L'Ultimo di questi Erasmus?

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(dire) N°8 12/2012 L’ULTIMO DI QUESTI ERASMUS?

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Progrè sta per compiere due anni, e con lei ProgrèDire, la nostra piccola rivista che arriva al suo ottavo numero. In questi mesi, su queste pagine, abbiamo parlato di tanti argomenti: donne, Italia, ambiente, crisi, Chiesa, Europa, sesso, solo nei nostri dossier. In questo numero torniamo a parlare di Europa e del suo programma più famoso, almeno fra i giovani: l’Erasmus. Non ci andava di accodarci alla marcia funebre di chi si addolorava per la ventilata chiusura, e abbiamo pensato di parlarne a modo nostro. O meglio, a parlare proprio del nostro, di Erasmus. Sette città, sette esperienze, raccontate in poche righe. Parigi, Berlino, Vienna, Amsterdam, Aarhus, Montpellier, Siviglia. Con un occhio a quello che succede a Strasburgo e Bruxelles, tanto per capire se le teste d’uovo dell’Unione Europea sono davvero teste vuote, oppure se questo pasticciaccio brutto si risolverà come deve risolversi.

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(dire)N°812/2012

L’ULTIMO DI QUESTIERASMUS?

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EDITORIALE

Progrè sta per compiere due anni, e con lei ProgrèDire, la no-stra piccola rivista che arriva al suo ottavo numero.

In questi mesi, su queste pagine, abbiamo parlato di tanti argomenti: donne, Italia, ambiente, crisi, Chiesa, Europa, sesso, solo nei nostri dossier. In questo numero torniamo a parlare di Europa e del suo programma più famoso, al-meno fra i giovani: l’Erasmus.

Non ci andava di accodarci alla marcia funebre di chi si addolorava per la ven-tilata chiusura, e abbiamo pensato di parlarne a modo nostro. O meglio, a parlare proprio del nostro, di Erasmus. Sette città, sette esperienze, raccon-tate in poche righe. Parigi, Berlino, Vienna, Amsterdam, Aarhus, Montpellier, Siviglia. Con un occhio a quello che succede a Strasburgo e Bruxelles, tanto per capire se le teste d’uovo dell’Unione Europea sono davvero teste vuote, oppure se questo pasticciaccio brutto si risolverà come deve risolversi.

E già che eravamo in tema di formazione, abbiamo dato un’occhiata anche a cosa succede nel mondo della scuola, tra riforme e prove di TFA. Ma non solo, parlando di Europa e di Erasmus, abbiamo chiesto a Francesca, in Erasmus in Danimarca, di intervistare– tra una festa e l’altra – i nostri colleghi europei, per sapere cosa pensano dell’università nel loro Paese. Tanto per capire se le cose non funzionano solo in Italia.

A proposito di cose che non funzionano, prima di entrare nella Terza Repub-blica, vi riproponiamo il peggio (ma non tutto il peggio, per evidenti motivi di spazio) dei vent’anni di Seconda Repubblica che ci stiamo per lasciare alle spalle. Dieci episodi da non dimenticare, per evitare di ricadere sempre negli stessi errori.

Torniamo pure su un argomento a noi caro: la vicenda Fiat, con le ultime performance di Sergio Marchionne. E badate, stiamo per andare in stampa, quindi non riusciamo a stare al suo passo (però potete cercare su google per-ché hanno protestato gli operai serbi).

Da Bologna, trovate l’intervista a Stefania Piccinnelli, una delle organizzatrici del Terra di Tutti Film Festival che si è da poco svolto in città (2-14 ottobre). E se ve lo siete persi aspetterete l’edizione 2013, la settima.

Chiudiamo con una di quelle storie da raccontare, e da non dimenticare. La storia di Riccardo Gruppi, partigiano deportato nei lager nazisti, che ci ha ac-compagnato nella visita al campo di concentramento di Trieste, la Risiera di San Sabba, in occasione di “Un viaggio per non dimenticare” organizzato da Progrè.

Accanto il sommario, poi le nostre rubriche – Time Mirrors e Occhi Fissi sul Mondo – in quarta di copertina la Foto del mese. Il menu è completo.Buona lettura.

Nicola Usai

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PAG. 2 _EDITORIALE di Nicola Usai

PAG. 3 _SOMMARIO

_TIME MIRRORSPAG. 4 Via ai lavori, che a Sol non ci sia più spazio di Laura Pergolizzi

_OCCHI FISSI SUL MONDOPAG. 5 Oltre il velo: lo sguardo ribelle delle donne arabe di Rossella De Falco

_IL DOSSIER DI PROGRE’-DIRE PAG. 6 L’ULtimO Di qUeSti eRaSmUS?

PAG. 7 Una festa rovinata di michele Rossi

PAG. 8 intervista a Giulia Rosa D’amico, erasmus Student Network italia di Federica Nuzzo

aarhus di Francesca De Nisi

PAG. 9 Berlino di Fabio tamburrini

PAG. 10 amsterdam di Giulia travain

Vienna di michele Fronza

Parigi di emanuele monaco

PAG. 11 montpellier di Nicola Usai

Siviglia di Federico ticchi

_L’ANALISI DI PROGRE’-DIRE

PAG. 12 Profumo di scuola di Federica Nuzzo ed enea Conti

PAG. 14 e tu... come la vorresti? di Francesca De Nisi

PAG. 16 Vent’anni di Seconda Repubblica a cura di michele Fronza e Nicola Usai

PAG. 18 marchionne, la Fiat e il sindacato di michele Forlivesi

_A BOLOGNA CON PROGRE’-DIREPAG. 20 Terra di tutti Film Festival - Intervista a Stefania Piccinelli di Federico ticchi

_SPAZIO PROGRE’PAG. 22 Una storia da non dimenticare di Sara Spartà e Federico ticchi

SOMMARIO

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LE RUBRICHE DI

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TIMEMIRRORS

time mirrors è un gioco:sfidando le leggi del tempo,utilizza gli specchi magici della memoriaper vedere il mondo di iericon gli occhi di oggi.

Laura Pergolizzi

VIA AI LAVORI, CHE A SOLNON CI SIA PIU’ SPAZIO

Specchio di ieriMadrid 2007

Gallardón, sindaco del Partito Popolare spagnolo pro-muove un’ opera di risanamento per sfruttare quello spa-zio comune situato nel cuore di Madrid che fino a quel momento era stato teatro di degrado: Puerta del Sol non deve più essere punto di ritrovo del malaffare madrileño, ma cosa di tutti, l’incontro non solo dei cittadini ma della popolazione spagnola intera. Da qui parte tutto, proprio dal Km 0 della rete stradale di Madrid, il punto di partenza in quanto posto geograficamente al centro della nazio-ne. E’ qui che Gallardón individua il cuore pulsante delle attività di manifestazione del pensiero e dell’incontro.E si dia il via ai lavori, e si dia spazio all’aggregazione.

La “coerenza” di un Partito Popolare raccontatada una spagnola molto indignata.

Ringrazio la rara disponibilità e l’interesse di Begoña e Salvatore

Madrid 2012

Ana Botella, sindaco del Partito Popolare spagnolo (sì, lo stesso partito di Gallardón) ha da risolve-

re un enigma per lei molto preoccupante. Puerta del Sol è ormai diventata il simbolo dell’indinaciòn. Se ti trovi in un paese europeo e dici 15 Maggio, ti viene risposto “parli di Sol ?”.Un evento di così grande portata è troppo scomodo per un sindaco che si trova a governare la capitale di uno dei paesi europei più a rischio default e con il tasso di disoccu-pazione giovanile al 53%. La soluzione è semplice quanto spiazzante: si tira fuori un progetto urbanistico che preve-de la costruzione di un Bar che ristori i passanti, garantisca un’ottima pausa caffè e ripari dalla pioggia, ma soprattut-to che occupi spazio. 300Mq nello specifico, e nello speci-fico occupati al centro della piazza. Come se bastasse una terrazza ben arredata per sedare gli animi indignados di quelli che senza un lavoro potranno gustarsi cerveza y ta-pas di fronte al km 0. E si dia il via ai lavori, e si levi spazio fisico alle idee.

Specchio di oggi

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LE RUBRICHE DI

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Occhi fissi sul mondo è una rubricache si pone l’obiettivo di ricordare e ricordarci

che non solo Europei o Italiani abitano il globo,ma ci sono moltissime altre Genti che convivono assieme,

con le loro usanze, i loro comportamenti, le loro difficoltà...Perché conoscere l’Altro è saggezza

e sicuramente aiuta ad approfondire la conoscenza di noi stessi.

