Lunedi del cinema

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i LUNEDì del CINEMA cinema internazionale d'arte 16 gennaio - 4 giugno 2012 16 gennaio MELANCHOLIA Lars Von Trier 23 gennaio TOMBOY Céline Sciamma 30 gennaio DRIVE Nicolas Winding Refn 6 febbraio RESTLESS Gus Van Sant 13 febbraio PINA Wim Wenders 20 febbraio FAUST Aleksandr Sokurov 27 febbraio IO SONO LI Andrea Segre 5 marzo UNA SEPARAZIONE Asghar Farhadi 12 marzo WARRIOR Gavin O’Connor 19 marzo MIRACOLO A LE HAVRE Aki Kaurismaki 26 marzo LE NEVI DEL KILIMANGIARO Robert Guédiguian 2 aprile ALMANYA Yasemin e Nesrin Samdereli 16 aprile THIS IS ENGLAND Shane Meadows 23 aprile PIAZZA GARIBALDI Davide Ferrario 30 aprile THE ARTIST Michel Hazanavicius 7 maggio SHAME Steve McQueen 14. 21. 28 maggio Film da definire 4 giugno I Lunedì del Cinema 20ANNI Associazione Culturale LUNEDICINEMA [email protected] www.lunedicinema.com Cinema Gloria via Varesina Como Spettacolo unico ore 21.00 Intero € 7 Ridotto € 6 Tessera 20 film € 70 16 gennaio Lars Von Trier MELANCHOLIA Regia e sceneggiatura: Lars Von Trier Fotografia: Manuel Alberto Claro Montaggio: Molly Marlene Stensgaard Suono: Kristian Eidnes Andersen Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland. Francia/Danimarca/Svezia/Germania/Italia 2011. 125 minuti. In occasione del loro matrimonio, Justine e Michael offrono un sontuoso ricevimento nella tenuta della sorella di Justine e del marito. Nel frattempo, il pianeta Melancholia si dirige verso la Terra… Lars Trier (Copenhagen, Danimarca, 1956) 1984 L’elemento del crimine 1987 Epidemic 1991 Europa 1994 Il regno 1996 Le onde del destino 1998 Idioti 2000 Dancer in the Dark 2003 Dogville 2003 Le cinque variazioni 2005 Manderlay 2006 Il grande capo 2009 Antichrist. Note di Lars von Trier E’ stato come svegliarsi da un sogno. La mia produttrice mi ha mostrato una prova per il manifesto. “Che cos’è?” le ho chiesto. “E’ il film che hai fatto!” ha risposto. “Stai scherzando”, ho balbettato. Girano i trailer… le foto… che orrore. Sono sconvolto. Non mi fraintendete… Ho lavorato a questo film per due anni. Con grande piacere. Ma forse ho ingannato me stesso, mi sono fatto prendere dalla tentazione. Non che qualcuno abbia fatto niente di sbagliato, al contrario: tutti hanno lavorato con lealtà e talento per l’obiettivo che io solo mi ero prefissa- to. Ma quando la produttrice mi ha messo di fronte al fatto compiuto è stato uno shock. E’ sdolcinato, è un film da donna! Mi verrebbe voglia di “rigettarlo” come un organo trapiantato. Ma cos’è che volevo? Una cosa è certa: partendo da uno stato d’animo, volevo buttarmi a capofitto negli abissi del romanticismo tedesco. Wagner a mille. O forse era un modo per parlare della sconfitta. Sconfitta al minimo dei comuni denominatori cinematografici. Il tema romantico è sempre stato trattato in modo banale e ottuso, nel film tradizionale. Ho amato molto il cinema romantico, devo ammetterlo. Farò un solo nome su tutti: Visconti! Il romanticismo tedesco ti lascia senza fiato, certo. Ma nel cinema di Visconti c’è sempre qualcosa che trascende il banale, che lo eleva a capolavoro! Ora mi sento confuso e in colpa. Che ho fatto? E’ la fine di Trier? Mi aggrappo alla speranza che in tanta melassa possa esserci una scheggia d’osso che rompe qualche dente.… Chiudo gli occhi e spero! 30 gennaio Nicolas Winding Refn DRIVE Regia: Nicolas Winding Refn Sceneggiatura: Hossein Hamini Fotografia: Newton Tomas Sigel Montaggio: Matthew Newman Musica: Cliff Martinez. Interpreti: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Christina Hendricks. Stati Uniti 2011. 95 minuti. Il film è la storia di Driver, un uomo che ha il destino nel nome: stuntman professionista di giorno ed autista di rapine di notte. E in più l'allettante prospettiva di correre in circuiti professionistici. Ma le cose non vanno come dovrebbero perché l'incontro con Irene, vicina di casa con un figlio e marito in carcere, cambia tutto. E quando Standard esce di prigione, la situazione precipita. Standard è nei guai e Driver decide di aiutarlo... Tratto all’omonimo romanzo di James Sallis, "Drive" è una sintesi equilibratissima di generi e stili, forte di una sceneggiatura solidissima, una regia compatta e molto consape- vole e di interpretazioni attoriali di livello. Note di Nicolas Winding Refn Il cinema offre il meglio di sé quando riesce a unire la sensibilità europea alla spettacolarità hollywoodiana: in questo Melville era un maestro, ha saputo raccontare la vera ‘mitologia americana’”. Pur non essendo una persona violenta credo nell’arte come atto di violenza e nell’estremizzazione delle emozioni: non a caso “Drive” racconta l’illusione dell’amore puro, dello scontro fra ingenuità e brutalità. Questa struttura dicotomica trae spunto dalla struttu- ra delle favole dei fratelli Grimm, che ho riscoperto grazie alla mia figlia più piccola. Mi affascina come lascino spazio a toni cupi e a violenza senza dimenticare la morale: l’innocenza finisce sempre per prevalere. Nicolas Winding Refn (Copenaghen, 29 settembre 1970) 1996 Pusher 1999 Bleeder 2003 Fear X 2005 Pusher 2-3 2008 Bronson 2009 Valhalla Rising. 13 febbraio Wim Wenders PINA Regia: Wim Wenders Sceneggiatura: Wim Wenders Fotografia: Hélene Louvart Montaggio: Toni Froschhammer Colonna sonora: Thom Interpreti: Pina Bausch e la compagnia teatrale del Tanztheater di Wuppertal. Germania/Francia 2011. 106 minuti. "Pina" è un film per Pina Bausch di Wim Wenders. Un viaggio sensuale e visivo con gli artisti della leggendaria compagnia del Tanzteather, sulla scena e fuori, nella città di Wuppertal, il luogo che per 35 anni è stato la casa e il cuore della creatività di Pina Bausch. Dopo la morte improvvisa di Pina Bausch, avvenuta nell’estate del 2009 durante la fase di preparazione, Wim Wenders ha ripensato completamente la sua idea iniziale. Il risultato è stato un film per Pina Bausch, realizzato utilizzando le coreografie che avevano scelto insieme: “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof” – a cui si aggiungono immagini della sua vita di Pina e i ricordi personali dei membri della compagnia che nella primavera del 2010 hanno danzato per l’artista scomparsa. Note di Wim Wenders No, non c’era nessun uragano che spazzava il palcoscenico c’erano solo… persone che danzavano, che si muovevano in modo diverso da quello che conoscevo e che mi commuovevano come mai nient’altro prima. Quella non era danza, né pantomima o balletto, e meno che mai opera. Pina è, lo sapete, la creatrice di una nuova arte. Il Tanztheater – teatro-danza. Il movimento in sé non mi aveva mai emozionato, lo davo per scontato. Uno si muove, e basta. Tutto si muove. Solo attraverso il Tanztheater di Pina ho imparato ad apprezzare movimenti, gesti, pose, comportamenti, il linguaggio del corpo e a rispettarli. Ogni volta che vedo una sua coreografia, anche per la centesima volta, resto come folgorato e ri-imparo che la cosa più ovvia e più semplice è anche la più commovente: custodiamo un tesoro nel nostro corpo! La capacità di esprimerci senza parole. E quante storie possono essere raccontate senza pronunciare una sola frase. Wim Wenders (Dusseldorf, Germania, 1945) 1970 Estate in città 1972 Prima del calcio di rigore 1974 Alice nelle città 1976 Nel corso del tempo 1977 L'amico americano 1980 Nick's movie 1983 Lo stato delle cose 1984 Paris, Texas 1985 Tokyo-Ga 1987 Il cielo sopra Berlino 1991 Fino alla fine del mondo 1993 Così lontano, così vicino 1995 Lisbon story 1996 1999 Buena Vista Social Club 2000 The Million Dollar Hotel 2004 Land of Plenty 2005 Non bussare alla mia porta 2008 Palermo Shooting. 20 febbraio Aleksandr Sokurov FAUST Regia: Aleksandr Sokurov Sceneggiatura: Aleksandr Sokurov Fotografia: Bruno Delbonnel Montaggio: Jörg Hauschild Interpreti: Johannes Zeiler, Hanna Schygulla, Georg Friedrich, Joel Kirby. Russia 2011. 130 minuti. Mostra del Cinema di Venezia 2011 Leone d'oro Miglior film. Il "Faust" di Sokurov non è una trasposizione cinematografica della tragedia di Goethe nel senso comune. E' la lettura di quello che rimane tra le righe per rifletterlo sull'uomo contemporaneo, privo della nozione dell'origine suprema che lo lega al mondo e che non ha più la nozione dell'origine divina del potere. I tiranni dei film precedenti della tetralogia di Sokurov - Hitler, Lenin, Hirohito - si ritenevano dei rappresentanti di Dio sulla terra, ma poi facevano una scoperta inaspettata, quella di essere semplici esseri umani. Nel suo "Faust" Sokurov capovolge questo assunto: davanti ai nostri occhi nasce dall'uomo un idolo. Il potere attira Faust, gli impone una volontà di potenza. Sokurov inscena questa diabolica perseveranza nell'errore costringendo i suoi personaggi a un procedere senza sosta, a una letterale erranza tra boschi, case, lande, ghiacciai. Tanta è la sua sete di sapere, tanta la lontananza dalla meta. Un viaggio visivo che incanta, un'opera d'arte potente e affascinante che univer- salizza il Faust. Aleksandr Sokurov (Podorvicha, Russia, 1951) 1987 La voce solitaria dell'uomo 1988 Mournful Unconcern 1989 I giorni dell'eclisse 1990 Salva e custodisci 1991 The Second Circle 1995 Madre e figlio 1997 Moloch 1999 Toro 2000 Arca russa 2002 Padre e figlio 2005 Il Sole 2008 Alexandra. Note di Aleksandr Sokurov Il "Faust" è l'ultima parte della mia tetralogia sulla natura del potere. I protagoni- sti dei tre film precedenti erano personaggi storici realmente esistiti. L'immagine simbolica di Faust conclude la galleria dei ritratti dei grandi "giocatori" che hanno perso le più importanti "partite" della loro vita. Tra questi ritratti il Faust sembra fuori posto, un eroe quasi da museo, un eroe letterario, che cosa ha in comune con le figure degli altri personaggi storici, portati al vertice del potere? L'amore per le parole a cui si crede con tanta facilità ed una patologica infelicità nell'esistenza quotidiana. Il male è riproducibile e ha una sua formula letteraria proposta da Goethe: "Le persone infelici sono pericolose". 