Luci ed ombre delle comunity aziendali - esintegrator.com Dicembre 2017 -.pdf · General Manager di...

13
S OCIAL O RGANIZATION : Luci ed ombre delle comunity aziendali NUMERO 24 DICEMBRE 2017

Transcript of Luci ed ombre delle comunity aziendali - esintegrator.com Dicembre 2017 -.pdf · General Manager di...

SOCIALORGANIZATION:Luc i e d omb r e de l lecomun it y az ie nda l i

NUMERO 24DICEMBRE 2017

NUMERO PRECEDENTE:

B-NOw, il cambiamento è adesso

EDITORE:Epoché Service Integrator srlVia S. Jacini 4 20121 Milano

[email protected] www.esintegrator.com

PIVA 03607530965

DIRETTORE RESPONSABILE:Silvia Bertolotti

COORDIMENTO E DIREZIONE ARTISTICA:

Giada Ricci

REDAZIONE:Alessandra GobbiValentina Pietta

Marta Notaro

SOMMARIO

EDITORIALE

#SOCIALORG: LUCI ED OMBRE DELLE COMMUNITY AZIENDALI

INTERVISTA A laura borghinileroy merlin italia

INTERVISTA A LEONARDO NARDELLACEO PROGETTO ULISSE

INTERVISTA A ALESSANDRO DONADIOAUTORE DI HREVOLUTION

I RISULTATI DEL SONDAGGGIO SOCIALCONDOTTO DA EPOCHÉ

LA NOSTRA VIGNETTA

PAG. 1

PAG. 3

PAG. 6

PAG. 10

PAG. 12

PAG. 16

PAG. 19

Essere sempre connessi è sicuramente un’opportunità interessante… puoi gestire in tempo reale le situazioni che richiedono un tuo contributo e accedere a una consistente mole di informazioni. La domanda che però mi faccio è: la quantità di input che riceviamo è tanto elevata rispetto alla qualità delle informazioni che condividiamo?

Le imprese oggi si trovano a fare i conti con persone fortemente orientate all’utilizzo dei social network nella vita privata e che si aspettano di poter fruire di contenuti e informazioni in tempo reale. Sono altrettanto propense a condividere notizie e opinioni su qualsiasi argomento.Questa situazione, se sfruttata con saggezza, può generare un circolo virtuoso di creazione e condivisione di conoscenza che potrebbe aumentare di molto il valore aziendale e la motivazione delle persone che lavorano in quella determinata organizzazione. Ed ecco che si presentano nuovi interrogativi: gli imprenditori, i manager, i gestori di risorse umane, sono pronti a fare questo salto nel buio? A responsabilizzare le persone, a facilitarle e non più a gestirle e guidarle? Le persone sono pronte a mettersi in gioco e a condividere in azienda il loro background anche privato e le loro opinioni facendole diventare social?

Questo magazine cerca di offrire spunti di riflessione attraverso il racconto di alcune esperienze e il parere degli esperti… tuttavia le risposte a questi interrogativi, al momento, rimangono ancora da definire.

EDITORIALE

Silvia BertolottiGeneral Manager di Epoché Service Integrator srl

1

Il termine #SocialOrg* è stato coniato da Alessandro Donadio come contrazione dell’espressione “Social Organization” introdotta da Anthony J. Bradley e Marc P. McDonalds nel 2011. Per i due autori parlare di social organization significa riferirsi all’introduzione dei social media in azienda. Donadio riprende questo concetto ampliandolo e sottolineandone il potere trasformativo delle nuove tecnologie nelle organizzazioni. Nel libro “HRevolution: HR nell’epoca della social e digital transformation” definisce quindi le #SocialOrg* come “una piattaforma sociale, culturale e organizzativa, abilitata dalla tecnologia, che libera il potenziale di interazione, conversazione, collaborazione umana”.

