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 La predisposizione di Modelli organizzativi preventivi dei reati in materia di salute e sicurezza del lavoratore Indicazioni per le piccole e medie Cooperative

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La predisposizione di Modelli

organizzativi preventividei reati in materia di salutee sicurezza del lavoratore

Indicazioni per le piccole e medie Cooperative

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Indice

Il futuro della salute e sicurezza  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3Presentazione dell’iniziativa  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5

Introduzione  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Il quadro normativo vigente  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9La responsabilità degli enti collettivi in generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9Il Modello organizzativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9La responsabilità degli enti in materia di salute e sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11Il M.O.G. in materia di salute e sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11Il M.O.G. nell’organizzazione aziendale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13L’organismo di vigilanza (O.d.V.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13

Realizzare un M.O.G. di cui al Decreto 231/01 e all’art. 30 Decreto 81/08 . . . . . . . .15Un doppio livello per un obiettivo comune: la sicurezza del lavoro e del lavoratore . .16

 Approccio metodologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19Presentazione del caso studio: la Cooperativa Progresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .21La valutazione dei rischi: aspetti organizzativi, controlli e protocolli operativi . . . . . . .22Il sistema disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .49L’Organismo di Vigilanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .52Il documento di sintesi “Modello Organizzativo” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55

 Appendice giurisprudenziale: Commenti a sentenze  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .56

Sentenza tribunale di Trani del giorno 11 gennaio 2010 - Sicurezza sul lavoroe responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .56Sentenza Thyssen – Sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativaD.lgs. 231 del 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .60

Riferimenti ad autori  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .63

 Allegati  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

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Il c.d. “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro evidenzia, tramite le proprie di-sposizioni, una innovativa tendenza alla valorizzazione di elementi sostanziali delleregolamentazione della materia rispetto ai soli elementi formali. Tale tendenza è “dif-fusa” in tutto il testo di legge ma risulta particolarmente visibile già solo ove si tengaconto del campo di applicazione soggettivo della normativa antinfortunistica e dellaidentificazione e individuazione dei compiti dei soggetti del sistema di prevenzioneaziendale.Così, quando il D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i., identifica il “lavoratore” lo fa affermando,per un verso, che il decreto “ si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e au-

tonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati ” (art. 3, comma 4), abbandonando de-

finitivamente l’approccio formalistico che – seppur già da tempo superatodall’interpretazione giurisprudenziale – contrassegnava la disciplina del 1994. In taleregolamentazione, in particolare, all’articolo 2, comma 1, lett. a), la definizione di la-voratore era espressamente ancorata al fatto che il soggetto fosse parte di un rap-porto di lavoro subordinato (il lavoratore era definito come “persona che presta ilproprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro”); oggi, muovendo da un ap-proccio improntato al fondamentale criterio di “effettività” delle tutele, in attuazione delquale si guarda all’“ambiente di lavoro”, o meglio all’ “organizzazione” che fa capo al-l’imprenditore piuttosto che alla condizione (formale) del lavoratore, il “testo unico”considera, “ai fini degli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto”, i soggettiche – a prescindere dal tipo di relazione che intercorre tra prestatore e datore di la-voro e dalla sua qualificazione formale (ossia dalla tipologia contrattuale utilizzata) –svolgano “un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro

 pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un me-

 stiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”

(articolo 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008).Quindi, il “testo unico” esprime, come elemento di marcata discontinuità rispetto alrecente passato, la assoluta rilevanza riservata alla organizzazione del lavoro, siacome elemento in base al quale identificare i beneficiari della normativa sia come

contesto da analizzare per identificare i soggetti obbligati alla applicazione della me-desima normativa e all’adempimento delle singole norme di legge. In tale contesto,diviene fondamentale che l’organizzazione del lavoro – intesa, ripeto, come contestoin cui chiunque presti una attività di lavoro si inserisca – sia essa stessa corretta-mente progettata e realizzata, in modo che la salute e sicurezza di chi vi entra nonsia a rischio. Esattamente quanto è alla base della stessa idea dei modelli di orga-nizzazione e gestione, basati sulla ormai celebre quadripartizione successiva di atti-vità (Plan, Do, Check, Act), finalizzata a un risultato che non è mai definitivo ma simigliora con l’esperienza e la applicazione delle misure progettate.Ne deriva che il modello di organizzazione e gestione della salute e sicurezza, re-

Il futuro della salute e sicurezza

di Lorenzo Fantini*

* Dirigente delle divisioni III e VI della Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro(già Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro) del Ministero del lavoro e delle politi-

che sociali. Il presente contributo – ai sensi della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali del 18 marzo 2004 – ha natura personale e non impegnativa per la pubblica amministrazione.

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golato dall’articolo 30 del “testo unico”, ad onta della sua incontestabile “facoltatività” intermini strettamente giuridici, non è solo lo strumento per ottenere l’esimente dalla re-sponsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. n. 231/2001, art. 300 D.Lgs. n. 81/2008)ma costituisce il paradigma di una salute e sicurezza moderna, al quale le future or-

ganizzazioni devono tendere.Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta cercando in ogni modo, dunque, di fa-vorire la diffusione dei modelli di organizzazione e gestione della salute e sicurezza, siatramite le attività della Commissione consultiva (che ha un proprio gruppo da lungotempo impegnato sulla materia) permanente per la salute e sicurezza sul lavoro che for-nendo il proprio appoggio ad iniziative che tale innovativo approccio alla prevenzionesiano dirette a favorire. Per questa ragione, sono ben lieto di formulare sincero apprez-zamento, a titolo istituzionale e personale, per questa pubblicazione, in quanto stru-mento importante per spiegare – con un linguaggio semplice e efficace – agli operatoridel mondo cooperativo cosa sia e come si struttura un modello di salute e sicurezza.

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Presentazione dell’iniziativa

Nel presentare questo interessante opuscolo sulla sicurezza del lavoro e i modelli orga-

nizzativi 231 la prima riflessione è che dalla crisi economica si potrà uscire solo poten-ziando e rafforzando le competenze dei lavoratori e la competitività delle aziende; in altreparole, investendo sempre più e meglio sul capitale umano, sulla conoscenza e sul mi-glioramento della organizzazione aziendale.Il testo unico in materia di sicurezza del lavoro, a quattro anni dalla sua adozione, mi sem-bra che indichi proprio questa strada allorquando interviene sulla formazione continua deilavoratori, sulle specifiche competenze che stanno in capo ai vari soggetti della sicu-rezza, sul miglior modo di realizzare concretamente e non formalmente le misure di pre-venzione e soprattutto quando vengono date indicazioni puntuali sul “come” ci si puòorganizzare per ottenere la miglior prevenzione in azienda indirizzando verso l’adozione

dei sistemi di gestione della sicurezza e della salute sul lavoro (art. 30 D.Lgs. 81/08).Questo è così vero che già nel documento di valutazione dei rischi ora occorre indicarenon solo le misure di prevenzione e protezione necessarie, ma anche le procedure pre-disposte per garantire che tali misure siano portate a termine.Di fatto, dunque, l’obbligo di organizzarsi per migliorare le condizioni di sicurezza azien-dale comporta un generale miglioramento dell’organizzazione aziendale e quindi unapossibile maggiore competitività dell’impresa.L’adozione e l’implementazione del sistema di gestione della sicurezza e della salute sullavoro (SGSL) costituisce, insomma, una opportunità strategica per le aziende più ac-corte, anche di medie e piccole dimensioni, specie con riguardo alla “responsabilità am-ministrativa” di cui al d. lgs. 231/2001.Sebbene non sia un obbligo esplicitamente prescritto per legge, l’adozione di un SGSLpermette sia di tenere più facilmente sotto controllo i molteplici adempimenti legislativi inmateria di sicurezza, ma anche di rispondere da un lato a quanto richiesto dall’art. 2087del Codice Civile rispetto all’adozione, da parte dell’imprenditore, di misure che, secondole particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integritàfisica e la personalità morale dei lavoratori; dall’altro, a creare un insieme di strumenti diorganizzazione, gestione e controllo che sono in linea non solo con le esigenze del legi-slatore ma anche con quelle del mercato che impone una semplificazione ed integrazione

degli strumenti esistenti per una innovazione organizzativa e gestionale.Questo opuscolo che Legacoop mette a disposizione delle imprese cooperative non hala pretesa di approfondire gli aspetti giuridici e interpretativi che scaturiscono dall’art.30 del Testo Unico che riguarda l’adozione dei sistemi di gestione della sicurezza e sa-lute dei lavoratori, bensì vuole fornire uno strumento di conoscenza anche pratico alle no-stre cooperative che sono interessate a dotarsi di tali strumenti anche alla luce delleesperienze già fatte da altre cooperative.Il principale merito degli autori è proprio quello di essere partiti dalle esperienze direttedi alcune cooperative che già da tempo si sono incamminate su questo virtuoso intrec-cio tra adempimenti legislativi ed opportunità imprenditoriali e di aver messo a disposi-

zione del movimento questo patrimonio di conoscenze.

Giuliano Poletti 

Presidente Legacoop

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Introduzione

La presente pubblicazione ha la finalità di fornire informazioni di base per un corretto

approccio alla possibile adozione di un Modello Organizzativo di Gestione, indi-spensabile, tra gli altri benefici, per l’ottenimento della non punibilità della Coopera-tiva nel caso in cui incorra in uno dei reati presupposti , ossia quelli specificamenteprevisti dal D.Lgs. n. 231 del 2001 a difesa di precisi beni giuridici. Tra questi, si an-novera l’incolumità dei lavoratori, da perseguire attraverso il rispetto delle normativeprevenzionistiche vigenti osservando condotte prescritte ed adeguate. Nella presentesede di trattazione, si dà per acclarato che l’adozione di un modello organizzativocomporta innegabili benefici e vantaggi per il complessivo funzionamento delle arti-colazioni aziendali, mediante adozione di procedure di gestione e controllo efficientie coerenti nel loro complesso.

Le finalità ed il taglio del presente contributo, in particolare, attengono all’operativitàed alla semplificazione massima dei contenuti di una materia di per sé complessaed articolata. Per questo, accanto ad un linguaggio il meno possibile tecnico-giuri-dico, si è prediletto un approccio basato su schemi di comprensione visiva, sulla pre-

visione di casi di studio reali ed applicazioni pratiche, anche con il diretto e realecoinvolgimento di una Cooperativa di piccole dimensioni che si è inteso accompa-gnare verso l’adozione di un MOG prevenzionistico, anche ai fini della presente pub-blicazione.Questo perché, aldilà delle dimensioni aziendali, il problema della pericolosità del

contesto lavorativo pare trasversale. Nel caso di specie, infatti, una cooperativa dimovimentazione e logistica, pur se di ridotte dimensioni, opera in un mercato disse-minato di situazioni pericolose, se solamente si pensa al lavoro in condizioni di ap-palto, con uso di attrezzature e macchinari in movimento.Con questo contributo, pertanto, si intende agevolare lo spunto motivazionale di

quelle cooperative che, per loro sensibilità o solamente anche per necessità, inten-

dano costruirsi lo strumento di autoanalisi e controllo rappresentato dal modello or-ganizzativo aziendale, ai fini esimenti da reati sulla salute e sicurezza.Buona lettura, dunque, e che le nostre intenzioni siano realizzate con il Vostro apporto!

Gli autori 

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La responsabilità degli enti collettivi in generale

Il D.Lgs. n. 231/2001 ha introdotto nell’Ordinamento italiano un modello di illecito, diret-tamente a carico degli enti collettivi, a titolo di responsabilità amministrativa. Tale re-sponsabilità aggiuntiva a quella penale personale a carico di chi commette l’illecito, puòessere contestata alle persone giuridiche, alle società ed associazioni anche prive di per-

 sonalità giuridica, con lo scopo di coinvolgere il patrimonio degli enti nella punizione direati predefiniti (c.d. presupposti ), come conseguenza della mancanza di idonei modelliorganizzativi (MOG) di seguito descritti e dei correlati controlli gestionali.La responsabilità amministrativa, in particolare, sorge esclusivamente in occasione del

verificarsi di determinate tipologie di reati espressamente indicati dalla normativa, tra iquali si ricorda: indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato o di un ente

 pubblico per il conseguimento di erogazioni pubbliche, concussione, corruzione, frode

 informatica ai danni dello Stato, reati societari, delitti con finalità di eversione dell’ordine

democratico, abusi di mercato, reati ambientali e reati in materia di salute e sicurezza

nei luoghi di lavoro.La responsabilità dell’ente collettivo, inoltre, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 231 citato,sussiste per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio da persone che:• rivestono funzioni di rappresentanza o direttive di tipo apicale;• sono sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti di cui al punto che precede.La responsabilità dell’ente, tuttavia, è esclusa qualora le persone sopra indicate abbianoagito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, interrompendo quel nesso necessario trala condotta del singolo e l’ambito delle funzioni esercitate per conto del soggetto collet-tivo.Sempre ai fini esimenti dalla responsabilità amministrativa, per gli enti collettivi assumerilievo giuridico l’adozione di protocolli, di strumenti organizzativi di controllo in-

terno e di gestione, effettivamente adottati per il monitoraggio e la verifica del-

l’andamento gestionale.

Il Modello organizzativo

Questo insieme organico di regole si definisce «Modello di organizzazione e gestione»(MOG) da adottare formalmente e da applicare nella gestione effettiva dell’ente; laconseguenza di tale corretto e coerente comportamento è la possibilità di dar provadella mancanza di responsabilità amministrativa da parte dell’ente collettivo.L’art. 61 D.Lgs. n. 231 dispone, infatti, che l’ente non risponde per la citata respon-sabilità qualora dimostri che l’organo di vertice ha adottato ed efficacemente at-

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Il quadro normativo vigente

1 Articolo 6 del Decreto 231/01Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non rispondese prova che:a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di

organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

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tuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione ido-nei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.Il MOG, in particolare, deve prevedere, in relazione alla natura, alla dimensione e altipo di organizzazione, tutte le misure più idonee, secondo gli schemi e le tecniche

forniti dalle scienze applicate all’organizzazione aziendale, onde garantire lo svolgi-mento dell’attività degli enti nel pieno rispetto della legge, attraverso l’impiego diquanto necessario a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni potenziali dirischio riguardante i c.d. reati presupposti di cui si è detto.La nuova forma di responsabilità introdotta a carico degli Enti nel nostro Ordinamentodal D.lgs. 231/01 rende necessario procedere ad un’attenta valutazione del sistemaorganizzativo societario in ragione dell’esposizione a possibili reati, nonché delle con-seguenze a carico della società in presenza di illeciti presupposti, commessi da sog-getti apicali o da parte di dipendenti.Nel particolare taglio del presente contributo, ci si prefigge di approfondire gli aspetti

che attengono i reati presupposti collegati agli obblighi prevenzionistici posti in capoall’ente in quanto datore di lavoro e garante della situazioni di sicurezza.

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b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è statoaffidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di ge-stione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera

a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente

in relazione ai reati da prevenire;c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento

e l'osservanza dei modelli;e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Mo-

dello.3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma

2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati alMinistero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, os-servazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.

4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti diret-tamente dall'organo dirigente.

4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo dellagestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b).5. È comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equi-

valente.

 Articolo 7 del Decreto 231/01

Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente1. Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente é responsabile se la commissione del reato è

stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commis-

sione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ido-neo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Il Modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attivitàsvolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminaretempestivamente situazioni di rischio.

4. L'efficace attuazione del Modello richiede:a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle

prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

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La responsabilità degli enti in materia di salute e sicurezza

Nel quadro della responsabilità amministrativa fin qui delineato, il Legislatore, spinto dallavolontà politica di rendere più efficace il rispetto delle disposizioni prevenzionistiche ri-

guardanti i luoghi di lavoro ed i lavoratori, attraverso la legge 3 agosto 2007, n. 123 con-tenente «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega alGoverno per il riassetto e la riforma della normativa in materia», ha ulteriormente imple-mentato il novero dei reati-presupposto punibili a titolo di responsabilità amministrativa.Nello specifico, con la previsione di cui art. 9 della citata legge, ha introdotto nei reati-presupposti del D.Lgs. n. 231/2001, l’art. 25-septies (Omicidio colposo e lesioni col-

 pose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla

tutela dell’igiene e della salute sul lavoro). Il primo comma del citato articolo, così recita:«In relazione ai delitti di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, com-

 messi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute

 sui lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a mille quote.»In questo modo, è stata introdotta una nuova fattispecie di illecito penale, a titolo di

colpa e non di dolo , con una disposizione a tutela prevenzionistica in aggiunta a di-sposizioni riguardanti il diritto penale e le specifiche norme di cui al T.U. sicurezza.L‘art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001 è stato successivamente modificato dall’art. 300del D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico salute e sicurezza) con l’inserimento della seguentedisposizione:• «1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con vio-

 lazione dell’articolo 55, comma 2, (violazione a carico del datore di lavoro e del diri-gente) del D.lgs. 81/2008, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000

quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano

 le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre

 mesi e non superiore ad un anno.

•  2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del 

codice penale, commesso con violazione delle (altre) norme sulla tutela della salute

e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250

quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al pre-

cedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per 

una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

• 3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del codice penale, com- messo con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si ap-

 plica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di 

condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdit-

tive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.»

Il M.O.G. in materia di salute e sicurezza

 Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. dd) del D.Lgs. n. 81/2008, il MOG di cui si tratta è de-

finito come il « modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una politica aziendale per la salu te e sicurezza, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a),

del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 

589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme an-

tinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro.»

