Magazine aperiodico dell’Unità Pastorale del Duomo - Anno ...santi, ma si posa su tutti i...

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Magazine aperiodico dell’Unità Pastorale del Duomo - Anno 8 Numero 49 1 novembre 2015 - Ognissanti Le Beatitudini, che Gandhi chiamava «le parole più alte che l'umanità abbia ascoltato», fanno da collante tra le due feste dei santi e dei defunti. La liturgia propone il Vangelo delle Beatitudini come luce che non raggiunge solo i migliori tra noi, i santi, ma si posa su tutti i fratelli che sono andati avanti. Una luce in cui siamo dentro tutti: poveri, sognatori, ingenui, i piangenti e i feriti, i ricomin- cianti. Quando le ascoltiamo in chiesa ci sembra- no possibili e perfino belle, poi usciamo, e ci accorgiamo che per abitare la terra, questo mondo aggres- sivo e duro, ci siamo scelti il manifesto più difficile, stra- volgente e con- tromano che si possa pensare. Ma se accogli le Beatitudini la loro logica ti cambia il cuore. E possono cambiare il mondo. Ti cambiano sulla misura di Dio. Dio non è imparziale, ha un debole per i deboli, incomincia dagli ultimi, dalle perife- rie della Storia, per cambiare il mondo, perché non avanzi per le vittorie dei più forti, ma per se- mine di giustizia e per raccolti di pace. Chi è custode di speranza per il cammino della terra? Gli uomini più ricchi, i personaggi di suc- cesso o non invece gli affamati di giustizia per sé e per gli altri? I lottatori che hanno passione, ma senza violenza? Chi regala sogni al cuore? Chi è più armato, più forte e scaltro? o non invece il tessitore segreto della pace, il non violento, chi ha gli occhi limpidi e il cuore bambino e senza inganno? Le Beatitudini sono il cuore del Vangelo e al cuo- re del vangelo c'è un Dio che si prende cura della gioia dell'uomo. Non un elenco di ordini o precetti ma la bella notizia che Dio regala vita a chi produ- ce amore, che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre si fa carico della sua felicità. Non solo, ma sono beati anche quelli che non han- no compiuto azioni speciali, i poveri, i poveri sen- za aggettivi, tutti quelli che l'ingiustizia del mon- do condanna alla sofferenza. Beati voi pove- ri, perché vo- stro è il Regno, già adesso, non nell'altro mon- do! Beati, per- ché c'è più Dio in voi. E quindi più speranza, ed è solo la spe- ranza che crea storia. Beati quelli che pian- gono…e non vuol dire: felici quando state male! Ma: In piedi voi che piangete, coraggio, in cam- mino, Dio sta dalla vostra parte e cammina con voi, forza della vostra forza! Beati i misericordiosi... Loro ci mostrano che i giorni sconfinano nell'eterno, loro che troveranno per sé ciò che hanno regalato alla vita d'altri: tro- veranno misericordia, bagaglio di terra per il viag- gio di cielo, equipaggiamento per il lungo esodo verso il cuore di Dio. A ricordarci che «la nostra morte è la parte della vita che dà sull'altrove. Quell'altrove che sconfina in Dio»(Rilke). padre Ermes Ronchi Omelia per la festività di Ognissanti

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Magazine aperiodico dell’Unità Pastorale del Duomo - Anno 8 ���� Numero 49

1 novembre 2015 - Ognissanti

Le Beatitudini, che Gandhi chiamava «le parole più alte che l'umanità abbia ascoltato», fanno da collante tra le due feste dei santi e dei defunti. La liturgia propone il Vangelo delle Beatitudini come luce che non raggiunge solo i migliori tra noi, i santi, ma si posa su tutti i fratelli che sono andati avanti. Una luce in cui siamo dentro tutti: poveri, sognatori, ingenui, i piangenti e i feriti, i ricomin-cianti. Quando le ascoltiamo in chiesa ci sembra-no possibili e perfino belle, poi usciamo, e ci accorgiamo che per abitare la terra, questo mondo aggres-sivo e duro, ci siamo scelti il manifesto più difficile, stra-volgente e con-tromano che si possa pensare. Ma se accogli le Beatitudini la loro logica ti cambia il cuore. E possono cambiare il mondo. Ti cambiano sulla misura di Dio. Dio non è imparziale, ha un debole per i deboli, incomincia dagli ultimi, dalle perife-rie della Storia, per cambiare il mondo, perché non avanzi per le vittorie dei più forti, ma per se-mine di giustizia e per raccolti di pace. Chi è custode di speranza per il cammino della terra? Gli uomini più ricchi, i personaggi di suc-cesso o non invece gli affamati di giustizia per sé e per gli altri? I lottatori che hanno passione, ma senza violenza? Chi regala sogni al cuore? Chi è più armato, più forte e scaltro? o non invece il tessitore segreto della pace, il non violento, chi ha gli occhi limpidi e il cuore bambino e senza inganno?

