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PROCREAZIONE E CICLO BIOLOGICO Questi argomenti possono apparire ostici e poco interessanti al lettore, ed essere affronta- ti con un tantino di fastidio: approfondirli è una necessità, dato che saremo in grado, poi, di comprendere come “funzionino” le varie tappe attraverso le quali si snoda la vita di una Pteridofita. Avremo anche l’opportunità di correggere uno sbaglio grosso come una casa, che, purtroppo, è presente in molti testi di botanica: “negli animali la riproduzione avvie- ne per gameti, nei vegetali per spore”: è questa una vera e propria bestemmia botanica, che non ha diritto di cittadinanza in alcun testo naturalistico; purtroppo un errore di que- sta natura, riferito alle Pteridofite, è riportato pure in un libro su questo argomento. PROCREAZIONE Possiamo definire “procreazione” quel processo biologico che ha come risultato la so- pravvivenza di una specie al di là della vita dei singoli individui che la compongono. Si possono distinguere tre tipi di modalità procreative: 1) Moltiplicazione (propria degli individui unicellulari: può consistere in una “scissione” o in una “gemmazione”). 2) Propagazione (si riscontra in vari esseri pluricellulari: un gruppo di cellule, più o me- no differenziato, si distacca dalla pianta madre e, trovando condizioni idonee, dà origine ad un nuovo individuo. Il procedimento è attuato da cellule somatiche). 3) Riproduzione (trascurando l’”ologamìa” degli unicellulari, questo processo è tipico dei pluricellulari ed avviene tramite l’intervento di cellule germinali, i cosiddetti ga- meti: “cellule uovo” od “ovocellule” e “spermatozoi”; gli spermatozoi di piante di- scretamente evolute come le Pteridofite, vengono chiamati “anterozoi”). Nell’ambito delle Pteridofite la propagazione si verifica molto raramente, per lo più in spe- cie esotiche, equatoriali e tropicali. In alcune felci un fusto sotterraneo, allungato orizzontalmente, detto “rizoma”, si ramifi- ca più volte; da queste ramificazioni si protendono verso l’alto parti verdi subaeree; la mor- te delle parti più vecchie del rizoma porta alla genesi d’individui separati. In varie specie che presentano fenomeni propagativi, le foglie portano su di sé gruppi di cellule (“bulbil- li”) che, per lo più, scimmiottano l’aspetto di una felce giovanissima; distaccandosi e ca- dendo sul terreno, questi bulbilli possono dare origine ad individui autonomi; analoga- mente si ottengono nuovi esemplari a partire da “stolòni”, sorta di rami allungati che si distaccano dal rizoma, rimanendo infossati nel terreno, per poi differenziare parti subae- ree; col disseccamento dello stolone l’esemplare o gli esemplari da lui portati diventano au- tonomi dalla pianta madre (tra le angiosperme varie specie presentano la propagazione per stoloni, ad esempio la fragola). La propagazione è utile per occupare spazi intorno ad un esemplare già insediato, diffon- dendovi altre copie di se stesso, ma non è feconda di risultati interessanti dal punto di vi- sta evolutivo (si ottengono solo dei “cloni”); ben diversa è la riproduzione, modalità con cui, di regola, si uniscono corredi cromosomici derivati da esemplari differenti. Nelle Pteridofite la riproduzione è la norma; appare intuitivo che se due cellule germinali devono unirsi insieme, dovranno possedere un numero di cromosomi pari a metà di quel- lo che sarà posseduto dalla cellula derivante dalla loro unione: con la fecondazione si pas- serà ad un corredo cromosomico doppio di quello delle cellule di partenza; è ovvio, quin- di, che in un determinato momento del ciclo vitale, dovrà verificarsi un processo di dimez- zamento di questo corredo; in caso contrario, ad ogni atto fecondativo, si avrebbe un rad- doppiamento del numero di cromosomi e, nell’ambito di poche generazioni, il corredo cro- 17

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PROCREAZIONE E CICLO BIOLOGICO