27 febbraio Andrea Segre IO SONO LI Regia: Andrea Segre Sceneggiatura: Marco Pettenello, Andrea Segre Fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Sara Zavarise Musica: François Couturier. Interpreti: Zhao Tao, Rade Serbedzija, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston. Italia/Francia 2011. 96 minuti. Shun Li lavora in un laboratorio tessile della periferia romana per ottenere i documenti e riuscire a far venire in Italia suo figlio di otto anni. All’improvviso viene trasferita a Chioggia, una piccola città-isola della laguna veneta per lavorare come barista in un’osteria. Bepi, pescatore di origini slave, sopranno- minato dagli amici “il poeta”, da anni frequenta quella piccola osteria. Il loro incontro è una fuga poetica dalla solitudine, un dialogo silenzioso tra culture diverse, ma non più lontane. Quello di Andrea Segre è un viaggio nel cuore profondo di una laguna, che sa essere madre e culla di identità mai immobili. Ci racconta di una realtà dove si ragiona per luoghi comuni e pregiudizi, di un mondo dove la diffidenza impera. La malizia e il timore del prossimo arrivano prima dell'accoglienza. Una storia ambientata nella sua terra, ma di questi tempi decisamente emblematica. Andrea Segre (Roma, Italia, 1976) È dottore in sociologia della comunicazione all’Università di Bologna. Esordio nella regia alla fine degli anni ’90, con diversi documentari: "A metà, storie tra Italia e Albania" (2001) e "Marghera Canale Nord" (2003), selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia. Note di Andrea Segre L’idea del film nasce da due esigenze: da una parte la necessità di trovare in una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, il modo per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi identitaria; dall’altra la voglia di raccontare due luoghi importanti per la mia vita e molto emblematici nell’Italia di oggi: le periferie multietniche di Roma e il Veneto, una regione che ha avuto una crescita economica rapidissima, passando in pochissimo tempo da terra di emigrazione a terra di immigrazione. 19 marzo Aki Kaurismaki MIRACOLO A LE HAVRE Le Havre Regia: Aki Kaurismäki Sceneggiatura: Aki Kaurismäki Fotografia: Timo Salminen Montaggio: Timo Linnasalo Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Evelyn Didi. Finlandia/Francia 2011. 103 minuti. Marcel Marx, ex scrittore e noto bohémien, si è ritirato in una sorta di esilio volontario nella città portuale di Le Havre, dove sente di aver costruito un rapporto di maggiore vicinanza con la gente, praticando l’onorevole mestiere del lustrascarpe. Abbandonata ogni velleità letteraria, vive felicemente dividendosi tra il suo bar preferito, il lavoro e la moglie Arletty. Quando il destino mette sulla sua strada un piccolo profugo arrivato dall’Africa, Marcel deve affrontare il freddo muro dell’indifferenza armato del suo innato ottimismo e della solidarietà del suo quartiere. Contro di lui lavora la macchi- na dello stato che lentamente stringe il cerchio intorno a Marcel ed al bambi- no... Con messe in scena essenziali, cui Kaurismaki aggiunge il suo consueto quotidiano surrealismo, "Le Havre" è una poesia umanista divertente e delicata che trascende le gabbie del reale. Il suo protagonista è un omaggio al vagabondo di chapliniana memoria, simbolo imperituro di un’umanità che non cede pur di affermare il suo cuore. Aki Kaurismäki (Orimattila, Finlandia, 1957) 1988 Ariel 1989 Leningrad Cowboys Go America 1990 La fiammiferaia 1991 Ho affittato un killer 1992 Vita da bohème 1994 Tatjana 1995 Leningrad Cowboys Meet Moses 1996 Nuvole in viaggio 1999 Juha 2004 L'uomo senza passato 2006 Le luci della sera. Note di Aki Kaurismäki Non accade spesso che il cinema europeo affronti il tema della sempre più grave crisi economica, politica e soprattutto morale che ha portato alla questione irrisolta dei profughi: persone che arrivano dopo mille difficoltà nell’Unione europea e subiscono un trattamento irregolare e spesso inadeguato. Non ho soluzioni da proporre, ma ho voluto in qualche modo affrontare la questione, anche se in un film che ha poco di realistico. 26 marzo Robert Guédiguian LE NEVI DEL KILIMANGIARO Les neiges du Kilimandjaro Regia: Robert Guédiguian Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Jean-Louis Milesi Fotografia: Pierre Milon Montaggio: Bernard Sasia Suono: Laurent Lafran Interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, G. Leprince-Ringuet. Francia 2011. 90 minuti. Nonostante la recente perdita del lavoro, Michel vive felicemente, circondato dall’affetto degli amici, dei figli e dei nipoti, insieme alla moglie Claire con la quale ha condiviso trent’anni di matrimonio e di impegno politico. Le loro coscienze sono serene, tanto quanto la loro visione della vita. Questa armonia viene spezzata il giorno in cui due sconosciuti armati entrano nella loro casa derubandoli dei loro risparmi. L’aggressione è opera di un giovane operaio licenziato insieme a Michel. Un interrogativo amaro - per chi e per cosa abbiamo vissuto? – che darà risposte inattese, felici e struggenti al tempo stesso... Ispirato dalla “Les pauvres gens” di Victor Hugo e accompagnato dalla canzone di Pascal Danel (che fornisce il titolo al film), il nuovo dramma sociale di Robert Guédiguian sulla disoccupazione è nondimeno un’opera leggera sull'esistenza quotidiana. Ancora una volta nella sua Marsiglia, il regista mette in scena una piccola storia che ha il sapore e la solidarietà del cinema civile, capace nei drammi del reale di esaltare la voglia di vivere e la forza dell'etica. Robert Guédiguian (Marsiglia, Francia, 1953) 1997 Marius e Jeannette 1998 Al posto del cuore 2000 À l'attaque! 2001 La ville est tranquille 2002 Marie-Jo e i suoi due amori 2005 Le passeggiate al Campo di Marte 2006 Le voyage en Arménie 2008 Lady Jane. Note di Robert Guédiguian Nel 2005, mentre scrivevo un appello feci riferimento alla poesia "Les pauvres gens" di Victor Hugo, per descrivere in termini un po’ generici “le nuove forme di classe operaia”. La fine della poesia, ovvero il momento in cui il povero pescatore decide di adottare i figli della vicina morta dicendo “avevamo cinque figli, ora saranno sette” e quando scopre che la moglie, avendo preso per prima l’iniziativa, ha già portato i bambini a casa, è assolutamente struggente. Tanta generosità è esemplare. E poi, c’è questa convergenza, quel gesto d’amore che unisce i due personaggi, l’uomo e la donna, ugualmente generosi. Ho subito pensato che sarebbe stata una fine stupenda per un film. Dovevo solo trovare un percorso contemporaneo per giungere a questo finale. 2 aprile Yasemin e Nesrin Samdereli ALMANYA Regia: Yasemin Samdereli Sceneggiatura: Nesrin Samdereli, Yasemin Samdereli Fotografia: The Chau Ngo Montaggio: Andrea Mertens Musica: Gerd Baumann Interpreti: Fahri Ögün Yardim, Demet Gül, Vedat Erincin. Germania/Turchia 2011. 97 minuti. Inghilterra, estate 1983, si combatte la guerra delle Falklands e Maggie Thatcher cavalca il sentimento nazionalista che attraversa il paese. La scuola è finita e il dodicenne Shaun, orfano del padre morto alle Falklands, vittima del bullismo, viene adottato da un gruppo di skinhead più grandi. Lo accolgono, lo vestono della loro divisa, lo portano con loro a bere, ascoltare musica e fare piccole bravate... Shane Meadows, è regista autodidatta sulla scia di Ken Loach, del cinema che canta la poetica della working-class. "This Is England" è il commovente e realistico ritratto del dodicenne Shaun e degli amici skinhead che lo accolgono. Shane Meadows riversa nel film tutto il suo sentire politico, la sua umanità e la sua esperienza di vita, descrivendo e raccontando realtà, che conosce bene, che ha vissuto. Il risultato è un lucido ritratto di formazione, aspro e delicato insieme, di raro spessore umano. Note di Yasemin e Nesrin Samdereli Negli anni ottanta uscì un film molto drammatico, "Yasemin". La gente pensa- va che nostro padre ci trattasse come quello del film tratta la figlia, in modo repressivo, e non importava che noi negassimo dicendo che nostro padre era molto tollerante. La gente non ci credeva. Questo dimostra che alcune persone vogliono ancora pensare che milioni di turchi che vivono in Germania siano tutti uguali, con famiglie conservatrici pronte a punire le figlia innamo- rata del ragazzo sbagliato. È anche questo il motivo per cui volevamo girare una commedia che raccontasse la storia di persone normali come quelle con cui siamo cresciute. 23 aprile Davide Ferrario PIAZZA GARIBALDI Regia: Davide Ferrario Sceneggiatura: Davide Ferrario da un’idea di Marco Belpoliti Montaggio: Claudio Cormio Fotografia: Ezio Gamba Suono: Vito Martinelli. Con la partecipazione amichevole di Salvatore Cantalupo, Luciana Littizetto, Marco Paolini, Filippo Timi. Il film è accompagnato dalle musiche di Giuseppe Verdi. Italia 2011. 