Lupo e zootecnia in Liguria - Ambienteinliguria · dove la kernel è una funzione di densità di...
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2011
Regione Liguria
Parco Naturale Regionale dell’Antola
Dipartimento di Biologia Animale – Università di Pavia
Lupo e zootecnia in Liguria Status e prospettive per la
riduzione dei conflitti
Olio su tela di Emilia Salvini
OTTOBRE 2011
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Regione Liguria
Parco Naturale Regionale dell’Antola
Dipartimento di Biologia Animale – Università di Pavia
Lupo e zootecnia in Liguria Status e prospettive per la riduzione dei conflitti
Olio su tela di Emilia Salvini
OTTOBRE 2011
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A CURA DI
ALBERTO MERIGGI
PIETRO MILANESI
LAURA SCHENONE
DÉSIRÉE SIGNORELLI
MATTEO SERAFINI
ELISA TORRETTA
NICOLA BRIELLI
DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA ANIMALE - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
ETTORE RANDI
ROMOLO CANIGLIA
ELENA FABBRI
LABORATORIO DI GENETICA
ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE
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PREMESSA
La presente relazione tecnica riporta i risultati del quarto anno di monitoraggio nell’ambito del
progetto “Il Lupo in Liguria”. I dati raccolti, relativi al periodo giugno 2010 - maggio 2011,
riguardano le quattro stagioni di campionamento: estate, autunno, inverno e primavera. Al fine di
ottenere informazioni sulla distribuzione del lupo in Liguria attendibili e confrontabili con quelle
raccolte durante le precedenti fasi del progetto e, al fine di individuare eventuali zone di recente o
recentissima espansione dell’areale, lo schema di monitoraggio non è stato modificato. Particolare
attenzione è stata data anche al reperimento di campioni biologici freschi, utili per le analisi
genetiche e finalizzati alla definizione degli spostamenti ed alla stima della consistenza della specie
nell’intero territorio regionale.
In sintesi la presente relazione contiene i risultati relativi a:
1. Distribuzione e consistenza del lupo in Liguria;
2. Aggiornamento e distribuzione degli allevamenti in Liguria;
3. Impatto del lupo sulla zootecnia;
4. Valutazione del rischio di predazione a carico del bestiame;
5. Sperimentazione di metodi preventivi anti-predatori (in attesa di autorizzazione);
6. Corso di Formazione per operatori del Progetto (in attesa di autorizzazione).
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MATERIALI E METODI
1. DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA
Durante il monitoraggio, effettuato da giugno 2010 a maggio 2011, sono stati raccolti i dati
suddividendo lo sforzo di campionamento nelle diverse stagioni: estate, autunno, inverno e
primavera. Lo schema di monitoraggio, che rispecchia quello delle precedenti fasi del progetto, ha
permesso di ottenere informazioni attendibili sulla distribuzione del lupo in Liguria ed individuare
eventuali zone di recente o recentissima espansione dell’areale. Come per gli anni precedenti,
particolare attenzione è stata data al reperimento di campioni biologici freschi, utili per le analisi
genetiche, finalizzate alla definizione degli spostamenti dei lupi e alla stima della consistenza della
popolazione che occupa la regione Liguria. Per assicurare una copertura uniforme del territorio
regionale e per poter individuare le zone d’espansione dell’areale del lupo, è stata sovrapposta alla
regione una griglia a maglie quadrate di 10 x10 Km ed all’interno di ogni cella, definita dalla
griglia, è stato scelto in modo opportunistico un transetto di lunghezza minima di 2,2 Km e
massima di 10,4 Km. Ogni transetto è stato percorso stagionalmente e sono stati registrati i segni di
presenza del lupo (feci, impronte, predazioni su animali selvatici e sul bestiame). A questo scopo
sono state predisposte schede di campionamento per la registrazione delle osservazioni e per la
raccolta di tutte le informazioni necessarie alle successive elaborazioni; inoltre sono state raccolte e
registrate tutte le segnalazioni di terzi riguardanti avvistamenti, ululati, predazioni e lupi abbattuti
illegalmente, provenienti da tutta la regione.
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Sulla base della griglia di riferimento, costituita da celle spaziate di 10 Km di lato, sovrapposta al
territorio della regione, sono stati selezionati 63 transetti per un totale di 285,8 Km (media = 4,6
Km ; DS=1,4) (Fig.1.1).
Fig. 1.1 - Distribuzione dei transetti per il monitoraggio della presenza del lupo in Liguria
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Il massimo numero di transetti è stato individuato per la provincia di Genova (N=20) e quello
minimo per la provincia di La Spezia (N=9); in provincia di Genova i transetti hanno avuto la
lunghezza media maggiore, mentre quella minima è risultata per la provincia di La Spezia (Tab.
1.1).
Tab. 1.1 - Statistiche descrittive della lunghezza dei transetti selezionati in ogni provincia della
Liguria
Provincia N° Transetti Min. Max. Media DS Totale
Imperia 16 2258,37 7986,63 4426,22 1291,09 70819,63
Savona 18 2831,93 8975,90 4591,42 1827,40 82645,58
Genova 20 2854,35 10408,44 4746,53 1751,20 94930,63
La Spezia 9 3521,04 4809,02 4032,05 369,06 40320,50
Regione 64 2258,37 10408,44 4511,19 1516,59 288716,36
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L’altitudine dei transetti selezionati è risultata compresa tra un minimo di 150 m s.l.m. a Savona ed
un massimo di 2050 m s.l.m. ad Imperia. L’escursione altimetrica maggiore è stata registrata per la
provincia di Imperia e quella minore per la provincia di La Spezia (Tab. 1.2).
Tab. 1.2 - Altitudine minima e massima (m s.l.m.) ed escursione altimetrica dei transetti
selezionati in ogni provincia della Liguria
Provincia Altitudine min. (m s.l.m.) Altitudine Max.(m s.l.m.) Escursione (m)
Imperia 450 2050 1600
Savona 150 1250 1100
Genova 350 1700 1350
La Spezia 350 1400 1050
Regione 150 2050 1900
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Oltre ai transetti, sono stati individuati 30 punti di marcatura per la raccolta di escrementi freschi da
destinare alle analisi genetiche. Analogamente ai transetti, è Genova la provincia con il maggior
numero di punti di marcatura (N=13), seguita da Imperia, Savona (entrambe con N=7) e La Spezia
(N=3).
Le osservazioni dei segni di presenza e le segnalazioni pervenute, verificate per la loro attendibilità,
sono state ripartite per tipo di osservazione, provincia, stagione e mese. Per definire l’areale
attualmente occupato dal lupo in Liguria ed individuare i possibili branchi presenti, tutte le
osservazioni sono state mappate mediante il programma ArcGIS 9.3. Successivamente è stata
effettuata la Kernel Analysis (KA), utilizzando il software R Cran, al fine di individuare l’areale del
predatore. La Kernel Analysis (KA), letteralmente analisi del nocciolo, consente la conversione di
una distribuzione discontinua di punti (segni di presenza della specie) in una distribuzione continua,
individuando dei contorni (isoplete) che definiscono aree a valori di densità differente. Nella KA
“fissa”, caso bivariato, supponendo che XI = [X1(1), X1
(2)]'; X2 = [X2(1), X2
(2]'; . . ., Xn= [Xn(1), Xn
(2)]'
sia un campione casuale di n punti indipendenti di una distribuzione sconosciuta con funzione di
densità di probabilità f(x), che vogliamo stimare, lo stimatore kernel bivariato di f(x) può essere
definito come:
dove la kernel K è una funzione di densità di probabilità unimodale simmetrica bivariata, e h è il
parametro di smussamento, che può essere variato dall'utente (Silverman, 1986). La stima kernel è
una funzione densità di probabilità ridotta, cioè viene posta sopra ogni punto del campione e lo
stimatore viene costruito sommando gli n punti. Quindi, dove c'è maggior concentrazione di punti
viene stimata una probabilità più elevata di trovare l'animale in ogni punto rispetto a dove vi è una
minor concentrazione. Poiché ogni kernel è una densità, la stima che ne risulta è anch’essa una
funzione di probabilità di densità. Il parametro di smussamento h (ampiezza di banda) controlla la
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quantità di variazione di ciascun componente della stima. Utilizzando un valore basso di h, si
osserva un maggior adattamento ai punti, mentre un valore più grande di h li nasconde mantenendo
comunque le caratteristiche più importanti. Gli stimatori kernel fin qui considerati sono detti
stimatori fissi perché i parametri di smussamento hanno un valore fisso per tutta la superficie.
Quindi è necessario trovare il "miglior" valore di h. Il criterio per la scelta di un buon valore di h è
spesso espresso in termini di misura globale dell’errore, ovvero l'errore quadratico medio integrato
(MISE) definito come :
MISE(h) = – f )2
dove E indica il valore atteso delle osservazioni. Nel caso bivariato, l'integrazione è su tutta la
superficie. Il miglior valore di h è considerato quello che minimizza l'errore quadratico medio
integrato. Purtroppo, nella scelta di h alcuni calcoli teorici mostrano che per ottenere il parametro di
smussamento ottimale, utilizzando questo criterio, abbiamo bisogno di conoscere la f(x) di densità di
distribuzione. Dunque, h non può essere ottenuto in questo modo. Un metodo per la scelta di h è
utilizzare il valore ottimale h ottenuto per un certo tipo di distribuzione, come la distribuzione
normale. Una kernel fissa normale, mostra che per la distribuzione bivariata normale con matrice di
varianza-covarianza il valore ottimale di h per un campione n di grandi dimensioni è:
h opt =
Così una stima di h opt è :
opt=
dove = e sono le varianze stimate di X(1) e X(2).