Questi argomenti possono apparire ostici e poco interessanti al lettore, ed essere affronta-ti con un tantino di fastidio: approfondirli è una necessità, dato che saremo in grado, poi,di comprendere come “funzionino” le varie tappe attraverso le quali si snoda la vita di unaPteridofita. Avremo anche l’opportunità di correggere uno sbaglio grosso come una casa,che, purtroppo, è presente in molti testi di botanica: “negli animali la riproduzione avvie-ne per gameti, nei vegetali per spore”: è questa una vera e propria bestemmia botanica,che non ha diritto di cittadinanza in alcun testo naturalistico; purtroppo un errore di que-sta natura, riferito alle Pteridofite, è riportato pure in un libro su questo argomento.

PROCREAZIONE

Possiamo definire “procreazione” quel processo biologico che ha come risultato la so-pravvivenza di una specie al di là della vita dei singoli individui che la compongono.Si possono distinguere tre tipi di modalità procreative:

1) Moltiplicazione (propria degli individui unicellulari: può consistere in una “scissione”o in una “gemmazione”).

2) Propagazione (si riscontra in vari esseri pluricellulari: un gruppo di cellule, più o me-no differenziato, si distacca dalla pianta madre e, trovando condizioni idonee, dàorigine ad un nuovo individuo. Il procedimento è attuato da cellule somatiche).

3) Riproduzione (trascurando l’”ologamìa” degli unicellulari, questo processo è tipicodei pluricellulari ed avviene tramite l’intervento di cellule germinali, i cosiddetti ga-meti: “cellule uovo” od “ovocellule” e “spermatozoi”; gli spermatozoi di piante di-scretamente evolute come le Pteridofite, vengono chiamati “anterozoi”).

Nell’ambito delle Pteridofite la propagazione si verifica molto raramente, per lo più in spe-cie esotiche, equatoriali e tropicali. In alcune felci un fusto sotterraneo, allungato orizzontalmente, detto “rizoma”, si ramifi-ca più volte; da queste ramificazioni si protendono verso l’alto parti verdi subaeree; la mor-te delle parti più vecchie del rizoma porta alla genesi d’individui separati. In varie specieche presentano fenomeni propagativi, le foglie portano su di sé gruppi di cellule (“bulbil-li”) che, per lo più, scimmiottano l’aspetto di una felce giovanissima; distaccandosi e ca-dendo sul terreno, questi bulbilli possono dare origine ad individui autonomi; analoga-mente si ottengono nuovi esemplari a partire da “stolòni”, sorta di rami allungati che sidistaccano dal rizoma, rimanendo infossati nel terreno, per poi differenziare parti subae-ree; col disseccamento dello stolone l’esemplare o gli esemplari da lui portati diventano au-tonomi dalla pianta madre (tra le angiosperme varie specie presentano la propagazione perstoloni, ad esempio la fragola). La propagazione è utile per occupare spazi intorno ad un esemplare già insediato, diffon-dendovi altre copie di se stesso, ma non è feconda di risultati interessanti dal punto di vi-sta evolutivo (si ottengono solo dei “cloni”); ben diversa è la riproduzione, modalità concui, di regola, si uniscono corredi cromosomici derivati da esemplari differenti.Nelle Pteridofite la riproduzione è la norma; appare intuitivo che se due cellule germinalidevono unirsi insieme, dovranno possedere un numero di cromosomi pari a metà di quel-lo che sarà posseduto dalla cellula derivante dalla loro unione: con la fecondazione si pas-serà ad un corredo cromosomico doppio di quello delle cellule di partenza; è ovvio, quin-di, che in un determinato momento del ciclo vitale, dovrà verificarsi un processo di dimez-zamento di questo corredo; in caso contrario, ad ogni atto fecondativo, si avrebbe un rad-doppiamento del numero di cromosomi e, nell’ambito di poche generazioni, il corredo cro-

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mosomico diventerebbe altissimo ed incompatibile con la vita (un esempio chiaramentecomprensibile è quello della specie umana: ogni cellula del nostro corpo, cellule sessualiescluse, possiede 46 cromosomi; se il corredo cromosomico degli spermatozoi e delle cel-lule uovo non venisse dimezzato, dall’unione di due gameti si otterrebbe un individuo con92 cromosomi, quindi uno con 184 cromosomi e così via: il numero di cromosomi presen-ti nelle cellule diventerebbe incompatibile con la vita). È necessario, quindi, che ad un certo punto del ciclo si verifichi un processo di dimezza-mento; esso viene chiamato “meiosi” ed avviene a carico di particolari cellule chiamate“cellule madri delle spore”. Dopo queste premesse, siamo in grado di affrontare l’argomento dei cicli biologici.

