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A cura di Alessandra NOBILI e M. Emanuela PALMISANO LA BATTAGLIA DI PALERMO 2 giugno 1676 Scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese REGIONE SICILIANA ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E P.I. Dipartimento dei Beni Culturali ed Ambientali e dell’Educazione Permanente SOPRINTENDENZADELMARE LABATTAGLIADIPALERMO

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Copia fuori commercio. Vietata la vendita A cura di Alessandra NOBILI e M. Emanuela PALMISANO

LABATTAGLIADIPALERMO

2 giugno 1676Scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese

REGIONE SICILIANAASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E P.I.

Dipartimento dei Beni Culturali ed Ambientali e dell’Educazione Permanente

SOPRINTENDENZADELMARE

LABATTAGLIAD

IPALERMO

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REGIONE SICILIANAASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E P.I.

Dipartimento dei Beni Culturali ed Ambientali e dell’Educazione Permanente

SOPRINTENDENZADELMARE

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A cura di Alessandra NOBILI e M. Emanuela PALMISANO

LABATTAGLIADIPALERMO

2 giugno 1676Scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese

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© 2009 Regione SicilianaAssessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e P.I. DIPARTIMENTO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELL’EDUCAZIONE PERMANENTE

AREA SOPRINTENDENZA DEL MARESoprintendente Sebastiano Tusa

SERVIZIO BENI STORICO-ARTISTICI E DEMO ANTROPOLOGICIDirigente responsabile M. Emanuela Palmisano

UNITÀ OPERATIVA III - CONOSCENZA, TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO ED ETNO-ANTROPOLOGICODirigente responsabile Alessandra Nobili

La Battaglia di Palermo (2 giugno 1676)Scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandeseA cura di Alessandra Nobili e M. Emanuela Palmisano

Testi diGaetano Lino, Alessandra Nobili, M. Emanuela Palmisano, Sebastiano Tusa, Alessandro Urbano

CollaborazioneVito Carlo Curaci

Progetto grafico e impaginazioneMaurizio Accardi

Stampa e allestimentoOfficine Grafiche Riunite SpA - Palermo

Si ringraziano, per il materiale documentario,la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis,la Biblioteca Comunale di Palermo, l’Archivo General de Simancas,il Musée national de la Marine - Paris.Un ringraziamento, inoltre, per la collaborazione,alla Facoltà di Scienze Geologiche dell’Università degli Studi

di Palermo, all’Ufficio tecnico dell’Autorità portuale di Palermo,alla Biblioteca dell’Istituto Nautico Gioeni di Trabia - Palermo.

La battaglia di Palermo (2 giugno 1676) : scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese / a cura di Alessandra Nobili e M. Emanuela Palmisano. - Palermo : Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione,Dipartimento dei beni culturali, ambientali e dell’educazione permanente, 2009.ISBN 978-88-6164-082-51. Battaglia di Palermo. 1676. 2. Palermo – Storia – 1676.I. Nobili, Alessandra <1955->. II. Palmisano, Maria Emanuela <1957->.945.8231073 CDD-21 SBN Pal0211579

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

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Questo volume viene dedicato alla memoria di Rosario La Duca, esimio storico palermitano che con i suoi dotti e generosi consigli ha dato indirizzi e proficuo impulso al presente lavoro.

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Indice

9 PRESENTAZIONIDI ANTONELLO ANTINORO E DI ROMEO PALMA

13 INTRODUZIONEMetodologia e tecnica della ricerca storico-archeologica sulla Battaglia di Palermo del 2 giugno 1676 tra le armate navali ispano-olandese e francese DI SEBASTIANO TUSA

17 GLI ANTEFATTI DI MESSINAAlcuni aspetti economico-sociali che determinarono la rivolta della città el’intervento della Francia in Sicilia DI M. EMANUELA PALMISANO

27 LA BATTAGLIA DI PALERMO ATTRAVERSO LE FONTIStudio delle dinamiche dello scontro tra le flotte per l’individuazione delle perdite e dei luoghi di affondamentoDI ALESSANDRA NOBILI

55 RICOSTRUZIONE DELLA LINEA DI COSTAIl profilo del Golfo di Palermo al tempo della battaglia DI ALESSANDRO URBANO

63 INDAGINI STRUMENTALIIpotesi di ricerche nelle acque del Golfo di Palermo volte alla scoperta dei restiriferibili al combattimento navale DI GAETANO LINO

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Il presente saggio intende sottolineare l’importan-za che ogni attività posta in essere nell’ambito dellaricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio cul-turale subacqueo vada sempre preceduta da unasapiente e scrupolosa ricerca documentaria.

Gli avvenimenti storici riportati, partendo dallabattaglia navale svoltasi nelle acque del Golfo diPalermo nel luglio del 1676 tra la flotta francese ela coalizione ispano-olandese per delle ipotesi supossibili rinvenimenti sottomarini, delineano altre-sì un quadro di insieme non solo della città diPalermo nella seconda metà del Seicento, ma anchedi tutta la Sicilia, evidenziando la posizione strate-gica del nostro territorio, crocevia di continuirapporti con le popolazioni dell’intero bacino delMediterraneo.

I temi trattati hanno inteso richiamare l’atten-zione verso un contesto mediterraneo comune, nel

quale scambi di merci, idee, contatti culturali hannosegnato profondamente questo territorio geogra-fico.

Merito della ricerca condotta è stato, inoltre, l’a-vere coinvolto più ambiti disciplinari, coniugandol’interesse storico con quello della più avanzata atti-vità di indagine strumentale, attraverso la quale èoggi possibile indagare i fondali marini al di sottodegli strati di sedimento che si sono posati nei seco-li, per individuare possibili target di interesse.

Intendo rivolgere il mio più sentito ringraziamen-to al personale della Soprintendenza del Mare cheha affrontato con rigore scientifico il presente lavo-ro, impegnandosi nella diffusione della conoscenzastorica e della ricerca subacquea, facendo emergereil ruolo rivestito da Palermo nel passato, spesso pococonosciuto e ignorato, di città inserita a pieno tito-lo in un contesto internazionale.

ANTONELLO ANTINORO

L’Assessoreai Beni Culturali e Ambientali e P.I.

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PRESENTAZIONE

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Il presente volume curato dalla Soprintendenza delMare è il primo tentativo, ritengo egregiamente riu-scito, di ridisegnare, nell’ambito della ricercaarcheologica subacquea sino ad oggi condotta inSicilia, una parte della storia moderna della città diPalermo nel suo fecondo rapporto con il mare, luogoe mezzo attraverso il quale si sono nel tempo avvi-cendate e incontrate società, culture e religioni diversedi cui oggi permangono importanti vestigia nel ter-ritorio urbano.

Questo lavoro costituisce, altresì, a mio avviso unriferimento per un corretto approccio con la ricer-ca subacquea, rimarcando la necessità che questaattività vada pianificata, contrariamente a quantospesso nel corso del tempo è stato effettuato. A que-sto si aggiunga che una non corretta fruizione delpatrimonio subacqueo, spesso attuata con inconsa-pevole incoscienza, ha determinato processi irreversibiliche hanno cancellato la memoria di importanti avve-

nimenti storici e determinato la perdita di docu-menti unici del nostro passato.

Il valore di questo volume risiede quindi nell’im-pegno che la Soprintendenza del Mare ha intesoinvestire nell’ambito della conoscenza e valorizza-zione, ma direi soprattutto nell’ambito delladivulgazione scientifica, nel tentativo di promuo-vere un diverso approccio nel campo della ricercasubacquea, molto spesso intesa come indiscrimina-ta attività di recupero di beni culturali, senza unpreventivo studio ed analisi del contesto storico edambientale.

Un impegno questo della Soprintendenza del Mareche, pur nella difficoltà di costruire un rapporto dimaggiore consapevolezza fra tutti coloro che inten-dano fruire questo patrimonio, vede in tal sensouna certa inversione di tendenza rispetto al passa-to e costituisce un ottimo riferimento per le azionifuture.

ROMEO PALMA

Il Dirigente Generaledel Dipartimento dei Beni Culturali e Ambientali ed E.P.

PRESENTAZIONE

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In qualità di vertice dell’istituto Soprintendenza delMare, ho il piacere di introdurre il saggio che vi pro-poniamo, reso possibile grazie al concreto supportodel Dipartimento per i Beni Culturali, Ambientalied Educazione Permanente dell’Assessorato per iBeni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzionedella Regione Siciliana, ma soprattutto alla faticadei suoi estensori, tutti validissimi animatori del-l’attività della Soprintendenza del Mare.

Mi preme sottolineare che non si tratta di unamera raccolta di fonti storiche e documentarie suun fatto importante della storia del Mediterraneo,finalizzata alla ricostruzione dell’evento stesso. Ilsapiente lavoro di raccolta e messa in ordine delmateriale d’archivio, nonché la precisa contestua-lizzazione storica dell’evento, si inquadrano in unnuovo modo di fare ricerca sul patrimonio cultura-le sommerso che vuole uscire dalla tradizionale logicadi “caccia al tesoro”, cui spesso i media ci sottopon-gono enfatizzando le “scoperte” caraibiche o deiMari del Sud, per riportarla sui binari della corret-tezza scientifica e metodologica.

Le notazioni contenute in questo volume sononon soltanto mirate alla conoscenza dell’evento nellesue più precise e poco note sfaccettature, ma anchead enucleare quei dati funzionali alla progettazio-ne di un’eventuale ricerca diretta sui luoghi, al finedi arricchire la nostra conoscenza attraverso il repe-rimento di oggetti, contesti ed elementi conoscitiviche solamente la ricerca sul campo (in questo casoin mare o nella zona umida) può offrire.

In questo passaggio fondamentale sta l’importan-za di accorpare, in una logica sequenziale metodologicacorretta, la ricerca storico-documentaria con quel-la archeologica. Qui sta la novità di questo saggioche vuole offrire non soltanto chiarezza su un even-

to storico di grande rilievo per la nostra storia, maanche la prospettiva di avanzamento della ricercasulla base di elementi progettuali costruiti su effet-tivi dati storici ed evenemenziali intrinsecamenteconnessi alla conoscenza puntuale dei luoghi.

Storia ed archeologia si uniscono – come è giu-sto che avvenga sempre – al fine di una ricostruzionedegli eventi più puntuale. I frammenti del passatosu cui si può costruire la storia non sono soltantodocumenti, atti notarili e dispacci, ma anche ogget-ti apparentemente insignificanti, come chiodi, pezzidi legno, bottoni o altro persi in battaglia che, siaper il loro valore tipologico intrinseco, sia per l’af-flato umano che contengono, sia per le loro potenzialitàbioarcheologiche ed archeometriche, possono darciimportanti elementi di conoscenza per dipanare letenebre di un passato che vogliamo conoscere peressere oggi migliori.

È questa l’impostazione epistemologica che abbia-mo abbracciato, non dimentichi delle imperitureparole di Ranuccio Bianchi Bandinelli quando ciammoniva che: “cultura [...] significa [...] compren-dere il presente attraverso la conoscenza del passato.Il che equivale a dire che veicolo fondamentale dellacultura è la storia, ma che questa conoscenza stori-ca va sempre rinnovata e vista sotto diverse angolazioniper farla nostra”. Parole e concetti ripresi con chia-rezza da Vincenzo Tusa nell’editoriale di inaugurazionedella rivista Sicilia Archeologica (1968): “Noi ritenia-mo che l’archeologia costituisca una fonte primariadi conoscenze, e quindi di cultura: essa riguardal’Uomo in tutte le sue manifestazioni e quindi, cometale, rappresenta un mezzo insostituibile per la cono-scenza di chi ci ha preceduto, cioè di noi stessi”.

Sulla base di tale approccio, confortato da auto-revoli ispiratori, riteniamo debbano essere valutate

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INTRODUZIONE Metodologia e tecnica della ricerca storico-archeologica sulla Battaglia di Palermo del 2 giugno 1676 tra le armate navali ispano-olandese e francese DI SEBASTIANO TUSA

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le effettive potenzialità di questa ricerca, nei suoiapporti multidisciplinari.

È stato esaminato con chiarezza il contesto stori-co di turbolento confronto tra Spagna e Franciasubito dopo la metà del XVII secolo che fa da sfon-do all’evento della battaglia narrata e che vede laSicilia, come spesso avviene, teatro cruciale delloscontro in seno al quale le forze vitali isolane nonriescono a esprimere un’autonoma soluzione poli-tica, abbandonandosi nelle braccia di uno o dell’altrocontendente. La Sicilia fa, quindi, da tragico fon-dale ad una serie di scaramucce politico-militari ilcui esito e le cui cause travalicheranno i confini del-l’isola.

È stata analizzata con attenzione la dinamica dellabattaglia nelle acque del Golfo e del Porto di Palermomettendo in evidenza errori e pregi di una condu-zione del conflitto che vede protagonista un territoriocostiero determinante poiché privo di difese, finoa quando uno scatto d’orgoglio popolare non impo-ne l’uso dell’artiglieria di terra provocandol’allontanamento dei francesi vincitori. Ma di gran-de interesse, al fine dei nostri scopi, è anche la precisadisamina delle perdite e della localizzazione dellestesse, con la raccolta e la lettura critica di tutto ciòche descrive il recupero post battaglia di oggetti e,soprattutto, artiglierie.

Infine il progetto di ricerca basato sulle indaginistrumentali quale quasi unico mezzo, date le con-dizioni ambientali dei fondali e la supposta consistenzadi ciò che si potrebbe trovare, per reperire oggettie relitti inerenti quel conflitto.

In verità le possibilità di effettuare il grande edentusiasmante ritrovamento connesso con la bat-taglia si limitano ad una percentuale veramenteminima. Le navi perdute nel conflitto si ammas-sarono lungo la costa che va dal Piano di Sant’Erasmofino all’allora spiaggia del Sammuzzo all’internodel porto. La “Grande di Spagna” s’incendiò e siauto-distrusse in seguito alla deflagrazione dellasua santabarbara proprio davanti il Castello a Mare,nell’area occupata oggi dal c.d. Molo Trapezoidale.Ad aggravare il depauperamento ed il disfacimen-to delle navi naufragate concorsero il fuoco edanche i Palermitani dell’epoca che, torturati dastenti e miseria, si diedero a saccheggiare ed aspor-tare tutto ciò che potettero. Infine vennero leoperazioni organizzate di recupero, determinantiper la spoliazione dei relitti. Pertanto quel pocoche ancora è possibile raccogliere si trova o sotto

l’immenso terrapieno del Foro Italico o nei tor-mentati fondali del porto o sotto i suoi moli.Qualche nave affondò anche più al largo (soprat-tutto del fronte francese) sempre nello spazio dimare tra il Porto e Sant’Erasmo.

Se ne deduce che le possibilità di localizzare relit-ti ed oggetti inerenti il conflitto sono, come giàanticipato, molto ridotte. Dato il notevole accu-mulo fangoso che si è depositato nell’area prospicientela città, eventuali tracce si troveranno sotto unospessore al momento indefinibile di fango. Glistrumenti idonei per una siffatta ricerca sono,prioritariamente, il Sub-Bottom Profiler (penetra-tore di sedimenti), che permette l’identificazionedi anomalie al di sotto del fondo marino “dise-gnando” sezioni di ampiezza definibile, ed ilmagnetometro, necessario per identificare massemetalliche.

Non aspettiamoci, pertanto, ritrovamenti chepossano sconvolgere la nostra conoscenza attualedel conflitto o dotare la città di un inaspettato teso-ro da esibire. Tuttavia dovrà essere proprio la cittàa fare proprio quell’episodio, anche attraverso ilmodesto contributo di questo studio e di quelloche sarà possibile recuperare dal mare, a ricerchefinite.

Perché Palermo ed i Palermitani dovrebbero ave-re interesse per questo evento ormai del tutto di-menticato? Perché si dovrebbero investire risorsenella rievocazione di una memoria così lontana?La risposta sta, a nostro avviso, nella necessità delrecupero del rapporto tra la città e il mare con ilridisegno del suo c.d. “water front”, che dovrebbedarle finalmente una vera fisionomia di città aper-ta verso il blu e non chiusa da cancelli ed autostra-de, come è stato negli ultimi sessant’anni. Senzacontare che la ricostruzione dell’evento in una pro-spettiva museale multimediale (vedi ciò che a LaValletta è stato realizzato per rievocare “The GreatSiege”) potrebbe porsi come ulteriore attrattoreper il turismo.

Ma attenzione, progettare e realizzare un nuovorapporto con il mare ispirandosi soltanto alle gran-di marine d’oltreoceano, luoghi belli ma senza storia,significherebbe per Palermo mortificarne natura efisionomia. Soltanto nel rispetto della storia e deisuoi grandi eventi, quali la Battaglia di Palermo del2 giugno 1676 che catapultò – anche se per un gior-no – la nostra città nel panorama politico internazionale,si potrà realizzare il necessario palinsesto tra moder-

SEBASTIANO TUSA

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no ed antico secondo quell’intelligente equilibriotra tradizione ed innovazione che, quando ben rea-lizzato, ha reso grande questo paese.

A tal proposito, consentitemi di chiudere con unaltro attualissimo ammonimento di Ranuccio Bianchi

Bandinelli cui tutti noi, c.d. operatori della cultu-ra, dovremmo attenerci: “Senza la conoscenza delpassato l’intelligenza del presente rimane soggetti-va, casuale e superficiale, esposta alla fallacia deimiti e priva di radici”.

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Introduzione

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Allegoria della restituzione di Messinaalla Spagna. Olio su tela, LucaGiordano. Madrid, Museo del Prado.

