Gli output di veDrò 2011: dal caos all’ordine, dall’ordine al caos

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veDrò 2011: dal caos all’ordine, dall’ordine al caos L’edizione 2011 di veDrò è stata dedicata al caos, interpretato sia come disordine, che segue ai progetti di ordine mondiale e agli assetti di ordine nazionale, sia come incertezza, e perciò orizzonte di trasformazione. Il caos del 2011 è anche e soprattutto la possibilità di cambiamento di situazioni statiche e apparentemente immobili, come il cambiamento del mondo arabo, che sorprendono proprio per la loro imprevedibilità. Ma veDrò nel caos è stata anche un’occasione per fare ordine in un vortice di idee. Per questo offriamo ai partecipanti una breve sintesi delle discussioni, dei progetti, degli spunti nati durante questa edizione. Un punto essenziale per la comprensione del lavoro di veDrò è la sua costante trasformazione dal lavoro legato all’appuntamento annuale agli approfondimenti che durano tutto l’anno, reso possibile da tre tendenze: il rafforzamento dello spirito comunitario di veDrò; l’organizzazione di appuntamenti intermedi di incontro e di lavoro, i VersoveDrò; la capacità di alcuni working group di darsi orizzonti costanti, con eventi di approfondimento e di comunicazione delle idee elaborate. 2011: una visione del presente, dentro il futuro La riflessione di veDrò sul 2011 è partita da uno sguardo laterale sull’attualità italiana e globale, e sull’onda lunga della crisi finanziaria ed economica, di cui proprio il 2011 ha mostrato la recrudescenza e l’evidente pericolo per le nazioni europee, compresa la stessa Italia “nel caos”. Nel working group sul capitalismo finanziario, che ha toccato anche il tema della felicità, si sono analizzati gli squilibri dell’attuale modello capitalistico e alcune proposte operative per superare rendite e disparità generazionale e per liberare le risorse del lavoro e della cooperazione. Al di là della crisi dei debiti sovrani, in un altro working group si è invece analizzato l’orizzonte della Big Society, e la sua capacità di fornire una risposta alla crisi del modello di welfare europeo con il coinvolgimento dal basso dei cittadini. Anche il disordine internazionale presenta pericoli e opportunità per il caos italiano. Il 2011, difatti, è stato anche l’anno dell’uccisione di Osama Bin Laden, in una chiusura simbolica del decennio 2001-2011, in cui emerge un diverso Islam politico che rappresenta la risposta della speranza alla paura dei movimenti terroristici. Anche in questo contesto, ci si deve interrogare sull’impreparazione al cambiamento dell’Italia, e dei modi migliori per intervenire operativamente con una strategia di connessione con il nuovo Mediterraneo, per esempio con la promozione di programmi di scambio fra le classi dirigenti destinati ai giovani delle due sponde del Mediterraneo e per sostenere la ricostruzione delle economie dei paesi in cui c’è stato il cambio di regime. Si è inoltre discusso della possibilità che le principali università italiane finanzino borse di studio per attrarre i migliori studenti dell’area. 2011-2015-2020 L’orizzonte su cui veDrò concentra le sue visioni e le sue proposte, per tentare un necessario salto di prospettiva rispetto alla cronaca, è quello decennale. Ma alcune prospettive aperte dai gruppi di lavoro di veDrò quest’anno pongono scadenze temporali più urgenti, su cui si concentrerà l’attenzione dei gruppi nel sistema-Paese. Due scadenze temporali da leggere senza ambiguità come progetti-Paese: veDrò - Via del Tritone 87 - 00187 Roma tel 06 6892279 - fax 06 68212739 - [email protected] Cod. Fisc./P.IVA 08615181008

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L’edizione 2011 di veDrò è stata dedicata al caos, interpretato sia come disordine, che segue ai progetti di ordine mondiale e agli assetti di ordine nazionale, sia come incertezza, e perciò orizzonte di trasformazione. Il caos del 2011 è anche e soprattutto la possibilità di cambiamento di situazioni statiche e apparentemente immobili, come il cambiamento del mondo arabo, che sorprendono proprio per la loro imprevedibilità. Ma veDrò nel caos è stata anche un’occasione per fare ordine in un vortice di idee. Per questo offriamo ai partecipanti una breve sintesi delle discussioni, dei progetti, degli spunti nati durante questa edizione. Un punto essenziale per la comprensione del lavoro di veDrò è la sua costante trasformazione dal lavoro legato all’appuntamento annuale agli approfondimenti che durano tutto l’anno, reso possibile da tre tendenze: • il rafforzamento dello spirito comunitario di veDrò; • l’organizzazione di appuntamenti intermedi di incontro e di lavoro, i VersoveDrò; • la capacità di alcuni working group di darsi orizzonti costanti, con eventi di approfondimento e di comunicazione delle idee elaborate.

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veDrò 2011: dal caos all’ordine, dall’ordine al caos

L’edizione 2011 di veDrò è stata dedicata al caos, interpretato sia come disordine, che segue ai progetti di ordine mondiale e agli assetti di ordine nazionale, sia come incertezza, e perciò orizzonte di trasformazione. Il caos del 2011 è anche e soprattutto la possibilità di cambiamento di situazioni statiche e apparentemente immobili, come il cambiamento del mondo arabo, che sorprendono proprio per la loro imprevedibilità.Ma veDrò nel caos è stata anche un’occasione per fare ordine in un vortice di idee. Per questo offriamo ai partecipanti una breve sintesi delle discussioni, dei progetti, degli spunti nati durante questa edizione. Un punto essenziale per la comprensione del lavoro di veDrò è la sua costante trasformazione dal lavoro legato all’appuntamento annuale agli approfondimenti che durano tutto l’anno, reso possibile da tre tendenze:

• il rafforzamento dello spirito comunitario di veDrò;

• l’organizzazione di appuntamenti intermedi di incontro e di lavoro, i VersoveDrò;

• la capacità di alcuni working group di darsi orizzonti costanti, con eventi di approfondimento e di comunicazione delle idee elaborate.

2011: una visione del presente, dentro il futuro

La riflessione di veDrò sul 2011 è partita da uno sguardo laterale sull’attualità italiana e globale, e sull’onda lunga della crisi finanziaria ed economica, di cui proprio il 2011 ha mostrato la recrudescenza e l’evidente pericolo per le nazioni europee, compresa la stessa Italia “nel caos”. Nel working group sul capitalismo finanziario, che ha toccato anche il tema della felicità, si sono analizzati gli squilibri dell’attuale modello capitalistico e alcune proposte operative per superare rendite e disparità generazionale e per liberare le risorse del lavoro e della cooperazione. Al di là della crisi dei debiti sovrani, in un altro working group si è invece analizzato l’orizzonte della Big Society, e la sua capacità di fornire una risposta alla crisi del modello di welfare europeo con il coinvolgimento dal basso dei cittadini. Anche il disordine internazionale presenta pericoli e opportunità per il caos italiano. Il 2011, difatti, è stato anche l’anno dell’uccisione di Osama Bin Laden, in una chiusura simbolica del decennio 2001-2011, in cui emerge un diverso Islam politico che rappresenta la risposta della speranza alla paura dei movimenti terroristici. Anche in questo contesto, ci si deve interrogare sull’impreparazione al cambiamento dell’Italia, e dei modi migliori per intervenire operativamente con una strategia di connessione con il nuovo Mediterraneo, per esempio con la promozione di programmi di scambio fra le classi dirigenti destinati ai giovani delle due sponde del Mediterraneo e per sostenere la ricostruzione delle economie dei paesi in cui c’è stato il cambio di regime. Si è inoltre discusso della possibilità che le principali università italiane finanzino borse di studio per attrarre i migliori studenti dell’area.

2011-2015-2020

L’orizzonte su cui veDrò concentra le sue visioni e le sue proposte, per tentare un necessario salto di prospettiva rispetto alla cronaca, è quello decennale. Ma alcune prospettive aperte dai gruppi di lavoro di veDrò quest’anno pongono scadenze temporali più urgenti, su cui si concentrerà l’attenzione dei gruppi nel sistema-Paese. Due scadenze temporali da leggere senza ambiguità come progetti-Paese:

veDrò - Via del Tritone 87 - 00187 Romatel 06 6892279 - fax 06 68212739 - [email protected]

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• Expo 2015, rilevante per tre punti. Il primo riguarda l’infrastruttura culturale del Paese nella

piattaforma-Milano (attraverso il lavoro portato avanti con veDrò Culture e l’opportunità della capitale europea della cultura 2019, da affiancare all’idea di una “capitale italiana della cultura” ogni due anni). Il secondo riprende il tema “Feeding the planet, energy for life”, che può diventare l’occasione per la valorizzazione del modello italiano di agroalimentare. Il nodo da sciogliere è il rapporto tra la comunicazione e l’attenzione strategica per il settore, con un lavoro per la catena distributiva italiana, considerando che la materia prima agricola italiana tra 10 anni sarà dimezzata. Il terzo infine concerne il modo di immaginare una via italiana alla “città intelligente”, capace di valorizzare il nostro patrimonio culturale anche e soprattutto come veicolo di ricezione turistica e capace di progettare una qualità della vita urbana migliore per i suoi abitanti, attraverso politiche di sostenibilità energetica;

• La candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020, che va accompagnata da una consapevolezza oggi mancante in Italia del valore economico e sociale degli impianti sportivi e della pratica sportiva, a partire dalle scuole. E’ su queste basi che lavorerà il neonato working group sullo sport di veDrò.

Cronache del decennio perduto

Davanti al caos e alla crisi, il Paese però ripresenta alcuni problemi di fondo, gli stessi che sono stati al centro della lezione conclusiva di Paolo Scaroni, e che veDrò ha cercato di affrontare con una veduta lunga.

Il tema delle infrastrutture, che – se analizzato dagli anni ’70 a oggi – offre una reale illustrazione delle occasioni perdute dall’Italia rispetto ai competitor europei. Si è proposta l’“adozione” di due infrastrutture strategiche per il paese con una reale possibilità di essere completate nel prossimo futuro, la Cittadella della Nautica e dell’innovazione di Ravenna (necessità di sblocco dei fondi FAS per spendere i fondi europei entro il 2012); il MOSE (realizzazione prevista nel 2015).

Il tema del funzionamento della Pubblica Amministrazione, con un triplice sguardo. Selezione e formazione delle competenze, per interrompere il circolo vizioso della delegittimazione. Una maggiore attenzione politica al problema della corruzione. Una riduzione dei procedimenti in carico alla giustizia civile, aumentando il ricorso alle soluzioni extragiudiziali.

