l’umanesimo senza Dio A - · PDF file2 primo piano n. 40 10 Novembre 2013 LaVita ella...

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Anno 116 10 NOVEMBRE 2013 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 40 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it FIGURE DEL MOVIMENTO CATTOLICO Maria Eletta Martini nel ricordo del suo direttore spirituale PAGINA 2 LA PAROLA DEL PAPA Ognuno va verso il suo tramonto ma Dio non dimentica mai nessuno PAGINA 4 PROPOSTA PER I FUNERALI IN CHIESA In Francia sta prendendo campo una rete di agenzie di pompe funebri senza fini di lucro. Il funerale come momento di evangelizzazione PAGINA 5 GLI UFFICI CARITAS PRESI D’ASSALTO PAGINA 13 LA SIRIA AL BANCO DI PROVA DELLE APERTURE DI TEHERAN Nel nuovo Iran non sembra esserci posto per i vecchi legami con il regime di Assad PAGINA 15 LUNEDI’ 11 NOVEMBRE INIZIA L’ANNO DI APPROFONDIMENTO DELLA SCUOLA DI TEOLOGIA La prima docente sarà Beatrice Iacopini PAGINA 7 lbert Camus, uno dei letterati più famo- si del secolo scorso, nacque il 7 novembre 1913 in Algeria e morì il 4 gennaio 1960 in un incidente automobilistico. Pro- prio in questi giorni ricorre, dun- que, il centenario della sua nascita. Ma perché ricordare nella prima pagina di un settimanale cattolico uno scrittore laico, non credente, se non proprio ateo (almeno non si è mai dichiarato tale), come Ca- mus? Perché la sua lezione e la sua testimonianza hanno ancora molto da insegnarci. Lo scrittore francese rimane infatti il testimone più at- tendibile ed efficace dell’umanesi- mo chiuso alla trascendenza. Gran- de ricercatore di una soluzione soddisfacente del problema della vita, si potrebbe anche dire gran- de ricercatore dell’Assoluto, cioè di Dio, non riuscì nel suo intento. Esemplarmente onesto, egli non nascose, anzi riconobbe pubblica- mente il suo fallimento e in questo senso rimane un caso emblematico dell’uomo che cerca e non trova. Quaesivi et non inveni: “Ho cer- cato e non ho trovato”. Il simbolo dell’uomo che rimane solo e senza punti di riferimento, sballottato dalle vicende della vita, senza cer- tezze e senza nessuna speranza. Una vita priva di senso, dal mo- mento che i grandi spiriti non si contentano delle distrazioni e dei divertimenti che può offrire una esistenza dissipata e superficiale. Solo e sperduto, come lo zingaro descritto dallo scienziato ateo a lui contemporaneo, che è oggi di- ventato il maestro del cosiddetto ateismo scientifico; solo e sperduto come l’uomo di Munch, che urla sotto il cielo tetragono coperto di nubi, senza che nessuno raccolga il suo grido. Camus, per esprimere la situa- zione dell’uomo, di ogni uomo, si è servito del mito di Sisifo, condan- nato dagli dei a sollevare un masso pesante fino alla cima di un monte, che poi immancabilmente rotola in basso, così all’infinito. Una fatica inutile, assurda, senza soluzione e l’uomo consuma l’intera sua esi- stenza in questo sforzo sprecato e insensato: la meta non sarà mai raggiunta. Fuor di metafora, la vita non ha senso, la sofferenza non ha spiegazione, la morte sarà l’ultima, inesorabile e invincibile parola di A una vita assurda e senza ragione. Una tensione, comunque, che può riempire un’esistenza. Ma, in un momento di massima sincerità, fa dire al protagonista di un suo dramma: “Bisognerebbe che l’im- possibile fosse”. Bisognerebbe: ma l’autore sa bene che l’impossibile non può esistere, né oggi né mai. È il dramma dell’umanesimo ateo, partito con l’intenzione di salvare l’uomo, di dargli spazio per la sua realizzazione completa, di assicu- rargli un’esistenza serena e felice, e si finisce disarmati e disperati. Una constatazione fatta da tut- ti coloro che non credono, quando riescono ad esprimersi con totale sincerità e con la stessa onestà culturale dello scrittore francese. Il male, il limite, la morte, la con- tingenza non sono vincibili, sono al di là delle pur grandi possibilità umane. Lo voglia o no, l’uomo ha davanti a sé il muro dell’impossi- bilità, che solo una forza esterna, una forza onnipotente può scalfi- re e abbattere. Solo l’umanesimo aperto alla trascendenza, può dare una risposta al grido di dolore che sale dalla terra senza interruzione da quando l’uomo, in tempi lonta- nissimi, ha preso possesso della sua dimora. Tutti i tentativi di autosuf- ficienza sono falliti e non si capisce perché, dopo tanti disastri e tanti misfatti, si continui ancora a spe- rare di potercela fare da soli. Alla resa dei conti, l’umanesimo chiuso è l’umanesimo disumano. Come è stato felicemente detto, “non è vero che l’uomo, come sembra talvolta si dica, non possa organiz- zare il mondo terreno senza Dio. È vero però che, senza Dio, non può alla fin dei conti che organizzarlo contro l’uomo”. La storia è piena di queste conferme. Camus: l’umanesimo senza Dio Nell’ascolto di uomini come Camus, la comunità cristiana è chiamata a riflettere, anzitutto per confermare se stessa nella verità e disporsi in tal modo a comunicare agli uomini il gioioso messaggio di cui è in possesso. Perché la fede cristiana assicura che l’impossibile ora è diventato possibile, che Dio, per mezzo del suo Figlio, morto e risorto per noi, è venuto incontro alla nostra incapacità con la sua onnipotenza misericordiosa. In fin dei conti, in queste due sem- plicissime frasi è contenuto tutto l’insegnamento della rivelazione. L’uomo non può salvarsi da solo, ma non c’è da disperare perché la salvezza gli è offerta da colui che l’ha chiamato all’esistenza. Altre possibilità di salvezza non ci sono. Tutti i sogni cullati nel corso dei secoli sono miseramente falliti. Come gli ebrei sulle sponde del Mar Rosso, gli uomini hanno bisogno del braccio disteso di Dio che li liberi dalla morsa dell’impossibilità. Se si rompe questo filo di speranza, non rimane altro che tornare alla vec- chia, inguaribile disperazione. È la lezione di Albert Camus, da non perdere in nessun modo, anzi da valorizzare pienamente, per confermarci nella fede e comuni- carci un vero slancio missionario. Perché la grande notizia va comu- nicata e ricordata a tutti. Giordano Frosini Nel famoso quadro del pittore norvegese Edvard Munch si può vedere raffigurato l'uomo che nella notte urla, forse invocando aiuto, ma senza che nessuno lo ascolti

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Anno 116

10 NOVEMBRE 2013

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

40VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

La Vita è on lineclicca su

www.settimanalelavita.it

FIGURE DEL MOVIMENTOCATTOLICOMaria Eletta Martininel ricordo del suo direttore spirituale

PAGINA 2

LA PAROLA DEL PAPAOgnuno va verso il suotramonto ma Dionon dimenticamai nessuno

PAGINA 4

PROPOSTA PER IFUNERALI IN CHIESAIn Francia sta prendendo campo una retedi agenzie di pompe funebri senza fini di lucro.Il funerale come momentodi evangelizzazione

PAGINA 5

GLI UFFICI CARITASPRESI D’ASSALTO PAGINA 13

LA SIRIA AL BANCO DI PROVA DELLE APERTURE DI TEHERANNel nuovo Iran non sembra esserci posto per i vecchilegami con il regime di Assad

PAGINA 15LUNEDI’ 11 NOVEMBREINIZIA L’ANNODI APPROFONDIMENTO DELLA SCUOLA DI TEOLOGIALa prima docente sarà Beatrice Iacopini PAGINA 7

lbert Camus, uno dei letterati più famo-si del secolo scorso, nacque il 7 novembre 1913 in Algeria e morì il 4 gennaio 1960 in

un incidente automobilistico. Pro-prio in questi giorni ricorre, dun-que, il centenario della sua nascita. Ma perché ricordare nella prima pagina di un settimanale cattolico uno scrittore laico, non credente, se non proprio ateo (almeno non si è mai dichiarato tale), come Ca-mus? Perché la sua lezione e la sua testimonianza hanno ancora molto da insegnarci. Lo scrittore francese rimane infatti il testimone più at-tendibile ed efficace dell’umanesi-mo chiuso alla trascendenza. Gran-de ricercatore di una soluzione soddisfacente del problema della vita, si potrebbe anche dire gran-de ricercatore dell’Assoluto, cioè di Dio, non riuscì nel suo intento. Esemplarmente onesto, egli non nascose, anzi riconobbe pubblica-mente il suo fallimento e in questo senso rimane un caso emblematico dell’uomo che cerca e non trova. Quaesivi et non inveni: “Ho cer-cato e non ho trovato”. Il simbolo dell’uomo che rimane solo e senza punti di riferimento, sballottato dalle vicende della vita, senza cer-tezze e senza nessuna speranza. Una vita priva di senso, dal mo-mento che i grandi spiriti non si contentano delle distrazioni e dei divertimenti che può offrire una esistenza dissipata e superficiale. Solo e sperduto, come lo zingaro descritto dallo scienziato ateo a lui contemporaneo, che è oggi di-ventato il maestro del cosiddetto ateismo scientifico; solo e sperduto come l’uomo di Munch, che urla sotto il cielo tetragono coperto di nubi, senza che nessuno raccolga il suo grido.

Camus, per esprimere la situa-zione dell’uomo, di ogni uomo, si è servito del mito di Sisifo, condan-nato dagli dei a sollevare un masso pesante fino alla cima di un monte, che poi immancabilmente rotola in basso, così all’infinito. Una fatica inutile, assurda, senza soluzione e l’uomo consuma l’intera sua esi-stenza in questo sforzo sprecato e insensato: la meta non sarà mai raggiunta. Fuor di metafora, la vita non ha senso, la sofferenza non ha spiegazione, la morte sarà l’ultima, inesorabile e invincibile parola di

Auna vita assurda e senza ragione. Una tensione, comunque, che può riempire un’esistenza. Ma, in un momento di massima sincerità, fa dire al protagonista di un suo dramma: “Bisognerebbe che l’im-possibile fosse”. Bisognerebbe: ma l’autore sa bene che l’impossibile non può esistere, né oggi né mai. È il dramma dell’umanesimo ateo, partito con l’intenzione di salvare l’uomo, di dargli spazio per la sua realizzazione completa, di assicu-rargli un’esistenza serena e felice, e si finisce disarmati e disperati.

Una constatazione fatta da tut-ti coloro che non credono, quando riescono ad esprimersi con totale sincerità e con la stessa onestà culturale dello scrittore francese. Il male, il limite, la morte, la con-tingenza non sono vincibili, sono al di là delle pur grandi possibilità umane. Lo voglia o no, l’uomo ha davanti a sé il muro dell’impossi-bilità, che solo una forza esterna, una forza onnipotente può scalfi-re e abbattere. Solo l’umanesimo aperto alla trascendenza, può dare una risposta al grido di dolore che sale dalla terra senza interruzione da quando l’uomo, in tempi lonta-nissimi, ha preso possesso della sua dimora. Tutti i tentativi di autosuf-ficienza sono falliti e non si capisce perché, dopo tanti disastri e tanti misfatti, si continui ancora a spe-rare di potercela fare da soli. Alla resa dei conti, l’umanesimo chiuso è l’umanesimo disumano. Come è stato felicemente detto, “non è vero che l’uomo, come sembra talvolta si dica, non possa organiz-zare il mondo terreno senza Dio. È vero però che, senza Dio, non può alla fin dei conti che organizzarlo contro l’uomo”. La storia è piena di queste conferme.

Camus: l’umanesimosenza Dio

Nell’ascolto di uomini come Camus, la comunità cristiana è chiamata a riflettere, anzitutto per confermare se stessa nella verità e disporsi in tal modo a comunicare agli uomini il gioioso messaggio di cui è in possesso. Perché la fede cristiana assicura che l’impossibile ora è diventato possibile, che Dio, per mezzo del suo Figlio, morto e risorto per noi, è venuto incontro alla nostra incapacità con la sua onnipotenza misericordiosa. In fin dei conti, in queste due sem-plicissime frasi è contenuto tutto l’insegnamento della rivelazione. L’uomo non può salvarsi da solo, ma non c’è da disperare perché la salvezza gli è offerta da colui che

l’ha chiamato all’esistenza. Altre possibilità di salvezza non ci sono. Tutti i sogni cullati nel corso dei secoli sono miseramente falliti. Come gli ebrei sulle sponde del Mar Rosso, gli uomini hanno bisogno del braccio disteso di Dio che li liberi dalla morsa dell’impossibilità. Se si rompe questo filo di speranza, non rimane altro che tornare alla vec-chia, inguaribile disperazione.

È la lezione di Albert Camus, da non perdere in nessun modo, anzi da valorizzare pienamente, per confermarci nella fede e comuni-carci un vero slancio missionario. Perché la grande notizia va comu-nicata e ricordata a tutti.

Giordano Frosini

Nel famoso quadro del pittore norvegese Edvard Munch si può vedere raffigurato l'uomo che nella notte urla, forseinvocando aiuto, ma senzache nessuno lo ascolti

2 n. 40 10 Novembre 2013 LaVitaprimo piano

ella fede nel Signore Ri-sorto, fondamento della “comunione dei santi”, mi accingo a tracciare

questo breve ricordo sulla vita spi-rituale di Maria Eletta Martini, che amo definire una “cristiana laica del Concilio Vaticano II”.

Dal cielo mi guarda ed ascolta con affetto, ma anche con un certo disappunto, quasi scontrosa, ed avverto la sua voce che dice: “Ma don Pietro, che cosa si mette a dire?”.

Sì, cara Maria Eletta, l’esempio che ci hai lasciato è di aiuto a tutti noi, che per lunghi anni ti abbiamo conosciuto, stimato ed amato e che ancora siamo uniti a te, nella viva speranza di raggiungerti nella Gerusalemme celeste.

I prImI IncontrIHo incontrato Maria Eletta, ap-

pena adolescente, quando venne a Capezzano Pianore, mia parrocchia natia, confinante con Viareggio, e commentò alcune “stazioni” della Via Crucis.

Mi colpì molto il fatto che fos-se una donna a parlare in pubblico di Gesù per le strade illuminate e gremite di folla, ma ancora di più rimasi colpito per la fede e l’entu-siasmo che caratterizzarono i suoi interventi.

Successivamente, prima di di-ventare sacerdote, ebbi la gioia di svolgere il mio servizio di diacono nella sua parrocchia di S. Marco e di poterla incontrare proprio quando iniziava il suo impegno come consigliere comunale di Lucca.

Da segretario poco più che ventitreenne del vescovo monsi-gnor Bartoletti -il dono più grande fattomi dal Signore- incontravo fre-quentemente Maria Eletta, andan-do a celebrare nei giorni feriali la Messa nella cappella del “Regnum Cristi” sede delle Piccole apostole di Cristo Re.

Invitato a dettare ritiri mensili ed esercizi spirituali, ho potuto ammirare la singolarità del cammi-no di questa donna, donatasi al Si-gnore mediante i consigli evangelici della povertà, castità e obbedienza.

Il suo cammino, infatti, è sem-pre stato caratterizzato non da una fuga dal mondo, ma da un pro-fondo e costante impegno per la costruzione della città dell’uomo.

È stata un’autentica cristiana laica, che voleva e sapeva stare dentro il flusso della storia.

Maria Eletta, infatti, ha bruciato la sua esistenza, la sua competenza culturale e politica per inserire nell’oggi della storia umana i germi evangelici dei “cieli nuovi e della terra nuova”. Fu proprio lei a lot-tare perché nelle Costituzioni del “Regnum Christi” fosse accentuata questa dimensione della secolarità nella consacrazione al Signore; questo impegno a “trattare le real-tà temporali e ad ordinarie secon-do Dio”, come afferma la grande

UNA FIGURA DA NON DIMENTICARE

Maria Eletta Martini:cristiana laica del Vaticano II

di Pietro Gianneschi

N poteva buttarsi nel flusso della sto-ria e questa comunione invisibile le dava forza, inventiva e capacità di starvi con pienezza di servizio e di competenza.

Quante volte le ho sentito ripe-tere un testo della “Lumen gentium”, tanto caro a Giuseppe Lazzati: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio, trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (LG, 31).

In questo preciso orizzonte, che ha caratterizzato tutta la sua vita, nel suo libro “Anche in politi-ca cristiani esigenti”, Maria Eletta, rivelando come alla vita politica vi era giunta motivata da una precisa convinzione di fede, afferma:”La mia generazione e quella dei miei “maestri” amici) ha avuto un gran-de maestro, Paolo VI, che ci insegnò ad usare un termine impegnativo “carità politica” e ci spiegò (Octo-gesima adveniens, 46) che la politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano a servizio degli uomini”.

Animata da questa vitale con-vinzione, nel 1987, in occasione del Sinodo dei vescovi, indetto da Giovanni Paolo II su “Vocazione e missione dei laici nella chiesa e nel mondo”, prese l’iniziativa come ha ricordato Domenico Rosati di in-viare una “Lettera ai padri sinodali”.

Significativo è il fatto che per redigere questa lettera, ottenne il contributo di numerosi parlamen-tari democristiani. “Voleva essere -scrisse a nome di tutti- un contri-buito laicale specifico con il quale si intende testimoniare la nostra volontà di piena appartenenza alla comunità cristiana e, allo stesso tempo, si richiede a questa, pur nell’autonomia dei ruoli, un segno di attenzione e di sostegno”.

“Piena appartenenza e autono-mia dei ruoli”, secondo il pensiero di Domenico Rosati, era l’afferma-zione della peculiare posizione del politico cristiano, immerso in una società largamente secolarizzata e consapevole di non doversi sottrar-re agli interrogativi della storia.

“Se Il chIcco dI grano...”

Nel 1992 Maria Eletta, nono-stante fortissime pressioni, rinunciò a candidarsi.

Mi disse: “Vede, don Pietro, ho settanta anni, da lungo tempo sono deputato: è giusto che ora subentri qualche altra persona. Potrò così impegnarmi maggiormente nel “Centro nazionale per il volonta-riato”.

Di fatto il suo impegno a Lucca e fuori di Lucca continuò ad essere intenso e apportatore di idee ed iniziative.

Nei colloqui che continuai ad avere con lei, tre problemi emer-gevano sempre con sofferenza dal suo cuore.

Si sentiva anzitutto in debito verso le nuove generazioni, che voleva aver maggiormente aiutato

nella formazione ad un impegno nella vita sociale e politica.

A questo problema univa sem-pre il dispiacere per il poco che aveva fatto per la promozione di una nuova classe dirigente, di cui, affermava, c’è urgente ed assolu-to bisogno nell’attuale situazione socio-politica.

Infine insisteva nel domandar-mi cosa pensavo della situazione ecclesiale nel momento presente. “Lei, mi diceva, è stato accanto a monsignor Bartoletti; è nato con il Concilio. Non le sembra che questa chiesa del Concilio sia tra-scurata o addirittura dimenticata?”. Poi, consapevole di aver compiuto affermazioni molto impegnative, af-fermava: “A me sembra che questa sia la situazione, ma posso anche sbagliare!”

glI ultImI annIMaria Eletta è stata una stra-

ordinaria testimone che ha saputo incarnare la fede nel Signore con la laicità nell’impegno culturale e politico.

Pensando a lei, vengono alla mente le parole del Concilio a ri-guardo dei cristiani laici.

Sono una fotografia della no-stra carissima Maria Eletta: “Ogni laico deve essere davanti al mondo il testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono alimenta-re il mondo con i frutti spirituali e in esso diffondere lo spirito, da cui sono animati i poveri, i miti e i pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati”.

In una parola, afferma ancora il Concilio citando l’anonimo del II secolo nella Lettera a Diogneto: “Ciò che l’anima è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani”(Lumen gentium, 38).

Infine, a conclusione, come non ricordare la tremenda realtà che ha caratterizzato gli ultimi anni del lungo cammino di Maria Eletta? Proprio nei tre anni conclusivi ha toccato il fondo della più totale spogliazione.

Andandola a trovare non ti incontravi più con lei, ma con un rudere e non ti rimaneva altro che ammirare e commuoverti per l’amorevole dedizione di Maria Ele-na, Marino, Renata e Mario e delle persone che la assistevano.

Uscendo da quella casa mi tornavano alla mente le parole del Signore: “Se il chicco di grano, cadu-to in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”(Gv 12, 28).

Carissima Maria Eletta, in una situazione così priva di valori qual è quella nella quale si trova oggi il nostro Paese, specialmente nella vita sociale e politica, tu chicco di grano caduto in terra, intercedi dal cielo perché qualche germoglio di speranza fiorisca di nuovo in mezzo a noi.

Costituzione Conciliare sulla chie-sa. Parlavo con lei quando veniva ad incontrare l’arcivescovo Bartoletti; gli incontri erano frequenti e spes-so insieme a loro c’era monsignor Filippo Franceschi, allora delegato per l’apostolato dei laici e decano di San Michele in Foro, poi vescovo a Civitavecchia, Ferrara e Padova.