100 minuti. “Piazza Garibaldi” è un toponimo che si incontra in qualsiasi città italiana. E’ la metafora della nazione e della sua storia. Come nel fortunato e premiato La strada di Levi, Ferrario si mette in viaggio: stavolta sulle orme della spedizione dei Mille. L’obiettivo: verificare il rapporto tra passato e presente, partendo da Bergamo, una volta “Città dei Mille” e oggi roccaforte padana, per arrivare fino a Teano. Il percorso è pieno di sorprese, incontri, riflessioni: un grande road movie attraverso la storia e la geografia del paese, cercando di rispondere a una domanda assillante: perché noi italiani non riusciamo più a immaginarci un futuro? Scritto da Ferrario e da Giorgio Mastrorocco a partire da un’idea di Marco Belpoliti, il documentario si avvale della partecipazione speciale di Marco Paolini, Luciana Littizzetto, Filippo Timi e Salvatore Cantalupo. Note di Davide Ferrario E' un viaggio pieno di sentimenti e di pensieri, talvolta contraddittori, che muovono da un fondamentale amore per il paese e per la nostra storia, in particolare per l’avventura dei Mille. C’è un bellissimo saggio in cui Alfonso Berardinelli scrive di come si sia accorto di essere italiano solo a trent’anni. Anche la mia generazione è cresciuta sotto l’influenza di miti e suggestioni principalmente stranieri, salvo poi ritrovarsi “da grande” a scoprire quanto invece fossimo inevitabilmente italiani dentro. Essere italiano è come avere una faccia di cui non puoi disfarti: per un po’ puoi anche non guardarti allo specchio, ma arriva il momento che quella faccia non la puoi evitare. Girare Piazza Garibaldi per me, per noi ha significato proprio questo: guardarci allo specchio, e fare i conti con quello che di noi amiamo e odiamo. Davide Ferrario (Casalmaggiore, Italia, 1956) 1989 La fine della notte 1994 Anime fiammeggianti 1997 Tutti giù per terra 1998 Figli di Annibale 1999 Sul 45° parallelo 2000 Guardami 2003 Dopo Mezzanotte 2006 La strada di Levi. 23 gennaio Céline Sciamma TOMBOY Regia: Céline Sciamma Sceneggiatura: Céline Sciamma Fotografia: Crystel Fournier Montaggio: Julien Lacheray Musica: Jean-Baptiste de Laubier Interpreti: Zoé Heran, Malonn Lévana, Jeanne Disson, Sophie Cattani. Francia 2011. 82 minuti. Protagonista del film è Laure, 10 anni, appena arrivata in un nuovo quartiere di Parigi con i genitori e la sorella più piccola, Jeanne. Un po' per gioco, un po' per realizzare un sogno segreto, Laure decide di presentarsi ai nuovi amici come fosse un maschio, rinominandosi Mickaël. Il modo in cui si veste e si pettina, l’impeto con cui si azzuffa e gioca a calcio, non suscitano dubbi e Mickaël è accettato nella comitiva. L’inizio della scuola però è dietro l'angolo e il gioco dei travestimenti si complica, tanto più che i genitori sono all’oscuro di tutto e Laure/Mickaël ha stretto un legame speciale con la coetanea Lisa… Divenuto un vero e proprio caso in Francia, con plauso degli spettatori e un’accoglienza entusiastica della critica, "Tomboy" (inglese per “maschiac- cio”) ha vinto il Teddy Award all’ultimo Festival di Berlino “per la maestria, la sensibilità e la leggerezza, ma anche per la profondità con cui viene trattato il tema dell’identità sessuale nel tempo dell’infanzia”. Céline Sciamma (Parigi, Francia, 1978) Dopo la laurea in letteratura francese segue i corsi di sceneggiatura alla prestigiosa scuola di cinema "La Femis". Utilizza lo script di fine corso per esordire come regista con "Naissance des pieuvres" (2007), presentato nella sezione "Un certain regard" del Festival di Cannes 2007. Dopo alcuni lavori come sceneggiatrice, anche per la televisione, gira "Tomboy", il suo secondo lungometraggio. Note di Céline Sciamma Il film è costruito intorno a un argomento molto semplice e forte, ossia la storia di un personaggio con un’identità segreta. Si tratta di un tema classico, molto usato nel cinema americano (il poliziotto infiltrato, la doppia vita), che permette una narrazione forte, ricca di suspense ed empatia. Il personaggio ha un obiettivo ben definito e gioca attivamente su due fronti. Partendo da questo efficiente meccani- smo di scrittura, ho avuto quindi anche il tempo e la libertà di comporre un ritratto vivido dell’infanzia. Naturalmente, ero anche molto interessata al tema dell’identità sessuale e del genere: l’infanzia è spesso dipinta come un’età dell’innocenza, ma io credo che sia una stagione della vita piena di sensualità e emozioni ambigue. Ed è così che volevo raccontarla. 6 febbraio Gus Van Sant RESTLESS Regia: Gus Van Sant Sceneggiatura: Jason Lew Fotografia: Harris Savides Montaggio: Elliot Graham Scenografia: Anne Ross Costumi: Danny Glicker Musica: Danny Elfman. Interpreti: Mia Wasikowska, Henry Hopper, Jane Adams, Ryo Kase. Stati Uniti 2011. 91 minuti. Annabel è una giovane donna che ama intensamente la vita e il mondo della natura. Enoch è un ragazzo che si è isolato dal mondo da quando ha perso i genitori in un incidente. Quando i due casualmente si incontrano, scoprono di condividere molto della loro personale esperienza del mondo. Enoch si accompagna ad un amico, Hiroshi, fantasma di un pilota kamikaze giappone- se, ricco di sagge massime e riflessioni filosofiche, Annabel si fa guidare dallo sguardo di Charles Darwin, dal suo totale interesse per le dinamiche della vita naturale. Quando Enoch scopre che ad Annabel resta poco da vivere, si offre di aiutarla ad affrontare gli ultimi giorni con irriverente abbandono, sfidando il destino, la tradizione e la morte stessa... Note di Gus Van Sant Una delle tecniche che utilizzo, e che ho sperimentato per la prima volta in "Milk", è dirigere una performance senza dialogo degli attori, che si muovono sulla scena in silenzio, interiorizzando le battute ed esprimendo le loro emozioni solo con gli occhi e il volto. Abbiamo fatto una performance silenziosa per ogni scena. L’idea è che gli attori sentano l’energia tra loro e seguano il ritmo della scena; in questo modo emergono aspetti che non cogli o non capisci se ci parli sopra. A volte si ottiene la reazione migliore degli attori nelle performance mute. Anche se una scena prevede il dialogo, possiamo tagliare da qualcuno che sta parlando a un altro che non parla, e quel momento ‘non parlato’ è un bel momen- to, colto nella ripresa muta, che altrimenti non avresti avuto. Le riprese mute sono utili quando capisci che le parole non sono necessarie per spiegare la scena. Ci sono anche altre ragioni, ci aiuta molto nel montaggio, ma le giro perché di solito, da qualche parte, c’è bisogno che sia il silenzio a raccontare la storia. Gus Green Van Sant Jr. (Louisville, Stati Uniti, 1952) 1985 Mala Noche 1989 Drugstore Cowboy 1991 Belli e dannati 1993 Cowgirl 1995 Da morire 1997 Will Hunting Genio ribelle 1998 Psycho 2000 Scoprendo Forrester 2002 Gerry 2003 Elephant 2005 Last Days 2007 Paranoid Park 2008 Milk. 5 marzo Asghar Farhadi UNA SEPARAZIONE Jodaeiye Nader az Simin Regia: Asghar Farhadi Sceneggiatura: Asghar Farhadi Fotografia: Mahmoud Kalari Montaggio: Hayedeh Safiyari. Interpreti: Leila Hatami, Peyman Moadi, Shahab Hosseini, Sareh Bayat. Iran 2011. 112 minuti. Festival di Berlino 2011 Orso d'oro miglior film, miglior protagonista femminile, miglior protagonista maschile. Nader e sua moglie Simin stanno per divorziare. Hanno ottenuto il permesso di espatrio per loro e la loro figlia undicenne. Lei vuole andarsene, iniziare una nuova vita, ma Nader non vuole partire. Suo padre è malato e lui ritiene di dover restare ad aiutarlo. Simin lascia la casa e va a vivere con i suoi genitori, mentre la figlia resta col padre. Quando accade un evento drammatico, dalle conseguenze gravissime, si troveranno di nuovo vicini... Una regia maiuscola che scompare nella lucida immersione nei dilemmi etici e culturali della società iraniana. Una rara capacità di rappresentazione della realtà, che coglie le complessità, tutti i dettagli, che raccoglie tutti i frammenti, rispettando e cercando di capire le ragioni di tutti e tutti i perché. Nella storia emblematica di Simin e Nader si affacciano tematiche profonde, si aprono interrogativi esistenziali di ogni latitudine. Note di Asghar Farhadi Nel film si scontrano anche due visioni della vita, due visioni legate alla modernità e alla tradizione. Il marito pensa al padre, al passato. La moglie pensa più al futuro. Io, in realtà, non ho esperienza personale di divorzio: ma ho girato molti tribunali, ho visto che cosa succede, quando una coppia in Iran inizia le procedure per la separazione. Oggi, in Iran, nonostante lo si immagini come un paese ultratradizionalista, si divorzia molto... Non sempre non dire la verità è immorale. Ci sono delle bugie morali. Bisogna capire, a volte, perché le persone mentono. E in fondo questo film cerca la bellezza umana, profondissima, perché non ci sono buoni e cattivi, ognuno cerca di essere uomo meglio che può. E a volte anche la menzogna si rivela un atto d'amore... Un film che, per me, è un film sull'umanità, la continuazione del discorso iniziato con i precedenti. Un film che ha un finale che si può anche vedere come l'inizio di qualcosa. A me piace pensare che lo spettatore, finito il film, continui da solo il viaggio, immagini che cosa accadrà. Asghar Farhadi (Ispahan, Iran, 1972) Studia letteratura, teatro e cinema presso l'Istituto del Giovane Cinema Iraniano, si laurea all'università di Teheran, specializzandosi in cinema e teatro. Debutta su grande schermo con "Dancing in the dust", premio della critica al Festival di Mosca. Nel 2004 gira "A beautiful city" (2004) e nel 2006 "Fireworks wednesday" vince il Festival Internazionale di Locarno. 12 marzo Gavin O’Connor WARRIOR Regia: Gavin O'Connor Sceneggiatura: Anthony Tambakis Fotografia: Masano- bu Takayanagi Montaggio: Sean Albertson, Matt Chesse, John Gilroy, Aaron Marshall Musica: Mark Isham Interpreti: Tom Hardy, Nick Nolte, Joel Edgerton. Stati Uniti 2011. 