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Non sono il cuffiofilo per eccellenza, me lo devo ricordare ogni volta che ascolto musicada cuffie che mi piacciono: mi permette di resistere alla tentazione di chiamare il distri-butore per accordarmi sul prezzo…e con le Dharma D1000 è stata una di quelle volte. In realtà devo anche ammettere pubblicamente che sono andato a chiedere queste cuf-fie in prova, proprio perché la prima volta che le avevo ascoltate non mi avevano pernulla convinto, ma assieme a loro non mi aveva affatto persuaso l’amplificatore che lespingeva.

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di marco Bicelli

IBRIDO O ELEGANTE FUSIONE?

cUFFIE ELETTROSTATIcHE SEmIApERTEENIGMACOUSTICS DHARmA D1000

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Capisco che anche attaccate allosmartphone funzionano. Fun-zionare tuttavia non equivale a

suonare: suonare è un’altra cosa.Inoltre nel titolo ho inserito una do-manda: “ibrido o elegante fusione?”.Credo che il termine ibrido, per quan-to tecnicamente corretto, renda deci-samente male le potenzialità di que-ste cuffie, per cui andiamo a scoprireil motivo per il quale, a mio avviso,“elegante fusione” sia più descrittivoe completo, cercando di rispondere almio quesito.

L’IMPIANTOQuesta volta ho usato un impiantomonocomponente: TEAC UD-503.

DESCRIZIONECuffie dal discreto peso! Per lo meno,prendendole in mano, i loro 450 gram-mi si son fatti sentire. Tuttavia, la pri-ma sensazione che pervade, solle-vandole, è quella di avere tra le maniqualcosa di ben fatto e ottimamentecostruito… perciò chissenefrega delpeso.Finemente aperte sulla parte poste-riore, con una velata trasparenza deicomponenti interni, non possono es-sere considerate totalmente aperte, macuffie semiaperte.I materiali sono tutti di prima quali-tà, quasi zero le componenti plastiche:molto metallo (per lo più alluminio,ma non solo) e pelle.I pad sono in gommapiuma, non èmemory foam, ma risultano comun-que assai confortevoli da indossare.Il dato interessante delle DharmaD1000 è che sono cuffie ibride: in par-te dinamiche ed in parte elettrostati-che. ENIGMAcoustics è riuscita a farconvivere entrambe le tecnologie nelpoco spazio di una cuffia, facendoperò diversamente da altre elettro-statiche: non serve infatti il bias per farfunzionare anche la parte elettrosta-tica. ENIGMAcoustics possiede infattiil brevetto SBESL (Self-Biased Elec-trostatic): questa tecnologia (ricordoche solo le tecnologie possono esserebrevettate, le scoperte scientifichesono infatti patrimonio dell’umanità)permette di non dover fornire alcunacorrente alternata per polarizzare lasuperficie elettrostatica, con il van-taggio di ottenere una membrana,non conduttiva, di minore dimen-sione.Questo innesto ha perciò permesso diottenere una cuffia che estende ilproprio alto fino a 40 kHz, senza tut-tavia dimenticare i benefici che ancora

oggi porta l’utilizzo di un driver di-namico. ENIGMAcoustics affermainfatti che l’elettrostatico è più velo-ce del dinamico nei transienti e neldettaglio, ma il dinamico muove piùaria.Da sottolineare è il fatto che non vi èalcun crossover per integrare le duetecnologie, cosa che a mio avvisonon la rende esattamente una due vie,ma una ben più interessante integra-zione dei vantaggi di ambo le tecno-logie.

SUONOLasciando i discorsi tecnici di descri-zione delle Dharma D1000, passiamoa raccontare come suonano.Ammetto che la tentazione di scrive-re frasi tipo: “Suonano con la poten-za di una cuffia dinamica, ma la raf-finatezza e precisione sonora diun’elettrostatica” è abbastanza allet-

tante, più che altro per farsi due risa-te dato che è una frase non solo to-talmente priva di senso (per lo menoscritta così non lo ha), ma anche pocodescrittiva ed assolutamente non rea-listica, sebbene abbia un gusto deci-samente tautologico.Tuttavia rimanere seri è certamente lascelta più intelligente.Le Dharma D1000 sono decisamentebilanciate, non c’è una gamma in evi-denza, tanto che andrebbero beneanche per il monitoring o uno studiodi registrazione. Il basso è presente eprofondo, ma non evidente, propriocome ad un live: c’è quando e quan-to serve ed è ben capace di lasciare ilgiusto spazio a tutto ciò che è presentesu un palco. I medio bassi sono intensie secchi quanto i bassi, la velocità deldriver è evidente perché non vi è l’im-pastamento di alcuna nota e la tramaassume una precisione notevole cheprende forma negli strumenti chestanno suonando. I medi risultano

