscono il complesso e diverso dal comportamento diquest’ultimo, in quanto i primi sono soggetti a comportamenti quantistici, mentreil secondo e soggetto alla fisica classica.

Volendo sintetizzare tutto cio si puo scrivere:

H = Hc +He

dove H indica il sistema globalmente considerato, mentre Hc e He rappresentano,rispettivamente, la parte macroscopica e la parte microscopica27. Nella formaappena proposta queste vengono meramente giustapposte, senza che si consideri traloro alcun tipo di scambio energetico. In questo caso ci si trova di fronte ad unasituazione precedentemente descritta dalla nozione di rapporto, per la quale due

25Con questo concetto s’intende il risultato del processo di misurazione.26Cfr. Heisenberg, Fisica e filosofia, p. 100.27Cfr. Roland Omnes. The interpretation of quantum mechanics. Princeton: Princeton University

Press, 1994.

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Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione 181

elementi, rispondenti ad due legalita addirittura contraddittorie tra loro, vengonoprima isolati e definiti e poi messi insieme. Dalla prospettiva del problema ches’intende affrontare, questo tipo di approccio non e in grado di offrire alcunasoluzione, in quanto non puo che rimarcare la gia profonda discrasia tra mondomacroscopico e mondo microscopico.

Se, al contrario, si considera Hc e He accoppiati28 o, mutuando la felice espres-sione deleuziana, distinti ed inseparabili e possibile render conto di un effetto di dis-sipazione termica dovuta proprio al fatto di “tenere insieme”, e non semplicementegiustapporre, tali sistemi. Di qui, si puo scrivere:

H = Hc +He +Hint

dove Hint fa riferimento proprio alla dissipazione. Di conseguenza, “sebbeneaccada che le funzioni d’onda ambientali per due stati macroscopicamente differentisiano coerenti ad un certo momento [. . . ], esse diventano ortogonali molto rapida-mente a causa del loro accoppiamento con differenti valori degli osservabili collettivimacroscopici29”. Cosı, il sistema passa da uno stato di coerenza quantistica incui si ha la nota sovrapposizione di stati, per cui il gatto e vivo-o-morto30, alleclassiche possibilita per cui il gatto puo essere vivo o morto31.

La decoerenza e un effetto dinamico che si svolge nella maggior parte dellamateria, ma e estremamente difficile da osservare sperimentalmente. Una “prova”importante, anche se indiretta, a favore della decoerenza e data dal comportamentodei superconduttori, vale a dire di quegli oggetti macroscopici che mantengonoun comportamento quantistico. Essi, infatti, sono caratterizzati da assenza didissipazione.

Per quanto riguarda quest’ultimi, oltre che rimandare ad una presentazionetecnica32, Lindley ha trovato una forma molto chiara ed immediata per spiegare dicosa si tratta. In modo estremamente perspicuo afferma:

“. . . in un superconduttore gli elettroni si muovono in un modo coerente. Inun comune filo di rame come in un superconduttore, la corrente elettrica e unflusso collettivo di elettroni, ma in un filo di rame gli elettroni si accalcano comeuna grande folla di persone che cercano di seguire un corteo in strade anguste.Essi urtano contro gli atomi di rame del filo e si urtano tra loro, e tutte questecollisioni, ostruzioni e diversioni si traducono in una resistenza al flusso. [. . . ]. In unsuperconduttore, invece, gli elettroni abbandonano ogni senso di identita individualee si muovono come un tutt’uno, [nel senso che] si muovono in modo coerente33”.

A questo punto e possibile tornare alla dinamicita chiusa della relazione, inquanto bisogna sottolineare il fatto che nella meccanica quantistica sono le stesse

28Cfr. ibid., pp. 268-322.29Cfr. ibid., p. 269. Traduzione mia.30Con “o” s’intenda il vel, la disgiunzione inclusiva.31Questa seconda “o”, a differenza della precedente, puo esser compresa facendo riferimento ad

aut, la disgiunzione esclusiva.32Cfr. Omnes, op. cit., pp. 409-432.33Cfr. David Lindley. La luna di Einstein. Milano: TEA, 2005, p. 194.

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possibilita ad essere costituite, sia in generale sia nella specificita della preparazionedi un esperimento34. Esse, in altri termini, non sono disponibili a priori.

7.2 Dinamicita chiusa della relazione

Come si sara notato, i temi trattati in questi ultimi paragrafi sono stati espostiutilizzando alcuni strumenti individuati nella parte filosofica di questo lavoro, apartire da effettive esigenze filosofiche e scientifiche trattate nella prima parte. Ciopermette di esplicitare chiaramente cosa d’intende per dinamicita chiusa dellarelazione.

Con essa si sottolinea che un fenomeno diventa comprensibile se si pone atten-zione allo stare insieme di elementi distinti ed inseparabili che si definiscono nelmomento stesso in cui interagiscono. Una siffatta dinamicita e “chiusa” perche,se e vero che il significato emerge dalla pratica del tenere insieme, non bisognadimenticare che tutto cio si svolge a partire da una regionalita strutturata e invirtu di un problema posto35. E, infatti, inutile e sterile far riferimento ad unapossibilita “pura”, tanto piu che ho discusso del significato proprio riconducendoloalla possibilita.

Presi isolatamente, sarebbe impossibile trovare una mediazione tra Hc e He,per il fatto che, cosı considerati, obbediscono a leggi contraddittorie.

Si vede bene come il fatto che il confine sia sfumato non e necessariamente unostacolo, in quanto, rispetto alla fisica classica che e generalmente analitica, lameccanica quantistica presenta forti connotati olistici36, nel senso che il significatoemerge dalla relazione tra elementi, come visto, estremamente eterogenei.