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Lo scontro navale avvenuto il 2 giugno 1676 tra leflotte ispano-olandese e francese, nelle acque anti-stanti la città di Palermo, si inquadra nell’ambitodelle politiche espansionistiche perseguite dallemonarchie europee e in particolare da quella fran-cese di Luigi XIV.

Nell’affrontare lo studio di questo evento e peruna più ampia visione del contesto storico in cuiqueste vicende avvennero, si è ritenuto di doverepartire dagli antefatti che determinarono l’arrivodei francesi in Sicilia e con essi di un’imponenteflotta navale. Quest’ultima costituì un serio pro-blema per il controllo del mare e di conseguenzaper il predominio spagnolo nell’isola.

In questo contesto si inserisce la rivolta di Messinache offrì alla Francia una occasione unica per inter-venire direttamente sul territorio Siciliano controla Spagna.

Lo spunto fornito alla potenza francese ebbe ini-zio da una crisi economica che aveva colpitoprincipalmente gli interessi della classe oligarchi-ca messinese, detentrice del potere politico.

La crisi che aveva coinvolto diversi settori del-l’economia, primo fra tutti quello dell’esportazionedella seta cruda, fece temere alla classe al pote-re il venire meno del controllo politico della cittàe di conseguenza dei privilegi acquisiti, ottenu-ti, come si avrà modo di vedere, a seguitodell’esborso di consistenti somme di denaro allaSpagna.

La richiesta dell’intervento francese da partedei messinesi celava, inoltre, la speranza per lacittà peloritana di potere sostituire definitivamen-te la sovranità spagnola ed ottenere finalmenteun primato politico che Messina contendeva aPalermo.

A tale riguardo va ricordato che i messinesi ave-vano proposto al governo spagnolo, anche in questaoccasione offrendo una ingente somma di dena-ro, la divisione della Sicilia in due viceregni e comeconfine territoriale il fiume Salso.

Le ragioni che avevano indotto Messina ad agirein questa direzione politica nascevano dalla con-vinzione che l’intervento della Francia avrebberisolto definitivamente la crisi politico-economi-ca in cui era piombata la città.

Sebbene i privilegi fino ad allora ottenuti, con-cessi dalla Spagna, avevano dato impulso a granparte delle attività economiche su cui si fondavala ricchezza della città, Messina non era riuscita adassumere un ruolo paritetico sul piano politicorispetto alla rivale Palermo.

La crisi economica aveva determinato, inoltre,il venire meno della supremazia sulle rotte.

Messina in ambito mediterraneo rivestiva, prin-cipalmente grazie all’esportazione della seta, unruolo di importante polo del commercio maritti-mo e scambi commerciali erano da tempo intrattenuticon i principali porti europei.

Nel Nord Europa, ad esempio, gli scali maritti-mi delle Fiandre e dell’Inghilterra costituivano iprincipali punti di arrivo e partenza delle merciche transitavano nel continente provenienti daMessina.

La città, grazie alla sua intraprendenza in campoeconomico, aveva raggiunto un ruolo di primariaimportanza tra le principali città mercantili.

La sua posizione geografica, inoltre, nel rappor-to con le altre nazioni europee, come è stato ancheosservato, non ha costituto un confine penalizzan-te: “… bensì un orizzonte mobile che si sposta –per la mobilità fisica o per l’immaginazione – fino

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GLI ANTEFATTI DI MESSINAAlcuni aspetti economico-sociali che determinarono la rivolta della città e l’intervento della Francia in Sicilia DI M. EMANUELA PALMISANO

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a toccare l’altra costa del continente, europeo afri-cano medio-orientale, cui ci si salda”.1

Bottari, che ha affrontato lo studio della storiadi Messina come città mediterranea tra ’600 e ’700,parla diffusamente di questa condizione geografi-ca: “Il mare, verso cui è spinta dai Monti Peloritani,è il vero entroterra di Messina. Il suo porto, ripa-ro naturale per navi e imbarcazioni d’ogni sorta esecolare emporio commerciale, la proietta verso glialtri paesi del Mediterraneo … il porto è davveroun elemento cardine, un tratto caratterizzante dellacittà … Messina viene fondata e si costruisce intor-no al suo porto. Il sito è dunque parte essenzialedella sua vicenda e per secoli favorisce l’inclinazio-ne dei suoi abitanti alle attività marittime ecommerciali… Il mare non chiude Messina – e nonchiude la Sicilia – ma la apre, la mette in relazio-ne con i paesi del Mediterraneo ma anche del NordEuropa. L’ambiente naturale è una risorsa da cuiattingere. La ricchezza della città è costituita dallesue attività commerciali che, a loro volta, hannonel porto un volano, un moltiplicatore … Il portomessinese si qualifica come luogo di smistamentodi produzioni locali ed estere, attirando sia il cabo-taggio che il commercio internazionale. Genovesi,ragusei e, dal quarto decennio del XVII secolo,anche fiamminghi e inglesi effettuano il commer-cio d’intermediazione con gli altri paesi delmediterraneo e del Nord Europa”.2

Il grande emporio marittimo, prima della rivolu-zione del 1674, aveva nella seta la sua voce di massimaesportazione, ma dalla città peloritana si esportava-no canapa, olio, vino, noci, coralli verso i porti diGenova e Livorno. Il corallo veniva, inoltre, ven-duto nella città di Alessandria.

Dall’Inghilterra si importava lana, piombo, sta-gno, pepe, pesce salato. Dalle città siciliane pervenivail grano da Agrigento, la neve dall’Etna, il sale daTrapani che venivano a loro volta riesportati, cosìcome i metalli e i panni inglesi.

Durante la dominazione spagnola e sino agli inizidel secolo XVII, la città godette del favore dei sovra-ni che le avevano concesso diversi privilegi di ordineeconomico, fiscale e politico.

Questi privilegi erano stati conquistati principal-mente attraverso il pagamento di cospicue somme

di denaro versate al governo spagnolo, in perennericerca di risorse finanziarie a causa delle guerre incui la nazione si trovava coinvolta contro le altrepotenze europee.

Il monopolio dell’esportazione della seta, accor-dato da Filippo IV e relativo al privilegio esclusivoper Messina del commercio di questa materia primaprodotta in Sicilia, aveva consentito alla città didivenire il primo emporio commerciale dell’isola eallo stesso tempo, come già espresso, di elevarsi alrango dei più importanti centri marittimi delMediterraneo (FIG. 1).

Salvatore Bottari, nel suo studio su Messina cheprende in esame gli anni immediatamente successi-vi alla rivolta, ma analizzando un arco temporale checomprende tutto il Seicento, si è a lungo soffermatosul ruolo egemone rivestito dalla città, rispetto al restodella Sicilia, nel campo delle attività economiche lega-te alla produzione serica e del commercio marittimo,sino alla vigilia della rivolta antispagnola.

Lo studioso nell’introduzione al volume delineail ruolo rivestito dal porto peloritano nell’ambitodel commercio marittimo europeo: “Sotto il profi-lo dell’attività mercantile, i messinesi sono presentinella navigazione di cabotaggio ed anche lungo lerotte del commercio con Napoli, Civitavecchia eLivorno; tuttavia il grande commercio d’interme-diazione è nelle mani dei genovesi e, a partire dallaquarta decade del XVII secolo, di inglesi, olandesie francesi. In particolare Messina è un punto di irra-diazione verso gli altri porti del Mediterraneo… Ilvolume dell’esportazione serica dal porto pelorita-no, nonostante variazioni congiunturali, restaimponente ed ha un’impennata nel 1664, anno suc-cessivo all’ulteriore ed effimera conferma da partedi Filippo IV del privilegium del 1591”.3

Il monopolio della seta

Il privilegio del 1591, ottenuto a seguito di un do-nativo di 583.333 scudi, offerto al sovrano, aveva as-sicurato alla città l’esenzione dai dazi e il monopo-lio del commercio della seta prodotta nel triango-lo Termini-Messina-Siracusa. L’esportazione sericadal porto di Messina ebbe il suo picco nel 1664,quando una nuova privativa che Filippo IV avevaconcesso l’anno precedente, impose che tutta l’e-

M. EMANUELA PALMISANO

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1 G. Giarrizzo, Introduzione, in La Sicilia, a cura di M. Aymarde G. Giarrizzo, volume della collana “Storia d’Italia. Le regionidall’Unità ad oggi”, Einaudi Torino 1987, pp. XIX-LVII.

2 S. Bottari, Post Res Perditas, Messina 2005, pp. 121-124. 3 Ibidem, p. 19.

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sportazione della seta siciliana partisse esclusiva-mente dal porto della città.4

La produzione della seta, che aveva notevolmen-te incrementato le risorse economiche, era statadeterminata dalla particolarità del territorio geogra-fico peloritano, configurato dalla presenza di areeboschive estese per tutta la Valdemone.

Il territorio quasi interamente montuoso, si pre-sentava particolarmente adatto per la coltura arboreadel gelso e dunque per la produzione della seta.

Questa produzione si era sviluppata a partire dalsecolo XV e aveva dato origine ad una industria che,come abbiamo visto, fu tra le prime dell’isola e deter-minò un fiorente commercio marittimo.

La città grazie alle intense attività commercialiche ne derivarono, favorita da una posizione geo-graficamente strategica, divenne uno dei portiprincipali del Mediterraneo.5

Tutto questo determinò la presenza di numerosistranieri che arrivavano a Messina per acquistare laseta cruda, arricchendola di valuta pregiata e facen-done accrescere il potere economico: “Viaggiatori,geografi, storici tra Medioevo ed Età Moderna hannodelineato un’immagine di Messina e della sub-regio-ne che gravita attorno alla città in cui uomo e naturatrovano un loro modus vivendi, al cui centro è laseta. Emerge, da un lato, una vita materiale che siadatta alla montagna e al bosco … dall’altro, appa-re scontata la proiezione verso il mare che divienesentiero … ponte con l’Oriente, l’Africa, l’Europa,ma anche con le altre città siciliane. La navigazio-ne costiera è, infatti, il modo più facile per raggiungerePalermo o Siracusa”.6

Dal mare arrivava anche gran parte di quanto lacittà necessitava, come ad esempio il frumento, peril cui fabbisogno Messina era costretta a rivolgersialle altre due valli: “Il grano viene imbarcato dai cari-catoi siciliani del Val di Mazara e, in misura minore,del Val di Noto. Nella Sicilia centro-occidentale lacoltura d’elezione infatti è il grano. Dai caricatori diSciacca, Licata e Agrigento una parte cospicua delfrumento isolano è esportata sia infra che fuori Regno.E il frumento è il tallone d’Achille di Messina”.7

Ed è proprio questo aspetto della realtà socio-eco-nomica che aiuta a comprendere le vicende storichelegate alla rivoluzione del 1674-1678 e come alcunedi queste vicende si rivolsero a vantaggio della Franciaper la conquista di Messina. Quando a seguito disopraggiunte congiunture economiche si chiederàaiuto alla Francia, la classe al potere vedrà in que-sto intervento la possibilità di un affrancamentodall’egemonia spagnola che non aveva garantito allacittà peloritana il mantenimento dei privilegi, otte-nuti a seguito di cospicui donativi.

I privilegi concessi a Messina dalla corte spagnola ele favorevoli congiunture economiche legate al ruolodella città di emporio commerciale al centro delMediterraneo, avevano consentito alla città di elevar-si ad un ruolo di pari dignità rispetto a quello di Palermo.

Tra gli altri era stato ottenuto il diritto dei citta-dini di essere giudicati esclusivamente dal tribunaledella città anche per fatti commessi fuori dal terri-torio di giurisdizione e la presenza del Vicerè persei mesi l’anno. Questi favori avevano però suscita-to la reazione di altre città siciliane che si sentivanopenalizzate da una politica iniqua.

Per tutelare gli interessi economici di Messina,inoltre, nei centri di produzione della seta era statavietata l’istituzione di consolati per la lavorazionedella materia prima. Se questo fosse stato consen-tito, si sarebbero diffusi i setifici con il conseguentemiglioramento della qualità dei manufatti.8 La cittàricavava già ingenti profitti dall’esportazione dellaseta cruda e non aveva alcun interesse a potenziaregli opifici per migliorare la qualità del prodotto.

Ne conseguiva che i tessuti pregiati venivano impor-tati e i prodotti in seta realizzati in città e destinatia soddisfare la domanda interna erano scadenti.

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Gli antefatti di Messina

FIG. 1 Veduta di Messina dal mare. La città grazie ai suoi commerci era divenuta ilprimo emporio commerciale dell’isola e uno dei più importanti centri marittimi delMediterraneo. In questo dipinto è rappresentato il porto pieno di movimentimercantili. Olio su tela di Abramo Casembroth (attr.) secolo XVII, Museo Regionale diMessina.

4 Ibidem, pp. 29, 35, 36.5 Cfr. C. Trasselli, Messina 1674, in La rivolta di Messina (1674-

1678) e il mondo mediterraneo nella seconda metà del Seicento, Attidel Convegno Storico Internazionale, a cura di S. Di Bella, Cosenza1979, pp. 193-234.

6 S. Bottari, op. cit., p. 22.7 Ibidem.

8 Cfr. P. Castiglione, Storia di un declino - il Seicento siciliano,Siracusa 1987, pp. 274-275.

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Il privilegio del commercio della seta assegnato aMessina suscitò ben presto anche la protesta dellarivale Palermo. Quest’ultima, insieme a Catania,aveva avuto un ruolo nella produzione e commer-cializzazione di questa materia prima. L’affermazionedell’industria serica a Palermo e a Catania rese ine-vitabile uno scontro di interessi fra le città dell’isola.Nel capoluogo siciliano già a partire dal Cinquecentoquesta produzione aveva cominciato a prenderecorpo, ma fu nella commercializzazione del prodot-to che Palermo fece concorrenza a Messina. Il Val diMazara produceva la materia prima, ma dal Val diNoto e dal Val Demone la seta raggiungeva il mer-cato di Palermo, più conveniente di quello peloritano.

Quando l’esportazione della seta registrò una fles-sione della domanda estera si ebbe di conseguenzauna crisi a livello economico, come ha osservato Bottari:“Lo sviluppo delle manifatture inglesi, olandesi e fran-cesi, a partire dalla fine del XVI secolo, determinapresto una competizione con i prodotti italiani. Ancheil settore serico italiano viene ad essere colpito da taleconcorrenza sebbene in misura inferiore a quello dellalana”.9 Ma alla stagnazione dell’industria serica italia-na seguirà una certa ripresa riguardante le esportazionidi seta grezza e semilavorata che, come sostenuto sem-pre da Bottari, al decremento delle esportazioni versoi mercati italiani avrebbe potuto rispondere rivolgen-dosi al mercato francese. Questo non fu possibilepoiché la contemporanea diffusione della bachicol-tura nelle regioni dell’Italia centrale e settentrionale,determinò la presenza di fornitori più vicini geogra-ficamente e dunque più competitivi sul piano economico.

Nella seconda metà del Seicento l’esportazione dellaseta venne assorbita anche da altri paesi europei. Laseta grezza siciliana non riuscì ad avere nuovi sbocchisul mercato internazionale, venendo pertanto a deter-minare un crollo che si inquadra in quello delle tessitureurbane italiane. A questo corrispose un miglioramen-to delle tecniche di filatura per la diffusione del mulinoda seta “alla bolognese”, che permise di fare a menodella forza muscolare, utilizzando l’energia idraulica.In questo nuovo corso fu il Piemonte, grazie alla vici-nanza geografica con la Francia ed in particolare la cittàdi Lione, da cui proveniva una crescente domanda difilati, ad assumere la leadership a livello europeo nellaproduzione di seta grezza e filata. Pertanto la seta, chefino alla prima metà del Seicento era stato uno tra ipiù importanti prodotti di esportazione per la Sicilia,

subí un tracollo, i cui segni di cedimento furono avver-titi dalla oligarchia messinese e verranno ad inquadrarsinell’ambito delle ragioni economiche e politiche, chedaranno luogo alla rivoluzione del 1674-78.

La rivolta

La crisi del commercio della seta associata anche afrequenti carestie determinate dal protrarsi di cat-tive annate per la produzione del frumento, segnòun generale tracollo economico.10

La classe oligarchica, ossia la nobiltà mercantileche deteneva il potere economico, tentò di risolve-re le difficoltà economiche per mantenere i propriprivilegi e un ruolo da protagonista nel panoramapolitico economico siciliano. Per questa ragione volleperseguire una politica di assoluta chiusura nei con-fronti della classe popolare. A quest’ultima non fudata alcuna possibilità di potere assumere un ruoloda protagonista nelle attività economiche che avreb-be consentito di migliorare le condizioni di un cetocon il quale esisteva un profondo dissidio, rifiutan-dogli ogni possibilità di condivisione del potere.11

Già a partire dal 1672 erano avvenuti tumulti edepisodi di saccheggio a causa della mancanza dipane, che avevano causato pericolose tensioni.12

Messina per sopperire alla mancanza di granointraprese la guerra di corsa. Il fine era quello di

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9 S. Bottari, op. cit., p. 31.

10 L’economia siciliana sino alla metà del ‘500 aveva il suo puntodi forza nella produzione del frumento, che veniva esportato nelresto d’Italia e nei paesi del Levante. Questa produzione nel ‘600

subì un tracollo a causa delle frequenti carestie e per la concor-renza del grano proveniente dal Nord. Cfr. P. Castiglione, op. cit.,p. 176 e sgg.

