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GRAZIE DI… CUORE dal Presidente magazine mantieni il ritmo sci (ricordo di situazioni spiacevoli, stati emotivi particolari ecc) con risposte eccessive, cioè con note- vole rallentamento dei battiti cardia- ci (che possono anche fermarsi del tutto) oppure con un importante calo della pressione arteriosa (fino a livelli bassissimi) o con entrambi i meccanismi suddetti. Ne consegue un mancato afflusso di sangue al cervello e, se prolun- gato, l’interruzione delle funzioni cerebrali e la perdita di coscien- za. Se lo svenimento è prolunga- to si può osservare anche il rila- sciamento degli sfinteri con per- dita di urine e feci. Se il paziente assume subito la posizione supina il sangue, grazie alla forza di gravità, raggiunge comunque il cervello e si evita la vera e propria sincope. Se ciò non viene fatto invece, si assisterà alla sincope con caduta in terra e poten- ziali traumi corporei di minore o maggiore gravità in rapporto al con- testo nel quale l’evento si è verifica- to. Quando il paziente perde coscienza e cade, si riprende abi- tualmente quasi subito grazie al riaf- flusso del sangue al cervello. Quando invece l’evento accade durante la guida dell’auto, la cintura di sicurezza mantiene il busto in posizione eretta e prolunga notevol- mente l’ischemia cerebrale con tota- le perdita del controllo dell’automo- bile e rischi potenziali anche gravi. “Ma come faccio ad essere sicura di essere affetta da questa patologia e che terapie esistono per impedire ma l’unica manovra che sembra giovarmi è quella di assumere subi- to la posizione supina e attendere 5- 10 minuti finché non passa tutta la sintomatologia. Se riesco ad inter- rompere il meccanismo prima di arrivare alla perdita di coscienza, in 5 minuti recupero benissimo e la mia giornata è totalmente normale, ma se insisto a rimanere in piedi e a reagire perché mi vergogno e non voglio farmi vedere dagli altri allora la situazione peggiora notevolmen- te. A questo punto non c’è più dife- sa: o mi sdraio subito o svengo nello spazio di pochi secondi. All’Ospedale dove sono stata rico- verata mi hanno fatto un esame molto approfondito ma è risultato tutto normale anche se il neurologo non ha escluso che io possa avere una forma di epilessia e mi ha con- sigliato una terapia antiepilettica. La debbo iniziare? Sono veramente epilettica? Qual è il mio destino?”. Giovanna era notevolmente in ansia per il suo stato di salute e direi anche comprensibilmente. Da un lato infatti era terrorizzata dall’idea di avere altre sincopi e dall’altra non amava l’idea di con- siderarsi epilettica (specie con prove strumentali piuttosto dub- bie e aspecifiche) e di iniziare una terapia continuativa a vita. “Credo di poterla rassicurare”, le dissi, “molto probabilmente lei non ha alcuna forma di epilessia ma esclusivamente quella che viene da noi definita una “Sincope neuro- mediata” o “vaso-vagale” cioè una perdita totale di coscienza causata da un riflesso neuro-vegetativo che accentua gli effetti di una stimola- zione vagale”. Le spiegai che le nostre funzioni organiche sono con- tinuamente regolate da un “tiro alla fune” tra due sistemi nervosi, il vago e il simpatico che hanno fun- zioni opposte. Per farla più sempli- ce il “vago” rallenta il cuore e ridu- ce la pressione arteriosa, il “simpa- tico” fa abitualmente il contrario. In alcuni soggetti, particolarmente sensibili ed emotivi, il vago può essere più potente del solito e rea- gire a stimoli esterni (vista del san- gue, dolore intenso ecc) o subcon- che mi ricapiti?”. “Possiamo fare un tilt test, cioè un esame che consiste nel fare stare il paziente su di un piano inclinato di 60° per circa mezz’ora, osservando in continua- zione il ritmo cardiaco e la pressio- ne arteriosa. Abitualmente, durante questo esame, il paziente ripete la sintomatologia riferita fino alla vera e propria sincope ed è possibile osservare quale è il meccanismo che la ha provocata. Il tilt test di Giovanna provocò nuo- vamente la sincope e venne osser- vato sul monitor un arresto cardiaco di oltre mezzo minuto. “Giovanna, la terapia giusta per lei è l’impianto di un pacemaker perché la sincope che le abbiamo provoca- to con il tilt test ci incita a ritenere che anche la sua sincope spontanea sia imputabile alla stessa causa”. Comunque per aumentare il livello diagnostico possiamo impiantarle, sotto la pelle, un microchip (chia- mato loop-recorder) che è in grado di registrare, in continuazione, per oltre due anni, il suo elettrocardio- gramma e memorizzare eventuali eventi patologici (aritmie cardiache, blocchi cardiaci, arresti cardiaci)nel caso lei avesse un’altra sincope. Con un taglio di circa un cm sulla pelle del torace, viene inserito sotto- cute a Giovanna il registratore elet- trocardiografico. Dopo circa 3 mesi dall’impianto Giovanna ebbe un’altra sincope, questa volta per fortuna non alla guida, e con minimo trauma corporeo. Il tracciato elettrocardio- grafico registrato durante la sincope Caro Amico, cara Amica, ti racconto una storia. Giovanna, una signora di 32 anni venne a trovarmi nel mio studio, perché aveva avuto un grave inci- dente stradale che le aveva procura- to dei notevoli traumi corporei (frat- tura della mandibola, frattura della clavicola ematomi vari). “Non so cosa mi sia successo in realtà” cer- cava di spiegarmi, “ho urtato fron- talmente contro un muretto senza rendermene conto. Non ricordo pra- ticamente nulla di ciò che è succes- so. Forse mi sono distratta, forse l’auto ha slittato e non è più stata da me controllata”. Dopo questa descrizione del- l’evento la mia curiosità aumentò e feci alcune domande alla paziente che risultarono poi molto utili ai fini diagnostici. “In passato, anche andando indietro molto nel tempo, lei è mai svenu- ta?” “Ora che mi ci fa pensare pro- fessore ricordo almeno altri due epi- sodi di perdita di conoscenza, ma molti anni fa. Uno a causa di un intenso dolore provocato dalla medicazione di una ferita ed un altro durante un prelievo di sangue”. ”Quando vede il sangue o pensa a interventi chirurgici le sembra di avere sintomi iniziali come se stes- se per svenire?”. “Quando mi trovo in situazioni simili sento spesso ini- ziare un po’ di nausea e sudorazio- ne e cerco di reagire e camminare, venne automaticamente trasmesso dal loop-recorder, per via telefonica, al nostro centro di controllo al San Filippo Neri. L’ecg mostrava un arre- sto cardiaco molto prolungato. Giovanna allora si convinse che l’impianto di un pacemaker avrebbe risolto la sua problematica. Il tratta- mento venne eseguito e la paziente non ha più avuto sincopi da oltre tre anni. “Ho recuperato fiducia nelle mie possibilità di vivere una vita normale. Non ho più paura di sveni- re perché ho certezza che la “ruota di scorta” di cui sono stata fornita mi proteggerà sempre. Ho ripreso a viaggiare (come ero abituata a fare). Sto bene. Forse potrei avere un’altra gravidanza. Chissà!”. La sincope neuro-mediata è il più frequente tipo di sincope e se fre- quente, può divenire invalidante per più di un paziente. Spesso si osser- va in soggetti particolarmente sensi- bili ed emotivi e cioè rende la loro sensazione di precarietà della pro- pria salute particolarmente evidente. È evidente la necessità di rassicura- re i pazienti sulla buona funzione del loro organismo e sul significato esclusivamente funzionale di quanto loro accada. Il cosiddetto “counce- ling” cioè le raccomandazioni su come reagire fin dall’inizio della sin- tomatologia e di come evitare situa- zioni che possano peggiorare la manifestazione vagale, può essere utilissimo e a volte risolutivo. Nel nostro protocollo per lo studio della sincope neuro-mediata è inoltre pre- visto un colloquio con lo psicologo che può essere particolarmente utile a evidenziare eventuali eventi fami- liari, lavorativi, affettivi ecc che pos- sano essere stati una importante concausa nel determinismo del- l’evento sincopale. I pazienti infine debbono poter con- tare su un facile e continuo accesso al Centro per la Sincope al quale si sono rivolti certi che il loro caso è stato correttamente inquadrato e compreso in tutte le sue sfaccetta- tue organiche, funzionali, sociali e psicologiche. Prof. Massimo Santini Direttore Dipartimento Cardiovascolare Ospedale San Filippo Neri, Roma Unisciti a noi, non delegare la tutela della tua salute. Mantieni il ritmo! Maria Grazia Cucinotta Organo di informazione trimestrale dell’Associazione Il Cuore di Roma - Onlus • www.ilcuorediroma.org Anno 2 - N. 2 - Aprile - Giugno 2010

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GRAZIE DI… CUOREdal Presidente

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mantieni il ritmo

sci (ricordo di situazioni spiacevoli,stati emotivi particolari ecc) conrisposte eccessive, cioè con note-vole rallentamento dei battiti cardia-ci (che possono anche fermarsi deltutto) oppure con un importantecalo della pressione arteriosa (fino alivelli bassissimi) o con entrambi imeccanismi suddetti.Ne consegue un mancato afflussodi sangue al cervello e, se prolun-gato, l’interruzione delle funzionicerebrali e la perdita di coscien-za. Se lo svenimento è prolunga-to si può osservare anche il rila-sciamento degli sfinteri con per-dita di urine e feci.Se il paziente assume subito laposizione supina il sangue, graziealla forza di gravità, raggiungecomunque il cervello e si evita lavera e propria sincope. Se ciò nonviene fatto invece, si assisterà allasincope con caduta in terra e poten-ziali traumi corporei di minore omaggiore gravità in rapporto al con-testo nel quale l’evento si è verifica-to. Quando il paziente perdecoscienza e cade, si riprende abi-tualmente quasi subito grazie al riaf-flusso del sangue al cervello.Quando invece l’evento accadedurante la guida dell’auto, la cinturadi sicurezza mantiene il busto inposizione eretta e prolunga notevol-mente l’ischemia cerebrale con tota-le perdita del controllo dell’automo-bile e rischi potenziali anche gravi.“Ma come faccio ad essere sicuradi essere affetta da questa patologiae che terapie esistono per impedire

ma l’unica manovra che sembragiovarmi è quella di assumere subi-to la posizione supina e attendere 5-10 minuti finché non passa tutta lasintomatologia. Se riesco ad inter-rompere il meccanismo prima diarrivare alla perdita di coscienza, in5 minuti recupero benissimo e lamia giornata è totalmente normale,ma se insisto a rimanere in piedi e areagire perché mi vergogno e nonvoglio farmi vedere dagli altri allorala situazione peggiora notevolmen-te. A questo punto non c’è più dife-sa: o mi sdraio subito o svengonello spazio di pochi secondi.All’Ospedale dove sono stata rico-verata mi hanno fatto un esamemolto approfondito ma è risultatotutto normale anche se il neurologonon ha escluso che io possa avereuna forma di epilessia e mi ha con-sigliato una terapia antiepilettica. Ladebbo iniziare? Sono veramenteepilettica? Qual è il mio destino?”.Giovanna era notevolmente inansia per il suo stato di salute edirei anche comprensibilmente.Da un lato infatti era terrorizzatadall’idea di avere altre sincopi edall’altra non amava l’idea di con-siderarsi epilettica (specie conprove strumentali piuttosto dub-bie e aspecifiche) e di iniziare unaterapia continuativa a vita.“Credo di poterla rassicurare”, ledissi, “molto probabilmente lei nonha alcuna forma di epilessia maesclusivamente quella che viene danoi definita una “Sincope neuro-mediata” o “vaso-vagale” cioè unaperdita totale di coscienza causatada un riflesso neuro-vegetativo cheaccentua gli effetti di una stimola-zione vagale”. Le spiegai che lenostre funzioni organiche sono con-tinuamente regolate da un “tiro allafune” tra due sistemi nervosi, ilvago e il simpatico che hanno fun-zioni opposte. Per farla più sempli-ce il “vago” rallenta il cuore e ridu-ce la pressione arteriosa, il “simpa-tico” fa abitualmente il contrario. Inalcuni soggetti, particolarmentesensibili ed emotivi, il vago puòessere più potente del solito e rea-gire a stimoli esterni (vista del san-gue, dolore intenso ecc) o subcon-

che mi ricapiti?”. “Possiamo fare untilt test, cioè un esame che consistenel fare stare il paziente su di unpiano inclinato di 60° per circamezz’ora, osservando in continua-zione il ritmo cardiaco e la pressio-ne arteriosa. Abitualmente, durantequesto esame, il paziente ripete lasintomatologia riferita fino alla verae propria sincope ed è possibileosservare quale è il meccanismoche la ha provocata. Il tilt test di Giovanna provocò nuo-vamente la sincope e venne osser-vato sul monitor un arresto cardiacodi oltre mezzo minuto.“Giovanna, la terapia giusta per lei èl’impianto di un pacemaker perchéla sincope che le abbiamo provoca-to con il tilt test ci incita a ritenereche anche la sua sincope spontaneasia imputabile alla stessa causa”.Comunque per aumentare il livellodiagnostico possiamo impiantarle,sotto la pelle, un microchip (chia-mato loop-recorder) che è in gradodi registrare, in continuazione, peroltre due anni, il suo elettrocardio-gramma e memorizzare eventualieventi patologici (aritmie cardiache,blocchi cardiaci, arresti cardiaci)nelcaso lei avesse un’altra sincope.Con un taglio di circa un cm sullapelle del torace, viene inserito sotto-cute a Giovanna il registratore elet-trocardiografico. Dopo circa 3 mesidall’impianto Giovanna ebbe un’altrasincope, questa volta per fortunanon alla guida, e con minimo traumacorporeo. Il tracciato elettrocardio-grafico registrato durante la sincope

