Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo...

23
Luring Devil I. M. Another

Transcript of Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo...

Page 1: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Luring Devil

I. M. Another

Page 2: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Questo libro è frutto della fantasia dell’autore. Nomi, personaggi, luoghi, eventi sono fittizi. Ogni somiglianza con persone reali o con fatti realmente accaduti è da considerarsi assolutamente casuale.

Copyright 2015 – by I. M. Another

Front Cover: by Kikun art;

All rights reserved.

Page 3: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed
Page 4: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

«Quando ti riporterò a casa, non saprai più fare a meno di me, e sarà un vero inferno.

Ma non è detto che per me sarà più semplice, Emily.»

Page 5: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

1. Uno spesso strato di polvere ricopriva ogni cosa. Le poche bottiglie vuote rimaste sul retro del bar emanavano un odore dolciastro e nauseante. Il pavimento opaco, privo di luce e di vita, non rifletteva nulla. Su di esso erano rimaste macchie e impronte, qualche ricevuta sparsa in giro e frammenti di vetro. I divanetti, con i loro cuscini, erano fermi come se fossero stati di pietra, come se nessuno vi si fosse mai seduto. Dai tavoli erano sparite le belle tovaglie ricche di merletti, i fiori, i vassoi. «Mio Dio…» «Che cosa è successo qui?» «Non ne ho idea, ma credo che queste siano tracce di una rissa.» dedusse lui, accennando ai bicchieri in frantumi. Lei si mise una mano davanti alla bocca, e indietreggiò disgustata: «Quello è… sangue?» Coraggiosamente, Castiel allungò la mano verso le macchie rossastre sul bordo del bancone, e accostò il viso. «Cognac.» disse sicuro. «Oh…» fece Emily rassicurata, «Grazie al cielo.» Il retro del locale versava in uno stato decisamente migliore. Qualcuno aveva avuto la cura di proteggere i mobili dalla polvere con dei teli di plastica, i bagni erano chiusi a chiave e inaccessibili, insieme allo spogliatoio. Emily si chinò cercando di scorgere quali fossero le condizioni degli scaffali attraverso il telo opaco, e avvicinandosi troppo alla polvere, starnutì e si strofinò un dito sulla punta del naso. «Credi che sarà difficile rimetterlo a posto?» «Be’, con una pulizia approfondita, e magari un cambio di arredamento, dovrebbe tornare come nuovo. Il problema non sono le condizioni del locale, piuttosto cosa ne è rimasto nei ricordi delle persone. A giudicare da quello che vedo, direi niente di buono.» «Mi rende triste, vedere questo posto ridotto così.» «Certo che Ray avrebbe potuto almeno far dare una ripulita prima del nostro arrivo. Sembra quasi che avesse fretta di chiudere l’Host Club.» guardò il proprio orologio, sospirò e aggiunse: «E come se non bastasse, è in ritardo.» «Secondo te ci ha dato buca?» «Non lo farebbe mai.» Camminò lentamente, fino a raggiungere il proprio tavolo, quello dove aveva accolto decine e decine di clienti per anni. Era impolverato ma intatto. Nessuno aveva osato occuparlo durante la sua assenza. Sfiorò la tappezzeria della poltrona con le dita, e si voltò verso di lei sorridendo. «Emily, questo non ti fa venire in mente dei ricordi?» Gli si avvicinò maliziosamente e si sedette sul bordo del tavolo. «Miao.» Castiel rise a voce bassa e le sollevò il viso con una mano. «Ah, da quanto tempo non stiamo un po’ da soli?» Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto la collana che portava al collo, quella che reggeva il ciondolo con il suo nome inciso. Emily non l’aveva mai tolta in tutti quei mesi. Nel silenzio ovattato del locale vuoto, si sentì un rumore provenire dal retro, e una porta cigolare, che riecheggiò in tutto il salone. Castiel si ritrasse di scatto e si allontanò. «È Ray.» Infatti, si trattava di lui. La sua postura elegante non era cambiata affatto in tutti quei mesi, e anche senza indossare la cravatta, appariva impeccabile. Aveva scelto una montatura di occhiali più spessa e i capelli corti e castani erano lucenti e pettinati con grande cura. «Chiedo scusa per il ritardo.» si annunciò, spingendo gli occhiali indietro con la punta delle dita. Castiel gli andò incontro con le braccia aperte. «Ray, vecchio mio!»

Page 6: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

«Chiamami di nuovo in quel modo e te ne farò pentire, Castiel.» protestò con un broncio benevolo. «Signorina Heart, la trovo in ottima forma.» disse poi rivolgendosi a Emily. «Temevo che questo diavolo l’avesse ridotta allo stremo, e invece è anche più bella di prima.» «Grazie.» «Non sperare di cavartela con così poco, Ray.» ribatté Castiel con severità. «Allora, si può sapere cosa è successo qui dentro? Sembra che tu ti sia limitato a guardare il locale fallire, senza fare nulla per impedirlo.» Ray prese fiato e rispose: «Tanto per cominciare, vi consiglio di non appoggiarvi ai mobili per nessuna ragione.» porse galantemente un braccio a Emily e la osservò. Con passi lenti, cominciò a percorrere il salone, tra Emily e Castiel. Iniziò il suo racconto solo davanti al bancone della reception che aveva occupato per anni. «Se volessi farla breve, non è accaduto nulla che non avessimo previsto.» esordì. «Tensioni all’interno dello staff, atmosfera spiacevole, litigi, clienti in calo e licenziamenti.» Sollevò il telo che ricopriva il bancone da un lato, tenne una mano davanti alla bocca per non inalare la polvere ed estrasse il vecchio registro da un cassetto, ancora in ottime condizioni. Aprì delle pagine a caso e lo mostrò a entrambi. «Guardate voi stessi. Non mi era mai capitato di scrivere un numero così esiguo di appuntamenti. Quando gli host sono rimasti solo in due, ho ritenuto opportuno arrendermi. Non aveva alcun senso, né per me, né per i ragazzi.» «Perché non hai assunto altri host?» «Non riuscivo a trovare nessuno che fosse all’altezza della situazione, ma la verità era che non ne valeva la pena. Ciò che ha davvero decretato la fine del Charming Devil è stata l’unica cosa che non abbiamo previsto: la concorrenza.» Castiel scosse la testa, ed Emily socchiuse le palpebre. «Cioè?» chiesero entrambi all’unisono. Ray si toccò la fronte e disse: «Cielo, siete tornati solo questa mattina, non potete sapere di cosa parlo.» fece un gesto vago con la mano e spiegò: «Un Host Club con prezzi molto più bassi, meno regole e una pubblicità sfacciata.» Castiel alzò le sopracciglia. Stupito, schiuse le labbra e mormorò: «Qualcuno ha aperto un altro Host Club?» «Sì, e non lontano da qui. Con la nostra fama ormai in declino, era semplicemente scontato che molte clienti si trasferissero da loro. Prima che il locale cominciasse a generare perdite, sono corso ai ripari.» «Interessante.» commentò, respirando lentamente. «Arrivati a questo punto, riaprire il Charming Devil così com’era prima sarebbe davvero stupido.» La ragazza guardò entrambi preoccupata. «Lo credete davvero?» Castiel sospirò, scambiò un’occhiata con Ray, e poi con Emily. «Mi verrà in mente qualcosa. Ora, ho bisogno di recuperare alcuni contatti, e…» Ray sorrise, interruppe l’altro alzando la mano destra, mentre con la sinistra frugò nelle tasche della propria giacca. Porse a Castiel un’agendina nera e lucida, con fare orgoglioso, e aggiunse: «Ci avevo già pensato. Qui troverai solo conoscenze utili. Ogni persona particolarmente influente che ha messo piede al Charming Devil, o con cui abbiamo avuto a che fare.» Emily rimase sbalordita. Castiel e Ray sembravano condividere una sincronia unica, e si capivano con un solo sguardo. Nonostante non avessero pianificato nulla, era come se entrambi stessero seguendo la stessa precisa strategia. «Perfetto.» rispose lui. Alzò nuovamente lo sguardo e affermò: «Bene, se ognuno di noi farà la propria parte, riusciremo a concludere qualcosa di buono abbastanza in fretta. Ray, recupera informazioni sui nostri ex dipendenti. Riavere la disponibilità di qualche host sarebbe un ottimo punto di partenza.» «Lascia fare a me.» Parlarono tra loro a lungo. Castiel aveva già un’idea, qualcosa che assomigliava all’Host Club che aveva visto nascere sotto i suoi occhi a Parigi. Ray guardò per abitudine l’orologio sulla parete della hall, ormai fermo da chissà quanto, per poi sbirciare quello sul proprio polso. «Si è fatto tardi. Mi permettete di offrirvi il pranzo?»