CICLO BIOLOGICO

Nel Regno Vegetale si possono distinguere diversi tipi di ciclo biologico: descriverli tutti ciporterebbe fuori tema. Limitiamoci a quello delle Pteridofite che, con qualche semplifica-zione, prelude al ciclo delle piante più evolute.Tutte le piante provviste di cormo presentano un ciclo “aplodiplonte”, nel quale si succe-dono una fase “aploide”, con cellule a corredo cromosomico semplice (n), ed una “di-ploide”, in cui le cellule possiedono un corredo cromosomico doppio (2n): queste ultimederivano infatti da una fecondazione tra cellule a corredo cromosomico semplice, dette“gameti”, uno maschile ed uno femminile. L’alternanza di una fase aploide e di una diploide in un ciclo viene chiamata “metagéne-si”, per cui si parla pure di cicli “metagenetici”.Nella descrizione del ciclo possiamo partire dai due gameti; quello maschile nuota nell’ac-qua presente nell’ambiente, grazie ai suoi flagelli, raggiunge la cellula uovo e si unisce alei: si forma una cellula diploide detta “zigote”, a corredo cromosomico doppio (2n). Lo zigote è la prima cellula diploide del ciclo metagenetico: è il capostipite di una genera-zione di cellule tutte diploidi che costituiscono, nel loro insieme, un individuo detto “spo-rofìto”; le Pteridofite che siamo abituati a vedere in Natura sono tutte sporofiti (così purelo sono un pesco, un castagno, una rosa, una margherita). Nello sporofito adulto si differenziano alloggiamenti detti “sporangi”; in ogni sporangio sisviluppano certe cellule dette “cellule madri delle spore”; il nucleo di ognuna subirà unprocesso di dimezzamento, che abbiamo già visto chiamarsi meiosi: di due divisioni suc-cessive del nucleo, una è “riduzionale”: si ottengono due nuclei a corredo cromosomico“n”; l’altra è “equazionale”: da due nuclei aploidi se ne ottengono quattro, sempre aploi-di; ognuno si riveste di citoplasma e di parete cellulare: si otterranno quattro spore (perogni cellula madre delle spore). La meiosi è un processo fondamentale dal punto di vista biologico-evolutivo: nella sua pri-ma fase avvengono scambi di materiale genetico tra cromosomi “omologhi” (uno deri-vante da un genitore, l’altro, della stessa natura, dal secondo partner); si ha la possibilità didifferenziare nuovi caratteri rispetto a quelli degli individui della generazione precedente. La spora si distacca e cade sul terreno; può rimanere a lungo in uno stato di vita quiescente(anche parecchi mesi), attendendo che si realizzino condizioni idonee: temperature me-dio-alte e buon tenore di umidità. Una volta verificatesi le condizioni adatte, a partire dauna spora si ottiene, con una serie di normali divisioni cellulari, un individuo composto danumerose cellule a corredo cromosomico semplice, detto “gametofito”. Il gametofito, rag-giunto uno stadio di maturità, sviluppa alloggiamenti detti “gametangi”, “archegonio”quello femminile, “anteridio” quello maschile; in questi concettacoli si differenziano infinei gameti.

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Dai gameti siamo partiti, ai gameti siamo arrivati: il ciclo è completo. Lo stadio diploide siricostituisce con la fecondazione.In pratica, nell’ambito di una Pteridofita distinguiamo due individui, un gametofito (chequasi mai viene notato perché, di regola, è piccolo, quasi insignificante), ed uno sporofito,più appariscente, che identifichiamo come licopodio, equiseto, felce ...Compito del gametofito è produrre gameti; compito dello sporofito produrre spore.Come si può constatare le spore non hanno assolutamente compiti riproduttivi: devonodare origine ad un gametofito per semplice divisione cellulare; è quindi una grande fesse-ria affermare che i vegetali si riproducono per spore. Et de hoc satis (di ciò si è detto ab-bastanza).