Caro Amico, cara Amica,ti racconto una storia.Giovanna, una signora di 32 annivenne a trovarmi nel mio studio,perché aveva avuto un grave inci-dente stradale che le aveva procura-to dei notevoli traumi corporei (frat-tura della mandibola, frattura dellaclavicola ematomi vari). “Non socosa mi sia successo in realtà” cer-cava di spiegarmi, “ho urtato fron-talmente contro un muretto senzarendermene conto. Non ricordo pra-ticamente nulla di ciò che è succes-so. Forse mi sono distratta, forsel’auto ha slittato e non è più stata dame controllata”.Dopo questa descrizione del-l’evento la mia curiosità aumentòe feci alcune domande allapaziente che risultarono poi moltoutili ai fini diagnostici.“In passato, anche andando indietromolto nel tempo, lei è mai svenu-ta?” “Ora che mi ci fa pensare pro-fessore ricordo almeno altri due epi-sodi di perdita di conoscenza, mamolti anni fa. Uno a causa di unintenso dolore provocato dallamedicazione di una ferita ed un altrodurante un prelievo di sangue”.”Quando vede il sangue o pensa ainterventi chirurgici le sembra diavere sintomi iniziali come se stes-se per svenire?”. “Quando mi trovoin situazioni simili sento spesso ini-ziare un po’ di nausea e sudorazio-ne e cerco di reagire e camminare,

venne automaticamente trasmessodal loop-recorder, per via telefonica,al nostro centro di controllo al SanFilippo Neri. L’ecg mostrava un arre-sto cardiaco molto prolungato.Giovanna allora si convinse che

l’impianto di un pacemaker avrebberisolto la sua problematica. Il tratta-mento venne eseguito e la pazientenon ha più avuto sincopi da oltre treanni. “Ho recuperato fiducia nellemie possibilità di vivere una vitanormale. Non ho più paura di sveni-re perché ho certezza che la “ruotadi scorta” di cui sono stata fornitami proteggerà sempre. Ho ripreso aviaggiare (come ero abituata a fare).Sto bene. Forse potrei avere un’altragravidanza. Chissà!”.La sincope neuro-mediata è il piùfrequente tipo di sincope e se fre-quente, può divenire invalidante perpiù di un paziente. Spesso si osser-va in soggetti particolarmente sensi-bili ed emotivi e cioè rende la lorosensazione di precarietà della pro-pria salute particolarmente evidente.È evidente la necessità di rassicura-re i pazienti sulla buona funzione delloro organismo e sul significatoesclusivamente funzionale di quantoloro accada. Il cosiddetto “counce-ling” cioè le raccomandazioni sucome reagire fin dall’inizio della sin-tomatologia e di come evitare situa-zioni che possano peggiorare lamanifestazione vagale, può essereutilissimo e a volte risolutivo. Nelnostro protocollo per lo studio dellasincope neuro-mediata è inoltre pre-visto un colloquio con lo psicologoche può essere particolarmente utilea evidenziare eventuali eventi fami-liari, lavorativi, affettivi ecc che pos-sano essere stati una importanteconcausa nel determinismo del-l’evento sincopale.I pazienti infine debbono poter con-tare su un facile e continuo accessoal Centro per la Sincope al quale sisono rivolti certi che il loro caso èstato correttamente inquadrato ecompreso in tutte le sue sfaccetta-tue organiche, funzionali, sociali epsicologiche.

Prof. Massimo SantiniDirettore Dipartimento Cardiovascolare

Ospedale San Filippo Neri, Roma

Unisciti a noi,non delegare la tuteladella tua salute.

Mantieniil ritmo!Maria GraziaCucinotta

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Numerosi studi hanno messoin luce gli effetti negativi dellaridotta attività fisica nell’anzia-no (per esempio le alterazionifunzionali a carico dell’appa-rato locomotore, cardiocirco-latorio, respiratorio e metabo-lico) e le propietà “anti-ageing” dello sport condottoin maniera continuativa.Tali consapevolezze hannoportato nel tempo ad una cre-scente diffusione della praticasportiva, anche in età senile.Questa tendenza ha prodottoottimi risultati in termini dimiglioramento dello stato disalute e di controllo dellepatologie cronico-degenerati-ve tipiche dell’età adulta (obe-sità, diabete, ipertensione emalattie cardiovascolari).Chi pratica un’attività fisica inetà avanzata, magari per laprima volta (di solito per moti-vi di salute), si trova a dover

risolvere alcune questioni pre-liminari, per esempio qualeattività scegliere, quali equanti esercizi eseguire, comee quando allenarsi. In questepersone non è raro riscontrareun basso livello di capacitàfisico-motorie e una ridottamotivazione al movimento. Intali casi, la strategia migliore èun approccio graduale all’atti-vità fisica. Tanto più si è ine-sperti, con uno scarso livellodi efficienza e di capacitàmotorie, maggiore è il temponecessario per creare quegliadattamenti favorevoliall’esercizio fisico in grado diottimizzare i risultati prodotti

da una pratica regolare.Trenta minuti quotidiani di atti-vità fisica moderata rappre-sentano, per gli adulti, laquantità minima di esercizionecessaria per mantenersi inbuona salute e per non incor-rere nelle patologie tipichedella sedentarietà. Tale pro-gramma deve prevedere eser-

cizi che non creino sollecita-zioni eccessive sulla colonnavertebrale e sull’apparatomuscolo-scheletrico e che, ingenerale, non pongano l’orga-nismo in condizioni di stressmolto intenso, col rischio dicompromettere il livello dellecapacità di adattamento allavoro tipiche di questa età.Sono consigliati gli sportaerobici (ginnastica aerobica,jogging, nuoto, camminata),le attività con i pesi leggeri(massimo 5 kg per braccio),gli esercizi di stretching, dirilassamento e di educazionerespiratoria (yoga, Pilates). Gliobiettivi prioritari debbono

essere quelli del migliora-mento della mobilità articola-re, dell’efficienza muscolare edelle capacità aerobiche. Per quanto riguarda la possi-bilità di migliorare la mobilitàarticolare, un’attività fisicaadeguata può portare ad unmiglioramento anche del 30per cento nei soggetti over 60.

Questo programma devecomprendere esercizi dimobilizzazione lenta associataa stretching regolarmenteripetuti almeno due volte allasettimana. Anche la forzamuscolare può aumentare conl’allenamento, fino al 50 percento, a seconda della tecnicautilizzata, l’impegno volonta-rio e la durata e frequenzadelle sedute. Le capacità aero-biche nei soggetti oltre i 60anni possono migliorare dal 5al 30 per cento, a seconda deicarichi di lavoro utilizzati edalla durata dell’allenamento. Imiglioramenti maggiori sihanno per soggetti con un’etàmedia di 65 anni, per una fre-quenza cardiaca di lavoro di130 battiti al minuto, mante-nuti per almeno 30 minuti perseduta. È però necessario cheil soggetto, sia all’inizio chequando è già adattato, si alle-ni con regolarità effettuandoalmeno due sedute alla setti-

2 PREVENZIONE

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CORRI! PER SFUGGIRE ALLA VECCHIAIA

COLOPHONIL CUOREDI ROMAPeriodico trimestraledella Onlus‘Il Cuore di Roma’

Direttore

Massimo Santini

Direttore Responsabile

Maria Rita Montebelli

Segreteria di Redazione:

Irene Di Pinto

e-mail:

[email protected]

sito web:

www.ilcuorediroma.org

Iscrizione al Tribunale di Romadel 04/05/2009 n. 151/2009

Proprietà:

Il Cuore di Roma - Onlus

Grafica e stampa:

Silvestro Chiricozzi S.r.l. - Roma

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mana. I carichi debbono esse-re progressivamente crescentie l’intensità, anche se perbrevi periodi, deve essereallenante. Occorre pure ricor-dare che è sufficiente un’inter-ruzione di due settimane peravere regressioni, recuperabiliperò con una regolare ripresadell’attività. Particolare impor-tanza dovrà essere data allafase di riscaldamento ed alperiodo di recupero. Poiché lecapacità di recupero sonominori, l’anziano dovrà rispet-tare tempi di recupero piùimportanti rispetto ad un gio-vane, specialmente in caso disedute particolarmente impe-gnative come intensità e dura-ta. Importante è nella terza età,qualora si voglia praticareregolarmente attività fisica,sottoporsi prima di iniziare aduna valutazione medica e car-diologica con esami speciali-stici giudicati, a seconda deicasi, necessari (ecocardio-gramma o test ergometrico)con accurata valutazione delgrado di efficienza dei variapparati, al fine di evitare chequesta pratica si risolva in undanno per l’organismo.

Dottor Alessandro AielloDirigente Medico I° Livello

Ambulatorio della Cardiopatia IschemicaOspedale S. Filippo Neri, Roma

La ‘dose’ ideale di attività fisica negli over 60. Per mantenersi in forma, senza… ‘acciaccarsi’!

DOTT. ALESSANDRO AIELLO

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Cercasi VolontariTel. 06 33 06 31 91

[email protected]

Cercasi VolontariIl Cuore di Roma sta sviluppando il programma per il 2011che comprenderà molteplici attività sul territorio e particolarmente nelle scuole.Ha bisogno di volontari che mettano a disposizione del tempo liberoper contribuire alla realizzazione delle varie attività programmate.

Chiunque desideri partecipare può comunicare, telefonicamente,per email o sul nostro sito la propria disponibilità,specificando i seguenti dati:

COGNOME - NOME - ETÀ - INDIRIZZOTEL. - CELL. - EMAILDISPONIBILITÀ - MATTINO - POMERIGGIOATTIVITÀ PREFERITE

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3FATTORI DI RISCHIO

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Uno studio clinico tutto italia-no ha dimostrato il beneficioche un’ottima e controllataigiene orale può avere sulcuore, riducendo il rischio dimalattie cardiovascolari.Lo studio ha messo in eviden-za che in soggetti sani colpitida malattia parodontale(comunemente chiamata‘piorrea’) i rischi cardiovasco-lari aumentano conseguente-mente alle alterazioni metabo-liche e infiammatorie caratte-ristiche della patologia orale.La parodontite è una malattia

subdola e asintomatica e perquesto, di difficile diagnosiprecoce, causata da batteriche proliferano indisturbati nelcavo orale sottoforma di plac-ca, la cui struttura complessacompone l’habitat ideale diffi-cilmente attaccabile dal siste-ma immunitario e dai farmaci.La mancata rimozione dellaplacca che si accumula tra ildente e la gengiva, provocaun’infiammazione locale cheporterà, con il tempo, alladistruzione dei tessuti disostegno dei denti, ossoalveolare e legamento paro-dontale, i quali hanno il com-pito di mantenere ancorate leradici dei denti alle ossamascellari.La parodontite può colpiresoggetti di ogni età: dai bam-bini con dentatura decidua (dalatte) a soggetti nella terza età.Questa patologia frequente neiPaesi industrializzati è laprima causa di perdita di denti

LO SPAZZOLINOCHE FA BENE AL CUORELa salute del cuore dipende anche dal sorriso.La piorrea può infatti favorire l’insorgenza delle placche aterosclerotiche

DOTT.SSA CHIARA FOIANESI

proteina C reattiva (PCR),sono elevati sia nei pazientiparodontopatici, che in quelliaffetti da infarto del miocardio!Il trattamento della paro-dontite miglioradunque, secon-do studi clinicicontrollati, lafunzione dell’en-dotelio, in quan-to il passag-gio dei bat-teri pato-geni dalc a v oorale als i s t e m avascolare coronarico,porta a gravi danni allo stesso.È evidente, quindi, che lamalattia parodontale è associa-ta alle lesioni indotte dall’ate-rosclerosi e che l’unica preven-zione di questa patologia puòessere solo la corretta e conti-nua igiene orale professionalee domiciliare, nonché l’elimi-

e della conseguente incapaci-tà masticatoria e fonatoria, pernon parlare del disturbo crea-to alla vita di relazione.I batteri patogeni che causanola parodontite riescono apenetrare nei tessuti gengivali,a raggiungere il circolo emati-co e a produrre una intensarisposta infiammatoria localecon riflessi sistemici. Ciòsignifica che riescono a provo-care patologie più o menogravi, in organi o apparati lon-tani da quello d’origine.La perdita di un gran numerodi denti e la conseguentedistruzione ossea del pazienteparodontopatico grave, sonoassociati a un’aumentata pre-valenza di placche ateromato-se carotidee. E infatti neipazienti con patologie infiam-matorie del cavo orale c’è unaumento del rischio di infartomiocardico e di aterosclerosi,dimostrato dal fatto che alcunimarker infiammatori, come la

nazione radicale delsecondo principalefattore di rischio cheè il fumo.

È moltoimportante dunque,

effettuare periodici controllidal vostro dentista, se voleteprendervi cura anche delvostro cuore.

