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MARCELLO OLIVIERI _______________________________________ CYBERCOM PER L’EVOLUZIONE DEL MARXISMO _______________________________________

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MARCELLO OLIVIERI

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CYBERCOM PER L’EVOLUZIONE DEL MARXISMO

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MARCELLO OLIVIERI

CYBERCOM PER L’EVOLUZIONE DEL MARXISMO

TERZA EDIZIONE

2017

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L’autore

Marcello Olivieri è un sociologo specializzato in scienze organizzative e in formazione. Si è occupato di promozione di cooperative, di formazione sindacale e aziendale, di consulenza aziendale, di ricerche di mercato, di telelavoro, di cooperazione in Mali e in Marocco. Inoltre, ha svolto per oltre un decennio ricerche universitarie sui gruppi e le organizzazioni creative.

Dichiarazione di copyleft

Copia della presente opera è stata depositata presso la SIAE a certificazione della sua originalità e provenienza. L'autore acconsente espressamente alla sua gratuita riproduzione e diffusione totale o parziale a fini di studio, ricerca e insegnamento, purché la detta riproduzione o diffusione non avvenga a scopo di lucro. La commercializzazione dell'opera o di parti di essa potrà avvenire solamente previa autorizzazione scritta dell'autore.

Licenza Creative Commons I diritti d’autore sull’opera appartengono a Marcello Olivieri. Quest'opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione ̶ Non commerciale 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA.

Sito web

www.cybercomunismo.it

Immagine di copertina: Fenice. Immagini interne: murali di Banksy.

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INDICE

Prefazione alla terza edizione

Prologo. Il punto di vista sulla Storia Il ritorno dello spettro Creatività e marxismo L’era quaternaria Cicli vitali Le leggi della Storia Il paradosso del marxismo

Good Bye, Lenin … Marxismi vincenti e perdenti

I ♥ ’68

Il differenziale creativo Sputnik e Stealth Woodstock

Tesi. Il lato oscuro della Storia Tra il dire liberale e il fare capitalista Spiriti animali La controriforma neoliberista L’inizio dell’ideologia Concorrenza imperfetta A tutta concentrazione Mucca è bello Etica del malaffare Il club delle volpi Wikinomics Brain drain Exodus

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La sesta estinzione Il Libro dell'Apocalisse Negazionisti, vil razza dannata

Capitalismo di Stato Pubblici sfruttatori Chimere meritocratiche Di buona famiglia Stratificazioni Equità o egualitarismo?

Rivoluzioni liberalcomuniste Il borghese Marx Pauperizzazioni Il ribaltone Integralismo operaista

La fine del lavoro ripetitivo Tecnodisoccupazione Homo non oeconomicus

Antitesi. Il lato chiaro della Storia La gaussiana della creatività Forme creative Le tre creatività La distribuzione della creatività Creatività crescente Sistemi creativi

L’inversione del plusvalore Il saggio di profitto Economia digitale Plusvalore ascendente e discendente

Marx, Heisenberg e Buddha Nirvana neuroplastico Fisica del Tao Tectologia C'era una volta Dio

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Secolarizzazione globale Dialettica dello yin-yang Principio d’indeterminazione sociologica Mobilità cognitiva

Modelli vincenti Dal PIL all'ISU European dream Il dilemma delle risorse

Io, compagno robot Cibernetica libera tutti Goldrake Cyborg Roboetica Avatar

Homo ciberneticus Cyberia Killer application Claytronica Bionica UGM

Sintesi. Il lato opaco della Storia

Altermundus Net-attivismo Culture jammer Hacker Orizzonti rossoverdi Alle sante crociate … e Good bye, Mao Ultimi bagliori di un crepuscolo

Leftshift Generazione Y Il centro è di sinistra Orde laureate

Democrazia crescente

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Eleanor e Oscar Dee Madri La marea postmaterialista La società postsociale Il democratico Marx

La classe generale

Errori del I° e del II° tipo La terza coscienza di classe

Alienazione oggettiva e soggettiva Creatività bianca vs. creatività nera La terza lotta di classe Creativi di tutti i Paesi unitevi!

Lo Stato automatico

Accumulazione pubblica e privata Comitati di affari Mano visibile E-government Global governance Pubblica automazione

Il mercato liberato Reinventare il mercato Passaparola digitali Microfabbriche

Prodotto autogestito Contraddizioni interne Speculazione Vs. Innovazione Puntate, mirate ... boicottate Il regno dell’abbondanza Commons Sovversività del prosuming e prosuming della sovversività La strada del paradiso

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Epilogo. Il lato probabile della Storia

Verso il cybercomunismo Cyberdemocrazia I teschi degli uccisi Il quinto ciclo Mondi futuri Letture e siti web consigliati

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Prefazione alla terza edizione

Immagine: murale di Banksy

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Il presente progetto di ricerca sull'aggiornamento del paradigma del materialismo storico nasce a metà degli anni '90. La prima edizione di Cybercom. Per l'evoluzione del marxismo risale al luglio 2007. Si trattava di un pamphlet a tesi piuttosto breve, grezzo e incompleto come le severe quanto preziose critiche e osservazioni dei lettori mi fecero notare. La consapevolezza delle loro ragioni mi indusse a pubblicare una seconda edizione rivista e ampliata un anno e mezzo dopo. Il risultato fu più che confortante: alle voci cybercomunismo e sociologia della creatività il motore di ricerca Google classificava il sito al primo posto su un totale rispettivamente di 10.300 e 1.030.000 risultati al 31 luglio 2011. Posizione occupata dal gennaio 2010 fino a tutto il 2013. All'epoca, i risultati precedenti la pubblicazione del libro erano di circa 7.000 e 230.000. Segno evidente che le integrazioni avevano suscitato un crescente interesse. Le ulteriori critiche e suggerimenti e gli eventi occorsi da allora hanno prodotto questa terza edizione, cresciuta dalle duecento pagine della prima a oltre quattrocento. L’impianto teorico originale è rimasto invariato, ma sono stati aggiunti i mancanti ampliamenti e le necessarie precisazioni, ulteriori schemi sintetici e molti dati empirici che spero contribuiscano a chiarire in modo più esaustivo le tesi. Nel frattempo, decisi che era opportuno chiudere il sito web per riaprirlo quando sarebbe stata pronta la nuova edizione, la cui gestazione ha però richiesto molto più tempo del previsto. Alcune parti del modello teorico che ritenevo secondarie si sono invece rivelate fondamentali e di difficile gestione sia nella costruzione formale che nel reperimento dei dati empirici. L'approccio metodologico adottato anche in questa terza edizione è quello della costruzione di uno scenario predittivo fatta utilizzando le categorie analitiche individuate da Marx nella sua complessa analisi del capitalismo. Tuttavia, l’obiettivo della ricerca non era e non è quello di un’esegesi ideologica volta a dimostrare che la versione marxiana originaria è ancora valida tal quale. Nessun paradigma scientifico resta immutato. La teoria dell’evoluzione che si insegna oggi nelle università è molto più ricca e in parte diversa dalla formulazione originaria di Darwin. Un secolo e mezzo di ritrovamenti fossili, di nuovi strumenti di datazione e di analisi chimico-fisica e di nuovi grandi talenti teorici hanno modificato in profondità la teoria e indubbiamente continueranno a farlo in futuro, anche se le principali categorie analitiche si sono rivelate ancora valide e con ogni probabilità tali resteranno. Lungi dall’essere ciò un segno di debolezza. Semmai è vero l’esatto contrario. La vitalità di un paradigma consiste proprio negli ampliamenti, nelle nuove direzioni, nelle correzioni degli inevitabili errori iniziali. Cosa che avviene esclusivamente se il paradigma è stato costruito con assunti corretti ed euristicamente potenti. Modificazioni anche rilevanti producono un rafforzamento e non un indebolimento, a condizione che siano formalmente coerenti ed empiricamente supportate. Pertanto, ho costruito lo scenario

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utilizzando categorie aggiuntive e cambiamenti di quelle originarie ogni qualvolta ne ho ravvisato la necessità, sempre motivando le modifiche nel merito e con i relativi dati empirici a supporto. La scelta metodologica era obbligata. Marx iniziò la sua attività di ricerca scientifica liberandosi subito dalla pura denuncia morale degli obbrobri della nascente formazione economico-sociale capitalista e degli elenchi delle ipotetiche soluzioni possibili. L'approccio era considerato sterile e destinato a restare un puro esercizio teorico di nessuna utilità pratica per la classe operaia industriale, i nuovi dannati della Terra che stavano rapidamente rimpiazzando gli antichi servi della gleba. Ai migliori tra coloro che lo avevano adottato, Marx tributò i dovuti riconoscimenti per la generosa scelta di campo e le acute osservazioni, ma ne stigmatizzò da subito l'inefficacia pratica bollandolo come “socialismo utopista”, destinato a rimanere sospeso nell'etereo cielo delle buone intenzioni e a lasciare immutata la realtà. La passione politica e le sincere intenzioni sono necessarie per motivare uno scienziato sociale e Marx non difettava certo né dell’una né delle altre. Il suo acume però gli fece tosto comprendere che la pura denuncia dell’esistente non avrebbe fornito criteri-guida per l’azione politica e sindacale. Al presente, la letteratura di denuncia degli aspetti negativi e dei possibili rimedi della globalizzazione e del capitalismo finanziario è sterminata e di grande qualità. I problemi insorgono sulla linea che separa il presente dal futuro. Proclamare che per avere la pace bisogna che il mondo imiti quanto fatto dal Costarica e cioè possedere soltanto un corpo di polizia civile e abolire le forze armate militari non richiede capacità teoriche superiori, così come l’individuare nel movimento pacifista l’attore sociale che potrebbe esportare il modello. Ma come farlo? Come convincere i signori della guerra di ogni latitudine e il complesso militare-industriale mondiale, con il suo inestricabile groviglio di corruzione e violenza? Una patrimoniale una tantum globale dell’1,5% eliminerebbe l’analfabetismo e le morti evitabili per fame, sete e malattie curabili. La cifra desta impressione per la sua modestia. Il milionario da 100 milioni se ne ritroverebbe comunque 98,5. I suoi mezzi di sostentamento non ne risentirebbero di certo, ma chi e come può introdurre una tassazione del genere? Come farla diventare esigibile a livello mondiale? Purtroppo, il difficile viene sempre quando si passa alle istruzioni per l’uso. L’analisi sociologica basata sugli esempi positivi e negativi è utile nella fase di scouting della ricerca. Diventa inutile se non si va oltre. L’approccio “esemplare” adottato dalle religioni non ha impedito le guerre di religione. Individuare modelli socioeconomici e culturali senza indicare la loro evoluzione più probabile basandosi su chiare relazioni causali finisce col produrre catechismo morale destinato al nulla.

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Quando Marx iniziò la sua ricerca scientifica sul capitalismo la città più industrializzata del mondo era Manchester con appena il 9% di operai, mentre circa l’80% della forza-lavoro sgobbava nell’agricoltura tradizionale; eppure intuì da subito quali sarebbero state le tendenze centrali e quali effetti avrebbero prodotto in pochi decenni. All’intuizione seguì la consapevolezza dell’imprescindibilità dell’adozione dello stesso metodo di indagine che le scienze naturali esplose nell'Ottocento utilizzavano nei confronti dei fenomeni naturali. Ipotesi teoriche e verifiche empiriche erano gli strumenti da usare per rendere miglior servizio alle masse sfruttate che si ammassavano negli opifici. I nuovi attori sociali che già emergevano sotto forma di sindacati, partiti politici, associazioni di mutuo soccorso e cooperative dovevano basare l'attività di proselitismo e di rivendicazioni disponendo di un’inattaccabile teoria che avesse tutti i crismi della scientificità, tanto da poterla opporre alle mistificazioni ideologiche travestite da scienza degli scienziati sociali e intellettuali al servizio dei capitalisti. Il “socialismo scientifico” era la reale e più efficace arma su cui costruire le piattaforme da negoziare con il nemico di classe. La disponibilità di inoppugnabili dimostrazioni dei meccanismi di sfruttamento e delle relative tendenze di sviluppo avrebbe reso possibile anticiparne gli effetti e quanto meno mitigarne la perniciosità. La lezione metodologica marxiana mantiene intatta la sua validità ed è tuttora l'origine profonda dei migliori contributi delle scienze sociali. Persino uno dei più severi critici del materialismo storico, l'epistemologo liberale Popper, ne ha riconosciuto lo status scientifico, perché rispettoso del criterio empirico di falsificabilità. La critica è consistita nel valutare teoricamente errato il materialismo storico, perché il risultato osservabile era controintuitivo rispetto alle aspettative. In U.R.S.S., in Cina e nei Paesi satelliti invece della dittatura del proletariato era sorta una mostruosa dittatura sul proletariato, per dirla con Touraine. Verità inoppugnabile, ma da accogliere con riserva. Come vedremo nel prosieguo, dopo la morte di Marx il materialismo storico si divise in due filoni teorici, quello riformista e quello rivoluzionario. Le critiche di Popper sono valide per il secondo e non valide per il primo. Al contrario, il socialismo democratico è stata la principale leva politica che ha consentito al Primo Mondo di arrivare dov’è ora. La scelta metodologica dello scenario previsionale ovviamente non è ideologicamente neutrale. Se da un lato fa correre i maggiori rischi di smentita esponendo lo scienziato sociale al pubblico ludibrio, dall'altro offre le maggiori opportunità di verifica della correttezza della teoria. La verifica delle ipotesi teoriche nelle scienze naturali si basa sullo stesso principio. Un’ipotesi diventa teoria verificata solo se è in grado di predire una classe di eventi in modo deterministico o probabilistico, a seconda della natura dell’oggetto della ricerca. I dati empirici prodotti in laboratorio o raccolti nell'ambiente esterno devono essere il criterio primario di accertamento dell'attendibilità delle asserzioni e

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devono essere di pubblico dominio per consentire il controllo della loro correttezza di merito e di metodo da parte della comunità disciplinare di riferimento. Nella sociologia sono davvero pochi quelli che finora si sono avventurati nell'incerto territorio del futuro. Tra questi alcuni hanno centrato in pieno l'obiettivo con scenari verificati ex-post corretti e giustamente diventati dei classici. Alain Touraine e Daniel Bell per primi hanno formalizzato il passaggio dalla società industriale alla società postindustriale alle fine degli anni Sessanta. Circa un decennio prima di Alvin Toffler che ne ha ulteriormente dettagliato le specificità e almeno vent'anni prima che i partiti e sindacati della sinistra storica capissero che così era. Ancora Touraine intuì che i movimenti sociali avrebbero avuto un ruolo politico crescente erodendo potere negoziale ai partiti e sindacati storici. Immanuel Todd ha previsto con sorprendente acutezza e precisione nel 1976 cause e modalità dell'implosione dell'URSS. André Gorz ha anticipato oltre quarant’anni fa gli effetti sull'occupazione delle nuove tecnologie robotiche e informatiche. Zygmunt Baumann utilizzando la metafora della liquidità ha intravisto all’inizio del millennio la tematica dell'aumento dell'instabilità relazionale a tutti i livelli della società. Il filosofo e sociologo Jurgen Habermas ha colto nel segno preannunciando fin dalla fine degli anni Sessanta l'aumento di potere politico degli attori sociali che privilegiavano l'agire comunicativo rispetto all'agire strumentale e la conseguente espansione della democrazia nel mondo. Ronald Inglehart anticipò il sorpasso dei valori postmaterialisti su quelli materialisti nel 1977. Altri scenari sono in attesa di verifica. Immanuel Wallerstein prevede che verso la metà del secolo il capitalismo finirà la benzina della globalizzazione. Non ci saranno ulteriori mercati su cui espandersi. La scomparsa del mercato acquisitivo e la permanenza del solo mercato sostitutivo non consentirà volumi di vendita corrispondenti alla capacità produttiva. Il processo di accumulazione basato sull'investimento produttivo del capitale si fermerà. Si imporrà l'esigenza di nuove forme di organizzazione economica e sociale. Alvin Toffler prevede l'accentuazione del passaggio dalla dimensione organizzativa macro a quella micro dovuto all'andamento esponenziale della crescita della conoscenza e di un conseguente powershift dalle grandi organizzazioni a quelle piccole sia statali che private. Inoltre, la gran parte della produzione di merci e servizi oggi appannaggio di aziende e pubbliche amministrazioni, domani passerà direttamente nelle mani dei prosumer, coloro che producono per l’autoconsumo. Il politologo liberale Samuel Hungington paventa e auspica che si riesca a evitare lo scontro di civiltà, in particolare tra quella occidentale e quelle islamica e cinese. L'esito di una convivenza pacifica tra diverse culture dipenderà in buona misura dall'abbandono di politiche aggressive unilaterali da parte degli USA e da maggiori aperture sociali interne dei Paesi islamici e della Cina.

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L'altro celebre politologo liberale Francis Fukuyama ha tradito il fronte neoconservatore e vaticina non più la fine, ma il futuro della storia con un definitivo ritorno alla socialdemocrazia basata su politiche economiche neokeynesiane. Baumann ha presentito l’inevitabilità del passaggio dallo Stato sociale al Pianeta sociale. Unica modalità di recuperare il potere decisionale sottratto alle nazioni dal capitalismo finanziario. Il concetto implica forme progressive di governance transnazionale che porteranno all’esito finale di un governo mondiale democratico. Sulla stessa linea d’onda si colloca l’analisi di Edgar Morin. Le tendenze attuali condurranno all’estinzione la specie umana se non saranno invertite. Potenti forze biopsichiche individuali e collettive incominciano a manifestarsi in controtendenza. L’esito della lotta è altamente incerto e non prevedibile, ma la fiducia che il biopotere prevarrà sul necropotere è ben riposta. Il socioeconomista Jeremy Rifkin preannuncia l'avvento della civiltà dell'empatia con la nascita di un’antropologia culturale transnazionale rispettosa al contempo delle diverse identità culturali. Emergerà una ecocoscienza planetaria che invertirà l'attuale corso autodistruttivo del genere umano. L'economia futura sarà quella del costo marginale zero grazie alla quale il capitalismo finanziario sarà finalmente sottomesso e quello produttivo occuperà una nicchia molto limitata. Richard Florida è stato il primo sociologo a identificare quella creativa come una vera e propria classe sociale. Gli scenari tratteggiati finora hanno ricevuto puntuali conferme dai suoi report annuali sulla crescita e diffusione mondiale di scienziati, tecnici, artisti, artigiani, imprenditori, umanisti e innovatori di ogni specie. Altra fondamentale conferma finora registrata è quella della creatività come nuovo fattore produttivo centrale che incomincia a sostituire il capitale. Uno scenario altamente sofisticato arriva ancora una volta da Alain Touraine che si conferma il sociologo contemporaneo più acuto in lungimiranza e più capace di innovazione teorica. Che il suo teorizzare si basi sulla versione progressiva e riformista e non discontinua e rivoluzionaria del paradigma del materialismo storico è affatto causale. La società postsociale da lui anticipata è la frontiera più avanzata della teoria sociologica attuale, perché come vedremo più avanti contiene esatte dinamiche sovrastrutturali che unite ai trend strutturali del modo di produzione configurano un'elevata probabilità della sostituzione del capitalismo con una formazione economico-sociale superiore. I risultati raggiunti dai sociologi elencati li hanno meritatamente inseriti nella storia della sociologia e ciò è strettamente dipeso dall'approccio previsionale adottato e dalle puntuali verifiche empiriche arrivate nei decenni successivi. Marx nelle sue opere principali ha descritto accuratamente le cause del declino del capitalismo, ma non ha formalizzato alcuna previsione temporale. Soltanto

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in una lettera si è sbilanciato nel fare una stima a spanne, prevedendo che l'avvento del comunismo avrebbe richiesto almeno 150 anni, collocandosi all'inizio del XXI secolo. Ordunque, sbagliando non di molto se lo scenario qui presentato e collocato alla metà del secolo dovesse rivelarsi corretto. Nessuna superficialità teorica o trascuratezza metodologica può essergli imputata. I limiti previsionali del materialismo storico delle origini coincidono con i limiti della tecnologia e della cultura antropologica di quel periodo. Nella metà del XIX secolo, a nessuno poteva sfiorare l'idea che due secoli occorsi, robot e computer insieme a una panoplia di altre automazioni avrebbero sostituito contadini, operai e impiegati. Né che la tematica dei diritti culturali si sarebbe imposta investendo come uno tsunami le pratiche abominevoli del neoliberismo. Marx fu un genio, non un indovino. Inoltre, la sociologia emetteva i primi vagiti tanto da essere ancora definita filosofia sociale. Le metodologie e le tecniche di ricerca erano grezze. I rapporti statistici erano rari e la stessa scienza statistica non disponeva della conoscenza matematica che ha adesso. Uno studente contemporaneo di sociologia dispone dell’internet a banda larga. La mia generazione di aspiranti sociologi a metà degli anni Ottanta sapeva per sentito dire dell'esistenza di una rete informatica basata su una tecnologia militare americana di cui però potevano fruire solo alcuni attentamente selezionati istituti universitari di ricerca e non era certo l'internet del World Wibe Web, ma solo quella dell'e-mail e delle prime banche dati digitali. L'internet attuale dovemmo sognarla per oltre dieci anni dopo aver letto Neuromante di William Gibson, capostipite della fantascienza cyberpunk. La sociologia previsionale ha formalizzato metodi e tecniche attendibili. Uno dei più efficaci consiste nell’uso di un modello causale da applicare prima al passato per spiegare la fenomenologia storica dell’oggetto della ricerca per poi delineare uno scenario previsionale sulle maggiori probabilità di evoluzione. Non è questa la sede, ma valutando gli scenari pubblicati in passato e aventi il presente come orizzonte temporale massimo, ci sono stati certamente scenari smentiti, ma nel complesso il risultato è da considerarsi molto positivo. La ragione dell’alto grado di prevedibilità e di attendibilità della previsione sociologica è che questa si basa su costanti della vita umana a variabilità lenta come la demografia, la distribuzione della ricchezza, il tempo di lavoro e il tempo libero, l’istruzione, la sanità, le libertà politiche e i diritti civili, l’urbanesimo, la giustizia, la difesa e così di seguito. I cambiamenti delle suddette variabili sono incrementali e producono discontinuità soltanto dopo diversi decenni di accumulazione. Il tutto osservato oramai da decenni con un monitoraggio costante e accurato da una pletora di istituti statistici statali e privati, così come da prestigiosi centri di ricerca e università. La rilevanza politica assunta dalle scienze sociali almeno dal dopoguerra ha inoltre prodotto un range di punti vista che copre l’intero ventaglio ideologico, il che consente

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le necessarie comparazioni di dati e di interpretazioni per avere un’affidabile base empirica su cui applicare il modello scelto. Il metodo che finora si è rivelato ex-post più efficace consiste nel selezionare come oggetto di ricerca centrale le rivendicazioni dei gruppi sociali svantaggiati, per poi ipotizzare quella che il sociologo Daniel Bell ha definito “legge di Tocqueville”: in una società fondata sul principio dell’uguaglianza quello che i pochi hanno oggi i molti lo chiederanno domani. La sociologia non a caso è nata nell’Ottocento in concomitanza con l’emergenza di due nuove classi sociali: i capitalisti che avevano molto e gli operai industriali che avevano poco. Da allora, l’analisi del conflitto sociale centrale si è sempre rivelata il metodo euristico più efficace per capire il passato, decifrare il presente e ipotizzare il futuro. Individuato l’oggetto della ricerca, si può tener conto dei fattori che lo influenzano come la politica, l’andamento dell’economia e le ideologie e dei vincoli che i suddetti fattori hanno, come la disponibilità economica o le stesse ideologie e gli interessi contrapposti. La legittimazione culturale delle rivendicazioni, ciò che le rende lecite ed esprimibili, è il punto di partenza per osservare e misurare la loro diffusione. La previsione sociologica riduce la difficoltà di anticipare il cambiamento sociale e consente di tratteggiare linee-guida per i decisori siano essi governi, partiti, sindacati, aziende, chiese, movimenti sociali.1

Permane l’impossibilità di predire singoli eventi di grande impatto e rilevanza per la loro totale casualità, ma questi avvengono sempre e comunque all’interno di contesti a evoluzione causale, in quanto tali prevedibili. Nessun analista esperto di terrorismo islamico ha predetto l’attentato alle Twins Towers, tutti ne avevano previsto un forte aumento in seguito all’implosione dell’URSS, elencando con precisione le variabili e le dinamiche che si sarebbero attivate. La previsione di scenario serve ai decisori per predisporre misure reattive o proattive nei confronti degli eventi inattesi, qualora lo si voglia. Al contrario, è sufficiente non intervenire sulle tendenze e lasciare che facciano il loro corso se questo risponde agli interessi e alle ideologie di chi gestisce il potere. L’allargamento dell’orizzonte temporale dell’analisi all’intera storia umana costituisce il maggiore merito metodologico di Marx. Il risultato è stata la scoperta della formazione economico-sociale come categoria analitica fondamentale da utilizzare per la sociologia previsionale. Il modello dialettico utilizzato da Marx per capire le condizioni di ascesa di una nuova formazione economico-sociale mantiene intatta la sua validità euristica: la forma assunta dalla tesi nella sua provenienza storica provoca una forma dell’antitesi della stessa intensità, ma di segno contrario. Il conflitto tra i due poli genera la sintesi coincidente con la realtà del presente, la quale ha sempre un lato posto sulla frontiera futura.