Il ruolo delle lobby e del potere opaco, intese non nella loro demonizzazione, ma come gruppi di pressione: rapporti con il sistema di regole generali, registro dei lobbisti e limitazione delle revolving doors (regolamentare le possibilità di passaggio da ruoli pubblici a incarichi privati e viceversa prevedendo un “periodo di raffreddamento” come avviene in altri ordinamenti). Dall’opacità al crowdlobbying, le questioni generali che riguardano il futuro del Paese su cui sperimentare una nuova forma di attivismo, anche con trasparenti canali istituzionali.

Le infrastrutture della conoscenza, dalla banda larga (cardine di una nuova piattaforma della conoscenza e della produzione dal 2018) a un nuovo approccio alla TV, in termini di TV industry, capace di affrontare la riforma dei diritti di negoziazione nel mercato pubblicitario. Settori emergenti su cui non c’è la necessaria riflessione strategica, come l’aerospaziale, fondamentale per il suo ruolo geopolitico e per l’intersezione e valore aggiunto tecnologico, da promuovere attraverso cooperazione europea, sostegno allo studio delle

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materie scientifiche e diffusione nelle scuole di quelle testimonianze positive degli operatori e volti dell’aerospaziale italiano che sono stati spesso al centro delle varie edizioni di veDrò.

I nuovi leader politici, e il sistema politico alle loro spalle, capaci di tradurre questi orizzonti nel campo della decisione politica. Non più una leadership intesa in senso individualistico, ma come capacità di “fare squadra”, un diverso e aggiornato ruolo dei partiti.

Visti da fuori, perché?

L’attenzione internazionale si ripercuote anche sull’orizzonte strategico dei “fori bilaterali” di veDrò. Quest’anno al gruppo cominciato a veDrò2010 sui rapporti tra Italia e Francia (analizzati a partire dall’attualità dei rapporti economici e della guerra in Libia) si è affiancato il primo gruppo dedicato a un Paese BRIC: il Brasile. All’interno del polo della crescita dei BRIC, l’esempio della democrazia brasiliana offre un caso di successo del “primato della politica” (in un momento di forte crisi e delegittimazione generale della politica rappresentativa nel mondo) e numerosi spunti per combattere le disuguaglianze, dai programmi Bolsa Escola e Bolsa Família alla legge di responsabilità fiscale. Se per un’Italia incapace di reagire alle sfide del presente si è parlato di una possibile “spartizione” (termine utilizzato per la stessa Europa) da parte di potenze esterne, si è discusso anche dell’opportunità di “morire brasiliani” invece di “morire cinesi o turchi”. Vedersi da fuori, perciò, significa analizzare debolezze e opportunità, cogliere le occasioni economiche dei rapporti internazionali, darsi orizzonti tematici e scadenze urgenti per il rapporto dell’Italia col mondo.

Il mondo dopo Fukushima

L’attenzione consueta di veDrò alle questioni energetiche torna utile in un anno in cui molti paradigmi consolidati del mondo energetico sono stati rimessi in discussione. Due i punti su cui si è focalizzata maggiormente l’attenzione dei due working group tematici. La centralità del gas naturale, e l’idea dell’Italia come hub tra i paesi produttori e i paesi consumatori dell’Europa. L’attenzione alla green economy e alle energie rinnovabili, in particolare su due aspetti: la valorizzazione delle tecnologie meno mature e su cui è possibile costruire delle filiere industriali italiane (solare termodinamico e solare a concentrazione); l’implementazione delle reti intelligenti, le cosiddette “smart grids”.

La saggezza di veDrò2011

Infine, per concludere, le pillole di saggezza consegnateci dal lavoro del working group Linguaggi del Caos. Quattro regole da “indossare” quotidianamente, che vanno condivise con tutti i vedroidi.

Non usare più parole di quante sono necessarie, dai valore alla semplicità.

Non astrarre troppo, resta aderente alle cose, alla realtà, alle azioni, cercando una presa diretta sulla vita.

Pratica il linguaggio come atto di accoglienza.

Tieni sempre a mente due regole essenziali: saper tacere e saper ascoltare.

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2011: una visione del presente dentro il futuro

Caospitalismo

Immaginate di poter reinventare il capitalismo italiano in questo momento di crisi: da dove cominciare? Le proposte discusse nel working group si articolano in settori e modalità diverse. Ripercorriamo le principali:

• Tassare le transazioni finanziarie con la prospettiva di recuperare nuove risorse e di arginare la speculazione dei mercati, incoraggiando gli investimenti a lungo termine anziché la speculazione a breve termine;

• Mettere un tetto ai maxi stipendi di banchieri e top manager, ma anche ridurre quella forbice che vede i salari dei lavoratori dipendenti bloccati al palo da anni, mentre sono cresciute le diseguaglianze e le iniquità: non è possibile che un lavoratore dipendente veda il suo salario netto fermo da 10 anni, mentre il top manager guadagna 90-100 volte di più;

• Far partecipare i dipendenti agli utili di impresa;

• Ridurre il carico fiscale sul lavoro con un alleggerimento dell'Irap, da compensare con un parziale spostamento della pressione fiscale dalle persone alle cose e, dunque, dai redditi personali ai consumi o al patrimonio;

• Combattere la lotta all’evasione fiscale dando la possibilità anche ai consumatori di poter detrarre scontrini o fatture: se i consumatori avessero la possibilità di scaricare dalle imposte anche una piccola percentuale delle spese sostenute per l'acquisto dei generi di consumo avrebbero maggiore interesse ad avere lo scontrino fiscale o la fattura;

• Togliere la responsabilità limitata delle aziende rispetto ai danni provocati dalle loro attività;

• Incentivare i sistemi di finanza sociale con appositi fondi di start up nel settore;

• Alleggerire il cuneo fiscale riducendo le aliquote contributive non pensionistiche;

• Completare il processo di riforma del sistema pensionistico, correggendo le disparità di trattamento ancora esistenti tra diverse categorie di lavoratori e prevedere un ulteriore graduale aumento delle quote per l'accesso alla pensione di anzianità.

Queste singole proposte si vanno ad impiantare su un comune pensare che può essere racchiuso nella massima “le buone leggi sono l’unico sostegno della felicità nazionale”. Il corretto funzionamento dell’economia di mercato è infatti fondato sulle regole e sulla garanzia dell’osservanza comune delle stesse, con la previsione, quindi, di meccanismi sanzionatori. Nel nostro Paese al contrario è radicata la cultura di creare tante regole ma di controllare poco la loro applicazione, generando per questo motivo ulteriori regole più stringenti anziché applicare sanzioni a chi non le rispetta . Non solo: abbiamo moltissime regole che creano ulteriore burocrazia e che riducono ancora di più la libertà di impresa e la produttività, oltre ad essere dannose per le casse dello Stato. Inoltre, presupposto per un corretto funzionamento del sistema di economia di mercato e della finanza pubblica è l’esistenza di regole dotate di adeguata chiarezza e di certa interpretabilità.

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Big Society

Trovare una definizione specifica di Big Society è difficile: si tratta di una soluzione o di una conseguenza della crisi dello stato assistenzialista? Le imprese sociali della Big Society sono imprese che operano per generare profitto e devono essere sostenibili. Come si finanzia la Big Society? E’ necessario offrire più possibilità e modificare l’architettura del sistema economico per la creazione di mercati. Occorre generare punti di incontro fra domanda e offerta di servizi sociali. La Big Society può essere utile per capire il vero valore e il suo collegamento al costo dei servizi pubblici erogati dallo Stato. Quali sono i beni pubblici? La capacità di sviluppare la Big Society nei diversi settori dipende dalle competenze necessarie, dai fondi disponibili, dall’intensità di capitale richiesto e dalla tecnologia posseduta. E’ poi possibile agire, come social innovator, in servizi già esistenti o in ambiti in cui lo Stato non interviene.Come si rileva il successo? Attenzione al prezzo del bene pubblico – privato potrebbe non avere più interesse a mantenere prezzi bassi per bene pubblico – necessaria creazione di nuovi strumenti finanziari a supporto della domanda di servizi.

Quale autorizzazione? La Big Society impone uno stadio molto avanzato della società, che prevede capacità di misurazione, senso civico, accountability, limitato digital divide . Il passaggio alla civil society nell’erogazione del servizio implica il rischio superiore collegato alla sua erogazione tramite un’impresa e al relativo rischio imprenditoriale

Proposte: interventi possibili

Le proposte emerse durante i lavori del working group sono qui di seguito presentate in categorie che fanno riferimento alle principali questioni emerse nella discussione generale sui principi della Big Society: (soprattutto cosa si può fare senza aspettare la politica)

Ambiti di applicazione:• Controllo della società - Social network e piattaforme tecnologiche - sfruttamento delle

piattaforme tecnologiche per il miglioramento dei servizi pubblici - concetto di trasparenza; Imprese sociali: università e cultural heritage. Università come business: ancient fonte di entrate (necessario responsabilizzare gli ex alumni), o affitto spazi dell’università (forme di sponsorizzazione). Innovation lab universitari. Progetti creati da studenti di diverse facoltà (a volte anche università) che vengono proposti e venduti a imprenditori;

• Controllo della società - Sfruttamento delle piattaforme tecnologiche per il miglioramento dei servizi pubblici. Controllo organizzato/pubblico e spending review permanente;

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• Stato patrimoniale del cittadino: ai soggetti privati stessi doveri di bilancio delle persone giuridiche;

• Tassa di successione del 100% per la quota eccedente i diritti dei legittimi eredi (possibilità di donazione in vita dell’equivalente);

• Trasferimento della spesa sociale dal lato dell’offerta a quello della domanda. Voucher, per la gestione digitale dei servizi dello stato, ma solo per quelli veramente realizzabili;

• Rappresentanza: i recettori netti fiscali non possono votare per le leggi fiscali;

• Patto territoriale tra banche, terzo settore ed enti territoriali per decidere quali spese possono convertirsi;

• Proposta delle monete complementari o sociali: possibilità di istituzionalizzare una moneta diversa con la funzione di far incontrare domanda e offerta. Possibilità di creare una nuova forma di moneta come integrazione salariale, derivante da una contrattazione di secondo livello, sotto forma ad esempio di voucher o ticket. Questa nuova forma di moneta sarà dunque tracciata e digitale che troverà nel territorio locale lo spazio ottimale. E’ poi possibile prevedere che se tale moneta non viene spesa si preveda la trasformazione in una forma di finanziamento per il terzo settore. Tale strumento permetterebbe di lasciare ai cittadini la libertà di decidere a chi indirizzare la moneta che non si spende nel mercato globale e renderebbe più esplicita la dichiarazione della domanda a cui l’offerta può adeguarsi. Futures comportamentali: un commitment dei processi acquisti (es. ci si impegna a comprare un determinato prodotto per periodo stabilito), una sorta di titoli di acquisti;

• Ristabilire ruolo delle fondazioni bancarie: non a copertura della spesa corrente, ma a supporto degli investimenti finalizzati alla creazione di imprese sociali sostenibili;

• Nursery delle venture capital: per ridurre il rischio connesso alla gestione di un servizio da parte di un’impresa, una nursery per le nuove imprese sociali con poco spirito imprenditoriale;

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• Sviluppo di nuovi strumenti finanziari per il sociale (bond sociali, asset class). Civic organization come servizio di rating dei beni, usando la finanza per scopi pubblici (es. mettersi d’accordo nel comprare o meno dei prodotti sulla base di motivazioni civiche).

