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Magazine N. 22 Febbraio 2017

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l’ufficio pensato per il lavoratorel’intervista all’architetto Monica Pizzuttil’intervista all’architetto Daniela Consonnil’intervista a Saral’intervista a Sabina

Ho sempre pensato che un luogo, qualunque esso sia, risulta accogliente e confortevole a seconda di chi lo abita o lo vive quotidianamente. Nel romanzo “La fabbrica di cioccolato” di Ronald Dahl, il ragazzino protagonista vive in una piccola casa di legno con i genitori e i nonni, in condizioni non proprio confortevoli, tuttavia in quel luogo si respira un’aria calda e accogliente grazie ai suoi abitanti e al legame affettivo che li accomuna. Di contro, la fabbrica di Willy Wonka, dove questo eccentrico personaggio vive, è un posto affascinante, colorato e confortevole ma freddo e privo di “cuore”. Quando alla fine del romanzo il protagonista e la sua famiglia si trasferiscono a vivere all’interno del palazzo, questo diventa automaticamente più vivo e felice.

Questa idea “romantica” però non si sposa con la realtà del mondo professionale. Tralasciando qualsiasi considerazione sulle fabbriche lager presenti nel mondo (per chi volesse saperne di più basta andare su Google e digitare la parola Foxconn), le mie esperienze lavorative mi hanno portato a fare considerazioni differenti sia sui luoghi di lavoro sia sulle persone che li popolano.

Il presupposto da cui parto si fonda sul fatto che i rapporti professionali tra persone che condividono spazi di lavoro sono per la maggior parte fittizi e strumentali al raggiungimento degli obiettivi nei confini degli orari lavorativi. Il luogo in cui questi rapporti vengono agiti quindi assume una certa importanza e incide in maniera significativa sulla cultura aziendale e manageriale.

Quando studiavo all’università, per guadagnare qualche soldo che mi aiutasse a girare il mondo, lavoravo part time in un call center. Il numero di operatori era piuttosto elevato ma non ho ricordi di nessuno dei miei colleghi dell’epoca: lavoravo in una grande stanza nella quale erano stati installati dei cubicoli con materiale fonoassorbente, ognuno di noi era seduto all’interno di uno spazio non particolarmente ampio con indosso un paio di cuffie e un PC davanti agli occhi. Il tempo per le pause era cronometrato e appena sufficiente per andare in bagno e bere un caffè. Gli unici momenti “sociali” erano i meeting in plenaria in cui ci venivano date le consegne. Non ho particolare memoria di quel periodo ma ricordo bene l’odore della polvere della moquette grigio scuro e del materiale dello stesso colore che ricopriva le pareti del cubicolo: non proprio un’immagine serena…

Ho poi lavorato in aziende con grandi finestre, tanta luce, arredamento essenziale ma comodo e funzionale, in spazi condivisi con altre persone: quando ognuno di noi aveva abbastanza spazio e aria a disposizione, vivere le ore lavorativa diventava un’esperienza gradevole e gratificante con un buon impatto sulla motivazione e sui risultati, quando invece l’open space era troppo affollato diventava una fonte di stress a causa del costante rumore di fondo.Per citare, forse impropriamente, uno studio condotto dallo psicologo statunitense Philip Zimbardo (pubblicato nel libro “L’effetto lucifero. Cattivi si diventa?” riportato al cinema con il film “The experiment”), l’ambiente di riferimento, la scelta dell’abbigliamento, la gestione degli spazi influiscono pesantemente sui rapporti umani e sul comportamento degli individui in contesti formali, come quello professionale.