TIPI DI ORGANIZZAZIONE

Si è già sottolineato che il grande gruppo delle Pteridofite è alquanto eterogeneo: le varieDivisioni presentano organizzazioni corporee molto dissimili tra loro. In questo capitolo cilimiteremo a sottolineare alcuni caratteri generali. Una tendenza evolutiva ben affermata consiste in una riduzione progressiva del gametofi-to ed in uno sviluppo via via maggiore dello sporofito. Il gametofito viene detto anche “protallo”: ha vita effimera ed un’organizzazione anato-mica assai semplificata: non differenzia né radici, né fusto, né foglie; a seconda delle spe-cie può assumere una forma a tubero, filamentosa, laminare, spesso cuoriforme. L’anco-raggio al suolo e il prelievo di acqua e ioni minerali dal terreno sono garantiti da appendi-ci dette “rizoidi” o da simbiosi con funghi endofitici. Non si differenzia alcun tessuto con-duttore: l’acqua passa lentamente da una cellula a quelle contigue. I protalli appoggiati sulterreno (non quelli infossati nel suolo) sono costituiti da un filamento o una lamina di cel-lule verdi per la presenza di cloroplasti e di clorofilla (oltre che dai rizoidi). L’estensione delprotallo, nelle Pteridofite più evolute, può essere di poco superiore ad un centimetro qua-drato.Lo sporofito neonato, detto “embrione”, rimane inizialmente insediato sul gametofito (lacellula uovo è occultata in un archegonio, infossato nei tessuti del protallo, ed ivi ricevel’anterozoo fecondatore); ben presto però l’individuo aploide va in disfacimento e lo spo-rofito prende contatto con il terreno, differenziandosi notevolmente e producendo radici,fusto e foglie. Spesso è presente un fusto sotterraneo, allungato più o meno orizzontalmente: abbiamogià ricordato che prende il nome di “rizoma”. Le foglie possono limitarsi a svolgere, per tutta la loro durata, solo funzioni quali fotosin-tesi clorofilliana, respirazione e traspirazione: in tal caso vengono dette “trofofilli”; ne esi-steranno allora altre su cui si differenziano gli sporangi che, a maturità, producono le spo-re: vengono dette “sporofilli”. In altri casi i trofofilli si evolvono, diventando sporofilli. Lo sporofito è un individuo plurienne: può vivere decine o centinaia di anni (nelle felci ar-boree).Maggiori particolari verranno forniti al momento di descrivere le varie Famiglie di Pterido-fite viventi.

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Foresta Demaniale delle Lame e M. Aiona, (GE): presenza di Lycopodium annotinum, Aspleniumadulterinum, A. cuneifolium, Dryopteris expansa, Polystichum braunii, Woodsia alpina.

M. Aiona: presenza di Dryopteris oreades, uniche stazioni liguri con quelle dei monti Penna e Nero,limite settentrionale dell’areale italiano.

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Ghiaioni serpentinosi del M. Aiona, cresta del M. Cantomoro, M. Penna (GE): presenza di Aspleniumcuneifolium, Athyrium distentifolium (M. Penna), Cryptogramma crispa, Dryopteris expansa, Woodsiaalpina.

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SCHERZI RIPRODUTTIVI

AUTOFECONDAZIONE E FECONDAZIONE INCROCIATA

Tra i viventi, animali e vegetali, la regola è che si abbia una fecondazione tra spermatozoie cellule uovo appartenenti a due individui diversi (della medesima specie): di norma l’au-tofecondazione viene evitata; tra le piante un’autofecondazione è possibile ma di radoporta alla genesi di uno sporofito; se poi questo si sviluppa, la presenza di geni depositaridi caratteri negativi può danneggiarlo e condurlo a morte precoce; d’altronde l’autofe-condazione corrisponde ad una via evolutiva sterile, dato che non consente il minimo ri-mescolamento genetico, a differenza della fecondazione tra gameti derivanti da individuidistinti; la fecondazione “incrociata” è pertanto la regola.

