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editoriali di pag. 2 Le insufficienti misure anticrisi del Governo Nicola Cacace I cinquant’anni del Concilio Vaticano II Luigi Pedrazzi Elezioni universitarie: dov’è finita l’onda? Davide Sardo pag. 3 Crisi economica pag. 6 Questione morale pag. 7 Più giustizia e più diritti: il volontariato alza il tiro Vittorio Sammarco pag. 8 società documenti attalità Lavorare insieme per i diritti umani X(segue a pag. 15) di Domenico Rosati D iscorsi più o meno solenni, comunque impegnativi, hanno celebrato nel mondo il sessantesimo com- pleanno della dichiarazione universale dei diritti del- l’uomo, approvata dall’assemblea delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre 1948. Non era, nella storia, il primo documento del genere: dalla rivoluzione france- se in poi, molti paesi avevano compilato un catalogo dei diritti, come certificano i testi di statuti e costituzio- ni. Ma stavolta c’era un elemento in più, non proprio un dettaglio: era l’aggettivo “universale”, incluso al- l’ultimo momento e da tutti accettato. Era la prima volta che ad un’intesa tra governi, un do- cumento diplomatico, si attribuiva un carattere impe- gnativo per tutti i popoli della terra oltrepassando bar- riere di cultura, di lingua e di confini nazionali. Si sta- biliva infatti che i diritti dell’uomo, imperniati sull’e- guale dignità di ogni persona, vengono prima delle leggi degli stati; e che ad essi, prima che alle regole 2008 Anno XII - Numero 18 - € 2 2008 Anno XII - Numero 18 - € 2 per un’Italia solidale CRISTIANO SOCIALI NEWS - QUINDICINALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI - Poste italiane spa - spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma1 - DCB - Roma “La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250”.

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editoriali di pag. 2

Le insufficienti misure anticrisi del Governo

Nicola Cacace

I cinquant’anni del Concilio Vaticano II

Luigi Pedrazzi

Elezioni universitarie:dov’è finita l’onda?

Davide Sardopag. 3

Crisi economicapag. 6

Questione moralepag. 7

Più giustizia e più diritti:il volontariato alza il tiro

Vittorio Sammarcopag. 8

società

documenti

attalità

Lavorare insiemeper i diritti umani

(segue a pag. 15)

di Domenico Rosati

Discorsi più o meno solenni, comunque impegnativi,hanno celebrato nel mondo il sessantesimo com-

pleanno della dichiarazione universale dei diritti del-l’uomo, approvata dall’assemblea delle Nazioni Unitea Parigi il 10 dicembre 1948. Non era, nella storia, ilprimo documento del genere: dalla rivoluzione france-se in poi, molti paesi avevano compilato un catalogodei diritti, come certificano i testi di statuti e costituzio-ni. Ma stavolta c’era un elemento in più, non proprioun dettaglio: era l’aggettivo “universale”, incluso al-l’ultimo momento e da tutti accettato.Era la prima volta che ad un’intesa tra governi, un do-cumento diplomatico, si attribuiva un carattere impe-gnativo per tutti i popoli della terra oltrepassando bar-riere di cultura, di lingua e di confini nazionali. Si sta-biliva infatti che i diritti dell’uomo, imperniati sull’e-guale dignità di ogni persona, vengono prima delleleggi degli stati; e che ad essi, prima che alle regole

2008 Anno XII - Numero 18 - € 2

2008Anno XII - Numero 18 - € 2

per un’Italia solidale

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Le insufficienti misure anticrisi del Governo

I provvedimenti anticrisi del Governo, colpi-scono, non solo per l’entità limitata di risor-

se (6,3 miliardi di soldi freschi, cioè 0,4 centesimi di Pil contro più di20 miliardi mediamente impegnati da altri paesi europei simili comeFrancia, Germania e Spagna insufficienti al duplice obiettivo econo-mico, di contrasto alla crisi della domanda e sociale, di aiuto alle ca-tegorie deboli) quanto per la cultura di Governo che li sottende, an-tinnovazione, antiambiente, pro-illegalità fiscale, inutilmente compli-cati. Il contrario che una visione di futuro caratterizzato da grandicambiamenti ed innovazione esigerebbe. A tale riguardo, il più ne-gativo di tutti è il taglio al provvedimento delle agevolazioni fiscalipro-ambiente (pannelli solari, coibentazioni, geotermia, etc.) decisodal Governo Prodi. All’inizio, il taglio era addirittura retroattivo - chiha già investito nel 2008 non avrebbe ricevuto il Bonus fiscale del55% della spesa - in secondo momento, eliminata questa palese ille-galità, è restato il forte taglio e l’eliminazione dell’automaticità. L’An-ce (costruttori) stima che il provvedimento ridurrà ad un quarto del-l’anno passato sia i progetti finanziati (da 140mila a 35mila), sial’ammontare della spesa, che il contributo statale (da 1070 milioninel 2008 a 272 l’anno prossimo). Di più, oltre alla riduzione delle ri-sorse, si introduce un’altra novità unica al mondo, il silenzio-diniego,così elevando le eventuali inefficienze burocratiche a obiettivo giudi-zio di finanziabilità o meno di una domanda. Per tutte queste negati-vità il provvedimento marchia una cultura governativa, economica-mente, ambientalmente e socialmente arretrata. Quando in tutto ilmondo gli investimenti per ambiente ed energia alternativa sono indi-cati tra i pochi sicuramente in crescita negli anni, quando Paesi co-me Francia, Germania e Spagna sono già decenni avanti a noi perproduzione ed impiego di impianti solari ed eolici ed iniziativeenergy saving in edilizia, noi andiamo in direzione opposta.Caratteristiche simili di una Vision sbagliata del futuro che aspettal’Italia e il mondo da parte del Governo, sono i tagli alle spese diricerca. Qui, non contenti dei drastici tagli alle spese complessivedi RS (ricerca e sviluppo) operate dalla Finanziaria, che già vedo-no l’Italia, con l’1% del Pil, fanalino di coda in un’Europa che si av-via al 3%, si è andati oltre, procedendo col modello del taglio alleagevolazioni fiscali agli investimenti pro ambiente di cui sopra. La Fi-nanziaria 2007 aveva istituito un credito d’imposta dal 10% al 40%dei costi sostenuti per RS con regime, simile a quello degli investi-menti ambientali e con concessione automatica agli aventi diritto.Con questi nuovi provvedimenti, finisce l’automaticità del rimborso a

editorialieditoriali

Sono passati 50anni da quando

Papa Giovanni XXIII, al secolo AngeloRoncalli, ebbe quella felicissima intuizionedi lanciare il Concilio Vaticano II. Fu unevento straordinario, per la Chiesa e per ilmondo intero. Un gruppo di credenti, intellettuali e no, suimpulso di Luigi Pedrazzi, ha promosso un’i-niziativa che intende durare tutto il tempo fi-no alla chiusura del Concilio: riunirsi con co-stanza in piccoli cenacoli per rileggere, ridi-scutere, meditare, attualizzare tutta quella se-rie sterminata di documenti, relazioni, inter-venti, che in quegli anni animarono la Chie-sa. Un impegno che nasce dal basso e cheintende arrivare ai Vescovi per ridare slancioed entusiasmo alla comunità dei credenti.Pubblichiamo in queste pagine una sintesidel percorso suggerito dal promotore e iprimi risultati raggiunti.

“L’iniziativa aperta con la lettera circolaredel 1° ottobre è stata inconsueta e audace:abbiamo proposto di festeggiare l’ottobre dimezzo secolo fa, e familiarmente e amiche-volmente, l’elezione di Angelo Roncalli al so-glio pontificio, per indicare che collochiamostudio e coscientizzazione del Concilio Vati-cano II tra gli obiettivi che intendiamo perse-guire con continuità nella nostra vita perso-nale. E, per quanto ci riuscirà, cercheremo difarlo in modi comunitari e collaborativi, aprova e ringraziamento del “dono” ricevutomezzo secolo fa, e della sua fecondità so-ciale ed ecclesiale.”