Dott.ssa Chiara FoianesiOdontoiatra

FARMACI ANTIAGGREGANTI: ATTENZIONE AIGASTROPROTETTORI E CAUTELA NEGLI ANZIANI

ne anti-trombotica del clopi-dogrel allo stesso modo. Ilcompagno di strada peggioreè l’omeprazolo, mentre il pan-toprazolo è abbastanza sicuro.“Essendo migliaia i pazientisottoposti ad angioplastica e aposizionamento di stent coro-narici ogni anno – afferma ladottoressa Siller-Matula – evisto che il clopidogrel èampiamente utilizzato conl’intento di ridurre i trombiresponsabili degli infarti, ilnostro consiglio è di prescri-vere solo se proprio indispen-sabile un gastroprotettore aipazienti in terapia con clopi-dogrel e in quel caso di pre-scrivere un PPI che non diainterferenze, come il panto-prazolo”.

Un’altra ricerca condotta pres-so l’Ospedale olandese diOLVG ha dimostrato che neglianziani, associare due tratta-menti antiaggreganti piastrini-ci, una terapia utilizzata neltrattamento delle coronaropa-tie acute e croniche, aumentail rischio di sanguinamento,ma non i benefici. “Rispetto aigiovani – spiega il professorFreek Verheught – i pazientianziani non sembrano averebenefici aggiuntivi dalla dop-pia antiaggregazione conaspirina e clopidogrel; studicondotti in passato hannodimostrato che l’anziano sem-bra trarre maggior beneficiodalla solo aspirina. Nel casodell’aspirina è stato chiara-mente dimostrato che la ridu-

I pazienti coronaropatici spes-so vengono trattati con l’an-gioplastica e con il posiziona-mento di stent (dei tubicini dimetallo che mantengonoaperta l’arteria appena dilatatadal palloncino). Il trattamentoviene completato dalla som-ministrazione del clopidogrel,un antiaggregante piastrinicomolto potente che può tuttaviafar danni allo stomaco, fino aprovocare dei sanguinamenti.Per questo spesso insieme alclopidogrel, vengono prescrit-ti dei farmaci proteggi-stoma-co, come gli inibitori dipompa protonica (o PPI). Unametanalisi condotta su oltre160 mila pazienti, dalla dotto-ressa Jolanta Siller-Matuladall’Università di Vienna e dal

zione del rischio di ischemia èpari nel giovane e nell’anzia-no; ma nel caso del clopido-grel i benefici sono meno evi-denti nell’età avanzata. E lostesso dicasi per i nuoviantiaggreganti piastrinici, ilprasugrel e il tiacagrelor e peri cosiddetti inibitori dei recet-tori delle glicoproteine, qualil’abciximab, l’eptifibatide e iltirofiban. Sul fronte della tera-pia anti-coagulante infine,negli anziani sottoposti a fibri-nolisi, le eparine a basso pesomolecolare aumentano ilrischio di sanguinamento edunque andrebbero usate concautela e a dosaggio ridotto.

M.R.M.

professor Kurt Huber delWilhelmina Hospital (Vienna)ha però dimostrato che l’im-piego simultaneo di clopido-grel e di PPI può aumentare irischi di danni al cuore. Nelsenso che l’impiego simulta-neo di PPI e di clopidogrel,riduce l’efficacia di quest’ulti-mo. “L’impiego di PPI – com-menta il professor Huber –aumenta il rischio di eventicardiovascolari maggiori del29 per cento e il rischio diinfarto del 31 per cento. Mac’è anche un rovescio dellamedaglia positivo: l’impiegodi PPI riduce il rischio di san-guinamenti del 50 per cento ecomunque non aumenta lamortalità.” Non tutti i PPIinterferiscono però con l’azio-

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SEGNI E SINTOMI4

mantieni il ritmo

cuore. L’ischemia cardiacapuò infatti manifestarsi condisturbi apparentemente dige-stivi (nausea, vomito, erutta-zioni), sensazione di famed’aria improvvisa o inaspettatadurante uno sforzo abituale(dispnea parossistica) o conuna perdita transitoria dicoscienza (sincope), legata adun disturbo del ritmo cardiaco,scatenato dall’ischemia stessa.È quindi fondamentale in pre-senza di un dolore toracicoscatenato da attivitàfisica o insortoimprovvisa-mente ar i p o s o ,anche setende ascompa-rire rapi-damente,segnalarloal propriomedico; questivaluterà, in base al profilo dirischio del paziente ed allecaratteristiche del disturbo,eventuali accertamenti spe-cialistici, la cui tempestività èfondamentale per scongiurareun danno cardiaco (infarto)irreversibile.Quindi, la presenza di undolore toracico nuovo, nonspiegabile, anche se tran-

sitorio deve sempre indi-rizzare verso il medico o lospecialista e mai esseresottovalutato.Altro sintomo è la difficoltàrespiratoria (dispnea).Questa può presentarsi comeespressione di un deficit con-trattile transitorio del muscolocardiaco (ischemia) o esserelegata ad una disfunzione car-diaca irreversibile (scompen-so cardiaco).Nei pazienti con cardiopatiaischemica e pregresso infarto

miocardico, la comparsadi ‘fiato corto’ duran-

te un’ attività fisicaprecedentementeben tollerata oche si presenta insituazioni equiva-lenti ad uno sforzo

fisico (ad esempiola digestione di un

pasto abbondante),deve far pensare alle mani-

festazioni iniziali di uno scom-penso cardiaco e quindi indi-rizzare verso accertamenti intal senso.Nei pazienti che effettuanoperiodici controlli per unapatologia cardiaca e nei qualiè presente il rischio di un’evo-luzione della cardiopatia versolo scompenso (se non ade-guatamente controllata), il

Il cuore e l’organismo mandano segnali di fumo e allarmi. Impariamo a riconoscerli

La possibilità di sviluppareuna patologia cardiaca è diret-tamente correlata alla presen-za di fattori predisponenti.Questi fattori di rischio sono inparte di natura ereditaria e inparte legati alle abitudini eallo stile di vita. La presenzanei propri familiari (genitori,nonni, fratelli) di casi di infar-to miocardio rappresenta unelemento che rende più pro-babile, rispetto alla popolazio-ne generale, la comparsa diuna malattia cardiaca.Allo stesso modo alti livelli dicolesterolo, ipertensione arte-riosa, fumo, diabete mellito,obesità e vita sedentaria,determinano danni progressivialle coronarie, predispongonoad una maggiore incidenzadelle malattie di cuore.Da questa premessa appareevidente come disturbi chepossono essere di origine car-

progressivo aumento -senza una causa apparente- del peso corporeo, unariduzione della quantità diurine (diuresi) nelle 24 ore,la comparsa di gonfioreagli arti (edemi declivi) o lasensazione di tensioneaddominale, rappresentanoelementi che devono indi-rizzare verso lo specialista.Una perdita di coscienzaimprovvisa (tipicamente concaduta a terra e spesso contraumi) è la sincope. Taledisturbo può essere legato adun rallentamento critico dellafrequenza cardiaca (bradiarit-mia) o ad un aumento ecces-sivo della stessa (tachiaritmia)e deve sempre indirizzareverso lo specialista per unaricerca delle cause determi-nanti e le eventuali terapie.Frequente nei giovani e non, èla sensazione di battito irrego-lare od accelerato che spessoriconosce cause non cardia-che (ad es. abuso di caffè ostress) che, specie se fre-quente e ripetuto, necessitaanch’esso di ulteriori accer-tamenti.

Dott. Nicola MontefoschiResponsabile Reparto di Cardiologia

Ospedale S. Filippo Neri, Roma

diaca debbano essere valutatiattentamente, alla luce delrischio maggiore o minoreche presenta il soggetto.Un dolore in regione toracicapuò essere imputabile per lopiù a due cause: l’ischemiao l’infarto miocardico e lapericardite.La riduzione del flusso corona-rico transitoria e reversibile dàluogo ad una sintomatologianota come angina pectoris cheappare caratterizzata per lo piùda sensazione di oppressioneal torace, spesso irradiata albraccio sinistro o a spalle ebraccia bilateralmente, taloraaccompagnata a malesseregenerale, sensazione di soffo-camento e sudorazione fredda.La presenza di un’infiamma-zione del pericardio (pericar-dite), che nella maggior partedei casi riconosce una originevirale, presenta caratteristicheanaloghe anche se spesso ildolore toracico si modificacon gli atti del respiro e con icambiamenti di posizione einsorge in concomitanza ospesso a breve distanza dauna banale forma influenzale.Ma alla presentazione classicadel dolore cardiaco si asso-ciano molti casi in cui i sinto-mi possono essere sfumati edifficilmente riconducibili al

IL PAZIENTE CARDIOPATICO:ISTRUZIONI PER L’USO

DOTT. NICOLA MONTEFOSCHI

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Si intende usualmente percheck-up cardiovascolare unaserie di controlli clinici, strumen-tali e di laboratorio volti a identifi-care una malattia cardiovascolareprima che questa diventi clinica-mente manifesta: questa attivitàmedica va sotto il nome di pre-venzione primaria.La malattia ateroscleroticacoronarica (CHD), che è allabase di gran parte delle malat-tie di cuore, presenta diversetemibili caratteristiche:1. è la principale causa di mor-

talità precoce in Europa;2. si sviluppa in modo insidio-

so e clinicamente silente nelcorso di molti anni, inizian-do già dalla fascia di età dei

20-30 anni;3. quando arriva a sviluppare

sintomi, la CHD è già in unostadio avanzato;

4. spesso la morte per CHDgiunge improvvisa, prima dipoter ricorrere alle cure car-diologiche, per cui la pre-venzione riveste un’impor-tanza particolare;

5. molti casi di CHD possono

essere prevenuti modifican-do lo stile di vita e control-lando semplici parametrifisiologici e biochimici(peso, pressione, glicemia,colesterolo).

frirne le conseguenze. Nella(figura 2) è illustrata la tabella inuso in Italia, derivante dalProgetto Cuore, nato dalla colla-borazione tra Istituto Superiore diSanità e la nostra Associazionedei Medici CardiologiOspedalieri (ANMCO).È ovvio ricordare come maggio-re sia il rischio per un soggettodi sviluppare una CHD, maggio-ri e più accurati debbano esserei controlli cardiovascolari. Adesempio, i pazienti con fattori dirischio multipli, i pazienti diabe-tici e coloro che abbiano ancheun solo fattore di rischio cardio-vascolare ma molto elevato,sono i primi soggetti nei qualieffettuare interventi di preven-zione primaria. Anche i parentistretti di pazienti con CHD pre-coce o a rischio molto altodevono sottoporsi al check-upcardiovascolare.Il rischio cardiovascolareglobale è il parametro chedeve guidare la nostra attività diprevenzione cardiovascolare: lapresenza di uno stesso fattore di

rischio (es: ipertensione arterio-sa) ha un rilievo molto diverso inun paziente a basso rischiooppure a rischio elevato, secon-do la carta del Progetto Cuore.Diverse metodiche diagnosti-che possono essere utili a com-

La prevenzione è sempre stataconsiderata importante inmedicina, fin dai tempi più anti-chi (figura 1), ma lo è ancora dipiù oggi, quando lo stile di vita“occidentale” e il prolunga-mento della durata media dellavita concorrono a fare dellaCHD una vera e propria epide-mia.Alcuni dei principali fattori di

rischio sono stati inseriti daglistudiosi in speciali “tavole delrischio”, facili da consultare,nelle quali è possibile “calcola-re” il proprio rischio personaledi sviluppare una CHD e di sof-

CARDIOPATIA ISCHEMIA 5

DOTT. MARCO TUBARO

QUANDO FARE UNCHECK-UP CARDIOVASCOLARE?

pletare un check-up cardiova-scolare, ma tutte devono essereutilizzate dietro indicazione delcardiologo: innanzitutto l’ECG,quindi l’ecocardiogramma, l’in-dice caviglia-braccio (per valu-tare l’eventuale presenza di arte-riopatie periferiche), l’ecodop-pler dei vasi sovraortici, fino ametodiche più sofisticate qualila TC cardiaca (per valutare ilgrado di calcificazione dellecoronarie).La funzione renale ha notevolerilievo per il rischio cardiova-scolare. Gli esami necessarisono due e piuttosto semplici:a. misurazione della creatinina

plasmatica e valutazionedella clearance della creati-nina (CrCl) (espressionedella funzione renale), uti-lizzando due formule facil-mente calcolabili(Cockcroft-Gault o MDRD):una CrCl < 60 ml/min èassociata a un rischio car-diovascolare significativo;

b. raccolta urine delle 24 ore evalutazione dell’eventualepresenza di micro- (30-300mg/24 h) o macro- (> 300mg/24 h) albuminuria.

In conclusione, un check-upcardiovascolare è una procedu-ra utile a prevenire le malattiecardiovascolari: molto puòessere fatto con uno stile di vitasano, ma senz’altro i controllimedici hanno un ruolo chiave

nel prevenire le malattie car-diovascolari, uno dei compitipiù importanti affidato ai car-diologi.

Dott. Marco TubaroResponsabile UTIC

Ospedale S. Filippo Neri, Roma

Figura 1 - Huang Dee: Nai-Ching (2600 BC, primo testo medico).I dottori superiori prevengono le malattie; quelli mediocri trattano la malattia prima che si manifesti;i peggiori trattano la malattia nel pieno della sua manifestazione.