Caosama

Il working group si è concentrato su alcuni dossier di politica estera: la guerra in Libia; il ruolo della corte penale internazionale; l'Italia nel mondo e il suo interesse nazionale; i rapporti tra Europa e USA dopo le “primavere” arabe; il rapporto tra Occidente e Islam.

La massima parte dell' Islam politico nelle primavere arabe non è lo stesso Islam politico che ha portato ai fenomeni terroristici: siamo oltre l'11 settembre e la sensibilità religiosa presente nella maggior parte della popolazione arabo-islamica si è spostata dal rancore alla speranza. La risposta alla domanda democratica delle primavere arabe non può essere né “culturalista” né di esportazione del modello occidentale tout court. A questo fine è necessaria la maturazione di una nuova classe dirigente nei paesi attraversati dai cambi di regime, capace di rispondere alle richieste di diritti civili ma anche di democrazia economica.

A seguito dei cambiamenti in atto nel mondo arabo per riacquistare credibilità l'Europa deve impegnarsi formalmente a collaborare con tutti i governi che saranno democraticamente eletti a seguito delle transizioni in corso, senza eccezioni come ci sono state nel recente passato con le elezioni palestinesi e algerine, cercando di portare anche gli Stati Uniti su questa posizione. Allo stesso tempo l'UE potrà sostenere e consolidare le nascenti democrazie della sponda sud del Mediterraneo soltanto favorendo la creazione di istituzioni forti, nazionali e regionali, in grado di sopravvivere a qualunque tentativo di restaurazione antidemocratica, di stampo islamico o meno. Le primavere arabe sono un fattore dinamico, mentre la questione arabo-israeliana è un fattore di immobilità: l'Europa e l'Italia perderanno un'occasione per svolgere il proprio naturale ruolo di mediazione nella regione se non ci sarà una posizione unitaria dei governi europei rispetto al riconoscimento dello stato palestinese all'ONU.

Un bilancio espansivo dell'Unione Europea, sostenuto da nuovi strumenti di finanziamento, è necessario per promuovere programmi di scambio fra le classi dirigenti destinati ai giovani delle due sponde del Mediterraneo e per sostenere la ricostruzione delle economie dei paesi in cui c'è stato il cambio di regime. Le principali università italiane devono finanziare borse di studio per attrarre i migliori studenti dell'area.La diplomazia italiana ha bisogno di ricostruire un rapporto più stretto con imprese, università, think tank e istituzioni private. C'è bisogno di maggiore circolazione dei dirigenti pubblici fra amministrazioni interne e internazionali, di un sostegno alle candidature italiane negli organismi internazionali, di una nuova strategia per la cooperazione allo sviluppo, proponendo l'esonero dai criteri del patto di stabilità delle spese ad essa afferenti.

Per dare maggiore organicità al lavoro dell'intelligence e degli apparati di sicurezza si deve istituire un organismo sul modello del National Security Council strutturato in molti paesi del mondo, con una partecipazione di personale da una pluralità di amministrazioni come il ministero degli affari esteri, degli interni e della difesa, vincendo le resistenze di ciascuna struttura all'osmosi.

L'integrazione è la sfida da vincere per l'Italia dei prossimi anni: i flussi migratori devono essere gestiti non in ottica emergenziale, politiche per l'accoglienza, la formazione, la sicurezza devono essere implementate dall'intera amministrazione pubblica. Per vincere l'islamofobia, diffusa nonostante la maggioranza degli immigrati ogni anno in Italia siano di altre religioni, è necessario costruire ed aprire luoghi di culto accessibili anche ai cittadini di lingua italiana e cultura non musulmana.

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2011-2015-2020

Dimmi caos mangi

La FAO sostiene ormai da qualche tempo che per venire incontro alla domanda di cibo di una popolazione in aumento, più ricca e più urbanizzata, la produzione agricola destinata ad usi alimentari dovrà aumentare da qui al 2050 del 70% rispetto ad oggi. La produzione annua di cereali dovrà attestarsi intorno a 3 miliardi di tonnellate (circa un terzo in più rispetto ad oggi), quella di soia dovrà aumentare del 140% e quella di carne dovrà raggiungere i 470 milioni di tonnellate (duecento in più di quelle attuali). Questo per soddisfare una dieta alimentare che a livello globale vedrà un apporto calorico individuale incrementato e progressivamente mutato nella sua composizione. L’allarme sugli impatti di questi cambiamenti sul tema della sicurezza alimentare mondiale è venuto fuori in concomitanza con l’impennata dei prezzi delle materie prime agricole sperimentata nel biennio 2007/2008 è si è consolidata come priorità nell’agenda politica internazionale con il nuovo picco delle quotazioni registrato tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. É così velocemente maturata la consapevolezza che l’equilibrio tra domanda e offerta sui mercati agricoli rischia di diventare sempre più precario a causa dei cambiamenti di natura strutturale che stanno accompagnando l’evoluzione della domanda alimentare mondiale.

Da questa minaccia nasce il dibattito sulla scarsità di cibo, su come “alimentare il mondo nel 2050”, come recita il titolo di un recente rapporto della FAO, le cui conclusioni sono, al pari di quelle contenute in altri studi, molto chiare ed eloquenti: vincere la sfida della sicurezza alimentare richiede azioni urgenti da intraprendere a livello internazionale. Se i trend della crescita della produzione seguiranno i ritmi degli ultimi anni, il divario tra domanda e offerta rischia di allargarsi portando all’inevitabile estensione dell’area dell’insicurezza alimentare, che attualmente supera gli 1,2 miliardi di individui, e riproponendo anche per le economie avanzate un tema, quello della sicurezza degli approvvigionamenti, che sembrava essere stato definitivamente cancellato con la fine della seconda guerra mondiale.

Questo working group nasce dalla volontà di fornire spunti di riflessione, idee e progetti concreti al fine di sostenere i contenuti proposti dal tema Expo 2015 “Nutrire il pianeta”. Si concorda sul fatto che sia assolutamente necessario elaborare un modello agroalimentare italiano da presentare al mondo, di cui definire contenuti (qualità, sicurezza e spunti culturali), modi di trasmissione (puntare su internet, social networks e creare eventi-faro) e toni (evitare posizioni manichee). Cultura del territorio, ricerca, industria sono tre parametri dell’agroalimentare che vanno inseriti in tale modello.

PROPOSTE

COMUNICAZIONE (finalizzata a Expo)

PER EXPO PER IL SETTORE AGROALIMENTARE

Puntare sulla psico-educazione alimentare, a oggi inesistente in Italia: occorre dare un’informazione corretta, perché non è sufficiente dire “mangia ciò che ti fa bene” Bisogna far conoscere come sono prodotti gli alimenti. Necessità di contatto diretto con il produttore. Creare fiducia attraverso comunicazione mirata

Creare percorsi tematici attraverso materiale informativo per definire le esigenze dei singoli in termini alimentari (sportivi, infanzia, anziani etc)

Valorizzare cosa? La materia prima agricola italiana tra 10 anni sarà dimezzata. Lanciare una provocazione: rischiamo di parlare di qualcosa che sta per finire. Deve nascere una catena distributiva italiana. Si dovrebbe investire in questo

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Come comunicare in maniera non piatta ma senza spettacolarizzare eccessivamente? Esempi: Cinegustologia: quando vediamo un film lo definiamo come se fosse un alimento. Associare un alimento a un film o a un movimento artistico per veicolarne l’idea. Winemusic: associazione brani musicali a vini. La tavola è cultura reale, per creare nuovi stimoli senza prendersi troppo sul serio si possono tentare strade nuove come queste

Esempi: Michelle Obama con “My Plate”, Cameron con “Change for Life”: trovare un testimonial forte che ispiri senso di identità/appartenenza all’Italia, associarlo a Expo e lanciare una campagna vs obesità

Creare un referente istituzionale per l’agroalimentare. Chi è interlocutore nazionale sull’agroalimentare? Quello che viene considerato uno dei settori fondamentali di questo paese è lasciato allo sbando senza un autentico referente

Spendere dualismo tra piccola-media impresa e grande brand italiano dal punto di vista comunicativo: oltre a invitare cuochi prendere un grande e un piccolo per spiegare a bambini il settore.

Progetto di sistema nelle scuole (facile, economico, d’impatto) con creazione di orti botanici

Dieta mediterranea definita dall’UNESCO patrimonio culturale dell’umanità. Sfruttare quest’onda per comunicare

Inserire “Last minute market”, spin-off accademico dell’Università di Bologna, all’interno di Expo. Si tratta di un progetto già in essere, dalla grande portata relazionale, che mira a ridurre gli sprechi di cibo e mette in contatto diretto imprese (mense) e associazioni benefiche così da tagliare le spese di trasporto e agire su un medesimo territorio, garantendo la freschezza dei prodotti recuperati

Invitare 10 giovani chef di Milano portandoli nelle scuole come iniziativa veDrò per Expo (non risolve problema complessivo, ma amplifica la comunicazione sui mass media). Oppure: lancio di una campagna “adotta una classe”.