132 minuti. Il marine Tommy Conlon, tormentato da un tragico passato, torna a casa dopo quattordici anni per chiedere a suo padre di aiutarlo ad allenarsi per parteci- pare a “Sparta”, la più grande competizione di arti marziali della storia. Da ex-prodigio del Wrestling, Tommy si qualifica brillantemente, mentre il fratello Brendan, ex-lottatore diventato professore di liceo, ritorna al ring in un tentativo disperato di salvare la sua famiglia dalla rovina finanziaria. Ma quando lo sfavoritissimo Brendan arriva a confrontarsi con il fratello, la sfida diventa l'inizio di un dialogo che non hanno mai avuto... Note di Gavin O’Connor Molte persone chiamano il film un "dramma di ispirazione sportiva", ma non ho mai inteso fare un film di "sport". E' un dramma. L'idea è iniziata con l'allonta- namento di due fratelli, la loro riconciliazione, la guarigione e il perdono. L'idea di utilizzare un contesto sportivo nel cinema è affascinante per me, perché carico di riverberi mitologici. Ma la genesi di tutto ha avuto inizio con i personag- gi e il loro dramma. Quello che ho visto sono due ragazzi cresciuti in un ambien- te instabile, a volte violento. Due fratelli che comunicano attraverso ciò che sanno, ciò che hanno imparato. Quello che accade tra loro sul ring è una conver- sazione. Hanno esplorato il loro passato e cercano di guarirlo. Un fratello deve morire per mano dell'altro, così allora può rinascere. Tommy deve arrendersi, così da poter vivere. Non era una metafora facile da esprimere, se il racconto non fosse stato radicato nei personaggi e nel loro tormento interiore. Gavin O’Connor (New York, Stati Uniti, 1964) Frequenta la University of Pennsylvania. Debutta nel 1994 con la sceneggiatura di "The Bet", esordio alla regia di Ted Demme. Nel 1997 scrive, produce ed interpreta la commedia teatrale "Rumblings of a Romance Renaissance". Nel 1999 realizza il suo primo film, "In cerca d'amore". Nel 2004 dirige per la Walt Disney "Miracle". Nel 2001 fonda la Final Cut Features per finanziare registi indipendenti. Nel 2008 dirige Edward Norton e Colin Farrell in "Pride and Glory". Protagonista del film è Hüseyin Yilmaz, patriarca di una famiglia turca emigrata in Germania negli anni ‘60. Dopo una vita di sacrifici, ha finalmente realizzato il sogno di comprare una casa in Turchia e vorrebbe farsi accompagnare fin lì da figli e nipoti per sistemarla. Malgrado lo scetticismo, la famiglia si mette in viaggio ed al viaggio nella terra d’origine si intrecciano i ricordi tragicomici dei primi anni in Germania. Lungo il tragitto si rivelano i segreti del passato e del presente e tutta la famiglia si troverà a riflettere sulla propria storia... Applaudi- tissimo all’ultimo Festival di Berlino, campione d’incassi in patria, una coinvol- gente commedia che segna l’esordio nel cinema delle giovani sorelle Yasemin e Nesrin Samdereli, regista e sceneggiatrice, nella messa in scena dei loro ricordi di bambine tedesche di origine turca, raccontando una storia attualissima. Yasemin Samdereli (Dortmund, Germania, 1973). Studia cinema alla Hochschule für Film di Monaco. Nel 2002 dirige il suo primo lavoro, la commedia "Alles Getürkt", cui segue nel 2007 "Ich Chefe, Du Nix". Nel 2006 è tra le firme della serie tv di culto "Turkish for Beginners". Nesrin Samdereli (Dortmund, Germania, 1979). Entra nel mondo del cinema lavoran- do alla Kinowelt. Inizia quindi a la lunga collaborazione con la sorella Yasemin che sfocia nel primo loro lungometraggio "Almanya". 16 aprile Shane Meadows THIS IS ENGLAND Regia: Shane Meadows Sceneggiatura: S. Meadows Fotografia: Danny Cohen Montaggio: Chris Wyatt Musica: Ludovico Einaudi Interpreti: Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim, Vicky McClure. Gran Bretagna 2006. 101 minuti. Festa del Cinema di Roma 2010 Premio Speciale della Giuria. Note di Shane Meadows Quando ero dodicenne sono diventato uno skinhead perché pensavo che la cosa più importante per un uomo fosse quella virilità violenta di certi personaggi alla Jimmy Boyle, un criminale diventato poi artista, o John McVicar, oppure Kray. I ragazzini di oggi vogliono essere Beckham e, allo stesso modo, io volevo essere Jimmy Boyle. Volevo vedere gli uomini combat- tere e, involontariamente, provocai un episodio di violenza dal quale poi presi le distanze. Se provieni da una cittadina come Uttoxeter, nessuno si aspetta che tu riesca a lasciarla e a diventare un regista. In un certo senso, la mia reazione a quell’episodio di violenza ha rappresentato il primo passo verso l’abbandono di quella vita. Per me, girare "This Is England" è stato un modo per esorcizzare i demoni di quella notte di violenza. E' basato su avvenimenti che sono avvenuti negli anni più precoci della mia esistenza, mi sono spinto nel passato quanto probabilmente era possibile fare e ho trovato la radice di ciò che mi ha iniziato al cinema. Shane Meadows (Uttoxeter, Gran Bretagna, 1972) 1996 Small Time 1997 Ventiquattrosette 1999 A Room for Romeo Brass 2002 C'era una volta in Inghilterra 2004 Dead Man's Shoes 2006 This is England 2008 Somers Town 2009 Le Donk & Scor-zay-zee. 30 aprile Michel Hazanavicius THE ARTIST Regia e sceneggiatura: Michel Hazanavicius Fotografia: Guillaume Schiffman Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius Musica: Ludovic Bource. Interpreti: Jean Dujardin, Bérénice Béjo, John Goodman, Penelope Ann Miller. Francia 2011. 100 minuti. Hollywood 1927. In una Hollywood che si chiama ancora Hollywoodland, prende corpo la vicenda umana di George Valentin, attore del muto che domina i box office nazionali con film di spionaggio, film d’azione, love story esotiche e storie di cappa e spada: il suo successo sembra impossibile da scalfire, ma ancora non sa che sta per essere rovinato dall’avvento del sonoro... "The artist" è un’opera coinvolgente e appassionata, arricchita da tocchi di vera genialità, ma anche e soprattutto la messa in scena di una vicenda umana divertente e straziante al contempo. I trucchi, le citazioni, gli omaggi alla storia del cinema disseminati lungo tutta la pellicola, sono un raffinato contenitore in cui è adagiata una storia in grado di catturarci totalmente. Note di Michel Hazanavicius Coltivavo da tempo la fantasia di realizzare un film muto. Probabilmente perché i grandi cineasti leggendari che ammiro di più vengono tutti dal cinema muto: Hitchcock, Lang, Ford, Lubitsch, Murnau, il Billy Wilder sceneggiatore... Ma soprattutto perché una scelta di questo genere impone a un regista di affrontare le proprie responsabilità e di adottare un modo molto particolare di raccontare una storia. Non è più compito dello sceneggiatore o degli attori raccontare la storia: spetta solo al regista farlo. È un tipo di cinema dove tutto passa attraverso le immagini, attraverso l'organizzazione dei segni che un regista trasmette agli spettatori. E poi è un cinema molto emozionale e sensoriale: il fatto di non passare per un testo ti riporta a una modalità di racconto estremamente essenziale che funziona solo sulle sensazioni che sei in grado di creare. È un lavoro appassionante. Michel Hazanavicius (Parigi, Francia, 1967) Inizia la sua carriera nel 1988 lavorando per la televisione e successivamente dirigendo spot pubblicitari. Nel 1993 dirige il suo primo lungometraggio, "La Classe américaine". Torna alla regia nel 1999 quando scrive e dirige il suo secondo lungometraggio "Mes amis". Il terzo film è del 2004 "OSS 117 : Le Caire, nid d'espions". Nel 2009 dirige il sequel, "OSS 117 : Rio ne répond plu". 7 maggio Steve McQueen SHAME Regia: Steve McQueen Sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan Fotografia: Sean Bobbitt Montaggio: Joe Walker Musica: Harry Escot. Interpreti: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale. Gran Bretagna 2011. 99 minuti. Mostra del Cinema di Venezia 2011 Coppa Volpi Michael Fassbender. Brandon è un uomo sulla trentina che vive a New York ed è incapace di gestire la propria vita sessuale. Quando la sorellina ribelle si stabilisce nel suo apparta- mento, Brandon perde sempre più il controllo del proprio mondo... "Shame" è un’analisi stringente e attuale della natura del bisogno, del nostro modo di vivere e delle esperienze che plasmano la nostra esistenza. McQueen si muove con maestria affermando la sua affascinante poetica, un perfetto equilibrio tra ricerca estetica e militanza politica, arte e comunicazione. La mortificazione fisica e morale del trentenne Brandon è incorniciata in una messa in scena geometrica, a tratti da videoarte. Una elegante composizione pittorica delle immagini dove pulsa costantemente l'ossessione del protagonista. Note di Steve McQueen "Hunger" il mio film su Bobby Sand - il militante irlandese dell’IRA che, per protestare contro il trattamento brutale cui era sottoposto da parte delle guardie del carcere di Belfast, iniziò uno sciopero della fame che lo condusse alla morte dopo una lunga agonia - narrava di un uomo privo di libertà che usava il suo corpo come strumento politico e attraverso questo atto creava la propria libertà. "Shame" parla di una persona che gode di tutte le libertà occidentali e tramite la sua apparente libertà sessuale crea la propria prigione. Mentre assistiamo, e ci desensibilizziamo, alla costante e continua sessualizza- zione della società, come facciamo a orientarci in questo labirinto e a non farci corrompere da questo processo? Ciò che intendo esplorare è questa enormità che ci circonda. Steve McQueen (Londra, Gran Bretagna, 1969) Si è affermato lavorando in diversi settori del mondo dell’arte e dello spettacolo. Dopo gl inizi come cineasta, ha esteso i suoi interessi alla scultura e alla fotogra- fia. Ha studiato alla Chelsea School of Art e al Goldsmith College di Londra, dove ha realizzato i suoi primi film. Tra questi ricordiamo "Bear" (1993), "Deadpan" (1997) e "Drumroll" (1998). Nel 2008 gira il suo primo film "Hunger.