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Gli scenari possono essere di molti tipi. Monodisciplinari come quelli economici o militari. Limitati geograficamente oppure a tipologie sociali specifiche o a specifici settori produttivi oppure possono concernere la diffusione di specifiche tecnologie. La formazione economico-sociale è invece una categoria analitica basilare per la previsione di discontinuità macrosistemiche, quelle che provocano il passaggio da un tipo di società a un altro completamente nuovo. Finora, ce ne sono state soltanto due. La prima con il passaggio dalla società preistorica a quella agricola; la seconda con il passaggio alla società capitalista industriale. Marx teorizzò un terzo passaggio alla società comunista, limitandosi a mostrarne la necessità pratica e l’ineluttabilità storica. Non potè andare oltre a causa dei limiti della tecnologia ottocentesca. Dopo oltre un secolo e mezzo di sviluppo scientifico e tecnologico, esistono finalmente bastanti condizioni pratiche e conoscenze teoriche per sviluppare l’ipotesi marxiana e formalizzare uno scenario empirico altamente probabile nonché falsificabile, in rispettosa memoria delle condizioni giustamente reclamate da Popper acciocché una teoria sia scientifica. La dimostrazione tentata in questo studio è che il paradigma originario del materialismo storico si basa su categorie analitiche scientificamente ancora del tutto valide pur con i limitati, ma necessari aggiornamenti che le conoscenze prodotte da allora consentono. Tanto da permettere finalmente di formalizzare uno scenario previsionale sui tempi, i luoghi, gli attori sociali e le modalità dell'ascesa della formazione economico-sociale postcapitalista. A beneficio del lettore non avvezzo all'uso delle metodologie e tecniche della ricerca sociale riassumo con breve sintesi quella adottata. I livelli di analisi della sociologia sono quattro:

Il livello descrittivo riguarda la fenomenologia dell’oggetto della ricerca così come è osservabile. La descrizione sarà tanto più accurata e completa quanto più si disporrà di dati statistici e serie storiche, di studi pregressi, di documentazione storica, di analisi qualitative, di interviste e biografie e non da ultimo di opere artistiche come romanzi e film. L’analisi non è mai semplice e sempre complessa, perché non è mai possibile tener conto di tutte le variabili al contempo. Per questo la sociologia generale delle origini si è suddivisa in un numero crescente di sociologie specialistiche (sociologia del lavoro, del diritto, economica, dell’organizzazione, della famiglia, urbana, rurale, industriale e così di seguito). La difficoltà maggiore consiste nel saper selezionare le variabili significative. Il risultato finale sarà un modello descrittivo che avrà individuato le variabili indipendenti e causali, le variabili intervenienti che si frappongono e che possono sensibilmente modificare la realtà e infine le variabili dipendenti che mutano al variare delle precedenti.

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Il livello esplicativo segue quello descrittivo dando conto del perché accadono i fenomeni osservati. Il passaggio più delicato consiste nell’individuare con precisione le relazioni tra le variabili e le reciproche influenze. Si tratta sempre di un’operazione di difficoltà alta, specialmente nel caso di oggetti di grandi dimensioni, perché al crescere del numero di variabili le relazioni crescono in modo più che proporzionale. Nel caso l’oggetto della ricerca sia una formazione economico-sociale si raggiunge il livello massimo di complessità, perché si tratta dell’oggetto sociologico di dimensioni maggiori. Il modello esplicativo che ne deriva consiste nella formalizzazione del sistema di variabili selezionate e delle relative relazioni causali.

Il livello predittivo consiste nell’individuare le tendenze in atto cercando di capire se e come evolveranno e quali risultati produrranno entro un orizzonte temporale definito. Qui si entra nel territorio della costruzione degli scenari futuri, i quali se ben costruiti riescono a prevedere con buona approssimazione cosa accadrà alle variabili selezionate.

Il livello operativo consente l’utilizzo pratico degli scenari. Uno scenario con elevato grado di probabilità è uno strumento di estrema potenza per gli attori sociali che decidono di adottarlo per definire tattiche e strategie. Si potranno definire linee di azione proattive in sintonia con le tendenze se ritenute auspicabili oppure difensive se valutate dannose. A questo livello subentra la questione dei costi sostenibili e dei benefici attesi. La voce costo non va mai intesa soltanto economicamente, ma anche psicologicamente, esistenzialmente e finanche fisicamente. I militari sono tra i maggiori utilizzatori di scenari non potendo combattere battaglie reali, ma solo simulate. I costi sostenibili concernono sempre anche il numero di perdite umane accettabili. Nel settore civile, i dirigenti di un partito, di un sindacato o di un’azienda dovranno decidere anche il livello di stress sostenibile da essi stessi e dalle risorse umane mobilitate per conseguire gli obiettivi definiti.

Il diagramma seguente rappresenta graficamente i quattro livelli dell’analisi sociologica aventi come oggetto la società nel suo complesso. La freccia lunga che ricongiunge la modificazione della realtà al modello descrittivo è di particolare rilevanza, perché sta a significare che il processo di conoscenza è ricorsivo e permanente, specialmente nei tempi presenti caratterizzati da elevata velocità di cambiamento:

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Una precisazione importante da fare è che i livelli sono scalarmente obbligati. Si può arrivare al quarto solo si è passati per i tre precedenti; al terzo per i due precedenti, al secondo per il primo. Non è possibile saltarne nessuno, perché non si disporrebbe delle conoscenze necessarie per passare al successivo. Affermazione ovvia all’apparenza, ma che i decisori specialmente politici e sindacali non di rado, anzi troppo spesso dimenticano. In particolare, poiché ritengono sufficienti le buone intenzioni sono i politici e i sindacalisti di sinistra quelli più adusi a saltare a piè pari i primi tre livelli

MODELLO

DESCRITTIVO MODELLO

ESPLICATIVO

COMPRENSIONE DELLA SOCIETA’

MODELLO PREDITTIVO

MODELLO

OPERATIVO

MODIFICAZIONE DELLA SOCIETA’

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passando direttamente al quarto e combinando regolari disastri. La più grande lezione di Marx è che l’essere dalla parte moralmente giusta a difesa dei deboli e degli oppressi non esime anzi obbliga alla conoscenza scientifica della realtà. Attività da svolgersi senza dogmi ideologici, né superficialità operativa. Ogni formalizzazione teorica deve basarsi su precise relazioni di causa ed effetto enunciate con esplicite formalizzazioni logiche. Le variabili indipendenti, intervenienti e dipendenti con le relative retroazioni devono essere dichiarate e definite concettualmente. Gli scenari costruiti devono contenere asserzioni fattuali formalizzate sia quantitativamente sia qualitativamente. Le fenomenologie previste possono sì oscillare, ma all'interno di un intervallo di valori definiti e mai eccessivamente ampi, perché troppo elevato sarebbe il margine di incertezza. La variabile temporale è obbligatoria. Non interessa a nessuno sapere che è certo che prima o poi si troverà la cura definitiva per una malattia. Interessa a tutti sapere se accadrà entro tre o trent'anni. In egual modo, poco importa affermare che “il capitalismo ha i secoli contati”, battuta autoironica dei Sessantottini sconfitti e investiti dall'onda del “riflusso” degli anni Ottanta. Importa invece capire quanti sono i secoli in questione con bastante approssimazione e se invero di secoli si tratta oppure di decenni. Occorrerà contare fino a uno o fino a dieci? La questione è tutt’altro che teorica, perché ogni secolo o decennio in più provocherà milioni di morti premature per fame, sete, malattie curabili e guerre. L’atteggiamento mentale scientifico è necessario a maggior ragione, come già detto, perché neanche questa condizione garantisce il successo. Ci si muove pur sempre nel regno delle probabilità e non delle certezze. Di sicuro però diminuisce di molto il rischio di commettere gravi errori. Al contrario e purtroppo, i capitalisti e i politici a loro asserviti spendono fior di quattrini nella produzione di scenari accurati, tenuti riservati e usati con spietata abilità a loro beneficio e quindi contro il resto dell’umanità. Il riferimento al paradigma del materialismo storico da cui attingere le categorie analitiche da convertire in variabili empiriche per la costruzione di scenari scientifici è anche la modalità più efficace per evitare scivoloni metafisici, di cui Marx viene assurdamente incolpato visto che in tutta la sua opera c’è un’esplicita e rigorosa attenzione all’empiria. Il dichiarato capovolgimento della dialettica hegeliana rimessa con i piedi a terra significa esattamente questo, così come l’aver evitato accuratamente di descrivere l’organizzazione concreta della futura società comunista. Marx era consapevole che si trattava di un futuro da lui molto lontano. L'espressione ricorrente utilizzata nei suoi studi “leggi della Storia” anziché “filosofia della Storia” è affatto causale. Oggi quelle leggi sono le leggi scoperte da allora da tutte le scienze sociali e insegnate in tutte le università.

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Il passaggio dal capitalismo al comunismo è “un movimento storico reale” e non un ideale a cui conformarsi secondo i dettami del socialismo utopistico. La lanciata seconda accusa di essere una teoria metafisica è in evidente contraddizione con la prima accusa della teoria scientifica completamente errata fatta da Popper. Delle due l’una: o Marx è caduto nella trappola della metafisica imbastendo una filosofia della Storia inverificabile oppure la sua è una teoria scientifica, quandanche errata o incompleta, e dunque antimetafisica. L’assurdità delle critiche aumenta se si tiene in debito conto la cronologia tematica delle sue ricerche maggiori, iniziate con i Manoscritti economico-filosofici del 1844 e finite con Il Capitale nel 1867 e si faccia la dovuta attenzione ai titoli scelti, sempre meno filosofici. Il filosofo della politica Norberto Bobbio2 ha dato un prezioso suggerimento metodologico consistente nello scindere la filosofia marxiana dall’economia, dalla politica, dalla sociologia e via di seguito per ogni disciplina congruente che certamente può attingere minerali preziosi da cotanto filone. Rimane però il dato di fatto che Marx è stato più politico (fondazione della Prima Internazionale e i pamphlet divulgativi) che filosofo (quasi tutte le prime opere), più psicologo che politico (teoria dell’alienazione e teoria dei bisogni), più antropologo culturale che psicologo (teoria delle condizioni materiali dell’esistenza e delle visioni del mondo), più economista (teoria del plusvalore e teoria della nascita del capitalismo) che antropologo e infine più sociologo (teoria della formazione economico-sociale) che economista. La migliore letteratura marxista successiva si è regolarmente fermata al livello dell'analisi descrittiva ed esplicativa, tranne le pochissime eccezioni di cui sopra. Di certo, nessuno ha mai raccolto la sfida di ipotizzare le condizioni tecnologiche, economiche, sociali, culturali e politiche e il collegato orizzonte temporale affinché una nuova formazione sostituisca quella capitalista e di costruire un modello formalizzato da cui ricavare uno scenario previsionale empirico. Ciò appare tanto più sorprendente se si tiene conto che la cosiddetta futurologia oramai è una disciplina consolidata, con potenti strumenti previsionali e sterminate banche dati da cui attingere. Nella bibliografia e sitografia alla voce Scenari, il lettore troverà materiali sufficienti per trascorrere un bel po’ di tempo a studiarli. Materiali che aumentano di anno in anno oramai, a causa della forte accelerazione del cambiamento sociale. I report prodotti dalle agenzie delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali non governative, dall'Eurostat, dai centri studi del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della McKinsey, della C.I.A., del N.C.I. e via di seguito erano scarsi, riservati e cambiavano di poco fino alla scomparsa dell'URSS. Da allora è diventato obbligatorio per lo scienziato sociale visionarne l'ultima edizione e sbrigarsi a pubblicare quello che deve prima della pubblicazione della successiva.

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La globalizzazione ha fatto cambiare il passo al mondo dal tranquillo trotto a un crescente galoppo. In meno di un decennio dalla seconda edizione di questo libro si sono verificati la truffa dei derivati del 2008 e la crisi economica conseguente, l'inversione politica dai neoconservatori ai democratici e la recente rimonta dei primi negli USA, il golpe bianco in Brasile, la Primavera Araba, l'estensione dei conflitti medio-orientali alla Siria, la crescita del terrorismo islamico, la radicalizzazione politica europea verso destra e sinistra e l'aggravarsi della crisi dei partiti socialdemocratici storici. Nessuna novità invece riguardo il perdurare delle politiche economiche neoliberiste nell'Unione Europea e nel Primo Mondo con i devastanti effetti sull'occupazione, il perpetuarsi del processo di accumulazione della ricchezza verso l'alta borghesia e il conseguente impoverimento della classe media e della classe operaia. La riduzione della distanza economica tra Paesi ricchi e poveri che coinvolge oltre un terzo dell'umanità è continuata, così come le correlate devastazioni ambientali. Il seppur breve e incompleto elenco delle principali dinamiche geopolitiche accadute è comunque impressionante a riprova dell'accelerazione del corso della Storia. Sul fronte parallelo dell'evoluzione del modo di produzione capitalista, l'ultimo decennio ha inondato il mercato di innovazioni tecnologiche e organizzative che hanno prodotto un sensibile aumento della produttività e della qualità dei beni e servizi. In particolare, ai fini del presente studio sono di particolare rilevanza le innovazioni relative all'automazione e i loro effetti sull'occupazione e su quella che il sociologo Florida ha definito “l'ascesa della classe creativa”. Il giudizio sintetico che mi sento di dare e che tenterò di dimostrare anche in questa terza edizione è che l'aggiornamento del modello teorico di Marx proposto nella prima edizione ha retto bene alla prova dei fatti. All'inizio del XXI secolo, il capitalismo più becero domina incontrastato sui cinque continenti, ma il conflitto sociale si sta gonfiando alimentato da una spaventosa e crescente disoccupazione, in particolare dei giovani, e dall'impoverimento della classe media. Di sicuro nei prossimi cinque-dieci anni aumenterà ancora con esiti che lasciano presagire un radicale spostamento verso forme di capitalismo più attente a distribuzioni della ricchezza meno sperequate e probabilmente nei prossimi tre decenni si osserverà l’irresistibile ascesa di una nuova formazione economico-sociale postcapitalista.

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Prologo. Il punto di vista sulla Storia

Immagine: murale sulla barriera israelo-palestinese di Banksy

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Il ritorno dello spettro

Il marxismo è la scuola teorica che ha avuto la più grande influenza pratica nell’ultimo secolo e mezzo. Individui, gruppi, organizzazioni e interi sistemi sociali hanno adottato l’analisi e la visione di Marx per interpretare il mondo e cambiarlo. In realtà, le versioni del corpus originario sono state molteplici e talmente differenziate da rendere più appropriato parlare di marxismi. Ai due estremi, si oppongono l'atteggiamento autoritario e dogmatico del leninismo teso ad adattare la realtà alla teoria falsificando inevitabilmente entrambe e quello eccessivamente eterodosso e relativista del revisionismo postsovietico che ha troppo frettolosamente accantonato le categorie analitiche non immediatamente accordabili con gli eventi storici e i cambiamenti socio-economici. Tuttavia, resta centrale il dato storico che all’indomani del crollo dell’URSS è stata la versione leninista del marxismo a segnare il passo. I Paesi comunisti sopravvissuti come Cuba, il Vietnam e la Corea del Nord finalmente non vengono più considerati modelli a cui ispirarsi, ma soltanto patetici residuati della Guerra Fredda. La Cina è diventata un mostruoso ibrido totalitario Stato-mercato che non ha nulla a che vedere con la teoria marxiana. Sull'altro fronte, nel corso degli anni Novanta c’è stato un acceso dibattito su una “Terza Via” tra capitalismo neoliberista e socialdemocrazia classica che non solo non ha prodotto rilevanti avanzamenti teorici, ma ha causato disastri pratici. Il punto debole di questa teoria è consistito nel rifiuto di continuare la redistribuzione della ricchezza, nell’aver privatizzato i monopoli naturali, nell’aver abdicato al ruolo dello Stato nella gestione delle macrocompatibilità con le deregulation. Devastante è stato l’arresto della riduzione del tempo di lavoro sostituito con la flessibilità e gli incentivi defiscalizzati all’assunzione che hanno prodotto più disoccupazione e precarietà. Scandalosa la tolleranza verso l’elusione e l’evasione fiscale. Imperdonabile “l’esportazione della democrazia” con la guerra. Lo spostamento verso il centro ha caratterizzato la strategia politica dei partiti socialdemocratici europei negli ultimi tre decenni. Il risultato è stato il disinteresse per la politica, responsabile del drastico crollo della partecipazione alle elezioni. Altra conseguenza della corsa al centro è l’aver favorito la comparsa di partiti populisti di destra, che aumentano i consensi, perché riescono ad apparire come gli unici che offrono un’alternativa. La natura della politica è intrinsecamente antagonista. Solo i rapporti di forza pur se

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democratici portano a scegliere fra progetti di società contrastanti e le alternative devono essere reali, non basate sugli effetti speciali dei talk-show. Il modello neoliberista è in crisi crescente, ma ancora non si intravede un progetto alternativo. La sinistra storica per troppo tempo ha accettato il falso dogma dell’inesistenza di un’alternativa possibile alla globalizzazione neoliberista. I tentativi di risolvere la crisi della politica aggiungendo ulteriori dosi di neoliberismo fatti dai governi formalmente progressisti sono destinati al fallimento. Con il passaggio da un’economia basata sull’industria manifatturiera a una basata sui servizi, la “Terza Via” ha prodotto un necessario quanto molto limitato aggiornamento teorico postindustriale della socialdemocrazia ottocentesca industriale, ma senza produrre un altrettanto aggiornato modello teorico sulle tendenze che porteranno al superamento del capitalismo e senza aver definito politiche economiche che salvassero il bambino (il welfare state) gettando solo l’acqua sporca (gli sprechi e le inefficienze organizzative). L'impasse teorica del marxismo e l'implosione sovietica hanno scoperto il fianco agli attacchi della destra. I neoconservatori americani ed europei vogliono resuscitare il piccolo mondo antico e reazionario precedente i movimenti libertari degli anni Sessanta per consentire ai capitalisti di riappropriarsi di quello che sono stati costretti a concedere nell'epoca bipolare dei due blocchi per contenere i conflitti sociali. Finora, sono riusciti nell'impresa, anche se non si è trattato per loro di un quasi quarantennio senza ostacoli. Le forme estreme del neoliberalismo tipo Tea Party sono state respinte. La sostanziale conferma del modello socialdemocratico scandinavo e del “capitalismo sociale” tedesco, anche se molto inquinato, la decisa svolta a sinistra dell’America Latina, il miserevole fallimento delle campagne militari neocolonialiste in Medio Oriente e la straordinaria Primavera Araba, seppure repressa, sono stati causa di grossi dispiaceri per i teorici della “fine della storia” che vedevano davanti a loro il nuovo secolo guidato da predicatori integralisti e missili intelligenti, con la regia delle corporation transnazionali. Per chi continua a ispirarsi a Marx, si è trattato tuttavia di esperienze oppositive a dir poco blande. Ovunque nel Primo Mondo i partiti di sinistra hanno assunto un atteggiamento difensivo nei confronti del neoliberismo, finendo con l’adottarne versioni mitigate senza metterne in discussione gli assunti di base. La socialdemocrazia postindustriale ove più ove meno ha avuto comunque un innegabile ruolo di contenimento della reazione neocon più aggressiva. I partiti di sinistra, nonostante le troppe debolezze strategiche e le disarmanti contraddizioni pratiche, continuano a differenziarsi nella teoria politica da quelli conservatori su quattro punti essenziali: 1) il primato della politica sull'economia; 2) il governo della globalizzazione, con una particolare sensibilità verso la regolamentazione dei mercati, la sovranità nazionale e i diritti umani; 3) la lotta contro la disuguaglianza e l'emarginazione sociale; 4) la centralità delle politiche sociali: istruzione, occupazione, sanità e sicurezza sociale.2

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Gli strateghi neocon hanno ritenuto che il controllo dei media unito a campagne di disinformazione basate sulla menzogna, come le inesistenti armi di distruzione di massa irachene, avrebbe condotto i ceti medi verso destra. In seguito, sarebbe stato agevole far accettare passivamente le politiche di macelleria sociale volte a far ripartire l’accumulazione del capitale e la crescita dei profitti, in fase di rallentamento dagli anni Ottanta. Il risultato è stato un pantano di sangue e povertà da cui i ceti medi e soprattutto le nuove generazioni stanno prendendo progressivamente le distanze. L’offensiva economica, militare e politica è stata sostenuta da quella culturale. Milioni di dollari spesi per creare fasulli istituti scientifici per la diffusione del creazionismo contro l’evoluzionismo e per confutare con dati scientemente falsificati la teoria del riscaldamento globale. Centinaia di programmi televisivi su miracolati ed esorcizzati, su statuette che lacrimano sangue, su popolari figure religiose misogine e psicolabili, sulla reale esistenza del diavolo e dell’inferno, sullo scontro di civiltà tra cristiani e musulmani, sulle delinquenziali orde di immigrati, sull’immoralità di conviventi e gay. Bisognava riprendere il controllo delle nuove generazioni “moralmente deviate” dall'ambientalismo, dal pacifismo, dal femminismo, dalle libertà civili e sessuali, da spinelli e musica rock. La risposta all’offensiva reazionaria è stato il movimento altermondialista esploso in migliaia di gruppi di base dediti a un inflessibile attivismo politico. Centinaia di giornalisti indipendenti hanno condotto micidiali inchieste che hanno alzato il coperchio del verminaio neocon svelandone menzogne e obiettivi reali. La classe media ha visto i suoi figli dimostrare prima nelle strade di Seattle e poi in quelle di mezzo mondo, sentendoli urlare cosa stava accadendo realmente. La destra politica, sociale ed economica sta perdendo la sua guerra. Ci saranno ancora colpi di coda, ma lo scenario politico futuro vedrà contrapposto un fronte conservatore moderato, ma non destrorso, a uno marcatamente progressista, con un trend maggiormente favorevole a quest'ultimo per motivi di cui si dirà più avanti. Il paradigma del materialismo storico è ancora una volta chiamato a dare il suo contributo analitico per individuare le tendenze strutturali in atto e per delineare scenari fondati empiricamente. Urgono criteri-guida scientifici per l’azione politica della sinistra, memori della lezione marxiana che non esiste nulla di più pratico di una buona teoria. L'opzione etico-politica per le classi subordinate è efficace soltanto se abbinata al metodo rigorosamente scientifico, altrimenti si produce vuota e pericolosa ideologia dogmatica, come ricorda Hobsbawm:

«Per questo era praticamente impossibile estrapolare dagli scritti classici qualcosa di simile a un manuale di istruzioni strategiche e tattiche, ed era persino pericoloso farne uso come insieme di

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precedenti, anche se troppo spesso si è fatto ricorso ad essi con questo fine. Da Marx si poteva apprendere il metodo di analisi e di azione, non una serie di lezioni pronte per l'uso, derivate dai testi classici. Proprio questo, senza dubbio, Marx avrebbe voluto insegnare ai suoi seguaci. … Una guida per l'azione è continuamente sottoposta al tentativo di trasformarla in dogma. In nessun settore della teoria marxiana ciò ha provocato più danni alla teoria e insieme al movimento che nel campo del pensiero politico di Marx e di Engels. Tuttavia ciò rappresenta quello che il marxismo è divenuto, forse inevitabilmente e forse no: è una derivazione da Marx e da Engels, e lo è tanto più in quanto i testi dei fondatori vennero ad acquisire un valore classico e persino canonico. Ma non rappresenta ciò che Marx ed Engels pensarono e scrissero, e, solo a volte, come essi agirono».3

Il socialismo era nato prima di Marx. La prospettiva teorica prevalente era di tipo filosofico morale e oggetto della critica erano le infami condizioni lavorative della nascente classe operaia. La metodologia scientifica introdotta da Marx si ispirava direttamente a quella delle scienze naturali e cambiò radicalmente l’approccio ai problemi sociali. Dopo la morte di Marx, tutti i partiti di ispirazione socialista si basavano sul suo modello, ma le questioni teoriche rimaste irrisolte, unite al tumultuoso sviluppo dell’economia, posero problemi le cui soluzioni dovettero essere inventate ex-novo. Fino al 1917, c’era un generale consenso sulla differenza e sul rapporto tra socialismo e comunismo. Il primo era propedeutico al secondo con un criterio di successione temporale che avrebbe visto dapprima i partiti socialisti (e non quelli comunisti) gestire la fase della dittatura del proletariato. Fase storicamente limitata nel tempo che avrebbe preparato l’avvento del comunismo. Marx ha più volte specificato che la nuova società avrebbe fatto scomparire il bisogno di partiti nell'accezione liberale del termine. Una volta superati i conflitti di classe tra proprietari dei mezzi di produzione e lavoratori dipendenti, si sarebbe estinto il ruolo dei partiti preposti a difenderne i relativi interessi. L'élite bolscevica ricordò con nettezza il principio, tanto da scegliere il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e non Comuniste per il neonato Stato; affrettandosi poi ad accantonare come una prospettiva di lungo termine del tutto indeterminata la visione marxiana. Non sfuggì ad alcuno che il partito unico era esattamente agli antipodi del modello di sistema sociale postcapitalista previsto dalla teoria. In ogni modo, nessuno sapeva quanto sarebbe dovuta durare la prevista fase socialista e la riuscita rivoluzione complicò in modo irreversibile teoria e pratica.