˝D˙istinto andai alla finestra. Incollai la fronte al vetro e seppi che cosa mi sarebbe mancato: non a tutti era concesso di dominare la città dall˙alto del quarantaquattresimo piano. La finestra era la frontiera tra la luce orribile e la mirabile oscurità, tra i gabinetti e l˙ infinito, tra l˙igienico e l ˙impossibile da lavare, tra lo sciacquone e il cielo. Finché esisteranno finestre, l˙ essere umano più umile della terra avrà la sua parte di libertà.˝

Stupore e tremori, Amélie Nothomb

editorialeSilvia Bertolotti - General Manager

Epoché Service Integrator srl

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la parola all’esperto in materia di sicurezzai risultati del nostro sondaggio socialla nostra vignetta

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Sempre più spesso ci si trova a trascorrere le proprie giornate in ufficio affrontando le richieste di una clientela sempre più esigente e risucchiati da un mercato altrettanto complesso. Sia che si lavori in un ufficio privato muniti di propria postazione fissa, sia che si lavori in un ufficio condiviso in stile open space; la prassi resta sempre e comunque la stessa: Il tempo trascorso in ufficio, seduti sulle proprie sedie con lo sguardo rivolto allo schermo del proprio computer, è di gran lunga superiore rispetto a quello dedicato al proprio tempo libero. Non si hanno vie di fuga.

Questo articolo non vuole entrare nel merito di tutte quelle reazioni psico-fisiologiche che il lavoratore potrebbe accusare durante la propria vita lavorativa, bensì vuole focalizzarsi sull’importanza che un ufficio può avere per il lavoratore che lo abita, nella misura in cui questo viene progettato ed arredato.

Come confermato da uno studio tratto dall’Harward Business Review che studia il comportamento dei lavoratori in una ditta farmaceutica, alla domanda: “può l’ambiente fisico influenzare il modo di lavorare di un dipendente?”, la risposta è assolutamente positiva. Si dimostra che uno spazio di mensa più grande stimola gli impiegati a mangiare insieme e questo può avere un impatto significativo portando ad un incremento del 20% delle entrate. La scelta di un layout degli spazi confortevole e caldo può incentivare la nascita di collaborazioni non premeditate.

È proprio a questo punto che entra in gioco la disciplina ergonomica. Cerchiamo prima di capire che cosa è e di cosa si occupa. L’ergonomia è una disciplina che studia l’integrazione tra l’individuo e ambiente di lavoro in cui è inserito. La disciplina ergonomica ha per oggetto tutte quelle relazioni che l’individuo instaura in ogni tipo di attività che comprende oggetti, macchine ed ambiente. La qualità ergonomica di un oggetto deve essere adeguata allo scopo e all’uso, è importante quindi progettare non solo l’oggetto in sé; ma anche le possibili relazioni che si instaurano tra l’oggetto e l’individuo.

Ma in concreto quali sono quelle strategie da poter attuare per trasformare l’ambiente in un insieme confortevole e stimolante a misura d’uomo?

Qui di seguito vengono riportati una serie di semplici accorgimenti per rendere l’ufficio uno spazio pensato per il lavoratore.

Più tavoloni per tuttiRidurre il numero di scrivanie e sostituire le stesse con dei lunghi tavoloni provvisti di prese elettriche. Questo Incoraggerà i lavoratori a “collegarsi” a seconda delle proprie esigenze e stimolerà le interazioni sia personali che professionali.

l’ufficio pensato per il lavoratoreBenedetta Franzosi - HR Junior

Epoché Service Integrator srl

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Optare per un design flessibileLa flessibilità diventa la nuova parola chiave. Se lo spazio è limitato, cercare delle soluzioni low-cost per renderlo multifunzionale. Scegliere un design intelligente che permetta alle persone di ridefinire il proprio spazio di lavoro a proprio piacimento. Scaffali modulabili, sedute dinamiche come sgabelli con rotazione a 360° fanno in in modo che i lavoratori possano cambiare postazione quando lo desiderano e spostarsi con facilità. Non solo apprezzeranno la maggiore libertà di movimento, ma ne beneficeranno anche da un punto di vista mentale e sociale, dal momento che un cambio di prospettiva può facilmente portare a nuove idee.

Non dimenticare la zona breakLa maggior parte dei lavoratori ha bisogno di almeno due caffè al giorno. Offrire uno spazio riprogettato che appaia come una vera zona bar, dove poter fare il pieno di caffeina. Aggiungere delle sedie confortevoli e dei tavoli rotondi per incoraggiare la conversazione.