(segue a pag. 14)(segue a pag. 10)

di Nicola Cacace

di Luigi Pedrazzi

I cinquant’anni del Concilio Vaticano II

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Le elezioni dei rappresentanti degli stu-denti agli organi centrali dell’Universi-

tà di Roma “La Sapienza”, del 25 e 26novembre, hanno fatto registrare un ri-sultato particolarmente negativo delle li-ste di sinistra, che ha stupito chi, in qual-che modo, pensava che il risultato eletto-rale sarebbe stato segnato dai quasi duemesi di proteste contro la Legge 133 e ildecreto Gelmini.I rappresentanti dell’Onda, nome concui, a partire dalla metà di ottobre, hacominciato ad essere definito e ad auto-definirsi il movimento di protesta anti-Gelmini, si erano presentati a tale ap-puntamento elettorale uniti nella lista

Anomalia Sapienza - Collettivi in Movi-mento. Sono risultati quinta lista, ampia-mente staccati in particolare dalla listaVento di Cambiamento (vicina al rettoreLuigi Frati), dalla lista Mondo Sapienza -Lista Aperta (vicina ai Ciellini pro-Gelmi-ni) e da Azione Universitaria (la lista deigiovani di Alleanza Nazionale). Hannogiustificato il risultato, inferiore alleaspettative degli osservatori, affermandoe persino difendendo l’irrappresentabili-tà del movimento. Ancora peggiore èstato il risultato della lista Studenti Demo-cratici, costola universitaria di quei Gio-vani Democratici che proprio quattrogiorni prima avevano celebrato le prima-rie per eleggere i propri costituenti. Han-no chiuso come sesta lista, senza eleg-gere neppure un rappresentante.Se le tre liste più votate, nell’ordine Ven-to di Cambiamento, Mondo Sapienza -Lista Aperta e Azione Universitaria, sonole liste che non si sono caratterizzate perl’opposizione alla Legge 133, e che an-zi la hanno in qualche caso difesa, chene è stato, dunque, dell’Onda?La premessa necessaria è che questo mo-vimento si è caratterizzato per dei nume-ri eccezionali. Stiamo parlando di unaprotesta che ha visto scendere in piazzacentinaia di migliaia di persone per oltredue mesi. Già a settembre erano comin-ciate le proteste contro il maestro unico,poi l’onda si è ingrossata fino a coinvol-gere studenti medi e universitari. AllaSapienza di Roma i primi sussulti sonosfociati nell’assemblea del 16 ottobre, cheha visto oltre un migliaio di studenti aderi-re alla protesta contro i tagli all’Universitàcontenuti nella Legge 133. Dopo le primeoccupazioni, il movimento comincia ad es-sere definito come l’Onda, e prepara losciopero generale della scuola indetto

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Elezioni universitarie:dov’è f inita l’onda?

Questomovimento è statocaratterizzato da numeri eccezionali:ha vistoscendere in piazzacentinaia di migliaia di persone per oltre due mesi

di Davide Sardo

attualitàattualità

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per il 30 ottobre. Intanto, il 29 ottobre, ildecreto Gelmini diventa legge dello Stato,e gli studenti che stavano manifestando aPiazza Navona, proprio sotto le finestredel Senato, subiscono una violenta aggres-sione per mano dei fascisti di Blocco Stu-dentesco, lasciati colpevolmente liberi diagire dalla polizia. Il giorno successivoRoma è pacificamente invasa dagli stu-denti, e la scena si ripete quindici giornidopo, per lo sciopero dell’Università edella Ricerca del 14 novembre. È il mo-mento di massima piena dell’Onda, cheda quel momento comincia a cambiareforma. Il 15 e 16 novembre, i rappre-sentanti dei Collettivi studenteschi dellemaggiori Università italiane si riunisconoa Roma per mettere nero su bianco le lo-

ro proposte su scuola, università, ricercae lavoro precario. Non sono finiti i mo-menti di grande partecipazione: il 18 no-vembre, nel giardino dell’Università La Sa-pienza, ha luogo un concerto gratuito incui oltre trentacinque artisti esprimono laloro solidarietà alla protesta alternandosisul palco con gli interventi degli studenti.Durante questo suo cammino, il movi-mento non è rimasto sempre uguale a séstesso. L’Onda, che è scesa in piazza il30 ottobre non è la stessa dei workshopdel 15 e 16 novembre. La prima è fattadi studenti che hanno manifestato in di-fesa dell’Università minacciata dai tagli,in quanto iscritti, appunto, all’Università.Si sono presentati ai cortei senza ban-diere di partito, ma dietro lo striscionedella propria facoltà: col camice i medi-ci e i chimici, con i propri slogan gli stu-denti delle varie discipline, da lettere afisica. Si sono persino arrabbiati quan-do qualche politico ha preso le loro par-ti, temendo di essere strumentalizzati perfini che sentono lontani dai loro. L’Ondadei workshop di novembre, l’Onda chetuttora sopravvive, è invece un movimen-to che non conta certo un numero di so-stenitori da guinnes dei primati. Non èpiù alimentato dalle energie delle milleanime che si erano confuse nelle manife-stazioni di ottobre, e vede affievolirsi lasua capacità di continuare a coinvolgerela maggioranza degli studenti. Alla gui-da di quello che resta dell’Onda si troval’ala massimalista e postideologica, checoltiva l’idea di un movimento non rap-presentabile, in quanto liquido, mutevolee inafferrabile, e con esso l’idea di unaprotesta totale e radicale, tanto da nonessere riconducibile ad un piano politicoo ad un’ipotesi di compromesso.Nessuna meraviglia, allora, se questomovimento, che si è illuso e tuttora si illu-de di poter fare a meno della politica,abbia fallito proprio alla prova del voto.L’Onda degli spezzoni delle facoltà, sen-za simboli e senza bandiere, non ha vo-tato a sinistra alle elezioni universitarie, ein molti casi, probabilmente, non ha pro-prio votato, vista tra l’altro la scarsa af-fluenza alle urne. L’Onda del “movimentoliquido”, invece, si è semplicemente sco-

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Durante questosuo cammino, il movimentonon è rimastosempre ugualea sé stesso

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perta non così travolgente come si crede-va. E non credo che ci si possa limitare adaffermare che “il movimento non è rappre-sentabile”. Il punto è che senza la politicasi combatte con armi spuntate. Non bastariunire centinaia di migliaia di studenti nelnome di un generico dissenso: se mancaun sentire comune, una piattaforma cultura-le e programmatica, una volontà politica,insomma, allora non solo non si è rappre-sentabili: non si è, e basta. Prova ne è nonsoltanto il risultato elettorale alla Sapienza,ma anche la facilità con cui i fascisti delBlocco Studentesco sono riusciti a gettarelo scompiglio nel corteo del 29 novembre.Ma, accanto al deludente risultato degliattuali leader della protesta anti-Gelmini,sta la pesante sconfitta della lista del Pd.Un risultato che non può che suscitare al-cuni interrogativi. Innanzitutto sulla ca-pacità del Pd di comunicare con gli stu-denti e di rendersi riconoscibile comeuna forza di sinistra combattiva e affida-bile. Durante i mesi della protesta, peresempio, il partito non è riuscito a in-staurare un dialogo costruttivo con il mo-vimento. Né quando l’Onda era al mas-simo della sua altezza e convogliava alsuo interno le energie più disparate, néquando il movimento si è snellito e hacominciato a delineare le sue proposte.In entrambi i casi il Partito Democraticonon è stato percepito come un interlocu-tore in grado di rappresentare le istanze