OCCHI FISSI SUL MONDO

Il 3 settembre 2012 due ragazzi stavano facendo l’amore nella

loro macchina quando tre agenti di polizia hanno fatto irruzione nel vei-colo. Mentre in due violentavano la donna, un altro obbligava il fidanzato a prelevare contante dal bancomat. Benché i tre siano stati condannati per stupro, la ragazza è stata accusata di “comportamento indecente inten-zionale”, rischiando fino a sei mesi di reclusione. Strano a dirsi, ma questo paradossale caso giuridico, dove la vittima viene ulteriormente denigrata e screditata dalla giustizia, si è verifi-cato in Tunisia, nel paese della rivolu-zione dei gelsomini, dove, nel dicem-bre del 2010, un mercante si è dato fuoco proprio in seguito ai reiterati abusi delle forze dell’ordine: un fuoco che non si è più spento, dando vita al grande movimento della “Primavera Araba”. Movimento in cui la donna islamica, smentendo i pregiudizi che la vedono sottomessa e remissiva, ha avuto un ruolo centrale, lottando in prima linea nelle piazze e sul web. La fine della discriminazione di genere

nei paesi del Nord-Africa e del Medio-Oriente è però ancora ben lontana dal realizzarsi: non solo negli stati in cui la protesta è ancora in corso, ma an-che in quelli dove le sommosse hanno prodotto un cambio di potere. Nella Tunisia del post-Ben Ali il governo ha respinto le raccomandazioni rivolte-gli dall’Onu in materia di leggi discri-minatorie nei confronti delle donne. C’è invece il rischio che si ripresenti l’emendamento di “complementarie-tà” della donna rispetto all’uomo. In Egitto, il Presidente Mohamed Morsi, invece di abbassare l’età da matrimo-nio da 18 a 9 anni per le donne, do-vrebbe far luce sulle ripetute violazio-ni dei diritti umani operate dallo Scaf durante i 16 mesi di governo militare. Tra le migliaia di persone sequestra-te, e i 121 morti e 3484 feriti alle ma-nifestazioni, l’oppressione di genere è stata particolarmente acuta. Oltre alle ragazze pestate e torturate du-rante le proteste, il 9 marzo 2011 in 18 sono state arrestate in Piazza Tahrir e trasportate nel carcere di Heikstep, dove sono state sottoposte a perqui-

sizioni intime e “test di vergi-nità”. Per que-sto trattamen-to disumano, nessun col-pevole: il solo medico impu-tato è stato assolto a mar-zo del 2012.

Nei paesi dove la rivoluzione non ha ancora vinto, le donne pagano caro il loro protagonismo: in Siria perché denunciano o chiedono notizie dei familiari scomparsi; in Iran e Bah-rein giacciono in carcere o vengono perseguitate per il loro attivismo; in Arabia Saudita possono guidare, votare e candidarsi, ma non hanno diritto ad un lavoro retribuito, a viag-giare e ad un’istruzione superiore.Repressione e brutalità, però, non fanno che ingigantire un onda or-mai inarrestabile: il 12 ottobre 2012 quattro donne arabe hanno lanciato “Uprising Of The Women In the Arab World”, campagna che sta facendo il giro del mondo. Inoltre, la maggior parte di questi paesi ha firmato e an-che ratificato, la Cedaw (Convention Eliminating All Forms of Discrimi-nation Against Women) mentre la pressione di ong quali Amnesty In-ternational e Human Rights Watch è fortissima. Con tali presupposti, c’è poco da stare a guardare. L’occiden-te può intervenire, ma non fornen-do armi leggere e gas lacrimogeni – come gli Usa con lo Scaf Egiziano – bensì amplificando e ricordando il vero spirito, dal popolo e del popolo, della Primavera, che “ha trasforma-to le proteste in carnevali di musica, danze e canti di libertà, nonostante le pallottole, i carri armati e gli arre-sti” (Razan Zaithouni, attivista siriana attualmente ricercata dal regime).

Rossella De Falco

Oltre il veloLo sguardo ribelle delle donne arabe

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IL DOSSIER DI

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L’ULTIMO DI QUESTI ERASMUS?

Sivigliapag. 11

Montpellierpag. 11

Berlinopag. 9

Amsterdampag. 10

Parigipag. 10

Aarhuspag. 8

Viennapag. 10

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L’ULTIMO DI QUESTI ERASMUS?

Nel 1987 la Comunità Euro-pea si convinse a lanciare un progetto di mobilità studen-

tesca senza precedenti: lo European Region Action Scheme for the Mobi-lity of University Students, meglio conosciuto come Erasmus. Un pro-getto finanziato dai fondi comuni-tari (Fondo Sociale Europeo), quindi dagli Stati membri, con l’obiettivo di formare gli studenti del continente europeo, e non solo. Sono trascorsi 25 anni da allora, 25 anni dal lancio di un programma che sancì un ma-trimonio tormentato ma anche ap-passionato, quello fra i cittadini dei singoli Stati e una creatura tutta in divenire: l’Europa federale.La festa nei giorni scorsi è stata ro-vinata, irrimediabilmente. La cro-naca degli eventi è presto riassu-mibile. Agli inizi di Ottobre diverse dichiarazioni provenute da più parti, Commissione Europea, Parlamento

europeo e funzionari, mettevano in allarme studenti in partenza (o in procinto di): i fondi scarseggiano e si corre il rischio di bloccare le par-tenze dell’anno in corso e quelle del 2013-14. Di lì a qualche settimana l’allarme sembra rientrare, un fondo rifinanziato ma con l’incognita del prossimo anno accademico. Arrivia-mo ad oggi (20 Novembre), la situa-zione torna a precipitare, sui bilanci europei 2012-2013 si accende uno scontro fra diversi paesi, dicono sul-le modalità dei finanziamenti, che porta al blocco dei fondi per l’Emilia Romagna (poi attivati) e rimetto-no in discussione i programmi per ricerca e sviluppo e le stesse borse Erasmus.Ciò che rimane della cronaca e dei virgolettati di questi giorni è una profonda amarezza, quella che si assapora guardando alla storia di un progetto che doveva essere ri-

lanciato (qualcu-no proponeva la sua obbligatorie-tà!), potenziato a livello finan- ziario e sostenuto da un numero sempre maggiore di istituzioni uni-versitarie fino a garantire anche un forte e più ampio collegamento con imprese private ed enti pubblici eu-ropei per esperienze di lavoro-stu-dio (placement).I numeri di questo programma la-sciano attoniti, un successo straor-dinario, se si guarda alla platea degli interessati e ai Paesi coinvolti, ma anche una miopia sconvolgente, se si pensa ai tagli che il Fondo Socia-le sta subendo a causa degli Stati membri. Ancora una volta l’Europa degli Stati e dei Governi è l’Europa degli egoismi e della paura.think erasmus!

Michele Rossi

Tra il 2008 e il 2010, 62'446 studenti e dottorandi italiani hanno realizzato un periodo di studio all’estero, nell’ambito del Programma Erasmus. Ecco le mete più ambite. (fonte: www.statisticsforall.eu)

Una festa rovinata

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Intervista a Giulia Rosa D’AmicoRappresentante nazionale di Erasmus Student Network ItaliaGentile Giulia Rosa, potresti presentarti ai nostri lettori?Sono una studentessa romana di 27 anni e sto per laure-armi in Scienze Politiche, percorso Studi Europei, all’Uni-versità di Roma 3.

Nel 2008/2009 hai preso parte al programma Erasmus vivendo per 9 mesi a Montpellier, nella Francia del sud: quanto questa scelta ha influenzato la tua vita?Esatto, ho vissuto in Francia per quasi un anno. L’Erasmus non ha semplicemente “influenzato” la mia vita, l’ha pra-ticamente ribaltata. Prima ero il classico tipo molto radi-cato nel proprio territorio, la propria città, i propri affetti: adesso l’Europa è la mia casa e vivo perennemente con la valigia in mano. Senza contare che, da quando sono ri-tornata in Italia, sono in grado di parlare tre nuove lingue: inglese, francese e spagnolo. Poi ,ovviamente, c’è ESN: la più grande medicina per la sindrome post-Erasmus.

Che cos’è ESN (Erasmus Student Network) e quale ruolo ricopri al suo interno? ESN è un’associazione no-profit (apartitica, aconfessiona-le e senza scopo di lucro) costituita da studenti volontari (per la maggior parte ex-Erasmus) che organizzano attivi-tà per studenti Erasmus e si occupano della loro integra-zione con la comunità locale. In particolare ESN Italia, di

cui sono la rappresentante nazionale, è composta da 49 sezioni locali, presenti in diverse Università.

Qual è la struttura dell’associazione a livello nazionale ed europeo?Erasmus Student Network (ESN International) è presente in 36 Paesi. Ogni ESN nazionale è a sua volta composto da varie associazioni locali: siamo orgogliosi di affermare che l’Italia è il network con maggior numero di sezioni ESN. Le sezioni italiane si riuniscono 5 volte all’anno ogni due mesi, durante le nostre Piattaforme Nazionali, per discu-tere di progetti locali, nazionali e internazionali...e anche dei nostri problemi!

Perché uno/a studente/essa Erasmus, una volta arrivato/a in Italia, dovrebbe contattare l’ESN della sua città? Quali attività offre l’associazione per rendere il soggiorno più piacevole?ESN organizza una vasta gamma di attività, dalle serate ai tandem linguistici, dai cineforum a corsi sportivi, dalle gite di un giorno ai viaggi di un weekend, dagli aperitivi ai corsi di teatro: la nostra forza risiede nella varietà, nella libertà e nell’autonomia di cui gode ogni sezione, sempre nel rispetto dei nostri principi statutari. Perché uno stu-dente straniero dovrebbe contattarci appena arrivato in

AARHUS

L’Hygge è parte fondamentale della cultura danese. Lette-ralmente intraducibile nelle altre lingue… significa “avere un momento piacevole in compagnia degli altri”. E’ una cosa che i danesi amano fare, controvertendo completa-mente qualsiasi pregiudizio sul Nord Europa efficiente, ma freddo, che non ha tempo per gli altri. Per realizzare un buon momento hygge la prima cosa che un danese farà, sarà do-tarsi di candele. Dopodiché ti offrirà un dolce, possibilmen-te a base di mele o cannella, e ovviamente il tutto sarà contornato da fiumi di birra. E poiché si avvicina il Natale, e i danesi amano il Natale, la birra sarà rigorosamente Jul-øl (birra del Natale per l’appunto), bevanda dolce quasi da voltastomaco ma immancabile se si vuole vivere a pieno l’atmosfera hyggelig versione natalizia.