Mantenere sempre un ambiente riscaldatoPer quanto possa essere allettante l’idea di tagliare i costi delle bollette mantenendo il riscaldamento al minimo durante l’inverno, uno studio della Cornell University del 2004 ha rivelato che un aumento della temperatura da 20 a 25°C ha portato a una diminuzione degli errori di battitura del 44% e a un incremento nella digitazione pari al 150%. Quindi, prima di investire in altri metodi per aumentare la produttività, è consigliabile assicurarsi che la temperatura in ufficio sia quella ottimale

Non sottovalutare l’importanza di una buona illuminazione Una stanza ben illuminata, soprattutto da luce naturale, incide senza dubbio sull’umore sulla produttività e sull’energia della persona. Studi a riguardo dimostrano che le persone passano più tempo nei negozi ben illuminati. Oltre ad una buona dose di luce naturale occorre comunque curare l’illuminazione dell’ufficio attraverso lampade che aiutino la persona a lavorare serenamente senza sforzare la vista.

Dare un tocco di coloreLa ricercatrice britannica Angela Wright sostiene che l’utilizzo dei colori nelle giuste combinazioni e con la corretta intensità, all’interno dell’ufficio, può aumentare la produttività dei dipendenti. Ad esempio il giallo ispira creatività, il verde ha un effetto calmante, il blu stimola la mente, mentre il rosso accelera il battito cardiaco per prepararci all’azione fisica, aumentando il coraggio o l’aggressività. Questo sistema “Colour Affects”, come lo definisce la Wright, è oggi ampiamente utilizzato in molti uffici nel mondo.Pensare in termini ergonomici permette quindi di creare un ambiente che incentivi il benessere fisico e mentale del lavoratore. Ma non finisce qui. Esiste un’altra correlazione che al giorno d’oggi riscuote successo nel mondo del lavoro. Il binomio: benessere e rendimento.Qualsiasi sia l’investimento che si fa per favorire il benessere di un lavoratore, questo avrà dei risvolti positivi sul suo rendimento e perché no... sul fatturato a fine mese.

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l’intervista all’architetto Monica Pizzuti

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Ci può raccontare di cosa si occupa e quali sono stati i suoi studi?Mi sono laureata in architettura nel 1988. Durante l’università ho lavorato agli uffici tecnici dell’Olivetti, azienda di grande sensibilità ergonomica, che ha sempre chiesto agli architetti che progettavano i suoi uffici e stabilimenti di pensare a ambienti di lavoro moderni, luminosi, spaziosi e gradevoli. Dopo la laurea ho lavorato come assistente nel team di Marco Zanuso, mio relatore di tesi, per alcuni anni.Anche per lui l’ergonomia aveva una parte fondamentale nei suoi progetti di industrial design: proprio in quegli anni le competenze su queste tematiche erano in gran voga e in forte crescita fino a diventare sistematiche e ad organizzarsi in veri e propri corsi specifici e innovativi anche all’interno dell’università.In seguito ho aperto un mio studio nel quale ho continuato ad occuparmi di architettura e design: ristrutturazioni di uffici, appartamenti, negozi, studi professionali… sempre con un occhio di riguardo al comfort e alla funzionalità di utilizzo dell’utente finale.

Sempre più spesso si parla di benessere sul luogo di lavoro, secondo lei quanto è importante progettare uno spazio che sia il più ergonomico possibile?Nella società moderna, dove sempre di più si richiede efficienza e i ritmi sono sempre più serrati, sentirsi “bene” e a proprio agio sul posto di lavoro è fondamentale. Questo è compito dell’ergonomia:al lavoro passiamo la maggior parte della nostra vita, sottoposti a continui carichi fisici e mentali di stress. Da questo ne deriva che la progettazione degli spazi lavorativi ha un’importanza fondamentale; non più solo l’ergonomia, che ormai viene data per assodata, ma anche altri concetti, come la bioarchitettura, l’aromaterapia, il rebalancing o l’inserimento di aree fitness, di stanze di meditazione e stretching o massaggi, stanno diventando sempre più attuali nella progettazione degli spazi lavorativi delle aziende più “attente” al benessere dei dipendenti.

