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49 Prof. Di Bari MALNUTRIZIONE NELL’ANZIANO Uno degli aspetti generali nell’anziano è la malnutrizione. E’ una condizione molto frequente ed è intesa come una deviazione dal normale stato nutrizionale che può essere in eccesso ( più frequente, infatti l’obesità è prevalente rispetto alla magrezza eccessiva ) o in difetto. Comunque per malnutrizione di solito si intende riferirsi alla malnutrizione in difetto nella forma più generalizzata ovvero della malnutrizione calorico-proteica perché esistono delle forme di malnutrizione per difetto specifiche in cui le carenze non riguardano tanto l’apporto calorico o proteico ma specifiche carenze di vitamine, minerali o oligoelementi. Quando parliamo di malnutrizione calorico-proteica ci si riferisce ad un quadro che anche se non frequente nella globalità della nostra popolazione ma che ha un buon quadro di rappresentazione proprio in età geriatrica infatti a seconda delle casistiche e dei criteri utilizzati per definire questa condizione, una popolazione tra 1-15% dei pz. ambulatoriali della popolazione generale anziana è affetta da malnutrizione, percentuale che sale al 35-65% nei pz ospedalizzati ( teniamo presente che l’ospedalizzazione di per sé può essere un fattore di rischio di malnutrizione e che spesso dipende non solo dal fatto che il pz. che va in ospedale stia male ma anche da una cattiva organizzazione dell’assistenza e ciò determina che pz. che arrivano in ospedale con le loro gambe e in stato di nutrizione accettabile, finiscono per diventare malnutriti mentre sono in ospedale, cosa che sembra assurda però è invece una realtà diffusa e perciò bisogna essere consapevoli di questo rischio che già di suo è grave perché la malnutrizione può dare una serie di conseguenze di cui tratteremo ed in secondo luogo è un rischio evitabile), nei pz istituzionalizzati la percentuale è ancora più pesante e va dal 28-83%. Quali sono le conseguenze della malnutrizione? E’ una situazione molto complessa che comporta diverse conseguenze, alcune delle quali particolarmente gravi e significative come quelle sul piano immunologico infatti la malnutrizione è causa primaria della caduta delle difese immunitarie (una volta quando la TBC faceva strage e non c’erano cure adeguate cure l’unica cosa che si poteva far era di mettere la persona a riposo cercando di farla mangiare il meglio possibile ; oggi è una patologia che fa molto meno paura ma dobbiamo sapere che è in

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Prof. Di Bari

MALNUTRIZIONE NELL’ANZIANO Uno degli aspetti generali nell’anziano è la malnutrizione. E’ una condizione molto frequente ed è intesa come una deviazione dal normale stato nutrizionale che può essere in eccesso ( più frequente, infatti l’obesità è prevalente rispetto alla magrezza eccessiva ) o in difetto.

Comunque per malnutrizione di solito si intende riferirsi alla malnutrizione in difetto nella forma più generalizzata ovvero della malnutrizione calorico-proteica perché esistono delle forme di malnutrizione per difetto specifiche in cui le carenze non riguardano tanto l’apporto calorico o proteico ma specifiche carenze di vitamine, minerali o oligoelementi. Quando parliamo di malnutrizione calorico-proteica ci si riferisce ad un quadro che anche se non frequente nella globalità della nostra popolazione ma che ha un buon quadro di rappresentazione proprio in età geriatrica infatti a seconda delle casistiche e dei criteri utilizzati per definire questa condizione, una popolazione tra 1-15% dei pz. ambulatoriali della popolazione generale anziana è affetta da malnutrizione, percentuale che sale al 35-65% nei pz ospedalizzati ( teniamo presente che l’ospedalizzazione di per sé può essere un fattore di rischio di malnutrizione e che spesso dipende non solo dal fatto che il pz. che va in ospedale stia male ma anche da una cattiva organizzazione dell’assistenza e ciò determina che pz. che arrivano in ospedale con le loro gambe e in stato di nutrizione accettabile, finiscono per diventare malnutriti mentre sono in ospedale, cosa che sembra assurda però è invece una realtà diffusa e perciò bisogna essere consapevoli di questo rischio che già di suo è grave perché la malnutrizione può dare una serie di conseguenze di cui tratteremo ed in secondo luogo è un rischio evitabile), nei pz istituzionalizzati la percentuale è ancora più pesante e va dal 28-83%. Quali sono le conseguenze della malnutrizione? E’ una situazione molto complessa che comporta diverse conseguenze, alcune delle quali particolarmente gravi e significative come quelle sul piano immunologico infatti la malnutrizione è causa primaria della caduta delle difese immunitarie (una volta quando la TBC faceva strage e non c’erano cure adeguate cure l’unica cosa che si poteva far era di mettere la persona a riposo cercando di farla mangiare il meglio possibile ; oggi è una patologia che fa molto meno paura ma dobbiamo sapere che è in