Se queste varianze sono molto diverse può essere utile una chiusura dei dati in modo che le varianze
siano uguali prima di applicare il metodo. Bowman (1985) ha dimostrato che questo metodo di
stima spesso produce risultati migliori di metodi più sofisticati di stima univariata. Un metodo
oggettivo per la stima di h, descritto da Silverman (1986), è quello della cross-validation dei minimi
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quadrati. Se viene utilizzata una kernel K fissa di densità normale bivariata, il valore di h è scelto
per minimizzare:
M(h) = +2 K(0)
dove K* = K(2) - 2K, e K(2) è la densità bivariata normale con matrice di varianza-covarianza
Essendo:
E[M(h)] + 2 – f )2
questo metodo fornisce una buona stima dell’errore quadratico medio integrato. Così, riducendo al
minimo M(h) riduciamo anche MISE(h). Questo tipo di analisi permette di definire delle fasce
concentriche, con densità d’osservazioni decrescente dal centro all’esterno; sono stati considerati in
particolare il contorno più esterno racchiudente il 99% delle osservazioni (KA99), rappresentante
l’areale complessivo del lupo e quello racchiudente il 50% delle osservazioni (KA50), definibile
come core area, ovvero quella porzione d’areale più intensamente frequentata.
Fig. 1.2 - Distribuzione di densità stimata con la Kernel Analysis
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La raccolta delle feci di lupo risulta molto utile per lo svolgimento delle analisi genetiche non
invasive; dagli escrementi freschi viene prelevata una piccola porzione di campione in cui si
trovano cellule di sfaldamento dell’intestino contenenti materiale genetico. L’utilizzo delle tecniche
non invasive viene applicato allo studio di specie elusive, come i grandi carnivori, in quanto
consente di studiare le specie senza catturarle e quindi senza creare danno o stress agli animali.
Dopo la raccolta del campione la conservazione richiede temperature di –20° C o inferiori, o in
etanolo (concentrato almeno al 70%), mantenendolo a temperatura ambiente per alcuni giorni o per
periodi più lunghi in congelatore a –20° C. Durante la fase di laboratorio il DNA, dopo essere stato
isolato dal campione biologico, viene sottoposto a ripetute PCR (Polymerase Chain Reaction) allo
scopo di ampliare le regioni prescelte, permettendo quindi l’identificazione della specie, del sesso
dell’animale e dei singoli individui. Attraverso le analisi genetiche è possibile effettuare delle stime
numeriche, individuare i componenti dei branchi, calcolare gli spostamenti, stimare l’area vitale,
valutare le modalità di dispersione degli individui, nonché verificare fenomeni di ibridazione con
cani. Il materiale genetico può essere estratto anche da peli, dall’urina, dal sangue e da campioni di
tessuto ricavati dalle carcasse degli animali. Le analisi sono state effettuate dai ricercatori del
laboratorio dell’I.S.P.R.A. di Ozzano dell’Emilia (BO).
Fig. 1.3 – Sintesi del processo di analisi genetica
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2. AGGIORNAMENTO E DISTRIBUZIONE DEGLI ALLEVAMENTI IN LIGURIA
Per valutare l’impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati i dati
del censimento degli allevamenti in Liguria effettuato dall’Associazione Provinciale Allevatori di
Genova. Gli allevamenti sono stati classificati per:
• Provincia;
• Specie allevata (bovini e ovi-caprini);
• Orientamento produttivo (carne, riproduzione, ingrasso, latte, linea vacca-vitello, misto);
• Modalità (all’aperto, stabulato, sconosciuta);
• Grado di sorveglianza (non sorvegliato, parzialmente sorvegliato, sorvegliato).
Inoltre per ogni allevamento è stato fornito il numero di capi allevati.
Per valutare l’esistenza di eventuali differenze significative nella dimensione media degli
allevamenti tra le province, è stata utilizzata l’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM).
L’analisi univariata della varianza (one-way ANOVA) può essere estesa all’analisi di un numero
maggiore di fattori. La variabile analizzata è sempre una sola, ma il numero di fattori (o criteri di
classificazione, o vie) che distinguono i diversi campioni è maggiore di 1. Si parla quindi di
ANOVA univariata multifattoriale, detta anche MANOVA. L'ipotesi alla base dell'analisi della
varianza è che dati n gruppi, sia possibile scomporre la varianza in due componenti: varianza
interna ai gruppi o entro-gruppi (Within) e varianza tra-gruppi (Between). Se la variabilità interna ai
gruppi è relativamente elevata rispetto alla variabilità tra i gruppi, allora probabilmente la differenza
tra questi gruppi è soltanto il risultato della variabilità interna. La relazione tra varianza totale, σ2,
riferita agli n gruppi e varianze calcolate sui singoli gruppi (g = 1,2,...,G) risulta essere :
σ2 =
quindi :
σ2 =
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dove il primo addendo rappresenta la varianza entro-gruppi, il secondo la varianza tra gruppi , M
la media totale degli n gruppi ed è uguale alle medie parziali di ciascun gruppo con pesi uguali
alle rispettive frequenze relative di gruppo .
A loro volta, le medie parziali dei valori del g-esimo gruppo sono date da :
Inoltre si ha che:
=
La varianza entro-gruppi è uguale alla media ponderata delle varianze parziali, calcolate in ogni
gruppo. La varianza tra-gruppi è uguale alla varianza ponderata delle medie parziali. I pesi sono
uguali alle loro frequenze relative.
Per verificare differenze tra le province nella frequenza dei diversi tipi di allevamento è stato
utilizzato il test G (analisi per tavole di contingenza mediante il Rapporto di Verosimiglianza, con
test esatto di permutazione). Quest’analisi permette di verificare eventuali differenze significative
tra il numero di casi attesi e quelli osservati, utilizzando la seguente formula:
2
dove Oi ed Ei sono le frequenze delle categorie i osservate ed attese.
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3. IMPATTO DEL LUPO SULLA ZOOTECNIA
Il test G è stato applicato anche per verificare le differenze nella frequenza degli eventi di
predazione tra province, specie allevate, orientamento produttivo e modalità d’allevamento. Per
quanto riguarda le predazioni, sono stati considerati il numero di eventi, il numero di capi predati
per evento, il numero di capi predati per allevamento, per anno e per provincia e l’importo dei
rimborsi. I dati sono stati forniti principalmente dagli assessorati competenti delle quattro province
liguri ed a questi sono state aggiunte informazioni, raccolte direttamente presso gli allevatori,
riguardanti casi di predazione non denunciati. E’ stata effettuata un’analisi di regressione con stima
di curve per verificare eventuali andamenti significativi, negli anni, del numero di eventi e del
numero di capi predati per evento, per zona e l’importo dei rimborsi erogati. Questa analisi di
regressione permette di identificare il modello non-lineare che meglio si adatta ai dati registrati.
Per analizzare i fattori ambientali e non che influiscono sulla probabilità di predazione, sono state
misurate 12 variabili riguardanti le aree di pascolo utilizzate dagli allevamenti:
1. Superficie;
2. Perimetro;
3. Indice di forma (rapporto tra circonferenza di un cerchio di pari superficie e perimetro del
pascolo);
4. Altitudine (media, minima, massima);
5. Esposizione;
6. Pendenza;
7. Distanza dal pascolo più vicino;
8. Distanza dal bosco più vicino;
9. Distanza dal corso d’acqua più vicino;
10. Distanza dal centro abitato più vicino;
11. Distanza dall’osservazione di lupo più vicina;
12. Percentuali dei tipi di vegetazione in un buffer di 1 Km intorno al pascolo.
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Successivamente, le variabili sono state confrontate tra i pascoli dove sono avvenute predazioni e
quelli dove non si sono mai verificate perdite, mediante il test U di Mann-Whitney, per campioni
indipendenti, al fine di individuare le variabili più importanti nella distinzione tra pascoli soggetti a
predazione e pascoli sicuri. Il test, che può essere applicato quando i campioni hanno dimensioni
diverse, permette di verificare la significatività della differenza tra le mediane, basandosi sul calcolo
di due valori statistici (U1 ed U2), riordinando i dati per ranghi. La formula per il calcolo delle U è la
seguente:
U1 = n1 n2 + - ΣR1
U2 = n1 n2 + - ΣR2
dove :
n1 = numero di allevamenti in cui si è verificato l’evento di predazione;
n2 = numero di allevamenti in cui non si è verificato l’evento di predazione;
Σ R1 = sommatoria ranghi degli allevamenti in cui si è verificato l’evento di predazione;
Σ R2 = sommatoria ranghi degli allevamenti in cui non si è verificato l’evento di predazione;
Il valore più piccolo tra U1 e U2 (Umin) viene confrontato con il valore tabulato per corrispondenti
valori di n1 ed n2. Per ogni variabile considerata viene calcolato il valore di Umin ; nel caso in cui tale
valore sia minore di quello tabulato, possiamo asserire che vi è differenza significativa, per la
variabile in questione, tra i pascoli in cui si è verificato l’evento di predazione e quelli in cui non si
è registrato tale evento.
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4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI PREDAZIONE A CARICO DEL BESTIAME
Considerato che la probabilità che avvengano eventi di predazione dipende spesso da fattori
concomitanti, sono state condotte anche analisi di tipo multivariato, indirizzate alla formulazione di
modelli di rischio di predazione da parte di lupo. Con il termine modello si indica una
semplificazione di un sistema complesso. In ambito ecologico il modello è principalmente di tipo
matematico. Quando si basa su ipotesi formulate a priori, a partire da informazioni bibliografiche o
derivanti dall’esperienza personale, si parla di modello teorico oppure, nel caso di dati ricavati dal
mondo reale, si parla di modello empirico. É stato attribuito un codice binario (0/1) a ciascun
pascolo: con 1 sono stati indicati i pascoli all’interno dei quali si è verificato almeno un caso di
predazione, con 0 tutti gli altri. In questo modo sono stati rilevati 26 pascoli, confrontati con
altrettanti pascoli, scelti in modo casuale tra quelle dove non è stata accertata la presenza di
predazione. Attraverso l’Analisi della Varianza (one–way ANOVA) è stato effettuato il confronto tra
i pascoli. L’analisi ha permesso di verificare l’esistenza di differenze significative tra i valori delle
variabili nei pascoli di presenza di predazione ed in quelli di assenza.
Inoltre è stato formulato un modello predittivo della probabilità di presenza di predazione da parte
di lupo nell’area di studio, attraverso un’Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB).