Al centro del concetto di #SocialOrg* quindi, non vi è la tecnologia in sé, ma la tecnologia al servizio dei dipendenti per aumentarne le potenzialità nell’ottica di condivisione dei contenuti, generare conoscenza e collaborare. Gli strumenti tecnologici da soli non hanno nessun potere trasformativo e/o generativo; è necessario il tocco umano affinché questi possano acquistare senso e vita. Ciò che crea valore quindi non è la tecnologia, ma le persone con le loro conoscenze e competenze.“Persone” e “tecnologie” sono quindi due dei concetti alla base della definizione di #SocialOrg* insieme a quello di “ecosistema”, ovvero tutto il sistema aziendale che si modifica continuamente in funzione di ciò che viene condiviso dai diversi stakeholder.

L’avvento delle #SocialOrg* ha determinato, anche nelle organizzazioni che hanno adottato queste tecnologie, un passaggio parallelo a quello dal Web 1.0 all’attuale Web 4.0:• Web 1.0: è il web tradizionale, di natura statica• Web 2.0: acquisisce un carattere sociale

permettendo l’interazione dinamica tra gli utenti• Web 3.0: di natura semantica, conta la relazione

semantica tra i contenuti

• Web 4.0: caratterizzato da spazio e big data, cerca di mettere in connessione le persone automaticamente, sulla base delle attività che svolgono.

Così nelle organizzazioni i dipendenti non si limitano più a consultare in modo passivo la Intranet aziendale, ma possono interagire in modo dinamico con i colleghi per scambiare comunicazioni ufficiali, condividere progetti, generare e scambiare conoscenza circa le tematiche lavorative. Si passa quindi da una comunicazione strettamente verticale di tipo “top-down” ad una orizzontale di tipo “peer-to-peer” (Figura 1).

Figura 1 Dalla comunicazione “Top-down” alla “Peer-to-peer”

Passare da una comunicazione verticale ad una orizzontale implica per le aziende, ma soprattutto per figure come quelle dei manager, dei dirigenti e dei responsabili delle risorse umane, la perdita di una parte di controllo e di potere comunicativo. Questa perdita si affianca anche inevitabilmente all’acquisto, da parte dei dipendenti, di una maggior autonomia e senso di responsabilità, dal momento che non sono più uditori e recettori passivi delle comunicazioni ma ne sono autori. La comunicazione orizzontale ruota quindi attorno ai concetti di “partecipazione” alla community e “collaborazione di massa”, che permette di moltiplicare in modo esponenziale il numero di nodi

3

# SOC IALORG :Luc i e d omb r e de l lecomun it y az ie nda l i

54

informativi disponibili in azienda per scambiare informazioni e idee. Ogni individuo è un nodo informativo e grazie agli strumenti social è possibile raggiungere tutti i contatti del proprio network aziendale. Oltre ad aumentare il sapere aziendale, tutto ciò contribuisce ad accrescere anche il senso di coinvolgimento (engagement) e di appartenenza all’azienda dei lavoratori.

Ma quali sono i vantaggi che possono trarre le organizzazioni che diventano #SocialOrg*? Alessandro Donadio ne illustra diversi e ciò che emerge è come essi agiscano a tutto tondo sull’azienda. Dal punto di vista della comunicazione, l’introduzione di piattaforme social permette un notevole risparmio in termini di numero di comunicazioni da inviare poiché tutti i dipendenti dell’azienda possono accedere a tutte le informazioni trasmesse. Sempre questo libero accesso alle notizie consente al management di non dover continuamente richiedere aggiornamenti sullo stato di avanzamento delle diverse attività perché possono accedervi e monitorarle in tempo reale. Altro notevole beneficio riguarda l’aumento del coinvolgimento e del senso di appartenenza dei lavoratori verso l’organizzazione: tramite la partecipazione alla piattaforma aziendale infatti le persone hanno la possibilità di essere, e spesso lo diventano, maggiormente proattive. Ciò significa che non rispondono solamente se stimolate, ma vogliono e desiderano esprimersi. Questa più intensa partecipazione ed esposizione delle persone implica la possibilità, da parte del management, di osservare i propri dipendenti ed individuare potenzialità e/o talenti fino a quel momento magari rimasti nascosti.