Page 7: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Emily si sporse in avanti, intenta ad accettare l’invito. Aveva una fame tremenda, e soprattutto, non vedeva l’ora di riassaggiare i cibi a cui era abituata. Adattarsi alla cucina francese era stato un incubo per lei. Castiel, però, la precedette obiettando: «Ti ringrazio, ma siamo stanchi, e sono sicuro che Emily preferirebbe riposare. Vero?» aggiunse, rivolgendosi a lei. Sapeva cosa significava. Non era una domanda casuale, ma un ordine ben preciso. A malincuore annuì, e Ray congedò entrambi per lasciare ciò che restava del Charming Devil. Castiel lo seguì fino alla porta, e la chiuse a chiave subito dopo. Incrociò le braccia sul petto, si piantò davanti a Emily e sospirò: «Non hai idea di quanto mi costerà.» «Castiel, se...» Prima di continuare la frase, prese fiato. «Se non ne vale la pena, lascia stare.» «Ti ho fatto una promessa.» ribatté sicuro di sé. La guardò negli occhi a lungo. Cercò un modo di dirle ciò che stava pensando, un modo non troppo crudele. «Dovrei riportarti a casa adesso, lo sai?» «No!» le sfuggì con voce insolitamente acuta. «Emily…» «Posso restare con te ancora un po’?» Davanti a quegli occhi dolci e smarriti, Castiel esitò e si posò un palmo sulla fronte. Quella sua espressione triste era l’unica cosa che poteva distoglierlo dai suoi obiettivi, e farlo cedere. «E va bene.» sospirò. «Ma voglio qualcosa in cambio.» «Cosa?» Prima di risponderle, prese dalla tasca un mazzo di chiavi, frugò per trovare quella dello spogliatoio, e lo aprì. Gli armadi e gli specchi erano stati coperti e protetti con cura, ma la scalinata che conduceva al suo appartamento necessitava decisamente di una ripulita. «Una mano a rimettere a posto casa mia. E magari potresti indossare quelle bellissime parigine mentre lo fai.»

Page 8: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

2.

Le braccia candide e tornite di Castiel sopra di lei, sembravano forti e perfette. Con la punta delle dita le percorse, soffermandosi sulla piega dei gomiti, e lui ansimò, mentre si muoveva piano. Il piacere era lento e costante, sentiva il suo addome contro le proprie costole, e a tratti le mancava il respiro. Ogni tanto, qualcuno di quei colpi profondi le faceva male e si lasciava sfuggire un gemito. Ormai era abituata a quella dolcissima tortura. Gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, lasciando che lui si saziasse, che affondasse la testa tra i suoi capelli. Sentì i suoi denti freddi contro la pelle e avvertì un brivido. Il suo respiro divenne affannato e i movimenti più intensi. Accompagnò i suoi gesti inarcando la schiena, si aggrappò alle sue spalle e si sentì scuotere fin dentro le ossa, soffocò un grido e accolse quel calore crescente dentro di sé, prima che Castiel crollasse stancamente addosso a lei, per poi riversarsi su un fianco. Rimase appoggiata al suo petto per alcuni istanti, a respirare il suo profumo e a sentire il battito leggermente accelerato del suo cuore. Castiel la scrutò con aria severa e sospirò. «Devi cercare di distaccarti da me.» disse con voce roca, e poi si voltò per raccogliere una sigaretta. Si alzò dal letto tenendola accesa tra le labbra, indossò in fretta i jeans e recuperò le chiavi di casa. «Dove vai?» gli chiese sollevandosi sui gomiti. «Devo incontrare delle persone.» Lei ansimò piano. Con le ginocchia piegate tra le lenzuola in disordine, prese la sua mano e la sfiorò con le labbra. Castiel adorava quel gesto. «Quando torni?» «Non lo so, ma tu devi andare a casa.» ribatté lui, mentre finiva di vestirsi. «A casa tua.» precisò. «Forza, rivestiti. Ti accompagno.» Lo guardò tenendo il lenzuolo avvolto intorno a sé e lentamente scese dal letto. Distaccarsi da lui? Pensò che fosse impossibile. Ormai era parte di lei, lo sentiva scorrere dentro, insieme al sangue nelle sue vene, conservava costantemente nella bocca il sapore di Castiel, l’essenza di quell’uomo di cui non poteva più fare a meno. Lui era tutto ciò di cui aveva bisogno. Un amante, un complice, un confidente, un protettore. Si rivestì svogliatamente e si guardò intorno. Castiel riusciva a mantenere una calma glaciale. Era come se, in quel momento, non stesse provando alcuna emozione, o peggio, come se non ne avesse mai provate. Ma come poteva essere così freddo? Il gioco era finito, quel passatempo non gli interessava più, e si stava limitando a riportare indietro Emily come avrebbe fatto con una bambola rotta, per farla sostituire. O per liberarsene una volta per tutte. Qualcosa le urtò il cuore. Una fitta di dolore insopportabile, che stava quasi per diventare un malessere fisico. I suoi occhi grigi le mettevano ansia. L’assenza di calore umano nel suo sguardo le faceva paura. E quel silenzio… tutto quel silenzio le faceva scoppiare la testa. Castiel non parlò neanche in macchina. Ogni tentativo di conversare terminò con una risposta vaga e finta. Emily rabbrividì. Quell’atteggiamento le ricordava il modo in cui Castiel si liberava delle clienti al Charming Devil. Davanti al portone del palazzo, deglutì e respinse due lacrime pesanti che minacciavano di scendere dai propri occhi. «Castiel…» mormorò. «Ho una certa fretta.» la interruppe lui. «Ti dispiace se ti lascio qui?» Sì. Le dispiaceva da morire. «V-Veramente, io…» La sua resistenza si infranse contro quel muro di indifferenza. Quel muro che era riuscita ad abbattere dopo tanti sforzi, e che ora era di nuovo lì, e le impediva di vedere oltre, di capire i sentimenti di Castiel. Chinò la testa in un pianto muto e si coprì il volto con le mani. «Ti prego, non fare così.» «Scusa, è che...» «Emily.» Le prese il viso tra le mani. Erano pesanti e fredde. «Non rendermi le cose più difficili.» le disse fermamente.

Page 9: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Strinse le dita sulle sue guance tenere, come un avvoltoio sulla sua preda, e la lasciò all’improvviso. Lei ansimò e lo guardò smarrita. «Fa troppo male.» «Cosa ti aspettavi?» «È insopportabile.» «Ti avevo avvertito. Hai sempre saputo che sarebbe stato così.» Crudelmente, socchiudendo i suoi occhi di ghiaccio, Castiel si sporse verso di lei e le aprì la portiera dall’interno. Non lo aveva mai fatto prima. Emily mise un piede fuori, e appena la suola della sua scarpa toccò l’asfalto, si sentì mancare il fiato. Dopotutto, questi erano i patti. Chinò la testa, si morse il labbro inferiore così forte da avvertire dolore e cercò di non guardarlo. Lui esitò. Prima che lei scendesse, le afferrò il polso con una mano e le disse: «Se dovessi avere bisogno di qualcosa, chiamami.» Che ipocrisia, pensò. Certo che aveva bisogno di qualcosa. Aveva bisogno di lui, della sua ombra protettrice, di quelle mani forti, il suo profumo, le sue labbra, la sua voce rassicurante. Emily entrò nel vecchio appartamento umido e buio. Era passata un’eternità dall’ultima volta che ci era stata e quasi non riusciva a orientarsi. Improvvisamente, le parve scomodo e sciatto. Si era abituata allo stile di vita che Castiel le aveva offerto, alla casa luminosa di Parigi. Sapeva che sarebbe stato difficile accettare di separarsi da lui, ma in fondo sperava che sarebbe accaduto gradualmente, che Castiel l’avrebbe tenuta con sé ancora un po’. La casa era rimasta come l’aveva lasciata. Il vecchio armadio aveva un’anta aperta che cigolava. Il letto le sembrò così misero e freddo. Pensò che non sarebbe mai riuscita a passare la notte da sola. Si lasciò cadere all’indietro sul letto e aprì le braccia, guardò il soffitto e sospirò. Sentiva ancora il suo

tocco addosso, il suo profumo sulla pelle. Già le mancava. Le mancava da impazzire.