A livello pratico, quali sono secondo lei le strategie da apportare per rendere uno spazio di lavoro il più ergonomico possibile? Ci può fare degli esempi?Se parliamo esclusivamente dell’aspetto ergonomico (per esempio all’interno di un ufficio) bisogna tenere conto delle esigenze fisiologiche del lavoratore, quindi importante è l’illuminazione, naturale (meglio) o artificiale, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi, che eviti di creare abbagliamenti e riflessi, utilizzando materiali opachi per il piano lavoro e riducendo l’utilizzo di superfici bianche intorno al lavoratore e distribuendo uniformemente la luminanza; importante è lo spazio, che deve essere sufficiente ai movimenti, la seduta che deve avere caratteristiche di comodità e sicurezza; il piano di lavoro che deve rispettare alcune misure legate alla fisiologia umana in quanto non abbiamo tutti la stessa corporatura e quindi deve avere elementi regolabili e adattabili a tutti, deve essere sufficientemente grande da permettere la disposizione di tutto il materiale

di lavoro (monitor, mouse, tastiera, documenti…), deve essere stabile e avere una larghezza e profondità che rendano comodi i movimenti; importante è la luce da tavolo che, se necessaria, sia orientabile e schermata o addirittura biometrica per evitare che la vista sia troppo affaticata dall’uso del monitor. Anche i colori che si utilizzano possono aumentare il benessere, modificando la sensazione di caldo o di freddo, l’umore, la percezione dello spazio e addirittura la sensazione di sicurezza. Non da ultimo, va curato l’aspetto acustico che deve creare un ambiente confortevole e quanto possibile “ovattato”, progettato con l’uso di pannelli a parete e a soffitto di materiali idonei all’assorbimento dei rumori. Va tenuto conto che però non è sufficiente una buona progettazione per rendere uno spazio di lavoro il più ergonomico possibile, ma andrebbero curati altri aspetti, operando una valutazione globale grazie ad un approccio di competenze interdisciplinari che oltre ad ergonomi possono includere specialisti in ingegneria, psicologia, sociologia, fisiologia, antropometria e biomeccanica.

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Nella sua esperienza lavorativa, quali sono i benefici per i lavoratori in uno spazio progettato tenendo conto dell’ergonomia?I benefici per chi lavora in uno spazio progettato tenendo conto degli aspetti ergonomici sono innumerevoli: pensiamo al giovamento degli aspetti fisici (dolori alla schiena, ai gomiti, alla cervicale…), o psichici fino ad arrivare alla diminuzione degli infortuni sul lavoro (se pensiamo alle industrie)… in generale tutto ciò che migliora la postura e l’interazione con computer e macchinari non fa che migliorare il benessere fisico e psichico del lavoratore.

Secondo lei come una corretta illuminazione ed una disposizione dell’arredamento che rispettino le esigenze del lavoratore, possano incidere sul rendimento del lavoratore?Come detto in precedenza, maggiore attenzione all’ergonomia significa maggior benessere del lavoratore e di conseguenza maggiore creatività e produttività. Tutti sappiamo che lavorare in un ambiente confortevole ci aiuta a superare le difficoltà e gli stress che ci si presentano durante la giornata…! Lavorare in un ambiente piacevole e “a misura d’uomo” aumenta il rendimento, è indubbio.

Se potesse dare un consiglio a coloro che devono dare vita ad un nuovo ufficio o semplicemente riprogettare il proprio, cosa consiglierebbe?A chi deve dare vita a un nuovo ufficio consiglierei di pensare di creare un ambiente ergonomicamente confortevole sin dall’inizio della progettazione: spazi, illuminazione, microclima, isolamento acustico, vanno pensati parallelamente al progetto.Se invece si è obbligati ad intervenire in un secondo tempo, a lavoro già concluso, si possono fare dei piccoli interventi, certamente utili, ma non risolutivi e ne può risentire sia la qualità del progetto sia ovviamente anche i costi.Quello che bisogna far capire all’azienda è che a lungo andare l’investimento per questo tipo di progettazione crea un valore aggiunto che si ammortizza in breve grazie alla maggior motivazione del lavoratore che si sente a suo agio e che di riflesso aumenta il suo rendimento lavorativo; come mi hanno sempre detto in Olivetti…“senza ergonomia non c’è qualità e senza qualità non c’è fatturato!”

