MANUALE DI EDITORE DIRITTO...settori degli appalti (in particolare, l’art. 11, l. 19 dicembre...

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MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO ESTRATTO - “LA SICUREZZA IN P ARTE III, CAP . VI EDIZIONE 2019-2020 COPYRIGHT NELDIRITTO EDITORE

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MANUALE DI

DIRITTO AMMINISTRATIVO

ESTRATTO - “LA SICUREZZA” IN PARTE III, CAP. VI

EDIZIONE 2019-2020

COPYRIGHT N

ELDIR

ITTO EDITORE

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CAPITOLO VI LA SICUREZZA PUBBLICA 1. Nozione, fonti e soggetti. 2. I poteri amministrativi di prevenzione della criminalità organizzata. 2.1. Le verifiche prefettizie antimafia: comunicazioni e informazioni. 2.1.1. La tutela. 2.1.2. I rapporti con le misure di tipo terapeutico. 2.2. Lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali. 2.2.1. La tutela.

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CAPITOLO I PROFILI SOSTANZIALI

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sancito, nello specifico settore degli appalti, la ristorabilità della violazione di posizioni (ritenute dai più di interesse legittimo) patita da soggetti che avessero subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture o delle relative norme interne di recepimento10. Peraltro, anche in questo caso, il legislatore nazionale non ritenne di discostarsi dal tradizionale schema bifasico di doppia tutela in base al quale la domanda di risarcimento era proponibile dinanzi al giudice ordinario solo a seguito dell’annullamento dell’atto lesivo pronunciato con sentenza del giudice amministrativo. Il panorama normativo aveva poi subito una storica evoluzione con l’entrata in vigore del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che, da un lato, codificava un innovativo meccanismo di delimitazione della giurisdizione amministrativa, non più fondato sulla sola distinzione delle posizioni soggettive, ma sui c.d. blocs de competence, e, dall’altro, all’art. 35, attribuiva in capo al giudice amministrativo il potere di conoscere le questioni risarcitorie, allorché fosse chiamato a pronunciarsi su controversie rientranti nell’ambito delle materie di sua giurisdizione esclusiva. A fronte di questo lungo percorso evolutivo, il formale riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi, si è avuto con la storica sentenza delle Sezioni Unite di Cassazione n. 500 del 1999. Tale riconoscimento è stato possibile tramite, da un lato, una rilettura della nozione dell’art. 2043 c.c. e della nozione di ‘danno ingiusto’ e, dall’altro, l’adesione ad un’impostazione di tipo sostanzialistico dell’interesse legittimo11. Sotto il primo profilo, la Cassazione ha affermato che l’art. 2043 c.c. non costituisce una norma secondaria, ma racchiude una clausola generale che attribuisce il diritto al risarcimento del danno ogni volta che è cagionato un ‘danno ingiusto’, per tale dovendosi intendere qualsiasi lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento (e quindi non solo la lesione di diritti soggettivi perfetti). L’art. 2043 c.c. si configura, quindi, come una norma primaria in grado di sanzionare direttamente il danno derivante dalla lesione di qualsiasi interesse al quale l’ordinamento attribuisce rilevanza. Tuttavia, con riguardo al secondo profilo, la Cassazione ha precisato che: “la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”12. La lesione è condizione necessaria ma non sufficiente per un duplice ordine di ragioni13. In primo luogo, perché è necessario, che risultino altresì integrati tutti gli altri 10 La disposizione in questione venne in seguito sostanzialmente riprodotta anche con riferimento ad altri settori degli appalti (in particolare, l’art. 11, l. 19 dicembre 1992, n. 489, in materia di appalti nei cc.dd. “settori esclusi” e l’art. 30, d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, in materia di appalti di servizi). Giova rammentare che tutte le citate disposizioni sono state abrogate dall’art. 35, ultimo comma, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, con formulazione riprodotta integralmente dalla novella di cui all’art. 7, l. 21 luglio 2000, n. 205. Si v. ora il comma 4 dell’art. 7 c.p.a. 11 CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2018, 220. 12 Cass. civ., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500; con nota di Caranta, Fracchia, Romano e Scoditti, in Foro it., vol. 122, n. 11, 3201 – 3240. 13 Tale assunto è stato successivamente ribadito da Cons. St., Sez. III, 30 novembre 2017, n. 5624.