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Una volta precisata la definizione, è il successivo art. 30 del D.Lgs. n. 81 a riconnetterela materia al Decreto 231, definendo quali siano gli elementi necessari di un MOG, al fine

di esimere l’ente dalla responsabilità amministrativa in tema di sicurezza del lavoro.L‘art. 30 citato dispone che il M.O.G. deve:

• essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale perl’adempimento di tutti gli obblighi giuridici in tema di prevenzione dallo stesso ri-portati;

• prevedere idonei sistemi di registrazione documentando l’avvenuta effettuazionedelle specifiche attività di attuazione e di monitoraggio;

• contemplare, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e daltipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tec-niche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio,nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misureindicate nel modello;

• prevedere un idoneo sistema di controllo sull‘attuazione e sul mantenimento dellecondizioni di idoneità delle misure, con riesame ed eventuale modifica, qualorasiano scoperte violazioni significative delle norme relative sulla prevenzione e sicurezzaovvero qualora vi siano mutamenti organizzativi o nell’attività, in relazione al progressoscientifico e tecnologico.

Sempre ai sensi del citato articolo 30, in sede di prima applicazione:1. i MOG definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di ge-

stione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British

Standard OHSAS 18001:2007, si presumono conformi ai requisiti di cui al presentearticolo per le parti corrispondenti. Ciò significa che tali sistemi di gestione non equi-valgono né coincidono con il MOG ma ne rappresentano, semmai, parti comple-mentari e, perciò stesso, parziali;

2. agli stessi fini, ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale potranno essereindicati dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavorodi cui all’art. 6 D. Lgs. 81/2008.

3. è prevista l’elaborazione di procedure semplificate per la adozione e la efficace at-tuazione dei M.O.G. per la sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sa-ranno recepite con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

E’ appena il caso di ricordare che con il concetto giuridico di esimente, in campo pe-

nale, si intendono le scriminanti , ossia le cause oggettive di esclusione del reato che, in-cidendo sull’illecito, escludono la configurabilità del reato stesso. Come conseguenza,un M.O.G. predisposto ed applicato con efficacia ha il potere di escludere la respon-

sabilità amministrativa dell’ente, nonostante si sia verificato un fatto illecito. Anche l’adozione tardiva di un M.O.G. dispiega i propri effetti sulla posizione dell’ente ri-spetto al reato presupposto. A norma dell’art. 17 (Riparazione delle conseguenze delreato) del D.Lgs. 231, infatti, ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni in-terdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimentodi primo grado, concorrono le seguenti condizioni: a) l’ente ha risarcito integralmente ildanno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è co-

munque efficacemente adoperato in tal senso; b) l’ente ha eliminato le carenze orga-nizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli 

organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) l’ente hamesso a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

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Il M.O.G. nell’organizzazione aziendale

 Al fine di adottare un efficace modello organizzativo ai fini prevenzionistici ed otteneregli effetti preventivati è necessario adottare i principi elaborati dalle tecniche aziendali

di organizzazione. A tale riguardo, pare utile descrivere in sintesi un sistema di gestione della salute esicurezza sul lavoro riconducibile al “ciclo di Deming”, ed articolato, per l’appunto,nelle fasi di: plan (pianificare), do (fare-attuare), check (controllare), act (agire, nelsenso di verifica ed auto-correzione). Anche il MOG, infatti, si articola , normalmente,nelle seguenti fasi:• Esame iniziale delle caratteristiche dell’azienda secondo criteri quali dimensioni,

tipologia dell’attività produttiva con elaborazione di un organigramma generale edi un funzionigramma delle attività, dei compiti e dei ruoli ricoperti;

• Definizione della politica della sicurezza da adottare, delineando un quadro da

cui emerga la funzione e l’impegno in chiave prevenzionistica dell’azienda;• Pianificazione dell’attività, dopo aver individuato tutti i pericoli prevedibili e le con-

seguenti misure di sicurezza ed aver valutato i rischi sussistenti ed i processi pro-duttivi;

•  Attuazione del MOG attraverso la predisposizione di programmi di attività e ladefinizione di specifici obiettivi, definendo priorità, tempi e responsabilità, con ilcoinvolgimento di tutte le funzioni dell’organizzazione aziendale ed i lavoratori connecessari flussi di comunicazione interna;

• Monitoraggio attraverso il controllo circa l’efficace attuazione del M.O.G., ossia di-sponendo una fase di verifica interna circa il raggiungimento degli obiettivi con ri-prova dell’adeguatezza del modello rispetto al risultato atteso. I controlli, nellospecifico, vengono effettuati evidenziando e valutando le non conformità rilevaterispetto a schemi reimpostati definiti protocolli;

• Riesame e miglioramento corrispondono all’ultima fase del ciclo e tengono contodel monitoraggio interno e degli apporti esterni all’azienda come presupposto delriadattamento del sistema in chiave di evoluzione ciclica.

L’organismo di vigilanza (O.d.V.)

Il D.Lgs. n. 231/2001 definisce l’O.d.V. come il soggetto volto a vigilare specificata-

 mente sui rischi di commissione di illeciti all’interno della società, previsti dal decreto. Al fine di adempiere a tale attività indispensabile al corretto funzionamento del MOG,l’O.d.V. si caratterizza per i seguenti requisiti:• indipendenza e professionalità;• composizione mista, ossia costituito da figure aziendali interne e soggetti esterni;• presenza di un presidente e di soggetti esperti, in grado di pianificare ed attuare un

programma di attività di controllo interno all’azienda, con report periodico dei risul-tati al consiglio di amministrazione.

Compito precipuo è quello di vigilare in ordine al corretto funzionamento del M.O.G., alfine della prevenzione dei reati, interfacciandosi con gli altri organi ed uffici aziendali, inparticolare con il collegio di revisione e, ove presente, con l’internal auditing.

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• Cosa significa realizzare un Modello organizzativo e di gestione, in particolar modo per una Cooperativa di medio-piccole dimensioni?

• In cosa differiscono i Modelli richiesti dal Decreto 231/01, disciplinante la re-

 sponsabilità amministrativa degli Enti, e il Modello enunciato dall’art. 30 del De-

creto 81/08 (Testo Unico sulla salute e sicurezza del lavoro)?

• Che impatto ha, sulla organizzazione e sulle procedure aziendali, e quali sono le

 possibili soluzioni applicative dei Modelli in oggetto?

In questa parte del documento cercheremo di dare una risposta quanto più sempli-cemente possibile a queste domande e proveremo a fornire spunti, suggerimenti,indirizzi per interventi organizzativi, procedurali e, in generale, applicativi dei Modelli.

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Realizzare un M.O.G. di cui al Decreto 231/01e all’art. 30 Decreto 81/08

 Al termine di ciascuna parte troverete la scheda “IN SINTESI” che raccoglie gli ele-menti salienti trattati:

Per raggiungere questo obiettivo accompagneremo la trattazione con la testimo-

nianza contenuta in un caso pratico riguardante una medio-piccola Cooperativa diservizi di facchinaggio e trasporto merci in conto terzi. Lungi dall’essere esaustivo estatisticamente rappresentativo di un fenomeno, il caso pratico illustra la risposta

che la Cooperativa ha dato alla richiesta, di natura organizzativa, dell’art. 30 del

Testo Unico e come abbia anche sfruttato l’opportunità di adottare un meccanismodi salvaguardia del patrimonio aziendale, opportunità contenuta nel Decreto 231.

Le parti relative al caso pratico sono evidenziate all’interno di questo box.

In sintesi

• ....

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Un doppio livello per un obiettivo comune: la sicurezza del lavoroe del lavoratore

Prima di iniziare a sviscerare il percorso di lavoro sembra opportuno inquadrare i li-

velli organizzativi su cui impattano le normative richiamate (i 2 decreti legislativi) e lenorme tecniche e linee - guida citate dagli stessi (i sistemi di gestione salute e sicu-rezza, certificabili o meno). Ci sembra infatti utile chiarire il ruolo di ogni singolo stru-mento anche al fine di dare alle Cooperative adeguate nozioni per interpretare illinguaggio dei consulenti, delle Autorità di Vigilanza, della Magistratura e di tutti gli at-tori che ruotano attorno alla tematica dei Modelli organizzativi.I livelli organizzativi hanno obiettivi e strumenti autonomi anche se l’obiettivo finale èunico e comune: la sicurezza del lavoro e del lavoratore.

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Il sistema organizzativo e di controllo disegnato dal decreto 81 (richiamante il decreto 231) siarticola su  due livelli: operativo e di conformità 

OPERATIVO 

DI CONFORMITÀ

Livelli Obiettivi  

PREVENIRE E GESTIRE IRISCHI DI INFORTUNI  E DI

MALATTIE 

“Proteggere le persone fisiche” 

PREVENIRE E GESTIRE IRISCHI DICOMMISSIONE DI REATO 

“Garantire le persone giuridiche” 

 Attori 

• DATORE DI LAVORO

• RSPP  

• …

ORGANISMO DIVIGILANZA

Strumenti 

• Documento di Valutazione deirischi e altre valutazioni tecniche

• …

MODELLO ORGANIZZATIVO EXD.LGS. 231/01

“ 

 ART. 30 DEL DECRETO81/08 

   D  e  c  r  e   t  o

   8   1

   D  e  c  r  e   t  o

   2   3   1

PREVENIRE I RISCHI DIMANCATO PRESIDIO/RISPETTODELLE NORME 

“Evitare sanzioni attraverso unagestione efficace ed efficiente” 

• Sistema di gestione salute esicurezza dei lavoratori (SGSL)

• VERTICE AZIENDALE • DATORE DI LAVORO

• RESP. DEL SISTEMA

IL QUADRO GENERALE:

LIVELLI DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO E DI CONTROLLO

In estrema sintesi, e con la promessa di accantonare subito dopo i distinguo tecnici 

utili solo alle realtà organizzative maggiormente complesse, si può dire che la ge-stione della salute e sicurezza presenta un doppio impatto:

• Un impatto sul livello operativo, che risponde alla domanda: cosa devo fare per  prevenire i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori?

L’obiettivo è quello di prevenire e proteggere il lavoratore dagli infortuni e dallamalattie; su tale livello agiscono le figure descritte dal Testo Unico (Datore di la-voro, Delegato, Rspp, Preposto, RLS, ecc.) che utilizzano le indicazioni richia-mate dalle prescrizioni di legge per svolgere tutte le attività necessarie alla messain sicurezza delle attività e dei lavoratori. Lo strumento principe utilizzato a tale li-vello è, per tutte le aziende, il documento di valutazione dei rischi salute e sicu-rezza (DVR).

• Un impatto sul livello di conformità, che risponde alla domanda: come organiz-

 zarmi per garantire e controllare il rispetto delle norme?Su tale livello i riferimenti normativi guida sono l’art. 30 del Testo Unico e il Decreto231, entrambi trattano i “Modelli organizzativi”.L’obiettivo di questo livello è quello di organizzare e controllare l’effettiva applica-zione della norma:

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- I Modelli organizzativi dell’art. 30: mirano a definire una organizzazione per il ri-spetto della normativa, sono uno strumento per evitare sanzioni da violazioni dinorme (T.U. e altre norme richiamate) e perseguono, seppur indirettamente,l’obiettivo della salute e sicurezza dei lavoratori.

 Tale livello ha come principale attore il vertice aziendale che utilizza le indicazionidell’art. 30 per creare, gestire e controllare l’organizzazione per la sicurezza.Un altro strumento (richiamato dallo stesso articolo 30 del T.U.2 e internazional-mente riconosciuto come best practice) da utilizzare a tale scopo è il Sistema di

gestione per la salute e sicurezza dei lavoratori (SGSL); i Sistemi di gestioneintroducono l’elemento della dinamicità e del miglioramento continuo nel tempo(ciclo plan – do – check – act ).

- I Modelli organizzativi del Decreto 231: hanno l’obiettivo primario di prevenireil compimento di due specifici reati in materia di sicurezza (omicidio colposo e le-sioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfor-

tunistiche) e proteggere la Cooperativa, quale persona giuridica e autonomocentro di imputazione di responsabilità, dalle gravose pene previste dal De-

creto 231 (es. interdizione dell’attività, sanzioni economiche). Lo scopo princi-

pale del Modello organizzativo del decreto 231 è il riconoscimento

dell’esimente nei confronti dell’Ente (la Cooperativa nel nostro caso); ovviamente,anche in questo caso, il raggiungimento di tale obiettivo passa attraverso la crea-zione di condizioni di sicurezza sul lavoro.Il principale attore del Modello 231 è l’Organismo di Vigilanza; tale soggetto uti-lizza il Modello organizzativo come strumento per svolgere l’attività di valutazionee gestione dei rischi-reato.

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Decreto 231

 Art. 30 T.U./SGSL

Prescrizioni

del Testo

unico

2  Art. 30 del T.U. comma 5 e 5bis:5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guidaUNIINAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o alBritish Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti

corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicatidalla Commissione di cui all’articolo 6.5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure sem-plificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nellepiccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con Decreto del Ministero del lavoro, della salute e dellepolitiche sociali.

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La notevole innovazione portata dal Testo Unico è quella di aver creato una stretta cor-relazione tra il livello operativo e il livello di conformità e, attraverso l’art. 30, aver ribaditoche la creazione di lavoro sicuro passa anche attraverso meccanismi di tipo or-

ganizzativo.

Le Cooperative caratterizzate da una struttura organizzativa semplice raramente pre-senteranno una netta distinzione tra i tre livelli descritti. Per questo motivo, nel seguito,l’approccio ai due Modelli richiamati sarà unico, volto a raggiungere entrambi gli obiet-tivi del livello di conformità:• Protezione degli attori della sicurezza (da sanzioni del T.U. in primis)• Protezione del patrimonio sociale della Cooperativa (su cui, in ultima analisi, gra-

vano le sanzioni 231).Esula dalla successiva trattazione il tema dell’adozione del Sistema di gestione qualestrumento conforme alle indicazioni dell’art. 30; su tale argomento numerose e puntualisono le indicazioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali3, degli organismi in-

ternazionali e nazionali (British Standard, UNI-INAIL) e delle associazioni di settore, a cuisi rinvia per eventuali approfondimenti.

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Approccio metodologico

• Che percorso seguire per realizzare un Modello organizzativo per la mia medio-pic-

cola Cooperativa?

Proviamo a delineare un percorso da seguire per fare tutto, o quasi tutto, con le ri-

 sorse interne all’azienda.

Un Modello organizzativo è composto dai seguenti 5 elementi e da un documento di sin-tesi:

Proviamo a illustrarli sinteticamente:1. La valutazione dei rischi e i protocolli operativi: come chiarito in premessa, la valu-

tazione dei rischi è guidata dalle indicazioni presenti nell’art. 30 del T.U. ed in parti-

colare dalle lettere del comma 1. Rispetto ad ognuna di queste lettere, la Cooperativadovrà capire, dunque, come si sta comportando, prevedere eventuali azioni ad inte-grazione di quelle in essere, tracciare le modalità di gestione, ovvero i protocolli

operativi, che regolano il rispetto di tali indicazioni;2. Il sistema disciplinare è espressamente richiesto dal comma 3 dell’art. 30, che in-

clude nel Modello organizzativo un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il man-cato rispetto delle misure indicate nel Modello stesso;

3. Il piano di comunicazione e formazione (che non tratteremo nel seguito per dedicaremaggiore spazio agli elementi centrali del Modello) comprende tutte quelle azionisvolte per portare a conoscenza dei dipendenti, collaboratori ed altri interessati (es.

fornitori, clienti) l’adozione del Modello organizzativo, le principali disposizioni da ap-plicare e i riferimenti da contattare sul tema. Tale attività è importantissima per di-mostrare l’impegno profuso dalla Cooperativa ed ha anche l’obiettivo di sensibilizzaretutti gli attori coinvolti al fine di creare una diffusa cultura della sicurezza, elemento

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È l’organo a cui il

decreto assegna lavigilanza del ModelloDeve essereindividuato, nominatoe reso operativoRisponde al verticeaziendale

• Il documento cheenuncia icomportamentiauspicati e quelli vietati

• Individua i pericoli dicommissioni dei reati, lecondotte a rischio

• Definisce il sistema diprevenzione e controllo dei

reati e i protocolli operativiIl Codice Etico/

di comportamentoIl Codice Etico/

di comportamento

La valutazionedei rischi e i protocolli

operativi

La valutazionedei rischi e i protocolli

operativi

L’Organismo di VigilanzaL’Organismo di Vigilanza

Modello

Organizzativo- Documento di 

sintesi -

Modello

Organizzativo- Documento di 

sintesi -

Il piano dicomunicazione e

formazioneIl piano dicomunicazione e

formazione

• I provvedimentidisciplinari in caso diviolazione del Modello

Il Sistema disciplinareIl Sistema disciplinare

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2

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base di un efficace sistema di prevenzione e controllo.Pensando alla variegata platea a cui ci si rivolge, è immediatamente comprensi-bile come il tenore delle azioni debba essere diverso e personalizzato:

 a. Verso i dipendenti e assimilati : l’informativa deve richiamare le regole da ri-

spettare, le implicazioni in termini di controlli e sanzioni disciplinari, gli organia cui rivolgersi per maggiori informazioni o segnalazioni di infrazioni;

 b. Verso i soggetti esterni all’organizzazione coinvolti nel processo produt-

tivo (es. fornitori, clienti): la comunicazione verte sugli impegni della Coo-perativa, gli obiettivi che si pone con l’adozione del Modello, gli impatti suirapporti contrattuali (es. vedi sistema disciplinare verso i fornitori) e gli organia cui rivolgersi per segnalare eventuali anomalie; inoltre, è sicuramente utiledare i riferimenti per poter consultare i documenti richiamati (es. sito interneto consegna di una informativa sintetica).