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Il dibattito degenerò in conflitto feroce e le divergenze teoriche si trasformarono in prassi antitetiche. Il comunismo leninista diventò alternativo al socialismo riformista. Un doloroso processo di scissione diede origine ai partiti comunisti europei, fratelli di quello russo. I partiti socialisti erano consapevoli dell’impossibilità di ripetere in Europa l’esperienza sovietica e optarono per una politica di contenimento delle storture capitalistiche, accettandone la logica generale. La prospettiva della statalizzazione integrale dell’economia fu accantonata e si assegnò un ruolo centrale allo Stato come regolatore dei processi economici e sociali. Il settore pubblico erogò beni e servizi di utilità collettiva come la sanità, l’istruzione, i trasporti, l’acqua, l’energia. Tutto il resto fu lasciato al settore privato che poté operare nel libero mercato. La teoria keynesiana diede un ulteriore potente impulso, poiché assegnava un ruolo prevalente al settore pubblico per la crescita economica. La politica di alti investimenti in servizi e infrastrutture aveva l'obiettivo finale della piena occupazione. Ove queste politiche avessero fallito per ragioni contingenti, lo Stato sarebbe intervenuto con l’assistenza sociale basata su sussidi volti a garantire l’integrazione sociale delle categorie più deboli. In Occidente, scomparsi i partiti comunisti, gli ancora solidi seppur indeboliti partiti socialisti hanno accettato le regole del capitalismo sia sul terreno dell’ideologia sia su quello della prassi. Si dibatte su come gestire con politiche riformiste la nuova fase storica, ma nessuno, in nessun luogo, è più alla ricerca di un modello di sviluppo non capitalista. Eppure, nell’epoca del capitalismo vincente i tre quarti dell’umanità continuano a vivere in condizioni di povertà assoluta o di grave povertà relativa. Fame, sete, analfabetismo, malattie curabili, guerre, neoschiavismo lavorativo e sessuale, lavoro minorile, inquinamento e disoccupazione continuano a essere gli orrori del presente, dopo il riuscito esorcismo dello spettro del comunismo. Il PIL dell’OCSE è più che triplicato in cinquant'anni, ma prosperità economica e benessere sociale divergono dalla metà degli anni ’70. Cresce la preoccupazione per l’occupazione, la distribuzione del reddito, l’ambiente, la sanità, l’istruzione, la coesione sociale e la sicurezza. I neoliberisti traboccano comunque di incontenibile entusiasmo. Sconfitti i bolscevichi, chiedono indefinito tempo e soprattutto totale libertà di manovra per portare il benessere fin nel più sperduto villaggio africano. Le magnifiche sorti e progressive delle corporation transnazionali, aiutate alla bisogna dalle portaerei, dispiegano il loro potenziale e sembrano essere l'unica via verso un futuro di pace e prosperità. Il marxismo contemporaneo deve anzitutto chiedersi se sia veramente giunta la fine della storia intesa come definitiva affermazione dell’economia capitalista e della politica liberale nella loro peggiore versione, quella neoliberista e neoconservatrice. Davvero è questa la migliore delle società possibili oppure si

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può immaginare uno scenario alternativo realistico? Usando quali categorie analitiche? Quelle contenute nel modello marxiano hanno ancora validità scientifica? Hobsbawm sottolinea la pochezza dei contributi teorici venuti dal leninismo:

«È compito dello storico mostrare che, tra le numerose organizzazioni di ispirazione bolscevica, i partiti comunisti ortodossi (stalinisti) furono, quanto meno tra i primi anni '20 e gli ultimi anni '50, i più forti e importanti, mentre i teorici e i gruppi leninisti dissidenti, a parte poche eccezioni locali e per lo più regionali, non raccolsero adesioni numeriche degne di nota. … Viceversa può e deve affermare che l'ortodossia dogmatica che venne a caratterizzare il marxismo russo dopo la morte di Lenin, ben difficilmente, per quanto ci è dato arguire, sarebbe stata approvata da Marx».4

Marx rifiutava il termine marxista5, perché riteneva squalificante tale definizione della sua teoria che aveva invece l'obiettivo di essere scientifica e basta, senza ulteriori aggettivazioni. Ancora più importante delle categorie analitiche scoperte e in gran parte ancora valide, è il metodo pienamente scientifico che rifuggiva dalle asserzioni indimostrabili e faceva un uso finanche eccessivo dei dati empirici: «Una teoria dotata di verità dev'essere sviluppata e chiarificata all'interno delle circostanze concrete e in riferimento alle condizioni esistenti».6

La ricerca teorica successiva a Marx ha sperimentato ampiamente le nuove prospettive delle discipline specialistiche. Dalla psicoanalisi di Erich Fromm all’estetica di Gyorgy Lukàcs, dall’economia politica di Paul Marlor Sweezy alla filosofia sociale di Jurgen Habermas si è fatto vasto uso delle categorie analitiche offerte dalle scienze sociali. Il modello marxiano ha avuto un apporto fondamentale anche dalla sociologia, in particolare dalla sociologia del lavoro e dalla sociologia economica. Con l’avvento dell’industria, nell’Inghilterra ottocentesca furono condotte svariate ricerche dai primi sindacati, dagli attivisti socialisti e persino dalla House of Lords. Il nuovo sistema produttivo suscitava al contempo ammirazione per le inaudite capacità produttive e orrore per le disumane condizioni di lavoro. Lo stesso Marx insieme a Engels si cimentò con la ricerca empirica sulla condizione operaia. Sulla scia della contestazione del Sessantotto, le prime generazioni di sociologi accademici dedicarono tempo e risorse allo studio del lavoro in fabbrica. Le direzioni del personale si attivarono anch'esse con l'intento di ridurre il conflitto e aumentare la cooperazione. Pur avendo obiettivi opposti, sia le ricerche padronali sia quelle sindacali avevano lo stesso oggetto di ricerca: la classe

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operaia industriale. Paradossalmente, ciò avveniva con la terziarizzazione del sistema produttivo occidentale in fase avanzata. Il processo di travaso della forza-lavoro dall’agricoltura all’industria, avvenuto nell’Ottocento, si stava ripetendo dall’industria ai servizi. Nel 1940, su 50 milioni di occupati statunitensi, oltre 24 milioni erano addetti al terziario. Nel 2015, la distribuzione della forza-lavoro americana era la seguente: 0,7% nell'agricoltura, 20,3% nell'industria e 79% nei servizi. Nell'Unione Europea la ripartizione era del 5,0% nell'agricoltura, 21,9% nell'industria e 73,1% nei servizi. Il progressivo diluirsi della lotta di classe operaia negli anni Ottanta ha causato una definitiva battuta di arresto della ricerca sociale in fabbrica. Le osservazioni condotte in tempi recenti sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche dei Paesi in via di sviluppo raggiungono il livello di ottime inchieste di denuncia, ma non fanno avanzare di un millimetro la teoria sociologica, né tanto meno quella marxista. I reduci dell’ortodossia leninista tentano di salvare il salvabile dalla fine dell’epoca della grande narrazione comunista ricordando che Marx ha previsto la globalizzazione, che la tensione morale dell’analisi marxiana permane intatta, sostenendo l’errata e perniciosa tesi che egli è stato anzitutto un filosofo e non uno scienziato sociale, che l'industria declina in Occidente, ma cresce nel resto del mondo, altra fallace affermazione. Traspare nei logori ritornelli la vena di confusione teorica e la conseguente disperazione pratica che non riesce mai ad andare oltre la denuncia. Anche nella sinistra riformista si considera superato il materialismo storico, poiché la potenza pratica dimostrata in oltre un secolo di attività politica e sindacale si è esaurita col venir meno della spinta propulsiva della classe operaia. Per superare l’impasse occorre un punto prospettico con categorie analitiche aggiornate e innovative, in grado di dar conto degli errori del passato e di consentire il disegno di uno scenario futuro coerente nella logica e verificabile nell'empiria. Scenario che dovrà avere inevitabilmente come orizzonte di riferimento il mondo e non le singole nazioni. L'estensione del modo di produzione capitalista all'intero pianeta obbliga a una visione generale delle trasformazioni tecnologiche, economiche, sociali e politiche e questa, come ricorda ancora Hobsbawm, rimane una delle lezioni metodologiche fondamentali di Marx:

«Prendere in considerazione l'analisi politica di Marx e di Engels al di fuori della sua dimensione internazionale equivarrebbe però a rappresentare l'Otello come non fosse ambientato a Venezia. Per loro la rivoluzione era fondamentalmente un fenomeno internazionale, non un semplice aggregato di trasformazioni

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nazionali».7

La realizzazione del comunismo da farsi aggiungendo rivoluzioni nazionali a quella russa è stato uno degli errori strategici più gravi del leninismo. Incuranti delle chiare indicazioni di Marx, i partiti comunisti si attivarono per conquistare il potere politico all'interno dei confini dei rispettivi Paesi, ignorando deliberatamente che la teoria prevedeva il passaggio dalla formazione economico-sociale capitalista a quella comunista passando per la fase socialista e non in contrapposizione a questa, in un processo di trasformazione globale che avrebbe coinvolto simultaneamente le economie capitaliste. La condizione necessaria perché ciò avvenisse era inevitabilmente l'estensione del modo di produzione capitalista all'intero pianeta. Previsione corretta e oggi nota col termine di globalizzazione che anche i critici più severi riconoscono a Marx. La ragione di questa dinamica è economica: fino a quando ci saranno mercati da conquistare il capitalismo lo farà, perché la valorizzazione dei capitali investiti nel processo produttivo richiede mercati di sbocco per la massa crescente di merci e servizi. Pertanto, se la teoria marxiana dello sviluppo capitalista continuerà a rivelarsi esatta, gli albori della società postcapitalista dovrebbero intravedersi verso il termine della lunga notte della globalizzazione e stavolta non a Oriente, ma ovunque e con particolare evidenza lì dove il capitale sarà stato sostituito prima che altrove da un nuovo fattore di produzione della ricchezza che dovrà necessariamente basarsi su nuove tecnologie, così come accadde allorquando la società feudale e agricola fu travolta da quella borghese e industriale. Quando l'umanità abbandonerà il modello capitalista per sostituirlo con uno più efficiente, si porrà il quesito della sua definizione e tornare a utilizzare il termine comunismo sarebbe storicamente inappropriato, considerati i cattivi ricordi evocati. Da almeno quattro decenni, è acquisito che la disciplina teorica di base della futura tecnologia sarà la cibernetica e quindi una proposta alternativa è possibile lanciarla fin da ora: se al tempo di Marx lo spettro del comunismo si aggirava per l'Europa, all'alba del nuovo millennio lo spettro del cybercomunismo incomincia ad apparire suscitando rinnovato spavento nel mondo intero.

Creatività e Marxismo Nell’elenco delle diverse prospettive teoriche con le quali si è aggiornato il marxismo c’è uno spazio vuoto: la sociologia del lavoro creativo. Lo studio della creatività ha prodotto una mole immensa di conoscenze di tipo psicologico ed

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epistemologico e i non numerosi studi sociologici hanno avuto come oggetto di ricerca il funzionamento interno di gruppi e organizzazioni creative con l’unica, ma fondamentale eccezione della sociologia dei sistemi macrosociali creativi del sociologo Richard Florida. Finora, è mancato un tentativo di coniugare il modello marxiano con le categorie analitiche offerte dalla sociologia della creatività. Il lavoro umano è divisibile in tre tipologie, a loro volta scomponibili nelle subtipologie del lavoro fisico e mentale per un totale di sei aree:

Il lavoro ripetitivo fisico Il lavoro ripetitivo mentale Il lavoro qualificato fisico Il lavoro qualificato mentale Il lavoro creativo fisico Il lavoro creativo mentale

Tab. 1. Modello standard delle tipologie lavorative

LAVORO

RIPETITIVO QUALIFICATO CREATIVO

FISICO MENTALE

bracciante agricolo

operaio pulitore badante

agrotecnico meccanico infermiere elettricista

attore

ballerino geologo

astronauta

impiegato cassiere

rappresentante portiere

medico insegnante

pilota orchestrale

artista artigiano

fisico sociologo

Occorre precisare che tutti i lavori creativi sono qualificati, ma non è vero il contrario. Un pilota di aerei civili meno è creativo, nell'accezione acrobatica del termine, e meglio è per i passeggeri. Tuttavia, occorrono circa quindici anni dalla fine della scuola dell’obbligo prima di mettere le mani sulla cloche di un aereo di linea. Lo stesso principio vale per un cardiochirurgo, un orchestrale o per il meccanico di auto. Il lavoro qualificato richiede una solida e lunga

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preparazione teorica e molta esperienza, ma di per sé non è un lavoro creativo, perché non è finalizzato a produrre nuovi beni e servizi, bensì a erogare correttamente quelli esistenti. Nel Primo Mondo, il lavoro ripetitivo fisico, cioè l’occupazione manifatturiera, occupa il 15% della forza lavoro, il lavoro ripetitivo mentale, cioè gli impiegati, il 55%, il lavoro qualificato il 20% e il lavoro creativo il 10%.8 Marx non disse molto sull'organizzazione della futura società comunista, limitandosi a individuarne solamente alcuni principi generali e insistendo in particolare sull'abolizione della divisione tra “lavoro intellettuale e fisico”, passaggio necessario per superare la divisione tra la classe capitalista e quella operaia:

«… nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell'altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi viene

voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né critico».9

Non si accenna alla scomparsa del lavoro operaio e ripetitivo in generale che dovrà semmai essere ripartito tra la forza-lavoro riducendo al minimo la giornata lavorativa; un punto su cui Marx ed Engels hanno sempre insistito molto. Nonostante l'acutezza della descrizione del nuovo ruolo della scienza e della tecnica nella produzione capitalista, Marx non riuscì a cogliere che il punto di arrivo di questo processo sarebbe stata la completa automazione del lavoro ripetitivo e in un secondo tempo anche del lavoro qualificato. Il suo modello teorico contempla che i sei tipi di lavoro su elencati sarebbero sempre esistiti. Il massimo raggiungibile nella futura società comunista sarebbe consistito nel ridurre il lavoro ripetitivo a poche ore quotidiane. Tutti i marxisti successivi hanno mantenuto lo stesso implicito assunto teorico, senza alcuna eccezione. Il presente studio è una tentata dimostrazione delle conseguenze dell’assunto teorico opposto:

IL LAVORO RIPETITIVO SARÀ AUTOMATIZZATO ENTRO LA METÀ DEL XXI SECOLO E QUELLO QUALIFICATO ENTRO LA FINE. PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA, DAL XXII SECOLO IL LAVORO SOCIALMENTE NECESSARIO SARÀ ESCLUSIVAMENTE DI TIPO CREATIVO.

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Le implicazioni teoriche e pratiche dell’automazione integrale del lavoro ripetitivo e qualificato sono radicali, ma non portano affatto al rigetto dell’originario modello marxiano. Non si può certo rimproverare a Marx di non aver immaginato l’arrivo della robotica professionale e domestica, delle nanotecnologie, dell’ingegneria genetica e dell’informatica. Nessuno dei suoi contemporanei lo aveva fatto. Qualche colpa bisogna, invece, attribuirla ai marxisti vissuti dal secondo dopoguerra. Essi hanno prodotto raffinatissime analisi critiche del capitalismo contemporaneo, sezionandone ogni aspetto e individuandone ogni meccanismo di riproduzione con millimetrica precisione. Senza mai riuscire a elaborare uno scenario alternativo fondato empiricamente. Nonostante i limiti della tecnologia del suo tempo, Marx aveva individuato con precisione lo sviluppo della scienza e della tecnica come il fattore strategico del passaggio dal capitalismo al comunismo. In tal senso, egli attribuiva maggiore importanza alla diffusione dell’energia elettrica che non ai moti rivoluzionari che agitavano l'Europa ottocentesca. Le successive generazioni di marxisti hanno dimenticato la lezione, producendo sofisticate e insuperate analisi concentrate sull'asservimento della forza-lavoro alla tecnologia e di questa al capitale, senza mai dedicarsi a individuarne le contraddizioni interne, le tendenze di sviluppo e le potenzialità liberatorie.

L’era quaternaria

L’obiettivo della ricerca di Marx era quello di formalizzare una teoria generale della storia scientifica, evitando qualsiasi contaminazione metafisica con principi assoluti extrastorici di qualsiasi genere; di tipo ideologico come il Progresso e ancor meno trascendenti come l’Assoluto hegeliano. L’unica modalità di costruzione di una teoria generale della storia rispettante i canoni della scientificità evitando qualsiasi deriva metafisica è quella dello scenario previsionale empiricamente falsificabile. Una teoria sociologica è scientifica se è in grado di fare previsioni osservabili in un orizzonte temporale dato. L’attuale dominanza della formazione economico-sociale capitalista pone il problema di dover individuare i tratti distintivi di una formazione economico-sociale successiva temporalmente e alternativa nelle sue componenti fondamentali. Se ci si colloca nella traiettoria della prima formalizzazione del paradigma del materialismo storico quale carattere distintivo dovrebbe avere una struttura produttiva per essere coerente con una sovrastruttura comunista nell’accezione libertaria e antileninista del termine? Gli specialisti di statistiche economiche discutono da tempo sull’opportunità di introdurre un altro settore classificativo accanto a quelli del primario

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(agricoltura), del secondario (industria) e del terziario (servizi). Si tratterebbe, appunto, del settore quaternario nel quale entrerebbero i lavori basati sulla conoscenza. In effetti, includere nel terziario un cameriere e un Nobel non aiuta a capire i cambiamenti e le tendenze interne al settore, né gli effetti sull’intero sistema sociale. L’attuale distinzione ricorrente tra terziario tradizionale con forza-lavoro a bassa qualificazione e terziario avanzato aveva senso quando l’intero settore era ancora minoritario rispetto al secondario, cioè fino agli anni Cinquanta. Nei Paesi sviluppati oramai il terziario avanzato occupa il 30% della forza-lavoro e quello tradizionale il 40% e ovunque le tendenze vedono il primo aumentare e il secondo diminuire. Le ricerche empiriche sul terziario suggeriscono di accettare l’introduzione del quarto settore, perché rilevano un ruolo crescente nei processi produttivi della conoscenza in tutte le sue forme e applicazioni, non soltanto quelle tecnoscientifiche. Nei Paesi sviluppati, la sanità e l’istruzione rappresentano il 20% degli occupati; commercio, turismo, cultura e loisir impiegano anch’essi il 20%; i servizi alle imprese, il settore finanziario e i trasporti sempre il 20%; la pubblica amministrazione è al 10%. Un ruolo strategico nell'evoluzione verso il quaternario lo agisce il settore artistico. Musica, cinema, design e moda, arti figurative e alta architettura unite al turismo culturale producono quote crescenti della ricchezza nazionale. Da alcuni anni, hanno assunto un importante ruolo economico le esperienze ̶ i casi sono ormai centinaia ̶ di quartieri o di intere città industriali in declino rivitalizzate da comunità di giovani artisti nomadi. Essi sono attirati dai bassi costi degli alloggi e con i loro contatti nei media promuovono intense campagne promozionali che creano un effetto-valanga attirando altri creativi dell’entertainment, dei media, della pubblicità, della moda e del design. Seguono a ruota attività ristorative e commerciali che rilanciano la zona facendola diventare alla moda. Gli aspiranti artisti trovano lavoro soprattutto nei bar, nei ristoranti e nei locali musicali per mantenersi e cercare di sfondare nel loro settore. Si tratta di giovani ad alta scolarità che rifiutano un impiego tradizionale, fedeli al cliché dell’artista senza fissa dimora. Gli ultimi ad arrivare sono i ceti benestanti del terziario avanzato con alto potere di acquisto. I prezzi incominciano a salire fino a diventare proibitivi per i nuovi arrivati che sono costretti a colonizzare un nuovo spazio urbano. Il fenomeno è diventato a tal punto rilevante da far parlare gli economisti di economia dell’estetica come di un settore produttivo vero e proprio. Il capitalismo ha avuto un lungo periodo di incubazione durato dal XII al XVII secolo. A seconda dei criteri di classificazione adottati, si può parlare di capitalismo mercantile (XII-XIV secolo), di capitalismo coloniale (XV-XVI secolo), di capitalismo agricolo (XVII secolo) oppure di protocapitalismo. In ogni caso, quello che accomuna questi periodi storici è che la quantità e la qualità della vita di un agricoltore e di un nobile vissuti nella Londra di Shakespeare erano sostanzialmente identiche a quelle di un agricoltore e di un

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nobile vissuti nell’Accad di Sargon I. Dopo la Rivoluzione Neolitica che creò l’agricoltura stanziale, la successiva vera rivoluzione produttiva fu quella industriale iniziata in Gran Bretagna verso la metà del XVIII secolo. L’industrializzazione investì l’agricoltura con la meccanizzazione, la chimica, il trasporto, le comunicazioni e i nuovi modelli di organizzazione del lavoro facendone aumentare a dismisura la produttività e provocando un eccesso di forza-lavoro assorbita dall’industria. Lo sviluppo della meccanica e delle scienze organizzative provocò dalla metà del XX secolo un altro aumento di produttività e di eccesso di forza-lavoro, espulsa dall’industria e assorbita dai servizi. Il ruolo crescente della conoscenza nei processi produttivi autorizza l’ipotesi che gli ulteriori sviluppi dell’automazione, della robotica, dell’informatica, delle scienze organizzative e delle biotecnologie provocheranno un ultimo travaso dal terziario non qualificato al quaternario creativo. Al solito, i primi segnali arrivano dagli USA. Gli addetti nei settori agricolo, industriale e dei servizi nel 1980 erano rispettivamente il 3,6, il 30,5 e il 65,9 per cento. Nel 2015, la distribuzione della forza-lavoro americana era la seguente: 0,7% nell'agricoltura, 20,3% nell'industria e 79% nei servizi. La scolarizzazione universitaria è passata dal 55,5 al 95 per cento. Un quinto della forza-lavoro americana svolge un lavoro qualificato e un decimo un lavoro creativo, per un totale di circa un terzo. Se la tendenza dovesse continuare ai tassi attuali, entro tre/quattro decenni la maggioranza assoluta della popolazione attiva svolgerà un lavoro qualificato e creativo e si arriverebbe alla totalità entro la fine del secolo. Nel resto del mondo si osserva identica dinamica, anche se con diverse velocità. Nel marxismo libertario suscita sorriso, ma non sorpresa, che siano gli USA a tirare la volata alla società postcapitalista, perché Marx aveva ben capito che già a partire dalla metà del suo secolo la frontiera del capitalismo si fosse lì trasferita dall'Inghilterra. Ne Il Capitale, è citato numerose volte l'economista inglese William Petty (1623 ̶1687) e sempre con ammirazione, riconoscendo in lui il fondatore dell'economia politica classica; riconoscimento condiviso dagli storici delle teorie economiche contemporanei.10 Marx studiò a fondo i suoi testi traendone diverse categorie analitiche, in primis la teoria del valore-lavoro, e dunque non poteva non conoscere la «Legge di Petty» che teorizza la tendenza strutturale dell'occupazione a spostarsi verso i servizi al procedere dello sviluppo economico. In effetti, David McLellan ricorda:

«Marx previde anche, con l'aumento dell'uso delle macchine e lo sviluppo del settore terziario, l'avvento di una nuova classe media, e criticò Ricardo per aver dimenticato “il costante accrescimento delle classi medie, che si trovano in mezzo fra gli operai da una parte e i capitalisti e i proprietari fondiari

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dall'altra”».11

Quello che Marx non previde fu la crescita assoluta, non soltanto relativa, delle classi medie a discapito della classe operaia, dovuta all'automazione della produzione industriale che pure aveva previsto con grande acutezza. Con tutta evidenza, non aveva immaginato che gli sviluppi tecnologici avrebbero automatizzato il lavoro industriale così velocemente da invertire il rapporto di crescita tra operai e impiegati. I critici del marxismo rinfacciano questo errore valutativo senza avere a loro volta previsto che l'automazione sta per investire anche il settore dei servizi. Un modo di produzione che occupi tutta la forza-lavoro in attività creative sarebbe una novità assoluta nella storia ed è precisamente questo il tipo di struttura richiesto da una sovrastruttura comunista che corrisponda al “regno della libertà” teorizzato da Marx. Nessun modo di produzione basato sul lavoro ripetitivo può essere coerente con l'ideale della società comunista, perché genera inevitabilmente una divisione del lavoro che non può sfruttare il potenziale creativo individuale e sociale, creando una stratificazione non meritocratica e soggetta a dinamiche di potere predatorie e clientelari. In misura massima in sistemi autoritari come quello cinese e in misura minima, ma non nulla, in sistemi democratici come quello scandinavo. Per quanto “comuniste” siano le intenzioni dell’élite politica, non sarebbe possibile eliminare l’alienazione da lavoro ripetitivo, l’espropriazione statale del plusvalore, la corruzione nell’amministrazione pubblica, il clientelismo e il nepotismo. È del tutto vano tentare di compensare i limiti strutturali con le buone intenzioni di cui, com’è noto, è lastricata la via dell’inferno.