Cass. civ., Sez. Un., n. 500 del 1999

Il rilievo del d.lgs. n. 80 del 1998

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PARTE IV LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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requisiti, oggettivi e soggettivi, dell’illecito previsti dall’art. 2043 c.c.14. In secondo luogo, e questo è il punto centrale con cui la Corte aderisce ad una nozione di tipo sostanzialistico dell’interesse legittimo, perché si può riconoscere un danno ingiusto solo se ed in quanto spettava l’ottenimento (o il mantenimento) del provvedimento favorevole al quale è correlato il bene della vita (v. par. 8.2.). A seguito della pronuncia della Suprema Corte, il legislatore ha riconosciuto espressamente, in capo al giudice amministrativo, il potere di conoscere delle questioni relative al risarcimento del danno, sia nei casi di giurisdizione esclusiva, che nei casi di giurisdizione di legittimità, in un primo momento con l’emanazione dell’art. 7, l. n. 205 del 2000 e ora con la disciplina dettata dall’art. 30 c.p.a. Quest’ultima norma, recependo gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali consolidatisi sul punto, consacra definitivamente la risarcibilità dei danni cagionati da lesione di interessi legittimi, in particolare a causa dell’illegittimo esercizio del potere amministrativo o per il mancato esercizio dell’attività obbligatoria da parte della P.A. 5. La natura giuridica della responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi: tesi a confronto. Di non facile soluzione è apparsa, nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, la questione relativa alla natura giuridica della responsabilità della P.A., specialmente con riferimento a quella derivante da illegittima attività provvedimentale, lesiva di posizioni di interesse legittimo. La responsabilità della P.A. è stata infatti sussunta, nel corso del tempo, negli alternativi paradigmi della responsabilità extracontrattuale, di quella contrattuale per l’inadempimento di obblighi nascenti da un “contatto sociale qualificato”, e di quella precontrattuale; non mancano, peraltro, posizioni ulteriori intese a configurare quella in discorso quale responsabilità avente caratteri assolutamente sui generis, destinata a partecipare di volta in volta delle peculiarità proprie dell’una e dell’altra delle forme di responsabilità conosciute nel diritto civile. Il tema, come è agevole comprendere, non è meramente teorico e squisitamente dogmatico ma, al contrario, gravido di fondamentali implicazioni applicative, in ragione delle profonde diversità di disciplina esistenti tra le forme di responsabilità predette, in tema, ad esempio, di situazioni soggettive ristorabili, onere probatorio, quantificazione dei danni risarcibili, termine di prescrizione del diritto, mora del debitore, applicabilità di rivalutazione monetaria e interessi legali. In particolare, le più rilevanti divergenze, in punto di conseguenze sostanziali e processuali, conseguono all’opzione per la natura aquiliana o per quella contrattuale: modelli, questi, oggetto dei due più seguiti, e tra loro contrapposti, orientamenti. Infatti, a seconda dell’adesione all’una o all’altra delle due indicate prospettive ricostruttive e qualificatorie possono mutare le stesse posizioni soggettive protette con lo strumento risarcitorio, da identificare, talvolta, in una vera e propria aspettativa di un provvedimento favorevole o comunque di soddisfazione dell’interesse di base del ricorrente, talaltra in una 14 In tema, SIMONETTI, La parabola del risarcimento per lesione degli interessi legittimi. Dalla negazione alla marginalità?, in www.giustizia-amministrativa.it, ottobre 2012.

Il rilievo applicativo

del problema

Tesi sul tappeto:

a) respon-sabilità extra contrattuale;

b) respon-sabilità da

contatto sociale

qualificato; c) respon-

sabilità precon-

trattuale; d) respon-sabilità sui

generis

Il definitivo riconosci-mento ad opera del

legislatore

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mera aspettativa alla correttezza dell’azione amministrativa, non destinata ad includere la garanzia della soddisfazione dell’interesse finale15. Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie la responsabilità della P.A. è da ricondursi nel sistema della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., clausola generale con la quale si sanziona con un obbligo risarcitorio la violazione del principio del neminem laedere. In questo senso si erano espresse le Sezioni unite di Cassazione con la sentenza n. 500 del 1999. In particolare, in tale arresto, i giudici di legittimità, dopo aver riconosciuto la dimensione sostanziale dell’interesse legittimo in una con la centralità che nella sua struttura assume il bene della vita, hanno individuato i concreti presupposti al cui riscontro è subordinata la fruibilità del rimedio risarcitorio, circoscrivendola alle sole ipotesi in cui l’attività illegittima della P.A. “abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo (..) effettivamente si collega e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse sia meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”. In altre parole, la sentenza in esame identifica la situazione soggettiva protetta nell’interesse sostanziale al bene della vita al quale l’interesse legittimo è correlato; da ciò deriva che il funzionamento del meccanismo risarcitorio presuppone il previo, indefettibile, accertamento giudiziale della spettanza del bene. Non è sufficiente, al riguardo, il pregresso rapporto tra privato e amministrazione; in particolare, è inidonea a fondare la domanda risarcitoria – diversamente da quanto accade nella contrapposta prospettiva che assume la natura contrattuale della responsabilità della P.A. – l’eventuale lesione del solo affidamento che il privato abbia riposto nella correttezza dell’amministrazione. Sussunta la fattispecie nel modello extracontrattuale, spetterà al privato asseritamente leso dimostrare la sussistenza dei presupposti fondanti l’art. 2043 c.c. In particolare, per affermare la responsabilità dell’amministrazione è necessario: a) accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) stabilire se il danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento. Quest’ultimo può assumere, indifferentemente, sia la consistenza del diritto soggettivo – assoluto o relativo – sia le forme dell’interesse legittimo, quando risulti funzionale alla protezione di un determinato bene della vita; c) accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta (commissiva o omissiva) della P.A.; d) stabilire se il predetto evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A. La tesi che inquadra la responsabilità della P.A. nel paradigma aquiliano è stata, tuttavia, in passato non poco criticata dalla dottrina e non sempre seguita in giurisprudenza.