4. L’Organismo di Vigilanza (OdV): è espressamente richiesto dal Decreto 231 per

svolgere attività di vigilanza e manutenzione del Modello; anche il comma 4 del-l’art. 30 del T.U. prevede che il Modello debba prevedere un idoneo sistema dicontrollo sull’attuazione del medesimo e sul mantenimento nel tempo delle con-dizioni di idoneità delle misure adottate. Il tema della composizione dell’OdV è trai più dibattuti in materia; proveremo a delineare delle soluzioni operative, antici-pando già che lo stesso Decreto 231 prevede, all’art. 6 comma 4, che negli enti

di piccole dimensioni i compiti dell’OdV possano essere svolti direttamente dal-

l’organo dirigente;

5. il Codice Etico o di Comportamento; anche su questo elemento non ci soffer-meremo nel seguito dato che gli impegni, gli obiettivi, i comportamenti a cui siispira la Cooperativa con l’adozione del Modello possono essere facilmente enun-ciati da ciascuna organizzazione; ottimi esempi possono rinvenirsi all’interno delledichiarazioni per la Politica per la Salute e Sicurezza dei lavoratori proprie dei Si-stemi di gestione aziendali o nelle Linee guida redatte dalle Associazioni di settoredi Legacoop (es. Linee guida ANCPL per la predisposizione dei modelli di orga-nizzazione e gestione ex art. 6 comma 3 del d.lgs. 231/2001);

6. Infine il documento di sintesi “Modello Organizzativo” che, a fronte dei vari ele-menti, riassume il quadro generale; questo documento funge anche da strumentodi comunicazione dell’impegno della Cooperativa verso l’esterno e può essere

valorizzato nell’ambito di relazioni d’affari o azioni promozionali. Vedremo più avantiun indice tipo del documento sintetico.

Entriamo allora nel vivo del percorso e vediamo, di pari passo, come la nostra Coo-perativa in accompagnamento ha applicato ciascun elemento e quali soluzioni ope-rative ha trovato.

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Presentazione del caso studio:la Cooperativa Progresso

La Cooperativa Progresso nasce nel 1975 da quaranta soci e alla soglia dei 40 anni svolge levarie attività con la massima professionalità e diligenza.

La Cooperativa Progresso si è andata evolvendo, seguendo negli anni le richieste del mercato,

e di fatto si è trasformata in una azienda di servizi e logistica.

Oggi la Cooperativa Progresso, con un fatturato di circa 1.000.000 di Euro e con 30 soci-di-pendenti – di cui solo due lavorano nell’area amministrativa - si propone al mercato con per-

sonale qualificato come: carrellista, magazziniere e manovale generico, in grado di svolgere oltre

al semplice lavoro di carico e scarico merci, funzioni come montatore, insaccatore, imballatore,

montaggio e smontaggio allestimenti in genere, ecc.

Con una sana gestione aziendale e con prospettive rivolte al futuro, sono stati fatti investimenti

e attività formativa per il personale sia socio che dipendente. Particolare attenzione è stata ri-volta all'adeguamento alla legge sulla sicurezza.

La Cooperativa Progresso intende porsi come un punto di riferimento, sicuro e competente, per

la gestione della salute e sicurezza anche nei rapporti con i propri clienti.

Di seguito viene illustrata, a fronte della spiegazione di ogni singolo punto dell’art. 30, quale

scelta ha attuato la Cooperativa e come la stessa abbia deciso di adeguarsi agli obblighi richiesti

dalla normativa. Per ogni aspetto vengono quindi evidenziate:

- le modalità operative adottate per rispondere alla normativa,

- i documenti di registrazione utilizzati per garantire tracciabilità delle scelte effettuate.

 Ad oggi la Cooperativa ha intrapreso un percorso di conformità mettendo in atto alcune solu-

zioni che, a seguito dell’analisi svolta, sono state individuate come punti di miglioramento.

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La valutazione dei rischi: aspetti organizzativi,controlli e protocolli operativi

 Affrontare in maniera completa questo punto

significa aver completato il 90% del nostro Mo-dello organizzativo; di questo spirito potete ar-marvi per concentrare la vostra attenzione e lavostra creatività (a volte è molto utile) nella ri-cerca di soluzioni operative alle questioni in es-sere, ovviamente valutando tutto con il giustogrado di onestà intellettuale: cercare delle so-

luzioni che nella sostanza raggiungano quanto richiesto dalla legge, senza cederealla tentazione di imboccare scorciatoie o costruire soluzioni formali, di facciata.

• Cosa dobbiamo valutare?

Fortunatamente il legislatore ci è venuto incontro scrivendo l’art. 30 del T.U. sulla si-curezza, ed in particolare il comma 1 dello stesso. Rispetto alla sostanziale indeter-minatezza degli aspetti applicativi del Decreto 231, questo articolo rappresentasicuramente una guida all’analisi e sarà l’indice del nostro modo di procedere.

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ModelloModello

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2

3

4

5

6

L’articolo 30 del TU: Modelli di organizzazione e di gestione

1. Il Modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità ammini-

strativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231(N), deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un

sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti

chimici, fisici e biologici;

b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni perio-

diche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) alle attività di sorveglianza sanitaria;

e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza daparte dei lavoratori;

g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;

h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.

2. Il Modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione del-

l’avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.

3. Il Modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni del-

l’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche ei

poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare ido-

neo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

4. Il Modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimoModello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’even-

tuale modifica del Modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative

delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti

nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.…

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• Ma cosa significa condurre una valutazione dei rischi e cosa sono i protocolli ope-

 rativi?

In termini semplificati ma sostanziali, condurre una analisi dei rischi (non per la salute e

sicurezza, ribadiamo, che attiene più al livello operativo e si concretizza nel Documentodi Valutazione dei Rischi, ma di violazione delle norme, che attiene al livello di conformitàa cui i Modelli Organizzativi guardano) significa:• individuare i punti da rispettare (i commi dell’art. 30) e sviscerarli in eventuali sotto-

punti;• fare una “ricognizione scritta” (sempre utile lasciare traccia di questa attività) di come

la Cooperativa gestisce i vari punti/sottopunti;• valutare se la nostra gestione è in linea con le prescrizioni e, per i punti gestiti non ac-

curatamente, pensare a delle modalità di gestione efficaci ed efficienti, ovvero in lineacon le prescrizioni di legge e utilizzabili con semplicità dalla nostra organizzazione.

La gestione dei vari punti/sottopunti emersa dalla ricognizione può definirsi un “pro-tocollo operativo”.

Con questo termine possiamo quindi annoverare qualsiasi documento, disposizione,indicazione, comunicazione, procedura (ma non solo procedure!) che descrive e ri-costruisce il modo di operare della Cooperativa. Per cui tranquillizziamoci, i protocollinon sono sinonimi di procedure, e individuare dei protocolli operativi non significascrivere obbligatoriamente delle procedure.

Il protocollo può essere anche un archivio di documenti, una lista di controllo, una di-sposizione organizzativa, che permetta di evidenziare chi ha operato e in che modo.Ogni Cooperativa deciderà quali protocolli operativi utilizzare, proprio nell’ottica dellaefficacia ed efficienza di cui si parlava prima, deciderà se scrivere una procedura cheregoli un’attività o raccogliere ordinatamente altri tipi di documenti a testimonianza diquanto svolto.

Due elementi devono in ogni caso essere rinvenibili dai protocolli operativi per ga-rantire che la nostra azione sia sistematica, controllabile e ricostruibile:

• Le responsabilità: laddove tale responsabilità è assegnata per legge dal T.U. (es.Datore di lavoro per la valutazione dei rischi) non vi è grande scelta; negli altri casivedremo le soluzioni adottate nel caso studio rimarcando che, in ogni caso, nelModello organizzativo occorre chiarire chi fa cosa. Tale chiarimento, va da sé,deve essere dimostrabile tramite l’assegnazione di una mansione, di un ruolo tra-mite altro documento;

• La tracciabilità: ovvero quello che il comma 2 dell’art. 30 indica come “idonei si-stemi di registrazione delle attività”; questo punto rappresenta forse quello piùodioso in termini operativi ma anche quello più importante per dimostrare il fun-

zionamento del Modello e permettere di esercitare le attività di controllo. La

tracciabilità deve rinvenirsi rispetto a tutti i punti del comma 1; per tale motivo af-fronteremo tale aspetto parallelamente ai vari punti analizzati.

Non resta che iniziare la nostra illustrazione, procedendo con le lettere indicate nelcomma 1.

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Protocollo 1Rispetto degli standards tecnico-strutturalidi legge e acquisizione di documentazioni

e certificazioni obbligatorie di legge• Siamo in regola con le certificazioni e le normative che si applicano alla nostra atti-

vità?

Iniziamo l’analisi del comma 1 dell’art. 30 da due lettere, la a) e la g), che riteniamo oppor-tuno trattare insieme in quanto omogenee per tematica affrontata; si tratta del controllo

della conformità ai requisiti e agli standard di legge di tutto ciò che viene utilizzato

nell’ambito della attività lavorativa, compresi i luoghi in cui si svolge l’attività.

 Tale controllo riguarda sia la fase di acquisizione dei fattori produttivi (es. acquisto di unmacchinario o di un’attrezzatura) sia la fase di mantenimento nel tempo dei requisiti ri-chiesti, comprese le certificazioni obbligatorie per legge.

Nel nostro protocollo, occorre innanzitutto identificare una o più persone nell’organizza-

zione (es. Rspp, Resp. acquisti, ufficio tecnico) che abbiano il compito di conoscere, ag-

giornare e rendere disponibile internamente la legislazione (anche sovranazionale) inmateria di sicurezza applicabile al macchinario, attrezzatura, luogo di lavoro, ecc. Tale re-sponsabile potrà avvalersi di fonti di conoscenza (es. siti internet specializzati, seminari diaggiornamento, fornitori di macchinari, ecc.) o servizi esterni (es. associazioni di settore) perraccogliere le informazioni necessarie. Non siamo chiamati a formare dei legali, ma dob-biamo fare il possibile e dotarci di strumenti affinché la conoscenza della normativa non ar-rivi troppo tardi! Assegnare dei compiti in maniera chiara e formalizzata è il primo passo perdotare la Cooperativa di strumenti organizzativi e di controllo.La conoscenza normativa è propedeutica a due importanti attività da regolare nel proto-collo:• L’acquisizione delladocumentazione e delle certificazioni obbligatorie per legge nel

momento in cui acquistiamo un macchinario, un’attrezzatura, o iniziamo ad utilizzare unluogo per l’attività lavorativa. L’acquisizione della documentazione e delle certificazioni

può essere contestuale all’acquisto di un bene o presupporre un iter burocratico di tipoautorizzativo; in entrambi i casi è utile organizzare il catalogo o l’elenco delle certi-

ficazioni necessarie per lavorare e lasciare una traccia scritta del fatto che la certifi-cazione sia stata controllata (es. marchi di conformità su macchinari) o che sia statoavviato e concluso un iter per il rilascio di una autorizzazione (es. agibilità luoghi di la-voro);

• Il mantenimento di tutto questo patrimonio nel tempo: eravamo in regola all’inizio del-l’attività o al momento dell’acquisto del macchinario, abbiamo investito risorse per ot-tenere delle certificazioni, non possiamo sperperare questo patrimonio. Affiancare agli

elenchi predisposti degli scadenziari per i rinnovi o le manutenzioni periodiche ri-

chieste nel tempo può guidare l’attività e raccogliere le tracce del controllo in un unicodocumento (o foglio), evitando di lasciare lo scadenziario alla nostra memoria.

Non aggiungiamo altro sul punto, lasciando alla Cooperativa la predisposizione degli stru-menti più opportuni. Ovviamente, man mano che aumentano i campi d’intervento, l’at-

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trezzatura in uso, la dislocazione dell’attività, aumenta la normativa applicabile, la com-plessità degli strumenti e il probabile intervento di più persone nel processo.

In sintesi

Riepilogando, e restando alla realtà della piccola-media Cooperativa, il compitopotrà essere portato a termine con:• L’assegnazione dei compiti alla persona/e;• La definizione di un elenco delle normative e delle fonti di aggiornamento;• L’utilizzo di un elenco mezzi con scadenziario su cui registrare nel tempo le

attività e di un archivio per raccogliere la documentazione.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

Cooperativa Progresso utilizza un elenco attrezzature e un registro di manutenzione per la cataloga-zione delle attrezzature del lavoro, per verificare la presenza dei requisiti CE sull’attrezzatura e per pro-

grammare e registrare le attività svolte dalla società manutentrice. Queste registrazioni sono effettuate

dalla Responsabile amministrativa.

Di seguito indichiamo le principali tipologie di utilizzo del registro:

- Verifica dell’impianto elettrico di terra da ente accreditato ogni 5 anni (certificazione obbligatoria

per legge)

- Manutenzione annuale programmata dei carrelli elevatori, altre macchine (es. spazzatrici e idro-

pulitrici) e caldaia

- Manutenzione programmata degli automezzi in base ai libretti d’uso manutenzione

- Revisione Automezzi in base alle tempistiche predefinite per legge

Nel registro di manutenzione la Responsabile amministrativa annota i seguenti elementi:

• possesso certificazione CE e matricola cespite,

• cantiere di destinazione,

• periodicità del controllo e società che effettua la manutenzione,

• pianificazione e realizzazione attività,

• programmazione del successivo intervento,

• note per evidenziare anomalie o attività di miglioramento.

In particolare, la soluzione adottata dalla Cooperativa di segnare sul registro eventuali proble-

matiche/anomalie riscontrate quali elementi critici da comunicare al tecnico/manutentore faci-lita l’intervento del professionista e la risoluzione rapida dei problemi.

• Sarà comunque necessario dare evidenza del fatto che eventuali anomalie di rilievo, che abbiano

arrecato un danno economico alla Cooperativa (mancato servizio, fermo macchina, funziona-

mento ridotto, ecc.) o che siano state causa di incidente o possibile incidente, vengano prese in

carico e portate come ulteriore elemento di analisi e miglioramento nel processo di riesame an-

nuale;

• Le certificazioni obbligatorie sulle attrezzature e tutta la manualistica saranno raccolte dall’RSPP

(nella Cooperativa Progresso la figura coincide con il Presidente, datore di lavoro)

su modulo pre-compilato da consegnare poi alla Responsabile ammini-

strativa che si occuperà della relativa registrazione.Documenti di registrazione utilizzati

- Elenco attrezzature e registro di manutenzione ( vedi allegato 1-2 )

- Modulo pre-compilato per la raccolta delle certificazioni obbligatorie

Attenzione al mancato

rinnovo delle certificazioni:

“anni di lotta con la burocrazia

per riottenere il cpi scaduto

e non rinnovato

nei termini…”

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Protocollo 2Attività di valutazione dei rischie di predisposizione delle misure di prevenzione

e protezione conseguenti•  Abbiamo valutato tutti i rischi e definite le relative contromisure?

• Siamo sicuri che i rischi valutati siano quelli di oggi (e non di ieri) e che le misure siano

 state portate a termine?

Se c’è uno sforzo da fare, in termini di elaborazione procedurale, forse conviene con-centrarlo su questo requisito.

La valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavori e l’elaborazione con-

seguente del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) rappresentano sicura-mente l’obbligo più conosciuto da tutti i datori di lavoro. Ricordiamo a questoproposito il disposto congiunto di due articoli del T.U., ovvero l’art. 17 (Obblighi deldatore di lavoro non delegabili): “Il datore di lavoro non può delegare le seguenti at-

tività:

 a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento pre-

visto dall’articolo 28;

 b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai ri-

 schi .”

e il comma 5 dell’art. 31 (Servizio di prevenzione e protezione): “Ove il datore di la-

voro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria re-

 sponsabilità in materia.”

Non entriamo ovviamente nel merito degli aspetti tecnici della valutazione, propri diciascuna Cooperativa oggetto di analisi, ma riassumiamo sinteticamente alcuni ele-

menti da ricomprendere in questo protocollo.

La valutazione dei rischi, a cui è espressamente dedicata la sezione 2 del 3° capo,titolo 1 del T.U., è normata in termini di soggetti responsabili (art. 17), oggetto della

valutazione (art. 28) e modalità di effettuazione (art. 29). Queste prescrizioni possonoincorniciarsi all’interno di una procedura aziendale (alla cui elaborazione può colla-borare l’eventuale soggetto esterno che presta supporto al Datore di lavoro) che de-scriva i criteri, le modalità operative e le responsabilità per:• individuare i pericoli (es. uso di check list standard ufficiali?);• effettuare la valutazione dei rischi (es. criteri di valutazione/punteggi?);• individuare le procedure operative da seguire per svolgere le attività in sicurezza

(es. procedure, istruzioni, o altri documenti?);• definire le misure di prevenzione e protezione (es. riferimenti a misure standard?);• attuare il piano di miglioramento scaturente dalla valutazione (es. chi lo prende in

carico e ne controlla l’attuazione?);• aggiornare la valutazione dei rischi (es. quali flussi informativi attivare per indivi-duare la necessità di aggiornamento?).

Redatta questa procedura (che normalmente trova spazio all’interno del DVR) avremouno strumento completo per controllare nel tempo la conformità della nostra valuta-

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zione dei rischi. In ogni caso, a prescindere dalla redazione della procedura o dal-l’utilizzo di un altro strumento, andrà garantito e controllato che:• Il Datore di Lavoro abbia provveduto alla redazione del Documento di valutazione

dei rischi ai sensi dell’attuale normativa in tema di sicurezza;

• Alla valutazione dei rischi abbiano partecipato, in maniera tracciabile, il respon-sabile servizio prevenzione e protezione, il medico competente e il rappresen-tante dei lavoratori per la sicurezza (con tutte le relative opzioni dovute allapresenza obbligatoria o meno di tali figure);

• È presente un documento aziendale (procedura, indicazione, istruzione o altrodocumento) che disciplina le modalità di effettuazione, attuazione e aggiorna-

mento della valutazione dei rischi per la sicurezza.

 Attuazione e aggiornamento

La valutazione dei rischi ha lo scopo fondamentale di determinare le misure di pre-

venzione e protezione necessarie per lo svolgimento delle attività; senza successivaattuazione, la valutazione resta un esercizio alquanto costoso.Dare attuazione alle misure è il punto su cui le Cooperative, soprattutto le medio-pic-cole, possono concentrarsi per conferire sistematicità all’operato nel tempo. Dare si-stematicità significa creare dei meccanismi organizzativi che garantiscano il rispettodei risultati della valutazione, seguano nel tempo l’applicazione dei correttivi indivi-duati, portino alla rivalutazione periodica della gestione per la sicurezza e garanti-scano integrazione con le prassi operative.Per cui, a partire dal “piano di miglioramento” (che racchiude le misure di preven-zione, protezione e tutte gli altri interventi individuati) scaturito dalla valutazione dei

rischi, il Datore di Lavoro definisce:• compiti, responsabilità, tempi e risorse per l’attuazione delle misure;• modalità di rendicontazione dell’attuazione stessa;• obiettivi misurabili in tema di salute e sicurezza.