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l’intervista all’architetto Daniela Consonni

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Ci può raccontare di cosa si occupa e quali sono stati i suoi studi?Prima di entrare in azienda al fianco di mio marito, ho insegnato disegno tecnico alle scuole superiori in zona Varese e svolto la libera professione essendomi laureata in Architettura al Politecnico di Milano nel lontano 1987.

Sempre più spesso si parla di benessere sul luogo di lavoro, secondo lei quanto è importante progettare uno spazio che sia il più ergonomico possibile?Sono certa che l’ergonomia degli spazi lavorativi sia importante al fine di ottimizzare il processo produttivo. Progettare spazi confortevoli e ideati per il lavoratore che li vive sicuramente ha dei benefici; a volte però, si fa fatica a cogliere tutte le potenzialità che risiedono dietro ad un buon spazio di lavoro a causa di costi elevati.

A livello pratico, quali sono secondo lei le strategie da apportare per rendere uno spazio di lavoro il più ergonomico possibile? Ci può fare degli esempi?Ottimizzare i percorsi tra le varie aree, favorire l’illuminazione naturale delle postazioni di lavoro, adottare tutti i supporti che favoriscono la naturalezza dei movimenti

per conservare uno stato di benessere psico-fisico. È importante inolte, fare una buona scelta dei colori da inserire in uno spazio di lavoro in quanto influiscono sull’atmosfera che ci circonda e di conseguenza, sull’umore.

Nella sua esperienza lavorativa, quali sono i benefici per i lavoratori in uno spazio progettato tenendo conto dell’ergonomia?I lavoratori che svolgono i compiti a loro assegnati in ambienti in cui si son tenute conto di regole ergonomiche, penso che producano “meglio”. Una corretta illuminazione alle proprie postazioni di lavoro aumenta la concentrazione di chi ci lavora, una buona luce naturale che entra dalle finestre crea sicuramente un ambiente piacevole aumentando il sorriso tra i colleghi. Tutto ciò incide sul benessere non solo fisico ma anche mentale: lavorare con il sorriso incide sul proprio rendimento e di conseguenza sulla produttività in generale.In sintesi, adottando criteri ergonomici nella progettazione di luoghi di lavoro si avrà un incremento del benessere psico- fisico degli addetti raggiungendo un maggior rendimento e consapevolezza del loro ruolo.

Secondo lei come una corretta illuminazione ed una disposizione

dell’arredamento che rispettino le esigenze del lavoratore, possano incidere sul rendimento del lavoratore?Come ho già detto poco fa, sono certa che una buona illuminazione, artificiale e naturale, incide positivamente sul rendimento del lavoratore.Lo stesso vale per l’arredamento scelto: optare per sedie che rispettano la corretta postura incide sul benessere fisico, diminuendo possibili dolori a fine giornata, causati da una scorretta postura alle proprie scrivanie. Optare per cassiettere sotto ogni postazione può rendere più efficace il lavoro di ognuno rispettando l’organizzazione.

Se potesse dare un consiglio a coloro che devono dare vita ad un nuovo ufficio o semplicemente riprogettare il proprio, cosa consiglierebbe?

Dare sempre maggior importanza alla luce naturale ed artificiale ed inserire il più possibile aree verdi che concorrono al benessere psico-fisico, intendendo il ‘verde’ come un vero e proprio elemento progettuale.Anche l’inserimento di opere d’arte nei luoghi di lavoro ha ottenuto un notevole riscontro concorrendo a creare un ambiente lavorativo sempre più “condiviso” da tutti gli operatori.

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l’intervista a Sara

Sara lavora per un’ azienda in provincia di Varese, specializzata nella realizzazione e gestione delle pubblicazioni tecniche aeronautiche secondo i requisiti e le normative internazionali applicabili al progetto o internazionalmente riconosciute per importanti realtà italiane leader nel settore.

Chi è e di cosa si occupa. Ha una postazione fissa in un ufficio o altre forme?Sono Sara Orlandini. Lavoro per la mia azienda da circa 5 anni, sono impiegata e mi occupo della parte amministrativa e di segreteria. Nel mio ufficio ho una postazione fissa che consiste in una scrivania, una sedia e un computer. Non sono sola; insieme a me ci sono altre 3 donne.