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i LUNEDì del CINEMA cinema internazionale d'arte

16 gennaio - 4 giugno 2012

16 gennaio MELANCHOLIA Lars Von Trier

23 gennaio TOMBOY Céline Sciamma

30 gennaio DRIVE Nicolas Winding Refn

6 febbraio RESTLESS Gus Van Sant

13 febbraio PINA Wim Wenders

20 febbraio FAUST Aleksandr Sokurov

27 febbraio IO SONO LI Andrea Segre

5 marzo UNA SEPARAZIONE Asghar Farhadi

12 marzo WARRIOR Gavin O’Connor

19 marzo MIRACOLO A LE HAVRE Aki Kaurismaki

26 marzo LE NEVI DEL KILIMANGIARO Robert Guédiguian

2 aprile ALMANYA Yasemin e Nesrin Samdereli

16 aprileTHIS IS ENGLAND Shane Meadows

23 aprilePIAZZA GARIBALDI Davide Ferrario

30 aprileTHE ARTIST Michel Hazanavicius

7 maggio SHAME Steve McQueen

14. 21. 28 maggioFilm da definire

4 giugnoI Lunedì del Cinema 20ANNI

Associazione CulturaleLUNEDICINEMA

[email protected]

Cinema Gloria via Varesina ComoSpettacolo unico ore 21.00

Intero € 7 Ridotto € 6 Tessera 20 film € 70

16 gennaio

Lars Von TrierMELANCHOLIARegia e sceneggiatura: Lars Von Trier Fotografia: Manuel Alberto Claro Montaggio: Molly Marlene Stensgaard Suono: Kristian Eidnes Andersen Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland. Francia/Danimarca/Svezia/Germania/Italia 2011. 125 minuti.

In occasione del loro matrimonio, Justine e Michael offrono un sontuoso ricevimento nella tenuta della sorella di Justine e del marito. Nel frattempo, il pianeta Melancholia si dirige verso la Terra…

Lars Trier (Copenhagen, Danimarca, 1956)1984 L’elemento del crimine 1987 Epidemic 1991 Europa 1994 Il regno 1996 Le onde del destino 1998 Idioti 2000 Dancer in the Dark 2003 Dogville 2003 Le cinque variazioni 2005 Manderlay 2006 Il grande capo 2009 Antichrist.

Note di Lars von TrierE’ stato come svegliarsi da un sogno. La mia produttrice mi ha mostrato una prova per il manifesto. “Che cos’è?” le ho chiesto. “E’ il film che hai fatto!” ha risposto. “Stai scherzando”, ho balbettato. Girano i trailer… le foto… che orrore. Sono sconvolto. Non mi fraintendete… Ho lavorato a questo film per due anni. Con grande piacere. Ma forse ho ingannato me stesso, mi sono fatto prendere dalla tentazione. Non che qualcuno abbia fatto niente di sbagliato, al contrario: tutti hanno lavorato con lealtà e talento per l’obiettivo che io solo mi ero prefissa-to. Ma quando la produttrice mi ha messo di fronte al fatto compiuto è stato uno shock. E’ sdolcinato, è un film da donna! Mi verrebbe voglia di “rigettarlo” come un organo trapiantato. Ma cos’è che volevo? Una cosa è certa: partendo da uno stato d’animo, volevo buttarmi a capofitto negli abissi del romanticismo tedesco. Wagner a mille. O forse era un modo per parlare della sconfitta. Sconfitta al minimo dei comuni denominatori cinematografici. Il tema romantico è sempre stato trattato in modo banale e ottuso, nel film tradizionale. Ho amato molto il cinema romantico, devo ammetterlo. Farò un solo nome su tutti: Visconti! Il romanticismo tedesco ti lascia senza fiato, certo. Ma nel cinema di Visconti c’è sempre qualcosa che trascende il banale, che lo eleva a capolavoro! Ora mi sento confuso e in colpa. Che ho fatto? E’ la fine di Trier? Mi aggrappo alla speranza che in tanta melassa possa esserci una scheggia d’osso che rompe qualche dente.… Chiudo gli occhi e spero!

30 gennaio

Nicolas Winding RefnDRIVE Regia: Nicolas Winding Refn Sceneggiatura: Hossein Hamini Fotografia: Newton Tomas Sigel Montaggio: Matthew Newman Musica: Cliff Martinez. Interpreti: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Christina Hendricks. Stati Uniti 2011. 95 minuti.

Il film è la storia di Driver, un uomo che ha il destino nel nome: stuntman professionista di giorno ed autista di rapine di notte. E in più l'allettante prospettiva di correre in circuiti professionistici. Ma le cose non vanno come dovrebbero perché l'incontro con Irene, vicina di casa con un figlio e marito in carcere, cambia tutto. E quando Standard esce di prigione, la situazione precipita. Standard è nei guai e Driver decide di aiutarlo... Tratto all’omonimo romanzo di James Sallis, "Drive" è una sintesi equilibratissima di generi e stili, forte di una sceneggiatura solidissima, una regia compatta e molto consape-vole e di interpretazioni attoriali di livello.

Note di Nicolas Winding RefnIl cinema offre il meglio di sé quando riesce a unire la sensibilità europea alla spettacolarità hollywoodiana: in questo Melville era un maestro, ha saputo raccontare la vera ‘mitologia americana’”. Pur non essendo una persona violenta credo nell’arte come atto di violenza e nell’estremizzazione delle emozioni: non a caso “Drive” racconta l’illusione dell’amore puro, dello scontro fra ingenuità e brutalità. Questa struttura dicotomica trae spunto dalla struttu-ra delle favole dei fratelli Grimm, che ho riscoperto grazie alla mia figlia più piccola. Mi affascina come lascino spazio a toni cupi e a violenza senza dimenticare la morale: l’innocenza finisce sempre per prevalere.

Nicolas Winding Refn (Copenaghen, 29 settembre 1970)1996 Pusher 1999 Bleeder 2003 Fear X 2005 Pusher 2-3 2008 Bronson 2009 Valhalla Rising.

13 febbraio

Wim WendersPINA Regia: Wim Wenders Sceneggiatura: Wim Wenders Fotografia: Hélene Louvart Montaggio: Toni Froschhammer Colonna sonora: Thom Interpreti: Pina Bausch e la compagnia teatrale del Tanztheater di Wuppertal. Germania/Francia 2011. 106 minuti.

"Pina" è un film per Pina Bausch di Wim Wenders. Un viaggio sensuale e visivo con gli artisti della leggendaria compagnia del Tanzteather, sulla scena e fuori, nella città di Wuppertal, il luogo che per 35 anni è stato la casa e il cuore della creatività di Pina Bausch. Dopo la morte improvvisa di Pina Bausch, avvenuta nell’estate del 2009 durante la fase di preparazione, Wim Wenders ha ripensato completamente la sua idea iniziale. Il risultato è stato un film per Pina Bausch, realizzato utilizzando le coreografie che avevano scelto insieme: “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof” – a cui si aggiungono immagini della sua vita di Pina e i ricordi personali dei membri della compagnia che nella primavera del 2010 hanno danzato per l’artista scomparsa.

Note di Wim WendersNo, non c’era nessun uragano che spazzava il palcoscenico c’erano solo… persone che danzavano, che si muovevano in modo diverso da quello che conoscevo e che mi commuovevano come mai nient’altro prima. Quella non era danza, né pantomima o balletto, e meno che mai opera. Pina è, lo sapete, la creatrice di una nuova arte. Il Tanztheater – teatro-danza. Il movimento in sé non mi aveva mai emozionato, lo davo per scontato. Uno si muove, e basta. Tutto si muove. Solo attraverso il Tanztheater di Pina ho imparato ad apprezzare movimenti, gesti, pose, comportamenti, il linguaggio del corpo e a rispettarli.

Ogni volta che vedo una sua coreografia, anche per la centesima volta, resto come folgorato e ri-imparo che la cosa più ovvia e più semplice è anche la più commovente: custodiamo un tesoro nel nostro corpo! La capacità di esprimerci senza parole. E quante storie possono essere raccontate senza pronunciare una sola frase.

Wim Wenders (Dusseldorf, Germania, 1945)1970 Estate in città 1972 Prima del calcio di rigore 1974 Alice nelle città 1976 Nel corso del tempo 1977 L'amico americano 1980 Nick's movie 1983 Lo stato delle cose 1984 Paris, Texas 1985 Tokyo-Ga 1987 Il cielo sopra Berlino 1991 Fino alla fine del mondo 1993 Così lontano, così vicino 1995 Lisbon story 1996 1999 Buena Vista Social Club 2000 The Million Dollar Hotel 2004 Land of Plenty 2005 Non bussare alla mia porta 2008 Palermo Shooting.

20 febbraio

Aleksandr SokurovFAUST Regia: Aleksandr Sokurov Sceneggiatura: Aleksandr Sokurov Fotografia: Bruno Delbonnel Montaggio: Jörg Hauschild Interpreti: Johannes Zeiler, Hanna Schygulla, Georg Friedrich, Joel Kirby. Russia 2011. 130 minuti.Mostra del Cinema di Venezia 2011 Leone d'oro Miglior film.

Il "Faust" di Sokurov non è una trasposizione cinematografica della tragedia di Goethe nel senso comune. E' la lettura di quello che rimane tra le righe per rifletterlo sull'uomo contemporaneo, privo della nozione dell'origine suprema che lo lega al mondo e che non ha più la nozione dell'origine divina del potere. I tiranni dei film precedenti della tetralogia di Sokurov - Hitler, Lenin, Hirohito - si ritenevano dei rappresentanti di Dio sulla terra, ma poi facevano una scoperta inaspettata, quella di essere semplici esseri umani. Nel suo "Faust" Sokurov capovolge questo assunto: davanti ai nostri occhi nasce dall'uomo un idolo. Il potere attira Faust, gli impone una volontà di potenza. Sokurov inscena questa diabolica perseveranza nell'errore costringendo i suoi personaggi a un procedere senza sosta, a una letterale erranza tra boschi, case, lande, ghiacciai. Tanta è la sua sete di sapere, tanta la lontananza dalla meta. Un viaggio visivo che incanta, un'opera d'arte potente e affascinante che univer-salizza il Faust.

Aleksandr Sokurov (Podorvicha, Russia, 1951)1987 La voce solitaria dell'uomo 1988 Mournful Unconcern 1989 I giorni dell'eclisse 1990 Salva e custodisci 1991 The Second Circle 1995 Madre e figlio 1997 Moloch 1999 Toro 2000 Arca russa 2002 Padre e figlio 2005 Il Sole 2008 Alexandra.