Cercare giovani che hanno fatto impresa nell’ambito agroalimentare. Mettere nell’organizzazione di veDrò 2012 anche le esperienze che vengono da questo settore

Inserire ricerca sul settore nel centro ricerche che si progetterà per Expo e che si manterrà

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Caosity

La città é il primo tassello dell'azione pubblica perché rappresenta lo spazio della vita quotidiana, sfaccettato, multi-tematico, pluridimensionale. Prendiamo alcune delle numerose politiche che riguardano la città: pianificazione urbana, edilizia e spazi pubblici, trasporto di informazioni e ICT, mobilità, energia, efficientamento energetico, domotica. Come un essere vivente, la città ne emula il suo comportamento: entrata e metabolizzazione delle energie per vivere, ricircolo, questione dell'habitat quotidiano, esigenze e relazioni esterne da soddisfare. Queste funzioni vitali si adattano in un ambiente pratico ed evolutivo, legato alla concezione ed allo sviluppo della città intesa come territorio. Quello che il working group Caosity ha fatto è stato allora di immaginare una città smart, intelligente, dove la qualità della vita sia migliore. Nasce così la “nostra” smart city: il software del territorio, quel programma di gestione che ne aiuta il funzionamento definendone gli obiettivi (migliorare l’efficientamento ed il bilancio energetico, gestire sistemi complessi di trasporto, approfondire il telelavoro, semplificare l’accesso alla comunicazione). Per fare ciò dobbiamo immaginare una via italiana alla città intelligente, che potrebbe riassumersi nelle seguenti linee di pensiero:

1. Bella perché densa: inventare un asse di lavoro che comprenda qualità, bellezza urbana, identità culturale, densità, crescita economica: la ricetta per lo sviluppo sostenibile della città italiana;

2. Densa e quindi sostenibile: la sfida della sostenibilità ambientale deve essere declinata con un'alta densità urbana, che deve diventare peculiarità italiana attraverso la lotta al consumo disordinato del territorio;

3. Connessa perché c’è network: un coordinamento nazionale delle azioni locali che si realizza tramite un network generale che sfrutta gli strumenti di peer-review e il benchmarking. Inoltre, vista la federalizzazione della normativa urbanistica, bisogna realizzare una centralizzazione delle tecniche gestionali e finanziarie a livello nazionale (agenzia delle politiche urbane privata, elettiva, con adesione volontaria dei comuni);

4. Locale nel sistema nazionale: definire un protocollo per costruire il progetto di città integrato in una pianificazione strategica nazionale che favorisca la competitività italiana;

Proposte e idee concrete:

• Proposta per l'Italia: ricostruzione di un elemento identitario attraverso la bellezza (Esempio “Cento sindaci per la Bellezza”): “negoziorum gestum” da parte di cittadini privati che vorrebbero investire per gestire del patrimonio dimenticato. Integrare nel codice civile il ripristino della bellezza. Identificare per area vasta la “bellezza per la bellezza”, ma non attraverso la Sovrintendenza;

• Creazione di un Ministero delle politiche urbane, dipartimento delle politiche urbane, o di una delega

“Rapporti con il Territorio” al Ministro per le Regioni;• Proposta per i territori: creazione di una struttura isolata semi-privata consulenziale a livello

nazionale che agisce attraverso un approccio integrato per identificare una serie di priorità insieme alla politica per poi fare degli esperimenti sul territorio (progetti campioni) che, se di successo, saranno replicati altrove.

Agenzia per le città intelligenti Reti di città virtuose – City start-uppers. Dalla sperimentazione alla

generalizzazione Maggiore uso di fondazioni bancarie e relazioni con il capitale privato munite di

strutture tecniche per aiutare il governo della città a fare scelte per una città sostenibile

Spin-off di Vedro' per favorire l'implementazione dei progetti sul territorio

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• Sul medio-lungo periodo ragionare all'Expo 2015 e alla Capitale della Cultura 2019;• Proposte di piani nazionali, regionali, locali sull'open data (utilizzo funzionale del social networking),

in modo da favorire lo sviluppo economico dei territori (start-up, ICT) in diversi settori-chiave (cultura, turismo, economia locale, trasporti) modernizzando il governo locale e l'amministrazione pubblica (e-government, trasparenza, open spending).

Grandi eventi, cultura, turismo e identità sono il deposito di potenzialità spesso non sfruttate delle città italiane, il motore del loro sviluppo. In occasione delle numerose tappe di medio-lungo periodo che coinvolgono l’Italia nella scena internazionale, plurali sono le opportunità di creare sinergie tra città, sviluppo culturale e organizzazione di grandi eventi. Tre esempi :

• Expo 2015: cogliere l’occasione per sviluppare progetti a forte incidenza identitaria positiva in N-città che raccolgano “l'urban challenge” d'inaugurare dei progetti urbani innovativi, delle sperimentazioni tecnologiche, ad esempio l'auto elettrica. Ciò contribuirà a creare effetti benefici di diffusione di un evento locale sul territorio nazionale (caso dell’Expo);

• Capitale europea della Cultura 2019: amplificazione dell’impatto grazie alla messa in rete delle

città candidate alla capitale europea della cultura per approfittare dell’effetto di spill-over della città selezionata;

• Olimpiadi di Roma 2020: opportunità unica per aumentare il peso relativo delle nostre metropoli (sostanzialmente due – Roma e Milano), se comparato alle altre metropoli europee.

La cultura è un’altra caos

Durante i due giorni di lavoro è più volte emersa la necessità di cambiamento nel settore culturale, ma il “come” resta piuttosto dibattuto:

Convergenze

• Bisogno di riforme strutturali (per istituzioni inefficienti o inadeguate rispetto alle esigenze attuali, come le Soprintendenze, ma anche del sistema di finanziamento statale centralizzato dello spettacolo tramite il FUS);

• Un maggiore intervento dei privati è in generale benvenuto e più volte si è fatto riferimento alla necessità di un regime fiscale agevolato per le donazioni e le sponsorizzazioni: ooccorre un intervento normativo quadro di riordino della disciplina che regola il settore del Partenariato pubblico privato che il codice dei beni culturali ha solo appena accennato;

• Eccesso di offerta (vero per molti, ma a seconda dei settori: per es. poche co-produzioni internazionali con il risultato di avere pochi prodotti vendibili a un pubblico internazionale; per altri è piuttosto un problema di gestione);

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Divergenze

• Fonti di finanziamento: i sussidi pubblici sono ancora necessari? Fino a che punto? Come facilitare gli investimenti privati? Secondo alcuni è un problema di mancanza di un regime fiscale agevolato, secondo altri gli strumenti esistono ma si ignorano;

• Soprintendenze: come renderle più efficienti? Privatizzandole (provocazione)? Attribuendo loro una maggiore autonomia gestionale? Attuando una maggiore regionalizzazione?

• Meccanismi di selezione della qualità nella produzione culturale: per alcuni occorre definire un metodo di selezione sia per la tutela del patrimonio che per la produzione culturale. Per altri questo è un falso problema: chi ha talento e offre un prodotto di qualità riesce: i fondi si trovano!

Proposte concrete

Altre idee e proposte da approfondire sono:

Finanziamenti

• Monitorare in maniera proattiva le nuove iniziative europee a supporto delle industrie culturali e creative (es. Fondo di Garanzia MEDIA, Fondo di Garanzia per le ICC, Alleanza Europea per le Industrie Creative con azione pilota sui cluster, accesso ai finanziamenti e innovazione);

• Portare i finanziatori privati “dentro i processi”, secondo strategie di medio termine - 5 anni; • Ripensare il FUS (superare il sistema di finanziamento centralizzato) e ripensare il ruolo di città e

regioni nel finanziamento allo spettacolo (attuare federalismo);

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• Rivedere i sussidi pubblici in base alla nuove esigenze delle imprese culturali, per es. per investimento in nuove tecnologie a impatto zero teatro come elemento chiave della smart city.

Attività/Progetti

• Passare dal “catering culturale” alla produzione di cultura;

• Proporre modalità/codici di lettura del patrimonio culturali che si adattino al cittadino di oggi;

• Lavorare di più sul pubblico, connessioni arte-scienza e Sud - ottimi esempi virtuosi in Puglia;

• Investire in ricerca per convogliare le proposte di promozione del contemporaneo: ottima creatività in Italia ma scarsi canali distributivi;

• Effettuare una mappatura cognitiva delle microstrutture culturali in Italia e un osservatorio che le monitori;

• Istituire, sull'esempio dell'azione comunitaria a favore della manifestazione «Capitale Europea della Cultura», un progetto che individui ogni uno/due anni la " Capitale Italiana della Cultura".

Istituzioni

• Riformare (presto) il sistema delle Sovrintendenze;

• Riformare gli organi statali nell’ottica della valorizzazione del contemporaneo (difficile oggi occuparsi di contemporaneo con una legislazione vecchia);

• Trasformare gli Istituti di Cultura Italiani, la loro gestione (argomento di discussione per il prossimo anno);

Valutazione

• Ragionare sugli indicatori di impatto;

Caosport

Dal working group Caosport è emersa una volontà condivisa di affrontare lo sport come asset economico (le industrie dello sport professionistico, i grandi eventi come Roma 2020) e come asset sociale (ruolo educativo e formativo, funzione aggregativa sul territorio, riduzione dei costi per il sistema sanitario generati dall’attività fisica della popolazione), e di conferirgli quindi la giusta considerazione politica. I problemi dello sport sono infatti quelli del sistema-Paese nel suo insieme.

Proposte per un’agenda dello sport:

• Sblocco della legge sui nuovi impianti sportivi, in particolare per quanto concerne i nuovi stadi. E’ vantaggioso per i comuni, che libererebbero aree centrali per utilizzi residenziali, risparmiando dai costi di gestione e guadagnando dalla cessione dei terreni. E’ vantaggioso per le società, per gli introiti legati alle funzioni commerciali di uno stadio attivo 24/7. E’ vantaggioso per il pubblico, per il

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nuovo modo di concepire un incontro di calcio che trasforma anche i comportamenti, riducendo i problemi legati alla sicurezza. E’ vantaggioso per la società, per gli aspetti occupazionali legati alla creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove professionalità.

• Revisione della normativa sulla tessera del tifoso. Colmare il deficit di accessibilità e fruibilità delle partite. Proposta di utilizzo del chip presente nelle nuove tessere sanitarie/codici fiscali per il controllo degli accessi allo stadio, in sostituzione del meccanismo della tessera.

• Meccanismi di finanziamento degli impianti sportivi. Bisogna ragionare in un contesto in cui ci saranno sempre meno soldi pubblici. Possibili soluzioni? Attingere al circuito del territorio (sponsorship di imprese private, fondazioni bancarie);

• Maggiore razionalizzazione nella costruzione di nuovi impianti, seguendo il meccanismo di accorpamento territoriale delle strutture ospedaliere. Sono le persone che devono andare negli impianti generando economie di scala, non gli impianti a dover essere disseminati nel territorio;

• Studiare il possibile coinvolgimento delle società di scommesse nel finanziamento delle infrastrutture sportive, soprattutto per il recupero delle strutture esistenti e per le strutture scolastiche. Nelle scuole italiane le palestre devono essere considerate importanti quanto le biblioteche;

• Creazione di una mappa web-based degli impianti sportivi italiani, implementabile con i commenti degli utenti, sul modello dell’esperienza di Fubles.com per il calcetto;

Cronache del decennio perduto

Caostrade

Il tema delle infrastrutture è una questione centrale per la crescita e la modernizzazione del paese. L’incapacità italiana di dotarsi di una rete infrastrutturale all’avanguardia non è solo riconducibile alla scarsità di risorse pubbliche o all’incapacità di attrarre capitali privati, ma è anche dovuta al combinato disposto di una politica debole e una pubblica amministrazione invadente. Il primo passo per una rete infrastrutturale adeguata alle esigenze del paese è quindi l’ottimizzazione e messa in rete delle infrastrutture esistenti, siano esse legate alla mobilità, come corridoi autostradali e ferroviari o snodi portuali e aeroportuali, o alla distribuzione di servizi, come reti in fibra ottica, distribuzione di acqua, elettricità, gas o lo smaltimento dei rifiuti. In secondo luogo una migliore pianificazione, con poche infrastrutture strategiche prioritarie definite con chiarezza e condivisione, a fianco a una normativa razionale e comprensibile. Il gruppo ha lo scopo di individuare gli strumenti finanziari utilizzabili per mobilitare risorse alternative anche private e per adottare le opere strategiche il cui sviluppo il gruppo monitorerà nei prossimi anni.

