LXXIII RIUNIONE SCIENTIFICA SIPS EBOLA - CONOSCENZA E ... e tecnica...

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MENSILE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXXVII - NN. 530-531-532 ott.-nov-dic. 2014 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma L’ L’ evento si è svolto il 2 dicembre alle ore 16,00 presso la Biblioteca Centrale del CNR, piazzale Aldo Moro.7. Tra le atti- vità istituzionali della Società Italiana per il Pro- gresso delle Scienze figura anche lo svolgimento di Riunioni scientifiche, previste dallo Statuto fin dal 1839, che pongano una costante attenzione -con approccio interdisciplinare- alla funzione della scienza come fattore di crescita culturale e sociale non disgiunta da quella economica. Per cui si è sempre approfondito il tema dell’organizzazione della ricerca scientifica -sia pubblica che privata - e della diffusione della cultura e dell’informazione scientifica anche tra il pubblico di non addetti ai lavori, al dine di sensibilizzare sui vari temi dibat- tuti l’opinione pubblica. In questi ultimi decenni queste tematiche sono state coltivate con particola- re attenzione rivolta alle politiche dell’Unione Europea per la ricerca scientifica sia di medio che di lungo periodo. Riferendosi a problemi di carattere infrastruttu- rale e trasversale, le analisi della SIPS intendono for- nire non solo contributi di carattere interdisciplinare ma anche profili e metodi di interrelazione tra i sin- goli fattori formativi e operativi che sono a fonda- mento dello sviluppo del Paese. Per cui le proposte operative scaturenti dagli approfondimenti e dalle iniziative della SIPS privilegiano costantemente il criterio della concretezza e fattibilità sotto il profilo culturale congiunto a quello sociale ed economico. La giornata congressuale si è proposta di offri- re un’occasione d’informazione scientificamente validata con approfondimenti e valutazioni sul tema dell’“Ebola”. Un evento questo che comporta e impone una pluralità di approcci e attenzioni da parte della comunità scientifica: ne sono coinvolti non solo il mondo della ricerca biomedica, della salute dei singoli e della sanità collettiva, ma anche quello dei trasporti e delle comunicazioni, del turi- smo, dell’assistenza sociale, della protezione delle collettività e delle nazioni, degli scambi internazio- nali e delle relative economie. Il tutto avviene nel contesto di crescenti impe- gni internazionali rivolti a sostenere le popolazioni colpite e nell’acuita necessità di non congelare i rapporti per non pregiudicare ulteriormente le eco- nomie del mondo occidentale. Per cui, su un tema di tale portata la comunità scientifica viene coinvol- ta -e per questo essa propende a rispondere solleci- tamente- non solo sul piano della produzione di nuove conoscenze, di sussidi terapeutici e di meto- diche appropriate, ma anche su quello dell’informa- zione e della comunicazione scientifica. Un’infor- mazione tempestiva e scientificamente ineccepibile è essenziale per sbarrare il passo al diffondersi di notizie infondate, alla creazione di miti e leggende a cui la “rete” fa da moltiplicatore incontrollato. Su questa linea -rispetto a un fenomeno sostan- zialmente in itinere- risulta essenziale la conoscen- za delle “fonti” di informazioni scientificamente valide a cui attingere, non meno che delle informa- zioni stesse. L’iniziativa della SIPS ha inteso offrire un contributo con questo spirito e con lo sguardo rivolto non solo e non tanto alla comunità scientifi- ca in senso stretto quanto agli operatori sul territo- rio, agli studenti, al mondo dei naturae curiosorum ispirati dal bisogno di entrare in possesso di cono- scenze e indicazioni metodologiche ineccepibili. Riferendo l’attenzione più in particolare alla LXXIII RIUNIONE SCIENTIFICA SIPS EBOLA - CONOSCENZA E PREVENZIONE 2014

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MENSILE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZEANNO LXXVII - NN. 530-531-532 ott.-nov-dic. 2014 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

L’L’ evento si è svolto il 2 dicembre alle ore16,00 presso la Biblioteca Centrale delCNR, piazzale Aldo Moro.7. Tra le atti-

vità istituzionali della Società Italiana per il Pro-gresso delle Scienze figura anche lo svolgimento diRiunioni scientifiche, previste dallo Statuto fin dal1839, che pongano una costante attenzione -conapproccio interdisciplinare- alla funzione dellascienza come fattore di crescita culturale e socialenon disgiunta da quella economica. Per cui si èsempre approfondito il tema dell’organizzazionedella ricerca scientifica -sia pubblica che privata - edella diffusione della cultura e dell’informazionescientifica anche tra il pubblico di non addetti ailavori, al dine di sensibilizzare sui vari temi dibat-tuti l’opinione pubblica. In questi ultimi decenniqueste tematiche sono state coltivate con particola-re attenzione rivolta alle politiche dell’UnioneEuropea per la ricerca scientifica sia di medio chedi lungo periodo.

Riferendosi a problemi di carattere infrastruttu-rale e trasversale, le analisi della SIPS intendono for-nire non solo contributi di carattere interdisciplinarema anche profili e metodi di interrelazione tra i sin-goli fattori formativi e operativi che sono a fonda-mento dello sviluppo del Paese. Per cui le proposteoperative scaturenti dagli approfondimenti e dalleiniziative della SIPS privilegiano costantemente ilcriterio della concretezza e fattibilità sotto il profiloculturale congiunto a quello sociale ed economico.

La giornata congressuale si è proposta di offri-re un’occasione d’informazione scientificamentevalidata con approfondimenti e valutazioni sul temadell’“Ebola”. Un evento questo che comporta eimpone una pluralità di approcci e attenzioni daparte della comunità scientifica: ne sono coinvoltinon solo il mondo della ricerca biomedica, dellasalute dei singoli e della sanità collettiva, ma anchequello dei trasporti e delle comunicazioni, del turi-smo, dell’assistenza sociale, della protezione dellecollettività e delle nazioni, degli scambi internazio-

nali e delle relative economie.Il tutto avviene nel contesto di crescenti impe-

gni internazionali rivolti a sostenere le popolazionicolpite e nell’acuita necessità di non congelare irapporti per non pregiudicare ulteriormente le eco-nomie del mondo occidentale. Per cui, su un temadi tale portata la comunità scientifica viene coinvol-ta -e per questo essa propende a rispondere solleci-tamente- non solo sul piano della produzione dinuove conoscenze, di sussidi terapeutici e di meto-diche appropriate, ma anche su quello dell’informa-zione e della comunicazione scientifica. Un’infor-mazione tempestiva e scientificamente ineccepibileè essenziale per sbarrare il passo al diffondersi dinotizie infondate, alla creazione di miti e leggende acui la “rete” fa da moltiplicatore incontrollato.

Su questa linea -rispetto a un fenomeno sostan-zialmente in itinere- risulta essenziale la conoscen-za delle “fonti” di informazioni scientificamentevalide a cui attingere, non meno che delle informa-zioni stesse. L’iniziativa della SIPS ha inteso offrireun contributo con questo spirito e con lo sguardorivolto non solo e non tanto alla comunità scientifi-ca in senso stretto quanto agli operatori sul territo-rio, agli studenti, al mondo dei naturae curiosorumispirati dal bisogno di entrare in possesso di cono-scenze e indicazioni metodologiche ineccepibili.

Riferendo l’attenzione più in particolare alla

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II l 2014 si è concluso, tra l’altro, con una grandecrisi sanitaria in un delle aree più povere del

mondo e non è stata una casualità ma l’effetto di unmodo di fare “ricerca” di oggi: si fa poca ricerca equella che si fa deve avere un ritorno economicoimmediato per cui lo sviluppo di un vaccino control’Ebola da “vendere” ai soli africani non era un buon“business”. La Sips ha voluto, comunque, impegnarela Sua LXXIII Riunione proprio su questa malattia.Da sempre sosteniamo che la cultura sia il motoredell’innovazione e come senza innovazione non ci siaprogresso né crescita: anche per avere sviluppo indu-striale occorrono istruzione e ricerca scientifica.

Senza cultura si corre il rischio di mistificarequalsiasi “dato” anche quello relativo al conosciutis-simo PIL come ci mostra Roberto Vacca nel suo IlPIL diminuisce? Di quanto? Migliorarne i contenu-ti!. Ma non per tutti la cultura alberga nella scuola,su cui si investe sempre meno anche se si cerca dimigliorarla –almeno a parole- come si evince dalloscritto –già pubblicato su lavoce.info- di DanieleChecchi e Maria De Paola Autovalutazione delle

Scuole: esercizio con rischio.Un plauso per l’attività di trasmissione della

conoscenza va al nostro consocio Giuseppe MarinoNardelli che sta facendo qualcosa di encomiabile conil suo Progetto di Studio prof. Giuseppe Maria Nar-delli dedicato - come intuibile- all’opera del com-pianto genitore, emerito Socio di questa istituzione.Un plauso meriterebbero anche USA e Cina, ma perfarlo aspettiamo la conferenza di Parigi, per sapernedi più -qualcosa di più- è sufficiente leggere il miopezzo Parigi 2015.

La cultura dovrebbe aiutarci a vivere anche inun Mondo in cui il clima gioca brutti scherzi (scherziche hanno convinto USA e Cina a più miti consigli)come suggerisce il libro Calamità naturali e coper-ture assicurative il risk management nel governo deirischi catastrofali decritto dal suo stesso autoreAntonio Coviello.

Infine qualche notizia presa dalla rete, e nonsolo, con un filo conduttore: scoperte scientifiche eprogresso tecnologico al servizio dell’umanità.

Buon 2015!

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situazione del nostro Paese, caratterizzato da perdu-ranti difficoltà di rilancio dello sviluppo e dell’oc-cupazione, potrebbe risultare istintivo evocare sce-nari apocalittici comportanti ulteriore stasi ancheper la nostra economia. Orbene, un particolare con-tributo che la SIPS intende offrire sta nel combatte-re anche nel prossimo futuro il diffondersi di scena-ri tanto allarmanti quanto irrazionali e di contrap-porre, invece, misure basate su previsioni e su pro-fili reattivi sempre scientificamente basati.