estremamente naturali e come tuttodotati di una notevole coerenza tim-brica. Anche gli alti sono presenti, ve-loci e sempre catturati, anche qualo-ra fossero dotati di poca pressione acu-stica. La velocità dei driver si tra-sforma in dettaglio preciso e costan-te in tutta la gamma acustica, ma nonsolo: rende infatti le Dharma D1000capaci di estrema dinamica e micro-dinamica nel seguire gli strumenti.Non nascondo che le cuffie di ENIG-MAcoustics mi sono notevolmentepiaciute e che sotto il profilo acusticole ritengo, se non le migliori cuffie, dicerto delle cuffie che sposano i mieipersonali gusti.Solo l’estensione tridimensionale delpalcoscenico non mi ha soddisfattoappieno, ma c’è da dire che era pre-vedibile data l’apertura esterna. Lascena è abbastanza intima, ma la di-sposizione strumentale e la separa-zione tra strumenti sono fatti evi-denti dal primo ascolto.Se si teme che il doppio driver vadaad influenzate il timbro, facendo piùfatica di altre cuffie ad ingannarel’orecchio, questa sensazione di in-coerenza timbrica è totalmente assenteall’ascolto. Alla fin fine sempre di ri-produzione si tratta, ed una riprodu-zione non può far altro che convincereingannevolmente della presenza de-gli strumenti (credo che Lorenzo Zenquando parli di interpretazione in-tenda qualcosa di simile, non lo so percerto, ma avremo sicuramente occa-sione di condividere vari puntid’ascolto).Ed ora pensiamo agli album: questavolta non ho scelto a caso, o per lomeno non totalmente, volevo lancia-re un messaggio di energia e di di-sinteresse verso chi cerca di mettercii bastoni tra le ruote.Ed allora partiamo col Punk, anche seè il genere che più ha mostrato il pun-to debole delle cuffie di ENIGMA-coustics.“Dude Ranch”, Blink 182, 1997: l’al-bum che più le ha fatte soffrire, datoche è suonato per lo più a 240 batti-menti e Scott Raynor alla batteriaimperversa con una serie di biscrome,nel suo modo unico ed inimitabile disuonare la batteria. Le Dharma D1000con loro sembravano ansimare, ma ilfatto che mi sia messo a canticchiare“Untitled” (me lo ha riferito mia mo-glie, non mi ero accorto di ciò) fa bencapire come siano capaci di trasmet-tere quell’energia e leggerezza tipicadei Blink 182.Dopo i Blink 182, le Dharma D1000

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Non nascondo che lecuffie di ENIGMAcousticsmi sono notevolmentepiaciute e che sotto ilprofilo acustico le ri-tengo, se non le miglioricuffie, di certo delle cuf-fie che sposano i mieipersonali gusti.

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hanno potuto tirare un bel sospiro disollievo, da qui in poi è stata pratica-mente una strada in discesa: “In-somniac”, Green Day, 1995; “Igni-tion”, Offspring, 1992: altri due albumche potremmo definire come energiaallo stato puro con cui le Dharma sisono trovate quasi in perfetta sintonia,anche se il Punk più calmo di “RebelYell”, Billy Idol, 1983 è stato quellodove le cuffie di ENIGMAcoustics sisono comportate meglio riguardol’ascolto del Punk.Ma un messaggio di energia non puòessere tale se mancano le Pistole del