Page 10: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

3.

Aveva sentito vibrare in tasca il cellulare un paio di volte nel corso della serata, ma con il chiasso che lo circondava e gli occhi vigili delle persone sedute al tavolo insieme a lui, non avrebbe potuto rispondere. Ogni volta era un nodo alla gola. Non aveva bisogno di leggere sul display il nome chi lo stava chiamando. Riuscì ad appartarsi all’esterno dell’hotel con la scusa di voler fumare, e così, con una sigaretta ancora spenta tra le labbra, poté finalmente ascoltare quella voce che gli era mancata durante tutto il giorno. «Emily?» pronunciò portando il cellulare all’orecchio. «Castiel…» Era sconvolta. Doveva aver pianto a dirotto, e la sua voce risuonava gracile e spezzata. Cominciò a preoccuparsi seriamente. Non avrebbe mai voluto lasciarla sola, e soprattutto non in quel modo, ma era stato costretto a farlo. Quella storia non poteva andare avanti. Emily era diventata un’ossessione, una mania, e il suo corpo, le sue labbra, quel profumo da bambina, erano una droga della quale non riusciva più a fare a meno. Come avrebbe potuto tornare a essere un host, a dedicarsi ad altre donne con attenzione, se tutto ciò che aveva in testa portava il nome di Emily? «È successo qualcosa?» le chiese mantenendo il controllo del proprio tono. «No, io…» «Perché mi hai chiamato?» «Avevo bisogno di te.» Fu come ricevere una pugnalata diretta e letale. Anche lui aveva bisogno di lei. Tanto da sentire le mani tremare ogni volta che ci pensava. Doveva tacere, e resistere, reprimere quell’istinto malsano. Doveva tornare ad essere il diavolo dell’Host Club, e lei… lo rendeva così debole. «E ti sembra un buon motivo?!» le inveì contro, fingendosi severo. «Emily, non sono passate neanche sei ore da quando ti ho accompagnata a casa, lo sai?» aggiunse dopo aver guardato l’orologio. Sei ore. Gli erano sembrate almeno il doppio. «Lo so.» lo interruppe. «Ma ho bisogno di vederti, almeno per un minuto. Ti prego.» Sospirò frustrato, e la sigaretta rovinò al suolo, vicino alle sue scarpe. «È tardi, Emily. Dovresti dormire.» si limitò a dirle. Lei gemette dall’altro capo del telefono. «Non ci riesco. Ho paura di dormire da sola, mi sembra di sentire rumori dappertutto in casa, e… Mio Dio, fa così freddo!» Un’altra pugnalata, più forte, all’altezza della gola. Sentiva il dovere di proteggerla, tranquillizzarla e accarezzarla fino a farla addormentare. «Calmati. E accendi i riscaldamenti.» «Non ci riesco!» ripeté affranta. Castiel sospirò di nuovo. Si chinò a raccogliere la sigaretta caduta e la gettò intatta nel posacenere più vicino, poi ne estrasse un’altra dalla tasca. «Dovrai farlo. Sono impegnato adesso, e non potrei venire da te comunque.» le disse fermamente. «Mi dispiace, ma… devo darti la buonanotte.» Chiuse la conversazione prima di sentire la sua risposta, accese l’agognata sigaretta, inspirò profondamente e strinse forte i pugni, finché le tracce delle vene emersero dal dorso bianco delle sue mani. Quella sensazione così sgradevole… era la prima volta che la provava. Era la prima volta che si negava qualcosa, e non capiva bene per quale motivo lo stesse facendo. Una parte di lui avrebbe voluto mandare al diavolo le due donne che lo aspettavano al tavolo insieme a Ray, salire in macchina e correre da lei, raggiungerla il prima possibile. L’altra, invece, lo costringeva a rientrare nei panni dell’host cinico e distaccato che era sempre stato. Avvertì la gola secca non appena gettò via la sigaretta e tornò dentro, al tavolo dove era atteso, davanti a una cena che non sarebbe terminata presto. «Oh, Castiel! Questa sigaretta è durata molto più del previsto!» si lamentò una delle presenti. Lui scambiò un’occhiata rapida e fugace con Ray, che lo comprese immediatamente, e intervenne: «La prossima volta, dovremmo scegliere un’area per fumatori. È davvero scomodo doversi allontanare, ogni volta.»

Page 11: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Castiel non commentò. Riempì il proprio bicchiere di vino rosso e bevve, sperando che l’alcol potesse servirgli a qualcosa. L’altra donna in loro compagnia lo fissò intensamente e gli chiese: «Va tutto bene, Castiel?» «Sì, Sara. Sono ancora un po’ frastornato dal viaggio.» «Capisco.» «Ti chiedo scusa.» «Non importa. Allora, dicevamo… la villa.» glissò la donna. «Sono costretta ad affittarne il piano inferiore. Non posso più permettermi di mantenere anche il bar, il salone e le camere al piano di sotto. Restano sempre vuote, è uno spreco.» Spiegò guardando oscillare il vino nel proprio bicchiere. «Così, vorrei ridimensionare gli spazi e le spese, e tenere per me solo il secondo piano. Come ho già detto, penso che potrebbe fare al caso tuo. Il bar è incantevole, il salone immenso, e dall’altra parte del corridoio principale potresti anche ricavare un discreto appartamento. Che ne pensi?» La guardò distratto. La verità era che non riusciva a pensare a niente. Se anche quella donna gli avesse offerto una stalla, non gli sarebbe importato. Ray colse la sua esitazione e prontamente accorse in suo aiuto. «Signora Swann, temo che sia troppo presto per esprimersi. Bisognerà prima vedere di persona la villa.» «Le mie porte sono sempre aperte per voi. Potete venire a trovarmi quando volete.» L’amica di Sara, sotto il tavolo e di nascosto, sfiorò la gamba di Castiel con la punta della scarpa, e lui rabbrividì disgustato. Quando incontrò il suo sguardo eloquente, la nausea fu impossibile da reprimere, e rimase ferma sul suo volto in una ruga di disgusto. Avrebbe voluto farsi pagare, per quello, e molto. «Castiel.» Lo chiamò la donna. «Sono curiosa di vedere i tuoi capelli. Perché non sciogli quel codino?» Impossibile. Solo Emily poteva chiederglielo, solo Emily poteva far scorrere i suoi capelli tra le dita. «No, mi spiace.» Rispose stizzito. Le rivolse uno sguardo penetrante e infastidito, e la donna allontanò la propria gamba e piegò le labbra in un’espressione imbarazzata. Gli sembrò del tutto insignificante. Doveva avere appena qualche anno in più di lui, e portava addosso dei gioielli pesanti e dall’aspetto costosissimo. Il trucco mascherava bene i difetti sul suo volto, aveva un aspetto gradevole, ma in confronto a Emily non era altro che una rosa appassita e senza colore. Senza vita. Ray, allarmato da tanta sgarbatezza, si schiarì la voce e disse: «Castiel intendeva dire che non ama mostrarsi sciatto, e in effetti ritengo che dovrebbe riconsiderare la lunghezza dei suoi capelli.» Lo ignorò volutamente. Nelle sue orecchie risuonava la vocina spezzata di Emily, la sua richiesta dolce, impossibile da rifiutare. La immaginava rannicchiata sotto le coperte, al buio, infreddolita. Un pensiero gli fulminò la mente: e se avesse chiesto aiuto a qualcun altro? E se avesse chiamato proprio Eric? La gelosia cominciò a consumare la sua pazienza rapidamente. Smise di partecipare alla conversazione, si limitò a delle risposte vaghe e brevi. Dopotutto, nessuno lo stava pagando per quella serata, perciò perché avrebbe dovuto mostrarsi socievole, o di buona compagnia? Il cibo che gli passò sotto gli occhi sembrava non avere alcun sapore. Era come affondare i denti nella sabbia. Contrastò la sensazione bevendo quel vino frizzante che era servito sul tavolo. Non aveva alcun effetto, era troppo leggero, e non avrebbe mai calmato il suo stato d’animo. «Mi serve qualcosa di più forte.» disse voltandosi a cercare un cameriere. «Più forte? Spero che tu non abbia intenzione di guidare!» esclamò Sara Swann. Certo che aveva intenzione di guidare. Voleva premere a fondo il pedale dell’acceleratore e lasciarlo solo sotto casa di Emily, ma non poteva dirlo a nessuno, neanche a se stesso. Pensò che doveva concludere quell’accordo, e in fretta. Pensò che prima sarebbe finita la cena e prima avrebbe potuto rivedere Emily, tenerla tra le proprie braccia, respirare sul suo seno, tra i suoi boccoli. L’attesa era solo una straziante agonia. Mostrò un sorriso plastico, falso, quasi beffardo. «No, naturalmente.» mentì. Giunse le mani sul tavolo incrociando le dita, prese un lungo respiro e affermò: «Non c’è bisogno di discutere ulteriormente, Sara. Avrai già capito che sono molto interessato.» «Potrebbe essere conveniente.» convenne Ray. «Le due attività si assomigliano, e potrebbero attirare nuovi clienti l’una per l’altra. Questo sarebbe un bel vantaggio per noi.» «Vorrei vedere la villa al più presto.» concluse l’host ammiccando.