L’equazione del modello logistico è:
dove Y è la probabilità che l’evento accada, z è l’equazione caratteristica della regressione multipla
lineare:
z = β0 + β 1x1 + … + βn xn
dove xn è la n-esima variabile indipendente e βn è il coefficiente standardizzato delle variabili
indipendenti. Tramite l’ARL è possibile stimare la probabilità di utilizzo delle aree di pascolo da
parte del lupo. Questo modello ha il vantaggio di includere un numero di variabili molto ridotto
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rispetto a quello di una funzione discriminante formulata sugli stessi casi. Secondo Meriggi e
Massolo (1995), se non si vuole perdere stabilità nelle classificazioni, il numero di variabili che
entrano nel modello non dovrebbe superare un quinto dei casi in cui l’evento accade (predazione).
Per selezionare le variabili che contribuiscono all’equazione del modello logistico, è stata utilizzata
la procedura forward stepwise, che comporta, dato un insieme di n variabili indipendenti (variabili
ambientali), l’aggiunta successiva e sequenziale di ciascuna variabile al modello, in una serie di
passaggi iterativi. Il risultato ottenuto mediante ciascun passaggio viene saggiato con i test della
massima verosimiglianza, del – 2 Log Likelihood (– 2LL) e dello Z2 (Adattamento o Goodness of
Fit Statistic). La varianza della variabile dipendente spiegata dal modello è quantificata dal valore di
R2 corretto di Nagelkerke, che può assumere valori compresi tra 0 e 1. La stima del contributo di
ciascuna variabile nella determinazione della qualità dell’habitat è data dal valore della correlazione
parziale (esprimibile con R, R2 o Rho) tra la variabile in questione e la variabile dipendente, e dal
rapporto tra la probabilità che l’evento accada e la probabilità complementare che l’evento non
accada, denominata Esp (B). Un valore di R positivo indica che valori crescenti di quella variabile
aumentano la probabilità che l’evento accada, un valore di R negativo indica che valori crescenti di
quella variabile diminuiscono tale probabilità. Il valore assoluto di R indica quindi il contributo
parziale dato al modello da ogni variabile dipendente. Se Esp (B) è maggiore di 1, le probabilità che
l’evento accada aumentano, se invece è minore di 1 diminuiscono. Come ulteriore stima
dell’efficacia predittiva del modello di regressione logistica, viene solitamente usata la percentuale
di casi classificati correttamente dal modello stesso, cioè dei punti analizzati in cui l’evento di
predazione coincide con quello previsto dal modello. Anche per questo tipo di analisi è stato
effettuato un confronto fra i pascoli di presenza e di controllo. È stata inoltre effettuata un’analisi
mediante la curva ROC che permette di valutare lo scostamento del modello ottenuto da uno che
classifica i casi casualmente (Massolo & Meriggi 2007). La curva ROC viene costruita mettendo in
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relazione la sensibilità del modello (proporzione di casi positivi classificati correttamente) con il
reciproco della sua specificità (proporzione di casi negativi classificati correttamente).
Nel nostro caso è stato utilizzato il modello logistico perché costituisce uno dei metodi più usati per
formulare una Funzione di Selezione delle Risorse, cioè un’espressione matematica in grado di
sintetizzare il processo di selezione dell’habitat di una specie per prevederne la distribuzione
(Boyce & McDonald, 1999; Manly et al., 2003). Tuttavia nel modello logistico sono entrate
variabili correlate tra loro e quindi sono stati individuati, grazie alla matrice di correlazione di
Pearson, sottogruppi di variabili non correlate (P > 0,05). Per ognuno dei sottogruppi è stata
effettuata una ARL con la procedura enter, che aggiunge al modello tutte le variabili
simultaneamente. L’inferenza sui modelli ottenuti con i sottogruppi di variabili non correlate è stata
effettuata seguendo l’Information-Theoretic Approach (Anderson et al., 2000; 2001). In una prima
fase è stato calcolato il logaritmo della massima verosimiglianza (MLL, Maximized Log-
likelihood), secondo la formula:
MLL =
dove n è la dimensione del campione e σ 2 è il rapporto tra la somma dei quadrati dei residui (RSS,
Residual Sum of Squares) e n. Quindi i modelli sono stati confrontati utilizzando il criterio di
Akaike (AIC, Akaike Information Criterion; Akaike, 1973).
AIC = n ln (σ2) + 2k
Nel nostro caso è stato calcolato l’AIC corretto (AICc), consigliato nel caso la numerosità sia
n/k < 40 (dove k è il numero di parametri del modello) (Massolo e Meriggi, 2007).
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Il modello per il quale l’AICc è risultato minimo viene selezionato come modello migliore e, per
ordinare i modelli successivi, si calcola la differenza tra l’AICc del modello migliore e gli AICc
degli altri:
Δi = AICci – min (AICc)
Sempre per ordinare i modelli in base al rango, è stato poi calcolato per ognuno il peso wi , “Akaike
weight”, del modello i-esimo, il cui valore può essere interpretato come la probabilità di un dato
modello di essere il migliore tra tutti quelli considerati (Merli e Meriggi, 2006; Jedrzejewski et al.,
2008). La formula usata è la seguente:
L’importanza relativa delle variabili indipendenti (variabili ambientali) è stata valutata in base ai
seguenti criteri:
- numero di modelli in cui compare ogni variabile;
- varianza spiegata (R2) dei modelli in cui compare la variabile;
- valore del coefficiente parziale di regressione standardizzato in ogni modello;
- somma dei pesi (wi) dei modelli in cui entra la variabile;
- media pesata dei coefficienti parziali di regressione standardizzati dei modelli in cui entra la
variabile:
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Inoltre, è stata calcolata la Varianza campionaria non subordinata di β, vale a dire la componente di
varianza dovuta all’incertezza nella selezione dei modelli, in modo che le stime non siano
condizionate dal modello selezionato:
2
Secondo Anderson e Burnham (2002), oltre al miglior modello devono essere considerati i modelli
con Δ AICc < 2. La loro capacità predittiva deve essere valutata osservando la percentuale di casi
classificati correttamente ed attraverso l’utilizzo della curva ROC. La validazione dei modelli è
stata effettuata con il metodo k-fold cross validation (Boyce et al., 2002); i pascoli sono stati divisi
in due sottocampioni selezionati casualmente, usati alternativamente per la riformulazione dei
modelli e per la loro validazione. La validazione è stata fatta confrontando le classificazioni previste
dai modelli con quelle reali, tramite l’uso di curve ROC e seguendo un metodo proposto da Boyce
et al. (2002). Questo metodo, particolarmente efficace nel costruire dei modelli partendo da dati di
presenza di predazione e disponibilità di pascoli, consiste in un’analisi di correlazione tra la
frequenza dei casi positivi reali e le probabilità previste dai modelli, suddivise in 10 classi, di
probabilità 0,10 ciascuna. In seguito per ogni classe è stata calcolata la frequenza dei casi di
predazione reale, pesata sul numero di pascoli compreso nella classe. Quindi, le aree di pascolo
sono state distribuite in ugual numero tra le 10 classi, ed è stato calcolato il coefficiente di
correlazione per ranghi di Spearman tra la frequenza pesata dei casi di predazione reale ed il rango
della classe (da 1 a 10). Se il modello si adattasse bene, il numero di casi di predazione reale
dovrebbe aumentare all’aumentare del rango della classe (Boyce et al., 2002).
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È stata ulteriormente condotta una validazione complessiva dei modelli per tutti i sottogruppi: sono
state calcolate le frequenze medie di casi di presenza di predazione nelle classi di probabilità ed è
stata ripetuta l’analisi di correlazione di Spearman. Infine i modelli sono stati utilizzati
(singolarmente e cumulativamente) per classificare i pascoli dell’area di studio. La classificazione
complessiva è stata ottenuta calcolando per ogni pascolo la probabilità media (ricavata dalle
probabilità previste dai modelli) di predazione da parte di lupo.
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5. SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI
La predazione sul bestiame allevato allo stato brado ha costituito e costituisce ancora oggi uno dei
principali problemi di conservazione dei grandi carnivori (Fico, 2005). Il territorio ligure fino ai
primi anni Ottanta non era frequentato da grandi predatori, di conseguenza i pastori non
esercitavano alcun controllo sul bestiame. Gli allevatori attuali hanno perso l’abitudine alla secolare
convivenza con il predatore, tralasciando così anche tutte le forme di prevenzione nei confronti dei
loro animali e aumentando di fatto il conflitto col predatore. In queste zone viene utilizzato spesso il
pascolo allo stato brado, che ovviamente è più rischioso per il bestiame che risulta più vulnerabile
agli attacchi di lupo (Meriggi & Milanesi, 2009). Questo predatore vede negli ungulati domestici
una valida alternativa agli animali selvatici, in quanto gli è più facile catturare una pecora o un
vitello, disponibili spesso in gran numero nei pascoli, ad alta densità, che predare la più malata o
debilitata delle prede selvatiche (Mech, 1970). Esistono diversi metodi di gestione del bestiame e
diverse tecniche di prevenzione, tuttavia non esiste un sistema infallibile ed assoluto che elimini del
tutto l’eventuale rischio di predazione (Meriggi & Milanesi, 2009). Benché il bestiame sia poco
importante nella dieta del lupo in Liguria (Meriggi & Lovari, 1996; Meriggi et al., 2009), un
miglioramento della gestione delle mandrie (ricovero degli animali di notte e nelle giornate di
nebbia e sorveglianza ad opera dei pastori o cani da guardia), anche in quest’area, potrebbe ridurre
ancor più i danni e ridurre i conflitti tra presenza del lupo e attività zootecniche (Boitani, 1992;
Blanco et al., 1992; Kaczensky, 1999; Bradley e Pletscher, 2005; Mancini, 2006). La predazione
sul bestiame potrebbe essere influenzata da cambiamenti imposti dall’uomo nell’abbondanza di
densità e specie di ungulati selvatici (Meriggi et al., 1996; Sidorovich et al., 2003). In particolare,
in Liguria, l’impatto del lupo sul bestiame è decisamente sostenibile considerando l’esiguo
ammontare dei rimborsi per le predazioni. Il vero problema è la fama che storicamente si porta
dietro questo carnivoro, origine della diffidenza, preoccupazione e quindi persecuzione nei suoi
confronti. L’individuazione dei fattori che influenzano maggiormente la scelta dei pascoli da parte
24
del lupo è il primo passo verso la prevenzione. Anche la standardizzazione di un sistema “denuncia
– controllo – rimborso” da parte delle province e degli organismi competenti (A.S.L., Polizia
Provinciale, Corpo Forestale dello Stato, ecc.), in termini di velocità ed efficienza, eviterebbe il
protrarsi di ostilità tra gli allevatori, evitando così fenomeni di persecuzione nei confronti della
specie. Il compito dei ricercatori e tecnici è quello di far coesistere, in maniera sostenibile, le
popolazioni dei grandi carnivori con le attività umane (Mech at al., 2000; Musiani et al., 2003;
Sillero-Zubrini e Laurenson, 2003; Treves et al., 2003; Berger, 2006). Per questa ragione, nella IV
fase del progetto, sono stati individuati 5 pascoli sull’intero territorio regionale dove sperimentare
diversi sistemi per ridurre il rischio di predazione. Negli allevamenti selezionati per la
sperimentazione, 2 di bovini e 3 di ovi-caprini, sarà verificata l’efficacia di dissuasori audio-visivi e
recinti elettrificati. In ogni provincia è stato individuato almeno un pascolo. I dissuasori sono dotati
di un sensore piroelettrico incorporato che si aziona al passaggio degli animali. Questo strumento,
testato in diverse aree italiane (Toscana, Emilia-Romagna, Marche), ha dato ottimi risultati,
dimostrandosi efficace nel prevenire i casi di predazione e applicabile in diversi contesti ambientali.
