MALATTIE DEL CORPUSCOLO RENALE · Sindrome nefrosica o cospicua proteinuria, ipercolesterolemia e...
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MALATTIE DEL CORPUSCOLO RENALE
Definizione e patogenesi Le glomerulopatie sono processi morbosi che colpiscono i
corpuscoli renali, compromettendo in vario grado la funzione di filtrazione.
Sono anche dette gIomerulonefriti quando, come avviene nella maggior parte dei casi, alla base della malattia si
conosce un meccanismo flogistico.
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La filtrazione glomerulare può essere alterata sia nel senso di una sua riduzione (con la conseguente ritenzione in circolo
di sostanze che dovrebbero essere escrete), sia nel senso di una perdita selettiva (con il passaggio nel filtrato, e
quindi nell’urina, di sostanze ed anche di cellule che dovrebbero trattenere.
L’evoluzione di questo gruppo di malattie è molto variabile, potendo essere totalmente benigna o condurre all’insufficienza renale.
Esistono svariate forme di glomerulopatia che si differenziano per la patogenesi, per l’aspetto microscopico delle lesioni e per il quadro
clinico. Alla base della maggior parte di esse è stato identificato un
meccanismo patogenetico di
natura immunitaria
che può provocare il danno glomerulare secondo due modalità fondamentali:
formazione di complessi immuni anticorpi diretti contro strutture del
glomerulo.
Le molecole immunoglobuliniche, quando si legano con gli antigeni contro cui sono dirette, formano dei
complessi che, ordinatamente, sono destinati ad essere eliminati dal sistema reticolo-istiocitario.
Questi immunocomplessi trasportati dal sangue, possono localizzarsi nelle strutture glomerulari, rimanendo
intrappolati, a seconda delle loro dimensioni, sotto le cellule endoteliali nel mesangio ed anche oltre la membrana basale,
fin sotto le cellule epiteliali.
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E’ inoltre possibile che un antigene si fissi al gIomeruIo e formi localmente un complesso con un anticorpo
circolante.
Comunque sia, i complessi immuni hanno la proprietà di avviare il processo infiammatorio attraverso l'attivazione del complemento e
tramite altri meccanismi (cascata coagulativa, adesione delle piastrine). Viene prodotta localmente una grande quantità di mediatori chimici, che
attivano i leucociti e stimolano la proliferazione degli elementi cellulari locali.
Il risultato è un danno, anche permanente della struttura del corpuscolo
renale.
La localizzazione di immunocomplessi nel glomerulo spiega oltre il 75% dei casi nei quali sia identificabile
una patogenesi immunologica
Più raramente, il processo infiammatorio può essere innescato
da anticorpi diretti contro la membrana basale del glomerulo.
La conseguente attivazione di sistemi in grado di danneggiare le
strutture del corpuscolo renale (complemento, ecc) può dar luogo a lesioni anche molto gravi, che possono portare alla
rapida perdita della funzione escretoria.
Particolarmente frequente nel bambino è una forma di malattia glomerulare senza chiare caratteristiche infiammatorie,
la glomerulopatia a lesioni minime (nefrosi lipoidea). Di essa non solo è ignoto il meccanismo patogenetico, ma è anche molto difficile identificare lesioni microscopicamente evidenti. Sindrome nefrosica o cospicua proteinuria, ipercolesterolemia e iperlipidemia. La prognosi con l’ausilio del cortisone o immunosoppressori è divenuta migliore.
Al microscopio ottico i glomeruli e gli altri distretti del parenchima renale appaiono nei limiti. Al microscopi elettronico è possibile osservare la fusione dei pedicelli delle cellule epiteliali.
Quadri clinici e terapia Descriveremo alcuni quadri clinici fondamentali:
la sindrome nefritica, la sindrome nefrosica, la glomerulonefrite progressiva la glomerulonefrite cronica.
La sindrome nefritica L’elemento più caratteristico di questa sindrome e quello
che allarma maggiormente il paziente è la presenta di sangue nell’urina (ematuria), che spesso è evidente ad occhio nudo, ma che in altri casi è rilevabile soltanto
l’esame microscopico.