Fu proprio in alcuni di quei colloqui che il vescovo Bartoletti riuscì, non senza molteplici diffi-coltà, a prendere la decisione che nella nostra diocesi di Lucca non si costituissero più i comitati civici in occasione delle competizioni elettorali. E proprio a Maria Eletta fu dato l’incarico di comunicare la decisione agli organi competenti della Dc di Lucca.

“anche In polItIca crIStIanI eSIgentI”

Non posso fare a meno di rian-dare al 1967, quando venne a Lucca l’onorevole Aldo Moro e fu ricevu-to in Comune dal sindaco Giovanni Martinelli.

La fede, la dedizione agli ultimi, l’impegno a portare il Vangelo nella quotidianità della vita e della storia, pilastri basilari di questo straordi-nario sindaco, hanno certamente costituito una testimonianza assi-milata fino nel midollo delle ossa da Maria Eletta.

Tuttavia fu proprio dall’incontro con l’onorevole Aldo Moro che riu-scii a completare i punti fondamen-tali della identità di Maria Eletta.

Lei stessa, del resto, scrive nel suo ultimo libro “Anche in politica cristiani esigenti”: “Nella vita quo-tidiana di mio padre, nella elabora-zione culturale e politica di Moro, negli insegnamenti del vescovo Bartoletti e di don Franceschi ho trovato i punti di riferimento più alti e costanti ad una domanda per me esistenziale, e che esigeva una risposta: “perché un cristiano fa politica?”.

Quando sarà poi impegnata come deputato nella vicenda po-litica, ti rendevi conto che Maria Eletta, unita come il tralcio alla vite che è Cristo, era una persona com-pletamente donata al servizio degli uomini nella città secolare, nelle

più svariate realtà; sempre aperta alle molteplici istanze pluraliste, protesa in un dialogo tra i diversi ed anche i lontani, con lo sguardo verso il futuro. Ma pur coinvolta in una complessa e vasta realtà, che spesse volte le toglieva la possibilità di un minimo di riposo, Maria Elet-ta rimaneva fedele ai suoi impegni di discepola del Signore: la Messa quotidiana; la liturgia delle ore; la meditazione erano l’alimento se-greto del suo quotidiano donarsi ai fratelli nella ricerca dell’autentico bene comune.

la contemplazIone per le Strade del mondo

Per questo ha saputo mettere la contemplazione per le strade del mondo, testimoniando, come afferma la costituzione conciliare “La chiesa nel mondo” tanto cara a Maria Eletta, che “il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall’incitarli a disinte-ressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente” (Gaudium et spes, n. 34 ).

In questo orizzonte di una persona animata dallo Spirito Santo e donata ai fratelli si colloca la sua inesausta disponibilità ad incontrare la gente nei vari luoghi dove poteva essere accolta, nelle parrocchie e nei campi estivi, negli incontri con i giovani, verso i quali ha sempre nutrito una singolare attenzione e che venivano chiamati “i ragazzi di Maria Eletta”.

Ma deve essere posto anche in grande risalto che gli impegni e le competenze che caratterizzarono il cammino politico di Maria Eletta erano tutti tasselli che potevano e dovevano portarla a ricoprire ruoli di maggior prestigio, come in questi giorni dopo la sua morte è stato autorevolmente scritto.

Di qui si evidenzia come il modello che questa cristiana laica aveva inanellato ed incarnato nella sua vita presentava due perle vera-mente evangeliche: il disinteresse personale e lo spirito di servizio. Proprio perché unita al Signore,

310 Novembre 2013 n. 40VitaLa

“Montagna” più chemontagnaÈ “montagna”, nell’aria mattutina,una trina minuscola di ghiacciocon il colore gelido del cielo. È “montagna” la Vergine Maria, giusto dipinta in una verginina, a indicare, sicuro, il tuo cammino.È “montagna” una lodola di passoche vola in alto, e sparge le sue notea comporre una lieta melodia. È “montagna” il sibilo improvviso di un rondone di monte a fender l’aria nel passare radente su una cima.È “montagna” il fuoco di un bivaccoalto a scavare nella notte buiauno spazio di dolce nostalgia. Sono “montagna” anche le montagne, taloi velate d’aria cilestrina, tutte d’intorno a chiuder l’orizzonte.

G. Sguazzoni

PoetiContemporanei

Camillerie SimenonUn confronto tra due

grandi giallistidi Alessandro Orlando

ualche tempo fa, si sono incontrati a Roma il maggio-re scrittore di gialli italiani, Andrea Camilleri, e il figlio

John di uno dei più grandi autori mai vissuti, Georges Simenon. L’incontro che è avvenuto nella casa romana di Camilleri è stato possibile grazie anche ad Adelphi e Sellerio le edizioni che pubblicano i la-vori dei due scrittori e diventerà un docu-mentario che andrà in onda su Sky Arte HD e trasmesso sia sul sito di Sellerio sia su quello di Adephi. Camilleri e Simenon, durante il confronto durato circa due ore, hanno rivelato aspetti interessanti e ricordi inediti che riguardano l’autore del Commissario Montalbano e il figlio di chi ha creato Maigret. Intorno agli anni ’70 lo scrittore siciliano si occupò della serie televisiva Rai dedicata al commissario Maigret e interpretata da Gino Cervi. Camilleri, durante l’incontro ha dichiarato che fu in quel periodo che imparò come scrivere un giallo e che tutte le storie di Montalbano sono partite sempre da epi-sodi di cronaca nera realmente accaduti. Anche lo scrittore francese ha sempre dichiarato di non avere inventato nulla nella sua produzione. Altra similitudine tra i due è quella che entrambi sono scrittori prolifici i loro libri circolano con-tinuamente. Un altro elemento comune è l’enorme successo avuto dai loro scritti. Da questa chiacchierata emerge cosa pensano i due autori delle loro creature, Camilleri avrebbe voluto un Montalbano con capelli e baffi, l’opposto di Zingaretti, ma conosceva bene l’attore, suo allievo all’Accademia, conosceva le sue doti di recitazione e non ebbe difficoltà ad accettare ciò che il regista aveva scelto. Il figlio di Simenon rivela che non sempre ci fu accordo con il padre sull’attore chia-mato ad impersonare Maigret ma, pur contro voglia, accettò ciò che era imposto dalla produzione. Camilleri tiene molto a dire che il suo Montalbano ha imparato da Maigret, scomporre e ristrutturare il romanzo, montare e smontare, è questa l’arte di scrivere un giallo. Tutto si trasforma nell’incanto di trasmettere grandi emozioni al lettore ed in questo sia Camilleri che Simenon sono stati dei veri e propri maestri.

Q

Lewis, il qui e l’orat i amo a t ten t i , mentre ci cruccia-mo invano per il destino d’Europa,

a non dimenticarci di Verona o di Oxford. Nel povero che bussa alla mia porta, nella madre ammalata, nel giovane che mi chiede consiglio è presente il Signore in persona: dunque laviamo i suoi piedi”.

Non si può dire che lo scrittore inglese Clive Staples Lewis (1898-1963), conosciuto al grande pubblico come il padre di Narnia e delle sue cronache, non abbia avuto il dono della chiarezza. Queste righe, tolte da una lettera del 1948 a don Giovanni Calabria, rivelano un temperamen-to molto particolare: da una parte una grande cultura umanistica (era docente di letteratura ad Oxford), dall’altra il rifiuto della complessità e soprattutto il rigetto di uno dei miti del suo tempo, lo psicologismo. Ora una recente pubblicazione, “Clive Staples Lewis, maestro dello spiri-to” (Edizioni Messaggero di Padova, 183 pagine) di Anna Maria Giorgi ci permette di approfondire l’impor-tanza di questo scrittore all’interno di quella singolare stagione che a partire dalla metà degli anni Trenta vide riunirsi ad Oxford gli “Inklings”, personaggi fuori dagli schemi come lo stesso Lewis, e Tolkien, Williams, Barfield, Bennet e molti altri. L’essere fuori dagli schemi (di allora) era do-vuto al fatto che molti di loro erano

Chiarezza e concretezza nello scrittore rivisitato da Anna Maria Giorgi

di Marco Testi

“Salludere al combattimento contro il male, alla necessità di avere un credo e di fa re delle coraggiose scelte di campo. E, a proposito di materia, il libro della Giorgi ci fa scoprire dei lati interessanti di Lewis, rimasti un po’ in ombra, a causa anche del po-stumo successo del ciclo di Narnia dovuto soprattutto alla riduzione cinematografica, che ne ha amplifi-cato le potenzialità scenografiche a danno di quelle mistiche. Intanto uno scrittore per certi versi tradiziona-lista come lui non era certamente sospetto di manicheismo o di dua-lismo: la sua convinzione era che se il buon Dio aveva creato la materia, una ragione c’era. Perciò l’amore, compreso quello fisico, era un dono di Dio da tener in gran conto, anche quando esso procurava dolore: “Non è cercando di evitare le sofferenze inevitabili dell’amore che ci avvicine-remo di più a Dio, ma accettandole e offrendole a lui: gettando lontano la cotta di protezione. Se è stabilito che il nostro cuore debba spezzarsi, e se egli ha scelto questa via per farlo, così sia”.

Quello che emerge da queste pagine è un Lewis “attualista”, nel senso che egli privilegia il presente,

il qui e l’ora, rispetto alle ansie con-temporanee (a lui e a noi) di avere di più; in questo modo, dice lo scrittore, ci avveleniamo da soli i doni della Provvidenza perché già pensiamo a domani o rimaniamo intrappolati nelle nostalgie di ieri: “Se c’è una preghiera che non può essere esau-dita, scriverà Lewis molto più tardi, è quella espressa con questa parola: ancora. (...) La Signora di Perelandra, nella sua innocenza originale, sa bene che non si deve disprezzare il bene presente per desiderare un bene diverso”.

Molte malattie della modernità, come non dargli torto, provengono, secondo Lewis, proprio dall’oblio dell’evangelico “a ciascun giorno la sua pena”.

er chi abbia più di quarant’anni, ma speriamo anche per i più gio-vani, non è una novità che Fabri-zio De André sia stato un grande

cantautore e un vero poeta: le sue canzoni rappresentano tuttora un patrimonio ric-chissimo da indagare. Lo dimostra anche il libro di Armando Bartolini, direttore dell’ufficio scuola della nostra diocesi, che da anni studia l’opera del cantante genovese e ora pubblica per l’editrice Set-tegiorni Gli Apocrifi di De André. Fabrizio De André e l’intercultura.Lo scritto di Bartolini nasce dal tentativo – ottimamente riuscito - di far interagire l’opera di De André con le intuizioni degli specialisti di intercultura, intesa come strada che, attraverso la capacità di cogliersi come personalità complesse, eterogenee, prisma-tiche porta all’incontro vero con l’altro, che non è mai solo “il diverso”, ma anche una parte di noi.Il titolo, con la parola “apocrifi” messa in ri-lievo, dice già molto dell’indagine di Bartoli-ni: se apocrifo è ciò che nascosto, ma anche ciò che esula dall’ufficialità e quindi suscita sospetto e paura, le canzoni di De André sono una galleria di personaggi apocrifi (ed è davvero bella l’intuizione di Armando, di attribuire l’aggettivo non a un testo, come di consueto, ma a persone).Il titolo che Bartolini ha scelto, quindi, non allude solo all’interesse del cantautore per

i vangeli apocrifi e le storie che raccontano (vedi

l’album La buona novella, del 1970,

tutto ispirato ai vangeli non canoni-ci) ma all’attenzione,

meglio alla predilezio-ne, di De André per gli

apocrifi della società: le prosti- tute, i ladri, i perdenti, tutti quelli che – quale ne sia il motivo – vivono ai margini, provocando lo scandalo e l’ira dei benpensanti o tuttalpiù la loro compassione, ma rappresentano in realtà le vittime di un sistema sociale perbenista e ipocrita. Inutile sottolineare quanto sia pro-fondamente evangelica questa scelta degli ultimi e quanto amore esprima per la figura di Gesù, considerato paradigma di perfetta umanità, il laico De André che, come Gesù, ha saputo guardare il mondo con gli occhi degli esclusi dalla storia ufficiale.E’ qui che si inserisce perfettamente il tema dell’intercultura, nella posizione completa-mente priva di paternalismo e genuinamen-te accogliente in cui il cantautore si pone per incontrare e accogliere davvero – messa da parte la “spavalderia dell’identità” – il po-polo degli apocrifi.E De André in questo senso ha molto da dire ancora oggi, in una società globale che

rischia di chiudersi in realtà in gruppi isolati dalla rivendicata identità forte, dove non trova spazio alcuna interazione, ma solo un’ “integrazione” più o meno forzata (e destinata quindi a imporre violenze oppure a creare emarginazione). La sua attenzione al singolo, al volto del povero, dell’ultimo, dell’apocrifo, che non vuol saperne di teorie sulla povertà, e d’altra parte la condanna di ogni pregiudizio e giudizio sull’altro ha portato uno studioso a definire il cantante “poeta della carità”.De André maestro ante litteram, e certo senza saperlo, dell’intercultura, laddove ci insegna a decostruire il modello culturale che abbiamo introiettato, a prendere le di-stanze dai parametri abituali, a relativizzare e decentrarsi, per poter davvero accettare la sfida di guardare il volto dell’altro, come d’altra parte fa Dio, un Dio kenotico, che si abbassa sugli umili. Come ebbe a dire rivol-to a lui don Gallo: “Parli all’uomo amando l’uomo: stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esiste”. Non è forse un piccolo spiazzante deco-struttivo vangelo quel verso lapidario e de-finitivo: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”?

P

GLI APOCRIFI DEL CANTAUTORE

Fabrizio De Andrée l’interculturaSettegiorni editore, 2013di Beatrice Iacopini

tornati alla fede dopo varie peripezie, solo che il creatore del Signore degli anelli aderì al cattolicesimo, mentre Lewis rimase all’interno della chiesa anglicana, in quella sua componente, la Chiesa Alta, più vicina alla cattolici-tà. Non si trattava solo di ritorno alla fede: le loro opere, nel caso di Tolkien più velatamente e simbolicamente, in quello di Lewis più esplicitamente, grondavano spiritualità cristiana da tutti i pori.

Parlando di draghi, gnomi, troll, leoni, regni lontani, non tanto lontani da non poter essere trovati dentro un vecchio guardaroba, questi di-stinti docenti universitari volevano

4 n. 40 10 Novembre 2013 LaVitaattualità ecclesialeo scorso anno, nel viag-gio in Terra Santa, una tappa è stata Gerico, città antichissima con

i suoi 8 o forse 9 mila anni di vita. Giosuè la conquistò attorno al 1250 avanti Cristo: le trombe suo-nate da sette sacerdoti fecero crol-lare le mura della città fortificata. L’avevo già vista, o meglio cercato di vederla, Gerico, dal monte Nebo, il luogo da dove Mosè ha ammi-rato, senza poterla raggiungere, la terra promessa. Arrivato nella città si cerca il sicomoro, albero dalla grande ombra, sotto la quale trovo un po’ di riparo. Nel guardare i suoi rami torna alla memoria la vicenda di Zaccheo, il Vangelo di questa domenica.

Gesù è in cammino verso Gerusalemme, la strada è ancora lunga, ci sarà il deserto. Ma Gerico è l’ultima tappa del viaggio “che riassume in se il senso di tutta la vita di Gesù, dedicata a salvare le pecore perdute della casa di Israele” afferma Francesco all’An-gelus. E a Gerico sopra l’albero di sicomoro vede quest’uomo non troppo alto, tenuto distante dalla gente per bene perché, appunto, peccatore. Ma Gesù lo chiama, per nome e gli dice: Zaccheo scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. “Quell’uomo piccolo di statura - afferma Papa Francesco all’Angelus - respinto da tutti e distante da Gesù, è come perduto nell’anonimato; ma Gesù lo chiama e quel nome ha un significato pie-no di allusioni: Zaccheo infatti vuol dire Dio ricorda”.

Nella storia narrata dai Vangeli, dalla Bibbia, si incontrano peccato-ri, persone non troppo raccoman-dabili: Giacobbe ad esempio era un traditore, Pietro il pescatore, irascibile; ancora David era un adultero, Giona un ateo, Paolo un persecutore dei cristiani, Mosè un balbuziente che per raccontare l’incontro con il Signore si fa aiu-tare dal fratello Aronne, il levita. Zaccheo, come abbiamo detto, non era troppo alto, ma soprattutto anche in quei giorni dell’incontro con Gesù, i giorni dello Yom Kip-pur, il giorno dell’espiazione, aveva rubato, tradito i suoi fratelli con gli invasori romani, e per questo era tenuto distante, emarginato. Tommaso uno scettico, ha bisogno di toccare per credere; Abramo un vecchio, e Lazzaro addirittura morto. Nulla è impossibile a Dio, perché guarda alla persona non alla sua condizione, non importa se non credente o peccatore: rende nuovo l’uomo che chiama; e chiama per nome. “Non c’è professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che pos-sa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli. Dio ricorda, non dimentica nessu-no di quelli che ha creato”.

L’immagine di Zaccheo sul si-comoro ci dice anche un’altra cosa. Crediamo che per vedere, ed esse-re visti dal Signore, dobbiamo salire in alto, sopra le teste della folla che ci nasconde la vista. Ma Dio non dimentica, ci ricorda Francesco; co-nosce i suoi figli e, come un padre è “sempre in attesa vigile e amore-vole di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa”. Ed è subito accanto senza attendere la richiesta di perdono;

Come Zaccheo,il peccatore che Gesù

chiama per nomedi Fabio Zavattaro

VENT’ANNI DOPO GIOVANNI PAOLO II

Il Papa al Verano:“Tutti noi avremo un tramonto”Un ricordo speciale per le vittime delle migrazioni: “Abbiamo visto le fotografie, la crudeltà del deserto, abbiamo visto il mare dove tanti sono affogati. Preghiamo per loro e anche per quelli che si sono salvati e che in questo momento sono in tanti posti di accoglienza, ammucchiati”

di M.Michela Nicolais

l tramonto e la speranza. La morte e la vita. Il nostro presente e il nostro futuro. La gioia di essere “ancorati”

sulla riva giusta. Vent’anni dopo, un altro Papa entra al cimitero del Verano. Papa Francesco, in un pomeriggio insolitamente estivo, attorniato da un fiume di gente che lo attendeva già da oltre un’ora davanti alle transenne che peri-metravano l’ingresso al cimitero monumentale più antico di Roma, riprende una consuetudine che si era interrotta esattamente vent’an-ni fa, il 1° novembre del 1993, con Giovanni Paolo II. E lo fa pronun-ciando un’intensa omelia intera-mente a braccio e concludendo la Messa -come aveva fatto poche ore prima, nell’Angelus di Ognis-santi- con una speciale preghiera per gli immigrati morti nel “crudele deserto” o annegati in mare. Ai quali augura, come alle migliaia di persone che sono assiepate lungo il viale centrale del Verano, un fu-turo migliore. All’insegna di quella speranza che “non delude mai”. Perché oggi, ci tiene a sottolineare Papa Francesco nel giorno in cui si è soliti andare a trovare i pro-pri cari che riposano nei cimiteri, “è un giorno di gioia, una gioia serena, tranquilla. Un giorno della gioia, della pace”. Tutti abbiamo un tramonto. “A quest’ora, prima del tramonto, in questo cimitero, ci raccogliamo e pensiamo al futuro, a tutti quelli che sono andati, che ci hanno preceduto nella vita e sono

nel Signore”. Con queste parole Papa Francesco ha cominciato l’omelia. E al tema del tramonto Papa Francesco è tornato alla fine della sua riflessione, quasi chiuden-do un cerchio, e sono certamente queste le parole che i presenti si ricorderanno di questa giornata: “In questo pre-tramonto di oggi ognuno può pensare al tramonto della sua vita”. “Tutti noi avremo un tramonto”, ha ricordato il Papa, esortando ciascuno a chiedersi: “Lo guardo con speranza? Lo guardo con quella gioia di essere accolto dal Signore?”. “Oggi è un giorno di gioia, una gioia serena, tran-quilla - ha proseguito - un giorno della gioia, della pace”. “Pensiamo al tramonto dei fratelli e delle so-relle che ci hanno preceduto - ha aggiunto - al nostro tramonto, al nostro cuore, e domandiamoci: dove è ancorato il nostro cuore? E se non è ancorato bene, anco-riamolo là, in quella via, sapendo che la speranza non delude, perché il Signore Gesù non delude”. La speranza che non delude. Ripercor-rendo le letture del giorno, il Papa ha citato la “visione del cielo” con-tenuta nella prima tratta dal libro dell’Apocalisse e ha commentato: “La bellezza, la bontà, la verità, la tenerezza, l’amore pieno: ci aspetta quello, e quelli che ci hanno pre-ceduti sono là e proclamano che sono stati salvati non per le loro opere. Hanno fatto opere buone, ma sono stati salvati dal Signore. La salvezza appartiene al nostro Dio:

è lui che ci salva, che ci porta come un papà, che ci dà la sua mano alla fine della nostra vita, proprio in quel cielo dove sono i nostri an-tenati”. “Se andiamo nella via con il Signore, lui non delude mai!”, ha esclamato il Papa, che sempre seguendo le letture del giorno ha citato la domanda che fa uno degli anziani: “Chi sono questi vestiti di bianco?”. “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione - la rispo-sta - e hanno lavato le loro vesti la-vandole con il sangue dell’Agnello”. “Soltanto possiamo entrare in cielo grazie al sangue dell’Agnello, grazie al sangue di Cristo”, ha ricordato il Papa: “Se oggi pensiamo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che ci hanno preceduti - ha aggiunto - è perché sono stati lavati nel san-gue di Cristo. È questa la nostra speranza, e questa speranza non delude”. “Vedere Dio, essere simili a Dio: è questa la nostra speranza”, ha detto. Avere il cuore ancorato là. “Oggi, giorno dei santi, e prima del giorno dei morti, è necessario pensare un po’ alla speranza, a questa speranza che ci accompa-gna nella vita”. È il tema centrale dell’omelia, e il Papa ci torna a più riprese. “Spesso dipingiamo la spe-ranza come un’ancora”, ha detto soffermandosi su questa immagine: “Come se la vita fosse un’ancora e tutti noi, andando, tenendo la cor-da...”. “Avere il cuore ancorato là, dove sono i nostri antenati, i santi, dove è Gesù, Dio”, l’invito del Pon-tefice: “Questa è la speranza che

non delude”. La speranza, l’altra immagine, “è un po’ un lievito, per-ché ti fa allargare l’anima: ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti, guarda quello che ci aspetta”. “Oggi è un giorno di speranza”, ha ripetuto il Papa riferendosi alle festività di questi giorni: “I nostri fratelli e le nostre sorelle sono alla presenza di Dio. Anche noi saremo lì per pura grazia del Signore, se noi cammi-niamo con Gesù”. “La speranza ci purifica”, ha proseguito, ci “allegge-ra” (ha detto al posto di “alleggeri-sce”), “ci fa andare di fretta”. Una preghiera speciale per i morti nel deserto e in mare. “Vorrei pregare in modo speciale - le sue parole - per quei fratelli e quelle sorelle che in questi giorni sono morti mentre cercavano una liberazione, una vita più degna”. La fine della Messa al Verano è dedicata ai tanti immigrati morti di fame, di sete e di fatica nel deserto o annegati in mare, per i quali poche ore prima al termine dell’Angelus aveva chiesto una preghiera silenziosa. “Abbiamo visto le fotografie - ha detto Papa Francesco - la crudeltà del deserto, abbiamo visto il mare dove tanti sono affogati”. “Preghiamo per loro - ha proseguito - e anche per quelli che si sono salvati e che in questo momento sono in tanti posti di accoglienza, ammucchiati, sperando che le pratiche legali si affrettino per potersene andare in un’altra parte, più comodi, in altri centri di accoglienza”.