La Riunione si è svolta secondo programmaalle ore 16:10 il prof. Casolino portavoce del presi-dente della SIPS, ha portato i saluti istituzionali e,compiacendosi della presenza dell’aeronautica mili-tare nella persona del colonnello De Rosa, ha auspi-cato un buon lavoro passando la parola al prof.Francesco Balsano che è stato il chairman dell’e-

vento e ha introdotto il tema congressuale con unapanoramica sulle finalità dell’evento e dell’argo-mento in questione. Si sono così succeduti, come daprogramma, il prof. Giuseppe Ippoliti (dello Spal-lanzani) con una relazione dal titolo Epidemiologiae strategie di intervento; la dr.ssa Maria RosariaCapobianchi che ha relazionato su Ebola: il virus ela patogenesi; la dr.ssa Clara Balsano con la rela-zione Diagnostica clinica e diagnostica differenzia-le nelle malattie da virus Ebola; a seguire la dr.ssaDaniela D’Alessandro con Misure di protezioneindividuale ed ambientale. Alle relazioni sonoseguiti gli interventi programmati quali quello delColonnello dell’Arenautica militare Roberto Biselli;ha chiuso i lavori il prof. Balsano.

Al più presto saranno pubblicati gli Atti dellaRiunione con le relative relazioni e interventi.

REDAZIONALE

IL PIL DIMINUISCE? DI QUANTO?MIGLIORARNE I CONTENUTI!

L’L’economia è in crisi: non ci sono soldi. L’ine-guaglianza cresce: i ricchi diventano molto

più ricchi e i poveri più poveri. Ci sono più disoccu-pati (specie giovani), aziende che perdono o riduco-no i profitti, negozi che chiudono, enti pubblici che

non funzionano per mancanza di fondi. Non cresce laricchezza che produciamo. Ma la misuriamo male.

Fino a poche settimane fa sembrava che il PIL,il Prodotto Interno Lordo. dovesse diminuire nel2014 di poco più di metà dell’1%. I giornali titola-

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vano: Italia in ginocchio; Siamo il fanalino di codadell’Europa. Quest’ultima conclusione era confer-mata dalle previsioni di crescita di alcuni punti per-centuali del PIL di Svezia, Estonia, Lettonia, Litua-nia, Lussemburgo, Polonia, Romania, Uk, Svizze-ra, Islanda. Ora sembra che il nostro PIL caleràforse solo dello 0,4% - ma il pessimismo dilagaancora. Per capire se sia giustificato, definiamo itermini e analizziamo i numeri.

Il prodotto interno lordo è la somma di: profittidi imprese e individui, interessi, affitti, stipendi esalari, tasse indirette [cioè: entrate]. Si definisce inmodo equivalente come la somma di consumi, inve-stimenti, spese governative, più esportazioni e menole importazioni [cioè: spese]. Le spese devono essereidentiche alle entrate - teoricamente. Il manuale dieconomia del Nobel Paul Samuelson (edizione 1980)le riporta per il 1978 con il valore (per gli USA) di2.127,60 miliardi di dollari.

Domanda chiave: mentre ripetiamo che in Italiail PIL sta calando di circa metà dell’1%, con che pre-cisione ne conosciamo il valore?

Finora non sapevamo rispondere. Ora, però, S.B.Aruoba (Università del Maryland), F.X. Diebold ecollaboratori (Università di Pennsylvania) e J.Nalewaik (Federal Research Board) hanno pubblicatoun’analisi profonda e originale1. Il PIL è una misurapoco precisa: i dati che lo compongono vengono talo-ra trasmessi con ritardo o sono affetti da errori. Gliautori citati hanno desunto separatamente dai datifederali USA la somma delle entrate e la somma dellespese e hanno visto che sono diverse! hanno utilizza-to i dati di questa discrepanza per un’analisi probabi-listica, che permette di stimare le entità degli errori dacui questo importante parametro può essere affetto.

In modo pragmatico altri economisti hannodeterminato le incertezze da cui sono affetti i valoridel PIL di vari paesi. Fra questi, il centro di Ricerchedalla Banca Federale tedesca ha valutato gli errorinella determinazione del PIL della Svizzera dal 1980al 2002: il diagramma che segue, mostra che l’incer-tezza è di un +3%2. Non ho trovato dati per il PIL ita-liano: è improbabile che venga determinato in modopiù accurato di quello svizzero. Quindi non ha sensodiscutere su variazioni del valore del parametro cheabbiano entità inferiore a quella dell’errore probabileda cui è affetto. Anche una variazione di pochi per-cento non è un tragedia. Ben diverso il caso dellaGRANDE CRISI: il prodotto interno USA nel 1929

era di 95,2 miliardi di dollari - nel 1933 fu quasidimezzato a 48,6 miliardi. Il PIL italiano diminuì dal1929 al 1933 solo del 5%, dato che l’economia era inprevalenza agricola.

La stessa definizione del PIL implica paradossiben noti. Quando si verifica un ingorgo stradale emigliaia di macchine immobili con il motore accesoconsumano benzina senza utilità per nessuno, il PILcresce. In generale: ogni volta che qualcuno produce

SOMMARIOLXXIII Riunione scientifica SIPSEbola - conoscenza e prevenzione 2014 pag. 1Redazionale » 2Il Pil diminuisce? Di quanto? Migliorarne i contenuti » 2Autovalutazione delle scuole: esercizio con rischio » 4Il “Progetto di studio prof. Giuseppe Maria Nardelli”,programma e ambizioni per il 2015 » 7Parigi 2015 » 9Calamità naturali e coperture assicurativeil risk management nel governo dei rischi catastrofali » 11NOTIZIARIO a cura della RedazioneItaliani scoprono il ruolo della proteina “alleata”del cancro » 12Scoperto il farmaco che aiuta la plasticità del cervello » 13Un’alternativa economica al grafene » 13horizon 2020, 485 milioni per la ricerca europea » 13La Nasa studierà Venere dall’alto, con dei dirigibili » 14Marte produce metano variabile,possibile indizio di vita » 14Sovrappopolazione, nel 2050 saremo più di 9 miliardi » 15Una nuova misteriosa fase della materia,nemica della superconduttività » 15

Misura degli errori nella determinazione del PIL trime-strale della Svizzera dal 1980 al 2002 (Fonte: kugler et al.Measurement errors in GDP)

1 S.B. ARUOBA, F.X. DIEBOLD, J. NALEwAIk, F. SChORFhEIDE, D. SONG, Improving GDP Measurement: A Measurement-Error Per-spective, Paper No.18954, Dec.5, 2014, National Bureau of Economic Research.2 P. kUGLER, T.J. JORDAN, C. LENZ, M.R. SAVIOZ, Measurement errors in GDP and forward-looking monetary policy: The Swiss case.Studies of the Economic Research Centre, No 31/2004, Deutsche Bundesbank.

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beni che vengono acquistati da altri per sprecarli, ilprodotto interno lordo cresce e tutti sembrano artifi-cialmente un po’ più ricchi, mentre solo alcuni “com-mercianti” ne traggono vantaggio.

Ben più importante del valore assoluto del PIL èl’analisi del suo contenuto, della qualità dei prodottie dei servizi, del relativo valore aggiunto e dei fattorida cui dipendono. La Commissione Europea ha pub-blicato la classifica al 2013 dei 27 paesi dell’Unionein base al livello di innovazione raggiunto, espressoda un indice (compreso fra 0 e 1) funzione di 25 indi-catori (lauree, ricerca scientifica, investimenti pubbli-ci e privati in ricerca e sviluppo, brevetti, etc.) L’isto-gramma illustra la situazione.

In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e svi-

luppo sono lo 0,53 del PIL (0,71 della media europea)e quelli privati sono lo 0,69 del PIL (0,52 della mediaeuropea). Questo divario dura da più di 30 anni. Non èsolo questione di investimenti ma di cultura media. Lapercentuale della popolazione che ha completato l’e-ducazione terziaria è in Italia il 21,7%: la media euro-pea è 35,8%. Con l’Irlanda al 51,1 %; Cipro, Lussem-burgo, Lituania al 50%; Uk al 47,1%; Danimarca,Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia, Belgio al 44%.A un livello più basso dell’Italia c’è solo la Turchia.

L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzio-ne e negli investimenti in ricerca e sviluppo partico-larmente nel settore privato. I 4 Paesi europei piùinnovatori (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia)hanno un PIL pro capite del 25% più alto del nostro eil loro PIL cresce ogni anno di 4 punti percentuali piùdel nostro. Se innovassimo come loro ogni anno ilPIL crescerebbe di 60 miliardi di Euro, rispetto aiquali certi risparmi di cui si parla molto (pure oppor-tuni) - appaiono trascurabili.

Gli imprenditori, quindi, non hanno ragione nelchiedere solo flessibilità negli adempimenti burocra-tici (che pure ci vuole), devono raddoppiare gli inve-stimenti in ricerca e sviluppo e assumere giovanieccellenti che producano invenzioni. Devono crearereti di collaborazione con industrie grandi e piccole,italiane e straniere. Lavoro e prosperità si creano stu-diando e inventando.

ROBERTO VACCAIngegnere, Scrittore, Divulgatore scientifico,

Saggista e Matematico

Da sinistra a destra: 4 leader (Svezia, Danimarca, Germania, Fin-landia); di seguito: 10 innovatori di seconda classe; 11 innovatorimoderati e 3 innovatori scarsi. La Svezia sta a 0,75. La media dei 27Paesi sta a 0,55. L’Italia sta fra gli innovatori moderati a 0,44 - al15° posto su 27 - dopo Estonia, Slovenia, Cipro - tutti sotto la media.

AUTOVALUTAZIONE DELLE SCUOLE:ESERCIZIO A RISCHIO

DD al 2015 tutte le scuole statali saranno coin-volte in un processo di autovalutazione. Ilproblema è che potrebbero non avere tutte

le informazioni necessarie per compilare il rappor-to. Dati disomogenei potrebbero portare a valuta-zioni errate. Linee guida del ministero e priorità dimiglioramento.

Il 27 novembre 2014 è stato presentato al Miuril format che servirà agli istituti scolastici per pro-durre, entro l’estate 2015, il loro primo rapporto diautovalutazione.