Amare la Danimarca è la cosa più semplice del mondo. Lo è da quando vieni travolta da una miriade di ciclisti consci del fatto di dominare la città, continua ad esserlo quando chiedi informazioni ad un passante e lui ti si rivolge con

sorriso a 32 denti facendo di tutto (comprese telefonate ad amici vari) per aiutarti. Amare la Danimarca è facile quando ti ritrovi a nuotare in fiumi di birra chiedendoti come sia possibile che un danese sobrio sia così diverso da un danese ubriaco. Non amare la Dani-marca è impossibile poi quan-do la si vive con giovani prove-nienti da tutti i continenti.

Ecco cos’è l’Erasmus. Imparare ad amare l’Europa, a cono-scerla, a costruirla.

Francesca De Nisi

Keep calm…and let’s hygge!

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BERLINO

Italia? Rispondo con una frase che amiamo ripetere tra di noi: «L’Erasmus ti cambia la vita...ESN te la stravolge!».

Connessione Erasmus-professione: come si deve muove-re uno/a studente/essa che vuole fare del suo soggiorno all’estero un valido passaporto per il mondo del lavoro?Consiglierei di inserire l’esperienza Erasmus nel proprio CV e soprattutto di continuare a praticare la lingua appre-sa all’estero...magari proprio contattando ESN!

Anni di crisi: qual è il tuo ricordo Erasmus capace di farti tornare a sperare?Uno stage di ricerca che mi era stato offerto dalla Facoltà di Science Politique a Montpellier da un professore di Filo-sofia del Diritto (che sfiorava a malapena i 35 anni, giusto per darvi un’idea). Non ho potuto approfittare di questa occasione perché dovevo tornare a Roma per laurearmi e per la mia famiglia, ma forse tornando indietro compirei una scelta diversa.

Il programma Erasmus, che proprio quest’anno festeg-gia i suoi 25 anni di vita, rischia di chiudere i battenti: il Presidente della Commissione bilancio del Parlamento europeo, Alain Lamassoure, afferma: «Il fondo sociale europeo non ha più un euro» e «Se non si agisce subito, non ci saranno più borse di studio da Natale». Quali sono le tue previsioni in merito? Dopo un allarmismo iniziale che ha colpito anche ESN, ora la situazione non ci preoccupa più molto: abbiamo avuto rassicurazioni proprio dalla Commissione Europea, con cui lavoriamo a stretto contatto. Il 20 novembre ci sarà il General Affairs Meeting per discutere del budget del futu-ro programma di Mobilità Europea, ed ESN ha organizza-to insieme ad altre due associazioni, ESU e AEGEE, una petizione chiamata “Fraternité 2020” per raccogliere un milione di firme affinché vengano garantiti nuovi fondi. Anzi, colgo l’occasione per chiedervi di aiutarci e aderire: basta essere cittadini europei e impiegare 5 minuti per firmare (www.fraternite2020.eu). Grazie all’Erasmus sia-mo riusciti finalmente a costruire un concetto di cittadi-nanza comune a tutti i giovani europei, e non solo: credo che questo sia un dato oggettivo da constatare più che un’utopia su cui fantasticare.

Che cosa diresti a uno/a studente/essa che si chiede se candidarsi o meno a un programma Erasmus?«Prepara la valigia...e carpe diem!».

Federica Nuzzo

Per molti l’Erasmus è una parentesi, un’avventura che inizia il giorno della candidatura e finisce con sguardi nostalgici alle fo-tografie scattate in quei mesi intensi. Per altri è la prima tappa di un percorso, di una specie di manìa che conduce nei più remoti angoli del globo: tanta è la voglia di ripetere l’emozione di sco-prire nuovi luoghi e collezionare esperienze. Berlino è un’altra storia. Chi la vive non può dimenticarla e per sempre vi resta le-gato: Berlino non è una tappa, ma un traguardo. Sarà per que-sto che difficilmente il turista ne resta entusiasta: che cosa può colpire lo sguardo avido del visitatore occasionale? Non di certo i quattro monumenti sopravvissuti ai bombardamenti, né tanto meno la grigia architettura della DDR... Ma come può deside-rare di vivere altrove chi ha la fortuna di perdersi nei quartiere turchi, nei mercatini dell’usato, negli squat dove ancora soprav-vivono brandelli di cultura libertaria e allo stesso tempo sentirsi al centro del mondo, nella multiforme capitale di un’Europa ci-vile e piena di speranze? Capitale d’Europa e città anarchica per eccellenza, centro culturale e patria della techno, covo di intel-lettuali e artisti di ogni sorta... Berlino è questo e molto di più.E da tutto questo non si torna più indietro.

Fabio Tamburrini

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IL DOSSIER DI

10Emanuele Monaco

AMSTERDAML’Eerasmus me lo immaginavo un po’ come un pacchetto, in cui ogni anno persone diverse ri-petono la stessa avventura. I primi giorni è pro-babilmente così: gli eventi organizzati da ESN si ripetono di anno in anno: le feste, i locali, le attività sono le stesse. Ciò che fa la differenza è l’essere protagonista di quelle attività, quell’an-no, in quella città. È un mondo a parte questo, quasi costruito appositamente, particolare. È di-vertente, ma è solo l’inizio. Di certo, il capitale umano che si ha la possibili-tà di conoscere in una città internazionale come Amsterdam è inestimabile, lo scambio culturale che avviene altrettanto. Richiede tempo cono-scere e imparare, già posso dire con certezza che sei mesi non sono per nulla sufficienti per farlo. Il tempo passa troppo in fretta. A un certo punto inizia a farsi sentire la necessità di ritrovare an-che qui in un’altra realtà qualcosa e qualcuno che ti faccia sentire a casa. C’è necessità di ritrovarlo nelle persone, nella città, negli eventi, perfino in università in ciò che sto studiando. Il pagliaio in cui cercare è gigante, e pur aumentando le pos-sibilità di nuove scoperte, questo rende a volte difficile trovare il proprio ago. Quello che sto ricevendo va ben oltre i diverti-menti stereotipati che ci si aspetta di vivere in questa città o più in generale in Erasmus, ma si tratta di qualcosa di più tagliente e profondo che mi sta marcando per sempre. Sarebbe stato bel-lo menzionare solo nomi e luoghi in quest’artico-letto, la potenza evocativa di ciò avrebbe forse dato un’idea della quantità di persone e cose in cui m’imbatto e confronto giorno dopo giorno. Ma l’articolo mi è uscito così…L’Eramsus è un’occasione, sta a ognuno poi deci-dere come sfruttarla. Sarebbe intelligente e poli-ticamente vincente cancellarla?

Giulia Travain

VIENNAIl freddo entra dappertutto, la sciarpa non tiene fondamentalmen-te un cazzo e il doppio calzino è inutile, facevo prima ad andare in giro scalzo. Il termometro del centro commerciale Lugnercity segna -15 °, cosa mai vista neanche per uno di Bolzano. Se tutto va secondo i miei piani, in comodi e pratici 45 minuti sono seduto al caldo a seguire la lezione di Diritto costituzionale austriaco (‘na figata ve lo raccomando eh!), ma naturalmente la sorte neanche questa mattina è dalla mia parte e vedo sfrecciare il Bim 2 (tram viennesi) murato di gente davanti ai miei occhi.Tocca farla a piedi, non mi dispiace, quando cammini in una città nuova ci sono file di case e palazzi senza alcun signifi-cato, ma basta un attimo e tutto questo ci appartiene per-ché ci abbiamo vissuto, solo che ancora non lo sappiamo.

Michele Fronza

Paris non è da Erasmus, lo sanno tutti. Per i costi, soprattutto. Un affitto costa veramente tanto e la vita è impossibile per uno stu-dente con una borsa di 200 euro e pochi soldi da parte. Ma Paris è Paris, e viverci è l’esperienza più bella che una persona possa fare. E’ stato il punto di arrivo di un percorso e l’inizio di una nuova era della mia vita. Paris è una città da interpretare, e lo si può fare in molti modi, ma devi sentirla tua, devi farne parte per non essere schiacciato dalla sua grandiosità. Camminare per le sue strade è una cosa che non ha pari. Paris è una città straordinaria, bizzarra, lucente, enorme, sorprendente. Essa riaccende, nell’animo delle persone che sanno guardare e ascoltare, sentimenti e sensazioni sopite e sconosciute. E sono le cose che più non ti aspetti a ren-derla la città più bella del mondo, non i monumenti, non le chiese, non i boulevards affollati dai turisti più atipici e grossolani. Ora ca-pisco perché l’arte ha trovato casa qui, e perché gli impressionisti l’hanno amata e l’hanno scelta come sfondo del loro genio, e più lo capisco più la amo. Amo questa città perché vi ho scoperto me

stesso, amo questa città, perché se fai silenzio nel tuo cuore riesci a sentirne anco-ra la magia. amo questa cit-tà perché la vista che offre la sconosciuta scalinata di rue du calvaire è un’immagi-ne che rimane per sempre.