Figura 2 – Carta del rischio cardiovascolare secondo il Progetto Cuore: sezione per i soggetti di sesso maschile

Quali sono i fattori di rischio dacontrollare?

1. Fumo di sigaretta2. Peso3. Inattività fisica4. Pressione arteriosa5. Glicemia6. Colesterolemia

Quali sono quindi gli obiettivi comuni che abbiamo nellaprevenzione primaria?

1. non fumare;2. mangiare sano: porzioni piccole, poco sale, privilegiare verdura, frutta

fresca e pesce, usare olio extravergine di oliva e, se si vuole, bere unbicchiere di vino al giorno;

3. fare ogni giorno 30 minuti di attività fisica aerobica di intensità moderata(es: camminare di buon passo, andare in bicicletta in piano, nuotare)

4. mantenere il peso ideale: a. indice di massa corporea < 25, calcolato con la formula:peso (kg) / altezza (m)2b. circonferenza addominale < 102 cm (maschi) e 88 cm (femmine)

5. mantenere una pressione arteriosa < 140/90 mmHg6. avere un colesterolo totale < 190 mg/dL e un colesterolo LDL < 115 mg/dl7. avere una glicemia < 100 mg/dl.

mantieni il ritmo

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blocco anteriore sinistro.Nella storia dei pazienti affettida tale sindrome è facile rile-vare aritmie sopraventrico-lari in particolare la fibrilla-zione atriale in più del 20per cento dei pazienti affettida SdB rispetto ai controlli.Sono inoltre state segnalateassociazioni con tachicar-die da rientro nodale e laSindrome Wolff-Parkinson-White.La terapiaLa chinidina, ad alti dosaggi

e quindi poco tollerata, sem-bra essere l‘unico farmaco ingrado di ridurre le aritmiemaligne. Risulta inoltre anchel’unico anti-aritmico utile perla prevenzione della fibrilla-zione atriale in questi pazienti.L’utilizzo dell’isoproterenoloè riservato alla prevenzione inacuto delle recidive aritmichequando sia evidente un fenoti-po ECG 1 e lo si voglia con-vertire nei fenotipi 2 o 3. L’assenza comunque diterapie farmacologicheefficaci e sicure nella preven-zione della morte cardiacaimprovvisa condiziona pesan-temente la gestione clinica ditali pazienti, rendendo almomento l’ICD l’unico pre-sidio terapeutico disponi-bile. Risulta pertanto determi-

nante l’individuazione di crite-ri certi per la stratificazionearitmica di questa popolazio-ne consentendo la selezionedelle categorie ad alto rischiodi morte cardiaca improvvisa. La storia di un arresto car-diaco resuscitato e/o disincope è risultata tra i piùimportanti criteri per la previ-sione di eventi futuri. Inoltre, ilpattern ecgrafico Tipo 1,diagnostico di SdB, è risulta-to essere di estrema utilitànella stratificazione del

rischio aritmico (sincope,morte cardiaca improvvisa,interventi dell’ICD).Esistono notevoli controversieriguardo al trattamento dellasindrome di Brugada, poichéla prima domanda che ci sipone è se è necessario l’im-pianto di un defibrillatore car-diaco impiantabile (ICD).Attualmente l’uso del defibril-latore è indicato in quei pazien-ti che hanno già sperimentatoun episodio di morte improvvi-sa abortita a causa di aritmieventricolari maligne (indicazio-ne di classe I°). Al contrario,negli altri casi le indicazionisono ancora incerte.

Dott. Vito AltamuraDirigente Medico UOC Cardiologia

Ospedale San Filippo Neri, Roma

QUANDO LA MORTEARRIVA SILENZIOSA NEL SONNO

ARITMOLOGIA6

mantieni il ritmo

A caccia della sindrome di Brugada, il killer della notte, tra le pieghe dell’ECG

Asiatici dove è endemica.Tale sindrome si manifestain età adulta con un’etàmedia dell’esordio 41±15anni, i casi in età pediatricasono rari. Una storia familia-re di morte improvvisa èpresente in circa il 20-40 percento dei Paesi Occidentali. Èstata descritta una netta pre-valenza del sesso maschi-le rispetto a quello femminile(9.1) Il 70–80 per cento deicasi gli eventi aritmici, che siverificano di notte, spessodurante il sonno, probabil-mente sono mediati da iper-tono vagale con sincope,morte improvvisa o un transi-torio respiro agonico. Le anomalie elettrocardiogra-fiche rappresentano un ele-mento indispensabile per ladiagnosi. È da rimarcare chetali alterazioni sono spessovariabili ed assenti, ma pos-sono essere smascherateattraverso dei bloccanti deicanali del sodio quali la fle-cainide, Sono stati identificati 3 patternelettrocardiografici tipici:(Fig. 1)• Tipo 1 pattern “coved o atenda” ritenuto patognomoni-co della malattia e la sua pre-senza, in basale o dopo testcon bloccanti del sodio è con-siderata diagnostica.• Tipo 2 pattern “saddlebacko a sella” ritenuto diagnosticosolo se durante test farmaco-logico si assiste ad una con-versione in Tipo 1 o se ilsopralivellamento del trattoST è > di 2 mm• Tipo 3 sopralivellamentodel tratto ST a sella di entitàinferiore ai 2 mm (non dia-gnostico).Altre importanti anomaliesono disordini del siste-ma di conduzione più omeno specifici. È frequenterilevare ingrandimenti del-l’onda P o della durata delQRS. Il prolungamentodell’intervallo PR è spes-so presente. È altrettantofrequente rilevare un emi-

La sindrome di Brugada (SdB)è una delle ultime entità clini-co cardiologiche descritte nelXX° secolo. Dopo segnalazio-ni in letteratura già a partiredall’anno 1953 con Osher esuccessivamente con Martininel 1989, è giunta definitiva-mente all’attenzione scientifi-ca soltanto nel 1992 con i fra-telli Brugada. È una malattiaaritmica trasmessa gene-ticamente in modo autoso-mico dominante conespressione variabile del geneanomalo che determina unadisfunzione dei canali delsodio. Si caratterizza per lapresenza di un pattern elet-trocardiografico tipico conaspetto a blocco di brancadestra completo o incompletoe con sopralivellamento deltratto ST nelle derivazioni pre-cordiali destre (V1 a V3). Lasincope, una delle più comu-ni forme di presentazione, pre-valentemente notturna, duran-te il sonno, è determinata soli-tamente da una tachicardiaventricolare polimorfa veloce.Nei casi in cui tale aritmia nontermini spontaneamente dege-nera in fibrillazione ventricola-re esitando in morte improv-visa, l’altra temibile formad’esordio della sindrome. Sicaratterizza inoltre per l’assen-za macroscopica di segni cli-nici, biochimici e strumentalidi cardiopatia organica. La prevalenza di questa sin-drome è stimata essere circa5/10.000 ed è una dellecause più frequenti di mortenegli uomini di età inferioreai 40 anni. L’incidenza èmolto più alta nei Paesi

Fig. 1 Pattern ECG della sindrome di Brugada.

DOTT. VITO ALTAMURA

LA MARATONAAMICA DEL CUORE

Uno studio dell’Universitàdella Charité di Berlino, con-dotto su 167 maratoneti ama-toriali che hanno preso partealla maratona di Berlino nel2006 e nel 2007 getta acquasul fuoco rispetto al dubbioche questo tipo di sport possadeterminare danni al cuore,soprattutto tra i partecipantipiù anziani. I ricercatori tede-schi hanno sottoposto questiatleti ultra 50enni ad ecocar-diogramma e ad esami delsangue (biomarker cardiaci),immediatamente prima dellagara, al termine della stessa,poi a distanza di due settima-ne. Subito dopo la corsa, sonostate riscontrate importantimodificazioni a carico dellafunzionalità diastolica e diquella del ventricolo destro,che tuttavia rientravano ancoranei limiti di normalità. Adistanza di due settimane, non

ne rimaneva traccia. Questealterazioni sono probabilmen-te legate alla tachicardia e alladisidratazione che si verifica-no durante la maratona. Ancheil modesto aumento di alcunibiomarker viene spiegato dairicercatori come dovuto adalterazioni funzionali dei car-diomiociti e non ad un dannomiocardico.

M.R.M.

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mantieni il ritmo

DIAGNOSI 7

“Dottore, è proprio necessarioeseguire un esame che mi fasvenire? Ma può essere peri-coloso che io perda coscienzadurante l’esame?” Questesono le perplessità che ha ilpaziente quando gli viene pro-posto il tilt-test. L’idea chepossa avere una perdita dicoscienza gli rende difficileaccettare di essere sottopostoa tale esame.Il tilt-test viene proposto aipazienti che soffrono di perdi-te di coscienza transitoriequando l’ipotesi è che la per-dita di coscienza possa dipen-dere da una sincope vaso-vagale o svenimento comune.Si effettua con un protocolloormai standardizzato (vedifig.1) che consiste nell’utiliz-zare un lettino che, manual-mente o con un motore elettri-co, fa cambiare posizione alpaziente portandolo dallaposizione “distesa” alla posi-zione “in piedi” con un’incli-nazione di 60-70 gradi. Taleposizione viene mantenuta percirca 20 minuti e per ulteriori15 minuti dopo aver fattosciogliere sotto la lingua unapiccola quantità di farmacovasodilatatore come la nitro-glicerina. L’obiettivo è quellodi indurre un riflesso vaso-vagale attraverso la posizioneinclinata e la somministrazionedel farmaco. Il paziente, duran-te tutto l’esame, viene protettocon delle cinghie che avvolgo-no il corpo e lo sostengono almomento di un’eventuale per-dita di coscienza. Se il pazien-te è suscettibile alla sincopevaso-vagale o svenimentocomune durante l’esame puòavere una perdita di coscienza

a causa di una repentina ridu-zione della pressione arteriosae della frequenza cardiaca. Talimodificazioni emodinamichedipendono da un’esagerataattivazione del nervo vago (chedetermina bradicardia, ipoten-sione con conseguente ridu-zione dell’irrorazione cerebra-le) a scapito del sistema sim-patico (che favorisce l’aumen-to della frequenza cardiaca edella pressione). Il test deveessere condotto fino alla perdi-ta di coscienza del paziente epuò essere interrotto solo incaso di malessere prolungato(oltre i 3-4 minuti) a cui non

segue una perdita di coscienza.La sincope indotta da taleesame, benché apparentemen-te impressionante, è assoluta-mente di natura benigna e tran-sitoria. Infatti il paziente, appe-na riportato in posizione diste-sa, riprende spontaneamentelo stato di coscienza in virtùdella ripresa della pressione edel battito cardiaco con conse-guente ripristino dell’irrorazio-ne cerebrale.Il tilt-test deve essere propo-sto prevalentemente quando ilpaziente non mostra segni cli-nici ed elettrocardiografici dicardiopatia e la sincope ha lecaratteristiche di uno sveni-mento comune che consisto-no in un fattore ambientale opsicologico scatenante (caldointenso, paura, forti emozioniecc…), nella presenza di sin-tomi prodromici (nausea, pal-lore, sudorazione a freddo),

PROF. FABRIZIO AMMIRATI

nella caduta a terra con perdi-ta di coscienza e ripresa rapi-da e spontanea.Quando la sincope rimaneindeterminata, anche in unpaziente cardiopatico, è utileverificare la presenza delriflesso vagale con il tilt-testvisto che la sincope vaso-vagale può manifestarsi anchein presenza di una cardiopatia.Nelle persone anziane consincope, cadute a terra inspie-gate e politerapia farmacolo-gica il tilt-test può essere utileper identificare le forme disincope da ipotensione orto-statica tipiche della terza età

che si caratterizzano per uncalo della pressione arteriosa,dovuto ad una perdita dellacapacità di adattarsi ai cam-biamenti di posizione, quandoil paziente sta in piedi.Il paziente a cui viene propo-sto il tilt-test può essere rassi-curato sulla “sicurezza” del-l’esame che, benché inducauna perdita di coscienza, nonè pericoloso perché il males-sere indotto dal test è transito-rio, rapido e non procuradanni. Inoltre il tilt-test per-mette di formulare una corret-ta diagnosi, evitando altriaccertamenti inutili, e di infor-mare ed istruire il paziente sucome prevenire la perdita dicoscienza dopo averla speri-mentata in un ambiente pro-tetto e sicuro.