Il rapporto di autovalutazione è composto dacinque sezioni (contesto, esiti, processi, processo diautovalutazione, individuazione delle priorità) che

dovranno essere compilate dagli istituti scolasticifacendo riferimento a ben quarantanove indicatori.Nella sezione “contesto”, la scuola deve analizzarel’ambiente in cui opera e le risorse di cui dispone.Nelle sezioni “esiti” e “processi” è chiamata aesprimere un giudizio sulla propria performance: sitratta di valutare gli “esiti” in termini di risultati agliscrutini, abbandoni, risultati ai test Invalsi, compe-tenze chiave e di cittadinanza, successo negli studisecondari di II grado, prosecuzione negli studi uni-versitari, successo negli studi universitari, inseri-mento nel mondo del lavoro.

La valutazione dei “processi” riguarda, invece,le pratiche educative e didattiche e quelle gestionali

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e organizzative (a esempio, offerta di formazioneagli insegnanti, impatto delle assenze dei docentisull’organizzazione didattica, collaborazione tra gliinsegnanti, partecipazione dei genitori, eccetera).Seguono due sezioni relative al processo di autova-lutazione della scuola (composizione del nucleointerno di autovalutazione, procedure adottate nellaredazione del rapporto) e alla individuazione dellepriorità relative al miglioramento degli esisti deglistudenti e dei processi che possano generarli.

DOVE SI TROVANO I DATICosa serve affinché questo meccanismo funzio-

ni? Servono dati accurati, che permettano di fotogra-fare la situazione della scuola e di compararla conquella di altre simili. Quelli necessari alla compila-zione del rapporto di autovalutazione provengono danumerose fonti: La scuola in chiaro, Invalsi, Miur ealtri ancora. Alcuni, come quelli che alimentano idatabase di “La scuola in chiaro”, sono forniti dallestesse scuole. Sul sito “La scuola in chiaro” i datiappaiono aggiornati al 9 ottobre del 2012.

Nell’anagrafica sono censite 72.356 scuole sta-tali e paritarie. I dati raccolti riguardano alcunecaratteristiche della popolazione scolastica, alcuniindicatori degli esiti formativi e alcuni indicatorirelativi alle risorse economiche e professionali. Tut-tavia, finora, i dati sono disponibili solo per alcunescuole. A esempio, si hanno informazioni sugliabbandoni scolastici solo per 12.469 scuole, mentrequelle relative al numero di ripetenti riguardano27.657 scuole. Mancano informazioni sui bilanci di63.559 scuole.

La maggioranza dei dati relativi agli indicatoridi processo sono forniti da un “questionario scuole”e da un “questionario insegnanti” proposti da Inval-si e introdotti sperimentalmente quest’anno per laprima volta in un campione di scuole. Allo statoattuale non è, quindi, chiaro quale meccanismo ilministero intenda adottare affinché tutte le scuolepossano disporre nei tempi previsti delle informa-zioni necessarie a definire molti dei quarantanoveindicatori previsti dal Rapporto di autovalutazione.C’è il rischio reale che una parte consistente degliindicatori di riferimento esterni siano assenti alladata di compilazione del rapporto o che -peggioancora- siano calcolati in base alle informazioni for-nite da un sotto-campione di scuole auto-seleziona-te e, quindi, non rappresentative.

Vi è, inoltre, un problema di dettaglio del-l’informazione. I valori di riferimento esterni oggiesistenti, a esempio, sui dati “La scuola in chiaro”sono a livello regionale o nazionale. Si tratta di un

livello di aggregazione inadeguato per effettuareconfronti appropriati. Ogni scuola dovrebbe potercomparare la propria performance con quella di isti-tuti che operano con una popolazione di studenti ilpiù simile possibile alla propria e che godono dirisorse simili alle proprie. Non è chiaro dunque inche modo si intende procedere per consentire allescuole di avere questo tipo di informazione.

I dati Invalsi permettono di comparare scuolecon popolazioni di studenti simili ma non fornisco-no molte indicazioni sulle risorse disponibili. Biso-gna, infine, considerare che mentre le misure diperformance relative agli “esiti” (fatta eccezioneper le “competenze chiave e di cittadinanza”, chedovranno essere misurate sulla base di indicatorielaborati dalle scuole) sono misure “oggettive” nontroppo difficili da verificare, quelle relative ai pro-cessi fanno spesso riferimento a indicatori basatisulle risposte fornite dalle stesse scuole al questio-nario Invalsi e potrebbero essere soggette a manipo-lazioni. La disponibilità di questi dati rappresenta,comunque, un punto di partenza importante per riu-scire a effettuare qualsiasi tipo di valutazione.

Con questa operazione, il Miur sembra avergettato il cuore oltre l’ostacolo, pur di avviare l’o-perazione nei tempi previsti (per esempio dalla let-tera del ministro Padoan a Bruxelles). Bisogna esse-re consapevoli che alcune banche dati indispensabi-li per il calcolo degli esiti (per esempio l’Anagrafestudenti in riferimento alle transizioni all’ordinescolastico superiore) sono ancora incomplete e pos-sono, quindi, fornire immagini sfuocate della realtàche invece si vuole mettere dettagliatamente a nudo(per esempio i tassi di abbandono degli early schoolleavers).

Se i dati a disposizione non sono omogenei, sirischia di premiare le scuole che sanno meglio uti-lizzarli per giustificare la propria performance (peresempio perché hanno esperienza pregressa di prati-che di autovalutazione). Infatti, le scuole possonomotivare il giudizio di autovalutazione facendo rife-rimento ad altri dati che sono in loro possesso, oltre

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che agli indicatori di riferimento esterni. Ciò toglieomogeneità al processo e genera il rischio che lescuole impieghino risorse eccessive nel reperimentodi questi dati. Inoltre, le scuole capaci di reperiredati più dettagliati potrebbero anche esprimere giu-dizi di autovalutazioni più “benevoli”, perché ingrado di motivarli.

LA QUESTIONE DELLE PRIORITÀ DI MIGLIORAMENTOQuesto riapre il tema più ampio dei vantaggi

relativi dei due approcci che si confrontano sultema della valutazione: autovalutazione o valutazio-ne esterna? Senza pretesa di dar conto di un dibatti-to che in letteratura è stato ampiamente trattato, cilimitiamo a ricordare che i sostenitori della primacitano la capacità di coinvolgimento del soggettovalutato in processi di miglioramento, mentre i fau-tori della seconda ritengono che i soggetti a valuta-zione debbano essere valutati comparativamente traloro e che non gli si possa concedere la scelta delledimensioni valutative.

Questo rinvia al problema più generale dellascelta delle priorità di miglioramento. Così recita laguida all’autovalutazione diffusa dal Miur: “Lepriorità che la scuola si pone devono necessaria-mente riguardare gli esiti degli studenti. Si suggeri-sce di specificare quale delle quattro aree degli esitisi intenda affrontare (risultati scolastici, Risultatinelle prove standardizzate nazionali, competenzechiave e di cittadinanza, risultati a distanza) e diarticolare all’interno quali priorità si intendanoperseguire (per esempio, diminuzione dell’abban-dono scolastico; riduzione della variabilità fra leclassi; sviluppo delle competenze sociali degli stu-denti di secondaria di I grado, ecc.)”.

Queste indicazioni, a nostro parere, sono insuf-

ficienti per orientare il sistema scolastico nelsuo complesso verso un miglioramento. Cilimitiamo a un esempio: “migliorare i risulta-ti scolastici” può essere articolato da unascuola come “miglioramento del voto mediodei propri alunni”, da un’altra come “riduzio-ne delle bocciature” e da una terza come“riorientamento degli alunni in difficoltàverso scuole più adatte alle loro possibilità”.

Nessuna di queste azioni potrebbe averealcun impatto sui risultati nelle prove stan-dardizzate dei propri alunni, oppure sugliabbandoni scolastici. Pur essendo coscientidell’enorme importanza dell’avvio di un pro-cesso di (auto)valutazione che coinvolge tuttele scuole nazionali (con l’intenzione di esten-

derlo in una seconda fase anche alle scuole parita-rie), riteniamo che il Miur avrebbe potuto esercitareuna funzione direttiva più stringente, pur nel rispet-to dell’autonomia delle scuole, indicando diretta-mente le priorità che l’esecutivo ritiene essenziali,anche alla luce degli impegni europei.

Sempre a titolo di esempio, l’obiettivo diLisbona 2020 richiede agli Stati membri l’abbatti-mento degli early school leavers a meno del 10 percento. In Italia la quota è ancora al 17 per cento.Una ricerca promossa da enti non profit (weworld-Intervita, Fondazione G. Agnelli e Associazione B.Trentin) su quattro città metropolitane riporta ildato preoccupante secondo cui più del 50 per centodei dirigenti scolastici intervistati ritiene che il pro-blema della dispersione scolastica non esista o siaun evento raro. Come si compone in un processo diautovalutazione la divergenza di priorità tra esecuti-vo e dirigenti locali?

È evidente che questi nodi verranno al pettinequando inizieranno le visite alle scuole degli ispet-tori nazionali. Ma a differenza del processo di auto-valutazione, questa “gamba” del sistema di valuta-zione nazionale sembra ancora molto in ritardo (eforse anche un po’ zoppicante). Non vi è infattichiarezza circa le conseguenze derivanti da unabuona o cattiva performance della scuola. E nell’in-certezza, è sempre meglio apparire bene

DANIELE CHECCHIDocente di Economia del lavoroall’Università Statale di Milano

MARIA DE PAOLAProfessore Associato di Politica Economica

presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanzadell’Università della Calabriatratto dal sito www.lavoce.info

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II l Progetto di Studio prof. Giuseppe Maria Nar-delli ha natura e finalità scientifiche e storico-scientifiche nonché quello di valorizzare e pro-

muove l’opera e l’immagine dello studioso scompar-so nonché esimio Socio di questa nostra istituzione,anche attraverso la fondamentale Schedatura e Ordi-namento dell’Archivio privato al fine di renderloaccessibile a ricercatori accreditati e agli studenti chene vorranno usufruire per la loro preparazione. IlProgetto punta, quindi, allo stimolo culturale dellenuove generazioni nel pieno spirito dello scomparsoe mira a una condivisione specialistica e intellettuale.