11 Messina era divisa in due fazioni, quella dei popolari dettadei ‘Merli’, costituita dalla totalità delle corporazioni artigiane chegodeva dell’appoggio della maggior parte della popolazione e l’al-tra dei ‘Malvizzi’, costituita dall’oligarchia nobiliare e mercantile,unica depositaria del potere locale. I ‘Merli’ aspiravano ad avereuna maggiore partecipazione nel governo della città, ma tuttoquesto era contrastato dalla nobiltà che non intendeva rinuncia-re alla propria condizione di privilegio.

12 Già nel 1671 V. Auria, in relazione alla grave piaga dell’acca-parramento del poco grano disponibile da parte di produttori ecommercianti, notava: “Il frumento si diceva che era occultato daquelli che l’avevano … sentivano le strettezze della penuria tuttele città e le terre del regno: le città perché dalli caricatori non sipoteva mandare la dovuta quantità per il loro mantenimento e leterre vassalle perché i loro padroni si vendevano il frumento aprezzi esorbitanti”. V. Auria, Memorie varie di Sicilia nel tempodella ribellione di Messina dal 2 gennaio del 1676 al 5 maggio del1685, in Biblioteca Storica e Letteraria di Sicilia, a cura di G. DiMarzo, VI Palermo 1870, pp. 1-205.

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depredare le navi cariche di grano proveniente dallaPuglia e in transito per lo stretto.

Questo causò la reazione della Spagna e quandoil vicerè ordinò di disarmare i vascelli attrezzati perla guerra di corsa e i messinesi si rifiutarono diobbedire, la Spagna dovette intervenire, anche peril continuo degradare della situazioni in città, dovela mancanza di frumento alimentava continuitumulti.

Il vicerè, principe di Lignè, con il protrarsi deitumulti, che avevano dato luogo al saccheggio dellecase dei nobili, temendo ulteriori rivolte, partì daPalermo alla volta di Messina il 27 aprile del 1672,con tre galere, dove furono imbarcati 600 soldatispagnoli e due vascelli carichi di frumento.

Il problema dei contrasti tra i due raggruppamen-ti rivali, quello dei nobili e quello dei popolari, nonfu però risolto.

Nel 1674 il principe di Lignè aveva lasciato la Siciliae al suo posto era stato eletto il marchese di Bayona.Quest’ultimo si rese conto che l’unica preoccupa-zione della nobiltà messinese era quella di difenderei propri privilegi e partito per Messina fu accoltoda cannonate, poiché la città aveva deciso di intra-prendere la via dell’insurrezione.

Le cause di questa insurrezione si collegano dun-que al declino di un egemonia economica, strettamenteconnessa all’esportazione della seta cruda.

Per la nobiltà messinese questo declino avrebbecomportato il crollo dell’egemonia del potere oli-garchico e pertanto vennero in tutti i modi ostacolatele pretese del popolo che rivendicava un suo ruolonelle attività commerciali.

Gli spagnoli che avevano sempre manifestato laloro predilezione per il ceto medio ritenuto più atti-vo nei pubblici adempimenti, appoggiarono loschieramento popolare.

In questa realtà sociale e politica influì il conflit-to tra Francia e Spagna.

La flotta francese dislocata nel Mediterraneo minac-ciava i possedimenti spagnoli. Già nel 1671 il vicerè,principe di Lignè, aveva convocato il parlamentoper approvare un donativo straordinario di 200.000

scudi, da pagarsi ‘una tantum’ e da utilizzare per ilrafforzamento delle fortificazioni del regno (FIG. 2).

La presenza di una potente flotta francese nelMediterraneo costituiva una potenziale minacciaper l’isola.13

Obiettivo della Francia era la creazione di un ‘diver-sivo strategico’, che avrebbe distratto parte delletruppe spagnole impegnate sul fronte continentale.

Il ceto oligarchico, essendo mutate le condizionidi privilegio di cui prima godeva con il governo spa-gnolo, ritenne di potere contare sull’aiuto dei francesiper estromettere la Spagna dall’isola, ricavandone asua volta nuovi vantaggi, quali l’elevazione dellacittà al rango di capitale, il superamento della crisieconomica di cui si è detto e la definitiva sconfittadel ceto popolare.

Ma Messina, nella sua opposizione alla coronaspagnola, restò isolata, diversamente da quanto eraaccaduto nel 1647 alla città di Palermo, quando larivolta capeggiata dalle corporazioni artigiane si eraestesa ad altre città per il suo carattere popolare eantifeudale.14

Un errore di valutazione del ceto oligarchico mes-sinese aveva invece portato alle estreme conseguenze

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Gli antefatti di Messina

FIG. 2 Il Viceré Claude Lamoral, principe di Lignè, convoca a Palermo l’apertura delParlamento l’11 gennaio 1671, per sovvenzionare la realizzazione di nuove fortezzelungo la costa a seguito dell’incombente e minacciosa presenza della flotta francesenel Mediterraneo. Olio su tela di Filippo Giannetto - Castello di Beloeil (Belgio),collezione De Lignè.

13 Cfr. P. Castiglione, op. cit., p. 263.

14 La rivolta di Palermo del 1647 non ebbe dalla sua parte ipoteri costituiti. Fu la più imponente insurrezione popolaredurante il viceregno spagnolo. Capeggiata dal mugnaio NinoLa Pelosa, era stata causata dalla carestia e dalla diminuzione delpeso del grano. La rivolta coinvolse tutte le corporazioni e venneguidata da Giuseppe D’Alesi che eletto capitano generale delpopolo, guidò una folla inferocita all’assalto del Palazzo reale diPalermo, costringendo il vicerè alla fuga. Per una settimana ilD’Alesi ebbe in mano la città, finché la reazione nobiliare segnòun tragico epilogo con la morte del capo dei rivoltosi e la disfat-ta degli insorti. A causa di questo episodio vennero intrapresialcuni interventi per il timore di ulteriori assalti da parte delpopolo contro il governo. Tra questi furono sguarniti i bastioniVega e del Tuono, le cui armi vennero trasferite in altro luogo.Saranno riprese dal popolo, spinte lungo il Cassaro e riportatesui bastioni, per sparare contro la flotta francese, quando l’esi-to della ‘Battaglia di Palermo’ volgeva tragicamente per la città.Cfr. S. Di Matteo, Palermo - Storia della città dalle origini adoggi, Palermo 2002, pp. 99-103.

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e rivolto a loro danno la decisione di affrancarsi dalgoverno spagnolo. Certi di potere contare sull’aiu-to della Francia, per via dell’ostilità esistente tra ledue potenze europee, i messinesi ritennero che conl’aiuto dei francesi sarebbe stato facile estromette-re la Spagna dall’isola.

La rivolta di Messina contro la Spagna, scoppia-ta il 7 luglio del 1674, si concluse il 15 marzo 1678

con il ritorno della città sotto il controllo dellamonarchia spagnola.

La città, nel tentativo di volere offrire la coronadi Sicilia al re di Francia, dovette subire pesanti ves-sazioni, quali quella dell’embargo che aveva ridottoi cittadini alla fame. Ai francesi venne richiesto anchel’invio di frumento.

Il porto di Messina era stato bloccato dalle gale-re siciliane e da quelle inviate da Malta in aiuto dellaSpagna. La città era circondata da ogni lato e il pocograno che riusciva ad entrare arrivava di contrab-bando pagato a prezzi proibitivi.

La Francia decise di intervenire predisponendol’invio di vascelli carichi di grano al comando diValbelle.

Il Castello del Salvadore, roccaforte militare sot-toposta a continui bombardamenti da parte deifrancesi, fu conquistato.

Nel 1674 fu nominato Vicerè il Marchese diVillafranca che giunto con la sua flotta a Palermoproseguì per Milazzo, quartiere generale dell’eser-cito spagnolo. Il vicerè promulgò un decreto diindulto per incoraggiare chi volesse trattare con laSpagna.

La torre del faro di Messina sottoposta a bombar-damento dall’artiglieria navale fu conquistata daglispagnoli.

Il 9 gennaio 1675 i messinesi appresero che Valbellesi trovava a Vulcano. La flotta francese, non all’al-tezza del potente schieramento avversario, deciseugualmente di attaccare per creare un diversivo econsentire alle navi cariche di frumento di scarica-re il loro carico al porto di Messina. Ma gli spagnolinon vollero combattere e riparando in Calabria,consentirono ai francesi di entrare a Messina. LaFrancia, intanto, inviò una terza flotta al comandodel Duca di Vivonne e del suo sostituto Duquesne.

Le flotte avversarie si affrontarono il 9 febbraio allargo delle isole Eolie. La superiorità numerica dap-prima favorì gli spagnoli, ma sopraggiunse in aiutodei francesi la flotta di Valbelle, il cui interventodisorientò gli spagnoli. Le navi che uscirono inden-

ni dallo scontro ripararono verso la Calabria e inparte verso Palermo.

Vivonne fu accolto trionfalmente a Messina il 9febbraio 1675; il re di Francia fu acclamato re diSicilia e Vivonne vicerè. Da quel momento si sus-seguirono una serie di azioni militari che determinaronoil coinvolgimento di altre città.

Vivonne decise di muovere da Messina con la suaflotta con l’intento di conquistare Milazzo. Fallital’impresa si indirizzò verso Palermo, limitandosi asfilare con le sue navi dinnanzi la città il 15 luglio1675. Attraverso questa azione dimostrativa tentòdi seminare il panico tra la popolazione. L’1 settem-bre 1675 il principe di Baucina, vicario a Cataniadel vicerè, segnalava la presenza della flotta france-se. Ad Augusta i francesi, con la complicità locale,entrarono nel porto impadronendosi della città.

Il marchese di Villafranca appresa la notizia del-l’occupazione di Augusta, ordinò al principe diMontesarchio di riconquistare i territori occupati.Quest’ultimo che decise di affrontare la flotta fran-cese a Messina, dovette riparare a Milazzo a causadelle avverse condizioni meteo-marine che non con-sentirono di affrontare la flotta nemica. Calmatosiil tempo, il principe di Montesarchio si mosse versoMessina, ma un violento fortunale investì e distrus-se la quasi totalità delle imbarcazioni.

La corte di Madrid, appreso il disastro che avevacoinvolto la flotta spagnola, decise di chiedere aiutoall’Olanda, quest’ultima alleata con la Spagna nellaguerra contro la Francia.

Il 7 gennaio la flotta olandese al comando dell’am-miraglio Ruyter affrontò le navi francesi comandateda Duquesne al largo di Stromboli. La battaglia fucruenta e le perdite pesanti in entrambi gli schiera-menti. Le navi francesi ripararono a Messina.

Il 22 aprile uno nuovo scontro navale avvenne difronte la città di Augusta. Durante la battaglia morìRuyter e la flotta olandese passò sotto il comandodi De Haen. Lo scontro definitivo tra le due flottenemiche avverrà nella battaglia di Palermo, il 2 giu-gno del 1676. Un errore di schieramento della flottaalleata ispano-olandese, determinerà per quest’ul-tima l’esito negativo della battaglia.

Quanto sopra esposto illustra in sintesi gli ante-fatti che condurranno al decisivo scontro con laSpagna che avrà il suo epilogo nella battaglia diPalermo il 2 giugno del 1676.

Messina pagò a caro prezzo il suo tradimento. Larivolta della città contro la monarchia spagnola si

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concluse il 15 marzo 1678 con il ritorno di Messinasotto il controllo spagnolo.

Una pesante repressione, attuata dal conte di SantoStefano, Francesco di Benavides, nuovo vicerè, colpìla città non soltanto nei suoi interessi materiali, masoprattutto nel suo amor patrio.

Messina venne privata di tutti i privilegi godutinel passato e gli esuli messinesi che cercarono difuggire in Francia, in un primo momento accoltimagnanimamente, furono costretti in seguito adabbandonare la nazione, cacciati dai francesi stessi,insofferenti alla presenza straniera (FIGG. 4-5).

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Gli antefatti di Messina

FIG. 3 Il porto di Messina nel secolo XVII. Incisione. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.

FIG. 4 “1677. I messinesi si comportano come disperati”. Incisione. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.

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Alcune delle roccaforti militari, quali Scaletta,Milazzo, Taormina, che erano rimaste fedeli allaSpagna, danneggiate dallo scoppio della rivolta, allafine del conflitto, rivendicarono un riconoscimen-to da parte del sovrano spagnolo e chiesero l’esonerodi alcune gabelle15 (FIG. 6).

Il conte di Benavides fece distruggere il campa-nile che aveva chiamato a raccolta i rivoltosi e ilpalazzo senatorio, sede istituzionale da cui era par-tita la rivolta, venne raso al suolo e sulla sua aria,solcata dall’aratro e cosparsa simbolicamente di sale,venne innalzata la statua equestre di Carlo II, in

atto di schiacciare un idra raffigurante la città inrivolta. La scultura era stata realizzata con il bron-zo della campana della città.

La punizione più grave per Messina fu, infine, iltrasferimento del suo archivio storico in Spagna.

Le preziose pergamene dei privilegi di cui la cittàaveva goduto e ogni altro documento che attestavail passato dei messinesi, erano stati per secoli custo-diti gelosamente nella torre campanaria del duomo.Il trasferimento dell’archivio costituì la più gravepunizione per la città che in questo modo venivaad essere privata della memoria del suo passato.

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15 Cfr. C. Trasselli, op. cit., p. 223.

FIG. 5 “1677. I messinesi si comportano come disperati”. Incisione. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis. Versodell’incisione dove è riportato un testo in caratteri gotici e in lingua tedesca riguardante alcuni momenti del conflitto ispano-olandese e francese ed in particolare il triste destinodegli esuli messinesi che fuggendo dalla loro città, ritennero, a torto, di trovare un sicuro rifugio in Francia: “Coloro, i quali vivevano sofferenti sotto il giogo della crudeltàspagnola, accolti, dopo essere stati sempre più istigati, a sottrarsi all’insopportabile tirannia degli Spagnoli, con la promessa, di proteggerli con i suoi propri sudditi e dimantenere i loro diritti e la loro libertà, in seguito però, di averli abbandonato crudelmente, e di averli consegnati nelle mani della più terribile vendetta dei loro nemici, addiritturadi cacciare in modo infame dal suo paese coloro che pensavano di salvarsi sotto la sua protezione: dimmi, dico io, se tutto questo re di Francia quanto mai possa essere grande,può giustificarsi davanti a Dio e davanti agli uomini, giudica Tu, mio lettore”.

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Gli antefatti di Messina

FIG. 6 L’assedio francese alla roccaforte di Scaletta. Incisione. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.Nel cartiglio, dell’incisione, è riportata la scritta: “Scaletta - Piazzaforte estremamente difesa tra Messina e Taormina. Il Duca di Vivonne l’assediò malgrado i rigori della stagioneeccessivamente fredda e piovosa. I nemici vi si difesero con grande coraggio per quindici giorni, ma infine bersagliati da tutte le direzioni dal tiro delle galere e da una batteriache si era trovato il modo di collocare su una montagna molto alta furono obbligati a capitolare e anche il forte San Placido si arrese lo stesso giorno. Otto novembremilleseicentosettantasei.”

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Lo scontro navale oggi noto come “Battaglia diPalermo”, che vide fronteggiarsi nelle acque del golfodel capoluogo siciliano la flotta francese e quella ispa-no-olandese il 2 giugno 1676, è uno di quegli episodistorici che si possono definire epocali, per dimen-sione, dispiego di forze, scenario, protagonisti.

Gli accadimenti furono, all’epoca, ampiamenteoggetto di relazioni ai sovrani e missive di varia natu-ra, nonché di resoconti storici, ma la loro eco nonsi spense: le fasi dello scontro furono raffigurate, apiù riprese, in disegni, realizzati soprattutto in Francia– potenza vincitrice – a corredo di raccolte su com-battimenti navali e spedizioni marittime, e rievocatein testi celebrativi della storia francese con riferi-mento al periodo della rivolta di Messina (1674-78),contesto nel quale si sviluppò la battaglia navale.1

Il grande potere evocativo dell’evento analizzato inoccasione di un Convegno internazionale sulla rivol-ta di Messina tenutosi nella città dello Stretto nel 1975

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e ripreso in un articolo di Rosario La Duca apparsosul “Giornale di Sicilia” – poi ripubblicato nei suoilibri sulla storia della città di Palermo3 – ha creato nuovointeresse per l’episodio storico. A tal proposito si segna-la, in particolare, il recente volume di P. Maniscalco,4

che presenta un’ampia ricerca documentale.

La rilevanza dell’avvenimento ha generato altresìdiffuse attese su possibili sviluppi di ricerche sotto-marine per il recupero di resti delle navi perdutenella battaglia.

Nel tentativo di ricostruire la dinamica dello scon-tro e di individuare i siti dove “andarono a morire”le navi per delle valutazioni sulle probabilità di faredei ritrovamenti e sull’importanza degli eventualirinvenimenti, abbiamo riletto le fonti e cercato nuovidocumenti.

Particolarmente significativi, in tale ottica, si sonorivelati i resoconti locali.

In special modo un manoscritto di Vincenzo Auriaconservato presso la Biblioteca Comunale di Palermo,dal titolo Memorie varie di Sicilia nel tempo dellaribellione di Messina dell’anno 1674,5 che si è riper-corso incrociando il testo con altre fonti.

Il manoscritto dell’Auria, erudito palermitano vis-suto dal 1625 al 1710, è un resoconto steso sottoforma di diario contenente una serie di informazio-ni di notevole rilievo poiché l’autore fu testimoneoculare della battaglia e rimase a Palermo in quelperiodo.

Confrontato con le relazioni della battaglia, il testodell’Auria si rivela senza dubbio meno “tecnico”,ma risulta estremamente utile per gli scopi dellanostra ricerca poiché contiene notazioni, non pre-senti nelle altre relazioni, su alcuni particolaririguardanti lo scontro e su fatti accaduti a Palermonei mesi successivi.