Le Beatitudini sono il cuore del Vangelo e al cuo-re del vangelo c'è un Dio che si prende cura della gioia dell'uomo. Non un elenco di ordini o precetti ma la bella notizia che Dio regala vita a chi produ-ce amore, che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre si fa carico della sua felicità. Non solo, ma sono beati anche quelli che non han-no compiuto azioni speciali, i poveri, i poveri sen-za aggettivi, tutti quelli che l'ingiustizia del mon-

do condanna alla sofferenza. Beati voi pove-ri, perché vo-stro è il Regno, già adesso, non nell'altro mon-do! Beati, per-ché c'è più Dio in voi. E quindi più speranza, ed è solo la spe-ranza che crea storia. Beati quelli che pian-

gono…e non vuol dire: felici quando state male! Ma: In piedi voi che piangete, coraggio, in cam-mino, Dio sta dalla vostra parte e cammina con voi, forza della vostra forza! Beati i misericordiosi... Loro ci mostrano che i giorni sconfinano nell'eterno, loro che troveranno per sé ciò che hanno regalato alla vita d'altri: tro-veranno misericordia, bagaglio di terra per il viag-gio di cielo, equipaggiamento per il lungo esodo verso il cuore di Dio. A ricordarci che «la nostra morte è la parte della vita che dà sull'altrove. Quell'altrove che sconfina in Dio»(Rilke).

padre Ermes Ronchi Omelia per la festività di Ognissanti

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E anche quest'anno è arrivato, il giorno che tutti, grandi e piccini aspettano con ansia e trepida-zione, il pomeriggio in cui dopo i lunghi mesi di vacanza ci ritroviamo tutti in-sieme per passare in compagnia e amici-zia del tempo al Co-stone. Cosa sarà mai? Be', andiamo con ordine. Mi sarebbe tanto

piaciuto, ma davvero davvero tanto, parlare di un piacevole pomeriggio passato alla ricerca di indizi e storie emozionanti di personaggi venuti da lontano a raccontare a bambini e ragazzi il proprio “Eccomi” rivolto al Signore. Mi sarebbe piaciuto, se non che non sempre le cose vanno come programmato, purtroppo o per fortuna. Infatti quest'anno si è affacciato l'imprevisto irri-solvibile, il nemico di ogni festa, l'antagonista di ogni bambino che corre felice e si diverte e soprattutto di ogni catechista indaffarato: le previsioni meteo che mettono pioggia. Ma che di-co, non pioggia, diluvio. Un veloce appello a chiunque si fidi di parroci che dicono “Tranquilli, ci metto io una buona parola col Grande Capo e sabato sarà sole splendente”: non credete loro, mentono. E mentirei anche io se dicessi che un poco di panico non ci è preso quando arrivati al venerdì le previsioni erano forse peggiorate, se possibile. Come se fosse scritto “Questa festa non s'ha da fare, né domani, né mai”. Non ci potevamo però arrendere. Ne andava della nostra reputazione di organizzatori di feste di catechismo incredibili! E allora con uno sforzo sovrumano abbiamo reinventato tutto quan-to, riuscendo in un'impresa a dir poco titanica: far giocare millemila bambini di ogni fascia di età al caldo del nostro amato salone, riuscendo a coinvolgerli e farli divertire come solo noi sappiamo fare. Siamo perfino stati raggiunti dagli ospiti d'eccezione sopracitati e in particolare Abramo, Mosè, Pietro, Paolo, Samuele e Maria. Personaggi di tutto rispetto che anche se il tem-po non era dei migliori (sarebbe stato più opportuno chiamare Noè!) si sono fatti coraggio e hanno parlato davanti a un audience di giovani assorti ad ascoltare come hanno risposto alla chiamata che Dio ha fatto loro e che ogni giorno rivolge anche a noi. Una chiamata che richiede coraggio e spirito di avventura e alla quale a volte non è facile rispondere “Eccomi”. Eppure siamo di nuovo qui, uniti ad affrontare un altro anno di catechismo, un altro anno destinato alla sempre più profonda conoscenza di un Padre che ci ama incondizionatamente, nonostante ci inzuppi di pioggia nei momenti meno opportuni. Quindi forse almeno un “Eccomi” sincero lo abbiamo detto tutti, pronti per ricominciare.

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Come mio consueto ter-mino con i ringraziamen-ti: oltre ai genitori, che si sono prodigati nella solita ricca e buonissima me-renda che ogni volta sazia gli appetiti più esigenti, e ai miei colleghi catechisti (e affini), grazie ai quali tutto si è svolto nel mi-glior modo possibile, un elogio in particolare va ai nostri cari interpreti di personaggi e quindi Carlo, Lorenzo, Massi, Patrizia, Paolo e Tommaso (“Chi? Ah! Il Piappa!”) che hanno reso pos-sibile la realizzazione di un progetto ambizioso, mettendosi in gioco in prima persona. Un inizio col botto (e non solo per i tuoni) che preannuncia un altro anno ricco di emozioni, quelle che solo i nostri ragazzi riescono a dare, che da una giornata di pioggia riescono a tirar fuori un arcobaleno mozzafiato.