Il Progetto (senza scopo di lucro alcuno) è ed èstato periodicamente descritto in report finalizzati ainformare la comunità scientifica. Nei report si èdato conto con trasparenza e oggettività dei risultatie dei progressivi obiettivi (stato della schedaturadell’archivio, numero degli interventi e comunica-zione pubbliche congressuali, raccolta delle citazio-ni postume, pubblicazioni postume) per il periodocompreso tra il settembre 2010 e il maggio 2014che è rispettivamente coincidente con la prima e lapiù recente uscita pubblica del Progetto di Studiostesso. Allo scopo di emancipare e promuovere ilProgetto non sarà secondario costituire un’associa-zione, sempre senza scopo di lucro, per accedere afondi istituzionali a livello umbro ed europei.

In questa fase il Progetto vede impegnatisostanzialmente l’autore di questo scritto, erede diGiuseppe Maria, e la prof.ssa Patrizia Biscarini,consulente scientifico volontario a titolo gratuito,incaricata dallo scomparso alla schedatura e all’or-dinamento di tutte le carte del proprio archivio oltreche ad una loro eventuale rielaborazione.

Nell’ambito della gestione del Progetto, lo scri-vente si occupa prioritariamente del coordinamentodi tutte le attività necessarie al raggiungimento degliobiettivi fissati, mantenendo e creando nuovi contat-ti e rapporti con le Istituzioni; dello sviluppo deisotto-progetti di studio esistenti; di parte della pro-duzione scientifica che si concretizza attraversodelle pubblicazioni postume e degli studi sui docu-menti originali e inediti dell’Archivio privato. Peresempio è già pronto per la stampa il volume dedi-cato agli Usi medici in Italia delle acque umbre peril quale si sta cercando un finanziatore, che potrebbe

essere legato al mondo del well-ness, delle acqueminerali, delle località termali, ecc.. Nel frattempo sista ugualmente promuovendo una riedizione dellibro ormai irreperibile, scritto da Giuseppe MariaNardelli, Alla tavola del monaco. Il quotidiano el’eccezionale nella cucina del monastero tra XVII eXVIII, Perugia, 1998. Nel corso del 2015 saranno,comunque, prodotti anche articoli di divulgazionescientifica sulla natura e sull’avanzamento del pro-getto stesso, sui contenuti dell’archivio, sulla descri-zione del lavoro svolto dallo studioso. Sempre nelcorso del corrente anno si tenterà di avviare una sin-tesi della attività ambientalistica e naturalistica delprof. Nardelli ma ciò, oltre a richiedere tempi lun-ghi, sarà un compito tecnicamente difficile. In lineacon quanto suggeritoci dalla DSPU si avvierà, inol-tre, la definizione della bibliografia completa.

Per il 2015, nonché per gli anni successivi, è pre-vista l’organizzazione di incontri pubblici con caden-za annuale. Questi dovranno essere, a livello locale,di rendicontazione da tenersi in accordo con queglienti del territorio che ci daranno la loro disponibilitàe in cui potrebbero essere ospitati studiosi che pre-senteranno approfondimenti scientifici attinenti aquelli elaborati da Giuseppe Maria Nardelli; nonché alivello nazionale e internazionale per divulgare ilProgetto e la figura dellostudioso scomparso, pre-sentando la sua produ-zione scientifica nonchéquella svolta in seno alProgetto.

Si tratterà quindi,ove possibile e permes-so dalle commissioni direferee, di partecipare aconvegni o congressiscientifici e a conferen-ze. Localmente prose-guirà l’attività di divul-gazione giornalisticadelle attività a mezzodei comunicati stampa.

Come anticipato trale attività progettuali vi

IL “PROGETTO DI STUDIOPROF. GIUSEPPE MARIA NARDELLI”

PROGRAMMA E AMBIZIONI PER IL 2015

Alla tavola del monaco. Il quoti-diano e l’eccezionale nella cucinadel monastero tra XVII e XVIII

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è soprattutto quella della schedatura e dell’ordina-mento dell’Archivio privato. Per sviluppare taleattività nel 2015 si darà luogo alla stampa di tutto ilmateriale scritto e fotografico che si trova ancorasolamente su supporto informatico, rispondendocosì anche a una precisa richiesta della Soprinten-denza ai Beni Archivistici per l’Umbria, che deside-ra raggiungere una totale schedatura dell’ArchivioGiuseppe Maria Nardelli.

Per facilitare la divulgazione dell’attività dellostudioso scomparso è prevista la presentazione alpubblico degli ultimi due lavori postumi pubblicatiin Atti della Accademia dei Quaranta e nel Bolletti-no della DSPU.

Preziosa ed encomiabile l’opera della prof.ssaPatrizia Biscarini che si sta occupando, comeaccennato, della schedatura e riorganizzazionedell’Archivio Giuseppe Maria Nardelli. Il lavorodella prof.ssa Biscarini procede in accordo e con lasupervisione della Soprintendenza ai Beni Archivi-stici per l’Umbria: fino a questo momento sonostate condizionate 16 buste archivistiche e se neattendono almeno altrettante. Altre ancora potrebbe-ro emergere dalla schedatura della attività ambien-talistica e naturalistica recentemente ritrovata. Suquanto finora svolto è stata espressa viva soddisfa-zione in piena sintonia tecnica.

Attualmente è già disponibile una sezione dedi-cata al Progetto di Studio prof. Giuseppe MariaNardelli, gentilmente concessa dalla DSPU nel suospazio web. Lo sforzo sarà inserire nel web in gene-rale una rassegna stampa aggiornata, le immaginidelle pubblicazioni, l’elenco delle citazioni postu-me, ecc. Tale attività potrà essere assicurata anchetramite un giornale multimediale on-line, accettan-do l’ospitalità dei Club di servizio o con lo sviluppodi un sito proprietario. Parallelamente si cercherà disviluppare una collaborazione, al momento in corsodi vaglio, con il sito web “Eugubini nel mondo” alfine di inserirci il materiale informativo sul progettoe i suoi sviluppi.

Un’altra attività per l’anno in corso consiste nel

reperire il materiale relativo allo studioso e aisuoi risultati scientifici presente presso laredazione di Tele Radio Gubbio (TRG).Un’operazione che sembra essere assai one-rosa in termini di tempo, ma la raccolta diqueste immagini e servizi dovrà costituireobbligatoriamente parte dell’archivio privato,al pari dell’attività documentaristica, deinastri audio registrati, dell’archivio fotografi-co, del materiale VhS già presente. Si favo-rirà successivamente il passaggio a supporti

tecnologicamente migliori e più attuali come i DVD. Sono state aperte alcune collaborazioni collate-

rali quali quella in essere con il prof. Antonio Bel-lucci dell’Indirizzo Agrario dell’ITIS Maria LetiziaCassata di Gubbio (Istituto dove Nardelli ha inse-gnato e ha contribuito a impiantare il Laboratorio eil Corso per Infermieri “Biologico Sanitario” incollaborazione con la allora preside, prof.ssa M. L.Cassata, cui la scuola oggi è dedicata) per la valo-rizzazione di specie botaniche storiche autoctone inseno a un progetto regionale dedicato alla biodiver-sità e alle specie vegetali e animali storiche. Ariguardo è all’esame la possibilità di presentare unacomunicazione presso l’EXPO2015 di Milano.

O la collaborazione che potrà scaturire con ilprof. Emanuele Lugli (operante nel Regno Unito)per lo studio di opere pubblicate e documenti del-l’Archivio privato Nardelli editi e inediti, relativialle unità di misura con la prospettiva di mirare l’e-same delle buste archivistiche all’interno di un pro-getto europeo. Rimanendo nel Regno Unito, verran-no migliorati i contatti esistenti con esponenti delVictoria & Albert Museum di Londra e dell’Ashmo-lean Museum di Oxford.

Poiché sono attualmente a disposizione i fondiper un premio è in corso la ricerca di un partner perorganizzare la prima edizione. Come già espressodifficoltà si riscontra nell’identificazione di unatematica precisa data la ecletticità dello studioso,cui il premio sarà dedicato.

Nel 2015 si punterà, come appare naturale, afar rammentare l’opera di Giuseppe Maria Nardelliattraverso una targa di ricordo che vorremmo vede-re sistemata presso la Biblioteca Comunale Sperel-liana di Gubbio (quindi non una intitolazione percui servono almeno 10 anni dalla scomparsa). Simirerà anche a richiedere l’affissione di una targadescrittiva, condivisa con le opportune Istituzioni,che illustri il lavoro dello studioso svolto presso ilParco Ranghiasci di Gubbio o gli altri luoghi da luivalorizzati (i Giardini pubblici, la prima sede del-l’Arte degli Speziali, l’Ospedale vecchio, la Gola

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del Bottaccione, ecc.). Nel primi mesi del 2015 sarà richiesto il Patro-

cinio ad Accademie e Istituti interessati, anche indi-rettamente, al Progetto. È infatti in programma pergennaio e febbraio 2015 la richiesta di Patrocinioall’Accademia Italiana di Storia della Farmacia (ilcui Presidente da contatti telefonici al momentointercorsi e dalla disponibilità realmente fornita sulsito AISF si è dichiarato favorevole alla iniziativa),all’Istituto di Ricerca e Documentazione sugli Anti-chi Umbri - IRDAU (la richiesta è realmente già incorso), alla Società Chimica Italiana, alla Società

Italiana per il Progresso delle Scienze, all’Univer-sità degli Studi di Perugia–Facoltà di Farmacia,all’Ordine dei Farmacisti di Perugia, al RotaryClub. Analogamente sarà richiesta una conferma delPatrocinio da parte del Comune di Gubbio (in esse-re con le precedenti amministrazioni e non revoca-to), mentre è all’analisi la richiesta del patrociniodella Regione dell’Umbria e della Presidenza dellaRepubblica.