La Cooperativa non è un’entità immutabile; successive modifiche nei macchinari, nelprocesso produttivo o organizzativo, nella normativa, possono comportare una va-riazione della valutazione dei rischi e delle azioni da intraprendere; l’aggiornamento

delle valutazione è dunque una fase necessaria.

Occorre garantire, ovvero comunicare al personale interessato, che qualsiasi varia-zione di questo genere venga prontamente portata a conoscenza del Datore di La-voro e dell’RSPP (o di altro Responsabile interno) in modo da permettere nel continuol’identificazione dei pericoli, la valutazione dei rischi e l’aggiornamento della docu-mentazione di riferimento.

Oltre queste comunicazioni, che possono avvenire in qualsiasi momento, il Datore dilavoro, tramite il Responsabile della valutazione, verifica periodicamente (ad es. an-nualmente) l’adeguatezza della valutazione dei rischi.

Definite le responsabilità, resta da individuare uno strumento semplice che sia daguida nel tempo e garantisca così tracciabilità delle azioni individuate e portate a ter-mine; il piano di miglioramento collegato al Documento di valutazione dei rischi

potrebbe essere lo strumento di partenza da completare in fase di attuazione e ri-

vedere in caso di aggiornamento della valutazione.

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In sintesi

• Definire i soggetti che intervengono nella valutazione e aggiornamento dei ri-schi;

• Definire il DVR e un piano di miglioramento;• Tracciare l’evoluzione del piano di miglioramento (chiusura azioni, ecc.).

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

La Cooperativa effettua una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) ogni due

anni e in ogni caso di evento che lo richieda. Il consulente esterno che elabora/aggiorna il documento

adotta una metodologia che si basa sull’utilizzo delle check list dell’ISPESL.

Entro breve, inoltre, il consulente attiverà la redazione di un piano di miglioramento collegato al-l’emissione del DVR con le misure di prevenzione conseguenti alla valutazione del rischio e corredato

dai relativi stati di avanzamento lavori (piano delle attività e responsabilità del personale che si prende

in carico le azioni di miglioramento) in modo da rendere lo strumento più dinamico.

Nella riunione annuale verrà analizzato il piano di miglioramento (cosa è stato fatto e cosa si deve

ancora fare) e, se necessario, sarà emesso il nuovo programma di miglioramento per l’anno suc-

cessivo.

Documenti di registrazione utilizzati

- Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)- Piano di miglioramento annuale che preveda un piano di azioni con indicazione delle responsa-

bilità e dei tempi necessari per colmare le carenze evidenziate.

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Protocollo 3, 4, 5Emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti,riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni

dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezzaRelativamente a questo punto ci sembra utile distinguere tre aree:• Il piano di emergenza e le attività di primo soccorso;• La gestione degli appalti e rapporti con il committente;• La consultazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e le riu-

nioni periodiche sul tema della salute e sicurezza.

Protocollo 3: Il piano di emergenza e le attività di primo soccorso

• Siamo pronti ad affrontare le emergenze? Quali emergenze?

In caso di emergenze (es. evacuazioni), primo soccorso, ecc. è necessario avere leidee piuttosto chiare su come comportarsi; ecco allora che istruzioni o procedurechiare e semplici possono essere molto efficaci. Occorre inoltre essere sicuri che lepersone coinvolte in tali operazioni le conoscano adeguatamente; i destinatari sonoovviamente tutti i lavoratori con particolare attenzione a coloro che dalla valutazionedei rischi risultano maggiormente esposti in caso di emergenza.

Il protocollo deve ricomprendere le responsabilità e la tracciabilità (documenti,

piani) per la definizione, l’aggiornamento e la prova del piano di emergenza, la co-

stituzione delle squadre e la relativa formazione. In particolare nel protocollo deverinvenirsi che:• Sono presenti procedure aziendali per la gestione delle emergenze;• L’RSPP (o altro soggetto) monitora l’adeguatezza delle procedure di emergenza

ed effettua prove periodiche – che danno luogo ad appositi verbali – in merito a:- procedure di emergenza;- disponibilità delle squadre (es. ferie, malattie, ecc.) e accessibilità dei disposi-

tivi di primo soccorso;

- adeguatezza nel tempo della formazione degli addetti al primo soccorso edemergenze.

In sintesi

• Individuare i responsabili della redazione, aggiornamento e test del piano;• Definire i nominativi delle squadre e la relativa attività formativa;• Definire il piano e le procedure di emergenza;• Prevedere e tracciare la manutenzione dei dispositivi;

• Tracciare le comunicazioni al personale in tema di emergenze.

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Protocollo 4: La gestione degli appalti, i rapporti con il committente e gli acquisti

• Sappiamo gestire la sicurezza fuori dalla nostra sede? Anche se ci troviamo ad 

operare nello stesso momento insieme ad altri soggetti?

• Gli acquisti che facciamo sono “sicuri”?

Gli appalti di movimentazione che ricomprendano l’intero ciclo logistico sono un’at-tività piuttosto rara per le piccole e medie Cooperative, che si trovano, più di frequente,nella posizione di esecutrici di attività di movimentazione merci o di facchinaggio al-l’interno di appalti di servizi. Affronteremo principalmente tale situazione, unitamenteall’acquisto di beni e servizi per lo svolgimento dell’attività caratteristica.

Per quanto riguarda lo svolgimento delle attività nell’ambito di un appalto al di fuori

dei propri luoghi di lavoro, è essenziale che vengano rispettate le prescrizioni in temadi “cantieri temporanei o mobili” (Titolo IV del T.U.) o in tema di “obblighi connessi aicontratti d’appalto o d’opera o di somministrazione” (articolo 26 del T.U.). Evitandodi rielencare la normativa di riferimento e con il solo scopo di individuare le principali

attività da prevedere nel protocollo operativo per l’esecuzione dei lavori all’esternodei propri luoghi di lavoro, la Cooperativa dovrà prevedere:• La definizione delle persone responsabili in tema di salute e sicurezza all’esterno

dei propri luoghi (Preposti), a cui affidare anche il compito di controllo del rispettodelle regole da parte della squadra della Cooperativa impegnata nei lavori ed at-tivare, in caso di necessità, i rapporti con la committenza in merito alla salute e si-curezza;

• La definizione di un piano operativo della sicurezza, ovvero di un documento divalutazione dei rischi specifici relativi all’attività esterna, e la collaborazione alla re-dazione di un documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI) per le attivitànon di cantiere. Per redigerlo, occorrerà rifarsi alle indicazioni del Piano di Sicu-rezza e Coordinamento o della bozza di DUVRI preparata dal Committente e averben presente che la predisposizione di tali documenti, la loro diffusione e cono-scenza da parte del personale impegnato nelle attività è un prerequisito per l’av-vio delle attività;

• Nello svolgimento delle attività, avere dei documenti che testimonino i rapporticontinuativi con la committenza per lo scambio di informazioni sulla gestionedella salute e sicurezza; tali rapporti, ovviamente, saranno più frequenti in occa-sione di lavori su cantieri con presenza di numerosi esecutori e alte interazioni tragli stessi (riunioni periodiche della sicurezza su cantiere).

Inutile sottolineare la criticità di questo tipo di passaggi organizzativi; i casi più fre-quenti di incidenti, anche mortali, coinvolgono spesso gli esecutori di appalti parcel-lizzati tra numerosi soggetti. La proattività del comportamento della Cooperativa,anche nei confronti del Committente più disorganizzato, è senz’altro un elemento

che riduce di molto il pericolo di incappare in gravose sanzioni. Per cui, se il com-mittente non è sollecito nella preparazione del DUVRI, aiutiamolo preparando unabozza standard che lo guidi nell’attività; in fondo, l’interesse e il beneficio è princi-palmente nostro.

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Stessi principi vanno applicati ai nostri eventuali fornitori nell’ambito della esecuzionedei lavori/forniture da noi coordinati.

Per quanto riguarda gli acquisti di beni, le attività da garantire sono quelle relative al-

l’ottenimento delle certificazioni di legge relativamente ai macchinari acquisiti (assoltedai comportamenti illustrati nel protocollo 1), e due ulteriori importanti attività:• Nella selezione del fornitore:

- il coinvolgimento dell’Rspp (o chi competente) rilasci il suo parere sulla capa-cità del fornitore di operare in sicurezza, sulla sua idoneità tecnico professio-nale e sui requisiti di sicurezza relativi ai prodotti;

- la valutazione da parte della funzione interna (RSPP, ufficio amministrazione),anche con l’ausilio degli uffici tecnici della propria associazione, della com-pletezza dei contratti relativamente agli aspetti della sicurezza;

• In fase di ricezione del bene: controlli di accettazione (anche mediante check list)

su macchinari, attrezzature e apprestamenti, e verifica della presenza delle even-tuali certificazioni relative alla sicurezza.

Nel momento in cui la Cooperativa si doterà del Modello organizzativo, copia dellastesso (o un suo estratto sintetico) potrà essere consegnato ai clienti e ai fornitori enei contratti con i fornitori potranno essere inseriti clausole che obblighino gli stessial rispetto della normativa di cui al Decreto 231 e al Decreto 81/08.

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In sintesi• Individuare le responsabilità organizzative per l’applicabilità e gestione dell’art.

26 o della normativa cantieri;• Definire e archiviare DUVRI e POS, verbali delle riunioni per la sicurezza, princi-

pali comunicazioni in tema di sicurezza con la squadra e il cliente;• Tracciare intervento dell’Rspp sulla valutazione dei fornitori;• Contratti d’acquisto beni e servizi completi nelle parti relative alla sicurezza;• Accettazione scritta e controllo dei beni acquistati.

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Protocollo 5: La consultazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

(RLS) e la riunione periodica sul tema della salute e sicurezza

• Cosa pensano i nostri lavoratori in merito ai rischi e alle contromisure prese?

Come facciamo a coinvolgerli per avere il loro necessario contributo?

La consultazione dei RLS e dei lavoratori, oltre ad essere un obbligo normativo (rif.all’art. 29 e alla sezione VII, capo 3° del Titolo 1 del T.U.) rappresenta il necessariocanale informativo per l’acquisizione di elementi utili a migliorare la progettazione ela gestione della sicurezza.

Le occasioni di scambio di informazioni tra lavoratori e Resp. della sicurezza nonmancano di certo nel corso dello svolgimento delle mansioni; abbiamo già visto laconsultazione preventiva degli RLS in occasione della valutazione dei rischi, a que-

sta si aggiungono le altre occasioni di consultazione preventiva indicate dal T.U. (es.nomina squadre di emergenza, formazione, ecc.).

Il principale elemento di un protocollo su questo punto resta quello della tracciabi-

lità di tale partecipazione (es. verbali, firme, visti, comunicazioni email).

Per quanto riguarda la riunione periodica, gli argomenti da trattare sono dettati dallalegge (art. 35 del T.U.), per cui potrebbero costituire l’ordine del giorno standard daverbalizzare nell’incontro; a tale parte standard si aggiungeranno i temi di volta involta affrontati nella riunione.

La predisposizione di un verbale di riunione firmato, almeno una volta l’anno (anchenei casi in cui la Cooperativa non è obbligata a farlo), costituisce una prova fonda-mentale del coinvolgimento dei lavoratori e della periodica verifica delle attività svolte.Dal punto di vista sistemico, la riunione dovrebbe essere il momento in cui si valuta

l’utilità e il raggiungimento degli obiettivi prefissati e si individuano eventuali corret-tivi, con responsabilità e tempistica definite.

Da ultimo, i lavoratori devono essere informati sulle modalità della loro partecipazione

e sull’identità del loro rappresentante mediante avvisi in bacheca, informativa in as-semblea, informativa in busta paga, ecc.

In sintesi

• Individuare le occasioni (organizzazione, partecipazione e tracciabilità) di coin-volgimento dei lavoratori;

• Tracciabilità della partecipazione alla valutazione dei rischi;• Verbale della riunione periodica e comunicazioni al personale (avvisi, informa-

tive, ecc.) che documentano la partecipazione dei lavoratori.

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Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

• Il piano di emergenza e il primo soccorso sono attività attentamente curate all’interno della Coo-

perativa: il piano definisce le procedure in caso di emergenza; inoltre sono state costitute lesquadre, formate e sottoposte ad aggiornamento continuo (la formazione è programmata e rea-

lizzata ogni 3 anni).

• Per ciò che riguarda la gestione degli appalti e i relativi rapporti con i committenti, Coop Pro-

gresso dispone di un Piano operativo di sicurezza (POS) generico che viene adattato a seconda

dell’attività oggetto dell’appalto e che contribuisce alla redazione del Documento Unico di Valu-

tazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI) redatto dal committente. In alcuni casi la Cooperativa

diventa il “facilitatore delle attività” nell’approccio con il committente in relazione alla valutazione

del rischio da interferenze, apportando un servizio aggiuntivo. Il POS e il DUVRI sono oggetto di

verifica nel riesame annuale in quanto momento di analisi e valutazione di opportune o neces-

sarie azioni di miglioramento.• In relazione alle consultazioni e alle riunioni periodiche con i Rappresentanti dei lavoratori per la

sicurezza (RLS), tale attività ad oggi viene svolta sostanzialmente attraverso canali informali; un

aspetto che la Cooperativa ha individuato come punto di miglioramento è la tracciabilità delle

consultazioni dei RLS e delle riunioni con i lavoratori. Sarà cura del RSPP redigere un ordine del

giorno della riunione, in cui tracciare il numero di partecipanti e le tematiche, documento che

dovrà essere datato e firmato dai RLS e dall’RSPP.

Documenti di registrazione utilizzati

- Piano di emergenza ed evacuazione

- POS, DUVRI, contratto d’appalto con i relativi costi di sicurezza

- Registrazione delle riunioni annuali (circa 2/3 l’anno, oltre la riunione periodica annuale)

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Protocollo 6Attività di sorveglianza sanitaria

• Ciascun lavoratore è idoneo a svolgere l’attività assegnata? Come controllo nel 

tempo l’impatto delle attività lavorative sulla salute dei miei lavoratori?

 Alla sorveglianza sanitaria è dedicata la lettera d ) dell’art. 30 e la sezione V (art. 38-42) del T.U.

Dal punto di vista del nostro Modello, occorrerà su questo punto rendere tracciabile:• La nomina del Medico competente da parte del Datore di lavoro;• Il piano di gestione delle visite mediche (in fase assuntiva e nel continuo) e l’ag-

giornamento di tale piano, ad es. a seguito di eventuali cambi di mansione;• L’effettuazione e la gestione dei referti ottenuti (giudizi di idoneità, prescrizioni, ecc.).

Così come indicato per le altre lettere, oltre la tracciabilità, l’altro elemento fonda-mentale del protocollo operativo è la definizione delle responsabilità: già dai puntisopra richiamati si evince che i soggetti che operano nelle fasi di assunzione e ammi-nistrazione del personale hanno un ruolo fondamentale nel gestire il calendario visitee comunicare internamente e al medico competente eventuali cambi di mansione.

Definite le responsabilità e i principali elementi di tracciabilità (programmazione, ef-fettuazione ed esito visite, comunicazioni per l’aggiornamento della vigilanza), e con-siderando la custodia della cartella sanitaria presso il luogo concordato con il Datoredi lavoro, il nostro protocollo avrà assolto ai suoi compiti fondamentali.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

Il datore di lavoro ha nominato un Medico Competente che elabora un Piano di sorveglianza sanita-

ria da adempiere attraverso visite mediche periodiche; il Medico è responsabile della tenuta delle

cartelle sanitarie.

Documenti di registrazione utilizzati

- Piano di sorveglianza

- Comunicazione di idoneità con eventuali prescrizioni(da parte del Medico Competente)

- Registrazione accertamenti sanitari

In sintesi

• Piano di sorveglianza;• Tracciabilità della programmazione, effettuazione ed esito visite;• Comunicazioni per l’aggiornamento della vigilanza (es. cambi mansione).

Attenzione ai cambi

di mansione, è necessario

garantire adeguati flussiinformativi per l’aggiornamento

della sorveglianza

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Protocollo 7Attività di informazione e formazionedei lavoratori

Questo punto è tra i più conosciuti, dibattuti, oggetto di attenzione, ma anche quellosu cui è più facile rilevare carenze organizzative:

• Siete sicuri che le persone che utilizzano le strumentazioni di lavoro, soprattutto

 se nuovi della mansione, siano stati formati adeguatamente sui sistemi di pre-

venzione e protezione da adoperare?

• Siete sicuri che vi abbiano ascoltato e soprattutto che abbiano compreso quello

che gli avete detto?

Queste due semplici domande dovrebbero trovare risposta nel protocollo operativoche adoperiamo; tutti i nostri (onerosi) sforzi saranno vanificati se, soprattutto alla se-conda domanda, non sapremo dare una risposta.

 Andando per ordine, occorre quindi garantire che:• Ci sia collegamento tra valutazione dei rischi e attività formativa e informa-

tiva intrapresa;• In fase di assunzione, e prima di adibire il lavoratore a determinate mansioni, ven-

gano verificate in maniera tracciabile (es. copia documenti) il possesso dei re-

quisiti di formazione per lo svolgimento di determinate attività a rischio;• Al neoassunto venga trasferito – con visto per accettazione o altra forma trac-

ciabile – il materiale info-formativo, la documentazione in materia di sicurezza;• L’affiancamento sul campo ad un lavoratore esperto, nel caso di utilizzo di

macchinari, è sicuramente una buona prassi; occorre che sia se tracciato confirma di entrambi;

• Sono presenti dei lavoratori stranieri? Occorre tenerne conto, sia nella proget-tazione delle attività formative che nella verifica della comprensione della lingua ita-liana (o utilizzare altra lingua comprensibile);

• Da ultimo, non meno importante e già richiamato puntualmente dal T.U., che la

formazione obbligatoria verso tutte le figure dell’organizzazione per la si-curezza sia stata programmata e correttamente erogata (es. Preposti, RLS,squadre di emergenza e primo soccorso, ecc.).