Se lei potesse creare uno spazio ideale in cui lavorare, come lo strutturerebbe a livello di condivisione degli spazi (un ufficio tutto suo o open space) e di arredamento?Sono d’accordo sulla condivisione degli spazi solo se sono pensati e ragionati. Ad esempio il mio ufficio è troppo piccolo per ospitare 4 persone che, inoltre, svolgono mansioni diverse. A volte si crea confusione. Preferirei lavorare in un ufficio singolo o al massimo insieme ad altre 2 persone che svolgono il mio stesso compito. Per quanto riguarda l’arredamento, a mio parere, un ufficio deve essere

essenziale: scrivanie, sedie, computer e scaffali per raccoglitori. Troppe cose creano disordine e confusione.

Quanto sono importanti secondo lei i colori degli ambienti lavorativi? E perché?I colori sono molto importanti. Credo che influiscano molto sullo stato d’animo delle persone e al relativo rendimento. Il mio ufficio ha tutte le pareti di colore bianco. Non mi dispiacciono ma a volte penso che una tonalità un po’ più scura potrebbe fare la differenza. Credo che sia importante inoltre, studiare le luci di un ufficio in quanto anch’esse giocano un ruolo fondamentale. Noi utilizziamo luci al neon che accostate al bianco delle pareti creano un chiarore accecante. Al contrario, però, una luce più soffusa non sarebbe sufficiente.

Secondo lei può il modo in cui un ufficio è arredato e progettato incidere sul rendimento e sulla produttività?Sicuramente il modo in cui un ufficio è arredato e progettato incide sul rendimento e sulla produttività delle

persone che lo abitano. Bisogna trovarsi a proprio agio nei propri spazi ed avere postazioni confortevoli per utilizzare gli strumenti che si hanno a disposizione in modo ottimale. Essere limitati nei movimenti e nel posto rende certamente le cose più difficili.

Se dovesse dare qualche consiglio al suo responsabile che vuole riprogettare il suo ufficio cosa gli suggerirebbe?Nel mio caso, consiglierei di riprogettare, alla base, gli spazi. Come ho detto prima, preferirei lavorare con sole altre 2 persone che svolgono i miei stessi compiti. Sarebbe ottimale lavorare in una situazione di serenità e tranquillità senza essere disturbati dai problemi dei miei colleghi che si occupano di altro. E, sempre come ha detto poco fa, cambierei il colore delle pareti.

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l’intervista a Sabina

Chi è e di cosa si occupa. Ha una postazione fissa in un ufficio o altre forme?Lavoro nella mia azienda da diciannove anni dove mi sono sempre occupata della parte tecnica di sviluppo ed analisi nell’ambito IT e database. Negli ultimi tre anni ho iniziato ad occuparmi esclusivamente di recruiting e di ciclo passivo delle fatture verso i nostri fornitori.Attualmente ho una postazione fissa. Ho una scrivania con la mia cassettiera e la mia postazione è sempre la stessa. Solitamente, essendo una società di consulenza, a meno che non si lavori per progetti per cui si richiede sempre la presenza in sede, le scrivanie appartengono a tutti e chiunque le può occupare.

Se lei potesse creare uno spazio ideale in cui lavorare, come lo strutturerebbe a livello di condivisione degli spazi (un ufficio tutto suo o open space) e di arredamento?Opterei per un ufficio open space come lo

spazio di lavoro in cui mi trovo adesso. Se si ha la necessità di fare una telefonata che gli altri non possono sentire per diversi motivi ci si può spostare. Lo spazio in stile open space, sebbene abbia diverse connotazioni negative, a livello pratico è molto performante.Per quanto riguarda l’arredamento, secondo me è molto importante la comodità. Sedersi su una sedia comoda fa la differenza. Siamo seduti almeno otto ore al giorno e la sedia dovrebbe essere adatta a mantenere una corretta postura. Dopodiché, se la scrivania ha la forma angolare o rettangolare poco importa; importante è avere un piano sul quale poter appoggiare il pc. Penso che la scrivania non debba avere coluri scuri per non rendere l’ambiente di lavoro cupo.