Tale resoconto viene qui adottato come testo-guida per lo sviluppo degli eventi, indicando in notariferimenti ad altri documenti per specifici aspetti.

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LA BATTAGLIA DI PALERMO ATTRAVERSO LE FONTIStudio delle dinamiche dello scontro tra le flotte per l’individuazione delle perdite e dei luoghi di affondamentoDI ALESSANDRA NOBILI

1 Testo base della rivolta di Messina e della battaglia di Palermo,realizzato sulla scorta di un’ampia ricerca documentaria, è: LALOYE., La révolte de Messine. L’expédition de Sicile et la politique françai-se en Italie (1674-1678), Parigi 1930.

2 DI BELLA S. (a cura di), La rivolta di Messina, 1674-78 e ilmondo mediterraneo nella seconda metà del Seicento, Atti del ConvegnoStorico Internazionale di Messina, 10-12 ottobre 1975, Cosenza1979.

3 “Giornale di Sicilia”, 15 ottobre 1975; LA DUCA R., La cittàperduta, terza serie, Palermo 1977, pp. 185-187; LA DUCA R.,Palermo Ieri e Oggi, Palermo 1991.

4 MANISCALCO P., La Battaglia Navale di Palermo, di Strombolie di Augusta (1676), Palermo 2002.

5 Biblioteca Comunale di Palermo, AURIA V., Memorie variedi Sicilia nel tempo della ribellione di Messina dell’anno 1674 rac-colte da Vincenzo Auria, ms. segn. Qq C 27.

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Sempre presso la Biblioteca Comunale di Palermoè conservato un secondo manoscritto riguardantela battaglia navale intitolato Cronica vituperosa dellacittà di Messina, in cui si notano tutte le sue enormitàcommesse contro Dio, le infedeltà contro gli amici, leribellioni contro i Re, i tumulti e altri fatti.6

Questo documento è, come lo definisce lo stori-co abate Gioacchino Di Marzo, un “curioso eparticolareggiato” racconto della battaglia, di auto-re sconosciuto.

La narrazione – che sarebbe interessante approfon-dire in merito agli aspetti legati alla natura delloscritto e alle finalità che si proponeva – ripercorresostanzialmente gli episodi già esposti dall’Auria,ma con inediti dettagli significativi.

Tra le fonti bibliografiche locali dell’epoca, si segna-la altresì un libro del messinese Giovan BattistaRomano e Colonna intitolato Della congiura de’ministri del re di Spagna contro la città di Messina;racconto istorico.

Il testo, di chiara matrice filo-francese, è stato datoalle stampe a Messina nel 1678, ma messo in ven-dita a Lione, per ovvi motivi politici.

Nella terza parte, dedicata “all’Ecc.mo sig.re Ducadi Vivona maresciallo, e pari di Francia … Vicerédi Sicilia … Generalissimo delle Galere di Francia…”, si contemplano “le vittorie, e gli acquisti fattiin Sicilia dall’Armi Francesi. Le perdite degli Spagnoli,e gli avanzi della città di Messina”.

Per quanto attiene alle fonti archivistiche, di par-ticolare rilievo, per gli scopi dello studio, sono idocumenti emersi dalla ricerca presso l’ArchivoGeneral de Simancas, con riferimento ai mesi seguen-ti la battaglia.

Sono state inoltre condotte indagini nell’ArchivioStorico Comunale di Palermo, tra gli “Atti delSenato”.

Il reperimento di iconografia storica è stato effet-tuato presso il Gabinetto Disegni e Stampe dellaGalleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis,la sezione Fondi Antichi della Biblioteca centraledella Regione Siciliana “Alberto Bombace”, laBibliothèque nationale de France e il Musée natio-nal de la Marine, Paris.

Introduzione

La prima metà del Seicento, in Sicilia, era statacaratterizzata da grandi difficoltà economiche e dadiffuse agitazioni sociali. Gli sforzi sostenuti duran-te la Guerra dei Trent’anni (1618-48) per sosteneregli Asburgo contro i nemici della Spagna, nonchéle gravi carestie che investirono il territorio, deter-minarono nel vicereame spagnolo condizioni criticheche sfociarono nell’insurrezione di Palermo del1647, repressa in parte per opera degli stessi sicilia-ni, e un rilevante ruolo ebbero in questi eventi imessinesi.

Nel 1674 scoppiò la rivoluzione a Messina; la natu-ra dei moti fu diversa, poiché mentre a Palermo erastata una ribellione del ceto popolare, spinto essen-zialmente dalla fame, nella città dello Stretto larivoluzione venne capitanata dalle classi egemoni,che temevano che la liberalizzazione della costitu-zione incoraggiasse l’inquietudine delle classi menoabbienti.

I ribelli chiesero l’aiuto della Francia. In quel perio-do Luigi XIV era in guerra con la Spagna ed eraconsapevole dell’importanza strategica della Sicilia.Il Re Sole acconsentì quindi di buon grado a veni-re incontro ai rivoltosi e nominò il generale dellegalee di Francia, Duca di Vivonne,7 governatoredell’Isola, inviando truppe francesi che occuparo-no la città di Messina agli inizi del 1675.8

Le armate navali francesi nelle acque di Messinaimpensierivano non poco gli spagnoli. Carlo II sape-va di avere una flotta provata dai recenti scontri eche non sarebbe stato possibile integrarla con navinuove, viste le difficili condizioni economiche incui si trovava la corona.

Decise quindi di chiedere aiuto agli olandesi, che,nel corso dell’estate del 1675, stipularono un accordocon il quale si impegnavano a fornire una cospicuaarmata agli spagnoli per il tempo di sei mesi, al finedi costituire una flotta di coalizione ispano-olandese,al comando della quale fu posto il valente ammira-glio olandese Michiel Adriaanszoon de Ruiter.

Il Ruiter partì da Barcellona il 29 novembre, madovette fare scalo in Sardegna, a causa del maltem-

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6 Biblioteca Comunale di Palermo, ANONIMO, Cronica vitu-perosa della città di Messina, in cui si notano tutte le sue enormitàcommesse contro Dio, le infedeltà contro gli amici, le ribellioni con-tro i Re, i tumulti e altri fatti, ms. segn. Qq E 18.

7 Per un profilo dell’uomo vedi, tra gli altri: MERLLIÉ L., Unparfait amphibie: Le Duc de Vivonne maréchal de France et capi-taine général des galères, in “Neptunia”, n. 139, 3° trim. 1980.

8 Le truppe manterranno il dominio della città dello Stretto edi alcune zone limitrofe sino al 1678, ma non riusciranno nell’in-tento di conquistare tutta la Sicilia.

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po, e non arrivò a Milazzo che il 23 dicembre, conparte della flotta, mentre l’altra parte si andò adancorare a Palermo.

Per intercettare le rotte dei francesi e impedireloro di giungere a Messina con gli aiuti, l’ammira-glio incrociava all’imboccatura dello Stretto diMessina, nei pressi del Faro.

Avvistata l’armata francese in navigazione versoMessina, il Ruiter prese il mare aperto e si spostònelle acque delle Eolie. Lì le armate si fronteggia-rono una prima volta l’8 gennaio 1676. Al comandodella flotta francese era l’ammiraglio Duquesne. Labattaglia, durata alcuni giorni, si concluse con unnulla di fatto, poiché nessuna delle due flotte avevainteresse a cercare lo scontro diretto, ma registròcomunque l’affondamento di due navi e di due bru-lotti francesi, oltre ad una fregata da guerra olandese

diretta verso Palermo nel tentativo di raggiungerel’arsenale per riparare gli ingenti danni subiti.

Alcuni giorni dopo, il 25 di gennaio, arrivaronoa Palermo due funesti dispacci. Nel primo si comu-nicava che la flotta francese di Duquesne, dopo labattaglia alle Eolie, era riuscita a fare ingresso aMessina passando per la parte meridionale dellaSicilia, non potendo entrare nello Stretto da Nord.Il secondo era relativo alla scadenza dei termini tem-porali dell’accordo di collaborazione dell’armataolandese con gli spagnoli, pertanto il generale Ruiterlasciò la Sicilia.

Data la gravità della situazione, gli spagnoli riu-scirono ad ottenere una proroga dell’accordo congli olandesi per altri sei mesi e, nel febbraio, al Ruiter,che già si trovava con la sua flotta all’altezza dellaCorsica, fu ordinato di ritornare indietro.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Isola e Regno di Sicilia Giacomo Cantelli da Vignola, incisione su rame, in Mercurio geografico overo guida geografica in tutte le parti del mondo, conforme le tavolegeografiche del Sansone, Baubrand e Cantelli, Roma 1682. La Sicilia in una rappresentazione del XVII secolo.

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The Gulf of Palermo Da LUFFMAN J., Select plans of the principal cities harbors, forts … in the world, London, J. Luffman, 1800. Il Golfo di Palermo e le zone adiacenti.

Il 22 aprile, al largo di Augusta, nel tentativo di ricon-quistare agli spagnoli la città caduta in mano ai francesi,avvenne un altro scontro navale. Durante la lotta, ilRuiter fu colpito ad un piede da una palla di canno-ne. Anche questa battaglia non ebbe esiti decisivi, mafece comunque registrare ingenti danni alle navi e note-voli perdite umane. Il Ruiter morì qualche giorno dopoa Siracusa e il comando della flotta fu preso dal viceam-miraglio Jan den Haens, che decise di spostare l’armataa Palermo, per poter riparare le navi colpite.

La Battaglia di Palermo nelle memorie di Vincenzo Auria 9

Il 12 di Maggio 1676 giunsero a Palermo da Milazzo,

sede militare della Spagna in quegli anni, dieci gale-re della squadra di Genova e Spagna, come rinforzoalla flotta ispano-olandese in arrivo da Siracusa.Obiettivo era ricostituire un’armata in grado diopporsi a quella francese. [21-22]

Le navi della coalizione, al comando del de Haen,avevano fatto rotta verso Palermo passando dallaparte meridionale della Sicilia. Giunte nelle acquedi Mondello, il 14 di Maggio, andarono loro incon-tro le suddette galere.

In una riunione dei vertici, a bordo, si discussesull’opportunità di fare un’azione nei mari di Toscana

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9 Biblioteca Comunale di Palermo, AURIA V., Memorie varie diSicilia nel tempo della ribellione di Messina dell’anno 1674 ..., cit. Alfine di una più agevole consultazione, per le citazioni si fa riferimen-

to al testo a stampa nella trascrizione di Gioacchino Di Marzo:Memorie varie di Sicilia nel tempo della ribellione di Messina, dal 2gennaio 1676 al 5 maggio 1685, del D. Vincenzo Auria palermitano, da’mss. segn. Qq C 27 e Qq C 64 b, in DI MARZO G. (a cura di), Diaridella Città di Palermo dal secolo XVI al XIX pubblicati sui manoscrit-ti della Biblioteca Comunale, “Biblioteca Storica e Letteraria di Sicilia”,vol. 6, Palermo 1870, pp. 1-206 (d’ora in avanti: Memorie di V. Auria-DI MARZO). Con i numeri tra parentesi quadra vengono indicatele pagine di confronto, sempre con riferimento all’opera a stampa.

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per ostacolare una flotta di navi e galere francesi innavigazione dalla Francia verso Messina e già entra-ta nelle acque italiane, ma si decise che non erapossibile passare ad alcuna azione immediata, comeinvece proposto dagli spagnoli, poiché molte naviolandesi erano seriamente danneggiate.

La notte seguente tutta la flotta si ritirò, quindi,in porto. A questo proposito scrive l’Auria:

Il comandante degli Olandesi, Giovanni Den haen,che successe alla carica del Ruiter, non volle, mostran-do che i suoi vascelli non potevano in quel punto andarea battaglia, per trovarsi con pochissima monizione diguerra ed altri bastimenti e vittovaglie, e molto piùper essere i suoi vascelli in molte parti colpiti dalle can-nonate nella passata zuffa con l’armata nemica ne’mari di Catania, ed aver mancanza di vele, ed albe-ri rotti ed antenne. Aggiunse ancora il comandanteolandese, che non aveva più sicurezza che gli Spagnoliavessero da combattere come dovevano, mentre nellapassata battaglia non adoprarono l’armi secondo il loro

obbligo; onde lasciarono nel conflitto solo i vascellid’Olanda (…). Sicché tornarono le galere nel molo diPalermo, e poi i vascelli d’Olanda, manifestamentevedendo tutto il popolo di Palermo i danni in più luo-ghi per le palle nemiche, e particolarmente in più disette alberi troncati, e molte antenne e vele. Sicchè biso-gnarono con gran fatica mettere in terra gli alberiguasti, e poscia rimettere i novi, che in buona quan-tità si trovarono nel molo, mandati dalla gran vigilanzadel signor marchese de los Veles viceré di Napoli.10

Le rimostranze degli olandesi contro gli spagno-li, accusati di essersi sempre risparmiati negli scontrimandando avanti gli olandesi, accompagnerannoanche le successive vicende e saranno determinan-ti per gli sviluppi degli eventi.

Indisturbata la flotta francese il 21 Maggio entròa Messina e si unì alle navi precedentemente giun-tevi.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Palermo Ignoto, sec. XVIII, acquaforte [riproduzione della pianta del Cartaro del 1581]. Reperibilità: Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia diPalazzo Abatellis. Palermo e il suo porto in una riedizione di una mappa del XVI secolo. Oltre all’antico porto, la Cala, è presente il nuovo porto, a Nord, con il molo che verràterminato alla fine del Cinquecento (1567-90).

10 Memorie di V. Auria-DI MARZO, pp. 22-23.

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A Palermo si rimaneva in clima di continua aller-ta, poiché erano stati fatti degli avvistamenti di navidi Francia e si temeva una incursione improvvisada parte di quell’armata. Di giorno e di notte veni-vano organizzate continue guardie fuori del porto;11

di notte si facevano uscire quattro galere, che sta-zionavano poco distante dalla punta del molo. [23]

Preoccupato, il luogotenente dell’armata d’Olanda,de Haen, si recò dal Duca Francesco Branciforte,pretore di Palermo, e lo mise al corrente del rischioche tutti i vascelli del molo venissero bruciati dabarche incendiarie, con possibile danno anche pergli edifici vicini.

Gli prospettò un piano, che poi venne discussocon il Signor Don Diego d’Iguarra, generale deivascelli di Spagna, e con il Marchese di Baiona, gene-rale delle galere di Spagna, non essendosi il pretore

dichiarato competente a prendere una tal decisio-ne, per avere solo il governo della città.

L’idea era di fare uscire dal molo tutti i vascelli ele galere, costituendo un cordone dal molo sino oltreil fiume Oreto. La proposta venne accolta. [31-32]

Sabato 30 Maggio venne avvistata l’armata di Franciain alto mare, tra le isole di Alicudi e Filicudi. [32]

Domenica 31 Maggio arrivarono a Palermo cin-que galere della squadra di Napoli, con il loro generalePrincipe di Piombino, e subito si posero in ordi-nanza con quelle di Spagna, Genova e Sicilia perunirsi ai vascelli d’Olanda e di Spagna arrivati aPalermo.12

All’ora del vespro, giunse notizia a Palermo chel’armata di Francia si trovava nei pressi di Terminie che alcune galere avevano preso due barche cari-che di frumento dal caricatore di quella città. [35]

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Plan de Palerme Cartografo: Jean Auger, 1652. In Plan des Principales Villes et Ports de la Mer Océanne, 1652. Coll.: Bibliothèque nationale de France. Foto: © Musée nationalde la Marine, Paris / PH 91468. La mappa, tratta da una rappresentazione del secolo precedente, delinea le caratteristiche del porto e la morfologia del territorio circostante lacittà murata.

12 Li comandanti delle galere sono i seguenti: Il marchese di Baionagenerale delle galere di Spagna, il prencipe di Piombino di quelle diNapoli, il Duca di S. Giovanni delle nostre di Sicilia, e di quelle diGenova il luogotenente del duca di Tursi suo generale, già morto nel-l’anno passato. In: Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 25.

11 Tra gli atti del Senato di Palermo si rinviene un pagamento,in data 9 giugno 1676, a una filuca pella custodia e guardia dell’ar-mata francese [...] cossi di notte come di giorno, Archivio StoricoComunale di Palermo, Atti del Senato, anni 1675-76, vol. 284, f.305v.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Plan de la Ville de Palerme dans l’Isle de Sicile In J. N. Bellin, Le petit atlas maritime. Recueil de cartes et plans des quatre parties du monde, Parigi 1764. La carta, che faparte di un atlante marittimo, offre una nitida rappresentazione della rada di Palermo – con le relative batimetrie – e della morfologia della costa.

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Alle ore 22 si vide in direzione delle Isole Eoliel’armata di Francia. [35]

Allora si cominciarono a fare uscire tutte le navidal porto: Laonde s’affrettarono i vascelli d’Olandaad uscire dal molo di Palermo, e rimorchiati presta-mente dalle nostre galere, si posero presso Porta Felicee Strada Colonna, cominciando a far il cordone di essivascelli, e così degli altri di Spagna.13

A poco a poco si perfezionò il cordone di tutti ivascelli di Spagna e d’Olanda con le galere, dal molo,strada Colonna, sin più oltre il fiume Oreto.14 Parve inquesta maniera a prima vista tolto il pericolo di esserbruciati dentro il molo dalle navi incendiarie. Ma nonera in fatti così; perchè essendo troppo vicini a terra, sivenivano a restringere in modo, che non potevano vol-tare i lati com’era di bisogno, anzi di più con essererincalzati dal nemico, che tenea il vento a favore soprade’ nostri (…): inconveniente nato dal parere del coman-dante d’Olanda, al quale furono forzati acconsentirquei di Spagna, così per mostrare il loro valore, comeper rischiarar la nebbia della rampogna datagli dagliOlandesi, che fuggivano l’occasione del combattere.15

Lunedì primo Giugno, allo spuntar dell’alba, l’ar-mata di Francia era già molto più vicina del giornoprima.