Page 12: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

La Signora Swann sorrise e scambiò un’occhiata compiaciuta con l’amica. «Perché non venite a pranzo, domani?» propose. «Ellen si unirebbe a noi volentieri. Ci sarai, cara?» «Domani andrà benissimo.» acconsentì Castiel, coprendo la voce dell’amica di Sara con la propria. Ray lo guardò, stranito e sconcertato da quell’improvviso cambiamento. Si aggiustò gli occhiali con la punta delle dita, come era solito fare, e tornò a rivolgere la propria attenzione sulla cena, conversando cordialmente. Castiel guardava in continuazione l’orologio, preoccupato dal fatto che il suo cellulare fosse rimasto muto. Lasciò scorrere la serata ansiosamente, impegnandosi affinché durasse il meno possibile, ma quando si accorse che mancava meno di mezz’ora alle tre del mattino, sospirò, si alzò in piedi e si scusò con i presenti. Non pensò neanche bene a cosa dire. Improvvisò qualcosa sulla stanchezza, sul malessere dovuto al viaggio, disse di avere bisogno di riposo, e sopportate le ultime fastidiose raccomandazioni quasi materne delle due donne, si precipitò fuori dall’hotel, nel parcheggio, all’interno della sua auto. Chiuse la portiera con violenza, si passò una mano sulla fronte e chinò la testa verso il volante sospirando. Girò la chiave, si allacciò la cintura freneticamente e si mise subito in strada. Aveva passato quasi un anno insieme a lei, ogni notte finiva con lei, ogni mattino iniziava con lei. Eppure, non riusciva mai a saziarsene, ad averne abbastanza. Le strade erano sgombere, ma l’appartamento di Emily era piuttosto lontano. Di tanto in tanto, Castiel volgeva lo sguardo al proprio polso. Si domandò se l’avrebbe trovata sveglia, se l’avrebbe trovata sola. Un semaforo rosso impedì la sua corsa, e sbuffò battendo un palmo sul volante. Le ultime centinaia di metri gli sembrarono durare un’eternità. Quando finalmente vide in lontananza la propria destinazione, erano le tre passate. Scese dall’auto, raccolse il cellulare che aveva abbandonato sul sedile accanto, e si diresse a grandi passi verso il citofono. Suonò il campanello di Emily diverse volte, ma lei non rispose. Cominciò a telefonarle nello stesso momento, a ripetizione. Se stava dormendo, si sarebbe svegliata prima o poi. E se non era in casa, gli avrebbe risposto al telefono. Dopo molti tentativi, sentì la sua vocina roca e spaventata provenire dal cellulare. «C-Castiel?» «Apri la porta.» «S-sei… tu che continui a suonare?» «Chi credevi che fosse?!» sbottò nervosamente. Uno scatto l’avvisò che il portoncino si era aperto. Si precipitò all’interno, salì i gradini a passo svelto e si fermò davanti alla porta dell’appartamento di Emily con le braccia conserte. Riuscì a sentirla mentre sbloccava le mandate della serratura, e appena gli fu davanti, esclamò: «Emily! Quanto avevi intenzione di farmi aspettare là fuori?» Non riuscì a mantenere quell’atteggiamento severo. Emily gli gettò le braccia al collo prima ancora che finisse di parlare, nascondendo il viso nella sua giacca. Sospirò debolmente e le accarezzò i capelli spettinati. Tremava come una foglia, ed era così piccola. «Va tutto bene.» le sussurrò. «Sono qui adesso, ok?» Ma come aveva fatto ad abbandonarla? Come era riuscito a guardarla mentre andava via? «Grazie.» Mormorò lei, con la voce ovattata dal tessuto spesso della giacca. Castiel la sospinse verso l’interno con gentilezza, improvvisamente placato. «Andiamo dentro.» Lei richiuse la porta meticolosamente rigirando la chiave più volte, con le braccia scosse dal freddo, poi tornò a guardarlo con gli occhi lucidi. «Ho avuto paura. Sento tanti rumori in casa, e…» Non poteva restare fermo ad ascoltare. Nel buio di quella stanza, il viso spaventato di Emily era di una bellezza sconcertante. Indossava solo un top sottile e delle mutandine abbinate, e contorceva i piedi intirizziti sul pavimento. I suoi occhi grandi la illuminavano, le sue labbra incantevoli lo attiravano senza dargli scampo. Le prese le braccia e la baciò, mettendola a tacere. Era tutto quello che cercava. La calma e il sollievo che non aveva trovato nel vino quella sera, che non avrebbe mai trovato altrove. Il sapore di quella bocca invase i suoi sensi e incendiò gli istinti che aveva ignorato in quelle ultime ore. Allontanò le proprie labbra solo per scendere sul suo collo e lasciarle riprendere fiato, e lei chiese frastornata: «Tu… non li senti… questi rumori?» Castiel scosse la testa, percorse il suo corpo con le mani e ansimò.

Page 13: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

«No. Non sento altro che la tua voce, e mi sta facendo impazzire.» La baciò ancora come se intendesse divorarla anima e corpo, e la trascinò verso il letto sfatto nella stanza adiacente. «Spero che tu abbia dei vicini tolleranti, perché voglio sentirti per tutta la notte.» Aveva la pelle ancora calda, come da appena sveglia, ed era così arrendevole. Si sedette sul bordo del letto davanti a lui, lasciò cadere giù la schiena, volse la testa di lato, poi fece scivolare una mano tra le proprie gambe. Si mosse sinuosa come a invitarlo, e lui si chinò su di lei. Le baciò il collo di nuovo, proseguì con leggeri morsi, sollevò il top accarezzandola, facendolo scorrere lungo le sue braccia, e scoprì il seno roseo che sembrava bramare le sue attenzioni. La giacca pesante lo limitava nei movimenti. La tolse e la gettò nei paraggi con una smorfia infastidita, insieme alla camicia impregnata dall’odore di fumo, poggiò i palmi sulle ginocchia di Emily e le dischiuse le gambe. Sfiorò il cotone delle mutandine con le labbra e con i denti, e la sentì mugolare. Il modo in cui si contorceva era così irresistibilmente provocante. Si inumidì le labbra con la punta della lingua e baciò il suo grembo, il suo ventre, si fermò sui seni soffici per sentirne il sapore a lungo e inspirò il suo profumo. Le mise un braccio sotto la schiena, e guardandola in viso si accorse che si stava mordendo il labbro, pregustando ciò che la attendeva. Era impaziente, forse quanto lui. Sotto il peso di entrambi, la vecchia struttura del letto cigolava. «C-Castiel…» lo chiamò con un filo di voce. Aveva aspettato quel momento sin da quando l’aveva salutata, e si era negato il più dolce dei suoi piaceri per troppo tempo. Le motivazioni, le domande, le risposte, non avrebbero avuto alcuna importanza fino all’indomani mattina. Quanti pensieri inutili, si scioglievano come cera davanti al calore di quel corpo bellissimo che solo lui aveva saputo esplorare, di cui solo lui conosceva i punti più sensibili. «Chiedimelo.» la incitò fremendo, respirando tra i suoi capelli lunghi, i boccoli che tanto adorava. «Coraggio, piccola Emily. Esprimi un desiderio.» Strinse le gambe intorno alla sua vita. Gli sorrise con le guance accese di malizia e imbarazzo allo stesso tempo. Sussurrò confusamente nelle sue orecchie, aggrappandosi al suo collo con entrambe le mani per poterlo raggiungere. Erano parole quasi indecifrabili, impercettibili, annegate tra i suoi respiri. Qualsiasi cosa avesse detto, non aveva alcuna importanza. Voleva tutto di lei. Ogni respiro, ogni goccia di piacere che poteva dargli. Voleva alzarsi da quel letto sicuro di non aver lasciato niente, nessun avanzo di quanto gli spettava, di quanto gli apparteneva.