Quanto sono importanti secondo lei i colori degli ambienti lavorativi? E perché?Secondo me, i colori giocano un ruolo molto importante in un ambiente di lavoro. Uno spazio con tanta luce naturale che entra dalle finestre, come avviene nel mio ufficio, rende

l’ambiente di lavoro più piacevole. Se la luce naturale fosse ridotta, sarebbe meglio optare per un ambiente con colori chiari. Escluderei il bianco in quanto riflette troppo e manterrei i colori accesi che conferiscono allegria, però senza esagerare perché sennò poi potrebbero dare fastidio. Penso che i colori pastello possano essere una giusta alternativa.

Secondo lei può il modo in cui un ufficio è arredato e progettato incidere sul rendimento e sulla produttività?Credo sia importante lavorare in una postazione comoda, dove ognuno ha il proprio spazio e che questo sia vivibile. Il tipo di arredamento, una volta che lo spazio è comodo, è indifferente e rispecchia i propri gusti personali. A me può piacere il giallo, al mio collega il verde, a me la scrivania tonda, all’altro ancora la scrivania rettangolare insomma sono gusti personali. Il lavoro potrebbe essere influenzato nel momento in cui le scrivanie sono molto piccole e non si ha lo spazio per appoggiare sulla scrivania i propri quaderni ed il proprio pc poi, per il resto, secondo me, se una persona

viene influenzata dall’arredamento significa che al lavoro è distratto. Se uno si concentra su quello che sta facendo quello che gli sta attorno non dovrebbe nemmeno essere notato.

Se dovesse dare qualche consiglio al suo responsabile che vuole riprogettare il suo ufficio cosa gli suggerirebbe?Consiglierei di modificare la posizione dell’aria condizionata. Utilizziamo i fancoil e questi, a volte, sono molto fastidiosi. Inoltre, consiglierei di trovare un modo per aprire le finestre in modo tale che l’aria possa circolare ed essere cambiata. Lavoro ai piani alti e vi sono delle bellissime vetrate, ma essendo blindate non è possibile aprirle.

Sabina lavora per un’ azienda di Milano che opera nel settore informatico.

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la parola all’esperto in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro

[email protected]

Mi occupo di igiene e sicurezza del lavoro dal 1994, con l’uscita dell’ormai superata 626, all’epoca ero dipendente dalla Società Pirelli Cavi S.p.A. e mi venne proposto di occuparmi di sicurezza del lavoro entrando a far parte di un gruppo di lavoro che avrebbe dovuto occuparsi di tutti i siti produttivi di Pirelli Cavi S.p.A. in Italia. Accettai subito e, poco dopo, iniziò un intenso corso di formazione all’interno della società dove imparai questa professione.

Dopo alcuni anni di esperienza decisi di provare l’avventura della libera professione - era il 1998 - e quindi sono quasi vent’anni che mi occupo di igiene e sicurezza del lavoro per molte aziende.I miei studi sono di tipo tecnico, mi sono diplomato perito chimico industriale nel 1983, all’inizio della mia attività un diploma era sufficiente ma con il tempo sia la legislazione - in continua evoluzione - che le aziende hanno iniziato a chiedere una maggiore preparazione ma soprattutto un continuo aggiornamento quindi ho conseguito un dottorato in Scienze Industriali e ho partecipato a numerosi corsi di formazione/aggiornamento (circa 50 ore/anno).

Dopo questa breve introduzione sulla

mia professione e i miei studi, entrerei nel vivo del benessere sul luogo di lavoro, un tema caldo per me.

Progettare un luogo di lavoro ergonomico è molto importante al giorno d’oggi perché permette di prevenire situazioni di disagio del lavoratore alle quali bisogna porre rimedio; è il principio della prevenzione.

A livello tecnico quando si progetta è importante non sottovalutare una serie di aspetti:• Il confort microclimatico attraverso

la realizzazione di impianti di climatizzazione che garantiscano sia in estate che in inverno delle temperature ed una umidità dell’aria corretti.

• Garantire i giusti spazi per i lavoratori sia per il posizionamento degli arredi che per il passaggio.

• Utenze adeguate alle esigenze produttive.