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ripresa sia per i flussi di immigrazione che per il fatto che nella popolazione anziana un po’ per motivi vari diminuiscono le difese immunitarie ma anche per le carenze nutrizionali . La malnutrizione è anche causa di deplezione muscolare ( perdita del muscolo scheletrico); questo è un capitolo

relativamente nuovo nella fisiopatologia dell’invecchiamento che è arricchito anche di un termine nuovo che è la sarcopenia ovvero la perdita di tessuto muscolare scheletrico che accompagna l’invecchiamento….quindi diminuisce la massa muscolare con una deplezione ai limiti che può essere importante fino a portare alla cachessia perdita di massa magra e massa adiposa. Quindi la sarcopenia dovrebbe essere visto come un fenomeno parafisiologico non così grave come quello che si presenta nella cachessia ma certamente come una condizione che espone l’anziano a dei rischi perché laddove si perde massa muscolare si perde forza muscolare perciò si viene ad avere minore abilità in tante attività comuni della vita quotidiana come il camminare perché si riduce la tolleranza allo sforzo, portare dei pesi, fare le scale, anche se non possiamo attribuirgli un etichetta di malattia. L’entità della sarcopenia dipende da tanti fattori: dalla massa muscolare che si è raggiunto durante la fase di sviluppo che più è maggiore e minore è l’effetto che si ha nella fase di invecchiamento, dal grado di attività fisica, perciò una persona che è più sedentaria perde muscolo più rapidamente di una che è fisicamente attiva, dipende poi anche dallo stato nutrizionale La sarcopenia è proprio un esempio calzante di come certe funzioni vadano a perdersi durantel’invecchiamento, perdite che però non intaccano ancora l’autonomia funzionale nelle BADL . Riepilogando, l’invecchiamento di per se comporta una certa perdita del muscolo scheletrico che possiamo chiamare sarcopenia, questa perdita è modulata da una serie di fattori anche modificabili (attività fisica, alimentazione) ed è comunque da un punto di vista teorico da considerarsi separatamente rispetto alla vera perdita patologica che è la cachessia (che rappresenta la via finale comune di una serie di malattie dal cancro alla bronchite cronica allo scompenso cardiaco alle malattie croniche intestinali). Le conseguenze viste sono la tappa intermedia attraverso cui dalla malnutrizione si può arrivare ad un aumentato rischio di infezioni (perché è del tutto ovvio che chi ha un immunità depressa sia sottoposto maggiormente ad un rischio di infezioni) e ad una minore capacità di guarigione delle ferite (perciò pensate a cosa accade ad un pz anziano quando entra in un ospedale per fare un intervento chirurgico e magari è in uno stato nutrizionale accettabile e noi dopo l’intervento ci dimentichiamo di accertarci che mangi e beva in modo adeguato cosicché và incontro ad una malnutrizione che determina un peggioramento della ferita chirurgica cosicché si innesca un circolo vizioso con conseguenze molto gravi), con la