In conclusione, Donadio sottolinea come sia fondamentale la cultura organizzativa: se questa è già improntata alla collaborazione e alla condivisione il passaggio a #SocialOrg* sarà fattibile e tutto sommato facile; se invece in azienda la figura del capo è molto forte e importante, difficilmente la tecnologia

social potrà attecchire in modo sano, infatti i dipendenti potrebbero non sentirsi a proprio agio nel condividere online esponendosi in prima persona.

Questa breve riflessione sulle #SocialOrg* non manca di sollevare alcuni interrogativi, in particolare: dal momento che le tecnologie social permeano la vita delle persone, come mai, in ambito lavorativo, il numero di #SocialOrg* è ancora limitato? E i dipendenti, pur usando quotidianamente i social nella vita privata, sono pronti ad accettare ed affrontare questo cambiamento nella vita lavorativa?

Consigli per letture di approfondimento• Accoto C., Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di

filosofia digitale, Egea, Milano, 2017• Bauman Z., Communitas. Uguali e diversi nella

società liquida, Aliberti, Roma 2013• Colombo C., Donadio A., Galardi A., Marini V.,

Solari L., The human side of digital. Era digitale, capitale umano, nuovi paradigmi, Guerini Next, Milano 2015

• Donadio A., HRevolution: HR nell’epoca della social e digital transformation, FrancoAngeli, Milano, 2017

• Salati M.E., Leoni A., Neuroscienze e management. Nuovi strumenti per la professione manageriale, Guerini Next, Milano, 2015

• Solari L., Freedom management: how leaders can stay afloat in the sea of social connection, Routeledge, Abington, 2017

Internet e dintorniwww.aledonadio20.comwww.spiramirabilis.com

IL CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE NON PUÒ ESSERE SEMPLICEMENTE INSEGNATO, DEVE PARTIRE DALLE PERSONE, FARE PARTE DEL LORO DNA MOTIVAZIONALE, AVVOLGERLI COME PARTE DELLA LORO EPIDERMIDE. I NOSTRI PRECORSI ODT© RAPPRESENTANO UN'ESPERIENZA UNICA E STIMOLANTE DI TRASFORMAZIONE UTILE PER LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO AZIENDALE, L'INTEGRAZIONE DEI TEAM, L'INNOVAZIONE DI PROCESSO, IL BENESSERE ORGANIZZATIVO E IL SENSO DI APPARTENENZA.

FORMAZIONE.ESINTEGRATOR.COM/ONE-DIFFERENT-TRAINING-ODT

HUMAN BUSINESS PER MANAGER

IN-SHAPE

LA PALESTRA UMORISTCA DEL VENDITORE

MINDFULLNESS E SCUBA WELLNES

PUBLIC SPEAKING ARENA

TEAM GAME STOP & GO

TEAM WORK EXPERIENCE

* termine tratto da Donadio A., HRevolution: HR nell’epoca della social e digital transformation, FrancoAngeli, Milano, 2017

76

Leroy Merlin è l’azienda multispecialista che offre la possibilità di migliorare la propria casa grazie all’offerta di soluzioni complete di prodotti e servizi. Arrivata in Italia nel 1996, Leroy Merlin annovera ad oggi 48 punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale per un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro. Offre lavoro a più di 6.500 collaboratori, per il 99% azionisti del Gruppo stesso. Leroy Merlin crede che ogni persona abbia diritto alla propria casa ideale e si adopera per riqualificare l’habitat delle persone in difficoltà, perché una casa migliore rende migliore la vita.