La sindrome nefritica Nel sedimento urinario si
potranno osservare numerose emazie ed anche cilindri
eritrocitari; può, inoltre, essere presente proteinuria, in genere
contenuta entro i 2 g/24 h (se essa è più abbondante, fino a superare
i 3,5 g/24 ore, compaiono i sintomi della sindrome nefrosica).
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Il processo infiammatorio del corpuscolo renale, oltre a provocare il passaggio di emazie nell'urina, riduce la velocità
di filtrazione gIomerulare.
Ciò avviene, oltre che per la proliferazione cellulare per l'infiltrazione Ieucocitaria anche
per la liberazione di mediatori chimici vasocostrittori (leucotrieni, trombossani,
endoteline, fattori attivanti le piastrine, ecc), che sopravanzano l’azione di quelli ad azione
vasodilatatrice (prostaciclina ed ossido d’azoto).
Compare, quindi, oliguria anche severa e si
determina una ritenzione idrosalina, che provoca
l’instaurarsi di ipertensione arteriosa.
Quest’ultima, se grave, può dar luogo (soprattutto nei bambini) a sintomi di encefalopatia ipertensiva, con
cefalea, vomito ed anche convulsioni e coma.
Un altro segno della ritenzione idrosalina è l’edema,
localizzato la maniera caratteristica alle palpebre, a causa della lassità del sottocute. Questo segno è più evidente al
mattino, perché il decubito notturno favorisce la distribuzione dei liquidi verso la parte alta del corpo.
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Il processo patogenetico che dà luogo alla sindrome nefritica prende spesso l’avvio da
malattie inizialmente extrarenali, sia infettive (endocardite batterica, polmonite , otite, epatite)
sia non infettive (connettiviti ed altre).
La forma più tipica è quella che segue ad un’infezione da streptococco beta-emolitico di gruppo A, localizzata a livello faringeo o (meno
spesso) cutaneo: si parla, in questo caso, di
glomerulonefrite post-streptococcica.
Essa colpisce, prevalentemente, i bambini e i giovani adulti ed è dovuta alla deposizione nel glomerulo di
immunocomplessi che formano accumuli nodulari sul versante epiteliale della membrana basale.
Si ha , così la fissazione del complemento, che dà l’avvio alla reazione infiammatoria, con proliferazione delle cellule
endoteliali e mesangiali ed infiltrazione di granulociti neutrofili. Ne conseguono l’obliterazione dello spazio capsulare (in tal
modo viene compromessa la funzione di filtrazione) e le lesioni dei capillari con passaggio di eritrociti nel liquido filtrato.
Dal punto di vista anatomo-patologico, si parla di glomerulonefrite acuta essudativa, o di glomerulonefrite proliferativa endocapillare.
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I sintomi delle nefrite compaiono a distanza di una o due settimane
dall’esordio del processo infettivo iniziale.
La diagnosi, oltre che sul quadro clinico , si basa sull’identificazione di un ceppo “nefritogeno” dello streptococco beta-emolitico di gruppo A
nel tampone faringeo ( o nella lesioni cutanea),
sulla presenza in circolo di anticorpi diretti contro antigeni streptococcici (in particolare la
streptolisina O: si ha, quindi, l’aumento del titolo antistreptolisinico)
sulla riduzione della concentrazione sierica del fattore C3 del complemento, mentre quella del fattore C4 risulta
normale, poiché viene attivata prevalentemente la via alterativa del complemento.
Il decorso è in genere favorevole, specialmente nei bambini, con regressione dei sintomi nel giro
di pochi giorni, con regressione dei sintomi nel giro di pochi giorni;
tuttavia la proteinuria e l’ematuria microscopica
possono persistere per vari mesi, fino ad un anno.
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In taluni casi, inoltre, si ha l’evoluzione verso l’insufficienza renale, anche a
distanza di decenni dall’episodio iniziale.
La terapia della sindrome nefritica è essenzialmente sintomatica e si fonda su:
riposo a letto (nella fase acuta), restrizione idrosalina
impiego di diuretici dell’ansa eventualmente di antipertensivi.
Se all’atto della diagnosi è ancora presente un processo infettivo, si instaurerà la terapia antibiotica.