I

L Dio nondimenticanessuno

apre le sue braccia, accoglie e “con il suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione e del ritorno”.

Quel “scendi dall’albero” che Gesù rivolge a Zaccheo è diretto a tutti noi: dobbiamo “scendere” dalle nostre convinzioni; e non c’è tempo di prepararci all’incontro perché è sempre lui che ci anticipa, ci coglie all’improvviso, come se fossimo sulla strada verso Dama-sco, e ci dice: oggi devo venire nella tua casa, cioè nella nostra vita. “Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare della nostra vita un dono d’amore”, afferma Papa Francesco. Nella casa di Zaccheo “è venuta la salvezza”, in quella casa “da quel giorno entrò la gioia”.

Sin dai primi giorni del suo pontificato, Francesco ha sempre sottolineato la grande misericor-dia di Dio, e all’Angelus dice: “se hai un peso sulla tua coscienza, se hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non spaventarti, pensa che qualcuno ti aspetta”. Gesù è misericordioso, afferma ancora, “mai si stanca di perdonare”.

510 Novembre 2013 n. 40VitaLa

l tema di questa domenica 32.a del tempo ordinario è enunciato nella collet-ta (seconda forma): «O Dio, Padre della vita e autore della risurrezione, davanti

a te anche i morti vivono». Questa preghiera è evidentemente ispirata dal racconto dell’uccisio-ne dei sette fratelli e della loro madre, riportate dal libro dei Maccabei (prima lettura, 2 Mac 7,1-2.9-14): «Il re dell’universo, -dice coraggio-samente uno di loro- dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Nella stessa lettura si afferma, inoltre, che non esistono posizioni neutrali: o uno crede alla vita eterna e sceglie conseguentemente, o uno non ci si crede e per lui varrà quel: «Per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita» che leggiamo nella seconda lettura. Tertium non datur! Quella della fede nella vita eterna è la posizione che hanno espresso, più con il dono della propria vita che con le parole, schiere innumerevoli di “martiri”, cioè “testimoni”, una tale sicurezza nei confronti di questa realtà, da anteporla a qualsiasi altro valore. Paradossal-mente, la loro scelta è stata “amore per la vita”, «perché -come dice Gesù- chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la sal-verà» (Mc 8,35). Atteggiamento ben diverso da quello di coloro -sembrano in numero crescente- che ritengono la loro comparsa sulla terra un episodio casua-le, da vivere il più piacevolmente possibile, ma senza prospettive ulteriori, da chiudere quindi, magari col suicidio, quando non si riescono più

a vedere sbocchi praticabili. Ai Sadducei, -«i quali dicono che non c’è risurrezione» (lettura evangelica, Lc 20,27-38)- e che perciò avevano una visione immanentistica della vita, Gesù ribatteva: « Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Per me, come cristiano, non esistono, pertanto, situazioni irrisolvibili. Anche i momenti più bui e dolorosi sono sempre illuminati dalla luce dell’eternità. Anzi, quando la sofferenza mi viene a visitare, so che è il momento in cui «completo nella mia carne mortale ciò che manca alla passione di Cristo».L’affermazione di Paolo: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1Cor 15,19) dovrebbe essere integrata da un’altra considerazione: se tutto per noi si risol-vesse nel tempo che passiamo su questa terra e non vi fosse un “dopo”, la vita, perfino la più felice, non sarebbe davvero altro che una cru-dele beffa. Nel 1953 vi furono due avvenimenti rilevanti: la morte di Stalin, avvenuta il 5 marzo, e le elezioni politiche del 9 giugno in Italia, precedute da un’accesa campagna elettorale alla quale prese parte, per il partito comunista,

Alighiero Tondi, un gesuita che nel 1952 aveva abbandonato la Compagnia di Gesù ed il sacer-dozio, sposandosi ed abbracciando l’ideologia ateo-marxista che allora era la dottrina ufficiale di quel partito. Quando il Tondi si presentava in una piazza d’Italia per un comizio, era seguito, subito dopo nello stesso luogo, dal celebre P. Virginio Rotondi S.J. che esordiva dicendo, con un simpatico giuoco di parole: «Dovunque arrivi l’ex padre Tondi, arriverà subito dopo anche padre Rotondi». I due fecero tappa, uno dopo l’altro naturalmente, anche a Pistoia, in una af-follatissima piazza del Duomo. Lo scopo di pa-dre Rotondi era quello di confutare, nel suo co-mizio, le tesi materialistiche ed immanentistiche oggetto del precedente comizio del Tondi. Se non vi fosse la sopravvivenza dell’anima, -esor-diva padre Rotondi- per quale motivo dovrei impegnarmi per fare il bene ed evitare il male? Perché dovrei sacrificarmi per il mio prossimo, ivi compresi addirittura i miei figli, se, come me, sarebbero destinati ad essere inghiottiti dal nulla? Sacrificare la vita per la patria, poi, accorciando l’unico periodo della mia esistenza, finendolo per giunta nella sofferenza, a benefi-cio delle generazioni future le quali, a loro volta, scompariranno sarebbe solo pura follia. Poi, passando a parlare di Stalin, così apostrofava il Tondi ed i comunisti: «Stalin, che avete osan-

nato fino ad un paio di mesi fa, quando era potentissimo in vita, adesso, da morto, non è altro, secondo le vostre teorie, che una carogna al pari di quella di un cavallo o di un cane. Per me, che sono cristiano, è, invece, una persona ancora viva, che, nonostante la sua vita scellera-ta, alla fine, in un modo o in un altro, potrebbe -chissà?- aver incontrato l’immensa misericordia di quel Dio di infinita bontà in cui, da giovane seminarista ortodosso, aveva creduto e che ave-va certamente amato e pregato». Il pensiero della vita eterna valorizza qualsiasi vita e qualsiasi circostanza, piacevole o spia-cevole, che vi si possa verificare. Dice infatti l’apostolo Paolo: «Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» (seconda lettura 2 Ts 2,16 - 3,5). «Tutto è grazia» ripeteva santa Teresa di Lisieux sul letto di morte e la stessa espressione si ritrova nell’ultima pagina del Diario di un curato di campagna di Bernanos. Il pensiero della morte e di un aldilà di gloria non è solo un deterrente contro il peccato -«Memorare novissima tua et non peccaveris in æternum», consiglia l’Imita-zione di Cristo- ma è soprattutto una potente motivazione per sfruttare bene il poco tempo che abbiamo a disposizione in questa vita e che è la moneta preziosissima con cui possia-mo acquistarci un’eternità beata.

Don Umberto Pineschi

La Parola e le parole32ma Domenica Tempo orDinario anno c

attualità ecclesiale

I

ccompagnare le persone lungo il tratto di vita più doloroso: la perdita di un proprio caro e l’or-ganizzazione del suo funerale.

Un compito delicato che richiede pro-fessionalità, vicinanza e, al tempo stesso, una grande maturità.

Un compito che la chiesa cattolica di Francia già da alcuni anni ha deciso di assol-vere dando vita alle “pompe funebri cattoliche al servizio delle famiglie in lutto”.

Il servizio messo in atto dalla chiesa francese si rivela essere un’occasione unica di evangelizzazione, un tempo di profonda spiritualità per le famiglie interessate. In una parola, un luogo di luce e di speranza in cui le persone vengono prese per mano e accom-pagnate a elaborare il lutto, a riscoprire i riti funebri della chiesa cattolica e a relazionarsi con la morte.

Una realtà che sta riscuotendo anche un certo successo visto che, già presenti dal 2000 a Parigi, questo tipo di pompe funebri si sono nel tempo diffuse a Versailles e a Bordeaux, e proprio in questi giorni e con la benedizione dei rispettivi vescovi, si stanno inaugurando agenzie nelle diocesi di Marsiglia, Lione e di Fréjus-Toulon. (Info: www.s-c-f.org)

andare Incontro a coloro che Soffrono

Dopo il grande incontro della Chiesa fran-cese a Lourdes “Diaconia 2013”, le agenzie si pongono come rinnovata mission quella di “andare incontro a coloro che soffrono”. Ogni struttura è gestita da un personale qualificato e salariato - come in un normale servizio di pompe funebre - e da volontari formati.

Tutto si realizza di concerto con i sacer-doti della parrocchia e con gli operatori della pastorale dei funerali delle singole diocesi. Il servizio offerto è all’insegna del tatto e della discrezione dal momento in cui un in-terlocutore entra in contatto con la famiglia fino al giorno del funerale, proponendo un percorso personalizzato e attento di accom-pagnamento.

“Una delle nostre caratteristiche - spiega Christian de Cacqueray, direttore del ‘Service Catholique des funérailles’ - è la dimensione della relazione: significa che a prendersi cura della famiglia non sono vari uffici come suc-cede nelle grandi città, ma un’unica persona che segue l’iter in tutti i suoi aspetti creando una relazione profonda con queste persone”. In questo clima di ascolto e di fiducia, insieme si decide come e in quale forma dare l’addio al proprio caro defunto. Spesso le famiglie non hanno alcuna idea dei riti funebri per cui gran parte del lavoro degli operatori è proprio condurre le persone a scoprire la ricchezza della Chiesa. I servizi offerti prevedono poi anche la cura del defunto, la gestione delle procedure amministrative, i contatti con parrocchia e cimiteri, la preparazione e pub-blicazione di annunci sui giornali o l’invio di inviti, secondo i desideri della famiglia.

Il “Service Catholique des funérailles” halanciato una rete di

agenzie di pompe funebri, senza fini di lucro.

Secondo l’indicazione dei vescovi, ci si adopera per fare di questa dolorosa occasione un momento di evangelizzazione e di profonda spiritualità.

Le persone vengono prese per mano e accompagnate

a elaborare il luttodi Maria Chiara Biagioni

A

INIZIATIVA DELLA CHIESA

“I funerali non sono un business”

La proposta francese

agenzIe Senza fInalItà dI lucro

I patti sono chiari: le associazioni e le cooperative che lavorano in queste agenzie di pompe funebri - dice de Cacqueray - de-vono sottostare a una logica “non lucrativa”. Devono sottoscrivere una “Carta” nella quale si dichiara tra l’altro di essere “coscienti di essere depositari di una missione specifica ricevuta dalla Chiesa”. Ciò significa che la struttura deve avere una “gestione disinteres-sata”, e cioè portata avanti “in uno spirito non commerciale”. “I funerali non sono un business -si legge nella regolamentazione del servizio-, ma un’attività di servizio inseparabile alla di-mensione di senso che gli operatori aspirano a dare. Pertanto anziché azioni commerciali, i servizi funebri sono al servizio dell’uomo e della sua dignità e non fonte di arricchimento personale di dirigenti o azionisti”.

una comunIone che dura per Sempre

Il 30 ottobre l’arcivescovo Georges Pontier ha benedetto a Marsiglia i locali del nuovo Servizio funebre cattolico della sua diocesi. Alla vigilia di Ognissanti ha parlato di “una festa che c’invita a coltivare il desiderio di Dio”. “Questa festa c’insegna anche che siamo in comunione con i nostri fratelli e sorelle in una unione spirituale, di amicizia e amore, senza oscurità”.

Ed aggiunge: “Di recente ho sentito una madre raccontare della profonda comunione che ha vissuto con il suo bambino morto prematuramente.

Coltivava per lui un pensiero di amore e d’un tratto ha detto: ‘Niente mi impedisce di essere in comunione con lui’.

Questo è ciò che la fede può produrre. Che speranza!”.

6 n. 40 10 Novembre 2013 LaVita

a solennità di “Tutti i Santi” rende il doveroso omaggio a tutti gli esseri umani che nella loro condizione esistenziale e temporale si sono

santificati. «La santità consiste nella conforma-zione a Cristo, frutto dell’opera dello Spirito Santo nell’uomo, in unione al Padre». Con questa affermazione, monsignor Diego Coletti, vescovo di Como, ci introduce sulle proprie riflessioni circa la santità.

Quando la chiesa ha dato inizio alla pratica di proclamare pubbli-camente la santità di alcuni fedeli defunti?

Non si tratta in questo caso di una con-suetudine sorta ex abrupto, quanto piuttosto dell’evoluzione di una prassi con radici molto antiche. Fin dai primissimi secoli di vita della chiesa era uso comune venerare alcuni defunti: si tratta dei martiri, che donando la vita per la fede si erano conformati al Cristo crocifisso rendendolo presente e vivo nella comunità col loro esempio e col loro sacrificio. La loro santi-tà era riconosciuta dalla comunità dei fedeli per conoscenza diretta, vi era cioè una memoria viva dell’eroicità della loro fine e della bontà della loro intera vita. Nei secoli del cosiddetto Medio Evo, con l’espandersi della fede cristiana, con il progressivo moltiplicarsi del numero dei credenti e con la più marcata strutturazione che la chiesa aveva assunto sorse anche l’esi-genza di stabilire in modo formale l’effettiva santità di coloro che i credenti assumevano come modello di vita e facevano oggetto di venerazione: nacque così una prima forma di verifica che col passare del tempo si sarebbe evoluta nel processo di canonizzazione per come lo conosciamo oggi.

In che cosa consiste la santità? È un dono di Dio o una conquista per-sonale degli esseri umani?

La santità consiste nella conformazione a Cristo, frutto dell’opera dello spirito santo nell’uomo, in unione al Padre. È necessaria

qualche precisazione rispetto all’opinione corrente circa la santità. Innanzitutto, la santità non è dell’uomo ma di Dio. “Rendici santi, Signore, perché tu sei santo”, con que-sta invocazione la liturgia ci insegna a pregare proprio nelle memorie dei Santi. La santità è donata gratuitamente da Dio attraverso i sacramenti della chiesa, attraverso la parola e, seppur in modo differente, attraverso la vita di comunità, anch’essa via di santificazione. Ciò che l’uomo deve fare per essere santo, quindi, non è tanto un’opera di cosmesi spirituale, quanto piuttosto aderire con cuore aperto e disponibilità incondizionata all’azione di Dio in lui e alla volontà di Dio sulla sua vita. Una santa che mi è particolarmente cara, Teresa di Lisieux, disse: “Desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e vi domando, mio Dio, di essere voi stesso la mia santità”. E ancora: “Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l’abbandono e la riconoscenza”.

Cosa comporta effettivamente la vocazione alla santità?

Comporta anzitutto l’amore: questa è la vocazione che riceviamo nel battesimo e questo è l’unico modo per vivere la santità. Amore verso i fratelli, che è strada indispen-sabile per arrivare ad amare Dio. La condotta moralmente buona è occasione e conseguenza di questo presupposto fondamentale. Non che non sia importante un comportamento cor-retto; tuttavia la bontà delle nostre azioni può essere fonte anche di orgoglio e di presunzione di salvarsi da sé: anche la perfezione morale ci conduce a Dio solamente se diviene occasione per amare e per lasciarsi amare da Lui.

Che ruolo gioca la vocazione nelle scelte umane alla santità?

La santità è una, ma le vie per realizzarla sono molteplici. Non c’è una ricetta univoca attraverso cui manifestare nella vita la santità che ci viene offerta da Dio. Il suo progetto è differente e originale per ciascuno, così è differente la vocazione che ciascuno riceve e il modo che gli è dato per vivere la santità. Grandi carismi e piccoli servizi sono altrettan-to valevoli agli occhi del Signore. Fu sempre santa Teresina ad affermare con poetica chia-rezza: “Dio ha voluto creare i grandi santi, che possono essere paragonati ai gigli e alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d’essere margherite

Ne abbaimo parliamo conmonsignor Diego Coletti,

vescovo di Comodi Carlo Pellegrini

L

La solennità di “Tutti i santi”

o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand’egli si degna d’abbassarlo”. Co-nosciuta la vocazione che il Signore ci rivolge, cresciamo nella santità se seguiamo questa via con fedeltà, entusiasmo e dedizione.

Quale ruolo svolgono i santi nella “comunione dei santi”?

Ci sono maestri, compagni, protettori. Non solo i “santi” proclamati solennemente tali, ma tutti i “salvati” da Dio. La loro vita è, innanzi-tutto, testimonianza che la santità è possibile ed è anche bella. Ci mostrano alcuni tratti del volto di Cristo incarnandoli in un luogo e in una storia. Il loro essere già accanto a Dio nella gloria ci è d’incoraggiamento nel cammino e di consolazione nelle fatiche. La loro preghiera nell’assemblea celeste e la loro intercessione per noi, infine, fanno da sottofondo alla bontà provvidente del Padre che ci accompagna lungo la vita. Nel mistero di Cristo, in cui tutto l’uni-verso è ricapitolato, siamo intimamente legati ai fratelli che hanno vissuto la fede in ogni luogo e in ogni epoca della storia: questo legame marca la potenza di una fede che non ci vuole soli ma ci stringe ai fratelli con un vincolo indissolubile. Questo è il senso del grande mistero della comunione dei santi.

Come e quando la chiesa ha stabi-lito di celebrare la festività dei santi? Perché?

L’usanza di celebrare in un’unica memoria tutti i santi è molto remota. Si diffuse inizial-mente in Oriente e pare fu stabilita per la prima volta nella chiesa latina da papa Gregorio Ma-gno (731-741), che scelse per questo il primo

giorno del mese di novembre, anniversario della consacrazione nell’antica basilica di San Pietro di una cappella dedicata, appunto, a tutti i santi. Il senso di questa festa, tuttavia, è presente nell’origine stessa della celebrazione cristiana: secondo le testimonianze giunte a noi, fin dai primi secoli i cristiani ricordavano i santi in ogni eucaristia, proprio all’interno della preghiera di consacrazione. Questo perché la vita dei santi -e più ancora la santità come vocazione comune a tutti i battezzati- è uno dei motivi fondamentali di quel grande ringraziamento che è la celebrazione eucaristica. Inoltre, ad ogni celebrazione la comunità orante si unisce nel mistero all’assemblea celeste, in unione alla quale innalza la comune lode a Dio. La festa dei santi, come ricorrenza liturgica specifica, riassume e visibilizza tutti questi significati

Come giustifica la presenza di innumerevoli candidati alla santità sepolti negli archivi?