Prof. Fabrizio AmmiratiDirettore UOC Cardiologia G.B. Grassi

FIG.1 PROTOCOLLO DI ESECUZIONE DEL TILT-TEST

Autunno, tempo di gite inmontagna e delle prime scia-te. Un modo sano per rigene-rare lo spirito e il corpo. Maattenzione a non lasciare acasa il buon senso! Una ricer-ca dell’Università di Innsbruckha studiato il rischio di infartomiocardico tra i turisti cheinvadono le Alpi Tirolesi nellastagione della neve. Una pre-parazione inadeguata all’in-tenso sforzo fisico richiestodallo sci, associata agli effettidell’alta quota e delle bassetemperature, aumenta note-volmente il rischio di infarto,in particolare nei primi duegiorni di vacanza. “Ogni anno– spiega Bernhard Metzler,cardiologo presso l’Universitàdi Innsbruck – milioni di turi-sti scelgono le Alpi Tirolesiper dedicarsi ai loro sportinvernali preferiti, ognuno deiquali comporta un certorischio”. E pensando ai rischidi questi sport vengonoimmediatamente in mentebrutte cadute e fratture. Ma cisono delle sorprese. “Già inpassato è stato evidenziatoche un sorprendente 40 percento di tutte le fatalità che siregistra tra i turisti è dovuto amorti improvvise, solitamentelegate ad un infarto.” Dei1.600 pazienti ricoverati persintomi cardiaci all’Ospedaledi Innsbruck dal 2006 al2010, 170 presentavano effet-tivamente un infarto. Nel 56per cento dei casi, l’evento siera presentato nei primi duegiorni di vacanza, passati asciare dalla mattina alla sera.Solo il 19% di loro sapeva diessere cardiopatico e il 50%di loro non praticava regolar-mente uno sport, al di fuori

della vacanza. Anche l’altaquota sembra giocare unruolo, visto che gli infartiavvenivano ad una media di1.350 metri. Infine, il 70%degli infartuati presentavaalmeno 2 dei classici fattori dirischio per malattie cardiova-scolari, dal fumo, al diabete,alle dislipidemie. “Il fatto chela maggior parte degli infarti sisia verificato nei primi due gior-ni di vacanza - commenta ildottor Gert Klug, dell’Universitàdi Innsbruck - attira l’attenzionesul ruolo causale della man-canza di preparazione all’eser-cizio fisico intenso, al freddo ead alta quota. Ognuno di que-sti fattori è in grado di scate-nare un infarto. Prima di anda-re a sciare è bene dunque sot-toporsi ad un allenamentograduale e ad un’attenta valu-tazione dei fattori di rischio.Anche in chi non sa di esserecardiopatico”.

M.R.M.

Il tilt-test, ovvero quando è necessario far perdere i sensi al paziente per scoprire la causa dei suoi disturbi

UN’INCLINAZIONE…PER LA SINCOPE!

SCIARE CON LA TESTA(PENSANDO AL CUORE…)

Per un errore tipografico nelnumero scorso (gennaio-marzo 2010) nell’articolo“L’ABC del BLSD del Dott.Alfredo Macchiusi, la frase“la percentuale di sopravvi-venza è solo il 2-3 %” èdiventata…“23%”, e lafrase “deve subire unabbassamento di 4-5 cm” èdiventata…“45 cm”.Ce ne scusiamo con l’auto-re e con i lettori.

IN BREVE

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mantieni il ritmomantieni il ritmo

La complessa interazionecuore-rene è oggetto di gran-de interesse culturale e rap-presenta la sfida più attualenella ricerca clinica cardiolo-gica. Circa un quarto deipazienti ospedalizzati perscompenso cardiaco presentaun deterioramento della fun-zione renale più o meno rever-sibile dovuto a malattia renaleintrinseca o a inadeguata per-fusione renale; spesso le duecause coesistono. In questocontesto è difficile stabilire seil danno renale rappresenti diper sé un fattore prognostico

negativo, o se sia da interpre-tare come segno di avanza-mento della patologia cardia-ca. Recita un vecchio adagio: “ciòche danneggia il cuore, primao poi danneggia anche ilrene”. Ma è vero anche il con-trario. Eppure se ne parlapoco, come se l’attività del-l’organo ‘rene’ fosse menoimportante rispetto a organi“nobili” come il cuore o i pol-moni. E invece il rene svolgeun’azione essenziale per l’or-ganismo. La sua funzioneprincipale consiste nel filtrareil sangue dalle sostanze tossi-che e dai prodotti di rifiuto delmetabolismo. L’esito di questoprocesso di filtro è la produ-zione di urina. Una secondafunzione fondamentale consi-ste nell’eliminazione, proprioattraverso l’urina, di acqua esali minerali (per esempio ilsodio, il calcio o il potassio)in eccesso. L’importanza deireni si esprime infine attraver-so la produzione di due ormo-

dialisi sono attribuibili ad arit-mie e morte improvvisa. Può ilrischio di morte cardiovasco-lare essere ridotto in questepopolazioni? Per identificare e trattare que-sta particolare condizionepatologica è stato coniato iltermine di sindrome cardio-renale che può essere defini-ta come grave disregolazionedei sistemi neurormonali e siesprime clinicamente comeinsufficienza combinata dellafunzione cardiaca e renale.Una recente classificazione,mirata ad evidenziare gliaspetti fisiopatologici neidiversi contesti cliniciacuti/cronici e la tendenza allaprogressione, definisce 5possibili scenari clinici car-diorenali: 1) Sindrome Cardio-Renale Acuta, caratterizzata daun rapido peggioramentodella funzione cardiaca condi-zionante un danno renaleacuto; 2) Sindrome Cardio-Renale Cronica, caratterizzatada un danno cardiaco cronico(es. scompenso cardiaco cro-nico) condizionante un dannorenale cronico progressivo(insufficienza renale cronica);3) Sindrome Reno-CardiacaAcuta; 4) Sindrome Reno-Cardiaca Cronica; 5) SindromiCardio-Renali Secondarie amalattie generali o di tuttol’organismo. Questo tipo di approcciometodologico e culturale, secondiviso, potrebbe essereutile per impostare nuovi studisulla diffusione reale di questasindrome nella popolazionegenerale e per identificarecorrettamente gli interventiterapeutici più efficaci nellagestione quotidiana di malaticomplessi e delicati.

Dott.ssa Nadia AspromonteResponsabile Unità

per lo Scompenso CardiacoOspedale S. Filippo Neri, Roma

CUORE E RENI:LE RELAZIONI PERICOLOSELe malattie di cuore fanno soffrire anche i reni. E viceversa

SINDROMI CARDIO-RENALI8

DOTT.SSA NADIA ASPROMONTE

ni: la renina, fondamentale perregolare la pressione arterio-sa, e l’eritropoietina, che sti-mola il midollo osseo a pro-durre globuli rossi.È ormai noto da anni che lacompromissione dell’appara-to cardio-vascolare nei nefro-patici è molto elevata e lo èancor più nella fase avanzatadella malattia renale (stadio IIIe IV) quando si realizza il mas-simo della vulnerabilità car-diovascolare. La ragioneappare chiara se si pensa chel’unità elementare del rene, ilglomerulo renale, non è altroche un capillare sanguignoavvolto su se stesso e i distur-bi che coinvolgono l’apparatocircolatorio, come l’iperten-sione arteriosa, lo coinvolgo-no inevitabilmente. Pazienticon malattia renale cronicahanno un’incidenza inaccetta-bilmente elevata di morte car-diovascolare. La maggiorparte delle morti cardiache neipazienti con insufficienzarenale cronica sottoposti a

CARENZA DIVITAMINA D:PEGGIORA LOSCOMPENSO?

Le percentuali di sopravviven-za nei pazienti con scompen-so cardiaco sono peggiori inchi ha carenza di vitamina D.Lo dimostra un grande studiocondotto dall’Università diGroningen (Olanda). I risultatidella ricerca suggerisconoanche che basse concentra-zioni di vitamina D sonoassociate con un’attivazionedell’asse renina-angiotensi-na, un sistema di regolazionefondamentale nello scom-penso cardiaco, e conaumentati livelli di citochineinfiammatorie. Fino a qual-che anno fa ritenuta implica-ta solo nel metabolismo del-l’osso, di recente si è sco-perto che tutti i tessuti hannorecettori per la vitamina Dche dunque potrebbe essereimplicata in diversi contestidi malattie croniche, daitumori, alle patologieautoimmuni, alle malattierenali, alleinfezioni,all’iperten-

sionee forse nello

scompenso cardiaco. Lo stu-dio olandese dimostra chepiù basse sono le concentra-zioni di vitamina D, maggio-re è il rischio di morte o diospedalizzazione nei pazienticon scompenso cardiaco.

M.R.M.

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COAGULAZIONE

mantieni il ritmo

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ne la cui attivazione porta allaformazione del trombo. Alcunidi questi farmaci, come l’epa-rina, si usano per via endove-nosa esclusivamente in ospe-dale per combattere le trom-bosi in fase acuta. Altri, comegli anticoagulanti orali e, incerti casi, le eparine per viasottocutanea, si usano perprevenire le trombosi.

Le patologie più frequenti chepredispongono alle malattietrombo-emboliche sono: (1)la fibrillazione atriale, (2) levalvole cardiache meccaniche,(3) le trombosi venose profon-de delle gambe. Nei primi duecasi i trombi tendono a formar-si nel cuore (nell’atrio sinistronel primo caso e sulla valvolastessa nel secondo) e leembolie che ne derivano pos-sono colpire tutti gli organi delcorpo, più frequentemente il

cervello. Le trombosi venosepossono invece provocareembolie polmonari. I farmaci anticoagulantiorali che oggi abbiamo adisposizione (warfarin e ace-nocumarolo) bloccano la pro-duzione da parte del fegato diuna proteina della coagulazio-ne, riducendo la capacità delsangue a coagulare. Questa

capacità va ridotta in manierada evitare la formazione deltrombo, ma non troppo, perevitare che possano insorgereemorragie e può essere misu-rata mediante un esame delsangue, chiamato INR. Poichél’effetto di questi farmaci variamolto a seconda della sensi-bilità individuale ed è influen-zato da molti farmaci ed ali-menti, l’INR va misuratoperiodicamente e il medicodeve decidere, ogni volta, la

Trombi ed emboli. Come prevenirli con i farmaci giusti. Senza rischiare i sanguinamenti

Il nostro sangue è dotato dellacapacità di coagularsi, cioè dipassare dallo stato liquido aquello solido, grazie a unsistema complesso in cui unostimolo fa partire una cascatadi reazioni chimiche. Questeportano alla fine alla formazio-ne di una sostanza, la fibrina,che forma una specie di retein cui restano impigliate lecellule del sangue, formandoil cosiddetto coagulo.Ciò accade normalmentequando il sangue viene a con-tatto con l’esterno, come nelcaso di una ferita. Il coaguloserve infatti a bloccare l’emor-ragia. Questa capacità è,come si intuisce, fondamen-tale, in quanto in sua assenzarischieremmo di morire dis-sanguati anche per piccoleferite. Ed è quello che si veri-fica in persone che hannodifetti ereditari di una delleproteine della coagulazione,come l’emofilia. Purtroppo, esistono delle con-dizioni patologiche in cui ilsangue coagula all’interno

dose adatta fino al controllosuccessivo. Sono attualmentein studio nuovi farmaci chenon hanno questi inconvenien-ti e che possono essere assun-ti a dose fissa. Uno di questi, ildabigatran, ha dato ottimirisultati e dovrebbe esseredisponibile a breve, per ipazienti con fibrillazione atriale.È comunque necessario tenerpresente che qualunque tera-pia anticoagulante riduce ilrischio di trombosi, maaumenta comunque quello diemorragie. È quindi doveredel medico mettere sullabilancia questi due aspetticontrastanti e proporre alpaziente la scelta più opportu-na, considerando il rischiotrombotico ed emorragico delsingolo paziente. Esistonoinfatti diversi gradi di rischiotrombotico. Nei casi a rischiopiù elevato (ad esempio val-vole cardiache meccaniche,fibrillazione atriale in pazienticon patologie cardio-vascolari)la terapia anticoagulante non sidiscute, mentre in altri, soprat-tutto se il paziente ha già sof-ferto di emorragie, il rapportorischio-beneficio della terapiapuò essere meno vantaggiosoe solo un colloquio approfon-dito con il medico permetteràdi raggiungere insieme unadecisione adeguata.

Dott. Leopoldo BianconiResponsabile Reparto di Cardiologia

Ospedale San Filippo Neri, Roma.

dell’organismo. In questocaso non si parla di coagulo,bensì di trombo. Il trombo èinfatti un coagulo che si formanel punto sbagliato: non perbloccare la fuoriuscita di san-gue in corrispondenza di unaferita, ma all’interno del siste-ma circolatorio. In un’arteria,in una vena o nel cuore.I trombi si formano solo in pre-senza di condizioni patologi-che: quando esiste un difettonel complesso sistema chegoverna la coagulazione,quando il flusso del sangue èmolto rallentato e quando esi-ste una alterazione della pare-te dei vasi. Spesso il trombo,se non ostruisce completa-mente il vaso dove si è forma-to, non dà segno di sé. Ciònon significa comunque che lasua presenza non sia pericolo-sa. Se infatti il trombo si stac-ca, in tutto o in parte, viene tra-scinato dalla corrente sangui-gna e va ad ostruire un vaso avalle. Si parla in questo casodi embolia. L’embolo può col-pire qualunque organo, privan-dolo del vitale flusso sangui-gno. L’organo più vulnerabile èil cervello, perché le sue cellu-le possono resistere solopochi minuti senza apporto diossigeno prima di morire.L’embolia cerebrale è quindicausa di ictus.Esistono diversi farmaci chesono in grado di ridurre lacapacità del sangue a coagula-re, bloccando una delle protei-

QUANDO IL TAPPOCREA UN INGORGO PERICOLOSO

DOTT. LEOPOLDO BIANCONI

TERAPIE DI FERRO PER CUORI SCOMPENSATIdell’Ospedale Militare diWroclaw - sembra condizio-nare la resistenza allo sforzo epeggiora la qualità di vita.Forse costituisce anche unsegno prognostico negativo.Vista la frequenza di questacondizione e le sue conse-

guenze cliniche, andrebbesempre ricercato nei pazienticon scompenso cardiaco epossibilmente corretto. I car-diologi dovrebbero esseresensibilizzati all’importanzadel deficit di ferro nei pazien-ti scompensati ed essere in

Una persona su tre presentaun deficit di ferro e questacondizione è stata di recenteassociata a malattie cronichequali l’artrite reumatoide, lemalattie infiammatorie inte-stinali, il Parkinson, l’insuffi-cienza renale. Una ricerca

grado di valutarlo, utilizzandosemplici esami del sangue,come la sideremia e la ferriti-nemia”.