proposte. Un certo sentimento antipoliti-co prima, e l’illusione dell’irrappresenta-bilità poi, hanno certamente influenzatol’atteggiamento nei confronti del Pd, manon va sottovalutato il fatto che, tra glistudenti, pochi riconoscevano una discon-tinuità tra le politiche del centrodestra equelle dei precedenti governi di centrosi-nistra, ritenuti per lo più corresponsabilidell’attuale situazione. E poco ha fatto ilPd in questi mesi per ribaltare questa dif-fusa percezione.In secondo luogo va riconosciuto comele elezioni universitarie abbiano un ca-rattere sempre meno politico e semprepiù basato, vista anche la scarsa affluen-za al voto, sulla capacità di portare avotare amici e persone convinte il giornodel voto. Il punto è che questa tendenzanon va accettata passivamente, rispolve-rando vecchie liste di contatti e giocan-do la campagna elettorale al telefono,ma va affrontata criticamente. Un partitodi sinistra non può che vincere la suabattaglia con il radicamento nelle singo-le facoltà: accettare la sfida sul campodell’assenza di politica, equivale a ri-nunciare alle proprie chances di vittoria.A questo discorso si salda quello relativoal rapporto tra il partito e le persone chelo compongono. La cifra del radicamen-to è la corrispondenza tra l’impegno sulterritorio da una parte, e la possibilità dipoter influire sulle scelte e sulle politichedall’altra. Se non si può pensare ad unpartito senza radicamento, non si puòneppure pensare a un radicamento sen-za una reale democrazia nel partito.Sempre più spesso, invece, si ha l’im-pressione che si stia scavando un solcotra un gruppo di dirigenti che hanno ilpotere e il dovere di decidere e un certonumero di supporters ai quali non sichiedono che sporadiche apparizioni.Finché i supporters non decidono dicambiare bandiera. Dalla democraziainterna al partito, dalla valorizzazionedel percorso che i giovani compiono al-l’interno di esso, può cominciare un nuo-vo radicamento sui territori e una verascuola di formazione di una nuova clas-se dirigente.

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Il punto è che senza la politica si combatte con armispuntate

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Esecutivo nazionale

Crisi economica: perché gli interventidel Governo sono sbagliatiLa grave crisi economica in atto, originata dalla cattiva finanza partita dagli StatiUniti, è l’esito inevitabile di un modello economico liberista che ha prodotto unacrescita insostenibile delle diseguaglianze sociali confrontabile solo con quella de-gli anni precedenti la grande depressione. Questa crisi è caratterizzata nel nostroPaese, come nella maggioranza dei paesi occidentali, da una perdita di potered’acquisto di operai, pensionati e ceto medio, che determina un vuoto di consumie domanda di dimensioni enormi. Perciò i provvedimenti di emergenza del Gover-no risultano sbagliati e inadeguati rispetto alla profondità della crisi. Servono in-vece misure più efficaci di sostegno ai lavoratori, alle imprese, alle famiglie e allecategorie più svantaggiate. Ma allo stesso tempo occorre avviare una trasforma-zione del modello di sviluppo, in senso ecologicamente e socialmente sostenibi-le... Modello che miri all’interesse generale di cittadini, ambiente e territorio e nonsolo all’interesse di breve periodo degli azionisti, puntando sulla qualità dei con-sumi, della produzione e dell’occupazione.È nella ricerca di questa alternativa di sviluppo che il Pd deve misurarsi legandole scelte immediate con quelle strutturali di più lungo periodo.

O.d.g. approvato dall’Esecutivo nazionale dei Cristiano Socialidel 18/12/2008

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Esecutivo nazionale

Questione morale e Pd: far valere il Codice eticoLa tempesta giudiziaria che sta investendo il Pd non deriva dal verificarsi di singo-li ed isolati episodi di malcostume politico ed istituzionale. Essa fa emergere unavera e propria questione morale a carico del partito, che va affrontata distinguen-do le responsabilità penali da quelle politiche ovvero di costume individuale.

La decisione del Pd di adottare un codice etico per i propri iscritti è stata il segnopositivo della volontà di essere un partito nuovo, affezionato alla buona politica,impegnato a costruire un rapporto di fiducia con i cittadini. La responsabilità as-sunta con quell’atto politico non può essere tradita compiendo scelte incoerentiovvero lasciando prive di conseguenze le violazioni. Non è coerente, infatti, chie-dere a chi si iscrive al Pd la sottoscrizione di un documento il cui valore è negatocon i fatti. Per questo i Cristiano sociali chiedono che la Direzione del Pd, nel ri-badire l’essenzialità e l’attualità del Codice etico, assuma urgenti misure per assi-curarne il rispetto in tutte le sue parti nella vita concreta del partito ad ogni livello,integrandone il testo per garantire l’applicazione di sanzioni severe e rigorose. In particolare, occorre stabilire il divieto più totale di cumulo delle cariche istituzio-nali con quelle di partito, i doppi incarichi, la sovrapposizione delle responsabili-tà del Governo-ombra con quelle di direzione politica.

Per garantire la corretta e piena applicazione dello Statuto e del Codice etico nonc’è bisogno di poteri straordinari, né di una più forte concentrazione di responsa-bilità sulla leadership. Quello che serve è una rinnovata e corale assunzione di re-sponsabilità da parte dell’insieme del gruppo dirigente. È necessario trovare alpiù presto una formula che realizzi una tale responsabilizzazione e rilanci colle-gialità e spirito di squadra. In una fase cosi impegnativa e delicata per il Pd, nonha alcun senso dividersi per ragioni anagrafiche, territoriali o di corrente. Nelledifficoltà, le energie più rappresentative, dotate di esperienza, competenza e ca-pacità di direzione, debbono lavorare insieme e per gli stessi obiettivi.

Documento approvato dall’Esecutivo nazionale dei Cristiano SocialiRoma, 18 dicembre 2008

Foto: Silvio Garbini

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Il mondo del volontariato prova a ripensa-re la propria funzione e il proprio ruolo in

questa società. Lo ha fatto il 12 novembre inun seminario organizzato dal Comitato cheporta il nome del padre storico del Volonta-riato in Italia, Luciano Tavazza, in collabora-zione con l’Osservatorio economico sullacriminalità del Cnel e l’Associazione Libera.Titolo del seminario: “Volontariati di frontie-ra: tratta delle donne, usura, sfruttamentodei minori, immigrazione”. Quattro settori equattro testimonianze di grande valore pre-sentate, che tengono viva la speranza: laCasa di Rut, il centro di accoglienza dellesuore Orsoline per gli immigrati nel caserta-no; l’impegno dei centri anti-usura di Libera-Fai in Basilicata; la comunità Agape, controil mercato dei minori; l’impegno dell’Arcinella tutela dei diritti degli immigrati.“Oggi il volontariato è in crisi non solo nu-merica, ma di prospettiva - ha affermatoEmanuele Alecci, presidente del Comitato -Si parla di advocacy, per il suo futuro.Quindi di tutela dei diritti. Sì, certo: ma de-ve essere in una logica anticipatoria, chesa guardare al futuro da costruire e al si-stema nel suo complesso”. Alla legalità ealla giustizia, ad esempio, o ai bisogni del

territorio. È questo - sostiene Alecci - il no-stro modo attuale di intendere il Volontaria-to di frontiera.Ma tutto il volontariato è di frontiera, ha so-stenuto con il vigore che lo contraddistingueLuigi Ciotti nell’intervento di apertura dellagiornata. Nella società di oggi ci sono fra-gilità che corrono il rischio di essere nasco-ste (vedi anoressia e bulimia, o l’alcolismo)che provocano una vera e propria strage ea cui solo il volontariato sa offrire punti di ri-ferimento. “Ma non è possibile - aggiungeDon Ciotti - un volontariato che si richiudenelle proprie organizzazioni senza pensareall’insieme dello Stato. Siamo chiamati aduscire dai nostri recinti per costruire insiemedei percorsi”. “Oserei dire - ha sottolineatoil presidente di Libera - Meno solidarietà epiù giustizia, più diritti”. È chiaro, la solida-rietà è l’anima del volontariato che incontrapersone, soggetti, e i loro bisogni, che sonosempre un fine e mai un mezzo. Ma anchela denuncia, Don Luigi ha ricordato le paro-le del suo vescovo di qualche anno fa,mons. Bartoletti, “è un annuncio salvifico”.E il fondatore dell’associazione che lotta daanni contro la mafia non si è risparmiato, eha ricordato l’impegno di un sacerdote ucci-so dalla camorra, Don Peppino Diana, chediceva: “La camorra ha assassinato il nostroPaese, noi lo dobbiamo far risorgere. Biso-gna salire sui tetti per annunciare la Paro-