Era composta da quarantadue navi, delle quali ven’erano trentacinque di guerra, tutte grosse e podero-sissime, insieme con ventiquattro galere.16

Alle ore 17 due galere francesi si avvicinarono adAcqua dei Corsari per fare delle perlustrazioni sullarada, nonché sulla consistenza dell’armata ispano-olandese17 e sulle difese della città. [37]

Martedì seguente, 2 di Giugno, giorno veramentemarziale, ma funestissimo, ad ore 15 o poco meno,cominciò la battaglia navale tra la nostra armata e lanemica di Francia. La quale s’accostò dalla parte dellacontrada dell’Aspra e de’ Ficarazzi, e più vicino alfiume Oreto,18 dove non poteva essere offesa per la pri-vazione dell’artigliaria ne’ baloardi. Le prime cannonatede’ nostri contro i Francesi furono tirate da tre galere,cioè da una reale galera della squadra di Spagna, l’al-tra di Napoli, e la terza di Sicilia, che stavano divanguardia, seguendo pure lo stesso alcuni vascelli diSpagna e d’Olanda.

Della battaglia e dello schieramento, al manoscrit-to è allegato un disegno a penna, inedito, con tuttaprobabilità dello stesso Auria, dal titolo La batta-glia dell’armata di Francia contro quella di Spagnaed Olanda a 2 di giugno 1676.19

Il disegno, schematico ma efficace nella rappre-sentazione, riporta i luoghi della battaglia, conl’indicazione dei principali elementi del fronte amare della città, dal fiume Oreto sino al molo nuovo.20

Il primo vantaggio de’ nemici fu l’avere il ventogreco e levante a favore, e sopra de’ nostri. Onde il

13 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 35.14 Lo schieramento risultava quindi costituito dall’avanguar-

dia, verso il fiume Oreto, dal corpo di battaglia, davanti alla Cala,e dalla retroguardia, verso il molo nuovo del porto. Nel corpo dibattaglia stavano le ammiraglie di Spagna e d’Olanda ed i vascel-li più grossi, cfr. LALOY E., op. cit., vol. II, p. 579.

15 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 36.16 Id. La flotta era al comando del Duca di Vivonne.17 Il rapporto sulla perlustrazione evidenziò che la flotta ispa-

no-olandese era costituita da 27 vascelli (dei quali 10 spagnoli),19 galere, 4 brulotti. Sulla linea i vascelli, binati e alternanti allegalere, presentavano i fianchi. La flotta francese passò la notte a1 o 2 miglia a nord di Palermo. Fu presa la decisione di attaccarel’indomani e si mise a punto la strategia della battaglia: si stabilìdi iniziare attaccando l’ala destra del nemico – simultaneamentedi fianco e di dietro – al fine di fare piegare lo schieramento, cosìche i primi vascelli sarebbero venuti a piombare sugli altri e sisarebbero create le condizioni idonee per l’intervento dei brulot-ti, navi incendiarie. Subito dopo era previsto l’attacco al corpo dibattaglia e all’ala sinistra dello schieramento, cfr. LALOY E., op.cit., vol. II, p. 577.

18 L’attacco, come programmato, iniziò quindi dall’ala destradella coalizione. Il vice Ammiraglio D. Juan Roco tagliò la cimaalla quale era attaccata la sua ancora e lasciò andare la nave a terra.La paura dei brulotti indusse i vascelli vicini a fare altrettanto,andando a finire sulle navi limitrofe; cfr. LALOY E., op. cit., vol.II, p. 578. A tal proposito si trascrive un brano di una lettera scrit-ta “al Marchese de los Velez y Adel, Viceré di Napoli, da GerradoCalemburgo hoggi Comandante delli Vascelli di Olanda rimastinelli mari di Sicilia”, Palermo 5 Giugno 1676: ... Verso la sera siritirarono in Mare; la mattina seguente, 2. del stante, essendo l’aereturbato, e oscuro, viddemo l’inimici alle 6. hore in numero di 60. in70. vele fra Navi, Galere, e Tartane, caminando con vento Tramontanaverso la banda di Oriente di questa Bahia sopra di noi, fra le 9. a 10.hore. Seguitando l’uno all’altro in bon’ordine, ci attaccarono; e doppoche noi havevamo combattuto una mezza ora, li Nimici sono entra-ti, D. Iuan Rocco Vice Admirante tagliò sua gumena, con che stavasù l’ancora, senza fare altra offensione contra li Nimici, ed assisten-za à noi, lasciò la nave andare in terra, che diede grande animo alliNimici, li quali con gran furia è forza avanzavano sopra l’altre Navi,e con le loro navi di fuoco le forzavano di tagliar similmente leGumene, di che l’altre navi, e successivamente tutta l’Armata fu postain confusione. ROMANO E COLONNA G.B., Della congiura de’ministri del re di Spagna contro la città di Messina; racconto istori-co. Parti I-III, Messina 1678, parte terza, libro 2, p. 334.

19 Biblioteca Comunale di Palermo, AURIA V., Memorie variedi Sicilia nel tempo della ribellione di Messina ..., cit., pp. 188v, 189r.

20 Sempre della battaglia, nella fase dello schieramento, è un’al-tra raffigurazione, anch’essa inedita, a penna, allegata ad unmanoscritto di anonimo. Il disegno, nel quale è ben visibile l’al-ternanza di “due vascelli e una galera” nel cordone delle naviispano-olandesi, ha punto di vista opposto al precedente. BibliotecaComunale di Palermo, ANONIMO, Cronica vituperosa della cittàdi Messina ..., cit., numerazione bassa p. 391r.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

La battaglia dell’armata di Francia contro quella di Spagna ed Olanda a 2 di giugno 1676 Disegno a penna, in Memorie varie di Sicilia nel tempo della ribellione di Messinadell’anno 1674 raccolte da Vincenzo Auria. Biblioteca Comunale di Palermo, ms. segn. Qq C 27, pp. 188v, 189r. Il disegno, a corredo del testo dell’Auria, è una chiararaffigurazione dei luoghi della Battaglia di Palermo. Vengono delineati, con punto di vista dal mare, gli elementi salienti della narrazione: Il fiume Oreto, il Bastione de Vega, laPorta dei Greci, il Bastione del Tuono, la Porta Felice, la Cala, con la Garitta all’imbocco, il Castellammare, il porto nuovo con il castello del Molo e il nuovo molo, con il forte dellaLanterna. In primo piano, nello specchio d’acqua antistante la città, è rappresentato lo schieramento delle flotte.

Battaglia tra Francesi e Spagnoli nella marina di Palermo, in fronte Porta Felice, a tiro di cannone, a 2 di giugno 1676 Disegno a penna, in Cronica vituperosa della cittàdi Messina, di anonimo. Biblioteca Comunale di Palermo, ms. segn. Qq E 18, numerazione bassa p. 391r. Lo schizzo, allegato ad un racconto di anonimo, è costruito sulla base diuna vista da terra, opposta a quella adottata dall’Auria. Anche qui sono indicati, in maniera sintetica, i luoghi utili alla comprensione dello schema della battaglia: il molo, ilCastello, la Garitta, porta Felice, i bastioni, S. Erasmo, il ponte, la tonnara, Acqua dei Corsari, nonché l’armata francese e quella spagnola. A proposito del cordone, nel manoscrittosi specifica che era realizzato con l’alternanza di “due vascelli e una galera, conforme qui per questa figura si può riconoscere”.

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fumo delle loro artigliarie ingombrava a tal guisa didensa nebbia i nostri; onde si formò visibil figurad’inferno tra foco e fumo. Il secondo vantaggio de’Francesi era d’aver più numero di vascelli più grossie poderosi, e più quantità di galere, e moltissime lan-cie e feluche, che invigilavano a favorire i loro legni.Onde i nemici assaltando fieramente i nostri, s’at-taccò la zuffa con gran valore dall’una e dall’altraparte; e sentendosi l’orribile rimbombo de’ cannoni,non mai inteso nella città in una guerra così crude-le, atterriva tutti.21

Lo stesso Auria assisteva alla battaglia dal bastio-ne del Tuono, dove per la curiosità era accorsatantissima gente.

Il principale inganno e stratagemma del nemico fud’aver fatto accostar in più luoghi dieci vascelli gros-si, che parevano di guerra, ma erano per mettere fuoco.Quindi ciò vedendo il signor D. Diego d’Iguarra, gene-rale de’ vascelli di Spagna, si spinse alquanto fuori colsuo gran vascello della Reale, e con lo sparar molte can-

nonate da un solo lato, gettò al fondo due di quei vascel-li incendiarii. Ma in questo fu colpito nella gambad’una cannonata. (…) Ma poscia da un’altra canno-nata fu pure colpito nell’altra gamba. Onde tutti sidisanimarono per la perdita di un capo così valoroso,e maggiormente perchè fu appicata alla poppa delvascello una camicia di fuochi artificiali, che subitocominciarono ad ardere i fenestroni.22

Il generale, ferito, era stato posto in una feluca,per essere trasportato a terra, ma l’imbarcazione,stracarica di persone, affondò.

Da questo gran male ne venne un altro, perchè acco-stando la galera Padrona di Spagna e S. Giuseppe diNapoli con un vascello detto San Filippo di Spagna,per dar aiuto alla detta Reale, a cagion della strettez-za del luogo, in cui erano rincalzati dai nemici, il focodiede anco così nelle due galere e in quel vascello, che,per dar soccorso tutti si bruciarono e perirono misera-mente nel mare.23

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Combat de Palerme, 2 Juin 1676 Autore: Ambroise Louis Garneray, incisore: Jean Jazet, sec. XIX. Coll.: Bibliothèque nationale de France. Foto: © Musée national de la Marine,Paris / PH 15702. Navi in fiamme ed esplosioni nella flotta ispano-olandese.

21 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 38.22 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 39.23 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 40.

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Durante la battaglia il lavoro delle galere nell’as-sistenza alle navi era stato assiduo e prezioso:

Un vascello francese di foco bruciò la nave d’Olanda,chiamata la Montagna. La galera capitana di Napolisalvò miracolosamente la gran nave S. Giacomo diSpagna, rimorchiandola nel molo; e liberò anco lagalera capitana di Spagna dal foco, che stava rimor-chiando il galeone S. Bernardo di Spagna.24

La battaglia si fece sempre più vicina:Accostarono tanto i vascelli de’ Francesi che vennero

presso il molo ed alla cala. Onde tra vascelli e galere sivenne ai colpi di moschettaria con carica spessissima,con gran mortalità. Ed un vascello francese tirò unacannonata con palle di moschetto alla cortina di Castell’amare tra i due torrioni, dove assisteva il castellano afar sparar l’artigliarie con moltissima gente; e se giun-gevano un poco più a segno, avrebbero fatto gran stragge,essendo il castello dalla parte di mare debolissimo e tuttoscoperto, e di fabbriche mezzo rovinate dal tempo.25

La narrazione dell’Auria a questo punto si inter-rompe per dedicare grande spazio alla fine della

Reale di Spagna, evento che, per il prestigio e l’im-ponenza della nave, dovette impressionare fortementela collettività del tempo:

Finì gli ultimi giorni del suo imperio di Spagna quel-la vasta nave della Reale di Spagna, (…) ella solabastava ad abbatter un’armata al tiro de’ suoi canno-ni, che tutti in bronzo e grossissimi ne avea ben centoe …; ed anco era piena d’una scelta e poderosa mili-zia di mille e … soldati, oltre la considerabile quantitàde’ marinari ed altri capi di guerra e d’artigliaria, chegovernavano così gran navilio.26

E più oltre l’Auria aggiunge:Finì la sua gloria a forza di incendio (che per altro

non poteva terminarla), negli scogli di Castell’a mare,27

dove si salvò a nuoto buona parte delle genti, restan-do l’altra fatta preda del fuoco. E quivi divoratadall’accese fiamme de’ suoi proprii legni, tra il fetoredella pece e i globi densissimi del fumo, venendo final-mente il foco ad appiccarsi alla Santa Barbara, diedeuno scoppio così terribile, che cagionò un gran terre-

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Palermo Domenico Gallello, incisione, veduta in proiezione convenzionale, cm 12,3 x 7,6. Opera di appartenenza: ROMANO E COLONNA Giovan Battista, Della congiura de’ministri del re di Spagna contro la città di Messina; racconto istorico. Parti I-III, Messina 1678, parte III, libro 2, incisione inserita tra p. 314 e p. 315. Reperibilità: BibliotecaComunale di Palermo; Biblioteca centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”. Il disegno, elaborazione di un modello iconografico secentesco della città, raffigura la faseculminante della Battaglia di Palermo con l’esplosione della Reale di Spagna, dietro il Castello a Mare.

24 Id.25 Id.

26 Memorie di V. Auria-DI MARZO, pp. 40-41.27 Sugli stessi scogli si arenò il San Felipe, al quale era stato tra-

smesso il fuoco dalla Reale di Spagna, e con essa lì terminò dibruciare. Cfr. LALOY E., op. cit., vol. II, p. 580.

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moto ne’ vicini edificii. E disparando i gran cannoni,colpendo nelle vicine case del borgo di s. Lucia, alcu-ne palle infocate di quelli accesero la polvere, che stavanel casamento di … Cordova, a fronte del luogo dettoSan Bastianello, e in alcune parti ruppe e conquassòquasi tutto. E gli stessi pezzi dell’artigliarie di essa, purdall’interno fuoco accesi, colpirono altri luoghi vicinidel borgo e della città, non senza timore del popolonon avvezzo in tali spaventi.28

Tale brano è di grande interesse poiché i partico-lari della narrazione indicano con esattezza il luogodove andò ad arenarsi la nave.

Intanto la battaglia continuava. Il cordone si erasciolto e le navi si erano ammassate nel porto.29

Il Castello a Mare, libero dall’impedimento costi-tuito dalle proprie armate, iniziò a colpire i nemicicon tiri d’artiglieria, e lo stesso fecero il forte delmolo e i baluardi del castello del molo.

Ad un certo punto il popolo riuscì a farsi conse-gnare dall’arcivescovo di Palermo i pezzi d’artiglieriache erano stati levati dai bastioni in occasione deimoti del 1647, e mai più ricollocati, e li portaronosui baluardi De Vega e del Tuono, da dove inizia-rono a sparare contro il nemico. [42]

Attorno alle ore 19,30 i francesi abbandonaronoil campo. Si allontanarono in direzione di Aspra epoi si posero a vista di Palermo fuor del tiro di can-

none, in ordinanza, con suono di trombette; e la notteseguente accesero tutti i fanali per segno d’allegrezzacome vittoriosi.30

La gente era attonita. La città era stata bombar-data da colpi d’artiglieria in più luoghi. Moltobersagliato fu il piano di Sant’Erasmo e le palle rag-giunsero la compagnia della Pace,31 il palazzoAiutamicristo, il Convento del Carmine, il novi-ziato dei Gesuiti e persino la zona fuori porta Nuova,dove era il palazzo di D. Bernardo Ciaccon. [46]

Il racconto dell’Auria torna a questo punto sul-l’immagine della Reale di Spagna, in fiamme, e fariferimenti alla zona nella quale erano andati ad are-narsi altri vascelli:

Bruciava intanto la gran Reale di Spagna, quasiimmenso cadavere, non potendosi estinguere il suo vora-ce incendio entro l’onde del mare. Il simile si vedeva,con infinito dolore e cordoglio de’ nostri, degli altrinostri vascelli e due galere, a vista e molto vicino diPalermo, cioè dalla porta de’ Greci sino al Castello.32

ALESSANDRA NOBILI

38

Il Castellammare di Palermo Ignoto, dipinto a olio su tavola, fine sec. XVII. Il prospetto meridionale del Castello a Mare, sulla Cala.

28 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 41.29 In un brano con punto di vista francese, a tal proposito si

legge: Alla fine vedendo i Nimici acceso il fuoco di tre Brulotti delleNavi del corno destro, temendo l’istesso infortunio, incalzati a tuttopotere dai nostri poco men, che volarono disordinatamente ad are-nare, parte nel luogo detto la Cala, ed in quel secco di mare, che fagiro al molo, e parte nella costa della Lanterna. ROMANO ECOLONNA G.B., op. cit., pp. 310-311.

30 Memorie di V. Auria-DI MARZO, pp. 46-47. Il colpo infer-to agli spagnoli e alla città avrebbe potuto essere portato più afondo. A sera infatti, durante una riunione dei vertici a bordodelle navi francesi, fu proposto di trasformare in brulotti i basti-menti del seguito dell’armata con delle camicie di fuoco, per andarl’indomani mattina a bruciare il resto dei vascelli nemici. Vivonnesi oppose, alla proposta, asserendo che si doveva essere soddisfat-ti di quello che si era ottenuto, e comandò di tornare alla base.Cfr. LALOY E., op. cit., vol. II p. 585.

31 “... trovandomi sopra la detta compagnia della Pace ... oltrele palle vennero certi ferri di due palmi, con le palle piccole allepunte, artificiosamente fatte, che si chiamano angiolini”. Memoriedi V. Auria-DI MARZO, pp. 45-46.