15 Sul tema, cfr. le stimolanti riflessioni di ROMANO TASSONE, La responsabilità della p.a. tra provvedimento e comportamento (a proposito di un libro recente), Relazione al convegno svolto il 13 novembre 2003 presso il Consiglio di Stato in occasione della presentazione del volume di GAROFOLI – RACCA - DE PALMA, La responsabilità della pubblica amministrazione e il risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, 2003, pubblicata in www.giustizia-amministrativa.it.

Manca l’estraneità tra danneg- giante e danneggiato

I principi espressi dalle Sezioni Unite n. 500 del 1999

I requisiti richiesti dall’art. 2043 c.c.

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PARTE IV LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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Si è in particolare obiettato che nelle fattispecie causative della responsabilità della P.A., in specie quelle nelle quali l’amministrazione ed il privato leso sono parti di un procedimento amministrativo, difetta l’aspetto che caratterizza la responsabilità extracontrattuale, ovvero l’estraneità tra danneggiante e danneggiato16. Sullo sfondo la valorizzazione del rapporto che precede l’emanazione dell’atto lesivo e che trova la propria rilevanza e disciplina generale nella l. n. 241 del 1990, nella quale sono numerose le fattispecie di contatto qualificato tra il privato e l’amministrazione: dalla comunicazione di avvio del procedimento (art. 7) agli istituti della partecipazione (artt. 9 e ss.) e alla “personalizzazione” del rapporto determinata dall’individuazione del responsabile del procedimento. Sulla base di queste premesse la responsabilità della P.A. è parsa quindi più assimilabile a quella di tipo contrattuale che alla responsabilità aquiliana, implicante invece la provenienza dall’esterno della lesione della posizione giuridica, compromessa da condotte poste in essere da soggetti non legati alla vittima da una precedente relazione giuridica. Si è quindi ritenuta non condivisibile l’operazione, pure apparentemente logica, intesa a “clonare”, in sede di ricostruzione della natura ascrivibile alla nuova responsabilità dell’amministrazione, “la già esistente (e pacifica) responsabilità aquiliana dell’amministrazione per violazione dei diritti soggettivi”17. È apparsa decisiva, pertanto, nella ricostruzione della natura della responsabilità, “l’esistenza di un rapporto giuridico (che sia obbligatorio o meno, non ha importanza decisiva) tra privato e amministrazione (…) nel quale si inscrive il fatto dannoso e che comporta che la responsabilità assuma la natura e la disciplina della responsabilità contrattuale (…). Appare con evidenza infatti che l’estraneità tra il soggetto danneggiante e il soggetto danneggiato, che costituisce elemento caratteristico della responsabilità extracontrattuale (sulla base del principio del neminem laedere), non è possibile ravvisarla quando l’amministrazione danneggiante e il privato danneggiato sono entrambi parti, in posizioni e con ruoli diversi, di uno stesso procedimento amministrativo. Di talché non sembra che sia possibile negare che tra l’amministrazione e il privato, uniti nel (o dal) procedimento, si instauri un vero e proprio rapporto giuridico (abbia esso o meno natura di rapporto obbligatorio). Tanto basta per escludere l’estraneità tipica della responsabilità extracontrattuale”18. Il rapporto che si instaura tra P.A. e privato nell’ambito del procedimento è stato così accostato a quello che la dottrina civilistica definisce “rapporto senza obbligo primario di prestazione”, espressione come noto utilizzata per qualificare fattispecie destinate a collocarsi ai confini tra contratto e torto. Raffrontate all’obbligazione nella sua configurazione ordinaria, si registra l’assenza del requisito immancabile del rapporto obbligatorio, e cioè la prestazione19; sono tuttavia presenti “obblighi di protezione” della sfera giuridica della controparte, di per sé soli idonei ad integrare un rapporto.

16 SCOCA, Per un’amministrazione responsabile, in Giur. cost., 1999, III, 4045 ss. 17 GIACCHETTI, La responsabilità patrimoniale dell’amministrazione nel quadro del superamento della dialettica diritti soggettivi - interessi legittimi, in Rass. C. St., 2000, II, 2037-2038. 18 SCOCA, Per un’amministrazione responsabile, op cit., 4060 e nt. 46. 19 CASTRONUOVO, L’obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in La nuova responsabilità civile, Milano, 1997; ID., Vaga culpa in contrahendo: invalidità responsabilità e la ricerca della chance perduta, in Europa e dir. Priv., 1, 2010, 1.