Note di Aleksandr SokurovIl "Faust" è l'ultima parte della mia tetralogia sulla natura del potere. I protagoni-sti dei tre film precedenti erano personaggi storici realmente esistiti. L'immagine simbolica di Faust conclude la galleria dei ritratti dei grandi "giocatori" che hanno perso le più importanti "partite" della loro vita. Tra questi ritratti il Faust sembra fuori posto, un eroe quasi da museo, un eroe letterario, che cosa ha in comune con le figure degli altri personaggi storici, portati al vertice del potere? L'amore per le parole a cui si crede con tanta facilità ed una patologica infelicità nell'esistenza quotidiana. Il male è riproducibile e ha una sua formula letteraria proposta da Goethe: "Le persone infelici sono pericolose".

27 febbraio

Andrea SegreIO SONO LI Regia: Andrea Segre Sceneggiatura: Marco Pettenello, Andrea Segre Fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Sara Zavarise Musica: François Couturier. Interpreti: Zhao Tao, Rade Serbedzija, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston. Italia/Francia 2011. 96 minuti.

Shun Li lavora in un laboratorio tessile della periferia romana per ottenere i documenti e riuscire a far venire in Italia suo figlio di otto anni. All’improvviso viene trasferita a Chioggia, una piccola città-isola della laguna veneta per lavorare come barista in un’osteria. Bepi, pescatore di origini slave, sopranno-minato dagli amici “il poeta”, da anni frequenta quella piccola osteria. Il loro incontro è una fuga poetica dalla solitudine, un dialogo silenzioso tra culture diverse, ma non più lontane. Quello di Andrea Segre è un viaggio nel cuore profondo di una laguna, che sa essere madre e culla di identità mai immobili. Ci racconta di una realtà dove si ragiona per luoghi comuni e pregiudizi, di un mondo dove la diffidenza impera. La malizia e il timore del prossimo arrivano prima dell'accoglienza. Una storia ambientata nella sua terra, ma di questi tempi decisamente emblematica.

Andrea Segre (Roma, Italia, 1976)È dottore in sociologia della comunicazione all’Università di Bologna. Esordio nella regia alla fine degli anni ’90, con diversi documentari: "A metà, storie tra Italia e Albania" (2001) e "Marghera Canale Nord" (2003), selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia.

Note di Andrea SegreL’idea del film nasce da due esigenze: da una parte la necessità di trovare in una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, il modo per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi identitaria; dall’altra la voglia di raccontare due luoghi importanti per la mia vita e molto emblematici nell’Italia di oggi: le periferie multietniche di Roma e il Veneto, una regione che ha avuto una crescita economica rapidissima, passando in pochissimo tempo da terra di emigrazione a terra di immigrazione.

19 marzo

Aki KaurismakiMIRACOLO A LE HAVRE Le HavreRegia: Aki Kaurismäki Sceneggiatura: Aki Kaurismäki Fotografia: Timo Salminen Montaggio: Timo Linnasalo Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Evelyn Didi. Finlandia/Francia 2011. 103 minuti.

Marcel Marx, ex scrittore e noto bohémien, si è ritirato in una sorta di esilio volontario nella città portuale di Le Havre, dove sente di aver costruito un rapporto di maggiore vicinanza con la gente, praticando l’onorevole mestiere del lustrascarpe. Abbandonata ogni velleità letteraria, vive felicemente dividendosi tra il suo bar preferito, il lavoro e la moglie Arletty. Quando il destino mette sulla sua strada un piccolo profugo arrivato dall’Africa, Marcel deve affrontare il freddo muro dell’indifferenza armato del suo innato ottimismo e della solidarietà del suo quartiere. Contro di lui lavora la macchi-na dello stato che lentamente stringe il cerchio intorno a Marcel ed al bambi-no... Con messe in scena essenziali, cui Kaurismaki aggiunge il suo consueto quotidiano surrealismo, "Le Havre" è una poesia umanista divertente e delicata che trascende le gabbie del reale. Il suo protagonista è un omaggio al vagabondo di chapliniana memoria, simbolo imperituro di un’umanità che non cede pur di affermare il suo cuore.

Aki Kaurismäki (Orimattila, Finlandia, 1957) 1988 Ariel 1989 Leningrad Cowboys Go America 1990 La fiammiferaia 1991 Ho affittato un killer 1992 Vita da bohème 1994 Tatjana 1995 Leningrad Cowboys Meet Moses 1996 Nuvole in viaggio 1999 Juha 2004 L'uomo senza passato 2006 Le luci della sera.

Note di Aki KaurismäkiNon accade spesso che il cinema europeo affronti il tema della sempre più grave crisi economica, politica e soprattutto morale che ha portato alla questione irrisolta dei profughi: persone che arrivano dopo mille difficoltà nell’Unione europea e subiscono un trattamento irregolare e spesso inadeguato. Non ho soluzioni da proporre, ma ho voluto in qualche modo affrontare la questione, anche se in un film che ha poco di realistico.

26 marzo

Robert GuédiguianLE NEVI DEL KILIMANGIARO Les neiges du KilimandjaroRegia: Robert Guédiguian Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Jean-Louis Milesi Fotografia: Pierre Milon Montaggio: Bernard Sasia Suono: Laurent Lafran Interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, G. Leprince-Ringuet. Francia 2011. 90 minuti.

Nonostante la recente perdita del lavoro, Michel vive felicemente, circondato dall’affetto degli amici, dei figli e dei nipoti, insieme alla moglie Claire con la quale ha condiviso trent’anni di matrimonio e di impegno politico. Le loro coscienze sono serene, tanto quanto la loro visione della vita. Questa armonia viene spezzata il giorno in cui due sconosciuti armati entrano nella loro casa derubandoli dei loro risparmi. L’aggressione è opera di un giovane operaio licenziato insieme a Michel. Un interrogativo amaro - per chi e per cosa abbiamo vissuto? – che darà risposte inattese, felici e struggenti al tempo stesso... Ispirato dalla “Les pauvres gens” di Victor Hugo e accompagnato dalla canzone di Pascal Danel (che fornisce il titolo al film), il nuovo dramma sociale di Robert Guédiguian sulla disoccupazione è nondimeno un’opera leggera sull'esistenza quotidiana. Ancora una volta nella sua Marsiglia, il regista mette in scena una piccola storia che ha il sapore e la solidarietà del cinema civile, capace nei drammi del reale di esaltare la voglia di vivere e la forza dell'etica.

Robert Guédiguian (Marsiglia, Francia, 1953)1997 Marius e Jeannette 1998 Al posto del cuore 2000 À l'attaque! 2001 La ville est tranquille 2002 Marie-Jo e i suoi due amori 2005 Le passeggiate al Campo di Marte 2006 Le voyage en Arménie 2008 Lady Jane.

Note di Robert GuédiguianNel 2005, mentre scrivevo un appello feci riferimento alla poesia "Les pauvres gens" di Victor Hugo, per descrivere in termini un po’ generici “le nuove forme di classe operaia”. La fine della poesia, ovvero il momento in cui il povero pescatore decide di adottare i figli della vicina morta dicendo “avevamo cinque figli, ora saranno sette” e quando scopre che la moglie, avendo preso per prima l’iniziativa, ha già portato i bambini a casa, è assolutamente struggente. Tanta generosità è esemplare. E poi, c’è questa convergenza, quel gesto d’amore che unisce i due personaggi, l’uomo e la donna, ugualmente generosi. Ho subito pensato che sarebbe stata una fine stupenda per un film. Dovevo solo trovare un percorso contemporaneo per giungere a questo finale.

2 aprile

Yasemin e Nesrin SamdereliALMANYARegia: Yasemin Samdereli Sceneggiatura: Nesrin Samdereli, Yasemin Samdereli Fotografia: The Chau Ngo Montaggio: Andrea Mertens Musica: Gerd Baumann Interpreti: Fahri Ögün Yardim, Demet Gül, Vedat Erincin.Germania/Turchia 2011. 97 minuti.

Inghilterra, estate 1983, si combatte la guerra delle Falklands e Maggie Thatcher cavalca il sentimento nazionalista che attraversa il paese. La scuola è finita e il dodicenne Shaun, orfano del padre morto alle Falklands, vittima del bullismo, viene adottato da un gruppo di skinhead più grandi. Lo accolgono, lo vestono della loro divisa, lo portano con loro a bere, ascoltare musica e fare piccole bravate... Shane Meadows, è regista autodidatta sulla scia di Ken Loach, del cinema che canta la poetica della working-class. "This Is England" è il commovente e realistico ritratto del dodicenne Shaun e degli amici skinhead che lo accolgono. Shane Meadows riversa nel film tutto il suo sentire politico, la sua umanità e la sua esperienza di vita, descrivendo e raccontando realtà, che conosce bene, che ha vissuto. Il risultato è un lucido ritratto di formazione, aspro e delicato insieme, di raro spessore umano.

Note di Yasemin e Nesrin SamdereliNegli anni ottanta uscì un film molto drammatico, "Yasemin". La gente pensa-va che nostro padre ci trattasse come quello del film tratta la figlia, in modo repressivo, e non importava che noi negassimo dicendo che nostro padre era molto tollerante. La gente non ci credeva. Questo dimostra che alcune persone vogliono ancora pensare che milioni di turchi che vivono in Germania siano tutti uguali, con famiglie conservatrici pronte a punire le figlia innamo-rata del ragazzo sbagliato. È anche questo il motivo per cui volevamo girare una commedia che raccontasse la storia di persone normali come quelle con cui siamo cresciute.

23 aprile

Davide FerrarioPIAZZA GARIBALDIRegia: Davide Ferrario Sceneggiatura: Davide Ferrario da un’idea di Marco Belpoliti Montaggio: Claudio Cormio Fotografia: Ezio Gamba Suono: Vito Martinelli. Con la partecipazione amichevole di Salvatore Cantalupo, Luciana Littizetto, Marco Paolini, Filippo Timi. Il film è accompagnato dalle musiche di Giuseppe Verdi. Italia 2011. 100 minuti.