La concezione innovativa di tale strumento, fondata sulla riproduzione randomizzata di numerosi e
diversi suoni e rumori archiviati in formato Mp3, sulla tecnologia wireless con sensori remoti
aggiuntivi, e sulla possibilità di autoricarica tramite pannello solare, permette di fornire al mondo
della zootecnia un nuovo mezzo di difesa che potrebbe contribuire ad una migliore convivenza con i
grandi predatori (Fig. 5.1). Le recinzioni elettrificate, invece, costituiscono una delle soluzioni
preventive più frequentemente proposte ed utilizzate per la difesa degli animali al pascolo. Infatti, le
recinzioni costituiscono uno strumento di prevenzione efficace anche in zone dove altri sistemi (es.
cani da guardiania) possono creare situazioni potenzialmente rischiose per turisti, escursionisti, ecc.
Tali soluzioni possono avere caratteristiche molto diversificate, in base al tipo di materiale usato,
alle necessità di spostamento delle stesse fra aree diverse, alla dimensione delle superfici da
25
proteggere, ecc. In base a tali requisiti le opere dovranno quindi essere progettate e realizzate in
modo specifico (Fig. 5.3).
Fig. 5.1 Dissuasori Acustico Faunistico (DAF) “Alarm Guard” (da fototrappolaggio.net)
26
Fig. 5.2 Applicazione di Dissuasori Acustico Faunistico (DAF)e pannello solare auto-ricaricante
(da fototrappolaggio.net)
Fig. 5.3 Recinzioni elettrificate
27
6. CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI DEL PROGETTO
Nell’ambito della IV fase del Progetto si intende effettuare un corso di formazione teorico-pratico
per rilevatori della presenza del lupo in Liguria.
Il corso sarà rivolto ad un numero limitato di operatori volontari selezionati tra personale di
vigilanza della Provincia (Polizia Provinciale), Corpo Forestale dello Stato, Guardie Ecologiche
Volontarie (GEV), Veterinari dell’ASL, personale dei Parchi, Associazioni di categoria come
allevatori (APA, ARA) e cacciatori. Nel corso saranno trattati i seguenti argomenti:
1. BIOLOGIA DELLA SPECIE (MILANESI P.)
- Inquadramento tassonomico
- Caratteristiche morfologiche
- Habitat e Distribuzione
- Comportamento sociale e riproduttivo
- Comunicazione
- Ecologia Alimentare
- Importanza per la conservazione
2. MATERIALI E METODI – TECNICHE DI MONITORAGGIO ( MILANESI P. )
RACCOLTA DATI
- Raccolta informazioni (attuali e storiche)
- Rete transetti standardizzati
- Punti di marcatura
- Monitoraggio Genetico
- Foto - trappole
- Verifica e registrazione predazioni
- Georeferenziazione dati
3. RISULTATI OTTENUTI (MILANESI P.)
- Stima distribuzione
- Uso e selezione Habitat
28
- Distribuzione Potenziale
- Impatto sulla zootecnia - Rischio Potenziale
- Analisi di Sopravvivenza Kaplan-Maier
4. VERIFICA E REGISTRAZIONE PREDAZIONI ( MINETTI E. )
- La figura “giuridica” dell’accertatore
- La posizione di alcune regioni e delle provincie autonome di
Trento e Bolzano
- La “gestione del sopralluogo”
- Lo “stress decisionale”
- L’esame dell’ambiente
- La raccolta degli elementi anatomo-patologici sulla carcassa
- Attrezzature e materiali utili e necessari per effettuare il rilievo
- Dinamica della predazione
- Come effettuare il rilievo, quali elementi raccogliere e con quale tempistica
- I predatori ed i commensali
- Ricostruzione del teatro della predazione
- Ferite intra-vitam e morsi post-mortem
- Valutazione intorno alle condizioni cliniche della preda
- I predatori presenti sul territorio la loro distribuzione le loro Abitudini
- La conduzione zootecnica e la predazione, comportamento delle mandrie e degli armenti
sotto stress da predazione.
- Esame della carcassa “differenti ferite differenti predatori? ”
- Caratteristiche delle predazione effettuata da canidi come evidenziare le differenze tra
lupo e cane se possibile.
- Le tracce, le impronte, i reperti rilevabili intorno ad una predazione.
- Caratteristiche delle principali “tipologie” di predazione e varie casistiche
ESCURSIONE DIDATTICA
- Registrazione segni di presenza di lupo e prede lungo transetti
- Verifica e registrazione eventi di predazione
- Compilazione schede di rilevamento
29
RISULTATI
1. DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA
Da giugno 2010 a maggio 2011 sono state raccolte in totale 346 osservazioni, di cui 176 in
provincia di Genova, 66 a Savona, 61 ad Imperia e 43 a La Spezia. L’elevato campione di dati
raccolto è il risultato del monitoraggio effettuato lungo transetti standardizzati ed il rilevamento
periodico eseguito sui punti di marcatura.
Il numero dei transetti è risultato invariato rispetto a quello degli anni precedenti, rispettivamente di
16 in provincia di Imperia, 18 in provincia di Savona, 20 in provincia di Genova e 9 in provincia di
La Spezia (Tab.1.4).
Tab. 1.4 – Copertura dei transetti per provincia e per stagione
Provincia N° Transetti Estate Autunno Inverno Primavera Totale
Imperia 16 16 16 16 16 64
Savona 18 18 14 16 17 65
Genova 20 20 20 19 20 79
La Spezia 9 7 8 6 8 29
Regione 63 61 58 57 61 237
30
Come per i transetti, anche il numero di punti di marcatura è risultato invariato rispetto a quello
degli anni precedenti. La maggior parte dei rilievi è stata effettuata in provincia di Genova
(30,31%), mentre la stagione con il maggior numero di perlustrazioni è risultata complessivamente
quella invernale (40,72 %) (Tab.1.5).
Tab. 1.5 - Numero dei punti di marcatura ripetuti, in totale e per provincia
Provincia N° Punti N° Ripetizioni
Autunno
N° Ripetizioni
Inverno
N° Ripetizioni
Primavera Totale
Imperia 7 20 23 20 63
Savona 7 22 23 19 64
Genova 13 17 29 21 67
La Spezia 3 6 15 6 27
Regione 30 65 90 66 221
31
Inoltre, durante la IV fase del Progetto, sono stati raccolti campioni biologici utili per le indagini
genetiche. La provincia dove è stato raccolto il maggior numero di campioni è stata quella di
Genova (66,03%), seguita da Savona (15,09%), Imperia (11,32%) e La Spezia (7,54%).
I campioni analizzati sono risultati appartenenti a lupi in 8 casi (30,77 %), riconducibili a cani in 2
casi (7,69 %), mentre non è stato possibile rilevare il profilo genetico in 15 casi (57,69 %). Un
ultimo campione, per ulteriori approfondimenti, è attualmente in fase di attribuzione. Gli 8 profili
genetici di lupo sono risultati appartenenti a 7 individui diversi. Complessivamente, tra il 2007 ed il
2011, nell’intero territorio regionale sono stati identificati, dal laboratorio di genetica
dell’I.S.P.R.A., 39 genotipi differenti attribuibili alla sottospecie Canis lupus italicus,
corrispondenti a 21 maschi e 18 femmine (Fig.1.4). Il 43% ed il 44% degli individui,
rispettivamente maschi e femmine, è stato campionato almeno due volte (Fig.1.4).
Fig. 1.4 - Genotipi identificati tra il 2007 e il 2011
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
WB
O6F
WG
E19
FW
GE
20F
WL
P3F
WG
E3F
WSP
2FW
GE
21F
WIM
4FW
1088
FW
GE
10F
WG
E13
FW
GE
17F
WG
E1F
WG
E4F
WG
E8F
WIM
6FW
IM7F
WSV
2FW
GE
7MW
RE
23M
WSP
1MW
GE
12M
WG
E16
MW
IM1M
WPR
24M
WG
E15
MW
GE
18M
W10
87M
WG
E11
MW
GE
22M
WG
E2M
WG
E9M
WIM
2MW
IM3M
WSP
3MW
SV1M
W11
59M
WSV
3MW
SV4M
Ndi
ric
ampi
onam
enti
32
Le analisi effettuate col metodo Kernel sui segni di presenza di lupo hanno individuato un areale
complessivo di 5102,19 km2 con una zona di maggior frequentazione di 1635,47 km2. L’areale è
risultato suddiviso in due sub-areali di cui il più grande comprendente gran parte della provincia di
Genova, parte di quella di La Spezia e di Savona, il secondo per dimensioni, comprendente parte
della provincia di Imperia e parte di quella di Savona. Le aree di maggior frequentazione sono
risultate sei, distribuite in tutte le province (Fig. 1.5).