Cicli vitali Una formazione economico-sociale ha un ciclo vitale composto da una fase di lento decollo, seguita dal prepotente sviluppo e da una fase di declino parallela alla nascita della nuova formazione che la rimpiazzerà. Declino non è sinonimo di crollo aleatorio e subitaneo. Per essere superata storicamente, una formazione economico-sociale deve necessariamente raggiungere il suo massimo grado di sviluppo. Marx non ammetteva scorciatoie nel corso della storia: «Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza».12

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Il sistema feudale raggiunse il culmine economico, politico e culturale nel Seicento, iniziò il declino nel Settecento e occorse tutto l’Ottocento per sbarazzarsene, con un processo ancora incompiuto in alcune aree del Sud, come l’area arabo-africana e parte di quell’asiatica e latino-americana. Parimenti, il capitalismo dovrà arrivare al suo massimo grado di sviluppo prima di iniziare a declinare. Per la diffusione planetaria della tecnologia rurale sono occorsi novanta secoli. La raccolta di cereali spontanei diventa lentamente coltivazione nella regione subtropicale e mediterranea nel 9.000 a.C. L'agricoltura stanziale arriverà nella regione temperata a foresta decidua verso il 5.000 a.C.; nelle regioni boreale, steppica, asiatica sudorientale e monsonica giunge intorno al 3.500 a.C.; invade la regione periartica e insulare pacifica nel 1.000 a.C., per completare il ciclo in epoca augustea. La tecnologia industriale ha richiesto soltanto due secoli di diffusione, dal 1750 al 1950. Le tecnologie postindustriali hanno un ritmo diffusivo misurabile in decenni e avranno bisogno di appena un secolo per dilagare, dal 1950 al 2050, per almeno tre ragioni:

hanno prezzi di acquisto decrescenti e prestazioni crescenti beneficiano di un sapere scientifico che aumenta esponenzialmente la globalizzazione ne aumenta la velocità di propagazione.

L'aumento della complessità organizzativa provocato dalla globalizzazione, la crescita della conoscenza scientifica e il suo trasferimento nelle tecnologie produttive provocano un aumento della quantità di informazione da gestire. Questa è la ragione della rapida diffusione dell'informatica in ogni settore. L'agricoltura è diventata agronica, perché i computer consentono il controllo non solo della parte amministrativa di un'azienda agricola, ma anche della parte direttamente produttiva gestendo in automatico sistemi di irrigazione, di rilascio di fitofarmaci, di somministrazione di acqua e mangimi e così di seguito. Si stanno sperimentando trattori senza conducente guidati da un computer collegato a un gps e con sensori che dialogano con quelli che perimetrano il campo da lavorare. Nessuna industria potrebbe funzionare senza computer che assistano ogni fase del processo, dalla progettazione ai test di controllo della qualità. Nel terziario, l'ufficio è il luogo di utilizzo per antonomasia del pc. Dopo la fase sperimentale del ventennio 1970-1990, l'informatica è dilagata ovunque e ha guidato ogni processo di ristrutturazione produttiva ponendosi come la tecnologia strategica. Il ruolo crescente dell'informatica è andato di pari passo con una vertiginosa diminuzione del prezzo di acquisto e dei costi di gestione. Una rete di pc costa enormemente meno di un mainframe di media potenza. Di conseguenza, anche le aziende medio-piccole, costituenti la maggior parte del sistema produttivo, hanno potuto accedere a una tecnologia prima proibitiva, così come piccoli gruppi o singoli professionisti. Dal 1986 al 2007 la

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capacità mondiale di calcolo è cresciuta del 58% all'anno e il settore delle telecomunicazioni del 28%. Le informazioni digitali hanno superato quelle analogiche nel 2002 e dal 2007 costituiscono il 94% del totale.

Le leggi della Storia

La sociologia economica mostra che al variare del fattore produttivo centrale muta l’intero assetto sociale. Dimostrazione basata sulla scoperta teorica più rilevante fatta da Marx: la formazione economico-sociale, intesa come un insieme sistemico di modi funzionalmente coerenti di organizzare i tipi fondamentali di azione sociale necessari ad assicurare l’esistenza di una società. Le condizioni materiali dell’esistenza (procreazione, alimentazione,

abitazione, fonti energetiche, vestiario, utensili, medicina, istruzione, trasporto) sono un punto di avvio oggettivo dell’analisi sociologica, perché basate sulla necessità biologica e sull’osservabilità empirica. Lo studio delle azioni e delle relazioni economiche relative è stato pertanto scelto da Marx come l’oggetto della ricerca più efficace da cui partire per formalizzare un modello teorico che spieghi la realtà umana. Nonostante la presenza di conflitti di interesse, di motivazione, di cultura che si danno sempre tra classi, gruppi, strati, ceti produttivi, etnie, comunità meno ampie come un clan o più ampie come una nazione, permane la condizione oggettiva di gestire i conflitti per mantenerli al di sotto della soglia oltre la quale una società imploderebbe autodistruggendosi. Una formazione economico-sociale ha sempre un funzionamento oscillante tra i poli del conflitto e della cooperazione, ma la condizione necessaria perché sopravviva è che la cooperazione prevalga sempre, per quanto elevato possa essere il conflitto. Se accade il contrario si verifica una discontinuità sistemica con il passaggio a un tipo altro di formazione economico-sociale. La condizione affinché la cooperazione prevalga consiste nella efficace trasmissione di informazioni tra gli individui e della cultura antropologica da una generazione alla successiva. Le necessità economiche si relazionano a quelle demografiche, biopsichiche, politiche, organizzative e di sicurezza. Il modo prevalente con cui gli individui in un dato contesto storico e geografico riescono a vivere ne condiziona l’intera esistenza. Le forme assunte dal lavoro produttivo e riproduttivo sono certamente le più svariate e dipendono a loro volta dalle caratteristiche dell’ambiente, ma la varianza possibile è sempre delimitata da precise condizioni. I pigmei africani cacciano gazzelle con l’arco, mentre gli indios amazzonici cacciano tapiri con cerbottane al curaro. Si tratta di due tipi di caccia completamente diversi riguardo alle prede, agli strumenti,

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alle tecniche e al territorio. Il punto in comune è che si tratta comunque di caccia e non di allevamento. Il fattore produttivo centrale è la natura in ambedue i casi e non la zootecnia. Marx elaborò il concetto macrosociologico dapprima con un intento descrittivo volto a definire una sistematica tipologica dei tipi di società con la quale classificare i casi storici. In seguito, orientò la ricerca in direzione esplicativa verso la scoperta delle leggi che provocano il passaggio da un tipo sociale meno evoluto al successivo. L’ambizione scientifica esplicitamente dichiarata era quella di addivenire a una teoria generale della storia basata non più su categorie analitiche metafisiche con le quali erano date le diverse filosofie della storia a lui contemporanee, in primis quella hegeliana. Al contrario, l’obiettivo era quello di scoprire “le leggi della storia” con categorie empiriche mutuate dalle nascenti scienze sociali, in particolare dall’economia politica e dalla sociologia, all’epoca chiamata “filosofia sociale”. La definizione marxiana di formazione economico-sociale è la seguente:

« Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita ... A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura ... A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società».13

Il modo di produzione asiatico era identificato da Marx nelle grandi civiltà fluviali dell’Antico Egitto, della Mesopotamia, della Valle dell’Indo e della Civiltà Chou. La loro specificità dipendeva dall’essere organizzate sulla base della

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gestione delle acque del Nilo, del Tigri e dell’Eufrate, del Gange e del Fiume Giallo. Il modo di produzione antico è riferibile alla civiltà classica greco-romana e all’Impero Persiano. Il modo di produzione feudale inizia con il crollo dell’Impero Romano e l’ascesa della civiltà dell’Islam. Infine, il modo di produzione borghese coincide con la prima Rivoluzione Industriale e la nascita del capitalismo. Inoltre, Marx aveva contezza dell’esistenza di forme sociali ben più antiche di quelle elencate. La seconda nota del Manifesto del Partito Comunista dice:

«Cioè, a rigor di termini, la storia scritta. Nel 1847 la preistoria della società, l’organizzazione sociale precedente a ogni storia scritta, era pressoché sconosciuta. Da allora Hauxthausen ha scoperto la proprietà comune della terra in Russia e Maurer ha dimostrato come essa sia la base sociale da cui mossero nella storia tutte le stirpi tedesche; così un po’ alla volta si scoprì che ovunque, dall’India all’Irlanda, le comunità rurali con possesso comune della terra erano state la forma primitiva della società. Infine, l’organizzazione interna di questa primordiale società comunistica fu rivelata da Morgan con la sua scoperta decisiva della reale natura della gens e della sua posizione in seno alla tribù. Con lo scomparire di queste comunità primitive inizia la divisione della società in classi separate e infine antagoniste».14

La premessa “A grandi linee” fatta da Marx è sintomatica del poco tempo dedicato allo studio comparativo approfondito delle suddette civiltà, essendosi concentrato sul passaggio dalla formazione feudale a quella borghese. La scelta non fu casuale e dipese da un preciso giudizio di valore della superiorità della formazione borghese su tutte le altre. Superiorità basata su molteplici variabili tra le quali comunque ne primeggiava una: la tecnologia. L’intento originario di Marx di formalizzare una teoria generale della storia può essere mantenuto fermo e scientificamente fondato esclusivamente assumendo che una formazione economico-sociale specifica è tale solo se basata su uno specifico fattore produttivo centrale: «Il mulino a braccia vi darà la società con il signorotto feudale, e il mulino a vapore la società col capitalista industriale».15

sintetizza Marx. Dal fattore produttivo centrale genera uno specifico modo di produzione, il quale tuttavia si declina sempre in subspecie produttive, morfologie sociali e versioni storiche plurime. Valga il banale esempio dei Pigmei e degli Indios di cui sopra. Un fattore produttivo centrale è tale, perché basato su una tecnologia centrale le cui caratteristiche obbligano una specifica divisione del lavoro sociale e una

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specifica divisione sociale del lavoro. La divisione del lavoro sociale si basa sulle tipologie di mestieri e professioni e le relative quantità generate da un modo di produzione. La divisione sociale del lavoro consiste nella distribuzione delle suddette tipologie tra la forza-lavoro. Se non si assume il fattore produttivo centrale come variabile indipendente del concetto di formazione economico-sociale diventano troppe le società del passato e del presente non riconducibili alla formazione economico-sociale, così come l’inversione dal socialismo sovietico all’attuale capitalismo oligarchico russo diventa un inspiegabile evento che inficia il valore euristico del concetto. Una teoria generale della storia macrosociologica si distingue da una filosofia della storia poiché questa si basa su categorie metafisiche e in quanto tali non verificabili. Al contrario, la prima ha l’obbligo metodologico di formalizzare in modo esplicito relazioni di causa ed effetto ed eventuali retroazioni tra variabili definite concettualmente. Il modello teorico derivante deve altrettanto obbligatoriamente prevedere classi di eventi empirici e in quanto tali falsificabili. Soltanto a queste date condizioni, valevoli per qualsiasi disciplina scientifica sociale, nonché naturale, la comunità disciplinare di riferimento può esercitare il necessario controllo sulla validità teorica del modello e sulla correttezza dei risultati prodotti. Se è vero che il mulino ad acqua ci ha dato il signore feudale è altrettanto vero che la storia del feudalesimo mostra un’estrema varietà di tipologie sociali e una grande complessità di eventi storici che vanno molto oltre il ruolo giocato dal fattore produttivo centrale. Consapevole di questa complessità, Marx elaborò il concetto di sovrastruttura per darne conto e per evitare qualsiasi pernicioso determinismo economico e tecnologico. Pernicioso in quanto scientificamente errato. Se il mulino ad acqua avesse determinato univocamente la sovrastruttura, ci sarebbe stato un solo tipo di società feudale, anziché le centinaia descritte dalla storiografia. D’altro canto, la variabilità delle società feudali per quanto ampia non è stata illimitata, bensì delimitata dai vincoli produttivi e organizzativi coincidenti con i limiti della tecnologia feudale. Le conoscenze prodotte dalle scienze sociali, dalla storiografia generale e da quella specialistica autorizzano all’utilizzo macrosociologico del concetto di formazione economico-sociale nel rispetto delle condizioni metodologiche su elencate. In particolare, la storia economica e la storia della tecnologia dimostrano che l’aumento di disponibilità di capitali, di conoscenza scientifica di base e di applicazioni pratiche finiscono con il creare una massa critica che provoca una discontinuità da cui emerge una nuova formazione economico-sociale, la quale dimostrandosi più efficiente nell’uso delle risorse e più efficace nel produrre ricchezza diventa la formazione dominante che si impone su quelle preesistenti. Queste possono certo continuare a esistere e così è. La stima è che al presente circa 300 milioni di individui vivono all’interno della formazione primigenia preistorica. Il dominio del mondo è tuttavia indiscutibilmente nelle

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mani delle élite della formazione capitalista, perché basata su tecnologie civili e militari di gran lunga più potenti. La stessa tipologia indicata da Marx deve essere corretta. I modi di produzione asiatico, antico e feudale sono in realtà le tre principali subspecie del modo di produzione agricolo basato sul fattore produttivo centrale delle tecnologie di coltivazione e di allevamento e a residuo della pesca. Stessa logica del citato esempio dei Pigmei e degli Indios. In Asia si coltivava riso e si allevavano cammelli, nell’Antica Grecia olivi e ovini e nel Sacro Romano Impero grano e bovini. Forme diverse della stessa tipologia di flora e fauna addomesticate. Il modo di produzione borghese si presenta affatto nuovo basandosi sul fattore produttivo centrale dell’investimento produttivo del capitale secondo il classico modello marxiano denaro → merce → più denaro (D → M → D+). Il quadro sinottico delle formazioni economico-sociali finora esistite può pertanto essere così aggiornato:

1. La formazione economico-sociale preistorica è basata sulla natura come fattore produttivo centrale. Alimentazione animale e vegetale, materiali per costruire capanne e utensili, vestiario e armi hanno tutti origine nell’ecosistema ospitante. La forma sociale dominante è la tribù caratterizzata da tratti culturali simili quali lo sciamanesimo, i riti iniziatori, i criteri di stratificazione sociale, maggiore o minore aggressività nei confronti delle tribù confinanti. La forma politica dominante è il consiglio degli anziani, più raramente dei capifamiglia. Il genere prevalente è quello patriarcale. La riproduzione biopsichica è gestita dal consiglio degli anziani del singolo villaggio che stabilisce i criteri di spartizione degli alimenti, la somministrazione di cure mediche, le cadenze e modalità dei rituali di iniziazione e propiziatori. La famiglia sempre prevalentemente patriarcale e molto più raramente matrilineare, combina i matrimoni, distribuisce le risorse avute e i ruoli interni. La riproduzione socioculturale è basata sulla tradizione orale con la quale si tramandano la storia del clan, gli usi e costumi, le pratiche religiose, le norme sociali, le tecniche e le tecnologie in uso. La formazione preistorica è nata con Homo sapiens 100.000 anni fa e perdura ancora con le etnie tradizionali sopravvissute che vivono di caccia, pesca e raccolta di vegetali selvatici. Alcune varianti sono rimaste allo stato primigenio, come alcune tribù amazzoniche che non hanno mai avuto contatti con l’esterno. Altre hanno subìto contaminazioni di vario genere, come gli Inuit che per cacciare foche hanno sostituito l’arpione con la carabina di precisione, il kayak con la barca a motore e l’igloo con la casa prefabbricata. Tutte continuano a procurarsi il sostentamento direttamente dall’ecosistema che le ospita. La forma sociale di base è la famiglia patriarcale. Un insieme di famiglie forma un clan e un insieme di clan forma una tribù o un “popolo”, come

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loro preferiscono definirsi. La tribù vive in modo prevalentemente sedentario, meno frequentemente nomade, dando vita a una comunità di villaggio con una cultura materiale e simbolica che si tramanda oralmente di generazione in generazione senza stravolgimenti sostanziali.

2. La formazione economico-sociale antica è basata sull’agricoltura

stanziale, l’allevamento in prevalenza stanziale e più raramente nomade, la pesca ove possibile. Un’importante fonte supplementare di risorse è quella mineraria che fornisce metalli per la fabbricazione di utensili e armi più resistenti e oro, argento e gemme per uso commerciale. La forma sociale dominante è la stratificazione sociale basata sulla classe dominante dell’aristocrazia e quelle dominate dei ceti produttivi, dei servi della gleba, dei mezzadri e degli schiavi. La forma politica dominante è quella della monarchia assoluta che può estendersi alla dimensione imperiale nel caso di reami molto estesi. La riproduzione biopsichica è affidata alla famiglia sempre patriarcale che gestisce le risorse che riesce a procurarsi a seconda della collocazione nella scala sociale. La riproduzione socioculturale si basa sulla scrittura per la classe dominante e i ceti di servizio, in particolare i militari di professione e il clero. A quest’ultimo è affidata la fondamentale funzione di curare la formazione della mentalità delle classi dominate e di trasmettere la morale comune a complemento dei codici legali in vigore nel reame o impero specifici. La formazione antica nasce 10.000 anni fa con l’agricoltura e l’allevamento. Il suo sviluppo ha portato alla nascita di una miriade di innovazioni epocali, tra cui la città, la scrittura, le scienze naturali, il commercio basato sulla moneta, l’esercito professionale, le classi sociali e così di seguito. Perdura nelle aree del pianeta non ancora industrializzate localizzabili in prevalenza in Africa, nel Vicino, Medio ed Estremo Oriente e in alcune zone dell’Asia. Anche in questo caso si osserva una morfologia estremamente variegata che va dai Dogon maliani rimasti alla coltivazione preindustriale della cipolla, del miglio e poco altro fino al grande latifondismo arabo basato sulla servitù della gleba e al contempo sull’utilizzo di tecnologia meccanica e chimica. La forma sociale dominante è quella aristocratica basata sul censo. Il sistema politico è di tipo monarchico con il potere trasmesso per via ereditaria tradizionalmente al primogenito maschio. In ogni versione il fattore produttivo primario è dato dall’agricoltura stanziale a cui si associano eventuali risorse minerarie, dai metalli rari e preziosi ai combustibili fossili.

3. La formazione economico-sociale moderna è basata sull’investimento del

capitale come fattore produttivo centrale. La forma sociale è basata su

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una stratificazione sociale dipendente dalla quantità di capitale posseduto e vede l’alta borghesia al vertice e le classi media e operaia in posizione subordinata. La forma politica dominante è quella elitaria che si declina in due varianti principali: la democrazia liberale e la dittatura statalista. In ognuna delle due varianti il potere afferisce a un’élite costituita dalle grandi famiglie capitaliste oppure all’alta burocrazia statale controllata e selezionata dall’élite che controlla il partito politico al potere. La riproduzione biopsichica è affidata a forme più o meno estese di Stato sociale che garantiscono assistenza sanitaria, pensioni di anzianità, assistenza sociale ed economica alle categorie svantaggiate. La riproduzione socioculturale è assicurata da un sistema scolastico statale e meno frequentemente privato e da tutti i media che lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione rende disponibili. La formazione moderna nasce nel XIX secolo con la Rivoluzione Industriale inglese e in appena un secolo è dilagata sui cinque continenti sottomettendo con il commercio e con la forza militare le altre due. La disponibilità di un setting tecnologico inedito, in particolare la macchina a vapore, ha consentito al capitale di diventare il fattore produttivo centrale, mentre nella formazione antica esso aveva un ruolo secondario limitato al settore commerciale. La borghesia capitalista ha rapidamente scalzato l’aristocrazia dal posto di comando preoccupandosi di creare un sistema politico gestito da un’élite rigidamente controllata. Molte le varianti osservabili, ma le due storicamente più importanti sono state quella del capitalismo di mercato basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e quella del capitalismo di Stato basato sulla proprietà statale dei mezzi di produzione gestita comunque da un’élite autoreferenziale selezionata con rigidi meccanismi di cooptazione dall’alto. Tra questi due estremi è dato osservare tutte le gradazioni possibili: il capitalismo sociale di matrice liberal, cristiana oppure socialdemocratica; il capitalismo neoliberista anglosassone e il protocapitalismo dei Paesi emergenti. Ognuna di queste versioni declinata a sua volta secondo le specifiche vicende storiche e tradizioni culturali delle singole nazioni.

Assumere il fattore produttivo dominante come punto prospettico per descrivere l’emergenza e lo sviluppo di una formazione economico-sociale è una scelta metodologica che offre evidenti vantaggi descrittivi. Non bisogna assumerlo invece come variabile indipendente per non cadere in un semplicistico determinismo economico. I macrocambiamenti sociologici sono sempre sistemici e dunque caratterizzati non da alta complessità, ma dalla complessità più alta nel senso che non esiste un oggetto di ricerca di dimensioni maggiori. Le dinamiche di azioni e retroazioni iterative sono sempre difficili da ricostruire e ancor più da anticipare. Occorre l’apporto delle altre discipline quali

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la storia politica, tecnologica, filosofica, sociale, artistica, antropologica, psicologica, giuridica per avere un quadro il più possibile completo delle condizioni iniziali e delle dinamiche che hanno dato avvio al processo di cambiamento. Lo stesso nuovo fattore produttivo non è creato dal nulla, ma è il risultato di complesse interazioni tra lo stato preesistente di tutte le variabili sistemiche. Nonostante ciò, la scelta metodologica fatta da Marx è la più efficace, perché consente di iniziare l’analisi da un oggetto chiaro e definito la cui caratteristica saliente è la novità storica, in quanto tale collocabile con sufficiente precisione nel tempo. Prima di 10.000 anni fa l’agricoltura non esisteva e i cambiamenti osservabili da allora in poi non possono non tenerne conto, anche se non tutti gli eventi sono riconducibili direttamente al nuovo modo di produzione. Il presente studio si basa sull’ipotesi che l’automazione integrale del lavoro non creativo interagirà con paralleli cambiamenti delle altre variabili, tali da creare le condizioni per l’emergenza di una nuova formazione economico-sociale. Un nuovo setting tecnologico offre nuove opportunità che soltanto mutamenti antropologico-culturali possono cogliere. In tal senso, mutazioni etiche ed estetiche portate dalle nuove generazioni sono necessarie per l’avvio del cambiamento tanto quanto la disponibilità di nuove tecnologie. La macchina a vapore avrebbe potuto essere ignorata dagli imprenditori inglesi, i quali invece ne intuirono le potenzialità, perché avevano categorie mentali adatte a farlo e non gliele aveva certo date la macchina a vapore. La nuova forma mentis dipese dal protestantesimo anglicano, dalle opere d’arte, dall’Illuminismo, dall’urbanizzazione, dai prodotti delle colonie, dai capitali disponibili, dall’aumento della scolarizzazione della borghesia, prima appannaggio esclusivo dell’aristocrazia, dall’espansione del commercio, dall’aumento demografico, dal mantenimento della supremazia militare. La macchina a vapore era il mezzo più efficace per sintetizzare i nuovi stimoli e bisogni in un nuovo modo di produzione. La formazione economico-sociale creativa avrà la creatività come fattore produttivo centrale. Un nuovo attore sociale prenderà il posto della borghesia e sarà il Soggetto individuale e collettivo portatore di diritti universali e teso all’autorealizzazione.16 Marx individuò nella classe operaia la classe generale i cui interessi coincidono con gli interessi dell’umanità. Come vedremo, il concetto di classe generale è corretto, ma non può più essere basato su quello di interesse, valido nell’Ottocento, ma non più oggi. La classe operaia è stata certo portatrice della tutela dei propri interessi economici e sociali, ma anche di diritti universali come le condizioni di lavoro sicure e il minimo salariale, la libertà di associazione sindacale e politica, la libertà di opinione e di stampa, il suffragio universale per uomini e donne, i servizi di base come la sanità e l’istruzione statali. A questi diritti, dagli anni Sessanta se ne sono aggiunti altri