“Piazza Garibaldi” è un toponimo che si incontra in qualsiasi città italiana. E’ la metafora della nazione e della sua storia. Come nel fortunato e premiato La strada di Levi, Ferrario si mette in viaggio: stavolta sulle orme della spedizione dei Mille. L’obiettivo: verificare il rapporto tra passato e presente, partendo da Bergamo, una volta “Città dei Mille” e oggi roccaforte padana, per arrivare fino a Teano. Il percorso è pieno di sorprese, incontri, riflessioni: un grande road movie attraverso la storia e la geografia del paese, cercando di rispondere a una domanda assillante: perché noi italiani non riusciamo più a immaginarci un futuro? Scritto da Ferrario e da Giorgio Mastrorocco a partire da un’idea di Marco Belpoliti, il documentario si avvale della partecipazione speciale di Marco Paolini, Luciana Littizzetto, Filippo Timi e Salvatore Cantalupo.

Note di Davide FerrarioE' un viaggio pieno di sentimenti e di pensieri, talvolta contraddittori, che muovono da un fondamentale amore per il paese e per la nostra storia, in particolare per l’avventura dei Mille. C’è un bellissimo saggio in cui Alfonso Berardinelli scrive di come si sia accorto di essere italiano solo a trent’anni. Anche la mia generazione è cresciuta sotto l’influenza di miti e suggestioni principalmente stranieri, salvo poi ritrovarsi “da grande” a scoprire quanto invece fossimo inevitabilmente italiani dentro. Essere italiano è come avere una faccia di cui non puoi disfarti: per un po’ puoi anche non guardarti allo specchio, ma arriva il momento che quella faccia non la puoi evitare. Girare Piazza Garibaldi per me, per noi ha significato proprio questo: guardarci allo specchio, e fare i conti con quello che di noi amiamo e odiamo.

Davide Ferrario (Casalmaggiore, Italia, 1956)1989 La fine della notte 1994 Anime fiammeggianti 1997 Tutti giù per terra 1998 Figli di Annibale 1999 Sul 45° parallelo 2000 Guardami 2003 Dopo Mezzanotte 2006 La strada di Levi.

23 gennaio

Céline SciammaTOMBOYRegia: Céline Sciamma Sceneggiatura: Céline Sciamma Fotografia: Crystel Fournier Montaggio: Julien Lacheray Musica: Jean-Baptiste de Laubier Interpreti: Zoé Heran, Malonn Lévana, Jeanne Disson, Sophie Cattani.Francia 2011. 82 minuti.

Protagonista del film è Laure, 10 anni, appena arrivata in un nuovo quartiere di Parigi con i genitori e la sorella più piccola, Jeanne. Un po' per gioco, un po' per realizzare un sogno segreto, Laure decide di presentarsi ai nuovi amici come fosse un maschio, rinominandosi Mickaël. Il modo in cui si veste e si pettina, l’impeto con cui si azzuffa e gioca a calcio, non suscitano dubbi e Mickaël è accettato nella comitiva. L’inizio della scuola però è dietro l'angolo e il gioco dei travestimenti si complica, tanto più che i genitori sono all’oscuro di tutto e Laure/Mickaël ha stretto un legame speciale con la coetanea Lisa… Divenuto un vero e proprio caso in Francia, con plauso degli spettatori e un’accoglienza entusiastica della critica, "Tomboy" (inglese per “maschiac-cio”) ha vinto il Teddy Award all’ultimo Festival di Berlino “per la maestria, la sensibilità e la leggerezza, ma anche per la profondità con cui viene trattato il tema dell’identità sessuale nel tempo dell’infanzia”.

Céline Sciamma (Parigi, Francia, 1978)Dopo la laurea in letteratura francese segue i corsi di sceneggiatura alla prestigiosa scuola di cinema "La Femis". Utilizza lo script di fine corso per esordire come regista con "Naissance des pieuvres" (2007), presentato nella sezione "Un certain regard" del Festival di Cannes 2007. Dopo alcuni lavori come sceneggiatrice, anche per la televisione, gira "Tomboy", il suo secondo lungometraggio.

Note di Céline SciammaIl film è costruito intorno a un argomento molto semplice e forte, ossia la storia di un personaggio con un’identità segreta. Si tratta di un tema classico, molto usato nel cinema americano (il poliziotto infiltrato, la doppia vita), che permette una narrazione forte, ricca di suspense ed empatia. Il personaggio ha un obiettivo ben definito e gioca attivamente su due fronti. Partendo da questo efficiente meccani-smo di scrittura, ho avuto quindi anche il tempo e la libertà di comporre un ritratto vivido dell’infanzia. Naturalmente, ero anche molto interessata al tema dell’identità sessuale e del genere: l’infanzia è spesso dipinta come un’età dell’innocenza, ma io credo che sia una stagione della vita piena di sensualità e emozioni ambigue. Ed è così che volevo raccontarla.

6 febbraio

Gus Van SantRESTLESS Regia: Gus Van Sant Sceneggiatura: Jason Lew Fotografia: Harris Savides Montaggio: Elliot Graham Scenografia: Anne Ross Costumi: Danny Glicker Musica: Danny Elfman. Interpreti: Mia Wasikowska, Henry Hopper, Jane Adams, Ryo Kase.Stati Uniti 2011. 91 minuti.

Annabel è una giovane donna che ama intensamente la vita e il mondo della natura. Enoch è un ragazzo che si è isolato dal mondo da quando ha perso i genitori in un incidente. Quando i due casualmente si incontrano, scoprono di condividere molto della loro personale esperienza del mondo. Enoch si accompagna ad un amico, Hiroshi, fantasma di un pilota kamikaze giappone-se, ricco di sagge massime e riflessioni filosofiche, Annabel si fa guidare dallo sguardo di Charles Darwin, dal suo totale interesse per le dinamiche della vita naturale. Quando Enoch scopre che ad Annabel resta poco da vivere, si offre di aiutarla ad affrontare gli ultimi giorni con irriverente abbandono, sfidando il destino, la tradizione e la morte stessa...

Note di Gus Van SantUna delle tecniche che utilizzo, e che ho sperimentato per la prima volta in "Milk", è dirigere una performance senza dialogo degli attori, che si muovono sulla scena in silenzio, interiorizzando le battute ed esprimendo le loro emozioni solo con gli occhi e il volto. Abbiamo fatto una performance silenziosa per ogni scena. L’idea è che gli attori sentano l’energia tra loro e seguano il ritmo della scena; in questo modo emergono aspetti che non cogli o non capisci se ci parli sopra. A volte si ottiene la reazione migliore degli attori nelle performance mute. Anche se una scena prevede il dialogo, possiamo tagliare da qualcuno che sta parlando a un altro che non parla, e quel momento ‘non parlato’ è un bel momen-to, colto nella ripresa muta, che altrimenti non avresti avuto. Le riprese mute sono utili quando capisci che le parole non sono necessarie per spiegare la scena. Ci sono anche altre ragioni, ci aiuta molto nel montaggio, ma le giro perché di solito, da qualche parte, c’è bisogno che sia il silenzio a raccontare la storia.

Gus Green Van Sant Jr. (Louisville, Stati Uniti, 1952) 1985 Mala Noche 1989 Drugstore Cowboy 1991 Belli e dannati 1993 Cowgirl 1995 Da morire 1997 Will Hunting Genio ribelle 1998 Psycho 2000 Scoprendo Forrester 2002 Gerry 2003 Elephant 2005 Last Days 2007 Paranoid Park 2008 Milk.

5 marzo

Asghar FarhadiUNA SEPARAZIONE Jodaeiye Nader az Simin

Regia: Asghar Farhadi Sceneggiatura: Asghar Farhadi Fotografia: Mahmoud Kalari Montaggio: Hayedeh Safiyari. Interpreti: Leila Hatami, Peyman Moadi, Shahab Hosseini, Sareh Bayat.Iran 2011. 112 minuti. Festival di Berlino 2011 Orso d'oro miglior film, miglior protagonista femminile, miglior protagonista maschile.

Nader e sua moglie Simin stanno per divorziare. Hanno ottenuto il permesso di espatrio per loro e la loro figlia undicenne. Lei vuole andarsene, iniziare una nuova vita, ma Nader non vuole partire. Suo padre è malato e lui ritiene di dover restare ad aiutarlo. Simin lascia la casa e va a vivere con i suoi genitori, mentre la figlia resta col padre. Quando accade un evento drammatico, dalle conseguenze gravissime, si troveranno di nuovo vicini... Una regia maiuscola che scompare nella lucida immersione nei dilemmi etici e culturali della società iraniana. Una rara capacità di rappresentazione della realtà, che coglie le complessità, tutti i dettagli, che raccoglie tutti i frammenti, rispettando e cercando di capire le ragioni di tutti e tutti i perché. Nella storia emblematica di Simin e Nader si affacciano tematiche profonde, si aprono interrogativi esistenziali di ogni latitudine.

Note di Asghar Farhadi Nel film si scontrano anche due visioni della vita, due visioni legate alla modernità e alla tradizione. Il marito pensa al padre, al passato. La moglie pensa più al futuro. Io, in realtà, non ho esperienza personale di divorzio: ma ho girato molti tribunali, ho visto che cosa succede, quando una coppia in Iran inizia le procedure per la separazione. Oggi, in Iran, nonostante lo si immagini come un paese ultratradizionalista, si divorzia molto... Non sempre non dire la verità è immorale. Ci sono delle bugie morali. Bisogna capire, a volte, perché le persone mentono. E in fondo questo film cerca la bellezza umana, profondissima, perché non ci sono buoni e cattivi, ognuno cerca di essere uomo meglio che può. E a volte anche la menzogna si rivela un atto d'amore... Un film che, per me, è un film sull'umanità, la continuazione del discorso iniziato con i precedenti. Un film che ha un finale che si può anche vedere come l'inizio di qualcosa. A me piace pensare che lo spettatore, finito il film, continui da solo il viaggio, immagini che cosa accadrà.

Asghar Farhadi (Ispahan, Iran, 1972)Studia letteratura, teatro e cinema presso l'Istituto del Giovane Cinema Iraniano, si laurea all'università di Teheran, specializzandosi in cinema e teatro. Debutta su grande schermo con "Dancing in the dust", premio della critica al Festival di Mosca. Nel 2004 gira "A beautiful city" (2004) e nel 2006 "Fireworks wednesday" vince il Festival Internazionale di Locarno.

12 marzo

Gavin O’ConnorWARRIORRegia: Gavin O'Connor Sceneggiatura: Anthony Tambakis Fotografia: Masano-bu Takayanagi Montaggio: Sean Albertson, Matt Chesse, John Gilroy, Aaron Marshall Musica: Mark Isham Interpreti: Tom Hardy, Nick Nolte, Joel Edgerton. Stati Uniti 2011. 132 minuti.