Fig. 1.5 - Areale del lupo in Liguria e zone di maggior frequentazione
33
2. AGGIORNAMENTO E DISTRIBUZIONE DEGLI ALLEVAMENTI IN LIGURIA
Il censimento degli allevamenti di bovini e ovi-caprini in Liguria ha evidenziato che il numero di
allevamenti di ovi-caprini è prevalente su quello di bovini (n=1540 e n=1121, rispettivamente).
Differenze nella consistenza del bestiame sono risultate tra le quattro province della regione. In
particolare, per quanto riguarda i bovini, le province col maggior numero di allevamenti sono
risultate Genova e Savona, mentre per gli ovi-caprini gli allevamenti sono risultati concentrati
ancora a Genova e a La Spezia. Imperia è stata la provincia col minor numero di allevamenti sia di
bovini sia di ovi-caprini (Fig. 2.1).
Fig. 2.1 - Numero di allevamenti di bestiame nelle province liguri
34
Sia per gli allevamenti di bovini, sia per quelli di ovi-caprini, è stata osservata una marcata
concentrazione in pochi comuni della regione, situati, in particolare, nella porzione centro-
occidentale del territorio regionale (Figg. 2.2 e 2.3).
Fig. 2.2 - Distribuzione per comune degli allevamenti di bovini in Liguria
Fig. 2.3 - Distribuzione per comune degli allevamenti ovi-caprini in Liguria
35
Per gli allevamenti di bovini è stata registrata una dimensione media di 15,06 capi (min.= 2,
max.=700) con variazioni significative tra le province (F=22,187; gl=3; P<0,0001). La dimensione
degli allevamenti di ovi-caprini è stata di 15,44 capi (min=2, max=1169) con variazioni
significative tra le province (F=25,402; gl=3; P<0,0001). Complessivamente sono risultate
differenze significative tra province (F=38,946; P<0,0001) ma non tra specie allevate (F=0,839;
P=0,432); anche l’interazione tra i due fattori non è risultata statisticamente significativa (F=1,789;
P=0,147). Il test di Bonferroni per confronti multipli ha evidenziato differenze tra le dimensioni
medie dei pascoli sia bovini che ovi-caprini tra Imperia e le altre province (P<0.0001). La provincia
con gli allevamenti di maggiori dimensioni sia di bovini, sia di ovi-caprini è risultata Imperia,
seguita da Savona per gli ovi-caprini (Fig. 2.4).
Fig. 2.4 - Variazioni della dimensione degli allevamenti di bestiame nelle province liguri
36
L’orientamento produttivo prevalente degli allevamenti di bovini è stato quello da carne a Savona
(73%) ed Imperia (15%), mentre a Genova è stata registrata una maggiore diversificazione degli
orientamenti produttivi ovvero per riproduzione (93%), ingrasso (95%) e latte (89%). In tutte le
province, gli allevamenti che adottano la linea vacca-vitello sono stati un’esigua minoranza ad
eccezione della provincia di Genova (85%) e totalmente assenti a La Spezia (Fig. 2.5).
Fig. 2.5 - Orientamento produttivo degli allevamenti di bovini nelle province liguri
37
L’orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovi-caprini è stato quello misto, mentre
gli altri tipi (carne, lana, latte) sono risultati scarsamente rappresentati e approssimativamente
equivalenti per le 4 province tranne a La Spezia dove il 60% degli allevamenti sono per
autoconsumo (Fig. 2.6).
Fig. 2.6 - Orientamento produttivo degli allevamenti di ovi-caprini nelle province liguri
38
Per quanto riguarda le modalità di conduzione, la maggior parte degli allevamenti di ovi-caprini in
provincia di La Spezia ed Imperia sono risultati non stabulati, mentre in quelle di Genova e Savona
gli allevatori hanno adottato prevalentemente la stabulazione (Fig. 2.7).
Fig. 2.7 - Modalità di conduzione degli allevamenti di ovi-caprini nelle province liguri
39
In tutto il territorio regionale sono state individuate in totale 147 aree di pascolo, di cui 51 utilizzate
da bovini, 80 da ovi-caprini (14 da entrambe le specie), mentre di 16 non abbiamo informazioni. Le
province col maggior numero di aree di pascolo sono risultate Genova e La Spezia, mentre a
Savona e Imperia sono stati censiti rispettivamente 2 e 13 pascoli (Figg. 2.8).
Fig. 2.8 - Distribuzione dei pascoli utilizzati in Liguria
40
L’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) non ha rilevato differenze significative
nella dimensione media dei pascoli tra province (F=2,373; gl=3; P=0,07); il test di Bonferroni per
confronti a coppie ha mostrato come la dimensione media dei pascoli in provincia di Genova sia
significativamente diversa da Imperia (P=0,018) e La Spezia (P=0,011); anche considerando le
specie allevate, le dimensioni dei pascoli non sono risultate significativamente differenti (F=0,444;
gl=2; P=0,64), tuttavia il test di Bonferroni rileva differenze importanti tra le medie dei pascoli ovi-
caprini e bovini (P=0,012); l’effetto dell’interazione tra i due fattori è risultato invece al limite della
significatività (F=2,386; gl=4; P=0,055) (Fig. 2.9).
Fig. 2.9 - Variazioni della superficie media (ha) dei pascoli in relazione alla provincia ed alla
specie allevata
41
3. IMPATTO DEL LUPO SULLA ZOOTECNIA
Per quanto riguarda l’impatto predatorio sugli ungulati domestici, ai 178 eventi di predazione
nell’intero territorio regionale, verificatisi dal 2002 al 2009, attribuiti al lupo e ufficialmente
denunciati, sono stati aggiunti 41 nuovi eventi avvenuti nel corso del 2010. Le predazioni sono
avvenute in 3 zone di cui la prima è identificabile con il territorio circostante il monte Antola e
l’omonimo parco regionale, la seconda con la Val d’Aveto e la terza con le Alpi Liguri, in provincia
di Imperia.
Nelle tre zone l’andamento delle predazioni è stato significativamente differente (X2=105,070;
gl=16; P<0,0001). In particolare, nella zona dell’Antola, è stato osservato un progressivo aumento
degli eventi di predazione dal 2004 al 2007 ed un calo dal 2008 al 2009 ed un aumento nel 2010;
nella provincia di Imperia, si è assistito ad un aumento dal 2008 al 2009 con un calo nel 2010,
mentre nella zona dell’Aveto non è risultata una tendenza definita ma piuttosto marcate oscillazioni
da un anno all’altro con un progressivo aumento dal 2008 (Fig.3.1).
Fig. 3.1 - Andamento degli eventi di predazione
0
5
10
15
20
25
30
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
n° Eventi Antola
n° Eventi Aveto
n° Eventi Imperia
42
Analogamente agli eventi di predazione, sono stati aggiunti 93 capi abbattuti nel 2010 ai 425 capi
predati dal 2002 al 2009, attribuiti al lupo nell’intero territorio regionale e ufficialmente denunciati.
Nelle tre zone l’andamento dei capi predati è stato significativamente differente (X2=240,433;
gl=18; P<0,0001). In particolare, nella zona dell’Antola è stato osservato un progressivo aumento
dei capi predati dal 2004 al 2007 ed un calo dal 2008 per poi aumentare di nuovo nel 2010; nella
provincia di Imperia si è assistito invece ad un aumento dei capi predati dal 2007 al 2010, mentre
nella zona dell’Aveto non è risultata una tendenza definita ma marcate oscillazioni da un anno
all’altro (Fig. 3.2).
Fig. 3.2 - Andamento dei capi di bestiame predati
0
10
20
30
40
50
60
70
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
n° Capi Antola
n° Capi Aveto
n° Capi Imperia
43
Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli nella zona dell’Antola mentre nella zona
dell’Aveto e nella provincia di Imperia a carico di pecore e capre, con differenze significative negli
eventi di predazione (X2=105,038; gl=8; P<0,0001) e nel numero di capi predati (X2=240,433;
gl=18; P<0,001) (Fig. 3.3).
Fig. 3.3 - Numero di eventi di predazione e capi predati per le diverse specie di bestiame (anni
cumulati)
Considerando l’andamento mensile delle predazioni, è emerso che tutti i mesi dell’anno sono stati
interessati da eventi nella zona dell’Aveto e dell’Antola, mentre in quella di Imperia le predazioni
sono iniziate da aprile; inoltre l’andamento è risultato bimodale in entrambe le zone genovesi con
un primo periodo di aumento delle predazioni, fino al raggiungimento del primo picco, a luglio, in
entrambe le zone e di un secondo picco, a settembre, nell’Aveto e ad ottobre nell’Antola, mentre
nella zona di Imperia si ha un incremento degli eventi da aprile fino al picco in settembre. Per
quanto riguarda il numero di capi predati, invece nelle zone di Imperia e dell’Aveto è stato
44
registrato un solo massimo molto marcato, ricadente a settembre mentre all’Antola un primo picco
si raggiunge tra giugno e luglio ed un secondo tra ottobre e novembre (Fig. 3.4).
Fig. 3.4 - Andamento mensile del numero di eventi di predazione e di capi predati (anni
cumulati)
45
Esaminando l’andamento mensile degli eventi e dei capi predati per specie, è risultato evidente
come le predazioni sui vitelli siano avvenute in anticipo nella stagione di pascolo rispetto a quelle
sulle pecore, mentre per le capre si può notare come ci siano eventi e capi predati tutto l’anno, con
un picco a settembre (Fig. 3.5).
Fig. 3.5 - Andamento mensile del numero di eventi e di capi predati per le diverse specie di
bestiame (anni e zone cumulati)
46
L’Analisi Multifattoriale della Varianza ha messo in evidenza alcune differenze significative tra gli
anni (F=2,308 ; g.l.=8 ; P<0,022), le specie predate (F=4,366 ; g.l.=2 ; P=0,014) e l’interazione tra
le zone e gli anni (F=4,506 ; g.l.=10 ; P<0,0001), mentre l’interazione tra le zone e le specie predate
è risultata al margine della significatività (F=2,630; g.l.=3; P=0,051) (Tab. 3.1).