M.R.M.

dell’Università di Wroclaw(Polonia) ha di recente dimo-strato che una carenza diferro è presente anche in unterzo dei pazienti con scom-penso cardiaco, non anemici.“Il deficit di ferro – commen-ta il dottor Piotr Ponikowski,

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La stenosi valvolare aortica èuna patologia di frequenteriscontro nei soggetti anzianie, poiché l’età media di vitasta progressivamente cre-scendo grazie al migliora-mento delle conoscenzemediche ed alla qualità di vita,la presenza di questa patolo-gia è destinata ad incrementa-re negli anni a venire. Ilrestringimento (stenosi) dellavalvola aortica, la quale mettein comunicazione il ventricolosinistro con l’aorta, ostacola lafuoriuscita del sangue dalventricolo. Con il progressivoaggravarsi della stenosi, laparete del ventricolo tenderàad ispessirsi e ad affaticarsisempre di più, sino alla com-parsa di sintomi caratteristiciquali difficoltà respiratoria(dispnea), perdita temporaneadella coscienza (sincope) odolore toracico (angina). Dallacomparsa di uno o più di que-

sti sintomi, il rischio di morteè del 50 per cento dei pazien-ti nei primi due anni e dell’80per cento, nell’arco di cinqueanni. Il trattamento della ste-nosi della valvola aortica èesclusivamente chirurgicopoiché la terapia medica nonpuò risolvere il problema ana-tomico legato al progressivorestringimento della valvola.L’intervento di sostituzione

valvolare aortica ha un rischiooperatorio basso in pazienti inbuone condizioni generali, manei pazienti molto anziani,soprattutto se sono presentialtre patologie associate, ilrischio chirurgico è particolar-

l’apice del ventricolo sinistro,utilizzando cateteri particolari,è possibile prima dilatare lavalvola e quindi posizionare lanuova valvola aortica. Tuttoquesto mentre il cuore conti-nua a battere regolarmente.Come è facile immaginare,con questa metodica la ripresafunzionale del paziente è moltorapida, evitando così un alletta-mento prolungato nei soggetti

anziani.La valvolache vieneposizionataè fatta contessuto bio-logico ep e r t a n t onon richie-de la som-ministrazio-ne di far-maci anti-coagulanti,farmaci chenei sog-getti anzia-ni possonoaumentareil rischio

di sanguinamenti dopol’intervento.

Prof. Francesco MusumeciDirettore U.O.C.

di Cardiochirurgia e TrapiantiA.O. San Camillo-Forlanini, Roma

CARDIOCHIRURGIA10

mantieni il ritmo

PROF. FRANCESCO MUSUMECI

La protesi valvolare aortica viene inserita dalla punta del cuore,a cuore battente e senza aprire il torace. Basta un taglietto.

STENOSI AORTICA:MINI-INTERVENTI PER CUORI ANZIANI

mente elevato. Per questipazienti molto anziani e adalto rischio è oggi disponibileuna procedura mini-invasivaper trattare la stenosi aortica.Questa metodica consiste neldilatare la valvola aorticaristretta e quindi nel posizio-nare una nuova protesi valvo-lare aortica all’interno dellavalvola aortica dilatata senzaricorrere al taglio dello sterno

né alla macchina cuore-pol-mone. La procedura vieneeseguita attraverso una picco-la incisione (circa 6 cm) al disotto della mammella sinistrache consente di visualizzare lapunta del cuore. Attraverso

IL CUORE DEINOSTRI GIOVANI

Si è svolto il 28 settembre 2010a Palazzo Giustiniani, l’incontroorganizzato dall’OsservatorioSanità e Salute (coordinato dalSe. Cursi) con la collaborazionede “Il Cuore di Roma ONLUS”.L’incontro ha focalizzato la pro-blematica della prevenzione dellemalattie cardiovascolari in etàgiovanile ed ha messo in eviden-za l’importanza di un sempliceelettrocardiogramma nella pre-venzione della morte improvvisa.Il Cuore di Roma ha presentato irisultati preliminari della primafase del progetto “Cuore Sano”che ha fornito dati su 500 studen-ti di una scuola media inferiore.Il progetto prevede una espansio-ne successiva a 30.000 studentidella città di Roma.Hanno partecipato all’evento,dichiarando la disponibilità pro-pria e delle istituzioni che rappre-sentano a contribuire al progetto,Senatore Cursi PresidenteOsservatorio Sanità e Salute, On.Giorgia Meloni Ministro PoliticheGiovanili, Sen. Guido ViceconteSottosegretario MinisteroPubblica Istruzione , Dott.ssaRenata Polverini PresidenteRegione Lazio, Dott.ssa SvevaBelviso Assessore PoliticheSociali del Comune di Roma,Dott. Domenico Alessio DirettoreGenerale Azienda OspedalieraS. Filippo Neri di Roma.

Prof. Massimo Santini

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mantieni il ritmomantieni il ritmo

11SCOMPENSO CARDIACO

L'insufficienza cardiaca simanifesta quando il muscolodel cuore non pompa a suffi-cienza il sangue necessarioalle funzioni dell’organismo.Questo problema ha diverseorigini: può derivare da unamalattia delle coronarie (infar-to miocardico), da un’iperten-sione arteriosa non trattata, daun problema alle valvole car-diache o dall’abuso di alcol edroga.L’insufficienza cardiaca è con-siderata l’epidemia del terzomillennio a causa della sua

diato evitando al paziente unao s p e d a l i z z a z i o n e p e rScompenso Cardiaco miglio-randone così la qualità di vita. Grazie anche al sistema dimonitoraggio a distanzaCareLink Network®, è possi-bile che il cardiologo visualiz-zi sul computer collegato adinternet l’allarme Optivol®prima che il paziente se neaccorga, identificando un epi-sodio di scompenso cardiacoe trattandolo repentinamente.Il pacemaker e il defibrillatoresono diventati quindi un pre-zioso ausilio per il medicoperché consentono di miglio-rare la gestione complessivadella malattia del paziente,fornendo dati utili per l’otti-mizzazione della stimolazionee della terapia farmacologicae, soprattutto, per la preven-zione delle ospedalizzazioni.

Ing. Francesco De SetaClinical & Business Development

Director Medtronic Italia

In particolare, nei dispositividi ultima generazione è pre-sente un innovativo algoritmol’OPTIVOL (Medtronic Inc.)capace di monitorare e stimarel’accumulo di fluidi a livellopolmonare, fattore predittivoimportante degli episodi di

insufficienza cardia-ca acuta. Ogni gior-no il dispositivoeffettua una misura-zione dell’impeden-za toracica delpaziente e la mette aconfronto con quelladi riferimento delpaziente stesso.Qualora si registras-sero delle variazioniimportanti dell’im-pedenza, il dispositi-vo è in grado diavvertire il pazienteemettendo unsegnale acustico,così da permettereun intervento imme-

capacità di resincronizzazione,necessaria per migliorare lafunzione di pompa del cuore. Grazie a sofisticati algoritmidiagnostici, è oggi possibilecontrollare in modo continuo,automatico e a lungo terminelo stato clinico del paziente.

ING. FRANCESCO DE SETA

rapida e progressiva diffusio-ne. Il Ministero della Salutestima in oltre 600.000 i sog-getti affetti in Italia e in circa87.000 i nuovi casi l’anno. Acausa dell’invecchiamentodella popolazione tali numerisono destinati a crescere,determinando altresì unaumento dei costi sanitari. Nonostante la terapia si siaarricchita negli ultimi anni dinuovi farmaci, la possibilità dimorte è ancora elevata, conuna sopravvivenza inferiorealla maggior parte dei tumorie all'infezione da HIV.La continua ricerca clinica el’innovazione tecnologicahanno determinato lo straordi-nario sviluppo della terapiadella stimolazione cardiaca acui abbiamo assistito nelcorso degli ultimi 50 anni. Oggi, alcuni tipi di pacemakerpossono dimostrarsi efficaciper la cura dell’insufficienzacardiaca, poiché dotati di

L’OPTIVOL: UN SALVAGENTEPER IL CUORE AFFANNATO

Esempio di nuova diagnostica per la prevenzione degli episodidi insufficienza cardiaca acuta - l’algoritmo MedtronicOptivol®. L’impendenza elettrica polmonare scende quandoil paziente va incontro ad un episodio di insufficienza cardiacaacuta, che determina accumulo di fluidi nei polmoni.Il dispositivo è in grado di rilevare questa diminuzione diimpendenza e di allertare in tempo il medico.

n Prendere una Aspirinetta al giorno fa sempre benen È consigliabile mangiare pesce bollito o arrosto almeno due volte alla settimanan Mangiare con poco sale fa bene solamente ai pazienti con pressione sanguigna elevatan Bere vino bianco, fa malen La pasta dovrebbe essere cotta poco, cioè essere al dente per ridurre l’effetto nel peso corporeon Bere troppa acqua fa malen La liquirizia è proibita a tutti gli ipertesin La cioccolata amara è preferibile a quella al latten Il gelato fa ingrassare e andrebbe sempre evitaton Il reflusso gastro-esofageo può produrre sintomi simili all’angina pectorisn Un improvviso dolore al dente e alla mascella, potrebbe essere la spia di una insufficienza cardiacan Il dolore toracico potenzialmente espressione di un attacco cardiaco,

dura pochi secondi e mai più di cinquen Il “mal di stomaco” può essere espressione di un attacco cardiacon Camminare per un’ora al giorno può fare male al cuoren La dieta ipocalorica deve essere velocissima e intensa in modo da fare dimagrire in poco tempon Per dimagrire può essere utile assumere farmaci che aumentino il consumo calorico

da parte dell’organismon Se si ha una malattia cardiaca non si possono avere figlinLa gravidanza, può provocare malattie di cuoren La palpitazione è sempre un sintomo piuttosto graven Lo svenimento indica sempre una patologia graven Dopo i 70 anni la pressione arteriosa può superare i 140/90 senza essere curatan Il battito cardiaco lento è pericoloso per la vitan Il fumo di sigaretta fa male solamente a chi fuman I figli di fumatori hanno più affezioni dell’apparato respiratorio

dei figli dei non fumatorin La pratica del golf è più consigliabile del tennis per i cardiopatici

le rispostesi trovano sul sito

dell’associazione:www.ilcuorediroma.org

Vero o falso?

Un innovativo optional per pacemaker avverte il medico e il pazientein caso di pericolosi accumuli di liquido nei polmoni. Prima che sia edema polmonare

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mantieni il ritmomantieni il ritmo

GENETICA12

QUANDO IL VIZIO È DI FAMIGLIA…Familiarità e rischio cardiovascolare:come la predisposizione alle malattie, nascosta nei nostri cromosomi, interagisce con i fattori di rischio

In passato l’interesse dellaGenetica Medica si rivolgevasolo a un numero ristretto dipatologie, mentre oggi riguar-da quasi tutte le malattie,comprese quelle di interessecardiologico. Esistono nume-rose patologie cardiache, lacui ricorrenza all’interno diuna famiglia è spesso regola-re e caratteristica, seguendo leleggi dell’ereditarietà mende-liana. Altre malattie tendonoad aggregarsi in certi alberigenealogici, ma la loro ricor-renza tra i consanguinei diprimo grado è discreta, disolito del 2 – 4%. Si parla, inquesto caso, di familiarità,concetto più ampio di eredita-rietà, perché sottintende l’in-terazione tra diversi fattorigenetici e ambientali, confe-rendo all’individuo un certogrado di suscettibilità allamalattia. Sinonimo di familia-rità è ereditarietà multifattoria-

le. Nonostante la familiarità siaun fattore non modificabile, èfondamentale capire che sitratta di una predisposizionead ammalarsi, e non significanecessariamente che ciòdebba accadere. Studi fatti sugemelli separati in giovaneetà, che quindi hanno avutouno stile di vita molto diversol’uno dall’altro, evidenzianocome i fattori ereditari incida-no per circa il 50%. Il restodipende dal nostro stile di vita. Le malattie cardiovascolari(MCV) rappresentano la piùfrequente causa di morte neipaesi sviluppati: circa la metàdei decessi deriva direttamen-te da coronaropatia e un altro20% da ictus. Esse ricono-scono un’eziologia multifatto-riale, cioè esistono più fattoridi rischio che contribuisconocontemporaneamente allosviluppo della malattia. I fatto-ri di rischio cardiovascolare sidividono in modificabili (attra-verso l’acquisizione di un cor-retto stile di vita o il ricorsoalla terapia farmacologica) enon modificabili.I fattori di rischio modificabilisono l’ipercolesterolemia, ildiabete, l’ipertensione, l’obe-sità addominale, il fumo,l’inattività fisica, lo stress psi-cofisico, lo scarso consumodi frutta e verdura. I fattori di

avere familiarità per le malattiecardiovascolari. La familiaritàinfluenza la suscettibilità a talimalattie, sia direttamente eindipendentemente dagli altrifattori di rischio, sia indiretta-mente, predisponendo l’indi-viduo all’insorgenza di iperco-lesterolemia, diabete, iperten-sione.Nel nostro Paese, sempresecondo i dati dell’ISS, il 25%

degli uomini e il 35% delledonne dichiara di averealmeno un familiare chesoffre di ipercolesterole-mia, il 25% degli uomini eil 29% delle donne almenoun familiare diabetico. Oltrealle forme di ipercolestero-lemia multifattoriale, esi-stono disturbi del metabo-lismo lipidico causati daspecifiche anomalie gene-tiche ereditarie. La familia-rità ha un peso fondamen-tale anche nell’insorgenzadell’ipertensione: se uno

dei due genitori è iperteso, ifigli hanno il 50% di probabi-lità di diventare ipertesi, seentrambi i genitori sono iper-tesi, le probabilità salgono al75%. Un’accurata anamnesi fami-liare rappresenta il primo stru-mento a disposizione delmedico per individuare i sog-getti con familiarità rispetto

rischio non modificabili sonol’età, il sesso maschile e lafamiliarità, definita come lapresenza di parenti di primogrado con eventi cardiovasco-lari in età giovanile (meno di55 anni negli uomini e di 65nelle donne). A parità di con-dizioni, è più probabile che lamalattia si manifesti in perso-ne che hanno parenti strettiche soffrono di malattie car-

diache. È certo, infatti, che chiha un familiare di primo gradoche ha avuto una MCV ha unrischio tanto più aumentato diincorrere nel medesimo even-to, quanto più giovane si èammalato il familiare.In Italia, secondo i datidell’Istituto Superiore di Sanità(ISS), il 25% degli uomini e il30% delle donne dichiara di