G. MARINO NARDELLITitolare del Progetto di Studio - Giornalista scientifico

PARIGI 2015AA volte può accadere quello che non ci si

aspetta così abbiamo potuto assistere a un“miracolo” diplomatico ma non solo, ossia

all’accordo fra Stati Uniti e Cina sulla riduzionedelle emissioni di gas-serra. Un accordo con cui gliStati Unitisi si sono impegnati ad abbattere le emis-sioni di circa il 26-28 per cento entro il 2025, men-tre la Cina inizierebbe il suo percorso di riduzione apartire dal 2030, meglio tardi che mai. Il miracolo -sempre che si avveri- consiste nel fatto che i duepaesi sono i responsabili insieme di circa la metàdelle emissioni di gas-serra dell’umana gente.Anche e soprattutto per tale ragione si erano sempredefilati dai vari accordi internazionali sul clima permotivi più o meno condivisibili –meno quello statu-nitense che vedeva nei vincoli internazionali unostacolo alla “libertà” di inquinare, forse, un po’ piùcredibile quello cinese legato alla crescita industria-le, fatta ai danni della salute pubblica dei compagnimeno fortunati.

Ma quali sono in poche parole gli impegni presidai due Grandi Inquinatori: gli Usa ridurrebbero leemissioni del 26-28 per cento entro il 2025 relativa-mente ai livelli del 2005. La Cina comincerà a ridur-re le emissioni nel 2030 e si è impegnata nell’aumen-tare la quota di consumo di energia da fonti non fos-sili a circa il 20 per cento entro il 2030. Per far ciòinstallerà circa 1.000 gigawatts aggiuntivi di capacitàdi generazione elettrica nucleare, eolica, solare e dialtre tecnologie a emissioni zero entro il 2030.

Nel quadro mondiale delle emissioni un note-vole ruolo l’ha giocato la recessione dei Paesi avan-zati che ha comportato anche un rallentamento dellacrescita economica delle varie “tigri” in via di svi-luppo. La recessione oltre ha ridurre il reddito dei

comuni cittadini, annientando il ceto medio, hainfatti ridotto anche le emissioni senza però riuscirea frenare il riscaldamento globale. Quindi il quintorapporto sui cambiamenti climatici dell’Ipcc non èstato superfluo per la definizione e lo sviluppo dellepolitiche di mitigazione: si legge che, ma non è unanovità, per stabilizzare le concentrazioni di gas-serra a un livello compatibile con un incrementodelle temperatura a +2°C (circa 450 ppm di CO2eq)entro il 2100 sarà necessario ridurre le emissioninell’ordine del 40-70 per cento entro il 2050 rispet-to ai livelli del 2010. Questo sarà possibile soloadottando un cambiamento radicale nei sistemi diproduzione energetica che comporti un livello triploo quadruplo della quota di fonti di energia zero elow carbon.

Da cui si deduce che i propositi di riduzione al2020 delle emissioni dichiarati dai vari Paesi nellaCop16, conosciuti come Cancún Pledges, non sonocoerenti con l’obiettivo +2°C e che ritardare la ridu-zione delle emissioni al 2030, o peggio più avanti,riduce le opzioni disponibili per diminuirle nella

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misura effettivamente necessaria.Quale le motivazioni di questo miracoloso

Accordo USA-Cina –sempre che poi gli impegnisiano mantenuti? Certo non il quinto rapporto suicambiamenti climatici dell’Ipcc, che ha precedutosolo di pochi giorni l’accordo Usa-Cina. Infatti que-sto non conteneva novità rilevanti rispetto ai costi eai benefici connessi alle politiche di mitigazione deigas-serra. Sul versante dei costi, in particolarmodo, veniva ribadito quanto già pubblicato nelprecedente rapporto del 2007: una politica di stabi-lizzazione delle concentrazioni dei gas-serra com-patibile con un mantenimento dell’innalzamentodella temperatura terrestre al di sotto di 2°C rispettoai livelli di pre-industrializzazione garantirebbe unacrescita annua dei consumi dell’1,94 per centorispetto al 2 per cento che si avrebbe in assenza dipolitiche di mitigazione.

Uno scarto di un 0,6 per cento che appare aipiù un buon prezzo da pagare per scongiurare irischi connessi a un eccessivo innalzamento dellatemperatura (nevvero non unanimemente condivisiné in ambito politico né, come conseguenza, inquello scientifico, o viceversa per alcuni) e i costi

legati al surriscaldamento del nostro pianeta (questipiù condivisi).

Nonostante il “prezzo” non eccessivo per i più- ma non sono i più a sedere nelle stanze dei botto-ni- a partire da Copenaghen 2009 le conferenzeannuali delle Nazioni Unite sui cambiamenti clima-tici hanno fatto sempre registrare risultati praticimolto deludenti in quanto non pochi Paesi si sonosempre comportati in maniera molto opportunista:godono -o almeno provano a farlo- dei beneficidelle politiche di mitigazione dell’inquinamento alivello globale senza sopportarne i costi, che vengo-no invece sopportati dagli altri. In questo avvantag-giati dal dissenso dei due giganti mondiali: USA eCina appunto.

Ora che anche i due Grandi Inquinatori sem-brano aver messo la testa a posto forse c’è la possi-bilità che a Parigi, l’anno che verrà, si possa usciredalla situazione di stallo che ha caratterizzato leultime conferenze sui cambiamenti climatici. Maforse ciò sarà possibile non tanto grazie all’abiuradi Cina e USA quanto, invece, per l’affermarsi diuna nuova visione prospettica, che già circola inimportanti consessi politici, scientifici ed economicie secondo cui le politiche di mitigazione non impat-tano in maniera negativa la crescita economica ma,anzi, ne sono uno stimolo.

Una prospettiva che è stata, in un certo senso,ufficializzata nel corso del summit delle NazioniUnite sul clima tenutosi a New York lo scorso set-tembre, dove è stato presentato il report della Glo-bal Commission on the Economy and Climate daltitolo molto significativo Better Growth, Better Cli-mate: The New Climate Economy Report. Un rap-porto a suo modo rivoluzionario, cui hanno contri-buito importanti economisti oltre ai premi NobelDaniel kahneman e Michael Spence, e che sostienela tesi per cui sia possibile conciliare la crescitaeconomica con gli obiettivi climatici. In quanto ilconnubio (la crescita eco-compatibile) comporta lanecessità di aumentare l’efficienza nell’utilizzodelle risorse investendo nelle infrastrutture e stimo-lando l’innovazione nelle politiche urbane, nell’uti-lizzo della terra e delle fonti energetiche. Ovvero:investimenti in ricerca e innovazione.

Certamente il tutto dovrà, in Europa, fare i conticon la Troika e la sua ricetta di “lacrime e sangue”che sta, anche in questo caso non esiste l’unanimitàma come potrebbe esserci in assenza di fiducia, pro-lungando la crisi spostandola dal sistema finanzia-rio-bancario –che l’aveva originata- a quello sociale,senza aver assolutamente riformato il primo.Comunque la portata del “nuovo” messaggio è note-Costo della mortalità da inquinamento dell’aria 2010

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vole ed è evidente che se tutti i Paesi troverannoun’occasione di crescita nella lotta ai cambiamenticlimatici, i disincentivi a cooperare verranno meno.

Sicuramente servirà del tempo per poter affer-mare su basi scientifiche quale sia la reale portatadella tesi e degli argomenti sostenuti nel New Cli-mate Economy Report però è certo che l’attivitàdella Global Commission on the Economy and Cli-mate ha rappresentato un efficace strumento di sup-porto al recente accordo siglato da Usa a Cina,come dimostrano gli studi China and the New Cli-mate Economy dell’Università Tsinghua di Pechino,presentato in occasione dell’accordo Cina-Usa, eSeeing is Believing: Creating a New Climate Eco-nomy in the United States del world Resouces Insti-tute di washington, ambedue collegati al lavorodella Global Commission.

Il problema però resta sempre il medesimo:mentre l’orizzonte temporale in cui si determinano idanni del cambiamento climatico è nell’ordine deidecenni e centinaia d’anni, ovvero a lungo termine,l’orizzonte in cui vanno decise le politiche di miti-gazione è a breve termine e coincide con i cicli pro-duttivi del capitalismo liberale che, per le nostreimperfette democrazie, significa massimizzazionedei profitti con business plan al massimo quinquen-nali. Un’azione più incisiva da parte dei Governiperò potrà essere imposta dalle anticipazione deglisconvolgimenti climatici futuri, quali i sempre piùfrequenti episodi di eventi climatici estremi che giàsi registrano oggi in giro per il mondo, anche se lesolite lobbies stanno lucrando anche su questi.

LORENZO CAPASSODirettore Responsabile di “Scienza e Tecnica”

CALAMITÀ NATURALI E COPERTURE ASSICURATIVE

IL RISK MANAGEMENT NEL GOVERNO DEI RISCHI CATASTROFALI

LL e ultime calamità naturali abbattutesi in Ita-lia hanno spinto soprattutto il potere politicoa valutare la necessità di coprirsi dai grandi

sinistri. Secondo gli ultimi dati ufficiali del ministe-ro dell’Ambiente sono a “rischio elevato” l’89% deicomuni umbri, l’87% di quelli lucani, l’86% inMolise, il 71% in Liguria e Val d’Aosta, il 68% inAbruzzo, il 44% in Lombardia. Come riferisce ilCentro Studi AssicuraEconomia.it, oltre la metàdegli italiani vive in aree soggette ad alluvioni,frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici.

Più precisamente, secondo le stime del Diparti-mento della Protezione civile, solo negli ultimi cin-que anni, i danni materiali provocati in Italia dacalamità naturali ammontano a circa 32 miliardi dieuro. Nel complesso, i danni ad abitazioni sono circail 30% del totale: una media che va dal 56% in casodi eventi sismici al 6,5% per alluvioni e frane. Nelsolo ultimo decennio, per tamponare i danni di allu-vioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato si è espo-sto per 20 mila 946 milioni di euro, circa due miliar-di all’anno, cui va aggiunto un altro miliardo emezzo complessivo di interventi “minori”.