sesso: “Never Mind the Bollocks”,Sex Pistols, 1977. Per fortuna l’albumfu suonato con Glen Matlock al bas-so e non Sid Vicious, che intervennesolo in “God save the Queen”, ma itecnici si “dimenticarono” di regi-strarlo, salvando così l’album.“Greatest Hits”, Guns’n Roses, 2004:questa raccolta raccoglie veramente al-cuni dei migliori pezzi dei Gun’s e mipermette di chiudere questo messag-gio, con un bel “welcome to the jun-gle”.Il messaggio finisce qui, ma spero diessere stato abbastanza chiaro e fuo-ri dagli schemi; ma la recensione con-tinua…“Mr. Tambourine Man”, The Byrds,1965 (Legacy Edition 1996): si torna alrock classico, a quel rock fatto anchedi cover, in questo caso quella deiByrds dedicata al recente premio No-bel per la letteratura Bob Dylan: quan-ta strada ha fatto quest’uomo, e quan-ti begli album sono nati dalle sue co-ver! In questo caso la sensazione di in-timità della cuffia si mischia anche conuna bella sensazione digitale di neroinfrastrumentale, in cui la trama so-nora appare solidissima.Se i Byrds sono stati inclusi per cau-se esterne, nel senso che mi stavano gi-rando in testa da troppi giorni, “Beg-gars Banquet”, Rolling Stones, 1968 èil naturale prosieguo della recensione:si apre infatti con “Symphaty for theDevil”, la cui cover conclude l’al-

bum dei Guns’ n Roses. La registra-zione è vecchio stile, con gli strumentiche si accavallano un po’ tra loro, conla batteria di Charlie Watts che entradiretta nel microfono di Mick Jagger,ma il valore artistico è troppo eleva-to per poter escludere queste regi-strazioni dalle recensioni: le DharmaD1000 servono ad ascoltare musica,mica campanellini.“Toys in the Attic”, Aerosmith, 1975:un album vario che passa da ritmi ve-loci a ritmi decisamente più lenti, dapezzi pieni di energia a pezzi pieni disentimento. C’è un fatto legato a que-sto Album che è particolarmente in-teressante, riportato anche su “RockBazar” di Massimo Cotto, e mi piacetuttavia ricordarlo. È il 1984; gli Ae-rosmith si erano separati nel 1979, perlo meno da Joe Perry e Brad Whitford;la reunion sarebbe tornata da lì apoco. Per cercare ispirazione stavanoascoltando vari loro pezzi, quandosulle note di “You See Me Crying” Ste-ven Tyler esclama: “Cazzo! Ma senti-te che roba? Dovremmo fare una co-ver di questo brano. Di chi è?” Joe Per-ry gli risponde: “Siamo noi, coglione.Eri così imbottito di droghe da non ri-cordarlo? E nemmeno da accorgertiche quella che senti è la tua voce?”;beh forse ci siamo spiegati la varietàdell’album.È un po’ di tempo che non ascoltavoqualcosa di Jazz: nuova recensione,nuova occasione! Non sono un aman-te del genere, bisognava però coglie-re l’attimo e tirar fuori dalla libreriamusicale un album serio: “Ella andLouis, For Lovers”, 1956: due nomiche non hanno bisogno di nessunapresentazione, al cui solo sentirli no-minare si può essere soltanto perva-si da un sano brivido lungo la schie-na. Un unico commento: WOW!Giustamente ci deve essere anche unpo’ di classica, ma questa volta non hoscelto un nome altisonante, ho tiratofuori un disco live dell’associazioneAronese “Sonata Organi”; il vantag-gio è che non solo conosco i pezzi, maconosco anche gli organi, dato chesono per lo più della mia zona di re-sidenza. Il disco è composto da varibrani suonati durante gli “Itinerari Or-ganistici sul territorio della provinciadi Novara anno 2015”, la bellezza di15 pezzi di varie epoche ed autori, tracui: Frescobaldi, Mozart, Vivaldi, Mo-randi, Barbieri, Pasquini, Merrit e al-tri. L’organo sembra pervadere lachiesa dall’alto con la possenza delsuo basso, mantenendo la raffinatez-za di tutta la sua estensione sonora.

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CARATTERISTICHE TECNICHE

ENIGMAcoustics Dharma D1000TIPO: elettrostatiche semiaperteIMPEDENZA: 26 ohmSENSIBILITÀ: 103 dB SPL @ 1 VrmsTHD: <0.3% @ 1 kHz, 1 mWRISPOSTA IN FREQUENZA: 5 Hz – 40kHzPESO: 450 gCAVO: 3 m, jack standard 6,3 mm

Prezzo: Euro 1.700,00

Distributore:ENIGMAcousticswww.enigmacoustics.com

Audioplus Hi Endwww.audioplushiend.it

Dettaglio dei driver: si noti il driver dinamico da 52 mm in carta Washi affianca-to dal driver elettrostatico SBESL

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Anche questa volta sono rimasto sba-lordito da come ciò sia possibile anchein cuffia, e come una cuffia riesca adingannare tanto piacevolmente i sen-si.Manca ancora uno dei miei generi for-ti: il Metal. Questa volta ho scelto unMetal particolarmente artistico: “AChange of Season”, Dream Theater,1995. È il loro primo Extended Playche contiene l’omonima suite di 23 mi-nuti per lo più scritta da Portnoy eMoore, un viaggio nell’opera Metal.