Più giustizia e più diritti:il volontariato alza il tiro

di Vittorio Sammarco

societàsocietà

Tratta delle donne,usura,sfruttamento dei minori,immigrazione: 4 settori di frontiera per ridareslancio al volontariato

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la”. E sui tetti, il prete che rifiuta di essereidentificato come un prete di frontiera, conti-nua a salire. Parlando di una sicurezza chepuò fondarsi solo sulla verità; della sicurez-za che manca sui luoghi di lavoro; di unaincapacità di applicare anche le buone leg-gi (come quella che dà la possibilità di con-fiscare i beni ai corrotti, mai applicata fino-ra, nonostante esista da anni), e della

preoccupazione per una stanchezza eviden-te della vita democratica nel nostro Paese.Ma è ancora tempo per la profezia? Sì èchiesto concludendo Don Ciotti: “È sempretempo per la profezia, se la si intende co-me la capacità di individuare il domani al-la luce del presente”. Ma la profezia èpossibile solo se si coniuga il resistere conl’esistere, che hanno la stessa radice etimo-logica. Significa esserci, immergersi neiluoghi controversi. La profezia significa al-lora costruire luoghi concreti, ma anchecarichi di simboli, significa costruire unacritica culturale vera, evitando di cercare ilconsenso sterile e l’autodifesa. Per Don Luigi Ciotti vuol dire fare della stra-da, non il luogo della paura che qualcunovorrebbe, ma il luogo della vita.

“Da soli non ce lafacciamo a com-battere questa

battaglia. Dobbiamo farla insieme. Da soli saremo solo co-me dei barellieri, ma non è quello che volevamo fare dagrandi”. Conclude così, don Marcello Cozzi, con un velopesante di tristezza, il suo infervorato intervento al semina-rio sui Volontariati di frontiera. Parla dell’usura, di quel mo-stro contro cui lui lotta da tempo in Basilicata, che stringealla gola famiglie e imprese, ma che, e non è un parados-so, nella generale crisi economica, vede le vittime spesso al-leate dei carnefici. Infatti, dopo essersi svenati, aver lavora-to a lungo solo per pagare i debiti, spesso gli usurati rico-noscono agli usurai il “merito” di averli salvati. Gli unici chehanno aperto le porte al credito vitale.E don Marcello non si dà pace. Nemmeno, o forse ancorpiù, dopo aver ricevuto una busta con due proiettili: “dueconfetti” li hanno chiamati gli anonimi spedizionieri, che mi-nacciano di farli assaggiare al prete responsabile di Liberae del Fai lucano.Non si da pace perché c’è una dimensione culturale su cuilavorare. L’usura comincia spesso il suo percorso in famiglieche per paura dei giudizi negativi del vicinato, fanno debitianche in occasioni di celebrazioni sacramentali, per fare “de-gni” festeggiamenti. Una dimensione morale, perché spessole vittime hanno un uso scriteriato del denaro. E una giudizia-ria: denunciare non conviene più, e infatti calano le denunce,per i tempi lunghi della giustizia e il pericolo di ritrovarsi difronte e libero, dopo la battaglia, l’usuraio denunciato. E infi-ne una questione sociale, politica, di un sostegno che ha por-tato nel ’96 alle Legge 108, ma che ora non trova più i fondiper rifinanziare l’art. 14, quello che consente alle Fondazionidi fare un prezioso lavoro di prevenzione.È una brutta bestia l’usura, dice Don Marcello, preoccupatodi quanto si stia abbassando il livello di guardia. E ricordala frase di un improvvisato ma consapevole usuraio che ilprete ha smascherato e fatto arrestare: “Dica al suo amico(l’usurato) che il tempo si paga”. Sì, ammette, sconsolatodon Cozzi, forse questi sono i tempi in cui tutto si deve pa-gare salato. Persino il tempo.

V. S.

AL SUD, PERCHÉ L’USURA NON STROZZI LA SPERANZA

Tesseramento 2008

PER INFORMAZIONI:Movimento Cristano socialiPiazza Adriana, 5 - 00198 RomaTel. 06/68300537/[email protected] [email protected] on line:www.cristianosociali.it

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I primi tre mesiFurono cinquanta gli amici che sottoscris-sero la lettera del 1° ottobre. Essa contie-ne il manifesto programmatico e promoto-re della nostra iniziativa di laici cattoliciconvinti del significato e dell’opportunitàdi impegnarci con una certa continuità eun certo metodo nello scopo indicato: va-lorizzare di più nella nostra vita persona-le ed ecclesiale il dono grande ricevutoda Giovanni XXIII.Poco più di cento sono stati gli amici che,per e-mail o per posta tradizionale, sono sta-ti invitati a festeggiare con noi le grandi ri-correnze del mese di ottobre: l’11, aperturadel Concilio e festa liturgica del beato Gio-vanni; il 28, cinquantesimo anniversario del-la elezione di Roncalli, sorprendente promo-tore e mirabile primo autore del Vaticano II,massimo evento culturale del XX secolo.In ottobre e novembre, almeno 300 lettere,in arrivo o in partenza, hanno girato dentroil mio computer, scelto come riferimento co-mune tra i promotori. Gli “incontri locali”convocati e svolti con le procedure previste,ci risultano a tutt’oggi 38. Le procedure daadempiere erano: racconto di ricordi perso-nali, conversazioni conseguenti, ascolto olettura del testo base inviato dai promotori,cioè il discorso di Dossetti del 1994 su Ron-calli e il Concilio. 38 incontri, un po’ festosima un po’ anche nostalgici. Adempimentiverso l’autorità ecclesiale, cioè informazionedell’incontro e “dono” al proprio vescovodel cd con il discorso di Dossetti. Discorsoampio e impegnativo, che - per tutti - vale co-me motivazione sintetica ma abbastanzaesaustiva delle motivazioni della “festa”.Su questa base, mi sento di “raccontare”quanto mi pare emerga con chiarezza dalleinformazioni ricevute: 1) La nostra “iniziativa” è ben piccola cosa(piccola nella Chiesa, piccolissima nella so-cietà italiana), ma davvero grande è la “co-sa storica” di cui ci si occupa (Papa Giovan-ni e il Vaticano II). 2) Pur piccolissima e quasi invisibile e inav-vertibile (ma assai dolce e preziosa perquanti la vivono), la nostra iniziativa familia-re ed amichevole aggiunge qualcosa alle ce-lebrazioni solenni ed ufficiali svoltesi nellegrandi basiliche romane, con omelie di per-sonalità che hanno pronunciato parole bene-