La giustifico con la constatazione consolan-te che la santità vissuta è più ampia di quella solennemente proclamata dalla chiesa. Il fatto che la chiesa riconosca formalmente la santità di alcune persone ha come scopo quello di indicare alla comunità cristiana dei modelli esemplari. Questo non significa che quelli uffi-cialmente proclamati siano gli unici santi vissuti. Credo, anzi, che la storia della chiesa e della nostre comunità sia continuamente fecondata da una schiera di santi silenziosi e preziosissimi, la cui esistenza dimostra come la santità non sia prerogativa di un’elite, ma vocazione rivolta a tutti i battezzati.

n doppio legame mi tiene unito a don Oreste Benzi, di cui ricorre il sesto anni-versario della morte. Innanzitutto il rap-porto epistolare intrattenuto con i lettori

del “Corriere Cesenate”. Dal 26 novembre 1994 sono state pubblicate centinaia di risposte: tredici anni di dialogo intenso, soprattutto con i giovani e i genitori. Ne facemmo un volume dall’eloquente titolo “Non posso tacere” uscito nel dicembre del 1999. Curai i testi che suddivisi in sette capitoli che si leggono tutto d’un fiato. Quegli scritti conservano tutta la loro forza e la loro attualità.

Come prefazione, raccolsi un’intervista dal cardinal Ersilio Tonini. Il porporato descrisse don Oreste come “un uomo libero, perché è un uomo puro, innocente. I vetri limpidi accolgono tutto: il filo di luce nella notte e lo splendore del sole a mezzogiorno. È uno che ha dato libertà allo Spirito Santo di operare dentro di lui”.

Il secondo legame è del tutto personale. Mi sento un privilegiato. Senza temere di essere smen-tito, posso affermare di avere avuto l’opportunità di stare accanto a un santo. L’ho accompagnato in numerose occasioni. L’ho intervistato in pubblico in situazioni diversissime: dal Meeting di Rimini al carcere di Forlì, dalle parrocchie di campagna alle feste patronali. Siamo usciti insieme, di notte, per andare a recuperare le ragazze-schiave della prostituzione. Siamo stati in discoteca, fra migliaia di giovani scatenati e alla stazione, in mezzo ai bar-boni, a festeggiare il capodanno. Abbiamo scritto e presentato libri. Abbiamo avuto un rapporto stretto

RICORDO DI DON BENZI

Vox populi:per noi don Oreste

è già santoSei anni fa la morte del sacerdote dalla tonaca lisa che ha speso la sua vita per amore. Il cardinale Tonini disse: “Ha dato libertà allo Spirito Santo di operare dentro di lui”. Un bella notizia: il vescovo di Rimini ha ricevuto la richiesta formale di aprire la causa di beatificazione

di Francesco Zanotti

U

diffuso a piene mani, per il bene che ha voluto a tutti quelli che ha incontrato, ha già ottenuto questo riconoscimento. Non ha mai portato avanti se stesso. Ha sempre annunciato e testimoniato l’incontro decisivo della sua vita. In una parola, ci ha fatto comprendere che l’esperienza cristiana è un guadagno tangibile, il “centuplo quaggiù”. Ora il don, come lo chiamano con affetto i suoi della “Papa Giovanni XXIII”, lo sperimenta nella compagnia dei santi.

di cui vado orgoglioso e che custodisco come uno dei doni più preziosi che il buon Dio mi ha riservato.

Ho appreso in questi giorni che il vescovo di Rimini ha ricevuto la richiesta formale di aprire la causa di beatificazione di don Oreste. È senz’altro una bella notizia. L’ho letta con piacere e ne sono contento. Ma don Benzi per me e per migliaia di persone è già santo. Esiste una “vox populi” verso il sacerdote dalla tonaca lisa che lo ha già elevato all’onore degli altari. Don Oreste ha inciso nella mia esistenza, come in quella di tantissimi altri, in maniera determinante e indelebile. Ci ha trasmesso la passione per la vita, l’attenzione alla persona chiunque essa sia, imprenditore, parlamentare, zingaro, carcerato, bambino o professore.

Vedeva in chi gli stava davanti il volto di Cristo. Sempre e comunque. Era un mistico-operativo, come mi piace definirlo. Sì, “perché per stare in piedi - ripeteva a chi lo frequentava - bisogna stare in ginocchio”. Un uomo che, una volta compreso appieno che la vita è un dono del Signore, non po-teva più permettersi di riposare nel suo letto. Non poteva perdere tempo: i talenti ricevuti vanno resi moltiplicati. Allora gli bastava appisolarsi in auto, nei lunghi trasferimenti per raggiungere le sue comunità sparse in tutta Italia, mentre sgranava il Rosario assieme ai suoi compagni di viaggio.

Sì, don Oreste è già santo. Non importa se un giorno lo sarà ufficialmente. Per quel che ha lasciato, per come ha vissuto, per l’amore che ha

PistoiaSetteN. 40 10 Novembre 2013

CENTRO CULTURALE“J. MARITAIN”

La leggenda del GrandeInquisitore

Una storia che parla ancora

di noienerdì 8 novembre alle 21, presso la sede in seminario vescovile, via Puccini 36, il Centro culturale “J. Maritain”

promuove un incontro-dibattito a partire dal volume curato da Rena-ta Badii e Enrica Fabbri “Il Grande Inquisitore. Attualità e ricezione di una metafora assoluta (Mimesis 2013), dal titolo “La leggenda del Grande inquisitore. Una storia cha parla ancora di noi. Introducono entrambe le autrici.

o studio della Sacra Scrittura alla luce della Tradizione è certamente la via maestra per “fare” teologia. Ci sono tuttavia molte altre strade - magari più strette e tortuose - per raggiungere il

medesimo scopo.Una di queste è il confronto con figure che

hanno guardato alla “questione religiosa” da particolari prospettive e l’hanno vissuta - o la stanno vivendo - con grande attenzione.

Tali sono, ad esempio, Etty Hillesum, ebrea olandese, nata nel 1914 e morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943, che condivise, in certo modo intenzionalmente, la sorte del suo popolo; Alda Merini, la “poetessa dei Navigli”, scomparsa pochi anni fa, passata per una fase cosiddetta di poetica mistica; Albert Camus, filosofo e scrit-tore francese (1913-1960), Nobel per la lettera-tura nel 1957, autore di romanzi filosofici quali “Lo straniero”, “La peste”, “La caduta”, “Il terzo uomo”; Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, capa-ce di unire fede e politica e, al suo interno, or-todossia ed ortoprassi; Gianni Vattimo, una delle voci più importanti della filosofia italiana, che ha affrontato direttamente il problema religioso (ad es. nel testo “Credere di credere”); John Henry Newman, il teologo difensore del laicato e da tutti ritenuto il precursore del Concilio ed è sta-to beatificato da Benedetto XVI.

Ascoltare le loro voci, leggere le loro pagine può condurre ad aspetti teologici che la nostra

immaginazione non immagina e il nostro pensie-ro non pensa.

Una via per “fare teologia” che può rivelarsi intrigante e suggestiva.

I relatori sono particolarmente esperti degli autori presentati e su essi hanno pubblicato ar-ticoli o libri.

Questo il programma del corso:Etty Hillesum e la bellezza di camminare con Dio, Beatrice IACOPINI (novembre 11-18-25)

Alda Merini. Percorsi teologici in fram-menti di vita e poesia, Edy NATALI (dicem-bre 2-9-16)

La risposta di Cristo al male ne “La leggenda del Santo inquisitore” di DostoevskijFrancesca RICCI (gennaio 13-20- 27)

Camus, un laico in ricerca, Francesco GAIFFI (febbraio 3-10)

Giorgio La Pira: preghiera e vita, Don Diego PANCALDO (febbraio 7-24/marzo 3)

Martin Buber: filosofia e teologia, Gio-vanni IBBA (marzo 10-17)

Vattimo, il pensiero debole e la teologia, Andrea VACCARO (marzo 24-31)John Henry Newman il promotore del laicato, anticipatore del Concilio, Giorda-no FROSINI (aprile 7-28)

Le iscrizioni si ricevono prima dell’inizio della lezio-ne.

SCUOLA DI FORMAZIONE TEOLOGICA

Voci e pagine tra teologia,letteratura e filosofia

Un corso teologico aperto a tuttiInizio del corso lunedì 11 novembre dalle 20,45 alle 2,15 in seminario a Pistoia

L V

l nostro è un tempo di crisi, e non solo economica. L’egoismo minaccia fortemente la persona umana, la convivenza familiare e

sociale, i rapporti tra i popoli, la salva-guardia del pianeta Terra.

I nostri spazi di vita appaiono sempre più assorbiti dalla cura dei beni materiali e non si trova più il tempo per noi stessi e le nostre relazioni umane. Alla fine, ci troviamo ricchi di tante cose, ma svuotati del sapore della vita: il “ben-essere” coincide sempre di più con il “ben-avere” e, quindi, ad un alto tenore di vita si contrappone una bassa qualità di essa. Siamo sempre più al servizio delle cose.

A questo si aggiunge il sempre più forte grido che si innalza dal mondo: quello della Terra. La natura è in soffe-renza perché viene depredata, impove-rita, maltrattata. Numerose indagini ci mettono in allarme: è necessario cam-biare, se vogliamo consegnare alle nuove generazioni un pianeta ancora vivibile.

Non possiamo fare a meno di registrare: l’aumento esponenziale del divario tra ricchi e poveri; il fenomeno delle migrazioni dovute all’impoverimen-to di miliardi di persone; i conflitti del nostro pianeta che minacciano la pace.

Siamo membri dell’unica famiglia umana, siamo imbarcati tutti sulla stessa nave. Per evitare che si incagli, è neces-sario il cambiamento di rotta. Abbiamo davanti una parola-progetto: decrescita e un valore: sobrietà ed etica del limite.

Scopo del corSoTutti gli uomini di buona volontà

avvertano il desiderio e la responsabilità di un cambiamento nelle proprie scelte e nei propri comportamenti (le buone pratiche) per la salvaguardia del creato, per uso sapiente dei beni della terra, per un’arricchente relazione con le persone e per un’intelligente solidarietà tra tutte le persone dell’intera famiglia umana.

Occorre, quindi, una grande azione educativa e culturale finalizzata a far conoscere, diffondere e vivere nel quoti-diano i nuovi stili di vita.

deStInatarI

La proposta formativa è rivolta in primo luogo agli insegnanti specialisti di religione cattolica e agli insegnanti curricolari disponibili all’IRC in que-sto a.s. della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria Statali e della Scuola Cattolica paritaria, in quanto soggetti capaci di “effetto moltiplica-tore”. Entrando in contatto per un tempo prolungato con una notevole porzione della società civile (bambini, adolescenti, giovani), gli insegnanti sono consapevoli di giocare un ruolo educativo fondamentale nella costruzione di una società più equa e solidale.

Il corso si terrà nell’ aula magna del Seminario Vescovile (Via Puccini 36, Pistoia).

calendarIoGiovedì 7 novembre 2013, ore 17-19:“Stili di vita e quotidianità”.Relatrice: Donatella Turi, Direttrice “Caritas” di Lucca.Sabato 23 novembre 2013, ore 10,30-12,30Presentazione del Dossier “Caritas” 2013 sulle povertà. Rilevazione dei dati dei centri di ascolto.Giovedì 28 novembre 2013, ore 16,30-19“Stili di vita e scuola”.Relatore: Padre Adrano Sella, coor-dinatore della Rete interdiocesana ‘Nuovi stili di vita’.

IScrIzIonIGli Ics e le scuole secondarie di

2° grado potranno iscrivere i loro

UFFICIO SCUOLA - SERVIZIO PER L'IRC

“Il nostro tempo chiede nuovi stili di vita”

Corso di aggiornamento 2013-2014

I Insegnanti inviando l’elenco ufficiale dei partecipanti per posta elettronica al seguente indirizzo mail: [email protected] o per fax (0573. 28616) o per via ordinaria al seguente indirizzo: direttore ufficio scuola diocesano, via Puccini 36 51100 Pistoia.

atteStato dI partecIpazIone

Al termine del corso è previsto l’attestato di partecipazione (inviato alle Scuole) che riporterà il monte ore di partecipazione, desunto dalle firme di presenza alle singole lezioni.

reSponSabIlIArmando Bartolini, direttore

ufficio scuola diocesi di Pistoia Don Romano Gori, direttore

ufficio scuola diocesi di PesciaMarcello Suppressa, direttore

“Caritas” diocesi di PistoiaAlvaro Niccolai e Alessadro Ga-

lardini dell’Ufficio pastorale sociale e del lavoro.

INFO: tel.0573976133 - fax 057328616 e-mail [email protected].

8 n. 40 10 Novembre 2013 LaVitacomunità ecclesiale

a creazione dell’Universo: fede e scienza sono compa-

tibili?” è il tema che monsignor Giordano Frosini ha trattato mar-tedì 22 ottobre presso il Centro anziani di Monteoliveto.

È stato il primo degli incontri previsti dal programma 2013-2014 della pastorale della terza età. Programma impegnativo, che attraverso 9 incontri mensili pro-porrà riflessioni attualizzate sulle affermazioni di fede contenute nel credo apostolico.

Monsignor Frosini ha esordito affermando che fede e scienza non sono in contrasto, purché ciascuna rimanga nel proprio am-bito. Procedono distinte, ciascuna con le sue finalità e i suoi metodi di ricerca.

La teoria dell’evoluzione at-traverso cui, secondo la scienza, si è formato l’universo dal big bang iniziale della massa concentrata della materia, oggi viene accetta-ta anche dalla teologia. Tuttavia questa teoria spiega “come” l’uni-verso si è formato e sta evolvendo, ma non dice niente sul “perché” questo è avvenuto. La scienza non può risolvere il mistero del perché esiste la materia e non il nulla. La risposta a questa domanda non è ambito della scienza, ma appar-tiene alla filosofia e alla teologia.

Alcune teorie che l’ateismo ha proposto risultano essere risposte ancora più incredibili rispetto al credere ad un Dio cre-atore, credenza che appartiene alle tre religioni monoteistiche che si rifanno ad Abramo.

Per la fede cristiana il Dio

trinitario è il creatore che ha pensato e voluto l’esistenza dell’universo, nel quale l’uomo è la massima espressione dell’evo-luzione, ed è stato motivato a questa azione dall’amore. Un Dio-amore che, una volta creato il mondo, non si disinteressa della sua creatura ma rimane a lei vicina con un’attenzione sollecita e premurosa. Il Dio-creatore è anche il Dio-salvatore. Quindi la creazione non è un evento da collocarsi solo all’inizio del tem-po, ma coinvolge tutta la storia, passato presente e futuro.

Oggi la teologia cristiana preferisce parlare di creazione continua di tutto il processo cosmico e umano, dal primo istante fin al suo compimento escatologico.

Anche la presenza del male

nella creazione rimane un mi-stero difficilmente spiegabile, tuttavia quasi sempre il male è conseguenza dell’operato dell’uo-mo. Di fronte alla libertà di scelta fra il bene e il male che è la ca-ratteristica propria dell’umanità, Dio cessa di essere onnipotente e non possiamo attribuirgli re-sponsabilità che sono solo nostre.

AI termine il relatore, molto apprezzato, ha risposto alle domande che sono state poste da parte di alcuni dei circa 70 presenti.

La pastorale della terza età si ritroverà giovedì 21 novembre per il secondo incontro. Padre Alessandro Cortesi proporrà le sue riflessioni su: Gesu figlio di Dio e nostro Signore.

Paolo Gelli e Alberto Niccolai

PASTORALE DELLA TERZA ETA’

La creazione dell’Universo:fede e scienza sono compatibili?

“L

Fondatasul lavoro?

Incontri sull’economia e il lavoro al tempo della post-modernità

l circolo Acli di Montemagno, il circolo Arci Bottegaccia, il circolo Mcl Santonuovo, il circolo Mcl Valenzatico col patrocinio del comune di Quarrata organizzano alcuni incontri sull’economia e il lavoro al tempo della post-

modernità.Crisi economica, disoccupazione crescente, in particolare fra i giovani, aumento della povertà e delle disuguaglianze, la crisi dei partiti e mancanza di proposte politiche adeguate, la crisi di sistema e perdita di senso in una società sempre più globalizzata: di fronte a questi e ad altri interrogativi si pone l’urgenza, per tutti, rifuggendo dal qua-lunquismo e dai facili populismi, di rileggere criticamente i processi in atto. Le scelte di conservazione dei “poteri”, sempre più sordi e distanti dai bisogni della gente, sembrano attardarsi sui modelli ormai logori di crescita e di supremazia del mercato.Tali poteri appaiono più preoccupati dal mantenimento dei privilegi piuttosto che aperti alla diffusione di una cultura della reciprocità e alla ricerca di nuovi stili di vita per rinsaldare le relazioni umane anche di fronte alla globalizzazione.È su queste premesse che vogliamo favorire una maggiore consape-volezza dei problemi che abbiamo di fronte, degli errori compiuti nei comportamenti individuali e collettivi e sollecitare altresì l’assunzione di responsabilità senza più alibi come cittadini, al di là e al di sopra di ogni appartenenza.Il punto di partenza che proponiamo è il fondamento della nostra Carta Costituzionale che sancisce nella democrazia e nel lavoro le basi per la costruzione di una società che metta al centro la dignità e i diritti della persona.Questi gli incontri7 novembre 1° Incontro: circolo Acli Montemagno ore 21“Costituzione e lavoro” Il lavoro nella costituzione italianaGiovanni Tarli Barbieri,costituzionalista, Università di Firenze15 novembre 2° Incontro: circolo Mcl Santonuovo ore 21“Etica e Lavoro” questioni etiche di fronte al mutamento econo-mico e sociale; Alessandro Cortesi op, centro "Espaces", Filippo Buccarelli, sociologo, università di Firenze21 novembre 3° Incontro: circolo Arci Bottegaccia ore 21“Globalizzazione dei mercati e tutele dei lavoratori”Renzo Innocenti, ex presidente commissione lavoro Camera dei deputati; Carlo Stilli, direttore Assindustria PistoiaModeratore: Stefano Guidi, responsabile relazioni sindacali Ancc, Coop28 novembre 4° Incontro: circolo Mcl Valenzatico ore 21“Dalla rendita finanziaria al giusto profitto” Rimettere in moto l’attività produttiva che generi occupazione per una crescitasostenibile; Stefano Tassinari, vice presidente nazionale Acli, Vincenzo Caprara op. Fiesole5 dicembre Tavola rotondaCircolo Acli Montemagno ore 21“Territorio, ambiente, beni culturali e opportunità di lavoro giovanile” Salvaguardia dell’ambiente e valorizzazione del patrimonio storicoartistico e culturale; Tomaso Montanari, storico dell’arte, Ferruccio Capecchi, geologo, Annarita Naselli, “GiovaniSì” Pistoia. Moderatore: Mauro Banchini, giornalista12 dicembre Tavola rotonda conclusiva Circolo Mcl Valenzatico ore 21“Europa dei popoli o dei mercati?" Più democrazia per una nuova unione europea; Sebastiano Nerozzi, Università di Pa-lermo, economista, storico; Simone Siliani, giornalista, dirett. “Testimonianze”; Giorgio Ricchiuti, economia internazionale Università di Firenze. Moderatore: Mauro Banchini, giornalistaINFO: Circolo Acli di Montemagno Via di Montemagno, 3 - Quarrata (Pt) tel. 0573/735048 email. [email protected].

Appuntamenti diocesani

Domenica 10 novembre 2013ore 15.30-18: Incontro dei partecipanti ai gruppi di ascolto del Vangelo nelle famiglie con il vescovo monsignor Mansueto Bianchi presso la Chiesa di San Bartolomeo (Pistoia)Martedì 19 novembre 2013 in seminario vescovileIncontro libero a cui sono invitati i presbiteri che vogliono per confrontarsi e fare il punto su aspetti della pastorale bat-tesimale e della cresimaore 9-10.45: Riforma dei Battesimi. Verifica, confronto, proget-tazione; ore 11-12.45: Pastorale e catechesi della cresima e del post cresimaVenerdì 22 novembre ore 21 – Cattedrale di PistoiaEucarestia presieduta dal vescovo e concelebrata dai presbi-teri della diocesi per la chiusura dell’anno della fede con Man-dato ai catechisti e agli operatori pastorali della diocesiINFO: [email protected]

I

conclusione dell’An-no della fede indetto dal Papa emerito Benedetto XVI la

comunità parrocchiale di Casal-guidi ha deciso di vivere, grazie alla preziosa collaborazione della fraternità apostolica di Gerusalemme di Pistoia, una settimana di intensa spiritua-lità e di preghiera rendendosi disponibile ad accogliere una “Piccola missione nell’anno della fede”. “Un tempo di grazia che ci aiuti a sentire la grande gioia di credere, a ravvivare la percezione dell’ampiezza di orizzonti che la fede dischiude, per confessarla nella sua unità

e integrità, fedeli alla memoria del Signore, sostenuti dalla sua presenza e dall’azione dello Spirito Santo” (Lumen Fidei). A questo proposito, dal 4 al 10 novembre 2013, la parrocchia di San Pietro Apostolo si vedrà attivamente impegnata secon-do il calendario seguente:lunedì 4 novembre ore 21: Annuncio del KerigmaDa martedì 5 a venerdì 8 no-vembre:ore 17: preghiera dei vespri e celebrazione della MessaDalle 18 alle 21: adorazione eucaristicaore 21,15: annuncio del Ke-rigma

Sabato 9 novembre:ore 17: Messa con i bambini ed i ragazzi del catechismoore 19: Cena condivisaore 21,15: annuncio del Ke-rigma e rinnovazione delle promesse battesimaliDomenica 10 novembre:ore 10 ed 11: Messa con la co-munità parrocchiale insieme ai bambini ed ai ragazzi del cate-chismo. Al termine affidamento a Maria santissimaI l Ke r i g m a ( d a l g r e c o Kerysso,che letteralmente significa: gridare o proclamare) è la parola usata nel Nuovo testamento per indicare l’an-nuncio del messaggio cristiano

che, se ascoltato coniugando l’intelligenza della mente a quella del cuore, permette di risvegliare e rafforzare la fede. Saranno le diverse realtà parrocchiali (catechisti, Azione cattolica, rinnovamento nello spirito santo, spiritualità fa-miliare) a caratterizzare con la loro significativa presenza le varie giornate soprattutto durante la celebrazione della Messa e l’adorazione euca-ristica; mentre i giovani, ogni sera, animeranno attraverso il canto l’annuncio del Kerigma. Che altro aggiungere ? “ Venite e vedrete”

Alessio Landini

CASALGUIDI

“Piccola missione nell’anno della fede”

A

l 29 ottobre 2013 è morto don Antonio Ser-nesi, parroco di Comea-na (Carmignano).