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di cui la classe operaia non è più referente come il diritto alle pari opportunità uomo-donna, a un ambiente ecologicamente sano, al lavoro garantito, alla tutela delle minoranze culturali, etniche e sessuali, alla pace e alla sicurezza, all’aborto e all’eutanasia. Inoltre, è la stessa esistenza della classe operaia ha essere messa in discussione a causa della diffusione dell’automazione industriale. La classe generale diventa quella i cui diritti coincidono con i diritti dell’umanità. La scomparsa del lavoro ripetitivo e qualificato provocherà l’ascesa della classe creativa la cui unità di base sarà il Soggetto autocreatore e universalista. Si tratta di una sostituzione obbligata, perché l’alternativa sarebbe la distruzione di gran parte dell’ecosistema terrestre e dell’economia mondiale. Beninteso, la catastrofe è possibile e anzi accadrà inesorabilmente senza cambiamenti di rotta. Le probabilità che ciò accada sono tuttavia molto meno alte del contrario. Esiste sicuramente un insieme di famiglie, definiamoli i destroyer, a cui converrebbe una macroimplosione del sistema sociale mondiale con una riduzione fino alla metà e oltre della popolazione mondiale. Nessuna modalità esclusa: dal collasso ambientale a una guerra globale con armi termonucleari o biologiche. Fanno parte di questo gruppo le famiglie che controllano il settore petrolifero sia occidentali che arabe, le famiglie dei dittatori, dei gruppi più reazionari delle religioni storiche e della criminalità organizzata, i maggiorenti del complesso militare-industriale e alcuni ambienti dell’alta finanza. Al genocidio seguirebbe il dominio di un mix di regimi politici ademocratici di tipo russo, saudita, cinese, teocratico, messicano, singaporiano e simili. Le attuali democrazie sarebbero travolte e finirebbero con l’adottare uno dei suddetti modelli. Di contro, ci sono le molto più numerose famiglie ̶ circa 10.000 maker ̶ che controllano il resto dell’economia mondiale e che perderebbero il loro business nel caso di un collasso globale. Se accadesse l’apocalisse scomparirebbero quasi tutti i settori che producono beni e servizi di largo consumo, dal turismo all’intrattenimento, dall’edilizia ai trasporti, dalla sanità all’istruzione, dall’alimentare all’informatica. La sproporzione degli interessi economici e dei rapporti di forza tra i due gruppi elitari è troppo favorevole ai secondi, perché possano prevalere i primi. I maker conoscono bene e non di rado di persona i destroyer, li controllano direttamente con le loro fonti informative e indirettamente influenzando la politica nazionale e internazionale. Di fatto, sono i maker che gestiscono i maggiori asset strategici tecnologici, militari, finanziari e di intelligence a livello globale. I destroyer continueranno ancora per almeno due o tre decenni a finanziare il terrorismo, a tentare di destabilizzare governi democratici e aree di interesse geopolitico, a proteggere e fare affari con la criminalità organizzata, a mantenere attive dittature politiche, ma non avranno mai la necessaria forza militare e tecnologica per cambiare i rapporti di forza con i maker.17

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L’innalzamento del livello medio di istruzione alla laurea universitaria che si registra come un trend costante oramai da almeno due decenni sta gettando nell’arena politica una nuova generazione più consapevole della dimensione globale dei problemi. L’accesso a fonti di informazione attendibili, non filtrate e gratuite renderà l’attuale manipolazione dell’opinione pubblica inefficace. Le giovani donne ieri relegate al ruolo di casalinghe e oggi laureate faranno la differenza, visto che si tratta della metà dell’elettorato. Democrazia vuol dire “governo del popolo”, ma nella maggior parte del mondo la realtà è quella del “governo sul popolo”, grazie all’elitismo basato sulle regole della democrazia formale e sullo svuotamento sostanziale con pratiche lobbistiche, corruzione, decisioni oligarchiche e alla bisogna violenza fisica. La democrazia evolverà verso l’isocrazia intesa come “uguaglianza di potere” tra Soggetti consapevoli e informati che utilizzeranno correttamente gli strumenti della democrazia formale, in particolare con maggiore ricorso alla democrazia diretta tramite referendum telematici. Il modo di produzione che consentirà la riproduzione biopsichica della specie si baserà sul principio dell’autogestione intesa come coincidenza tra produttori e proprietari. La distribuzione asimmetrica del talento creativo sarà compensata dalla politica isocratica che pur remunerando il maggior merito con maggiore ricchezza ne impedirà gli eccessi di concentrazione grazie alla leva fiscale e al reddito di cittadinanza. La riproduzione socioculturale sarà deistituzionalizzata. Si diffonderanno pratiche di autoformazione permanente personalizzate. I sistemi scolastici non scompariranno, ma subiranno una profonda trasformazione diventando fornitori di servizi educativi ad personam e certificatori del livello di competenze raggiunto.

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Tab. 2. Sinossi delle formazioni economico-sociali

FORMAZIONE ECONOMICO-SOCIALE

Naturale Agricola Capitalista Creativa

Periodo in anni

Fattore produttivo

centrale

Forma sociale dominante

Forma politica

dominante

Riproduzione biopsichica

Riproduzione socioculturale

100.000

Natura

Etnia

Gerontocrazia

Villaggio

Clan

10.000

Agricoltura

Aristocrazia

Monarchia

Famiglia

Religione

400

Capitale

Borghesia

Élite

Stato sociale

Scuola+Media

Dal 2100

Creatività

Soggetto

Isocrazia

Autogestione

Autoformazione

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Epilogo. Il lato probabile della Storia

Immagine: murale di Banksy

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Verso il cybercomunismo

L'umanità se vorrà sopravvivere non potrà lasciare la politica economica, ambientale e sociale nelle mani dei finanzieri, dei petrolieri e dei “pretonzoli”, come li chiamava ironicamente Marx. Non si può riequilibrare la distribuzione della ricchezza tra capitale e lavoro delegandola alla finanza speculativa, né si può riformare lo Stato sociale aumentando le spese clientelari e diminuendo quelle necessarie. Non è possibile fermare l’orologio della storia e ogni tentativo in tal senso finisce con il provocare accelerazioni del conflitto sociale. Il ruolo strategico della creatività nello sviluppo economico prefigura uno scenario politico che tende stabilmente a sinistra. I tentativi neocon di invertire il trend sono destinati a sicuro fallimento, perché in contrasto con il nuovo modo di produrre ricchezza. Il principio marxiano delle contraddizioni interne del capitalismo è ancora una volta confermato. Finora, la destra ha cercato di convincere il mondo che la Bibbia ha ragione e Darwin torto; ha boicottato l’ambientalismo con costose campagne informative false e manipolatorie; ha tentato di porre in moratoria la ricerca genetica; ha provato a esportare la democrazia con le armi; ha aumentato il controllo sulla soggettività con la legislazione antiterrorismo; ha indicato il nuovo nemico dell'Occidente cristiano nella civiltà musulmana; ha imposto barriere protezioniste ai Paesi in via di sviluppo per limitarne, appunto, lo sviluppo; ha ridotto le tasse ai ricchi e impoverito le classi medio-basse; ha consentito alla finanza speculazioni criminali a danno dei piccoli risparmiatori e dei lavoratori. Con il risultato che la biologia è più evoluzionista che mai; gli ambientalisti hanno obbligato la Casa Bianca a dichiarare che l’effetto serra non è più un’ipotesi controversa, ma una pericolosa realtà; la ricerca genetica sta esplodendo; Iraq e Afghanistan sono diventati un nuovo Vietnam; i Paesi in via di sviluppo diventano sempre più solidali e antiamericani; la Primavera Araba, nonostante il suo temporaneo arresto, è una sonora smentita della teoria dello scontro di civiltà; le classi medie non tollerano la precarietà dei loro figli, i quali aumentano il loro attivismo culturale, sociale e politico orientandosi a sinistra; la consapevolezza del ruolo negativo della finanza attuale sta raggiungendo il punto di non ritorno. Chiari indicatori che il ciclo politico neocon, iniziato con Reagan negli anni Ottanta, è alla fine. I primi movimenti operai, in Gran Bretagna e Francia, emergono tra il 1830 e il 1848. In Francia, il partito socialista nasce nel 1905 e il sindacato Cgt nel 1895. Settant’anni per organizzare il movimento operaio e circa un secolo perché

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ottenesse il suffragio universale. I lamenti sulla condizione attuale della sinistra non hanno né utilità né fondatezza. Nessuno nel 1958 aveva previsto cosa sarebbe successo appena dieci anni dopo. I movimenti hanno sempre una fase iniziale carsica; sono scollegati e si frammentano facilmente, ma negli anni accumulano conoscenze teoriche ed esperienza conflittuale; si attivano meccanismi operativi di selezione di leadership efficaci; le problematiche di cui si occupano crescono di intensità e diventano visibili all’opinione pubblica. Fino a quando la massa critica è raggiunta e si produce l’effetto-soglia. A quel punto le azioni repressive non sono più efficaci, ma al contrario aumentano la conflittualità. I tempi di passaggio da un movimento allo stato nascente alla sua maturazione come soggetto politico non sono mai di pochi anni; servono sempre almeno due o tre decenni e altrettanti perché gli obiettivi siano almeno parzialmente raggiunti. Rispetto alla classe operaia ̶ e grazie anche a essa ̶ i movimenti attuali hanno spazi di manovra e mezzi tecnologici impensabili un secolo fa. I risultati lo saranno altrettanto. La posta in gioco rende la partita non di estrema difficoltà, ma della difficoltà più estrema. L’emergenza di un Metamovimento etico-democratico richiede una rete transnazionale con nodi saldi e massima consapevolezza sistemica, dunque un livello assai più complesso della pur difficile coscienza di classe del movimento operaio. Il carburante che alimenta il Metamovimento etico-democratico lo fornisce la realtà generata dalle politiche neoconservatrici e dall’economia neoliberista. Il peggioramento delle condizioni materiali e psicologiche provoca reazioni che impiegano sempre un certo tempo prima di individuare il bersaglio corretto. Lo straordinario apparato mediatico controllato dai neoconservatori è uno strumento potente, non onnipotente. Prima o poi mostrerà i suoi limiti, come successe con l’apparato repressivo degli Stati liberali da metà ‘800 a metà ‘900.

Cyberdemocrazia Le tecnologie dell’informazione spingeranno sempre più verso un modello di consumi informato, civilmente responsabile ed ecologicamente attento. Il conseguente aumento di interesse per la politica, per i diritti civili e sociali dimimuirà il rischio di autocrazia, di golpe bianchi, di neoautoritarismi. La democrazia diretta telematica sarà possibile in tempo reale, così come il controllo delle deleghe e della rappresentanza. Certamente esse non potranno mai scomparire del tutto, perché un ceto politico-amministrativo che gestisca la corretta applicazione delle scelte popolari sarà sempre necessario. Il potere legislativo, ancorché esercitato direttamente, avrà sempre bisogno del potere esecutivo così come di quello giudiziario con funzioni di controllo legale. La

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possibilità di accedere direttamente a un certificato curriculum vitae di un candidato così come di controllarne on line il comportamento politico eliminerà il rischio di maggioranze incompetenti o corrotte. Ong e siti web di alta qualità giornalistica, scientifica, tecnica e legale manterranno aperta un’agorà permanente per prevenire minacce antidemocratiche. La partecipazione sociale e politica aumenterà ovunque spinta dalla possibilità di esercitare un ruolo e un potere reali e non solo formali. Le politiche economiche saranno il settore più partecipato, visto l’interesse diretto del cittadino e del suo nucleo familiare ai criteri di ripartizione della ricchezza. Pertanto, le crisi economiche e le conseguenti recessioni o stagnazioni saranno anticipate con corrette politiche anticicliche. La finanza sarà di nuovo asservita all’economia reale. S'innescherà un circolo virtuoso tra cittadinanza e politica che manterrà il conflitto sociale nei limiti fisiologici del dibattito di merito con prevalenza del solidarismo cooperativo sull’individualismo competitivo. Il prossimo ciclo politico tornerà nelle mani di una nuova sinistra che dovrà gestire un leftshift di lungo periodo provocato non più da una classe operaia analfabeta, ma da laureati con accesso diretto alle informazioni e continuamente in rete. La rincorsa al centro praticata dai partiti di sinistra subirà una vigorosa sterzata, se è vero che è il mercato elettorale ad adeguare l’offerta alla domanda. Il partito politico come semplice collettore di voti è in crisi, ma è una crisi compensata da un aumento dell’attivismo politico di base, fatto nell’ambito di ong, centri sociali, gruppi spontanei. Il modello organizzativo partitico della società industriale non soddisfa più la domanda di partecipazione che quindi assume forme autonome. L’esercizio del diritto di voto è un mezzo necessario, ma non sufficiente a garantire ai cittadini il controllo della politica. In situazioni autoritarie esso può essere manipolato dai detentori del potere con relativa facilità. L'esistenza di diversi partiti in competizione non garantisce che sia concessa una reale libertà di scelta. In situazioni multipartitiche, ma autoritarie, come quelle diffuse nella penisola indocinese e in Russia, si impedisce la nascita di formazioni politiche riformiste. Il movimento altermondialista ha fatto tesoro del modello organizzativo del Sessantotto. Combinandolo con le straordinarie possibilità dell’internet, ha inventato una nuova modalità di partecipazione in grado di mettere duramente alla prova la classe dirigente permettendo ai cittadini prese di posizione concrete. L’azione si focalizza su singoli obiettivi concreti e la presenza politica si esprime attraverso la creazione di vasti movimenti o gruppi di pressione, piuttosto che attraverso le organizzazioni di rappresentanza tradizionali. Si tratta di un tipo di partecipazione che richiede un livello alto di competenza politica. Infatti, le attività di controinformazione si basano su ricerche scientifiche universitarie e gli attivisti sono in prevalenza studenti e laureati. Per essere adeguati ai tempi, i partiti di sinistra dovranno passare dall’attuale

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modello verticistico basato sulle tessere e i congressi per la conta dei rapporti di forza interni, a un modello a rete basato sulla produzione di idee e progetti, con sistemi di controllo dal basso decentrati e continui come i referendum. Il livello nazionale dovrà avere un ruolo prevalente di supporto e coordinamento e soltanto residualmente di indirizzo e controllo. La crescente interdipendenza dell’economia mondiale rende impossibile l’autarchia nazionale e le politiche unilaterali. Nel 1958, esistevano 1.000 organismi di regolazione dei rapporti internazionali, al presente ce ne sono più di 5.000. La crescita dei problemi globali come l’inquinamento, le disuguaglianze, le guerre e il terrorismo fa aumentare il bisogno di una governabilità complessiva. Le grandi potenze saranno costrette a cambiare le regole del gioco e lo faranno per il tramite di maggioranze politiche di creativi progressisti. La fase storica successiva vedrà un nuovo tipo di partecipazione politica, basato sulla democrazia diretta e non più sulla delega periodica. Democrazia diretta vuol dire esprimere una scelta tra diverse possibilità ogni volta che occorre, anziché delegare a terzi ogni 4/5 anni la facoltà di decidere valutando il loro comportamento pregresso. Cosa difficile a farsi e in ogni caso fatta dopo, non prima della soluzione vera o presunta di un problema. La tecnologia della democrazia diretta esiste già ed è la rete telematica. Si muovono i primi passi sulla strada della cyberdemocrazia. Le comunità territoriali virtuali stanno creando una democrazia locale con un livello più alto di partecipazione rispetto al passato. La transizione verso il governo elettronico aprirà una lunga stagione di riforme amministrative. Le nuove agorà on line guideranno l'emergere di nuovi modi d'informazione e di dibattito politico. L’internet è diventato il modo più efficace di aggirare la censura di un regime autoritario. Nelle elezioni presidenziali statunitensi i siti web hanno un ruolo maggiore dei programmi televisivi. La diffusione del voto elettronico procederà di pari passo con la competenza digitale delle nuove generazioni e con la soluzione dei problemi di possibile manipolazione del risultato elettorale. La globalizzazione dell'economia e della comunicazione sta provocando la globalizzazione del conflitto sociale agito in uno spazio pubblico deterritorializzato e difficile da reprimere. Il movimento altermondialista sta utilizzando appieno le risorse del cyberspazio, sperimentando nuove forme di organizzazione politica, flessibili e decentrate, che diventeranno l’incubatore della cyberdemocrazia. Il cyberspazio è lo strumento di comunicazione più inclusivo che l’umanità abbia mai avuto a disposizione. La stampa, la radio e la televisione hanno progressivamente esteso i confini della democrazia fino al limite del loro potenziale, coincidente con una modalità di comunicazione unidirezionale che non consente interazione tra emittente e ricevente. Lettori, ascoltatori e spettatori possono scegliere libri e giornali, cambiare stazioni e canali, ma non possono concorrere a definire contenuti e modalità di interazione. Fin dall’avvento dell’internet, c’è stata un’esplosione di

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siti pacifisti, ambientalisti, femministi, politici, di volontariato, cyberpunk e cypherpunk, tecnoanarchici e libertari digitali. Rispetto al cittadino tradizionale, gli utenti dell’internet hanno un livello di istruzione più alto, conoscono l’inglese, sono meglio informati, più attivi politicamente e con una coscienza sociale che va oltre i confini nazionali, estendendosi all’intero pianeta. Dopo il fallimento del modello politico autoritario, il capitalismo liberale ha progressivamente sostituito le dittature con sistemi di manipolazione dell'opinione pubblica basati sul rigido controllo delle fonti di informazione e sulla progettazione di codici comunicativi funzionali all'evoluzione del modo di produzione che iniziava la transizione dalla fase industriale a quella postindustriale. La relativa diffusione dei mass media è esplosa a partire dagli anni '50. Parallelamente all'affermarsi della democrazia parlamentare è aumentata l'offerta di stampa, radio e soprattutto televisione. I semiologi hanno avvertito da subito sullo stile di gestione della comunicazione di massa:

«… se quando l'uomo parla è libero di comunicare tutto quello che liberamente pensa, o è determinato dal codice. La stessa difficoltà di identificare “i nostri pensieri” se non in termini linguistici, lascia legittimamente sospettare che l'emittente del messaggio sia parlato dal codice. I meccanismi, gli automatismi del linguaggio spingerebbero il parlante a dire certe cose e non altre».170

Fino alla metà degli anni '90, tutti i mezzi di comunicazione erano intransitivi, perché strutturati sul modello a stella che vede un'emittente al centro trasmettere contenuti alle passive riceventi site al margine che non hanno alcuna possibilità di inviare messaggi di ritorno. Tra i diversi media, il ruolo centrale viene assunto dalla televisione, grazie alla maggiore facilità di fruizione da parte delle masse che hanno ancora livelli di scolarizzazione bassi. La televisione si impone rapidamente, perché il suo linguaggio è fatto d'immagini e non di testi scritti. Il linguaggio è condizionato dalla rapidità dei tempi e dall'impossibilità di tornare indietro durante una trasmissione. La comunicazione iconica è più facile da comprendere, è immediata e ha tra le sue caratteristiche un potere suggestivo ben più alto di un testo. In ragione di ciò, la maggior parte della pubblicità commerciale si indirizza verso la televisione rendendola sempre più ricca e potente. Un nuovo e ben più potente media, l’internet, irrompe sulla scena e stravolge il mercato in pochi anni, cambiando in modo irreversibile attori e regole. Le ricerche empiriche segnalano regolarmente che le ultime generazioni preferiscono il web alla televisione. Gli stessi recenti modelli di televisori

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consentono la navigazione. L'abbattimento dei prezzi di pc, notebook, netbook e smartphone permette di avere una fonte-video per ogni componente del nucleo familiare. La diffusione della tecnologia wi-fi rende possibile connettersi ovunque. I costi irrisori di un sito web consentono a chiunque di averne uno personale. L'offerta è praticamente illimitata e il nuovo problema diventa la capacità di selezionare contenuti di qualità. La possibilità di accedere alle fonti e di produrre contenuti senza il filtro delle agenzie-stampa controllate dai grandi network sta producendo un aumento rapido della trasparenza. L’élite mediatica legata ai grandi capitali perde progressivamente potere di censura e controllo dei flussi informativi. La riduzione dei circuiti editoriali alternativi, esplosi negli anni Settanta, è durata fino alla metà degli anni Ottanta. Troppo alti i costi tipografici e distributivi per libri e riviste fatti in casa e limitati a nicchie di lettori troppo piccole per giustificarli. Il ruolo crescente dei mass media nella società postindustriale ha prodotto l’ingresso di enormi capitali che hanno spazzato via o acquisito gran parte della stampa alternativa, delle radio libere e delle tv locali. L’arrivo dell’internet ha finalmente invertito la tendenza. I navigatori sono in larga maggioranza studenti e lavoratori della conoscenza. Impossibile barare con persone che sanno come e dove verificare le informazioni e possono farlo con facilità e bassi costi. L’internet espande al massimo l’universalità, avendo ormai una diffusione mondiale che supera confini nazionali e barriere linguistiche. Permangono problemi di censura in Paesi antidemocratici, ma la comunità mondiale degli hacker si è data l’obiettivo prioritario di mettere a punto software in grado di aggirare ogni restrizione, cosa che avviene regolarmente da anni in Cina come in Iran e in Russia. Per ragioni tecniche dipendenti dalla logica di sviluppo delle infrastrutture, i primi luoghi fisici a essere stati cablati sono state le città. La disponibilità della banda larga ha consentito la nascita di città virtuali dove si incontrano attività produttive e commerciali, volontariato, pubblica amministrazione e attivismo politico. Il risultato è un’aumentata efficienza dei flussi comunicativi dall’alto verso il basso e viceversa. Le ong si scambiano esperienze in tempo reale, le regioni e i comuni rendono visibili le loro politiche amministrative e i movimenti tendono a ridurre la frammentazione sul territorio riuscendo a organizzare azioni dimostrative in pochi giorni, mentre prima occorrevano mesi. La presenza concentrata nelle città di enti culturali ha un evidente nesso con la crescita della cyberdemocrazia. I luoghi dove si concentra la produzione culturale si impadroniscono delle potenzialità della rete e le sfruttano per ampliare il raggio di azione. L’internet ha fornito lo strumento adatto alle pubbliche amministrazioni che stanno predisponendo programmi di e-government per trasferire sulla rete informazioni e servizi. Non sarà un processo rapido e indolore. Le zone di opacità resisteranno tenacemente all’introduzione di trasparenza. La tecnologia

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di per sé non dà garanzie di un uso ottimale del proprio potenziale. Ancora una volta serve la buona politica di sinistra per evitare che l’e-government diventi una chimera di cui tutti parlano e che nessuno pratica. Non si può lasciare a una destra reazionaria come quella neocon il governo di questi processi. I creativi progressisti che amministrano le città dovranno dimostrare di saper fare buon uso della telematica. È l'unico modo per togliere consenso alla destra e rendere evidente al cittadino le opportunità della cyberdemocrazia. Le tendenze sono favorevoli. Sta nascendo una mentalità di base omogenea e progressista sulla politica, l’economia, l'ambiente e l'emancipazione femminile in Europa, America, Oceania, Medio Oriente, Asia e persino in alcune aree africane. Il diffuso uso dell’internet tra gli studenti è in relazione con un maggiore interesse per la politica e per la partecipazione elettorale rispetto ai non naviganti. Si moltiplicano i siti che fanno informazione e controinformazione e promuovono la democrazia elettronica. Tuttavia, sarebbe un errore considerare cyberdemocrazia soltanto la possibilità di votare on line. Se si votasse con la telematica a Cuba o in Arabia Saudita, questo non renderebbe quei regimi democratici. L’atto primario della democrazia non è la votazione, ma la deliberazione basata sull’esercizio reale della volontà popolare nella formulazione delle leggi e nel prendere le principali decisioni politiche. Gli ostacoli come il digital divide e i problemi della sicurezza o dell’affidabilità sono risolvibili. Nella cyberdemocrazia del futuro i referendum aumenteranno notevolmente di frequenza, dato l’abbattimento dei costi grazie al voto elettronico. Le forme nascenti di democrazia digitale hanno davanti una strada da percorrere lunga almeno l'intero XXI secolo per arrivare all’obiettivo finale di una governance mondiale e le condizioni planetarie necessarie sono le seguenti:

l'automazione del lavoro ripetitivo e qualificato un tenore di vita idealtipico da classe media un livello medio di istruzione universitario una sanità e una scuola pubbliche un sistema giudiziario e repressivo globale il compimento del processo di secolarizzazione la parità di diritti per uomini, donne e minoranze il suffragio universale con referendum ed elezioni on line locali, nazionali,

transnazionali e mondiali la libertà di associazione e di opinione

una politica internazionale multilaterale e negoziale la trasparenza dei flussi finanziari pubblici e privati la soppressione della criminalità organizzata la gestione globale dell’ambiente

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la cessazione dei conflitti armati.

L’idea di governo globale non va intesa come un semplice ampliamento del modello parlamentare nazionale. Attualmente, sarebbe oltremodo pericoloso delegare i pieni poteri a un Parlamento mondiale. L’accentramento del potere a un unico livello comporterebbe seri rischi di lobbismo corporativo e renderebbe più facili la corruzione e la deriva autoritaria. La cyberdemocrazia richiede un livello medio di consapevolezza molto più elevato dell'attuale e per questo il suo avvio richiederà almeno due ricambi generazionali, vale a dire 60/70 anni. In una società ancora capitalista, i processi di globalizzazione politica e legislativa non possono che rispondere agli interessi del capitale, come dimostrano da un lato le prassi delle agenzie internazionali e dall’altro la limitata sovranità dell’ONU. Soltanto in epoca postcapitalista sarà possibile praticare politiche mondiali realmente ispirate dai principi democratici. Per arrivare a questo traguardo sarà necessario il salto geografico dei luoghi del conflitto da nazionale a multinazionale a transnazionale e infine mondiale. È una dinamica organizzativa che coincide esattamente con la dimensione mondiale dell'avvento comunista previsto da Marx.