L’analisi e il confronto delle banche dati dispo-nibili evidenzia, purtroppo, che nel futuro le catastro-fi saranno sempre più frequenti e disastrose, in Italiae nel mondo. Il loro trend risulta essere in forte asce-

sa (a partire dagli anni sessanta), soprattutto a seguitodell’aumento della concentrazione della popolazionein aree metropolitane o maggiormente vulnerabili, eanche a causa dei cambiamenti climatici globali.

Promuovere interventi di prevenzione piuttostoche di ricostruzione significa adottare dei sistemi didifesa dalle calamità naturali anche in senso econo-mico e non solo fisico. La possibilità di rivolgersi alsistema assicurativo come possibile soluzione apparenecessaria non solo ai fini di risarcimento dei danni,ma anche per liberare le risorse economiche pubbli-che usualmente impiegate per la ricostruzione, desti-nandole invece alle misure di prevenzione e di adat-tamento, in modo da prevenire o mitigare gli effettidevastanti delle calamità naturali sulle persone esulle economie. Per tale motivo occorrerà fare ricor-so a dei modelli assicurativi in grado di coprire lecatastrofi naturali, che colpiranno le popolazioni spe-cialmente nelle aree più densamente popolate delnostro territorio.

Il tema in questione è di particolare rilievo,posto che ovunque nel mondo si registra un aumentodi calamità naturali e dei danni a esse imputabili,con un crescente impegno di risorse pubblichenecessarie a far fronte alle spese di ricostruzione.L’Italia, pur essendo al pari (o forse più) di altripaesi interessata al fenomeno, è molto più arretrata

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di paesi ad ana-logo tasso disviluppo, sianelle politichedi prevenzionesia in quelle dir i sarc imentodei danni, tra-mite adeguatepolitiche assi-curative.

Le impre-se assicuratriciitaliane, allora,sono chiamatea una provai m p e g n a t i v asul frontedell’offerta diprodotti assicu-

rativi idonei a fronteggiare l’emergenza-esigenza incorso, oltre alla necessità di dimostrare efficienzaorganizzativa e strutturale, riduzione dei costi, velo-cità nella liquidazione dei sinistri e, soprattutto, deiprodotti, che devono risultare più chiari e innovativi,per adeguarsi alle mutate e crescenti aspettative cheil mercato richiede.

È obiettivo degli organismi di ricerca, allora,analizzare l’impatto delle calamità naturali e i pro-blemi che esse pongono, focalizzando l’attenzionesulle possibilità di un sistema assicurativo per farfronte a questi eventi ed evitare che essi ricadano inmodo eccessivo e soprattutto imprevedibile sullefinanze pubbliche.

L’argomento è stato oggetto di una pubblica-zione a cura mia e di un gruppo di autorità del set-tore per i tipi della Dario Flaccovio - Editore diPalermo, dal titolo Calamità naturali e copertureassicurative. Il saggio si articola attraverso un per-corso che descrive l’esito di un progetto di ricerca(“L’innovazione per la crescita dei servizi assicura-tivi ed il risk management”) maturato negli ultimianni in seno alla commessa “Innovazione nei servi-zi” dell’IRAT-CNR di Napoli. Impegnato nellaricerca un gruppo di lavoro multidisciplinare costi-tuito da studiosi ed esperti del settore (tutti coin-volti nella pubblicazione), che ha inteso indagaregli approcci gestionali derivanti dai rischi originatida eventi naturali, avanzando proposte di interven-to in materia.

ANTONIO COVIELLORicercatore Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRAT)

Docente di organizzazione delle imprese assicurative nellaII Università di Napoli

NOTIZIARIOa cura della Redazione

Italiani scopronoruolo proteina “alleata”del cancroUno studio tutto italiano, pubblicatosulla rivista Molecular Cell econdotto all’Università di Trieste eal Laboratorio Nazionale CIB diAREA Science Park, svela chi “stadietro” la pericolosa alleanza trainfiammazione e cancro: è la

proteina “p53”, bennota agli scienziatiperché è tra quelle chesi ritrovano piùfrequentemente mutatenei tumori.Infiammazione ecancro quasi sempre siaccompagnano: da unlato la presenza dicellule tumoraliscatena la rispostainfiammatoria che

cerca di arginarne la crescita;dall’altro il contesto infiammatoriogetta “benzina sul fuoco”,alimentando e potenziandol’aggressività del tumore e ladisseminazione delle metastasi.Finora non si conosceva l’identità dichi trasforma un meccanismo didifesa come l’infiammazione in unodei principali alleati del tumore.Il team triestino ha scoperto che leforme mutate della proteina p53 nonsolo non sono più capaci disalvaguardare l’integrità delpatrimonio genetico delle cellule masi comportano attivamente dapericolosi “acceleratori” dellatrasformazione e progressionetumorale, facendo in modo che lecellule tumorali interpretino i segnalidell’infiammazione come“istruzioni” a sviluppare maggioreaggressività. “La proteina p53mutata che si accumula nelle cellule

tumorali -spiega Licio Collavin, deldipartimento di Scienze della Vitadell’Università di Trieste- è in gradodi neutralizzare un importantefattore che controlla i segnalimolecolari generatidall’infiammazione. Inattivatoquesto fattore, le cellule malignerispondono in modo eccessivo alsegnale infiammatorio e comincianoa esprimere un programma geneticoche porta al potenziamento dellaloro capacità invasiva”. Secondo gliautori la rilevanza della scoperta ènotevole considerato che le capacitàdi invadere l’organismo e lemetastasi sono strettamente correlatee che le metastasi, e non il tumoreprimario, sono la principale causa dimorte nei pazienti. “La proteina p53mutata è un mediatore cruciale nelrapporto tra infiammazione e cancro-precisa Collavin- e a seconda delcontesto potrebbe essere sfruttata

Rappresentazionedella p53

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per spostare l’ago della bilancia efar tornare il sistema immunitarioun alleato che favoriscal’eliminazione del tumore durante leterapie. Il nostro studio, quindi, aprela strada a nuove ricerche volte asviluppare approcci terapeuticimirati, basati sullo statomutazionale di p53 nei diversitumori”.

Scoperto il farmacoche aiuta la plasticitàdel cervelloLa ridotta plasticità cerebrale checaratterizza alcune patologie delsistema nervoso potrebbe in futuroessere trattata in modofarmacologico allungando il«periodo critico» dello sviluppodurante cui il cervello èparticolarmente sensibile aglistimoli.Il processo è stato dimostrato,utilizzando un diuretico, dairicercatori dell’Istituto italiano ditecnologia (Iit) di Genova, l’Istitutodi Neuroscienze del Cnr di Pisa e delCentro per la biologia integrata(Cibio) dell’Università di Trento. Illavoro, coordinato da LauraCancedda del Dipartimento diNeuroscience and BrainTechnologies dell’Iiit e da MatteoCaleo dell’In-Cnr, e condotto incollaborazione con Yuri Bozzi delCibio, è stato pubblicato su “NatureNeuroscience”. Focalizzandosi sullosviluppo del sistema visivo, ilgruppo di ricerca ha interferito conla trasmissione neuronale durante leprime fasi dello sviluppo,somministrando in modelli animaligiovani un farmaco commerciale, ilbumetanide, del quale era giàconosciuta l’azione diuretica. Iltrattamento ha determinatoun’estensione temporale del«periodo critico di plasticità»,rendendo più plastico il sistemavisivo del cervello adulto senzaalterarne la normale maturazione.“L’acido gamma-amino butirrico(Gaba) è un neurotrasmettitore -spiega Caleo- che nel cervello in viadi sviluppo ha una funzione

eccitatoria,favorendo quindila comunicazionetra le cellulenervose, mentrenel cervelloadulto inibiscetalecomunicazione.

In particolare, questa molecolaregola la capacità del cervello diconformarsi in risposta agli stimoliprovenienti dall’ambiente che cicirconda che viene definitaplasticità» e che con l’avanzaredell’età si riduce”. “La possibilità diallungare la fase di risposta aglistimoli esterni -sottolinea Cancedda-è importante se si considerano lepatologie genetiche delneurosviluppo che limitano laplasticità del cervello maturo.Abbiamo aggiunto un tassello nellacomprensione della manipolazioneprecoce della trasmissione delneurotrasmettitore che permette diipotizzare azioni riabilitativespecifiche durante lo sviluppocerebrale con miglioramenti a lungotermine sulla capacità diapprendimento”.

Un’alternativa economicaal grafeneFinalmente c’è un’alternativa algrafene, il “materiale dellemeraviglie” che da qualche tempo èal centro dell’attenzione: la canapa. Un team di ricercatori dellaClarkson University di New York,guidato da David Mitlin, ha infattiscoperto come replicare alcune delleproprietà del grafene adoperando lemolto più economiche fibre dicanapa derivanti dagli scarti dilavorazione delle industrie tessili. Mitlin è stato in grado di creare deisupercondensatori a partire dallacanapa, e le sue scoperte sono statepubblicate su ACS Nano Journal. Ilprocedimento che permette dipassare dalle fibre di canapa aisupercondensatori passa attraversouna fase «di cottura, quasi come inuna pentola a pressione -spiegaMitlin- È un processo chiamatosintesi idrotermale. Dopo averdissolto la lignina e la semicellulosa,restano questi nanofogli di carbonio,una struttura che somiglia algrafene». Sono questi fogli a essereusati per creare gli elettrodi delcondensatore, usando un liquidoionico come elettrolita. Talidispositivi funzionano anche quandola temperatura scende fino a 0 gradiCelsius e hanno una densitàenergetica di 12 wh/kg,raggiungibile in meno di sei secondi.In un’intervista alla BBC Mitlin haspiegato che con la canapa non sipossono riprodurre proprio tutte leproprietà del grafene ma l’utilizzodelle fibre per l’immagazzinamento

dell’energia è una stradapercorribile, e a un costo moltoinferiore («un millesimo», diceMitlin) a quello che si avrebbeutilizzando il grafene.