PARIGI

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IL DOSSIER DI

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SIVIGLIACaldo insopportabile, notti senza fine, birra a fiumi, flamenco ovunque, archi-tettura eccezionale, Giralda, Parque María Luisa, Plaza de Toros, feste in casa annegate nel vino e nella musica, lezione tutti i giorni, umanità e vicinanza dei professori, eccessiva facilità degli esami, semplicità nell’apprendere la lingua, amorevoli vecchiette che ti scambiano per toreador, discussioni sulla monarchia, perché continua ad esistere, chi è suddito anche formalmente, amici di ogni na-zionalità, razza, colore, credo religioso, orientamento politico e sessuale, coin-quilini brasiliani come fratelli, cene eterne trascorse a parlare delle tradizioni di ogni angolo del pianeta, tramonto su Guadalquivir bevendo lambrusco (si, proprio lui) di pessima qualità, tapas deliziose, prosciutti appesi al soffitto che colano grasso, Triana e Nervión, sentire l’inno del Sevilla FC nel match contro il Barcellona con doppietta di Messi, sole sempre presente, Cruzcampo, la Feria de Abril con le ragazze vestite col tradizionale abito da sevillana gitana, l’intera notte spesa a improvvisarsi ballerini di flamenco e bere rebujito, albeggiare ad-dentando un churro al cioccolato fatto dagli zingari dietro l’angolo, tradizioni e novità mescolate assieme in un bel dipinto dalle tinte andaluse.L’Erasmus è stato aprirsi a nuovi mondi e nuove culture. Non rimanere rinchiusi nei propri pensieri e nelle proprie convinzioni. Non aver paura di stravolgere i propri concetti e pregiudizi ma anche riconoscere la validità della città in cui vivo, riscoprire l’amore per Bologna che, nonostante non abbia il mare, è bru-talmente unica. Ché forse, se non me ne fossi allontanato, me ne starei ancora lamentando.

Federico Ticchi

MONTPELLIERIl mio arrivo a Montpellier, nel 2010, mi ha confermato la bontà del vec-chio adagio “tutto il mondo è paese”. Appena entrato all’Hotel de France (posto che vi sconsiglio vivamente di visitare!), l’albergatore si è lamentato dei lavori in corso sulla strada (Rue de la République) per la terza linea del tram. Tanto per dire che i com-mercianti si lamentano dappertutto, e che i lavori per le opere pubbliche durano sempre troppo.E infatti durano troppo, soprattutto negli studentati – che a Montpellier si chiamano Cité U, dove U sta per Uni-versitaires – e soprattutto se capitano proprio mentre nello studentato ci vivi. Non vi racconterò i dettagli del condividere un cesso e due docce con altre 27 persone. Con cui condividere anche una cucina di 12 mq, fornita di ben due fornelli: uno puntualmente guasto.Voi direte “col cazzo che vado in Erasmus a Montpellier”, ma sbaglie-reste. Quando vi diranno che Mon-

tpellier è la Bologna francese, bé, non è proprio così, ma ci si avvicina. Distanze percorribili a piedi (ma, per i più pigri, tram che passano ogni 3-5 minuti); zona universitaria coinciden-te col centro; locali per ogni gusto; kebabbari ad ogni angolo; mini-mar-ket (quelli che a Bologna chiamiamo

pakistani e che in Francia sono épice-ries) ad ogni incrocio. In più le mense, vere. Loro le chiamano Restos U. Con tre euro mangi, male, ma forse me-glio di come cucineresti su un fornello rotto. E poi, sei in Erasmus mec.

Nicola Usai

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L’ ANALISI DI

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Le recenti e contemporanee proteste nei confronti del disegno di legge inerente la riforma della scuola, il cosiddetto ddl Profumo, congelato dal trenta giu-

gno del corrente anno ci spingono a riassumere in alcuni punti, e sinteticamente, il contenuto del testo, suddiviso in venticinque articoli. Il disegno di legge è stato sopran-nominato ddl del merito, e non a caso, essendo essa stessa una parola assolutamente ricorrente all’interno del testo.Il ddl si focalizza su 5 aspetti principali, si concentra sul si-stema scolastico in termini di valutazione e conseguimen-to delle competenze.

1) CompetizioniSaranno definiti piani annuali per le Olimpiadi internazio-nali di ambito scientifico e umanistico. I primi tre classi-ficati delle fasi nazionali parteciperanno alle Master class estive, sessioni estive di approfondimento, che il ddl cita in via di istituzione a partire dall’Anno Scolastico 2012-2013.

DI SCUOLAPROFUMOGiambattista Vico e la (falsa) evoluzione

della formazione insegnanti

In principio fu il concorso a cattedra. Tre giorni di pro-ve massacranti conclusi da un quarto giorno dedicato alla prova orale. In palio, un posto fisso a scuola a in-

segnare la propria materia preferita (roba da far accap-ponare la pelle a Monti, che ama così tanto le novità). La selezione naturale fra gli Homines laureati avveniva secondo la legge del più preparato (fatta eccezione per l’odiosa specie dell’Homo Raccomandatus, i cui membri sono ancora oggi particolarmente presenti in Italia), cre-ando un equilibrio fra esseri viventi, ambiente e risorse naturali.Nel 1998 il meteorite Berlinguer spazzò via il concorso a cattedra: il meritocratico posto del grande predatore fu occupato da microrganismi biennali chiamati SISS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Seconda-rio). A contatto con questi microrganismi, che si erano diffusi in gran numero presso ecosistemi adatti (come le Università), l’Homo laureatus si evolvette in Homo lau-reatus cum iure docendi. Questo nuovo tipo di ominide, dotato di competenze disciplinari e pedagogiche, vive-va in gruppi sindacali in attesa di entrare di ruolo ed era spesso costretto al nomadismo per raccogliere i crediti

per le Graduatorie ad Esaurimento, dei quali si nutriva.Nel 2008 la grande glaciazione Gelmini sterminò le SISS e per quattro anni il silenzio regnò sulla formazione in-segnanti. Una nuova era spuntò solo all’alba del 2012: apparve sulla Terra l’Homo TFAnicus, una specie umana formata da un numero assai esiguo di esemplari, capaci di rispondere a domande come: “In quale raccolta car-ducciana è presente la poesia La chiesa di Polenta?”, “Chi è l’autore di Pesci Rossi?”, “Chi ha scritto Le cene?” (nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, si tratta di Anton Fran-cesco Grazzini detto il Lasca). L’Homo TFAnicus è un es-sere pienamente evoluto: ha abbandonato la posizione eretta per piegarsi a lavoretti di ogni tipo, pratica l’agri-coltura dei propri sogni e in caso di bocciatura ai con-corsi esprime una propria spiritualità ricorrendo al Tar. Secondo gli scienziati questa specie, conseguito il TFA, affronterà un nuovo concorso a cattedra: come soste-neva Vico, i corsi e ricorsi della formazione insegnanti.

Federica NuzzoLaureata in lettere classiche,

aspirante insegnante, concorrente di TFA

La riforma Profumo in cinque punti

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L’ analisi DI

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2) Questioni di meritoLe istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado dovranno individuare “tra i propri diplomati che hanno riportato all’esame di Stato una votazione pari a 100/100, lo studente più meritevole, al quale viene attribuito il ti-tolo di “studente dell’anno”. Oltre alla valutazione finale saranno considerati discriminanti per l’assegnazione del titolo la media conseguita durante il triennio, la situa-zione economica familiare e l’impegno sociale. Per gli “studenti dell’anno” saranno previsti sgravi del 30% per il pagamento delle tasse universitarie per l’iscrizione al primo anno accademico (nelle università statali e nelle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale). Per gli studenti dell’anno è previsto inoltre il rilascio della carta “IoMerito”, con funzionalità di borsellino elettronico (su cui accreditare borse di studio, ecc.).

3) PortfolioLe esperienze gli attestati conseguiti e le attività contribu-iranno a definire il “portfolio dello studente”, consultabile nel portale presso il sito internet del MIUR, reso pubblico e a disposizione delle aziende e dei soggetti imprendito-riali e più in generale chiunque voglia avviare attività di stage e tirocinio. Per ogni studente è previsto il rilascio di un attestato finale di merito con funzione di certificazione dello svolgimento di tutte le capacità maturate nel campo della conoscenza della lingua straniera delle competenze musicali e informatiche unite ad esperienze di associazio-nismo e volontariato.

4) Convitti ed educandati stataliQueste due strutture saranno convertite in collegi ita-liani internazionali, istituzioni ad ordinamento speciale che godranno di personalità giuridica di diritto pubblico

e autonomia finanziaria, amministrativa e patrimoniale con potestà saltuaria, e saranno controllati direttamente dal MIUR. I Collegi verranno istituiti allo scopo di favori-re lo sviluppo di un modello formativo a vocazione inter-nazionale e si allineeranno alla metodologia del Content and Language Integrated Learning (CLIL), in realtà già in uso dal 1994 e volta a promuovere il conseguimento delle competenze di tipo linguistico e comunicativo all’interno dell’Unione Europea.*

5) Accesso all’universitàIl ddl prevede un rafforzamento delle attività di orienta-mento all’interno delle scuole con un impegno congiunto fra gli atenei e il MIUR. Sarà possibile procedere all’iscri-zione unicamente dopo lo svolgimento di prove attitu-dinali e di predisposizione. Il ddl prevede inoltre l’am-missione a due corsi universitari (corsi di laurea, laurea magistrale, dottorato di ricerca, specializzazione, master di perfezionamento di primo e secondo livello), previo il conseguimento, per gli iscritti ad un corso di laurea o lau-rea magistrale, di almeno l’80% dei cfu previsti per il pri-mo anno di corso. Per ciò che concerne i cosiddetti principi ispiratori, il ddl dichiara di presentarsi in linea con le indicazioni della stra-tegia Europa 2020 delle iniziative Yout On the Move.