vole ed orientanti, che abbiamo cercato etrovato in siti della rete (ma purtroppo nonmolto visibili sui mezzi di comunicazionecartacei o televisivi, di altri argomenti pienis-simi). Per questo i nostri piccoli incontri localihanno riempito di calore e di attenzione lanostra partecipazione ad una “realtà spiri-tuale” che socialmente e culturalmente è ri-masta, anche nella ricorrenza solenne, se-gnata da una marginalità ed esilità alla qua-le ci sembra giusto cercare di resistere e por-re qualche rimedio.3) Senza polemiche, ma ponendoci e po-nendo domande, cerchiamo tutti vie di mi-glioramento reciproco: si sia, ciascuno dinoi, tra quelli che hanno conosciuto timori edifficoltà, o tra quanti hanno coltivato gioiae speranza davanti a “novità” e “continuità”del Vaticano II. Forse, dopo mezzo secolodal suo svolgimento, è possibile intenderemeglio l’unità feconda di entrambe le “veri-tà”: grande la novità, grande la continuazio-ne. Ma tutte e due con le loro esigenze e for-me specifiche, teologiche e storiche, tanto su-periori alle polemiche condotte con un affan-no aggressivo, o a una concordia superficia-le e banalizzatrice di ogni problema concet-tuale. Occorre invece un impegno serio acorreggere abitudini e costumi avvertiti insuf-ficienti o nefasti. “Non nova sed noviter”,aveva auspicato Pacelli, per il Concilio chenon poté convocare tra 46 e 51, ma che pu-re, in grandissimo segreto, aveva cercato diimpostare e preparare. Aggiornamento dellaChiesa, non perchè sia cambiato il Vangelo,ma perché siamo cambiati noi che lo leggia-mo meglio, seppe e osò dire, e poté fare, ilmite e determinatissimo Roncalli. 4) È la sua bontà che ha reso papa Giovan-ni così forte da poter convocare il Concilio.Lo ha detto il 28 ottobre Benedetto XVI da-vanti alla tomba di Giovanni XXIII in San Pie-tro. Per la vera bontà della sua fede, potévolerlo e avviarlo libero, e consegnarne laguida al leale e sapiente successore, l’Arci-vescovo di Milano Montini, da lui nominatocardinale e, dopo la morte di Roncalli, dive-nuto Paolo VI. Giovanni e Paolo, i due papidel Concilio novecentesco, i cui nomi intrec-ciati hanno segnato anche i due immediatisuccessori, a sintesi e sistemazione inattesadei due grandi e ben più tormentati concilidell’età moderna: Trento, e Vaticano I.

segue da pag. 2

I cinquant’anni del Concilio Vaticano II

Valorizzare di più nellanostra vitapersonale ed ecclesiale il dono grandericevuto daGiovanni XXIII

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5) Dal 1° ottobre, noi “festeggianti roncallia-ni” siamo un po’ cresciuti nelle reciprocherelazioni, ma con la nostra iniziativa ami-chevole, non abbiamo ancora raggiunto tut-te le regioni italiane: i nostri 38 piccoli e fa-miliari incontri locali si sono svolti o risulta-no in programma, solo in Emilia, Lombar-dia, Trentino, Puglia, Veneto, Piemonte, La-zio, Molise, Marche, Umbria, Toscana, Ligu-ria, Sicilia; e solo nelle prime di queste 13regioni i nostri incontri hanno avuto luogo inuna pluralità di centri. Nel Sud, solo in dueregioni, Puglia e Molise, abbiamo visto unmovimento di adesioni locali confortante,promosse in ambienti associativi come Ma-sci e Meic; altrove adesioni individuali, an-che spontanee, non sono mancate. Moltastrada è ancora davanti a noi e alle nostrecomunicazioni, da organizzare con pazien-za e continuità.

Chiarimenti (e principi di garanzia)Alcuni punti di spiritualità e di metodo è im-portante siano chiari tra noi. Provo a indi-carne cinque: 1) Innanzitutto, si tratta di assumere un im-pegno personale. Ovviamente solo in misu-ra compatibile con l’insieme dei propri do-veri, e proporzionato alle proprie risorse, inprimo luogo, di tempo. L’impegno ad esserviattenti e attivi lo crediamo inevitabile, nellaconvinzione che solo una pratica e una par-tecipazione personale alimentino in ciascu-no, con le loro gratificazioni, le risorse spesenel lavoro e nello studio prescelto come vita-le, per noi e per gli altri. Senza un circuitorealizzato, di “spendita” e di “alimentazio-ne” della propria persona, questo tipo di im-pegno culturale, autoformativo e popolare adun tempo, non può durare a lungo, mentreoccorre tempo per dare frutti significativi. 2) Negli impegni assunti ed esercitati conconvinzione e passione, specie se si trattadi studiare e valorizzare realtà e significatidi figure ed eventi religiosi (tali sono il ponti-ficato di Giovanni XXIII e il Concilio Vatica-no II), è però assolutamente necessaria unagrande mitezza dialogica. Una curiosità a“capire” anche le obiezioni e le difficoltà dialtri, deve essere forte nello spirito che cianima: anche quando questo è critico con-tro limiti e abitudini di tradizioni irrigidite.

La severità delle valutazioni, quando si faautomatica, ci spinge a giudizi privi di fi-nezza intellettuale, a ideologismi mancantidi carità verso molti, distorcendo i problemireali e le idee incontrate nella complessitàdegli eventi e delle situazioni in cui si muo-vono i protagonisti più grandi di noi.3) Ben pochi, tra quanti parteciperanno concontinuità a questa iniziativa, anzi, proba-bilmente nessuno di noi darà contributi di ti-po storico o teologico adeguati alle metodo-logie accademiche di queste discipline og-gi. Ma dobbiamo egualmente studiare mol-to, incontrare e ascoltare persone, con at-tenzione anche le più semplici e comuni, ri-flettere e discutere, soprattutto prendere deci-sioni interiori, al fine di non fallire il compitodi tentare di essere giusti, nei problemi e inmezzo alle persone. Conoscere per decide-re, in larga misura è vero anche nell’espe-rienza della fede: per decidere del proprioessere, pensare e fare. Non in vista di poterinella società, ma piuttosto di libertà esercita-ta e coerenza di fede portata nella storia. 4) Orientarci per decidere, meglio e di più,ma non da soli. Amicizia e cooperazionesono parte e forma importante nella vita.Per questo proponiamo una pratica di ami-cizia e collaborazione paritaria in unaesperienza di ricerca teologica e storica,non professionale ma egualmente seria. Acominciare da rispetto e franchezza con inostri pastori nella Chiesa. Una forte misuradi serietà è richiesta al nostro lavoro asso-ciato per il suo contenuto religioso, e perporsi, in facie ecclesiae, come ricerca di unequilibrio nella interpretazione e valorizza-zione del Vaticano II che, dopo cinquant’an-ni, ci sembra ancora incerto, inclinandosipericolosamente verso la rimozione del pro-blema e delle sue asperità.5) Quindi, il nostro, sarà - a me pare debbaessere - un impegno personale, determinato,ma dialogico e assolutamente pacifico. Unimpegno di studio per essere consapevoli diciò che deve pensarsi e farsi oggi. Non dasoli certamente, ma innanzitutto con amici:nella Chiesa, dove tutti siamo tenuti a rap-porti costanti e appropriati di fraternità; enella società, dove anche gli increduli o ivariamente e diversamente credenti, hannoparole su cui riflettere con attenzione. Tra-sparenti nella Chiesa, non siamo clandesti-

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Conoscere per decidere, in larga misura è vero anchenell’esperienzadella fede

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ni nello spazio pubblico; siamo voci picco-le e senza grandi mezzi. Ma con consape-volezze grandi ricevute in dono dalla Tra-dizione, di cui il Vaticano II è l’ultima edorganica espressione, ecumenica, collegia-le, primaziale e petrina come forse mai èstato possibile avere. Umilmente pensiamodi poter studiare, e di poter fare delle do-mande, partendo dalla nostra condizionedi laici fedeli comuni, di figli amati eamanti, di persone che conoscono abba-stanza il dovere come condizione irrinun-ciabile per esercitare diritti, e se mai, cita-no un proprio diritto è in vista di preparar-si meglio all’esercizio di un dovere difficilee complesso; ma necessario per tutti, a cia-scuno nella misura sua propria.