Noems

Ci sono dei luoghi, che più di altri permettono di ritirarsi dai pensieri delle proprie giornate; ci so-

no persone, che più di altre riescono ad entrare con delicatezza nei nostri cuori e a ripulirli da tanti

dubbi. Quando questi si incontrano, è un momento di Grazia.

Uno di questi momenti lo abbiamo vissuto gli ultimi giorni di settembre, quando venne a trovarci

(impreparati) quel primo freddo autunnale. In realtà la scelta di incontraci/scontrarci con l’autunno

l’avevamo presa noi. Alla fine dell’anno pastorale, avevamo infatti deciso che uno dei momenti di

formazione del folto gruppo di catechisti, sarebbe stato un piccolo ritiro tutti insieme.

La voglia era tanta, ma gli impegni così fitti, che la partecipazione si era ridotta ai minimo storici,

(occasione che però ci consentii di prendere il pulmino del Costone e farci scarrozzare comoda-

mente seduti fino al luogo prescelto per il ritiro: l’eremo di La Verna).

Ora, è abbastanza difficile che qualcuno non sia mai andato a La Verna, ma se mai doveste sceglie-

re un luogo per un ritiro, ecco, non abbiate dubbi a prenotare lì, magari dormendo in foresteria,

magari col pacchetto completo di colazione, pranzo e cena…così oltre alla mistica, sarete apposto

anche con la mastica.

E se proprio vi ci scappa, chiedete di un Frate a caso per aiutarvi nelle vostre riflessioni…chissà che

Qualcuno non suggerisca – come è successo a noi - al Frate Guardiano (il capo

del cucuzzaro per capirsi) di prendersi cura di voi…anche se siete pochi…e

avete fatto un gran casino per prenotare le stanza.

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Dunque i presupposti ci sono tutti: luogo di spiritualità Francescana, Padre Francesco, piccolo

gruppo di catechisti, e ultimo assist del racconto: parlare di Misericordia, o meglio...lasciarsi inva-

dere dalla Misericordia.

La prima sera dal nostro arrivo ab-

biamo ricevuto subito il primo rega-

lo: una meditazione preparata per

noi sul brano di Luca (18, 35-43) che

ha come oggetto la guarigione del

cieco Bartimeo. Partendo dalla Scrit-

tura, abbiamo analizzato l’episodio,

imparando a conoscere quest’uomo

con le sue debolezze ma anche con la

sua tenacia. La volontà di farsi vede-

re da Gesù, la sua perseveranza, il

desiderio di un incontro…e poi la

realizzazione di una relazione, che

parte dalla sua fede, ma si concretizza nel gesto di amore misericordioso di Gesù. Padre Francesco

ci ha dato già dalla prima sera diverse definizioni di “Misericordia”, ma quella che più mi ha colpi-

to è stata: “è misericordioso chi pone il proprio cuore e la propria vita vicino alla miseria dell’altro.

Misericordia è Amore.” Nella semplicità delle sue parole, ci ha aperto un mondo di tenerezza, do-

ve vivere la misericordia significa avere occhi capaci di vedere la presenza di Dio vicino ai nostri

fallimenti e riuscire a vedere “la bellezza di Dio che rifulge sul volto del nostro fratello”.

Se questa prima meditazione non vi è sembrata abbastanza appassionante, dovreste sentire quello

che ci ha trasmesso con la seconda: Gesù e la peccatrice, sempre Luca, ma stavolta al capitolo 7,

versetti 34-50. In questo brano ci sono stati presentati tre personaggi: Simone, uomo zelante, osser-

vante, integro e corretto, che si distingue però per la sua ristrettezza: per la sua incapacità di capire

quello che succede intoro a lui, e quindi per la sua cecità. La peccatrice, che è dotata di autenticità,

libertà e coraggio…come quello di presentarsi così come è in casa di Simone, letteralmente

“svelata”. Lei non parla mai, ma agisce concretamente, e per la prima volta non si butta via, ma

compie un gesto di fiducia, consegnandosi nell’amore vero ai piedi di Gesù.

Ecco il terzo personaggio…Gesù. Si lascia toccare dalla donna, e con questo gesto sembra dire “non

è l’impurità della donna che contagia me, ma la mia santità che salva lei”. Per sottolineare questo

passaggio Padre Francesco ha sottolineato anche che “è nell’impurità della donna che si manifesta

la purezza, ed è consegnandosi alla salvezza che si diventa salvati”.

Il brano alla fine si conclude nel più chiaro dei modi:” le sono perdonati i sui peccati perché molto

ha amato”. Il perdono è un gesto umile che non umilia, ci ha ripetuto tante volte il Padre… e vivere

la misericordia è saper cogliere quel bene, quella bellezza e quella potenzialità di amare racchiusa

nell’altro, ma anche in noi. Anche noi, dobbiamo quindi guarire dalla cecità che ci impedisce di ap-

profondire il nostro sguardo sull’altro.

E a proposito di sguardo, dovreste vedere la meraviglia del creato alle 7:20 di mattina, quando il

sole ancora non è sorto ma dipinge le nuvole sopra la campagna…