Per approfondire:http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htmhttp://ec.europa.eu/youthonthemove/*Per quanto riguarda il CLIL, cfr.http://ec.europa.eu/languages/language-teaching/content-and-language-integrated-learning_en.htm

DI SCUOLAPROFUMO

Enea Conti

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E TU...COME LA VORRESTI? Accessibilità economica,

approccio didattico, inter-nazionalizzazione. Questi i punti chiave di un sistema

universitario vincente. Con la globa-lizzazione che avanza e l’esplosione delle nuove tecnologie e dei nuovi metodi di reperimento delle infor-mazioni, è legittimo immaginare dei nuovi approcci che vadano al di là del classico schema studio-nozione-esa-me? Probabilmente sì. Per farlo però bisognerebbe riflettere sui pregi e i difetti del sistema attuale. E poiché ci riteniamo studenti europei e non (solo) italiani è bene farlo partendo da una comparazione. Quattro do-mande semplici e pratiche che han-no due scopi fondamentali: quello di immaginare un sistema universitario europeo e farlo partendo dalla voce di chi l’università la vive come punto cruciale del proprio contributo alla società.

Tenendo conto di tasse, libri, affitto dove ce ne sia bisogno, credi che la tua università sia economicamente accessibile da tutte le classi sociali?

Fatma (23 anni, Danimarca): l’uni-versità è gratuita, per cui tutti pos-sono scegliere di iscriversi indipen-dentemente dalla loro situazione economica. I libri possono essere molto cari ma si trovano facilmente di seconda mano e molto materiale è disponibile su internet. Inoltre tutti gli studenti ricevono soldi dal gover-no (700 euro sui quali vengono appli-cate delle tasse in quanto considerato “stipendio”, ndr). Le classi sociali non hanno davvero modo di entrare nel sistema universitario.

Jason (21 anni, Grecia): sì, non ci sono tasse universitarie.. Puoi avere i libri gratuitamente e le famiglie con più di due figli o con un reddito bas-so ricevono un supporto dallo Stato e

delle agevolazioni per quanto riguar-da gli affitti.

tanja e Clara (24 anni, Austria): sì, l’università è gratuita e la maggioran-za dei libri si trova in prestito nelle bi-blioteche. Gli affitti posso essere alti, ma è facile trovare stanze economi-che se ci si “accontenta” di una dop-pia. Inoltre gli studenti appartenenti a famiglie con un reddito medio-bas-so ricevono soldi dal governo come supporto.

Laura (23 anni, Spagna): al mo-mento direi di no, le tasse sono dra-sticamente aumentate. I libri però non sono un problema, di solito li prendiamo in prestito nelle bibliote-che. I prezzi degli appartamenti sono alti comparati ad uno stipendio me-dio spagnolo. E’ previsto un supporto per gli studenti con reddito basso, ma avervi accesso è molto difficile anche se non impossibile.

Ralph (24 anni, Olanda): devo pre-mettere che il 29 ottobre il nuovo governo ha presentato la linea che intenderà seguire. Ci saranno molti cambiamenti nel campo universita-rio a partire dal 2014. Ciò detto, le università in Olanda sono accessibili da chiunque. Ogni studente riceve un contributo dal governo che varia se si vive in famiglia (intorno ai 100 euro) o da soli (intorno ai 220 euro). La ci-fra aumenta se il reddito dei genitori è sotto una certa soglia. Sono inoltre previsti degli student-loan con bassi tassi d’interesse e tempi di restituzio-ne molto lunghi. Inoltre ogni studen-te riceve un pass che dà accesso gra-tuito a tutti i trasporti pubblici in tutta di tutta la Nazione. Le stanze costano in media sui 300 euro al mese tutto incluso, il che può essere caro ma so-litamente uno studente olandese ha un lavoro part-time che lo aiuta. Il co-sto annuale dell’università è di 1.800 euro in media.

Quello che ora cambierà è che la con-tribuzione mensile data dal governo diverrà un prestito. Ciò significa che i soldi andranno restituiti alla fine dei tuoi studi. Il pass che dà accesso ai trasporti pubblici diverrà un pass che garantisce uno sconto del 40%. Credo che questo porterà ad un’università pensata solo per alcune classi sociali!

Lenka (24 anni, Repubblica Ceca): sì, l’università è gratuita. Sono inoltre previsti una serie di supporti per co-loro che ..ad esempio..non possono permettersi fitti troppo altri o libri troppo cari.

Sono previsti degli student-loan (prestiti bancari previsti specifica-mente per studenti..con bassi tassi d’interesse e lunghi termini di resti-tuzione) nella tuo Paese?

Fatma: sì. Jason: sì, ma non vengono molto

utilizzati. tanja e Clara: no. Laura: no, o almeno io non ne sono

a conoscenza Ralph: sì. Lenka: no, non appositamente per

studenti. Però ci sono prestiti per i giovani al di sotto dei 26 anni., per aiutarli con l’appartamento ad esem-pio.

Riusciresti a darmi un “giudizio generale” sui professori che hai in-contrato nel corso della tua carriera universitaria?

Fatma: generalmente amo il fatto che non ci sia alcuna gerarchia..è tut-to molto informale e questo di certo aiuta gli studenti a dare il meglio.

Jason: i professori cambiano in base al loro orientamento politico. I professori “di destra” ti danno l’im-pressione di volere un’università solo per pochi… Quelli “di sinistra” si bat-tono perché l’università continui ad

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essere gratuita e quindi accessibile a tutti. C’è da dire però che hanno an-che loro molti problemi da affrontare: i loro stipendi sono stati diminuiti per poter permettere la continuazione dell’università gratuita..ad esempio.

tanja e Clara: no, è una domanda troppo specifica. Alcuni sono molto disponibili e aperti e non pretendono troppo “distacco”. Altri invece sono l’esatto opposto.

Laura: dipende da caso in caso. Ma se dovessi riassumere, direi che la maggior parte non è abbastanza mo-tivata, molti sono troppo teorici.

Ralph: posso dire di ritenermi soddisfatto dai professori e dal loro approccio molto informale. Inoltre l’università li monitora con un son-daggio fatto agli studenti alla fine di ogni corso.

Lenka: spesso I professori più gio-vani sono più flessibili nell’utilizzare

metodi e approcci diversi. Credo che ci debba essere meno distanza dagli studenti.La troppa gerarchia spaven-ta e questo non porta buoni risultati alla propria carriera universitaria.

Se dovessi apportare una modifica alla tua università..quale sarebbe?

Fatma: al momento non mi viene in mente niente!

Jason: abolirei il numero chiuso. Non posso accettare che sia un test d’ingresso iniziale a determinare il tuo futuro! Inoltre credo che tutti I corsi specialistici dovrebbero essere in inglese e non in Greco, in modo da incrementare la venuta di student dall’estero! L’educazione è sempre il miglior investimento che una Nazio-ne può fare!

tanja e Clara: sicuramente un maggiore utilizzo dell’inglese e inve-stimento sul programma erasmus, il

numero degli exchange students va assolutamente incrementato! Poi sa-rebbe ottimo se ci fossero più posti disponibili per ogni corso, c’è sempre una sorta di battaglia all’inizio di ogni semestre per entrare nei corsi che si vuole seguire! A volte ci sono 100 ri-chieste per corsi in cui sono previsti 20 posti!

Laura: prima di tutto l’organizza-zione generale. Troppa confusione. E ovviamente l’approccio dei professo-ri: dovrebbe esserci più “empatia” nei riguardi degli studenti.

Ralph: non credo abbia bisogno di grandi cambiamenti.

Lenka: migliorerei lo studio della lingua inglese. Dovrebbe essere un requisito fondamentale per incre-mentare i rapporti tra gli studenti di diverse nazioni.

Francesca De Nisi

Cosa pensano gli studenti europei del loro sistema universitario?

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Mani PuliteIl 17 febbraio 1992, l’arresto dell’ingegne-re Mario Chiesa, esponente del Psi, dà il via a quell’indagine che porterà alla fine della cosiddetta Prima Repubblica, denomina-ta poi Tangentopoli. Si scoprì un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti tra i più alti al mondo che coinvolse deputati, senatori e addirittura l’ ex Presidente del Consiglio, Bettino Craxi.

1992

1994La discesa in campo di Silvio BerlusconiNel 1993 Fininvest risulta essere la seconda impresa italiana per indebitamento, secon-do i bilanci calcolati da Mediobanca il de-bito ammonta a circa 3,4 volte del capitale stesso. Berlusconi per “amore della patria” e delle sue finanze decide di entrare in po-litica e lo fa il 26 gennaio 1994 con un mes-saggio televisivo della durata di 9 minuti.

2001G8 di Genova19-22 luglio 2001. Il G8 di Genova passerà alla storia per gli indicibili episodi di violenza di quei giorni. Oltre agli scontri in strada tra forze dell’ordine e manifestanti, con centinaia di feriti e culminati con l’uccisione di Carlo Giuliani, si ve-rificò una sistematica violazione dei diritti fondamentali di uno Stato democratico. L’irruzione e il pestaggio dei manifestanti che dormivano alla Scuola Diaz, nella notte del 21 luglio, e le torture nella caserma di Bolzaneto, dove centinai di persone furono vittime di ogni tipo di violenza, sono state accertate dalla magistratura, con due diverse sentenze, che hanno riconosciuto colpevoli 69 agenti, spingendo la Corte di Cassazione a parlare di «massa-cro ingiustificabile che ha gettato discredito sulla Nazione agli oc-chi del mondo intero».