Tab. 3.1 - Differenze significative delle predazioni tra anni, zone e specie predate
Fattori Confronti P
Zone Antola – Aveto 0,009
Zone Antola – Imperia 0,002
Specie Vacca – Pecora < 0,0001
Specie Vacca – Capra < 0,0001
Considerando gli anni cumulati, sono emerse differenze significative solo tra specie (F=2,362;
g.l.=2; P<0,0001) (Tab. 3.2).
Tab. 3.2 - Differenze significative delle predazioni tra zone e specie predate
Fattori Confronti P
Specie Vacca – Pecora < 0,0001
Specie Vacca – Capra < 0,0001
Zone Imperia - Antola 0,004
Zone Antola – Aveto 0,018
47
L’analisi di regressione con stima di curve, ha mostrato un andamento lineare diretto degli eventi di
predazione complessivi negli anni (F = 62,919 ; g.l. = 1 ; P<0,0001 ; R2 = 0,886; y = 4,88 x – 0,08)
(Fig. 3.6).
Fig. 3.6 - Andamento degli eventi di predazione totali
48
Considerando il numero di capi predati complessivamente si osserva un andamento logaritmico, che
mostra un fenomeno in lieve aumento (F=19,425; g.l.=2 ; P=0,003 ; R2=0,697 ; y=35,13 log(x)+
7,57) (Fig. 3. 7).
Fig. 3.7 - Andamento dei capi predati totali
49
In particolare nel territorio circostante il monte Antola e l’omonimo parco regionale, si è osservato
un andamento degli eventi di predazione di tipo cubico, con una marcata tendenza alla diminuzione
(F = 28,743 ; g.l. = 3 ; P = 0,001 ; R2 = 0,912 ; y = - 0,23 x3 + 3,63 x2 – 9,89 x + 6,58) (Fig. 3.8).
Fig. 3.8 - Andamento degli eventi di predazione nella zona del monte Antola
50
Tuttavia considerando il numero di capi predati si osserva un andamento lineare diretto (F =11,857;
g.l.=1; P=0,01; R2=0,576; y=6,19 x – 8,99) (Fig. 3.9).
Fig. 3.9 - Andamento dei capi predati nella zona del monte Antola
51
Per quanto riguarda il territorio della Val d’Aveto non è stato possibile stimare un andamento
significativo né per gli eventi di predazione (F = 0,46 ; g.l. = 1 ; P = 0,52) né per i capi predati (F =
0,42 ; g.l. = 1 ; P = 0,670).
Nella provincia di Imperia si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo lineare,
con una marcata tendenza all’aumento (F = 7,27 ; g.l. = 1 ; P = 0,03 ; R2 = 0,439 ; y = 1,06 x - 2,66)
(Fig. 3.10).
Fig. 3.10 - Andamento degli eventi di predazione nella provincia di Imperia
52
Come per gli eventi di predazione, il numero di capi predati denota una marcata tendenza
all’aumento (F = 30,109 ; g.l. = 3 ; P = 0,001 ; R2 = 0,916 ; y = 0,13 x3 – 1,15 x2 + 3,59 x – 2,69)
(Fig. 3.11).
Fig. 3.11 - Andamento dei capi predati nella provincia di Imperia
53
Considerando i rimborsi erogati dalle province liguri per danni al bestiame da predazione, è
risultato come solamente in provincia di Genova i danni siano stati rimborsati con continuità dal
2002 al 2008, mentre a Imperia le predazioni sono state compensate solo nel 2004, e dal 2008 al
2010 e nelle altre province non risultano né denunce ufficiali di danni, né rimborsi per tutto il
periodo considerato.
L’analisi di regressione con stima di curve, ha mostrato un andamento di tipo cubico, con una
marcata tendenza alla diminuzione dei rimborsi complessivi erogati negli anni (F = 11,19 ; g.l. = 3;
P = 0,001 ; R2 = 0,793 ; y = - 203,19 x3 + 2376,45 x2 – 3952,18 x + 4746,25) (Fig. 3.12).
Fig. 3.12 - Andamento dei rimborsi erogati complessivi
54
Si noti infine come il modello predittivo formulato considerando i rimborsi erogati dal 2002 al 2009
ha stimato correttamente (15250 € ± 3787,04) quelli erogati nell’anno 2010 (15248 €) (Fig. 3.13).
Fig. 3.13 - Andamento dei rimborsi erogati complessivi fino al 2009
55
4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI PREDAZIONE A CARICO DEL BESTIAME
Il confronto, condotto tramite l’analisi della varianza ad un fattore di classificazione (one–way
ANOVA), tra i pascoli in cui è avvenuto almeno un evento di predazione (presenza) ed un numero
pari di pascoli scelti casualmente tra gli altri campionati per lo studio (controllo), ha individuato
differenze statisticamente significative di alcune variabili. L’allevamento di bovini e quello misto di
bovini-ovini, il perimetro del pascolo, la media altitudinale e la percentuale di superficie occupata
da bosco misto, risulta più rappresentata nei pascoli dove si è verificato almeno un evento di
predazione (Tab. 4.1). Al contrario, la percentuale di superficie occupata da boschi di conifere ed
insediamenti umani è significativamente maggiore negli alpeggi dove non si sono mai verificati
eventi di predazione (Tab. 4.1).
Tab. 4.1 - Valori medi (ES) delle variabili ambientali con differenze significative tra Pascoli di
presenza e Pascoli di controllo (one–way ANOVA)
Variabile Controllo (n=26) Presenza (n=26) F P
Bovini 0,42(ES=0,5) 0,73 (ES=0,45) 5,369 0,025
Bovini-ovini 0,04 (ES=0,19) 0,35 (ES=0,48) 8,989 0,004
Perimetro 1441,27 (ES=239,17) 3379,95 (ES=867,19) 4,644 0,036
Media Altitudine 910,12 (ES=96,69) 1170,44 (ES=85,52) 4,067 0,049
% Bosco Conifere 0,255 (ES=0,06) 0,05 (ES=0,02) 8,267 0,006
% Bosco Misto 0,21 (ES=0,05) 0,41 (ES=0,05) 7,646 0,008
% Urbano 0,01(ES=0,04) 0,001(ES=0,0007) 5,729 0,020
56
L’Analisi di Regressione Logistica (ARL), condotta con tutte le variabili ambientali con il metodo
forward stepwise, ha permesso di formulare un modello predittivo del rischio di predazione da parte
del lupo. Nel modello sono entrate variabili relative alla presenza di bovini ed ovini al pascolo, la
percentuale di territorio antropizzato, con effetto negativo sul rischio di predazione; il perimetro, la
media dell’esposizione e la percentuale di aree coltivate influiscono positivamente sulla predazione.
Complessivamente il modello ha classificato correttamente il 94,2% dei casi originari: l’88,5% di
quelli di presenza ed il 99% di quelli di controllo (Tab. 4.2).
Tab. 4.2 - Risultati dell’Analisi di Regressione Logistica per la presenza/assenza del lupo
Variabili Ambientali B (ES) P Exp (B)
Bovini-ovini -8,62 (9,63) 0,371 0,00018
Perimetro 0,001 (0,0005) 0,129 1,001
Media Esposizione 0,71 (0,37) 0,051 2,053
% Coltivi 28,92 (13,13) 0,028 3,653E12
% Urbano -455,88(197,33) 0,021 0,0000
Costante -3,78 (9,58)
-2 Log Verosimiglianza 31,131
R2 di Nagelkerke 0,727
Miglioramento Chi-quadrato = 13,292; gl = 8; P = 0,102
Modello Chi-quadrato = 40,956; gl =5 ; P<0,0001
57
L’analisi effettuata mediante la curva ROC ha evidenziato un’elevata capacità predittiva del
modello; infatti, la curva della sensibilità verso il reciproco della specificità sottende un’area di
0,944, con un errore standard di 0,037, significativamente diversa (P < 0,0001) da quella riferibile
ad un modello che classifica casualmente (Fig. 4.1).
Fig. 4.1 - Grafico della curva ROC del modello di regressione logistica formulato per la presenza
del lupo (in verde la curva di un modello di riferimento che classifica casualmente).
58
Le analisi effettuate mediante il calcolo dell’AICc e l’inferenza multi-modello hanno fornito 45
modelli di regressione logistica. Il criterio di informazione di Akaike corretto ha permesso di
individuare i 3 modelli migliori, caratterizzati da valori di Δ AICc < 2 . Nel primo modello le
variabili significative sono risultate quelle relative alla percentuale di bosco di conifere e di aree
urbanizzate; nel secondo modello, invece, sono entrate variabili relative alla presenza sia di bovini
che di ovi-caprini, il perimetro, la media delle altitudini e quella delle esposizioni. Nell’ultimo
modello, infine, le variabili significative sono state l’area, la media delle altitudini (come nel
secondo modello) e la percentuale di bosco di conifere (come nel primo modello) (Tab. 4.3).