I teschi degli uccisi L’ascesa politica di una nuova classe sociale che produce maggiore ricchezza di quella al potere è tra le regolarità storiche osservabili. Nelle società di cacciatori-raccoglitori le differenze di genere erano sfumate e, almeno nel bacino mediterraneo, era diffuso il sistema matrilineare. Non c’erano capi gerarchici formali e vigeva una sostanziale parità di diritti. Con il passaggio all’economia agricola stanziale, emerse la prima élite sociale costituita dai magistrati delle acque, individui che avevano sviluppato la capacità di gestire le acque per l’irrigazione. Posero estrema cura nel trasmetterla esclusivamente ai figli creando così una casta da cui nacquero i primi re. Per gestire sistemi agricoli complessi fu necessaria una burocrazia e una casta sacerdotale che presidiasse le regole sociali. I guerrieri assicuravano la difesa dei raccolti ed eventuali espansioni territoriali. La disuguaglianza emerse per gradi al crescere della stratificazione sociale grazie alla schiavitù delle etnie sottomesse, al minore ruolo sociale dei meno abbienti e alla subordinazione delle donne che furono relegate alla riproduzione, perché espropriate delle conoscenze per condurre l’agricoltura e l’allevamento. Gli aristocratici assoggettarono schiavi e plebe grazie al sapere militare, giuridico, filosofico, artistico, astronomico e religioso necessario per condurre reami e imperi. Cinque millenni dopo, i nuovi padroni dei meccanismi di produzione industriale sconfissero gli aristocratici,

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ripetendo tal quale la stessa dinamica di ascesa al potere. In egual modo, i creativi scalzeranno i capitalisti, perché detentori della scienza e dell'arte, le due fonti di ricchezza che prevarranno sulla disponibilità di capitale. L’errore di attribuzione sociologica commesso da Marx nell’individuare la classe generale che avrebbe realizzato il comunismo nella classe operaia e non nei creativi è stato al contempo pernicioso e provvidenziale. Intanto, non si può fargliene una colpa. Il più ardito e immaginifico scrittore contemporaneo di Marx fu Jules Verne, capostipite della moderna fantascienza. Le straordinarie descrizioni del motore elettrico, del dirigibile, del sottomarino, dell’autorespiratore subacqueo, delle torpedini e dei razzi vettori hanno incantato generazioni di adolescenti, ma neanche un genio visionario come Verne immaginò computer e robot, laser e nanotecnologie, bioingegneria e stazioni spaziali. Vale a dire che non riuscì a immaginare nulla che non fosse nel potenziale della conoscenza scientifica del suo tempo. Se si elencassero le innovazioni tecnologiche immaginate dai teorici e romanzieri cyberpunk su un orizzonte temporale di appena mezzo secolo, si rimarrebbe esterrefatti e anch’esse sono inscritte nella scienza del presente.171

L’inevitabile errore di Marx ha comunque sortito un inatteso effetto positivo: ha consentito alla classe operaia di avere una potente teoria scientifica con cui organizzarsi e agire un conflitto sociale che ha preparato il terreno alla lotta di classe tra capitalisti e creativi. Più di dieci generazioni di operai hanno sudato e versato un oceano di sangue per creare condizioni materiali tali da permettere ai loro discendenti di accedere ai livelli di istruzione superiori necessari per conquistare e gestire il sistema sociale. Il paradigma del materialismo storico ha prodotto comunque risultati epici a livello planetario, nonostante gli errori che soltanto adesso si possono correggere col senno del poi dell’ultimo secolo di sviluppo tecnologico. Pertanto, lungi dal liquidare il materialismo storico come un residuato ideologico ottocentesco, si può senz’altro affermare che esso ha avuto torto ieri, ma avrà ragione domani. Con pochi aggiornamenti, continua a essere tuttora la più potente teoria scientifica sul mutamento sociale. Talmente potente da aver creato nel XIX secolo le precondizioni per la sua compiuta realizzazione entro il XXI. Dopo le tragedie del XX secolo, gli scienziati sociali hanno espunto dalle loro categorie analitiche quella del “progresso”, considerandola troppo carica di significati ideologici e quindi non scientifica. Il rovinoso crollo sovietico ha distrutto la vaga speranza che la Perestrojka di Gorbaciov aveva inizialmente suscitato di una possibile riforma dall'interno del blocco comunista, assestando il colpo definitivo alla visione di un progresso sociale ineluttabile. Dall'antichità fino al medioevo, si è concepita la storia o come decadenza da uno stato di perfetta integrazione con la natura, l'età dell'oro che vedeva gli uomini felici e benvoluti dagli dèi, oppure come un eterno ritorno di cicli temporali che si ripetevano con differenze solo fenomenologiche, ma identica

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dinamica strutturale. Verso la fine del Quattrocento, Bernard de Chartres usava l'efficace immagine dei contemporanei come nani rispetto ai giganti del passato, i grandi classici. Potendo salire sulle loro spalle avendone assimilato il pensiero, essi possono lanciare lo sguardo verso orizzonti più lontani e vedere territori inesplorati. Un secolo dopo, il frate domenicano Giordano Bruno formula per primo la teoria che il presente contenga conoscenza e consapevolezza maggiori del passato e fu questo il motivo vero del suo supplizio. L’idea del cambiamento dal peggio verso il meglio terrorizzò gli sterminatori vaticani. Qualche decennio dopo, Francesco Bacone riprende e amplia gli stessi concetti spianando la strada agli Illuministi che formalizzano la prima teoria moderna del progresso. Era nata la base ideologica della Rivoluzione Industriale e delle rivoluzioni politiche che seguiranno. Nel secolo XIX il processo è compiuto. Fabbriche e ciminiere sono i nuovi punti cardinali che hanno sostituito cattedrali e campanili nell'organizzazione della vita quotidiana. Un fiume in piena di beni e servizi mai visti prima dilaga nell'Esposizioni Universali che si susseguono a ritmo crescente. Le relative teorie arrivano prontamente. Gli Hegeliani in Germania, i Positivisti in Francia e gli Evoluzionisti in Gran Bretagna forniscono una robusta giustificazione alle pratiche economiche della nascente borghesia industriale. Il futuro sarà sempre migliore del presente. Bisogna pazientare rispetto ai disagi e alle sofferenze dell'oggi, perché esse saranno ampiamente ricompensate dalle conquiste scientifiche ed economiche del domani. La spietatezza del colonialismo e dello schiavismo, le disumane condizioni di lavoro e di vita del proletariato industriale e la terribile esperienza delle due guerre mondiali hanno spazzato via la concezione romantica del progresso. Il periodo seguente della Guerra Fredda con il rischio incombente dell'estinzione della specie umana per olocausto nucleare, le decine di guerre locali passate e in corso e le tragedie ancora irrisolte della fame e delle malattie curabili hanno prodotto la crisi irreversibile della concezione positivista del progresso, mostrandone il lato di giustificazione ideologica di pratiche moralmente ingiustificabili. Il leninismo si è appropriato della concezione positivista del progresso ineluttabile sostituendo ai capitalisti il proletariato, ma non potendo quest'ultimo muoversi autonomamente per dimensioni e assenza di coscienza di classe, l'onore e l'onere sono ricaduti sulle avanguardie politiche. I dirigenti del partito comunista diventano la nuova élite che possiede la mappa del futuro. Nella concezione leninista, l'uso del terrore (le stragi seguite a ogni rivoluzione), della repressione violenta del dissenso e dell'autodeterminazione dei popoli (i dissidenti inviati nei manicomi criminali e in Siberia, gli studenti massacrati in piazza Tienanmen e i carri armati in Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia e Tibet), dell'omicidio politico (Trotskij, Kondrat'ev e migliaia di altri), del genocidio (le purghe staliniane, maoiste e cambogiane), del colonialismo

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militare e politico (Afghanistan, Africa, Estremo Oriente, Europa Orientale) sono il mezzo necessario che giustifica il fine della perfezione comunista. La violenza più gratuita e spietata accomuna il positivismo ideologico del capitalismo privato e di quello statalista. Sanguinari psicopatici hanno usato e usano La Bibbia e Il Capitale per giustificare i loro crimini e rimanere al potere. Si tratta purtroppo di un fenomeno storico ricorrente. Ogni grande sistema di pensiero religioso, filosofico e politico ha avuto applicazioni violente, avvenute sempre dopo la morte dei fondatori, onde mettersi al riparo da sicure smentite. Gli integralismi ebrei, cristiani, musulmani e induisti non sono giustificati in alcun modo dai rispettivi testi sacri. Bentham e Mill, Tocqueville e Rousseau, Smith e Taylor avrebbero respinto con sdegno l'applicazione pratica delle loro teorie, così come gli Illuministi francesi avrebbero condannato il Terrore. Le élite al potere hanno sempre bisogno di giustificazioni ideologiche del loro agire per ottenere il consenso o la paura dalle masse che devono controllare. Una metanarrazione costruita a tavolino e avulsa da qualsiasi discussione pubblica è uno strumento di dominio di gran lunga più efficace dell'uso diretto della forza, tenuta comunque sempre in condizione di massima allerta. La procedura è la stessa ovunque: si seleziona una potente teoria il cui fondatore è morto; si manipolano scientemente le tesi a proprio beneficio, si sterminano gli interpreti libertari, si indottrinano le masse e si fa massiccio uso della censura preventiva e della repressione di qualsiasi ermeneutica non autorizzata dalle autorità preposte. La concezione del progresso di Marx deriva direttamente da quella della Scuola Hegeliana. La dialettica tra tesi, antitesi e sintesi è mutuata tal quale, ma ne vengono simmetricamente rovesciati i termini di analisi. L'Assoluto che si realizza nella storia viene considerato un non senso idealistico. Il concetto centrale diventa quello di “stadio di sviluppo delle forze produttive”. Per Marx, il progresso storico e lo sviluppo economico sono l'effetto diretto del progresso scientifico e tecnico, qualunque definizione si voglia dare di quest'ultimo. La filosofia postmoderna nega l'esistenza di un principio evolutivo astorico, un “a priori” metafisico che dall'alto dei secoli guida l'umanità verso una crescente perfezione. Posizione assolutamente condivisibile, ma che non implica affatto l’inesistenza di un principio evolutivo storico-empirico e antimetafisico usato dall’umanità ̶ anche con errori e regressioni feroci ̶ per migliorare le condizioni di vita. Nonostante la crisi della tradizionale concezione cumulativa della conoscenza scientifica e a dispetto della diversità di teorie esplicative del sapere, gli epistemologi accettano unanimemente il principio del progresso teorico scientifico, non foss'altro che per le evidenti ricadute tecnologiche che la nascita di nuove teorie comporta. Semmai, emergono differenze nel valutarne i rischi e i vantaggi, ieri riguardo al pericolo di una guerra termonucleare globale e oggi rispetto alla possibile estinzione di larga parte del genere umano in seguito al collasso ambientale. L'ottimismo ingenuo e al

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contempo mistificatorio del Positivismo ottocentesco è neutralizzato da una maggiore consapevolezza che ogni innovazione presenta potenziali effetti controintuitivi impossibili da prevedere. Marx osservando il passato e il suo presente, conclude che nel lungo periodo c'è sempre una prevalenza dei benefici sui costi per quanto alti e tragici possano essere i secondi. È questa netta percezione che lo porta a giudicare il capitalismo una formazione economico-sociale estremamente più avanzata di quella feudale. Le nuove teorie scientifiche e le nuove tecnologie applicate all'interno della formazione economico-sociale capitalista producono al contempo sia effetti negativi sia effetti positivi, i quali però non hanno lo stesso peso e non si compensano annullandosi reciprocamente. Le innovazioni scientifiche, tecnologiche, organizzative, politiche, artistiche e filosofiche, unite alle sofferenze patite dalle generazioni che si susseguono nella storia e ai conflitti sociali a cui danno luogo, producono un differenziale positivo più o meno alto nei diversi periodi che si sedimenta nei secoli accumulandosi e diventando irreversibile, nonostante i regolari arresti provocati dalle crisi economiche e le frequenti regressioni dovute alle involuzioni politiche reazionarie e alle guerre. Marx giudicava il capitalismo nel suo complesso come un fenomeno storico con componenti negative maggiori di quelle positive, ma riteneva che proprio queste ultime avrebbero portato al suo superamento. Sovente, la sinistra politica e culturale dimentica questo giudizio sintetico restando prigioniera di una percezione selettiva delle sole variabili negative. Tanto per citarne una, si ritiene comunemente che le società tradizionali siano state molto meno violente di quelle moderne. Il mito del “buon selvaggio” è assai radicato in una certa pubblicistica progressista ed ecologista. L'assunto è che il capitalismo e la civiltà in generale avrebbero corrotto una natura umana di per sé pacifica e cooperativa. Nulla di più falso. Gli antropologi hanno stimato che il 90% delle società di raccoglitori-cacciatori ha praticato la guerra e il 64% ne ha fatta una ogni due anni. Il tasso di mortalità dovuto alle guerre fra le tribù di raccoglitori-cacciatori era cinque volte superiore a quello delle successive società agricole (0,1% della popolazione contro lo 0,5%). Negli ultimi 3400 anni, l'umanità non è stata straziata dalla guerra per soli 234 anni. Di contro, il passaggio del capitalismo dalla fase industriale a quella postindustriale ha fatto sì che, dopo millenni d'ininterrotte guerre, nel Primo Mondo regni la pace da 65 anni. In Europa, il periodo di pace più lungo è quello iniziato dal secondo dopoguerra. Da allora, nel mondo si è verificata una enorme diminuzione del tasso di bellicosità: negli anni '50 si sono registrati 650.000 morti all'anno per cause belliche, mentre negli anni 2000 si è scesi a meno di 2.000. L'Heidelberg Institute for International Conflict Research ha calcolato il numero di conflitti ad alta intensità tra Stati e al loro interno nel periodo 1945-2007. In

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epoca industriale, le guerre tra Stati erano continue e provocavano decine di milioni di morti, perché si scontravano eserciti con armi sempre più micidiali e perché fu coinvolta la popolazione civile con la tremenda pratica dei bombardamenti aerei a tappeto. Nella seconda metà del XX secolo ci sono stati picchi bellici negli anni '60-'80, dipesi dal confronto USA-URSS, ma dopo il crollo sovietico si è registrata una costante diminuzione delle guerre tra nazioni. Una delle funzioni delle guerre tra Stati consiste nel controllare il conflitto sociale interno, consentendo all’élite sia di non concedere la democrazia sia di evitare eque distribuzioni della ricchezza. Il crollo dei conflitti esterni ha fatto esplodere quell'interni, le cui cause prevalenti riguardano l'opposizione a regimi autoritari oppure movimenti secessionisti agiti da etnie vessate da quelle al potere. La tecnica militare è quella della guerriglia o del terrorismo, il che mantiene relativamente basso il numero delle vittime. I conflitti si concentrano in Asia e in Africa e dovrebbero produrre nei prossimi decenni aumenti della democrazia in quelle aree. Tab. 31. Conflitti ad alta intensità inter e intra Stati.

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Fonte: Conflict Barometer 2015 (Heidelberg Institute) Nei secoli, la crescita della conoscenza provoca sviluppi economico-produttivi e relativi adattamenti politico-giuridici che generano da sistemi sociali autoritari e accentrativi della ricchezza e procedono verso sistemi sociali democratici e distributivi. Sarebbe contrario all’evidenza storica affermare sia che viviamo nel peggiore dei mondi esistiti sia che viviamo nel migliore dei mondi possibili sia che viviamo nel migliore dei mondi esistiti. La formulazione corretta sulla condizione umana attuale è che viviamo nel meno peggiore dei mondi finora esistiti. La differenza non è affatto linguistica, ma di contenuto. La prima affermazione è errata in quanto sono numerosi gli indicatori empirici che dimostrano il contrario, dall’aumento della vita media a quello della democrazia. La seconda è invece un’enunciato ideologico neoconservatore atto a inibire comportamenti conflittuali e ad accettare lo status quo passivamente. La terza pecca di progressismo positivista che non tiene conto del persistente lato oscuro della storia. L’aggettivo meno peggiore è il più corretto perché indicatore della permanenza di situazioni spaventose, nonostante i miglioramenti occorsi. Come qualsiasi altra teoria scientifica, il materialismo storico va aggiornato e perfezionato. Le aspirazioni etiche di giustizia, libertà e solidarietà devono rimanere all’esterno con un ruolo di controllori sulla correttezza della teoria che va sempre verificata sul terreno dell’empiria. Il provvidenzialismo va sostituito con le tecniche e i metodi previsionali. Le leggi della Storia devono coincidere

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con le leggi acquisite dalle scienze sociali. Nel progresso si può sperare, mai credere e che ce ne sia stato alcuno va sempre dimostrato ex-post. Il progresso è tale solo se si colloca nel passato poiché osservabile e misurabile. Collocarlo nel futuro lo rende pericoloso, perché indimostrabile e ciò che non si può dimostrare si può soltanto imporre con la violenza. Anche nella formazione economico-sociale che seguirà quella capitalista la sofferenza esistenziale, la vecchiaia e la morte non scompariranno, ma aumenteranno le esperienze positive e i periodi esistenziali felici. Senza che i rischi di eventi negativi, anche straordinariamente tragici, siano mai del tutto assenti. Il rischio di crisi devastanti permane sempre, anche se la loro probabilità diminuisce. La Russia postleninista continua ad avere interessi geopolitici divergenti con gli USA. Il Bulletin of the Atomic Scientists stima una probabilità su trenta che entro il 2020 esploda un conflitto atomico tra le due nazioni, mentre la probabilità di un attacco nucleare terroristico su un’area urbana con l’impiego di una testata tattica sale a oltre il 50% entro il 2025. Negli ultimi tre decenni circa un miliardo di persone è morto per disatri naturali. Un patogeno mutante o artificiale sconosciuto al nostro sistema immunitario potrebbe falciare cento milioni di persone. L’eruzione di uno dei sette supervulcani attivi arriverebbe alla metà dell'umanità. Un asteroide di un chilometro di diametro ucciderebbe un quarto della popolazione e uno di dieci chilometri ci farebbe fare la fine dei dinosauri.172

Nonostante tutto, «La rinuncia al migliore dei mondi non è affatto la rinuncia a un mondo migliore» ci ricorda Morin.173 È innegabile che dalle origini preistoriche al presente la condizione umana sia progredita, anche se enorme è il cammino ancora da percorrere. Non si tratta quindi di assumere una filosofia della storia poggiante su un principio progressivo a priori e dunque dogmatico e non scientifico, perché indimostrabile. Il progresso non va mai dato per scontato come fosse un automatismo. Come suggerisce Habermas, deve essere un a posteriori da verificare empiricamente in un processo ininterrotto di costruzione storica.174 La psicobiologia di una specie unica perché autocosciente, ma altamente invasiva e distruttiva contiene tuttavia un meccanismo di protezione della biosfera. La creatività, infatti, dal punto di vista evolutivo è la facoltà che permette di produrre tecnologie, estetiche ed etiche che consentano di raggiungere l'equilibrio tra l'umanità e il pianeta. L'aumento della popolazione provoca una pressione ambientale crescente dovuta alle maggiori risorse prelevate e relativo rilascio di inquinanti che obbliga alla ricerca di soluzioni ecologiche. Diversamente, la nostra sarà la prima specie che si estinguerà a causa di comportamenti autodistruttivi. Evento possibile, ma poco probabile. Il genoma di ogni organismo, umani inclusi, spinge un individuo a vivere il più a lungo possibile. I comportamenti autodistruttivi come il suicidio riguardano una minima frazione della popolazione. A livello collettivo, il più autodistruttivo dei

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comportamenti è la guerra. Migliaia ne sono state combattute dalla preistoria a oggi, ma senza mai pregiudicare la nostra sopravvivenza. L'unico tipo di guerra che avrebbe potuto farlo è quella termonucleare globale, ma non è successo. La spiegazione più plausibile è che sia attivo un meccanismo di difesa collettivo risultante dall'interazione dei singoli istinti di sopravvivenza. Il risultato è un effetto sistemico biofilo che riequilibra le spinte necrofile. Se così è, il meccanismo entra in funzione giustappunto quando si raggiunge la soglia critica, attivando circuiti retroattivi di regolazione che utilizzano ogni risorsa disponibile, inclusa l'etica. Il concetto di progresso attiene sempre a un preciso paradigma di riferimento (scientifico, filosofico, religioso, politico, artistico) e quindi non è mai scindibile dal sistema di valori che caratterizza qualsivoglia paradigma. Ciò non impedisce che ci possano essere indicatori di progresso condivisibili per ogni paradigma come l'aumento della durata media della vita o del reddito medio pro capite. Altri indicatori possono essere condivisi da due o più paradigmi, ma non da tutti. L'aumento dei Paesi che aboliscono la pena di morte sarà considerato un progresso dai paradigmi progressisti e un regresso da quelli autoritari. La crescita dei non credenti sarà un progresso per i paradigmi atei e agnostici e un regresso per quelli religiosi. In ogni caso, nessuna descrizione e spiegazione della realtà e nessun progetto di intervento su di essa può fare a meno di un paradigma e dunque del relativo setting di indicatori di progresso. Non esistono punti di vista neutrali e avalutativi e chi lo afferma vuole in modo subdolo nascondere i propri per manipolare la realtà con più efficacia. Nella storia si scontrano diversi e alternativi paradigmi e relative concezioni del progresso. Gli esiti dei conflitti dipendono dai rapporti di forza che si determinano tra i paradigmi, provocandone il successo di alcuni e la marginalizzazione o l'estinzione di altri. La lotta tra paradigmi rimanda direttamente alla struttura di classe esistente in una formazione economico-sociale, il che implica l'esistenza di cinque fondamentali paradigmi politico-culturali che si combattono, ovviamente declinandosi in molteplici varianti geografiche e temporali:

Il paradigma della classe dominante (al presente, i capitalisti) teso a giustificare le politiche adottate e a farle accettare al sistema sociale controllato.

Il paradigma della classe dominata (i lavoratori dipendenti medio-bassi) che subisce le suddette politiche e tenta di modificarle per ottenere vantaggi.

I paradigmi delle vecchie classi dominante (aristocrazia e clero) e dominata (ceti rurali, lavoratori autonomi tecnologicamente obsoleti) in

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declino che tentano di resistere e di sopravvivere riducendo i danni derivanti dalla progressiva e inesorabile perdita di potere.

Il paradigma della classe emergente (i creativi) la quale, crescendo qualitativamente riguardo alla capacità di produrre ricchezza e quantitativamente grazie all'automazione, finirà con il sostituire la classe dominante.