Il c.d. rapporto

senza prestazione

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La fonte di questi obblighi di protezione è individuata nell’art. 1173 c.c., che sancisce il carattere aperto delle fonti delle obbligazioni, rinviando ad “ogni atto o fatto idoneo secondo l’ordinamento giuridico”. All’illustrata esperienza di scuola civilistica si richiama dunque chi sostiene che anche la responsabilità della Pubblica amministrazione per attività provvedimentale sia una responsabilità contrattuale nascente dall’inadempimento di un’obbligazione senza prestazione20. Giova dare atto del diverso regime giuridico cui la responsabilità della P.A. risulta assoggettata se qualificata come responsabilità contrattuale da contatto; regime, nel complesso, più favorevole al soggetto danneggiato e, per questo, intrapreso, con vari tentativi, da una parte minoritaria della dottrina e da qualche arresto giurisprudenziale. La principale distinzione attiene all’elemento soggettivo, posto che nella responsabilità aquiliana la colpa deve essere provata dal danneggiato21; mentre nella responsabilità contrattuale, l’onere probatorio è rovesciato, dovendo essere il debitore a dimostrare l’assenza di colpa e in particolare la riferibilità eziologica dell’inadempimento a causa allo stesso non imputabile (cfr par. 9 e ss). Peraltro, la distinzione ha ormai in parte perso di rilievo, in ragione delle posizioni raggiunte dalla giurisprudenza in tema di colpa-apparato della amministrazione, delle presunzioni ad essa applicabili e del relativo riparto di onere probatorio. Ulteriori differenze attengono a: a) al termine di prescrizione, pari a dieci anni e non a cinque (problema ora per vero superato dall’art. 30 c.p.a., che prevede termini decadenziali distinti per l’azione risarcitoria autonoma o conseguente ad azione di annullamento, così sganciando la tematica dei termini da quella relativa alla natura della responsabilità); b) all’area del danno risarcibile: nella responsabilità contrattuale, al di fuori dei casi di dolo, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione (art. 1225 c.c.); c) al calcolo di rivalutazione e interessi: in caso di responsabilità extracontrattuale gli interessi non decorrono dalla data della domanda, bensì da quella del fatto illecito. Inoltre, sempre per il danno extracontrattuale, l’indirizzo della Cassazione è nel senso della concorrenza degli interessi con la rivalutazione; a ciò si perviene, peraltro, calcolando gli interessi non già sulla somma finale rivalutata, ma sulle somme via via rivalutate con riferimento ai periodi di tempo considerati 20 Per questa ricostruzione della responsabilità della P.A., si veda CACCIAVILLANI, Il risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, in Giust. civ., 2000, I, 1579 ss.; PROTTO, La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi come responsabilità da contatto amministrativo, in Resp. civ., 2001, 213. Per le critiche espresse in dottrina alla tesi del contatto amministrativo qualificato, si veda TORCHIA, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, in Giorn. dir. amm., 2003,567. In giurisprudenza, a sostegno della tesi – invero minoritaria – della responsabilità da contatto amministrativo qualificato, si vedano Cons. St., Sez. V, 8 luglio 2002, n. 3796; Cass. civ., Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157; Cons. St., Sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 204; Tar Veneto, Sez. I, 20 novembre 2003, n. 5778; Tar Lazio, Roma, Sez. III ter, 21 febbraio 2007, n. 1527; Id. 5 novembre 2007, n. 10852. 21 RUOPPOLO, La tutela aquiliana dell’interesse, in Dir. proc. amm., 2001, 716 ss., in part. 738.