L’affare Telekom SerbiaNel 1997 le dichiarazio-ni del faccendiere svizze-ro igor marini fecero tre-ma tutto il centro sinistra. La vicenda giudiziaria ri-guarda l’acquisto di azioni dell’azienda telefonica Te-lekom Serbia da parte di Telecom Italia. Secondo le parole di Marini, nel corso di tale compravendita sarebbero state pagate tangenti ad esponenti di centrosinistra, tra le qua-li una super tangente di 125.000$ versata a Romano Prodi e Lamberto Dini. Il 10 novembre 2011 il Tribunale di Roma arresta Igor Marini per reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documen-tazione falsa e contraffatta a diversi episodi di calunnia, con risarcimento dei danni a Francesco Rutelli, Donatella e Lamberto Dini, Walter Veltroni, Piero Fassino, Clemen-te Mastella e Romano Prodi, all’epoca dei fatti premier.

1997

Vent’anni di >>>Il peggio degli ultimi due decenni concentrato in otto immagini

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L’ analisi DI

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a cura di Michele Fronza e Nicola Usai

Abbiamo una banca!Il 31 dicembre 2005, Il Giornale pubblica un’intercettazione tra Piero Fassino, allora segretario dei DS, e Giovanni Consorte, allo-ra presidente Unipol, realizzata nell’ambito dell’inchiesta sulla “scalata all’Antonveneta”. «E allora siamo padroni di una banca?» è la fra-se pronunciata da Fassino, che suona quanto-meno inappropriata per il segretario dell’allora più grande partito della sinistra. Mentre Fassi-no è risultato estraneo ad ogni responsabili-tà penale, lo scandalo Antonveneta ha visto coinvolto il gotha delle banche italiane, tra cui Antonio Fazio, ex go-vernatore di Bankitalia.

2005

2008La compravendita dei parlamentariIl 24 gennaio 2008, cade il governo Prodi II per un mancato voto di fiducia al Se-nato. Tra i senatori eletti nel 2006 nella coalizione dell’Unione che non votano la fiducia, ci sono Sergio De Gregorio, Lamberto Dini e Clemente Mastella. L’accusa di “compra-vendita dei parlamentari” è stata recentemente confer-mata da Walter Lavitola, davanti ai pm di Napoli, ai quali ha confermato la sua partecipazione alla cosiddetta “Operazione Libertà”: Berlusconi, dice Lavito-la, versò un milione di euro a Sergio De Gregorio, per passare dall’IDV al PDL.

«Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni»Il 28 aprile 2009, nei giorni succes-sivi alla famosa festa di 18 anni di Noemi Letizia, Veronica Lario an-nuncia pubblicamente il suo divorzio da Silvio Berlusco-ni: «la strada del mio matrimonio è segnata. Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni». Sono gli stessi giorni in cui monta la polemica sulle candida-ture alle imminenti elezioni europee, alle quali Berlu-sconi vorrebbe candidare giovani e avvenenti ragazze, senza alcun precedente politico. La Lario attacca: «quel-lo che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore. E tutto in nome del potere. Figure di vergini che si of-frono al drago per rincorrere il successo e la notorietà».

2009

2012Tutti Er Batman d’Italia

In queste settimane, Er Bataman Fiorito è diventato il simbolo del malaffare per aver fatto tran-sitare le risorse del gruppo PDL in regione Lazio sul suo conto personale. E non si tratta di una mela marcia. Si pensi alla Lombardia delle ricevute perdute di Formigoni, o alla Roma delle municipalizzate trasformate in agenzie di collocamento per amici e familiari di Alemanno, o ancora alla Sicilia (che fu) di Lombardo imputato per concorso esterno in associazione di tipo

mafioso e voto di scambio. Va dato atto, però, che proprio in questi giorni si sono chiusi positi-vamente due procedimenti a carico di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, e Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna: assolti entrambi “perché il fatto non sussiste”.

seconda

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L’ ANALISI DI

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La “Vicenda Fiat” ha fatto venire al pettine tutti i nodi e le questioni irri-solte del nostro sistema di relazioni

industriali e diritto sindacale che un insieme di vicende storico-politiche e normative ha ridotto ad uno stato di irrazionalità ed an-tidemocraticità paradossale. Un sistema, per dirla in breve, in cui i contratti colletti-vi sono, o possono essere, stipulati non dai sindacati dotati di maggiore rappresenta-tività effettiva, bensì dai sindacati che lo stesso datore di lavoro presceglie, non per la loro rappresentatività, ma per la docilità ai suoi voleri; che conferisce solo a tali sin-dacati, “accreditati” o prescelti dal datore di lavoro, fondamentali vantaggi e prero-gative (come quelli di poter formare rappre-sentanze sindacali stabili, indire assemblee retribuite, godere di permessi ed aspettati-ve sindacali, ecc.) e, infine, che, di fatto se non di diritto, pretende di applicare (spesso riuscendovi) contratti e accordi collettivi di pessimo contenuto, stipulati dai suddetti sindacati “complici” della controparte dato-riale e ad essa graditi, a tutti i lavoratori. Di questa caricatura del sistema sindacale ne ha approfittato, dapprima, la Confindustria, per escludere la CGIL da un accordo-quadro in tema di livelli di contrattazione nazionale, territoriale ed aziendale, e, poi, la FIAT, nelle vesti dell’Ing. Sergio Marchionne autore di velleitari piani di rilancio produttivo tramite compressione dei diritti dei lavoratori, im-plicanti l’estromissione ed emarginazione della FIOM. La disdetta di Confindustria del contratto collettivo del 2008, firmato an-che dalla FIOM, e la stipulazione nel 2009, con le sole FIM-CISL e UILM, di un nuovo contratto collettivo nazionale, ovviamente peggiore del precedente, non è bastato all’ Ing. Marchionne, per due fondamentali mo-tivi: perché voleva per i “suoi” stabilimenti FIAT, condizioni lavorative ancora peggiori, anche rispetto a quelle del CCNL firmato nel 2009 solo con FIM e UILM. E perché, a ben vedere, la disdetta data nel 2008 al CCNL firmato anche dalla FIOM non bastava ad escluderne l’applicazione ai lavoratori iscrit-

ti alla FIOM stessa, né ad escludere quest’ul-tima dalla fruizione dei diritti sindacali. Infatti, la disdetta di Confindustria dal con-tratto collettivo del 2008 impedisce sola-mente il rinnovo automatico per altri tre anni del contratto collettivo precedente-mente stipulato, ma non anche che il CCNL continui ad applicarsi anzitutto fino al 31 dicembre 2011 e poi ancora fin quando non sarà stipulato un nuovo contratto con la stessa FIOM, in sostituzione di quello del 2008, e per la FIOM e i suoi iscritti ancora vi-gente. Dunque, neanche la prima trincea è stata superata dalla Federmeccanica con la disdetta del contratto 2008 e la stipula del contratto “separato” 2009 con FIM e UILM. Quest’ultimo atto negoziale separato ha creato giuridicamente soltanto una grande confusione, perché ora, tecnicamente, nel-le aziende metalmeccaniche convivono, e continueranno a convivere, due contratti. Cosa fare allora? I ben remunerati consu-lenti giuridici dell’Ing. Marchionne hanno concepito questa pensata: bisogna spezza-re il vincolo tra il lavoratore FIAT iscritto alla FIOM ed il CCNL del 2008, e l’unico modo è azzerare il suo rapporto di lavoro, facendolo diventare dipendente di una “Nuova” Ditta (la famosa New Company o New-Co), la quale, non iscritta alla Federmeccanica, ap-plichi un contratto collettivo tutto suo, addi-rittura peggiore di quello nazionale firmato da FIM e UILM nel 2009. Tali nuovi contratti (sostanzialmente aziendali), furono subito sottoscritti dalle docilissime FIM e UILM, e poi sottoposti, in modo propagandistico, al Referendum ricattatorio di Pomigliano che tutti conoscono.A tutto ciò è seguita un’incredibile e solare opera di esclusione della FIOM dall’esercizio dei diritti sindacai presso lo stabilimento di Pomigliano, costata alla FIAT una condan-na per condotta antisindacale dal Tribunale di Torino (Sent. 14/9/2011), e un’altrettan-to grave comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori tesserati FIOM nelle riassunzioni per la nuova FIP di Pomi-gliano. Infatti, a partire dal marzo 2011 su