Occorre, quindi, assegnare le responsabilità per la redazione, aggiornamento e

conduzione delle attività di formazione relative alla sicurezza, compresa la va-lutazione dell’efficacia formativa (controlliamo se i partecipanti hanno capito le no-stre indicazioni, italiani o stranieri che siano?).

Il programma di formazione e la sua manutenzione nel tempo deve essere traccia-

bile e rinvenibile in qualunque momento.Ricordiamoci che, ai fini delle sanzioni dettate dal Decreto 231, il risparmio ottenuto dalla

Cooperativa per il mancato svolgimento delle attività formative è una delle condi-

zioni che può costituire un vantaggio per la Cooperativa ed essere il presupposto per l’ap-

plicazione di pesantissime sanzioni (sanzioni economiche, interdizione dell’attività).

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In sintesi

• Definire chi redige, monitora ed aggiorna il piano di formazione;• Programma di formazione e relativi aggiornamenti;

• Tracciabilità delle attività svolte (di natura formativa e informativa) e divalutazione

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

La formazione obbligatoria (pronto soccorso, ruolo di RSPP, emergenze, ecc.) è svolta da enti accre-

ditati che rilasciano gli attestati; viene erogato un test per la verifica dell’efficacia della formazione. La

partecipazione è registrata tramite firma di presenza.

Per quanto riguarda altri target formativi (es. preposti, cambio mansioni, ecc.) non sempre la forma-zione è fatta in modo sistematico. A tale riguardo la Cooperativa ha intenzione di introdurre a

breve un Piano di formazione dove registrare le attività in calendario in ambito formativo, le diffe-

renti tipologie di lavoratori a cui sono dirette (ad es. preposti, neo-assunti, cambio mansioni, ecc.) e

la relativa consuntivazione delle attività effettuate. Sarà cura del consulente esterno effettuare l’atti-

vità formativa non coperta dagli enti accreditati ed aggiornare il Piano formativo.

Inoltre, la Cooperativa utilizzerà la figura del tutor per l’inserimento dei neo assunti in azienda

che svolgerà attività di accoglienza e di sostegno (per un periodo di circa 1 mese) per facilitare l’esplo-

razione e la conoscenza del sistema organizzativo ai nuovi ingressi. Alla fine del periodo di tutoraggio

sarà cura del tutor redigere un verbale/rapporto sugli aspetti sensibili, anche relativi alla sicurezza, trat-

tati in ambito lavorativo.

Documenti di registrazione utilizzati

• Piano di formazione per pianificazione e registrazione delle attività (vedi allegato 3)

• Verbale di formazione per i neo-assunti (tutoraggio)

• Registro delle presenze

• Test di apprendimento compilati dai discenti

• Rilascio degli attestati da parte degli enti accreditati

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Protocollo 8Attività di vigilanza con riferimento al rispettodelle procedure e delle istruzioni di lavoro

in sicurezza da parte dei lavoratori• Ma tutto quello che dico e faccio per la sicurezza del lavoro e dei lavoratori, alla

fine, viene messo in pratica?

La vigilanza deve essere svolta là dove serve, sul campo, accanto al lavoratore, edè per questo che il T.U. disegna una organizzazione per la sicurezza che fa discen-dere, a ciascun livello organizzativo, degli obblighi ben precisi, fino ad arrivare alla fi-gura del Preposto e del lavoratore.Nella prassi, il Preposto è spesso il collega di lavoro, quello più esperiente o quello

più presente sul luogo di lavoro; ha il ruolo fondamentale di vigilare sui colleghi e se-gnalare eventuali infrazioni, è lui che osserva direttamente i comportamenti degli stessie raccoglie, giorno per giorno, quell’enorme patrimonio di informazioni che, se inse-rito virtuosamente in un circuito di analisi e feed back, potrebbe dare molte risposteal perché di determinati incidenti. Il ruolo del Preposto è cruciale nell’ottica della vi-

gilanza, per cui lo stesso deve essere ampiamente sensibilizzato. Anche in questo caso, senza ripetere le responsabilità già ben delineate dal T.U. intema di vigilanza, concentriamo l’attenzione sui punti che il protocollo dovrebbe trac-ciare, testimoniandone l’effettivo svolgimento.

Sicuramente, al livello più basso, abbiamo la vigilanza del Preposto sui lavoratori; lavigilanza è costante; i momenti da tracciare sono sicuramente quelli relativi a:• Mancato rispetto delle disposizioni e delle procedure operative stabilite;• Mancati infortuni, comportamenti a rischio, situazioni di pericolo emergenti o non

presidiate dalla valutazione dei rischi;• Eventi infortunistici.

Lo scopo della registrazione è quello di dimostrare il funzionamento dell’attività di vi-gilanza operativa, della raccolta delle informazioni per le necessarie analisi (es. man-

cati infortuni) e, se del caso, dell’applicazione di misure disciplinari.

Il Preposto trasmetterà questo patrimonio al Datore di lavoro e all’RSPP, in partico-lare la pronta comunicazione di infortuni, quasi infortuni o pericoli registrati; sarà com-pito di Datore di Lavoro e Rspp prenderne in carico la gestione, effettuare l’analisidelle cause coinvolgendo i Preposti, gli RLS e le altre figure, e identificare le azioni cor-rettive da inserire nel “piano di miglioramento”. Le eventuali azioni correttive rientranocosì nell’azione di monitoraggio periodico sul “piano di miglioramento”.L’analisi degli eventi infortunistici e della altre informazioni derivanti dalla vigilanza

operativa è uno dei puniti da esaminare nell’incontro annuale, indicato alla lettera c).

Risalendo di un gradino nell’organizzazione della Cooperativa, ovvero, nei casi dellepiccole e medie Cooperative, arrivando al vertice aziendale, si potrebbero definire dei

controlli periodici relativi alle attività indicate nei protocolli precedenti; ovvero unprogramma formalizzato di controlli (es. svolti dall’RSPP o dal Datore di lavoro) su:• Presenza delle autorizzazioni connesse alla sicurezza;

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• Verifica del rispetto dei requisiti legali applicabili;• Manutenzioni su mezzi e attrezzature aziendali;• Aggiornamento DVR;• Adeguatezza e manutenzione DPI scaturenti dal DVR;

• Accessibilità di dispositivi di primo soccorso;• Squadre e procedure per le emergenze;• Stato di informazione e formazione;• Presenza delle registrazioni in tema di sicurezza indicate nelle lettere precedenti.

In sintesi, dato che per le responsabilità in tema di vigilanza possiamo tranquillamenterifarci alle chiare indicazioni del T.U. rispetto alle varie figure dell’organizzazione perla sicurezza (Lavoratori, Preposti, Datore di lavoro ai vari livelli), quello che il protocollo

deve richiamare sono i documenti che l’attività di vigilanza operativa produce.

In sintesi• Individuare chi controlla e quando;• Piano dei controlli e liste di controllo utilizzate; gestione delle azioni cor-

rettivi scaturenti;• Tracciabilità dei richiami e delle sanzioni;• Registrazione dei mancati infortuni, comportamenti a rischio, eventi infor-

tunistici.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

L’attività di verifica/monitoraggio da parte della Cooperativa Progresso è svolta nella prassi dai Pre-

posti anche se non esplicitata formalmente.

Due sono le aree di sviluppo su cui la Cooperativa lavorerà:

• facilitare la responsabilizzazione dei Preposti attraverso corsi formativi interni affinché vigilino sui

comportamenti dei lavoratori;

• attivare lo svolgimento di verifiche ispettive da parte del RSPP (da prevedere 1-2 verifiche l’anno)

con il compito di effettuare controlli di secondo livello sulla gestione della sicurezza attraverso l’au-silio di una semplice check list su cui annotare eventuali non conformità/anomalie. Nel caso in

cui l’analisi delle cause comporti l’apertura di un’azione correttiva, sarà cura del RSPP redigere

e condividere il relativo piano d’azione, ossia identificare le attività e le persone responsabili di ge-

stire la risoluzione dell’anomalia (anche gli esiti delle verifiche ispettive dovranno rientrare come

dati nella riunione annuale).

Documenti di registrazione utilizzati

- Comunicazioni da Preposti su irregolarità-situazioni rischiose riscontrate

- Check list di verifica pre e post intervento e non conformità-azioni di miglioramento

(vedi allegato 4)- Azione correttiva con relativo piano d’azione

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Protocollo 9Periodiche verifiche dell’applicazionee dell’efficacia delle procedure adottate

 Trattiamo, in quest’ultimo protocollo del Modello organizzativo, l’aspetto prestazio-nale della gestione della sicurezza, ovvero:

• Ma tutto quello che dico e faccio per la sicurezza del lavoro e dei lavoratori, alla

fine, è utile a creare un lavoro “più sicuro”?

Il Datore di Lavoro riesamina i risultati delle attività svolte e della gestione messa inatto, utilizzando i risultati della vigilanza operativa (precedente protocollo 8) e gli

input provenienti dalle altre attività svolte, producendo un verbale (anche questopotrebbe essere standardizzato nei punti fondamentali); lo scopo è tracciare l’analisi

e la valutazione dell’efficacia della gestione della sicurezza in azienda, in particolaremodo in occasione di cambiamenti organizzativi o quando siano scoperte violazionisignificative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro.

Il riesame, oltre ad essere un momento di valutazione, è anche un momento di con-fronto con la realtà esterna, con i migliori della classe. Per questo è sicuramente utiletrovare delle statistiche, dei dati con cui confrontarsi, un  benchmark per valutarsi,guardando alle aziende operanti in settori analoghi e allargando il confronto a paesicon una forte e consolidata cultura della sicurezza sul lavoro.

Il riesame prestazionale porta, nell’ottica del miglioramento continuo propria dei si-stemi di qualità, alla definizione di azioni migliorative e di nuovi obiettivi da conse-guire. Anche queste soluzioni entreranno nel nostro “piano di miglioramento” esaranno oggetto di monitoraggio nel tempo.Dal punto di vista operativo, spesso il riesame è annuale e coincide con la riunioneperiodica annuale.

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In sintesi

• Responsabilità, partecipanti e tempistica del riesame;• Verbale dei riesame e azioni conseguenti.

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Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

Cooperativa Progresso effettua una riunione annuale registrata nel corso della quale si eviden-

ziano anche richieste o segnalazioni dei singoli lavoratori.

La riunione annuale dovrà evolvere nel riesame quale momento di valutazione dell’adeguatezza

e dell’efficacia della gestione della sicurezza attuata. In questo modo si facilita lo sviluppo di un’ottica

sistemica all’interno della Cooperativa tale per cui da una mera gestione degli aspetti relativi alla si-

curezza si passa ad una gestione che si basa su un insieme di elementi fra loro correlati e non ca-

suali, da tenere monitorati in ottica di miglioramento continuo.

Per ciò che riguarda l’esame dei dati e degli indicatori relativi all’applicazione e all’efficacia delle

prassi/procedure adottate, Cooperativa Progresso ad oggi dispone di dati su infortuni, sorveglianza

sanitaria e stress da lavoro correlato (indicatori ISPESL); questi dati sono gestiti dalla Responsabile am-

ministrativa dietro input del RSPP.La Cooperativa ha intenzione di portare l’analisi dei dati relativi agli indicatori individuati all’interno del

riesame, in modo da evidenziare aree di forza e di debolezza e proporre eventuali azioni di sviluppo.

Sono auspicabili anche eventuali confronti con realtà simili o in modo da utilizzarli come indici di pa-

ragone.

Documenti di registrazione utilizzati

• Verbale del riesame a cura di RSPP/OdV

• Individuazione indicatori

• Registrazioni dati su infortuni, malattie professionali, stress da lavoro correlato e formazione

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Protocolli e lettere del primo comma Cosa garantire con il Protocollo

Protocollo 1:Comma 1 dell’art. 30:Lettera a) Rispetto degli standard tecnico-strutturali dilegge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro,agenti chimici, fisici e biologiciLettera g) Acquisizione di documentazioni e certificazioniobbligatorie di legge

Controllo della conformità ai requisiti e agli standard di leggedei fattori utilizzati, compresi i luoghi in cui si svolge l’attività.Riguarda sia la fase di acquisizione dei fattori produttivi (es.acquisto di un macchinario o di un’attrezzatura) quanto lafase di mantenimento nel tempo dei requisiti richiesti, com-prese le certificazioni obbligatorie per legge.

Protocollo 2:Lettera b ) Attività di valutazione dei rischi e di predisposizionedelle misure di prevenzione e protezione conseguenti

Effettuazione, attuazione e aggiornamento dellavalutazione dei rischi e delle azioni conseguenti.

Protocollo 3:Lettera c) Attività di natura organizzativa, quali emergenze,

primo soccorso

Garantire che siano stati approntati opportuni mezzi (e chequesti siano conosciuti) in caso di emergenze, incendi, primo

soccorso.

Protocollo 4:Lettera c) gestione degli appalti

La gestione della sicurezza nell’ambito degli appalti, dei rap-porti con il committente e degli acquisti di beni e servizi

Protocollo 5:Lettera c) riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei

rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

Partecipazione dei lavoratori alla progettazione della sicurezza

Protocollo 6:Lettera d) Attività di sorveglianza sanitaria

Organizzazione e svolgimento della sorveglianza

Protocollo 7:Lettera e) Attività di informazione e formazione dei lavoratori

Garantire adeguata informazione, formazione e comprensionedi come comportarsi per lavorare in sicurezza

Protocollo 8:Lettera f) Attività di vigilanza con riferimento al rispetto delleprocedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei

lavoratori

Garantire lo svolgimento di attività di controllo sul rispettodelle regole e delle indicazioni in materia di salute e sicurezza

Protocollo 9:Lettera h) Periodiche verifiche dell’applicazione e dell’effica-cia delle procedure adottate

Prevedere un controllo sul raggiungimento degli obiettivi esulle prestazioni della gestione della sicurezza

Quadro di sintesi dei protocolli operativi

Prima di continuare con gli altri punti dettati dall’art. 30 del T.U. proponiamo nella tabella una sintesi

di quelli che sono i principali elementi di responsabilità e tracciabilità che, per ciascuno dei punti fin

qui affrontati, costituiscono i protocolli ai fini del Modello organizzativo 231.

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 Responsabilità Tracciabilità

Definire i soggetti responsabili e gli strumenti in uso • Elenco normative e fonti di aggiornamento• Archivio documentazione obbligatoria• Elenco mezzi con scadenziario aggiornato per manuten-

zioni e raccolta documentazione degli interventi manuten-tivi effettuati

Definite da T.U.; declinarle sulla realtà della Cooperativa (es.intervento Rspp interno o esterno) nell’ambito di una proce-dura o nell’ambito dell’assegnazione dei compiti (vedi organiz-

zazione per la sicurezza)

Procedura di valutazione dei rischi che definisca i criteri, le mo-dalità operative e le responsabilità per:• individuare i pericoli

• effettuare la valutazione dei rischi• individuare le procedure operative da seguire per svolgere le

attività in sicurezza• definire le misure di prevenzione e protezione• attuare il piano di miglioramento scaturente dalla valutazione• aggiornare la valutazione dei rischi

DVR e piano di miglioramento per l’attuazione e l’aggiorna-mento della valutazione.Tracciabilità delle attività identificate dal DVR e dal piano di mi-glioramento (es. gestione DPI)

Definire i responsabili per la redazione, aggiornamento e testdel piano di emergenza, la costituzione delle squadre e la rela-

tiva attività formativa (anche nell’ambito della organizzazioneper la sicurezza)

• Nominativi squadre• Piano e procedure di emergenza, accesso ai dispositivi di

primo soccorso• Manutenzione dispositivi di emergenza e soccorso• Comunicazioni in tema al personale

 Art. 26 o TITOLO IV: responsabilità definite dal T.U. • Archivio di POS, DUVRI, verbali di riunioni per la sicu-rezza, comunicazioni con la squadra e il cliente

• Comunicazione dell’Rspp (o chi competente) sulla valuta-zione dei fornitori e dei prodotti

• Contratti di acquisto completi con gli aspetti inerenti la si-curezza

• Accettazione scritta dei beni/attrezzature acquistate con veri-fica e raccolta documenti relativi alla sicurezza (es. libretti)

Definire chi garantisce la partecipazione e il coinvolgimento infase di valutazione dei rischi e negli altri momenti richiesti dal

T.U., chi organizza, partecipa e verbalizza la riunione periodica.

• Partecipazione alla valutazione dei rischi ed elaborazione delDVR (firma DVR, ecc.)

• Verbale della riunione periodica• Avvisi in bacheca, informativa in assemblea, informativa inbusta paga, ecc. relative al coinvolgimento dei lavoratori

Come da T.U. relativamente alle responsabilità del Datore di lavoro,del Medico competente e del lavoratore.

Programmazione, effettuazione ed esito visite, comunicazioniper l’aggiornamento della vigilanza (es. cambi mansione)

 Assegnare le responsabilità in merito alla redazione, aggiorna-mento e conduzione delle attività di formazione relative alla si-curezza, compresa la valutazione dell’efficacia formativa

• Programma di formazione e sua manutenzione nel tempo(anche obbligatoria per le figure richiamate dal T.U.)