Horizon 2020, 485 milioniper la ricerca europeaSono in tutto 328 i ricercatorivincitori dei grant europei, lamaggior parte tedeschi e 28 dinazionalità italiana. I progettinostrani che riceveranno ifinanziamenti vanno dalle strategieper combattere l’infiammazioneassociata al cancro, ai tessutielettronici indossabili alimentati dalcalore umano, al design di interfaccegrafiche fino allo studio dell’originedella razionalità umana. Sono,infatti, questi alcuni dei temi alcentro dei progetti di ricercafinanziati dall’European ResearchCouncil all’interno di horizon 2020,il programma quadro europeo per laricerca e l’innovazione.In tutto sono stati assegnati 485milioni di euro per i progetti di 328giovani ricercatori (età media sui 35anni), con grant che arrivano anche a2 milioni ciascuno. Dei progettifinanziati (selezionati da un pool dioltre 3200 applications) 143riguardano la fisica e l’ingegneria,124 le scienze della vita e 61 lescienze sociali e umanistiche e il33% sono firmati da una donna.I giovani talenti finanziati sonosoprattutto tedeschi e francesi, comesi scopre dando uno sguardo allanazionalità dei vincitori. In cima allalista dei Paesi con più grantassegnati si trovano la Germania, ilRegno Unito, la Francia e l’Olanda.Solo un nono posto per l’Italia chediviene terzo, però, se si guarda allanazionalità dei ricercatori finanziati.Quelli italiani sono infatti 28,sebbene, nota dolente, la gran parte(ben 17) lavori all’estero.Gli 11 progetti che verrannosviluppati, quindi, presso istituzioniitaliane (Consiglio Nazionale delleRicerche, Politecnico di Torino,Università Federico II di Napoli,Istituto Italiano di Tecnologia,Università di Trento, EuropeanUniversity Institute, humanitasMirasole S.p.A), sono dedicati adaree molto diverse tra loro. Si partedal progetto mirato allo studio deipapiri e dei testi latini, a quellodedicato allo sviluppo di cellule T dilunga durata e a quello sui circuitiintegrati ibridi. Grazie ai fondiIl Bumetanide

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assegnati, i 328 ricercatori (conesperienza post-doc da 2 a 7 anni)potranno portare avanti i propriprogetti, mettendo insieme unproprio team di ricerca, assumendoun totale di 1.400 tra PhD e post-doc. “Con i suoi Starting Grant -hacommentato Carlos Moedas,commissario per la ricerca,l’innovazione e la scienza- loEuropean Research Council nutre laprossima generazione di scienziatieccellenti permettendo loro diseguire la loro curiosità scientifica edi assumersi dei rischi. Per essere inprima linea, l’Europa ha bisogno diquesta mentalità coraggiosa, e diinvestire in giovani talenti”.

La Nasa studierà veneredall’alto, con dei dirigibiliIl progetto havoc creerà una cittàtra le nuvole del pianeta.Quando si parla di esplorare altripianeti, generalmente il pensierocorre a Marte; la Nasa, però, si stainteressando sempre più a Venere.Certo ci sono degli ottimi motivi perinteressarsi a Marte, a partire da unatemperatura glaciale ma noneccessivamente bassa rispetto adaltri pianeti (-63 gradi Celsius),passando per l’ipotizzata presenzadi grandi masse di acqua ghiacciataai poli e arrivando a unacomposizione chimicadell’atmosfera non eccessivamentediversa da quella terrestre.Venere offre altre caratteristicheinteressanti: ha massa, dimensioni,gravità, densità e composizionesimili a quelle della Terra. Ilproblema è che è anche il pianetapiù caldo del sistema solare: sullasuperficie la temperatura arriva a465 gradi Celsius; inoltre la densaatmosfera è popolata di nubi diacido solforico e la pressione sullasuperficie è 90 volte quella terrestre. La Nasa ha però ideato unasoluzione concettualmentesemplice: realizzare uninsediamento che “galleggi” al disopra delle nubi di Venere, a 50 kmdalla superficie, dove la pressione è

di appena 1 atmosfera e latemperatura di soli 75 gradi Celsius.In quella posizione ci sarebbeabbondanza di energia solare (moltopiù che su Marte) e un quantitativodi radiazioni analogo a quello checolpisce ogni giorno il Canada.Il progetto, tuttora allo stadio di“studio di fattibilità”, si chiamaHigh Altitude Venus OperationalConcept (Havoc), secondo quantoriporta Ieee Spectrum, e si dovrebbesvolgere in più fasi. Nella primafase, una missione completamenteautomatizzata dovrebbe raggiungereVenere per valutare da vicino lecondizioni del pianeta; quindi, unaseconda missione, condotta dapersonale umano, si stabilirebbe inorbita per 30 giorni. Infine, una terzamissione passerebbe 30 giorninell’atmosfera del pianeta,preparando l’habitat per ulteriorimissioni che potranno durare ancheun anno e magari costruire uninsediamento permanente: unastruttura che agli amanti dellafantascienza non potrà non ricordarela Cloud City di Guerre Stellari. Lamissione robotica -la prima araggiungere l’atmosfera di Venere-verrebbe condotta dall’interno di un“dirigibile” alimentato a energiasolare, con il pallone riempito dielio; l’aeronave sarebbe lunga 31metri. La prima missione umana inatmosfera adopererebbe, invece, undirigibile analogo ma di dimensionimaggiori: dovrebbe essere lungoquasi 130 metri. In entrambi i casi laparte superiore del pallone sarebbecoperta di pannelli solari, mentre nelveicolo posto sotto di essotroverebbero spazio i macchinari e,nella missione con personale umano,gli alloggi e le stanze comuni.Ovviamente, prima di arrivare aquesto punto ci sono ancora diversiproblemi da risolvere: per esempiobisogna capire come fare per metterein posizioni le aeronavi, chedovrebbero essere trasportate“impacchettate” fino a Venere e poi“aperte” e riempite di elio una voltagiunte sul posto. I problemi di untrasporto in sicurezza riguardanonaturalmente anche l’equipaggioumano.

Marte producemetano variabile,possibile indizio di vitaIl veicolo robotico Curiosity hatrovato su Marte emissioni variabilidi metano nell’atmosfera. Lapercentuale di questo gasnell’atmosfera ogni tanto diventabrevemente ben dieci voltemaggiore del normale (che è 0,7parti per miliardo in volume) e poicala. Il fenomeno è stato rilevatoquattro volte in un periodo di duemesi, tra fine novembre 2013 e finegennaio 2014, e l’emissionesembrava provenire da nord, dalciglio del grande cratere Gale nelquale si trova Curiosity. Da allora ilfenomeno non si è più ripetuto. Proprio dall’arrivo del rover nelcratere di Gale, nell’agosto di dueanni fa, c’è una domanda checontinua ad ossessionare il teamdella missione Curiosity: quantometano c’è di preciso su Marte?Sulla Terra questo gas è prodottoprincipalmente da fonti biologiche etrovarlo, quindi, sul pianeta rossosarebbe la spia di una possibilepresenza di forme di vita aliene. Dopo le prime deludentimisurazioni, che avevanodimostrato che l’atmosfera di Martecontiene molto meno metano diquanto ritenuto in precedenza, oggiarriva invece una notizia bendiversa. Come riportato su Science,gli strumenti di Curiosity hannorilevano, appunto, almeno quattropicchi improvvisi nellaconcentrazione di metano, esecondo gli scienziati della Nasa lespiegazioni più probabili sono due:o Marte è geologicamente attivo (esarebbe comunque una scopertasensazionale), o a produrre il gassono forme di vita batterichepresenti sul pianeta.Il primo picco nella concentrazionedi metano è stato individuato nelnovembre del 2013: nelle settimaneseguenti Curiosity ha registratoquesto strano fenomeno altre volte,sempre in una zona circoscritta dicirca 800 metri. Quando il rover si èallontanato, continuando il suoviaggio in direzione del MountSharp, la concentrazione di metanoè tornata nella norma marziana,dimostrando che la sorgente del gasdoveva essere quasi certamente unsingolo sfiatatoio. Se provenisse da fenomeni vulcanicisarebbe una sorpresa visto chesarebbe il primo segno di attivitàgeologica del pianeta registrato da

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Curiosity. Le altre possibilità presein considerazione dagli esperti dellaNasa sono l’interazione tra acqua erocce (che può produrre metano),dei detriti organici provenienti da unasteroide che rilasciano il gasscaldati dal sole o la presenza didepositi di metano intrappolati nelsuolo (chiamati clatrati). La più affascinante è quella chevorrebbe il fenomeno dovuto ametanogenesi cioè che a produrre ilmetano siano dei batteri. “Le nostremisurazioni, durate per un interoanno marziano, indicano chepiccole quantità di metano vengonoprodotte su Marte da piùmeccanismi o combinazioni dimeccanismi -scrivono infatti iricercatori nello studio su Science-inclusa la metanogenesi, sia attualeche proveniente da giacimentiriempiti in passato”.I dati che puntano in direzione dellapresenza (oggi o in passato) diforme di vita batterica sul pianetarosso continuano insomma adaccumularsi. Curiosity, spiegano iricercatori della Nasa, difficilmentepotrà però dare una rispostadefinitiva, perché non èequipaggiato con gli strumentiadeguati. Bisognerà quindi attenderel’arrivo della prossima generazionedi sonde, come la Exomars dell’Esache dovrebbe atterrare su Marte nel2019, attrezzata con trivelle capacidi scavare fino a due metri diprofondità, e strumenti predispostiper rilevare i biomarker cheindicherebbero con certezza lapresenza di forme di vita sul pianetaSulla Terra, per esempio, il 95% delmetano presente nell’atmosfera èprodotto da forme viventi. Ilprossimo passo è cercare dianalizzare il metano durante uno diquesti picchi e determinare ilrapporto fra isotopi dell’atomo dicarbonio presente nel metano,perché un rapporto elevato fra C-12e C-13, come quello trovato sullaTerra, è considerato un forteindicatore di attività biologica.