Era nato l’8 marzo 1921, ordinato sacerdote il 9 settem-bre 1943, la sua famiglia era di Poggio a Caiano.

Appena sacerdote, fu in-viato a Cavarzano e, nel 1953 nel mese di ottobre, arrivò a Comeana dove è stato parro-co per 57 anni. Tre anni fa, per raggiunti limiti di età, è stato nominato nuovo parroco don Paolo Palazzi e suo vice, don Damian Horlescu, che vive e svolge ogni compito nella nostra parrocchia.

Don Antonio ha conti-nuato ad abitare a Comeana, in un appartamento situato vicino alla Casa di accoglienza anziani, per la cui realizzazione si è molto prodigato. Don Antonio si è impegnato anche nella realizzazione di un campo sportivo parrocchiale frequen-tato da oltre cento bambini della scuola calcio. Negli ultimi due anni si è ammalato ed ha sofferto molto, fino ad arrivare al termine della sua esistenza il

La morte di don Antonio Sernesi

29 ottobre scorso.Il funerale, avvenuto il 30

ottobre, è stato celebrato da monsignor Mansueto Bianchi.

Erano presenti alla funzione

il parroco di Poggio a Caiano, don Fiorenzo Battistini, don Damiano attuale parroco di Comeana, don Paolo Palazzi, don Giovanni Scremin parroco

Idi Poggio alla Malva, don Cri-stiano D’Angelo parroco di Bonistallo, don RobertoRazzoli, don Antonio Giorgi parroco di S. Cristina in Pilli, don Etienne parroco di S. Angelo a Lecore. Era presente anche il sindaco di Poggio a Caiano Martini.

Durante l’omelia, il vesco-vo Mansueto ha sottolineato che don Antonio, quando ar-riverà davanti a Dio,dirà due parole: -“Perdono e grazie”. Perdono per tutte le miserie terrene e grazie per la bontà e tutto ciò che Dio ha fatto per lui, durante l’intera sua esistenza.

Di lui comunque rimane un ricordo tangibile dovuto alla sua generosità: la casa di riposo costruita sul terreno prospi-cente la canonica. Un’opera di carità che certamente i parroc-chiani non dimenticheranno.

A.B. e P.G.

910 Novembre 2013 n. 40VitaLa

Incontriper separati,

divorziatie risposati

“Camminiamo insieme nella fedee nella chiesa”

associazione “Tutti figli dello stesso padre” prosegue i suoi incontri di fraternità e di ap-profondimento con coloro i quali sentono la necessità di condividere con altri la propria

esperienza in un clima di amicizia e di aiuto reciproco.L’associazione fondata da monsignor Simone Scatizzi nel 2000 cerca di rispondere attivamente all’affermazione di Papa Giovanni Paolo II: “I credenti che hanno divorziato e si sono risposati non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche”, tema ri-preso e posto all’attenzione della chiesa da Papa Francesco come urgenza ed evidenza del nostro tempo.Gli incontri si svolgono alla villa Al Palco di Prato dalle 17, 30 alle 20,00 e dopo l’incontro è prevista la cena, facoltativa, al prezzo di euro 12,00. Riteniamo che la cena sia un mo-mento di aggregazione e di conoscenza molto importante. In questo caso è però necessaria la prenotazione entro il giovedì, per problemi di ordine organizzativo, al n. 0573 400216/475035. Ci preme anche sottolineare che non si tratta di conferenze semplicemente da ascoltare, ma che partendo da un tema di riflessione tutti siamo chiamati a confrontarsi alla luce della parola di Gesù per cercare di crescere, insieme, nella fede e nell’amore.

Guido e Franca Sardi

comunità ecclesiale

l Centro cultura le “Sbarra” di Quarrata (che si ispira alla figura di un grande sacerdote

quarratino vissuto agli inizi del 1900) ha organizzata il 25 ottobre una serata presso il polo tecnologico di Quarra-ta, durante la quale è stata presentata la vita e l’opera di un altro grande testimone del cattolicesimo toscano: Giorgio La Pira, detto appunto il “sindaco santo”.

La visione del cristiane-simo di questi due grandi personaggi li accumuna in una missione terrena dedita alla incarnazione del Vangelo; entrambi erano uomini di preghiera ma concepivano il cristianesimo come amore al prossimo, realizzazione della giustizia umana e solidarietà fraterna; nei suoi pensieri don Dario Flori - detto “Sbarra” per la sua indomita volontà di applicare la fede alla vita sociale in difesa dei più de-boli - asseriva che “la fede senza le opere è cosa morta“, come Giorgio La Pira, che ha improntato tutta la sua vita alla preghiera ma sempre ope-rando per il bene dell’umanità.

Proprio per la vicinanza di questi due personaggi nel concepire il cristianesimo, il Centro culturale Sbarra ha in-detto questa serata invitando

persone autorevoli che hanno conosciuto, amato e studiato le opere di Giorgio La Pira, come il cardinale emerito di Firenze Silvano Piovanelli e don Diego Maria Pancaldo di Pistoia, che si è dedicato allo studio sulla vita di questa straordinaria figura di uomo e di cattolico.

Hanno presenziato alla manifestazione i due cofon-datori del Centro culturale, Alessandra Covizzoli e Marino Michelozzi che col parroco don Fausto Corsi e il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi hanno introdotto la serata. Il parroco e il vescovo hanno ricordato la grande rilevanza culturale e morale del mes-saggio lasciato in eredità al mondo da La Pira auspicando che questa figura, di autentico cristiano, sia di esempio a tutta l’umanità per un mondo migliore.

Ha preso poi la parola il cardinal Piovanelli, intimo conoscitore dell’uomo e dello studioso La Pira, ricordando che -sia come sindaco di Firenze ma più ancora come uomo di fede- ha lasciato un’impronta indelebile in tutti coloro che lo hanno cono-sciuto e ne hanno apprezzato l’opera in favore del prossimo; Piovanelli ha illustrato detta-gliatamente il messaggio e la

CENTRO CULTURALE “SBARRA”

Il sindaco santodi Giancarlo Caroli

I

vita di questa grande figura, dalla sua nascita alla sua morte avvenuta a Firenze negli anni settanta.

Successivamente ha preso la parola don Diego Pancaldo; questo sacerdote pistoiese, con profonda sensibilità, si è rifatto ai suoi studi sulla persona di questo eccezio-nale professore, che in tutte le sue espressioni riusciva a manifestare il suo pensiero sul cristianesimo e sul modo di essere cristiani; don Diego ha ricordato un particolare inedito di quando La Pira è venuto a Pistoia e si è fermato alla chiesa del Villaggio Belve-dere a salutare un suo amico,

don Manfredo Caroli; in quell’occasione, essendoci la festa della Madonna, La Pira volle partecipare pure alla processione; è stato anche ri-cordato un aneddoto riguardo alla vita politica vissuta da La

Pira: il fratello di don Manfre-do, che lo aveva avuto come sindaco a Firenze, in tono scherzoso ed in amicizia gli disse: -Professore, ma lei come sindaco dai politici non è stato molto amato- e lui, come sem-pre sorridente, rispose: -Hai ragione, ma il mio obiettivo di sindaco non era quello di far contenti i politici ma quello di far star meglio le persone!-

L’incontro si è concluso con delle riflessioni di alcuni partecipanti alla manifesta-zione, dalle quali è emersa la certezza che lo spirito di queste due grandi figure del secolo scorso, don Dario Flori e Giorgio La Pira, sia stato e continui ad essere la luce di un vero cristianesimo, che abbina sempre e comunque la preghiera alle opere nella costruzione di un mondo migliore e più giusto.

a diocesi in questo nuovo anno avrà l’occasione di in-contrare la comu-nità del seminario

di Pistoia in un calendario di celebrazioni che avrà inizio l’8 novembre alle ore 21.15 nella cappella di Santa Chiara, presso il seminario di Pistoia (via Puccini 36). Gli incontri, che saranno a scadenza mensile fino al termine dell’anno pastorale, sono rivolti a tutti coloro che desiderano conoscere la realtà del seminario e prega-re per le vocazioni.

Sono particolarmente invitati i giovani, i presbiteri i diaconi, i religiosi e le religio-se, e tutte le realtà parroc-chiali e diocesane.

“È una stagione molto bella, in cui si gettano le basi per il futuro” ha detto Papa Francesco ad un incontro ai seminaristi ed ha poi detto: “rappresentate la giovinezza della chiesa”.

Anche nella nostra

chiesa di Pistoia possiamo ribadire le parole del Papa: il seminario diocesano è infatti composto da sei giovani se-minaristi in cammino verso il sacerdozio: Gildas Sangou, Alessio Tagliafierro, Gianni Gasperini, Alessio Leporatti, Eusebio Farcas -nuovo entra-to-. Questi vivono nel semi-nario arcivescovile fiorentino e studiano alla facoltà teo-logica dell’Italia centrale a Firenze; mentre Ugo Feraci risiede presso l’almo collegio Capranica e studia alla pon-tificia facoltà Gregoriana in Roma.

Il programma degli in-contri prosegue il 20 dicem-bre, il 17 gennaio, il 21 feb-braio, il 21 marzo, il 18 aprile in cattedrale alle ore 21 per la celebrazione della Passio-ne del Signore, il 16 maggio e il 19 giugno in cattedrale alle 18 con la messa del Corpus Domin).

La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma sopratutto ha bisogno di

Il seminario di Pistoiaincontra la diocesi

Don Fausto Corsi rettore del seminario vescovile di Pistoia in una lettera inviata ai sacerdoti ha reso noto il programma dell’anno pastorale 2013 -2014 della comunità del seminario

di Daniela Raspollini

L

testimonianza e in questi in-contri i seminaristi diventano operai delle messe, don Fau-sto Corsi rettore del semi-nario e promotore di questa iniziativa si augura che possa essere accolta e che possa essere fruttuosa per il bene delle vocazioni.

“Pregate dunque il Signo-re della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38).

Prossimi incontriCappella di Santa Chiara, se-minario di Pistoia, via Puccini, 36 ore 21,1520 dicembre 2013, 17 genna-io 2014, 21 febbraio 2014, 21 marzo 2014, 18 aprile 2014 (in Cattedrale ore 21, Cele-brazione della Passione del Signore), 16 maggio 2014, 19 giugno 2014 (in Cattedrale ore 18 Messa del Corpus Domini)

Letteratura in Europa Sabato 9 novembre alle 17, presso la sala Gatteschi della Biblioteca comunale Forteguerriana, in piazza della Sapienza a Pistoia,Sergio Givone e Alessandro Pa-gnini dell’Università degli Studi di Firenze, e David Pratesi, scrittore e saggista, presentano il volume “Joyce”, di Franco Marucci, Saler-no editrice.

Leggere, raccontare, incontrarsi...

Nell’ambito della rassegna “Leggere, raccontare, incon-trarsi... autori e storie pistoiesi” organizzata dal Comune di Pistoia, l’assessorato alla cultura, la biblioteca comunale For-teguerriana e la Biblioteca San Giorgio, si segnala la presen-tazione del libro dal titolo “Un vescovo nello stato unitario fra XIX e XX secolo”. Monsignor Marcello Mazzanti, vescovo di Pistoia e Prato dal 1885 al 1908 di Giovanni Bensi edito da Cantagalli, Siena, 2010, di martedì 19 novembre alle 17 presso la Sala Gatteschi della Biblioteca Forteguerriana, piazza della Sapienza, 5 a Pistoia. Intervengono don Enrico Bini, Angiolo Buti e Massimo Guerrieri. Coordina Renzo Zagnoni. Sarà presente l’autore.

Il libro ricostruisce la vicenda di monsignor Marcello Mazzanti (1831-1908), che ricoprì la carica di vescovo delle diocesi unite di Pistoia e Prato dal 1885 fino alla morte. Evi-denziando le caratteristiche che sempre contraddistinsero la sua figura (l’attenzione e la cura per la cultura e le istanze sociali) ripercorre le sue esperienze di sacerdote, professore, esegeta e vescovo, soffermandosi particolarmente sulla sua azione pastorale.

A MONTECATINI

Incontro con Padre Bartolomeo SorgeVenerdì 15 novembre alle 21, presso la parrocchia del “Cor-pus Domini” Montecatini Terme via Marruota 105, padre Bartolomeo Sorge parlerà su: “Papa Francesco: un buon cat-tolico si immischia in politica”, i nuovi orizzonti dell’impegno cristiano.

L’

10 n. 40 10 Novembre 2013 LaVitacomunità e territorio

SANITà

Parte la vaccinazione antinfluenzale

FINMECCANICA

Il Pd chiedeun tavolo

con il governo«Per AnsaldoBreda si deve guardare con attenzione

ad una partnership industrialeche punti a rilanciare il settore»

n tavolo istituzionale tra Governo, Finmeccanica, istituzioni e sindacati. Lo chiedono i deputati Pd Caterina Bini, Lorenzo Basso, Leonardo Im-pegno per risolvere le questioni legate a Finmeccanica e in particolare al suo settore civile.

«Il settore manifatturiero civile dell’energia e dei trasporti - spiegano i deputati Pd - è strategico per il Paese. Per questo guardiamo con grande attenzione e sosteniamo la proposta del Presidente Letta di un player nazionale dell’energia e dei trasporti per rafforzare la presenza del nostro Paese in questi settori che producono forti utili e per i quali siamo contrari ad ogni forma di assistenzialismo. Su questi temi attendiamo una posizione chiara e univoca. In questi anni è emersa da parte di Finmeccanica una strategia mutevole spesso non frutto di un confronto istituzionale, ma di comunicazioni a mezzo stampa. Rispetto alla situazione di AnsaldoBreda - proseguono - si deve guardare con attenzione ad una partnership industriale che punti a rilanciare il settore, mantenendo il controllo pubblico, non va disperso un patrimonio industriale e di conoscenze che può avere un ruolo importante per il rilancio occupazionale». «Su questi temi - concludono - il Pd chiede dunque di incontrare il Governo. È necessario un tavolo istituzionale tra governo, Finmeccanica, rappresentanze istituzionali e sindacali».

U

È gratuita per gli over 65 e le personeappartenenti alle categorie a rischio

di Patrizio Ceccarelli

l via in tutte le Asl toscane, compresa quella di Pistoia, la campagna di vaccina-zione antinfluenzale per

la stagione 2013-14, gratuita per gli anziani oltre i 65 anni (cui verrà somministrata anche vitamina D) e per le categorie a rischio.

CEPPO

Collegamentidal parcheggio

al centro storico entro novembre

Confcommercio, Asl, Comune e UnionDelta al lavoro per completare l’opera per le festività natalizie

Il commercio pistoiese ha bisogno in questo momento di una nuova inie-zione di fiducia. Per raggiungere questo obiettivo è necessario lavorare ad iniziative che diano risultati misurabili nell’immediato. L’operazione che stiamo portando avanti con Asl, Comune e UnionDelta per un utilizzo

qualificato del parcheggio ex Ceppo fornirà una risposta concreta alla carenza di sosta nei pressi del centro storico, un problema che la città si porta dietro da anni e su cui è indispensabile un’inversione di tendenza». Così Tiziano Tempestini, direttore di Confcommercio Pistoia, all’indomani dell’incontro con l’assessore comunale ai lavori pubblici Mario Tuci e con il direttore generale dell’Asl 3 Roberto Abati, sull’utilizzo qualificato del parcheggio del Ceppo, al servizio del centro storico pistoiese, già a partire dalle prossime festività natalizie. La riunione è stata convocata in seguito ai precedenti confronti sollecitati da Confcommercio per fornire soluzioni ai problemi di posteggio nel centro storico utilizzando i posti dell’ex nosocomio, al momento sottoutilizzati dopo il trasferimento di gran parte delle attività al San Jacopo. A tal proposito, il sindaco Samuele Bertinelli aveva già nei primi incontri sul tema dato il via libera a una collaborazione incentrata sulla progettazione e sulla valorizzazione strutturale dell’area.Si aprono dunque prospettive reali per il progetto, che beneficia di valutazioni posi-tive da Asl e Comune e dell’impegno operativo dell’associazione dei commercianti e della società di gestione UnionDelta. Asl 3, Comune di Pistoia e Uniondelta dovranno ora approfondire gli aspetti tecnico-contrattuali per verificare le soluzioni possibili e gli impegni che il gestore dovrà assumersi a fronte del prolungamento della durata della concessione, tra i quali la sistemazione delle aree con il disegno dei percorsi, l’installazione di sistemi di video sorveglianza continua e una adeguata illuminazione. Tutti i soggetti coinvolti sono al lavoro per far sì che le operazioni possano avere buon fine e in ogni caso per assicurare entro la fine di novembre una immediata risposta concreta alla città sul fronte della sosta in occasione delle festività natalizie, momento fondamentale per il commercio cittadino, prevedendo un prolungamento dell’apertura del percorso interno a fronte di un rafforzamento degli interventi di vigilanza a carico del gestore.

«

Stiamo monitorando, con scrupolo scientifico, le fasi di dissolvimento di un inte-ro sistema imprenditoriale,

lo facciamo nel dettaglio volutamente ignorando che quanto si sta perden-do difficilmente potrà ricostruirsi». Lo ha detto Andrea Gualtierotti, pre-sidente del collegio dei costruttori edili della provincia di Pistoia, pre-sentando i dati, drammatici, dell’anda-mento del settore: uno su tutti quello dei posti di lavoro persi, che ammon-tano ad oltre 2.800 negli ultimi 5 anni. «Sicuramente – ha aggiunto - c’è stata una totale disattenzione della parte politica a questo stato drammatico, perché qui, nel giro degli ultimi cinque-sei anni, abbiamo perso 2.800 posti di lavoro. Il problema è che noi abbiamo avuto una classe politica

che ha scarsamente programmato il sistema. Abbiamo avuto un sistema bancario che non ha capito quasi nulla dello stato delle cose e che ha calato i finanziamenti alle imprese del 40%, contro la media nazionale del 9%. Quindi abbiamo una somma di dati assolutamente sconfortanti. Noi dobbiamo re-intervenire proget-tando il modo di lavorare, il modo di fare impresa, il modo di gestire anche la fase esecutiva dell’urbanistica. Su questo ci stiamo muovendo».Per quanto riguarda la congiuntura, l’indagine sulle aziende pistoiesi dell’edilizia svolta nel mese di luglio da Assindustria Pistoia, mostra un miglioramento del tutto marginale del saldo fra valutazioni di crescita e flessione dei livelli produttivi e del fatturato nei sei mesi precedenti,

saldo che resta abbondantemente in area negativa, con una prevalenza netta delle indicazioni di flessione. Il leggero miglioramento delle valuta-zioni fornite dalle aziende trova una certa corrispondenza con la ripresa delle erogazioni di finanziamenti per costruzione, riferita al comparto abitativo, che si osserva a Pistoia fra la fine del 2012 ed i primi mesi del 2013, nel confronto con il periodo immediatamente precedente.La crisi ha determinato anche re-strizioni crescenti sul versante delle possibilità di spesa degli enti pubblici, a partire ovviamente dagli enti locali, anche attraverso i vincoli posti dal patto di stabilità, che hanno deter-minato un drastico calo dei bandi di gara per appalti di opere pubbliche.

P.C.