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sarcopenia si ha anche un aumento del rischio di cadute oltrettutto per la ridotta massa muscolare quando la persona cade ha minore possibilità di attutire il colpo perciò aumenta il rischio di fratture Quindi evitando la malnutrizione non si ha come conseguenza quella di peggiorare il rischio di disabilità, aumentare il rischio di ammalarsi, ridurre la qualità della vita , ridurre il rischio di istituzionalizzazione e di morte. Eziopatogenesi Quali sono i meccanismi per cui si può arrivare alla malnutrizione calorico-proteica ? Si deve considerare l’equilibrio che c’è tra apporto di calorie e dispendio di calorie di modo che il peso corporeo rimanga stabile perché se così non è si va incontro ad uno squilibrio ponderale (il peso aumenta se introduciamo più calorie del necessario e diminuisce se ne introduciamo meno di quelle necessarie). Ci sono diversi fattori che possono determinare una riduzione dell’apporto calorico come il calo dell’appetito, cosa ovvia a cui pensare ma è la prima cosa da pensare perché ci sono diversi fenomeni che possono influenzare l’appetito ( alcuni già insiti nel fenomeno dell’invecchiamento perché c’è minor senso del gusto, minore salivazione), la disponibilità di alimenti per varie cause sociali (e se c’è una fascia che socioeconomicamente è più esposta a questo tipo di rischio è proprio quella degli anziani per motivi di isolamento, scarsità delle risorse), poi ci sono fattori che pur rimanendo normale l’apporto calorico determinano l’alterazione dei processi fisiologici di digestione e assorbimento degli alimenti. I fattori che possono portare ad un aumento del dispendio calorico sono l’aumento dell’attività muscolare ( che ad esempio è in gioco nel morbo di Parkinson dove c’è una certa attività muscolare legata al tremore oppure il pz che ha una demenza e non sta fermo un minuto) un maggior dispendio di calorie ( un pz che ha una grave lesione da compressione perde nutrienti per la ricostruzione del tessuto –proteine e amminoacidi- e calorie –zuccheri e grassi-) un aumento del metabolismo o ipercatabolismo (ad es. un pz con ipertiroidismo). Vediamo più in dettaglio quello che riguarda la diminuzione dell’apporto calorico per il meccanismo della riduzione dell’appetito e dell’introito dove la ridotta attività fisica o mobilità sono già elementi che favoriscono la perdita di appetito, malattie come la depressione dove il pz perde la voglia di mangiare, patologie del cavo orale, neoplasie, farmaci che determinano la perdita del gusto dell’olfatto o che danno nausea o xerostomia ( bocca secca). Per quanto riguarda la disponibilità di alimenti abbiamo detto l’isolamento, la povertà, l’inadeguata assistenza quando i pz sono istituzionalizzati. Problemi per quanto riguarda l’assorbimento possono essere legati a problemi a carico dello stomaco ( gastrite atrofica, perdita di secrezione o acloridria ) neoplasie del tratto gastrointestinale, pancreatite, celiachia ( che si può manifestare anche in età adulta o nell’anziano). Nell’aumentato catabolismo ci sono anche le infezioni, ipertiroidismo, scompenso cardiaco ed altro. Nella dispersione calorica le ulcere da pressione, fistole intestinali o diabete mellito scompensato dove il glucosio non può essere utilizzato perché c’è una carenza relativa o assoluta di insulina. L’aumentata attività muscolare nelle demenze o nel Parkinson.

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Diagnosi Come si valuta un pz che ha un problema di malnutrizione ? ANAMNESI Anzitutto il pz và visto nella sua globalità quindi che va aldilà dell’aspetto puramente clinico cioè quegli aspetti come le condizioni sociali o le variazioni dello stato emotivo e funzionale ; si deve cercare di quantizzare se ha perso peso e se sì in quanto tempo si è sviluppato, se ha perso il senso del gusto, se ha problemi di masticazione (come può fare banalmente una protesi dentaria malfunzionanate ), se ha problemi di deglutizione, quali farmaci usa (perché abbiamo etto che alcuni possono levare l’appetito o dare nausea). ESAME OBIETTIVO All’esame obiettivo ad un pz malnutrito ci preoccuperemo innanzitutto di valutare l’aspetto enterale perché nelle forme conclamate è ovvio che presenterà una cute assottigliata, una evidente diminuzione del pannicolo sottocutaneo, segni più “sottili” come l’alterazione trofica delle mucose (che fanno pensare ad un problema vitaminico); valuteremo anche il tono e il trofismo muscolare la cui riduzione abbiamo detto sia un segno chiaro di malnutrizione.