Propositi (primi appuntamenti e progetti)Il primo proposito è continuare la festa:emerge dalle lettere, telefonate, incontri.Non cessiamo di pensare e studiare insieme.Ciascuno nel suo ambiente, con le sue formedi vita e lavoro, ma aggiungendovi la consa-pevolezza di una condivisione forte. Fortenel nostro sentimento, forte nel merito.Noi vogliamo un gran bene e abbiamouna grande gratitudine per Roncalli, per-ché sentiamo di avere ricevuto moltissimoda lui, dalla sua vita e dall’audace iniziati-va, con cui ha potuto concluderla in pienaluce, dopo averla vissuta in operosa e sa-piente penombra. Vi vediamo un modelloper tutti. Siamo felici di avere conosciuto ilsuo metodo di intrecciare obbedienza e in-dipendenza, pace con ognuno e determi-nazione nell’esercitare la propria respon-sabilità. La sua capacità di unire tradizio-ne e contemporaneità, assorbendo e risol-vendo in esse le difficoltà conosciute dalmito della modernità e sopravvalutate an-che dalla paura eccessiva del modernismodi troppi fissisti e laudatores temporis acti.Abbiamo il Concilio Vaticano II nelle mani,è studiato (abbastanza) nei seminari, manon tutto è andato bene nel suo svolgimentoe nella sua ricezione: forse troppo chiasso,forse troppe paure contrapposte (“non siprepara nulla”, “si sconvolge e brucia tut-to”). Sembra quasi che un brutto post-Conci-lio sia più importante da correggere che unbellissimo Concilio da amare e vivere.

Il primo progetto è allora di usare i primianni del post-cinquantenario per cercare diripercorrere con più equilibrata attenzionequel tempo, cioè i sette anni del periodoantepreparatorio, preparatorio, le quattrosessioni e le tre intersessioni; e gli anni suc-cessivi, folti di pubblicazioni dei testi, maanche di paure e frenate, in mezzo a ondeanomale suscitate da terremoti anche lon-tani, e dal manifestarsi di fragilità troppo alungo nascoste in casa: fino alle incertezzee fatiche di oggi. Che potrebbero anchesorprenderci come un inizio di forza ritor-nante, di misure in via di essere prese, inuna maggiore coralità di attenzioni e con-fronti, teologici ma anche storici, sociali efin economici. La crisi che incombe davvero minacciosanon può che fare bene a tutti, in quantomette fine a molte illusioni ed euforie e ri-porta attenzione sui problemi reali.Il primo appuntamento da “festeggiare”,per noi ora, è proprio quel 25 gennaioche vide l’annuncio di Roncalli a 17 cardi-nali riuniti in S. Paolo, e ciò che occorre ri-cordare e ripercorrere sono i primi lentipassi verso la formazione della Commissio-ne antepreparatoria istituita il 17 maggio(che nel 1959 era Pentecoste), e seguirlanei suoi passi, incerti e insicuri indubbia-mente, pur guidata da un cardinale dell’e-sperienza e statura di Tardini. Vi sono do-cumenti di quel tempo, tra cui la “Notifica-zione” di Montini a Milano, o le lettere diadesione dei cardinali, a cominciare daquella di Confalonieri, che è interessanteritrovare. Ognuno dei “festeggianti” conti-nui il proprio impegno, domestico, familia-re, locale, parrocchiale, aperto a contattigiudicati interessanti. Se ve ne è il deside-rio e la convinzione, non manca il tempoper continuare gli approfondimenti, relativia Roncalli e ai suoi compagni e interlocuto-ri nella impresa allora in corso: studiandole varie posizioni, sia degli entusiasti, siadei dubbiosi e spaventati, da consideraretutti con attenzione e nella prospettiva cheil trascorrere del tempo può cambiare leposizioni e aiutare ciascuno a migliorare.Ben lieti se chi, nelle nostre chiese locali oin Vaticano, ha un opinione diversa, nonvorrà coltivarla in solitudine, ma la metteràin relazione anche con noi e il nostro lavo-

Noi vogliamo un gran bene e abbiamo una grandegratitudine per Papa Roncalli, perché sentiamo di avere ricevutomoltissimo da lui,dalla sua vita e dalla suaaudace iniziativa

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ro, aperto all’ascolto di tutti e ad esame eriesame di ogni convinzione umana, spe-cie di chi ci sia padre o fratello nella fede.Le nostre previsioni possono essere severe,anche inquietanti: ma i nostri propositi eprogetti, se debbono chiedere cambiamen-ti di molte cose e correzioni di molti costu-mi, non possono separarsi da fiducia egioia. Esse vengono regalate dalla fede,che non ci separa da nulla e nessuno nel-l’amarezza; ma anche dall’esperienza,che talvolta ci presenta uomini, come Ron-calli, che riescono a fare quanto ad altrisembrò impossibile, e che davvero era dif-ficile. Che fosse difficile realizzare “l’ag-giornamento della Chiesa” (“non nova,sed noviter”), lo si vede anche adesso. Eratuttavia possibile: per lui lo è stato comin-ciarlo e per Montini concluderlo: non è piùqui il problema. Il problema ora è un altro,anzi, sono due: le indicazioni più essen-ziali e importanti del Vaticano II sono statevalorizzate? E che cosa dicevano? Perpensare con equità il merito di queste vi-cende, e conoscere bene quelle tesi, forse

è necessario inventariare di nuovo che co-sa sia stato detto, scritto e promulgato, eche cosa, già valorizzato o ancora in atte-sa di esserlo, sia comunque l’essenziale eil vitale nelle indicazioni del Vaticano II.Per saperlo e raccontarlo, soprattutto aipiù giovani, che soffrono molti problemi econoscono ben poco il Concilio, prendia-moci il tempo necessario.Almeno sette anni, con appuntamenti inten-si e rapidi nella facilità elettronica di ac-cesso e riproduzione; con qualche fascico-lo monografico a stampa (come stannomettendo a punto al “Margine”), o conqualche volume da rieditare o volumettoda produrre. Forse, un primo convegno“antepreparatorio” per insediare una no-stra Commissione di coordinamento edito-riale, si può ipotizzarlo in qualche “ponte”della primavera 2009, con i tempi neces-sari allo svolgimento di un vero convegno:magari da tenere nel Mezzogiorno perconfermare il carattere nazionale dei fe-steggianti il nostro ‘58.

Luigi Pedrazzi (Bologna, 1927), politologo e giornalista, è una delle voci più importanti

del pensiero politico cattolico di centro-sinistra.Docente di filosofia, è stato tra i fondatori

della rivista “Il Mulino”. Nel 1956 si è candidato al consiglio comunale di Bologna con la Dc nellalista di Giuseppe Dossetti, il candidato a sindaco

poi sconfitto, del quale è sempre stato un sostenito-re. Al seguito di Beniamino Andreatta, scese

in Calabria con altri giovani professori dell’AteneoBolognese per avviare l’Università della Calabria

a Rende. Nel 1974 fu con Ermanno Gorrieri e Luigi Macario alla guida dei Cattolici

per il no, che votarono per il mantenimento del divorzio al relativo referendum. Nel 1995

Pedrazzi fu vicesindaco di Bologna con Walter Vitali dei Ds. Per la prima volta un cattolico, nonsocialcomunista, ricopriva incarichi di Governo

a Bologna. Autore di numerosi libri, è anche giornalista: già caporedattore di “Bologna Sette”,

inserto bolognese domenicale di “Avvenire”, Pedrazzi negli anni ‘70 fondò insieme a Gorrieri

il quotidiano d’opinione politica “Il Foglio”. Negli anni ‘90, poi, è stato editorialista

de “Il Giorno” e dal 2004 è editorialista per “Il Domani di Bologna”, quotidiano bolognese.