CRISI

Persi 2.800 posti di lavoro nell’edilizia

Grido di allarme del Collegio dei costruttori che punta il dito contro politica e banche

A

«

La Regione ha acquistato quest’anno 811.000 dosi di vaccino, con una spesa di circa 4 milioni di euro, per garantire la copertura vaccinale gra-tuita a tutti gli aventi diritto. I vaccini sono in distribuzione a tutte le Asl. Le aziende sanitarie li distribuiranno poi a medici di famiglia e pediatri, in base al numero di pazienti da vaccinare, e da questa settimana partiranno le vaccinazioni, secondo i calendari vaccinali di ogni singola azienda. L’assessore al diritto alla salute della Toscana, Luigi Marroni, che ha lanciato la campagna vaccinale con una conferenza stampa, invita gli over 65 e le persone appartenenti alle categorie a rischio a vaccinarsi. «La scorsa stagione la vaccinazione

ha sofferto delle conseguenze causa-te dai ritardi nella consegna del vacci-no alle varie regioni - dice Marroni - e la copertura vaccinale ha registrato una notevole flessione. Voglio ricor-dare che il vaccino antinfluenzale è riconosciuto universalmente come il mezzo più efficace e conveniente per prevenire l’influenza e le sue complicanze, raramente ha effetti collaterali ed è consigliato a tutti, ma soprattutto a quelle categorie di soggetti a rischio, che dalle compli-canze dell’influenza possono avere le conseguenze più gravi». Nella stagione 2012-2013 in Tosca-na la copertura è scesa al 58,90%, rispetto al 67,80% della precedente stagione 2011-2012. Per tutti quelli

che vogliono vaccinarsi - ricorda la Regione - è possibile acquistare il vac-cino in farmacia. Ma ad anziani sopra i 65 anni e cittadini appartenenti alle categorie a rischio la vaccinazione verrà offerta gratuitamente, tramite i medici di famiglia, i pediatri e gli ambulatori delle Asl. Vaccinazione gratuita anche per le donne che saranno nel secondo e terzo trimestre di gravidanza durante

la stagione dell’influenza. Vaccino con-sigliato anche ai bambini. Da sfatare, secondo il pediatra, allarmismi privi di fondamento. Non sono previste par-ticolari forme di influenza quest’anno, ma sempre a proposito di bambini, il pediatra consiglia di vaccinare i più piccoli anche per la pertosse che si sta riaffacciando dalle nostre parti causando, nei peggiori casi, anche la morte.

1110 Novembre 2013 n. 40VitaLa comunità e territorio

stato approvato nei giorni scorsi a larga maggioranza dal consiglio comunale il Regolamento per la concessione in uso e in gestione degli impianti sportivi.Il documento, composto da 21 articoli, suddivide gli impianti sportivi comunali fra quelli che non hanno rilevanza economica

e quelli le cui attività determinano introiti che contribuiscono alla co-pertura delle spese di gestione. Definiti anche i destinatari per l’uso degli impianti : dalle federazioni sportive ed enti di promozione riconosciuti da Coni, alle associazioni dilettantistiche, società sportive professionisti-che, istituzioni scolastiche proloco e circoli fino ai cittadini privati. Con l’articolo 7 verrà disciplinata l’assegnazione annuale o occasionale degli impianti, i quali verranno dati in uso ai vari soggetti sulla base di principi di imparzialità e accesso garantito a tutti i cittadini, oltre alla valorizzazione delle attività sportive amatoriali e quella agonistica vera e propria conside-rando anche i risultati ottenuti e la priorità di assegnazione ai soggetti che hanno la loro sede a Pistoia.Dopo la presentazione fatta dall’assessore allo sport Mario Tuci si è svolta la discussione che ha visto la presentazione di ben 14 emendamenti da parte di vari gruppi consiliari. Fra le varie proposte il consiglio comunale ha accolto quella del gruppo Pistoia Spirito Libero sull’utilizzo dei defi-brillatori, quella del Movimento 5 Stelle volta a rafforzare la disponibilità del soggetto che utilizza l’impianto sportivo comunale e quella del Pdl che introduce l’obbligo, per i gestori degli impianti, di presentare annualmente un rendiconto delle entrate e delle spese sostenute. Approvata anche la raccomandazione presentata dal Consigliere Braccesi del pd che impegna la giunta a proporre agli istituti di credito locale forme agevolate di acces-so al credito dedicate all’associazionismo sportivo.Tutto il documento è stato frutto di un intenso lavoro di confronto atti-vato dapprima dall’amministrazione comunale con le associazioni sportive del territorio, le quali hanno portato nei mesi scorsi le varie proposte di integrazione al testo.

Edoardo Baroncelli

È

COMUNE DI PISTOIA

Nuovo regolamentoper gli impianti

sportivi

orso di computer per anziani, fotografia, chi-tarra, pianoforte, basso elettrico, teatro per adulti e ragazzi, corso di computer per anziani, canto e canto corale, laboratorio di ceramica,

fiori di Bach, riflessologia plantare, terapia della casa e ginnastica mentale. Questa oltre ai corsi di lingua inglese, francese, tedesco, spagnolo, l’offerta dalla nuova stagione dei corsi e laboratori comunali di Agliana. Un ventaglio di attività di indubbio interesse, proposto dall’Ammini-strazione in collaborazione con associazione Il Moderno, associazione PortAperta, associazione il Nome della Rosa, Studio Blitz, Paas Agliana oltre a singoli esperti in materie specifiche. Le sedi dei corsi saranno il Cinema Teatro Moderno, Piazza Magnani nei locali Laura Conti di via Curiel e la struttura di via Bellini.

I corsi saranno attivati in presenza di un numero di iscritti sufficiente, il luogo e l’orario potrà variare in relazione alle esigenze generali di utilizzo degli spazi a disposizione.

Per ogni informazione sulle attività, sugli orari, sulle sedi e le modalità e termini di iscrizione, occorre consultare il sito internet del Comune (www.comune.agliana.pt.it) oppure rivolgersi all’URP al numero verde 800 131 161.

Per suggerimenti, disfunzioni, migliorare l’offerta e l’organizzazione è possibile rivolgersi a Paolo Pierucci al III piano del palazzo comunale il lunedì ed il venerdì dalle 9 alle 12 e il martedì dalle 14 alle 16, all’indirizzo [email protected] o al numero telefonico 0574-678325

M. B.

CAGLIANA

Corsi e laboratori comunali

oddisfare una parte con-sistente del fabbisogno energetico interno, limitare gli sprechi, ottimizzare la

produzione industriale, accrescere la competitività e favorire la tutela ambientale. Sono questi i vantaggi e i benefici che le piccole e medie aziende possono ottenere a livello economico e produttivo grazie all’in-stallazione dei pannelli solari, come ha ricordato l’ingegner Simone Paganelli, esperto di tecnologia fotovoltaica, in occasione della presentazione degli impianti di questo tipo realizzati presso gli stabilimenti della ditta “Ge-neralFibre” di Montemurlo.

Dopo un lungo periodo di spe-rimentazione non privo di difficoltà, in particolare a causa degli alti costi di gestione, un numero sempre maggiore di imprese nel territorio della piana pistoiese ha deciso o è in procinto di intraprendere la strada del fotovoltaico, considerati gli ottimi risultati raggiunti negli ultimi anni. Si tratta di un percorso i cui effetti

positivi sono riscontrabili nel medio e lungo periodo, ma capace di offrire anche alcuni benefici immediati in termini di autoconsumo e tutela della salute dei lavoratori.

Come ha ricordato Paganelli, «la scelta delle aziende di puntare su una fonte di energia pulita e alterna-tiva nasce dalla necessità di trovare una parziale copertura all’ingente consumo interno di elettricità, unita all’obbligo di rimuovere i pericolosi rivestimenti in amianto di molti fab-bricati e agli incentivi statali offerti per l’installazione degli impianti. Gli interventi possono essere realizzati sia seguendo la cosiddetta “tecnologia tradizionale”, nella quale i pannelli solari si fissano sopra il tetto degli stabilimenti, sia attraverso la più avanzata costruzione di un impianto “integrato e innovativo”, in cui i pan-nelli vanno a sostituire integralmente le coperture del tetto.

Grazie a questa nuova tecnologia le imprese possono ridurre gli sprechi di energia e limitare le emissioni di

anidride carbonica, utilizzare per il consumo interno una fonte energeti-ca ad accesso immediato e avviare lo smaltimento delle lamine in amianto dei vecchi fabbricati».

Quanto conviene realmente il fotovoltaico e quali sono le previ-sioni ipotizzabili? Paganelli ha citato l’esempio di un’azienda di medie dimensioni, con 40 dipendenti e tre stabilimenti produttivi, che necessita di un fabbisogno annuo di elettricità di 1955 MWh.

L’investimento complessivo per la costruzione di tre impianti di ultima generazione sopra ciascun fabbricato industriale è stimabile intorno ai 2-2,5 milioni di euro, includendo in tale cifra le agevolazioni e gli sgravi fiscali concessi dagli enti statali. In una pro-iezione di durata ventennale, l’azienda potrà autoprodurre circa 930 MWh all’anno (il 45% del fabbisogno), evite-rà l’utilizzo di combustibili fossili nella misura di 3800 TEP e un’emissione di gas serra nell’atmosfera pari a 16mila tonnellate.

S

FOTOVOLTAICO

I vantaggi per le aziendeL’ingegner Paganelli illustra i benefici dei pannelli solari per piccole e medie imprese

di Andrea Capecchi

TURISMO ACCESSIBILE

Pistoia prima in Italianella graduatoria EdenLa cerimonia di consegna del riconoscimento si è svolta a Roma

nella sede della Presidenza del Consiglio dei ministri.L’11 e il 12 novembre l’appuntamento è a Bruxelles

di Patrizio Ceccarelli

i è svolta a Roma, nella sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la ce-rimonia di premiazione del

bando europeo Eden 6 (European destinations of excellence), dedicato al turismo accessibile, che ha visto Pistoia e il suo territorio

destinazione vincente a livello nazionale. Il comitato di valutazione presso il Dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, ufficio per le politiche del turismo, ha sele-zionato 5 destinazioni italiane: dopo

Si tratta di un riconoscimento importante per il territorio pisto-iese, che oltre a fregiarsi del titolo di «destinazione vincente Eden 2013», entra a far parte della Rete Eden nazionale ed europea e potrà utilizzare il logo Eden ai fini promo-zionali. Prossimo appuntamento a Bruxelles,l’11 e il 12 novembre per l’evento europeo che riunirà tutte le destinazioni d’eccellenza provenienti dai paesi UE.

L’obbiettivo del premio è quello di attirare l’attenzione sui valori della diversità, migliorare la visibilità delle destinazioni europee emer-genti, creare una piattaforma per lo scambio di buone pratiche in Europa, promuovere il collegamento tra le destinazioni premiate.

Alla cerimonia di Roma erano presenti l’assessore provinciale allo sviluppo economico, Paolo Magnanensi, l’assessore al turismo del Comune di Pistoia, Tina Nuti, il sindaco di Monsummano Terme, Rinaldo Vanni.

S

Pistoia, che si è classificata al primo posto, ci sono in ordine: Langhe e

Roero, Castellana Grotte, Parco delle Prealpi Giulie, Gavirate e Luino, Repubblica di San Marino. Al bando hanno partecipato la Provincia di Pistoia insieme ai Comuni di Pistoia e Monsummano Terme. Alla Com-missione Europea e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato inviato un dossier e la guida «Pistoia per tutti: guida al turismo accessibile in provincia di Pistoia».

12 n. 40 10 Novembre 2013 LaVita

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

lla decima giornata la Pistoie-se ha raggiunto la vetta della classifica, in coabitazione con la Pianese (finora capolista soli-

taria). I punti di vantaggio sulle immediate inseguitrici sono esigui ma è significativo che la squadra sia balzata al comando già nella fase centrale del campionato. C’è riuscita proprio nel giorno in cui ha rischiato di im-battersi nel primo pareggio casalingo, avver-sario il Sansepolcro. C’è voluta una paratona di Sambo dagli 11 metri, a pochi minuti dal termine, per mantenere la partita sul 2-1 a favore della squadra di Morgia. La partita è vissuta sulle prodezze degli attaccanti della Pistoiese, sul calo della squadra negli ultimi venti minuti, sul rigore parato da Sambo e su quelli negati (ben tre) agli arancioni dall’arbitro, apparso in giornata particolar-mente negativa. Ed è su quest’ultimo parti-colare che l’allenatore Morgia è scoppiato in una furiosa scenata, prima in campo _ tanto da essere espulso, ed è la seconda volta che accade quest’anno _ e poi negli spogliatoi. “La squadra non è tutelata, c’è qualcosa che non mi quadra”, ha sbottato. Non lo ha det-to apertamente ma si capisce che il tecnico alludeva al Palazzo. Non crediamo che vi sia un disegno contro la Pistoiese, ma qualche dubbio può nascere ove si pensi che la squadra arancione ha beneficiato sin qui di due soli rigori (quattro contro), quando ha

l’attacco più forte e realizzativo del campio-nato, capace di sfornare tiri a rete a getto continuo. Ci sono altre società, l’Arezzo ad esempio, cui gli arbitri hanno fischiato ben sei rigori a favore. Non solo: per restare alla partita con il Sansepolcro, l’arbitro ha ammonito ben quattro giocatori arancioni, contro nessuno tra quelli ospiti. Insomma, pur con tutte le cautele del caso, ci sembra anche a noi che qualcosa non torni. Oggi la Pistoiese gioca a Montemurlo in un ambien-te particolarmente ‘caldo’: è un derby e i pratesi faranno di tutto per mettere nei guai la squadra di Morgia. Ci vorrà un direttore di gara di polso e imparziale.Il Pistoia Basket, secondo pronostico, ha perso (e con un punteggio molto pesante) a Desio contro l’Armani di Milano. Diciamo subito che non è che la squadra biancorossa pensare di vincere contro una delle preten-denti allo scudetto, anche se è doveroso osservare che per ora gli americani stanno deludendo. Purtroppo il calendario è stato impietoso con lei, mettendola di fronte ad un inizio terribile: Cantù, Brindisi, Sassari, Milano, quattro squadre tra le più forti del campionato e sono state quattro sconfitte. Da domenica comincia il ‘vero’ campionato della squadra di Moretti. Ospite al Pala-Carrara sarà Cremona, che ha due punti in classifica, quindi una formazione alla portata di Galanda e compagni.

istoia forte anche tra i motori. Ha tenuto alto il nome della città il “Team Carlains”, ottima squadra motociclistica locale. La forma-

zione, composta dai valenti piloti Matteo Bi-sconti, Roberto Carlini e Simone Vannucchi (nella foto, in quest’ordine dalla sinistra) e facente parte del Moto Club La Fortezza, ha lasciato decisamente il segno nel Campio-nato Italiano Endurance tenutosi negli au-todromi di Imola, Adria e Misano Adriatico. Gareggiando a bordo di una potente Suzuki Gs 1000 del 1978, nell’ultima tappa i nostri tre portacolori si sono classificati al terzo posto assoluto dietro alla Bimota con motore Kawasaki guidata da Luca Foti e Riccardo Magrotti e alla Honda CB 1100 di Dario Tosolini e Walo Bertschinger. Giungendo al traguardo primi della propria categoria si sono aggiudicati inoltre il titolo italiano della Endurance Classic Bike 1000 con ben 32 punti di vantaggio sul secondo equipaggio, composto da Mombello, Paolillo e Giordano in sella ad una Guzzi SP 1000 del Moto Club Sestrese, e all’altra compa-gine del Moto Club La Fortezza, formata da Bellucci, Segoni e Bargiacchi, che gareggiava su moto Segoni con motore Kawasaki. “Siamo contenti del tricolore conquistato e degli obiet-tivi raggiunti -asseriscono all’unisono i tre neo campioni italiani- perché coronano un’annata agonistica importante, ove grazie al lavoro e ai sacrifici siamo riusciti a realizzare il sogno di diventare campioni italiani. A questo proposito è doveroso ringraziare, di cuore, i meccanici Ghelardo Bisconti ed Enrico Benini, sempre pronti ed efficienti in qualsiasi situazione si sia loro presentata, e gli sponsor Cpa Elettronica, Caffè New York, Azienda Ognibene, FbShop, Magigas e Tappezzeria Poli, preziosi nel supportarci durante tutta la stagione. Ci auguriamo che, anche grazie a questi significativi risultati, se ne possano aggiungere altri nei prossimi mesi. Poter contare su risorse certe rafforza il team, consentendoci di guardare con serenità al futuro”. L’appello è stato lanciato: se ci fossero ditte e aziende interessate, sono pregate di farsi avanti. Quel che chiede tutto l’eccellente sport pistoiese.

Gianluca Barni

MOTORI

Carlains, pistoiesicampioni italiani

P A

spor t pistoiese

Iniziative culturali e gastronomiche

della Pro Loco di Prunetta ai mille metri del paese

di Giorgio Ducceschi

ante le iniziative che vengono realizzate in questo periodo dalla Pro Loco di Prunet-ta. Da poco tempo è presidente dell’ente montano Marione Ducceschi che si avvale

di un consiglio di giovani desiderosi di riportare la Pro loco agli antichi splendori. Non trascurano la cultura e in merito Giorgio Ducceschi e Olinda Derin Rai, propongono canti della Divina Comme-dia del sommo poeta Dante Alighieri. Il 9 novembre sabato, alle ore 20,30, lo scultore Vinicio Betti, recita il Canto XXVI dell’Inferno dal titolo Ulisse e Diomede. Betti spiega e recita l’ottava bolgia dove vagano i consiglieri fraudolenti, chiusi dentro fiamme mobili. Ulisse racconta a Dante e Virgilio il suo ultimo e sfortunato viaggio. E’ nella speranza degli organizzatori che l’iniziativa trovi consensi, e in caso affermativo, gli incontri culturali con altre tematiche, verranno ripetu-ti durante l’intero arco dell’inverno. Le serate proseguiranno con la spie-gazione del sistema solare dagli astrofili di Piano di Termini (Gavinana), ed un’altra conferenza sul mistero degli Ufo.Tutti sono invitati. L’ingresso è gratuito.

abato 16 e domenica 17 novembre si terranno gli ap-puntamenti della 31esima Giornata Internazionale della

Pace, della Cultura e della Solidarietà intitolata alla memoria di Giorgio La Pira. Questa edizione ha come tema “I Diritti Umani: dov’è tuo fratello? – Co-struire nel mondo la tenda della Pace e della Fratellanza fra i popoli”.

Questo tema, come afferma il Presidente del Centro Studi “G. Donati” Giancarlo Niccolai, promotore della gior-nata, è «tanto attuale quanto difficile da affrontare. Ogni giorno tantissime per-sone perdono la vita perché nessuno li riconosce come fratelli, perché nessuno vuol tendere loro la mano. Quello che con questa giornata vogliamo ricordare è che la costruzione della “tenda della pace” parte da ognuno di noi, da ogni nostra scelta e da ogni nostro atteggia-mento verso l’altro, che non deve essere il diverso ma il fratello».

«Per questo – continua Niccolai – abbiamo deciso di portare anche a Pistoia un “Giardino dei Giusti”, per ricordare quei grandi della storia che hanno dato il loro contributo per fare di questo mondo, un mondo migliore». Il giardino, realizzato presso la Chiesa di Santa Maria Maggiore di Vicofaro, è dedicato a Giovanni XXIII, Antonino Caponnetto, Giorgio La Pira, Pino Puglisi, Lorenzo Milani, Pio La Torre, Vittorio Bachelet, Giuseppe Dossetti, Vittorio Arrigoni, Liana Millu e verrà inaugurato Sabato 16 novembre alle ore 15:30.

La giornata di Domenica, alle ore

T

CENTRO STUDI DONATI

Costruiamo nel mondola tenda della Pace

31esima Giornata Internazionale della Pace, della Cultura e della Solidarietà

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Sabato 16 novembre ore 15,30: Inaugurazione del “Giardino dei Giusti”, chiesa Santa Maria Maggiore – Vicofaro

Domenica 17 novembre Palazzo dei Vescovi (g.c.) Piazza del Duomo

ore 10: Premio Letterario “Gior-gio La Pira”

Manifestazione di premiazione dei vincitori della 31esima edizione del Premio Letterario Internazionale “Giorgio La Pira”

Ore 18: Solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, monsignor Mansueto Bianchi.

I premiati di quest’anno sono: Fratel Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose; tenente di vascello

Giuseppe Cannarile, comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa; Tatiana Chikunova, fondatrice associa-zione madri contro la pena di morte; Han Dongfang, attivista dei diritti dei lavoratori in Cina; Gruppo Arcobaleno, genitori adottivi Asl3 di Pistoia; don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano, Domenico Quirico, gior-nalista, sequestrato in Siria per 5 mesi.

Presiede Carlo Trigilia, ministro della coesione territoriale.

La giornata ha avuto il contributo della Regione Toscana e della Fondazio-ne Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. È patrocinata dal Comune di Pistoia, dal Comune di Firenze e Comunità di Sant’Egidio.

15, nella Cattedrale di San Zeno, poi vedrà la premiazione di coloro che, in questi anni, hanno dimostrato il loro forte interesse verso i diritti degli uomini ovvero: Fratel Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, Tenente di Vascello Giuseppe Cannarile, comandante della capitaneria di porto di Lampedusa, Tatiana Chikunova, fondatrice dell’asso-ciazione Madri contro la pena di morte, Han Dongfang, attivista dei diritti dei lavoratori in Cina, Gruppo Arcobaleno, Genitori adottivi dell’Asl 3 di Pistoia, don Vincenzo Russo, Cappellano del carcere

di Sollicciano – Firenze, Domenico Qui-rico, Giornalista sequestrato in Siria per cinque mesi.