Page 14: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

4.

Quanto era piccola e scomoda quella camera, e quanto era fastidioso il vociare delle persone che veniva da fuori. Il mal di testa gli opprimeva i pensieri, il profumo del sapone delicato che usava Emily permeava l’aria e gli invadeva la mente alla stessa maniera in cui lui era entrato più volte per tutta la notte dentro il suo corpo minuto e sensibile. Adorava farlo, adorava tutte quelle curve che si adattavano perfettamente alle sue mani, le fossette di Venere alla base della schiena che baciava ogni volta che ne aveva l’occasione. Lei dormiva in posizione fetale, raccolta su se stessa. Il lenzuolo la copriva dalla vita in giù, i capelli lunghi velavano il resto. Voleva guardarla ancora. Scostò il lenzuolo per scoprirla lentamente, mosse lo sguardo lungo le cosce affusolate che gli avevano stretto la vita con inaspettata forza, i fianchi che si erano piegati al suo volere, le mani che con tanta tenacia si erano aggrappate alle sue spalle, chiedendogli di non fermarsi. E poi il seno rimasto segnato dai suoi morsi, le labbra rosse, gonfie, ancora sofferenti per quanto avevano subito, e infine le ciglia lunghe e lucide che impreziosivano gli occhi chiusi. Fissò lo sguardo su ciò che gli dava estasi ogni volta, sfiorò con la punta delle dita quello che più gli piaceva nella figura aggraziata che aveva di fronte, che era tanto dolce ma tanto energica, tra le sue braccia, da togliere il fiato. Disegnò la forma della sua bocca, che al proprio tocco si schiuse. Emily emise un sospiro leggero. Era esausta e sfinita. Le sue palpebre si mossero leggermente, e Castiel trasalì. No, non poteva restare un minuto di più. Doveva andarsene, e di corsa, da quell’appartamento, prima che i suoi occhi si aprissero, che lo catturassero di nuovo, prima che dalle sue labbra uscisse un filo di voce a implorarlo di restare. La sfiorò con un ultimo bacio prima di tirarle su il lenzuolo fino alle spalle e indietreggiò. Si affrettò a lasciare casa di Emily silenziosamente, dopo aver recuperato le chiavi della macchina, il cellulare e le sigarette. Richiuse piano la porta d’ingresso e sullo stesso pianerottolo incrociò una ragazzina con lo zaino sulle spalle che lo guardò sconvolta. Le sorrise gentile e si pose un dito davanti alle labbra per invitarla a fare silenzio, poi scese le scale e si concesse una sigaretta appena entrò in macchina. Solo quando, dopo aver acceso il motore, poggiò entrambe le mani sul volante, si rese conto di aver lasciato il proprio orologio da Emily. Lo aveva tolto per darsi una rinfrescata al viso stanco con un po’ d’acqua fredda, e doveva averlo dimenticato proprio lì, sul bordo del lavandino. Si premette un palmo sulla fronte. Non era un tipo che dimenticava facilmente le cose. Inconsciamente, doveva averlo fatto per avere una scusa che gli permettesse di tornare da lei. Un motivo futile, un motivo qualunque. Sicuramente, non appena lei sarebbe entrata in bagno, lo avrebbe notato. E forse, si sarebbe messa a osservarlo da vicino, a rigirarlo tra le mani, lo avrebbe indossato sul proprio polso minuscolo avvicinandolo al viso, per sentirlo accanto a sé. A metà strada, il cellulare cominciò a suonare. Sbuffò, lo raccolse e rispose attivando il vivavoce. Il disappunto di Ray si diffuse in tutto l’abitacolo. «Castiel, lo sai che ore sono?» «Non esattamente.» «Abbiamo un impegno, ricordi? Ora, non so quanto tu abbia intenzione di trattenerti in… dolce compagnia, ma…» «Sì, me lo ricordo.» lo anticipò spazientito. «Oh, bene. Pensa a un modo gentile per scusarti con la Signora Swann. Non è stata contenta di vederti andare via in anticipo, ieri.» suggerì l’altro. Fece una pausa, e aggiunse: «Castiel… hai passato la notte a casa della Signorina Heart, presumo.» «Non sono tenuto a dirti dove passo la notte.» «Indubbiamente. Spero comunque che tu abbia il tempo di fare una doccia.» «Io, invece, spero che trovi del tempo per farti gli affari tuoi.» lo contrastò Castiel con un ghigno ironico sul volto. Sentì Ray sospirare e intuì cosa stava per dirgli. «Ti sei chiesto se questo vostro incontro notturno fosse controproducente?» Castiel si lasciò sfuggire una risata.

Page 15: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

«Non è il genere di domande che mi faccio quando sono a letto con una donna. Santo cielo, da quanto tempo non fai sesso, Ray?!» L’altro sospirò di nuovo e scansò elegantemente l’esclamazione. «Fa’ pure come preferisci. Presentati puntuale, cerca di non essere odioso come ieri e se, casualmente, dovesse chiamarti la Signorina Heart, trattieni i tuoi spiriti almeno finché non avremo stabilito un accordo per la villa.» Castiel fece per chiudere la chiamata e sbottò: «Sei solo invidioso.» Appena arrivò a casa, si tolse nuovamente i vestiti, si accese un’altra sigaretta dopo aver aperto l’acqua della doccia, e attese che fosse abbastanza calda. Aveva ancora l’odore di Emily addosso, tra i capelli sudati, sulle dita, nei palmi che avevano raccolto il suo miele, dolcissimo. Avrebbe voluto tenerlo sulla pelle ancora un po’, come ricordo di quella notte fugace. Sciolse il codino sulla nuca, ma quando passò davanti allo specchio, qualcosa catturò improvvisamente la sua attenzione. C’erano dei segni rossi evidenti sulle sue spalle candide, che scorrevano verso il centro della schiena. Sembravano leggere bruciature. Dapprima, non riuscì a spiegarsi come delle dita così piccole avessero potuto lasciare tracce simili. Poi ricordò quando, durante la notte, baciandola languidamente tra le gambe, dove era più calda e bagnata, le aveva chiesto di non urlare, e lei, per trattenere la voce, aveva affondato le unghie nella sua schiena. Quanto era stato bello, soddisfacente, inebriante, controllare il suo piacere prima di lasciarla annegare tra gli spasmi di un orgasmo. «Dio…» imprecò tra sé e sé a denti stretti. Doveva smettere di pensarci, o sarebbe impazzito. Quei segni sulla schiena… gli provocarono una sensazione insolita. Non lo infastidirono, come i graffi che in passato gli avevano lasciato le altre donne. Gli trasmettevano un senso gradevole di appartenenza, di calore. A contatto con l’acqua calda della doccia presero a bruciare. Chiuse gli occhi e gli parve di sentirle, le sue piccole dita morbide, le unghie sulle spalle che lo graffiavano involontariamente. «Basta.» Disse a se stesso. Ruotò il rubinetto della doccia per farsi investire da un getto di acqua fredda. «Dio, Emily, esci dalla mia testa.»

Page 16: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

5.