Marchionne, la FIAT e il sindacato

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1893 dipendenti collocati in cassa integra-zione straordinaria assunti, neanche uno era iscritto alla FIOM. La discriminazione risultava evidente anche senza la dimostra-zione, effettuata nel corso del processo, del Prof. Andrew Olson, docente di statistica presso l’Università di Birmingham, secon-do cui in una selezione casuale le probabi-lità che nessuno degli iscritti Fiom venisse selezionato per l’assunzione ammontano a meno di una su dieci milioni.Il Marchionne pensiero non si è limitato a ciò. Infatti, gli accordi separati di Pomiglia-no (15 giugno 2010 – 29 dicembre 2010) e Mirafiori (23 dicembre 2010) e la successiva palese discriminazione dei tesserati FIOM nelle riassunzioni, non sono stati altro che la prima tappa di un più ampio disegno volto ad escludere la FIOM dalla fabbrica.In merito, clamorosi, sono risultati i casi di Pino Capozzi, delegato FIOM licenziato ingiustamente con la surreale accusa di aver gettato discredito sulla società, reintegrato dal Tribunale di Torino (Sent. 22/4/2011) e confermato dalla stessa Corte d’Appello di Torino (sent. 13/3/2012), e quello dei delegati FIOM RSU Giuseppe Barozzino e Antonio Lamorte insieme con l’iscritto FIOM Marco Pignatelli, tutti e tre licenziati ingiustamente con l’accusa di aver volutamente impedito, in occasione di uno sciopero, il transito di un carrello contenente materiale per fornire i reparti che proseguivano l’attività produttiva, nei confronti dei quali la Corte d’Appello di Potenza (Sent. 23/3/2012) che ha confermato l’antisindacalità di detti licenziamenti.L’itinerario giuridico per annullare la presen-za in fabbrica della FIOM non si è fermata certo a ciò. Infatti, Marchionne, non pago, ha cercato persino di ostacolare la possibi-lità che gli iscritti a quell’organizzazione la finanziassero con il meccanismo delle “de-leghe sindacali”, attraverso cui i lavoratori cedono una quota del loro salario (l’1% dei minimi contrattuali nazionali) mediante trattenuta volontaria sulla busta paga. In-fatti, confidando sulla mancanza del requi-

sito della firma del CCLS da parte di FIOM, dal gennaio 2012 in tutti gli stabilimenti FIAT venivano “tagliati i fondi” ad essa sola. Ma a seguito di ricorsi ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori promossi dalla diverse FIOM territoriali, ben 22 tribunali differenti hanno dichiarato antisindacale la condotta FIAT.Questo è lo stato dello scontro tra il top ma-nager della più grande azienda automobili-stica italiana e il più rappresentativo sinda-cato dei metalmeccanici, scontro che va in scena in un contesto di profonda crisi della FIAT, del mercato e del lavoro che dramma-tizza la condizione dei lavoratori e cancella il, mai nato, piano Fabbrica Italia e con esso la promessa di investire 20 miliardi di euro in Italia.Urge quanto prima un deciso intervento del governo che riporti democrazia all’interno della FIAT, che tuteli, tramite vigilanza co-stante, la libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro e, soprattutto, che contri-buisca a creare le condizioni per un piano “vero” di investimenti che garantisca oc-cupazione, produttività ed innovazione.

Michele Forlivesi

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A BOLOGNA CON >> L’INTERVISTA L’INTERVISTA >>

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TERRA DI TUTTIFILM FESTIVALCome ormai da sei anni, Bologna

ha ospitato il Terra di Tutti film festival. Dal due al quattordici

ottobre, presso il TPO e il Lumiere, vi è stato un susseguirsi ininterrotto di documentari, clip, film che mostrava-no al pubblico le vicende ed i protago-nisti che popolano il cosiddetto “Sud del Mondo”. Intervistiamo Stefania Piccinelli, coordinatrice Educazione allo Sviluppo della ong GVC, che in-sieme alla ong COSPE finanziano ed organizzano il festival.

Cos’è precisamente il tFF?Terra di Tutti è un festival di docu-mentari e cinema sociale dal Sud del mondo. Le opere in concorso sono infatti corti o medio metraggi. Do-cumentari, fiction sociali e i filmati di animazione, che hanno come fo-cus principale la rappresentazione di quelle realtà, spesso nascoste e dimenticate, del cosiddetto Sud del mondo. “Sud” però, non solo e non tanto nella sua accezione geografica, ma come categoria di pensiero colle-gata a tutto ciò che riguarda lotte per i diritti, sviluppo sostenibile, sovra-nità alimentare, nuove cittadinanze, ecc. Quindi storie dal mondo dimen-ticato dai media mainstream e anche storie vicino a noi di ingiustizie, diritti negati ed emarginazione in Italia.

quali sono gli obiettivi?L’obiettivo principale del festival è quello di dare la voce a quei popoli e a quelle realtà che non sono adeguata-mente rappresentate e ascoltate nelle nostre società . Dare spazio di visione a registi indipendenti che, telecame-ra in spalla, sfidano difficoltà di vario tipo e natura per raccontare storie lontane dalla ribalta delle televisio-ni e dei giornali e che molto difficil-mente troveranno una distribuzione adeguata in Italia. Storie narrate da

autori italiani e europei che decidono di andare a investigare, raccontare o denunciare ingiustizie dall’altra parte del pianeta, ma anche narrazioni di autori del cosiddetto “Sud del piane-ta” che ci regalano la loro prospettiva sui problemi e le questioni che riguar-dano le aree del mondo in cui vivono. Quindi punti di vista a confronto, per cercare di superare la visione italo-centrica che abbiamo sul mondo. Il digitale ha contribuito molto alla democratizzazione dell’immaginario collettivo e anche un giovane regista senegalese o boliviano può oggi per-mettersi di fare una buona opera au-dio-visiva a costi molto bassi. Terra di Tutti Film Festival vuole dare spazio a questo tipo di opere, spesso auto-prodotte e girate con budget minimi ma testimonianze di mondi e punti di vista spesso ignorati e dimenticati.

Come è nata l’idea del tFF?ttFF è nato nel 2007 dalla collabora-

zione nell’ambito di un progetto eu-ropeo, delle due ONG (organizzazioni non governative) italiane promotrici, GVC www.gvc-italia.org e COSPe www.cospe.it, con una realtà anda-lusa che organizzava da anni un festi-val dal sud del mondo che si chiama “La imagen del sur”. Il successo che da subito il festival ha riscosso, sia in termini di pubblico che di opere iscritte da tutto il mondo, ci ha spinti a continuare l’avventura ed a ricer-care finanziamenti, sponsorizzazioni e tanto lavoro volontario per rende-re il TTFF un appuntamento fisso di Bologna con il mondo. Siamo arrivati quest’anno alla 6° edizione ed il festi-val è sempre di più un appuntamento italiano e non solo bolognese.

Perché proprio Bologna?Bologna è una città ricca di festival ma nello stesso tempo assetata di cultu-ra, cultura diversa, auto-prodotta e vicino alle persone. TTFF ha un pub-

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A BOLOGNA CON>> L’INTERVISTA L’INTERVISTA >>

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Federico Ticchi

Bologna accoglie il “Sud del Mondo”

blico molto variegato, composto in prevalenza da giovani e giovanissimi studenti, ma anche sempre di più da famiglie (molti sono i laboratori per bambini e anche le proiezioni) e da cit-tadini e cittadine di tutte le età e di tut-te le origini. Bologna è anche la sede storica di GVC, ONG laica nata in que-sta città nel 1971 e una delle sedi prin-cipali di COSPE, ONG fiorentina sem-pre di area laica, nata negli anni ’80.

Voi non fate pagare alcun biglietto per la visione dei film/documentari. Questo significa che il TFF è sano fi-nanziariamente?TTFF è un festival un po’ anomalo, l’ingresso è libero e gratuito per tutte le proiezioni e i numerosi eventi col-laterali. Questa scelta è alla base del festival stesso ed intrinsecamente legata ai suoi obiettivi ed alla natu-ra dei suoi promotori, due ong la cui mission non è la cultura ma la coo-perazione internazionale con i paesi in via di sviluppo. TTFF è non solo un evento culturale ma in primis un’azio-ne di sensibilizzazione del cittadinan-za sulle tematiche dello sviluppo. Per questo ci auguriamo sempre la mas-sima affluenza e vogliamo che più persone possibili, anche lontane dai nostri temi o che non possono per-mettersi di andare al cinema quanto e come vorrebbero, non siano limi-tate nell’accesso alle proiezioni … se non a causa dello spazio fisico in sala.

Chi vi appoggia in questo proget-

to? L’amministrazione bolognese fa qualcosa o siete completamente indipendenti e vi legate esclusiva-mente al COSPe e alle GVC?TTFF è un festival low budget, finan-ziato prevalentemente da GVC e CO-SPE perché credono profondamente in questo progetto. Piccoli contributi arrivano dagli enti locali del territo-rio. TTFF si basa soprattutto su una importante rete di relazioni in città che ci garantiscono spazi (come il centro sociale TPO) e tantissimo la-voro gratuito e volontario. Persino le traduzioni e sottotitolaggio dei film stranieri sono fatti grazie al lavoro dei sempre più numerosi (per fortu-na) volontari del festival. TTFF vuol rimanere uno spazio libero ed auto-prodotto, non diventerà forse mai un evento di dimensioni straordinarie, ma non appoggiandosi su finanzia-tori esterni sarà ci auguriamo anche meno influenzato dai tagli delle isti-tuzioni e dalla volatilità degli sponsor privati. Insomma è un festival orga-nizzato con pochi soldi ma molto en-tusiasmo.

Siete un faro dal punto di vista dei festival cinematografici, oppure esiste un network internazionale?Questa è una domanda difficile a cui rispondere. TTFF non fa parte di una rete formalizzata di festival e non è quindi di sicuro parte di un network formale. Le opere in concorso si iscri-vono attraverso un bando che viene pubblicato online sul sito www.terra-

dituttifilmfestival.org in primavera e che promuoviamo solo attraverso internet e i numerosi uffici e antenne che GVC e COSPE hanno in giro per il mondo. TTFF crede però molto nel lavoro di rete e di condivisione con quei soggetti che hanno un senti-re ed un approccio simile al nostro, quindi molti festival anche di cinema indipendente che trattano tematiche legati a diritti e sviluppo sostenibile così come festival nel “Sud del mon-do”, come Mozambico, Brasile, Cuba, ecc.