32 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 47. Similmente, nel rac-conto dell’anonimo si legge: Li fusti delli vasselli, come galere, sonotutti imborrati nelle rocche in fronte la porta Felice, e in quelle di s.Erasmo; nel quale loco furono dal nemico abbrugiati con brulotti di

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Alla fine l’Auria fa il resoconto delle perdite regi-strate nella battaglia:

La perdita nostra fu la seguente, cioè: la Reale diSpagna, il vascello Sant’Antonio, il vascello S. Filippoed il Vascello San Salvatore di Fiandra; due galere,cioè la Padrona di Spagna e S. Giuseppe di Napoli;de’ vascelli d’Olanda quattro, cioè: il Governo, nomi-nato la Montagna di Pietra, la Concordia, la Pastora,33

ed un vascello di fuoco, che si bruciò senza danno de’nemici, per trovarsi troppo a terra.34

Dell’armata di Francia si perderono sei vascelli di fuoco,che s’affondarono doppo che s’accesero a danno de’ nostri.35

Quattro galere andarono traverso sopra gli scogli dellachiesa di s. Erasmo, che con difficoltà e loro offesa furo-no poi liberate dalle loro galere. Morirono de’ Francesiun numero assai considerabile dai colpi de’ nostri vascel-li, che senza cessar mai spararono sempre; poichè moltissimicadaveri de’ loro si trovarono nella spiaggia della contra-da dell’Aspra e de’ Ficarazzi, dove furono poi sepolti.Molt’altri se ne videro dietro il capo di Zafarana, tra illido della tonnara di s. Elia e di Soltanto. Ed alcunicadaveri di nobili francesi, benchè col peso di grosse pallelegate alle braccia ed a’ piedi, per dover andare a fondoe non esser conosciuti, con tutto ciò dal mare con l’agi-tazione de’ venti furono gettati sulla spiaggia, e tra questialcune femine di bello e gentil volto.36

Della nostra armata sono restati nel molo 22 vascel-li, cioè sette di Spagna e 14 d’Olanda, tutti di guerra,oltre che le fregatine ed altre piccole navi di carico, chechiamano magaseni, pieni di provisioni di vittovagliee di guerra.37

Segue la lista dei cavalieri morti nella battaglia.Lo scontro navale era terminato. L’autore aveva

dedicato alla battaglia un capitolo significativamen-te intitolato:

Successi infausti. – Zuffa navale in Palermo delmartedì 2 di giugno dell’anno 1676, giorno da

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Veduta di Palermo Anonimo, olio su tela, sec. XVIII. Il dipinto raffigura la Marina. A sinistra il Bastione De Vega, la Porta dei Greci e il Bastione del Tuono (demolito a metà delSettecento). A destra, la Porta Felice.

fuoco. Biblioteca Comunale di Palermo, ANONIMO, Cronicavituperosa della città di Messina ..., cit. Il testo è stato trascritto eannotato dal Di Marzo come: Racconto del successo della battaglianavale, a 2 di giugno 1676 in Palermo, in DI MARZO G. (a curadi), op. cit., pp. 361-370. Una nota dell’abate, all’inizio della tra-scrizione, recita: “Da una scrittura contemporanea d’ignota manoa fog. 232-5 in fine del mentovato codice miscellaneo segn. Qq E18”. Sempre in nota il Di Marzo spiega il significato del termine“imborrati”: «Da ‘mburrari o ‘mmurrarii in sic., arrenare, dare insecco; proprio delle navi».

33 La Reale di Spagna era denominata Nuestra Señora del Pilar;i nomi originali dei vascelli olandesi erano: Steenbergen, Vryheit,Leyden.

34 Gli incendi e le esplosioni nel porto furono di tale vastitàche, oltre alle navi indicate nei resoconti, negli affondamenti dovet-tero essere interessate molte altre imbarcazioni di vario tipo inquel giorno all’ormeggio nel porto. Alla lista vanno inoltre aggiun-te le imbarcazioni ausiliarie che, per l’occasione, erano state coinvoltenell’operazione, come si evince da pagamenti fatti dal Senato diPalermo a proprietari di barche: “8 Junii 1676. Atto di onze 16 aPatrono Gio. Anto. Cannavaro e onze 8 a P. Angelo di Angelo, ealtri [...] per haver perso la sua feluca mandata dall’IllustrissimoSenato per servizio della Reale di Spagna nel giorno della batta-glia navale fatta a 2 del corrente mese”, Archivio Storico Comunaledi Palermo, Atti del Senato, anni 1675-76, vol. 284, ff. 304r-304v.

35 La Reale di Spagna fu urtata dai brulotti Notre Dame deLumière e Notre Dame de Bon Voyage.

36 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 47.37 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 48.

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segnarsi con pietra nigra, come solevano gli anti-chi: 38

Heu funesta dies, nigro signanda lapillo!Non dabit his aetas fletibus ulla modum.39

Il 3 di Giugno l’armata di Francia era ancora invista da Palermo, lontana circa 20 miglia. Poi voltòper la parte dell’isola di Lustrica, sessanta miglia lon-tana da Palermo, dove fu vista che rattoppava lefessure de’ colpi avuti dai nostri; e vi riposò due o tregiorni pel gran combattimento. Finalmente si partìdall’isola per l’Italia: onde poi venne avviso esserestata vista in Livorno; e di là partita, se ne andò inTolone.40

Lavori di fortificazione e recuperi

Le notizie sulla battaglia si concludono qui, ma nelmanoscritto dell’Auria ci sono altri particolari impor-tanti, notazioni che si rinvengono continuando nellalettura del diario oltre le date della battaglia.

Una serie di informazioni riguardano le opere difortificazione della città.

Temendo che il nemico potesse tentare altre mosse,fu chiusa porta Felice dalla parte di dentro, conmuro e terrapieno, e così altre porte. Sui baluardidel Tuono e De Vega continuarono a essere mante-nute le artiglierie.

Il Castellano del Castello a Mare, signor D. AntonioUrtado, portoghese, cavaliere di Malta, fece istan-za al Senato di Palermo affinché fossero demolititutti gli edifici fatti dal guardiano del porto allaGaritta, perché con la loro altezza rendevano diffi-cili i tiri e creavano delle zone dove era possibile alnemico stare nascosto senza essere visto. Le costru-zioni furono immediatamente demolite e vennefatto un progetto per realizzare in quel sito unanuova fortificazione con artiglierie.41

Fu parere di molti periti che fosse opportuno, perragioni di guerra, gettare a terra alcuni grandi edi-fici fuori le mura, poiché si trattava di grosse fabbriche

che potevano cadere in mano dei nemici e diveni-re basi per assalti alla città.42

Il 27 di Luglio si cominciò a fare un terrapienoattorno alla lanterna del molo, su assistenza dell’in-gegnere della città Gaspare Guercio, e d’un senatore,buttando a mare le pietre grosse di Monte Pellegrino,che stando prima troppo in alto per la furia del mare,potevano offendere li nostri artiglieri con le palle dellinemici, stritolandole in schieggie. Onde nel detto con-torno si fece piazza larga, ben assodata con le pietresudette, ed altre dolci delle nostre pirriere vicine, conterra, rena e calcina, acciochè sostenessero quantità digrossi cannoni, da riporsi in cerchio, secondo il sito delforte della Lanterna, ch’è in forma rotonda. Ed in que-sta maniera di fortificazione si verrà a far gran dannoall’armata nemica, se ardisse di volere entrar con vascel-li incendiarii a bruciar la nostra nel molo, oltrel’artigliaria del castello del molo e di Castell’a mare,e delli due baloardi della città, del Trono e di Vega.43

Il 29 di Luglio si cominciò a scavare il terreno nelpiano fuori Castello a mare, dalla parte delli orti edella spiaggia detta il Sammuzzo, per farvi alcune for-tificazioni di una mezza luna e muraglie per difesa didetto castello, e per offendere i nemici, che volesserodanneggiare l’armata nostra dentro del molo, per lipresenti sospetti ed avvisi del ritorno dell’armata diFrancia, che si dice portar molti vascelli di foco; laquale si certifica esser già partita da Tolone per laSicilia.44

Il 2 Agosto si tenne una riunione dei capi dell’ar-mata navale ferma al molo, timorosi di un nuovoattacco, per decidere se fosse opportuno rimanerea Palermo o spostarsi a Siracusa, o in altro porto. Siconcluse di non dover partire per non lasciare solala città, anche nella considerazione che le navi eranoal sicuro per il potenziamento del recinto al fortedella lanterna, del Castell’a mare e dei baluardi dellacittà. Si aggiunse comunque che, per impedire l’in-gresso al porto di navi nemiche, si dovesse realizzare

ALESSANDRA NOBILI

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38 Il Di Marzo annota: “Sono cennate in margine al ms. leseguenti autorità, di mano stessa dell’Auria: PLIN., lib. 7, cap. 40.MARTIAL., lib. 8, epigr. 45, lib. 10, epigr. 38, lib. 12, epigr. 34. THOMAS

FARNABIUS, ibi”. Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 29.39 Annotazione del Di Marzo: “È accennato nel margine del

ms. come autore de’ versi: JOSEPH DE FLORES, in Carmin., f. 116”.Ibidem.

40 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 49.41 Cfr. Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 50.

42 … cioè, il castello antichissimo de’ Saracini detto la Zisa; il con-vento de’ padri della Misericordia del terzo Ordine di s. Francesco,presso alla detta Zisa; il convento de’ padri di s. Francesco di Paola,chiamato della Vittoria, nella strada di Monreale; il convento dellistessi padri di s. Francesco di Paola, fuori la porta di Carini; il con-vento de’ frati Minori Osservanti Reformati nella chiesa di s. Antonino,fuori e vicinissimo alla porta di Vicari; il convento e la chiesa di s.Erasmo de’ padri di s. Teresa, con tutti gli edifici vicini delle tavernee case delle decime de’ tonni alla foce del fiume Oreto; ed il borgo dis. Lucia. In: Memorie di V. Auria-DI MARZO, pp. 62-63.

43 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 66.44 Id.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Palermo Anonimo, disegno a inchiostro colorato ad acquerello, da Teatro geografico antiguo y moderno del Reyno de Sicilia, Palermo 1686. La zona del Castello a Mare e dellaGaritta in una raffigurazione della città del 1686.

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una catena di grossi travi, framezzata d’ancore, checominciasse dal molo e terminasse sopra Castell’a mare.45

Il 5 Agosto giunse in porto un vascello inglese cheportò polvere e palle alle navi olandesi, insieme adun ordine degli Stati d’Olanda di lasciare Palermo.Le navi olandesi il giorno dopo salparono,46 e tuttisi meravigliarono poiché le forze di difesa contro laFrancia rimanevano indebolite.

I timori erano fondati perché, a distanza di circadue mesi e mezzo, il 16 di Agosto, l’armata di Franciatornò a Messina e ciò indusse il viceré di Sicilia ascrivere una lettera al Senato di Palermo per solle-citare la conclusione dei lavori delle fortificazionicominciate in mare per la difesa della città.47

Altre notizie relative alle vicende della città diPalermo nei mesi successivi alla battaglia contengo-no una serie di notazioni rilevanti – che qui siriuniscono – sul recupero del materiale delle navidistrutte.

Il manoscritto dell’Auria assume in questi braniun’importanza fondamentale come fonte, poiché,

essendo stato scritto da un palermitano del tempo,reca un’indicazione dei luoghi molto precisa, lega-ta alle relative denominazioni.

Pagine del diario riguardanti la seconda metà digiugno fanno riferimento all’artiglieria della Realedi Spagna: Venne intanto lettera del viceré al senatodi Palermo, dandogli avviso come aveva scritto al signormarchese di Baiona, che l’artigliaria della perduta Realedi Spagna, già pescata in mare e recuperata, la doves-se ripartire all’altra nuova Reale; e quella che restavala dovesse dare al senato di Palermo, per guernire tuttii suoi baloardi; e così ancora, che l’altri cannoni dellastessa Reale, rotti nello sparare quando s’accese tutta lasua polvere, e quelli che, se non rotti, ma intieri, ave-vano pure sparato nell’acqua di mare, e s’erano pernatura distemprati, onde s’erano resi inutili, si doves-sero di nuovo fondere nella fondaria, e darsi ad essosenato di Palermo per la caggione sudetta.48

Altri ripescaggi interessarono le navi spiaggiatefuori la marina:

A dì 4 di Luglio 1676. (…) Li marinari e pescatoridella porta de’ Greci, doppo d’aver pescato ne’ vascellidi Spagna e d’Olanda incendiati molte cose di prez-

ALESSANDRA NOBILI

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Veduta della Marina di Palermo Tommaso Ruiz, senza data, olio su tela. Galleria Pasti Bencini, Firenze. Lo specchio di mare antistante la Marina. In fondo a sinistra è visibile lazona della porta dei Greci.

45 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 68.46 Si trattava dei vascelli Capitana e Almirante, cfr. Memorie di

V. Auria-DI MARZO, p. 69.47 Cfr. Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 71. 48 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 58.

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zo, vicino la spiaggia di detta porta, scoprendo l’arti-glierie sommerse, con grandissimo travaglio ne uscironouno ben grosso, e lo portarono sopra il baloardo di Vega.E così stanno usando la simile diligenza per tirar glialtri pezzi d’artigliaria.49

E più oltre:10 di Luglio 1676. Si posero alcuni pezzi d’artiglia-

ria, ma di ferro, nel baloardo di San Giorgio; chefurono di quelli delli vascelli di Spagna bruciati e nau-fragati nel passato incendio.50

In un altro passo del diario si fa riferimento allenavi arenatesi nella spiaggia dentro il porto:

Mercordì, 12 d’agosto. (…) Si pescano diversi pezzid’artiglierie di ferro delli vascelli d’Olanda e di Spagna,che furono bruciati dietro il castello, alla spiaggia dettail Sammuzzo, nella passata battaglia; e se li piglia lanostra città di Palermo per li nostri bastioni. E questisi provano se siano buoni; alcuni delli quali crepano; edaltri, resistendo alla carica della polvere, paiono buoni.51

Il recupero delle artiglierie delle navi distrutte fudisposto espressamente dalla Corona di Spagna,come si evince dalla descrizione di documenti con-servati presso l’Archivo General de Simancas, nelfondo Papeles de Estado - Sicilia.

Una lettera, in spagnolo, inviata il 30 di novem-bre a Bartolomeo de Legassa e ricevuta il 1° didicembre 1676, dall’oggetto: Sobre che se saque la

Artilleria che se perdio a vista de Palermo,52 contienedisposizioni per ripescare l’artiglieria, al fine di equi-paggiare l’Armata dell’Oceano.

L’ordine recita: A causa del grande bisogno che c’è diartiglieria per equipaggiare le navi dell’Armata dell’Oceano,si invierà da parte dello Stato ordine al Viceré di Sicilia,perché si finisca di recuperare tutta quella che fu per-duta nei vascelli che si bruciarono alla vista di Palermo,inviandosi alla Armata e quella che non risulterà adat-ta al servizio, si mandi a fondere …53

I recuperi, sicuramente complessi, dovettero anda-re avanti sino ai primi mesi del 1677, quandonell’archivio si rinviene un documento, sempre inspagnolo, relativo alla fine dei lavori per ripescarele artiglierie in bronzo.

Si tratta di un dispaccio del Consiglio di Stato aBartolomeo de Legassa, datato Madrid 8 aprile 1677,… s.re el buceo de las Artilleria de los navios che sequemaron en el muelle de Palermo, ed dia 2. Junio delaño passado.54

Il comunicato conteneva la notizia che Don PedroCorbete, già dal 24 di febbraio, aveva portato a ter-mine il lavoro – del quale era stato incaricato dal

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

“A dì 4 di Luglio 1676. (...) Li marinari e pescatori della porta de’ Greci, doppo d’aver pescato ne’ vascelli di Spagna e d’Olanda incendiati molte cose di prezzo, vicino la spiaggiadi detta porta, scoprendo l’artiglierie sommerse, con grandissimo travaglio ne uscirono uno ben grosso, e lo portarono sopra il baloardo di Vega. E così stanno usando la similediligenza per tirar gli altri pezzi d’artigliaria”.

49 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 61.50 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 62.51 Memorie di V. Auria-DI MARZO, p. 70.

52 Archivo General de Simancas, fondo Papeles de Estado - Sicilia,legajo 3497, anno 1676, doc. n. 57: “Orden para que se proceda asacar la artillería que se perdió en los bajeles quemados a la vistade Palermo”.

53 Traduzione dell’autrice.54 Archivo General de Simancas, fondo Papeles de Estado - Sicilia,

legajo 3520, anno 1677, doc. n. 26: “Trabajos para sacar la artil-lería de bronce que se perdió en el muelle de Palermo”.

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Marchese di Vayona – per il recupero dell’artiglie-ria di bronzo che fu perduta nel porto di Palermoil giorno 2 di giugno, e che il lavoro era stato fattocon tanta diligenza che se entiende no puede haverquedado ninguna Pieza en la Mar.

La lettera, inviata per il pagamento, era firmatadai componenti del Consiglio di Stato: Contestabledi Castiglia, Marchese di Astorga, Don Pedro diAragona, Duca di Alua, Duca di Medinaceli.

Conclusioni

Traendo le fila dai documenti delle fonti si posso-no fare alcune considerazioni sintetiche sull’eventoche, il 2 giugno 1676, vide fronteggiarsi nella radadi Palermo l’armata navale francese di Luigi XVI ela flotta ispano-olandese di Carlo II, in una batta-glia del re di Francia mirata a infiggere una spadanel fianco del regno di Spagna.

Lo schieramento delle navi della coalizione ispa-no-olandese era composto da un’avanguardia, davanti

ALESSANDRA NOBILI

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Palermo Gabriele Merelli, disegno a inchiostro acquerellato, in MERELLI G., Descrittione del Regno di Sicilia e delle Isole ad essa coadiacenti, ms. datato 1677. La zona del portodietro il Castello a Mare in un disegno del 1677.