Sovrappopolazione, nel 2050 saremo più di 9 miliardiIn 35 anni aumenteremo di 2,5miliardi di unità: era da un po’ che,tra tutti gli allarmi cheperiodicamente vengono rilanciati atitoli cubitali, quello dellasovrappopolazione non si facevasentire. A nutrire l’angosciacollettiva ha pensato il prof.Massimo Livi Bacci, esperto didemografia, durante una lezioneall’Accademia dei Lincei. Sottolineando come quello dellasovrappopolazione paia unproblema dimenticato, Livi Bacci haaffermato che, stando alleproiezioni, nel 2050 la Terraospiterà 2,5 miliardi di persone inpiù, per un totale di 9,5 miliardi diabitanti. Secondo il professorel’aumento della popolazione nonavverrà nei Paesi ricchi, dove lacrescita è già praticamente zero main quelli «meno poveri» (in cuil’incremento è stimato pari al 30%della popolazione attuali), «nellearee in via di sviluppo» ma anchenei «nei Paesi poverissimi, in granparte nell’Africa subsahariana»,dove si prevede addirittura unraddoppio degli abitanti. Di fronte a un quadro del genereverrebbe da dire che, se in quelli cheoggi sono i Paesi ricchi l’aumentodel benessere ha provocato un calodrastico della natalità, lo stessoparadigma si potrebbe applicare aiPaesi oggi poveri aiutandoli nellosviluppo. Il prof. Livi Baccipreferisce, invece, indicare i quattrofattori che «metteranno a rischio lastabilità dello sviluppo» di tutta laTerra: l’eccessiva natalità nei Paesipoveri unita alla minima natalità neiPaesi ricchi, considerate entrambeproblemi da risolvere; la difficoltàdi produrre cibo a sufficienza pertutti; le conseguenze della crescitademografica sull’ambiente (i rischiriguardano la deforestazione el’inquinamento); la mancanza di unaregolamentazione internazionaledelle migrazioni. Secondo LiviBacci «la questione demografica èstata al centro del dibattitointernazionale nel secondodopoguerra. Nei Paesi poveri iltasso di crescita annuo ha superatoil 2% nella seconda parte del secoloscorso ponendo a rischio lascolarizzazione dei bambini, illavoro dei giovani, i livelli dialimentazione e la produzione dicibo, gli equilibri ambientali».

Una nuova misteriosa fasedella materia, nemica dellasuperconduttivitàI fisici dello Slac NationalAccelerator Laboratory hannoscoperto la prima prova direttadell’esistenza di un nuova fase dellamateria, che hanno chiamatopseudogap, in qualche modocollegata alla superconduttività.Ci sono voluti vent’anni di studi,osservazioni e ricerche. Ma alla finegli scienziati della StanfordUniversity e del dipartimento dienergetica dello Slac NationalAccelerator Laboratory statunitensesono riusciti nell’impresa. hannoidentificato una fase misteriosa dellamateria, chiamata pseudogap, checompete con la superconduttivià adalta temperatura, privando ilmateriale in cui insorge di elettroniche, altrimenti, potrebbero fluiresenza incontrare alcuna resistenzaelettrica. Sì, è fisica piuttostocomplessa. Ma, allo stesso tempo,estremamente vicina alla vitaquotidiana, visto che la produzionesu scala industriale di materialisuperconduttori renderebbe letrasmissioni elettriche molto piùefficienti. Lo studio dei ricercatori,pubblicato sulla rivista NatureMaterials, mostra che questa nuovaelusiva fase della materia è in uncerto senso concorrente dellasuperconduttività: “Abbiamofinalmente una prova concreta”,spiega Makoto hashimoto, uno degliautori del lavoro, ricercatore alloStanford Synchrotron RadiationLightsource (Ssrl) dell’acceleratoreSlac, “che la fase di pseudogapsopprime la superconduttività. Seriuscissimo in qualche modo aeliminare questa competizione, o agestirla meglio, potremmo essere ingrado di aumentare le temperature diesercizio dei superconduttori”. Nonbisogna lasciarsi ingannare, infatti,dai termini alte temperature che, nelcaso di questi superconduttori, siaggirano intorno a -200°C.L’obiettivo di tutti gli scienziati chelavorano nel campo è, dunque,quello di aumentare il più possibilela temperatura a cui un materialeinizia a mostrare proprietàsuperconduttive. Nei loroesperimento, i ricercatori hannousato una tecnica chiamataspettrografia a fotoemissione angle-resolved (Arpes), per colpire deglielettroni di un blocco di ossido dirame, uno dei pochi materialisuperconduttivi a temperature

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SCIENZA E TECNICAmensile a carattere politico-culturalee scientifico-tecnico

Dir. resp.: Lorenzo Capasso

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LA SIPS, SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE - ONLUS, trae le sue origini nella I Riunione degliscienziati italiani del 1839. Eretta in ente morale con R.D. 15 ottobre 1908, n. DXX (G.U. del 9 gennaio 1909, n. 6), svolge attività interdisciplinare e multidisciplinaredi promozione del progresso delle scienze e delle loro applicazioni organizzando studi ed incontri che concernono sia il rapporto della collettività con il patrimonioculturale, reso più stretto dalle nuove possibilità di fruizione attraverso le tecnologie multimediali, sia ricercando le cause e le conseguenze di lungo termine dell’evo-luzione dei fattori economici e sociali a livello mondiale: popolazione, produzione alimentare ed industriale, energia ed uso delle risorse, impatti ambientali, ecc.Allo statuto vigente, approvato con D.P.R. n. 434 del 18 giugno 1974 (G.U. 20 settembre 1974, n. 245), sono state apportate delle modifiche per adeguarlo al D.Lgs.460/97 sulle ONLUS; dette modifiche sono state iscritte nel Registro delle persone giuridiche di Roma al n. 253/1975, con provvedimento prefettizio del 31/3/2004.In passato l’attività della SIPS è stata regolata dagli statuti approvati con: R.D. 29 ottobre 1908, n. DXXII (G.U. 12 gennaio 1909, n. 8); R.D. 11 maggio 1931, n.640 (G.U. 17 giugno 1931, n. 138); R.D. 16 ottobre 1934-XII, n. 2206 (G.U. 28 gennaio 1935, n. 23); D.Lgt. 26 aprile 1946, n. 457 (G.U. - edizione speciale - 10 giu-gno 1946, n. 1339). Oltre a dibattere tematiche a carattere scientifico-tecnico e culturale, la SIPS pubblica e diffonde i volumi degli ATTI congressuali e SCIEN-ZA E TECNICA, palestra di divulgazione di articoli e scritti inerenti all’uomo tra natura e cultura. Gli articoli, salvo diversi accordi, devono essere contenuti inun testo di non oltre 4 cartelle dattiloscritte su una sola facciata di circa 30 righe di 80 battute ciascuna, comprensive di eventuali foto, grafici e tabelle.CONSIGLIO DI PRESIDENZA:Carlo Bernardini, presidente onorario; Maurizio Luigi Cumo, presidente; Francesco Balsano, vicepresidente; Barbara Marti-ni, amministratore; Filomena Rocca, segretario generale; Mario Alì, Luigi Berlinguer, Vincenzo Cappelletti, Enzo Casolino,Salvatore Lorusso, Elvidio Lupia Palmieri, Antonio Speranza, Nicola Vittorio, consiglieri; Alfredo Martini, consigliere onorario.Revisori dei conti:Antonello Sanò, Guglielmo Lucentini, Elena Maratea, effettivi; Roberta Stornaiuolo, supplente.COMITATO SCIENTIFICO:Michele Anaclerio, Piero Angela, Mario Barni, Carlo Blasi, Maria Simona Bonavita, Federico Cinquepalmi, Mario Cipolloni,Ireneo Ferrari, Michele Lanzinger, Waldimaro Fiorentino, Gaetano Frajese, Gianfranco Ghirlanda, Mario Giacovazzo, GiorgioGruppioni, Antonio Moroni, Nicola Occhiocupo, Gianni Orlandi, Renato Angelo Ricci, Mario Rusconi, Roberto Vacca, BiancaM. Zani.SOCI:Possono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni ed in generale, enti) che risiedono in Italia e all’estero,interessate al progresso delle scienze e che si propongano di favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

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I membri del Consiglio di presidenza della Società Italiana per il Pro-gresso delle Scienze formulano ai Soci, alle Autorità, alle Accademie,agli Istituti culturali, alle Società consorelle ed alla Stampa cordiali votiaugurali di buon Anno.

relativamente alte (circa -135°C).Cosa accade a livello microscopico?Nei metalli, gli elettroni sono ingrado di scorrere liberamenteall’interno del materiale. Negliisolanti, invece, restano legati agliatomi cui appartengono. Neisuperconduttori, infine, gli elettronitendono a lasciare le proprieposizioni di partenza e accoppiarsiper condurre elettricità senzaincontrare alcuna resistenza e conefficienza ideale del 100%. Quandosi spostano, lasciano una sorta dibuco vuoto, che i fisici chiamanogap. Oltre vent’anni fa, però, gliscienziati osservarono un fenomenoapparentemente incomprensibile: lapresenza di gap a temperature piùalte rispetto a quelle caratteristiche

dell’insorgenza dellasuperconduttività. Non ci sarebberodovuti essere. A livello cautelativo, lichiamarono, per l’appunto,pseudogap. “Quella trasuperconduttività e pseudogap è unarelazione complessa e intima”,commenta Zhi-Xun Shen, un altrodegli autori del lavoro. “Sono duefenomeni che probabilmente hannola stessa origine fisica, ma sono inrealtà contrapposti. Se vince lopseudogap, la superconduttivitàperde”. Con il loro esperimento, gliscienziati sono riusciti a capireesattamente cosa succede quando unmateriale sta per diventaresuperconduttore. È come se,arrivando alla temperatura critica,pseudogap e superconduttività si

contendano gli elettroni. I risultatisperimentali si sono mostrati in buonaccordo con le previsioni teoriche:“Lo pseudogap”, spiegano ancora gliscienziati, “tende a mangiare glielettroni che vorrebbero transirenello stato superconduttore. Glielettroni sono impegnati a ballare ladanza dello pseudogap, e lasuperconduttività cerca di romperele righe, ma non ci riesce.Dopodiché, quando il materialepassa nello stato superconduttore, lopseudogap si arrende e restituisce glielettroni. Abbiamo ottenuto la provapiù diretta che questo è quello cheaccade”. Resta ancora da capire,però, cosa provochi l’insorgenzadello pseudogap. Nel frattempo, chesi continui a ballare.