Strumenti e metodi per far fronte alla scarsità delle risorse;

• Al netto di una necessaria revisione dei vincoli di bilancio per gli enti locali, è utile un’ottimizzazione dei costi e una valorizzazione delle infrastrutture esistenti;

• È consigliabile una progettazione che combini la qualità e innovazione tecnica dell’opera con i principi di frugalità e essenzialità, per evitare fenomeni di overdesign e ridurne i costi;

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• È possibile mobilitare risorse aggiuntive con l’utilizzo di strumenti finanziari alternativi alla finanzia di progetto e alle concessioni di gestione quali i liability payment (es. autostrade in Polonia), il recupero dell’IVA sul traffico merci (es. sistema portuale), i Project Bond e lo scambio di opere fredde con la valorizzazione di aree o immobili.

Principi per una migliore programmazione;

• Razionalizzazione del numero delle grandi opere contenute nella Legge Obiettivo (189);• Pubblicazione dei bandi di gara per alcune tipologie di infrastrutture strategiche soltanto da parte di

enti qualificati con un certo grado di organizzazione. Razionalizzazione del numero delle stazioni appaltanti (attualmente 30.000) e loro qualificazione in ordine alla capacità gestionale;

• Sostituzione del principio di massimo ribasso con il metodo dell’Open Book Estimate (OBE) per concordare tra appaltante e contraente un prezziario adeguato, prevenire l’esplosione dei costi in corso d’opera ed evitare la vittoria dei bandi da parte di offerte anomale;

• Il principio di profittabilità dell’opera che tiene conto dell’opportunità del privato di investire, deve essere applicato congiuntamente alla sostenibilità economica, ecologia e sociale per il territorio;

• La concentrazione delle risorse nelle aree dove esista una domanda di mobilità (aree metropolitane) non deve mettere in dubbio il principio di uguaglianza d’accesso al servizio pubblico (es. strade di montagna);

• Maggiore attenzione agli obblighi di gestione in termini di investimenti per ammodernamenti della struttura (es. Aeroporto di Roma Fiumicino).

Interventi sulla normativa e la regolamentazione;

• Intervento normativo sulla vacatio legis nel settore della distribuzione dei servizi idrici creatasi dopo

l’abolizione della norma sulla tariffazione in seguito al referendum del giugno 2011;• Revisione della classificazione di competenza finanziaria degli enti locali (da retail a eligible

counterpartner) in applicazione della direttiva sugli strumenti finanziari MIFID;• Semplificazione della normativa sul trasporto ferroviario di merci pericolose (RID) adottata in seguito

all’incidente di Viareggio, evitando i fenomeni di ipertrofia regolativa; • Studio di strumenti compensativi anche fiscali o finanziari per il territorio che ha delle ricadute

negative dalla costruzione di un’opera (es. Val di Susa);• Razionalizzazione del traffico aereo attraverso una riorganizzazione dei corridoi del cielo con i paesi

limitrofi per compensare le ricadute negative delle operazioni militari nel Mediterraneo; • Sostanziale adesione ai progetti europei nel campo delle infrastrutture portuali.

Posizioni divergenti

Struttura del mercato:

• La creazione di un’autorità di controllo sui trasporti su modello tedesco garantirebbe la difesa del cittadino-consumatore. E' oggetto di discussione se la pianificazione strategica debba essere a carico della politica o se debba essere ad essa sottratta ed affidata ad un organo tecnico;

• Lo scorporo delle reti è necessario se si privatizza la gestione della rete e/o vi è un evidente vantaggio per il consumatore. Necessaria una riflessione sul modello di scorporo del settore ferroviario attualmente in discussione in sede europea;

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Strumenti e metodi per far fronte alla scarsità delle risorse:

• L’introduzione di tasse di scopo per la cattura di valore sul territorio (es. quadrilatero Umbria - Marche).

Proposte e idee concrete:

• Impiego dei Project bond per il rifinanziamento del passante di Mestre e lo sblocco di risorse pubbliche (1.1M€) da destinare ad altre infrastrutture. Il Project Bond (da finanziare per 350 m dalla BEI) sarebbe poi ripagato dai proventi della tariffazione del passante autostradale;

• Revisione della legge 84/94 sul diritto marittimo per offrire ai porti una possibilità di

autofinanziamento con l’utilizzo di parte del gettito IVA prodotto;• Revisione e semplificazione della Legge Merloni sugli appalti in funzione di una valorizzazione delle

caratteristiche di qualità e innovazione.

Proposte interne a veDrò:

- “Adozione” di due infrastrutture strategiche per il paese con una reale possibilità di essere completate nel prossimo futuro:

• MOSE: sistema integrato di opere a difesa della laguna di Venezia costituito da paratoie mobili. Realizzazione prevista entro 2015;

• Cittadella della Nautica e dell’innovazione di Ravenna. Il mancato sblocco dei fondi FAS impedisce il via libera ai lavori e l’utilizzo dei fondi europei, da spendere entro 2012.

Amministrazione Pubblicaos

Nel working group sono stati toccati molti aspetti del complesso rapporto tra la Pubblica Amministrazione (PA) e la politica, viste le diverse modalità di relazione possibili, avendo la PA allo stesso tempo un ruolo operativo (offrire servizi ai cittadini) e normativo (far applicare la legge). In particolare, il working group si è soffermato su quattro diversi ambiti problematici, relativi rispettivamente:

• Al tema della separazione tra politica e amministrazione;

• All’applicabilità del modello imprenditoriale all’amministrazione pubblica;

• Ai rimedi giudiziali alternativi (e alla tutela del cittadino nell’amministrazione;

• Alla lotta alla corruzione.

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Proposte

• Per migliorare l’efficienza della PA occorre dare vita a delle scuole superiori di reclutamento, sull’esempio dell’ENA francese, capaci di formare funzionari adeguatamente preparati e dotati di capacità manageriali.

• Per ridurre il carico di lavoro che oggi la giustizia deve affrontare occorre fare delle scelte incisive, partendo dal presupposto che non tutte le cause possono avere lo stesso peso specifico, né lo stesso impatto sociale ed economico. Ciò posto, si potrebbero adottare alcune di queste decisioni: diminuire i gradi di giudizio per alcuni reati meno gravi; introdurre la conciliazione extragiudiziale obbligatoria per le cause civili. Introdurre, infine, la motivazione della sentenza a richiesta, considerando che in molti casi la reale esigenza dei contendenti risiede nell’ottenimento di una giustizia immediata.

• Nella lotta alla corruzione bisogna predisporre soluzioni di rottura con l’attuale legislazione, a tratti troppo morbida nell’affrontare il fenomeno. Occorre per esempio estendere il reato anche a chi svolge attività privatistiche e riprendere una riflessione effettiva sul concetto di conflitto di interessi. Per ciò che riguarda più propriamente la PA, può essere efficace stipulare un sistema di controllo preventivo negli enti e adottare l’anagrafica tributaria dei dipendenti pubblici. Può essere utile diminuire la presenza del pubblico in economia rivedendo le società miste e più in generale la gestione delle municipalizzate. Infine, è urgente in questo paese rivedere le regole sul finanziamento ai partiti e introdurre finalmente una regolazione delle lobbies sul solco della normativa applicata nell’Unione Europea.

Lobbisti per Caos

L’obiettivo principale del gruppo di lavoro è stato quello di fare chiarezza sul concetto e sulle attività di lobby, mettendo a confronto lobbisti di professione e attori istituzionali, e in secondo luogo quello di comprendere perché nonostante diversi tentativi non si sia mai arrivati a una regolamentazione chiara del lavoro del lobbista e quindi quali strade si possano percorrere in futuro per una regolamentazione effettiva. Tre i punti chiave:

• Che cos’è una lobby? Fare lobby consiste in un lavoro di informazione documentata e di pressione critica per influenzare e modificare, ma anche per coadiuvare il processo legislativo e l'iter decisionale nel pubblico e nel privato;

• I 30 e più disegni di legge in materia che sono stati presentati in Parlamento negli ultimi trent’anni non sono diventati legge per un interesse trasversale di lobbisti e politici a mantenere gli attuali equilibri di potere e rendite di posizione acquisite. Tuttavia, pur riconoscendo l’esistenza e l’importanza delle reti e dei rapporti personali e informali, il gruppo si è espresso fortemente in favore di una regolamentazione vera della professione;

• L'esigenza di creare un “gruppo di pressione” perché si arrivi molto presto a un registro dei lobbisti, e poi (cosa questa più controversa) a un disegno di legge organico;

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La proposta che ha registrato il più ampio consenso è quella di un registro dei lobbisti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presso la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica.

Altre proposte operative su cui è stato registrato un consenso generale sono:

• Implementare l’AIR, analisi d’impatto della regolazione, che per legge dovrebbe accompagnare dal 2005 ogni atto legislativo, ma che di fatto non è mai svolta. L’AIR permetterebbe di rendere più trasparente il lavoro delle lobby ma anche di dare un supporto ragionato e più “scientifico” all’attività legislativa;

• Regolamentare e democratizzare l’accesso ai luoghi delle decisione, in particolare il Parlamento e le relative Commissioni, e modificare il regolamento delle audizioni parlamentari per renderle “formali” e pubblicamente disponibili;

• Limitare le revolving doors: regolamentare le possibilità di passaggio da ruoli pubblici a incarichi privati e viceversa prevedendo un “periodo di raffreddamento” come avviene in altri ordinamenti;

Infine, la proposta del “crowdlobbying”. Il "crowdlobbying" vorrebbe utilizzare le risorse di comunicazione sociale del web per creare gruppi d'opinione e di pressione molto estesi su singole issues, gruppi che, sulla scorta del modello di "finanziamento di campagna Obama", possano valorizzare anche minuscole quote finanziarie di sostegno (1 euro, 10 euro, ecc.) facendo aggio sulla massa critica di sostenitori aggregati tramite la Rete. Il modello culturale di approvvigionamento è quello ben noto del "crowdsourcing", su cui ci sono studi e ricerche molteplici, e quello del "crowdfunding" (vedi Obama, appunto).

Caospazio

Lo spazio è uno dei settori ad alta tecnologia in cui il nostro Paese è presente ai massimi livelli. Questa ricchezza deve essere sfruttata: l’industria spaziale rappresenta infatti un sistema strategico, in cui l’obiettivo è mettere in comune il lavoro frutto di vari soggetti, civili, militari e universitari.