Le implicazioni

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dagli indici dell’Istat. In materia di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, viceversa, la rivalutazione costituisce un “maggior danno” che, nei casi di dimostrata impossibilità di fruttuoso impiego del denaro, assorbe gli interessi legali22. L’implicazione più dirompente derivante dall’adesione alla tesi della responsabilità da contatto attiene però alla possibilità di concedere il risarcimento del danno in assenza di un favorevole giudizio circa la c.d. spettanza del bene della vita. La ricostruzione in senso contrattuale, infatti, attribuisce rilevanza e tutela risarcitoria ad interessi del privato che maturano nel rapporto con l’amministrazione e che appaiono solo indirettamente collegati all’interesse finale e riconosce autonomo rilievo risarcitorio alla violazione dell’obbligo di comportamento imposto all’amministrazione indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale. L’obbligo risarcitorio, in quest’ottica, trova la sua fonte non già nella relazione che lega amministrazione e privato ed avente ad oggetto l’utilità finale cui il secondo aspira, ma nella lesione dell’affidamento obbiettivo ingenerato in una parte dal comportamento dell’altra: già la relazione che sorge tra privato e amministrazione per effetto dell’avvio del procedimento è idonea, pertanto, a determinare l’instaurarsi di un rapporto generatore di obblighi il cui inadempimento da parte dell’amministrazione configura un autonomo titolo dell’obbligazione risarcitoria. E quindi il danno risarcibile non si esaurisce più nei pregiudizi correlati alla lesione dell’interesse a un bene della vita, meritevole di tutela, al quale l’interesse legittimo si correla, ma esso è direttamente rapportato all’inadempimento degli obblighi sorti da un contatto amministrativo qualificato e alla conseguente compromissione dell’affidamento ingenerato23. Diventa, così, irrilevante il fatto che l’interesse legittimo, a differenza del diritto soggettivo, non garantisca la soddisfazione dell’interesse sostanziale sottostante, il danno ristorabile non consistendo, per tale tesi, nella perdita dell’utilità stessa, ma nel pregiudizio conseguente all’inadempimento degli obblighi sorti per effetto del contatto. La tesi della responsabilità da contatto è stata talvolta seguita in giurisprudenza. In alcune pronunce il giudice amministrativo ha evidenziato, in particolare, che, per effetto dell’avvio del procedimento, si instaura tra le parti un significativo contatto implicante l’insorgenza di autentici doveri in capo al soggetto pubblico, tenuto a fornire ogni necessaria garanzia di partecipazione al procedimento24. L’indirizzo è stato talvolta accolto dalla stessa Corte di Cassazione che, con sentenza 10 gennaio 2003, n. 157, si è consapevolmente collocata su posizione antitetica rispetto a quanto sostenuto al riguardo con la nota sentenza n. 500 del 1999, osservando che “nel dibattito sull’eterno problema del risarcimento da lesione dell’interesse legittimo s’insinua probabilmente oggi, a differenza che in passato, il disagio di misurare il contatto dei pubblici poteri con il cittadino secondo i canoni del principio di autorità, della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, e in definitiva emerge l’inadeguatezza del paradigma della responsabilità aquiliana”. Da qui la conclusione secondo cui “il fenomeno, tradizionalmente noto come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento alle

22 Sul punto si vedano Cons. St., Sez. VI, 28 aprile 2006, n. 2408 e Tar Sardegna, Sez. I, 28 luglio 2008, n. 1516. 23 PROTTO, ult. op. cit., 1006. 24 Cons. St., Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169. In termini Cons. St., Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239.

Applicazioni giurispru-

denziali

Il danno risarcibile e l’irrilevanza del giudizio prognostico

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regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una responsabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale nella misura in cui si rivela insoddisfacente e inadatto a risolvere con coerenza i problemi applicativi dopo la sentenza n. 500 del 1999 della Cassazione il modello, finora utilizzato, che fa capo all’art. 2043 c.c.: con le relative conseguenze di accertamento della colpa.”. Tuttavia, la qualificazione della responsabilità della P.A. quale responsabilità da contatto sociale si è da sempre prestata ad una serie di importante critiche. In primo luogo, l’accoglimento della tesi in esame condurrebbe a riconoscere una tutela risarcitoria anche a fronte della mera lesione di interessi procedimentali, a prescindere dalla lesione del bene della vita cui l’interesse legittimo si ricollega e, quindi, in assenza dell’elemento essenziale del danno. L’amministrazione sarebbe infatti tenuta a rispondere anche dei danni cagionati dalla lesione di meri interessi procedimentali, il cui pregiudizio, non determinando lesione di una utilitas concreta del privato, non dà luogo, secondo le tesi tradizionali, a conseguenze risarcitorie. Inoltre, la teoria postulerebbe il recupero della concezione dell’interesse legittimo quale “pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa”; concezione ormai da tempo ripudiata. Infine – si osserva in senso critico – l’adesione alla teoria della responsabilità da contatto reca con sé concrete difficoltà applicative quanto alla quantificazione del danno, attesa l’impalpabilità dell’interesse meramente procedimentale che si assume leso. Per ulteriore impostazione, la responsabilità della P.A. andrebbe qualificata come responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.. Secondo i fautori di tale tesi, il rapporto tra privato e amministrazione sarebbe paragonabile a quello intercorrente tra le parti durante le trattative per la stipulazione di un contratto, da cui discenderebbe per entrambi il dovere di comportarsi secondo buona fede25. Si tratta di un modello che non pare applicabile all’ipotesi, qui analizzata, di responsabilità derivante da illegittima attività provvedimentale latu senso intesa. Tuttavia, come si vedrà (cfr. par. 12.1), all’esito di una lunga elaborazione giurisprudenziale, è stata ormai pienamente riconosciuta la responsabilità precontrattuale della P.A. per violazione del generale obbligo di buona fede nel corso delle procedure di evidenza pubblica. Tuttavia, è bene precisare in questa sede, come la violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c., costituisca una fattispecie di responsabilità affatto diversa rispetto a quella di responsabilità provvedimentale per illegittimità verificatesi, sotto un profilo temporale, nel corso della fase di evidenza pubblica precedente alla stipula del contratto. Per vero, si distingue tra responsabilità precontrattuale derivante dall’adozione di provvedimenti illegittimi (c.d. spuria o atecnica) e quella derivante dalla violazione dei canoni civilisti della correttezza e della buona fede (c.d. pura o tecnica)26. Nel primo caso, ci si trova dinanzi ad una comunissima responsabilità di natura extracontrattuale (secondo l’orientamento prevalente, qui accolto) da lesione di interessi legittimi, “definita precontrattuale solo in quanto ambientalmente connessa alle trattative precontrattuali, benché concettualmente assai diversa dalla violazione del canone comportamentale della buona fede ex art. 1337 c.c. Per l’esattezza, dovrebbe parlarsi di responsabilità precontrattuale solo sul versante cronologico e non su quello ontologico atteso

25 GIANNINI, Intervento, in Atti del convegno sull’ammissibilità del danno patrimoniale derivante da lesione degli interessi legittimi, Milano, 1965, 518. 26 FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, Roma, 2018, 1171 et ss.