“Mercordì, 12 d’agosto. (...) Si pescano diversi pezzi d’artiglierie di ferro delli vascellid’Olanda e di Spagna, che furono bruciati dietro il castello, alla spiaggia detta ilSammuzzo, nella passata battaglia; e se li piglia la nostra città di Palermo per li nostribastioni. E questi si provano se siano buoni; alcuni delli quali crepano; ed altri,resistendo alla carica della polvere, paiono buoni”.

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alla strada Colonna, dal corpo di battaglia, al cen-tro davanti alla Cala, e da una retroguardia, a seguiresino alla punta del molo nuovo del porto.

Il cordone era aperto da navi olandesi, verso S.Erasmo; nel corpo di battaglia, si trovava la Realedi Spagna. I vascelli erano serrati tra loro ed intra-mezzati dalle galere.

Il vento, nei disegni, è indicato con una frecciaproveniente da Nord-Est.

Le descrizioni della battaglia delineano però unvento che nell’arco della giornata cambiò direzionepiù volte.

Al proposito sono particolarmente efficaci alcu-ni passi del testo di Romano e Colonna che, riferendosiall’armata francese, scrive: Trovavasi all’ora dormen-do in seno alle calme di mare, ma destatosi al suonodi un fresco grecale, aiutò la nostra squadra ad avvi-cinarsi a tiro di Cannone colla man destra.55 Durantela notte il mare era quindi calmo, e solo a mattinasi cominciò ad alzare un fresco Grecale.

E più oltre: E d’avvertirsi, che in tal battaglia conob-bero evidentemente i Francesi l’assistenza della Vergine,poiche sul principio della tenzone avendo di mestieridel vento Greco appena lo sospirarono, che per i campidell’Aria, e del mare tosto si fè sentire per favorire inostri Brulotti al preteso disegno: finita quella neces-sitando del Ponente, e Libeccio per portar fuori in altomare l’Armata nostra, al nuovo desio non defraudòpunto il vento desiderato.56

Al termine della battaglia il vento aveva quindicambiato direzione, ponendosi da Ponente e Libeccio,favorendo così l’allontanarsi della flotta francese.

Il vento che governò la battaglia non dovette quin-di essere un Grecale pieno, poiché appena alzatosie subito smorzato.

In alcune fonti il vento, difatti, viene definito una“piacevole brezza da NE” e in altri passi indicatocome “greco e levante”. Un forte Grecale, e il maremosso che ne deriva, non avrebbe d’altronde con-sentito lo svolgersi della battaglia.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Archivo General de Simancas, fondo Papeles de Estado - Sicilia, legajo 3497, anno 1676, doc. n. 57: “Orden para que se proceda a sacar la artillería que se perdió en los bajelesquemados a la vista de Palermo”.

55 ROMANO E COLONNA G.B., op. cit., p. 308. 56 ROMANO E COLONNA G.B., op. cit., p. 339-340.

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Durante il combattimento, le navi vennero quin-di spinte verso terra – in direzione Sud Ovest – daun vento di modesta entità e non da un vento diburrasca, quale è abitualmente il Grecale.

Le navi dovettero quindi finire “ordinatamente”incagliate a riva, e non schiantate contro la costa.

L’avanguardia francese attaccò l’avanguardia ispa-no-olandese, avanzando sino a porsi in posizionedi fuoco, parallelamente alla costa. Il fumo e lebordate disorientarono le navi sottovento, alcunedelle quali, tagliata l’ancora, andarono alla deriva,sino a spiaggiarsi nella zona tra S. Erasmo e portaFelice.

Per l’esito della battaglia furono determinanti ibrulotti francesi, barche incendiarie che lanciatesapientemente a vele spiegate sul fronte nemico,approfittando del favore della brezza, andarono acolpire nel cuore dell’armata, priva di possibilità dimanovra perché sottovento e stretta dalla costa, pro-vocando incendi a catena.

Le navi del corpo di battaglia e della retroguardiacolpite e incendiate si andarono ad ammassare perlo più dentro il porto. Fu colpita da un brulotto

anche la Reale di Spagna, che trasmise il fuoco al S.Felipe e alle due galere Padrona di Spagna e S.Giuseppe di Napoli, che bruciarono.

Molte navi giacquero davanti la spiaggia detta “ilSammuzzo”.

La Reale di Spagna andò a morire sugli scogli delCastello a Mare. Le descrizioni indicano chiaramen-te che la nave non affondò, poiché era incagliatasulle rocce, in una zona con fondale molto basso, econtinuò a bruciare, finché non si produsse la spa-ventosa esplosione della Santa Barbara. Le fiammeseguitarono per lungo tempo, non potendosi spe-gnere l’incendio dentro il mare.

I vascelli di fuoco francesi affondarono, alcuniprima di avere portato a termine la propria missio-ne, bombardati dalle navi, e altri dopo. Colaronoquindi a picco, a varie distanze dalla riva.

Un brulotto olandese si bruciò molto vicino aterra, e fu per questo che non riuscì a fare danni alnemico.

Navi in gioco, numero di uomini e cannoni varia-no nelle diverse versioni.

Secondo l’Auria, in totale vennero perse 16 navi:

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Défaite complète de la flote combinée d’Espagne et de Hollande, à Palerme en 1676 Autore: Nicolas Marie Ozanne, disegno acquarellato, c.a. 1797. Coll.: Musée du Louvre,Paris. Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 55246. Raffigurazione della battaglia realizzata con grande cura, nell’intento di delineare formazioni strategie e tattiche daesibire nell’ambito di raccolte sui principali conflitti navali condotti vittoriosamente dalla potenza francese.

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– 3 vascelli olandesi: il Governo, nominato la Montagnadi Pietra, la Concordia e la Pastora;

– 1 brulotto olandese;– 4 vascelli spagnoli: la Reale di Spagna, il vascello

S. Antonio, il vascello S. Filippo ed il Vascello S.Salvatore di Fiandra;

– 2 galere: Padrona di Spagna e S. Giuseppe diNapoli;

– 6 brulotti di Francia.57

Il fuoco aveva divorato gran parte della strutturadelle navi.

Le fonti riferiscono anche che subito dopo la bat-taglia venne iniziato un massiccio recupero delmateriale delle navi distrutte.

Si parla di “cose di pregio” e di artiglieria, con par-ticolare riguardo ai cannoni in bronzo, per un lororeimpiego, e anche a quelli in ferro, che comunqueerano considerati di secondo ordine.

Si dice che “l’artigliaria della perduta Reale diSpagna, già pescata in mare e recuperata, la doves-se ripartire all’altra nuova Reale”. Le rimanenti

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

La grande victoire navale ranportée par M.r le Duc de Vivone sur les Espagnols et Hollandois à la rade devant Palerme dans laquelle ils ont este defaits apres avoir

brule leur Admiral e Vice admiral dix autres grands vaissaux et cinq Galeres Anonimo, sec. XVII. Coll.: Bibliothèque nationale de France. Foto: © Musée national de laMarine, Paris / PH 40238. Nelle raffigurazioni della battaglia, spesso meramente simboliche come questa, e nei resoconti della battaglia, il numero delle navi distrutte vieneindicato variamente.

57 La “Relazione della Vittoria”, inviata da Vivonne al Re, stima leperdite ispano-olandesi in 12 vascelli, 6 galere, 4 brulotti, 4000 uomi-ni e 6-700 pezzi di cannone, cfr. LALOY E., op. cit. vol. II, p. 584.

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bocche da fuoco della nave furono destinate a equi-paggiare le navi dell’Armata dell’Oceano e ai baluardidella città. I recuperi furono solleciti perché la neces-sità del reimpiego dei preziosi cannoni, tutti inbronzo, induceva a ridurre al minimo la permanen-za in mare. Tutta l’artiglieria ripescata fu provata ese non in buone condizioni mandata a fondere.

Il lavoro fu condotto con tanta accuratezza che siritenne non fosse stato lasciato alcun pezzo nel mare.

Molti fattori giocarono a favore del recupero ditutto quanto fosse possibile.

In primo luogo la buona stagione, poiché il ripe-scaggio poté essere effettuato nei mesi estivi, concalma di mare e temperature dell’acqua miti.

In secondo luogo la posizione delle navi, spiag-giate o a breve distanza dalla riva, in basso fondale.Molto materiale doveva trovarsi addirittura fuoridell’acqua.

Non sono da sottovalutare, tra l’altro, le condi-zioni socio-economiche del tempo. La città vivevaperiodi di carestia eccezionali e i palermitani, spin-ti dal bisogno, si sono sicuramente cimentati nelrecupero di ogni qualcosa potesse prospettarsi utileo fosse ritenuto di un qualche valore commerciale.

Le opere di trasformazione della costa e del portoeffettuate da allora ad oggi e i continui dragaggihanno fatto il resto.

Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene quin-di che sia improbabile rinvenire elementi consistentidella battaglia.

È possibile, comunque, che persistano tracce dellenavi della flotta di coalizione nella zona della mari-na e – in acque relativamente profonde – resti deibrulotti francesi, anche se tali navi, per loro naturae funzione, viaggiavano pressoché sguarnite di arma-menti, perché condannate al sacrificio.

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Individuazione geografica di massima dei luoghi in cui si andarono ad arenare le navi ispano-olandesi: 1] costa rocciosa tra Porta Felice e il Piano di S. Erasmo (Navidell’avanguardia); 2] scogli del Castello a Mare (Nave Reale di Spagna); 3] spiaggia detta “il Sammuzzo” (Navi del corpo di battaglia e della retroguardia). Base cartografica:

Palerme Capitale du Royaume 1713.

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La battaglia di Palermo fu oggetto di numerose raf-figurazioni realizzate a partire dalla fine del XVIIsecolo nel contesto della produzione di raccolte sulleprincipali battaglie navali e spedizioni marittime.

Tali opere, che si collocano soprattutto in ambi-to francese, potenza vincitrice, e che contribuironoa fissare e diffondere le immagini della battaglianelle epoche successive, sono di artisti famosi, spes-so pittori di marina.

Tra essi si annoverano i nomi di Sébastien Leclerc(1637-1714), Nicolas Ozanne (1728-1811), ThéodoreJean Antoine Gudin (1802-1880), Auguste EtienneFrançois Mayer (1805-1890).

Sébastien LECLERC [FIG. 1]Disegnatore e incisore. Nato a Metz nel 1637. Suo

padre, Laurent, orefice assai abile, gli insegnò i primielementi del disegno. S’applicò alla geometria e allafisica, e divenne particolarmente abile nella prospet-tiva. Nominato ingegnere geografo nel 1660, fuimpegnato a rilevare piante di città. Si recò a Parigi,

nel 1665, per un impiego nel Genio Civile. Nel 1672

Leclerc fu accolto all’Accademia Reale di pittura eincaricato come professore di prospettiva. Luigi XIVlo nominò incisore del suo gabinetto. Morì a Pariginel 1714.

Nicolas OZANNE [FIGG. 2-4]Nato nel 1728 a Brest, morto nel 1811 a Parigi.

Maestro di disegno delle Gardes du pavillon et de lamarine del porto di Brest. Fa parte di una dinastadi pittori, incisori e maestri di disegno. Alla com-pagnia delle Gardes de la marine, impiegati comeprofessori di disegno, non erano ammessi che nobi-li con esperienze di navigazione. Essi conoscevanopertanto i differenti tipi di navi, la tattiche, le bat-taglie navali, ecc. Ozanne ha realizzato piante dibatterie costiere, una serie di raffigurazioni riguar-danti i porti, disegni della spedizione di Minorca,un trattato sulla marina militare. Fu disegnatoredella marina a Versailles e artefice dell’istruzionemarittima di Luigi XVI, Luigi XVIII e Carlo X.

La Battaglia di Palermo nella iconografia celebrativa

La Flotte des Espagnoles et Hollandois brûlée a Palerme, 1676 Anonimo, sec. XVII. Coll.: Bibliothèque nationale de France. Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 40239.

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FIG. 1 La Bataille de Palerme Autore: Leclerc Sébastien, acquaforte, XVII secolo. Reperibilità: Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia diPalazzo Abatellis. Disegno realizzato per celebrare le grandi conquiste del Re. Inquadramento in passe-partout. Al centro, in alto, la testa di Febo, nel medaglione. A sinistra e adestra ghirlande d’armamenti. In basso cartiglio a decoro vegetale con descrizione della battaglia. La scena rappresenta navi che sparano colpi di cannone. A sinistra la città e ilporto di Palermo, dal quale si levano colonne di fumo. Molte navi in fiamme.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

I suoi insegnamenti furono particolarmente apprez-zati da Luigi XVI, che sviluppò un amore specialeper le carte e le stampe e per la navigazione.

Tra le opere più importanti, si ricorda: DEQUE-VAUVILLIER F., OZANNE N.M., Recueil decombats et d’expéditions maritimes... En 74 plan-

ches, dont 24 in-f° imprimées sur papier vélin, gravéeset mises au jour par Dequevauvillier, d’après les des-sins de N. Ozanne …, Parigi 1797. Nella raccoltasono incluse tre tavole che riguardano la Battagliadi Palermo, raffiguranti le fasi salienti dello scon-tro.

FIG. 2 Défaite complète de la flote combinée d’Espagne et de Hollande, à Palerme en 1676 Disegnato da N. M. Ozanne, inciso da F. Dequevauvillers. Opera diappartenenza: DEQUEVAUVILLIER F., OZANNE N.M., Recueil de combats et d’expéditions maritimes …, pl. 12, Paris 1797. Reperibilità: Biblioteca centrale della Regione Siciliana“Alberto Bombace”; Bibliothèque nationale de France. Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 39883. Schema planimetrico della battaglia.

FIG. 3 Commencement de l’attaque de la flote combinée d’Espagne et de

Hollande Disegnato da N. M. Ozanne, inciso da F. Dequevauvillers. Opera diappartenenza: DEQUEVAUVILLIER F., OZANNE N.M., Recueil de combats etd’expéditions maritimes…, pl. 13, Parigi 1797. Reperibilità: Bibliothèque nationale deFrance. Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 54886. Immagine d’insiemedella battaglia nel momento dell’inizio delle ostilità.

FIG. 4 Défaite complète de l’armée combinée d’Espagne et de Hollande

Disegnato da N. M. Ozanne, inciso da F. Dequevauvillers. Opera di appartenenza:DEQUEVAUVILLIER F., OZANNE N.M., Recueil de combats et d’expéditionsmaritimes …, pl. 14, Parigi 1797. Reperibilità: Bibliothèque nationale de France.Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 54887. La battaglia nella fasedella disfatta della coalizione.

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Théodore Jean Antoine GUDIN [FIG. 5]J’estime que la peinture de marines forme un genre

très distinct qui nécessite des études spéciales. Pour pein-dre la mer il faut avoir navigué [Th. Gudin].

Nato a Parigi, nel 1802, morto a Boulogne nel1880. Théodore Jean Antoine Gudin, detto Barone,fu pittore ufficiale della marina francese. Gudinsuperò gli esami di ingresso alla scuola navale, inFrancia, ma entrò nella marina americana. Imbarcatosiper una missione di sorveglianza della pesca nelleacque dell’isola di Terranova, fu spettatore di terri-bili naufragi. Di ritorno in Francia iniziò ad occuparsidi pittura marittima. Aprì uno studio. Ebbe subitogrande successo e gli furono commissionati dei dise-gni anche da parte di Carlo X. Fu nominato pittoredella marina reale e prese parte a delle spedizioni,come “reporter”. Luigi-Filippo lo nominò Baronee gli commissionò 90 tavole destinate a commemo-rare al museo di Versailles i principali episodi dellastoria navale di Francia. Viaggiò in Italia, in Russia,in Inghilterra. Nelle alterne vicende storiche man-tenne buone relazioni con tutti i poteri politici.Fondò la Società centrale di salvataggio dei naufra-gi. Nelle ultime fasi della vita cadde progressivamentenell’oblio.

Auguste Etienne François MAYER [FIG. 6]Brest, 1805-1890. Pittore, litografo e disegnatore.

Fu professore di disegno alla scuola navale. Viaggiòin Oriente, in Groenlandia e in Norvegia. Le sueopere rappresentano battaglie, navi, scene istorico-descrittive. Tra le sue opere sono famosi i disegnirelativi alla battaglia di Trafalgar, avvenuta nell’an-no della sua nascita.

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FIG. 6 Combat devant Palerme, livré par la flotte française, commandée par le

maréchal de Vivonne, à une flotte espagnole et hollandaise, 2 Juin 1676 InEpisodes maritimes, pl. 3. Disegnatore: Auguste Mayer, litografo: Léon Jean BaptisteSabatier, sec. XIX. Foto: © Musée national de la Marine, Paris / PH 33016.Rappresentazione di uno dei momenti culminanti della battaglia, con raffigurazioni didettaglio di grande eleganza.

FIG. 5 Bataille navale devant Palerme. 2 Juin 1676 Dipinto da Gudin, inciso da Chavane [XIX sec.]. Coll.: Musée du Louvre, Paris. Foto: © Musée national de la Marine, Paris /PH 80177. Raffigurazione ottocentesca della battaglia. È ben riconoscibile la sagoma di Monte Pellegrino. Fa parte di un trittico formato da: Combat naval en vue de l’ile deStromboli, 8 janvier 1676 [ottagonale]; Prise d’Augusta en Sicile, 23 août 1675 [circolare]; Bataille navale devant Palerme, 2 juin 1676 [ottagonale].I dipinti ad olio di riferimento, commissionati da Luigi-Filippo a Gudin per il museo storico di Versailles nel 1839, furono realizzati nel 1844. Luogo di conservazione: Versailles,musée national du château et des Trianons, aile nord des ministres.