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COMPOSIZIONE CORPOREA Antropometria: • Indice di massa corporea (BMI) • Circonferenza del braccio • Plicometria Ci sono poi delle valutazioni sulla composizione corporea che affrontiamo nei termini più semplici ma più comunemente utilizzati vale a dire la valutazione del peso perché l’adeguatezza della massa corporea si valuta tenendo conto del rapporto che c’è tra peso e statura quindi una cosa semplice ma importante è di conoscere cosa è il BMI (indice di massa corporea) dato da rapporto tra il peso in Kg e l’altezza in metri (al quadrato) che ci da dei valori che al di sotto di 19 può essere considerata francamente malnutrita. La misurazione del peso e della statura pur nella sua semplicità, nell’anziano può comportare qualche problema perché può essere allettato o può avere problemi a stare in piedi e noi non riusciamo a rilevare né il peso né la statura; così per le persone allettate l’unico modo per rilevare il peso sono i letti bilancia ( come quelli che ci sono in dialisi o in terapia intensiva) o più comunemente se la persona si può almeno alzare si utilizzano le poltrone bilancia che sono relativamente semplici da usare per cui in ogni reparto di geriatria o RSA dovrebbe essere presente. Per quello che riguarda la statura si deve tenere presente che con l’età la statura diminuisce perché la persona si ingobbisce, c’è la diminuzione sia dei dischi interverebrali che dei corpi vertebrali pertanto la misura che abbiamo dai metodi tradizionali non è del tutto attendibile e dovremo perciò idealmente fare riferimento alla statura che aveva quando era più giovane; un modo che ci permette di dire realmente quale è la statura ma anche di stimare la statura di una persona che non è in grado di stare dritta è quella di utilizzare degli estimatori indiretti della statura prendendo ad esempio la distanza tra tallone e ginocchio oppure la lunghezza dell’ulna perché c’è un rapporto abbastanza costante tra soggetto e soggetto tra queste lunghezze e la statura e attraverso delle formule che sono state validate anche per la popolazione italiana abbiamo dei valori di riferimento per cui si può passare da queste lunghezze alla statura reale ( che a volte può sbagliare per difetto. Per la misura della gamba si utilizza un calibro antropometrico (realizzabile anche artigianalmente col costo di pochi euro utilizzando un asta misura neonati ) col pz che tiene in flessione la gamba a 90°. Un altro sistema e quello che (se avete presente l’uomo di Vitruvio di Leonardo che ci dice qual è la proporzione appropriata delle misure dell’uomo) la distanza tra l’apertura delle braccia è equivalente alla statura di una persona perciò se il pz è in grado di tenere le braccia aperte noi possiamo misurare la distanza e avere l’altezza. La persona può avere un BMI normale ma riferire una perdita di peso che ci deve sempre fare allarmare; soprattutto se questa perdita di peso è involontaria dobbiamo considerarla con estrema attenzione. Il BMI è un indice molto grossolano perché non tiene conto della composizione corporea della persona intendendo che non siamo fatti tutti uguali; intanto c’è una massa magra e una adiposa, la massa magra a sua volta è rappresentata dal muscolo scheletrico (nella gran parte) e anche dalle proteine generali pensate a tutti gli organi interni ( solo il fegato è 1,2 Kg ) ; il BMI ci da una misura generale e non ci permette di sapere di preciso quale è la massa adiposa perciò un problema grosso è sapere quanto questa massa

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adiposa sia e se prendiamo un atleta e un ciccione sicuramente avranno una massa adiposa in proporzione molto differente. La composizione corporea ha notevole importanza aldilà del solo BMI anche perché come abbiamo detto con l’invecchiamento si perde soprattutto la massa magra e per contro aumenta in percentuale la massa adiposa; sarebbe quindi interessante stimare quale è la variazione con l’età di queste due componenti principali, massa magra e massa adiposa. Vi indicherò qualche semplice esempio di tipo antropometrico e poi ci sono degli esami strumentali di cui faremo un brevissimo accenno. Il modo semplice antropometrico è quello di valutare delle misure riferite al braccio prendendone la circonferenza e poi con uno strumentino misuriamo la plica bicipitale e abbiamo un cerchio che è costituito da un nucleo centrale che è l’osso, una corona circolare intermedia che è la massa muscolare e la corona esterna che è rappresentata dal grasso sottocutaneo (stimato con la plica bicipitale); con la misura della circonferenza e della plica abbiamo una stima grossolana di quella che è la composizione della distribuzione all’interno di quella che è la circonferenza del braccio tra la massa adiposa e la massa muscolare. Per quanto riguarda le indagini strumentali, nella routine non vengono fatte, solo a scopo di ricerca viene utilizzata la TAC per valutare la densità differenziale tra adipe e muscolo in un arto. INDAGINE NUTRIZIONALE • Questionari / diari alimentari • Mini-Nutrional Assessment La valutazione del pz dal punto di vista nutrizionale comprende l’anamnesi, l’esame obiettivo e strumentale e può comprendere alcuni tipi di indagine più approfondita fornite da questionari, diari alimentari di cui esistono tantissimi esempi alcuni di questi troppo specifici per essere utilizzati. Uno strumento invece molto semplice da utilizzare e completo che ha per questa sua caratteristica una buona diffusione nell’ambiente geriatrico è il Mini Nutritional Assessment che vi consiglio di andare a cercare su internet per matterlo nel bagaglio di cose da tenere a portata di mano quando avrete a che fare col pz anziano perché considera da una parte alcuni elementi del tipo introito alimentare dall’altra anche qualche elemento obiettivo come alcune misure antropometriche e in più alcuni elementi di tipo stato funzionale, per dare una visione d’insieme e calcolare un punteggio per valutare un rischio di malnutrizione.