La sindrome nefrosica Questa sindrome è provocata dalla perdita di selettività della barriera di filtrazione, la quale
lascia passare dal lume capillare allo spazio urinario una grande quantità di proteine
plasmatiche soprattutto albumina.
Per un paziente con superficie corporea media, cioè pari a 1,73 m2, la proteinuria dà luogo alla sindrome
nefrosica quando supera i 3,5 g/24 h.
Ovviamente, nel bambino questo limite sarà proporzionalmente inferiore.
Dalla proteinuria (cha dà luogo alla formazione di cilindri ialini nell’urina) scaturiscono gli elementi della sindrome:
la disprotidemia, l’edema e l’iperlipidemia.
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L’entità dell’albuminuria, insieme con la quantità di proteine introdotte con l’alimentazione, condiziona la
gravità dell’ipoalbuminemia.
Conseguenza di quest’ultima è la riduzione della pressione oncotica del plasma, con fuoriuscita di liquido dai capillari, verso l’interstizio e formazione di edema.
Esso, più marcato nelle parti basse del corpo ( per azione della gravità) ed in quelle dove il sottocute è più lasso
(volto, genitali), può essere anche generalizzato (anasarca).
Comprimendo con un dito la cute edematosa, si osserva la
formazione di una fossetta che permette di apprezzare l’entità dell’imbibizione tissutale.
La perdita di liquido dal compartimento intravascolare tende a provocare la riduzione della pressione arteriosa.
Ciò determina l'attivazione di meccanismi di compenso,
come l’aumento della secrezione di aldosterone e di ormone antidiuretico.
Essi stimolano la porzione distale nel nefrone a riassorbire
sodio ed acqua ne consegue oliguria.
Tuttavia, in alcuni casi la fuoriuscita di liquido dal vasi verso i'interstizio è così imponente da superare di gran lunga la
risposta dei meccanismi di compenso ormonale;
neppure l’attivazione del sistema nervoso adrenergico riesce ad impedire la diminuzione della pressione arteriosa
e si hanno ipotensione ortostatica sino alla sincope e qualche volta, shock cardiocircolatorio.
In alcuni casi si instaura un' insufficienza renale acuta su base funzionale.
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In un certo numero di pazienti, invece, si ha un'espansione del volume ematico, poiché, per motivi
non chiari, si instaura una ritenzione idrosalina, che contribuisce anche alla patogenesi dell'edema.
Caratteristicamente si osserva un aumento nel plasma delle lipoproteine leggere e molto
leggere (LDL e VLDL), nonché del colesterolo e dei trigIiceridi da esse veicolati.
Il motivo è probabilmente da ricercare. nella perdita con l'urina di proteine regolatrici del
metabolismo lipidico, cui consegue l'accelerazione della sintesi di lipoproteine da
parte del fegato.
Questo fenomeno, insieme con la ridotta concentrazione plasmatica dell'albumina e di altre
proteine perdute con l'urina, dà luogo al caratteristico quadro sieroproteico e
elettroforetico del paziente nefrosico, che presenta una riduzione del picco dell' albumina
ed un Incremento di quello delle Beta-gIobuline.
Una pericolosa complicanza della sindrome nefrosica è data dalle trombosi venose
(che possono colpire anche la vena renale) ed arteriose; dalle vene sedi di un trombo
possono partire emboli capaci di raggiungere l'arteria polmonare.
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Tra le cause della tendenza alla trombosi sono l'aumentata viscosità del sangue dovuta alla riduzione
della parte liquida, e la perdita nell'urina di proteine che contrastano la coagulazione, come l'antitrombina III.
Anche l'abuso di diuretici e l'immobilizzazione a letto,
favorendo rispettivamente l'emoconcentrazione e la stasi venosa, possono favorire la formazione di trombi.
Il paziente nefrosico va quindi incoraggiato a muoversi, anche perché il movimento facilita, il riassorbimento
dell' edema.
Infine, la perdita con l'urina di componenti del complemento e di immunoglobuline contribuisce
all'instaurarsi di infezioni, a cui il nefrosico è particolarmente esposto (polmonite nei bambini).
La sindrome nefrosica non è sempre la conseguenza di un’infiammazione dei glomeruli.