Se è vero che la storia la scrivono i vincitori, il prossimo capitolo lo scriveranno i creativi. Le battaglie culturali che hanno vinto finora e quelle che vinceranno dimostrano che il relativismo culturale integrale è indifendibile, perché implica aporie logiche e contraddizioni pratiche. Se un punto di vista vale l'altro, allora far crescere il PIL con le spese militari è equivalente a far crescere il PPA con la ricerca civile scientifica e la produzione artistica; il creazionismo avrebbe lo stesso valore dell'evoluzionismo, così come sarebbe stato un lecito diritto per i Papua della Nuova Guinea continuare a praticare il cannibalismo interrotto dal governo occidentale. Se così fosse, una dittatura equivarrebbe a una democrazia. Il relativismo culturale postmoderno è valido se racchiuso all'interno di uno spazio delimitato dalle libertà civili, culturali e politiche e protetto da istituzioni democratiche. Libertà e istituzioni che diventano i nuovi a priori assoluti, perché condivisi da tutti gli individui, in virtù dei quali è consentito l'esercizio dei punti di vista relativi e il corretto svolgimento delle battaglie culturali. Il punto fondamentale è che i diritti individuali universali abbiano sempre la precedenza su quelli comunitari. La sociologia mostra che la grande maggioranza delle civiltà conosciute mantiene caratteristiche strutturali simili basate su universali evolutivi che consentono paragoni e giudizi di valore in grado di classificare i sistemi sociali in base a una scala di civiltà. Le agenzie internazionali hanno messo a punto tale scala individuando un setting di indicatori empirici condivisi dalla gran parte della comunità internazionale. Permangono libere differenze sugli usi e costumi, sulle forme d'arte, sulle credenze simboliche e religiose, ma i diritti civili, le libertà politiche, una qualità e quantità della vita prossima ai valori più alti resi possibili dalla tecnologia non sono questioni d'opinione. Coloro che si oppongono alla modernizzazione accusandola di relativismo culturale sono i difensori di paradigmi integralisti di tipo religioso che in realtà difendono la loro posizione di dominio autoritario e violento, garanzia di privilegi economici e sociali. L'opposto del relativismo culturale è l'assolutismo culturale basato su ideologie, credenze e dogmi indimostrabili a cui corrispondono sistemi sociali aristocratici, teocratici, monopartitici e plutocratici. I criteri utilizzati dalle agenzie internazionali per stilare classifiche rispetto alla qualità della vita, del lavoro, dell'istruzione, delle politiche ambientali e via di seguito sono il migliore esempio di cosa si possa correttamente intendere per

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progresso, anche perché la regolarità annuale dei report consente di avere serie storiche basilari per giudicare se ci sono progressi o regressi in corso e attuare politiche di supporto o di correzione. In tal modo, il progresso e i relativi indicatori empirici scendono dall'astratto mondo della metafisica per diventare un problema di costruzione sociale, mai esente in quanto tale dagli inevitabili conflitti sui criteri da utilizzare, la cui errata definizione può facilmente provocare manipolazioni informative e occultamenti di pratiche inique. Marx rifuggiva dall'ambiguo ottimismo positivista che aveva palesi finalità ideologiche di giustificazione dei misfatti compiuti in nome del progresso. Si susseguivano nella Londra che lo ospitava le inchieste parlamentari sulle tremende condizioni di lavoro, in particolare quello minorile e femminile, e i resoconti sui genocidi e le stragi commessi dalle nascenti potenze coloniali nel meridione del pianeta, mentre le guerre tra le stesse mietevano milioni di vite proletarie in nome dei sacri valori della patria. L'ottimismo di Marx sul corso della storia era non lineare, ma dialettico poiché consapevole che l’evoluzione verso la società comunista avrebbe comportato uno spaventoso prezzo da pagare per l'umanità:

«… L’industria e il commercio borghesi creano queste condizioni materiali di un mondo nuovo alla stessa guisa che le rivoluzioni geologiche hanno creato la superficie della terra. Quando una grande rivoluzione sociale si sarà impadronita delle conquiste dell’epoca borghese – il mercato del mondo e le forze di produzione moderne – e le avrà assoggettate al controllo comune dei popoli più civili, solo allora il progresso umano cesserà di assomigliare a quell’orribile idolo pagano, che non voleva bere il nettare se non dai teschi degli uccisi».175

Il quinto ciclo Il 2050 è una data ricorrente negli scenari socioeconomici: I demografi stimano che la popolazione mondiale raggiungerà i 9-10 miliardi di individui per poi stabilizzarsi. Gli ecologi avvertono che si arriverà al punto di non ritorno oltre il quale o si realizzerà l'ecoequilibrio oppure si avranno collassi forieri di estinzioni di massa.

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Gli urbanisti valutano che il 75% della popolazione mondiale vivrà nelle città, molte delle quali saranno megalopoli con oltre dieci milioni di abitanti. I sociologi ricordano che la prima generazione postmoderna, i nati nel 1950, diventerà la più anziana, mentre le residue generazioni rurali e industriali si estingueranno. Gli ingegneri assicurano che robot di ogni genere saranno disponibili per svolgere i lavori monotoni, faticosi e pericolosi. I biologi predicono che si guadagneranno circa 15-20 anni di vita e la prospettiva per la fine del secolo è di 40 anni che porteranno la vita media a 120 anni di buona qualità. Gli psicologi prefigurano un aumento di ben 12 punti del Quoziente d'Intelligenza medio; un'enormità che causerà una forte accelerazione verso l'alto del processo di mobilità cognitiva. Gli informatici confermano che i personal computer avranno una potenza di calcolo di mezzo miliardo di volte superiore all'attuale, consentendo l'automazione del lavoro ripetitivo mentale. I futurologi prevedono l'avvento della Singolarità che vedrà la nascita di Intelligenze Artificiali con capacità cognitive simili a quelle umane, tanto da riuscire ad automatizzare anche i lavori qualificati.

Immanuel Wallerstein ritiene che in un punto imprecisato del secolo corrente il capitalismo si trasformerà in qualcos'altro, forse in un più evoluto modo di vivere. Si può ipotizzare con maggiore precisione il punto di svolta grazie alla teoria dei cicli dell'economista russo Nikolaj Dmitrievič Kondrat'ev (1892-1938). Egli scoprì le fluttuazioni economiche a lungo termine con andamento di un ciclo di 60 anni alternato a uno di 50, dette anche Onde K. Giusto in tempo prima che Stalin ordinasse di deportarlo in Siberia nel 1930 e di fucilarlo otto anni dopo, nonostante fosse stato tra i più attivi rivoluzionari, ministro economico a 25 anni del governo Kerenskij nel 1917 e riconosciuto all'estero come l'economista marxista più prestigioso. La sua scoperta, tra le più importanti della scienza economica del XX secolo, irritò il dittatore, in quanto contraddiceva le teorie leniniste che preconizzavano la disfatta a breve del capitalismo (era appena esplosa la Grande Depressione del 1929) e dimostrava l'esistenza di cicli capaci di autogenerarsi facendo ripartire il processo di accumulazione del capitale, com'è regolarmente avvenuto in seguito. Inoltre, criticò la collettivizzazione dei fondi agricoli e il conseguente sterminio degli agricoltori benestanti, i kulaki. Pur essendo stato tra i migliori progettisti dei primi piani quinquennali di sviluppo, si oppose anche allo sviluppo industriale forzato, perché ne prevedeva gli enormi costi umani. Joseph Schumpeter ha adattato le Onde K alla sua teoria delle fluttuazioni economiche, facendo dipendere l'accumulazione dalle ondate di innovazioni tecnologiche:

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o La prima ondata c'è stata con la Rivoluzione Industriale inglese dal 1780 al 1839.

o Le ulteriori applicazioni della macchina a vapore, in particolare ai trasporti, e la produzione in grande scala dell'acciaio hanno provocato la seconda ondata del 1840-1889.

o La chimica industriale, l'elettricità e il motore a combustione interna hanno causato il terzo ciclo dal 1890 al 1949.

o Il quarto ciclo, dal 1950 al 2000, è stato particolarmente potente perché ha beneficiato di un catalogo straordinario di innovazioni prodotte durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra le maggiori: l'energia atomica, il motore a reazione, il radar e gli antibiotici a cui si aggiungeranno nel dopoguerra laser, satelliti, personal computer, astronautica e mass media. In effetti, con il quarto ciclo inizia la fase postindustriale del capitalismo che produrrà in pochi decenni la terziarizzazione dell'economia.

o Il quinto ciclo dovrebbe durare dal 2000 al 2060 e si sta configurando come il ciclo di passaggio dalla formazione economico-sociale capitalista a quella postcapitalista. Le tecnologie sottese comprendono tra le principali l’internet, la robotica, l'ingegneria genetica, le nanotecnologie, il computer quantico, le fonti energetiche rinnovabili, le tecnologie di riciclaggio/disinquinamento e le colture proteiche.176

Ogni ciclo è avvenuto in concomitanza dei seguenti principali cambiamenti politici:

La Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese dal 1775 al 1839. L'abolizione dello schiavismo e le altre rivoluzioni borghesi dal 1840 al

1890. La Rivoluzione d'Ottobre e la Lunga Marcia maoista, le due guerre

mondiali e la caduta del nazifascismo, l'affermarsi della democrazia nel Primo Mondo dal 1890 al 1950.

L'indipendenza delle colonie, l'implosione dell'URSS, l'avvio della globalizzazione economica, politica e culturale dal 1950 al 2000.

Di quali cambiamenti sarà portatore il quinto ciclo nella prima metà del XXI secolo? Le tecnologie in arrivo faranno crescere il settore quaternario. In particolare, la robotica e la disponibilità di software semantici, in grado di interpretare le richieste dell'utente, provocheranno una rapida automazione del terziario non qualificato. I servizi alla persona e le mansioni impiegatizie saranno automatizzati nell'arco di pochi decenni. In generale, l'aumento delle conoscenze scientifiche di base e la maggiore disponibilità di potenza di calcolo aumenterà sia la quantità sia la qualità delle tecnologie e la loro velocità di

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diffusione. Un'altra dinamica attesa e almeno parzialmente già osservabile è l'aumento dei consumi culturali legato all'innalzamento della scolarizzazione media verso il livello universitario, richiesto dall'evoluzione dei processi produttivi. La crescita del quaternario dipenderà quindi dall'aumento sia della forza-lavoro tecnico-scientifica sia di quella artistico-umanistica. Il processo in atto di sostituzione del capitale con la creatività come fonte primaria di produzione della ricchezza rafforzerà e sarà a sua volta rafforzato dall'espansione della democrazia dentro e oltre il Primo Mondo. Lo scenario è coerente con la teoria dei poteri bilanciati formulata agli albori della società postindustriale, nel 1952, da Galbraith177 secondo cui il potere dei capitalisti sarebbe stato tenuto sotto controllo da diverse forme di contropotere dei soggetti sociali subordinati. Le previsioni del grande economista si sono largamente avverate: il movimento dei consumatori è diventato molto potente grazie alle campagne di boicottaggio; i sindacati sono un'istituzione con cui fare i conti; i vari movimenti per i diritti civili infilano una vittoria dietro l'altra; le donne proseguono verso la compiuta parità di genere con velocità crescente; gli ambientalisti hanno un peso sull'opinione pubblica inimmaginabile decenni fa; il movimento per la pace è stato straordinariamente efficace, dal Vietnam all'Iraq. Un ruolo strategico nella nascita dei contropoteri dei dominati è stato assunto dall'arte in tutte le sue forme e in modo particolarmente efficace dal cinema e dalla musica rock, pop e jazz. L'arte sta abbattendo steccati e pregiudizi millenari creando le condizioni culturali per la nascita di un'opinione pubblica mondiale basata su un sistema di valori libertari, premessa necessaria perché si giunga a un governo mondiale postcapitalista. Il crollo dell'URSS era una condizione necessaria affinché il capitalismo privato dilagasse seguendo finalmente la sua natura economica senza doverla più assoggettare ai vincoli strategico-militari imposti dalle logiche della Guerra Fredda. L'ondata di piena della globalizzazione ha immediatamente prodotto un movimento mondiale di controllo, i new global, che sta inesorabilmente opponendosi a governi e corporation per obbligarli a pratiche socio-economiche e ambientali solidali e sostenibili. I conflitti centrali che attraverseranno il quinto ciclo di Kondrat'ev avranno necessariamente come oggetto il controllo del capitalismo predatorio e l'avvio di nuove politiche di distribuzione della ricchezza, la diffusione di tecnologie produttive ecologiche, l'estensione dei diritti civili e sindacali fino all'Africa, la sconfitta della criminalità organizzata, l'eliminazione della corruzione, l'abolizione definitiva delle guerre locali, la democratizzazione delle aree islamiche, tribali, dell'ex-blocco sovietico e leniniste-maoiste.

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Mondi futuri La formazione economico-sociale è la più importante categoria analitica scoperta da Marx. Essa è intesa come la totalità formata dai rapporti sociali ed economici, dai mezzi di produzione e dalla cultura antropologica. Siccome si tratta della categoria primaria per comprendere la dinamica storica e sociale, è stata sistematicamente ignorata o distorta sia dalla sociologia liberale sia da quella leninista e niente affatto casualmente. I sociologi liberali, in particolare la scuola anglosassone, vogliono assolutamente evitare che si colga la natura transeunte del capitalismo e che, al contrario, lo si percepisca come l'ultima e definitiva forma di convivenza umana. Una corretta percezione della dinamica storico-sociale è il primo e fondamentale passaggio della nascita di una nuova coscienza di classe. Di conseguenza, le distorsioni percettive sono un'arma strategica per evitare che ciò avvenga. Il più autorevole filosofo ed epistemologo liberale, K. R. Popper, ha ribadito che la storia non ha nessuna direzione e significato precostituiti, il che è vero, ma ha omesso di aggiungere che proprio per questo è possibile un processo di costruzione della storia perseguendo un progetto politico sintonico con le tendenze tecnologiche, culturali ed estetiche. Si cambia quello che esiste e quello che esiste è sempre in movimento. Movimento la cui velocità è in straordinario aumento. Il raddoppio della conoscenza scientifica ogni quindici anni e una quantità di produzione artistica ancora maggiore non può non produrre prima o poi discontinuità sistemiche. In effetti, questo è quello che finora è successo. È avvenuto già due volte in passato e con un livello di scienza, tecnica, etica ed estetica pari a una frazione dell’attuale. I sistemi sociali sono autopoietici, perché dal loro interno emergono dinamiche di autocreazione in grado di adattarli sia alle condizioni ecogeografiche che storiche, le quali pongono sempre dei vincoli sulle possibilità di azione, ma offrono anche delle opportunità di sviluppo. Alla pari dei loro omologhi liberali, i leninisti hanno contrabbandato il modello sovietico come il punto di arrivo finale e i postmaoisti continuano indefessi sulla stessa strada. Sarebbe oltremodo pericoloso per il regime se i creativi cinesi incominciassero a dubitare di vivere nel migliore dei sistemi sociali possibili, cosa che in realtà sta già avvenendo da almeno due decenni. D'altro canto, i marxisti antileninisti non sono mai riusciti a ipotizzare i tratti generali empirici di una formazione economico-sociale postcapitalista, limitandosi a enunciare principi oppositivi etico-politici, insufficienti se sprovvisti di una base tecnico-produttiva che li supporti. L’evoluzione da una formazione alla successiva si basa anzitutto sull’innovazione tecnologica la quale dipende a sua volta dall’aumento di

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conoscenza scientifica di base che non ha mai avuto il mercato e il profitto come parametro di riferimento, perché sarebbe impossibile ricavarne alcuno. Nessun capitalista privato ha mai considerato un investimento proficuo la fisica atomica e quantistica, la biologia di piante e animali, l’alta matematica e l’esplorazione spaziale. Nessuna corporation avrebbe finanziato il CERN o la NASA o l’ISS, perché non ne avrebbe ricavato alcun profitto neppure nel medio termine di un quinquennio. Al contrario, l’atteggiamento del settore privato è sempre stato quello di attesa. Le scoperte fatte dalla ricerca pura vengono attentamente valutate caso per caso per individuarne applicazioni pratiche e conseguenti brevetti. La contraddizione anticapitalista interna della scienza è che le scienze naturali non si possono sottoporre ad alcuna censura preventiva semplicemente perché l’esito della ricerca è imprevedibile. Nessuno sa cosa troverà una sonda su Marte o un batiscafo in una faglia oceanica. Né se l’aumento di potenza di un acceleratore farà scoprire nuove particelle subatomiche o quali applicazioni informatiche deriveranno dalla formalizzazione di un nuovo teorema matematico. Il massimo dell’imprevedibilità è connaturato alle idee paradigmatiche, cioè quelle che provocano discontinuità cognitive sulla percezione della realtà, essendo l’insight creativo a sua volta non prevedibile, non riproducibile, né programmabile. Nessun governo se non vuole essere tagliato fuori dalla produzione di conoscenza può tener conto della Bibbia e dei Vangeli, del Corano e dei Veda e neppure del Diamat. In aggiunta, l’esplosione della ricerca pura negli ultimi due secoli è dipesa notevolmente dallo sviluppo del settore militare. Hitler e Mussolini non pagarono dazio per aver stroncato le arti e le discipline umanistiche, ma ne pagarono uno esiziale per aver fatto fuggire Einstein e Fermi negli USA, insieme a centinaia di altri valenti scienziati naturali. Marx si è astenuto dallo specificare i tratti organizzativi della futura società comunista, perché consapevole dei tempi molto lunghi delle trasformazioni sociali. Lo stesso comunismo sarebbe stato soggetto all’evoluzione storica, finendo esso stesso con l’essere superato da un sistema ancora oggi inimmaginabile, forse la Singolarità di cui vagheggiano i transumanisti. Inoltre, egli non ritenne mai che unicamente dinamiche spontanee e deterministe avrebbero fatto superare il capitalismo. L’azione politica realistica basata sullaeffettive potenzialità progressive rimase sempre centrale nel suo sistema teorico, com’è dimostrato all’ampio spazio attribuito al ruolo dell’insorgenza della coscienza di classe come condizione necessaria per l’evoluzione della classe in sé alla classe per sé e della conseguente azione politica. L'attuale livello tecnologico consente la formalizzazione di un'ipotesi strutturata di scenario, anche se da considerare certamente con beneficio d'inventario e da sottoporre a rigorosa verifica empirica nei prossimi decenni. In ultima analisi, nessuno sa con certezza assoluta quali tecnologie saranno realmente

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disponibili verso la metà del secolo. Alcune delle promesse attuali potrebbero incontrare ostacoli realizzativi insormontabili sia di fattibilità tecnica sia di convenienza economica. D'altro canto, l'avventura scientifica è tale perché imprevedibile e quindi altre realizzazioni inaspettate e migliori potrebbero aggiungersi o sostituire quelle che dovessero rivelarsi impraticabili. Pertanto, all'attuale stadio di sviluppo delle forze produttive, le specifiche della formazione economico-sociale postcapitalista sono ipotizzabili e sintetizzabili nel seguente modello descrittivo:

STRUTTURA

Subsistema biopsichico e demografico:

Eugenetica reversibile Uguaglianza psicofisica delle opportunità Popolazione stabilizzata e vita media ultracentenaria Mortalità e invalidità per malattie e incidenti tendenti a zero

Subsistema tecnologico e organizzativo:

Automazione integrale del lavoro ripetitivo, qualificato e riproduttivo Tecnologie ecocompatibili Prosuming hi-tech Modelli organizzativi per progetto e a matrice → network produttivi

Microunità produttive Bionica Informatica ubiquitaria

Subsistema lavorativo:

Lavoro creativo Reddito di cittadinanza e inversione del sistema pensionistico Autogestione della produzione e della vendita Leadership creativogenica

Decisioni collettive ex-ante sulle politiche di sviluppo

Subsistema sociale:

Stratificazione sociale intraclassista meritocratica

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Classe sociale unica Parità di genere Differenziali di reddito e status derivanti dalla creatività

Subsistema economico:

Accumulazione basata sulla creatività Plusvalore discendente Modelli di sviluppo qualitativi Valore d'uso prevalente sul valore di scambio Mercato multipolistico Deconcentrazione della proprietà Saggio di profitto basso Economia digitale → inversione tra domanda e offerta

Filesharing, shareware e open source Imprenditorialità creativa Finanza etica

SOVRASTRUTTURA

Subsistema politico:

Democrazie nazionali Governo mondiale Federalismo globale, continentale e locale Demilitarizzazione dei conflitti Terza coscienza di classe e leftshift Partecipazione politica e amministrativa elevata Referendum ad alta frequenza

Subsistema giuridico:

Diritti culturali globali Diritto internazionale prevalente sul diritto nazionale Sistema giudiziario civile e penale mondiale Copyleft prevalente sul copyright

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Subsistema amministrativo:

Pubblica Amministrazione automatizzata E-government Criminalità casuale e sporadica/forze di polizia internazionali Forze armate mondiali Consigli civici → decisioni collettive ex-ante sulle politiche

amministrative

Subsistema culturale:

Mobilità cognitiva elevata Valori libertari maggioritari Relativismo culturale debole Consumi colti prevalenti sui consumi voluttuari Consumi immateriali prevalenti sui consumi materiali Cultura comune globale unita alla preservazione delle culture locali Tectologia → modelli sistemici e dialettici

Secolarizzazione → miscredenza prevalente

Residua religiosità soggettiva e sincretica → estinzione delle religioni tradizionali.

Un mondo pacifico, ecologico ed estetico abitato da donne e uomini in egual misura scienziati e artisti benestanti, colti, avvenenti e miscredenti. Con una vita media prossima ai 120 anni ben portati. Certamente è questa la società comunista più vicina all’ideale marxiano, non quella sovietica, cinese o cubana. Questo è l’inizio della storia che Marx prevedeva, con buona pace dei teorici liberali che hanno visto nel crollo dell’URSS la fine della storia e l’affermazione imperitura del capitalismo. Tra il 2050 e il 2100 tremeranno le colonne del cielo e cadranno dèi. In oltre 1000 secoli di esistenza, l’umanità ne avrà trascorsi 900 nella preistoria, 97 nel mondo rurale e 3 e mezzo sotto il capitalismo che all’alba del XXII secolo lascerà la scena, dopo essere durato come la dinastia dei Merovingi (350-700 d.C.), di cui non molti serbano bastante memoria storica. Per cogliere agevolmente le diversità strutturali e sovrastrutturali della formazione economico-sociale in arrivo è utile compararla con le precedenti, utilizzando un modello descrittivo semplificato e ridotto a ventuno variabili principali (vedi tab. 32). Il mondo che verrà potrà ovviamente essere chiamato in modi diversi. Un criterio oppositivo suggerirebbe per contrasto il termine neocomunismo al termine neoliberismo, ma forse il termine cybercomunismo è quello con più vantaggi. Recupera il valore storico del termine e lo aggiorna ai tempi presenti

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e futuri. La cibernetica è la scienza interdisciplinare che studia i parallelismi tra macchine, sistemi e organismi viventi per la progettazione e la realizzazione di sistemi artificiali. Per la specie umana è il mezzo per evolvere secondo i tempi rapidi della scienza, superando finalmente i tempi immensi della storia e quelli infiniti della natura. La società cybercomunista è il comunismo ad alta tecnologia che coniuga libertà individuale, democrazia, uguaglianza delle opportunità, meritocrazia e benessere diffuso. Infine, il nome sarebbe un giusto modo per rendere perenne onore a Karl Marx. La tecnologia più avanzata che gli capitò di vedere fu il prototipo della prima locomotiva elettrica a un’Esposizione Universale di Londra. I suoi accompagnatori raccontarono che aveva un sorriso estatico e la fissava rapito.

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Tab. 32. Sinossi estesa delle formazioni economico-sociali

Formazione preistorica antica capitalista cybercomunista

Periodo 1.000 sec. → 100 sec.

100 sec. → XVII sec.