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LABORATORIO <2.1 C’è poi un grosso apporto alla valutazione dello stato nutrizionale che è dato dai parametri di laboratorio dove bisogna porre l’attenzione su due o tre di questi:

Primo fra tutti ( ma non necessariamente perché sia il più importante) è l’albumina che avendo un turn-over molto lento ci accorgiamo che qualcosa è cambiato sotto il profilo nutrizionale soltanto dopo che è passato del tempo ( l’emivita dell’albumina è di 21 gg), sta di fatto che se ad un pz troviamo l’albumina al di sotto di 3mg/dl possiamo ragionevolmente pensare che sia un pz malnutrito. Una proteina simile all’albumina ma più leggera è la prealbumina che ha un vantaggio cioè quello di avere un enivita più breve ( di pochi gg) perciò è un buon indice dello stato nutrizionale. Per quanto riguarda la conta linfocitaria, i linfociti sono le cellule più importanti per l’immunità e sono particolarmente sensibili della presenza di uno stato nutrizionale carente, pertanto la conta linfocitaria al di sotto di 1500 per mm3 è indicativo di una malnutrizione e tanto meno sono, quanto è più grave la situazione. Infine il colesterolo totale, questo non è che sia uno splendido indice dello stato nutrizionale per tanti motivi, innanzitutto perché non è tanto sensibile e prima di arrivare ad avere una diminuzione del colesterolo ce ne vuole, poi perché oggi noi facciamo di tutto per abbassare il colesterolo per motivi di malattie cardiovascolari anche con strumenti farmacologici perciò non è detto si riesca ad ottenere una stima dello stato nutrizionale attraverso il colesterolo, comunque poiché è anche questo un parametro di routine teniamolo presente e ricordiamoci che ovviamente in un pz che non assume farmaci ipoglicemizzanti e che non assume statine, un colesterolo totale al di sotto di 160 mg/dl è indicativo di uno stato nutrizionale carente. Da tutte queste considerazioni capite una cosa, che per valutare lo stato nutrizionale non basta un singolo parametro ma è una specie di mosaico che ci deve guidare e che a volte è eclatante e palese perchè troviamo tutti gli elementi, ad esempio troviamo la perdita di peso, un BMI al di sotto di 19, le proteine basse, l’albumina bassa e altre volte possiamo trovare pochi di questi elementi che ci possono fare scattare un campanello d’allarme per non perdere la possibilità di intervenire precocemente.