1. Come è nata l’esigenza di creare una community virtuale dedicata?

Noi preferiamo parlare di una “piattaforma collaborativa” (la chiamiamo YOUN.IT) e formiamo i nostri collaboratori alla social collaboration per sviluppare modalità di lavoro più fluide, per favorire il network, fare risalire notizie, contenuti e competenze da tutti i negozi con un approccio bottom-up e cross. Questo è un aspetto distintivo non solo di Leroy Merlin Italia ma di tutte le aziende che fanno parte del Gruppo Adeo.Utilizzando da tempo un social come Facebook, attraverso un gruppo dedicato e chiuso “Leroy Merlin Collaboratori” che conta oggi circa 4.000 iscritti, e avendo avuto una Intranet aziendale che però favoriva solo parzialmente lo scambio e l’interazione, il passaggio ad una piattaforma che permettesse a ciascun collaboratore di interagire, commentare, condividere e lavorare a distanza in autonomia i propri contenuti è stato abbastanza automatico. Meno facile, certo, coinvolgere i colleghi e portarli ad utilizzare un altro strumento, cambiando le loro abitudini e installando in loro una routine. Cosa che per noi resta ancora una sfida ambiziosa.

2. Quali sono gli obiettivi della community?

Il nostro progetto mira innanzitutto a cambiare, semplificare il modo di lavorare dei collaboratori che costruiscono una rete in tutta Italia e con le altre Business Unit del Gruppo, dove la rete serve sempre più ad avanzare nel proprio mestiere, far progredire la propria azienda, e sentirsi parte di un unico movimento. Per noi la community (o LE community) non è solo digitale, ma nasce sicuramente dall’incontro fisico, nei nostri negozi e durante

i nostri incontri. Quello che vogliamo è costruire uno strumento facilitante per essere più veloci e sempre più innovativi.Per darvi un’idea, questa è la mission del nostro progetto:“Siamo una community di persone, appassionate portatrici di senso, conoscenza, orgoglio. Sperimentiamo ogni giorno la dimensione della reciprocità e della co-costruzione attraverso la condivisione del sapere con progetti, idee, obiettivi, risultati raggiunti. Mettiamo a disposizione la conoscenza e la rendiamo accessibile a tutti in qualsiasi momento.Aumentiamo il nostro valore individuale e aziendale grazie al confronto continuo e al racconto (proattività) delle esperienze. Tutto questo lo facciamo su YOUN.IT”.

3. Come avete coinvolto i partecipanti?

Sempre più si rendono necessari strumenti di collaborazione a distanza, di comunicazione e di coinvolgimento da parte di chi porta avanti un progetto aziendale. In questo senso YOUN.IT viene presentata come la soluzione – personalizzata, personalizzabile, autonoma – che può veramente tornare utile al proprio lavoro quotidiano. Abbiamo deciso di approcciarci all’argomento coinvolgendo prima di tutto community già esistenti in versione fisica, dando loro l’opportunità di testare lo strumento secondo le loro esigenze. Un secondo step è stato quello di rendere disponibili i documenti presenti sulla vecchia Intranet, dando però la possibilità di farli vivere e animare in maniera più efficace da chi li doveva pubblicare. Sono nate così le “community di prodotto”. Man mano, i servizi interni che operano nella sede centrale hanno quindi trovato nelle loro community la possibilità di rendere disponibili i loro contenuti e progetti a tutta

LAURA BORGINI

Responsabile comunicazione interna e istituzionale presso LEROY MERLIN Italia

LA COMMUNIT Y D ILEROY MER L IN

Italia. Infine, stiamo costruendo delle singole community “di negozio” per permettere lo scambio anche fra collaboratori e reparti di un singolo sito piuttosto che fra punti vendita anche lontani fra loro.Non è immediato abituare le persone all’utilizzo di un nuovo strumento e portare allo stesso livello di partecipazione tutti i diversi collaboratori (per età, anzianità aziendale, diverso grado di alfabetizzazione digitale), ma lo facciamo per gradi, identificando e diffondendo man mano l’utilità che ognuno di essi potrà trovare nel nuovo strumento.