In ambito spaziale si è infatti soliti lavorare all’interno di una filiera complessa: le applicazioni sviluppate sono frutto di entità diverse, spesso neppure operanti in ambito spaziale. La questione, così, diventa questa: come strutturare la domanda? La domanda pone l’accento sul rischio di un modello paese e di un modello europeo che spesso ragionano in un ambito tattico e non strategico, sia a livello pubblico che privato. Se da un lato dunque è ovvia la richiesta di profitto da parte del privato, dall’altro il tema dello spazio come risorsa diventa un termine di dibattito pubblico, troppo spesso eluso. Una soluzione possibile è quella di ipotizzare la formazione della domanda a livello pubblico e una realizzazione in ambito privato con un approccio basato su un paradigma duale militare/civile. D’altro canto, i maggiori investimenti avvengono proprio a partire da esigenze militari: perché non sfruttarle? Perché non coltivare una relazione proficua tra istituzioni militari e istituzioni civili?

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Ambito militareDue livelli problematici.

• Difficoltà europea nell’avere un fall out militare; problematica del tutto assente in ambito americano o asiatico;

• Approccio italiano - e in parte europeo - alla gestione dello sviluppo spaziale sotto il simbolo del paradigma duale. In particolare, uno sviluppo in ambito militare è sottoposto a un giudizio immediatamente negativo. L’esempio Galileo è lampante: una tecnologia avanzatissima sviluppata in ambito militare ma anche - e soprattutto - disponibile in ambito civile viene immediatamente connotata con implicazioni negative.

Si è detto che l’ambito militare rappresenta uno dei maggiori motori per lo sviluppo di tecnologia spaziale, ma aldilà di una situazione di fatto affermata è necessario riconoscere questa prerogativa, pena la perdita di competenze necessarie alla creazione stessa della domanda o - peggio - all’incapacità di controllare la tecnologia sviluppata in partnership con altri Paesi. Se l’Italia dismette competenze e se nel contempo partecipa a progetti di sviluppo condivisi, come può giudicare il suo stesso lavoro e controllarne il valore? Se la componente militare perde competenze non può valutare il ruolo dei privati e non può immaginare competenze future.

Il controllo della tecnologia appare come un elemento fondamentale non solo in questo senso ma anche in quello richiamato precedentemente rispetto la creazione della domanda: conoscere la tecnologia permette di educare la domanda in ambito pubblico e privato (la difesa e anche l’ASI come strumento di sviluppo commerciale per educare e aggregare la domanda). La storia italiana di ricerca spaziale, proprio per via delle sue caratteristiche peculiari, può diventare un modello in un ambito geopolitico che è radicalmente mutato rispetto a quello in cui si è sviluppato il sentimento di forza tipico della guerra fredda. L’Italia, proprio nei suoi limiti di potenza priva di sentimento nazionale ma comunque in cima ai risultati della ricerca scientifica, non può essere un modello a cui tendere in un mondo in cui le relazioni di forza sono mutate e appaiono meno statiche?

Cooperazione europea

Aldilà di una struttura solida e collaudata, qual è la vision europea dedicata allo spazio? Una visione tattica appare, ma manca una visione strategica. Ancora una volta l’ambito militare è paradigmatico: non esiste una domanda militare comune europea né, in ambito civile, un modello di sviluppo condiviso. D’altro canto, per via di costi e complessità dei progetti, è chiaro che una collaborazione tra Paesi membri appaia necessaria. Ma dato questo contesto, quale ruolo potrà ricoprire l’Italia? L’Italia, nonostante le competenze apprese, resta in una posizione di debolezza contrattuale che rischia di far perdere opportunità al nostro Paese (qui si inserisce ancora il tema delle competenze dismesse: meno competenze avremo, meno potremo operare da protagonisti all’interno di progetti condivisi). A livello europeo, poi, il tema dell’unanimità di decisione rappresenta un forte ostacolo per lo sviluppo di temi condivisi. L’obiettivo resta piuttosto quello di cooperazioni condivise ma anche negoziabili tra i partecipanti (unanimità vs. negoziazione).

Azioni concrete

• Creare un tavolo condiviso di confronto tra grandi imprese, istituzioni militari e PMI, con la ricerca come intermediario, che abbia la possibilità di creare una cabina di regia.

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• Operare nella divulgazione nell’ambito di materie scientifiche spendibili in un percorso di ricerca spaziale, e fare in modo che gli operatori del settore ccomunichino la propria esperienza all’interno di scuole e eventi pubblici.

Telecaos

Il caos caratterizza il mondo televisivo. Il caos che ha avuto inizio alle soglie degli anni ’80 con la morte del monopolio, è cresciuto e si è mutato, di passo in passo, in caos digitale, fluido ma non ancora liquido, oligopolistico ma non ancora concorrenziale. Il caos di oggi appare sempre più pervasivo, sembra avvolgere e coinvolgere la televisione in tutti i suoi elementi e metterne in discussione le forme e i protagonisti, il domani prossimo e il futuro anteriore. La ventata tecnologica degli ultimi anni ha portato una grande scossa al mondo del dupolio “RaiSet”, ma ancora non sufficiente a che si possa parlare di mercato. I nuovi player sono stati artefici di importanti innovazioni, nei linguaggi e nei modelli di business, nonchè capaci di suscitare l’interesse delle componenti più evolute ed aperte della società, ma hanno potuto lavorare solo su spazi ancora troppo marginali perché possa dirsi che un nuovo assetto è compiuto. La multipiattaforma sembra essere il campo d’esistenza del caos televisivo del domani, ma ancora i suoi tratti sono sfumati, confusi e incerti. Ci aspettiamo però che nel 2020 si completi il processo della convergenza tecnologica, un fenomeno il cui combinato disporsi con la nuova popolazione italiana – anziana, multi-etnica, socio stratificata – formerà il ruolo e la personalità della tv del futuro.

Che tipo di televisione ci aspettiamo nel futuro?

1. Banda largaSu questo primo punto, su cui si è discusso a lungo, si è trovata infine una posizione convergente. Premesso che il lavoro del nostro tavolo guarda all’anno 2018, anno in cui, secondo le promesse del nostro governo e dei maggiori operatori di comunicazione il territorio italiano dovrebbe già essere in larga parte raggiunto/coperto da banda larga, è nostra intenzione sottolineare con forza l’imprescindibile necessità d’investire e incentivare lo sviluppo della banda larga in tutto il paese.

2. RAI e servizio pubblico

Le posizioni di sintesi su questo secondo punto, molto ampio e intricato, sono:

• Il presupposto da cui partiamo per elaborare il nostro lavoro è che noi crediamo che nel caos televisivo di oggi il servizio pubblico debba esistere;

• Bisogna frenare l’evasione del canone;

• E’ emersa anche una nuova proposta radicale e non condivisa da tutti, che vede una Rai solo ed esclusivamente pubblica che riconsegni al mercato le risorse pubblicitarie e le frequenze di un certo numero di canali per favorire una ulteriore apertura del settore.

3. Spazi pubblicitari

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Questo terzo nodo è anch’esso uno dei nodi più intricati da sbrogliare. Molteplici le posizioni a riguardo, dati i molteplici interessi che entrano in gioco quando si parla di spazi pubblicitari. Tuttavia, la maggioranza si è trovata d’accordo sostenendo che una delle grandi criticità che andrebbe subito risolta anche nel nostro paese in maniera definitiva, è quella dei diritti di negoziazione negli acquisti di spazi pubblicitari.

I diritti di negoziazione drenano risorse alle concessionarie e quindi agli editori che sarebbero più opportunamente destinati a produzione/ricerca/innovazione.

Due le possibilità:

• Una legge alla “Loi Sapin” francese, aggiornata al momento storico e di mercato attuale, legge che vieti la pratica dei diritti di negoziazione nel nostro paese e

• L’inserimento a bilancio, da parte delle concessionarie e dei centri media di ogni provente derivante dalla negoziazione degli spazi pubblicitari stessi.

4. Tv Industry

Il mercato domestico da solo non è sufficiente a sostenere investimenti per una produzione televisiva italiana, di qualità, adatta ai mercati internazionali. Vorremmo quindi che lo stato italiano creasse le condizioni e facilitasse la nascita di questo tipo di produzioni.

Come? Una delle possbili proposte emerse, tuttavia non condivisa da tutti, è: guardando ai progetti riusciti, come ad esempio quello della Puglia film commission, un’idea sarebbe quella di istituire tv commission regionali finanziate dalle stesse regioni. Alle regioni andrebbe dunque il dovere di finanziare progetti realizzati in loco, che possano essere poi venduti a terzi e conseguentemente utilizzati da chi li compra. Puntiamo anche ad un nuovo riassetto: deve esserci un meccanismo di incentivo e di obbligo di investimento nella produzione locale di tutti i player nella realtà nazionale.

Non sempre tuttavia la mancanza di contenuti nuovi, brillanti e se vogliamo anche rivoluzionari è dovuta alla mancanza di investimenti nel settore. Spesso i contenuti non ci sono perchè mancano le idee. Pensiamo che la creatività debba essere scoperta ed indirizzata. In Italia non esiste ad oggi nessuna scuola di formazione nè alcun luogo di selezione di nuovi talenti. Proposta esempio: contest per piccoli produttori che possa portarli a livello nazionale, formarli e metterli in contatto con potenziali acquirenti del prodotto. La nascita di provvedimenti legislativi su questi temi dovrebbe prevedere anche la definizione di produzione indipendente. Bisogna inoltre stimolare le co-produzioni.

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Politicaos

Come ristrutturare, al di là della bipartizione tradizionale ‘destra’/‘sinistra’ costituiva della storia della Seconda Repubblica, un sistema politico in continua evoluzione, percepito come fragile e instabile e frammentato oltre i partiti dagli stessi attori principali? Il sorgere di soggetti politici intermedi tra i due principali attori dello scenario politico nazionale (Pd e Pdl) ha reso possibile il moltiplicarsi incontrollato di correnti, sempre più simili a ‘contratti a progetto’, e la riscoperta di antiche pratiche di notabilato e trasformismo. È possibile ancora costruire un grande partito di massa? Dove finisce l’iscritto e dove inizia l’elettore? Connessi a tale macro-questione sono altri due punti, concernenti rispettivamente le classi dirigenti e la leadership:

• Le classi dirigenti sono affette in Italia da un deficit di responsività e di ricambio;

• Come gestire la leadership in un ‘sistema della comunicazione’?