Nell’ambito della giornata inoltre verranno premiati i poeti e gli scrittori che hanno partecipato al Premio Inter-nazionale di Narrativa e Poesia 2013, in ricordo di Giorgio La Pira, presso il Palazzo dei Vescovi alle ore 9e45.

«Vi aspettiamo numerosi per condi-videre con noi questo momento di gioia e di condivisione – termina Giancarlo Niccolai.»

Questo il programma:

Han Dongfang, il “Walesa” cinese a Pistoia

an Dongfang è considerato il “Walesa” cinese: fu infatti protago-nista della vicenda di Piazza Tienanmen, guidando i lavoratori in supporto alla protesta studentesca, poi repressa tragicamente nel sangue dal regime cinese. Fondatore del primo sindacato libero

ed indipendente in Cina, Dongfang venne arrestato dopo la repressione di piazza e fu liberato dal carcere, un anno dopo, gravemente malato, solo dopo una imponente campagna di mobilitazione internazionale. Da allora si occupa, dall’esilio di Hong Kong, da cui non può rientrare nel resto della Cina, dei diritti dei lavoratori attraverso un sito internet (il China Labour Bullettin) e una Radio che trasmette, da Hong Kong in tutta la Re-pubblica Popolare (Radio Free Asia). Dongfang che verrà insignito quest’anno del premio La Pira, sarà a Pistoia sabato 16 novembre. In mattinata, presso la presso la biblioteca dell’Istituto Barone de Franceschi è previsto il confronto con gli studenti delle scuole superiori. Nel pomeriggio, alle ore 17, presso la Sala Terzani, della Biblioteca San Giorgio si svolgerà l’incontro pubblico: “Glo-balizzare i diritti nell’economia dell’interdipendenza” dove, dopo gli interventi di Cecilia Brighi, esperta di problemi sociali internazionali e Francesco Lauria, dell’Associazione Europa Plurale, Han Dongfanfg si confronterà, in un dibat-tito concentrato tra dimensione territoriale globale con il sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli.

H

1310 Novembre 2013 n. 40VitaLa dall’Italia

e persone si rivolgo-no al centro di ascolto presentando un insieme di richieste sempre più

articolato. Oggi, a fronte di situa-zioni socio-economiche molto compromesse, i bisogni diventano diversi e si traducono in richieste di aiuto urgenti.I servizi e gli aiuti del centro di ascolto di Udine vengono usati sempre meno in funzione di “in-tegrazione al reddito” e sempre più come supporti indispensabili, che devono coprire la mancanza assoluta di reddito (364 persone) o un grave depauperamento (405 persone).Spiccano le richieste di beni mate-riali e di sussidi economici, presen-tate dalla metà circa delle persone che si sono rivolte al centro: sono entrambe categorie di richiestastrettamente legate al disagio eco-nomico e al bisogno di rispondere ad esigenze fondamentali. A livelli più contenuti, troviamo altri tipi di domanda, a partire dal segretariato (6,3% dell’utenza), passando dalle richieste di lavoro (24,6% degli utenti), per finire con la richiesta di accoglienza (9,1 % dell’utenza).Il 53,2% delle persone ascoltate ha richiesto beni quali viveri, vestiario, prodotti per neonati, mobilia ecc., in leggero calo rispetto alla per-centuale dell’anno 2011 (il 58,8% dell’utenza). Il calo è dovuto alla trasformazione di un centro di distribuzione vestiario in negozio.Tra le persone senza abitazione sono precedentemente state con-teggiate anche persone con pro-blematiche abitative qui scorporate

CARITAS DI UDINE

Tutte le richiestedegli impoveriti

Dalle bollette della luce alla mensa dei figli

IL LAVORO CHE NON C’È

Orribili le polemichesulla pelle dei giovani

Il caso del botta e risposta sul

cosiddetto “bonus giovani” è un

esempio da evitare come la peste.

Verrebbe voglia di mandarli a quel

paese tutti itromboni che in

queste orefilosofeggiano emagari sono già

pronti a cavalcare la ribellione sociale. Licenziamoli pure. Per giusta causadi Nicola Salvagnin

n milione settecentomila posti di lavoro. Tanti sono quelli bruciati da questi cinque-sei anni di crisi

economica in Italia. Molte decine di aziende come la Fiat che chiudono i battenti, anche se la morìa di posti ha imperversato soprattutto nelle medio-piccole aziende. Quasi tutte, comunque, hanno seguito una cura “dimagrante” nel personale; pochis-sime hanno assunto, soprattutto qui in Italia.

È questa la dimensione del di-sastro occupazionale che colpisce soprattutto le fasce più giovani della popolazione; un disastro aggravato dagli effetti della riforma delle pen-sioni ideata dall’ex ministro Elsa Fornero, che ha allungato di molti anni la soglia dell’età pensionabile. Aggiungiamoci il settimo anno con-secutivo di blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, e soprattutto l’utilizzo distorto della fu “legge Biagi” come strumento non per far crescere le opportunità lavorative, ma per dequalificare eco-nomicamente soprattutto i giovani lavoratori, e la situazione da dram-matica rischia di diventare esplosiva.

Non c’è ribellione solo perché non si saprebbe nemmeno contro chi ribellarsi; c’è invece tanta ras-segnazione, una gigantesca perdita di senso per intere generazioni, una voglia di fuga, di andarsene verso lidi più accoglienti che sta nuovamente trasformando l’Italia in un Paese di emigranti.

In un simile panorama pro-vocano la nauseale polemicuzze politiche sul che fare, in particolare sull’efficacia del cosiddetto bonus giovani ideato dal governo, che avrebbe agevolato l’assunzione di “soli” 14mila ragazzi. I polemisti del “so io come si fa”, da noi non man-cano mai. Soprattutto quando non devono essere messi di fronte alla responsabilità pratica delle loro idee. È evidente che un simile bonus non cambierà molto la situazione e che la ripresa non verrà spinta dagli sgravi fiscali, come sostiene lo stesso mi-nistro. Le assunzioni arrivano dopo la ripresa economica, non prima. Se non c’è lavoro, se non ci sono ordini, se il mercato interno è in continuo calo, difficilmente si invertirà il trend.

Ma chi devono farle queste cose, i giovani che campano (no, non cam-pano) con poche centinaia di euro al mese o i grandi condottieri che stanno portando l’Italia - unico Paese in Occidente - dritta verso il settimo

anno consecutivo di recessione? Quegli stessi Soloni che, statene cer-ti, se e quando esploderà la ribellione sociale - e Dio non voglia - saranno i più lesti a cavalcare e a fomentare i malumori.

Abbiamo bisogno di gente che si rimbocchi le maniche e lavori duro per costruire un futuro che sembra non esserci più per i nostri figli; i tromboni, licenziamoli pure. Per giusta causa.

sotto diverse voci specifiche. È per questo motivo che i totali sono diversi.Dal 2011 al 2012 le persone che hanno richiesto indumenti sono pas-sate da circa 600 a 400, per un totale di 565 richieste singole, il che signi-fica che alcuni hanno fatto richiesta di vestiario in modo reiterato (ad esempio per il cambio stagione). Le persone che hanno richiesto il pac-co viveri sono state 70, un numero comunque considerevole, visto che il centro di ascolto diocesano non effettua direttamente la distribuzio-ne degli alimenti, ma invia le persone alle realtà parrocchiali cittadine che si occupano di questo servizio.I contributi economici sono stati richiesti dal 48,8% delle persone che si sono rivolte al centro di ascolto, pari a 467 persone, con un aumento di circa 10 punti percen-tuali rispetto all’anno precedente (38,6% nel 2011, pari a 448 persone). È molto significativo che, nonostante il calo dell’utenza, le persone che hanno fatto richiesta di contributi economici siano aumentate anche in termini assoluti. Scorporando il dato relativo alla macro-richiesta, si scopre che 180 persone hanno richiesto aiuti economici finalizzati al pagamento di bollette e utenze

domestiche.I contributi per l’affitto sono stati richiesti da 70 persone, mentre ri-mane comunque elevato il numero di chi richiede contributi economici per esigenze di mobilità (85), spesso legate agli spostamenti connessi alla ricerca lavorativa, oppure alla vo-lontà di recarsi in altre zone d’Italia o d’Europa. Un caso da segnalare: capita abbastanza di frequente che si presentino persone o famiglie, soprattutto dall’Est Europa, che richiedono un contributo per il car-burante necessario a tornare verso il proprio paese.Nel corso del 2012 le richieste di microcredito sono state 64, delle quali 45 hanno avuto parere favore-vole e 27 sono state erogate, per un totale di 70.450,00. Purtroppo sono aumentate le richieste di prestiti da parte di persone che non hanno alcuna possibilità di rimborso, in mancanza di contratto o di prospet-tiva di lavoro e non possono quindi essere accolte. Sono aumentati ed arrivano ad un quindicina, i casi di insolvenza.Le richieste di lavoro sono state avanzate da 212 persone, che rap-presentano il 24,6% dell’utenza, in calo rispetto al 2011 (29,9% dell’utenza). A fronte dell’alto nume-

ro di disoccupati e di persone che riferivano di avere problematiche lavorative, la bassa incidenza delle richieste di lavoro è dovuta alla bassa incisività del centro di ascolto rispet-to a questo tipo di servizio. È sempre più chiaro che l’attività di sportello non basta per aiutare le persone fragili a trovare lavoro e l’utenza stessa, visti gli scarsi successi, smette di portare questo tipo di richiesta.Le persone che hanno richiesto accoglienza sono state 87, numero che corrisponde al9,1 % dell’uten-za. Scorporando il dato, troviamo richieste di inserimento in dormi-torio, avanzate prevalentemente da persone di passaggio o in condizione di marginalità estrema, richieste generiche, spesso sfociate nell’ac-coglienza in una specifica struttura (come ad esempio le strutture Cari-tas dedicate alle donne in difficoltà), ma anche richieste, avanzate spesso da famiglie, di appartamenti nei quali potersi trasferire dopo aver perso l’alloggio precedente.L’accoglienza delle famiglie impo-verite, esigenza determinata dalla crisi economica, mette in discus-sione l’impianto territoriale delle accoglienze, perché ridetermina spazi pensati per i singoli o per le coabitazioni.

U

Certo che le 100mila assunzioni che il bonus - come sostiene il ministro del lavoro Giovannini - porterà da qui al 2015, ce le teniamo strette e care.

Piuttosto sarebbe da chiedere conto di cosa abbiano fatto in questi mesi i grandi polemisti della politica italiana - le star dei salotti televisivi, i demagoghi internettiani - per cambiare questo Paese che è ogni giorno di più ostile all’intraprendere, all’investire e quindi all’assumere. Perché, per dire, le case automo-bilistiche nippo-coreane investono in Gran Bretagna, in Ungheria, nella Repubblica Ceca, in Spagna… ovunque meno che in Italia? Perché la nostra giustizia civile è e continua ad essere tutto meno che giustizia? Perché non si affrontano i nodi della spesa pubblica, la qualità della sua azione, il suo ammodernamento rifu-giandosi in commissioni e authority che “studino la revisione della spesa pubblica”? Perché si sollecitano gli italiani a segnalare sprechi, disservizi e possibili migliorìe (90mila mail pervenute), e poi si butta tutto nel cestino? Perché non si mette mano con serietà ad un “federalismo” che ha portato solo alla moltiplicazione di spese e sprechi?

L

14 n. 40 10 Novembre 2013 LaVitadall’italia

erché si è taciuto? Perché nessuno ha fatto nulla? Perché si è trovato più conveniente

continuare ad avvelenare buona parte della Campania e la sua gente nonostante si sapesse? Perché alle ammissioni di colpa del pentito di camorra Carmine Schiavone, alle precise indicazioni sui luoghi di sca-rico dei rifiuti velenosi, non è seguita un’immediata azione politica e isti-tuzionale a tutela della salute? Do-mande che non possiamo non porre se oggi, a distanza di ben 15 anni, scopriamo che un’intera Commis-sione parlamentare d’inchiesta ha ascoltato ma poi di fatto è rimasta immobile dinanzi alle 63 pagine di verbale firmate dal cugino del boss dei casalesi Francesco Schiavone.Del resto, a quanto si apprende, corredate da precise indicazioni di movimenti di denaro, elenco di socie-tà coinvolte e, persino, numero dei camion utilizzati per il trasporto dei rifiuti. Un affare da decine e decine di milioni di euro, arrivato - ma non era difficile immaginarlo - ben oltre i confini della Campania. Cave di-smesse, pezzi di autostrade, semplici terreni agricoli riempiti di fusti tossici spesso in arrivo anche da oltre con-fine, certo dalle aree industrializzate del Bel Paese: imprenditori indegni e affaristi della peggior specie trova-vano, infatti, più conveniente pagare

P RIFIUTI TOSSICI

Il dovere di bonificarela Campania avvelenata

Tolto il segreto sulle drammatiche dichiarazioni (ottobre 1997) del pentito Carmine Schiavone alla Commissione parlamentare

d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Sono trascorsi 15 anni ela profezia di morte per tumore si è avverata. Troppe domande inevase.Una su tutte: perché lo Stato non è intervenuto subito

per salvaguardare la salute dei cittadini?di Franco Miano

la camorra per avvelenare l’ambiente e le persone piuttosto che smaltire correttamente i loro scarti.Bene ha fatto la presidenza della Camera dei deputati a decidere di rendere pubblico un documento clas-sificato come segreto: probabilmente ciò non aggiungerà nulla al lavoro della magistratura, ma aiuterà le popolazioni del territorio ad acquisire più consapevolezza sui tanti errori del passato. I cittadini oggi hanno tut-to il diritto di conoscere quali crimini sono stati commessi ai loro danni e il diritto di poter esigere ogni ripa-razione possibile. Allo stesso tempo, leggendo quelle carte capiranno sia la

grave collusione della politica e delle istituzioni, sia la forte responsabilità di un corpo sociale - all’interno del quale ciascuno di noi ha colpe - che nel suo insieme non sa opporre il bene comune a interessi privati - in questo caso letali.Nel frattempo, però, crediamo che qualcuno debba rispondere e subito del perché si sia permesso impu-nemente e si permetta ancora che interi pezzi di Paese restino nelle mani di uno “stato” che certo non è quello italiano. Lo stesso Schiavone con tragico realismo mette a verba-le, ad esempio, che “in tutti i 106 Comuni della provincia di Caserta

noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero”. E ancora, si poteva immaginare “che nel giro di vent’anni morissero tutti”, ma l’affare era trop-po grande, e gli interessi, le complicità, le connivenze e i silenzi troppo estesi. Nessuno ha visto o ha fatto finta di non vedere quanto rifiuti radioattivi “dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba”, come raccon-tava Schiavone. Di fronte a questo scenario, ci chiediamo: dove finisce l’ignavia della politica e dove comincia la responsabilità penale?C’è qualcosa, però, che tutti possiamo fare subito. Di recente Papa France-

Maurizio Galli,della Comunità Papa

Giovanni XXIII, ribadisce

l’impegno in favore delle ragazze africane

e dell’Est europeo.Si assiste ad un

ritorno delle italiane,persino baby

prostitutedi Luigi Crimella

sco ci ha ricordato che serve risco-prire e dare voce a una “ecologia umana”, che è “coltivare e custodire” e non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il cre-ato, riguarda anche i rapporti umani. Poiché ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme. Mi auguro, dunque, che tutti si prenda sul serio l’impegno di rispettare e custodire il creato, di essere attenti a ogni persona, così come di contra-stare “la cultura dello spreco e dello scarto”, per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro.Come ci ricorda Papa Francesco, “quello che comanda oggi non è l’uo-mo, è il denaro: il denaro, i soldi co-mandano! Dio, Nostro Padre, ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: gli uomini e le donne! Noi abbiamo questo compito!”. Non dimentichiamolo mai. Specie quando le nostre omertà sono addirittura causa di morte. Due, infatti, sono le immagini-simbolo di questa triste e lunga storia: le foto dei tanti bimbi morti per leucemia e tumori; i pen-sieri contorti e irrazionali di gente semplice, agricoltori per lo più, che per pochi spiccioli hanno consegnato alla camorra le loro terre, le loro colti-vazioni, la loro stessa vita. Ignoranza, omertà, criminalità, collusione politica: una miscela esplosiva che ora recla-ma riparazione. E una nuova cultura del vivere civile.

PROSTITUZIONE

Le più deboli e indifesesono le ragazzeridotte in schiavitù

Roma le baby-prostitute con madri più o meno consen-zienti, che operavano con clienti facoltosi a suon di

centinaia di euro ad incontro. A Rimini, madre e figlia minorenne trovate a vendersi insieme, come per proteggersi reciprocamente, sembra a motivo di una grave povertà. E poi i casi, che ritornano piuttosto spesso, di ragazzine che “gioca-no” a fare le squillo per piccoli compensi utili a ricaricare i cellulari o comprare trucchi, borsette e telefonini. Cosa sta succedendo? Forse una recrudescenza del fenomeno? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Galli, della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi a Rimini, che opera in Italia con diverse sedi e anche in una ventina di Paesi del mondo. Queste le sue risposte.

Che dire di fronte a questi ennesimi casi, sorprendenti perché stavolta ci sono di mezzo apertamente le madri delle ragazze coinvolte nella prostituzione?

“Che ancora una volta emerge un quadro di difficoltà personale e famiglia-re, che ha i volti o della povertà econo-mica, oppure del bisogno di denaro per ‘apparire’, o per avere un tenore di vita

A

al di fuori della propria portata, oppure di disagio personale profondo”.

Nella vostra comunità l’azione in favore delle pro-stitute è stata una delle opere più significative del fondatore don Oreste Benzi, che voi continuate con grande impe-gno. Qual è la situazione per quanto riguarda l’Italia oggi?

“Al momento assistiamo più di 200 ragazze, per lo più africane e dei Paesi dell’Est europeo. Le prime sono le più numerose perché si trovano in situazioni di grave disagio e inoltre hanno bisogno di maggiore aiuto per i permessi di soggior-no e altro. Le ragazze dell’Est europeo vengono da noi quando hanno particolari bisogni, quali ad esempio sostenere i pro-pri figli piccoli o altre esigenze personali. Ricordiamo che per queste ultime, in quanto cittadine europee, non ci sono tutti i problemi burocratici che invece hanno le africane”.

Ma come avviene che in un giro del genere cadano anche le ragazze italiane?

“Se per le ragazze dei Paesi poveri si materializza una vera e propria schia-vizzazione, con varie forme di ricatto e di controllo, per le italiane, come capita anche di leggere nelle cronache, le moti-vazioni sono le più varie. Si va da quelle banali come la richiesta di una ‘ricarica per il cellulare’, senza sapere che si entra in un giro terribile in cui saranno costrette a fare cose che non avrebbero

mai pensato e voluto fare. Quando si accorgono di essere diventate delle vere e proprie ‘schiave’, allora inizia la presa di coscienza del dramma”.

Di tanto in tanto riemerge la proposta di “riapertura del-le case chiuse” come soluzione ‘pulita’ al problema della vio-lenza e della schiavitù sulle donne. Cosa ne pensa?

“Che la realtà, anche nei Paesi dove l’attività di prostituzione è legale e più o meno controllata dallo Stato, è spesso ben diversa da quanto sembra. Agli occhi dell’osservatore possono apparire donne che si dichiarano ‘libere’, ma in realtà non sapremo mai chi le controlla per davvero, a cosa sono costrette, quali vessazioni subiscono. E comunque, laddove si è data la possibilità di registrarsi al fisco come prostitute per legittimare questo ‘lavoro’, pochissime lo hanno fatto. Un fallimento, di cui nessuno parla”.

Come risolvere il problema della prostituzione, specie minorile?

“L’assistenza alle ragazze è basilare, per aiutarle a venirne fuori. Il 90 per cento delle ragazze ha avuto contatti, in Italia, con associazioni che si occu-pano di questo. Offrire la possibilità di regolarizzarsi diventa uno strumento prezioso, uno stimolo a trovare il coraggio di mollare i propri ‘protettori’ e cercare di emanciparsi. Però occorre garantire una via di uscita, la giusta copertura nelle fasi iniziali e rassicurarle, perché

talune di loro sono cadute ‘dalla padella nella brace’, seguendo le promesse di qualche cliente che si diceva un salvatore ma in realtà voleva prestazioni sessuali gratuite e cercava una sorta di ‘schiava personale’”.

Che rapporto avete con la

Chiesa locale nelle realtà dove siete attivi?

“Don Benzi sosteneva che ogni parrocchia avrebbe dovuto adottare una prostituta per proteggerla, aiutarla, liberarla. Papa Francesco oggi ci mette davanti agli occhi queste schiavitù mo-derne, tuttora largamente presenti. La Chiesa è molto sensibile a questo tema come ad altri di grave emarginazione. Purtroppo i politici non agiscono, perché temono, se dessero corso a leggi punitive dei clienti, di perdere un bacino di voti stimato in 2-3 milioni. Non abbiamo mai trovato nessun politico che, salvo piccoli tratti di strada, portasse avanti

un discorso serio di vera messa al bando della prostituzione, punendo in maniera esemplare i clienti”.