4. Quali sono le metodologie che utilizzate per rendere vivo questo strumento?

Costruiamo diverse attività on e off line, realizziamo continui incontri e formazioni rispetto all’uso dello strumento, attuiamo campagne di comunicazione mirate ma

soprattutto cerchiamo di spiegare prima di tutto il senso e l’utilità della piattaforma, raccontando i benefici e i vantaggi di lavorare tramite community, introducendo tutti i collaboratori alla social collaboration.

5. Che figure professionali e che competenze sono necessarie per gestire la community?

Il progetto generale è seguito dalla Comunicazione Interna, che fa capo alle Risorse Umane.Per ogni singola community, identifichiamo uno o più “community manager” che si occupano di progettarla, dettarne gli obiettivi, costruire contenuti e attività di animazione, gestirla e verificarne il successo. Queste persone sono per lo più project manager (se la community tratta di un progetto o di un servizio) o Consiglieri di Vendita, Hostess e Steward Relazione

Cliente, particolarmente adatti a seguire il ruolo come trasversalità rispetto al proprio mestiere. Li formiamo e li accompagniamo con aule, tutorial, incontri personalizzati, in modo che abbiano tutti gli elementi per poter seguire la mansione. In generale, si tratta di persone particolarmente predisposte alla condivisione, al dialogo e al coinvolgimento dei colleghi. Detto questo, prima di individuare qualsiasi figura, per noi è importante accertarci che chi voglia aprire una community si stia chiedendo perché lo vuole fare e quale sarà l’obiettivo di questa community. Questo perché crediamo che la creazione di una community non è sempre “la soluzione a tutti i bisogni” e perché una volta avviata, questa va mantenuta. Per mantenere viva nel tempo una community è importante avere a bordo alcune figure, magari il Manager ma lo è anche l’individuazione di alcune persone con attitudini comunicative, voglia di condividere

e confrontarsi, stimolando gli altri colleghi a partecipare.

6. Quali sono secondo lei i limiti di una community di questo tipo?

I limiti non sono mai solo della community in sé, ma possono essere legati anche a un non corretto utilizzo da parte delle persone. Se pensiamo, ad esempio, di pubblicare un post nell’attesa che succeda qualcosa stiamo alimentando una falsa speranza. Animare una community richiede pianificazione, costanza, creatività e continue messe alla prova.Altri limiti poi possono essere una user experience non adeguata e un layout non accattivante ma stiamo cercando di implementare anche questi aspetti. L’uso in mobilità è sicuramente un aspetto che per noi diventerà fondamentale a partire già dai primi mesi del 2018.

98

1110

Progetto Ulisse nasce 12 anni fa con il chiaro obiettivo di creare il primo network della formazione in Italia.La grande sfida fu quella di puntare sull’e-learning in un periodo storico in cui questa modalità, associata al concetto di formazione era, oserei dire, del tutto sottovalutata.

Non è stato semplice ma ero certo che quello sarebbe stato il futuro e, grazie alla triade vincente di ottimismo, tenacia e dedizione, è stato raggiunto questo importante traguardo: ben 90 centri di formazione dislocati su tutto il territorio nazionale, oltre 500 corsi a catalogo e ciò si traduce in un crescente numero di aziende e professionisti che si formano grazie all’e-learning.

Quest’anno, in occasione del consueto appuntamento con i nostri partners, il meeting di Interattiva Editore, abbiamo presentato un nuovo strumento volto a rafforzare il concetto di networking, di connessione e partecipazione; abbiamo così inaugurato INetwork, il social di Interattiva Editore.

Il senso di questo progetto è inscritto nel DNA dello strumento stesso, ovvero quello di favorire e consolidare i legami della rete; uno spazio virtuoso per condividere idee e progetti.