Da un punto di vista metodologico, attraverso la relazione e possibile pensareuno spazio di possibilita, per nulla predeterminabile a priori. In questa direzione,il significato, pensato come pluralita di possibilita, si da nell’atto stesso del tenereinsieme elementi diversi. Esso e, dunque, nella relazione e non puo essere dedottomatematicamente dalla combinazione di segni che, sfuggendo ad una non necessariaoggettivazione, non permetto di sovraordinare nulla di sostanziale alla prassi, comeavviene, dopo l’istituzionalizzazione di una pratica, nel rapporto.

Mi pare che qui emerga bene la differenza, gia sottolineata, tra il modo dipensare la molteplice possibilita proprio del rapporto e della relazione. Cio e insitonel modo in cui tali concetti costruiscono gli spazi di possibilita e nel modo in cuigestiscono tutto cio che eccede e che non puo esser pensato in tali spazi.

34Tra l’altro questo mostra perche, pur parlando di relazione, sia necessario parlare di una“dinamicita chiusa della relazione.”

35Potra sembrare ripetitivo, ma penso che sia fondamentale sottolineare questo aspetto, inquanto e essenziale sgomberare il campo da qualsiasi elemento che possa far confondere la relazionecome un’astratta e sterile apertura di possibilita.

36Il termine “olismo” va pensato all’interno delle precisazioni fatto sul concetto di relazionee in riferimento, di volta in volta, ad ogni singolo esperimento. In tal senso, mi riferisco allapratica del considerare insieme piu elementi, e non necessariamente alla teoria dei quanti nellasua totalita.

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Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione 183

Come visto, per quanto riguarda il rapporto si tratta, in generale, d’inglobarequalcosa di esterno, in larga misura isolando e definendo inediti elementi, o dicreare un’alternativa dinamicita chiusa.

Per quanto riguarda la relazione si tratta, come mostrano bene gli esempi, dipensare l’indistricabilita di elementi eterogenei, di pensare, al limite, l’intracciabilitadi un confine netto che, pero, a dispetto di tutto, rappresenta una risorsa enorme,senza la quale andrebbe persa la comprensibilita di molti fenomeni, non solo fisici.In questo caso, la relazione, in un senso filosofico, in quanto dinamicita chiusa, vaa costituire le stesse possibilita, vale a dire cio in cui si danno i significati puntuali.In tal senso, a seconda di come si “gioca” una relazione si ottengono spazi dipossibilita diversi, indeterminabili a priori, in grado di rendere conto di cio che nelrapporto risulta al limite impensabile.

Per comprendere meglio tutto cio, puo essere utile accostare quanto appenadetto al concetto di metafora. Esiste una nutrita bibliografia sull’argomento, malimitandomi a non piu di qualche parola, si puo far riferimento all’attivita poieticapropria della metafora che, accostando parti del linguaggio che non erano mai statemesse insieme prima, produce giochi diversi ed inediti. In questo senso, moltosi gioca sulla relazione, cioe sul fatto che e possibile prescindere dalla necessitadi una sua istituzionalizzazione (definitoria), pur restando possibile. In questosenso, quanto afferma Wittgenstein sui linguaggi e sulle somiglianze di famiglia,puo benissimo essere applicato al linguaggio scientifico e ai suoi molteplici e diversispazi di pensabilita. In questa sede, naturalmente, non mi posso dilungare suquesto tema perche, oltre alle questioni di filosofia del linguaggio in generale37, sitratterebbe, ancora una volta, ma in senso diverso, di cercare di “tenere assieme”tutto cio con le tematiche emerse in questo lavoro. Nonostante cio, mi pare cheemergano comunque in modo sufficiemente chiaro le linee essenziali del mio discorso.

Detto questo, si puo, brevemente, accennare, a titolo esemplificativo, ad unadistinzione tra paragone e metafora. Nel paragone “Il diamante brilla come il sole”,il significato e dato a priori ed al di la dell’accostamento del diamante al sole. Inquesto senso, il diamante brilla anche prima di essere “accoppiato”38 col sole eviceversa.

L’attivita poietica della metafora, invece, fa riferimento al fatto che il significatonon e dato prima dell’accoppiamento dei termini che la costituiscono, ma si producein una specifica39 relazione, vale a dire dal modo particolare in cui vengono “tenutiinsieme”.

Il punto e che, in base a quanto ho sostenuto sin qui, cio che e costituita ela stessa possibilita (o spazio di possibilita), in cui possono aver luogo uno o piusignificati.

37Cfr. Richard Boyd e Thomas S. Kuhn. La metafora nella scienza. A cura di Luisa Muraro.Milano: Feltrinelli, 1983.

38Uso questo termine con esplicito riferimento a quanto detto nel paragrafo sull’effetto didecoerenza.

39E importante sottolineare questo termine, in quanto una relazione, non facendo riferimento aspazi di possibilita precostituiti o gia disponibili, vale in quanto agita.

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184 Dinamicita chiusa del rapporto e della relazione

Oltre a ricordare che, in questo senso, in meccanica quantistica cio che si calcola(equazione di Schrodinger a coefficienti complessi in spazi di Hilbert) non e cio chesi misura (valori che sono numeri reali) e che quanto detto andrebbe ulteriormenteapprofondito, mi si permetta di di chiudere questo lavoro con il seguente passo,eloquente ed esplicitamente buio:

“La degradazione (de-generazione) del linguaggio umiliato �puo cantare paroleincomprensibili�. La vanita e tristezza dei fiori, l’agonia e vilta animali, l’esultanzainconsapevole dei bambini, il dolore del muschio calpestato, il raccapriccio di unospecchio infranto, la stanchezza della neve, il vento imbavagliato, possono trovareun suono oltre il discorso40”.

40Cfr. Carmelo Bene. Opere. Milano: Bompiani, 2004, p. 1023.

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