IBRIDI

Inizia, a questo punto, una trattazione alquanto ostica: chi vuole limitarsi al riconoscimen-to di esemplari di Pteridofite in natura, può iniziare a leggere e, se prova sintomi di ma-lessere, saltare a piè pari le note che seguono; i lettori “rocciosi”, invece, continuino pure:potranno vantarsi di far parte di un’élite, che ha saputo giungere alla fine di questo capi-tolo.In natura, specie tra le felci, è possibile riscontrare la presenza d’individui con caratteristi-che intermedie tra due specie diverse: sono ascrivibili all’unione di gameti appartenenti ap-punto a specie differenti (non molto distanti tra loro); questi esemplari sono definiti “ibri-di”. Se le specie (appartenenti ad uno stesso genere) sono morfologicamente ben differenzia-te tra loro, gli ibridi da esse derivate hanno caratteristiche che li rendono facilmente indi-viduabili, tra i due genitori. Diverso è il caso di ibridi che derivano da specie simili sul pia-no morfologico; in questa eventualità l’esemplare che ha colpito la nostra attenzione de-ve essere studiato svolgendo un’analisi citologico-microscopica (che ne individui bene i cro-mosomi), per poter giungere ai genitori che gli hanno dato origine. In un figlio “tradizio-nale”, derivante da due esemplari della medesima specie, le cellule diploidi presenterannotante coppie di cromosomi omologhi; in un ibrido, invece, non tutti i cromosomi si corri-sponderanno: nel corredo genetico, accanto a coppie di cromosomi (non definibili, però,rigorosamente omologhi), si rinverranno singoli cromosomi non appaiabili a causa della lo-ro individualità. In un ibrido gli stessi sporangi possono presentare anomalie, ad esempio non riuscire a dif-ferenziare spore o differenziarne pochissime, il cui sviluppo si arresta precocemente. In ef-fetti la regola, per gli ibridi, è di essere sterili. Teniamo presente, però, che anomalie delgenere possono presentarsi anche su un figlio “tradizionale”, quando le condizioni am-bientali, specie quelle climatiche, non risultino ideali. Fatta la regola, trovata l’eccezione.

NASCITA DI UN TETRAPLOIDEALLOTETRAPLOIDIA

Può verificarsi che, all’interno degli sporangi di un ibrido, il nucleo di ogni cellula madredelle spore subisca una divisione dei cromosomi: può verificarsi anche che questo nucleo,con i cromosomi raddoppiati, non si cellularizzi, cioè non si doti di un suo citoplasma nédi una propria parete cellulare. Ecco allora che il raddoppiamento dei cromosomi porta difatto al possesso di materiale genetico numericamente doppio; sussistono le premesse per-

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ché si ottengano spore diploidi; queste possono dare origine a protalli diploidi che diffe-renziano gameti diploidi.A questo punto occorre un altro evento fortuito favorevole: che si verifichi un’autofecon-dazione: due gameti diploidi, unendosi, generano uno zigote “tetraploide”; da questo siottiene uno sporofito tetraploide. Si è partiti da un ibrido tra due specie diverse e per in-dicare questa posizione iniziale, si aggiunge il prefisso “allo-“ al termine “tetraploide”: icromosomi di partenza appartenevano a due specie diverse.Gli allotetraploidi possono sopravvivere ed anche conquistare una propria nicchia naturalein cui affermarsi: in definitiva si ottiene una nuova specie, le cui possibilità di affermazio-ne, inizialmente, sono scarse; concedete però alla natura un periodo di tempo sufficiente-mente lungo e vedrete che l’evento potrà verificarsi. Gli studi fitogeografici dimostrano cheal giorno d’oggi le forme diploidi, legate alla fecondazione incrociata, occupano prevalen-temente aree con caratteristiche di luoghi di rifugio (all’epoca delle glaciazioni): custodi-scono corredi cromosomici antichi ma possiedono modeste capacità colonizzatrici; quelletetraploidi, al contrario, rivelano ottime capacità di espandersi in territori diversi. Localmente le specie allotetraploidi possono coabitare con esemplari di una delle due spe-cie genitrici (diploidi): sono stati scoperti, in effetti, ibridi triploidi (4n + 2n = 6n; 6n : 2 =3n). Si conoscono specie esaploidi, decaploidi e dodecaploidi!