Eppure in qualche nazione è avvenuto. Perché non da noi?

“In effetti, in qualche Paese nordico, come la Svezia, con la punizione dei clienti qualcosa è cambiato, la donna è stata più salvaguardata. Da noi si fa fatica, culturalmente, a far passare questi percorsi”.

Rimane il mistero della prostituzione ‘indoor’, nelle case private, oppure quella delle ‘escort’. Che dire?

“Che a questo livello, specie per le escort, siamo su un altro versante, dove girano molti, molti soldi. Noi ci occupiamo del lato più debole del fenomeno, quello della prostituzione di strada, delle donne forzate, schiavizzate. Sono le più indifese, le vittime vere”.

1510 Novembre 2013 n. 40VitaLa

Dal mondo

dall’esteroSIRIA

Banco di provadelle aperture di Teheran

nche in Iran sembra essere arrivata una sorta di ‘primavera’, una lieve ventata

riformatrice che, lungi dall’as-somigliare a una rivoluzione, appare intenzionata a rio-rientare la politica di Teheran. All’interno, ma soprattutto all’estero. E il primo banco di prova è la lunga guerra siriana, a causa della quale la vecchia alleanza tra gli ayatollah irania-ni e la famiglia Assad comincia a vacillare.

Dopo la vittoria, a giugno, il presidente iraniano Hassan Rohani si è trovato a gestire una situazione di isolamento che ormai aveva generato un forte malcontento in gran parte della popolazione. Aven-do ereditato una situazione economica catastrofica, sta cercando di perseguire in-nanzitutto un alleggerimento della pressione internazionale e delle sanzioni, cosìì da far ripartire l’economia. “Nel suo slancio verso quella che egli chiama una distensione con

A

gambIa e commonwealthIl governo del Gambia ha as-sunto in ottobre la decisione di uscire dal Commonwe-alth, con effetto immediato e dopo 48 anni di adesione alla struttura internazionale: il paese africano non sarà mai più “un membro di un’istituzione neo-coloniale”. Il Commonwealth è una as-sociazione volontaria forma-ta da 54 stati legati alla co-rona britannica, in gran parte già colonie come il Gambia. Il motivo della risoluzione adottata risiede, è probabi-le, nelle crescenti tensioni sviluppatesi con l’organizza-zione. Nel 2012 l’esecutivo di Banjul si oppose alla pro-posta del Commonwealth, tesa a istituire nel paese un organismo per la difesa dei diritti umani, per la libertà di informazione e per la lotta alla corruzione.

cIneSI In vIaggIoL’amministrazione nazionale cinese per il turismo ha cre-ato un “manuale di condotta del turista civile” nel quale sono elencati i comporta-menti da evitare quando si viaggia, è una guida di 64 pagine utile, considerati i suggerimenti offerti: non mangiare rumorosamente, non rubare il giubbotto di salvataggio a bordo degli ae-rei, mantenere un compor-tamento dignitoso... I cinesi primeggiano nella classifica del turismo all’estero, con 83 milioni di viaggi com-piuti nel primo semestre di quest’anno, ma taluni episodi di vandalismo ne hanno deturpato l’immagine come quello del quale fu autore un ragazzo cinese a maggio: egli aveva inciso un graffito sulla muraglia di un tempio di Luxor, risalente a 3.500 anni or sono.

futurodella terraLa causa che produce la crescita inarrestabile del riscaldamento globale è rap-presentata dall’uomo e dalle sue attività. Entro il 2100, secondo stime approntate dal comitato intergoverna-tivo Onu sul cambiamento climatico, la temperatura del pianeta dovrebbe crescere mediamente fra gli 0,3 gradi centigradi e i 4,8, ed il livello delle acque marine dovreb-be innalzarsi da 26 a 82 centimetri. L’unico riparo è costituito dal contenimento delle quantità di emissioni di gas-serra. Sandro Fuzzi (Cnr) afferma che le attività umane, legate ai combustibili fossili e alla deforestazione, possono avere “causato più della metà dell’aumento di temperatura osservato” fenomeno che ha dato luogo anche allo scioglimento dei ghiacci.

Nel nuovo Iran non sembra

esserci posto per i vecchi legami con il regime

di Assaddi Angela Carusone

er la seconda volta nell’arco di poco più di un mese, il 19 otto-

bre sono state bloccate le elezioni presidenziali nelle Maldive. Ha scritto la Com-missione che sovrintende al processo elettorale: “Mentre stavamo preparando i docu-menti per il voto, è arrivata la polizia e ci ha detto che il materiale non poteva essere portato fuori. Quando sare-mo informati della prossima data, annunceremo le nuove elezioni”. L’intervento della polizia è stato stabilito dalla Corte suprema.Il presidente Mohamed Nasheed, eletto nel 2008 con le prime elezioni indi-pendenti nel Paese -aveva

sconfitto Maumoon Abdul Gaymoon, per trent’anni al potere- fu costretto alle dimissioni quattro anni dopo a seguito di un tentativo di colpo di Stato e di una serie di proteste supportate dalla polizia. Aveva avviato una serie di riforme e cercato di modificare il sistema giu-diziario. Il suo successore, Mohamed Waheed, è stato accusato da Nasheed di voler conservare il potere a tutti i costi senza convocare le elezioni, che a seguito del-le pressioni della comunità internazionale, sono state in-dette. Il 7 settembre, al pri-mo turno, Nasheed ha vinto con la maggioranza del 45%. Era pronto ad affrontare il secondo turno -previsto per

il 28 settembre– rinviato dalla corte suprema al 19 ottobre, perché non tutti i candidati avevano sotto-scritto il registro dei votanti. Poi, il secondo rinvio, al 9 novembre, due giorni prima della scadenza del mandato di Waheed, che Nasheed vorrebbe si dimettesse subi-to, rimettendosi alle decisio-ni del Parlamento. A parere di Nasheed e del suo partito, dietro i due rinvii, ci sarebbe il ruolo che ancora svolge dietro le quinte l’ex dittatore Gay-moon, sulla base del fatto che i due partiti che hanno provocato l’intervento delle forze dell’ordine sono a lui legati. Il primo, quello progressista, è guidato da

Abdulla Yameen, fratellastro di Gaymoon, mentre il par-tito Jumhooree è guidato da Gasim Ibrahim, magnate del turismo e dell’informazione, ex ministro delle Finanze del governo dell’ex ditta-tore. La confusione nel Paese è sovrana in questo momento. Nasheed ha chiesto agli stranieri che intendono visitare il Paese di organiz-zare con attenzione il loro viaggio “perché molti resort sono gestiti da persone che si oppongono alle elezioni” e ha chiesto ripetutamente alla comunità internazionale di fare pressioni per far svolgere le elezioni il prima possibile.L’ex ambasciatrice delle

Maldive nel Regno Unito, che si è dimessa per prote-sta, teme che gli avversari di Nasheed cercheranno d’im-pedire anche il voto del 9 novembre, perché sanno di poter essere battuti, men-tre il ministero degli Esteri dell’India ha dichiarato che “l’India e la comunità in-ternazionale hanno seguito da vicino gli sviluppi nelle Maldive e sono seriamente preoccupati per i tentativi di bloccare il processo de-mocratico che deve essere rimesso immediatamente nei suoi binari con un’agen-da definita, in modo che un nuovo presidente sia eletto e insediato l’11 novembre 2013 come prevede la Co-stituzione”.

P

DEMOCRAZIA A RISCHIO

Maldive nel caos: nuovo rinvio delle presidenziali

Il secondo turno delle elezioni - vinte da Mohamed Nasheed - è stato rinviato già due volte. Nuovo appuntamento il 9 novembre. Ma dall’interno del Paese emergono tante preoccupazioni,

a causa del potere occulto esercitato dall’apparato legato al precedente regime dittatoriale

2011, della cosiddetta ‘pri-mavera araba’, la politica re-gionale dell’Iran “entra in una zona di incertezza”, afferma Mohtadi. Da un lato l’Iran cerca di accreditare l’idea che queste ‘rivoluzioni’ sono ispirate alla propria: l’arrivo al potere di islamisti è presenta-to come il compimento della promessa di Khamenei , che aveva predetto un risveglio islamico. Dall’altro denuncia la rivolta in Siria, che afferma essere manipolata dall’Occi-dente e da Israele: sostiene invece le rivoluzioni tunisina, egiziana,libica, yemenita e del Bahrein. Questo paradosso va avanti finché Teheran non si decide a ripensare la pro-pria politica, ipotizzando una transizione a Damasco senza Bashar al Assad. Gli osserva-tori segnalano due episodi che vanno in questo senso. Ad agosto l’ex presidente Hashemi Rafsanjani afferma, a proposito dell’uso dei gas alla periferia di Damasco, ha detto: “Un potere che utilizza armi chimiche contro il suo stesso popolo ne subirà catastrofiche conseguenze”. Mentre a set-tembre Sardar Alalei, ex capo di Stato maggiore, sottolineava che “purtroppo, a causa della guerra siriana, tra i popoli del mondo arabo si è diffuso un sentimento anti-iraniano. Ci viene chiesto perché noi, che crediamo nella democrazia,

sosteniamo il regime dispotico della Siria. E questo diminui-sce notevolmente l’influenza dell’Iran nel pensiero del mon-do arabo”.

Nell’attuale situazione si-riana, quindi, Teheran ha davan-ti ha sé due strade: contribuire alla prosecuzione della guerra e sostenere in modo incon-dizionato il potere di Assad, oppure, pur preservando i propri interessi, modificare la propria politica regionale. Ma una lunga guerra in Siria è sempre più insopportabile per l’economia iraniana, già inde-bolita dalle sanzioni: “Teheran, tra l’altro – ricorda Mohtadi – paga lo stipendio ai soldati dell’esercito siriano”. Di più, se il conflitto dovesse continuare, rischierebbe di tradursi in una diminuzione dell’influenza ira-niana, e anche di sfociare in una crisi con la Turchia, cosa che l’Iran ha evitato fin dall’inizio della propria rivoluzione.

L’opzione più probabile quindi – secondo gli analisti – è nel disimpegno con Assad: “la Repubblica islamica – affer-mano – cercherà garanzie per evitare che l’estromissione dei suoi protetti di Damasco non provochi uno tsunami di forze salafite, trasformando in modo definitivo lo scontro confes-sionale tra sciiti e sunniti nella principale frattura del Medio Oriente”. Cosìì da evitare una sconfitta strategica.

l’Occidente – scrive Ali Mohta-di – Rohani ha rotto dei tabù: riuscendo a neutralizzare gli ultimi recalcitranti all’interno dei ‘guardiani della rivoluzione’, e a ottenere il sostegno della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, che, in un discorso a metà settembre ha parlato di ‘flessibilità eroica’ della diplomazia”.

La Siria della famiglia al Assad, al potere dal 1970, è alleata della Repubblica islami-ca dell’Iran dalla fine degli anni Settanta, traendone vantaggi sul piano finanziario, militare ed economico. Pur essendo sunnita, il regime di Damasco, al contrario delle monarchie

arabe del Golfo, condanna l’invasione irachena dell’Iran del 1980, che portò alla lunga e sanguinosa guerra tra i due Paesi. E stringe ancor più i legami quando, con l’invasio-ne israeliana del Libano, nel 1982, nascono gli Hezbollah: le armi iraniane destinate all’or-ganizzazione sciita libanese transitano infatti attraverso la Siria. “Dunque – osservano gli analisti – l’amicizia di Teheran con il potere di Damasco, i cui principi sono ben diversi da quelli della rivoluzione islamica, trova le sue ragioni in interessi geopolitici, piuttosto che nella religione”.

Con lo scoppio, a inizio

16 musica e spettacolo n. 40 10 Novembre 2013 LaVita

LaV itaSettimanale cattolico toscano

Direttore responsabile:Giordano Frosini

STAMPA: Tipografia GF Press MasottiIMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia

FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.308372

e-mail: [email protected] - [email protected] Tribunale di Pistoia

N. 8 del 15 Novembre 1949

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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 6 NOVEMBRE 2013

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‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, avremmo risolto la maggior parte dei proble-mi. Ma spesso non ne siamo capaci, a cominciare da me”. È un Gianni Morandi che, spenti i riflettori dell’Arena, si racconta. Dopo il grande successo ottenuto durante le due serate nell’anfiteatro romano, trasmesse su Canale 5, l’artista di Monghidoro è tornato a Verona in occasione di un incontro con le autorità cittadine.

Uno dei momenti più emozionanti del live in Arena è stato il duetto con il figlio. Il mestiere di padre non è facile.

“Come genitori ci si im-pegna ogni giorno per dare il miglior esempio possibile ai figli, senza fare nulla di ec-cezionale o eroico. Io cerco di insegnare loro il rispetto per gli altri, il gesto di dare. Anche mio figlio è partecipe nel mondo della solidarietà. L’esibizione con Marco è stata un momento toccante per me, mi sono commosso ed evitavo di guardarlo per non piangere. Lui non ama molto cantare con me, ma quando gli ho proposto la canzone ‘Il mio amico’ si è convinto. Quando si vedono certe cose in tv sembrano studiate a tavolino per speculare sui sen-timenti. Io l’ho fatto in totale buonafede. È un brano che canto da anni e che tratta la tematica della disabilità: parla di un amico che ha bisogno di essere aiutato, di un sorriso, di una stretta di mano; tutti lo guardano, ma lui vuole vivere, non si lamenta e dice che la vita è bella anche così”.

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a portare sul palco ra-gazzi non conosciuti che

MUSICA: "OGNI VITA È GRANDE"

Gianni Morandiparola per parola

“S

studiano nei Conserva-tori d’Italia?

“In primo luogo, lavorare con i giovani è sempre en-tusiasmante perché ti danno energia, entusiasmo, passione. In secondo luogo si voleva mettere in risalto il fatto che nei Conservatori italiani si formano professionisti bravi. Sono tutti ragazzi diplomati o che stanno per conseguire il diploma. Ci vuole più attenzio-ne per questi giovani che de-dicano anni e anni allo studio di uno strumento e poi non riescono a trovare un posto in un’orchestra per suonare e magari vanno a insegnare musica alle scuole elementari. Ci vuole attenzione, bisogna che queste orchestre giova-nili abbiano modo di suonare, di esibirsi: in Italia abbiamo 3mila teatri e una tradizione musicale”.

Cosa pensa dei ta-lent show, che propon-gono una cultura del successo facile?

“I talent show possono creare false aspettative in tanti giovani: questi ragazzi, dopo aver assaporato un po’ di successo, si ritrovano a dover affrontare la vita, quella vera, che non è più fatta di applausi, di luci. Vedendola da questo punto di vista i talent show non sono propriamente edu-cativi. Però se torno indietro, ai miei anni, anche allora c’erano

i concorsi di voci nuove, come il Festival di Castrocaro o di Bellaria, lo stesso Sanremo. Questo modus operandi alla fine è sempre avvenuto, forse adesso si sta calcando troppo la mano: bisognerebbe che i giovani capissero che il talent show non è un punto di ar-rivo, ma di partenza. Non è vincendo un terno al lotto che si fa carriera. Ci vuole studio, impegno, preparazione, gavetta. Il mestiere dell’artista non è facile, è difficile come tutti gli altri”.

50 anni di successi, ma anche in cui forse non veniva capito dal pubblico.

“In realtà ero io che non capivo. Non è mai solo colpa del pubblico: forse per me il successo è arrivato troppo in fretta e in maniera incon-sapevole. Poi mantenerlo è stato molto difficile, quando è cambiata l’aria, quando è cambiato il mondo musicale e il contesto sociale. Sono stati dieci anni molto utili e anche dolorosi. La mia famiglia si sgretolava, culminando in un divorzio. E poi ci fu la morte di mio padre. Mi sono trovato con delle giornate vuote da riempire. Qualcuno mi ha con-sigliato di studiare, cosa che non avevo fatto prima. Sono entrato nel Conservatorio di Santa Cecilia, per sette anni ho studiato il contrabbasso. Non

e non fosse passata da un bel pezzo la mezzanotte, domeni-ca sera avrei acceso

subito il lettore dvd per ve-dere “La strada”, e risentire gli affascinanti dialoghi fra il matto e Gelsomina. È stato il primo immediato effetto seguito alla bella visione di “Viva Fellini”, lo speciale Tg1 firmato da Nevio Casadio, con la fotografia di Marco Colonna. Per un’ora mi sono ritrovato immerso nella magia del regista riminese, conosciuto e stimato in tutto il mondo. Pesco dai ricordi. Ero in Giappone, in visita alla mis-sione di padre Tarcisio Can-ducci e cercavo con fatica di far comprendere a un giapponese che venivo da Ri-mini. Dopo mezz’ora di spie-gazioni... mare Adriatico, fra Venezia e Roma... Mi illuminai e dissi: “Fellini Amarcord”. Il volto del mio interlocutore si illuminò e le spalle accom-pagnarono nel chinarsi il suo

S

sorriso. Fellini è Rimini, Rimini è Fellini, Fellini è il mondo, Ri-mini è il mondo. Proprio per questo, il filmato di Casadio sembra insistere molto sul rapporto complicato fra il regista e la sua città, prima e soprattutto dopo la morte di Federico. Non condivido il giudizio negativo su questo rapporto, è banale, quasi un luogo comune. Io sono ri-minese e amo Fellini e come me certo tanti. Eravamo in quarantamila quel giorno di vent’anni fa a salutarlo e piaz-za Cavour si dimostrò troppo piccola per contenerci, men-tre commosso Sergio Zavoli

ricordava con voce incerta, ma con bellissime parole, l’amico regista. Come pure storico, ma banale, il tornare a sottolineare la condanna della chiesa per “La dolce vita” e farla assolvere nel 2010 da un imbarazzato cardinal Ravasi. E pensare che già nel 1965, cinque anni dopo l’uscita del film, “La dolce vita” era in programma nei cineforum dei seminari, compreso quello di Rimini. Chi mi ha fatto conoscere e amare Fellini è proprio quella chiesa descrit-ta come nemica del genio riminese. Sono però passati vent’anni da giorno della

morte di Fellini e Rimini si sta specchiando ancora nella sua incapacità di costruire intor-no alla sua figura un minimo progetto culturale, turistico, imprenditoriale. È arrivata l’università, ma nessun corso di cinematografia, non c’è un luogo dove “incontrare” Felli-ni, vedere i suoi film, studiarlo, raccogliere testimonianze... Arriverà il Museo? Rinascerà la Fondazione? Vedrà la luce il nuovo Fulgor? Svegliati Rimini. Vent’anni sono troppi anche per una città abituata a donare una casa sul porto, annunciarlo alla stampa e dimenticarsi di acquistarla.

stese nei lettini, che però han-no voglia di vivere e di con-dividere , t i s e n t i piccolo, misero con i tuoi difetti quotidiani, ti lamenti se magari ti manca il sale nella minestra oppure se ti manca un bottone”.

Cosa pensa di Papa Francesco?

“È un uomo meraviglioso che sa parlare alle folle, che si avvicina, che si vuole togliere

Spenti i riflettori dell’Arena di Verona,il cantante si racconta

di Serena Dei

VENTI ANNI DOPO

Fellini è RiminiRimini è Fellini

Eravamo in quarantamila quel giorno di vent’anni fa a salutarloper le vie del corteo funebre e piazza Cavour si dimostrò troppo piccola

di Giovanni Tonelli

tutti gli orpelli, le mantelle, i cappelli, le scarpe. E la gente lo segue perché capisce che è vero, sincero, una guida che va al valore delle cose. Papa Fran-cesco mi piace per le risposte che dà: ‘Ma chi sono io per giudicare un omosessuale?’ Non poteva esserci un Papa migliore di questo nel nostro momento storico”.

sono diventato un musicista, ma mi è servito anche per ricominciare con una diversa consapevolezza”.

La fede l’ha aiutata in questi momenti?

“Io sono figlio di una fa-miglia divisa in due: mia madre credente e una nonna paterna fervente, che andava a Mes-sa tutte le mattine, mentre mio padre era esattamente il contrario. Fino intorno agli anni Novanta ero abbastanza indifferente alla religione. Poi mi sono accorto, dopo aver avuto successo e soldi e aver soddisfatto molti desideri, che probabilmente mi mancava qualcosa. Sentivo il bisogno di riscoprire una spiritualità che potesse riempire questo invo-lucro vuoto, fatto di esteriori-tà. Ero alla ricerca di qualcosa, così mi sono avvicinato alla fede, cominciando ad andare a Messa. All’epoca Franco Battiato scrisse una canzone per me che diceva: ‘Guardo il cielo con occhi diversi’. La spiritualità mi ha aiutato mol-to anche per aprirmi verso gli altri e per intraprendere opere di solidarietà”.

Come l’esperienza con l’Unitalsi?

“Su suggerimento di Gian-marco Mazzi, mi chiamò l’Uni-talsi per portare un po’ di musica sui treni bianchi della speranza con migliaia di per-sone. Poi ci ritornai più volte perché è davvero un’esperien-za toccante. Per l’occasione cantai ‘Un uomo piccolo come me’: quando ti trovi davan-ti alla sofferenza vera, con persone gravemente malate,