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Principi di trattamento E veniamo adesso ad alcuni aspetti, cercando di mettere a fuoco quelli che sono più vicini alle vostre competenze. - Inanzitutto ci sono alcune norme che valgono più a carattere medico che comunque dovete tenere presente come individuare la causa della malnutrizione che è la premessa per poter agire per rimuoverla; non sempre si riesce ad individuare una causa specifica e a volte anche avendola individuata non siamo in grado di agire eziologicamente su quella causa come ad esempio se il pz ha una patologia neoplastica che non può essere debellata non si può agire eziologicamente. - Il supporto nutrizionale deve garantire un adeguato apporto di calorie e di azoto proteico in misura che è anche variabile in rapporto alle specifiche esigenze dell’organismo; di solito si dice che tra 25 e 30 calorie per kilo di peso sono sufficienti. In casi estremi di condizioni acute come un politrauma o un ustione o anche delle gravi ulcere da compressione, l’apporto calorico dovrebbe essere aumentato fino a 35-40 calorie per kilo. 0,2-0,3 gr di azoto proteico per kilo di peso che corrispondono a 0,8-1,0 gr di proteine per kilo di peso. Tenete presente però che questi due aspetti iniziali cioè il trattamento eziologico e quello di supporto nutrizionale non sono le uniche cose da fare e qui entra in gioco anche la professionalità per il trattamento di supporto che è spesso fondamentale perché non è facile ottenere ad esempio l’apporto nutrizionale adeguato semplicemente mettendo davanti al pz il piatto ma bisogna preoccuparsi di creare le condizioni perché questo si nutra perché a volte va anche imboccato e in situazioni meno estreme, accortezze che vanno bene sarebbero quelle di evitare di presentare pietanze fredde ( come quando il pz è andato a fare un esame in altra U.O. e ritorna dopo l’ora del pasto) oppure inguardabili che tolgono l’appetito solo a pensare di avvicinarvisi. Così in Geriatria si deve fare a meno di tante barriere come quelle di non portare cibo da casa di modo che il pz riceva dai familiari cose che lo facciano appetire come i gelati , pizza, ecc. - Gli interventi complementari nell’approccio globale al pz sono quelli che quanto prima la persona sia mobilizzata, alzata dal letto o che stia a letto il meno possibile ( a condizione che abbia un livello adeguato di sicurezza) di avviarlo a programmi di recupero funzionale ,idealmente bisognerebbe che ci fossero luoghi o aree per la socializzazione (come salottini) per uscire dall’angusto ambito della propria stanza di residenza - Per terapia farmacologia ci sono prodotti che stimolano l’appetito o riducono il catabolismo. MODALITA’ Per quel che riguarda le modalità un po’ più specifiche di supporto nutrizionale, ricordiamo essenzialmente i principi; un pz che è in grado di nutrirsi per i fatti suoi può avere un supporto nutrizionale sottoforma di integratori somministrati per os, se questo non è possibile o meglio se il pz ha problemi più gravi e non è in grado di assumere direttamente gli alimenti si deve ricorrere ad una somministrazione artificiale che nella gran parte dei casi deve essere

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condotta per via enterale; l’altra alternativa, quella per via parenterale è molto efficace ma comporta dei rischi e dei costi maggiori e viene riservata a casi limitati. Per via enterale col SNG oppure se si prevede un apporto nutrizionale di lunga durata attraverso la PEG (gastrostomia percutanea endoscopica); certamente sarete anche al corrente degli aspetti di tipo etico che una scelta di questo tipo comporta perché si discute quanto sia etico tenere in nutrizione artificiale pz che hanno una prognosi pesantemente infausta e una situazione relazionale assente come pz in coma da mesi o anni, ma anche pz che hanno una demenza molto avanzata che diventa difficile fargli assumere il cibo per via naturale e che si fa? Mettiamo la PEG? La PEG e un intervento invasivo che comporta dei rischi come quello della polmonite per ab-ingestis (molto meno però del SNG) ed esporlo a questo rischio è una cosa che va considerata se è opportuno o meno farla; poi un altro motivo è che nel pz demente , gravemente compromesso , spesso mantiene un po’ di legame con la vita relazionale attraverso il momento del pasto dove c’è qualcuno che si occupa di lui, lo guarda negli occhi, gli da mangiare e qualcosa di comunicazione in quel momento passa perciò si deve fare il possibile perchè ciò venga mantenuto prima di procedere per una strada di medicalizzazione estrema come con la PEG. Sono aspetti su cui c’è grande dibattito e dove non tutti la pensano allo stesso modo. Si ricorre alla via parenterale quando sostanzialmente non c’è la possibilità di un adeguato apporto nutrizionale per la via enterale perché l’intestino non funziona come quando il pz ha subito un intervento chirurgico all’intestino, oppure c’è una grave diarrea e comunque sono pochi i casi in cui questo avviene; per contro saprete che l’apporto nutrizionale per via parenterale totale comporta problemi come quello di uno sbilancio idroelettrolitico ( si utilizzano nutrienti ad elevata concentrazione) oppure problemi legati al fatto che molto spesso si adottano vie di infusione venose centrali per cui traumatismo. Principi di farmacoterapia Volevo almeno accennare ai principi della farmacoterapia in età geriatria perché ci sono alcuni aspetti che si collegano a quello che abbiamo appena detto sulla nutrizione. Con l’avanzare dell’età aumenta il numero delle malattie croniche, il che vuol dire che aumenta anche il numero di farmaci che deve assumere quindi……età – comorbosità – polifarmacoterapia vanno di pari passo. Intanto prendiamo conto della misura di questa polifarmacia: il numero medio di farmaci assunti aumenta con l’età però quello che è più impressionante è la percentuale di pz che prendono almeno 5 farmaci che nella popolazione generale è dell 11% e arriva al 20% se consideriamo gli ultra ottantenni, quindi siamo lontani dall’ideale di usare meno farmaci nell’anziano perché possono comportare più problemi che nel giovane e sono tanti i motivi. Fra questi motivi vediamo solo quelli che riguardano la variazione della composizione corporea. Abbiamo già accennato al fatto che all’avanzare dell’età diminuisce la massa magra, può anche diminuire la massa grassa in valore assoluto ma certamente la composizione corporea si sposta in percentuale verso la prevalenza della massa adiposa (soprattutto nelle donne); questo vuol dire che cambiano alcuni parametri di farmacocinetica (tutto quello che l’organismo fa al farmaco cioè come viene assorbito, distribuito, metabolizzato e escreto) e la farmacodinamica ( tutto quello che il farmaco fa all’organismo quindi gli effetti come l’attivazione di un recettore).