Gli intenti alla base di questo strumento sono ambiziosi in quanto esprimono la volontà di promuovere e far aderire concettualmente alla democraticità della “rete” e superare così, quell’impasse culturale – che per quanto se ne dica, ancora in certe realtà persiste – di proprietà e segretezza, a favore della condivisione di contenuti e know how.

Credo fortemente in tutto questo, esattamente come anni fa ho creduto all’e-learning e vorrei che questo metodo di lavoro fondato sulla fluidità di trasferimento dei contenuti, veloce, diretto e trasparente, diventi una consuetudine. In altre parole, punto affinché INetwork diventi lo strumento principale di lavoro per il Network IN. Per favorire tutto ciò, abbiamo lavorato affinché INetwork fosse facile ed intuitivo da utilizzare sia da desktop che da mobile. Inoltre, abbiamo previsto tutti quei tools utili a incentivare la partecipazione, come la creazione personalizzata del proprio profilo, notifiche push che richiamano all’azione, chat private e altro.

Sono diverse le persone del team che costantemente lavorano per la sua ottimizzazione; dai nostri ingegneri informatici, ai nostri esperti di marketing. Oltre a queste figure è di centrale importanza il lavoro dei nostri dipendenti; abbiamo infatti designato un referente per ogni divisioni aziendale con compito di monitorare e aggiornare le informazioni relative al suo canale specifico, nonché interagire direttamente con la rete quando chiamato in causa.

Come tutte le novità necessita di costanti aggiustamenti di tiro, ogni cambiamento porta con sé una discreta dose di resistenza e prima che un nuovo approccio posso sostituirsi completamente al precedente ci vuole del tempo fisiologico ma nonostante ciò, sono del tutto persuaso che gli sforzi che stiamo facendo siano volti alla definizione di uno strumento ottimale e, a mio avviso, potentissimo.

LEONARDO NARDELLA

CEO di Progetto Ulisse Srl e proprietario del marchio Interattiva

I L SOC IAL NETWOR K D I INTERAT TIVA ED ITORE

1312

PARLA ALESSANDRO DONADIO, AUTORE DEL LIBRO HREVOLUTION

1. Partiamo dal titolo del tuo libro: secondo te in questo momento stiamo assistendo ad una rivoluzione nel mondo della gestione delle risorse umane o credi che sia meglio definirlo un passaggio evolutivo fisiologico?

Non direi che siamo nel pieno della rivoluzione, che come dico nel libro è culturale e di paradigma prima che di modelli.Vedo piuttosto sintetizzarsi meglio la domanda fra gli HR sempre più consapevoli che le organizzazioni stanno cambiamo sotto i loro piedi.Innegabile come la tecnologia della connessione e della conversazione abbia promosso modelli di relazioni nuove, disintermediate, ma per HR il punto è: quindi qual’è il mio ruolo se le persone possono accedere, studiare, collaborare in autonomia?Una domanda a cui cerco di dare risposta sia sul piano strategico che proponendo qualche approccio sul libro.

2. Se dovessi spiegare a un non addetto ai lavori il concetto di Social Organization, quale metafora/descrizione utilizzeresti?

La social organization è la possibilità per la persona di incidere nel contesto dell’azienda, essendo “potenziata” da alcuni elementi nuovi:- una cultura manageriale che promuove la partecipazione attiva sulle decisioni e sull’evoluzione e crescita della organizzazione- dei processi che sono pensati per attivare conversazioni fra le persone che risolvono problemi insieme, fanno innovazione creano opportunità- tecnologie abilitanti che “aumentano” la capacità della persona di connettersi, accedere a risorse di contenuto e a colleghi

3. A quali autori/modelli (se ce ne sono) ti sei ispirato per riflettere su queste tematiche?

Direi che il cuore è la Learning Organization teorizzata da Peter Senge.Oggi poi Holacracy e le forme di organizzazioni liquide che si stanno affacciando danno spunti interessanti anche se non ancora soluzioni immediatamente applicabili.