Può essere provocata da svariate cause, come infezioni
(glomerulonefrite poststreptococcica, endocardite, epatite B e C, ecc.), farmaci; (Sali d’oro), altre sostanze
esogene (eroina “tagliata” mezzi di contrasto radiologico), neoplasia (linfomi), malattie sistemiche (connettiviti,
diabete mellito).
Molto spesso, tuttavia, essa si osserva in assenza di altre condizioni patologiche note: si parla, allora di
sindrome nefrosica idiopatica,
che può presentare vari aspetti anatomopatologici di lesioni glomerulare, a cui corrispondono probabilità più
o meno alte di guarigione completa.
La forma più tipica nel bambino è la glomerulopatia a lesioni minime (più dell'8O% dei casi nei pazienti con età minore di 16 anni), caratterizzata dall' assenza di lesioni
visibili ai microscopio ottico.
Soltanto il microscopio elettronico permette di evidenziare fini alterazioni delle cellule epiteliali del
corpuscolo renale.
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La patogenesi di questa malattia, che può colpire anche l'adulto, è ignota, anche se sembrano coinvolte alterazioni dell'immunità cellulare e, forse, una
predisposizione genetica.
Questa glomerulopatia guarisce completamente in più del 95% dei casi, è risponde bene alla terapia con
corticosteroidi.
Il 30-40% delle sindromi nefrosiche dell'adulto è determinato dalla glomerulopatia membranosa
nella quale si osservano depositi di immunocomplessi sul versante epiteliale della
membrana basale glomerulare;
tali depositi sono poi circondati da estroflessioni della membrana basale stessa, fino a che
quest'ultima si presenta globalmente ispessita.
La glomerulopatia membranosa può essere idiopatica o secondaria a neoplasie, all’epatite B e C, al lupus
eritematoso sistemico o ad altre cause.
La risposta alla terapia steroidea è mediocre o scarsa, ma è possibile osservare remissioni spontanee nel 30-40%
dei casi.
Il 10-20% dei pazienti va incontro all'insufficienza renale terminale.
Come si è visto, alcune forme di glomerulopatia che producono la sindrome nefrosica sono sensibili alla
terapia: con cortisonici;
talvolta si impiegano con successo farmaci immunosoppressori, come la ciclofosfamide, il
clorambucil o la ciclosporina.
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Oltre a quella rivolta a risolvere l'affezione di base, è importante la terapia sintomatica.
Va evitato il riposo a letto, che favorisce l'accumulo
dell'edema e la formazione dei trombi.
Fino a, qualche tempo fa si tentava di compensare la perdita urinaria di albumina con un supplemento di
proteine nella dieta.
Oggi quest'orientamento non è più ritenuto corretto, per il rischio di danneggiare ulteriormente i glomeruli
attraverso un incremento della proteinuria.
Anzi, si ritiene opportuno, se non sopravviene la remissione (spontanea o indotta dalla terapia specifica),
una restrizione proteica nella dieta, con lo scopo di ridurre la pressione intraglomerulare e rallentare, in tal
modo, la progressione del danno.
Tuttavia, la dimostrazione dell'efficacia di questa misura dietetica è stata ottenuta soltanto nella sindrome
nefrosica secondaria al diabete mellito.
Anche l'efficacia degli inibitori dell’enzima di conversione dell'angiotensina (ACE-inibitori) e degli antagonisti
recettoriali dell'angiotensina lI è stata dimostrata nella stessa condizione morbosa.
In alcuni casi, la proteinuria è ridotta dall'impiego dei farmaci antinfìammatori non steroidei.
Allo scopo di controllare gli edemi,
la dieta sarà iposodica (1-2 grammi di sale al giorno) e sarà pure limitata l’assunzione di acqua (un litro al
giorno); si potranno utilizzare con cautela i diuretici dell'ansa ed
eventualmente quelli ad azione antialdosteronica (spironolattone e derivati).
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La glomerulonefrite rapidamente progressiva 'Questa denominazione indica un gruppo di glomerulonefriti ad
evoluzione particolarmente sfavorevole, sì da condurre all’insufficienza renale terminale nel giro di settimane o mesi.