TECNICAC’è chi dice checontano i test ec’è chi dice checontano le emo-zioni d’ascolto,credo che en-trambi abbianosolo parzialmenteragione: servonoambedue. Leorecchie ci diconoquanto fedel-mente uno stru-mento suona nel-la sua riprodu-zione, servonoper quella che èuna valutazionequalitativa. I test invece ci dannosolo indicazioni quantitative, mo-strano difetti enormi, o piccole cose dicui all’ascolto se ne ha solo il sentore.Se ci ostiniamo a guardare solo gli unio gli altri, avremo sempre e soltantouna visione parziale. Non che a con-siderare entrambi si venga in posses-so di chissà quale conoscenza in più:la via è l’integrazione, non la separa-zione. Il giorno che ciò avverrà l’uma-nità sarà più umana, purtroppo agiudicare da ciò che si legge in retequesto giorno è ancora lontano, datoche piuttosto che all’età dei lumi si èancora a quella della caccia alle stre-ghe.

In virtù di ciò, voglio presentare i testcome uno sguardo per dare una for-ma grafica a ciò che si è letto nella par-te sul suono, chi volesse una propi-nazione di test si rivolga ad altri, i testnon vanno propinati, vanno integra-ti (per lo meno da chi è in grado di far-li!). Partiamo dalla risposta in frequenzaed in fase. Vediamo una risposta in fre-quenza abbastanza lineare, indice diquel bilanciamento prima descritto,ma notiamo anche una decisa linearitàdi fase, che si estende dai circa 100 Hza poco oltre i 10 kHz, indice proba-

bilmente di quellanaturalezza e diquel nero infra-strumentale de-scritti.Il THD invecenon è eccezionale,dato che ho ese-guito misure piùesaltanti su altrecuffie, tuttavia ri-mane entro i li-miti dell’orecchiocosì da ingannar-lo abbastanza danon far rendereconto del difetto.Non è da esclude-

re che chi ascolta ben più di me in cuf-fia si possa rendere conto di ciò; so-prattutto a confronto con le propriecuffie abituali, per lo meno a me ca-pita con i miei diffusori, perché nondovrebbe succedere ad altri con le pro-prie cuffie?La risposta all’impulso è anch’essa dinotevole interesse. Le Dharma D1000sono cuffie a bassa impedenza, manon fatevi strane idee sul pilotarle concomponenti inadeguati: le cuffie gra-discono quei 7 V e 280 mA, insommaattaccate allo smartphone funzione-ranno, ma da qui a suonare ci balla-no almeno quei 6 V e quei 250 mA.Non fatevi ingannare dal fatto che ba-

sti un solo Volt per sviluppare unapressione acustica di ben 103 dB, leDharma hanno la capacità di portareal clipping vari amplificatori senzanemmeno troppo sforzo, sono avaredi corrente e non definirei suonoquello che esce dall’attaccarle ad unosmartphone, semmai quello va sottoil termine funzionamento… e si sa, trafunzionare e suonare intercorre più diun abisso.

CONCLUSIONILe Dharma D1000, una volta inseritenel giusto impianto (o minimo sin-dacale… fate vobis), sono cuffie chegiustificano appieno i loro 1.700,00 €euro di listino, inutile andare a vede-re che negli States costano di meno, làcosta meno qualsiasi cuffia. Materia-li di prima qualità, tecnologia avan-zata e qualità del suono che le ren-dono cuffie decisamente Hi-end. Cuf-fie così bilanciate si mostrano idoneeper lo più a qualsiasi genere musica-le e a qualsiasi utilizzo. Poi entra ingioco il senso estetico, che è insinda-cabile, ma per il mio personale gustoè decisamente un “SI”: provare unacuffia ben bilanciata nella propriavita non fa altro che arricchire il pro-prio bagaglio di esperienze.

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ALCUNI DEI DISCHI UTILIZZATI:Le Dharma D1000,

una volta inserite nelgiusto impianto, sonocuffie che giustificanoappieno i loro 1.700,00 €euro di listino, inutile an-dare a vedere che negliStates costano di meno,là costa meno qualsiasicuffia.

Risposta in frequenza ed in fase delle Dharma D1000.