Agitata, ansiosa, turbata, muoveva continuamente dei piccoli passi avanti e indietro, lanciando occhiate incerte a quell’oggetto. I calzini morbidi e infantili che indossava si erano sporcati a contatto con il pavimento. Aveva la guancia poggiata sul palmo della mano. Era preoccupata, seriamente preoccupata. Non poteva lasciarlo incustodito. Quell’orologio valeva sicuramente troppo. Non ne conosceva il costo esatto, non osava immaginarne la cifra, ma sapeva bene che Castiel non badava a spese quando si trattava di esaudire i propri capricci, e quell’accessorio non poteva fare eccezione. Lo aveva visto poggiato sul bordo del lavandino. Brillava da lontano alla luce del sole. Era adagiato perfettamente, quasi esposto. Come se lui l’avesse fatto apposta a lasciarlo lì. Castiel si separava dal proprio orologio solo per lavarsi, per dormire, a volte prima di fare l’amore, ma non dimenticava mai di rindossarlo, subito dopo. Sospirò guardandolo e scosse la testa. Lo aveva raccolto con cura e messo su di un fazzoletto di cotone, al centro del tavolo, in cucina. Temeva di sporcarlo, romperlo, graffiarlo, lasciare delle impronte digitali sul quadrante prezioso. Il cinturino di cuoio era intriso del profumo di Castiel, ma non solo quello: c’era l’odore delle sue sigarette, del suo brandy, della sua pelle. E messo lì, sembrava guardarla, osservarla come un occhio vigile. Era incredibile come persino negli oggetti Castiel sapesse infondere il proprio carattere. Le lancette che ticchettavano sembravano volerle imporre un certo rigore. Sbuffò, spinse all’indietro i boccoli lunghi, e sentì lo stomaco mugolare. Aveva fame, la cucina era del tutto vuota, e aveva paura di uscire per fare la spesa e lasciare lì l’orologio. E se qualcuno l’avesse rubato? Portarlo con sé, invece, era fuori questione. Sarebbe stata una responsabilità insostenibile. Eppure, conosceva Castiel abbastanza da sapere che quel gesto aveva un significato ben preciso, doveva essere premeditato. Forse era proprio quella la sua intenzione: tenerla sotto pressione finché non sarebbe tornato a riprenderselo. A riprendersi anche lei. Sì, perché il primo pensiero che le aveva sfiorato la mente era stato quello: sarebbe tornato. Ne era certa. Sorrise all’idea di stare ancora tra le sue braccia, di averlo di nuovo, di stare così bene, di nuovo. Si allontanò per vestirsi, sbirciando di tanto in tanto verso il tavolo, per assicurarsi che l’orologio fosse rimasto dov’era. Infilò le gambe negli shorts comodi, scelse delle scarpe che non le avrebbero dato problemi se avesse camminato a lungo. Avrebbe voluto chiamarlo, ma sapeva che si sarebbe infastidito. E per lo stesso motivo, nonostante lo desiderasse, rinunciò a chiamare Eric. Non voleva fare arrabbiare Castiel. Decise di mandargli un messaggio. Breve, conciso, diretto. Non lo avrebbe disturbato ulteriormente. “Hai dimenticato il tuo orologio.” Si limitò a scrivere. La risposta di lui si fece attendere appena una manciata di secondi, e fu altrettanto secca: “Lo so.” Non le scrisse altro, quasi non avesse voglia di farlo. “Cosa devo fare?” domandò infine, dopo aver esitato con i polpastrelli sulle lettere a lungo. Castiel la lasciò a fissare lo schermo per qualche minuto, questa volta. E nel leggere quell’unica, singola parola che ricevette, a Emily sembrò di sentire la sua voce risuonare nella propria testa. “Indossalo.” Si pose una mano davanti alla bocca per lo stupore. No, non poteva farlo. Era troppo grande per il suo polso e troppo… virile. Quando strinse il cinturino, si rese conto che mancava poco per poterlo girare due volte. Le cadeva sul dorso della mano, era pesante, freddo… Quell’orologio le fece venire in mente un paio di manette. Univa i loro polsi con una catena invisibile, li legava nel ricordo di quella notte. Aveva un valore diverso dal ciondolo che le aveva dato. Il filo di quella collana era il simbolo di quanto avevano condiviso a Parigi, ma quell’orologio era una promessa: “Tornerò a prenderti, Emily.” Quando? Si chiese ingenuamente, sentendo una morsa allo stomaco. Chissà cosa avrebbe pensato la gente nel vederle addosso un costosissimo orologio da uomo. Pensò di coprirlo con la manica, ma in realtà le sarebbe piaciuto metterlo in mostra, sfoggiare davanti a tutti il suo legame con quell’uomo dai sentimenti inaccessibili che era riuscita a sciogliere, in un modo o nell’altro.

Page 17: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Quando uscì di casa, incontrò una donna che stava rientrando. La guardò incuriosita, ed Emily chinò la testa. Non aveva idea di chi fosse. Forse doveva trattarsi di una nuova inquilina, arrivata in quel palazzo mentre lei era a Parigi. L’aria della città che conosceva non le sembrò cambiata per niente, ma le persone in giro… non era in grado di riconoscere nessun volto. Si sentiva estranea, osservata, diversa. E soprattutto incompleta, indifesa senza Castiel. Si rese conto che era da molto tempo che non usciva da sola, e ad ogni passo, ad ogni angolo, sentiva la mancanza del braccio forte e fermo di lui, che la stringeva a sé, che le impediva di allontanarsi, la proteggeva, la scaldava, e dichiarava a chiunque la guardasse che era di sua proprietà. Sentì addosso, sulle proprie gambe, gli sguardi insistenti di un uomo alla guida di un furgone, e deglutì scossa. Voleva sbrigarsi a tornare a casa. Voleva aspettare che lui andasse a riprenderla. Quando? Si chiese di nuovo, stringendo i pugni. L’occhio le cadde sull’orologio di Castiel che portava al polso. Le lancette scorrevano inesorabili, così come il tempo, ed erano già passate alcune ore. “Presto.” Le sembrò dire quell’oggetto.

Page 18: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

6.

«Al nostro accordo.» «Alla nostra prossima collaborazione.» «A questa splendida serata.» Detestava i brindisi. Erano una tradizione insensata e pacchiana, per lui. «Al Charming Devil.» Aggiunse Castiel mascherando la propria noia dietro al taglio di un sorriso e al tintinnio dei bicchieri accostati l’uno contro l’altro. Portò il proprio calice alle labbra, e il sapore che incontrò lo stupì piacevolmente, tanto da fargli sbattere le ciglia lunghe e scure. Pensava che gli sarebbe stato offerto il più banale degli champagne, invece, la bottiglia che Sara Swann aveva personalmente richiesto ne conteneva uno dei più deliziosi che avesse mai assaggiato. Sara notò il suo apprezzamento e gli sorrise compiaciuta, poi accavallò le gambe. Era davvero una bella donna. Il tempo non era stato clemente con lei, ed era un po’ cambiata rispetto a quando l’aveva conosciuta alcuni anni prima. Castiel cercò di ricordare che età avesse, fece un rapido calcolo mentale, e giunse alla conclusione che non poteva ancora aver raggiunto i quarant’anni. Ellen, al suo fianco, nettamente più giovane ma dalle maniere meno gradevoli, sfoggiava un vestito a stampe floreali che scherzava irrispettosamente con le sue forme. Non le esaltava e non le nascondeva, ne confondeva l’identità, e stonava con il colore della sua carnagione. Quanto tempo ancora avrebbe dovuto sopportare le sue moine, i suoi sguardi languidi? Doveva essere solo un breve incontro per celebrare l’accordo avvenuto quel pomeriggio dopo pranzo, e Sara stessa aveva affermato di essere attesa come ospite altrove. Tirò su la manica sinistra per sbirciare il proprio orologio, e… rise di se stesso. Non c’era nessun orologio, e al posto di esso vide solo il proprio polso fine e chiaro emergere dal tessuto lucido della camicia. Pensò alle mani delicate di Emily, a quell’accessorio pesante che non si abbinava a lei, ma che sarebbe servito come monito per chiunque le avesse posato gli occhi addosso. Chissà dov'era in quel momento, e se era da sola, o in compagnia… Non gli aveva ancora telefonato. «Sembri pensieroso.» Lo richiamò Sara. «Qualcosa della villa non ti convince, Castiel?» «Affatto. È perfetta per il mio locale.» «Forse… La fontana in giardino non ti piace, vero? È piuttosto malridotta, ma potrei farla riparare.» «Signora Swann, la prego.» Intervenne Ray, «La sua ospitalità ci ha già lasciati senza parole, non si disturbi oltremodo.» Probabilmente, Emily stava guardando il cellulare contorcendo le dita, indecisa se chiamarlo o meno. Forse aveva sbagliato ad andarsene così presto quella mattina, prima ancora di sentire la sua voce, di baciarla. Il sapore dolce e fresco delle sue labbra gli era rimasto impresso. «Stavo pensando,» riprese Sara Swann mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, «perché non venite al mio club privé, questa sera?» No, pensò Castiel stizzito. In quel posto, i cellulari non prendevano mai. E voleva restare reperibile se Emily lo avesse cercato. Sentì vibrare il cellulare in tasca e spalancò gli occhi. Era lei. Doveva essere lei. Si alzò in piedi trionfante e lo estrasse dalla propria giacca. «Chiedo scusa.» disse ai tre presenti, allontanandosi per rispondere. Non voleva che gli altri lo sentissero. Si lasciò la sala alle spalle, e avanzò nel corridoio. Era lo stesso hotel della sera prima, ma qualcuno stava tenendo un buffet in giardino, e non c’era abbastanza silenzio. Scansò un cameriere che teneva in equilibrio sulle braccia dei vassoi, e si appartò in un angolo tranquillo nei pressi dell’ascensore usato dai dipendenti. Gustò un solo secondo di attesa febbrile, poi portò il cellulare all’orecchio e rispose. «Perché ci hai messo tanto, Emily?» sussurrò gentilmente. «C-Castiel, io…» balbettò imbarazzata, «Il tuo orologio…» «Sì, esatto, il mio orologio.» si accese nervosamente una sigaretta e inspirò, «Lo hai indossato, come ti ho detto?» «S-sì.» «Brava bambina. Tienilo con te finché non me lo avrai restituito.» Lei esitò.