• Traccia delle attività svolte (di natura informativa e forma-tiva)

Ruoli definiti dal T.U.; chiarire e sensibilizzare il Preposto allosvolgimento del proprio ruolo

• Piano e liste di controllo, aggiornate e archiviate neltempo; azioni correttive scaturenti dai controlli

• Richiami e sanzioni provenienti dai controlli

• Registrazioni e schede di analisi sui mancati infortuni,comportamenti a rischio, situazioni di pericolo emergenti,eventi infortunistici

Il Datore di Lavoro organizza il riesame dei risultati delle atti-vità svolte e della gestione della sicurezza messa in atto

• Verbale di analisi e valutazione dell’efficacia della ge-stione della sicurezza in azienda

• Benchmark e indicatori infortunistici

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Presenza di un’articolazione di funzioniche assicuri le competenze tecniche dei poterinecessari per la verifica, valutazione, gestione

e controllo del rischio (comma 3, prima parte)• Chi ha la responsabilità di portare avanti le attività precedentemente definite?

Il comma 3 dell’art. 30 richiede che, all’interno della Cooperativa, sia stata adottata unaadeguata articolazione di funzioni, competenze e poteri per l’analisi e gestione dei

rischi. Tale obiettivo può essere raggiunto definendo l’organizzazione della Coopera-

tiva per la sicurezza, ovvero individuando i soggetti e i relativi compiti come delineati dal T.U.:

• Datore di Lavoro: secondo l’art. 2 lettera b) del T.U. il Datore di lavoro (DL) è ilsoggetto titolare del rapporto di lavoro o, comunque, il soggetto che, secondo iltipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propriaattività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva inquanto esercita i poteri decisionali e di spesa.Nelle piccole medie realtà Cooperative, la figura del Datore di lavoro è assunta,normalmente, dal Presidente del CdA (ricordiamo che, nella stessa definizione diDL, il T.U. prevede che in caso di omessa individuazione, o di individuazione nonconforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di ver-tice medesimo).Il Datore di lavoro può delegare parte delle sue funzioni, secondo i criteri definitidall’art. 16 del T.U. a un soggetto dotato di competenza tecnica e di corrispon-denti poteri, anche di spesa. Non approfondiamo ulteriormente la figura del De-legato, che si presume utilizzata solo in strutture di una certa complessità;richiamiamo l’importanza della formalizzazione e tracciabilità di tale eventuale de-lega e ribadiamo ulteriormente che, anche in caso di delega, al Datore di lavororesta l’ineludibile obbligo di vigilanza sul corretto espletamento delle mansioni

assegnate. Tale obbligo è assolto attraverso l’adozione ed attuazione del nostro

Modello organizzativo;

• Servizio prevenzione e protezione e suo Responsabile: il Servizio di Preven-zione e Protezione (SPP) è definito come l’insieme delle persone, sistemi e mezziesterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai ri-schi professionali per i lavoratori ed è un organismo di consulenza e supportofondamentale per il datore di lavoro. Il Responsabile normalmente coordina l’at-tività del servizio e degli addetti del servizio; nelle realtà medio-piccole, essenzial-mente per mancanza di competenze specifiche, la funzione è spesso assegnataad un soggetto esterno. Anche in questo caso, ribadiamo, il datore di lavoro nonè per questo esonerato dalla propria responsabilità; per cui sarà sicuramente utile,

per dimostrare l’assolvimento della funzione, stabilire flussi informativi e trac-ciare la collaborazione tra il DL e il SPP;

• Preposto: la figura del Preposto, come visto già nell’analisi del primo comma e deisuoi vari punti operativi, è essenziale per l’efficace attuazione del Modello, in quanto

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rappresenta l’articolazione dell’organizzazione per la sicurezza sul campo, al livellodel lavoratore; il Preposto deve essere incaricato dal DL e deve essere pienamenteconsapevole dell’importanza del suo ruolo (utile ricordargli anche le sanzioni a suocarico previste dal T.U.);

• Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: sempre previsto, eletto o de-signato (dai lavoratori), è la figura che garantisce la rappresentanza e il contributodei lavoratori alla progettazione e alla attuazione della sicurezza sul luogo di lavoro;

• Squadre di emergenza: è obbligo del DL designare preventivamente i lavoratoriincaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio,di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di sal-vataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza; la desi-gnazione, formazione e attuazione delle squadre di emergenza è importante aifini del protocollo di cui al comma 1 lettera c) (“attività di natura organizzativa,

quali emergenze, primo soccorso…”) del Modello organizzativo;

• Medico competente: il medico competente collabora con il DL ai fini della valu-tazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sani-taria e per tutti gli altri compiti previsti dal Decreto;

• I lavoratori! Spesso non indicati negli organigrammi ufficiali per la sicurezza, rap-presentano il punto iniziale e di arrivo di qualsiasi Modello volto a garantire unaadeguata organizzazione per la gestione della salute e sicurezza. Il Modello pre-vede, quindi, una serie di misure per garantire tale inclusione; deve prevedereanche degli strumenti volti ad incentivare il rispetto degli obblighi del lavoratore (art.

20 del T.U. “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza edi quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effettidelle sue azioni o omissioni…”).

Ritornando al nostro Modello, occorrerà garantire in prima istanza e controllare suc-cessivamente che:• Il Datore di Lavoro ha provveduto a nominare un Responsabile del Servizio Pre-

venzione e Protezione – RSPP - e ha attribuito allo stesso specifici compiti/poteri

per fare fronte alla nomina ricevuta, ottenendo accettazione scritta della stessa (osvolge personalmente il ruolo di RSPP);• Il Datore di Lavoro ha nominato il medico competente;• Sono stati individuati i RLS;• Il Datore di Lavoro ha definito i ruoli, le responsabilità, i poteri in relazione alla

gestione della sicurezza (servizio prevenzione e sicurezza, preposti, squadre diemergenza e primo soccorso, …), esplicitandoli in apposito documento, oppor-tunamente divulgato in azienda in modo che sia conosciuto da tutti i lavoratori.

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In sintesi

• Organigramma e mansionario della sicurezza in azienda.

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Riportiamo di seguito una esemplificazione dell’organigramma per la sicurezza in azienda.

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Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

E’ disponibile un organigramma in materia di sicurezza; a breve la Cooperativa provvederà a

sviluppare un nuovo organigramma/mansionariopiù completo e rispondente agli obblighi in

materia (ad es. evidenziazione delle responsabilità in carico alle funzioni in tema sicurezza e preven-zione: RSPP, Preposti, ecc.).

 A tale proposito Cooperativa Progresso pensa ad un organigramma integrato all’attuale di tipo

funzionale, in modo da calare i ruoli per la sicurezza nell’ambito delle mansioni svolte da

ciascuna figura.

Documenti utilizzati

• Organigramma completo rispondente agli obblighi in materia, con evidenziazione delle respon-

sabilità in carico a RSPP e preposti.

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   D  a   t  o  r  e   d   i   L  a  v  o  r  o

   (  e  v  e  n   t  u  a   l  e

   d  e   l  e  g  a   t  o   )

   R  e  s  p  o  n  s  a   b   i   l  e

   S   P   P   (   i  n   t  e  r  n  o

  o  e  s   t  e

  r  n  o   )

 …

   A   d   d  e   t   t   i   S   P   P

 … … …

   P  r  e  p  o  s   t  o

 …

   M  e   d   i  c  o  c  o  m  p  e   t  e  n   t  e

 …

   L  a  v  o  r  a   t  o  r   i

   R   L   S …

   S  q  u  a   d  r  a  e  m  e  r  g  e  n  z  e

   P  r  e  v  e  n  z   i  o  n  e  a  n   t   i  n  c  e  n

   d   i  o

   E  v  a  c  u  a  z   i  o  n  e   l  u  o  g   h   i   d   i   l  a  v  o  r  o

  e  g  e  s   t   i  o  n  e  e  m  e  r  g  e  n

  z  a

   P  r   i  m  o  s  o  c  c  o  r  s  o

        SC

H

M

 

O

G

Z

 

V

O

P

R

L

 

S

C

Z

 

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Presenza di un sistema disciplinare idoneoa sanzionare il mancato rispetto delle misureindicate nel Modello (comma 3, seconda parte)

Rinviamo la trattazione del sistema disciplinare al capitolo successivo; questo requi-sito è un elemento fondamentale anche del Decreto 231.

Presenza di un sistema di controllosull’attuazione del medesimo Modelloe sul mantenimento nel tempo delle condizionidi idoneità delle misure adottate (comma 4)

Il riesame e l’eventuale modifica del Modello organizzativo devono essere adottati,quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione

degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’orga-

nizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

• Come garantire che il Modello sia attuato e venga aggiornato nel tempo?

Il sistema di controllo del Modello è normalmente attuato tramite le verifiche interne,

le verifiche esterne (es. audit dei certificatori in caso di Sistema di gestione certificato)e soprattutto, ai fini del nostro Modello (che ricordiamo ha l’obiettivo di garantire con-formità rispetto al Testo Unico e al Decreto 231), tramite l’azione dell’Organismo di

 Vigilanza (OdV).

 Tratteremo nel relativo capitolo il ruolo dell’OdV; sottolineiamo che il sistema di con-trollo deve arrivare all’eventuale modifica del Modello organizzativo nel caso in cuisiano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli in-fortuni e all’igiene sul lavoro, in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’at-tività, in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

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Il sistema disciplinare

• Cosa succede se non si rispetta il 

Modello e le regole per lavorare in si-

curezza?

Il sistema disciplinare rappresenta l’ele-

mento deterrente di comportamenti che

violino i protocolli e le regole indicate nelModello; è il completamento di ogni si-stema di controllo in termini sia preventivi (tramite effetto di deterrenza) che di rispo-sta alla violazioni scoperte o segnalate.Il sistema disciplinare è indirizzato a tutti i soggetti operanti con l’organizzazione; alfine di una reale prevenzione e deterrenza non deve quindi essere unicamente rivolto

ai lavoratori ma deve contemplare misure verso tutti i soggetti coinvolti nel Modelloorganizzativo.

Occorre prevedere una gradualità delle sanzioni applicabili, in relazione al differentelivello di pericolosità che i comportamenti possono presentare rispetto alla commis-sione dei reati, creando un meccanismo che sanzioni tutte le infrazioni al Modello eche rispetti il principio della proporzionalità tra la mancanza rilevata e la sanzionecomminata.

Il potere disciplinare è esercitato (anche su indicazione dell’OdV) dal soggetto aventedelega sul personale in Cooperativa, secondo le procedure e le modalità previste dalvigente sistema disciplinare e regolato dalle norme della contrattazione collettiva. Ri-badiamo che il sistema disciplinare indicato nel Modello organizzativo non introduceulteriori sanzioni o diverse modalità di erogazione rispetto a quanto previsto dallacontrattazione collettiva; prevede l’applicazione delle sanzioni indicate nei CCNL diriferimento rispetto ad una categoria illeciti disciplinari, derivanti dall’inosservanza dinorma regolamentari interne (Modello e protocolli).

Sanzioni per operai, impiegati e quadri

In caso di mancato rispetto delle prescrizioni indicate nel Modello, in proporzione allagravità delle infrazioni verranno applicate le sanzioni previste per gli illeciti disciplinaridal Contratto collettivo applicato in azienda. A titolo esemplificativo:a) Provvedimento di RICHIAMO SCRITTO per violazione dei protocolli e delle pro-

cedure (ad esempio mancato utilizzo dei DPI, ecc.) o adozione, nell’espletamentodelle attività a rischio, di comportamenti non conformi alle prescrizioni del Mo-dello stesso.

b) Provvedimento di MULTA NON ECCEDENTE L’IMPORTO DI N… ORE DI RE- TRIBUZIONE, per la violazione ripetuta dei protocolli e delle procedure o ripetutaadozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di comportamenti non con-

formi alle indicazioni del Modello stesso.c) Provvedimento della SOSPENSIONE DALLA RETRIBUZIONE E DAL LAVOROFINO AD UN MASSIMO DI N… GIORNI, per la violazione dei protocolli e delleprocedure e, attraverso l’adozione nell’espletamento delle attività a rischio di uncomportamento non conforme alle prescrizioni del Modello stesso, esposizione

ModelloModello

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della Società a situazioni oggettive di pericolo.d) Provvedimento del LICENZIAMENTO, per l’adozione, nell’espletamento delle at-

tività a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modellodiretto, in modo univoco, al compimento di una violazione tale da configurare un

rischio diretto di realizzazione di un reato contro la salute e sicurezza del lavoro oadozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di un comportamento in viola-zione alle prescrizioni del presente Modello tale da determinare l’applicazione a ca-rico della Società delle sanzioni previste dal Decreto 231 o comunque un rilevantedanno.

Sanzioni per dirigenti

 Anche in questo caso si provvederà ad applicare le misure ritenute più idonee nellafattispecie, fatte salve le disposizioni contenute nel Contratto Collettivo Nazionale diLavoro applicato.

Le sanzioni previste dal CCNL Dirigenti Imprese Cooperative possono in particolareessere applicate nei confronti dei dirigenti che pongano in essere illeciti disciplinari de-rivanti da:a) Inosservanza delle disposizioni relative ai poteri di firma e del sistema delle dele-

ghe/procure attribuite;b) Mancato rispetto delle procedure e prescrizioni del Modello dirette a garantire lo

svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempe-stivamente situazioni di rischio;

c) Mancata, incompleta o non veritiera documentazione dell’attività svolta relativa-mente alle modalità di documentazione, di conservazione e di controllo degli attiin modo da impedire la trasparenza e verificabilità degli stessi;

d) Violazione e/o elusione del sistema di controllo interno, poste in essere mediantela sottrazione, la distruzione o l’alterazione di documentazione, ovvero impedendoil controllo o l’accesso alle informazioni ed alla documentazione ai soggetti pre-posti, incluso l’Organismo di Vigilanza;

e) Omessa supervisione, controllo e vigilanza, in qualità di “responsabile gerarchico”,sul rispetto delle procedure e prescrizioni del Modello da parte dei propri sotto-posti al fine di verificare le loro azioni nell’ambito delle aree a rischio reato;

f) Mancata formazione e/o mancato aggiornamento e/o omessa comunicazione al

personale operante alle loro dipendenze nelle aree a rischio reato delle proceduree prescrizioni del Modello.

Sanzioni per Amministratori

In caso di violazione del Modello da parte di Amministratori sarà cura dell’Organismodi Vigilanza darne immediata comunicazione all’Organo dirigente (es. CdA) e all’Or-gano di controllo (es. Collegio Sindacale) della Cooperativa, i quali provvederannoad assumere le opportune misure previste dalla normativa vigente e/o contrattuali.

Sanzioni nei rapporti con collaboratori esterni e fornitori

 Ai fini di una piena e perfetta efficacia preventiva del Modello, sono istituite previsionia valere a disciplina anche nei rapporti con i collaboratori esterni e fornitori.Nei contratti stipulati con tali soggetti devono essere inserite specifiche clausole cheprevedano l’espressa risoluzione del contratto qualora la controparte tenga com-portamenti contrari ai principi contenuti nel Modello e integranti un pericolo di com-

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missione dei reati contro la salute e sicurezza dei lavoratori, salvo e impregiudicatocomunque il diritto della Cooperativa di chiedere il risarcimento del danno, qualora lacondotta della controparte sia tale da determinare un danno a carico della stessa.

 A tali fini, ampia informativa sul Modello adottato deve essere data alla controparte,

anche attraverso le azioni previste nel piano di comunicazione e formazione.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

Esiste all’interno della Cooperativa un sistema disciplinare, richiamato dal proprio CCNL, già

messo in pratica in passato attraverso lettere di richiamo. Tuttavia la Cooperativa ad oggi non ha

applicato ancora un impianto sanzionatorio per ciò che concerne le mancate prescrizioni in am-

bito salute e sicurezza.

La Cooperativa ha pensato di applicarlo all’interno della propria struttura – anche come ulteriore

elemento di responsabilizzazione dei soci della Cooperativa – richiamando semplicemente il si-

stema disciplinare presente nel CCNL applicato.

Spetterà al CdA formalizzare le tipologie di sanzioni applicabili e i comportamenti sanzionabili (es.

mancato utilizzo del DPI, mancato rispetto delle indicazioni date dal Datore di Lavoro, ecc.).

Documenti utilizzati

• Lettera di segnalazione di infrazione (dopo la prima lettera di segnalazione di infrazione scatta

l’iter sanzionatorio vero e proprio) emessa da RSPP

• Delibera del CdA sul sistema sanzionatorio

In sintesi

• Documento che indica le sanzioni disciplinari per le violazioni del Modello;• Comunicazione del sistema disciplinare a tutti i destinatari.

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L’Organismo di Vigilanza

• Chi controlla che il Modello sia attuato

e venga aggiornato nel tempo?

 Abbiamo già detto, illustrando il quadronormativo e l’approccio metodologico,come questo sia un elemento essenziale

per l’adeguatezza del Modello ai requi-

siti del Decreto 231 (per i reati commessida apicali, ex. art. 6 del Decreto 231) e,seppur indirettamente, sia richiamato

anche dal comma 4 dell’art. 30 del T.U.

 All’Organismo di Vigilanza sono affidati, in sintesi, i compiti di:• Verifica e riporto:

- Verificare l’implementazione delle azioni suggerite nel piano di miglioramento,come base di partenza per le azioni di audit;

- Verificare che i punti di controllo previsti dal sistema aziendale siano effettiva-mente operanti, evidenziando eventuali scostamenti tra quanto previsto dalModello e le prassi effettive;

- Informare gli organi societari sull’attività svolta attraverso relazioni periodicheo necessarie in seguito ad eventi particolarmente rilevanti;

- Proporre all’Organo dirigente l’applicazione del sistema sanzionatorio, nel casodi rilevazione di comportamenti o azioni illecite.

• Manutenzione e aggiornamento del Modello (anche secondo quanto richia-mato dal comma 4 dell’art. 30):- Verificare la reale efficacia ed effettiva capacità del Modello, in relazione alla

struttura aziendale, di prevenire la commissione dei reati di cui al Decreto;- Valutare l’opportunità di aggiornamento del Modello in relazione alle aree di

attività a rischio, nel caso in cui siano scoperte violazioni significative dellenorme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro o si ri-scontrino esigenze di miglioramento dello stesso in relazione sia a mutamenti

esterni (es. modifiche della normativa di riferimento, modifiche tecniche e pro-gressi tecnologici) sia a cambiamenti organizzativi.

