L'ULTIMO UNICORNO Anteprima

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Un giorno, quando avevo quattro anni, mia madre—lei era un’insegnante—mi portò nella sua classe e io finii col raccontare ai suoi studenti una storia sugli unicorni. Una volta terminato, stando al suo racconto, dissi molto formal- mente a tutti loro “Grazie. Un giorno tornerò e vi raccon- terò di più sugli unicorni”. Mi piace pensare che quando scrissi L’Ultimo Unicorno, due decenni dopo, stavo final- mente mantenendo quella promessa. E mi piace pensare che a quella giovane versione di me questo sarebbe piaciuto moltissimo. Perché i fumetti furo- no una grande parte della mia vita di ragazzino. Anni 40, guerra finita, fumetti a dieci centesimi l’uno… perlopiù leggevo roba DC, con Batman di gran lunga il mio prefe- rito; nessuna concorrenza da Lanterna Verde, il muscoloso Hawkman o persino Wonder Woman. Ma leggevo anche qualche Classic Comics, come Moby Dick e Racconto di due Città, più una manciata di Fawcett, specialmente la sexy Nioka, la Ragazza della Giungla (quei pantalonci- ni!) e Capitan Marvel, il “Big Red Cheese” in persona. A differenza di tanti miei contemporanei non posso one- stamente biasimare mia madre per aver gettato via tutti i miei vecchi fumetti perché non sono mai stato un colle- zionista, nemmeno di pacchetti di fiammiferi, come mia cugina Ezra. Non tenevo da parte i fumetti per rileggerli: quando ne finivo uno lo scambiavo con uno nuovo che non avevo ancora visto, barattandolo con i miei amici e gli altri ragazzini che vivevano vicino Gunhill Road, nel Bronx. Questo andò avanti fino al 1950 o giù di lì. Non ricordo di aver letto molti fumetti dopo di allora—scoprii il baseball e la fantascienza in quel periodo, quindi ecco tutto. Ora mi sto avvicinando ai 71, e mi ritrovo con l’inaspet- tato compito di introdurre una serie a fumetti in sei capitoli de L’Ultimo Unicorno, grazie alle splendide illustrazioni di Renae De Liz e Ray Dillon; il rimarchevole adattamento di Peter Gillis (che plausibilmente io non avrei mai po- tuto realizzare); l’impossibile energia di Connor Cochran; l’acuto occhio editoriale di Mariah Huehner; e il sostegno e la fiducia di Chris Ryall e Greg Goldstein della IDW. Il mio ringraziamento a tutti loro perché per una volta nel- la mia vita posso starmene seduto a lisciarmi le penne e semplicemente restare incantato, come sono certo resterai incantato anche tu che leggi queste righe. Possa tu apprez- zarlo quanto me. E’ l’incarnazione più recente—dopo un film animato e quella teatrale—di un libro che ho scritto quando ero un uomo assai più giovane. Mi impressiona che sia lui che io siamo sopravvissuti tanto a lungo; e spero che penserai che la storia, almeno, è invecchiata bene. Peter S.Beagle Oakland, California 7 Febbraio 2010 Introduzione di PETER S. BEAGLE

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Le prime pagine dello stupendo fumetto che è l'adattamento del famoso romanzo di Peter S. Beagle, pubblicato in sei numeri da Italycomics

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Un giorno, quando avevo quattro anni, mia madre—lei era un’insegnante—mi portò nella sua classe e io finii col raccontare ai suoi studenti una storia sugli unicorni. Una volta terminato, stando al suo racconto, dissi molto formal-mente a tutti loro “Grazie. Un giorno tornerò e vi raccon-terò di più sugli unicorni”. Mi piace pensare che quando scrissi L’Ultimo Unicorno, due decenni dopo, stavo final-mente mantenendo quella promessa.

E mi piace pensare che a quella giovane versione di me questo sarebbe piaciuto moltissimo. Perché i fumetti furo-no una grande parte della mia vita di ragazzino. Anni 40, guerra finita, fumetti a dieci centesimi l’uno… perlopiù leggevo roba DC, con Batman di gran lunga il mio prefe-rito; nessuna concorrenza da Lanterna Verde, il muscoloso Hawkman o persino Wonder Woman. Ma leggevo anche qualche Classic Comics, come Moby Dick e Racconto di due Città, più una manciata di Fawcett, specialmente la sexy Nioka, la Ragazza della Giungla (quei pantalonci-ni!) e Capitan Marvel, il “Big Red Cheese” in persona. A differenza di tanti miei contemporanei non posso one-stamente biasimare mia madre per aver gettato via tutti i miei vecchi fumetti perché non sono mai stato un colle-zionista, nemmeno di pacchetti di fiammiferi, come mia cugina Ezra. Non tenevo da parte i fumetti per rileggerli: quando ne finivo uno lo scambiavo con uno nuovo che non avevo ancora visto, barattandolo con i miei amici e gli altri ragazzini che vivevano vicino Gunhill Road, nel Bronx.

Questo andò avanti fino al 1950 o giù di lì. Non ricordo di aver letto molti fumetti dopo di allora—scoprii il baseball e la fantascienza in quel periodo, quindi ecco tutto.