Page 19: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

«Pensavo che saresti venuto a riprenderlo… che saresti venuto a casa mia.» Sorrise, stringendo la sigaretta tra le labbra. «Raggiungimi in hotel, Emily.» le propose subito. «Ho voglia di vederti. Ti mando un taxi.» La sentì ansimare e trattenere il respiro. «In… hotel?» ripeté, e deglutì. «Sei stato con... una donna?» «Due, a dire la verità.» inspirò dalla sigaretta e concluse sogghignando: «Non perdere tempo all’ingresso quando arrivi, sali subito in camera.» Dal sospiro che sentì provenire dall’altro capo del telefono, riuscì a immaginarla con quell’adorabile broncio sul viso. Era gelosa. La sua risposta fu rapida e flebile, ma gli provocò un brivido sulla nuca: «Anch’io voglio vederti.» Non intendeva sprecare neanche un minuto. Mandò il solito vecchio autista a prendere la sua preziosa fonte di piacere puro, e quando fu di ritorno in mezzo alla compagnia che era rimasta ad attenderlo, ricevette occhiatine curiose e sguardi insistenti. «Mi scuso di nuovo.» Esordì, ma non tornò a sedersi. «Temo di dovervi lasciare, ho un appuntamento importante.» Ellen piegò le labbra in un’espressione delusa, e Sara sorrise comprensiva. «Ha a che fare con la telefonata che hai appena ricevuto, presumo.» Dedusse Ray sollevando un sopracciglio. «Sei così sfuggente, Castiel.» Gli disse Sara Swann. «Ma non accetterò scuse al prossimo invito.» «Saprò farmi perdonare.» Ribatté prontamente sfoderando un sorriso malizioso e seducente da host, e porgendole la mano. «Hai la mia parola. L’avete entrambe.» aggiunse rivolgendosi a Ellen, e riaccendendo lievemente il suo sguardo. Non pendeva più dalle sue labbra e non sembrava affascinata da lui come lo era stata qualche giorno prima, ma avrebbe recuperato in qualche modo. Non quella sera. Quella sera aveva bisogno della sua Emily, immensamente, ancora una volta.

Page 20: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

7.

L’abitino che indossava era troppo leggero per la stagione corrente. Le lasciava le gambe e le spalle scoperte, e il poco tulle arruffato non serviva a riscaldarle la pelle, ma a lui piaceva molto, e lo aveva scelto per questo. A Parigi le era capitato di visitare dei grandi hotel con Castiel, ma non aveva mai avuto a che fare con il personale, perché era sempre stato lui a occuparsene. Ora, quella reception che le si stagliava davanti, era come un ostacolo insormontabile. E il pensiero che potessero essercene altri, le fece rallentare il passo. I tacchi sui tappeti non producevano rumore, ma sembrava che i battiti pesanti del suo cuore seguissero l’andamento dei suoi passi, e quasi coincidevano perfettamente. Davanti al bancone deglutì e giunse le mani in grembo. «Prego, Signorina.» «I-Io... dovrei…» sbatté le palpebre e contorse le dita. Doveva mostrarsi sicura, doveva smettere di balbettare. «Sono stata invitata da Castiel December.» L’uomo che l’aveva accolta chinò la testa. Conosceva quel nome. Quante altre volte Castiel era stato lì, quante donne aveva invitato? La cortesia del receptionist le ricordò vagamente gli atteggiamenti di Ray, quell’impeccabile e meccanico modo di svolgere le proprie mansioni, ma la sua espressione non le piaceva, era come se sogghignasse di nascosto. «Le chiedo un attimo di attesa.» le disse, e accennò ai divanetti alle sue spalle. «Si accomodi.» Accomodarsi? E come avrebbe potuto? Aveva i nervi a fior di pelle e sentiva leggere scosse percorrerle le gambe e la schiena. Venne raggiunta da un usciere giovane e cortese. «La Signorina Heart?» le chiese con distacco. «Sì.» «Prego, mi segua. Sono stato incaricato di accompagnarla.» Accompagnarla… Sarebbe stato più corretto dire che doveva consegnarla. Come un pacco, come un oggetto che Castiel aveva richiesto. L’unica differenza era che lei si stava offrendo spontaneamente. Ma che razza di gioco era? Perché all’improvviso tutto quel distacco, tutta quella formalità? La stava trattando come se fosse stata… una cliente. Si avviò a pochi passi di distanza dall’usciere, e il corridoio dalle tinte scure sembrò inghiottirla in una spirale di dubbi, e domande insistenti che picchiavano nella sua testa e che pretendevano, esigevano risposte. Chissà quante altre donne erano state scortate per lo stesso corridoio, accompagnate dallo stesso usciere e per lo stesso host. Il ragazzo incaricato diligentemente la scortò presso l’ascensore, lanciandole di tanto in tanto delle occhiate curiose, o ammirate. “Quante donne ti sei fatto consegnare così?” pensò tra sé e sé. “Come se non ti importasse niente…” Perché non era andato a prenderla di persona, perché si limitava ad aspettarla, a lasciare che qualcun altro lo facesse al suo posto? Davanti alle porte dell’ascensore aperte, l’usciere si fermò e fece per lasciarla passare. Emily fissò gli occhi sulla soglia metallica, e unì le punte dei piedi per terra. Lei non era una cliente. Non voleva esserlo. Non aveva bisogno che qualcuno la portasse da lui. Poteva andarci con le proprie gambe. «Mi scusi.» disse a denti stretti, con le labbra tremanti. «Preferirei proseguire da sola.» «Sono spiacente, ma non posso.» Le spiegò meccanicamente. Raccolse le mani in grembo e avvertì il pesante orologio di Castiel, nascosto dalla manica lunga del vestito. Il cinturino largo le aveva rigato il polso, e avvertiva un leggero pizzicore. Lei non era una cliente. «Insisto.» rispose fermamente. «La prego, mi dica in quale stanza raggiungere il Signor December.» «Sono spiacente, Signorina.» ripeté l’altro chinando la testa. Emily sbuffò silenziosamente, soffocò in gola un’esclamazione di protesta, ed entrò in ascensore.