DOTT. DOMENICO DELLA ROCCA

alle MCV. Esistono, inoltre,specifiche carte del rischioche, oltre alla familiarità, ser-vono a stimare la probabilitàdi andare incontro a un primoevento cardiovascolare mag-giore nei 10 anni successivi.Adottare un corretto stile divita è il primo strumento perproteggere il proprio cuore.Controllare il peso corporeotramite un’alimentazioneequilibrata (ricca di fibre,povera di sodio e grassi di ori-gine animale, che preveda unregolare consumo di pesce) el’attività fisica regolare è ilprimo obiettivo da perseguire.A queste misure va affiancatala cessazione dell’abitudinetabagica e un regolare control-lo dei valori lipidici, glicemicie pressori. Non esiste un cri-terio generale sull’età in cui èconsigliabile iniziare a fare gliesami preventivi. Tuttavia, seesiste una storia familiare dicardiopatie o malattie meta-boliche, è utile un controlloanche nei soggetti sotto i 20anni.“Non è né la carne, né il san-gue ma il cuore, che ci rendepadri e figli”. (J. Shiller)

Domenico Della Rocca, M.D.,Giovanni B. Forleo, M.D., Ph.D.

Divisione di CardiologiaPoliclinico Tor Vergata, Roma

IL FATTORE ‘I’, NASCOSTO NEI CROMOSOMIDEI MASCHI, PREDISPONE ALL’INFARTO

sione, ipercolesterolemia,fumo di sigaretta. Gli ‘I-maschi’ vivono soprattutto nelcentro-nord Europa e neiPaesi dell’Est; ad essere ‘I-men’ è ad esempio il 13 percento degli inglesi. Ma il genedell’infarto viene in realtà damolto lontano, in termini ditempo e di luoghi. Sarebbeinfatti approdato in Europacirca 25.000 anni fa, prove-niente dal Medio Oriente, conla cultura Gravettiana. Vistoche l’aplogruppo-I non è così

prevalente nell’Europa meri-dionale, una speculazioneinteressante è che questo‘svantaggio’ genetico potreb-be spiegare lo svantaggio‘geografico’ del Nord nei con-fronti del Sud, rispetto a que-ste malattie e cioè l’elevataprevalenza di cardiopatiaischemica presente nei Paesidel Nord Europa, rispetto allenazioni che si affacciano sulbacino Mediterraneo. Il fattore‘I’ potrebbe infine rappresen-tare un nuovo fattore di rischio

Non tutti i maschi sono ugua-li di fronte alle malattie dicuore. È quanto sostiene ungruppo di scienziati inglesidell’Università di Leicesterche ha dimostrato come alcu-ne varianti genetiche presentisul cromosoma Y (quello chedetermina il sesso maschile)predispongono all’infarto. Lostudio, finanziato dalla BritishHeart Foundation, ha preso inesame 3 mila maschi inglesi,scoprendo così che i portatoridella variante genetica ‘I’ (il

indipendente per cardiopatiaischemica e spiegare in parteanche lo ‘svantaggio’ maschi-le nei confronti delle malattiedi cuore. È noto infatti che imaschi hanno un’incidenzamaggiore di malattie coronari-che rispetto al sesso femmini-le e questo potrebbe esseredovuto in parte al cromosomaY che ereditano dal padre.

M.R.M.

cosiddetto aplogruppo-I)hanno infatti un rischio dirimanere vittime di un infartomaggiore del 55 per cento,rispetto agli altri. Di tutti gliuomini studiati, 1.295 eranoaffetti da cardiopatia ischemi-ca, gli altri rappresentavano ilgruppo di controllo.L’associazione dell’aplogrup-po-I con le coronaropatieappariva assolutamente indi-pendente dalla presenza deitradizionali fattori di rischiocardiovascolari, cioè iperten-

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13FIBRILLAZIONE ATRIALE

mantieni il ritmo

È una vera e propria epidemia,anche se non è causata da unvirus. Si tratta della fibrillazio-ne atriale ed è l’alterazione piùfrequente del battito cardiaco.In Italia colpisce oltre 700milapersone, una su dieci dopo gli80 anni. Oltre a peggiorare inmaniera importante la qualitàdi vita (chi ne è colpito sisente stanco, si affanna facil-mente, vive male perché sisente insicuro), la fibrillazioneatriale raddoppia il rischio dimortalità e aumenta il rischiodi ictus di oltre 6 volte. In pra-tica, un ictus su 5 è dovuto aquest’aritmia. Questo succedeperché una parte del cuore, lecamere atriali, quando com-pare questa aritmia comincia-no a battere in modo disordi-

nato e non sincronizzato. Ilsangue non viene pompatoefficacemente verso i ventri-coli e può letteralmente rista-gnare in una piccola parte del-l’atrio sinistro, la cosiddettaauricola. Qui il sangue puòformare dei coaguli che, pas-sando in circolo, possonoandare a chiudere un’arteriada qualche parte del corpo,dando luogo a ictus, a infartiintestinali o ad embolie dellearterie di gambe o braccia.Finora l’unica arma per difen-dersi da queste gravi compli-canze era rappresentata daglianticoagulanti orali, come ilwarfarin , farmaci sicuramenteefficaci (riducono di oltre il60% il rischio di ictus in corsodi fibrillazione atriale, contro il20% circa dell’aspirina) maanche molto difficili a gestire.Il medico deve continuamentemodificare la dose di farmacoda somministrare al paziente,sulla base di un esame delsangue, l’INR, che il pazienteè costretto a fare anche piùvolte al mese. L’efficacia delfarmaco è inoltre influenzatanon solo dall’assunzione con-temporanea di altri farmaci,ma anche dall’alimentazione.

Tipicamente le verdure, ricchedi vitamina K, riducono l’effi-cacia di queste terapie. Ma abreve le cose potrebberocambiare. La Food and DrugAdministration americana, hagià espresso parere positivoall’introduzione nella praticaclinica del dabigatran, un anti-coagulante orale che nonnecessita del monitoraggiodell’INR e non è influenzatonel funzionamento da interfe-renze con altri farmaci o con ilcibo. In avanzata fase di speri-mentazione sono anche altritre anticoagulanti orali, icosiddetti inibitori del fattoreXa (apixaban, rivaroxaban,edoxaban). Insomma ilmondo dell’anticoagulazionesta cambiando, dopo 50 annidi warfarin, un farmaco che hafatto la storia (il primo brevet-to l’ha guadagnato come topi-cida), ma che ormai ha anchefatto il suo tempo. I nuovi anti-coagulanti orali, più efficaci epiù sicuri, permetteranno ditrattare anche quella consi-stente fascia di pazienti, inpratica uno su due, che puravendo l’indicazione alla tera-pia anticoagulante, non pote-vano farla per vari motivi, dal

fatto di vivere da soli, aglisbalzi pericolosi dell’INR, chepuò esporre al rischio di graviemorragie. Novità anche sulfronte della terapia antiaritmi-ca, dopo 20 anni di nulla difatto. Il nuovo farmaco anti-fibrillazione atriale si chiamadronedarone, arriva dallaFrancia (anche se a coordina-re le ricerche per la sua realiz-zazione è stato un ricercatoreitaliano) ed è un ‘discendente’del vecchio amiodarone.Molto più sicuro del suo illu-stre antenato, il dronedaronenon contiene nella sua mole-cola atomi di iodio, responsa-bili dei tanti problemi dellaterapia cronica con amiodaro-ne, dalle malattie della tiroide,a quelle polmonari, all’opa-cizzazione della cornea, soloper citarne alcune. Lo studioAthena, il più grande con unfarmaco antiaritmico realizzatonei pazienti con fibrillazioneatriale (ne ha studiati ben4.628) ha inoltre dimostratoche questo farmaco, aggiuntoalla migliore terapia cardiova-scolare disponibile riduce del24% la mortalità cardio-vascolare (è la prima volta cheviene dimostrato questo effet-

to con un farmaco antiaritmi-co) e i ricoveri legati allafibrillazione atriale (in Europa,la fibrillazione atriale èresponsabile di un terzo ditutti i ricoveri ospedalieri peraritmie e sono proprio i rico-veri la voce di spesa piùimportante nel trattamento diquesta condizione, pari al70% della spesa totale). Il far-maco è stato già inserito nellenuove linee guida per la fibril-lazione atriale della SocietàEuropea di Cardiologia, appe-na pubblicate. È indicato neipazienti con fibrillazione atria-le parossistica, per ridurre ilrischio della comparsa dinuovi episodi di questa arit-mia e nei pazienti con fibrilla-zione atriale persistente, percontrollarne la frequenza car-diaca. Si assume al dosaggiofisso di due compresse algiorno, che si assumono con ipasti del mattino e della sera.Non è adatto nei pazienti conscompenso cardiaco grave.

Dott.ssa Maria Rita MontebelliDirigente Medico

UOC Medicina Interna CICPoliclinico UniversitarioAgostino Gemelli, Roma

DOTT.SSA M. RITA MONTEBELLI

LA TEMPESTA ELETTRICADEL TERZO MILLENNIO

P affiancare e supportare iniziative di prevenzione delle malattie cardiovascolari;

P aumentare la consapevolezza dei medici, degli operatori sanitari e dei cittadini sulla relazione esistente tra fattori di rischio ed eventi cardiovascolari;

P favorire lo sviluppo di interventi più efficaci ed economicamente sostenibili peril controllo del rischio cardiovascolare nella popolazione;

P avviare uno studio statistico, in collaborazione con i ragazzi stessi,sulle condizioni di salute dei giovani e i loro stili di vita, sicuramente molto più rischiosidi quelli dei loro genitori per quanto riguarda l’insorgenza di malattie legate al cuore.

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- Bonifico bancario su C/C n. 91163 intestato a: “Il Cuore di Roma - Onlus” - Codice IBAN: IT 40 O 05390 03201 000000091163Banca Etruria - Sede di Roma - Via Uffici del Vicario n. 45/48 - 00186 Roma

Gli obiettivi delCuore di Roma:Gli obiettivi delCuore di Roma:

Fibrillazione atriale: proporzioni epidemiche con l’invecchiamento della popolazione.6 milioni di pazienti nella sola Europa. Ma sono in arrivo nuovi farmaci per combatterla.

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mantieni il ritmomantieni il ritmo

PSICOLOGIA14

L’intensa ricerca condotta incampo cardiologico negli ulti-mi sessant’anni, sia di tipoepidemiologico, che speri-mentale e laboratoristico, hacontribuito a comprenderel’importanza ezio-patogeneti-ca dei fattori di rischio nell’in-sorgenza delle malattie car-diovascolari. Particolare atten-zione è stata posta al ruolo deifattori di rischio psico-socialinell’insorgenza della cardio-patia ischemica. In un’ampiarevisione delle ricerche inquesto settore, pubblicata sualcune importanti rivistescientifiche (Circulation nel1999 e successivamente, nel2005, Journal of the AmericanCollege of Cardiology), è statoevidenziato che i fattori dirischio psicosociali possonoessere equiparati ai fattori dirischio biologici quali cofatto-ri in gradi di facilitare sia l’in-sorgenza del processo atero-sclerotico, che l’insorgenza di

eventi clinici cardiovascolari.In particolare la depressione,l’ostilità, l’isolamento socialee lo stress vitale acuto e croni-co avrebbero una importanzapari a familiarità, diabete mel-lito, ipertensione arteriosa,ipercolesterolemia, fumo eobesità. La depressione - siamaggiore, che minore e atipi-ca - rappresenta un fattoreprognostico negativo, chedetermina un aumento signifi-cativo della mortalità, sia percause cardiovascolari che peraltre cause, nei pazienti conmalattia coronarica nota escompenso cardiaco a genesiischemica e non ischemica. Un’ampia ricerca epidemiolo-gica, lo studio Interheart, pub-blicata su Lancet nel 2004, haindagato l’associazione tra fat-tori di rischio e l’insorgenza diinfarto miocardio, in 15.152casi di infarto acuto, confron-tati con 14.820 controlli senzainfarto miocardico, distribuiti

DOTT.SSA GIOVANNA ROSCETTI DOTT.SSA ADRIANA RONCELLA

spos i -zione costituzionale (l’eredi-tarietà) e/o si sommano adaltri fattori di rischio biologi-ci per malattie coronariche,si determina un potenzia-mento dei fattori di rischio eun’aumentata probabilità diinsorgenza di aterosclerosi edi infarto miocardico acuto.È importante imparare a capir-si e gestire le nostre emozioniper vivere bene, essere sani evivere da protagonisti la pro-pria vita, senza lasciarci domi-nare dagli eventi esterni.