La tesi della responsa-bilità precontrat-tuale

Tipi di respon-sabilità precontrat-tuale

I rilievi critici

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PARTE IV LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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che oggetto del giudizio di riprovevolezza non sarebbe la violazione dei canoni privatistici posti dalla normativa di diritto comune, bensì l’abuso dei poteri pubblicistici da parte dell’amministrazione che opera quale cattiva autorità. Per contro, morfologicamente assai diversa dal primo tipo è la responsabilità precontrattuale nella sua accezione pura, discendente dalla trasgressione dei canoni comportamentali di marca privatistica ex artt. 1337 e 1338 c.c. Tale forma di responsabilità, non richiede la sussistenza di un provvedimento illegittimo, ma è ravvisabile tutte le volte in cui la P.A., nell’ambito delle trattative con un soggetto privato, violi il diritto soggettivo dello stesso alla autodeterminazione negoziale ponendo in essere comportamenti illeciti, ovvero violativi del precetto comportamentale della buona fede. Ne consegue che la responsabilità de qua, originando dalla lesione di un diritto soggettivo, assumerà natura contrattuale o extracontrattuale, a seconda che si acceda o meno alla teoria del contatto sociale” 27. Infine, non manca chi configura quella in discorso quale responsabilità avente carattere assolutamente sui generis28, destinata a partecipare di volta in volta delle peculiarità proprie dell’una e dell’altra delle forme di responsabilità conosciute nel diritto civile. La sopra indicata posizione è stata accolta da una parte della giurisprudenza amministrativa29, secondo cui, nel diritto pubblico e per il caso di lesione arrecata all’interesse legittimo, si è in presenza di una peculiare figura di illecito qualificato dall’illegittimo esercizio del potere autoritativo (il che preclude che possa essere senz’altro trasposta la summa divisio tra la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale, storicamente affermatasi nel diritto civile). L’orientamento in esame non appare del tutto abbandonato nemmeno dopo la posizione assunta dal legislatore con il Codice del processo amministrativo, che, come si vedrà, si fonda sul paradigma della responsabilità extracontrattuale30. Nel dettaglio, in primo luogo, rispetto alla responsabilità civile, quella in esame presuppone che il comportamento illecito si inserisca nell’ambito di un procedimento amministrativo. L’amministrazione, in ossequio al principio di legalità, deve osservare predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le modalità di svolgimento della sua azione. L’esercizio del potere autoritativo non è assimilabile alla condotta di chi – con un comportamento materiale o di natura negoziale – cagioni un danno ingiusto a cose, a persone, a diritti, posizioni di fatto o altre posizioni tutelate ai fini risarcitori erga omnes dal diritto privato (e la cui tutela è prevista dagli artt. 2043 e ss. c.c.). In secondo luogo, rispetto alla responsabilità contrattuale, sono diverse le posizioni soggettive che si confrontano: da un lato, dovere di prestazione (o di protezione) e diritto di credito, dall’altro, potere pubblico e interesse legittimo o, 27 GAETANI, Responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione da attività provvedimentale legittima e danno da perdita di chance nelle procedure ad evidenza pubblica, in www.giustamm.it, n. 9/2015. 28 TRAVI, Tutela risarcitoria e giudice amministrativo, in Dir. amm., 2001, 20. 29 Cfr., ad es., Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047; Id. 27 giugno 2013, n. 3521; Id. 29 maggio 2014, n. 2792; da ultimo anche Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 5 marzo 2018, n. 617. 30 Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611. Cfr. anche in termini Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 650, il quale si è soffermato sul tema della natura della responsabilità amministrativa giudicando, nell’ambito del noto caso Englaro, sulla domanda del ricorrente, sia in proprio che nella sua qualità di tutore della figlia defunta, volta al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito e derivante dagli atti annullati dal Tar Milano, nel 2009, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato nel 2014, attesa la mancata volontaria attuazione, da parte degli Uffici regionali, di prescrizioni discendenti da pronunce definitive sia della Corte di Cassazione che della Corte d’Appello di Milano.