Chi è Gigi Pedrazzi

“Nel complesso siamo statiincoraggiati a proseguire e cisono idee e accordi che cipermetteranno di andare

avanti, forse davvero per sei anni, con un lavoro di recuperostorico di carattere e livello popolare, e di attualizzazione,guardando ai guai presenti con ‘occhiali’ presi dal Concilio”.Così il promotore dell’iniziativa, Gigi Pedrazzi, ha salutato ilprimo incontro di bilancio (accompagnato dalla neve) che si ètenuto a Bologna a fine novembre. Molti incontri locali conti-nueranno a svolgersi con la formula collaudata (a Imola il 26dicembre e a Genova il 4 gennaio), a seminare in piccoligruppi (15 -20 persone per volta: ma tutti debbono parlare enon solo ascoltare...).Il 25 gennaio ci sarà una “festa in rete” in ricordo del collo-quio Roncalli-cardinali in San Paolo fuori le mura, e il 17 mag-gio (del 59 era Pentecoste), quando si insediò la Commissioneantepreparatoria presieduta da Tardini. All’incirca a quella da-ta si pensa ad un convegno per mettere a fuoco programmieditoriali di coscientizzazione del Concilio con sussidi popola-ri, semplici ma ben motivati. Il profilo “storico” (non dotto, maserio) e quello di “attualizzazione” (guardare ai guai del pre-sente con occhiali degni del concilio) dovranno andare di paripasso. “Siamo contenti, senza polemiche e con discreta soddi-sfazione per il lavoro avviato.”, ha concluso Pedrazzi.

IL PROGETTO NELL’IMMEDIATO FUTURO

Fino a che puntosono statevalorizzate le indicazioni più essenziali del Concilio?

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chi ha regolarmente investito in RS, rimborsoche passa in un imbuto più stretto e soprattut-to aleatorio, affidato al sì della PA. Entrambi i provvedimenti di cui sopra, ave-vano anche un’altra importante funzione inun Paese col 25% di economia sommersa:aiutare l’emersione, soprattutto il primo. An-che questa funzione viene cancellata.Altri bluff con ritiri precipitosi, Giulio Tremon-ti li ha fatti in due settori: il congelamentodelle tariffe, elettriche e del gas e quello deimutui casa. Nel primo caso, il ministro hascoperto, con ritardo, che non spettava a luiagire sulle tariffe elettriche e del gas, bensìall’autorità preposta. D’altronde, sono giàannunciate diminuzioni delle tariffe in conse-guenza del petrolio a 48 dollari, mentre il“munifico” Tremonti prometteva solo un con-gelamento. Quanto ai mutui casa a tassi“garantiti al 4%” dal ministro, da notare duegrossolane cantonate, l’eventuale vantaggioera riservato solo a quanti avevano stipulatomutui a tassi del 4%, in pratica quelli stipula-ti nel triennio 2003-2005, secondo, con larapida discesa dei tassi d’interesse (in Euro-pa quelli della Bce sono già al 2,5% e l’Euri-bor che vale per i mutui è già al 3,5%) che èprevisto continui, promettere tassi variabili al4%, appare oggi un “regalo” a perdere.Del raddoppio dell’Iva dal 10% al 20% allepay TV meglio non parlare: Berlusconi hautilizzato un’antica richiesta dell’UE all’Italiaper una parificazione dell’Iva tra le varietecniche i trasmissione nel modo più conve-

niente a lui, aumentando i costi del concor-rente, ma anche la sinistra ha fatto confusio-ne in materia, non evidenziando dal princi-pio l’esistenza di una precisa richiesta euro-pea e strillando come si spennassero i polli (ipoveri) mentre si produceva solo un aggra-vio di 3-4 euro al mese a famiglie che posso-no pagarne 30-40 per la pay TV. D’altrondeil Governo aveva già pesantemente penaliz-zato Sky con la pornotax che taglia, moltopiù dell’aumento dell’Iva, le entrate che Skyincassa dai suoi pornofilm a pagamento. Enaturalmente, contro questa tassa, era diffici-le montare una campagna mediatica comequella fatta da Sky contro l’Iva.E che dire dell’invenzione tremontiana dellaSocial Card se non che siamo passati da unfallimento ad un altro, dalla finanza creativaalla socialità creativa. In molti centri minori,risulta che nessun negozio si è proposto peraccettarle, dato lo sconto ulteriore del 5%che dovrebbero fare. E nessuno ha capito iperché di un vero e proprio percorso di guer-ra imposto ad un esercito di vecchietti per ot-tenere la Card, senza parlare del diritto allaprivacy di molti anziani che avrebbero prefe-rito più rispetto per la loro riservatezza. Per gli ammortizzatori ai precari ed il Bonusalle famiglie monoreddito con figli, è da criti-care l’inadeguatezza delle misure rispetto al-la gravità e profondità della crisi in atto. Sipensi che dai dati noti dell’Istat, si stima chesolo il 15% dei collaboratori a progetto o coco pro potrà avere il beneficio promesso tra700 e 1000 euro. Quanto al bonus famigliel’osservazione più critica è quella delle fami-glie di 3 componenti che superano i 17milaeuro lordi l’anno per qualche centinaio dieuro. Per ottenere il Bonus di poche centi-naia di euro, la maggioranza delle famigliea 17mila e 200 euro, dovrebbe fare un altrofiglio, più probabile che prenda zero euro.Degli 8 milioni di famiglie sotto i 17mila eu-ro lordi la maggioranza sarà aiutata con200 euro o giù di lì. Quanto ai lavoratorisingle, precari o disoccupati che siano, essisono del tutto esclusi dal bonus. Non servo-no altri commenti per denunciare il carattereinsufficiente e distorto delle misure e il mes-saggio privo di ogni visione di innovazioneche il futuro di cambiamento dell’Italia e delmondo meriterebbe.

segue da pag. 2

Le insufficienti misureanticrisi del Governo

I nuoviprovvedimeti sono frutto di una culturagovernativaeconomicamentee socialmentearretrata

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statuali ci si deve riferire per misurare laconformità di ogni comportamento ai princi-pi ispiratori della carta delle Nazioni Uni-te. Qualcosa di simile era avvenuto, ma araggio più corto, in Italia, nella redazionedella Costituzione con l’adesione di tutti al-l’odg. Dossetti che sanciva l’anteriorità deidiritti fondamentali rispetto allo Stato.

