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Page 1: M GPOEBUPSF EJ i3FQVCCMJDBw BTTFHOBUP JM · PDF fileAndrea Carandini, Gino Batta-glia, Luca Ciarrocca e Gianni Vat-timo. La cerimonia di premiazio-ne si terrà il 24 giugno nell’Aula

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j"un grande italiano della nostra sto-ria, in occasione del settantesimo

anniversario della Repubblica». È la motivazione con cui è stato assegnato ad Eugenio Scalfari il Premio Roma. Il riconoscimento è stato annunciato ieri in Campi-doglio alla presenza del presiden-te del premio Aldo Milesi.

Nel corso della sua lunga av-ventura umana e professionale, Scalfari ha ricevuto tante onorifi-cenze. La biografia del fondato-re di 3FQVCCMJDB incontra la sto-ria del Paese, soprattutto da quando negli anni Cinquanta ini-zia a collaborare a *M�.POEP di

Mario Pannunzio e all’&VSPQFP di Arrigo Benedetti. Nel 1976 la fondazione di�3FQVCCMJDB: «Rap-presentò un giornale di rottura e di cambiamento, quello che la mia generazione cercava», ha ri-cordato ultimamente durante l’anniversario del nostro giorna-le Scalfari stesso. Gli ultimi anni hanno visto Scalfari interrogarsi da laico intorno alla religione, di-

ventando interlocutore privile-giato di Papa Francesco. È un pre-mio dunque all’esemplarità di una biografia ricca di interessi, dall’economia alla filosofia, dalla religione alla letteratura, dai

giornali alla politica.Il Premio Roma nasce sedici

anni fa articolato in tre sezioni: narrativa straniera, narrativa italiana e saggistica, alle quali si aggiungono di anno in anno pre-mi speciali. Tra i premiati eccel-lenti delle passate stagioni ci so-no stati Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia, Umberto Verone-si, Salvatore Accardo, Emma Bo-

nino. Tra gli scrittori finalisti di questa edizione ci sono lo statu-nitense Roger Hobbs, il francese Charles Juliet, l’inglese Matt Haig, l’israeliana Lavie Tidhar e la scrittrice turca Ayse Kulin. Gli italiani sono: Carmine Abate, Ro-sa Matteucci, Romana Petri, Bianca Stancanelli, Maria Pia Ve-ladiano. Tra i saggisti: Adonis, Andrea Carandini, Gino Batta-glia, Luca Ciarrocca e Gianni Vat-timo. La cerimonia di premiazio-ne si terrà il 24 giugno nell’Aula Magna dell’università di Roma La Sapienza. Oltre a Scalfari, un premio speciale andrà all’eserci-to italiano, a 155 anni dalla sua costituzione, e uno al fisico Ful-vio Ricci “per la sua intensa atti-vità scientifica”.

i-�eroe e la maga”, un’idea, un filo del pensiero che ricorre spesso negli scritti di Marco Lodoli. Una suggestione,

un’atmosfera da ricercare, descrivere, per rappresentare gli opposti sempre presenti: re-sponsabilità e audacia, mitezza e forza, a vol-te perfino ferocia, volontà e perdizione; ele-menti contrastanti che camminano insieme, contrapposizione drammatica ma anche lie-ve, bizzarra.

È un saggio letterario l’ultimo libro di Mar-co Lodoli, -�FSPF�F�MB�NBHB, in libreria da do-mani per Bompiani, una rilettura di miti e per-sonaggi che narra il destino umano. La solitu-dine, il senso del dovere e l’irresistibile potere della fascinazione, il torpore dei sensi e la re-sponsabilità di altre esistenze che pesa e che deve, a tutti i costi, prevalere.

Ed ecco Ulisse, simbolo di fusione tra intelli-genza e audacia, ricerca del piacere e respon-sabilità, che intende con tutto se stesso torna-re dall’amata moglie Penelope e dal figlio Te-lemaco, una determinazione che non gli impe-disce di rimanere per anni nel letto di Circe o di farsi ammaliare dalla ninfa Calipso. E Giaso-ne che, per conquistare il Vello d’oro, ha biso-gno della magia di Medea, legame amoroso e di dannazione. Mentre, sempre per il Vello d’oro, mente, tradisce e uccide: è il destino dell’eroe che non può cedere né a sentimenti né a indugi e che, insieme alla maga che non

può fare a meno di lui, compie il suo tortuoso percorso.

Si torna all’eroe con Ludovico Ariosto e con la sua «grande giostra della vita», con colui che getta l’elmo e si abbandona a qualcosa che «spazza via la coscienza». O con il filo spor-co di sangue che ne ricama le gesta, narrato da Torquato Tasso. Per concludere ancora con l’eroe senza tempo che, nonostante la maga lo vezzeggi e blandisca, apre come gli altri la porta all’i-gnoto.

E poi c’è l’eterno faccia a faccia tra maga ed eroe: se al riparo della prima ci so-no solo bellezza e tepore, mentre fuori ci sono violen-za e stupidità, il secondo non può che andare altro-ve, abbandonare le mollez-ze che sono solo illusione e affrontare le battaglie del-la vita reale. Così, l’eroe motiva il suo irrinunciabile andare: «Non vo-glio essere protetto, voglio attraversare il mondo», dice nel liberarsi della maga, madre, amante e curatrice, «non ho paura sono abba-stanza forte e infelice per sostenere ogni av-versità, e per nutrirmene». E, infine, va. Forse per ritornare.

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Il lettore riconoscerà temi ricor-renti e nuovi: il mondo vedico, la Grecia antica, il farsi della coscien-za e la nascita della mente. Artemis e Turing. Le ricerche paleontologi-che e Henry James. Ogni dettaglio è avvolto da un misterioso sentire, che rispecchia l’età in cui gli uomi-ni – esseri mutevoli e dispersi – po-tevano trasformarsi in animali o in entità divine. Ci fu un tempo in cui l’essere umano non era ancora se-parato dal mondo animale e da

quello vegetale. L’inconfondibile timbro della metamorfosi segnava la sua esistenza. Niente di ciò che ne richiamava i gesti era definibile una volta per tutte. Orso, toro, uc-cello, lupo, serpente si mescolava-no alle sue sembianze. Ma perché quell’esistenza ancestrale assu-messe il tratto della vivibilità occor-reva la presenza di nature particola-ri destinate a tessere un disegno che abbracciasse i differenti mon-di. Furono gli sciamani a incaricarsi del compito di tenere assieme l’invi-sibile con il visibile. I loro gesti, i lo-ro demoni, i loro oggetti feticcio, i loro tamburi dispersero sulla terra il suono di una verità remota, di una conoscenza inaudita. Fu la cac-cia la più antica educazione senti-mentale. Per la prima volta l’uomo si trasformò in predatore. Mise a frutto le arti dell’imitazione e del di-segno. Un nitido intreccio di emo-zioni primitive si depositò sulla roc-cia. La linea incisa trovò così la sua strada. *M�DBDDJBUPSF�DFMFTUF” – di cui il gigantesco Orione sarà l’espres-sione più tragica – è un libro tenero e temibile. Racconta magnifica-mente la fine dell’era delle meta-morfosi. In quel deposito di tracce protoumane, che distrattamente chiamiamo preistoria, Calasso nar-ra, come fossero favole, vicende di eroi e di dèi, di animali e di uomini. Attraverso un’archeologia dell’or-rore e della pietà giungono a noi gli echi di incommensurabili fatiche. Quasi che la conquista di una vita più serena e protetta, sia l’esito di un lunghissimo cammino nel nero del prima della storia.

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