4. Nel libro affronti un tema pedagogico molto importante, ovvero passare da un approccio di “dipendenza” a un approccio di “alleanza” nella relazione con le risorse umane. Quali sono secondo te le componenti comportamentali e motivazionali necessarie per un HR Enabler?

Si, si tratta di un percorso che punta a generare organizzazioni adulte come spiego nel libro.La funzione del HR enabler è quindi quella di creare quel contesto di cui abbiamo detto alla definzione doi social organization: cultura partecipata, processi collaborativi, tecnologie abilitanti.L’enabler non agisce sulle persone, ma sempre più su questi contesti e poi si prende la responsabilità coraggiosa di lasciar fare alle persone, perché possano creare l’organizzazione migliore possibile, e facendo questo, crescere in competenze e abilità.deve un pò “mordersi la lingua” diciamo, non intervenire ma immaginare e disegnare ambienti. la motivazione? beh direi non diventare inutili perché il cambiamento è già in atto e con strumenti e modalità autonome le persone stanno già vivendo così nelle organizzazioni. Poi dare il proprio contributo alla transizione, ed insieme proteggere il valore di cui è custode: il talento delle persone.

5. Le tecnologie e il marketing diventano leve fondamentali nel nuovo modello di “gestione” delle risorse umane. Rispetto alla tua esperienza consideri pronti gli HR a fare questo salto di paradigma? E nel caso, quali sono i passaggi fondamentali su cui le imprese devono investire oggi per arrivare ad un nuovo modello di Social Organization?

Pronti non del tutto direi. Serve mettere a tema proprio questo per HR: il proprio cambiamento prima di tutto. Insomma capire che si deve riformare il modo di pensare al ruolo così come lo abbiamo conosciuto, e poi acquisire nuove competenze (pensiamo a tutto il tema emergente dei people analytics, o all’impatto dello smartworking che stiamo sottostimando). E poi provare, aprire cantieri, sperimentare. senza questo faremmo esercizio teorico.I passaggi verso la social organization sono proprio questi appena detti, mentre cambia HR e sperimenta, cambia l’organizzazione.

6. Un’obiezione che potrebbe essere sollevata rispetto all’introduzione di questa nuova filosofia organizzativa e delle tecnologie di condivisione potrebbe essere della percezione di “perdita di tempo” da

parte dell’impresa e di un “ulteriore carico lavorativo” da parte del lavoratore. Cosa ne pensi?

Dico che guardandole da vicino si vede benissimo che le persone stanno già lavorando così: creano gruppi su whatsapp, community in cui si connettono per sostenersi sia sul piano professionale che umano. Stanno insieme usando tecnologie che trovano fuori, evidenziando come gli strumenti organizzativi, ma anche la cultura gerarchica e burocratica a cui si affida, siano del tutto inutile per sostenerli. E quindi per sostenere l’organizzazione stessa.Insomma c’è da cambiare le organizzazioni certo, ma anche da prendere atto che molto del lavoro è già in corso ed è fatto dalle persone.

7. Hai in cantiere altri progetti letterari?

Si, sto lavorando su un testo che affronta il tema dello smartworking in modo completamente diverso.Non posso dire molto di più ma questa primavera spero di lanciare quest’altra riflessione a tutti gli HR ed al management aziendale.

14

don't

dreamit...

be it!