• Formazione e comunicazione:

- Promuovere idonee iniziative, in collaborazione con i Responsabili delle funzioniaziendali, per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modelloe garantire la predisposizione della documentazione contenente le istruzioni, ichiarimenti e gli aggiornamenti relativi al funzionamento del Modello stesso.

• Da chi è composto l’Organismo di Vigilanza?

Non esiste un precisa risposta, data la necessità di valutare di caso in caso quale sia lacomposizione migliore al fine di assicurarne l’indipendenza, l’autonomia e la libertà di giu-dizio, l’onorabilità e qualificazione professionale, l’efficienza operativa e continuità di azione.Il punto da cui muoviamo in questa sede, quello delle realtà di medio-piccola di-

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mensione, e della contestuale esigenza che gli eventuali oneri relativi all’OdV  (es.compensi ai membri esterni) non rappresentino un reale ostacolo alla adozione del

Modello, ci porta a richiamare due indicazioni ben precise, contenute nel comma 4e nel comma 4bis dell’art. 6 del Decreto 231:

• Comma 4: negli enti di piccole dimensioni i compiti dell’OdV possono esseresvolti direttamente dall’organo dirigente.

Questa soluzione, percorribile nella stragrande maggioranza dei nostri casi (ovverole piccole medie Cooperative con una realtà organizzativa piuttosto semplificata),prevede che lo stesso CdA (o, se non presente, altro organo dirigente nominato)possa svolgere la funzione di OdV. Il suggerimento che diamo potrebbe esserequello di restringere i compiti ad alcuni membri del CdA (massimo 3), in mododa aumentare efficacia operativa e contatto con la struttura.

• Comma 4-bis: nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sor-

veglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le fun-zioni dell’organismo di vigilanza...

 Anche tale soluzione permette di utilizzare a fini di controllo sui Modelli, ove pre-sente, l’organo di controllo già esistente nella struttura societaria della Coopera-tiva; occorrerà verificare che il Collegio abbia le necessarie competenze al suointerno per maneggiare la tematica e interloquire con gli altri attori della sicurezza,in modo da rappresentare un reale strumento di controllo.

In entrambi i casi, potrebbe essere opportuno far svolgere alcune delle verifiche

periodiche ad un soggetto esterno, dotato di adeguata competenza e terzietà.

 Altro elemento da curare particolarmente, per far si che l’OdV non sia una semplicesovrastruttura di controllo ma agisca proattivamente per il miglioramento del Mo-dello, è la previsione di uno scambio di informazioni con la struttura organizza-

tiva sui vari protocolli ed elementi del Modello. Suggeriamo, ad esempio, che l’OdV abbia accesso a:• Documento di Valutazione dei Rischi e successivi aggiornamenti;• Piano di miglioramento scaturito dalla valutazione dei rischi e informativa del-

l’adempimento delle azioni stabilite nel piano;

• Report periodico dello stato della formazione programmata e erogata;• Piano annuale delle attività in materia di sorveglianza sanitaria;• Verbale annuale di riesame del sistema e verbale della riunione periodica in tema

di sicurezza (l’Organismo di Vigilanza dovrebbe partecipare a tali fondamentali in-contri);

• Immediata informativa in caso di visita ispettiva da Autorità di vigilanza e relativoverbale;

• Immediata informativa sull’accadimento di infortuni;• Nomina RSPP, Dirigente delegato, Medico Competente, elezione RLS e organi-

gramma per la sicurezza;

• Procedura per la valutazione dei rischi e ulteriori procedure attinenti la gestionedella sicurezza, come base informativa sulle regole interne di gestione dell’attività;• Puntuale comunicazione di nominativi di fornitori sensibili ai parametri quali/quan-

titativi in materia di salute e sicurezza;• Rendicontazione periodica delle spese sostenute per la sicurezza.

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In sintesi• Individuazione e nomina dell’Organismo di Vigilanza;• Definizione dei flussi informativi da acquisire e partecipazione dell’OdV al

riesame.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

Un ulteriore elemento di controllo del sistema è rappresentato dalla nomina dell’Organismo di Vi-gilanza (OdV).

Tale Organismo dovrebbe raccogliere i flussi informativi generati dai processi relativi alla gestione

della salute e sicurezza sul lavoro (flussi che entrano anche come dati in ingresso nel riesame,

oltre a quelli previsti esplicitamente dall’art. 30 del T.U.S.) e partecipare attivamente, assieme al-

l’RSPP, al riesame del sistema e quindi valutare l’efficacia del sistema e proporre eventuali azioni

di sviluppo al sistema/processi in essere.

Nelle aziende di piccole dimensioni l’OdV può essere rappresentato da uno o più membri del CdA

(consiglieri non esecutivi) o del Collegio sindacale; dato che nella Cooperativa Progresso tutti i

membri del CdA sono soci lavoratori (e dunque in qualche modo anche “vigilati”) la valutazione

della proposta di nomina è ricaduta sul Collegio Sindacale.

Documenti utilizzati

• Individuazione della probabile composizione dell’OdV (Collegio sindacale)

• Flussi informativi verso l’OdV (dati in ingresso del riesame):

- Documento di Valutazione dei Rischi e relativo piano di miglioramento;

- andamento infortuni , malattie professionali e sorveglianza sanitaria;

- criteri di scelta, caratteristiche tecniche ed efficacia dei dispositivi di protezione individuale;

- programmi di informazione e formazione dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza;

- adeguatezza del piano di emergenza;

- anomalie/problematiche relativamente alla manutenzione sulle attrezzature;

- analisi sulla efficacia dei POS/DUVRI emessi;

- dati relativi agli indicatori emessi.

• L’Organismo è immediatamente informato in caso di accadimento di infortunio grave o che

si avvicini alla soglia di gravità

Molte di queste informazioni potrebbero essere acquisite dall’OdV attraverso la

partecipazione alla riunioni periodiche e al riesame annuale.

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Il documento di sintesi “Modello Organizzativo”

• Dove trovo una sintesi di tutto quello che ho realizzato?

Infine, analizzata la nostra organizzazione epredisposti tutti gli elementi del Modello or-ganizzativo, non ci resterà che sintetizzareil tutto in un documento che abbia anchecarattere illustrativo e informativo e che po-tremo utilizzare per la diffusione del Modellosia all’interno sia all’esterno (es. verso iclienti, come dimostrazione dell’impegno el’attenzione della Cooperativa sul tema).

Riportiamo di seguito un indice tipo del documento di sintesi:• Introduzione: obiettivo del Modello e normative richiamate• Presentazione della Cooperativa• Elementi costitutivi del Modello e approccio metodologico seguito per la realiz-

zazione• Codice Etico o di Comportamento• I protocolli del Modello organizzativo: elenco e scopo• L’Organismo di vigilanza: compiti, composizione e contratti• Azioni previste in tema di comunicazione e formazione• Sistema disciplinare• ALLEGATI al Modello: Organigramma per la sicurezza, Documento di valutazione

dei rischi (eventuale POS), ecc.

Questo indice tipo prevede che vengono riportati all’interno del documento sinte-

tico alcuni elementi prima illustrati separatamente, ovvero il Codice etico, l’Organi-

smo di Vigilanza, il Sistema disciplinare e il Piano di comunicazione e formazione;in questo modo si mantiene un unico documento di riferimento completo delle prin-cipali informazioni necessarie per la comprensione del Modello.

Cosa ha fatto la nostra Cooperativa rispetto a questo punto?

La Cooperativa delibererà il Modello Organizzativo in CdA, nominando contestualmente l’Organi-

smo di Vigilanza e avviando la vigilanza e manutenzione delle regole e degli strumenti adottati.

Documenti utilizzati

• Modello Organizzativo

In sintesi• Modello Organizzativo della Cooperativa;• Pubblicazione del Modello (es. sul sito internet della Cooperativa) e messa

a disposizione di tutti i soci/dipendenti.

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Appendice giurisprudenziale:Commenti a Sentenze

 Alcune sentenze penali si sono occupate di illeciti relativi ad infortuni sul lavoro mor-tali, con applicazione della responsabilità amministrativa agi enti datori di lavoro. Diseguito, si riportano quelle relative ai casi di Molfetta e Thyssen di recente memoria.

Sentenza tribunale di Trani del giorno 11 gennaio 2010 - Sicurezzasul lavoro e responsabilità amministrativa D.lgs. 231 del 2001

Una recente decisione del Tribunale di Trani, che ha applicato la responsabilità am-ministrativa di cui al decreto 231 ad un’ipotesi di omicidio e lesioni colpose a seguito

di omissioni riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro, fornisce un utile spunto di ri-flessione circa gli esiti conseguenti alla violazione di norme antinfortunistiche.L’esame del caso di specie, necessità un breve approfondimento circa la normativadi cui si tratta.

Responsabilità amministrativa della società per condotta colposa

In base all’art. 30 del D.lgs. 9 aprile 2008, n.81, noto come Testo Unico Sicurezza,l’adozione di un modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esi-mente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al D.lgs. n.231 del 2001 deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un si-stema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici connessi alla sicu-rezza dei lavoratori.In difetto, risulterà applicabile la disposizione di cui all’art. 25 septies del citato decreto231, con le sue gravi sanzioni pecuniarie ed interdittive), per i casi di omicidio colposo(art. 589 c.p.) o di lesioni gravi o gravissime (art. 590 c.p.), commesse con violazionedelle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e sicurezza sul lavoro.

Il fatto

L’ipotesi di reato e di responsabilità amministrativa riguarda l’omicidio colposo e le le-

sioni colpose gravi e gravissime, verificatesi sul posto di lavoro. Nello specifico, alcunioperai sono morti a causa di un incidente sul lavoro verificatosi per intossicazioneacuta da acido solfidrico nella bonifica di alcune cisterne contenenti residui di so-stanze pericolose.

 Altri operai, a seguito dello stesso incidente, sono stati intossicati, con malattia pro-trattasi per un periodo superiore a quaranta giorni.Sul piano giudiziario, l’evento ha coinvolto tre società dal momento che, dalla rico-struzione dell’accaduto si è accertato che:• La società X ha affidato il pericoloso lavoro di bonifica di cisterne alla società di tra-

sporti Y 

• La società di trasporti Y ha subappaltato l’attività di bonifica delle cisterne, tra-sportandole fino alla società di lavaggio Z• Presso la società Z durante le operazioni di pulizia sono avvenuti gli eventi infortu-

nisticiSecondo i giudici di merito, di conseguenza, “ l’inosservanza delle regole, tecniche e

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 sociali, di tipo antinfortunistico presso la società Z si è sovrapposta alle responsabi-

 lità colpose degli operatori della società X, che hanno permesso l’affidamento del 

 pericoloso lavoro di bonifica delle cisterne a quella stessa inidonea società per il tra-

 mite della società Y”.

Il pronunciamento

Con sentenza dell’11 gennaio 2010, il Tribunale di Trani ha condannato le tre societàsopra descritte per violazioni delle norme antinfortunistiche avendo ritenuto respon-

sabili gli amministratori delle società, figure apicali con effettivo esercizio delle ca-

riche gestionali compresi profili di direzione e di controllo, emersi nel corsodell’istruttoria dibattimentale.

Queste le sanzioni:• Per gli amministratori: concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose

gravi con violazione delle norme di prevenzione infortuni (artt. 589 e 590 del co-dice penale), per cui sono stati condannate le persone ritenute responsabili a 4anni di reclusione e 5 di interdizione «dall’esercizio dell’ufficio di amministratore,sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione di do-cumenti societari nonché di ogni altro ufficio con potere di rappresentanza di per-sone giuridiche».

• Per le società: condanne a pene pecuniarie correlate alla colpa organizzativa dicui al D.Lgs. n. 231/2001 (responsabilità amministrativa dell’ente) per le 3 societàimputate: 1milione e 400mila euro per la società X; 400mila ciascuno per le so-cietà Y e Z.

Le motivazioni in sintesi

Nel caso in questione, il giudice, come si legge nelle motivazioni, ha il compito di ac-certare se la condotta che ha provocato l’evento sia stata provocata da scelte che

rientrano oggettivamente nella sfera di interesse dell’ente, oppure, se la condottamedesima abbia provocato almeno un beneficio a quest’ultimo, senza apparenti in-teressi esclusivi di altri: in questi casi si determina la responsabilità amministrativadella società. Secondo la sentenza in commento, se l’evento delittuoso è il risultatodella mancata adozione di misure di prevenzione, è agevole sostenere che l’omis-

sione può costituire un vantaggio importante l’impresa quale, ad esempio, un ri-sparmio di costi. Per cui:

1. Il dirigente della società Y , società esperta nell’ambito del trasporto ha agito nel-l’esclusivo interesse della società di acquisire un potente cliente attraverso i lavoririchiesti dal cliente stesso di bonifica delle cisterne. Per questo, ha ricercato in unsettore di non propria competenza e con “modalità scriteriate” la società Z per laripulitura delle cisterne: la società Y ha ricavato da questa iniziativa anche vantaggieconomici documentati dalle fatture rappresentati dai corrispettivi ottenuti per iltrasporto delle cisterne dallo scalo ferroviario fino all’impianto della società W.

2. La società Y non aveva adottato un modello organizzativo prima della commis-sione del fatto e non si era dotata e non aveva reso operativo tale modello ido-neo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatesi prima dell’aperturadel dibattimento.

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3. La difesa della società Y ha prodotto i documenti di valutazione dei rischi (DVR)ed ha cercato di sostenere l’equiparazione concreta tra tali documenti ed il mo-dello organizzativo e gestionale (MOG) previsto dal D.Lgs 231. A tale proposito,il giudice di Trani ha approfondito ed illustrato, nella sentenza in oggetto, le diffe-

renze fra il documento di valutazione dei rischi ed il modello 231, differenze chenon sono solo nominali ma anche funzionali.

Le differenze tra il DVR ed il MOG nella sentenza

Il modello organizzativo (MOG), sostiene il Tribunale, si differenzia dal DVR per mol-teplici profili ed, in particolare, per la presenza di alcuni elementi che sono, invece, as-senti nel documento di analisi dei rischi quali:• la necessaria vigilanza sull’adempimento degli obblighi, delle procedure e delle

istruzioni di lavoro in sicurezza;• le periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate;

• la necessità di un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo mo-dello e sul mantenimento nel tempo della condizione di idoneità delle misure adot-tate;

• l’individuazione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato ri-spetto delle misure indicate nel modello;

• la presenza di previsioni inerenti la modalità di gestione delle risorse finanziarieidonee ad impedire la commissione di reati;

i destinatari del documento di valutazione dei rischi sono diversi dai destinatari deimodelli 231: il documento di valutazione dei rischi, nello specifico, è rivolto ai la-voratori per informarli dei pericoli incombenti in determinate situazioni all’internodel processo produttivo; il modello 231, si rivolge, invece, a coloro che all’internodella compagine aziendale sono esposti al rischio di commettere reati colposi eprovocare lesioni o morte.

Il modello organizzativo 231, dunque, si pone una duplice finalità:• organizzativa orientata alla mappatura e alla gestione del rischio specifico nella

prevenzione degli infortuni;• di controllo sul sistema operativo al fine di garantire la continua verifica ed effetti-

vità.

Per il Tribunale di Trani, di conseguenza, è evidente che il sistema introdotto dal de-creto 231 impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulte-

riore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica (DVR), onde in talmodo evitare la responsabilità amministrativa.Nessuna esimente, ai sensi dell’art. 30 decreto 81, hanno potuto invocare le impreseche non avevano adottato il MOG. Non è andata meglio alla società committente X,dotata di MOG ritenuto inefficace.

L’adozione di un MOG inefficace

La sentenza, come si è detto, esamina anche la situazione della società X che, perparte sua, aveva adottato e aggiornato un modello organizzativo ai sensi del D.Lgs.231.Il modello sopracitato, secondo i giudici, presentava una grave lacuna: «non consi-derava che, allorquando non siano coinvolti soggetti dipendenti della X, sia necessario

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adottare, in ogni modo, cautele e regole per evitare che dipendenti di altre societàpossano subire lesioni o perdere la vita per infrazioni commesse dai loro datori di la-voro nel movimentare, nel gestire o nel trattare mezzi di trasporto contenenti so-stanze pericolose, anche se rimaste in via residuale, gestite dalla stessa società di

trasporto».

Per il Tribunale è chiaro che il controllo dei rischi non può esaurirsi nell’ambito dellastruttura organizzativa ed aziendale della società in questione, ma deve essere

esteso anche all’osservanza delle medesime regole da parte dei soggetti che en-

trano, direttamente o indirettamente, in contatto con le sostanze chimiche, dete-

nute proprio nei mezzi di trasporto gestiti dalla società committente. La mancataprevisione di una specifica procedura per assicurare il passaggio di informazioni suirischi dei prodotti pericolosi nelle relazioni commerciali con altre società intermedia-rie e/o esecutrici.

Conclusioni

Dalla lettura della sentenza in commento, non si può fare a meno di sottolinearequanto sia difficoltoso presidiare la responsabilità amministrativa nei reati colposi con-nessi alla sicurezza del lavoro. Si pensi al rigore del dispositivo del giudice a pro-

posito della necessaria previsione dei rischi delle attività relative alla filiera esterna.Nel concetto di attuare efficacemente, in particolare, vi è l’obbligo di conseguire unrisultato prevenzionistico con azioni adeguate, con efficacia verificata a posteriori dalgiudice. Per quanto sopra, si ritiene che permanga di primaria importanza l’adozionedel modello organizzativo ai fini esimenti, ma che sia ancora più importante, alla luce

del pensiero del giudice di merito, che il MOG rappresenti un effettivo ed efficace

strumento di tutela dei lavoratori, associato agli altri adempimenti previsti dal di-sposto del Testo Unico.