La tesi della respon-sabilità

speciale

Gli argomenti a

sostegno

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nelle materie di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo. Infine, rispetto ad entrambe le responsabilità civilistiche, la stretta connessione esistente tra sindacato di validità sul potere discrezionale e sindacato di responsabilità sul comportamento impone al giudice amministrativo, nel caso in cui sia proposta anche l’azione di annullamento o di nullità, di non sovrapporre, nell’accertare la sussistenza del fatto illecito, proprie valutazioni a quelle riservate alla Pubblica amministrazione. In tema è di recente tornato Cons. St., Sez. III, 21 giugno 2017, n. 3058, rilevando che la tesi della natura speciale della responsabilità della Pubblica amministrazione è stata delineata dalla giurisprudenza amministrativa in considerazione della difficoltà di utilizzare il modello generale e ordinario dell’illecito aquiliano designato dall’art. 2043 cc. In linea generale, infatti, nella responsabilità extracontrattuale, difetta un preesistente rapporto giuridico tra il danneggiato e l’autore dell’illecito. Al contrario, invece, la responsabilità della P.A. derivante dalla lesione di un interesse legittimo si inserisce necessariamente all’interno del rapporto già instaurato tra P.A. e privato, il quale si svolge secondo le regole predefinite del procedimento amministrativo. Il provvedimento illegittimo, lesivo della sfera patrimoniale del destinatario, rappresenta, di regola, l’esito di un iter complesso, nel corso del quale le parti hanno esposto le rispettive ragioni e il privato ha delineato la consistenza dell’interesse pretensivo od oppositivo fatto valere nell’ambito del procedimento. Tuttavia, nemmeno l’inquadramento nell’ambito della responsabilità contrattuale di cui agli artt. 1218 e ss. c.c. è apparso convincente, tenendo conto della circostanza che il rapporto preesistente tra la P.A. e il privato non assume le connotazioni proprie di un vincolo obbligatorio, caratterizzato dal rapporto tra il dovere di prestazione e il diritto di credito. In questo ambito, pertanto, si possono collocare le non infrequenti affermazioni del carattere speciale della responsabilità della PA, certamente rafforzate dalla esistenza di apposite regole che definiscono gli elementi centrali dell’azione. La tesi in esame non ha tuttavia convinto. Si è in particolare osservato che la mancata elaborazione di una disciplina legislativa omogenea e compiuta della responsabilità dell’amministrazione impone il ricorso a categorie predefinite e consolidate quali la responsabilità aquiliana o contrattuale, onde evitare di riservare eccessivi spazi di azione all’opera creativa della giurisprudenza. In definitiva, in tale orientamento, permane una fragilità di fondo: affermata pleonasticamente la specialità della natura della responsabilità della P.A., occorre poi concretamente individuare la disciplina volta a regolarla, il che conduce inevitabilmente ai due modelli – contrattuale ed extracontrattuale – tipizzati nel nostro ordinamento31. A riprova di ciò, va rilevato che, anche nelle pronunce in cui si aderisce alla tesi della specialità, alla fine si finisce per richiedere la sussistenza di tutti i requisiti ex art. 2043 c.c.32. Si tratta, in conclusione, di prese di posizione che solo apparentemente si discostano dalla tesi prevalente, in quanto, in sede di applicazione, ripropongono pedissequamente la struttura della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. 31 GIRGENTI - SPAGNOLO, op. cit., 26. 32 Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611; Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 650.

Le critiche

La sostanziale adesione al modello aquiliano

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5.1. Le ragioni dell’adesione alla tesi della responsabilità extracontrattuale. All’esito di questa panoramica delle varie ipotesi emerse in dottrina e giurisprudenza, la qualificazione che continua ad apparire preferibile è quella della responsabilità aquiliana. E questo per una molteplicità di ragioni, di carattere testuale e sistematico. In primis, occorre rilevare come il Codice del processo amministrativo, nella regolazione dell’azione di condanna della P.A. abbia recepito il modello aquiliano. Invero, l’art. 30 c.p.a., pur non qualificando espressamente la responsabilità della p.a. in senso extracontrattuale, fa evidentemente riferimento al modello disciplinato dall’art. 2043 c.c. laddove prevede il risarcimento per un “danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. Si pensi, altresì, al richiamo al risarcimento del danno ingiusto, al dolo o alla colpa della P.A., alla possibilità di optare per il risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058 c.c.33. Sotto il profilo sistematico, poi, l’adesione al modello aquiliano garantisce maggior coerenza della struttura, oltre che delle regole di accertamento, dell’illecito extracontrattuale con i caratteri oggettivi della condotta amministrativa lesiva di interessi legittimi e con le connesse esigenze di tutela. Viene, infatti, in rilievo non tanto la violazione delle specifiche regole di correttezza o di condotta, valevoli solo tra le parti ormai in concreto contatto a tutela della reciproca posizione, quanto, prima ancora, la violazione di norme imperative o di principi generali valevoli di loro ed erga omnes, espressivi di regole generali di comportamento dell’amministrazione pubblica poste dalla legge a tutela indifferenziata di interessi pubblici e in genere di tutti i particolari, indipendentemente e prima della concretezza del singolo rapporto instaurato con la domanda di partecipazione ad un procedimento: vale a dire, prima delle regole specifiche e relative del singolo rapporto procedimentale, rileva la violazione del precetto, generale e assoluto, del neminem laedere34. Inoltre, l’adesione al modello aquiliano restituisce centralità al giudizio sulla spettanza del bene, considerato indispensabile a partire dalla sentenza di Cass., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500 e, conseguentemente, corrobora l’impostazione giurisprudenziale di escludere la risarcibilità di interessi meramente procedimentali 35.