Ora mi sto avvicinando ai 71, e mi ritrovo con l’inaspet-tato compito di introdurre una serie a fumetti in sei capitoli de L’Ultimo Unicorno, grazie alle splendide illustrazioni di Renae De Liz e Ray Dillon; il rimarchevole adattamento di Peter Gillis (che plausibilmente io non avrei mai po-tuto realizzare); l’impossibile energia di Connor Cochran; l’acuto occhio editoriale di Mariah Huehner; e il sostegno e la fiducia di Chris Ryall e Greg Goldstein della IDW. Il mio ringraziamento a tutti loro perché per una volta nel-la mia vita posso starmene seduto a lisciarmi le penne e semplicemente restare incantato, come sono certo resterai incantato anche tu che leggi queste righe. Possa tu apprez-zarlo quanto me.

E’ l’incarnazione più recente—dopo un film animato e quella teatrale—di un libro che ho scritto quando ero un uomo assai più giovane. Mi impressiona che sia lui che io siamo sopravvissuti tanto a lungo; e spero che penserai che la storia, almeno, è invecchiata bene.

Peter S.BeagleOakland, California

7 Febbraio 2010

Introduzione di PETER S. BEAGLE

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’unicorno viveva in un bosco di lilla‘ e viveva tutta sola.

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era molto vecchia, anche se non lo sapeva e non era piu‘ del colore della spuma marina, ma piuttosto del colore della neve che cade in una notte illuminata dalla luna.

Ma i suoi occhi erano ancora chiari e vispi e ancora si muoveva come un’ombra sul mare.

Gli unicorni sono immortali ed e‘ la loro natura vivere soli in un luogo—di solito una foresta—

—con uno stagno limpido che gli dira‘ che sono le piu‘ belle creature al mondo—e anche magiche.

Sono un po’ vanitosi, perche‘ tutto questo e‘ vero.

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Vagava tutto il giorno tra i grandi faggi, sorvegliando gli animali—

—che vivevano nel suolo e sotto i rami—

—in nidi e caver-ne, nelle tane e sulle cime degli alberi.

Essi cacciavano e amavano e avevano figli e morivano, e dato che l’unicorno non faceva nessuna di queste cose non si stan-cava mai di osservarli.

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non mi piace

l’aria che ha questa foresta.

Le creature che vivono nel bosco di

un unicorno col tempo apprendono un po’ di magie esse stesse,

principalmente legate allo sparire. Non tro-

veremo prede qui.

Gli unicorni sono estinti da

tempo—se mai sono esistiti. Questa e‘ una foresta come

tutte le altre.

Allora perche‘ qui non cadono

mai foglie o neve? Te lo dico io, c’e‘

ancora un unicorno al mondo.

Nel corso del regno degli ultimi tre re non c’e‘ mai stata voce dell’av-

vistamento di un unicorno.

Non in questa ne‘

in altra terra.

Sugli unicorni non ne sai piu‘ di me.

Ho letto gli stessi libri e udito le stesse storie,

e neanche io ne ho mai visto uno.

La mia bisnonna vide un

unicorno una volta.

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“oh, davvero? E lo catturo‘ con

delle briglie dorate?”

“no. Non ne aveva. Devi solo essere

puro di cuore.”

“lo cavalco‘ allora? Senza

sella sotto gli alberi?”

La mia bisnonna

aveva paura degli animali

grandi.”

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“non lo cavalco‘, ma si

sedette immobile e l’unicorno gli pog-

gio‘ la testa in grem-bo e si addormento‘. La mia bisnonna non

si mosse fino al suo risveglio.”

“che aspetto aveva? Plinio descrive

l’unicorno come molto feroce, simile nel resto

del suo corpo a un cavallo ma con la testa di un cervo, le zampe di un elefante, la coda di un orso, una voce profonda come un muggito e un singolo corno nero

lungo due cubiti. E i cinesi—“

“disse solo che l’unicorno aveva un buon

odore. Le piacque l’odore dell’uni-

corno.”

“una volta si mise a piangere raccontando-

melo.”

“naturalmente era una donna molto vecchia

allora, e piangeva per qualsiasi cosa le ricordasse la sua giovinezza.”

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perche‘ credi se ne siano

andati? Se mai sono esistiti.

chissa‘? i tempi cambiano. Dire-sti che questa e‘ un’era buona

per degli unicorni?

No. Ma mi chie-do se mai uomo

prima di noi abbia ritenuta adatta la propria era per

un unicorno.

Be’, c’e‘ abbastanza luce

per cacciare altrove. Andiamo.

Resta dove sei, povera

bestia. Questo non e‘ mondo

per te.Resta nella

tua foresta e mantieni i tuoi alberi verdi e i tuoi amici

longevi.

Non badare alle ragazzine,

non diventano mai altro che sciocche

donne anziane.

E buona fortuna

a te.

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sono l’unico

unicorno che ci sia.

Queste erano le prime parole che l’unicorno aveva pronunciato, anche a se stessa, da oltre cento anni.

La sua voce la spavento‘ e le fece desiderare di correre.

Non puo‘ essere, penso‘.

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