Tab. 4.3 - Caratteristiche dei 3 modelli predittivi migliori del rischio di predazione sul pascolo da
parte del lupo in Liguria (secondo il criterio di informazione di Akaike AICc ed il fattore wi)
Mod
Variabili Significative R2 – 2 Log
likelihood AICc Δ AICc wi
% di Classificazioni corrette ROC
(SE) 0 1 totale
I
Distanza lupo; Urbano*;
Bosco latifoglie; Area;
Bosco conifere*; Bovini;
Media esposizione
0,64 37,79 57,14 0 0,39 80,8 80,8 80,8 0,991
(0,037)
II Bovini-ovini*;
Perimetro*; Media altitudine*;
Media esposizione*
0,50 47,66 58,97 1,83 0,16 84,6 76,9 80,8 0,961
(0,058)
III
Area*; Media altitudine*, Media esposizione; Bosco conifere*; Bosco latifoglie
0,53 45,2 59,07 1,93 0,15 69,2 76,9 73,1 0,966
(0,049)
* Variabili significative
59
La somma dei wi (Akaike weights) ha permesso di evidenziare l’importanza delle variabili
riguardanti le categorie pascolo misto ed i soli bovini, l’area, il perimetro, la media delle altitudini
ed esposizione, nonché la variabile relativa alla distanza dal segno di presenza di lupo più vicino, le
percentuali di superficie antropizzata, quelle di bosco latifoglie e quelle di conifere. Il valore di β è
risultato positivo per la maggior parte delle variabili (pascolo misto di bovini-ovini, perimetro,
media altitudine), mentre per alcune variabili (categoria bovini, area, media esposizione, bosco
latifoglie e distanza dal segno di presenza di lupo più vicino) i limiti fiduciali mostrano incertezza
nell’effetto. Indiscutibile invece l’apporto negativo che hanno le variabili riguardanti la percentuale
di insediamenti umani e di bosco di conifere (Tab. 4.4).
Tab. 4.4 - Inferenza multi-modello e importanza relativa delle variabili ambientali per il rischio
di predazione
Variabili ∑ wi β β SE Lim. Inf. Int. Conf. 95% β
Lim. Sup. Int. Conf. 95% β
Bovini 0,39 -0,640 0,374 -1,373 0,094
Bovini-ovini 0,16 0,468 0,196 0,083 0,852
Area 0,54 0,00003 0,00001 -0,00002 0,00002
Perimetro 0,16 0,0001 0,00004 0,00001 0,00016
Media altitudine 0,31 0,002 0,0003 0,001 0,002
Media esposizione 0,70 1 0,671 -0,316 2,316
Bosco conifere 0,54 -7,753 3,460 -14.535 -0,971
Bosco latifoglie 0,54 3,479 6,498 -9,256 16,215
Urbano 0,39 -63,832 30,979 -124,552 -3113
Distanza lupo 0,39 0,0004 0,0001 -0,004 0,001
60
La cross validation ha verificato l’efficacia dei modelli nel predire la probabilità di rischio di
predazione da parte del lupo: il confronto tra le probabilità previste dai modelli ed i casi di
predazione reali, svolto utilizzando le correlazioni per ranghi di Spearman, sono risultate
statisticamente significative (Tab. 4.5).
Tab. 4.5 - Risultati della cross validation effettuata sui 3 modelli predittivi migliori
Modello e sottogruppo Rho di Spearman P
Mod I_1 0,937 <0,001
Mod I_2 0,999 <0,001
Mod II_1 0,969 <0,001
Mod II_2 0,999 <0,001
Mod III_1 0,969 <0,001
Mod III_2 0,999 <0,001
61
La relazione tra probabilità di predazione in classi e la frequenza media di casi positivi calcolata sui
tre modelli migliori ha evidenziato un aumento lineare dei casi di predazione all’aumentare della
classe di probabilità (Fig. 4.2).
Fig. 4.2 - Relazione tra frequenza di casi di predazione osservati e rischio di predazione prevista
(medie dei tre modelli migliori)
62
I tre modelli migliori sono stati utilizzati per riclassificare i pascoli campionati in Liguria. Il primo
modello ha individuato 70 pascoli su 147 totali, ad elevato rischio di predazione da parte del lupo
(47,6%). I pascoli con maggiore rischio, in Liguria, si trovano in provincia di Genova e Imperia
(Fig. 4.3 e 4.4).
Fig. 4.3 - Classi di rischio predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 1
Fig. 4.4 - Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 1
63
Il secondo modello ha individuato 55 pascoli, ad elevato rischio di predazione da parte del lupo
(37,4%). Anche in questo modello le provincie più a idonee alla predazione sono Genova e Imperia,
concentrandosi sui rilievi delle Alpi Liguri e dell’Aveto e Antola (Fig. 4.5 e 4.6).
Fig. 4.5 - Classi di rischio predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 2
Fig. 4.6 - Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 2
64
L’ultimo modello considerato ha individuato 67 pascoli potenzialmente a rischio di predazione da
parte del lupo (45,5%). Rispetto ai modelli precedenti, la probabilità di predazione nell’ultimo
modello evidenzia una maggior probabilità di verificarsi dell’evento in provincia di Savona e La
Spezia (Fig. 4.7 e 4.8).
Fig. 4.7 - Classi di rischio predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 3
Fig. 4.8 - Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 3
65
Infine è stata calcolata il rischio medio tra i tre modelli migliori: 58 (39,4%) trai i pascoli censiti
sono risultati ad elevato rischio di predazione. La concentrazione maggiore si riscontra in provincia
di Imperia e di Genova, nelle aree corrispondenti al Parco Naturale Regionale delle Alpi Liguri,
dell’Antola e dell’Aveto (Fig.4.9 e 4.10).
Fig. 4.9 - Classi di rischio predazione sui pascoli in Liguria cumulando i 3 modelli
Fig. 4.10 - Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo cumulando i 3 modelli
66
5. SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI
Sono stati individuati cinque pascoli sull’intero territorio regionale dove sperimentare diversi
sistemi per ridurre il rischio di predazione. Negli allevamenti selezionati, due di bovini e tre di ovi-
caprini, verrà verificata l’efficacia di dissuasori audio-visivi e recinti elettrificati (Appendice 1).
Siamo in attesa dell’autorizzazione, da parte dell’Ente Parco competente, per procedere
all’attuazione della sperimentazione.
67
6. CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI DEL PROGETTO
Il corso sarà rivolto ad un numero limitato di operatori volontari selezionati tra personale di
vigilanza delle quattro Province (Polizia Provinciale), Corpo Forestale dello Stato, Guardie
Ecologiche Volontarie (GEV), Veterinari dell’ASL, personale dei Parchi, Associazioni di categoria
come allevatori (APA, ARA) e cacciatori.
Siamo in attesa dell’autorizzazione, da parte dell’Ente Parco competente, per procedere
all’attuazione del corso formativo.
68
CONCLUSIONI
I dati raccolti indicano che la presenza del lupo in Liguria è stabile. La presenza del carnivoro può
causare un aumento del conflitto con l’uomo ed i suoi interessi economici (Treves et al., 2003;
Berger, 2006). Questo aspetto è una naturale conseguenza dell’espansione della distribuzione del
predatore. Tanto nell’area di studio come nel resto d’Europa, dove gli areali del predatore si
sovrappongono alle aree destinate all’allevamento (Linnel et al.,2001), la relazione tra predazione
sul bestiame, variabili ambientali ed il comportamento dei predatori può rendere difficile
individuare i principali fattori che favoriscono l’attacco alle greggi (Stahl et al., 2002). Inoltre,
alcuni allevamenti, sono più soggetti a predazioni rispetto ad altri, non distanti, dove non si sono
mai registrati attacchi. Un’analisi dettagliata permette di evidenziare eventuali differenze
significative tra gli allevamenti (Nass et al., 1984; Cozza et al., 1996; Stahl et al., 2002). In Liguria,
i dati rilevati durante il censimento degli allevamenti, raccolti dai ricercatori di campo, quelli forniti
dagli enti pubblici (ASL) e dalle associazioni di categoria (APA, ARA), rivelano che la provincia
con il maggior numero di allevamenti sia bovini che ovi-caprini è quella di Genova seguita da
Savona, La Spezia ed infine Imperia dove il numero di allevamenti è notevolmente inferiore. Tra le
specie allevate gli allevamenti di ovi-caprini risultano notevolmente maggiori rispetto a quelli
bovini in tutte le provincie, ad eccezione di quella di Genova. L’orientamento produttivo prevalente
degli allevamenti di bovini è stato quello da carne a Savona ed Imperia, mentre a Genova è stata
registrata una maggiore diversificazione degli orientamenti produttivi ovvero per riproduzione,
ingrasso e latte. In tutte le province, gli allevamenti che adottano la linea vacca-vitello sono stati
un’esigua minoranza, totalmente assenti a La Spezia, ad eccezione della provincia di Genova;
mentre l’orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovi-caprini è stato quello misto, gli
altri tipi (carne, lana, latte) sono risultati scarsamente rappresentati e approssimativamente
equivalenti nelle quattro province. Per quanto riguarda le modalità di conduzione, la maggior parte
69
degli allevamenti di ovi-caprini a La Spezia ed Imperia sono risultati allo stato brado con
conseguenze sul rischio di predazione, mentre a Genova e Savona gli allevatori hanno adottato
prevalentemente la stabulazione. L’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) ha
rilevato differenze significative nella dimensione media dei pascoli e nelle specie allevate tra
province.
I dati forniti dalle ASL delle quattro provincie in merito ai casi di predazione, avvenuti dal 2002 al
2010, interessano tre principali aree del territorio regionale, ovvero quella del Parco Regionale del
Monte Antola, quella del Parco Regionale dell’Aveto e quella coincidente con la provincia di
Imperia. In queste zone l’andamento degli eventi di predazione è stato significativamente differente
con tendenze all’aumento negli ultimi due anni (2009-2010) per la zona dell’Antola e dell’Aveto
mentre per la zona di Imperia si segnala un calo rispetto al 2009. Analogamente, andamenti simili
sono stati registrati per il numero di capi predati, ad eccezione della provincia di Imperia dove,
nonostante il numero inferiore di eventi di predazione, la quantità di capi abbattuti è stata sempre
maggiore negli ultimi anni (dal 2007 al 2010). Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli
nella zona del Parco dell’Antola, mentre, nella zona del Parco dell’Aveto e nella provincia di
Imperia, il fenomeno ha interessato principalmente pecore e capre, con differenze significative negli
eventi di predazione e nel numero di capi predati. L’Analisi Multifattoriale della Varianza ha messo
in evidenza alcune differenze significative tra gli anni, le specie predate, l’interazione tra le zone e
gli anni. Considerando l’andamento mensile delle predazioni, è emerso che tutti i mesi dell’anno
sono stati interessati da eventi nella zona dell’Aveto e dell’Antola, mentre in quella di Imperia le
predazioni sono iniziate da aprile. Esaminando l’andamento mensile degli eventi e dei capi predati
per specie, è risultato evidente come le predazioni sui vitelli siano avvenute in anticipo nella
stagione di pascolo rispetto a quelle sulle pecore, mentre per le capre si può notare come ci siano
eventi e capi predati durante tutto l’anno, con un picco in settembre.