AUTOTETRAPLOIDIA

L’allopoliploidìa è il frutto dell’incrocio di corredi cromosomici in partenza propri di duespecie diverse. Si verifica anche il caso di una poliploidìa generatasi all’interno di una stes-sa specie: si parla allora di “autopoliploidìa”: nell’ambito di una certa specie, in questo ca-so, si distinguono individui diploidi ed altri autotetraploidi (morfologicamente poco diver-si da quelli diploidi); anche in questo caso gli studi fitogeografici hanno dimostrato che idiploidi hanno nicchie ecologiche ben più limitate rispetto agli autotetraploidi, che si rin-vengono con ben maggiore frequenza.

APOSPORIA E APOGAMIA

Siete nauseati da queste strane promiscuità, da queste invereconde licenziosità dei costu-mi? Non vi abbiamo detto tutto: dobbiamo ancora spiegarvi il fenomeno dell’ “aposporìa”e dell’ “apogamìa”. Immaginate che in un esemplare, in un certo numero di sporangi, ilnucleo delle cellule madri delle spore non subisca la meiosi ma un processo di semplice“mitòsi”: il corredo cromosomico, nel corso di due successive divisioni del nucleo, rimanesempre doppio (2n anziché n, come dovrebbe avvenire per ottenere gameti a corredo sem-plice). In pratica da una spora a corredo 2n si ottiene un protallo 2n, che dà gameti 2n; sequesti si unissero si otterrebbe uno sporofito a corredo cromosomico 4n. Non è così: di re-gola non si ha fecondazione: si parla di “apogamìa” ed è curioso che l’assenza di un fe-nomeno abbia ricevuto un nome specifico (un po’ come la famosa definizione dello zuc-chero: quella sostanza che dà un sapore amaro al caffè se ci dimentichiamo di aggiunger-la nella tazzina; d’altronde noi ci limitiamo a proporvi concetti e termini da tempo acquisi-ti: ambasciator non porta pena!). Tornando all’apogamia, il gamete si comporta da zigote e dà direttamente un embrione,da cui deriva uno sporofito 2n. All’aposporia, cioè alla genesi di una spora abnorme, concorredo cromosomico doppio, subentra un’assenza di gamia per cui lo sbaglio iniziale vie-ne corretto. Nello stesso individuo altri sporangi ospitano cellule madri delle spore che fun-

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Diaspri in Val Graveglia (GE): presenza di Asplenium foreziense, Cheilanthes tinaei, Notholaena ma-rantae.

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Cinque Terre (SP): presenza di Asplenium obovatum subsp. lanceolatum, Cheilanthes acrostica, C.maderensis, C. x marchettiana, Dryopteris tyrrhena, D. x lunensis.

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zionano regolarmente, con produzione di nuclei aploidi e di spore a corredo n, che però sirivelano malformate e abortiscono precocemente. Forse la spiegazione di questo stranocomportamento va ricercata in un’ibridazione molto remota.

Ci rendiamo conto che, parlando di argomenti così astrusi, il nostro indice di gradimentopresso i lettori deve essere sceso … al livello della depressione del Mar Morto; d’altrondeun preavviso lo avevamo dato, già nell’introduzione, quando avevamo scritto: “vedremopoi che scherzi sappiano combinare le felci sotto il profilo della riproduzione”. Abbiamomantenuto la nostra parola … Forse chi è arrivato in fondo al capitolo avrebbe preferitoche non fossimo stati così corretti!

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Promontorio di Montemarcello (SP): presenza di Asplenium petrarchae e Cheilanthes acrostica.

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