Nonostante la fine della Prima Repubblica, non c’è stato un ‘tramonto’ dei grandi partiti di massa. Lo dimostra il fallimento del tentativo, avviato nel 2008, di semplificare il panorama politico attraverso due grandi aquiloni (Pd e Pdl) nella cornice di un ‘bipartitismo mediatico’. Più corretta è la categoria del ‘partito mediale di massa’ (Diamanti), alla quale, d’altra parte, sfuggono altre forze di governo impostesi accanto a (e in competizione con) Berlusconi: la Lega, ad esempio, reagisce all’intreccio leadership-carisma-comunicazione per mezzo di un robusto controllo del territorio.

Il bipartitismo non basta per governare un paese come l’Italia ancora fortemente differenziato su base territoriale, né i partiti da soli sono capaci di assorbire ed esaurire la poliarchia politica. Quali partiti nell’Italia del 2011? Niente nostalgia: se cambia la società, i partiti devono cambiare con essa. Ai partiti oggi bisogna saper (ri)dare legittimità, rigore e Statuto, intervenendo laddove governano per conto di terzi e rappresentano interessi che non sono più essi stessi in grado di governare.

Il ‘leader carismatico’ è un concetto weberiano che viaggia bene nel Novecento ma che si presta solo in parte a interpretare il contesto del nuovo secolo. Due interpretazioni diverse, quasi ideologicamente opposte, tendono a emergere nella politica italiana odierna in merito all’essenza e al valore della leadership: la destra del “demiurgo” e la sinistra del “federatore”.

Utilizzando una metafora culinaria, è sempre più difficile oggi capire se il leader è un cuoco che somministra oli, grassi, proteine o carboidrati: una ‘dieta Mc’ come quella somministrata dal berlusconismo, con la sua radicale personalizzazione e leaderizzazione dell’agone politico, ha obbligato gran parte della società a introdurre tossine. Occorre invece immunizzare i sistemi politici dalle deviazioni personalistiche: laddove il ‘partito personale’ necessita di un cortocircuito sempre più veloce tra opinione del leader e posizione terminale, il leader come portatore di un’opinione collettiva è ben altra cosa. Dopo il ‘big-bang’ dell’uscita di Berlusconi dallo scenario politico, i leader dovranno anche saper svolgere una funzione pedagogica, mostrando che quando una leadership è puramente virtuale (vedi Grillo), non si educa alla partecipazione diretta e al pluralismo ma si potenzia l’idea che la verità discenda dal vertice. Dall’altro lato, la presenza di leadership legate in maniera tanto salda al territorio da diventare un nuovo notabilato costituisce un impedimento democratico: occorre evitare che vi sia un accumulo di rendite di posizione, anche attraverso una regolamentazione dello strumento delle primarie. Quando queste degenerano a un regolamento di conti interno, diventano tossiche.

Un vero leader, come disse Helmut Kohl, non può essere quello che segue ossessivamente il sondaggio del giorno dopo: lo stesso Cancelliere spiegava che mai avrebbe portato a termine la riunificazione della Germania se avesse ragionato secondo quella linea. Il leader deve piuttosto avere il coraggio di dire parole anche scomode sul momento ma costruttive e lungimiranti. Serve perciò maggiore responsabilità nella

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politica e nella stampa.

Comunicare un partito e la sua identità nella cornice dell’attuale sistema politico italiano non è semplice. È necessaria la costruzione di una ‘leadership contemporanea’ lungo le due traiettorie, parallele, del territorio e dell’identità politico-culturale collettiva. Nell’Italia post-berlusconiana occorrerà un leader meno definito dal carisma mediatico e più orientato a fare squadra.

C’è una duplice fonte di legittimazione in perenne collisione nelle leadership odierne: in genere proposte da forze politiche (legittimazione ex ante), vengono poi elette quasi direttamente dall’elettorato (legittimazione ex post). Un sindaco capace sa tenere insieme le due forme di legittimazione; il problema sorge invece quando rivendica come propria soltanto la seconda. Occorre saper scegliere in modo lungimirante tra primarie e congresso. Oggi l’amministratore, e in primo luogo il sindaco, è tenuto a fare un gesto di autonomia rispetto ai partiti. Gli amministratori, infatti, vinte le elezioni, rappresentano il tutto, mentre i partiti, per definizione, sono ‘parte’.

Conclusioni

• Non è possibile fare a meno dei partiti, ma i partiti devono tornare a parlare con chi non sente (più) l’impulso di votare;

• Occorre rimettere al centro la politica e un modo virtuoso di costruirla e praticarla (l’attacco ai servizi erogati dagli enti locali è attacco alla politica stessa): la generazione dei trentenni e dei quarantenni (assieme a quella dei ventenni) deve dare un segnale di discontinuità, dimostrando più coraggio nell’affrontare alcune questioni e nel saper affermare con nettezza che fare politica è soprattutto questione di sentimento, passione e desiderio di mettersi al servizio della comunità;

• Il leader deve far capire che le aspettative individuali sono anche aspettative collettive.

Visti da fuori, perché?

Cherchez le Caos

Nei due giorni di lavoro del working group sui rapporti tra Italia, Francia ed Unione Europea formato da membri impegnati su fronti nazionali, transalpini e europei, si è in primo luogo inquadrato il caos europeo, con un focus particolare sul difficile contesto italiano, da un punto di vista economico, istituzionale e sociale. Il sogno europeo esiste e continua a vivere nonostante le crisi dei mercati finanziari. Soprattutto per le nuove generazioni che non riescono nemmeno ad immaginare un futuro senza l’Unione e l’euro. I temi del protezionismo sono superati dall’esigenza dei Paesi europei di confrontarsi con il problema della marginalizzazione dei singoli Stati europei all’interno del sistema mondiale. Ciononostante le tensioni non mancano perché, a livello sociale, l’Europa viene talvolta additata come responsabile di tutti i mali moderni e, a livello economico, non c’è una visione chiara delle strategie economiche e industriali di lungo periodo dell’Europa e dell’Italia e la globalizzazione con le sue sfide impone delle decisioni in tempi rapidi dopo una seria e lucida operazione verità su quelle che sono le reali ragioni della crisi. Tuttavia il nuovo rigore richiesto dalla crisi rappresenta un’occasione di cambiamento epocale, ma sono necessari degli interventi radicali diversi punti, sia a livello nazionale sia comunitario. A tutti questi tavoli è auspicabile la presenza sindacale per offrire un contributo prospettico e costruttivo.

Proposte politiche

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A livello comunitario:

• Fare, non subire l’Europa: Coordinamento unico e cabina di regia forte a livello nazionale alle dirette

dipendenze del Presidente del Consiglio, per definire un posizione chiara dell’Italia nei confronti dell’UE;

• ENA di Bruxelles: Creazione di una scuola europea di pubblica amministrazione per rinnovare dall’interno la classe dirigente pubblica. Education europea: educazione civica europea (storia e istituzioni), come materia obbligatoria e esame comune nelle scuole medie e superiori dell’UE, in vista di un possibile futura elezione di alcuni rappresentanti non in quota ai Paesi per ristabilire un maggiore contatto fa cittadini e Unione;

• Una sola difesa per l’Europa: definizione di alcuni settori strategici per la politica industriale

dell’UE, a partire da un mercato pubblico unico della difesa;

• Proposta congiunta franco-italiana su riforma della regolamentazione bancaria (eg. una Glass-Steagall in salsa europea), sulla base di quella francese, e armonizzazione delle normative contabili;

• Rafforzamento del Fondo di investimento strategico europeo come misura anticrisi +

rilancio della crescita attraverso diversi strumenti (eg: facendo confluire asset dei Paesi in difficoltà che altrimenti sarebbero svenduti fuori dall’Europa in cambio di finanziamento agli Stati stessi - Perché svendere i gioielli di famiglia fuori dall’Unione quando possiamo comprarli all’interno?; Eurobond; etc)

• UE rating: creazione di una agenzia di rating comunitaria

A livello nazionale:

• Fare, non subire l’Europa: Coordinamento unico e cabina di regia forte a livello nazionale alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio, per definire un posizione chiara dell’Italia nei confronti dell’UE;

• Uniti per fare cosa?: individuare un comitato tecnico per la definizione del piano strategico industriale in chiave europea, da portare poi all’attenzione delle Camere;

• It’s the demography, stupid: Prendendo spunto dall’esperienza francese, avviare una nuova politica demografica perché sul lungo periodo il Paese ringiovanisca e il rapporto fra lavoratori e pensionati diventi più equilibrato.

Caosamba

All’interno della galassia BRIC, il Brasile riveste particolare interesse per i suoi rapporti storici con l’Italia e per la presenza di multinazionali come FIAT, Pirelli, Telecom Italia. A ciò si aggiungono cinque punti fondamentali sul Brasile di domani: la stabilizzazione della crescita economica nei prossimi cinque anni, il

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bonus demografico, la stabilità sociale e il miglioramento della sicurezza, la qualità della politica, il nuovo ruolo nell’ordine (e nel caos) internazionale.

Il caos/casino brasiliano non è mai stato considerato un modello positivo per lo sviluppo del mondo, perciò il percorso di 20 anni di apertura e riforme va considerato con una prospettiva complessiva. In Brasile, le differenze contribuiscono alla costruzione dell’identità comune, secondo una lezione che dovrebbe essere colta dall’Europa. Inoltre, il “primato della politica” nella democrazia brasiliana non si limita agli aspetti deteriori del sistema (come la corruzione, su cui però esiste una capacità di sanzione e di autoriforma), ma è in grado di portare nella società una visione dell’interesse generale e della direzione della nazione, che non viene dispersa dalla litigiosità tra i partiti e dalle differenze di leadership (dal carisma di Lula al ruolo soft di Dilma, il collante è il pragmatismo). La politica ha un senso perché da una parte, il Brasile affronta col proverbiale jeitinho (traducibile con “arte di arrangiarsi”) le sfide sempre più ambiziose che giungono dalla crescita. Dall’altra, gli investimenti pubblici corrispondono all’esigenza di ridurre quelle disuguaglianze che hanno sempre caratterizzato il Paese. Programmi come Bolsa Família e la legge di responsabilità fiscale si possono considerare possibili ispirazioni nel contesto italiano ed europeo.

Il Brasile, tuttora in bilico tra Fattoria del Mondo e Fabbrica Brasile, è un attore strategico protagonista della probabile “spartizione” dell’Europa e dell’Italia che ci attende, tanto da far pensare, per ragioni di affinità culturale e non, che sia meglio “morire brasiliani” piuttosto che morire cinesi o turchi. Certo è che il Brasile pensa già il suo ruolo nel mondo, e può permettersi un rapporto tutt’altro che subalterno con l’Italia, come si è visto nel caso Battisti. L’Italia, in cerca di una nuova strategia internazionale, non può permettersi di non occuparsi del Brasile. Tuttavia, un approccio dilettantistico o sporadico non basta: l’opportunità della vasta comunità italo-brasiliana sarà mera retorica se il passaporto italiano è richiesto solo per ottenere un ingresso negli Stati Uniti, se non vi sono investimenti complessivi nell’insegnamento dell’italiano e nell’attrazione di studenti da parte delle nostre università, se non si comprende che saper produrre in Italia non è di per sé garanzia del successo in Brasile senza una conoscenza approfondita del mercato. Finché saranno solo alcune aziende ad avere un rapporto bilaterale col Brasile, e l’Italia ne sarà priva, continueremo a essere principianti nella nostra politica italo-brasiliana.