Tale evenienza può verificarsi in svariate forme di
glomerulonefrite, sia secondarie ad infezioni (come la glomeruIonefrite
post-streptococcica), sia inserite nel quadro di malattie sistemiche
(lupus eritematoso sitemico, vasculiti, neoplasie), sia, infine, di pertinenza primitivamente renale.
Dal punto di vista anatomo-patologico, si osserva quasi sempre l'intensa proliferazione delle cellule epiteliali (podociti) che, insieme
con l'infiltrazione di cellule ematiche (monociti), oblitera lo spazio capsulare e
schiaccia il ciuffo capillare.
La massa di cellule proliferate forma un
caratteristico aspetto a semiluna.
L’esito più frequente è la sclerosi, con trasformazione del corpuscolo renale in una
masserella fibrosa.
Il processo sarebbe innescato dall'interruzione della membrana basale glomerulare con passaggio di sangue
nello spazio capsulare: la precipitazione della fibrina stimolerebbe la proliferazione e l'infiltrazione
cellulare.
Il danno della membrana basale glomerulare a sua volta, è provocato nelle forme più tipiche da
anticorpi anti-membrana basale la cui identificazione nel siero è utile per la diagnosi;
in altri casi, l'evento iniziale è il deposito di complessi immuni; in un terzo circa del pazienti
la patogenesi resta sconosciuta.
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Il quadro clinico è quello dell'affezione di base.
Nelle forme primitivamente renali, si hanno subito i sintomi dell’insufficienza renale:
nausea, vomito, oliguria; l'esame dell'urina denota la presenza di ematuria e di cilindri
ematici, nonché una proteinuria di entità minore che nella sindrome nefrosica, ma coinvolgente
un ampio spettro di proteine.
L’azotemia e la creatininemia aumentano rapidamente.
Nelle forme da anticorpi anti-membrana basale il quadro clinico può esordire con la comparsa di tosse, dispnea ed emottisi, che può essere molto
abbondante ed anche fatale: è il quadro della Sindrome di Goodpasture, che colpisce
prevalentemente i giovani fumatori di sesso maschile.
L’insorgenza della sintomatologia respiratoria è dovuta al fatto che gli anticorpi anti-membrana
basale glomerulare degli alveoli polmonari.
Tuttavia, emottisi più lievi possono aversi anche nelle forme di glomerulonefrite rapidamente
progressiva in cui mancano gli anticorpi.
Il decorso è in genere sfavorevole, specialmente nei casi in cui le “semilune” interessano più del 70% dei
glomeruli (biopsia renale) e con velocità di filtrazione glomerulare molto ridotta (meno di 5 ml/min).
In genere, si arriva alla necessità di instaurare
definitivamente l’emodialisi entro 6 mesi o un anno dall’esordio clinico.
Tuttavia, si osservano alcuni casi di recupero spontaneo, particolarmente nelle forme da
immunocomplessi.
La terapia è fondata sull’impiego di corticosteroidi ad alte dosi, immunosoppressori (ciclofosfamide o azatioprina),
anticoagulanti ( per impedire la formazione di fibrina nello spazio capsulare,
controindicati nella Sindrome di Goodpasture) e sulla plasmaferesi, tecnica che permette di allontanare dal
plasma gli anticorpi anti-membrana basale. E’ essenziale che la terapia sia intrapresa precocemente.
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La glomerulonefrite cronica Non si tratta di una malattia a sé stante, ma di una
sindrome caratterizzata da un deterioramento lentamente progressivo della funzione renale.
Essa può rappresentare l’esito di qualunque forma di
glomerulonefrite acuta: il processo di base può riaccendersi dopo un’apparente fase di quiescenza,
oppure può rendersi manifesto già nel suo stadio cronico, senza che la fase acuta iniziale sia mai stata rilevata.
Talora la glomerulonefrite cronica viene diagnosticata per caso, in seguito al riscontro ripetuto di ematuria e proteinuria, od anche per l’insorgenza di segni più
avanzati di insufficienza renale, come l’ipertensione arteriosa e l’anemia.
L’esito finale, che può essere raggiunto anche a distanza di decenni dalla diagnosi, è dal punto di vista
anatomopatologico, il rene grinzo, con la sclerosi della maggior parte dei
glomeruli e dal punto di vita clinico, l’insufficienza renale terminale.