COACHING#ESSEREPERAVERESUCCESSO

MIGLIORARE LA PERFORMANCE DELLA FUNZIONE GESTITA, PER ALLINEARSI AL BUSINESS AZIENDALE

TRASFORMARE IL TOP MANAGEMENT IN ENTERPRISE MANAGEMENT

POSIZIONARE LA PROPRIA AZIENDA NEL MERCATO DIGITALE

COME ADOTTARE IL MODELLO DI COACHING NELLA GESTIONE DEI PROPRI COLLABORATORI

SONDAGGIO SOCIALA CURA D I EPOCHE ’

Abbiamo creato un questionario social allo scopo di indagare innanzitutto la conoscenza e la diffusione delle #SocialOrg*. Accanto a questi due macro obiettivi abbiamo voluto capire l’utilizzo che le #SocialOrg* fanno delle piattaforme social aziendali e cosa ne pensano i dipendenti.Contrariamente a quanto previsto, le #SocialOrg* sono conosciute da più della metà dei lavoratori intervistati (Figura1). Se si osserva la conoscenza in base all’ampiezza dell’azienda, si nota come le #SocialOrg* siano molto più note nelle grandi organizzazioni; nelle piccole e nelle micro aziende invece sono meno conosciute (Figura 2). Se invece si guarda quali figure conoscono maggiormente le #SocialOrg* colpisce il fatto che siano figure diverse da quelle manageriali come direttori ed HR (Figura 3).

Figura 1 Conoscenza #SocialOrg*

Figura 2 La conoscenza delle #SocialOrg* in base all’ampiezza dell’azienda

Figura 3 Conoscenza #SocialOrg* in base all’ampiezza azienda

Se ci si sofferma sulla diffusione, anche in questo caso si nota come la maggior parte delle aziende (65%) sia una #SocialOrg*, tuttavia il 10% degli intervistati non sa definire la propria organizzazione (Figura 4). In base ai dati raccolti, sembrerebbero essere più #SocialOrg* le aziende di grandi dimensioni, a scapito invece di quelle piccole e medie (Figura 5). Anche in questo caso se si guarda al ruolo ricoperto in azienda si nota come le figure manageriali (direzione, HR,..) siano quelle meno informate rispetto al fatto che la propria sia o meno una SocialOrg* (Figura 6).

Figura 4 Diffusione delle #SocialOrg*

Figura 5 Diffusione #SocialOrg* in base all’ampiezza dell’azienda

Figura 6 Diffusione #SocialOrg* in base al ruolo in azienda

17

In generale le piattaforme social sono considerate utili o molto utili (Figura 7). Infatti tra coloro che non fanno parte di una #SocialOrg* solo una minima percentuale (22%) non considera utile l’introduzione di piattaforme social in azienda dando come principali motivazioni il fatto che sarebbe un’attività che sottrarrebbe tempo alle quotidiane attività lavorative, nonché un’incombenza in più (Figura 8). Chi invece vede di buon occhio l’introduzione dei social sostiene che permetterebbero la condivisione di idee e conoscenze, aumenterebbero il coinvolgimento e il senso di appartenenza oltre alla collaborazione (Figura 9).Tra coloro che già fanno parte di una #SocialOrg* tutti valutano positivamente il loro utilizzo, evidenziando anche in questo caso come principale motivazione la possibilità di condividere idee e conoscenze. Positivi sono anche l’aumento di coinvolgimento, collaborazione, senso di appartenenza (Figura 10).

Figura 7 Utilità di introduzione e utilizzo delle piattaforme social in azienda

Figura 8 Perchè l’introduzione di una piattaforma social non sarebbe utile

Figura 9 Perchè sarebbe utile introdurre una piattaforma social in azienda

Figura 10 Perchè è utile una piattaforma social in azienda

Le piattaforme social presenti ad oggi nelle aziende svolgono principalmente una funzione di supporto al lavoro, infatti permettono di condividere idee e progetti e di accedere a informazioni rilevanti; è possibile anche visionare comunicazioni istituzionali o accedere alle applicazioni aziendali (Figura 11).

Figura 11 Attività per cui è usata la piattaforma social aziendale

18

LA NOSTRA VIGNETTA

SENZA PAROLE!

19

NUMERO 24DICEMBRE 2017