IMPARIAMO A PRENDERCICURA DI NOI!

Chi volesse saperne di più odesiderasse un colloquio pre-liminare può rivolgersi all’am-bulatorio di Emodinamica:(Dott.ssa Adriana Roncella,tel. 06-33062481) oppure allaUOS di Cardiologia RiabilitativaProf.ssa Anna Patrizia Jesi,sportello di Ascolto Psicologico,Dott.ssa Giovanna Roscetti,tel. 06-30251261).

Dott.ssa Adriana RoncellaCardiologo, Psicoterapeuta,

Dirigente medico U.O.C.di EmodinamicaOspedale San Filippo Neri, Roma

Dott.ssa Giovanna RoscettiPsicologa, U.O.D. di Cardiologia Riabilitativa

Ospedale San Filippo Neri, Roma

Le emozioni negative sono dannose. Anche più del diabete e della pressione alta.Impariamo a difenderci, con l’aiuto degli esperti

STRESSQUANDO IL CUOREÈ TRAVOLTO DALLO STRESS

in tutti i continenti. I fattori dirischio psico-sociali esplorati(in particolare lo stress lavora-tivo, domestico, finanziario elo stress secondario ad eventidi vita nell’anno precedentel’infarto) si sono attestati alterzo posto, subito dopo ledislipidemie e il fumo, eprima del diabete mellito, del-l’ipertensione arteriosa e del-l’obesità addominale. Gli stressor psicosociali agi-rebbero sia indirettamente,

favorendouno

stiledivita

a rischio (fumo, vita sedentaria,obesità, ecc.) che direttamente,attraverso l’attivazione del siste-ma coagulativo, il sistema neu-rovegetativo, endocrino, immu-nitario e la vasomotricità coro-narica e vascolare in genere.Oggi, grazie alle conoscenzeacquisite, possiamo affermareche il nostro cuore funziona insintonia con le variazioni dellanostra mente. Nulla dentro dinoi accade separatamente datutto il resto, ma il nostrocorpo funziona come un mera-viglioso sistema integrato.È esperienza di noi tutti chequando siamo stanchi, stres-sati, agitati, depressi, delusi,cioè quando una forte emo-zione negativa ci investe, tuttoil nostro corpo risponde; inparticolare a livello del siste-ma cardiovascolare la fre-quenza cardiaca e la pressio-ne aumentano, le coronarie

possono andare incontro a unvasospasmo…Alcuni meccanismi di rispostacardiovascolare sono naturalie fanno parte della fisiologicareazione allo stress… maquando le emozioni negativesono ripetitive e persistenti,possono cominciare a condi-zionare uno stile di reazione

patologico aogni eventoesterno. Se

poi questi mec-canismi vanno ad

agire su un terreno di predi-

L’Università di Atene ha con-dotto un ampio studio pervalutare la relazione tra quali-tà della dieta, livello di attivi-tà fisica e caratteristichedello stile di vita in un grup-po di 500 ragazzi di età com-presa tra i 12 e i 17 anni. Loscopo era determinare i più

efficaci interventi ‘salutisti’per ridurre il rischio di malat-tie cardiovascolari a lungotermine. Da questa ricogni-zione tra le abitudini adole-scenziali, i ricercatori hannoscoperto che almeno metàdei ragazzi greci seguonouna dieta decisamente di

cattiva qualità e che solo il 6per cento di loro mangiasecondo i dettami della dietaMediterraanea e fa regolareattività fisica. “La nostraricerca dimostra - commentail dottor Costas Tsioufis, car-diologo presso l’Università diAtene – che almeno la metà

degli adolescenti grecisegue una dieta di scarsissi-ma qualità e che quelli piùsalutisti a tavola, sono anchequelli che fanno più attivitàfisica. Questo suggerisceche un intervento focalizzatosulla dieta potrebbe promuo-vere in parallelo anche l’ado-

zione di un più intenso pro-gramma di attività fisica”. È ilcaso di dire insomma ‘duepiccioni con una fava’!

M.R.M.

MANGIA (MEGLIO) E CORRI (DI PIÙ)

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mantieni il ritmomantieni il ritmo

15ALIMENTAZIONE

“Aiutiamoci a vicenda”potrebbe essere il titolo diquesto breve articolo sullecardiopatie, sull’età avanzata,sul senso di solitudine e lagrande necessità di affetto ecompagnia da un lato, e lapossibilità di ridurre pesante-mente l’impatto negativo ditutto ciò sulla qualità della vitadei nostri pazienti cardiopaticiin età matura- avanzata. Sto parlando di uno dei peg-giori nemici di un pazienteanziano che abbia avuto uninfarto o che sia in stato discompenso cardiaco, cheabbia i figli grandi e confamiglia e che passi neces-sariamente molto tempo insolitudine.Si sentono a volte inutili, avolte possono avere paura dipesare sui propri figli, già cosiimpegnati nella loro vita quoti-diana; subdolamente una lievedepressione inizia a penetrarein loro rendendoli meno vivaci,più svogliati, più tristi.Dall’altro lato della barricata viè un numero impressionantedi cani abbandonati o di cuc-cioli appena nati che, proprie-tari sconsiderati hanno decisodi lasciare al loro destinolegandoli al guard-rail dell’au-tostrada o portandoli davanti aqualche rifugio per animali(come si faceva una volta con

nei miei pazienti e incitazionea chiedere notizie sull’impe-gno che comporta avere uncane con sé ed io colgo spes-so l’occasione per tranquilliz-zarli sull’onere ed enfatizzan-done i vantaggi.Il numero di famiglie italianecon un cane “a bordo” aumen-ta di giorno in giorno.Vorrei che tutti i pazienti car-diopatici e in pensione neavessero uno.Certamente noi cardiologilavoreremmo di meno e lorovivrebbero sicuramente meglioe forse… più a lungo.Sul tipo di animale da selezio-nare per l’età, il carattere, lavivacità, l’impegno fisico èconsigliabile chiedere aiutoalle numerose organizzazionianimaliste che si occupano diaccogliere e poi collocare icani abbandonati. Un collo-quio con loro potrà essereestremamente utile.Buona passeggiata con ilvostro nuovo amico!

Prof. Massimo SantiniDirettore Dipartimento Cardiovascolare

Ospedale San Filippo Neri, Roma

depressi)?Certo, si potrebbe dire, è ungrande dolore quello che siprova quando si perde il pro-prio cane (per malattia, perincidenti o quant’altro), ma hasenso nella vita privarsi di unagrande felicità quotidianacome quella che il nostro canepuò donarci, esclusivamenteper evitarci un grande dolore almomento della sua perdita?Che senso avrebbe la nostravita se non cercassimo di viver-la intensamente e completa-mente minuto per minuto?Ho esperienza di molti mieipazienti che hanno seguito ilmio consiglio di prendere,sotto la loro cura, un cane equasi tutti mostrarono all’ini-zio una grande titubanza. Alla fine anche grazie all’aiutoe all’incitamento delle fami-glie, molti si sono decisi ed iloro miglioramenti sia nelpiano fisico che su quello psi-cologico sono da me visibili adogni loro visita nel mio studio.Sulla mia scrivania di studio,vi è la foto di mia moglie, maanche quella di Eddy e Dolly,parti integranti della famigliaSantini.Ciò provoca spesso curiosità

senso di solitudine e didepressione che rende abi-tualmente triste il nostro car-diopatico anziano.Il movimento pur se gradualee graduabile, al quale ilpaziente sarà obbligato perportare fuori il cane e peraccudirlo, sarà di grande aiutofisico consentendo un miglio-ramento della capacità funzio-nale, della resistenza fisica,della capacità respiratoria ecardiocircolatoria.Basti pensare che per i pazien-ti con insufficienza cardiacasono previste dalle SocietàScientifiche dei programmi diriabilitazione psico- motoriacon esercizi fisici progressivi econ colloqui con gli psicologi. Non è meglio fare un chilo-metro a passo lento, all’ariaaperta due volte al giorno, sti-molati dalle vetrine e dai pas-santi o in un bel prato insiemeal vostro amico al guinzaglio?E a proposito di psiche, qual’èquel programma psicotera-peutico che potrà dar loro lagioia di sentirsi amati enecessari, di accarezzare unvero amico, a volte parlarci ediscuterci (senza che nessu-no ci dica che siamo matti o

Dalla pet-therapy, alla passeggiata con il miglior amico dell’uomo.Tanti benefici per la salute.A prova di solitudine!

i trovatelli davanti ai conventi).Non desidero commentare unsimile comportamento daparte di esseri umani, ma nonposso fare a meno di chieder-mi che tipo di individui essipossano essere, cosa posso-no gli altri attendersi da loronella vita quotidiana, quali iloro rapporti sociali e le loroaffettività. Non ci interesseremo di loro,ma certamente dei nostriamici abbandonati, festosi,desiderosi di affetto, chechiedono esclusivamente dientrare a far parte di unnucleo sociale nel qualedonare tutto ciò che posseg-gono: gioia di vivere, vivaci-tà, curiosità, abnegazione,grandi capacità affettive. Cosa ci chiedono in cambio?Uno o due pasti al giorno(piuttosto economici in veri-tà), dieci minuti di carezze, lavicinanza con i padroni e duepasseggiate al giorno.Può sembrare un onere note-vole? Può apparire un attacca-mento per i nostri pazienti?In realtà è stato scientifica-mente dimostrato che avereun cane riduce l’incidenza diun secondo infarto in chi neha già avuto uno, miglioranotevolmente lo stato psichi-co dei cardiopatici cronici,riduce significativamente il

IL CANE, UN AMICO… DI CUORE!

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mantieni il ritmo

“Le malattie cardiache rappresentano la principale causa di morte nei paesi occidentali.Si può pensare che ogni anno si spopoli una città della grandezza di Savona per causa loro.È una vera PANDEMIA che si espande inesorabilmente di anno in anno a causa dell’incremento della vita media delle persone, dei flussi migratori, deldeterioramento della qualità di vita e dell’alimentazione. Esiste pertanto un’unica possibilità di arginare questa patologia ingravescente: la PREVENZIONEdelle Malattie Cardiache e delle loro potenziali COMPLICAZIONI.Questo è il vero bersaglio che “IL CUORE DI ROMA” - ONLUS si è prefisso: informare adeguatamente i cardiopatici ed i potenziali cardiopatici sulleazioni con le quali prevenire le patologie cardiache e le loro principali complicazioni e per coloro che sono già stati colpiti da una malattia di cuore,come ottimizzare la qualità di vita ed evitare ricadute della loro malattia.Iscriviti all’Associazione ed utilizzane la sua organizzazione e le sue attività educative ed assistenziali per migliorare la tua vita.”

Prof. Massimo Santini Direttore Dipartimento Cardiovascolare - Ospedale S. Filippo Neri, Roma

Il CUORE DI ROMA è un’Organizzazione non Lucrativa di Utilità Sociale (Onlus), con sede presso la Cardiologia dell’Ospedale San FilippoNeri di Roma. Persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nell’ambito della assistenza socio-sanitaria in patologie cardiovascolari,attivandosi nei campi della prevenzione, della terapia e della riabilitazione e dell’informazione ai pazienti favorendo altresì le iniziative volte alrecupero sociale e lavorativo dei cardiopatici.

Attività Educazionali

Attualità in Tema di Cardiopatie

Donazioni

Attività Assistenziali

Attività Epidemiologichee Preventive

Volontariato

Il sito dell’associazione IL CUORE DI ROMA.All’interno del sito troviamo molte risposte ai quesiti che ogni giorno ci poniamo sulla nostra salute.

Sono infatti molti gli articoli che ci illustrano quali dovrebbero essere le nostre abitudini quotidiane atte a garantirciuna vita sana e duratura.

Queste solo alcune delle sezioni presenti nel sito!

WWW.ILCUOREDIROMA.ORG

IL CUORE DI ROMA - ONLUS • CONSIGLIO DIRETTIVOPresidente: Massimo Santini

Consiglieri: Fabrizio Ammirati, Gerardo Ansalone, Furio Colivicchi, Claudio Pandozi, Renato Pietro Ricci, Giulio Speciale, Marco Tubaro

Gli amici del “Cuore di Roma”

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