Progetti di sviluppo:

• Creazione di una pagina pubblica Facebook da integrare con gli strumenti di comunicazione web di veDrò, in cui condividere link, notizie, studi e domande sull’attualità brasiliana, che funzioni anche come piattaforma per l’allargamento della nostra rete;

• Integrazione dell’attività di veDrò sul Brasile con le altre reti di professionisti, studiosi, università e imprese che si occupano dei rapporti italo-brasiliani, in modo da aumentare l’intelligenza collettiva in questo campo;

• Monitoraggio dei documenti strategici sul Brasile del MAE e redazione delle “dieci domande obbligatorie” per i policymakers e decisori coinvolti nei rapporti italo-brasiliani;

• “Adozione” in rete di una lista di problemi fondamentali per la proiezione dell’Italia in Brasile, con un check-up sulle soluzioni possibili;

• Presenza del gruppo “Caosamba” all’interno della Conferenza italo-sudamericana di ottobre a Milano e sviluppo di appuntamenti di incontro all’estero, a partire dal festival del cinema brasiliano in Portogallo (maggio 2012) e da un appuntamento successivo in Brasile.

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Il mondo dopo Fukushima

Blackcaos

Le regole forse non annullano il caos ma possono metterlo in un angolo. La cosa è tanto più vera in mercati come quelli dell’energia elettrica e del gas naturale che si trovano, passati dieci anni dall’avvio della liberalizzazione, in un contesto molto cambiato sul piano nazionale, europeo e globale, dove gli impatti della crisi finanziaria sull’economia reale hanno provocato un’imprevista flessione della domanda che ha contribuito a mettere in dubbio paradigmi consolidati. Tra questi si è molto dibattuto sui contratti bilaterali di lungo periodo, con cui storicamente si sono costruite le infrastrutture, e l’affidabilità dei mercati a breve termine come fonte di approvvigionamento non più marginale.

L’importanza del gas naturale resta notevole, specie alla luce dello stop al nucleare (il carbone resta ancora, nella percezione comune ma anche nella visione dell’Europa una fonte sporca). L’Italia in virtù della sua posizione geografica potrebbe ricoprire il ruolo di ponte tra paesi produttori e paesi consumatori per buona parte dell’Europa.

Proposte:

• Fare dell’Italia un hub si può – e sarebbe bene farlo, in fretta vista la concorrenza degli altri paesi – ma l’attuale set di regole ha dimostrato di non essere adeguato; basti pensare ai tanti progetti di rigassificatori impantanati in iter autorizzativi biblici;

• In un futuro quanto mai incerto, ruolo e importanza dell’energia di certo non verranno scalfiti, anzi il settore sembra chiamato a sostituirne altri nella contribuzione al PIL. Perché rischiare di azzopparlo con provvedimenti iniqui come la cosiddetta “Robin Hood Tax”?

Caos Alternativo

Le fonti rinnovabili, oltre ai vantaggi di carattere ambientale derivanti dal loro utilizzo, possono rappresentare una opportunità di sviluppo di grande importanza per il Paese. Considerato però il ritardo accumulato nei confronti di altre nazioni nella partecipazione alla filiera produttiva delle tecnologie rinnovabili attualmente più diffuse - eolico e solare in particolare - per la generazione elettrica, al fine di ottimizzare gli sforzi e le risorse disponibili, è importante concentrare l’impegno sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie meno mature, rispetto alle quali ci sono prospettive importanti di e per le quali vantiamo leadership e competenze specialistiche, quali il solare a concentrazione ed il solare termodinamico. In tal senso bisogna costruire un percorso di sviluppo delle fonti rinnovabili, che consenta di massimizzare il beneficio derivante dalle misure di sostegno, concentrando gli incentivi sulle tecnologie che danno migliori ritorni in termini ambientali ed economici, in particolare in relazione alla possibilità di sviluppare una filiera tecnologica ed industriale italiana.

Per favorire la penetrazione delle rinnovabili bisogna collegare la loro diffusione con lo sviluppo delle reti, sia in senso quantitativo (oggi ci sono zone del Paese dove la rete non è in grado di ricevere e smistare l’energia prodotta dagli impianti rinnovabili, nonostante questa energia sia comunque pagata dal sistema), che in senso qualitativo: l’energia da fonti rinnovabili, tendenzialmente discontinua, va gestita dalle smart

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grids, le moderne reti “intelligenti” che consentiranno al sistema elettrico una maggiore “elasticità”. È inoltre importante favorire l’uso termico delle fonti rinnovabili, che può contribuire significativamente all’aumento dell’efficienza ed alla costruzione di una filiera energetica italiana.

Efficienza energetica

Il perseguimento dell’efficienza energetica ha il vantaggio di comportare investimenti di entità ridotta ma con capacità di generare ricadute economiche ed occupazionali sul tessuto economico del Paese. Dagli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, dalla sostituzione delle attuali reti di trasporto dell’energia con reti dotate di tecnologia ICT (le c.d.smart grids), dalla installazione di pompe di calore e caldaie a condensazione, dall’utilizzo della domotica intelligente, dalla sostituzione delle lampade a bassa efficienza è possibile ottenere risultati significativi, con periodi di ritorno degli investimenti brevi ed una ricaduta positiva sul nostro tessuto economico e produttivo. Questa ricaduta positiva derivante da efficaci politiche di efficienza può concretizzarsi sia in termini di aumento di competitività conseguente ai minori costi derivanti dall’adozione delle misure, sia attraverso l’attivazione di un volano produttivo in settori nei quali l’Italia possiede le competenze tecnologiche per rivestire una posizione di leadership. Un importante contributo al risparmio può e deve venire dal settore dei trasporti, dove è necessario promuovere una penetrazione sempre maggiore dei mezzi di trasporto basati su fonti alternative agli idrocarburi (biometano, auto elettriche), specie nelle aree urbane.

Reti

Al fine di favorire la sicurezza e la competitività del sistema elettrico nazionale è necessario risolvere i problemi derivanti dalle congestioni sulla rete di trasporto nazionale ad alta tensione. Il potenziamento della rete nazionale è fondamentale per risolvere il problema della persistenza di colli di bottiglia sulla rete di trasmissione nazionale e favorire il transito adeguato su tutto il territorio di flussi di potenza, oltre che per migliorare l’interconnessione con i nostri vicini europei. Il ritardo è dovuto in primo luogo alle problematiche relative agli aspetti autorizzativi: la costruzione di una grande infrastruttura di trasporto energetico, coinvolgendo molte e disparate realtà locali ed amministrative, richiede l’acquisizione del consenso di una molteplicità di soggetti, che spesso agiscono in maniera tra loro non coordinata o addirittura contrastante.

Per quanto riguarda la rete di distribuzione, andrà invece effettuato e sostenuto uno sforzo importante al fine dell’implementazione delle reti intelligenti. Le smart grid utilizzano prodotti e servizi innovativi coniugati a tecnologie evolute di monitoraggio, controllo, comunicazione, consentendo una maggiore affidabilità e qualità nella fornitura dell'energia elettrica, un incremento della sicurezza delle informazioni veicolate, una maggiore efficacia nella distribuzione dei flussi di energia e flessibilità nella gestione dei picchi della domanda, una maggiore tutela ambientale, grazie ad un migliore supporto alla diffusione delle energie rinnovabili e della mobilità elettrica, contribuendo alla riduzione delle emissioni di CO2 ed una maggiore consapevolezza per il clienti del proprio stile di consumo, tale da spingerli ad un uso sempre più razionale dell’energia.

Nucleare

Nel pieno rispetto dell’esito del referendum, nel breve periodo sono comunque da portare avanti attività in materia di messa in sicurezza del vecchio parco nucleare ante referendum del 1987, oltre che del materiale di derivazione industriale e fitosanitaria. Le attività di decommissioning degli impianti italiani possono costituire una palestra importante per esportare il know how acquisito dalla filiera italiana nel settore, in vista delle dismissioni e del turn over che nei prossimi anni verranno realizzati in numerosi Paesi europei. Occorrerebbe poi mantenere aperta un’opzione grazie alla ricerca, in modo da beneficiare degli sviluppi che la tecnologia nucleare potrebbe vedere nel medio-lungo periodo.

Consapevolezza e risparmio energetico

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La promozione della conoscenza della materia energetica in generale e dei comportamenti adottabili dai singoli cittadini nell’ottica del risparmio energetico richiedono l’adozione di una campagna informativa a livello nazionale da parte del Governo. L’educazione alla materia energetica può essere fondamentale al fine di prevenire fenomeni di ostracismo nei confronti delle nuove infrastrutture e delle scelte di politica energetica nazionale (Nimby), costituendo il primo passo verso l’adozione di un approccio partecipativo ed inclusivo. Una campagna informativa sul risparmio energetico, in particolare, è poi essenziale al fine di affermare un nuovo modello di sviluppo più in sintonia con l’ambiente, che necessita di tempi lunghi e che richiede di intervenire sulle abitudini, i modelli di consumo, la mentalità dei cittadini.

Il ruolo dello Stato e la Strategia Energetica Nazionale

Il ruolo dello Stato è fondamentale per quel che riguarda la vigilanza sul rispetto degli standard di sicurezza, qualità, rispetto dell’ambiente e sulla concezione e verifica di misure idonee a sostenere lo sviluppo di tecnologie che possano contribuire all’obiettivo di assicurare energia abbondante, economica, ambientalmente sostenibile, sviluppando al contempo filiere tecnologiche nazionali. In un regime di mercato concorrenziale sarà poi il mercato che, sulla base dei vincoli posti dallo Stato a tutela dell’interesse comune, e delle opportunità tecnologiche, sceglierà la configurazione di produzione maggiormente efficiente. La Strategia Energetica Nazionale dovrebbe essere frutto di un percorso virtuoso, che tenga conto del contributo di tutti gli stakeholders interessati, attraverso un approccio partecipativo ed inclusivo che si arricchisca dei contributi del mondo della ricerca, delle istituzioni, delle utilities, del mondo industriale,dell’ambientalismo. La principale esigenza del settore dell’energia, rimane comunque la creazione di un quadro regolatorio chiaro e, soprattutto, stabile, che dia certezze agli investitori e favorisca il contributo che il mondo dell’energia può fornire al Paese in termini di sviluppo, modernizzazione e competitività.