33 GIRGENTI-SPAGNOLO, La responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione, Milano, 2016, 20, secondo cui la scelta del modello aquiliano di responsabilità accolto dal Codice non può ritenersi superato nemmeno dalla previsione legislativa del breve termine decadenziale (120 giorni) per l’esperimento dell’azione risarcitoria (art. 30 c.p.a.). 34 In tal senso, Cons. St., Sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5168. Aderisce alla tesi della natura aquiliana della responsabilità della P.A. anche la più recente giurisprudenza amministrativa. Vedi sul punto Cons. St., Sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 825; Id. 18 luglio 2017, n. 3520. 35 Al riguardo, in particolare, si segnala come parte della giurisprudenza ritenga che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21 octies della legge sul procedimento amministrativo, l’annullamento di un provvedimento amministrativo in ragione di soli vizi formali o procedimentali, non appare più di tale gravità da giustificare una pretesa risarcitoria. (Cons. St., Sez. V, 23 agosto 2016, n. 3674; Id. 6 marzo 2017, n. 1037). In merito, si veda altresì l’iter argomentativo seguito in Cons. St., A.P., 26 aprile 2018, n. 4. V anche analisi Parte II, Cap. XI, par. 5.15.

Il Codice del processo ammini-strativo

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A fronte di questo inquadramento, tuttavia, non può non rimarcarsi la peculiarità della posizione dell’amministrazione quale soggetto cui risulti imputabile il cagionamento di un danno e, quindi, la necessità di un inevitabile adattamento rispetto agli schemi civilistici. Ciò sembrerebbe agevolato dalla formazione di un’elaborazione giurisprudenziale amministrativa ormai “autonoma” rispetto a quella civile: vale a dire che il riconoscimento del giudice amministrativo quale giudice dell’azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi comporta anche una maggiore autonomia nel delineare il regime della responsabilità, sulla quale non potrebbe incidere nemmeno la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il cui sindacato sulle sentenze del Consiglio di Stato è, come noto, limitato soltanto alle questioni di giurisdizioni. 6. L’elemento oggettivo dell’illecito: le condotte antigiuridiche che determinano la lesione di un interesse legittimo. Concluso l’esame delle tesi sulla natura della responsabilità della P.A. per attività provvedimentale, occorre procedere ad analizzare i suoi elementi costitutivi. Si partirà dagli elementi oggettivi della fattispecie: l’elemento oggettivo in senso proprio, i.e. la condotta antigiuridica della Pubblica amministrazione, il danno ingiusto derivante da tale condotta ed il nesso causale tra questi intercorrente. Questi tre elementi sono strettamente collegati tra loro in quanto, da un lato, devono sussistere tutti affinché possa sorgere una responsabilità in capo alla P.A. e, dall’altro, in concreto, il giudice deve necessariamente valutarli nella loro unitarietà ed interdipendenza. Con particolare riferimento all’elemento oggettivo, occorre rilevare che le condotte antigiuridiche poste in essere dalla P.A. in grado di determinare la lesione di interesse legittimo, oppositivo o pretensivo, sono molteplici, potendo consistere tanto in un’azione (ad es. adozione di un atto illegittimo), quanto in un’omissione (ad es. mancata conclusione del procedimento nei termini previsti). L’elemento comune e caratterizzante è dato dal fatto di inserirsi all’interno di un’attività di tipo autoritativo della P.A. e di determinare la lesione di un interesse legittimo (differenziandosi quindi dalle ipotesi che comportano invece la lesione di un diritto soggettivo, su cui vedi parr. 10 ss.). 7. Il nesso di causalità. Come chiarito dalle Sezioni Unite n. 500 del 1999 e come risulta dall’attuale formulazione dell’art. 30 c.p.a., l’illegittimità dell’atto non è sufficiente a giustificare la responsabilità della Pubblica amministrazione, essendo invece necessario verificare che l’attività illegittima della stessa abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita, cui è collegato l’interesse legittimo. Si impone pertanto ad opera dell’interprete un giudizio ipotetico, volto a stabilire se il contenuto del provvedimento sarebbe stato diverso (in senso favorevole all’interessato) qualora l’amministrazione avesse agito secondo diritto (c.d. giudizio prognostico, che verrà più ampiamente esaminato in sede di ricostruzione delle modalità di accertamento della risarcibilità della lesione degli interessi pretensivi: (v. infra par. 8.2). In questa sede, appare sufficiente precisare che il giudizio prognostico attiene non ad un evento futuro, ma al nesso di causalità tra il vizio che inficia il provvedimento ed il contenuto del provvedimento stesso; esso, pertanto, verte

L’attualità della questione