Il marine Tommy Conlon, tormentato da un tragico passato, torna a casa dopo quattordici anni per chiedere a suo padre di aiutarlo ad allenarsi per parteci-pare a “Sparta”, la più grande competizione di arti marziali della storia. Da ex-prodigio del Wrestling, Tommy si qualifica brillantemente, mentre il fratello Brendan, ex-lottatore diventato professore di liceo, ritorna al ring in un tentativo disperato di salvare la sua famiglia dalla rovina finanziaria. Ma quando lo sfavoritissimo Brendan arriva a confrontarsi con il fratello, la sfida diventa l'inizio di un dialogo che non hanno mai avuto...

Note di Gavin O’ConnorMolte persone chiamano il film un "dramma di ispirazione sportiva", ma non ho mai inteso fare un film di "sport". E' un dramma. L'idea è iniziata con l'allonta-namento di due fratelli, la loro riconciliazione, la guarigione e il perdono. L'idea di utilizzare un contesto sportivo nel cinema è affascinante per me, perché carico di riverberi mitologici. Ma la genesi di tutto ha avuto inizio con i personag-gi e il loro dramma. Quello che ho visto sono due ragazzi cresciuti in un ambien-te instabile, a volte violento. Due fratelli che comunicano attraverso ciò che sanno, ciò che hanno imparato. Quello che accade tra loro sul ring è una conver-sazione. Hanno esplorato il loro passato e cercano di guarirlo. Un fratello deve morire per mano dell'altro, così allora può rinascere. Tommy deve arrendersi, così da poter vivere. Non era una metafora facile da esprimere, se il racconto non fosse stato radicato nei personaggi e nel loro tormento interiore.

Gavin O’Connor (New York, Stati Uniti, 1964)Frequenta la University of Pennsylvania. Debutta nel 1994 con la sceneggiatura di "The Bet", esordio alla regia di Ted Demme. Nel 1997 scrive, produce ed interpreta la commedia teatrale "Rumblings of a Romance Renaissance". Nel 1999 realizza il suo primo film, "In cerca d'amore". Nel 2004 dirige per la Walt Disney "Miracle". Nel 2001 fonda la Final Cut Features per finanziare registi indipendenti. Nel 2008 dirige Edward Norton e Colin Farrell in "Pride and Glory".

Protagonista del film è Hüseyin Yilmaz, patriarca di una famiglia turca emigrata in Germania negli anni ‘60. Dopo una vita di sacrifici, ha finalmente realizzato il sogno di comprare una casa in Turchia e vorrebbe farsi accompagnare fin lì da figli e nipoti per sistemarla. Malgrado lo scetticismo, la famiglia si mette in viaggio ed al viaggio nella terra d’origine si intrecciano i ricordi tragicomici dei primi anni in Germania. Lungo il tragitto si rivelano i segreti del passato e del presente e tutta la famiglia si troverà a riflettere sulla propria storia... Applaudi-tissimo all’ultimo Festival di Berlino, campione d’incassi in patria, una coinvol-gente commedia che segna l’esordio nel cinema delle giovani sorelle Yasemin e Nesrin Samdereli, regista e sceneggiatrice, nella messa in scena dei loro ricordi di bambine tedesche di origine turca, raccontando una storia attualissima.

Yasemin Samdereli (Dortmund, Germania, 1973). Studia cinema alla Hochschule für Film di Monaco. Nel 2002 dirige il suo primo lavoro, la commedia "Alles Getürkt", cui segue nel 2007 "Ich Chefe, Du Nix". Nel 2006 è tra le firme della serie tv di culto "Turkish for Beginners". Nesrin Samdereli (Dortmund, Germania, 1979). Entra nel mondo del cinema lavoran-do alla Kinowelt. Inizia quindi a la lunga collaborazione con la sorella Yasemin che sfocia nel primo loro lungometraggio "Almanya".

16 aprile

Shane MeadowsTHIS IS ENGLANDRegia: Shane Meadows Sceneggiatura: S. Meadows Fotografia: Danny Cohen Montaggio: Chris Wyatt Musica: Ludovico Einaudi Interpreti: Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim, Vicky McClure. Gran Bretagna 2006. 101 minuti.Festa del Cinema di Roma 2010 Premio Speciale della Giuria.

Note di Shane MeadowsQuando ero dodicenne sono diventato uno skinhead perché pensavo che la cosa più importante per un uomo fosse quella virilità violenta di certi personaggi alla Jimmy Boyle, un criminale diventato poi artista, o John McVicar, oppure Kray. I ragazzini di oggi vogliono essere Beckham e, allo stesso modo, io volevo essere Jimmy Boyle. Volevo vedere gli uomini combat-tere e, involontariamente, provocai un episodio di violenza dal quale poi presi le distanze. Se provieni da una cittadina come Uttoxeter, nessuno si aspetta che tu riesca a lasciarla e a diventare un regista. In un certo senso, la mia reazione a quell’episodio di violenza ha rappresentato il primo passo verso l’abbandono di quella vita. Per me, girare "This Is England" è stato un modo per esorcizzare i demoni di quella notte di violenza. E' basato su avvenimenti che sono avvenuti negli anni più precoci della mia esistenza, mi sono spinto nel passato quanto probabilmente era possibile fare e ho trovato la radice di ciò che mi ha iniziato al cinema.

Shane Meadows (Uttoxeter, Gran Bretagna, 1972)1996 Small Time 1997 Ventiquattrosette 1999 A Room for Romeo Brass 2002 C'era una volta in Inghilterra 2004 Dead Man's Shoes 2006 This is England 2008 Somers Town 2009 Le Donk & Scor-zay-zee.

30 aprile

Michel HazanaviciusTHE ARTIST Regia e sceneggiatura: Michel Hazanavicius Fotografia: Guillaume Schiffman Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius Musica: Ludovic Bource. Interpreti: Jean Dujardin, Bérénice Béjo, John Goodman, Penelope Ann Miller. Francia 2011. 100 minuti.

Hollywood 1927. In una Hollywood che si chiama ancora Hollywoodland, prende corpo la vicenda umana di George Valentin, attore del muto che domina i box office nazionali con film di spionaggio, film d’azione, love story esotiche e storie di cappa e spada: il suo successo sembra impossibile da scalfire, ma ancora non sa che sta per essere rovinato dall’avvento del sonoro... "The artist" è un’opera coinvolgente e appassionata, arricchita da tocchi di vera genialità, ma anche e soprattutto la messa in scena di una vicenda umana divertente e straziante al contempo. I trucchi, le citazioni, gli omaggi alla storia del cinema disseminati lungo tutta la pellicola, sono un raffinato contenitore in cui è adagiata una storia in grado di catturarci totalmente.

Note di Michel HazanaviciusColtivavo da tempo la fantasia di realizzare un film muto. Probabilmente perché i grandi cineasti leggendari che ammiro di più vengono tutti dal cinema muto: Hitchcock, Lang, Ford, Lubitsch, Murnau, il Billy Wilder sceneggiatore... Ma soprattutto perché una scelta di questo genere impone a un regista di affrontare le proprie responsabilità e di adottare un modo molto particolare di raccontare una storia. Non è più compito dello sceneggiatore o degli attori raccontare la storia: spetta solo al regista farlo. È un tipo di cinema dove tutto passa attraverso le immagini, attraverso l'organizzazione dei segni che un regista trasmette agli spettatori. E poi è un cinema molto emozionale e sensoriale: il fatto di non passare per un testo ti riporta a una modalità di racconto estremamente essenziale che funziona solo sulle sensazioni che sei in grado di creare. È un lavoro appassionante.

Michel Hazanavicius (Parigi, Francia, 1967)Inizia la sua carriera nel 1988 lavorando per la televisione e successivamente dirigendo spot pubblicitari. Nel 1993 dirige il suo primo lungometraggio, "La Classe américaine". Torna alla regia nel 1999 quando scrive e dirige il suo secondo lungometraggio "Mes amis". Il terzo film è del 2004 "OSS 117 : Le Caire, nid d'espions". Nel 2009 dirige il sequel, "OSS 117 : Rio ne répond plu".

7 maggio

Steve McQueenSHAME Regia: Steve McQueen Sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan Fotografia: Sean Bobbitt Montaggio: Joe Walker Musica: Harry Escot. Interpreti: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale. Gran Bretagna 2011. 99 minuti.Mostra del Cinema di Venezia 2011 Coppa Volpi Michael Fassbender.

Brandon è un uomo sulla trentina che vive a New York ed è incapace di gestire la propria vita sessuale. Quando la sorellina ribelle si stabilisce nel suo apparta-mento, Brandon perde sempre più il controllo del proprio mondo... "Shame" è un’analisi stringente e attuale della natura del bisogno, del nostro modo di vivere e delle esperienze che plasmano la nostra esistenza. McQueen si muove con maestria affermando la sua affascinante poetica, un perfetto equilibrio tra ricerca estetica e militanza politica, arte e comunicazione. La mortificazione fisica e morale del trentenne Brandon è incorniciata in una messa in scena geometrica, a tratti da videoarte. Una elegante composizione pittorica delle immagini dove pulsa costantemente l'ossessione del protagonista.

Note di Steve McQueen"Hunger" il mio film su Bobby Sand - il militante irlandese dell’IRA che, per protestare contro il trattamento brutale cui era sottoposto da parte delle guardie del carcere di Belfast, iniziò uno sciopero della fame che lo condusse alla morte dopo una lunga agonia - narrava di un uomo privo di libertà che usava il suo corpo come strumento politico e attraverso questo atto creava la propria libertà. "Shame" parla di una persona che gode di tutte le libertà occidentali e tramite la sua apparente libertà sessuale crea la propria prigione. Mentre assistiamo, e ci desensibilizziamo, alla costante e continua sessualizza-zione della società, come facciamo a orientarci in questo labirinto e a non farci corrompere da questo processo? Ciò che intendo esplorare è questa enormità che ci circonda.

Steve McQueen (Londra, Gran Bretagna, 1969)Si è affermato lavorando in diversi settori del mondo dell’arte e dello spettacolo. Dopo gl inizi come cineasta, ha esteso i suoi interessi alla scultura e alla fotogra-fia. Ha studiato alla Chelsea School of Art e al Goldsmith College di Londra, dove ha realizzato i suoi primi film. Tra questi ricordiamo "Bear" (1993), "Deadpan" (1997) e "Drumroll" (1998). Nel 2008 gira il suo primo film "Hunger.