Speranze e ostacoli Nel 1948 si era già consumata la rottura trai vincitori del nazifascismo, ma era ancoravigorosa la speranza che guidava i primipassi dell’Onu. E così non trovò ostacoli nel-l’Assemblea l’idea, meglio l’ideale, di unacomunità internazionale unificata, non soloda un vincolo politico, ma anche dal ricono-scimento di alcune prerogative appartenentialle persone e non manipolabili. Dopotutto,la battaglia condotta contro i totalitarismi eu-ropei ed asiatici, era stata combattuta per af-fermare - come era scritto anche sulle monetedi alcune truppe di occupazione - le quattroessenziali libertà: libertà di parola, libertà direligione, libertà dal bisogno, libertà dallapaura. Una formula che non a caso si ritrovanel preambolo della dichiarazione di Parigi.Naturalmente, non tutto e non dovunque eracoerente con le parole. Ad esempio, nellacostituzione dell’Urss, in vigore dal 1936 (epropagandata come la più democratica delmondo), tutti i principali diritti erano elencatiin modo esplicito, ma con una norma dichiusura che li condizionava ad una volontà“superiore”. Recitava infatti l’art. 126 che aicittadini dell’Urss era assicurato il diritto diaggregarsi in molteplici organizzazioni so-ciali, ma si precisava che il Partito Comuni-sta (bolscevico) era “l’avanguardia dei lavo-ratori nella loro lotta per il consolidamento elo sviluppo del regime sovietico” e che rap-presentava “il nucelo dirigente di tutte le or-ganizzazioni dei lavoratori, tanto sociali chedi Stato”. Tutti uguali ma qualcuno più ugua-le degli altri, come aveva spiegato Orwell, ilcui libro, “La fattoria degli animali”, non acaso, era stata accantonato durante la guer-ra per non irritare l’alleato Stalin. Fin dall’ini-zio, insomma, vistose aree di inadempienzasi manifestavano anche tra i promotori delladichiarazione.Un altro limite alla sua “universalità” era co-stituito dal fatto che allora partecipavano al-

l’Onu solo una parte dei popoli della terraperché era ancora assai rilavante l’area sot-toposta al dominio coloniale, e dunque pri-vata di diritti autonomi. E tuttavia, chi scrisseil documento, prendendosi la responsabilitàdi scrivere che c’era un limite oltre il qualenessun potere potesse inoltrarsi, dette respiroai popoli sottomessi e incoraggiò il processodi decolonizzazione. Non altrimenti potevainfatti leggersi “il riconoscimento della digni-tà inerente a tutti i membri della famigliaumana e dei loro diritti, uguali ed inalienabi-li”, assunti a “fondamento della libertà, del-la giustizia e della pace nel mondo”. Sull’orientamento dell’assemblea pesava,naturalmente, la consapevolezza che “ildisconoscimento e il disprezzo dei dirittidell’uomo, hanno portato ad atti di barba-rie che offendono la coscienza dell’umani-tà” e che, quindi, era da perseguire “l'av-vento di un mondo in cui gli esseri umanigodano della libertà di parola e di credo edella libertà dal timore e dal bisogno”.Comprensibile che l’asprezza del passatoprossimo alimentasse pensieri ed aspettati-ve di un mondo migliore.

Il problema del fondamentoChe se ne è fatto della dichiarazione di Pari-gi? Dopo sessant’anni è doveroso chiedersise la sua proclamata universalità si sia rea-lizzata o sia rimasta una vuota pretesa.Emergono elementi problematici.Un’indagine promossa per l’occasione rivelache solo il 9% dei giovani italiani hanno let-to la Dichiarazione.Ultimamente, dei diritti umani si è parlato so-prattutto a proposito di letture estensive o re-strittive in materia di omosessualità ed abor-to. Più in generale, in ambito cattolico, riaf-fiora il desiderio di una autenticazione reli-giosa del diritto naturale. Come ha afferma-to il Papa Benedetto XVI “da sempre la Chie-sa ribadisce che i diritti fondamentali, al dilà della differente formulazione e del diversopeso che possono rivestire nell’ambito dellevarie culture, sono un dato universale, per-chè insito nella stessa natura dell’uomo. Lalegge naturale, scritta dal Creatore nella co-scienza umana, è un denominatore comunea tutti gli uomini e a tutti i popoli; è una gui-da universale che tutti possono conoscere esulla base della quale tutti possono intender-

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Lavorare insiemeper i diritti umani

Le quattroessenziali libertà:di parola, di religione, dal bisognoe dalla paura

Page 16: Luigi Pedrazzi 3 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma1 ... file“La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250”. 2 Le insufficienti

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si. I diritti dell’uomo sono, pertanto, ultima-mente fondati in Dio creatore, il quale hadato ad ognuno l’intelligenza e la libertà.Se si prescinde da questa solida base eti-ca, i diritti umani rimangono fragili perchéprivi di solido fondamento”. È un’intenzio-ne di rafforzamento o una presa di distan-za da misurare? Ci sarebbe materia percimentarsi in una disamina storico-dottrina-le sul rapporto tra chiesa e diritti umani permettere in luce come la diatriba sul “fonda-mento” fosse stata saggiamente affrontatadalla “Pacem in terris” e dal Concilio. Da parte sua, il mondo islamico, non si ri-conosce in tutte le parti del testo, o tendea torcerlo verso la propria peculiare visio-ne politico-religiosa, adducendo tra gli al-tri l’argomento di una mancata o non ade-guata partecipazione all’atto fondativo.Se poi si aggiungono gli elementi di veri-fica pratica, non c’è memoria che possacontenere il triste catalogo delle violazionidi ogni genere compiute da stati e popoliin conflitti cruenti o in crudeli persecuzio-ni, ciò che rifornisce di argomenti i fautoridi quel corrente giudizio liquidatorio cheinveste tutto ciò che in campo internazio-nale non si regge sul diritto della forza.

Valori insuperatiViceversa, una valutazione più approfon-dita delle vicende storiche, permette di mi-surare che i contenuti e i valori della di-chiarazione sono tutt’ora insuperati; e cheresta valido il suo invito - ancora e sempreuniversale - a misurare i passi della politi-ca con un metro più esigente della usua-

le prassi del potere. In questa luce, si puòcogliere il significatoposi t ivo di alcuniprocessi, oltre il su-peramento del colo-nialismo già ricorda-to. Si pensi alla cre-scente avversione al-la pena di morte edal rigetto che, nellalotta al terrorismo,hanno suscitato leipotesi di scambiarelibertà personali con(presunta) sicurezza.

Va poi evocato un passaggio che vieneabitualmente trascurato, vale a dire, ilruolo che ha avuto il tema dei dirittiumani e delle libertà fondamentali nel-la crisi dell’Unione Sovietica, la cuicondotta repressiva entrò in contraddi-zione con gli impegni di libertà sotto-scritti nel 1975 con l’Atto Finale diHelsinki. Esperienza chiusa, ma conuna traccia adattabile ad altri contesti.Se si guarda ad un più alto disegno diumanità, le convergenze si fanno piùefficaci e durevoli.Non è il caso, dunque, di operare sot-trazioni postume di consenso alla di-chiarazione del 1948, fosse pure perdelineare una piattaforma ritenuta piùcompleta e aggiornata, o meglio, quali-ficata dall’esplicito riferimento a Dio.Che, a quel punto, tuttavia non potrebbeessere che un’entità astratta e conven-zionale; ché se fosse altrimenti, se cioèsi trattasse dell’aggancio ad una specifi-ca confessione religiosa, sarebbe giàscritto un esito di rottura e di conflitto. Vi sono invece motivi sufficienti per nonlimitarsi a commemorare la dichiarazio-ne del 1948 e per non indebolirne il si-gnificato. Si tratta di far crescere la con-sapevolezza di ciò che significa eserci-tare, sia i diritti (e i doveri) civili e politi-ci, sia i diritti economici, sociali e cultu-rali, sia i diritti cosiddetti di terza gene-razione - alla pace, allo sviluppo, al-l’ambiente sano - sia i diritti dei popoliall’esistenza, all’identità, a disporre del-le risorse naturali del territorio su cui so-no insediati e ad autodeterminarsi. La Dichiarazione Universale dei DirittiDell’Uomo mantiene, in definitiva, il suocarattere di “ideale da raggiungersi datutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fi-ne che ogni individuo e ogni organodella società si sforzi di promuovere,con l’insegnamento e l’educazione, il ri-spetto di questi diritti e di queste libertàe di garantirne, mediante misure pro-gressive di carattere nazionale e interna-zionale, l’universale ed effettivo ricono-scimento e rispetto”… È l’incipit del testo;può essere la bussola di un nuovo inizio.

Domenico Rosati

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