70
Considerando i rimborsi erogati dalle province liguri per danni da predazione al bestiame, l’analisi
di regressione con stima di curve, ha mostrato una marcata tendenza alla diminuzione dei rimborsi
complessivi erogati negli anni; questo risultato conferma le previsioni formulate dall’analisi
simulata nel 2009, tenendo conto dei dati dei rimborsi dal 2002 al 2009 (Meriggi e Milanesi, 2009).
La differenza tra risultato predetto e risultato osservato per il 2010 è stato di circa 2 euro, a
significare quanto sia efficace la capacità predittiva dell’analisi.
Il confronto, condotto tramite l’analisi della varianza ad un fattore di classificazione, tra i pascoli
dove si è verificato almeno un evento di predazione ed un numero pari di pascoli scelti casualmente,
ha individuato differenze statisticamente significative tra i valori medi percentuali di alcune
variabili ambientali: l’allevamento di bovini e quello misto di bovini-ovini, il perimetro del pascolo,
la media altitudinale, la percentuale di superficie occupata da bosco misto, quella caratterizzata da
boschi di conifere e quella interessata da insediamenti umani. La densità di copertura boschiva nelle
zone di pascolo è un fattore molto importante nella predisposizione al rischio di predazione (Mech
et al., 2000; Stahl et al. 2001; Kaartinen, 2009). Dal punto di vista delle preferenze ambientali
secondo Huggard (1993) il lupo è scarsamente influenzato da caratteristiche specifiche che non
siano la disponibilità di prede. L’uso dell’habitat dipende quindi in larga parte dal tipo di preda o
risorsa alimentare di cui si nutre in prevalenza; se si fa eccezione per i siti di riproduzione e di
ritrovo, il lupo frequenta gli stessi ambienti frequentati dalle sue prede (Huggard, 1993). Tuttavia
localmente una popolazione di lupi può manifestare selettività per determinati aspetti vegetazionali,
fisici o climatici o per la vicinanza all’uomo, così come, all’interno di un’area di presenza stabile,
esistono senza dubbio ambienti frequentati selettivamente dal branco o da singoli individui. La
selezione verso una determinata preda è influenzata da diversi fattori, tra i quali la sovrapposizione
dell’habitat della preda e del predatore, il grado di accessibilità della preda, il rischio del predatore
di essere ferito, il tasso d’incontro e la probabilità di successo. In generale la selezione dovrebbe
indirizzarsi verso quelle specie che vivono in gruppi ed in spazi relativamente aperti rispetto alle
71
specie solitarie e che vivono in luoghi chiusi (Huggard, 1993). Infatti le dimensioni del pascolo
(area, perimetro e indice forma) sono state considerate nelle analisi e sono spesso usate per studi
analoghi (Treves et al., 2003, Kaartinen et al., 2009).
Il modello formulato con l’Analisi di Regressione Logistica Binaria, utilizzando la procedura
forward stepwise, possiede una buona capacità predittiva della presenza del lupo, dimostrata dalla
percentuale di casi classificati correttamente e dalla curva ROC; tuttavia la formulazione dei
modelli con i set di variabili non correlate ed il rispettivo calcolo dell’AICc e del wi hanno
evidenziato la presenza di altri modelli con maggior potere predittivo. In particolare, nelle aree
caratterizzate da antropizzazione elevata, il disturbo causato dall’attività venatoria e dal turismo
sono da considerarsi elementi sfavorevoli alla specie, mentre le aree ricche di corsi d’acqua,
rappresentano una fonte di risorse sia per il lupo che per le sue specie preda, quindi un’ambiente
idoneo alla caccia. Inoltre, queste zone vengono generalmente scelte per le tane, vicine a sorgenti o
riserve d’acqua (Mech, 1970). Tuttavia l’apporto di acqua per le specie allevate è garantito dagli
abbeveratoi.
In Liguria, in base al modello complessivo, sono risultati potenzialmente esposti a predazione, da
parte del lupo, il 39,4 % dei pascoli, totali. I dati disponibili sull’alimentazione del lupo (Meriggi e
Lovari, 1996; Meriggi e Milanesi, 2009), indicano che, laddove sono presenti cospicue popolazioni
di ungulati selvatici, l’alimentazione è poco dipendente dal bestiame, proprio in quanto questo
animale tende ad assumere il ruolo di predatore specializzato nella cattura di grandi erbivori
selvatici (Mattioli et al., 1995). La predazione sul bestiame allevato allo stato brado ha costituito e
costituisce ancora oggi uno dei principali problemi di conservazione dei grandi carnivori (Fico,
2005). Secondo Meriggi e Milanesi (2009), il territorio ligure fino ai primi anni Ottanta non era
frequentato da grandi predatori, di conseguenza i pastori non esercitavano alcun controllo sul
bestiame. Gli allevatori attuali hanno perso l’abitudine alla secolare convivenza con il predatore,
tralasciando così anche tutte le forme di prevenzione nei confronti dei loro animali e aumentando di
72
fatto il conflitto col predatore. In queste zone viene utilizzato spesso il pascolo allo stato brado, che
ovviamente è più rischioso per il bestiame che risulta più vulnerabile agli attacchi di lupo (Meriggi
e Milanesi, 2009). Questo predatore vede negli ungulati domestici una valida alternativa agli
animali selvatici, in quanto gli è più facile catturare una pecora o un vitello, disponibili spesso in
gran numero nei pascoli, ad alta densità, che predare la più malata o debilitata delle prede selvatiche
(Mech, 1970). Esistono diversi metodi di gestione del bestiame e diverse tecniche di prevenzione,
tuttavia non esiste un sistema infallibile ed assoluto che elimini del tutto l’eventuale rischio di
predazione (Meriggi e Milanesi, 2009). Benché il bestiame sia poco importante nella dieta del lupo
in Liguria (Meriggi e Lovari, 1996; Meriggi et al., 2009), un miglioramento della gestione delle
mandrie (ricovero degli animali di notte e nelle giornate di nebbia e sorveglianza ad opera dei
pastori o cani da guardia), anche in quest’area, potrebbe ridurre ancor più i danni e ridurre i conflitti
tra presenza del lupo e attività zootecniche (Boitani, 1992; Blanco et al., 1992; Kaczensky, 1999;
Bradley e Pletscher, 2005; Mancini, 2006). La predazione sul bestiame potrebbe essere influenzata
da cambiamenti imposti dall’uomo nell’abbondanza di densità e specie di ungulati selvatici
(Meriggi et al., 1996; Sidorovich et al., 2003).
In conclusione l’impatto del lupo sul bestiame è decisamente sostenibile considerando l’esiguo
ammontare dei rimborsi per le predazioni. Il vero problema è la fama che storicamente si porta
dietro questo carnivoro, origine della diffidenza, preoccupazione e quindi persecuzione nei suoi
confronti. L’individuazione dei fattori che influenzano maggiormente la scelta dei pascoli da parte
del lupo è il primo passo verso la prevenzione. Anche la standardizzazione del sistema “denuncia –
controllo – rimborso” da parte delle province e degli organismi competenti (A.S.L., Polizia
Provinciale, Corpo Forestale dello Stato, ecc.), in termini di velocità ed efficienza, eviterebbe il
protrarsi di ostilità con gli allevatori, evitando così fenomeni di persecuzione nei confronti della
specie. Quindi è necessario che ogni caso di possibile predazione venga tempestivamente
denunciato e controllato da esperti che siano in grado, dalle modalità di attacco, uccisione e
73
consumazione delle prede, di attribuire la predazione. Perché questo avvenga è opportuno che i
servizi veterinari ai quali solitamente si rivolge l’allevatore, vengano sensibilizzati in modo che
inoltrino la segnalazione del danno all’amministrazione competente e si possa organizzare un
sopralluogo congiunto da parte di veterinario, personale di vigilanza dell’amministrazione
provinciale territorialmente competente e un tecnico faunistico esperto in materia.
La procedura dovrebbe essere attivata seguendo il seguente passaggio d’informazioni:
Lo scopo del progetto è quello di favorire la coesistenza tra le popolazioni di grandi carnivori e le
attività antropiche, obiettivo raggiungibile solo con la collaborazione di tutti gli Enti interessati
dalla presenza del predatore, presenti sul territorio regionale.
Allevatore: constatazione della predazione e/o danno
Veterinario ASL
Amministrazione provinciale Esperto incaricato
Sopralluogo congiunto
Regione
74
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78
APPENDICE 1
• PROVINCIA: IMPERIA;
• COMUNE: REZZO;
• LOCALITÀ: ALPE GRANDE;
• AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: DONATI MAURA; tel: 338 3894575;
• SUPERFICIE: 142 ha;
• SPECIE ALLEVATA: BOVINI & OVICAPRINI;
• NUMERO DI CAPI: 180 BOVINI & 60 CAPRINI;
• TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI SONORI FAUNISTICI.
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• PROVINCIA: GENOVA;
• COMUNE: VOBBIA;
• LOCALITÀ: ALPE DI VOBBIA;
• AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: OBERTI;
• SUPERFICIE: 80/100 ha;
• SPECIE ALLEVATA: BOVINI;
• NUMERO DI CAPI: 120 BOVINI;
• TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI SONORI FAUNISTICI.
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• PROVINCIA: LA SPEZIA;
• COMUNE: ROCCHETTA DI VARA;
• LOCALITÀ: CASONI;
• AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: MOSCATELLI;
• SUPERFICIE:
• SPECIE ALLEVATA: OVINI;
• NUMERO DI CAPI: 40;
• TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI SONORI FAUNISTICI.
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• PROVINCIA: SAVONA;
• COMUNE: STELLA – VARAZZE;
• LOCALITÀ: MONTE BEIGUA;
• AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: USAI;
• SUPERFICIE: 200 ha;
• SPECIE ALLEVATA: OVINI;
• NUMERO DI CAPI: 1400;
• TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
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