• Sedie e scrivanie regolabili in altezza.• Un buon livello di pulizia dei locali.• Optare per un’Illuminazione ed

aerazione possibilmente naturali e, laddove non sia possibile, garantire un adeguato ricambio di aria e una illuminazione che non crei abbagliamenti

Inoltre, consiglierei di contattare un tecnico della prevenzione che si affianchi ai progettisti per valutare la fattibilità di scelte che potrebbero rivelarsi corrette da punto di vista estetico ma poco funzionali dal punto di vista della prevenzione e dell’ergonomia.

Nella progettazione, lo spazio a disposizione è il vero elemento discriminante, seguita dalla distribuzione degli arredi e dal numero delle persone che potrebbero occupare l’ufficio.

La prevenzione non è l’unico elemento da tenere in considerazione quando si progetta ma anche l’arredamento gioca la sua parte. Un buon layout deve essere studiato in funzione degli spazi a disposizione e deve garantire un corretto uso della luce artificiale e dell’areazione

naturale, associato ad arredi che hanno colori che trasmettono tranquillità e sensazioni piacevoli.

La messa in pratica di questi suggerimenti avrà risvolti positivi sul benessere dei lavoratori che vivono lo spazio; la diminuzione di casi di cefalea dovuta ad una sbagliata illuminazione, la riduzione delle malattie da raffreddamento causate da una scorretta gestione delle temperature sia in estate che in inverno, una minore incidenza del rischio da stress lavoro correlato. Insomma, prevenire stati di malessere sia fisici che mentali, favorirebbe condizioni di benessere sia fisico che mentale, incidendo sul rendimento di ciascun lavoratore e ,di conseguenza, sulla produttività.

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i risultati del nostro sondaggio social

Il luogo di lavoro è sempre più spesso la nostra seconda “casa”. Qualsiasi sia la tipologia, le ore trascorse a lavorare superano di gran lunga le ore dedicate al tempo libero.Sono sempre più frequenti gli studi volti ad approfondire il tema del benessere del lavoratore sul posto di lavoro.Noi ci chiediamo: in che misura l’arredamento e la struttura di un ufficio incidono sulla salute fisica e mentale del lavoratore?

A tal proposito abbiamo creato un breve sondaggio. Ecco i risultati:

Domanda 1: Una corretta Illuminazione del mio ufficio incide sul mio umore

Domanda 2: Una sedia funzionale alla corretta postura influenza il mio confort

Domanda 3: Il colore verde mi ispira tranquillità

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

Domanda 4: Il colore giallo stimola la mia creatività

Domanda 5: Il colore rosso aumenta il mio coraggio

Domanda 6: Lavorare in un ambiente confortevole incide sulla mia produttività

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

PER NULLA

POCO

MOLTO

COMPLETAMENTE

Barbara Grecchi - Social Media SpecialistEpoché Service Integrator srl

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la nostra vignetta

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Pubblicazione trimestrale

Magazine

L’illuminazione dell’ufficio e le sedie sulle quali trascorrere le proprie giornate lavorative, riscuotono un positivo interesse dai parte dei rispondenti.

Il 52,17% si considera “molto d’accordo” con la correlazione esistente tra il proprio umore sul posto di lavoro e una corretta illuminazione, seguita dal 30,43% che è “completamente d’accordo “con quanto affermato.

Per il 50% dei rispondenti che ha risposto “completamente”: una sedia funzionale alla corretta postura incide sul proprio confort.

Con il sondaggio non è stata indagata, attraverso stimoli visivi, la possibile correlazione neuro cerebrale dei

colori verde/giallo/rosso con le reazioni cerebrali degli stati emotivi di tranquillità/creatività/coraggio.

Il fatto che solo il 2,17 % si sia mostrato “completamente d’accordo” con le domande 3,4 e 5 potrebbe rispecchiare una preferenza o meno dei rispondenti verso un certo colore senza però precludere la stimolazione di un’altra emozione.

Infine, lavorare in uno spazio di lavoro che sia confortevole porta benefici sulla produttività chi vi lavora.Considerando i dati emersi, il confort dello spazio di lavoro incide sulla propria produttività per un 63% dei rispondenti.

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