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La Battaglia di Palermo attraverso le fonti

Combat naval de Palerme Autore: Académie Royale des Médailles et des Inscriptions, editore: Imprimerie Royale, 1702. Coll.: Bibliothèque nationale de France. Foto: © Muséenational de la Marine, Paris / PH 134964. Immagine della medaglia commemorativa realizzata in occasione della vittoria della flotta francese a Palermo. Vi è raffigurata unagalera, realizzata alla maniera antica, la cui poppa è ornata da un globo con tre gigli. La Vittoria, volando, posa una corona sul globo.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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DEQUEVAUVILLIER F., OZANNE N.M., Recueil de combatset d’expéditions maritimes, contenant des vues perspectives etpittoresques de ces combats, les plans particuliers des continens,isles et ports à la vue des quels ils ont eu lieu, le texte explicatifde chaque sujet et des remarques concernant le style ou lesprincipes à suivre dans les dessins de batailles pour l’intelligencede l’histoire. En 74 planches, dont 24 in-f° imprimées sur papiervélin, gravées et mises au jour par Dequevauvillier, d’après lesdessins de N. Ozanne …, Parigi 1797.

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ALESSANDRA NOBILI

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Un progetto di ricerca predisposto dalla Soprintendenzadel Mare per individuare i relitti delle navi spagno-le, olandesi e francesi affondate il 2 giugno 1676

durante la “Battaglia di Palermo” nelle acque anti-stanti il Castello a mare del golfo di Palermo, hareso necessaria la ricostruzione della linea di costaoriginaria dell’epoca.

Il cambiamento continuo della posizione dellalinea di costa per cause naturali (subsidenza, tra-sgressioni o regressioni marine) o artificiali (costruzionedi opere, barriere frangiflutti, discarica di detriti,escavazioni di fondali) crea un’indeterminazionemetrica nell’individuazione della zona con la piùalta probabilità di presenza di reperti. Pertanto, pereconomizzare sugli elevati costi di indagine diretta(visiva) e/o indiretta (strumentale geofisica), occor-re definire con chiarezza i riferimenti topograficidell’epoca.

Dalla “Battaglia di Palermo” ad oggi sono trascor-si trecentocinquanta anni circa; questo lasso di temponon è sufficiente per caratterizzare geologicamentela costa in modo evidente. Quindi per risalire alleoriginarie distanze fra il mare e i vecchi edifici anco-ra esistenti ci si è avvalsi di dati cartografici, mappe,dipinti, documenti, notizie storiche e stampe del-l’epoca, reperite al Gabinetto Disegni e Stampe dellaGalleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis,alla Biblioteca dell’Istituto Nautico Gioeni di Trabia,all’Ufficio tecnico dell’Autorità portuale di Palermoed alla Facoltà di Scienze Geologiche dell’Universitàdegli Studi di Palermo.

Gli elementi raccolti per la ricostruzione sono statiintegrati con notizie ricavate da vecchie fotografiedei primi anni del novecento, fornite da associazio-ni culturali, che documentano diverse fasid’ampliamento del porto di Palermo e dell’area cir-

costante: la costruzione delle banchine Quattroventi,Puntone, Sammuzzo, Cala, Piedigrotta, Lupa, deipontili Santa Lucia, Piave, Vittorio Veneto, dei baci-ni di carenaggio, della diga Foranea, dei moliTrapezoidale, Bersagliere, Sud e Nord e il raddop-pio della carreggiata della Cala, quest’ultimo realizzatointorno al 1980.

Nella maggior parte dei casi le opere d’amplia-mento del porto, facendo avanzare il fronte dellaterra, hanno progressivamente prelevato spazio almare e quindi in questi ultimi trecentocinquantaanni è avvenuto un avanzamento della terra sul mare.Operando a ritroso nel tempo, vediamo infatti chele vecchie ubicazioni della linea di costa documen-tano una posizione più arretrata della terra rispettoa quella attuale.

Tra gli elementi esaminati per la ricostruzionedella linea di costa particolarmente utile è stato ilraffronto fra la pianta prospettica di Paolo Amato(FIG. 1) e la pianta zenitale del marchese di Villabianca(FIG. 2) che riproducono le piante del porto palermi-tano, nel 1665 la prima e nel 1777 la seconda.

La linea di costa, nella pianta zenitale del marche-se di Villabianca nell’anno 1777, non presenta notevolivariazioni rispetto alla linea di costa rappresentatanella pianta prospettica di Paolo Amato nell’anno1665, tranne che nel tratto compreso tra l’attuale viaMariano Stabile e l’arsenale borbonico. La linea dicosta rappresentata nell’anno 1665 da Paolo Amatoè quella che si avvicina maggiormente all’andamen-to topografico del golfo di Palermo nell’anno 1676.

Osservando nel dettaglio la pianta del 1665 diPaolo Amato si nota che il mare era molto vicinosia all’Arsenale Borbonico, sia alle attuali costruzio-ni costiere della Cala e alle mura di cinta della cittàal Foro Italico. In particolare alla Cala, dove ora

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RICOSTRUZIONE DELLA LINEA DI COSTAIl profilo del Golfo di Palermo al tempo della battaglia DI ALESSANDRO URBANO

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Fig. 1 Porto palermitano 1665. Pianta prospettica di Paolo Amato, raffigurata nell’incisione di P. Petrini. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Siciliadi Palazzo Abatellis.

Fig. 2 Porto palermitano 1777. Pianta zenitale del marchese di Villabianca. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.

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sorge il molo sud, nel 1676 esistevano soltanto degliscogli affioranti su cui era posta una lanterna.

Nella stessa pianta, è visibile un corso d’acquaproveniente da Monte Pellegrino che sfociava inmare all’altezza dell’attuale mercato ortofrutticolo,quindi si deduce che l’area della attuale sottostazio-

ne dell’Ente Nazionale Energia Elettrica Quattroventi(ex centrale termica con le sue ciminiere) e della sta-zione metropolitana di piazza Giacchery, era totalmentericoperta dal mare.

Altra testimonianza della posizione della linea dicosta è la stampa di Carl Friedrich Werner del 1836

dove si può osservare la vicinanza del mare alla Chiesadella Catena alla Cala e alla fortezza del Castello amare (FIG. 3a). Degli stessi luoghi esiste un’identicariproduzione ad olio su tela del 1836 dello stessoautore (FIG. 3b).

Le ricerche hanno permesso di ricostruire la pro-babile linea di costa del golfo di Palermo dall’Acquasantaalla foce del fiume Oreto nell’anno 1676 (FIG. 4). La

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Ricostruzione della linea di costa

Fig. 3b Santa Maria della Catena. 1836. Olio su tela. di Carl Friedrich Werner. 1836. Fondazione Cassa di Risparmio.

Fig. 3a KIRCHE SAN MARIA DELLA CATENA BEI PALERMO - JAHR 1836. Carl F.Werner. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia diPalazzo Abatellis.

linea è riportata su uno stralcio dell’Istituto Idrograficodella Marina Italiana, Proiezione Mercatore. La lineadi costa dell’epoca evidenzia l’avanzamento dellaterra sul mare.

L’avanzamento è stato prodotto ad ovest della Caladai lavori di ampliamento del porto di Palermo e

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Fig. 4 Linea di costa 2 giugno 1676, tracciata sull’attuale configurazione.

Fig. 5 Linea di costa del Golfo di Palermo al 2 giugno 1676.

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ad est dalla discarica delle macerie della città distrut-ta dai bombardamenti della seconda guerra mondialenel 1945.

Asportando le costruzioni realizzate oltre la lineadi costa punteggiata si è ottenuta la linea di costadel golfo di Palermo, così come si affacciava sul marenel 1676 (FIG. 5).

In un dettaglio, si riporta l’area della fortezza delCastello a Mare, studiata dalla Sezione Archeologicadella Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientalidi Palermo, in occasione dei lavori di restauro (FIG. 6).

Gli schieramenti, prima della battaglia, delle flotteolandesi e spagnole (in verde) e delle flotte francesi(in rosso), individuati sulla base degli studi storici,sono stati raffigurati in rapporto alla linea di costa del1676 e in rapporto alla linea di costa attuale (FIGG. 7-8).

Le ricerche storiche effettuate consentono di affer-mare che le navi colpite in battaglia, trasportate dalvento e dalla corrente marina verso la costa, affon-darono nei bassi fondali e pertanto, per individuarela loro attuale posizione sono state disegnate primain rapporto alla linea di costa del 1676 (FIG. 9) e poiin rapporto all’attuale configurazione (FIG. 10).

Si nota che i relitti oggi sono ricoperti o dallemacerie della seconda guerra mondiale o dal mate-

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Ricostruzione della linea di costa

Fig. 6 Linea di Costa nell’area antistante il Castello a mare.

Fig. 7 Schieramento delle flotte prima della battaglia nell’anno 1676.

riale di riporto utilizzato per l’ampliamento del portoo da depositi fluviali alla foce dell’Oreto.

A corredo del presente studio è opportuno ricor-dare che nella fase di costruzione dell’impianto disollevamento delle acque reflue al Foro Italico, ilServizio Coordinamento Ricerche ArcheologicheSottomarine (oggi Soprintendenza del Mare), al fine

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Fig. 8 Schieramento delle flotte prima della battaglia sull’attuale configurazione.

Fig. 9 Posizionamento dei relitti dopo la battaglia di Palermo del 2 giugno 1676.

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Ricostruzione della linea di costa

Fig. 10 Posizionamento dei relitti della battaglia di Palermo del 2 giugno 1676.

Fig. 11 Localizzazione del saggio per lo scavo dell’impianto di sollevamento al Foro Italico.

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di verificare l’eventuale presenza di relitti della bat-taglia del 2 giugno 1676, ha seguito le fasi disbancamento fino alla quota del fondo marino (FIG.

11), ma dall’esame del materiale estratto non si èriscontrato nulla che avesse relazione con i relitti.

Conclusioni

La ricostruzione della linea di costa nell’anno 1676,integrata con gli studi storici, permette di afferma-re che la maggior parte dei relitti che hanno superatola depredazione e gli incendi durante gli attacchinemici, se non dragati durante l’ampliamento delporto, si trovano: una prima parte interrati sotto lebanchine del nuovo porto di Palermo, una secon-da parte sotto le macerie della guerra riportate alForo Italico ed un’ultima parte sul fondo marinoalla foce del fiume Oreto.

Per la ricerca dei relitti occorre andare ad indivi-duare l’eventuale presenza dei cannoni delle navi,perché si preservano più degli altri elementi in

ambiente marino e soprattutto perché sono facil-mente rintracciabili con le indagini geofisiche. Inparticolare, i cannoni interrati possono essere ricer-cati tramite dei sondaggi elettrici verticali o con ilmetodo gravimetrico; mentre i cannoni dispersi inmare possono essere ricercati con un magnetome-tro differenziale supportato da un remote operatingvehicle.

RIFERIMENTI ICONOGRAFICI

Porto palermitano 1665 - Pianta prospettica di Paolo Amato,raffigurata nell’incisione di P. Petrini. Palermo, GabinettoDisegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia diPalazzo Abatellis.

Porto palermitano 1777 - Pianta zenitale del marchese diVillabianca. Palermo, Gabinetto Disegni e Stampe dellaGalleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.

Stampa di Carl F. Werner “KIRCHE SAN MARIA DELLACATENA BEI PALERMO JAHR 1836”. Palermo, GabinettoDisegni e Stampe della Galleria Regionale della Sicilia diPalazzo Abatellis.

Olio su tela Carl Friedrich Werner. 1836. Raffigurante la chiesadi Santa Maria della Catena. 1836. Pubblicato sul testo diSergio Troisi Vedute di Palermo, Palermo 1991, fig. 41.

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La ricerca, direttamente sui luoghi, dei resti dellac.d. Battaglia di Palermo prevede fondamentalmen-te due fasi:– individuazione delle aree da indagare;– scelta delle metodologie di indagine.

Per la prima fase (determinazione delle aree daindagare) è necessario riferirsi ai dati di caratterestorico e geologico.

Una sovrapposizione della rappresentazione pla-nimetrica della posizione delle flotte in battaglia(archivio del Museo Nazionale della Marina di Parigi)con la corrispondente ortofoto del Golfo di Palermo(FIG. 1) permette di determinare la posizione e l’e-stensione delle aree interessate sia dalla presenza dinavi, sia dagli scontri.

Sono escluse dalle indagini le aree interessate intempi successivi alla battaglia da dragaggi in areaportuale.

Mediante rilievo di massima con ausilio di GPS èstata verificata la posizione, sull’ortofoto, del peri-metro del Castello a Mare di Palermo e della vecchialinea di costa ad esso antistante, individuati dallaSoprintendenza BB.CC.AA. di Palermo con scavimirati. Ciò ha permesso di evidenziare le aree che,oggi inglobate nella struttura del Molo Trapezoidale,al tempo della battaglia risultavano coperte dal mare.Pare evidente come i resti della nave ammiraglia spa-gnola “Nuestra Señora del Pilar”, arenatasi sullascogliera del castello, debbano essere ragionevolmen-te pensati sepolti in area ormai urbanizzata (FIG. 2).

Il tipo di fondale e la potenza degli strati permet-teranno di determinare le caratteristiche tecnichedelle strumentazioni necessarie alle indagini.

La seconda fase, ovvero la scelta dei metodi diindagine opportuni, viene condotta tenendo contodelle verifiche e delle determinazioni già descritte.

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INDAGINI STRUMENTALIIpotesi di ricerche nelle acque del Golfo di Palermo volte alla scoperta dei resti riferibili al combattimento navale DI GAETANO LINO

Fig. 1 Posizione delle flotte in relazione all’attuale linea di costa.

Fig. 2 Evidenziata la variazione della linea di costa in area Castello.

Fig. 3 Area da indagare con ausilio di: S.S.S., M.B., S.B.P.

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Vista la grande estensione dell’area di possibiledispersione di reperti (ha 550), l’indagine sistema-tica di tipo strumentale pare essere la più opportuna.

Si prevede l’indagine dell’intera area con uso diSide Scan Sonar (S.S.S.), Sub Bottom Profiler (S.B.P.),Multi-Beam (M.B.) (FIG. 3).

Per le sole aree invece in cui si è pensato possano esse-re avvenuti gli scontri diretti, complessivamente esteseha 155, si prevede una indagine mirata al rilievo di massemetalliche con l’ausilio del Gradiometro (FIG. 4).

Le indagini S.S.S., S.B.P., M.B. si prevede chesiano effettuate contemporaneamente con striscia-te in direzione Nord-Sud con assi distanziati di m100 allo scopo di ottenere una sovrapposizione dellestesse pari almeno al 30% (FIG. 5).

La navigazione assistita da un sistema di posizio-namento GPS differenziale permette di avere certezzadi totale copertura delle aree.

Dai dati forniti dal S.S.S. e dal M.B. si possonoottenere dettagliate informazioni su natura e oro-grafia del fondale, allo scopo di individuare targetovvero aree di anomalia morfologica e geometrica,congruenti con resti di naufragi (FIGG. 6-6bis, 7).

Dai dati forniti dal S.B.P. si può desumere la stra-tigrafia del fondale in corrispondenza della linea dinavigazione. Dopo l’eventuale individuazione di

target, l’indagine con S.B.P. potrà essere ancora utileper la verifica della stratigrafia relativa.

Dall’indagine mediante gradiometro, da effettuaresu linee distanti m 30 (FIG. 8), è possibile ottenere una

GAETANO LINO

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Fig. 4 Area da indagare con ausilio del Gradiometro.

Fig. 5 Linee di navigazione equidistanti m 100 (S.S.S., M.b., S.B.P).

Figg. 6, 6bis S.S.S.-S.B.P. e cartografia relativa tipo.

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cartografia dettagliata delle anomalie magnetiche, selet-tiva in relazione ad una stabilita soglia della variazionedel campo magnetico terrestre. Il valore di tale sogliaviene scelto in funzione dell’entità delle masse ricer-cate, della possibile posizione e natura dello strato.

Le notizie storiche indicano come in generalele navi si siano arenate sulla scogliera e siano state

presto spogliate dei cannoni di bordo. Inoltre risul-ta che le uniche navi totalmente perdute peraffondamento siano stati alcuni brulotti che ingenere, in quanto destinati al sacrificio, venivanopreventivamente privati delle attrezzature di pre-gio.

Nonostante ciò, pare comunque possibile il rin-venimento di quei cannoni non immediatamenterecuperati oltre alle parti metalliche dei brulottiaffondati quali attrezzature di bordo e parti strut-turali (FIGG. 9-12).

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Indagini strumentali

Fig. 7 Esempio di D.T.M. del fondale da Multi Beam.

Fig. 8 Linee di navigazione equidistanti m 30 (Gradiometro).

Fig. 9 Reperti metallici (parte strutturale di nave del sec. XVII). Foto archivio Soprintendenza del Mare.

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Fig. 10 Cannoni e palle di cannone in ferro (sec. XVII). Foto archivio Soprintendenza del Mare.

Fig. 11 Bozzello in bronzo, ferro e legno (sec. XVII). Foto archivio Soprintendenza del Mare.

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Indagini strumentali

Fig. 12 Gancio in ferro (sec. XVII). Foto archivio Soprintendenza del Mare.

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FINITO DI STAMPARE DALLAOFFICINE GRAFICHE RIUNITE SPA - PALERMONEL MESE DI MARZO 2009

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Copia fuori commercio. Vietata la vendita A cura di Alessandra NOBILI e M. Emanuela PALMISANO

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2 giugno 1676Scontro nel Golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese

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