XVIII sec. →XXI sec. XXII sec.→

Popolazione 1 milione → 6 milioni

6 milioni → 0,5 miliardi

0,5 miliardi → 9 miliardi

9/10 miliardi

Età media 20 29 →35 35 →100 100 →120

Ambiente deterioramento basso

deterioramento medio

deterioramento alto ecoequilibrio

Tecnologia manuale manuale + animale

meccanica automatica

Lavoro raccolta ripetitivo manuale ripetitivo mentale creativo

Economia naturale primaria secondaria/terziaria quaternaria

Accumulazione inesistente insufficiente da capitale da creatività

Mercato baratto commercio valore di scambio valore d'uso

Plusvalore inesistente da schiavo/contadino

da operaio/impiegato

da leader creativo

Proprietà personale latifondo mezzi di produzione mezzi di ideazione

Stratificazione anagrafica castale economica meritocratica

Ceti sociali omogenei poveri aristocrazia/plebe/ schiavi

capitalisti/classi medie/operai

omogenei benestanti

Conflitto centrale

uomini/donne aristocratici/ contadini

capitalisti/dipendenti progetti e teorie

Istituzione clan impero nazioni federazioni

Famiglia matriarcale patriarcale nucleare multipla

Politica gerontocratica elitaria chiusa elitaria/democratica isocratica

Morale magica religiosa religiosa/laica soggettiva

Religione animismo politeismo monoteismo

monoteismo miscredenza

miscredenza sincretismo

Coscienza mitologica teologica ideologica psicologica

Potere età terra capitale creatività

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NOTE 1 Bell D. (a cura di), Prospettive del 21° secolo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1969, pp. 431-432, p. 489. Si tratta di un classico della sociologia previsionale con un orizzonte temporale delimitato all’anno 2000 e quindi con previsioni verificabili; gran parte delle quali si sono rivelate corrette, inclusa la riduzione dell’orario di lavoro, le regressioni nazionaliste e religiose integraliste, l’espandersi dei movimenti culturali ambientalista, femminista, pacifista, anticolonialista e delle minoranze sessuali ed etniche, la diminuzione delle guerre e della criminalità, la riduzione strategica della diffusione e del ruolo del movimento comunista-leninista mondiale e il non scoppio di guerre termonucleari globali o limitate. Inoltre, fu previsto che sempre più problemi si sarebbero dovuti risolvere a livello politico il che avrebbe comportato un forte aumento del conflitto sociale. 2 Bobbio N., Né con Marx né contro Marx, Editori Riuniti, Roma, 1997 3 Hobsbawm E. J., Gli aspetti politici della transizione dal capitalismo al socialismo, in Hobsbawm E. J., (a cura di), Storia del marxismo, vol. I, Einaudi, Torino, 1978, pp. 286-287 4 Hobsbawm E. J., (a cura di), Storia del marxismo, vol. I, Einaudi, Torino, 1978, pp. XIV-XV 5 “Quello che è certo è che io non sono marxista” ebbe a dire a Paul Lafargue. 6 Marx a Dagobert Oppenheim, 25 agosto 1842, in Hobsbawm E. J., (a cura di), Storia del marxismo, vol. I, op. cit., p. 140 7 Hobsbawm E. J., Gli aspetti politici della transizione dal capitalismo al socialismo, in Hobsbawm E. J. (a cura di), Storia del marxismo, op. cit., p. 273 8 Cacace N., Cambiare marcia per creare lavoro, Altrimedia Edizioni, Matera, 2016 e Florida R., L'ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, Milano, 2003. 9 Marx K., L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 33 10 Roll E., Storia del pensiero economico, Boringhieri, Torino, 1977 11 McLellan D., Il pensiero di Karl Marx, Einaudi, Torino, 1975, pp. 179-180 12 Marx K., Per la critica dell'economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1977, p. 6 13 Marx K., Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1957, pp. 10-11 14 Marx K., Engels F., Manifesto del Partito Comunista, Newton Compton Editori, Roma, 1977, p. 47 15 Marx K., Miseria della filosofia, Samonà e Savelli, Roma, 1968, p. 47 16 Touraine A., La fin des sociétés, Édition du Seuil, Paris, 2013 17 Uno dei migliori scenari previsionali su questi temi è quello pubblicato dal 1997 ogni cinque anni dal National Intelligence Council statunitense citato in bibliografia. 18 Marx K., Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, Roma, 1964, p. 121 19 Habermas J., La crisi della razionalità nel capitalismo maturo, Laterza, Bari, 1975 20 Wallerstein I., Dopo il liberalismo, Jaka Book, Milano, 1999, p. 251 21 Wallerstein I., Dopo il liberalismo, op. cit., p. 224 22 Giddens A., Sociologia, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 248 23 Courtois S., Werth N., Panné J. L., Paczkowski A., Bartosek K., Margolin J. L., Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, Mondadori, Milano, 1998, p. 687 24 Simulazione fatta dall’Office of Technology Assessment degli U.S.A. nel 1997. Citata in Rifkin J., La civiltà dell’empatia, Mondadori, Milano, 2011, p. 435 25 Drucker P. F., La società post-capitalista, Sperling & Kupfer, Milano, 1993, p. 152 26 Courtois S., Werth N., Panné J.L., Paczkowski A., Bartosek K., Margolin J.L., Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, op. cit., p. 6

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AA. VV., Sul libro nero del comunismo. Una discussione nella sinistra, Manifestolibri, Roma, 1998 27 AA.VV., Il libro nero del capitalismo, Marco Tropea Editore, Milano, 1999, p. 543 28 Fo J., Tomat S., Malucelli L., Il libro nero del cristianesimo, Edizioni Nuovi Mondi, Scritto (PG), 2000, pp. 35-36 29 AA.VV., Il libro nero del capitalismo, op. cit., p. 492 30 Oxfam, Un’economia per il 99%, 2017 31 Gallino L., L’impresa irresponsabile, Einaudi, Torino, 2005, p. 154 32 RAINews24, Speciale IOR. Tra denaro e paradiso fiscale, 14.10.2010, visionabile su YouTube 33 Marx K., Manifesto del partito comunista, Newton Compton Editori, Roma, 1977, pp. 53-54 34 Marx K., L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1979, p. 34 35 Un mercato completo a pronto è un mercato dove tutte le operazioni di compravendita di attività finanziarie si concludono con l'effettiva consegna del bene oggetto della transazione e con pagamento in denaro a brevissimo termine. 36 Chomsky N., Sulla nostra pelle, Marco Tropea Editore, Milano, 1999 37 Marx K., Il Capitale, Libro terzo*, op. cit., pp. 320-321 38 Gallino L., Globalizzazione e disuguaglianze, op. cit., pp. 111-128 39 Scozzai M., Tutta colpa di questa mucca, in Focus, n. 134, dicembre 2003 40 Gallino L., Globalizzazione e disuguaglianze, op. cit. 41 Drucker P. F., La società post-capitalista, op. cit., pp. 82-86 42 Florida R., La classe creativa spicca il volo, Mondadori, Milano, 2005 43 www.warda.org 44 Wallerstein I., Dopo il liberalismo, op. cit., p. 44 45 Wilson E., Lewin R., La sesta estinzione, Boringhieri, Torino, 2004 46 Diamond J., Collasso, Einaudi, Torino, 2005. Non avendo alcuna competenza in materia, ho adottato lo schema logico dei problemi ambientali e dei conseguenti effetti con delle modifiche e delle aggiunte dallo studio di Diamond. 47 Schwartz P., Randall D., An Abrupt Climate Change Scenario and Its Implications for United States National Security , October 2003, report on line 48 www.greanpeace.org mette a disposizione un'ampia documentazione e numerosi link di

siti accademici. 49 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Società industriale 50 Aron R., La società industriale, Edizioni di Comunità, Milano, 1965 e Galbraith J.K., Il nuovo stato industriale, Einaudi, Torino, 1968 51 Marx K., Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, 1963, p. 59 52 Hobsbawm H. J., Storia del marxismo, op. cit., p. 27 53 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Divisione del lavoro 54 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., ivi 55 Marx K., L'Ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 18 56 Spaltro E., Il buon lavoro, Edizioni Lavoro, Roma, 1996 57 Marx K., Critica del Programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma, 1980, p. 34 58 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Autogestione 59 Bobbio N., Matteucci N., Pasquino G., Dizionario di politica, op. cit., alla voce Autogestione 60 Erikson R., Goldthorpe J. H., La mobilità intragenerazionale: un confronto tra quattro paesi, in “Polis”, 1988, II, 1, p. 163 cit. in Gallino L., Globalizzazione e disuguaglianze, , op. cit., p. 85

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61 Gallino L., Globalizzazione e disuguaglianze, op. cit., p. 63 62 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Pauperizzazione 63 Marx K., Lavoro salariato e capitale, Rinascita, Roma, 1948, p. 55 64 www.ilo.org 65 Florida R., L'ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, Milano, 2005 66 Si vedano i siti di People for a Shorter Workweek, Timesizing not downsizing, Take back your Time, Work to live, 32 Hours, Action Full Employement. Dal 2009 a Londra si tiene lo Slow down festival. 67 Marx K., Il Capitale, Libro primo**, Editori Riuniti, Roma, 1977, p. 451 68 https://www.project-syndicate.org/commentary/technology-unemployment-jobs-

internet-by-kenneth rogoff?version=italian 69 Gallino L., Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi di combattere la disoccupazione, Einaudi, Torino, 1998, p. 27. 70 Basti pensare agli ottimi rapporti tra la Cnn della Time Warner e la CIA e il Pentagono, per non parlare della News Corporation di Rupert Murdoch, sostenitore della destra repubblicana, che raggiunge 4,7 miliardi di persone. 71 Layard R., Felicità, op. cit., p. 48 72 Layard R., Felicità. La nuova scienza del benessere comune, RCS Libri, Milano, 2005, p. 49 73 Marx K., Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1973, p. 111 74 Galimberti U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1999 alla voce Creatività e Legrenzi P., Creatività e Innovazione, il Mulino, Bologna, 2005 75 Pur con i noti limiti dei test Q.I., è significativo e sufficiente ai fini della correttezza del ragionamento che essi producano una distribuzione statisticamente regolare su una popolazione ampia. Si veda Galimberti U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1994 alla voce Intelligenza e alla voce Creatività. 76 Weinberg A., Cos'è lo spirito creativo?, in Psicologia Contemporanea N. 225, GIUNTI, Firenze, MAG.-GIU. 2011 77 Oliverio A., Scintille creative, in Psicologia Contemporanea n. 200, GIUNTI, Firenze, MAR.-APR. 2007 78 Devlin K., I problemi del millennio. I sette enigmi matematici irrisolti del nostro tempo, Longanesi, Milano, 2004 79 Kuhn T. H., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1985 80 Eysenck H. J., Le prove dell’intelligenza, Rizzoli, Milano, 1984, p. 16 Genialità, Focus Extra n. 59, inverno 2012, p. 79 81 Johnson S., Dove nascono le grandi idee. Storia naturale dell’innovazione, Rizzoli, Milano, 2011, pp. 12-14 82 Un capitale variabile (Cv) maggiore di 0, per quanto basso, renderà il denominatore della frazione sempre maggiore di 0. Pertanto un plusvalore (Pv) diviso per un capitale totale (Ct = Cf + Cv) maggiore di 0 darà sempre un saggio di profitto (Sp) maggiore di 0: [Pv / (Cf + Cv) = Sp] > 0. 83 Dobb M., La critica dell'economia politica, in Storia del marxismo, vol. 1, op. cit., pp. 105-106 84 Georgescu-Roegen N., Dimostrazioni matematiche del crollo del capitalismo, in Sweezy P. M. e altri, La teoria dello sviluppo capitalistico, Boringhieri, Torino, 1970. p. 521 85 Kelly K., Nuove regole per un nuovo mondo, Ponte alle Grazie, Milano, 1999, p. 73 86 Layard R., Felicità, op.cit., p. 20 87 Beltramini A. (a cura di), Le magie del cervello, in Focus, n. 176, giugno 2007 e www.mindandlife.org

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88 Capra F., Il Tao della fisica, Adelphi, Milano, 1989 89 Emery F. E. (a cura di), La teoria dei sistemi, Franco Angeli Editore, Milano, 1985 90 Bogdanov A.A., Saggi di scienza dell'organizzazione, Teoria, Napoli, 1988 91 Capra F., La rete della vita, Rizzoli, Milano, 2005 92 Scherrer J., Bogdanov e Lenin: il bolscevismo al bivio in Storia del marxismo, vol. 2, Einaudi, Torino, 1979, p. 496 93 Heims S., I cibernetici: un gruppo e un’idea, Editori Riuniti, Roma, 1994 94 Tuttora, nella residua sociologia e filosofia occidentale d’impronta leninista si reputa la teoria dei sistemi un'ideologia liberal-conservatrice camuffata scientificamente che serve a giustificare lo status quo capitalista e non viene mai nominato Bogdanov. Lo stesso accade con il funzionalismo sistemico di matrice liberale. 95 Greene B., L’universo elegante, Einaudi, Torino, 2000; Hawking S., Il grande disegno, Mondadori, Milano, 2011; www.focus.it e www.lescienze.it 96 Marx K., Il Capitale, Libro primo*, op. cit., pp. 111-112. 97 Freud S., L'avvenire di un'illusione in Il disagio nella civiltà e altri saggi, Boringhieri, Torino, 1971, pp. 189-194 98 Odifreddi P., Perché non possiamo essere cristiani, Longanesi, Milano, 2007, p. 207 99 www.cia.gov/the-world-factbook 100 Sul sincretismo e non solo, si raccomandano vivamente gli straordinari studi, per stile ed erudizione, di Elémire Zolla citati in bibliografia. 101 Per una tremenda quanto efficace sintesi artistica della vergognosa repressione cinese del buddhismo tibetano si rimanda allo splendido film Kundun di Martin Scorsese e come fonte documentaria a www.amnesty.it. 102 Marx K., La questione ebraica, Editori Riuniti, Roma, 1984 103 Inglehart R., La società postmoderna, op. cit., p. 202 104 Rifkin J., Il sogno europeo, op.cit., p. 94 105 Colombo U., Lanzavecchia G., Saggio introduttivo. Le risorse del pianeta in AA.VV., Scenari del XXI secolo, UTET, Torino, 2005 105 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Automazione 106 Grafico e dati ripresi da McKinsey Global Institute, Distruptive technologies: Advances that will transform life, business and the global economy, 2013 107 ROBOT, FocusExtra n. 64, Estate 2014 108 Frey C. B., Osborne M. A., The future of employement: how susceptible are jobs to computerization?, Oxford University Workshop, September 17, 2013 109 Moravec H., Mind children: the future of robot and human intelligence, Harvard University Press, London, 1988 110 www.transumanisti.org 111 Rheingold H., Smart mobs, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002 112 AA. VV., 21° SECOLO, FocusExtra, n. 1, autunno 1999 113 Prosuming è un neologismo formato dalle parole pro(ducing) e (con)suming introdotto dal sociologo Alvin Toffler per indicare la produzione destinata all’autoconsumo. 114 R=n(n-1)/2=4(4-1)/2=6; R=4(40-1)/2=780. 115 Kelly K., Out of control, op. cit. 116 Stock G., Riprogettare gli esseri umani, Le Orme Editori, Milano, 2005, p. 25 117 Stock G., ivi, p. 86 118 Habermas J., Il futuro della natura umana, Einaudi, Torino, 2002 119 Gallino L., Dizionario di Sociologia, op. cit., alla voce Genotipo e Fenotipo 120 Hammond R., Le Monde en 2030, Editions Yago, Zarautz, 2008

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121 Sterling B., Tomorrow now. Come vivremo nei prossimi cinquant'anni, Mondadori, Milano, 2004 122 Sen A., Libertà e identità, Editori Laterza, Bari, 2006, p. 125 123 De Kerckhove A., Dopo la democrazia, Apogeo, Milano, 2005 124 Kalle L., Culture Jam, Mondadori, Milano, 2006 125 www.aie.org 126 Bobbio N., Matteucci N., Pasquino G., Dizionario di politica, op. cit., alla voce Democratizzazione 127 Klein N., Shock economy: l'ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli, Milano, 2008 128 www.laogai.it e www.amnesty.it 129 www.worldvaluessurvey.org 130 www.worldvaluessurvey.org e www.gallup.org 131 Florida R., La classe creativa spicca il volo, op. cit. 132 Rapporto Eurispes 2010 visionabile sul relativo sito web. 133 Dati ISTAT e SWG per l’Italia, Gallup e Pew Research Center per gli USA. 134 Internationale Socialiste, Pour un Nouvel Internationalisme et une Nouvelle Culture de Solidarité, Londre, 2012, report on line 135 Non esistono ricerche sulle professioni svolte dai figli e dai familiari stretti dei leader e dei deputati e senatori dei partiti di sinistra e dei segretari nazionali dei sindacati. Neppure il giornalismo d’inchiesta di estrema sinistra e di destra ha mai osato tanto. 136 Con i suoi oppositori interni invece è più fortunato. Preferiscono suicidarsi con il polonio, facilmente acquistabile in qualsiasi farmacia, oppure finire in galera per decenni per aver truccato i bilanci aziendali, cosa che gli oligarchi suoi amici di sicuro non fanno o ancora, se giornalisti, farsi ammazzare con matematica regolarità da criminali comuni, secondo le accurate e scrupolose indagini della polizia seguite personalmente dall’ex-colonello del KGB, a irreprensibile dimostrazione della sua estraneità ai fatti. L’insistente voce che preceda l’uomo più ricco del mondo ̶ Bill Gates con 79 miliardi di dollari ̶ con un patrimonio di 200 miliardi di dollari è stata sdegnosamente respinta. 137 Stiglitz J., La grande frattura, Einaudi, Torino, 2016 138 Stato del mondo 2004, op. cit. 139 Kapp I., Eleanor Marx, Einaudi, Torino, 1977 140 Touraine A., La globalizzazione e la fine del sociale. Per comprendere il mondo contemporaneo, il Saggiatore, Milano, 2008, p. 11 141 Touraine A., La globalizzazione e la fine del sociale, op. cit., p. 56 142 Hobsbawm E. J., Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo, op. cit., p. 60 143 Marx K., Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, op. cit., p. 134 144 Stedman Jones G., Ritratto di Engels, in Hobsbawm E. J. (a cura di), Storia del marxismo, op. cit., p. 352 145 McLellan D., Il pensiero di Marx, op. cit., p. 234 146 McLellan D., Il pensiero di Karl Marx, op. cit., pp. 198-199 147 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Coscienza di classe 148 Inglehart R., La società postmoderna, op. cit. e anche www.worldvaluessurveys.org per disporre dei dati aggiornati. 149 Touraine A., Come liberarsi dal liberismo, op. cit., p. 51 150 Inglehart R., ivi, p. 323 151 De Kerckove A., Dopo la democrazia, Apogeo, Milano, 2006, pp. 63-64 e anche www.transparencyinternational.org 152 Touraine A., Come liberarsi del liberismo, Il Saggiatore, Milano, 2000, p. 58

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153 Gallino L., Il colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa, Einaudi, Torino, 2013 offre un’ampia e completa panoramica degli interventi possibili. 154 Laszlo E., Terzo millennio: la sfida e la visione, Corbaccio, Milano, 1998, p. 29 155 Dati Istat sulla pubblica amministrazione italiana. Le variazioni percentuali riguardanti altre pubbliche amministrazioni nazionali ovviamente non alterano la logica dell'esempio. 156 Marx K., Engels F., Manifesto del partito comunista, op. cit., pp. 81-82 157 Marx K., Il Capitale, Libro terzo*, op. cit., p. 518 158 Marx K., Il Capitale, Libro terzo*, op. cit., p. 522 159 Marx scrisse Il Manifesto a trent'anni, nel 1848, e Il Capitale dai quarantasette ai sessantuno anni, dal 1865 al 1879. Va da sé che le riflessioni più tarde siano da considerare quelle più consapevoli e pregnanti. 160 Marx K., Miseria della filosofia, Samonà e Savelli, Roma, 1968, p. 218 161 Marx K., Il Capitale, Libro primo*, op. cit., p. 392 162 Gallino L., Dizionario di sociologia, op. cit., alla voce Imprenditori 163 Drucker P. F., La società post-capitalista, op. cit., p. 104 164 Fo D., Rame F., Fo J., 22 cose che la sinistra deve fare e non ha ancora fatto, Edizioni Nuovi Mondi, Scritto (PG), 2002, p. 9 165 Inglheart R., La società postmoderna. Mutamenti, ideologie e valori in 43 Paesi, Editori Riuniti, Roma, 1998, p. 91 166 Rifkin J., La società marginale a costo zero, Mondadori, Milano, 2014 167 Rifkin J., La società marginale a costo zero, op. cit., p. 361 168 AA.VV., La democrazia del reddito universale, Manifestolibri, Roma, 1997 169 Nordhaus W., The Health of Nations: The Contribution of Improved Health to Living Standards, 1999, www.econ.yale.edu 170 Eco U., La struttura assente. Introduzione alla ricerca semiologica, Bompiani, Milano, 1968, p. 51 171 Nicolazzini P. (a cura di), Cyberpunk, Editrice Nord, Milano, 1994 172 McGuire B., Guida alla fine del mondo. Tutto quello che non avreste mai voluto sapere, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003 173 Morin E., Pro e contro Marx. Ritrovarlo sotto le macerie dei marxismi, Erickson, Trento, 2010, p. 90 174 Habermas J., Per la ricostruzione del materialismo storico, Etas Libri, Milano, 1979 175 Marx K., India, Cina, Russia, Il Saggiatore, Milano, 1960, p. 91 176 I primi tre cicli sono formalmente riconosciuti dagli economisti, mentre sul quarto il dibattito è in corso. Il quinto è un'ipotesi predittiva soltanto mia. Si veda Seldon A., Pennance F.G., Dizionario di economia, Mondadori, Milano, 1979 alla voce Kondratieff N. 177 Galbraith J. K., Il capitalismo americano, Etas Libri, Milano, 1978

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LETTURE E SITI WEB CONSIGLIATI

Marx, la vita e le opere

Attali J., Karl Marx ovvero lo spirito del mondo, Fazi, Roma, 2006 Enzensberger H.M., Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino, 1977 Giroud F., Jenny Marx o la moglie del diavolo, Rizzoli, Milano, 1993 Marx K., Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, 1963 Marx K., Scritti politici giovanili, Einaudi, Torino, 1950 Marx K., La questione ebraica, Editori Riuniti, Roma, 1954 Marx K., Scritti inediti di economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1963 Marx K., Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1973 Marx K., La sacra famiglia, Editori Riuniti, Roma, 1972 Marx K., Tesi su Feuerbach, Editori Riuniti, Roma, 1972 Marx K., L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1972 Marx K., Miseria della filosofia, Samonà e Savelli, Roma, 1968 Marx K., Lavoro salariato e capitale, Rinascita, Roma, 1948 Marx K., Scritti scelti, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1944 Marx K., Le lotte di classe in Francia, Editori Riuniti, Roma, 1970 Marx K., La guerra civile in Francia, Editori Riuniti, Roma, 1972 Marx K., Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, Roma, 1964 Marx K., Engels F., Manifesto del partito comunista, Newton Compton Editori, Roma, 1977 Marx K., Manoscritti del 1861-1863, Editori Riuniti, Roma, 1980 Marx K., Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma, 1980 Marx K., Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1977 Marx K., Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, La Nuova Italia, Firenze, 1968 Marx K., India, Cina e Russia, Il Saggiatore, Milano, 1960 Marx K., Il capitale, vol. I-V, Editori Riuniti, Roma, 1977 Marx K., Il capitale. Libro primo, capitolo sesto inedito, Newton Compton Editori, Roma, 1976 Marx K., Engels F., Lettere sul capitale, Editori Laterza, Bari, 1971 Kapp I., Eleanor Marx, Einaudi, Torino, 1977 Prawer S.S., La biblioteca di Marx, Garzanti, Milano, 1978 Wheen F., Marx. Vita pubblica e privata, Mondadori, Milano, 2000

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Teoria marxista e storia del marxismo AA. VV., Sul libro nero del comunismo. Una discussione nella sinistra, Manifestolibri, Roma, 1998 AA. VV., Il libro nero del comunismo, Mondadori, Milano, 1998 AA. VV., Marx vivo, vol. I-II, Mondadori, Milano, 1969 AA. VV., Storia del marxismo, vol. I-IV, Einaudi, Torino, 1978 AA. VV., Storia del marxismo contemporaneo, vol. I-IX, Feltrinelli, Milano, 1973 AA. VV., L’Europa in debito di sinistra, MicroMega n. 7, Roma, 2015 Adorno T. W., Dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino, 1972 Adorno T. W., Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa, Einaudi, Torino, 1994 Althusser L., Per Marx, Editori Riuniti, Roma, 1974 Althusser L. e altri, Leggere Il Capitale, Feltrinelli, Milano, 1976 Anderson P., Il dibattito nel marxismo occidentale, Editori Laterza, Bari, 1977 Agosti A. (a cura di), Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Editori Riuniti, Roma, 2000 Badiale M., Bontempelli M., Marx e la decrescita. Per un buon uso del pensiero di Marx, Genova-Pisa, inverno 2009-2010, paper on line Bobbio N., L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990 Bobbio N., Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli Editore, Roma, 1994 Bobbio N., Né con Marx né contro Marx, Editori Riuniti, Roma, 1997 Bogdnanov A.A., Quattro dialoghi su scienza e filosofia, Odradek, Roma, 2004 Bogdanov A. A., Saggi di scienza dell’organizzazione, Teoria, Napoli, 1988 Bogdanov A.A., La scienza e la classe operaia, Bompiani, Milano, 1974 Bogdanov A. A., Fede e scienza, Einaudi, Torino, 1982 Bourdet Y., Teoria politica dell’autogestione, Nuove Edizioni Operaie, Roma, 1977 Bourdieu P., Proposta politica: andare a sinistra oggi, Reset, Roma, 1999 Bourdieu P., Le strutture sociali dell’economia, Asterios, Trieste, 2004 Canfora L., La democrazia. Storia di un’ideologia, Editori Laterza, Bari, 2004 Carandini G., Un altro Marx, Editori Laterza, Bari, 2005 Cerroni U., Il pensiero di Karl Marx, Editori Riuniti, Roma, 1983 Cesarini Sforza M., Nassi E., L’eurocomunismo, Rizzoli, Milano, 1977 Cole G.D.H., Storia del pensiero socialista, Editori Laterza, Bari, 1967 Dussel E., Un Marx sconosciuto, Manifestolibri, Roma, 2005 Fromm E., Marx e Freud, Il Saggiatore, Milano, 1968 Fromm E., L’umanesimo socialista, Rizzoli, Milano, 1975 Gellner E., Antropologia e politica, Editori Riuniti, Roma, 1999

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Morin E., Pro e contro Marx. Ritrovarlo sotto le macerie dei marxismi, Erickson, Trento, 2010 Morin E., La mia sinistra, Edizioni Erickson, Trento, 2011 Popper K. S. R., La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1975 Popper K. S. R., Contro Marx, Armando, Roma, 2000 Popper K. S. R., Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano, 2008 Sassoon D., Cento anni di socialismo, Editori Riuniti, Roma, 2000 Schumpeter J., Capitalismo, socialismo e democrazia, ETAS, Milano, 2001 Schumpeter J., Teoria dello sviluppo economico, ETAS, Milano, 2002 Sheehan S.M., Ripartire dall’anarchia, Elèuthera, Milano, 2004 Steedman I., Marx dopo Sraffa, Editori Riuniti, Roma, 1980 Sweezy P.M., La teoria dello sviluppo capitalistico, Boringhieri, Torino, 1970 Sweezy P. M., Il socialismo irrealizzato, Editori Riuniti, Roma, 1992 Todd E., La chute finale. Essai sur la decomposition de la sphére sovietique, Éditions Robbert Laffont, Paris, 1976 Vranicki P., Storia del marxismo, vol. I-II, Editori Riuniti, Roma, 1973 Siti web: www.forumsinistraeuropea.it www.marxists.org www.socialistinternational.org www.wsws.org

Sul capitalismo

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La globalizzazione

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La disoccupazione tecnologica

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