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La farmacocinetica è in stretto rapporto con la composizione corporea perché se parliamo di assorbimento e distribuzione dei farmaci cambiano tutta una serie di parametri che sono legati anche alla composizione corporea e c’è una costellazione di variazioni il cui effetto finale molte volte non è che sia clamoroso ma di sicuro cambiano due aspetti: se cambia la massa magra si riduce il volume di distribuzione di tutti i farmaci idrosolubili mentre aumenta il volume di distribuzione dei farmaci liposolubili. Tanto per fare un esempio se voi date un anestetico l’obiettivo è darne quel tanto che serve per fare addormentare il pz e vada ad agire quel tanto che basta sul cervello passando la barriera ematoencefalica e una volta che cessa l’azione vogliamo che rapidamente sia eliminato, l’aumento del volume di distribuzione dei farmaci liposolubili può far si che a parità di dose l’effetto non sia così immediato perché il farmaco si distribuisce di più nel tessuto adiposo che in percentuale è aumentato quindi possiamo avere un apparente diminuzione dell’effetto e magari dobbiamo darne di più con l’effetto però di ottenere un rallentamento dello smaltimento del farmaco una volta che viene dimesso dalla massa adiposa periferica. L’altro elemento di cui si deve tenere conto è che si riduce la capacità di eliminare dei farmaci soprattutto per via renale perché con l’età si riduce il numero dei nefroni ; questo è l’elemento che da un punto di vista farmacocinetico ha più importanza. Per vedere la funzionalità renale si fa la clearance della creatinina con la raccolta delle urine nelle 24ore più il prelievo di sangue. Però la raccolta delle urine nell’anziano può essere difficile (incontinenza, dimenticanze). C’è allora un modo di stimare la clearance della creatinina attraverso delle formule che tengono conto della creatinina plasmatica, del peso corporeo, dell’età e del sesso che ci danno una stima della clearance della creatinina lì dove abbiamo a disposizione solo parametri antropometrici. Che cosa cambia se consideriamo solo la cratinina plasmatica oppure se consideriamo la clearance vera e propria? Andando in modo approssimativo se uno ha 2 di creatinina so che avrà sicuramente una insufficenza renale mentre se ha 1 di creatinina avrà una funzione renale normale; questo però vale nel giovane ma non nell’anziano perciò si fa la clearance perché la creatinina plasmatica è un prodotto di degradazione del muscolo che viene eliminato nel rene e siccome il muscolo scheletrico è ridotto nell’anziano, c’è meno apporto di creatinina e al tempo stesso c’è anche minore possibilità di escrezione perché si è detto che perdiamo nefroni invecchiando, così queste due cose possono anche andare di pari passo e la creatinina plasmatici rimane allo stesso identico livello di una persona sana, quando la capacità escretrice del rene è già fortemente compromessa ( in una persona di 80 anni la cratinina a 1-1,1 si può associare ad una clearance di 40 che vogliono dire un grado già rilevante di insufficienza renale ) così i farmaci che somministriamo e che sono eliminati per via renale vanno dosati oculatamente in funzione dell’età, del peso corporeo e della clearance stimata e non della sola creatinina plasmatici perché rischiamo il sovradosaggio. Direte che questo non vi interessa perché la prescrizione terapeutica è compito del medico e questo è vero, però è un tipo di attenzione che comunque investe in una certa misura l’infermiere che perlomeno deve avere più consapevolezza di ciò che si è detto. <100 <60 <900