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Sentenza Thyssen – Sicurezza sul lavoro e responsabilitàamministrativa D.lgs. 231 del 2001

Nello scorso mese di novembre, sono state depositate e pubblicate le motivazioni

della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Torino nel processo ThyssenKrupp per i fatti relativi al rogo in fabbrica del giorno 6 dicembre 2007, in cui perserola vita sette operai.La Corte ha accolto l’impianto accusatorio, condannando l’amministratore delegatoa 16 anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario a titolo di dolo eventuale,riconoscendo, altresì, responsabili per omicidio colposo con colpa cosciente, in-cendio e rimozione delle misure di sicurezza il responsabile della sicurezza, il capodello stabilimento condannati entrambi a 13 anni e sei mesi, insieme al dirigente dellostabilimento condannato a 10 anni e 10 mesi di reclusione.La società Thyssen, a propria volta, è stata sanzionata con la condanna a pagare

un milione di euro, a una confisca di 800mila euro, all’esclusione di agevolazioni e fi-nanziamenti pubblici per 6 mesi a titolo di responsabilità amministrative di cui al

D.lgs. n. 231 del 2001 che ne disciplina la materia.

Queste le motivazioni in sintesi.• L’amministratore delegato della Thyssenkrupp decise di “non far nulla” per la si-

curezza e la prevenzione d’incendi, anche se si era rappresentata la concretapossibilità, la probabilità del verificarsi di un incendio, di un infortunio anche mor-tale sulla linea 5 di Torino e che ne avesse, quindi, effettivamente accettato il ri-schio. I sedici anni e sei mesi di reclusione inflitti rappresentano il minimo dellapena prevista per l’omicidio volontario calcolando le attenuanti. Attenuanti su cuihanno inciso positivamente gli indennizzi ai familiari delle vittime, nonché il com-portamento in aula nel riconoscere il proprio ruolo di datore di lavoro, ammet-tendo lo stretto controllo che esercitava sullo stabilimento di Torino, compresa ladecisione di non effettuare alcun intervento di ‘fire prevention’”;

• Pur non essendo la morte lo scopo del suo comportamento, finalizzato in realtàad evitare impegni di spesa giudicati antieconomici , l’imputato ha giudicato pro-

 babile il suo verificarsi quale conseguenza del piano d’azione intrapreso per rea-

 lizzare il proprio interesse, dato da un risparmio di spesa, senza, tuttavia,

 modificare la linea di condotta originariamente stabilita.

Da qui, l’inedito precedente di una condanna per omicidio volontario per dolo even-

tuale, con accettazione del rischio quale particolare forma di volontà dell’evento, inluogo di un comportamento normalmente riferibile a colpa.

Diversa, invece, è la responsabilità accertata dai giudici nei confronti delle altre figureaziendali più sopra citate. Queste, nonostante la rappresentazione dell’evento, hanno,infatti, agito sul presupposto che tale evenienza non si sarebbe verificata, orientando,quindi, il proprio comportamento su una previsione negativa in merito alla verificazione

del pur previsto fatto di reato. La conseguenza è che dovranno rispondere per avercolposamente causato l’evento, violando le regole di diligenza pertinenti al proprioruolo di garanti delle condizioni di sicurezza.La sentenza in commento ha condannato anche la società, in quanto tale, per re-

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sponsabilità amministrativa degli enti di cui all’art. 25 septies del D.lgs 231/2001, peri casi di infortuni sul lavoro con morte o lesioni ai sensi degli artt. 2, 30 e 300 Dlgsn. 81/2008.

 A tale riguardo, si precisa che l’art. 30 del Dlgs n. 81/2008 ha introdotto una dispo-sizione secondo cui, ai fini dell’efficacia esimente della responsabilità amministrativadelle persone giuridiche, società e delle associazioni anche prive di personalità giu-ridica deve essere adottato ed efficacemente attuato un idoneo modello di organiz-zazione e di gestione (Mog) che garantisca un sistema aziendale della sicurezza perl’adempimento di tutti gli obblighi in materia richiamati nello stesso articolo.I giudici di Torino non hanno ritenuto la sussistenza di tali caratteristiche nel caso“ThyssenKrupp”.

Di seguito, pertanto, si evidenziano alcuni punti trattati dalla citata Corte in merito

alle sanzioni 231 applicate al caso.La Corte ha valutato l’interesse o vantaggio della società nella mancata adozionedelle misure richieste per la salute e sicurezza dei lavoratori, precisando che le gra-

vissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio, le colpevoli omis-

 sioni, sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l’azienda non

 solo aveva interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata, sotto il profilo del 

considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello

 stabilimento di Torino; oltre che dell’utile contemporaneamente ritratto dalla conti-

 nuità della produzione.

Nel caso di specie, inoltre, l’Ente si era difesa sostenendo di avere comunque adot-tato un Modello Organizzativo prima del verificarsi dell’evento. La Corte ha, tuttavia,accertato che tale Modello non era stato adottato prima dell’incidente, infatti, solo du-rante un successivo Consiglio di Amministrazione del 21/12/2007, erano state ap-provate le modifiche del preesistente “modello organizzativo” aggiungendovi le partirelative proprio all’omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfor-tunistiche.

Secondo la Corte, pertanto, l’assenza del modello sarebbe dimostrata non solo da

un punto di vista formale ma anche da un punto di vista sostanziale, visto che il mem-bro dell’Organismo di Vigilanza di cui all’art. 6 lett b) del D.lgs. 231/2001 esperto inmateria di sicurezza sia stato nominato successivamente all’incendio, alla fine delmese di dicembre 2007.

 Vista, pertanto, l’assenza effettiva di un modello organizzativo al momento dell’inci-dente la Corte non ha ritenuto necessario esaminare nel merito il modello organiz-zativo, ma ha espresso il proprio parere in merito al membro dell’OdV scelto qualeesperto della sicurezza. L’ente, infatti, aveva nominato il proprio dirigente responsa-bile del settore sicurezza sul lavoro membro dell’OdV.

Sul punto la Corte ha precisato che questa circostanza, di per sé sola, induca a ri-

tenere che il modello adottato, nel periodo preso in considerazione, non poteva es-

 sere stato reso operativo, tanto meno in modo efficace, sottolineando che tale

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organismo deve essere dotato, secondo il citato art. 6, dì “autonomi poteri di inizia-

tiva e di controllo“: non è necessario spendere ulteriori parole sulla “autonomia” del 

controllore quando è la stessa persona fisica del controllato.

Osservazioni conclusiveLa Corte d’Appello di Torino ha pronunciato una decisione ritenuta storica per la giu-risprudenza italiana in materia di responsabilità penale per infortunio sul lavoro, inquanto non era mai accaduto che venisse riconosciuto l’omicidio volontario in talicircostanze.

Una simile svolta deve servire da forte monito alle imprese per affrontare la sicurezzasul lavoro non come mero costo ma come investimento produttivo idoneo a tutelareeffettivamente i lavoratori e ad evitare, al tempo stesso, le pesanti responsabilità con-seguenti.

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63

Riferimenti ad autori

Il presente documento è frutto di un lavoro di network che ha visto coinvolti:•  Angelo Algieri – Responsabile ufficio sicurezza, ambiente, qualità e camere di com-

mercio di Legacoop• Marco Palma – Ufficio legislazione del lavoro di Legacoop Bologna•  Attilio Dell’Arte – Referente area compliance al decreto 231/01 di SCS Consulting• Paola Guerrini – Consulente compliance e sostenibilità, SCS Consulting

Hanno collaborato al caso pratico:• Raffaele Diotallevi – Consulente in sistemi di gestione Qualità e Sicurezza sul lavoro,

Cooperativa Sociale CADIAI, servizio di prevenzione e protezione• Simone Savoia – Presidente Cooperativa Progresso Soc. Coop. a r.l. (sito web:

www.coopprogresso.com; email: [email protected])

Eventuali commenti ed esperienze possono essere inviatea [email protected] o a [email protected] modo da poterne tener conto nella redazione delle prossime edizioni.

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64

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65

Allegati

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66

DESCRIZIONEMACCHINA 

MULETTO STILL

R60-25

CARRELLO

MOD. BINGO 163

TRANSPALLET

ELETTRICO OMG 216 E

CERTIFICAZIONE CE Si SI SI

PRODUTTORE STILL MONTINI E C SNC OMG SRL

MATRICOLA /CODICE MATR. 516023002482 MATR. 6000 MATR. 18273

UBICAZIONE /CANTIEREDI DESTINAZIONE

COOP PROGRESSO COOP PROGRESSO COOP PROGRESSO

MANUTENZIONE ORDI-NARIA come da Manuale

CONTROLLO LIVELLO

 ACQUA SETTIMANALE

CONTROLLO LIVELLO

 ACQUA SETTIMANALE

CONTROLLO LIVELLO

 ACQUA SETTIMANALE

RIF.DOCUMENTALE

FATTURALIBRETTO

MANUTENZIONI

LIBRETTO

MANUTENZIONI

SOCIETÀMANUTENTRICE

… … …

MANUTENZIONIPROGRAMMATE

CONTROLLI TRIMESTRALI:

MARZO 2012,GIUGNO

2012,SETT 2012,DIC 2012

MANUTENZIONE

PERIODICA ANNUALE

NOTEla macchina non ha fino adora presentato problemi.

la macchina non ha fino adora presentato problemi.

STATO MACCHINA FERMA MACCHINA FERMA MACCHINA FERMA

DATA 19-03-2011

DATA 5-08-2011MANUTENZIONE PERIO-

DICA ANNUALE

DATA 25-10-2011N. 3 CONTROLLI CATENE,N. 1 VERIFICA COME DA

MANUALE

DATA 1-01-2011

DATA 14-02-2012

DATA 

DATA 

   E   L   E   N    C    O   A   T   T   R   E   Z   Z   A   T   U   R   E

   M

   A   N   U   T   E   N   Z   I    O   N   I

1. Elenco attrezzature e Manutenzioni

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67

2. Controllo mezzi

LEGENDA CONTROLLI:A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONI

BATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO EPOSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI.

PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA

MACCHINE FERME

MULETTO STILL R60-25 MATR.

516023002482

C/O DEPOSITO

MULETTO STILL R60-25

MATR 516023001792

C/O DEPOSITO

CARRELLO MOD.

BINGO 163

MATR.6000

Gennaio

Febbraio

Marzo

AprileMaggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

LEGENDA CONTROLLI:A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONIBATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO EPOSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI.

PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA

CANTIERE

TRANSPALLET ELETTRICO

OMG 216 E

MATR.18273 C/O …

GennaioFebbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

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68

LEGENDA CONTROLLI:A: LIVELLO LIQUIDI (acqua batteria acqua radiatore, olio motore, tergicristalli) - B: PRESSIONE PNEUMATICI - C: CONDIZIONIBATTISTRADA - D: EFFICIENZA FRENI - E: VERIFICA SISTEMI DI SICUREZZA (cinture, sedile, cicalino, clacson) - F: AGGANCIO EPOSIZIONAMENTO FORCHE - G: RISPOSTA DELLO STERZO - H: VERIFICA RISPOSTA MOVIMENTI IDRAULICI.

PERIODO (mensile) Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA Tipo controllo e FIRMA

AUTOCARRO IVECO 35CY689GW

Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

GiugnoLuglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

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69

3. Piano formazione

 

   P   R   O   G   R   A   M   M   A   Z   I   O

   N   E   F   O   R   M   A   Z   I   O   N   E  e   A   D   D   E

   S   T   R   A   M   E   N   T   O

   P   E   R   S   O   N   A   L   E

   S  e

   d  e

   S  o  c

   i  a   l  e  :

   V   i  a   G  a

   l   l   i  e  r  a  n .

   1   3   7   /   3

   4   0   0   5   0   F   U   N   O   D   I

   A   R   G   E   L   A   T   O

   (   B   O   )

  w  w  w .  c  o  o  p  p  r  o  g  r  e  s  s  o .  c  o  m

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

  d  a  t  a   p  r  e  v i  s  t  a

  d  a  t  a  e  f  f  e  t  t i  v  a

  d  a  t  a  v  e  r i  f i  c  a

   D   o  c  e  n  t  e

   C  o  g  n  o  m  e   N  o  m  e

  m  a  n  s   i  o  n  e

   R  o  s  s   i   M  a  r   i  o

  s  o  c   i  o   /   f  a  c  c   h   i  n  o

   V  e  r   d   i   M  a  r   i  a

   i  m  p   i  e  g  a   t  a

  c  o  r  s  o  s  q  u

  a   d  r  a   E   M 

   D .   L  g  s   8   1   (   8

  o  r  e   +  a  g  g .

   T  r   i  e  n  n  a   l  e

 ,   5  o  r  e   )

  c  o  r  s  o  s  q  u  a   d  r  a   P   S

   D .   L  g  s   8   1   (   1   2  o  r  e   +  a  g  g .

   T  r   i  e  n  n  a   l  e ,   4  o  r  e   )

  c  o  r  s  o  c  a  r

  r  e   l   l   i  s   t   i   (  o  r  e  :

   4   T   +   2   P   )

  c  o  r  s  o  g  e  n  e  r  a   l  e

   D .   L  g  s

   8   1   (   1   2  o  r  e   +  a

  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n  a   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o  r  s  o  p  r  e  p  o  s   t   i   D .   L  g  s

   8   1   (   2   0  o  r  e   +  a  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n  a   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o  r  s  o   d   i  r   i  g  e  n

   t   i   D .   L  g  s

   8   1   (   1   6  o  r  e  -  a  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n  a   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o  r  s  o   R   L   S   D .   L  g  s   8   1

   (   3   2  o  r  e   +  a  g  g .   A  n  n  u  a   l  e ,   4

  o  r  e   )

   C   O   R   S   I

   A   B   I   L   I   T   A   '   O   P   E   R   A   T   O   R   I

   S  e   d  e   S  o  c   i  a   l  e  :

   V   i  a   G  a   l   l   i  e  r  a  n .

   1   3   7   /   3

   4   0   0   5   0   F   U   N   O   D   I

   A   R   G   E   L   A   T   O

   (   B   O   )

  w  w  w .  c  o  o  p  p  r  o  g  r  e  s  s  o .  c  o  m

  c  o  r  s  o

  g  e  n  e  r  a   l  e

   D .   L  g  s   8   1

   (  a  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n

  a   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o

  r  s  o

  p  r  e  p  o  s   t   i

   D .   L  g  s   8   1

   (  a

  g  g .

   Q  u   i  n

  q  u  e  n  n

  a   l  e ,

   6  o  r  e   )

  c  o  r  s  o

   d   i  r   i  g  e  n   t   i

   D .   L  g  s   8   1

   (  a  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n

  a   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o  r  s  o

   R   L   S

   D .   L  g  s   8   1

   (  a  g  g .

   A  n  n  u  a   l  e ,   4

  o  r  e   )

  c  o  r  s  o

   R   S   P   P  -   D   L

   D .   L  g  s   8   1

   (  a  g  g .

   Q  u   i  n  q  u  e  n  n  a

   l  e ,   6  o  r  e   )

  c  o

  r  s  o

  s  q  u

  a   d  r  a

   E   M 

   D .   L  g  s

   8   1

   (  a  g  g .

   T  r   i  e  n

  n  a   l  e ,   5

  o

  r  e   )

  c  o  r  s  o

  s  q  u  a   d  r  a

   P   S   D .   L  g  s

   8   1   (  a  g  g .

   T  r   i  e  n  n  a   l  e ,   4

  o  r  e   )

  c  o  r  s  o

  c  a  r  r  e   l   l

   i  s   t   i

   (  o  r  e  :

   4   T   +   2   P   )

  c  o  r  s

  o   A

  c  o  r  s  o

   B

  c  o  r  s

  o   b  a  s  e

   P   C

  c  o  r  s  o

  a  m  m   i  n   i  s

   t  r  a   t  o  r  e

  c  o  o  p  e  r  a

   t   i  v  a

  d i  r i  g  e  n  t  e

   p  r  e  v  e  n  t i  v i  s  t  a

  r  e  f  e  r  e  n  t  e

  f  a l  e  g  n  a   m  e

  a  u  t i  s  t  a

  f  a  c  c  h i  n   o

 i   m   p i  e  g  a  t   o

  s  c  a l i  s  t  a

   m   o  n  t  a  t   o  r  e   p  a  r  e  t i

   C  o  g  n  o  m  e   N  o  m

  e

  m  a  n  s   i  o  n  e

   d  a   t  a

   d

  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d

  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   d  a   t  a

   R  o  s  s   i   M  a  r   i  o

  s  o  c   i  o   /   f  a  c  c   h   i  n  o

   2   0   0   9

   2   0   1   1

   V  e  r   d   i   M  a  r   i  a

   i  m  p   i  e  g  a   t  a

   2   0   0   8

   R   E   G   I   S   T   R   O   F

   O   R   M   A   Z   I   O   N   E  e   A   D   D   E   S   T   R   A

   M   E   N   T   O

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70

ATTESTATI2012

informazione e formazione dei lavoratori corso per datori di lavoro addestramento per preposti ps/prev incendi RLS1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

PREVISTI :

ELENCO COMPLETO LAVORATORI

FACCHINI1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

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19

20

21

22

23

24

25

26

27

IMPIEGATE:

2829

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71

RAPPORTO DI NON CONFORMITÀ/AZIONE DIMIGLIORAMENTO

DataI PARTE - Rilevazione NC

Tipologia della segnalazione

  OSSERVAZIONE     NON CONFORMITA’      ALTRO______________________

Chi ha effettuato la segnalazione  Quando si è verificata

Descrizione della causa (dove si è verificata, con che modalità, chi è coinvolto )

Eventuale documento di riferimento / requisito non rispettato

Funzione che ha rilevato la NC Firma di chi ha rilevato la NC

II PARTE - Azione Risolutiva

ˇ AZIONE CORRETTIVAˇ AZIONE PREVENTIVA

Piano di azione per la risoluzione della non conformità effettiva o potenziale (modalità )

Data di attuazione della azione risolutiva  Responsabile azione risolutiva (funzione e firma)

Allegati

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