Page 21: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Si osservò minuziosamente negli specchi che la circondavano. Aveva sistemato l’orlo delle calze velate in modo che il bordo si trovasse all’altezza giusta sulle cosce affusolate, perché sapeva che sarebbe stata una delle prima cose a catturare la sua attenzione. Non ebbe bisogno di leggere sulle porte le targhette numerate, e non sarebbe servito neanche all’usciere. Castiel la stava aspettando con le spalle poggiate contro l’ingresso della propria camera e le braccia conserte sul petto. Non sembrava stanco, e non sembrava avere addosso tracce di altre donne, almeno a quella distanza. La sua ansia si placò mentre lui, con un sorriso, la guardava avvicinarsi. Ringraziò l’usciere e con estrema discrezione gli offrì una mancia. Una ricompensa al cane che gli aveva riportato l’osso. «Castiel.» lo chiamò lei, non appena il ragazzo si dileguò, ma lui le pose un dito sulle labbra Non le diede il tempo di salutarlo, di pensare a cosa dire. Non le fece ascoltare la propria voce. La trascinò all’interno della stanza con foga e subito la baciò intensamente, come se non ne potesse più di aspettare. Emily chiuse gli occhi. Non accoglieva così le sue clienti, vero? Non le baciava, non le stringeva a sé, non le accarezzava con ardore. Si lasciò sopraffare dai suoi baci famelici. Avvertì la sua lingua farsi strada avidamente, le mani forti sulle sue, le dita incastrate tra i suoi boccoli. Sentiva il suo corpo contro il proprio e sapeva che non le stava mentendo, che la desiderava davvero. Appena ebbe le mani libere, le posò sul suo collo, ne accarezzò la linea fino al colletto della camicia, e sfiorò le ciocche morbide raccolte sulla nuca. Solo a lei concedeva di toccargli i capelli. Lui le teneva la testa poggiata sulle spalle, baciava e mordeva la sua pelle. «Lo sai che cosa voglio, vero?» le chiese fremente. Emily fece per slacciare il cinturino dell’orologio che aveva tenuto addosso, che iniziava a irritare il suo polso sottile, ma Castiel la fermò. «No.» boccheggiò tenendole ferma la mano. «Tienilo mentre ti faccio mia, Emily… Così avrà il profumo del tuo piacere.» La spinse contro la porta chiusa e affondò il viso sul suo seno, che sbocciava presuntuosamente dalla scollatura dell’abito, illuminando la stoffa nera con il proprio candore. Le sfuggì un gemito di desiderio mentre lui si chinava, per sfiorarle le gambe scoperte con le labbra. Fece scorrere le mani sotto il vestitino che indossava, lo sollevò, e si fermò sulle natiche soffici ansimando. «Ah, quanto mi sei mancata.» gli sfuggì tra i sospiri. Non lo aveva mai detto alle sue clienti, vero? Non aveva mai sentito la loro mancanza, e non aveva mai voluto sentire il loro sapore. Il suo respiro su di lei era così caldo e intenso. Iniziò a leccare piano, insistendo sul bordo delle calze. Emily sentì la sua saliva attraverso il velo, e poi direttamente sulla pelle, e non riuscì più a pensare. Le dita di Castiel giocarono con l’elastico delle calze, tirandolo e lasciando che le urtasse le cosce, e si insinuarono delicatamente nelle sue mutandine per tirarle via. Sogghignò e la fece voltare, invitandola a poggiare i palmi sul legno pesante e ruvido della porta. “No, non così.” Pensò Emily in un attimo di lucidità, mentre lui la liberava dal vestito, le accarezzava i fianchi, baciava la curva della spina dorsale. Non si meritava neanche un letto? Voleva prenderla dalle spalle, contro una porta chiusa, così avrebbe potuto aprirla, e buttarla fuori non appena ne avesse avuto abbastanza? E magari farla scortare all’uscita al prezzo di un’altra mancia? No. “No.” «No!» Al suo grido, Castiel non si fermò, ma rallentò i propri movimenti. «Cosa c’è, Emily?» sussurrò respirandole sulla nuca. «Hai cambiato idea?» le chiese, accogliendo i suoi seni nei propri palmi. «Oh, no, non dopo avermi ridotto in questo stato. Non posso lasciarti andare adesso.» Lei voltò la testa e guardò il letto poco distante. A Castiel bastò seguire la direzione del suo sguardo per intuire. «Capisco, vuoi metterti comoda. D’accordo.» Si distaccò da lei, ed Emily si chinò per raccogliere le mutandine scivolate ai suoi piedi. «Che stai facendo?» la riprese con un ghigno. «Lasciale lì, non ti servono.» Sfacciato, prepotente, presuntuoso. Il vecchio Castiel del Charming Devil era diverso da quello che la proteggeva a Parigi, e la faceva addormentare con le proprie carezze.

Page 22: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Eppure, le piaceva lo stesso. Lo adorava anche quando faceva il viziato, quando la provocava e si prendeva gioco di lei. Seguì il suo consiglio. Quel piccolo pezzo di stoffa sul pavimento si distaccò dal suo corpo insieme alla sua vergogna. Non avrebbe fatto una figura migliore a rivestirsi e andarsene. Forse avrebbe dovuto soltanto lasciare quel dannatissimo orologio alla reception e tornare a casa, ma Castiel… semisdraiato sul letto, con la camicia aperta che mostrava il suo addome contratto nell’attesa e gli occhi cinerei che la scrutavano, era un diavolo tentatore. «Credevo che avessi fretta.» la stuzzicò accennando alle mutandine visibilmente umide. Emily arrossì di colpo e chinò il capo. «Castiel… perché…» Lui si batté una mano sulle ginocchia. «Vieni qui.» la invitò. «Coraggio. Siediti addosso a me.» Avanzò barcollando. Nella stanza l’aria era calda e gradevole, ma sferzava contro le sue costole tese. Si piegò per sedersi lasciandosi guidare da lui. Castiel mise un ginocchio tra le sue gambe, l’attirò a sé facendo aderire la sua schiena nuda e liscia al proprio petto e raccolse i suoi boccoli tra le dita. Mosse la gamba per stuzzicarla, ed Emily gettò la testa all’indietro e inarcò i fianchi, tenendo gli occhi chiusi. Sentì sulla pelle la stoffa dei suoi pantaloni, bagnata dai propri desideri, cercò di trarre piacere da quello sfregamento gentile, e lui la sfiorò per assecondarla, godendosi lo spettacolo con un ghigno sul viso. Non poteva restare lì, sulle sue ginocchia, ad elemosinare carezze, o Castiel avrebbe continuato a torturarla fino a farle perdere ogni freno. Prese fiato e si sollevò tremante per mettersi carponi sul letto, con la testa tra i cuscini, e gli si offrì in una muta e ansante richiesta. «Sei così impaziente.» le sussurrò alle spalle, tornando a giocare con i suoi capelli. «Quasi più di me.» Sentì lo sguardo di Castiel su di sé, il suo respiro vicino, ed ebbe un fremito. Il rumore della cintura slacciata, i pantaloni, poi un soffio d’aria la urtò dove era più sensibile. “Quante donne ti hanno chiesto di non farle aspettare, quante ne hai guardate ridendo? In questa stessa stanza, su questo stesso letto…” pensò mordendosi il labbro. Le sue mani la accarezzarono tra le gambe, poi sulle natiche. Avvertì le dita umide e calde risalire lungo la sua schiena, in mezzo alle scapole, sulla nuca, per tornare tra i capelli. Sembrava voler raccogliere tutti i boccoli con una sola mano, afferrandoli alla radice. Li tirò verso di sé per farla inclinare, affondò dentro di lei completamente, in un solo, unico, feroce colpo. Emily emise un gridolino soffocato. «Dio, Emily, sei…» ansimò dietro di lei, «Meravigliosa.» Gemette, annullata da quelle parole, si scoprì completamente, chinando la testa fino a sfiorare i cuscini con la fronte. Le tirava piano i capelli, provocandole dei brividi di piacere misti al leggero dolore che le infliggeva. Avrebbe voluto toccarlo, baciarlo, guardare i suoi occhi. Lo sentiva così forte dentro di sé. Rischiava di cadere sulle braccia oppressa dai suoi movimenti, e non riusciva a tenere la bocca chiusa. Le labbra traboccavano di piacere inespresso, rosse, lucide, tremanti. Lasciò andare i suoi capelli per tenerle la schiena bassa. Voleva farla finita in fretta? No, non così. Non senza nemmeno guardarla in viso. Gli ultimi battiti la scossero con un piacere dilaniante, un orgasmo provocato troppo presto, atroce, breve, che si spense insieme alla sua voce. «Castiel…» Lui rispose coprendole la bocca con la mano. Gli era rimasto tra le dita il profumo dolce dello shampoo di Emily, e lei lo riconobbe subito. Perché? Si era stancato di sentire la sua voce, lo infastidiva? «Shh.» bisbigliò lui. «Non essere egoista.» Emily capì, e due lacrime di frustrazione si formarono agli angoli dei suoi occhi. Si era liberato dei propri doveri nei suoi confronti, l’aveva fatta godere, ma ora toccava a lui, e pretendeva di essere assecondato, e in silenzio. Il suo corpo, indebolito, era diventato più sensibile. Quelle che avrebbero dovuto essere urla, si infransero contro il palmo di Castiel diventando mugolii, e lui venne mantenendo quel disumano controllo delle proprie reazioni, con un gemito roco e spezzato.

Page 23: Luring Devil - s3.amazonaws.com · Le accarezzò la gamba, la baciò, e la spinse verso il tavolo con il proprio peso. Fece scorrere un dito sotto ... Castiel scosse la testa, ed

Emily alzò finalmente la fronte dal cuscino. Era bagnato di lacrime e saliva, e le sue ciglia truccate avevano disegnato due archi neri sulla federa. Le gambe le tremavano. Appena provò a muoverle sentì delle gocce dense e calde scivolare e restò immobile. Lui la stava guardando. Era sicura che la stesse guardando. E riusciva a immaginare quel suo ghigno arrogante. «… Meravigliosa.» gli sentì pronunciare tra i respiri affannati. Si voltò verso di lui, con le guance accaldate e gli occhi ancora umidi. «Che… cosa?» «Tu. Sei una piccola meraviglia, Emily.»