La cittadinanza bolognese, come ha risposto alla vostra iniziativa? È stata partecipe? Ha contribuito con acquisti di merchandising ed offerte libere?Il pubblico risponde sempre ottima-mente, il merchandising (tutto rigo-rosamente equo-solidale) ha molto successo e va a ruba. Per noi ha però un valore più promozionale che di fundraising. Le offerte libere … sono un po’ la nota dolente.

Ci vediamo l’anno prossimo, e gli anni a venire, vero?Per l’anno prossimo direi di potere già dare appuntamento per la secon-da settimana di ottobre come ormai è tradizione. Per quelli a venire non possiamo che auguraci di andare avanti. La volontà e l’entusiasmo non mancano.

Intervista a Stefania Piccinelli

Il programma e tutte le altre informazioni utili suwww.terradituttifilmfestival.org

A lato: Il logo dell’edizione 2008

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Passi svelti confinati da alte mura di cemento armato ani-mano le pozzanghere della Ri-

siera di San Sabba.È un venerdì di fine ottobre e sotto la pioggia battente di Trieste, ci acco-glie Riccardo Gruppi, occhi profondi e voce paterna. Ha 84 anni e rappre-senta la memoria vivente degli atro-ci avvenimenti della seconda guerra mondiale come deportato ed ex pri-gioniero di guerra.Il posto che abbiamo scelto di visita-re è emblematico. La Risiera di San Sabba è stata riprogettata e model-lata dalle esigenze naziste durante il periodo di guerra, trasformata dap-prima in un luogo di prigionia e di transito per i detenuti in attesa di es-sere mandati nei campi di concentra-mento tedeschi e, successivamente, diventato esso stesso campo di ster-minio, attraverso la trasformazione dell’essiccatoio della risiera in forno crematorio.Le parole di Riccardo ci aiutano a far rivivere in scene sfocate i vari ambien-ti della risiera: lo spogliatoio comune, la stanza con le diciassette soffocanti celle, un’ultima dove venivano am-massati i corpi.Poi il cortile dove una parte diver-sa della pavimentazione mantiene scolpita la memoria del forno e, un angolo oggi colmo di targhe com-memorative un tempo adibito alla gassificazione, infine le grigie mura imponenti che disegnano l’unica via d’uscita simbolica da quel posto: il cielo.La pioggia scrosciante cade a dirotto sopra i nostri pensieri, muti e impenetrabili.

Riccardo poi ci invita in una saletta ed è lì che ci racconta la sua storia, con un po’ di commozione e la pa-zienza di chi ha ancora voglia di far conoscere a generazioni diverse dalla sua l’epilogo di storie di dittature e di odio profondo.La sua storia inizia con l’immagine di un treno carico di uomini e donne am-massati insieme in vagoni dotati di un solo recipiente comune per i bisogni, senza discrezione né intimità. Quattro giorni per arrivare a Dachao senza ac-qua e con solo due pezzi di pane e uno di formaggio. “Mi era stato detto che sarei andato a lavorare in Germania”, ma ai cancelli del campo non c’era la scritta “Il lavoro rende liberi”, ma un’ enorme svastica e la torretta con la mitragliatrice puntata su chi entrava.

«Il piazzale era vuoto, solo SS ad ac-coglierci. In una sala ci fanno spoglia-re di tutto quello che avevamo ad-dosso. Veniamo rasati nella sala delle docce da barbieri anch’essi deportati, la pelatura, che doveva essere velo-ce, portava via a volte anche pezzi di pelle. Una volta sotto la doccia le SS si divertono ad alternare acqua fredda ad acqua bollente, ridono e ci scherniscono. Ci danno una giacca, un berretto e degli zoccoli aperti. Un numero e il triangolo da cucire subito addosso. Il comandante fa l’appello. Quella è l’ultima volta che sentiamo pronunciare il nostro nome, d’ora in poi saremo solo dei numeri.Io sono il 135.423. Bisognava cono-scere il tedesco, così dovevi imparare la pronuncia del tuo numero e rispon-dere ogni volta che lo sentivi pronun-ciare altrimenti venivi picchiato. Il

UNA STORIADA NON DIMENTICAREUn viaggio

per non dimenticareNelle giornate dal 25 al 28 otto-bre 2012, l’associazione Progrè, con il contributo dell’Alma Ma-ter Studiorum, ha organizzato “Un viaggio per non dimenti-care” rivolto a tutti gli studen-ti dell’Università di Bologna.Un viaggio della memoria tra le fe-rite ancora aperte della storia del Novecento europeo: la visita di tre luoghi simbolici come la Risiera di San Sabba, la foiba di Basovizza e il museo di Storia Contempora-nea Slovena di Lubiana sono le tre tappe di un evocativo percorso di comprensione degli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

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Progrè è un’associazione che

nasce nel contesto politico-culturale bolognese nel gennaio 2011.

La sfida ambiziosa è quella di essere, al contempo, dentro e fuori l’università, cioè

provare ad essere il punto di incontro di storie e percorsi diversi. Nasce da una contamina-

zione di esperienze e culture differenti, frutto di provenienze geografiche e politiche eterogenee e

vuole crescere nella cultura della diversità e del reciproco rispetto. Progrè vuole essere terra di confronto, campo di gioco di un dibattito

sul futuro e per il futuro. In questo spa-zio, in ogni numero, un estratto

del nostro lavoro.

comandante fa un discorso dal quale capisci dove sei in realtà e che non ne uscirai più. “Voi siete nulla, siete Scheiße“Vengo trasportato in un sottocampo in cui mi assegnano un nuovo numero 40.184. Qui ti chiedevano che lavoro sapevi fare, così gli studenti venivano scartati e uccisi subito.I nazisti avevano capito che si poteva morire anche con il lavoro, è per que-sto che ci avevano portati lì.Il lavoro va imparato in fretta, si lavo-ra nel tunnel giorno e notte sempre in piedi, lavoravamo alla costruzione dell’ala di un aereo che avrebbe dovu-to garantire la vittoria di Hitler.Lavoravamo a qualcosa che serviva per ucciderci.Al ritorno se mancava qualcuno si aspattava il ritrovamento e se la per-sona non veniva ritrovata si saltava la cena. Se qualcuno moriva sul campo di lavoro bisognava raccoglierlo e portarlo con sè. In inverno raggiunge-vamo il campo infradiciati e i vestiti ci si asciugavano addosso durante il giorno. Non ci si asciugava mai e ci si ammalava, il tempo di sopravvivenza era di tre mesi. La cena era una bro-daglia dentro una gamella brutta e nera che non si lavava mai.In seguito, io ed altri malati di tifo ve-niamo trasportati un altro campo per

infettare i prigionieri. Nei vagoni che ci portano nel campo numero quattro a sopravvivere sono solo sei -sette a vagone, e all’arrivo dovevamo svuo-tarli dai cadaveri.In questo campo si moriva di fame,qui ci hanno dato da mangiare l’erba del prato piena di pidocchi. E un pane che invece che per sei persone, veniva di-viso in sedici e siccome le baracche erano di diciotto due persone rima-nevano senza cibo. Quando hai fame non ragioni e perdi la memoria. Sono stato testimone di tentativi di canni-balismo.Mi sono salvato solo per fortuna, un soldato nero americano mi ha trova-to e mi ha portato nell’ospedale che era un monastero requisito. Io e lui piangiamo insieme.All’arrivo in questo monastero le nostre condizioni erano pessime, eravamo allo stadio terminale. Du-rante la degenza ad alcuni di noi l’intestino non lavorava più, infatti il cibo così come entrava usciva, e non ci potevamo mettere distesi sul letto perché gli occhi ci cade-vano in dentro.Dopo tre mesi torno a casa, pesa-vo solo 35 chili.Come ho fatto a sopportare tutto questo? Dovevi avere qualcosa in cui credere, dovevi sempre sperare

che il giorno dopo sarebbe stato il tuo giorno di libertà».

Alla fine di questo racconto non ci sono parole che possano colmare il vuoto silenzioso dentro ognuno di noi. Non ci sono parole che possano dare un peso sufficiente alla nostre lacrime o ai nostri sospiri.Di fronte ai nostri occhi c’è Riccardo che dopo tutti questi anni trova ancora la voglia di sorridere e di raccomandarsi con noi. La sua testimonianza e quella di molti altri come lui merita di essere raccontata senza sbavature, senza modifiche, senza aggiustamenti. I morti non diminuiscono nel corso del tempo, i morti e soprattutto il modo in cui sono stati uccisi non devono dissolversi nell’aria di un aberrante revisionismo, più pesante delle percosse, più pesante delle umiliazioni, più pesante di queste alte mura che cementificano questa storia.Significative sono le parole di Ric-cardo. Che meritano la riflessione di tutti...«E’ nelle ceneri di Auschwitz che c’è l’Europa unita. Qui, e nelle fosse comuni»

Sara Spartà e Federico Ticchi

Foto a lato: Riccardo GruppiPagina a fianco: Risiera di San Sabba, La Sala delle Croci

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Rivista mensile dell'associazione Progrèrealizzata con il contributo

dell'alma mater Studiorum

14 Novembre, anche Bologna in piazza per lo sciopero generale europeo contro le politiche di austeritàFoto: Federico Ticchi

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REDAZIONEMICHELE FORLIVESI, MICHELE FRONZA, FABIO TAMBURRINI, FEDERICO TICCHI,NICOLA USAI

HANNO COLLABORATOENEA CONTI, ROSSELLA DE FALCO, FRANCESCA DE NISI, FEDERICA NUZZO,LAURA PERGOLIZZI, MICHELE ROSSI, SARA SPARTA’, GIULIA TRAVAIN

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